L’odore del sud

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L’ODORE DEL SUD

Commedia in tre atti

di FERDINANDO PAOLIERI

PERSONAGGI

KATIA

LUIGI

CORRADO

ELVIRA

PRINCIPESSA ARMADIEFF

IL ROMANZIERE DE L’ETOILE

IL PIANISTA SANBRUY

LO SCULTORE NUAGE

LA SCRITTRICE BONIOUR

UN NEGOZIANTE DI BRICK E BRACK

LA DOMATRICE DI PULCI

IL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE

LA SIGNORA FANATICA

LA SIGNORINA SNOB

DICK

DI BROUGEMONT il celebre esploratore

IL REPORTER

UN SEGRETARIO

UN VECCHIO SERVO


Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Una sala di gusto stranissimo, d'aspetto fra il moderno e il selvaggio, fra l'esotico e l’europeo; semplice ma ricca con una fascia decorativa a scimmie o pappagalli o altre bestie che si in­seguono; un mostruoso feticcio ai piedi del qua­le si trova un altoparlante; pelli di fiere a gui­sa di tappeti, divani e via dicendo. Due porte: la comune in fondo e a sinistra quella che mena agli appartamenti della signora. A destra, fra due pile di cuscini orientali, una minuscola scri­vania. Prima che s'alzi il sipario il suono di una sinfonia aspra e selvaggia incomincia a marcare il suo ritmo violento. Poi, lentamente s'alza il sipario.

SCENA PRIMA Katia, la principessa Armadieff, lo Scultore, il Pianista, il Romanziere.

(Le due donne ascoltano, adagiate sui divani, fumando, l’altoparlante che suona un ritmo di danza negra accompagnato da una canti­lena e precisamente il disco « canzone ne­gra » in inglese. Le due donne ascoltano im­paradisate. Katia è in abito da casa, intimo, molto suggestivo; un velo appena di gonnel­lino tagliato a guisa di quelli delle selvagge con due code di animali esotici a guisa di de­corazione; seno, braccia, schiena nuda e gambe inguainate in calze di seta. La prin­cipessa Armadieff, tipo di donna che ne ha fatte di tutti i colori, carica di gioielli falsi, matura, tutta dipinta, d'un eleganza un po' barocca, fa tutto quel che vuol Katia, dandole sempre ragione e cercando di prevenire i suoi desideri. Il suono della canzone prosegue mentre si alza il sipario. Poi Katia si alza, depone la sigaretta in un portacenere e si mette a danzare, colle mani sui fianchi. La principessa Armadieff scandisce colle palme il ritmo. Tutte e due, a bocca chiusa, accom­pagnano la musica col canto. Lo Scultore, il Pianista, il Romanziere, in smoking, accomo­dati alla meglio, nel caos della stanza, quale sopra un cuscino, quale sopra uno sgabello, ecc., seguono con attenzione la danza e plau­dono alla fine con molta convinzione).

Lo Scultore                   - (estatico) Che plastica! che armonia!

Il Romanziere               - Io non scriverò mai quello che ho provato in questi istanti. Mai, capite! Sarà la mia più bella pagina inedita e ve ne faccio omaggio.

 Katia                            - Molto carino. Grazie. Avete udito, Principessa?

La Principessa               - Cose che non capitano che a voi. E il nostro illustre compositore che cosa ne pensa?

Il Pianista                      - Penso che questa sarà la musica dell'avvenire, ma non bisognerà esprimerla con suoni. Basterà pensarla.

Katia                             - Ah! che bellezza!

Lo Scultore                   - (alzandosi) Ho trovato!

Tutti                              - Cosa?

Lo Scultore                   - Gli Atzechi!

Tutti                              - (lo guardano meravigliati)

Katia                             - Francamente non capisco...

Lo Scultore                   - Nelle foreste del Brasile... sot­to l'intrico vergine della macchia, sono ap­parse le vestigia di una civiltà sconosciuta. Ecco dove ho visto la vostra plastica. Danzate ancora, ve ne prego. Un momento solo che io mi possa raccogliere...

La principessa               - (mette in moto l’altoparlante. Incomincia la musica selvaggia).

Lo Scultore                   - Ecco... la foresta vergine si stende sotto il sole di rame in un ondulamento di velluto. Ma danzate, ve ne prego...

Tutti                              - Danzate.

Katia                             - (mette le mani sui fianchi e incomincia)

Lo Scultore                   - Ecco i grandi fiumi... ecco i coccodrilli... ecco le piroghe... Oh! l'odore... oh! l'odore... (a voce altissima) Ma non lo sentite, signori, l'odore del sud?

SCENA SECONDA Luigi, un Servo, Detti

Luigi                             - (in smoking, s'è fermato insieme al ser­vo, il quale reca sulle braccia un enorme pac­co di carte, sulla soglia di fondo, allibito, e contempla la scena. A un tratto Katia si vol­ta, lo vede e si interrompe con un movimento di dispetto. La Principessa ferma l'altopar­lante. Tutti in piedi).

Luigi                             - Disturbo?

Katia                             - (contrariata) Siete in casa vostra...

Lo Scultore                   - (alla Principessa) Chi è?

La Principessa               - Il marito.

Luigi                             - (agrodolce) Credevo che questa stan­za non vi servisse e così mi sono permesso...

Katia                             - Si riceve così bene qui dentro... c'è più gusto di intimità.

Luigi                             - Mi direte dove debbo andare a rifu­giarmi...

Katia                             - Oh! Dio,., è stato un caso, oggi... Vo­levo provare la danza negra e questa sala è più esotica delle altre... Ma vi lasciamo subito in libertà... Oh, scusate... dimenticavo le presentazioni... Principessa, volete presen­tare a mio marito i signori?

Luigi                             - (senza badarle) Oh! Finalmente!

Katia                             - Cosa?

Luigi                             - Finalmente, son riuscito a vedere una scrivania... qui... mettete tutto qui...

Il Servo                         - (eseguisce passando a destra).

Luigi                             - Andate pure e chiunque venga dite che sono occupatissimo con la signora...

Il Servo                         - (esce da sinistra).

Lo Scultore                   - (agli altri, piano) Che sia un congedo?

Il Pianista                      - Ne dubito.

Il Romanziere               - Anch'io.

La Principessa               - (facendo segno a Katia d’aver capito) Se disturbiamo...

Luigi                             - (furbesco) Prego... si accomodino pu­re... (accenna la porta).

Katia                             - (intervenendo a difesa degli ospiti) Benissimo... Principessa... accompagnate i si­gnori nella serra... Vi raggiungerò fra pochi istanti, (inchini generali a cui Luigi non ri-sponde; poi la Principessa esce con gli ospiti dalla porta di fondo).

SCENA TERZA Katia - Luigi

Katia                             - E così? mi direte, spero, che cosa si­gnifica questo modo di fare?

Luigi                             - Immediatamente, amica mia, e volen­tieri. Rimetto a più tardi il piacere di chie­dervi dove e quando potrò dire d'avere una stanza per me e procurarmi il piacere di ammobiliarmi uno studio... ma che dico uno studio? un modesto scrittoio... Rimetto dun­que a più tardi questo piacere per farvi su­bito osservare una cosa deliziosa. Vedete quel pacco di fogli che Giovanni ha posato sulla scrivania? Li ho fatti prima pesare. Un chilo preciso. Sono tutti conti di fornitori ar­rivati nella mattinata. Io vi domando se vi sie­te decisa di dar fondo al mio patrimonio. In pochi mesi avete ridotto questa casa l'antica­mera di un serraglio. Il circo Barnum po­trebbe piantarvi le sue tende. La notte mi sve­glio sognando di essere allacciato fra le spire di un serpente boa. Allevate un piccolo coc­codrillo nella tinozza da bagno... Ho pagato migliaia di lire di danni per oggetti lanciati dalla vostra scimmia sul capo dei passanti... Il pappagallo ha imparato a trattare di la­dro gli agenti e ogni cinque minuti la polizia sale in casa nostra... Voi vi siete addirittura vestita da ottentotta, io sono vicino a perdere la ragione.

Katia                             - Sventuratamente non si perde ciò che non si è mai posseduto. Ma vedete, tutto ciò non sarebbe avvenuto se voi mi aveste condotto come vi avevo chiesto, a caccia dell'ippopotamo sul lago Tanganika.

Luigi                             - Vediamo, amica mia, siate ragionevo­le... passi per l’ippopotamo... ma ci sono le zanzare...

Katia                             - E allora lasciatemi andare con qual­cuno, con un compagno capace di compren­dermi, di secondarmi, di respirare, con me, l'odore del sud.

Luigi                             - Ma neanche vi ho sposato per diven­tare ridicolo!

Katia                             - Ridicolo! ma lo siete sempre stato, amico mio! E più lo siete ora opponendovi ad una richiesta innocente, che esclude qua­lunque compromesso tanto morale che fisico.

Luigi                             - Dio, tienimi in capo le tue santissime mani! Ma egli è che il mondo non ragiona mica così! (passeggia, agitato, su e giù per la stanza).

Katia                             - Una scena? Le solite recriminazioni borghesi? Ecco a che cosa sono ridotta! Io! Io! Io che vorrei invece provare il frissen ancestrale!

Luigi                             - Come avete detto?

Katia                             - Sì! il frissen ancestrale! Il brivido primigenio! Quello che provò Eva nel Para­diso terrestre!

Luigi                             - Ma guarda! e per provarlo...

Katia                             - Bisogna andare nel Sud!

Luigi                             - Non se ne può, proprio, fare a meno?

Katia                             - Impossibile! Una donna moderna, che si rispetti, una vera figlia del novecento deve essere, in tutto e per tutto, all'altezza dei tempi. Noi abbiamo nelle vene l'argento vivo. Dobbiamo osare... E' il nostro istinto, ed all'istinto non ci si oppone.

Luigi                             - Ma, scusate, perché, trovandovi così eccellenti disposizioni per girare il mondo a piedi, non siete rimasta ragazza? Perché avete rinunciato alla vostra bella libertà?

Katia                             - Dio mio! Voi lo sapete bene... Il no­stro è stato un matrimonio di convenienza... mammà tirava alle vostre immense ricchezze.

Luigi                             - Immense, mi sembra esagerato...

Katia                             - Eh! già... a voi par sempre d'essere alla fame.

Luigi                             - Ci finirò seguitando a ricevere di quel­le note! (accenna al pacco dei conti).

Katia                             - Ma non vedete quanto siete provincia­le? Vi siete ridotto così, gretto, meschino, sordido, da stiracchiare sopra un milione di più o di meno?

Luigi                             - Lo credo io che ci stiracchio. Un mi­lione! Non avete mica detto un franco!

Katia                             - Dunque mammà credette possibile di mettere insieme la nuvola e il fango.

Luigi                             - Il fango, naturalmente, sarei io...

Katia                             - Non dico questo... in fin dei conti non mi avete maltrattata...

Luigi                             - Avete fatto tutto quello che avete vo­luto...

Katia                             - Tutto poi no! Altrimenti non sarem­mo a questo, vi pare?

Luigi                             - Ma vi rendete conto di quello che mi chiedete? La caccia agli elefanti! Io, che non colgo un tordo al capanno.

Katia                             - Ciò dimostra l'esattezza di quanto avevo poco fa l'onore di dirvi. Mia madre ha sbagliato.

Luigi                             - Ho sbagliato io! Ma voi perché avete acconsentito?

Katia                             - Ma lo sapete bene. Io son troppo mo­derna... la mia educazione higlife mi proi­bisce di dar peso a certe sciocchezze. Da ra­gazza avevo la libertà, ma mi mancavano i quattrini. Da maritata...

Luigi                             - Risparmiatemi il resto. Io devo darvi i quattrini e la libertà. E a me, che cosa mi resta?

Katia                             - Ma infine non sono io che vi domando la mia libertà. Vi ho chiesto forse di andare in Africa sola? Non vi ho pregato di accom­pagnarmi?

Luigi                             - A farsi divorare dai cannibali? Gra­zie tanto!

Katia                             - Ah! io ho nelle vene le inestinguibile nostalgia dell'Oriente. All'alba mi addor­mento al suono della campanella, di bronzo della carovana che si rimette in cammino... Nel meriggio dormo sui tappeti di Smirne avvolta dai fumi dell'Issopo... La notte mi stendo lungo le rive di un fiume e ascolto le voci della foresta sotto un cielo di velluto turchino nel quale fiammeggiano le gigante­sche costellazioni del tropico... E quest'odore del Sud, inebriante, narcotico, indimentica­bile, che mi entra per le narici, mi sconvolge il cervello! Ah! io avrei dovuto sposare un esploratore.

Luigi                             - Brava! Voi avete descritto e preveduto proprio tutto, ma badate che il passo del cam­mello fa venire il mal di mare, che sotto le tende si fa il bagno turco e manca la respi­razione, che a contemplare le stelle lungo i fiumi non si può stare a causa dei coccodril­li, della perniciosa e delle zanzare giganti e che se l'odore del sud somiglia a quello che si respira nei serragli è semplicemente ribut­tante.

Katia                             - (scandalizzata) Che prosa!

Luigi                             - Sarà prosa, ma è la pura verità, mia buona Caterina.

Katia                             - Vi proibisco di chiamarmi con quel nome.

Luigi                             - (conciliante) E allora diremo « Tina ».

Katia                             - No. Katia! Non sentite il fascino slavo di questo nome?

Luigi                             - (candido) E' incredibile come io non senta nulla di quello che sentite voi...

Katia                             - (convinta) E' perciò che prevedo pros­sima la catastrofe. (il telefono squilla).

Luigi                             - (con il ricevitore in mano) Pronti... Ah! chi è? Come avete detto? Corrado?

Katia                             - (da se) Corrado... Corrado Brando! Un esploratore!

Luigi                             - Come? Ah! Dice che è mio amico di infanzia? Ma il casato? Ah! così va bene... portate... venite pure... (riattacca il ricevi­tore).

SCENA QUARTA Servo - Detti

Il Servo                         - (sulla porta di fondo esibisce un bi­glietto da visita sopra un vassoio d'argento).

Luigi                             - (prende il biglietto, lo legge) Ah! Mi sovviene... è vero... siamo stati a scuola in­sieme, (al servo che uscirà subito) Fate en­trare.

Katia                             - Sentite, amico mio. Io tornerò all'ora del tè... Verranno pochissimi intimi... ai quali farò sentire la fantasia negra.

Luigi                             - Grazie d'avermelo detto... così io an­drò a fare una cavalcata al Parco... Ciao cara.

Katia                             - A più tardi, (esce da sinistra)

SCENA QUINTA Luigi, Il Servo, Corrado, Elvira

Luigi                             - (da se, leggendo il biglietto che poi get­terà sulla piccola scrivania) Non importa esser profeti ne figli di profeti per capire che questo vecchio compagno d'infanzia busserà a denari!

Il Servo                         - E' permesso?

Luigi                             - Avanti!

Il Servo                         - (introduce Corrado ed Elvira ed esce. Corrado è giovane, col volto raso, vestito po­veramente, con un vestito liso ai gomiti, ma portato con eleganza, scarpe rotte accurata­mente lucidate, un solo guanto in mano, etc. Elvira avvenente, tipo spagnuolo, tutta di­pinta, vestita con un abito semplicissimo, ma pieno di dignità ostentata; si fermano entrambi in mezzo alla stanza, lui a capo basso, impacciato, lei a testa alta fulminando oc­chiate imperiose; una pausa).

Luigi                             - (per toglierli dall''imbarazzo) Corrado Fleury?

Corrado                         - Mi riconosci?

Luigi                             - Per bacco. Ma sono almeno venti anni che non ci vediamo. Sì, si, mi ricordo. Tu facevi parte della seconda sezione... riuscivi bene nel comporre... e non eri un leone. Ho dovuto più volte correre in tuo aiuto. In com­penso tu mi scrivevi le lezioni e una volta ri­spondesti addirittura per me. Eri ventriloquo e sapevi fare tutte le voci degli animali...

Corrado                         - Infatti, ho seguito il mio istinto... faccio l'attore...

Luigi                             - E... in quale compagnia reciti?

Corrado                         - (abbassando il capo) Non ho avuto fortuna... eppoi c'è qui... la mia compagna... Donna Elvira Hermosa di Calaor...

Elvira                            - (porge la mano a Luigi con un gesto il quale indica chiaramente che egli deve ba­ciargliela).

Luigi                             - (eseguisce).

Corrado                         - Sì... un incontro casuale... in Ar­gentina... Non mi ha più lasciato.

Elvira                            - Ne lo lascerò più, mai, senor. Noi non ammettiamo infedeltà. Se lui tradisce me, io ammazzo lui, se io tradisco lui, lui am­mazza me. E' la legge della prateria. Io di­scendo in linea diretta dagli ultimi Indios bravos.

Luigi                             - Complimenti vivissimi. E  (a Corrado) com'è che ti sei ricordato dopo venti anni di me? Ma (facendo cenno) li prego di se­dersi... (eseguiscono: Elvira a destra, Corra­do a sinistra di Luigi).

Corrado                         - Ecco... riprendo il discorso di dove s'era rimasti, se tu lo permetti... Ti do del tu... mi scuserai... ma l'abitudine...

Luigi                             - Va benissimo, va benissimo... siamo amici...

Corrado                         - Oh! sì, ma fra me e te c'è un abisso.

Elvira                            - Niente, niente, Caramba! Il Caballero ci versa il suo danaro, tu ci versi la tua intelligenza, ed ecco che l'abisso è colmato.

Luigi                             - Ed io ho bell'e avuto del cretino! Be­none.

Corrado                         - (per alzarsi) Ma no... per carità...

Luigi                             - (frenandolo) Stai comodo, perché non mi impressiona... Ci son avvezzo... Dunque eravamo rimasti...

Corrado                         - Che io mi sono unito a donna Elvira e una volta unito con lei, come tu hai capito, è un po' difficile... staccarsi...

Luigi                             - Già. Mi pare una signora piuttosto te­nace... e se è capace di mantenere quel che promette...

Corrado                         - Oh! Capacissima, te lo assicuro.

Elvira                            - Indios bravos!

Luigi                             - Ho capito, (a Corrado) E allora sei si­stemato bene anche tu. Andiamo avanti.

Corrado                         - Capirai, che in qualunque compa­gnia io faccia domanda d'entrare debbo, per forza, imporre anche donna Elvira, ed Elvira non permette assolutamente che io abbracci in iscena nessun'altra donna all'in-fuori di lei... Così nessuno ci vuole e ci siamo ridotti a creare un piccolo numero di varietà « I pappagalli », che andava molto bene qui all’ Odeon, quando, ieri sera donna Elvira ha preso a schiaffi miss Fanny, sai: quella che ammaestra i galletti, perché mi guardava du­rante la prova. Ora miss Fanny è l'amante del direttore e il direttore ci ha pregato a levarci tre passi... non so se mi spiego... senza darci neanche un soldo.

Luigi                             - E perché?

Corrado                         - Perché lui dice che miss Fanny non può lavorare a causa delle ecchimosi prodotte dai pugni di donna Elvira e ciò costituisce un danno superiore alla cifra che egli avrebbe dovuto pagare a noi.

Luigi                             - Oh! guarda... e così...

Corrado                         - E così... siamo sul lastrico! E non solo non abbiamo da mangiare, ma neanche da pagare il conto dell'albergo e, quel che è peggio, non abbiamo soldi da poter prepa­rare il nuovo numero che ci permetterebbe di passare in un altro teatro di varietà dove faremmo i quattrini a palate.

Luigi                             - Oh! bella! e che cosa sarebbe questo numero?

Elvira                            - Corrado somiglia in modo straordi­nario al famoso « esploratore » Corrado di Brugemont, di cui si attende il ritorno dalle selve equatoriali.

Luigi                             - Davvero? Ebbene?

Corrado                         - Noi faremmo stampare dei manife­sti annunciami che l'esploratore si presenterà per una sera ad illustrare il proprio viaggio nel teatro che ci scritturerà, ed io, imitandolo perfettamente nella voce, nel gesto, nell'abi­to, parlerò delle nuove razze1 scoperte, degli usi e costumi della umanità sconosciuta, mo­strerò dei rettili di cartapesta e dei gatti in gabbia, quindi insieme a donna Elvira ese­guirò le danze primitive dei popoli selvaggi.

Luigi                             - (incantato, a tutt'e due) Ma... sapete... che è un'idea!

Elvira                            - (facendo cenno a Corrado di dar sotto) Vero? Non è meravigliosa?

Corrado                         - (alzandosi) Peccato però che per at­tuarla mi manchi proprio la cosa principale.

Luigi                             - Il denaro, volete dire?

Elvira                            - Caramba! E che cosa volete ci man­chi di più? Abbiamo tutte le membra, ma ci hanno tagliato la testa.

Luigi                             - Senti, Corrado... tu mi conosci... An­che quando eravamo ragazzi, non ero povero.

Corrado                         - Tutt'altro... però non c'erano Cristi che tu regalassi un soldo a nessuno. A meno che non fosse per uno scopo diretto, (colpito da un'idea) Se ti associassi all'impresa?

Luigi                             - (avvicinandosi al telefono e sorridendo) Eh! amico mio... ohi possiede come me, quasi tutte le azioni fieli a Società dei Cotoni e delle Ferrovie del Nord non acquista quelle di un numero di cafè chantant che può ave­ re, si e no, fortuna e vita per una quindicina di giorni.

Corrado                         - (avvilito rimettendosi a sedere) E' finita, bisognerà morire di fame.

Elvira                            - Ma prima farò la pelle al régisseur!

Corrado                         - Codesta è una bella ide?». Così fi­niamo in galera e ci mantiene lo Stato.

Luigi                             - (al telefono) Pronti? Dove vi era­vate cacciato? Basta, ho capito. La signora dov'è? E' andata a cambiarsi? Va bene, (at­tacca il ricevitore e guarda l'orologio) Ho giusto il tempo di comunicarvi un'idea. Ascol­tatemi. Io, dunque, non vi do un centesimo, ma vi pago profumatamente per servirmi. Volete recitare per me?

Corrado                         - Figurati!... ma...

Luigi                             - Volete, sì o no?

Corrado                         - Io? Tu? recitare?... non capisco... Devo formare una compagnia per dare qual­che trattenimento a domicilio... come i comi­ci d'Amleto?

Luigi                             - Ma che! Mi bastate voialtri due. Anzi, umani dirò meglio, mi basti tu solo. Senti... mia mo­glie ed io non andiamo d'accordo...

Corrado                         - Mi pare una cosa molto naturale...

Luigi                             - Aspetta! Mia moglie vorrebbe viag­giare, andare in Africa, cacciare le belve fe­roci, provare emozioni straordinarie, spende­re milioni a bizzeffe... Io amo il quieto vive­re, ho paura di un topolino, odio i lunghi viaggi e dei quattrini ne ho spesi abbastanza. Io ho tollerato, tollero, pago conti, sostengo discussioni, ma le cose purtroppo cominciano a precipitare. Una coorte di bellimbusti si stringe attorno a mia moglie che è bella, che è anche buona, forse, ma ha un difetto: la fantasia. E' la fantasia che le giuoca certi scherzi, che le fa sognare i sogni più invero­simili, che la immerge in una atmosfera di follia. Qui ci vuole un colpo brusco, quello che i medici chiamano un trauma, capace di ridestarla alla realtà. E questo colpo, questo risveglio, questo trauma, sarai tu!

Corrado                         - Io?

Luigi                             - Tu! Mia moglie ha udito probabil­mente quando, dianzi, il servo mi annun­ciava un certo Corrado. Ebbene, Corrado, sì, ma non Corrado Fleury, sibbene Corrado di Brugemont, il grande, l'immenso, l'inarriva­bile di Brugemont.

Corrado                         - Ma gli era appunto quello che io...

Luigi                             - E va benissimo; soltanto invece di far­lo per ridere dovrai farlo sul serio, e invece di farlo per qualche mese dovrai farlo soltan­to per poche ore. Che ne dici? Accetti?

Corrado                         - (imbarazzato) Figurati... sarei fe­lice... proprio felice... di renderti un servi­zio... ma francamente, non capisco, non so...

Luigi                             - E' una cosa semplicissima. Seguite be­ne il mio ragionamento. Oggi stesso, fra ven­ti minuti io ti faccio annunciare nel salotto di mia moglie, come Corrado di Brugemont, mio amico d'infanzia, che, tornando a Parigi dal suo viaggio di scoperta, ha bisogno di ve­dermi... A trovare la scusa plausibile ci penso io... ed ecco entra in iscena l'attore, e spe­riamo, il grande attore...

Corrado                         - Perdonami, ma non ho ancora ca­pito che cosa dovrei fare precisamente.

Luigi                             - Tu dovrai conquistare mia moglie.

Elvira                            - Mi oppongo! Caramba! se tu fai que­sto preparati la fossa, (a Luigi) Mai, capite; mai, senor! Meglio la fame.

Luigi                             - Ma signora, lasciatemi finire. Credete proprio che io voglia buttare mia moglie così, come una donna qualunque, nelle braccia di vostro marito? Si tratta né più né meno, che di una commedia. Ed è per questo che mi son rivolto a lui. Non è forse il suo mestiere?

Elvira                            - Certamente, senor, ma... tutte le par­ti d'amore... solamente con me!

Luigi                             - E poi non si tratta che di una mezza ora... una mezz'ora di chiacchiere... e che vi saia compensata assai bene... (calcando le parole) assai, assai bene, ve lo assicuro, si­gnora.

Elvira                            - Quand'è così... (a Corrado) ti per­metto d'accettare.

Luigi                             - Tu devi uscir subito di qui... anzi, è già tardi... correre nei prossimi magazzini e rivestirti da capo a piedi; poi devi tornare a casa mia dando il nome dell'esploratore. Io ti introdurrò nel salotto intimo di mia moglie e dei suoi amici. Bisogna che tu sia eccen­trico, straordinario... e irresistibile. Corteg­gia mia moglie disperatamente, sfacciata­mente...

Elvira                            - (eccitatissima) Senor!

Luigi                             - Niente paura. Sono qua io. In questo caso la vostra causa è la mia.

Elvira                            - (calmandosi) Ah! Buèno!

Luigi                             - Quando tu vedrai che mia moglie è al colmo dell'eccitazione... segui bene il filo del mio discorso?

Corrado                         - Sono addirittura attaccato alle tue labbra!

Luigi                             - Quando insomma ti parrà che la pera sia completamente matura, allora la coglierai.

Elvira                            - Senor!

Luigi                             - Lasci fare a me. Sarò io là. Vale a dire che profittando della fase dionisiaca dei nervi della signora, tu la inviterai di nascosto, a veder le tue collezioni. Ella accetterà. Tu allora la riceverai nel tuo sontuosissimo ap­partamento e la stordirai di nuovo con rac­conti favolosi, col tuo fascino selvaggio... quando vedrai che ella sta per cadere, premerai una suoneria elettrica, ed io entrerò nella stanza dove le svelerò il trucco e la coprirò di vergogna davanti a te ed a Donna Elvira. Dopo di che, se non guarirà questa volta non guarirà certamente più mai.

Corrado                         - Ma... e l'appartamento? E l'appa­rato per montarlo? E le collezioni? E i quat­trini?

Luigi                             - Vado a prendere il mio libretto di cheques. (esce dal fondo).

SCENA SESTA Elvira - Corrado

Corrado                         - Ma... non ci sarà caso di entrare in qualche impiccio? Io non sono un campione di coraggio...

Elvira                            - Ricordati di suonare il campanello in tempo... altrimenti prepara il testamento...

Corrado                         - Ma come si fa a dare un termine preciso a certe cose?

Elvira                            - Buèno! Bisogna guadagnare su que­sto affare tanto da potersi ritirare tutti e due a vita privata ed io ti do anche il permesso di cingere la vita della signora... e magari di baciarle la mano... Poi... il campanello.

Corrado                         - Tanto da ritirarci a vita privata? Ma tu sei matta!

Elvira                            - Bisogna trovare e montare l'appar­tamento... Occorrono pelli di serpenti, di ti­gre, di leone; si prende tutto a nolo e si mette in conto come acquistato... Per i tap­peti orientali, i denti d'elefante, le armi, fa­remo a mezzo del sopra prezzo coi fornitoli.

Corrado                         - Qui si finisce in galera!

SCENA SETTIMA Luigi e Detti

Luigi                             - (dal fondo) Ecco il libretto degli che­ques. Li ho firmati (calcando) in bianco. Mi raccomando, fatene uso discreto. E ora fila sino al prossimo magazzino...

Corrado                         - (intascando) Questa fortuna im­provvisa fra capo e collo mi disorienta.

Luigi                             - (incalzandolo) Via... via...

Corrado                         - (tornando indietro) Devo... pro­prio... fissare un appartamento... intero? un intero primo piano? di quante stanze?

Luigi                             - (c. s.) Ma di quante lo troverai... quattro, cinque, dieci, purché sia molto di lusso.

Corrado                         - (c. s.) Ah! dev'essere molto di lusso? E... devo ammobiliarlo? Senza badare a spese?

Luigi                             - Ma sì... ma sì... ma sì!...

Corrado                         - E metterci dentro trofei di caccia, tappeti orientali, scialli cinesi, armi; ma tutto ciò costerà una cifra!

Luigi                             - Perdio! Quando ti dico che vi do carta bianca, a tutti e due. Ma vattene per carità...

Corrado                         - (ad Elvira) Dammi un pizzicotto... provami che sono vivo!

Elvira                            - Sei vivo, sei vivo, Caramba! e sei una marmotta! (gli dà un pizzicotto).

Corrado                         - Ohi! Accidenti! Son vivo... ma cer­te cose, bisogna che tu lo ammetta, paiono sogni! (escono dal fondo).

SCENA OTTAVA Luigi, poi la Principessa

Luigi                             - (stropicciandosi le mani) Se questa mi riesce, mia moglie si piglia una lezione tale che guarisce del suo male per tutta la vita... Ah! la signora voleva l'esploratore? Lo avrà.

La Principessa               - (da sinistra) Si può?

Luigi                             - Avanti... Ah! siete voi, Principessa? Mi permettete una parola, con tutta fran­chezza ?

La Principessa               - Figuratevi!

Luigi                             - Prima di tutto, perché potrei anche ingannarmi, sono proprio io il padrone di questa casa?

La Principessa               - E chi volete che lo sia?

Luigi                             - Mi fa piacere di sentirlo dire da voi perché finora non ne ero abbastanza sicuro. Ora che lo sono vi dico netto e chiaro: Ba­sta! Voi abusate indegnamente della confi­denza che vi ha accordata mia moglie.

La Principessa               - Signore!

Luigi                             - Inutile che assumiate codesto tono di regnante offesa... di profughi russi ne abbia­mo ormai piene le tasche... nella vita, nei romanzi e sulla scena non ci sono che profu­ghi russi... e tutti principi! Intanto con lo specchietto di codesto titolo vi siete piantata alle costole di mia moglie ed io vi mantengo.

La Principessa               - Renderete conto a Katia di queste offese.

Luigi                             - Ecco, per l'appunto, a proposito di Caterina e non Katia. Se non provvedete nel giro delle quarantotto ore ad allontanarle d'attorno tutti gli imbecilli che le avete con­dotto, vi giuro che non rimetterete più piede in casa mia.

La Principessa               - Vi faccio osservare che non parlereste così se il principe, mio zio, non fosse stato fucilato, se il granduca Sergio, mio fratello, non fosse scomparso, se il colonnello Vladimiro, mio cugino, non fosse morto in Siberia...

Luigi                             - E se vostro padre, venditore di ciam­belle a Montmartre, non fosse stato arrestato per furto. Ecco la vostra vera genealogia. Ma viene mia moglie. Dunque ci siamo intesi? Altrimenti si fila!

La Principessa               - (da se) Questa me la pa­gherà cara.

SCENA NONA Katia, Servo, Detti

Katia                             - (da sinistra, in toilette elegantissima da ricevimento, seguita dal servo in gran livrea col vassoio del servizio da tè) Ecco... met­tetelo... sulla scrivania del signore... (al ma­rito) Levate, per favore, quel pacco...

Luigi                             - (prendendo i pacchi, al servo che depo­sita il tè) Ecco, portatelo pure nel quar­tiere di servizio e serbatemi un posto alla ta­vola dove la cuoca sbuccia le patate... finirò per fare i miei conti in cucina, (servo esce col pacco, sbalordito).

Katia                             - Esagerazioni! Ma scusa, non volevi recarti a fare una cavalcata al parco?

Luigi                             - Sì, ma ho cambiato opinione...

Katia                             - Meglio, perché si era un po' pochi... Lo scultore, il pianista, il romanziere, la principessa, la scrittrice Bonjour, il sottose­gretario alle Colonie...

Luigi                             - Ahi!

Katia                             - Che c'è?

Luigi                             - Vi dirò... Ci sarebbe capitata una bel­la sorpresa... ma questo intervento di sua ec­cellenza mi pone nell'imbarazzo...

Katia                             - Perché?

Luigi                             - Si tratta che un mio amico, illustre, molto illustre, è arrivato in incognito...

Katia                             - Oh! questa è nuova! Voi vi permet­tete di possedere un amico illustre. E non mi dite niente?

Luigi                             - Veramente non me ne ricordavo. Ma è un fatto che io ho avuto l'onore di essere condiscepolo del grande esploratore Di Brugemont.

Katia                             - (con un grido) Di Brugemont vostro condiscepolo? (alla Principessa) E non me ne aveva parlato mai! E non se ne ricordava nemmeno! Che bruto! Ebbene... (al marito) questo Di Brugemont...

Luigi                             - E' ritornato improvvisamente dal suo viaggio ed è sceso, in completo incognito (perché pare abbia delle seccature a Parigi) in un albergo della città. Qui però si è trova­to con pochi spiccioli e molti assegni inte­stati al suo vero nome. Come fare? Se tele­fona alle Banche o al Ministero scopre la sua identità, d'altra parte oggi è sabato e gli sportelli son chiusi. Si è ricordato di me... mi ha telefonato... io gli ho detto di venire...

Katia                             - Lo credo bene...

Luigi                             - E stasera lo abbiamo al nostro tè. Quanto a Sua Eccellenza...

Katia                             - Gli faremo giurare il segreto, me ne incarico io... L'importante è di ricevere de­gnamente il grande esploratore... Per fortuna (alla Principessa) che ho mutato toilette... Che dite? Se si ricevesse in salone?

Luigi                             - No, ricevetelo qui, fra i vostri intimi... è più chic.

SCENA DECIMA Il Servo, il Romanziere, lo Scultore e il Pianista.

Il Servo                         - Il signor De l'Etoile, il professor Nuàge, il maestro Sanbruy.

Luigi                             - Lietissimo... Incantato... Felice...

Lo Scultore                   - (agli altri) Che gli è successo?... L'orso si è addomesticato...

Il Servo                         - Madama Bonjour.

Katia                             - Oh! illustre amica!... (si abbraccia­no) Conosci mio marito?

Luigi                             - (baciandole la mano) lo l'ammiro.

Il Romanziere               - (agli altri) Ammira quella stupida di cui i libri vanno a ruba. Provin­ciale!

Katia                             - Credo che stasera ti procurerò una grande gioia!

Bonjour                         - La mia più grande gioia è quella di trovarmi accanto a te...

La Principessa               - Che cosa preparate di pal­pitante ?

Madama Bonjour          - Un romanzo mistico.

Katia                             - Il titolo?

Bonjour                         - Psicopatia sessuale...

Katia                             - Interessante.

(tutti si stringono intorno alla scrittrice).

SCENA UNDICESIMA Il Servo, il Sottosegretario

Il Servo                         - Sua eccellenza.

Tutti                              - (si alzano)

Il Sottosegretario          - (baciando la mano a Katia) Sono in ritardo? (stringe la mano a Luigi, poi Katia fa le presentazioni).

Katia                             - Sapete che abbiamo una grande no­vità, questa sera? una novità che stupirà an­che il Governo, quando verrà a conoscerla.

Il Sottosegretario          - Mi permetto di dubitare, signora, che il Governo possa venire a cono­scere una novità dopo qualcuno, sia pure dopo di voi... (siede).

Tutti                              - (siedono).

Katia                             - Eppure vi è riservata una sorpresa...

La Principessa               - Una grande sorpresa...

 Il Servo                        - Il signor Corrado di Brugemont.

Il Sottosegretario          - Possibile? Di Bruge­mont?

Luigi                             - Sì, Eccellenza... in incognito, a Pa­rigi, e mio ospite...

Il Sottosegretario          - Oh! finalmente! potrò conoscere quest'uomo che manca da venti anni dalla Patria...

SCENA DODICESIMA Corrado - Detti

Corrado                         - (vestito da esploratore, con elmo di sughero e abito kaki, volto leggermente di­pinto per fingere l'abbronzatura del sole tro­picale, una decorazione sconosciuta all'oc­chiello, si inquadra imponente sulla porta di fondo).

Luigi                             - Corrado! Mi riconosci?

Corrado                         - Luigi! Qua, tra le mie braccia!

Luigi                             - Permettono? (abbraccia con effusio­ne il falso esploratore) Dopo vent'anni!

Corrado                         - Vent'anni dopo!

Luigi                             - Ah! come ti ringrazio... (presentando) Mia moglie!

Corrado                         - (trattenendole la destra fra le pro­prie mani) Sono incantato di ricevere dal­le vostre labbra il primo sorriso di Parigi. (le bacia la mano, a lungo).

Katia                             - La mia casa è a vostra disposizione. Presento la Principessa Armadieft...

Corrado                         - (s'inchina).

Katia                             - La grande scrittrice Bonjour...

Corrado                         - (baciandole la mano) Bonsoir!

Katia                             - S. E. il Segretario alle Colonie... (seguita la presentazione agli altri ospiti).

Il Sottosegretario          - (con enfasi) Sono vera­mente orgoglioso di porgere il saluto della Francia e del Governo al più grande pio­niere della nostra civiltà.

Corrado                         - (inquieto) Grazie... ma, mi racco­mando, Eccellenza, non alzi troppo la voce... (a tutti) Ho delle ragioni personali per non far sapere ancora che sono arrivato...

Il Sottosegretario          - Troppo, troppo mode­sto... ma avete un telefono, qui? Bisogna su­bito informare il Governo.

Corrado                         - Ci mancherebbe altro!

Luigi                             - Il telefono c'è, Eccellenza, ma è guasto.

Il Sottosegretario          - (ridendo) Tenteremo egualmente...

Corrado                         - (ponendosi davanti al telefono) Impossibile, Eccellenza, sono in incognito e la prego di rispettarlo.

Il Sottosegretario          - Ma non si può... D'al­tronde è un dovere d'ufficio a cui non posso sottrarmi...

Corrado                         - Passerete sul mio corpo, Eccellen­za, ma non telefonerete... dovessi difendere l'apparecchio a colpi di rivoltella come quan­do mi salvai da un attacco di orangutang nelle foreste di Tombuctù.

Luigi                             - (piano a Corrado) Troppo... troppo... scoprirai il trucco, così!

Katia                             - E' meraviglioso!

SCENA ULTIMA. Il Servo - Detti

Servo                             - (entra con la teiera fumante).

La Principessa               - Ecco il tè... Date a me... (a sua Eccellenza) Puro o con latte?

Il Sottosegretario          - Con latte... ma permet­tetemi di trovare eccessiva la vostra mo­destia...

Katia                             - Eccellenza, dolce o amaro?

Il Sottosegretario          - Dolcissimo. Rimettere­mo ad altro momento la telefonata al Mini­stero... Oh! sono certo che Sua Eccellenza mi colmerà di rimproveri... il vostro arrivo, così inaspettato, è un avvenimento troppo importante.

Corrado                         - (turbato) Ma è proprio una cosa tanto importante? Io non ci trovo nulla di straordinario...

Il Sottosegretario          - E non per Parigi sol­tanto; per il mondo... Domani vi verrà incontro l'Europa...

Corrado                         - Misericordia! Ma io ritorno di dove son venuto!

Katia                             - (a Corrado) Ed ora il signor di Brugemont ci farà osservare la cicatrice, (comico terrore di Corrado, il quale evidentemente ignora di che cosa si tratta).

Corrado                         - La cicatrice?!... Ah! sicuro... ma è cicatrizzata. Eppoi quale cicatrice? io sono pieno di cicatrici... io sono tutta una cicatrice sola... Non esigerete mica che io mi denudi?

Luigi                             - (sulle spine) Ma non dar retta... e voi, Katia, non fate domande indiscrete.

Katia                             - Ma è così facile... chiediamo soltanto di vedere la famosa cicatrice della mano... prodotta dalla zampata di una tigre... ne par­larono tutti i giornali...

Corrado                         - Ah! la cicatrice della mano... (si guarda le mani) Vedete? Avete visto? non c'è nulla. Ma proprio nulla... Vi prego di os­servare. Un miracoloso unguento indiano... E poi c'è della gente che non crede ai fakiri... Come si fa a non credere ai fakiri? Piuttosto vi racconterò come fui ferito.

Katia                             - Benissimo. Ecco una cosa interessan­te, (tutti fanno circolo intorno a Corrado).

Corrado                         - Una notte, in piena jungla, avevo una tigre a destra, un leone a sinistra, un ippopotamo davanti, e un elefante di dietro...

Katia                             - Ah! straordinario. Tanto più che que­sto è successo anche a me.

Corrado                         - Possibile?

Katia                             - Sì... ma in circostanze assai più dram­matiche, in un museo di Storia Naturale...

Luigi                             - (da sé) Ohi! Non attacca!

Corrado                         - (disorientato) La signora si compia­ce di scherzare... ma le assicuro...

Katia                             - (con forzato entusiasmo) Ma non ve­dete che la vostra voce mi dà come un fre­mito elettrico? (avvicinandosi a lui) che io bevo le vostre parole, che sono attirata da voi, come il coniglio dal serpente boa...

La Principessa               - (incalzante) Oh! è irresi­stibile.

Madama Bonjour          - Meraviglioso!

Tutti                              - Grande...

Corrado                         - Troppo gentili... prego... Si fa quel che si può... Dunque io ero circondato dalle belve ed ero disarmato completamente. Ad un tratto mi venne un'idea luminosa; e tirai fuori l'accendisigari, spento.

Tutti                              - Oh! è prodigioso! Che sangue fred­do! Che eroe!

Luigi                             - (da una parte, a se stesso, strizzando l'occhio al pubblico) Attacca! Attacca...

 

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

 Salone nell’appartamento affittato da Corrado per ricevere Katia. L'attore sta trasformandolo in un ambiente equatoriale. La stanza ha forma di tenda conica mediante panneggiamenti ai quali sono appesi scudi e trofei d'armi, idoli, pelli di fiere, etc. In terra pelli di belva e sui divani egualmente. Pochi sgabelli moreschi con servizi da fumo, da caffè, etc, un narghilè. Sopra uno sgabello più alto l'apparecchio te­lefonico. Sopra uno dei divani una chitarra.

Corrado all'alzarsi del sipario in piedi sopra un divano sta attaccando una pelle di serpente boa che Dich, col viso nero e le mani bianche gli porge di sotto. Corrado sarà vestito da esplo­ratore in abito kaki, ma troppo nuovo, esage­rato, con grandi gambali gialli. Sarà in maniche

 di camicia. La giubba e il casco avrà sopra una sedia.

SCENA PRIMA Corrado - Dick

Corrado                         - Va bene ,a quest'altezza?

Dick                              - Sì...

Corrado                         - Fa un bell'effetto?

Dick                              - Sì

Corrado                         - (scendendo) Io non ne posso più. Sono in un lago di sudore. Mi sono stinto?

Dick                              - No... è vernice a prova di benzina.

Corrado                         - Difatti, mi pare di avere una ma­schera di gesso. Ma tu cosa fai col muso nero e colle mani bianche?

Dick                              - Se mi tingo le mani, capirai, concio tutto quello che tocco.

Corrado                         - Ecco gli inconvenienti dei mori ar­tificiali... Ma come fare? Impossibile trovare sulla piazza un moro autentico disoccupato! Nemmeno a pagarlo un occhio. E ricordati di parlare in Africano. Inventa delle parole... così come ti vengono alla bocca. Hai capito? A proposito dov'è quella che mi ha noleg­giato il serpente?

Dick                              - E' lì fuori che contratta colla signora.

Corrado                         - Falla passare.

Dick                              - (esce). .

Corrado                         - Mi pare abbastanza Equatoriale...

SCENA SECONDA Elvira - La Domatrice

Domatrice                     - (in Dollman, con stivaloni, con accento indefinibile misto di chissà quali lingue) E cusì? la pelli di lu sirpinte vi serve?

Corrado                         - La pelle « di lu sirpinte » mi ser­ve, ma non mi serve il prezzo che ne doman­date. In fin dei conti la noleggio per un gior­no soltanto.

Domatrice                     - Ma oggi è domenica. E io faccio rappresentazioni ad ingresso continuativo e potrebbe incassare molto di più di quillo che ci domando.

Elvira                            - (sarà trasfigurata, bella, in elegante co­stume spagnuolo) Ma, ve l'ho già fatto no­tale: voi fate le vostre rappresentazioni an­che senza il serpente. In fin dei conti il nu­mero principale è costituito dalle pulci am­maestrate.

Domatrice                     - Ma lu pubbliche non si accon­tenta sultanito di pulci. Nella cartelle ci sta dipinto lu serpe che mangia il lapino.

Corrado                         - E come fa il serpente a mangiare il lapino se ci avete soltanto la sua pelle?

Domatrice                     - Io ci faccio lo racconto alle pub­bliche mostrando la pelli, e senza la pelli non ci posso fare le terribile racconto del serpe che mangia vivo il lapino.

Elvira                            - In conclusione li volete tutti?

Domatrice                     - (risoluta) Misi un prezzo speciale perché ci manca une pezze de coda che ci ta­gliai per mi fare li scarpe. Tutti li voglio o mi riprendo la pelle.

Corrado                         - (dandole dei biglietti di banca) E' un vero ricatto.

Domatrice                     - (dopo aver contato il denaro) Remercimenti. (esce)

SCENA TERZA Corrado, Elvira, Dick

Corrado                         - Ma se spendiamo a rotta di collo in questo modo, per noi che cosa ci resta?

Elvira                            - Non hai fiducia di me?

Corrado                         - Anzi... ce ne ho troppa. Mi spiego: non vorrei che questa faccenda mi costasse delle seccature.

Elvira                            - Che pusillanime! Dick! (Dick appa­re sulla porta) Ma tingiti le mani... fai ri­dere...

Dick                              - Come si fa? La porta d'ingresso è ver­niciata di bianco...

Elvira                            - Aspetta... prendi venti franchi... vai a comprarti un paio di guanti neri. (Dick esce, Elvira segna sul taccuino) Per un paio di guanti da moro, intonati al colore della pelle, ordinati a posta: mille lire...

Corrado                         - Mille lire un paio di guanti!

Elvira                            - Speciali! Lo vedi cosa c'è scritto qui ? Speciali! Asino!

SCENA QUARTA Luigi - Detti

Luigi                             - (precipitandosi in scena come un bolide) Ma siete impazziti tutti e due? Volete che vi denunci alla polizia? Ladri, assassini, ca­naglie!

Elvira                            - Con jujcio, caballero, o vi insegno a trattare una senora argentina.

Corrado                         - (spaventatissimo) Che cosa avete da brontolare... siamo qui che ci si danna l'ani­ma a lavorare per voi...

Luigi                             - Ma è che con quattro o cinque cheques riempiti con cifre favolose mi avete niente­meno che esaurito il deposito che tengo alla Banca.

Corrado                         - (guardando Elvira) Esaurito il de­posito?

Luigi                             - Un patrimonio. Sissignore. Se questa non è una truffa all'americana, io domando a che cosa serve il codice penale!

Corrado                         - Una truffa? (cade a sedere su una sedia).

Elvira                            - Badate come parlate, senor!

Luigi                             - Sì, vi ho firmato gli cheques in bian­co, ma contavo sulla vostra moderazione... In ogni modo vi obbligherò a rendere conto... Qui non vedo che roba da dozzina... pelli in­tignate... mobili da rigattiere... armi inservi­bili... (a Corrado) Ti pare che tutto ciò possa costare quella somma? E', o non è evidente la truffa? Rispondi?

Corrado                         - (allibito, balbettando) Ecco, ti di­rò... ti spiegherò tutto... forse è veramente un po' caro... ma bisogna distinguere... I serpenti, in questa settimana, hanno subito sul mercato un forte rincaro...

Luigi                             - Basta! Ti proibisco di continuare.

Elvira                            - Sì, basta! E niente accomodamento. Si è sopportato anche troppo. Questo « caballero » dimentica il nostro ruolo che non ha prezzo... il numero di varietà andato a male... la nostra prestazione d'opera di illimitato valore. Andiamocene. Vieni... Faremo causa per danni.

Dick                              - (entrando di corsa) Ho veduto dalla fi­nestra una signora che entrava nell'atrio...

Luigi                             - Ah! mi tenete pel collo! (a Dick) Vai al cancello dell'ascensore. Vedi di trattenerla con .qualche scusa... (a Elvira) Venite... met­tiamoci in agguato... (a Corrado) Mi racco­mando... Giacché ci rimetto una fortuna, ve­diamo, almeno, di raggiungere lo scopo, (a Elvira) Andiamo.

Elvira                            - Non prima d'aver verificato la suo­neria?...

Corrado                         - Questo sembra un telefono, ma non lo è. Appena tolto il ricevitore (eseguisce) squilla una suoneria fuori della porta. (Suoneria fuori scena).

Luigi                             - Sta bene. Dunque hai capito. Sii bru­tale... sii cinico... sii selvaggio e, sopratutto, non scoprire il trucco!

Corrado                         - (spingendoli via verso destra) Sta bene... ho capito... ma andate via...

Elvira                            - (tornando indietro) Rozzo...

Luigi                             - Nauseante...

Elvira                            - Degenerato...

Luigi                             - Idiota...

Elvira                            - Mascalzone...

Luigi                             - Porco!

Corrado                         - (riuscito a spingerli fuori caccia un respiro di soddisfazione, poi si mette In giub­ba e il grande elmo di sughero, si guarda in uno specchio, passeggia marzialmente per la scena) E ora, coraggio; in fin dei conti si tratta di recitar bene una parte.

Luigi                             - (riaffacciandosi)     - ~ Ricordati... (azione di Corrado) se il giuoco non riuscisse ti de­nunzio per truffa.

Corrado                         - Ma scusa... Senti... Luigi   - (esce).

Elvira                            - Ricordati di fare agire la suoneria, altrimenti... (fa l'atto di sparare) tan! tan! tan! (esce).

SCENA QUINTA E SESTA Corrado, Dick, la Principessa

Corrado                         - Ora comincio a capire perché l'esploratore vero è rimasto in Africa!

Dick                              - (spaventato da destra; avrà i guanti neri) Signore! c'è... ma non è lei!

Corrado                         - E mandala via, imbecille!

Dick                              - Impossibile, è già qui... (da se) Cento franchi di mancia ed è una bella donna!

La Principessa               - (elegantissima, con un bel libro rilegato in rosso, sotto il braccio) Mi rico­noscete ?

Corrado                         - Senza dubbio... ma...

La Principessa               - Non capite? Io sono la sua messaggera... perché sono la sua amica... la sua confidente... Ebbene essa verrà. Ella è già in via per recarsi da voi che siete ormiti lo scopo stesso della sua vita... osate tutto... "perché colei che sta per giungere non vi chie­de che di osare! Essa vi manda un messag­gio d'amore... Il vostro libro... (depone il libro sopra un mobile).

Corrado                         - (sbalordito) Il mio libro?

La Principessa               - Sì, il vostro diario africano. Essa lo ha postillato tutto; lo sa a memoria.

Corrado                         - (atterrito) E io non sapevo nemme­no che esistesse! (forte) Ah! sì, il diario afri­cano... Quanta delicatezza!

La Principessa               - Lo sfoglierete insieme.

Corrado                         - Questo mi farà molto piacere...

La Principessa               - Arrivederci, uomo fortuna­to... (a Dick) Volete accompagnarmi?

Dick                              - Jung! Cento lire di mancia ed è una bella donna! Certo che l'accompagno!

La Principessa               - Arrivederci... uomo felice. Osate! Osate! Osate tutto! (esce accompa­gnata da Dick).

SCENA SETTIMA Corrado, Dick, Katia

Corrado                         - L'affare si complica...

Dick                              - (da destra, facendo cenno che c'è Katia) Padrone... Nice nace... strum! (sulla por­ta appare Katia elegantissima, sfolgorante di bellezza e di primavera).

Corrado                         - (intima a Dick di andarsene col fru­stino alzato) Marche!..,

Dick                              - (esce di corsa) Jung!

Corrado                         - (brusco) Così si trattano i negri... e se occorre anche i bianchi...

Katia                             - Lo credete veramente necessario?

Corrado                         - Necessarissimo. Ed ora a noi. Vi ringrazio di essere venuta a vedere lo mie col­lezioni. Ma vi avverto che, contrariamente a quanto credevo ieri, non posso dedicarvi mol­to tempo. Ho i minuti contati.

Katia                             - (senza badargli) Come tutto è interes­sante qui... E' un pezzo che abitate questo appartamento ?

Corrado                         - L'ho sempre tenuto... Vi facevo spe­dire via via, le pelli delle belve, gli avori, gli idoli, le armi che raccoglievo in viaggio.

Katia                             - (meravigliata) Ma allora qualcuno ha abusato indegnamente di voi!

Corrado                         - Perché?

KATIA                         - Perché fino a un mese fa qui c'era il gabinetto di un dentista.

Corrado                         - Accidenti! (forte) Ne siete proprio sicura ?

Katia                             - Sono venuta a farmi pulire i denti.

Corrado                         - Ah! briganti! Hanno subaffittato a mia insaputa! Ma darò loro la lezione che si meritano. Che ne dite? Se uccidessi il por­tiere?

Katia                             - (afferrandolo) Dio mio! Un morto di più o un morto di meno nella vostra vita guerriera, che cosa conta? Fategli grazia per amor mio a quel pover'uomo. Rifiutereste un così piccolo favore ad una donna che ha tanta simpatia per voi?

Corrado                         - Egli è, vedete, che io, sinceramente, lo dicevo poco fa alla vostra amica, io non ho simpatia per le donne.

Katia                             - E perché ieri mi avete corteggiato così spietatamente e mi avete supplicato tanto di salire fin qui, a contemplare le vostre famose collezioni?

Corrado                         - Vi parlerò con franchezza. Sono uo­mo anch'io... anzi, sono più che uomo. Sono ormai, dopo tanti anni di vita africana, un uomo allo stato primitivo... Ieri, vicino a voi, alla vostra fresca beltà, al vostro fascino pro­fumato, in seguito a quella seduzione che non avete cessato un momento solo di esercitare su me... io mi sono sentito turbato... il mio sangue si è acceso e mi ha spinto verso di voi. E' stato allora, nell'ebbrezza del desiderio, che vi ho chiesto con voce strozzata dalla voluttà, di venire da me... ma poi... (una pausa. Katia lo guarda « coquette »).

Katia                             - Ma poi?

Corrado                         - Ma poi... il buon senso, la dignità, signora, hanno ripreso possesso di me. Perché, signora, io non sono un uomo come gli altri, io non sono un uomo comune, io sono... il celebre esploratore... Di Brugemont... io sono lo scopritore non ricordo nemmeno di quanti paesi, sono un individuo che ha uc­ciso più leoni che mosche, più ippopotami che zanzare, più coccodrilli che passerotti; ho lottato da solo contro una intera tribù di ottentotti e, dopo averli sterminati tutti, ho dormito con le cinquecento mogli del loro re!

Katia                             - Ma voi capite, amico mio, che quan­to mi state dicendo non fa che acuire prodi­giosamente la mia curiosità! E poi io mi chie­do, perché voi... che avete dormito con tutte e cinquecento le mogli del re degli ottentotti non potreste, per esempio, dormire anche con me che credo d'essere un po' più bel­lina di loro?

Corrado                         - Mi meraviglio! Io ho una missione, signora, la devo compiere e la compirò.

Katia                             - E che cosa c'entra la vostra missione con me?

Corrado                         - Ma vi pare che io possa contrarre degli obblighi? E neanche sottostare ad un capriccio passeggero, ad una di quelle debo­lezze a cui vanno soggetti comunemente gli altri mollali? Via... siamo seri...

Katia                             - Bellissimo ragionamento, mio caro Di Brugemont, ma voi siete un esploratore ed io sono una donna. Ogni creatura ha la sua funzione organica a cui deve obbedire. Io, caro Di Brugemont, io vi comprendo. E vi ammiro sempre di più. Voi siete nella vo­stra linea. Bravo! E conservatela, finche pote­te. Ma anch'io debbo conservare la mia. Voi, l'esploratore, il grande esploratore africano, Corrado Di Brugemont, l'uomo che spaventa i leoni coli'accendisigari spento e dorme con tutte e cinquecento le mogli del re, ed io la povera donna assetata d'ideale. Ci man­cherebbe altro che un grosso animale da pre­da come voi, si preoccupasse di un anima-luc­cio come me. No, no... va benissimo così. Voi fate bene la vostra parte, (movimento di Corrado) E' un modo di dire. Dunque voi re­citate bene la vostra parte... io... eh! io devo fare la mia. Voi mi dovete disprezzare... io vi devo sedurre.

Corrado                         - Ma se vi sto dicendo...

Katia                             - Ma sì! Che avete i minuti contati, che disprezzate le donne, che dovete scoprire un'altra parte del mondo, che siete un sel­vaggio, un egoista, un mascalzone,'un bruto... E a me che cosa me ne importa ? In questi po­chi minuti il vostro disprezzo cadrà; voi vi convincerete che la nuova parte del mondo dovrete scoprirla insieme con me e vi lascerete sedurre da me che vado pazza per voi e ne vado pazza proprio perché siete un selvaggio... E' chiaro?

Corrado                         - (che ancora non s'era levato il casco di sughero, se lo toglie mormorando) Ac­cidenti, se è chiaro!

Katia                             - Avete fatto bene a levarvelo perché sembravate un fungo porcino... Ora a noi. La partita non può esser meglio bilanciata. Voi amate il rischio e io godo quando mi trovo in pericolo. Io ho sete d'avventure, d'emozio­ni, come ho sete d'amore. Voi siete il grande esploratore...

Corrado                         - Ma... così dicono...

Katia                             - Bene. Voi dovete essere mio.

Corrado                         - Ma nemmeno per sogno!

Katia                             - Oh! saprò conquistarvi. Sappiate in­tanto, signor Di Brugemont, che voi siete in mio potere. Avete osservato che mi sono fatta precedere dalla principessa Armadieff?

Corrado                         - Ho visto l'Armadieff... e appunto mi sono domandato perché...

Katia                             - Niente, amico mio. La principessa, una slava pericolosissima, ha semplicemente l'incarico di impedire che il vostro servitore venga a disturbarci...

Corrado                         - Sicché, a quest'ora il negro...

Katia                             - Ridotto all'impotenza.

Corrado                         - (strizzando l'occhio al pubblico) Ma c'è la suoneria! Se sapesse che di là c'è suo marito in agguato... Ora l'accomodo io. (forte a Katia) Sta bene, accetto la sfida...

Katia                             - AH right! Qua la mano. Fra dieci mi­nuti sarete caduto! In guardia!

Corrado                         - (da se) Stai fresca! Quasi quasi mi ci comincio a divertire!

Katia                             - Fatemi dunque vedere... le vostre col­lezioni.

Corrado                         - Comincerò da questo idolo cinese. Esso mi costa la perdita di tutta la mia scorta dopo una battaglia notturna, nel cortile di una Lamasseria Tibetana. Tutti i miei uomi­ni furono uccisi, io solo mi salvai recando meco la statua preziosa.

Katia                             - Strano! Questo idolo somiglia come una goccia d'acqua a quello che fino a ieri era esposto in una vetrina dell'Avenue dell'Opera. Stamani, quando sono passata, non c'era più...

 Corrado                        - (divagando) Non starò a narrarvi in quali circostanze uccisi questo spaventevole serpente boa.

Katia                             - Infatti. E' veramente mostruoso. Non ho visto, nulla di simile che alla fiera di Montmartre, dove Io mostrava una domatri­ce di pulci, avvertendo che ce ne mancava un pezzetto nella parte della coda, il punto migliore per farsi fare un paio di scarpette.

Corrado                         - (disorientato, cercando di parare la pelle del boa perché Katia non si avveda del trucco) Ecco... ora vi debbo dare una piccola delusione... Io ho ucciso questo spa­ventoso mostro in circostanze assolutamente prosaiche... Nessuna lotta... nessun perico­lo... nulla. Egli aveva divorata la suocera di un indigeno e non riusciva assolutamente a digerirla; il suo letargo era spasmodico. Ca­pirete bene che per me fu un giuoco sorpren­derlo ed ammazzarlo.

Katia                             - Benissimo. Non capisco, però, come tutti gli ammogliati con suocera del villag­gio, non abbiano, alla loro volta, ammazzato voi... Ma questo non ha alcuna importanza. Quello che mi preme non è di sentire delle avventure inverosimili che si leggono in tutti i giornali di viaggi. No, quello che mi preme è di rivivere con voi la famosa notte da voi descritta al capitolo quattordicesimo del vo­stro libro. Voglio udirla narrare dalla vostra viva voce.

Corrado                         - Avete ragione, signora; la voce, e specialmente la mia, è una gran cosa, (pigliando il libro e sfogliandolo) Capitolo quat­tordicesimo... capitolo quattordicesimo...

Katia                             - Ma cosa fate?

Corrado                         - Vi leggo il capitolo quattordicesimo con la mia voce.

Katia                             - Ma no... ma no... (gli strappa il libro e lo getta via) io voglio da voi dei particolari inediti, desidero delle sensazioni personali...

Corrado                         - (da se) Maledetta!

Katia                             - Vedete... Ci sono delle cose le quali rimangono talmente impresse nel cervello che non si riesce a dimenticarle più.

Corrado                         - Curiosa! Ed io invece, quanto più eroica, quanto più grandiosa, quanto più epi­ca è stata la gesta che io ho compiuto e tanto più facilmente me ne scordo. E' una malattia.

Katia                             - Di cui bisogna guarire. Andiamo. Sia­te saggio... mettetevi a sedere accanto a me... (lo obbliga a sedersi e gli si mette vicina) così... e ricordiamo insieme i particolari di quella notte tragica e sublime.

Corrado                         - (da sé) Ma cosa mi sarà successo in quella notte?

Katia                             - Forse la forza del ricordo è così gran­de che voi preferite di non pensarci.

Corrado                         - Parola d'onore che mi mette ad­dosso la curiosità di saperlo anch'io!

Katia                             - Saltiamo dunque a pie pari tutta la prima parte del capitolo che non mi inte­ressa.

Corrado                         - Saltiamola!

Katia                             - E fermiamoci alla pagina centocin-quantasette.

Corrado                         - Eh! sì! Non fo per dire, non perché l'ho scritta io... ma la pagina centocinquantasette è un capolavoro.

Katia                             - Ecco l'errore. La pagina centocinquan-tasette è completamente idiota. Essa potreb­be portare ugualmente la firma di Boussenard, del Salgari, del Wells, o di quello sbal­lone dell'Ossendowski. Avventure di quel ge­nere sono successe a tutti, ne convenite? Chi è che non è stato preso, legato e gettato a ro­solarsi presso una gran fuoco per essere divo­rato il giorno appresso?

Corrado                         - Ma, tutti. E chi non si è trovato in condizioni simili, ci si troverà; e sarebbe una bella vergogna per un uomo che si ri­spetta non aver provato il piacere, esilaran­tissimo, di una simile avventura.

Katia                             - Ma quello che interessa è il dopo.

Corrado                         - Ecco. Sapere se si sarà mangiati lessi, in salsa piccante, o in fricassea!

Katia                             - Ed è proprio questa golosa poesia di particolari che io voglio bevere dalla vostra bocca...

Corrado                         - (da se) La poesia? Ma cosa mi sarà successo in quella notte?

Katia                             - Guardate. Voi siete solo con una don­na che vi adora come un Dio.

Corrado                         - (scostandosi) Avete un profumo che snerva.

Katia                             - Siete grande... il vostro fascino è ir­resistibile... Oh, sentirsi accanto a voi, pro­tetta da voi, in una notte piena di ruggiti e di lampi, nel cuore della foresta vergine sotto le stelle equatoriali! Ben si comprende come fosse fatale che succedesse quello che accadde in quella notte di terrore e d'ebbrezza!

Corrado                         - (da se) Ma cosa sarà successo? Pa­rola d'onore io ci divento matto!

Katia                             - Ditemi tutto... ditemi tutto... Io sono assetata di particolari, non mi tacete nessun dettaglio. Che cosa faceste quando essa vi eb-be tagliato la corda?

Corrado                         - La corda? (pausa) Scappai!

Katia                             - Lo so. Lo so...

Corrado                         - Meno male... Questa l'ho azzeccata.

Katia                             - Ma lei cosa vi disse nel suo linguaggio barbaro... Voi che cosa le rispondeste? E come fu che alfine, vinto dall'armonia della selva, stordito dai profumi dell'erbe inebrianti, dal fiammeggiare degli astri, voi la prendeste, essa cadde fra le vostre braccia e le bocche si congiunsero nel bacio sovru­mano ?

Corrado                         - (facendosi vento col fazzoletto e ten­tando di alzarsi) Non vi pare che faccia un gran caldo?

Katia                             - No... (trattenendolo seduto) Dimmi qual'è il tuo segreto per conquistare le fem­mine... Anch'io sono barbara, anch'io sono selvaggia, anch'io voglio amarti sotto le stelle dell'Equatore.

Corrado                         - (da se) Ma qui finisce male... io non ne posso più. E' una bella donna, perdio! (forte, alzandosi in piedi) Come faccio a do­minare le donne? Volete proprio saperlo? Ebbene, io le domino colla violenza... colla frusta!... col bastone... colla rivoltella... col fucile... colla mitragliatrice, col cannone, se occorre!

Katia                             - (rapita) Possibile?

Corrado                         - La prima cosa che faccio quando mi sono trovata un'amante è di schiaffeggiar­la, percuoterla, calpestarla, sbucciarla viva!

Katia                             - (colle mani alle tempie) No! No!

Corrado                         - (incalzando) Il mio più grande pia­cere consiste nello strappare gli abiti di dosso alla donna, afferrarla per i capelli, gettarla ai miei piedi, e farla sanguinare sotto i colpi del mio curbasco!

Katia                             - (con un grido isterico) Ah! Finalmen­te... (spavento di Corrado. Ma Katia si get­ta su di lui) Tu sei l'eletto che aspettavo da tanti anni... Prendimi... battimi... tortura­mi... uccidimi... tua per la vita... tua per l'amore... tua per la morte... tua per tutta l'eternità...

Corrado                         - Accidenti! Che bel risultato! (fa per svincolarsi).

Katia                             - (senza mollare) La tua bocca. E poi fammi spirare sotto i colpi del tuo frustino...

Corrado                         - (con uno sforzo allunga un braccio verso il telefono e toglie il ricevitore) Per­dio! Non sento suonare!

Katia                             - Hai tolto il ricevitore al telefono... Nessuno ci disturberà... ci ameremo come due esseri primitivi... mi farai provare il brivido ancestrale... quello che provò Eva nel para­diso terrestre.

Corrado                         - (da se) Ho capito tutto! La Prin­cipessa ha levato la suoneria! Non mi resta che fuggire! (verso destra).

Katia                             - (parandosi dinanzi a lui) Ah! No! Non uscirai di qui dentro senza avermi amata.

Corrado                         - Misericordia! se giunge Elvira! Ebbene, sappiatelo! Io non sono Di Brugemont. Questo non è che un trucco combinato con vostro marito.

Katia                             - Mio marito ci troverà in flagrante e dovrà curvare la testa davanti al fatto com­piuto, (fra se) Questa è la mia vendetta! (a Corrado) Ed ora guarda e respingimi se puoi, (con un rapido gesto si sgancia il vestito e rimane in uno squisito deshabillé).

Corrado                         - (atterrito) Misericordia! Lasciatemi fuggire!

Katia                             - (avvinghiandolo) Ti amo, ti adoro, deliro per te!

Corrado                         - Mi par d'essere il casto Antonio nel deserto della Tebaide!

SCENA OTTAVA Reporter - Detti

(Un gran fracasso di vetri e il reporter piom­ba dall'alto con un salto elegante, armato di macchina fotografica).

Corrado                         - (divincolandosi da Katia, corre a rifu­giarsi sotto un tavolino).

Katia                             - Chi siete?

Reporter                        - Sono il corrispondente dei più grandi giornali Americani. Dov'è il celebre esploratore? Dov'è l'uomo più coraggioso del mondo?

Corrado                         - (di sotto al tavolino) Sono io... ma lei, scusi, che cosa vuole?

Reporter                        - (a Katia) E' lei l'amante dell'esploratore?

Katia                             - Precisamente!

Corrado                         - (uscendo di sotto il tavolino) Ma nemmeno per idea!

Il Reporter                    - (ridendo) Vi spio da ieri! Ho avvertito il Governo. Tutta Parigi delirante vi attende. Del resto è inutile negare... (fa­cendo scattare In macchina) Ecco fatto... Questa coppia 6arà riprodotta dai giornali di tutto il mondo.

Corrado                         - Lei è matto. Glielo proibisco asso­lutamente. Ora la faccio finita io! (va ad aprire la porta).

 SCENA NONA La signora fanatica - La signorina snob

(Con un gran mazzo di fiori. Sarà vecchia, ri­dicola, una vera caricatura).

La signora fanatica       - Oh! sublime esplora­tore d'Oceani! Oh, violatore di continenti! io ti reco l'omaggio delle vergini di Francia!

Corrado                         - O questa di dov'è uscita?

La signorina snob          - (mettendo in braccio a Cor­rado un bruttissimo cane) Le socie del Cir­colo Internazionale Snobistico vi offrono la mascotte per il futuro viaggio!

Corrado                         - (rendendo il cane) Ma che mascot­te... Ripigliatevi questa bestia e lasciatemi passare.

SCENA DECIMA Un Segretario, poi Sua Eccellenza

Il segretario                   - Sua Eccellenza!

Corrado                         - Ma cosa succede qui? (a Katia) Rivestitevi, perdio!

Katia                             - (si riveste in fretta)

Sua Eccellenza              - Reco a Corrado Di Brugemont l'omaggio riconoscente della Patria.

Corrado                         - (atterrito) Ma chi mi ha combinato questa catastrofe?

Sua Eccellenza              - La Patria vi offre per pub­blica sottoscrizione un villino di cui sono lie­to di consegnarvi le chiavi.

Corrado                         - Un villino? A me? Non lo posso ac­cettare.

Katia                             - Datele a me. (prende le chiavi).

Sua Eccellenza              - Oh! signora... Voi qui? (le bacia la mano)

SCENA ULTIMA Elvira, Luigi, poi Dick, Principessa

Elvira                            - Troppo tardi! Ve lo dicevo? Guardate!

Katia                             - (a S. E.) Sono la sua amante...

Corrado                         - Non è vero! protesto!

Elvira                            - (cavando la rivoltella) La sua amante! Morite dunque entrambi!

Il Segretario                  - (fermandola) Fermatevi!

Sua Eccellenza              - Arrestate quella donna! (Segretario eseguisce).

Il reporter                      - (appuntando) Sensazionale!

Corrado                         - (che sarà montato sul divano coprendosi con uno scudo somalo e brandendo una lancia) Elvira te lo giuro! Sono innocente!

Katia                             - Non gli date retta. Quella donna (accenna, Elvira) è un'Argentina che egli conob­be al Brasile e che è impazzita per lui. In­ternatela in un manicomio. Quanto a me, io sono la sua amante.

Luigi                             - (al Segretario) L'avete udita? E' la sua amante! Io sono becco, capite!

Sua Eccellenza              - (stringendogli la mano) Permettetemi di farvi le mie congratulazioni.

Corrado                         - (gettando via scudo e lancia e ridiscen­dendo) Ma non è vero. Nulla è vero. Sap­piatelo. Tutto è un ignobile trucco. Io non sono un esploratore, io non sono Di Brugemont. Io ho paura a maneggiare una cara­bina Flobert, non ho mai ucciso un gatto, ne ho messo piede sopra un piroscafo.

Luigi                             - Lo sentite! Si accusa egli stesso! Non è Di Brugemont!

Katia                             - Mentisce per eccesso di umiltà! Egli è il grande esploratore ed io sono la sua amante!

Principessa                    - (con la gota destra tinta di nero, mentre Dick avrà la gota sinistra bianca) Sì, egli è Di Brugemont. Lo attesto io che l'ho conosciuto bambino!

Corrado                         - Ma state zitta! Signor ministro, guardatela, il mio falso negro ha lasciato il proprio colore sulla sua ignobile guancia.

Il reporter                      - Basta. I giornali hanno già lan­ciata la notizia dell'arrivo di Di Brugemont e ne pubblicano la fotografia insieme alla propria amante in camicia, da fare.

Sua Eccellenza              - I giornali? Ma allora è inu­tile discutere! Andiamo.

Luigi                             - E dire che io ho speso un patrimonio per ottenere questo risultato.

Sua Eccellenza              - Basta! Apprezzo la vostra modestia, ma quello che è scritto nella storia non può cancellarsi. Ubbidite. La città esulta con tutte le bandiere spiegate al vento.

Corrado                         - La città? Le bandiere?

Sua Eccellenza              - Fatemi l'onore di seguirmi dando il braccio alla vostra signora!

Elvira                            - (a Corrado) Mangerò il tuo cuore in salsa piccante!

Luigi                             - (cadendo sopra un sofà) Sono annien­tato! Ma saprò vendicarmi!

Sua Eccellenza              - Venite. La Patria vi at­tende.

Signora fanatica            - Voi passerete sotto un diluvio di fiori!

(La signora fanatica e la signorina snob get­tano fiori a Katia che dà il braccio a Cor­rado. Escono preceduti dal Sottosegretario, mentre Elvira freme stretta da due poliziotti e Luigi si accascia sul divano di sinistra).

Corrado                         - (al pubblico) Ma se arriva l'esplo­ratore vero che cosa succede? (fuori scoppiano le trombe di una fanfara che suona la Marsigliese ed applausi).

Fine del secondo atto

 

ATTO TERZO

Lo studio dell'esploratore nel villino rega­lato dalla città per pubblica sottoscrizione. Ambiente elegantissimo di tipo esotico, a piacere dolio scenografo. Due porte: a sinistra quella della camera interna, in fondo un po' a sinistra la comune. A destra, lo scrittoio con telefono e una finestra laterale. Mobili vari fra cui una poltrona a dondolo. Quando si alzerà il sipario la scena sarà completamente al buio. Siamo nel pomeriggio avanzato.

SCENA PRIMA Dick - Corrado

(qualche attimo di silenzio; poi l'uscio di fondo lentamente si socchiude e ne filtra il raggio di una lampadina elettrica che si posa, successivamente, su tutti gli oggetti della stanza).

Dick                              - (ormai col viso bianco, vestito da servitore europeo) Mi pare che non ci sia nulla d'anormale.

Corrado                         - (sull'uscio) Guarda bene, mi racco­mando.

 Dick                             - (avanzandosi e proiettando la lampada) La scrivania è al suo posto... le imposte delle finestre sono chiuse...

Corrado                         - Guarda sotto i mobili, fammi il piacere.

Dick                              - Sotto la scrivania non c'è nessuno... girate pure la chiavetta della luce...

Corrado                         - Ne sei proprio sicuro?

Dick                              - Per bacco!

Corrado                         - Giuramelo, Dick, se no, non mi muovo.

Dick                              - Ma sì... ve lo giuro.

Corrado                         - (Gira la chiavetta e la stanza si illu­mina) Nessuno!...

Dick                              - Apro le finestre... potete spegnere... (eseguisce).

Corrado                         - (spegne, mentre la scena si illumina vivamente della luce del sole) Ecco fatto. (un grosso sasso rinvoltato in un foglio, le-gato con lo spago, passa di sopra allo scrit­toio e piomba nel mezzo della stanza. Dick è salvo per miracolo) Misericordia!

Dick                              - Padrone, questo è un brutto giuoco! All'altra me lo piglio nella testa.

Corrado                         - Altro che brutto giuoco! E' una vita impossibile.

Dick                              - Vediamo cosa c'è sciatto, (svolta il sasso e legge U foglio)

Corrado                         - Dimmi la verità... una delle solite minacce ?

Dick                              - (gli porge il foglio).

Corrado                         - (leggendo) « Miserabile truffatore, o tu paghi i tuoi debiti o preparati la bara ».

Dick                              - (allo scrittoio) Padrone! Padrone!

Corrado                         - Cosa c'è?

Dick                              - - Qui c'è un foglio listato a lutto con un teschio e certi stinchi!

Corrado                         - Un foglio listato a lutto? (gira die­tro lo scrittoio e legge) Ma chi può aver­celo messo?

Dick                              - Mah!

Corrado                         - E qui c'è scritto semplicemente: « Ti do tempo ventiquattro ore per fare il tuo dovere. La madre di tuo figlio ». Parola d'onore c'è da diventar pazzi!

Dick                              - Già... Pare che il vero Di Brugemont fosse pieno di pasticci... Debiti da per tutto; amanti abbandonate, figliuoli per il mondò...

Corrado                         - Ma dev'essere grandino questo fi­gliuolo dell'esploratore... Se son- vent'anni che quel mascalzone di suo padre manca dalla patria, deve essere un giovinotto! ... Ieri, difatti, mi scrisse lui direttamente... con un mezzo postale che io trovo di gusto dete­stabile, ma molto originale... Sì. Una frec­cia con un bigliettino infilzato sulla punta, che andò a conficcarsi lassù... e nel biglietto il solito ammonimento: « Vi do tempo venti­quattro ore, ecc., ecc.. vostro figlio». Giudica tu, ora, in che razza d'impiccio mi trovo io! E' inutile che mi affacci alla finestra e gridi forte al pubblico: ce Io non sono Di Bruge­mont! » Nessuno ci crede. Capisci? Nessuno! Perché tutti sono convinti, certissimi, che io sono Di Brugemont e che dico di non esserlo per sottrarmi a tutti gli impicci che questa canaglia si era creati. Impicci tali che lo hanno costretto ad abbandonare la patria, in fretta e furia, a nascondersi nelle macchie dell'Africa e a non farsi vedere mai più! Ed è nei panni di un simile cialtrone che io sono irrimediabilmente cacciato, per la sete di lucro della mia amante e per il capric­cio di una signora! Parola d'onore iofinisco col suicidarmi e così Di Brugemont ritornerà in patria, in tranquillissimo incognito e   (quello che più è straziante) nessuno, intendi nes­suno darà il menomo fastidio al vero, auten­tico imbroglione chiodaiolo e padre snatu­rato Corrado Di Brugemont, credendolo mor­to nella mia persona.

Dick                              - Una cosa simile non è mai accaduta a nessuno al mondo. E' straziante, (squilla il telefono)

Corrado                         - (all’apparecchio) Pronti? Ah! va bene... son io... Che c'è ancora? Come? Con­gratulazioni? Ci sarà anche lei? Ma chi è lei, scusi? Il direttore del « Figaro »? Interverrà personalmente? Ma dove? Pronti! senta... Pronti!... 0 questa?

Dick                              - Qualche altra novità?

Corrado                         - Mali! Il direttore del « Figaro » che mi fa le sue congratulazioni e mi avverte che interverrà personalmente. Ma a che cosa? Suonano... Vai un po' a vedere.

Dick                              - (esce).

SCENA SECONDA La signora Bonjour, il maestro Sanbruy, il sic. De l'Etoile, il prof. Nuage, Dick e detto

Dick                              - Ci sono questi signori che vogliono pas­sare ad ogni costo...

Sanbruy                         - (lo spinge da una parte ed entrano tutti. Dick esce) Ma naturalmente... Dove è l'eroe?

Signora Bonjour            - Ah! come invidio la vo­stra amante!

Corrado                         - Ma se la mia amante è in galera!

De l'Etoile                     - Burlone! Lo sentite? in galera!

Nuage                           - Non trovo di buon gusto codesto scherzo! Ma non dubitate, nessuno di noi so­gna di strappare ai vostri amplessi la divina Katia di cui pure, bisogna confessarlo, tutti noi eravamo innamorati...

De l'Etoile                     - Ma... « Ubi major, minor cessit »... E noi ci siamo ritirati in buon ordine...

Sanbruy                         - E' giusto che la palma sia toccata al domatore di continenti.

Bonjour                         - E' una coppia ideale! Ed ecco che quella fortunatissima Katia sarà stasera la regina di Parigi. Ah! come vi ringraziamo, mio caro Di Brugemont: Soltanto... sì, in­somma, noi crediamo che la nostra amicizia per Katia, e conseguentemente per voi, ci dia un piccolo diritto.

Corrado                         - (guarda tutti, i quali aprono le brac­cia come per dire: « Eh! la crederei!»).

Signora Bonjour            - Noi vogliamo che cediate a noi il palco che la direzione del teatro met­terà a vostra disposizione, dato che Katia sie­derà indubbiamente in quello di Sua Eccellenza.

Corrado                         - (sbalordito) Il palco? La direzione del teatro? Ma tutto questo che cosa vuol dire?

De l'Etoile                     - Ah! burlone!

Sanbruy                         - Fa lo scordato!

Nuage                           - A noi ce la pianta però! Egli ha de­stinato il palco a qualcuna delle sue molte amiche...

Sanbruy                         - O forse... alla legittima madre ed a suo figlio... che assisteranno, fremendo, al pericoloso trionfo del loro caro.

Signora Bonjour            - Eh? Cosa avete da rispon­dere? Ci abbiamo dato dentro?

Corrado                         - Io ho da rispondere che voi siete tutti matti, (risata generale).

SCENA TERZA Dick, Reporter, Detti

Dick                              - C'è quel giornalista americano...

Corrado                         - Giusto lei! Lei deve rimediare, as­solutamente, a tutto il male che mi ha fatto.

Reporter                        - (severamente) Senta... caro signo­re... per un poco va bene e tutto il mondo ci si è divertito. Ora però mi usi la finezza di farla finita. Quando si fa tappezzare tutta Parigi di manifesti come quelli d'oggi non si ha più diritto di insistere in una burla senza senso comune. Perdoni la mia franchezza e risponda piuttosto (tirando fuori carta e la­pis) alle mie domande...

Corrado                         - Scusi... scusi... come ha detto? Io ho fatto tappezzare di manifesti Parigi?

Reporter                        - Dio mio! non sarà stato lei... sarà stata la direzione del teatro... ma questo, ne convengono signori? non ha importanza!

SCENA QUARTA La Principessa Armadieff

La Principessa               - (entrando come una. bomba, sarà vestita in toilette da mattino, intima) Sua Eccellenza vi fa l'onore di salire le scale di casa vostra... (a Corrado) Abbottonatevi La giacchetta.

Corrado                         - (sbalordito, eseguisce) Ma che sta per accadermi?

La Principessa               - Là, al vostro posto... dietro lo scrittoio... sedetevi... la penna in mano... l'aria inspirata... così... Dei fogli bianchi da­vanti... Ah! ora va bene.

SCENA QUINTA Dick - Il Sottosegretario

Dick                              - Sua Eccellenza!

Il Sottosegretario          - (risponde con un gesto del capo all'inchino di tutti) Mio caro Di Brugemont, lasciatemi dirvi che io sono veramen­te sorpreso, (dà la mano a Corrado che lo punge colla penna).

Corrado                         - Ma si figuri io!

Il Sottosegretario          - Ancora una volta io sono obbligato a ringraziarvi in nome della Francia.

Corrado                         - Lei e veramente troppo gentile...

Il Sottosegretario          - Le vostre benemerenze si avvicendano in modo assolutamente impres­sionante.

Corrado                         - Non le nascondo che sono impres­sionato anch'io.

Il Sottosegretario          - Ma questa volta la vostra generosità passa ogni limite. Sappiate che l'incasso si preannuncia favoloso.

Corrado                         - L'incasso?!

IL Sottosegretario          - Assisterò dal palco del Governo in rappresentanza del Presidente e del Ministro e vi domando l'onore di ospitare la insigne compagna della vostra vita avven­turosa, colei che vi ha saputo capire.

Corrado                         - Beata lei! perché io, Eccellenza, in­vece, non ho capito nulla!

Il Sottosegretario          - A stasera, dunque, mio illustre Di Brugemont. I beneficati vi ringra­ziano in nome del Governo francese. A sta­sera, (fa per dare la mano a Corrado, ma la ritira, ricordandosi della penna. Esce con molta solennità, ossequiato da tutti, lasciando Corrado completamente abbrutito. La Prin­cipessa lo accompagna ed esce con lui).

SCENA SESTA Detti meno il Sottosegretario

Corrado                         - Scusi, signor reporter... abbia pazienza... voglia essere tanto squisitamente gentile...

Reporter                        - Ma lei non ha che a comandarmi. Chi non sarebbe lieto di mettersi a completa disposizione di Corrado Di Brugemont?

Corrado                         - Oh! io volevo pregarla di un fa­vore piccolissimo... Volevo pregarla a fingere che io non sappia nulla e a spiegarmi un po' più chiaramente...

Reporter                        - (coll’indice alla fronte) Ho capito ( agli altri) Di Brugemont non vuole concedermi una vera e propria intervista per riguardo ai colleghi degli altri giornali e s limiterà, per ciò, a confermare o no le do mando che io gli farò. Incominciamo. Vorrei sapere, prima di tutto, come è che le è ve­nuta l'idea.

Corrado                         - Senta. L'ho pregata a spiegarsi be­ne... Per conseguenza specifichi bene di qua­le idea si tratta... Perché di idee, come lor signori sanno, io ne ho un visibilio.

Reporter                        - Ecco: l'idea di dare questo spetta­colo di beneficenza.

Corrado                         - Ah! (sollevato da un peso) E' uno spettacolo di beneficenza... Strano che nes­suno mi abbia avvertito, (forte) Sa... noi uo­mini dinamici non possiamo stare in ozio... e naturalmente in questa pausa di riposo... ri­muginavo quello che potessi fare a sollievo della Patria... E mi venne in mente di dare, a scopo di beneficenza, uno spettacolo, ri­prendendo così per una sera la mia profes­sione di attore.

Reporter                        - (terminando di scrivere) ... la mia professione di esploratore. Benissimo.

Corrado                         - Scusi... ho detto di attore.

Reporter                        - Che cosa c'entra l'attore?

Tutti                              - (meravigliati) Già! che cosa c'entra?

Corrado                         - Scusi, sono io che la prego a dirmi che cosa c'entri l'esploratore!

Reporter                        - Che cosa c'entra l'esploratore? (agli altri) E me lo chiede! Se nella rappre­sentazione di stasera non c'entra l'esplorato­re, domando e dico io chi ci deve entrare!

Corrado                         - Ma io in questa rappresentazione, scusi, non si arrabbi... un'amnesia momenta­nea... sarà debolezza. Dunque, io, in que­sto spettacolo che parte ci faccio?

Reporter                        - Ma la sua parte... la parte dell'uomo intrepido. Chi, all'infuori di Corra­do Di Brugemont, oserebbe entrare, armato soltanto di una bottiglia di champagne e dell'accendisigari, nella gabbia delle tigri del circo Guillaume?

Corrado                         - Io?! Nella gabbia delle tigri del circo Guillaume? Ma chi glielo ha detto a lei, scusi? Chi le ha fatto trangugiare una simile carota?

Reporter                        - Tutti i giornali di stamani, i ma­nifesti che tappezzano i muri di Parigi, la viva voce di Sua Eccellenza.

Corrado                         - (alzandosi) Ah! perdio! ma io noi sono Di Brugemont, non sono l'esploratore, non ho scoperto mai nulla e non ho il coraggio di entrare nemmeno in una gabbia di canarini. Qui c'è qualcuno nell'ombra che mi giuoca dei tiri birboni, che ha giurato la mi! perdita, che mi vuol morto o al manicomio. Ma ora, signori, la faccio finita io! Oh! se faccio finita! Ora scendo in strada, monto ili una carrozza, mi faccio accompagnare all'Eliseo, mi faccio annunziare al Presidente della Repubblica, entro nel suo gabinetto e gli sputo in faccia! Vedremo se non mi arresteranno, se non mi processeranno e se al processo non verrà fuori che io non sono Gorradd Di Brugemont. Signore, signori, arrivederci in Corte d'Assise! (esce dal fondo).

SCENA SETTIMA Detti meno Corrado

Reporter                        - Possibile? Egli comprometterebbe così l'esito di una rappresentazione di tali importanza? Ma... che il grande esploratori sia impazzito davvero? Forse le febbri del Tropico...

Signora Bonjour            - Bisognerebbe chiamare un medico.

Ntjage                           - Farlo visitare.

De l'Etoile                     - Tenerlo d'occhio.

SanbRUY                     - Prendere un provvedimento.

La Principessa               - (strizzando l'occhio) Ho gii provveduto io.

Tutti                              - Come? Come?

La Principessa               - (strizzando l'occhio) Ho avvertito

Sua Eccellenza,             - (battendosi con l'in­dice la fronte) del pericolo corso da Di Brugemont.

Tutti                              - E Sua Eccellenza?

La Principessa               - Ha fatto piantonare le pori te. (risata generale).

SCENA OTTAVA Corrado - Detti

Corrado                         - (sulla porta, colle braccia incrociate sul petto) Ah! voi ridete? Ah! Voi ridete?! Sono dunque vostro prigioniero? (viene avanti) E se io fossi davvero Corrado Di Brugemont? E se mi ricordassi d'aver ammazzato più ippopotami che zanzare e d'aver dormito! con tutte e cinquecento le mogli di un re? Se brandissi il mio fucile infallibile e la mia tagliente navaja? Se vi pigliassi a revolverate e[ a colpi di frecce avvelenate? Se vi facessi in novantanovemila pezzettini? Via! Via. non rispondo più di me! (Tutti scappano impauriti).

Corrado                         - (solo) Oh! finalmente!

SCENA NONA Katia - Corrado

Katia                             - (nervosa, vestita da fuori, slacciandosi un guanto) Succedono delle belle cose intorno a noi! Io sono disperata.

Corrado                         - Voi? Ma, e tutte le minacce dei figli naturali, di creditori implacabili, di amanti deluse, di cui son fatto bersaglio, tutta l'atmosfera d'incubo che mi circonda e mi op­prime, non rappresentano forse il pericolo mortale nel quale mi avete cacciato ficcan­domi a forza nei panni di un uomo che ne ha fatte di cotte e di crude?

 Katia                            - Cotesto è nulla, caro mio! Il pericolo, e gravissimo, comincia proprio ora.

Corrado                         - Per carità!... Che c'è di nuovo?

Katia                             - Ed è un pericolo enorme, un pericolo che io condivido, un pericolo che sovrasta, tanto a me quanto a voi. Di Brugemont, l'au­tentico Di Brugemont, ha moglie davvero.

Corrado                         - Ecco la donna misteriosa!

Katia                             - E, quel che è peggio, ha anche una suocera. Ma una suocera spaventevole, una montanara delle Ardenne che detiene il campionato di lotta del suo paese. Eccovi (aprendo la borsa ed esimendola) la sua fo­tografia in maglia. Guardate che bicipiti e che polpe. C'è da tremare a pensarci.

Corrado                         - (guarda e cade a sedere sopra una poltrona)

Katia                             - Capite, ora, in che bell'impiccio mi avete messa.

Corrado                         - Io?

Katia                             - Questo mostro mi farà a pezzi. La suo­cera delle Ardenne non conosce Di Bruge­mont, il quale sedusse sua figlia venti anni or sono. Per conseguenza mentre la moglie tre volte  - (respinta da questa soglia aspetterà di fuori, la suocera, campione di lotta, entrerà in casa nostra e ci truciderà colle sue mani. E se volete prove più convincenti sappiate che perfino la principessa Armadieff è fuggita da­vanti al pericolo.

Corrado                         - (ricade a sedere) In un altro mo­mento questa sarebbe stata una bella noti­zia... Ma ora!...

Katia                             - Avete capito?

Corrado                         - Niente affatto! (volgendosi di scatto) Perché io non sono Di Brugemont, perdio!

Katia                             - Ma come si fa a persuadere la gente che voi non siete l'esploratore? Troppo tar­di mi avvedo del male che ho fatto. E fra due o tre ore dovrete entrare nella gabbia delle tigri.

Corrado                         - Nella gabbia delle tigri? Mai! Ca­pite? mai!

Katia                             - Siete pazzo? Il Governo ha preso im­pegno, la rappresentazione è a beneficio del­la più importante istituzione del paese... Sa­rete accompagnato al Circo in mezzo agli agenti...

Corrado                         - (ricadendo sulla poltrona) Mi ci porteranno defunto.

SCENA DECIMA Dick, Luigi e Detti

Dick                              - lì signor Luigi.

Katia                             - (atterrita) Chi è che l'ha fatto pas­sare? Corrado... difendetemi!

Corrado                         - (impassibile, dondolandosi sulla poi' trono) Non posso. Sono malato.

Luigi                             - (a Corrado) Finalmente! Mi renderai ragione di tutti i tuoi misfatti... (a Katia) Con voi faremo i conti dopo.

Corrado                         - (tossendo) Miserabile... tu am­mazzi un uomo morto.

Luigi                             - Che cosa significa ciò?

Corrado                         - Significa che io non ti domando che di darti delle spiegazioni.

Luigi                             - Alla buon'ora. Ero venuto per questo.

Corrado                         - Dunque, accomodiamoci e discutia­mo fra noi. (siedono) Prima di tutto questa donna non è, non fu, non sarà mai la mia amante nemmeno di un minuto.

Luigi                             - Veramente?

Corrado                         - Come è vero che io non sono di Brugemont.

Katia                             - Io volevo semplicemente renderti pan per focaccia. Tu volevi umiliarmi ed io ti ho dimostrato che una donna ha tali armi da­vanti a cui nulla resiste.

Luigi                             - Accidenti! Ma io ti ho dato un buf­fetto e tu mi hai risposto con una cannonata. E poi, ora, chi persuaderà la pubblica opi­nione che tu non sei stata la sua amante?

Corrado                         - E chi persuaderà il pubblico che io non sono Di Brugemont? Chi persuaderà don­na Elvira che io non sono stato il concubino di tua moglie?

Tutti tre                         - (desolati) E' un affar serio dav­vero!

Corrado                         - Tutto per colpa vostra. E pensate a quanto dovrete apparecchiarvi a rifarmi di danni.

Luigi                             - I danni? E tutti quegli cheques riem­piti con cifre favolose?

Corrado                         - Quelli hanno servito alla burla. Ma qua c'è la mia fama d'uomo illibato com­promessa.

Luigi                             - E quella di una signora gettata nel fango.

Corrado                         - Una donna in prigione...

Luigi                             - E un marito che passa per becco e non lo è.

Corrado                         - (girando agitato per le scene) Ma trovatemi un rimedio se vi riesce! Intanto le ore passano, io sono piantonato dagli agen­ti, la suocera è in viaggio, Elvira accumula in carcere batterie elettriche di furore e le tigri ruggiscono nella gabbia del circo Guil­laume.

Katia e Luigi                 - (avvintissimi) E' inutile. Non c'è via di scampo possibile.

Corrado                         - (funebre) Di scampo via possibile non c'è! (s'è fatto scuro).

SCENA UNDICESIMA Il Sottosegretario, Dick e Detti

Dick                              - (accendendo la luce elettrica) Sua Ec­cellenza domanda d'esser ricevuto.

Corrado                         - L'ora fatale! Ricordatevi che io sono moribondo... Guai se non mi salvate dal­le tigri! Dirò (a Luigi) che sono stato l'aman­te di tua moglie, (a Katia) Fuggirò dalla finestra lasciandovi sola con la suocera delle Ardeime e farò a tutti e due un processo co­lossale chiedendo un miliardo di danni. Ho detto, (si adagia sulla poltrona) Dick, intro­duci Sua Eccellenza.

Dick                              - (eseguisce). (appena uscito Dick) Il Sottosegretario Siamo ben soli?

Corrado                         - Soli...

Il Sottosegretario          - Ebbene, fate appello a tutte le vostre forze perché ho da darvi una notizia sensazionale.

Corrado                         - Che c'è ancora?

Il Sottosegretario          - Ebbene... sappiate che il vero Di Brugemont è tornato, e chiede di par­larvi.

Corrado                         - (cadendo in ginocchio) Signore Id­dio, dal profondo dell'anima, io rendo gra­zie, ora e sempre, alla tua divina giustizia!

SCENA DODICESIMA Di Brugemont - Detti

Di Brugemont               - (pallido, sofferente, con una spolverina da viaggio, emaciato, con voce fioca, si avanza lentamente)

Corrado                         - Sono pronto, fate di me quel che volete.

Di Brugemont               - No, no... io son venuto sol­tanto a prendere mia moglie e riparto subito per Tombuctù. Là, almeno, si vive tranquilli.

Corrado                         - E tutte le sue seccature le vuol la­sciare a me?

Di Brugemont               - E scusi, lei, chi l'ha obbli­gato a mettersi nei miei panni? Ora c'è e ci resti.

Corrado                         - Niente affatto! Io ho commesso un reato di sostituzione di persona e devo essere arrestato.

Il Sottosegretario          - Mi oppongo.

Corrado                         - Anche lui!

Il Sottosegretario          - Come potete pensare che il Governo debba sottostare ad uno smac­co simile? Il Governo non può sbagliare. Voi siete ormai Corrado Di Brugemont.

Corrado                         - Ma chi mi salverà da tutti i pericoli che mi minacciano per causa di quest'uomo?

Il Sottosegretario          - Ho pensato anche a que­sto, (verso il fondo) Fate entrare.

SCENA ULTIMA Elvira - Detti

Elvira                            - Buena sera, cahalleros.

Corrado                         - Aiuto, soccorso! (agitando il faz­zoletto, dietro una poltrona) Bandiera bianca!

Elvira                            - Niente paura. So tutto. E sono qua per proteggerti. Non ti lascerò mai. Capisci? Mai! (e si mette accanto a Corrado).

Corrado                         - Quando è così, Eccellenza, faccia pure avvisare che questa sera Corrado di Bru­gemont entrerà, preceduto dalla propria signora, nella gabbia delle tigri!

Tutti                              - Bravo!

Corrado                         - (sul proscenio, al pubblico) Se in la divorassero! Avrebbe servito a qualche cosa anche l'odore del Sud!

FINE