Lontano e qui

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Il dialogo tra una madre e un figlio che continua anche oltre l’assenza e il dolore di una perdita prematura. E consola.

(Ester Annetta

Via del Casale Giuliani 46

00141 Roma

Cell.339 3034840

Posizione SIAE n. 212341 - Sez. D.O.R. Autori)

LONTANO E QUI

La sagoma di una donna è al centro della scena, in una penombra che lascia definiti solo i contorni del suo corpo dalla vita in su. Non si vede dove poggia, se sia in piedi o seduta, né il suolo del palcoscenico.

La donna è di spalle, si muove leggera e lenta. La sua voce è pacata.

Il suo interlocutore non si vede, è solo una voce fuori campo.

DONNA - Ho detto un’infinità di volte al custode che voglio che mantenga pulito qui davanti; gli do apposta una mancia per questo!

VOCE - Ma a me piacciono le foglie cadute d’autunno: hanno dei colori meravigliosi, e il loro frusciare al passaggio del vento sembra il sottofondo di una musica lontana. Mi fanno compagnia in questa stagione, quando qui viene poca gente.

DONNA - Va bene, gli dirò allora di lasciare solo quelle asciutte, ancora fruscianti, e di togliere  quelle bagnate prima che marciscano.

A giorni dovrebbero germogliare i tulipani…

VOCE - Oh, si! L’aiuola diventa bellissima adornata di quei calici colorati. Mi piace osservare i passanti che sostano qualche istante, a guardarla. Hanno quasi sempre sguardi malinconici, ma quei colori sembra che li ravvivino, strappando loro almeno un accenno di sorriso. Molti neanche li conosco, ma mi salutano tutti, con un gesto della mano o con un: “Ciao, Edoardo!” anche solo sussurrato.

DONNA - Non credi che invece sorridano per quella linguaccia che fai e che nessuno si aspetta? Chi viene qui immagina di trovare solo silenzio e solitudine ed alcunché di divertente. Tu, con quella faccia impunita, sei una smentita a quella triste aspettativa, una sorpresa, il contrasto che lascia affiorare l’intuizione di una speranza…

VOCE - Mi conosci bene: lo sai che sono un gran casinaro e detesto i musoni. E poi me l’hai insegnato tu che l’allegria e l’entusiasmo sono le medicine che curano tutte le pene. Fanno bene allo spirito e, di conseguenza, ne guadagna anche la salute!

DONNA - Già, e non faccio che ripetermelo ogni giorno, ormai da tre anni…

Quando te ne sei andato mi è sembrato che non mi avanzassero altri sentimenti che il dolore e la rabbia. Non potevo accettare che non stessi più con me, che senza dir nulla mi avessi lasciato in eredità tutte le tue cose, i tuoi vestiti, i tuoi sogni, i tuoi progetti, persino il gatto! E fossi andato via. In quel modo, poi…!

Mi sono anche sentita in colpa perché quella sera non ero a casa: dopo mesi di solo lavoro e preoccupazioni varie mi ero finalmente concessa una pizza con le mie amiche. Ho pensato un’infinità di volte che, se non fossi uscita, forse sarebbe stato diverso… non so: avresti avuto il pensiero che fossi ad attenderti, che c’ero, che ero io “la casa” che ti aspettava e ti accoglieva, e allora saresti tornato.

VOCE - Che inutile tormento!

DONNA - Ti sembra facile! Per mesi ho continuato ad aspettarti e a cercarti. Andavo in tutti i posti che frequentavi, domandavo in giro, tormentavo i tuoi compagni, chiedevo a chi ti conosceva… Nessuno sapeva; nessuno aveva le parole giuste da dire.

Poi i tuoi amici hanno cominciato a venire a trovarmi a casa. Capivano che la loro presenza in qualche misura valeva a compensare la tua assenza, ed era un po’come riportarti tra noi.

Li ascoltavo parlare tra loro, seri o divertiti da tanti discorsi, e chiudevo gli occhi immaginando di sentire anche la tua voce nel coro delle loro.

Altre volte li fissavo, come se dalle loro retine potessi estrarre una tua immagine rimasta impressa lì, presa in prestito dalla tua vita in luoghi e tempi cui non avevo avuto accesso.

Li abbracciavo forte quando andavano via, quasi a volermi riappropriare dello spettro di te rimasto imprigionato tra quelle braccia e quelle spalle quando, in un giorno qualunque, ti avevano stretto; toccavo quelle mani che potevano aver battuto un cinque con le tue; annusavo i loro vestiti cercando residui del tuo odore, e, in controluce, sfioravo con le dita le loro giacche, le loro chitarre, i loro zaini, affinché…chissà… un granello di polvere lì traslocato da te potesse restarvi incollato.

Continuo ancora a vederli crescere, anno dopo anno, e li immagino già persone di domani. Di certo allora saranno altrove, e per essi il tuo ricordo sarà divenuto quello di una foto in bianco e nero, un punto e a capo nel racconto del loro vissuto.

Io invece resto, uguale a me stessa e identica a quel passato ancora abitato da te, dove soffi ancora sulla candelina di una torta al cioccolato. E mentre nuove righe invecchiano il mio viso, mi dolgo di non poter sapere come tu saresti cambiato: chissà se saresti rimasto magro o invece robusto; se avresti lasciato crescerti la barba; e chi, soprattutto, saresti diventato…

VOCE - Ehi, ehi, ehi! Non immalinconirti adesso. Hai già fatto un buon lavoro, ma ti ci vuole ancora un po’ di tempo perché ti convinca del tutto che, andandomene via, non ho lasciato solo schegge pungenti che feriscono i passi, ma anche sementi di speranza che, germogliando, renderanno più docile il terreno anche nei luoghi più tristi e solitari. Proprio come i miei tulipani!

Sai che non sono solo dove ora mi trovo; anzi, questa residua consistenza di polvere che hai voluto per ciò che restava di me è fedele alla mia leggerezza, che mi rende facile essere ovunque: posso salire in alto o sprofondare; trattenermi o volare; sentire; ascoltare; guardare al di là degli occhi il pieno della gioia o il vuoto della sofferenza. E poi raccontarlo.

Parlo ogni giorno con un sacco di persone: senza fiato e senza voce, è vero, eppure è la maniera più efficace per essere intesi. Tu lo sai meglio di ogni altro.

DONNA - La mia vita è cambiata ben due volte in pochissimo tempo, e tu hai avuto in entrambe un ruolo fondamentale.

VOCE - Lo so.

DONNA - La prima volta è stata quando te ne sei andato, è evidente. Avrei voluto distruggere ogni cosa intorno, accusare chiunque della colpa della tua mancanza, non solo chi davvero l’aveva provocata. Avevo subito una congiura dell’universo, non l’effetto dell’azione irresponsabile di un passante che ti aveva travolto attraversando troppo velocemente un incrocio sulla tua strada.

Non servivano perdoni né attenuanti, poiché la condanna, infine, ero stata io a subirla. E senza alcuna possibilità di appello.

Da allora ho desiderato ogni giorno di poter sparire con te, annullarmi in quel niente che era diventata la mia esistenza rimasta ostinatamente superstite.

Ma poi sei tornato, quella notte, mentre mi dibattevo tra sonno e veglia in un buio popolato da incubi, un buio più fitto ancora delle tenebre, che ingoiava ogni resistenza di luce e colore. Fuori e dentro.

Mi hai detto:…

VOCE - … “Non avere paura; andrà tutto bene. Se tu aiuti me, io aiuto te.”

DONNA - E mi hai cambiato la vita, per la seconda volta.

Mi avevi dato un motivo per resistere alla sopraffazione del dolore, chiedendomi un impegno che, col pretesto di un “dovuto a te”, finisse per curare la mia anima.

Se non credessi che esistano legami tra l’essere e lo spirito, tra il finito ed un incognito infinito, allora quella tua epifania mi sarebbe apparsa come la creatura generata dal mio inconscio soltanto per dare una ragione al perché del mio continuare a sopravviverti.

Invece so che si trattava di una incredibile, vitale, richiesta d’amore: quanto più ne avessi dato agli altri, tanto più ne avresti ricevuto tu stesso, per poi restituirmelo ancora, amplificato e vero, a colmare la mia interiorità. Attraverso quel passaggio, la mia anima moribonda sarebbe risorta, sublimando la sofferenza.

Ora sei con me, in ogni mio gesto, sostegno di ciascuna delle mie azioni: dai pacchetti che confeziono per la pesca di beneficenza ai nasi mocciolosi che pulisco consolando il pianto di bimbi figli di tante dignitose povertà. Ed in ogni sorriso che ricevo in dono vedo rispecchiato il tuo, senza più mancanza.

Sbaglia chi crede di poter vestire la mia condotta con gli abiti della disperazione. Non è il mio agire né strazio né inquietudine, ma pura volontà e puro sentire. L’essenza stessa dell’amore.

VOCE - L’amore ha un enorme potere guaritore: è il rimedio tanto ai mali del singolo che e a quelli dell’umanità intera.

Eppure sono ancora troppi, tra padroni, regnanti e signori della guerra quelli che non l’hanno capito.

DONNA – (Con l’alterazione di un sorriso) Senti senti! Questo tuo altrove ti ha reso anche saggio!

VOCE - E’ che da qui è come se riuscissi ad avere una visione più ampia delle cose. Più autentica, anzi.

DONNA - Allora potrai davvero continuare ad aiutarmi, proprio come un suggeritore che da dietro le quinte guida gesti e parole!

VOCE - Dimmi un po’: mangi sempre i pezzi di banana tuffati nella nutella scaldata al microonde?

DONNA - Stai tentando di alleggerire la consistenza di questi discorsi, vero? In fondo sei ancora un ragazzo per restare troppo a lungo su argomenti tanto impegnativi!

Comunque, si: da quando mi hai fatto scoprire quella delizia non sono più riuscita a rinunciarci! Avrai pure reso lieve il mio spirito, ma sei responsabile del mio aumento di peso!

VOCE - Sei davvero mitica!

C’è un attimo di silenzio, pervaso da quella leggera malinconia che prelude ad un distacco.

DONNA - Si sta facendo buio, a momenti si accenderanno i lampioni: penso che sia consolante per chi crede ancora che voi siate al buio, laggiù!

VOCE - Prima o poi tutti comprendono che non è così. E’ solo questione di tempo e di…”illuminazione”, nel senso più intimo del termine, ovviamente!

DONNA - Pure spiritoso!

VOCE - Vai a casa, adesso, è tardi. E, mi raccomando, guida piano!

DONNA - Ok.

La donna si muove come per andarsene.

VOCE - Ehi…

DONNA - Si, lo so…

INSIEME - Andrà tutto bene!

Si sente una leggera risata di entrambi.

DONNA - Buonanotte Edoardo, ci vediamo presto.

VOCE - Ciao. Mamma.

La donna esce. La scena lentamente si rischiara sotto la luce di un lampione che si accende. Al suolo, ormai fuori dall’ombra, si distingue ora una piccola aiuola circolare con al centro una stele di pietra.

E sulla stele, la foto del primissimo piano di un ragazzo poco più che quindicenne che fa la linguaccia.

Sotto, vi sono impressi il suo nome e due date.

Buio.