L’ora del the

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L’ORA DEL THE

LETIZIA SPERZAGA

L’ORA DEL THE

DUE TEMPI

PERSONAGGI:

CRISTINA

NORA

GIACOMO (voce fuori campo)
L’ORA DEL THE:

di Letizia Sperzaga

ATTO I

Due donne. Tra i 30 ed i 40 anni, sedute ad un tavolo, in un salone (o in una sala da pranzo). Nella stanza ci sono due uscite: una si immagina che dia su un cucinotto, l’altra che porti ad un corridoio con le altre stanze dell’appartamento. Sul fondo della scena è visibile la porta blindata d’ingresso.

Cristina serve il the, con entusiasmo. Nora la osserva, sembra stanca, distratta.

Cristina - Ecco qui il tuo the, mia cara. Ah, a me piace tanto prendere il the a quest’ora. E’ un rito che cerco di non farmi mancare mai. Perché dopo il gran correre di tutta la giornata, questo è un momento… di riflessione, ecco. E ti dico la verità, non si tratta solo di relax: si entra in pace con tutto il resto.  E oggi mia cara, sono così felice di poterlo condividere con te… latte o limone?

Nora - Come?

Cristina - Nora, tesoro, ti vedo distratta. Ti ho chiesto semplicemente se vuoi del latte o del limone.

Nora - Ah, no. Nulla, grazie.

Cristina - No? Davvero? Ah, io invece senza limone non riesco neppure a berlo, il the. E questi sono i migliori limoni che esistano. Nascono su una piantina di limoni di Sicilia, che tengo io stessa sul terrazzo, ed è tutto naturale! Qui non ci sono mica sopra i diserbanti, sai? Niente veleni. Eh, lo so io quanto amore c’è in ognuno di questi agrumi. Senti che profumo. No, dico: senti che profumo! Vero?! Sicura di non volerne una fettina?

Nora - (Timidamente.) No grazie.

Cristina - Come? Cara, sii gentile, parli così piano che non ti sento nemmeno: alza un po’ la voce.

Nora - Niente limone, grazie. Solo un po’ di zucchero…

Cristina - Ma tesoro, bastava dirlo! Eccolo qui lo zucchero, per la mia cara vecchia amica Nora… beh, poi vecchia: abbiamo quasi la stessa età! Ride di gusto. A volte certe espressioni sono davvero strane. Poi uno vorrebbe dire una cosa carina e invece… si trova a fare certe figuracce!...

O ma mia cara! (Su questa declamazione Nora stava per prendere la sua tazza ma si blocca spaventata.) Non ti ho nemmeno offerto dei biscotti! Li vuoi due biscottini? Li ho fatti io stessa con le mie mani.

(Cristina fruga in una credenza e ne estrae una biscottiera. La mette sul tavolo e la apre.)

Su su, non essere timida. Non farai mica complimenti! Prendi dei biscotti, insisto: assaggiane almeno uno! Oh, brava così.

(Nora prende titubante un biscotto dalla scatola, e ne assaggia un angolino.)

Cristina - Com’è? Eh? Com’è? E’ buono, vero?

Nora - Sì.

Cristina - Eh, lo so, è una vecchia ricetta. E’ fenomenale. Il segreto, mia cara è la dose del burro, ce ne vuole abbastanza perché siano friabili, ma non troppo se no restano pesanti da digerire. Beh, anche l’impasto è importante, certo. A me l’ha insegnato una vecchia zia che era una maestra nel cucinare dolci. Ciambelloni e biscotti, soprattutto. Le riuscivano sempre. Zia Clotilde, si chiamava. Buffo, vero? Sembra uno di quei nomi dei personaggi di Topolinia, come nonna Papera… Oh, ma cara, perdonami. Ho questo brutto vizio… attacco a parlare e poi non smetto più. Anche Giacomo me lo rimprovera sempre. Guarda: non ti ho fatto nemmeno bere in santa pace il tuo the. Sarà freddo ormai. Bevi cara, bevi pure.

(Poi con più fermezza) Bevi ti ho detto.

(L’altra prende la tazza con dignità e beve.)

Brava tesoro. Bere qualcosa di caldo ti farà bene. Così ti rilassi un po’. Ti vedo tesa, sai? Ma ora ci pensa la tua cara amica Cristina. Sono bravissima nell’intrattenere gli ospiti. Forse un po’ chiacchierona… (Ride.) Ma sono anche un’ottima ascoltatrice. A me puoi dire tutto, e tu sai che quello che si dice qui tra noi non uscirà da questa stanza. Qualsiasi confidenza resterà un segreto: mi farei torturare piuttosto che deludere un’amica. Eh, ma come sei tesa!... Coraggio tesoro, rilassati. Raccontami un po’ di te: per esempio, come va il lavoro?

Nora - (Fa una pausa.) Bene.

Cristina - Davvero? Ah, sono proprio contenta. E i tuoi capi? Sono gentili i tuoi superiori, ti trattano bene? (Nora annuisce.) Bene, brava. (Più intimamente:) il tuo non è uno di quei posti a rischio, vero?

Nora - No, non credo. (Evasiva.)

Cristina - Ah, bene! Perché coi tempi che corrono è una vera fortuna, sai? Se ne sentono tante… padri di famiglia che perdono l’impiego dall’oggi al domani, gente che si trova improvvisamente a dover vendere la casa perché non riesce più a far fronte al mutuo… no, no, lasciatelo dire, è una vera fortuna. E sei sempre impiegata in quella casa editrice? Sembra interessante, chissà quanta gente conoscerai. (Con entusiasmo.) Scommetto che incontri spesso un sacco di scrittori famosi.

Nora - Mah, qualche volta è capitato, ma non ti credere…

Cristina - (Interrompendo.) Che bello! Per esempio? Dai dai, dimmi: chi hai conosciuto?  Damiani?! L’hai conosciuto Arturo Damiani?

Nora - No…

Cristina - Quello che ha scritto “Il destino dei salici”… E’ senza dubbio il mio scrittore preferito… Possibile che tu non l’abbia mai visto?...

Nora - Sì sì, lo so chi è, ma no: non l’ho mai visto.

Cristina - Ah, che peccato. E Giorgio Galbiani? Nemmeno Giorgio Galbiani hai conosciuto?

Nora - (Minimizzando) L’ho incrociato una volta per caso… ma guarda che non funziona così...

Cristina - (Entusiasta, incalzando) Ah, che bello! Che bello! E vi siete parlati? Che tipo è, è simpatico? Sai, non mi dà l’idea di uno che sia dia tante arie…

Nora - … Cristina, ti ripeto che l’ho visto solo un momento, per caso…

Cristina - (Interrompendola) E Aldo Federici l’hai conosciuto? Anche lui pubblica con la tua casa editrice… possibile che tu non l’abbia mai visto?

Nora - Ma sì, una volta… ma guarda che io non parlo con gli scrittori, sto in ufficio… non vedo altri che i colleghi…

Cristina - Ma che dici? Non fare la modesta! Io lo so benissimo che la tua è una vita avventurosa, e interessante… Il tuo lavoro ti mette a contatto con tanti personaggi famosi… Ah, sono proprio contenta che vada tutto bene... E la famiglia? Come va la famiglia, mia cara?

Nora - (E’ attonita, fa una pausa, poi) …Cristina, cosa dovrei risponderti?

Cristina - La verità. Perché?

Nora - …Dove vuoi arrivare?

Cristina - Tesoro, non capisco. Che ho detto di strano? Ti ho solo chiesto come va la famiglia. Ma guarda che sei ben strana, oggi. Non vuoi rispondermi? O c’è forse qualcosa che dovrei sapere? Non pensavo di aver toccato un tasto dolente…

Nora - Va bene.

Cristina - Va bene? Che cosa va bene?

Nora - (Stancamente.) La famiglia, Cristina. La famiglia va bene. Era questa la risposta che volevi? Ora però per favore… (Fa per alzarsi, Cristina le fa segno di restare.)

Cristina - Ma cara, non vorrai già andare via. Ti prego resta. Per una volta che riusciamo a passare un po’ di tempo insieme… Non mi hai ancora raccontato niente. Dai, rilassati, per oggi hai finito di lavorare, no? E allora fermati. Forza: una persona vivace come te! Una donna così piena di iniziative… Per esempio, non andavi a fare volontariato in un centro per anziani? (Nora annuisce.) Vedi che brava che sei? Fai un sacco di cose interessanti e non mi racconti nulla! Pensa a me, invece. A me non succede mai niente. La classica vita da moglie e da mamma: fai la spesa, pulisci casa, fai fare i compiti alle bimbe… Poi arriva sera e ti accorgi di non esserti dedicata neanche un po’ di tempo. Bisognerebbe sempre dedicare un po’ di tempo anche a se stessi, e invece… Pensa che a volte ti ho persino invidiato, sai?… (Sorride.) Non tanto, solo un pochino. Non che la mia vita non mi piaccia, ma sai, la tua libertà, la tua indipendenza economica, il lavoro, il volontariato… non so. Mi sembra tutto così… stimolante. Beh, non che in qualche modo non sia stimolante anche la mia vita. Tu non sai quante cose possono succederti quando hai due bambine tra i sei e gli otto anni… (Fredda) può sempre succedere qualcosa.

Nora - (Preoccupata) Cosa vuoi dire?

Cristina - (Sorridendo) Beh, nulla. Solo che le bimbe sono vivaci… che ti riempiono la vita. Con due bambine c’è sempre qualcosa da fare, poi una la devi accompagnare a danza, l’altra a catechismo… eh impegnano. Ma non è solo questo: ti fanno fare incontri nuovi, ti fanno vedere il mondo da un altro punto di vista. E poi a volte può succedere che si mettano in pericolo…

(Nora scatta, si alza dalla sedia allarmata.)

Cosa c’è, Nora cara? Ho detto qualcosa che non va?

Nora - Dove sono ora?

Cristina - Che ore sono? Mah, non so, saranno le cinque. Le cinque e mezza, forse. Perché, devi già andare via?

Nora - Non ti ho chiesto che ore sono, ma dove sono. Le bambine, Cristina. Dove sono ora?

Cristina - (Ride) Oh, che sciocchina che sono! Ma certo, stavamo parlando delle bambine! Come ho fatto a non capire. (Sempre ridendo) Con l’età sto diventando anche sorda… Avevo capito tutta un’altra cosa.

Nora - (Seria) Cristina, rispondimi: dove sono le bambine?

Cristina - Oh, ma come sei seria! Non si può neppure scherzare! Alessia e Giulia sono di là, in camera loro che giocano. In questo periodo vanno matte per Pettina-Pony. Che gioco assurdo… stanno ore ed ore a fare le treccine alla criniera di un cavallo di peluche. Gli mettono i brillantini, lo riempiono di fiocchetti, di mollettone colorate…

Nora - (Interrompendo, preoccupata.) Sono in camera loro, quindi?

Cristina - Certo, ma mi stai ad ascoltare? Te l’ho appena detto. Stanno giocando.

Nora - Vado a vederle. (Si muove verso le camere. Cristina la blocca con calma)

Cristina - Non c’è alcuna necessità di disturbarle. Per una volta che giocano da sole e sono tranquille! Approfittiamo di questo momento per parlare un po’ tra noi. Non lo facciamo mai…

Nora - Voglio solo dare un’occhiata veloce.

Cristina - Perché? (Nora non risponde. Cristina riprende come se nulla fosse.) Allora, mi dicevi che vai a fare volontariato in questo centro per anziani, e così? E quante volte vai alla settimana? Siediti mia cara, dai, mettiti comoda. Non stare lì impalata. (Cristina picchietta con la mano sul tavolo facendo segno a Nora di sedersi. Nora lentamente si rimette a sedere.) Se non impegnasse troppo tempo magari potrei venirci anch’io. Adesso che le bimbe sono più grandine, sarebbe bello fare qualcosa insieme ad un’amica. Piacerebbe anche a me adesso fare un’attività diversa. E dimmi, cosa fate, li imboccate? Li intrattenete? Li fate giocare a carte?...

Nora - Si, qualcosa del genere.

Cristina -  Mh. Mi sembra interessante. Quante volte hai detto che vai?

Nora - Due. Vado due sere la settimana.

Cristina - Beh, sembra fattibile. E quali sono, tesoro? Basta che non sia di giovedì. Il giovedì Giacomo va al circolo ed io devo tenere le bambine… mi sarebbe impossibile. Però se ci organizziamo magari posso anch’io sentirmi utile, dedicarmi un po’ di tempo e stare vicino a te. Allora, quali sere?

Nora - Lunedì e giovedì. Cristina, mi spiace…

Cristina - Accidenti che peccato. Proprio il giovedì? E come si può fare? Non si può spostare il giorno? I vecchi andranno imboccati anche negli altri giorni, no? Non è che non mangino negli altri giorni!  (Con una punta di stizza) Sembra quasi fatto apposta. Proprio il giovedì bisogna andare?

Nora - Non lo so. Davvero Cristina, non lo so. Per favore, posso andare di là? (Indica la cameretta).

Cristina - Perché? (Pausa. Nora non risponde) Cosa devi andare a fare di là? Non avrai ancora in mente di andare a vedere le bambine!

Nora - (Guardando alla camera delle bimbe) Io… voglio… posso andare in bagno? Per favore.

Cristina - In bagno? (Ci pensa) E’ un po’ in disordine oggi. Guarda, perdonami, ma mi vedo costretta a dirti di no. (Sorride) Che pessima padrona di casa che sono, vero? Eh lo so, ma oggi è una di quelle giornate… ho fatto il bucato e ho tutta la roba in giro. E poi ti dico la verità: non ho pulito i sanitari e mi vergogno un po’. Cosa penseresti della tua amica Cristina? Che è una sporcacciona, ecco cosa.

Nora - Non importa, davvero. Non lo guardo il disordine.

Cristina - Ah, no dico davvero… mi metteresti in un tale disagio…

Nora - Ti prego, un attimo solo. Fammi andare di là.

Cristina - Tesoro, perdonami. Non prendertela, ma è inutile che insisti. (Più freddamente) Spero che non sia una cosa urgente. (Di nuovo sorridendo) Un altro biscottino? (Nora scuote la testa) Non fare complimenti. Prendi pure. Anzi, vuoi dell’altro the? (Guarda l’orologio) Forza, non abbiamo molto tempo.

Nora - (Allarmata) Perché? Perché non abbiamo molto tempo?

Cristina - (Pausa. Poi tranquilla) Ma cara, perché verso le sei e mezza tornerà Giacomo dal lavoro. Dovrò preparare la cena e non avremo più la possibilità di raccontarci tutte le nostre cose. Cose da donne… Cose da amiche. Ah, ma potrai fermarti per cena, se lo vuoi.Mi farebbe davvero piacere. Tutti qui riuniti sotto lo stesso tetto. (Felice) Non sarebbe meraviglioso? Tutti insieme. Non dirmi di no, non dirmi di no, ti prego.

Nora - Cristina, me lo dici cosa hai in mente? Che cos’hai intenzione di fare?

Cristina - Mah, potremmo fare dello spezzatino. E un po’ di insalata con i pomodori per contorno. Una cosa semplice tanto per restare in compagnia.

Nora - Ti rendi conto di quello che stai dicendo?

Cristina - Hai ragione, troppo complicato. E un risottino? Ho dei funghi secchi che sono una meraviglia. Hanno un profumo! Me li procura una mia cugina che vive in Val di Taro. Basta metterli a bagno un quarto d’ora che subito…

Nora - Cristina basta, ti prego, mi stai torturando. Non so cosa tu voglia da me. Ti prego, faccio tutto quello che vuoi, ma ti supplico, posso andare a vedere le bambine? Ho sentito un rumore, sono preoccupata, posso andarle a vedere?

Cristina - Quale rumore! Io non ho sentito nessun rumore. Ti devi essere sbagliata.

Nora - No, no, davvero. Ho sentito un rumore. Magari non è niente, ma se si fossero fatte male? Sono piccole, Cristina, ti prego.

Cristina - Un rumore, eh? Allora tu stai qui, ci vado io. (Freddamente) Sono io la loro mamma, è più logico che vada io, non ti pare? Lo sai, vero, che sono io la mamma qui?

Nora - (Sottomessa) Ma certo che sei tu la loro mamma. Lo so.

Cristina - Sono io che mi sono sempre preoccupata per la loro salute.

Nora - Lo so.

Cristina - Sono io che ho curato loro la varicella. Io che ho deciso di battezzarle. Io che mi svegliavo di notte quando avevano sete…

Nora - Lo so, Cristina, non ho mai detto il contrario.

Cristina - Ripetilo. Dillo ad alta voce.

Nora - Sei tu la loro mamma.

Cristina - (Ritorna all’espressione serena) Ora puoi scusarmi un momento, tesoro? Ho sentito un rumore nella camera delle bimbe. Vado a vedere se va tutto bene. Magari non è niente, ma se si fossero fatte male? Sono piccole, sai?

(Nora aspetta che Cristina sia uscita dalla stanza e poi si precipita verso una borsetta appoggiata ad una sedia. Fruga. Trova un telefono cellulare. Digita velocemente, impreca poi sente un rumore e si ficca il telefonino in tasca.)

Cristina - (Compare sulla porta) Tutto bene! Stanno giocando a tombola senza litigare, come due angioletti. Sembra incredibile. Tesoro, cosa stai facendo lì? Cercavi qualcosa? Dì pure a me, di che cosa hai bisogno?

Nora - (Trattenendo l’agitazione) Niente. Non mi serve niente.

Cristina - E allora cosa fai lì? Ma guarda che oggi sei proprio strana! (Sorride) Vieni, forza vieni qui. Accomodati, siediti. Raccontami quello che ti affligge. Ti vedo che sei preoccupata, sai? Ma a me puoi raccontare tutto. Se no le amiche a cosa servono? Ma non restare lì impalata, sembra quasi che ti faccia paura! Forza, rilassati, raccontami i tuoi guai. Cosa c’è, non ti fidi? Pensi che non sappia tenere un segreto? (Mettendo il broncio) O forse credi che io non sia all’altezza di capire…

Nora - No, ma figurati, non è quello.

Cristina - E allora parlami, racconta alla tua amica. Se il lavoro va bene, la famiglia come hai detto va bene, cos’è che non va? L’amore forse?... Non dirmi che ho indovinato! Ah, ma allora ho capito tutto! Qui si tratta di affari di cuore!... (Batte le mani contenta) Ecco perché sei così pensierosa: sei innamorata!

Nora - Cristina, che dici? Smettila.

Cristina - Ma tu soffri, pulcino mio. Mi devi dire subito chi è questo bellimbusto che ti fa tanto arrabbiare. Mi devi raccontare tutto. E’ uno che conosco?

Nora - Cristina!

Cristina - Ho indovinato! Ho indovinato! Tu sei troppo evasiva: lo conosco non è vero? Ah, furbetta…

Nora - Basta, Cristina! Piantala!

Cristina - Eh, ma come te la prendi. Non si può neanche scherzare un po’. Va bene, non vuoi raccontarmi niente? E allora tieniteli i tuoi stupidi segreti. Eppure io sto facendo del mio meglio per intavolare una discussione, un dialogo… sembra che tu proprio non la voglia la mia amicizia.

Nora - Non fare così.

Cristina - No, no, guarda, sono proprio offesa. Non so più come pigliarti. Non parli, tieni il muso… Dimmi un po’, come dovrei reagire? Io sono qui che ti apro la mia casa, ti offro la mia amicizia, la mia compagnia. Ti chiedo se vuoi confidarti, e tu?! Ti chiudi, mi respingi. Non dovrei essere offesa, secondo te? Va bene, non vuoi stare qui? Non vuoi stare con me? Te ne puoi pure andare.

Nora - Andarmene?!...

Cristina - Sì certo, vattene pure dove vuoi.

Nora - No, non fare così. E’ che non capisco le tue intenzioni…

Cristina - Le mie intenzioni?! Volevo solo passare un bel pomeriggio in compagnia di un’amica, e invece tu rovini tutto. Dimmi un po’, non dovrei sentirmi infastidita? Vai, vai pure, non ti trattengo.

Nora - No, ti prego, non voglio andare via. Per favore. Come vuoi tu, parliamo, però non arrabbiarti. Parliamo, va bene?

Cristina - Non so cosa dirti: sono infastidita, ora mi deve passare.

Nora - Mi fermo a cena. Ti fa piacere? E se vuoi ti aiuto anche a cucinare. Ma per favore non mandarmi via. Mi fermo a cena. Così stiamo tutti insieme. Con Giacomo e le bambine.

Cristina - Davvero?

Nora - Certo, tutti insieme.

Cristina - Stasera?

Nora - Stasera, adesso, tra poco. Quando vuoi.

Cristina - (Felice) Tra poco torna Giacomo da lavoro. A lui piace avere ospiti.

Nora - Lo so.

Cristina - (Sempre più entusiasta) Anche le bambine saranno contente. Vedrai, ti racconteranno di tutto, sono due tali chiacchierone… E’ un po’ che non abbiamo ospiti, saranno felici. Che bello, sono contentissima. Allora, va bene se prepariamo un risotto?

Nora - Va benissimo il risotto. Quello che vuoi tu.

Cristina - Tanto per stare insieme…

Nora - Tanto per stare insieme.

Cristina - Ah come sono felice. Vado subito a cercare gli ingredienti. Un cipollotto fresco per il soffritto.. (Mentre parla sparisce nel cucinotto. Si sente la voce dalla quinta) Un po’ di vino bianco… (Si sente spadellare) Ma non trovo i funghi. (Si immagina che Cristina apra ante e cassetti) Accidenti non posso mica preparare il brodo, se prima non metto a bagno i funghi, ma dove saranno…

(Nel frattempo Nora titubante, lentamente e con circospezione prende il cellulare dalla tasca e cerca di comporre un numero. Improvvisamente Cristina compare sulla porta  del cucinotto).

Sai cara? E’ una cosa incredibile, non trovo i funghi da nessuna parte…

Nora - (Nasconde il cellulare velocemente, un po’ agitata) Hai ragione, i funghi sono finiti… Me ne ero completamente dimenticata…

Cristina - Che stai dicendo?

Nora - Mi spiace Cristina, di funghi non ce ne sono più, ho dimenticato di comprarli… ma se vuoi ci sono delle zucchine, possiamo farlo con quelle il risotto…

Cristina - (Aggressiva, interrompendo) Ma tu che ne sai? Mica è casa tua questa! Che ne sai di cosa tengo in dispensa?!

Nora - Ma io…

Cristina - Sei tu che cucini a casa mia?

Nora - No ma…

Cristina - Per caso frughi in casa mia?

Nora - No ma…

Cristina - E allora tu cosa ne sai?

Nora - Nulla, nulla… mi sono confusa…

Cristina - Com’si fa a confondersi su una cosa del genere!

Nora - Non arrabbiarti, ti prego… ero… ero soprapensiero. In realtà … io parlavo di casa mia. Dicevo che… anche a casa mia ho finito i funghi in dispensa e… e stupidamente ho scordato di comprarli.

Cristina - (Fa una pausa. Pensa. Poi cambiando umore, con serenità) Eh, càpita, sai? Se non faccio la lista della spesa più che dettagliata, mi scordo sempre qualcosa anch’io. (Sorride) Tesoro, perdonami i funghi sono terminati, ho scordato di comprarli. Ma ci sono delle zucchine, e se vuoi il risotto possiamo farlo con quelle. Che ne dici?

Nora - (Tremante) Mi sembra un’ottima idea. (Cristina esce per un attimo e va nel cucinotto. In quel momento dalla tasca di Nora si sente la suoneria del cellulare. Cristina ricompare sulla porta immobile,  minacciosa. Il cellulare seguita a squillare, ma Nora non osa prenderlo)

Cristina - (Allunga una mano. Dura, fredda) Dammelo.

Nora - Cristina...

Cristina - Dammelo, ho detto.

Nora - Potrebbe essere importante… ti prego, fammi almeno vedere chi è.

Cristina - (Non risponde. Fa un gesto e si fa dare il telefonino. Controlla sul display e cambia umore) Oh ma è per me! (Tutta contenta. Poi rispondendo) Ciao amore! Come va? (Tappa la cornetta e parla sottovoce) E’ Giacomo. (Di nuovo al telefono) Ti stiamo aspettando, sai? Sciocchino, come chi è! Mi hai chiamato tu! Sono io, sono Cristina. (A parte,a Nora, ridendo) Non mi ha riconosciuto. (Al telefono) E poi c’è una sorpresa, tu non puoi nemmeno immaginare chi avremo a cena stasera… Certo, certo. Tutto bene qui. Ma quante domande! Tutto bene, ti dico. Dai, allora: prova ad indovinare!... E tu prova! …E’ Nora! Non ti fa piacere? Mi raccomando torna presto, ciao amore, ti aspettiamo. (Nora è immobile. Cristina con tutta naturalezza spegne il telefono e se lo mette in tasca).

Nora - E’ finita. Vero, Cristina?

Cristina - Cosa?

Nora - (Sorridendo maligna) L’hai combinata grossa, eh?

Cristina - Di che cosa stai parlando?

Nora - Hai messo in mezzo Giacomo. E lui tra meno di un’ora sarà qui.

Cristina - (Felice) Lo so! Mi aiuti a tagliare la verdura?

Nora - E dì un po’, come farai con lui?

Cristina - Beh, cercheremo di fargli trovare tutto pronto. Certo che se tu te ne stai lì impalata, tesoro… dammi una mano, no?

Nora - Cristina, ritorna in te. Lui non starà al tuo gioco.

Cristina - Gioco? Che gioco! Insomma, si può sapere di che cosa stai parlando?

Nora - (Con rabbia) Di tutto questo, (Fa un gesto ampio intorno) queste cose che tu vuoi farmi fare ad ogni costo. Il the, per esempio. Tu che giri per casa rovistando dappertutto, che vuoi cucinare non so cosa per vederci cenare tutti insieme… Che mi tratti come se fossimo grandi amiche…

Cristina - Non ti capisco…

Nora - Tu che rispondi al telefono chiamando Giacomo “amore”…

Cristina - Beh, è mio marito!

Nora - No. Non lo è.

Cristina - Ma che dici! Smettila!

Nora - No, smettila tu.

Cristina - Tu sei pazza. Giacomo è mio marito…

Nora - Ne sei proprio sicura?

Cristina - Ma certo… io… io… guarda! La fede. (Si toglie l’anello, disperata) Guarda: “Giacomo, 20 maggio 1997”. Lo vedi? E’ scritto qui.

Nora - Ma davvero?

Cristina - Certo! E Alessia e Giulia sono le nostre bambine… Ma si può sapere che vuoi da me? Perché mi parli così?

Nora - Sono io che vorrei sapere cosa ti sei messa in testa. E toglitelo quell’anello: sei solo ridicola. E se vuole essere uno scherzo non è divertente.

Cristina - Basta! Tu straparli. Ma che vuoi da me?

Nora - Ah, io straparlo? Guarda Cristina che mi stai facendo paura. Finora ti ho assecondato, ma adesso basta. Sono sicura che anche Giacomo si è accorto che qualcosa non va.

Cristina - Dove stai andando?

Nora - Vado a vedere le bambine.

Cristina - Non mi sembra proprio il caso di andarle a disturbare.

Nora - Beh, visto che finora mi hai impedito di vederle con ogni scusa possibile, comincio ad avere il sospetto che sia successo loro qualcosa.

Cristina - Ti ripeto che stanno bene.

Nora - E allora fammi dare un’occhiata. Qual è il problema? Oppure c’è qualcosa che non vuoi che io veda?

Cristina - Che dici? E’ che erano così tranquille… solamente non mi sembrava il caso di disturbarle.

Nora - No. Tu non vuoi che io vada di là. E la cosa mi spaventa molto. Allora, mi fai passare o no?!... Perfetto. Direi che questa farsa è durata abbastanza. Voglio chiamare Giacomo, e spiegargli cosa sta succedendo. Forza, Cristina, è ora di finirla: ridammi il mio cellulare.

Cristina - Io?! Ma che vuoi da me ? Non ce l’ho il tuo cellulare.

Nora - (Gridando) Ma se te lo sei messo in tasca proprio ora! (Risoluta si risiede, si calma). Va bene, Cristina, come vuoi tu. Staremo a vedere. Tanto tra poco Giacomo sarà qui, voglio proprio vedere cosa ti inventi.

Cristina -  L’unica cosa che dovrò inventare sarà una scusa per il fatto che la cena non è pronta. Mi stai facendo perdere un sacco di tempo. E tra l’altro ancora non capisco di cosa tu stia parlando… Sei scostante, acida, maleducata… Si può sapere che ti ho fatto?... Ti do un’ultima  possibilità: vuoi aiutarmi a preparare la cena oppure no?!

Nora - E’ presto per la cena, Cristina: non sono nemmeno le sei… Praticamente è ancora l’ora del the. E poi è inutile. Secondo te quando avremo preparato la cena cosa succederà? Eh? Entrerà Giacomo e ti correrà incontro? Ti bacerà? Ti chiamerà “mogliettina mia”? Secondo te ci siederemo tutti contenti intorno alla tavola apparecchiata come se niente fosse?

Cristina - Beh, mi sembrano cose piuttosto normali. Non ci vedo proprio niente di strano.

Nora - Ah, davvero?

Cristina - Tu stai cercando di confondermi… ma l’ho capito, sai? Tu sei solo invidiosa.

Nora - Oh, questa è bella. Da morire dal ridere. E di grazia: di che cosa dovrei essere invidiosa?

Cristina - Di me. Della mia casa, della mia vita.

Nora - Quale casa, Cristina? Quale casa! Questa non è la tua casa. E non è nemmeno la tua vita.

Cristina - Tu straparli. Tu vuoi confondermi… Guarda che qui l’intrusa sei tu. Sei tu che cerchi di portarmi via tutto! Questa non sarebbe casa mia? E allora forza! Vediamo chi ha ragione: (indicando un mobile) questo per esempio dimmi, chi l’ha comprato? (Nora non risponde). L’ho comprato io ad un’asta a Milano. E’ un pezzo unico fatto tutto a mano, lo sapevi? (sorride) No, ovviamente. E questo? (prende un soprammobile) Lo sai cos’è questo, vero? (Nora tace) Mh. Immagino che tu non sappia nemmeno che questa è stata la bomboniera del battesimo di Alessia. Vedi? Se apri qui sotto c’è un piccolo scomparto segreto, ci trovi ancora i confettini. Ecco, vedi? E già che ci siamo, dimmi un po’: che tempo faceva quando Giacomo ha comprato questa casa? (Sardonica) Ma come! Non era anche casa tua, questa?! Non te lo ricordi? Ma guarda… Allora non sai che nevicava, che c’erano cinquanta centimetri di neve per terra. Che il traffico era fermo in tutta la città… Tu non sai niente. Non sai che io e Giacomo eravamo così felici dell’acquisto di questo posto che, dopo aver firmato, abbiamo giocato a palle di neve per almeno un’ora nella piazzetta davanti allo studio del notaio. E che poi ci siamo baciati per il resto del pomeriggio come due ragazzini. E non lo sai perché in quell’ufficio con Giacomo non c’eri tu ma io. Questa sarà sempre casa mia. Io ho scelto i mobili, ci ho vissuto, ho cresciuto le mie bambine... Io qui dentro ho tutto il mio mondo. Tutto il mio mondo. E tu non c’entri nulla. Qui dentro non c’è nulla di tuo.

Nora - Beh, questo non è vero. Io qui ci vivo, e tu lo sai.

Cristina - Mia nonna mi raccontava spesso una favola. La vuoi sentire?

Nora - Mi sembra piuttosto fuori luogo.

Cristina - Non direi. Ascoltala. C’era una volta un lupo che…

Nora - Non sono dell’umore. E non mi sembra proprio la situazione.

Cristina - No, no: sentila. E’ molto interessante: c’era una volta un lupo. Questo lupo stava in una tana. Era casa sua. Era piccola, ma lo riparava dal freddo e dalla pioggia.

Nora - Deve durare ancora molto?

Cristina - Porta pazienza, vedrai che vale la pena. Il lupo, dicevo, aveva una tana. Un giorno arriva un riccio. Pioveva. E il povero riccio tremava, tutto infreddolito. Così chiese al lupo di fargli un pochino di posto. Il lupo stava al coperto, al calduccio. Pensò che quel piccolo riccio avrebbe occupato poco spazio, e si sarebbe scaldato un po’. Che male c’era? Si fece un po’ da parte e lo lasciò entrare. Il riccio lo ringraziò, e per avere un po’ più di calore gli si accoccolò vicino. Sembrava una cosa carina, ma i suoi aculei pungevano, e il lupo stava veramente scomodo. Così dovette spostarsi un po’, poi ancora un altro po’. E così a poco a poco il riccio occupò tutta la tana del lupo che, senza capire come, si trovò fuori dalla propria casa, al freddo e all’umido. Ti dice niente questa storia?

Nora - Non è assolutamente andata in questo modo.

Cristina - Dici? Comunque la trovo una storia interessante. Noi siamo un po’ come il lupo e il riccio. Tu usi le mie cose, ma qui dentro è ancora tutto mio.

Nora - Non è così.

Cristina - E le bambine? Anche le bambine sono tue?

Nora - Lascia perdere Alessia e Giulia. Loro non c’entrano, lasciale fuori.

Cristina - E’ quello che sto cercando di fare: lasciarle fuori… ma non mi hai ancora risposto: dopo avermi portato via tutto, credi che anche loro siano tue?

Nora - Sei ingiusta! Io cerco solo di proteggerle.

Cristina - Ma non sono figlie tue. Non ti darebbe fastidio se un’estranea facesse così con le tue figlie?

Nora - Ho capito dove vuoi arrivare… ma io non sono un’estranea!

Cristina - (Urlando) Ma non sei la loro madre!

Nora - (Sottovoce, ferita) No, non lo sono.

Cristina - Dillo più forte.

Nora - Non lo sono, hai ragione. Io non sono la loro mamma. Ma sto facendo il possibile per farle stare bene.

Cristina - Tu sei iper-protettiva con le mie figlie. Se fossi tu la loro madre, non ti darebbe fastidio? Tu che ti permetti di portare Giulia dal dermatologo senza consultarmi? Che iscrivi Alessia ad un corso di danza senza il mio permesso? Che le porti tutte e due alle giostre di S. Dalmazio senza dirmi niente? Ma come ti permetti?

Nora - Cristina… sei arrabbiata, va bene, ma grazie a Dio ora mi sembri lucida. Me lo spieghi cosa volevi fare poco fa? Mi hai fatto una paura…

Cristina - (Stupita) Quando?

Nora - Ma prima: quando mi hai offerto il the.

Cristina - (Attonita) Non capisco.

Nora - Non ti ricordi? Eri strana, hai pure risposto al mio cellulare, poi te lo sei messo in tasca…

Cristina - Ma cosa ti stai inventando?

Nora - Siediti, Cristina. Vedrai che ora passa.

Cristina - Non osare toccarmi. Di che diavolo parli?

Nora - Non ti tocco, va bene. Non fa niente, è passato. Calmati ora. Ora chiamiamo un medico, così controllerà se tutto è a posto.

Cristina - Non ho bisogno di un medico, non sono mica malata!

Nora - Certo che no… è solo per un controllo. Siediti, magari ti prendo un bicchier d’acqua.

Cristina - Smettila. Sto benissimo. E non osare toccare niente in casa mia.

Nora - Va bene, va bene. Ma se tu mi dessi il mio telefono… chiamerei qualcuno per farti dare un’occhiata.

Cristina - Mi stai dando della pazza?

Nora - Ma no! Voglio solo aiutarti. Sono seriamente preoccupata: poco fa dicevi cose strane… facevi come se fossi a casa tua.

Cristina - (Gridando) Ma io sono a casa mia!

Nora - Oh insomma, ma con te non si può proprio ragionare! Cristina, ti rendi conto che mi hai obbligato a sedermi e mi hai preparato il the?

Cristina - E allora?

Nora - Che mi hai invitato a fermarmi qui a mangiare?

Cristina - E allora?

Nora - Ma Cristo! Io qui ci abito! Non ti rendi conto dell’assurdità della cosa? Io non voglio darti della pazza, ma hai dei momenti in cui ti confondi… in cui non sai più che cosa sia reale. Parli di cose che non ci sono più. I limoni per esempio (li prende dal tavolo e glieli mostra). Non li hai coltivati tu, credimi. Li ho comprati io ieri dal fruttivendolo di via Volterra… e quella pianta di limoni non è più sul terrazzo da almeno due anni! …E i biscotti? Sei davvero convinta di aver fatto i biscotti in casa con la ricetta della vecchia zia …con quel nome assurdo?

Cristina - (Risentita) Io ho sempre fatto i biscotti in casa!

Nora - (Irritata) Lo so, accidenti. Lo so: sei sempre stata una brava mamma e una bravissima donna di casa. Lo sappiamo tutti. Giacomo ancora adesso lo racconta, a volte. Nonostante tutto quello che c’è stato in mezzo. Anzi, a volte credo che gli manchi non trovare a casa una donna che cucina, che cura i fiori e le piante sul terrazzo… che fa torte e biscotti per le bambine… ma qui ora ci sono io e tu abiti da un’altra parte, te lo ricordi? Te lo ricordi che Giacomo ti ha  comprato un appartamento in via Bòboli? Sta facendo un sacco di sacrifici per pagarti quella casa maledetta. L’hai scelta tu, come ti pareva. E l’hai scelta grande apposta per fargli dispetto. (Con un sorriso malizioso) E adesso? Come si sta in quell’enorme casa vuota, Cristina? Non è che ti senti sola nei giorni in cui non hai con te le bambine?... Non l’hai mai accettato che io stessi qui con Giacomo. Ma le cose sono andate così, ed ora sono io che vivo qui. Io non sono come te, lo so: io vado a lavorare in ufficio, i biscotti li compro al supermercato e brucio la metà delle cose che metto sui fornelli. Le piante, accidenti, mi muoiono tutte, altro che coltivare gardenie e gerani e limoni… io non sono te, non sono la perfetta donna di casa, ma ora sono io che abito qui. Sono io che faccio la spesa qui, e che rifaccio i letti. Io che faccio da mangiare a Giacomo, io che lo accolgo alla sera e gli do conforto. E lui sta bene. E stanno bene anche le bambine. Che ti piaccia o no, adesso siamo una famiglia in tutto e per tutto. Fattene una ragione. Poi adesso basta, mi hai stancata. Tu non dovresti nemmeno essere qui. E già che ci siamo, gradirei che mi ridessi il mio telefono. Ti devi fare vedere, Cristina: tu non stai bene. Sei confusa. Parecchio. Quindi ora ti siedi, mi ridai il mio telefono, chiamo un medico e sistemiamo tutto.

Cristina - Io sto benissimo!

Nora - No, niente affatto! Da quando sei entrata oggi per portarmi le bambine, hai cominciato a comportarti in modo strano. Mi hai veramente spaventato. Io capisco che non accetti di vedermi in quella che ritieni ancora casa tua, insieme al tuo uomo, alle tue figlie. Capisco che la cosa ti faccia andare fuori di testa, però adesso basta. A tutto c’è un limite: sono passati tre anni ormai! Te ne devi fare una ragione. E soprattutto non devi più permetterti di venire qui a fare queste scenate.

Cristina - Io qui dico e faccio quello che mi pare. Questa, fino a prova contraria è ancora casa mia. Guarda: è piena delle cose che ho scelto io! Le tendine, i quadri… persino il rivestimento dei divani… e guarda qui: oh dio, questo centrino l’ha fatto mia madre all’uncinetto… e questo! Questo l’ho comprato alla fiera dell’antiquariato quando ero incinta di Giulia… Qui c’è ancora tutta la mia vita, e tu sei solo un’intrusa, sei solo un’ospite non gradita. Quindi ora con molta calma, senza fare storie: devo pregarti di andartene.

Nora - Stai scherzando?! Io non vado da nessuna parte! Queste cose sono qui perché tu hai deciso di lasciarle qui, perché speravi che Giacomo si stancasse presto di me, e che quando saresti tornata avresti ritrovato tutto esattamente come l’avevi lasciato… e quando hai visto che le cose non sarebbero più tornate come prima, hai voluto fare dispetto a Giacomo e farti ricomprare tutto quanto in un appartamento nuovo. Sono scelte che hai fatto tu e, mi dispiace, ora ne stai pagando solo le conseguenze. Devi incolpare unicamente te stessa.

Cristina - Taci! Tu… maledetta… mi hai portato via il marito… mi hai rovinato la vita… hai rovinato per sempre il mio matrimonio…

Nora - Il tuo matrimonio non l’ho rovinato io, cara mia. Eravate già in crisi da un pezzo. Le cose sono andate così, punto e basta. Io e Giacomo ci siamo incontrati per caso e siamo diventati amici senza malizia, senza cattive intenzioni. Poi ci siamo innamorati. Sono cose che capitano, non è colpa di nessuno.

Cristina - Non è andata così. Tu hai tramato alle mie spalle… hai manipolato Giacomo… l’hai fatto ballare come un burattino e ora stai facendo la stessa cosa con me. Tu sei pazza, Nora. Sei una maledetta pazza.

Nora - Ma senti da che pulpito! Una che fino a poco fa trafficava nella mia cucina, pregandomi di accomodarmi, offrendomi the e biscottini con mille moine, manco fossimo state nel bel mezzo di una reclame televisiva. E io sarei la pazza? Secondo la disposizione del giudice avresti dovuto portare qui le bambine entro le 17.30, poi ti saresti dovuta levare dai piedi. Nonostante quello che tu blateri da più di un’ora, io avrei tutti i diritti di prenderti per il colletto e cacciarti fuori in un istante. (Con un sorriso cattivo) Ma saprò aspettare, non preoccuparti. Non vedo l’ora che Giacomo ti veda in questo stato.

Cristina - Tu sei pazza! (Spaventata) Mio dio… avevo ragione, sei veramente pazza. Ora a Giacomo ci parlo io (Tasta con una mano il muro, cerca qualcosa, man mano si agita)… Qui c’era… il telefono… dov’è finito…

Nora - Non lo usiamo più il fisso, Cristina. L’abbiamo fatto togliere almeno un anno fa.

Cristina - E’ sempre stato qua…

Nora - Ti dico che ne abbiamo abbastanza di due cellulari… ma mi ascolti? Non c’è più, smettila di cercare!

Cristina - Mi stai facendo paura, Nora… ridammi il mio telefono…

Nora - Ma che stai dicendo? Ti rendi conto dell’assurdità? Tu hai il mio telefono!

Cristina - Tu sei pazza… sei pazza…

Nora - La pianti di fare così? Mi dai sui nervi…

Cristina - Devo chiamare Giacomo, devo dirgli quello che mi stai facendo… (Gridando) ridammi il mio telefono!

Nora - Adesso calmati (assecondandola). Ti ripeto che l’abbiamo fatto togliere… è inutile che cerchi… Calmati, Cristina.. Vuoi chiamare Giacomo? Va bene, va benissimo. Tu non ti ricordi, non ci hai fatto caso… ma ce l’hai addosso un telefono, proprio lì… (Avvicinandosi) Vedi? Se solo provi a mettere una mano in tasca scoprirai che…

Cristina - Non toccarmi! Non avvicinarti! Non mi fido di te. Tu sei doppia, sei ambigua. Cos’hai intenzione di farmi?

Nora - Ma che stai dicendo? Volevo solo mostrarti dove…

Cristina - Tu vuoi confondermi… vuoi distrarmi, disorientarmi… E poi cosa farai? Prenderai un coltello da cucina e ci farai tutti a pezzi? Stammi lontana!

Nora - Fare a pezzi chi?! Chi dovrei fare a pezzi? Le bambine? Guarda che quelle due povere creature sono più in pericolo con te. Tra l’altro da quando sei entrata con loro oggi non le ho ancora viste. Anzi sai che faccio? ora, mentre tu continui a cercare un telefono che non c’è, ti saluto e vado a vedere come stanno.

Cristina - Tu non vai da nessuna parte.

Nora - Fammi passare.

Cristina - Alessia e Giulia non hanno bisogno di te. Sono io la loro madre.

Nora - Ti si è incantato il disco, per caso? Smetti di ripeterlo ogni due minuti, tanto non fa alcuna differenza. Io vivo con loro tanto quanto te: una settimana sì e una no, (guardando l’orologio) ed esattamente dalle 17.30 di oggi pomeriggio sono sotto la custodia di Giacomo. Torna venerdì prossimo, quando sarà il tuo turno. Questo è quello che ti spetta. Ed è già tanto, visto come ti sei comportata quando hai scoperto che Giacomo voleva lasciarti.

Cristina - Non rigirarmela contro…

Nora - Sei stata tu a lasciare casa e bambine. Tu  hai voluto andartene.

Cristina - Non osare dire altro! Stavo molto male. Ero depressa, confusa… ho affidato le bambine a Giacomo perché lui è e sarà sempre il loro papà. E tu hai colto subito l’occasione per insediarti… sei una schifosa. Io ho avuto bisogno di cure per colpa di tutto quello che voi mi avete fatto.

Nora - Incolpa pure chi vuoi. Comunque non mi sembra affatto che tu stia meglio. Adesso mi sono stancata di assecondarti, mi stai facendo perdere un mucchio di tempo. Puoi ancora decidere: o te ne vai con calma, oppure aspetti buona buona, seduta sul divano senza rompere le scatole, così a buttarti fuori ci pensa Giacomo una volta per tutte. (Con ironia pungente) Non ti dico “fai come se fossi a casa tua” perché so che mi prenderesti subito alla lettera.

Cristina - Prima o poi Giacomo si accorgerà di quanto sei infingarda, falsa, sleale… solo tu sai cosa ti frulla davvero per la testa.

Nora - Vuoi sapere cosa mi frulla per la testa? Lo vuoi sapere sul serio? Mi piacerebbe prendere la porta e andarmene. Ecco cosa. Uscire da tutti questi ragionamenti storti e  contorti, dalla tua follia e rivedere il mondo reale così come era fino ad un paio d’ore fa. E non è finita, sai cosa vorrei fare? Uscita di qui vorrei chiamare un’ambulanza e farti internare una volta per tutte. Togliermi per sempre dai piedi te e il tuo schifoso alone di donna perfetta che aleggia in questa casa, in ogni oggetto che hai scelto per arredarla. (Prende un soprammobile) Lo vedi questo?! (lo porta al naso e lo annusa) Puzza della tua presenza maledetta. Pensa un po’: tre anni e puzza ancora di te. Tutto qui puzza di te, e non è il tuo odore che è rimasto… quel fastidioso profumo dolciastro e nauseabondo da quattro soldi… No, è qualcosa di più profondo, che non si toglie, che non si lava. E’ in ogni maledetto oggetto ed io non lo sopporto più. Si sente in questa teiera coi fiorellini, in tutti questi soprammobili inutili… Me ne andrei subito, ecco cosa farei. Ma sai cosa mi trattiene? Sapere che di là ci sono due bambine che non hanno colpa di tutta questa situazione. E non me ne vado perché non ho idea di cosa tu abbia fatto loro. Allora, decidi tu cosa vuoi fare: vuoi lasciarmi andare di là a dare un’occhiata o stiamo qui a bere dell’altro the e aspettiamo che arrivi Giacomo? Ah, per me non è un problema. (Si siede e si versa dell’altro the, senza bere) Ne vuoi anche tu? Magari sarà freddo, ma non fa niente: tu sei così premurosa, così organizzata. Puoi sempre prepararne dell’altro, che dici? Beh? Non hai detto che il the ti rimette in pace col mondo? Mi sa che ne hai un gran bisogno... (Provocatoria) Allora? Cos’hai deciso di fare? Mi fai vedere le bambine o vuoi stupirci preparando uno dei tuoi famosi risotti coi funghi invisibili?

Cristina - (Confusa) Basta! Basta! Smettila… è troppo presto per la cena… poi ora… ora tu vieni con me. Devo assolutamente vedere le bambine, ma non ti voglio lasciare da sola. Vieni insieme a me. Avanti, andiamo di là insieme.

Nora - (Sorride perfida) Non sei ancora pazza del tutto, allora. Brava. Ma sì, facciamo come dici tu. Fammi strada, prego.

Cristina - (Si guarda intorno, prende in mano una statuina -o una lampada- per difendersi) No. Vai avanti tu. E non fare cose strane. Potrebbe farsi male qualcuno.

                                              

- FINE PRIMO ATTO -


ATTO II

Stessa scena. Nessuno.

Cristina - (Affabile, da fuori quinta) Mi raccomando, bimbe, fate le brave e non litigate. Potete divertirvi tutte e due, basta fare una volta ciascuno. Ecco… così. Ancora dieci minuti, poi basta videogiochi… no no no… niente storie! Lo sapete che non va bene starci troppo: fa male agli occhi. E poi avete tanti altri giochi… Su, forza, niente capricci. Dieci minuti e poi basta.

(Si sente chiudere una porta. Rumori di colluttazione. Compare dopo poco Nora spinta a forza, subito dopo compare Cristina, minacciosa, con la statuetta/lampada in mano. Nora è visibilmente ferita alla testa e perde sangue.) Te l’avevo detto di non fare cose strane.

Nora - Ma cosa ti è saltato in mente, stupida pazza! Non stavo facendo niente di male... Guarda cosa mi hai fatto…

Cristina - Non sono mica nata ieri… perché ti stavi affacciando? Perché ti stavi sporgendo? Che cosa avevi intenzione di fare?!

Nora - Io… niente! Volevo solo dare un’occhiata nella camera delle bambine… sarebbe piaciuto anche a me vedere se stavano bene! (Nora si preme una mano sulla ferita e si appoggia ad una sedia) Dio, che male… mi sento mancare…

Cristina - Tu pensi di essere furba, ma credi che non abbia capito? So benissimo che intenzioni hai.

Tu le bimbe me le vuoi mettere contro, me le vuoi portare via….

Nora - Ma che stai dicendo?! Stai farneticando!… Ti rendi conto che mi sono solo sporta per guardare all’interno?! Mi avevi lasciato fuori dalla cameretta… tenendomi lontano dalla porta, minacciandomi con quell’aggeggio come se fossi pericolosa… Volevo solo dare un’occhiata anch’io nella stanza, e vedere le bambine… vedere se stavano bene … 

Cristina - Zitta! Tu devi stare zitta. E le mie figlie le vedi e ci parli solo se io ti do il permesso.

Nora - Ma guarda cosa mi hai fatto! (Prende un asciugamano dal tavolo e si tampona la ferita). Ti ricordo che non sei nemmeno a casa tua. Come ti permetti di fare certe scenate? Giuro che ti denuncio. E non solo per aggressione… anche per sequestro di minori. Madonna che male. Questa la racconto a Giacomo, ti assicuro che non te la faccio passare liscia. (Le mostra lo strofinaccio insanguinato) …Ma guarda! Guarda quanto sangue! Quando si renderà conto di quanto sei pericolosa, le bambine non te le farà vedere più.

Cristina - Pericolosa?! (Stupita, offesa) Io?! Io sarei pericolosa?! Ma cosa dici… io sono una madre dolcissima… io le mie bambine le difendo.

Nora - E lo fai in questo modo? Colpendo me? la donna con cui vivono per la metà del tempo? Facendomi del male?

Cristina - …Se lo ritengo necessario, sì.

Nora - E perché, di grazia, dovrebbe essere necessario?... Ora che ci penso io non solo non le ho viste, ma non ho nemmeno sentito la loro voce… cosa mi stai nascondendo? Perché non mi hai fatto guardare dentro?

Cristina - (Risoluta) Perché non ci sarebbe stato niente da vedere.

Nora - (Insinuando) Niente da vedere… per me? O in generale?... (Con crescente preoccupazione) Mio dio… Dove sono le bambine? Cristina, io non le ho viste, non le ho sentite… per  quanto ne so potrebbero essere morte, riverse in una pozza di sangue in camera loro… Per quanto ne so potresti aver parlato a due cadaveri… Cristina, cosa hai fatto realmente alle tue bambine?!...

Cristina - Piantala, ma che stai dicendo, sei pazza?

Nora - (Incalzando) Cos’hai fatto alle tue bambine?!...

Cristina - Ma che dici? Io le mie bambine le amo. Le proteggo... Io non farei mai niente di male ad Alessia e Giulia…

Nora - E allora fammele vedere, fammi andare di là a controllare.

Cristina - Non ci penso neanche. Io so che trami qualcosa. Sento che devo tenerle lontane da te…

Nora - Beh, sarà difficile tenermele lontane a lungo… io qui ci vivo!

Cristina - Sono io la loro madre, decido io cos’è meglio per loro. Poi tu che ne sai?! Per loro non sei una madre, non sei una parente… Cosa sei tu?! tu non sei niente. Non sei nemmeno una donna di casa. Io sono più adatta ad occuparmi di loro...

Nora - Tu saresti quella adatta ad occuparti delle bimbe? Tu?! Razza di psicopatica? Ma fammi il piacere. Ti sei sempre dipinta come la donna perfetta, come la moglie impeccabile, la mammina dolce… invece non sei solo una povera pazza. Una iena, sei. Una iena travestita da casalinga. E quello che mi hai fatto ne è un prova.

Cristina - Non è vero...

Nora - A te in realtà interessa solo che la tua casa sia in ordine, che i tuoi stupidi soprammobili siano ben spolverati. Questo per te è essere una brava donna di casa? La tua è solo una facciata. Tu non sei una madre, sei una cartolina!

Cristina - Come osi parlarmi così?! Ma tu cosa ne sai? Cosa ne sai di che madre posso essere io?! Darei la vita per le mie bambine. Ora, qui, adesso. Non puoi neanche immaginare cosa significhi vivere lontano da loro. Ci sono notti in cui mi sento così lontana da tutto, così sola… come un’esiliata, un’impotente… e l’unica cosa che mi tiene viva è immaginare la linea dei loro nasini, le loro ciglia lunghe e nere, mentre colorano, mentre giocano… il loro respiro sereno… Cosa ne sai di quanto mi sia sempre interessata a loro! Mi sono sempre agitata per qualsiasi nonnulla... se solo cadevano o si sbucciavano un ginocchio… Pericolosa io… Io le amo le mie bambine, vorrei non succedesse loro mai niente di male. Mai. Ci sono momenti… in quella maledetta casa… in cui mi mancano. So che stanno qui, con Giacomo, forse con te… lo so, so che stanno bene, ma io mi sento morire… ci sono momenti in cui parlo a loro come se fossero con me. Le rassicuro. Racconto loro fiabe anche se loro non sono con me...

Nora -  E questo ti dia l’idea di quanto sei fuori di testa…

Cristina - (Urlando) Ma tu che ne puoi sapere?!... Tu non sei la loro madre e non potrai mai amarle quanto le amo io. Non hai nemmeno una vaga idea di quello che una madre possa provare. C’è una cosa, quando sei madre, una cosa che non ha un nome… è una cosa che ti senti nello stomaco, è una cosa che ti fa star male, che ti fa sentire inadeguata perché vorresti evitare loro perfino l’influenza o il raffreddore. Che ti fa desiderare di intrufolarti nei loro sogni, la notte, per scacciare qualsiasi incubo, qualsiasi brutta immagine… per vederle dormire sempre con le labbra distese, con i pugnetti chiusi vicino al viso, come quando erano più piccole… sì, cara mia, c’è una cosa, quando sei madre, che non ha un nome: e non la troverai su nessun dizionario, su nessuna enciclopedia, perché non si può spiegare…

Nora - Dai, forza! Colpisci! Lo sai che mi fai del male a parlarmi in questo modo.

Cristina - Perché non ne puoi avere di tuoi?

Nora - Sei cattiva.

Cristina - Anche se giri per casa mia e giochi con le mie bambine non potrai mai sapere cosa significhi essere madre.

Nora - Smettila.

Cristina - Non conoscerai mai quel piccolo brivido, quando la manina di tua figlia cerca la tua…

Nora - Ti sbagli.

Cristina - …quando ti chiede per la centesima volta la stessa favola solo per sentire la tua voce…

Nora - Smettila.

Cristina - …quando abbracciandoti cerca il tuo odore perché tu sei…

Nora - Basta!

Cristina - …sua madre.

Nora - Adesso queste sviolinate le vai a fare in commissariato. Appena arriva Giacomo mi faccio accompagnare alla polizia e ti denuncio. Parli di maternità come se fossi madre solo tu… e intanto non si sa nemmeno dove siano le bimbe… maledetta pazza… finalmente lo vedranno tutti come sei fatta veramente.

Cristina - Perché, come sarei fatta, io?! Eh, dimmi un po’: come sarei fatta secondo te?

Nora -Te l’ho detto: sei una iena con l’espressione da povera martire. Ecco come sei. Sembri buona, dolce e tanto premurosa, ma è tutta una sceneggiata. Lo vedo, sai, come ti comporti con Giacomo? Mi dai il ribrezzo. Sei falsa, costruita. Sei sempre accondiscendente, misuri le parole… usi un tono di voce talmente sommesso… talmente falso… Ma con me non attacca. Hai usato da subito la scusa della depressione per farlo sentire in colpa. E c’eri quasi riuscita, sai? Avresti fatto qualsiasi cosa per riaverlo con te. A te non importava nulla che Giacomo amasse un’altra donna, non te ne fregava niente che fosse completamente infelice con te e ti stesse vicino solo per senso del dovere… a te bastava averlo lì, a tua disposizione, perché fosse completo il quadretto della perfetta famigliola.

Cristina - Ma che dici? Io Giacomo l’ho sempre amato e rispettato profondamente...

Nora - Se ami davvero una persona non fai di tutto per farla preoccupare, per farla sentire inadeguata, per farla sentire in colpa… Pensa che all’inizio stavo cominciando a sentirmi in colpa pure io! Cominciavo a sentirmi una svergognata, una rovina-famiglie… Poi pian piano ho realizzato: non ero io quella sbagliata, quella perversa e malsana. Credi che non mi fossi accorta che giocavi sporco? Dio, come odiavo quando venivi a trovare le bambine, con quell’aria rassegnata: guardavi Giacomo con gli occhi da cane bastonato, tutta mesta e contrita, come a dirgli (Facendole il verso) «guarda cosa mi hai fatto, ma io non ti porto rancore, io sono buona, sopporto in silenzio... vedi che brava persona, che brava mammina sono?». Ma non avevi la stessa faccia quando c’ero solo io. Appena capivi che Giacomo  non c’era cambiavi subito espressione.

Cristina - Avrei voluto vedere te nella stessa situazione! Sentiamo, tu cos’avresti fatto? Dimmi un po’, tu che critichi tanto? Non avresti provato a riconquistare il tuo uomo? Non ci avresti provato a ricucire il tuo matrimonio?

Nora - Certo, avrei fatto di tutto, ma non questo! Non questa ridicola commedia. Sembri tanto buona, tanto brava... Ma sei stata subito pronta a mollare le tue figlie e andartene. Volevi che Giacomo si rendesse conto di quanto sei preziosa e indispensabile? Pensavi non se la sarebbe cavata senza di te? Dicevi di stare male, di non voler tornare a casa perché non volevi farti vedere dalle bambine in quello stato… ma lo sappiamo bene tutte e due che lo facevi per punire Giacomo. Per metterlo in difficoltà, perché immaginavi che un uomo che doveva gestire il lavoro, la casa e le bambine non ce l’avrebbe mai fatta da solo… Chissà come ci sei rimasta male quando, invece di lasciarmi, Giacomo mi ha chiesto di trasferirmi qui e dargli una mano. Non l’avevi previsto, eh?! Allora telefonavi venti volte al giorno, con ogni scusa. Prima  dicevi di volere notizie delle bambine, poi dicevi di sentirti male, poi … poi minacciavi di suicidarti… ah, ma non in modo diretto… velatamente, con frasi enigmatiche che gettavano Giacomo nel panico più completo. Infine chiudevi la telefonata con mille moine: «Oh, non preoccuparti per me… vedrò di cavarmela...» Ho provato centinaia di volte a far capire a Giacomo quanto fossi falsa, quanto il tuo fosse solo un atteggiamento calcolato… Ma lui si preoccupava davvero per te, sai? E quando io cercavo di dimostrargli che era tutta una sceneggiata lui andava su tutte le furie e mi dava dell'insensibile... a me, ti rendi conto?! Insensibile io… E tu, allora? Cosa sei tu? Tu non hai mai fatto niente di spontaneo. Sei finta. Tu non vuoi bene a nessuno. Sei una povera repressa, una pazza, una violenta… Ah, ma ora… Ora lo vedrà anche Giacomo quanto sei fuori di testa. Gli basterà vedere tutto questo sangue. L’hai tirata fuori, finalmente, la tua vera natura, eh Cristina?

Cristina - (Sorride. Improvvisamente sembra molto dolce) Su via… non ti sembra di esagerare adesso? Certe cose brutte ad un’amica non si dicono. (Guarda Nora con tenerezza) …Sei ancora arrabbiata? (Nora non risponde) Non ti devi arrabbiare così. Fammi vedere la ferita.

Nora - Stai indietro.

Cristina - Fammi vedere, ho detto…

Nora - Non toccarmi.

Cristina - Oh tesoro, ma tu sanguini! Deve farti molto male! Ora ti medico immediatamente. (Cerca nei cassetti cerotti e garze).

Nora - Non ti avvicinare! Non toccarmi!

Cristina - (Affabile e premurosa) Mio Dio, certo che sei distratta! Te l’ho detto mille volte di stare attenta. Ma guarda un po’ cosa hai combinato. Sei più maldestra delle mie bimbe…

Nora - Vattene, non toccarmi.

Cristina - Su, su, ferma! Guarda qui che sbrego. Bisogna disinfettare subito. Devi fare più attenzione. Menomale che ci sono io! (Nora si scansa)

Nora - Lascia…

Cristina - Fammi fare…

Nora - Smettila…

Cristina - Aspetta… ferma…

Nora - (Nora si oppone per un po’, alla fine si lascia medicare). E’ inutile che fai la commedia della crocerossina. Lo dirò a tutti che sei stata tu a colpirmi.

Cristina - (Sorride) Mia cara, questa botta in testa ti fa dire cose che non hanno senso… io sono una personcina così educata… non farei mai una cosa del genere (ride), colpirti… non diciamolo neanche per scherzo! Che sciocchezze. Guarda, ti sto pure medicando…

Nora - Figurati! Lo stai facendo perché sei tutta matta. O perché speri che io cambi idea. Pensi davvero che io sia così scema da credere che ti sei già dimenticata tutto? Sei stata tu a colpirmi non più di cinque minuti fa. Mi hai impedito di vedere le bambine e mi hai colpito.

Cristina - Calma, calma, non agitarti. Vedrai che ora passa tutto.

Nora - Non ci pensi alle conseguenze di un gesto simile? Tutto questo sangue…Avresti potuto spaventare a morte Alessia e Giulia.

Cristina - (Sempre sorridendo) Oh ma via, cosa c’entrano ora le bambine!

Nora - C’entrano, eccome! Avrebbero potuto vederti mentre mi colpivi. Vedere la loro madre che colpisce qualcuno non è un bello spettacolo… e non una persona qualsiasi, poi: io sono comunque una figura importante per loro. Dici che vuoi proteggerle, ma vogliono bene anche a me, sai? non pensi alle conseguenze di quello che fai? Immagina cosa penserebbero di te se sapessero cosa mi hai fatto… Non saresti più la madre perfetta, la tenera dolce cara mammina di cui si fidano tanto. Se vedessero tutto questo sangue forse avrebbero paura di quello che tu…

Cristina - (Improvvisamente Cristina, che sta ancora medicando Nora, la afferra violentemente per i capelli e le tiene la testa rigirata all’indietro) Tieni fuori le mie figlie dalle nostre beghe.

Nora -  Lasciami.

Cristina - Che cos’hai intenzione di fare? Vuoi riempire loro la testa con ignobili bugie?

Nora - Bugie?!... Quali bugie!

Cristina - Sei falsa. Sei una schifosa.

Nora - Lasciami.

Cristina - Cos’hai intenzione di dire loro? Eh?

Nora - Mi fai male…

Cristina - Tu me le vuoi portare via, è così? Ma non sono tue…

Nora - Non riesco… a respirare…

Cristina - Non sei la loro madre!

Nora - Pensa se entrassero ora… si spaventerebbero… avrebbero paura …di te (Cristina lascia la presa e si scosta inorridita. Nora si è liberata dalla presa, si massaggia il collo, ma è soddisfatta, incalza) che peccato… non so se riuscirebbero più a volerti bene… (Cristina è confusa, spaventata.) Dimmi Cristina, che senso avrebbe la tua vita se loro non ti amassero più? Niente avrebbe più senso, vero? Ma loro non ti guarderebbero con gli stessi occhi. Non saresti più la loro madre dolcissima e premurosa, la loro madre meravigliosa, perfetta… (Cristina si guarda intorno, spaesata. Poi va al tavolo.)

Cristina - Oh… ma guarda che disordine! (Cristina inizia a sparecchiare) Mamma mia, mi devi scusare. Ma si può ricevere un’ospite con la casa in queste condizioni? (Si gira sorridendo) Porta pazienza, tiro via tutto in un attimo.

Nora - Cristina…

Cristina - (Prosegue senza rispondere) Intanto accomodati. Eh… purtroppo con tutti gli impegni che ho… accudire le bambine, fare la spesa, cucinare… Che vergogna, devi proprio perdonarmi per questo pasticcio.

Nora - Cristina, torna in te…

Cristina - Hai fatto proprio bene a venirmi a trovare. Ma guarda che bella sorpresa… Così mi fai un po’ di compagnia, mi ravvivi un po’ la giornata…

Nora - Smettila… fermati…

Cristina - (Sempre senza fare caso a Nora) Vuoi del the? A me piace tanto il the a quest’ora. Mi fa stare bene, mi fa entrare in pace con il mondo. E’ come se questo momento di relax potesse cancellare tutti i cattivi pensieri, tutte le cose brutte del mondo... come se i problemi non ci fossero più. Adoro il sapore caldo da sorseggiare lentamente… l’aroma… l’atmosfera… (Cristina si perde con lo sguardo come se stesse pensando ad un orrore lontano. Fa una lunga pausa).

Nora - Cristina?... (Cristina non risponde. Nora le va davanti al viso muovendo le mani, schioccando le dita, per attirare la sua attenzione, ma inutilmente) Cristina?!...Cristina!...

Cristina - (Sempre con lo sguardo perso nel vuoto) Sì…?

Nora - Tu stai male veramente… Vuoi che chiami qualcuno?

Cristina - No… credo di no… (Lentamente, con lo sguardo perso nel vuoto, Cristina riprende a sparecchiare. E’ completamente assente.)

Nora - Cristina, guardami… Cristina… smettila. Lascia stare il tavolo… ti sembra ora il momento di sparecchiare? Possibile che tu abbia questa mania delle pulizie perfino quando stai male?... Basta! (Nora le prende di mano la teiera) Torna in te, ti rendi conto della situazione?… Fermati un attimo, guardami… tu non stai bene. Forse è meglio che ti sieda e che cerchi di calmarti, forse è il caso che…

Cristina - (Interrompendola) Quella è mia.

Nora - (Distrattamente) Cosa?

Cristina - Quella… (Indica Nora, che ha ancora fra le mani la teiera)

Nora - La teiera?

Cristina - La teiera… sì, è mia… e il servizio… e anche… (si guarda intorno, indica gli oggetti) anche questo è mio… anche il mobile… queste cose sono tutte mie… (Cristina sembra risvegliarsi dalla confusione di poco prima. Si mette a gridare) Lascia stare le mie cose! Tu stai usando le mie cose… metti giù! (Cristina si avventa contro Nora e tenta di strapparle di mano la teiera. Inizia una colluttazione per il possesso della teiera)

Nora - Molla!...

Cristina - Lascia! …

Nora - Molla!...

Cristina - E’ mio! Ladra!

Nora - …Smettila, così rischi di romperla! (Nora spinge indietro Cristina che abbraccia la teiera e si lascia cadere in ginocchio sconfitta, piangendo).

Cristina - Lascia stare le mie cose… (parla tra i singhiozzi)

Nora - Stupida pazza… a momenti la rompevi…

Cristina -  (Continua a piangere, fra sé)… Le mie cose…

Nora - Sarebbe stato un vero peccato… uguali non ne fanno più… (Poi incitandola) Allora?! Sei già stanca? Dai, dai, forza. Basta piangere. In piedi. (Cristina non reagisce). Tirati su. Già ti arrendi? (La guarda, annuisce soddisfatta) Va bene. Perfetto, vado a chiamare qualcuno. (Nora cerca le chiavi in borsetta e poi si avvia verso la porta)

Cristina - No, ti prego… non andare via… Resta qui con me.

Nora - Che c’è? Che vuoi?

Cristina - Dammi la mano…

Nora - Non ci penso neanche! Stai indietro.

Cristina - Vedi? non sono arrabbiata… Dammi la mano… Andiamo a chiamare le bambine… staremo tutti insieme…

Nora - Cristina, non toccarmi…

Cristina - Faccio la brava… te lo giuro...

Nora - Stai indietro. Non toccarmi… Guardati le mani… (Cristina vede il sangue di Nora sulle proprie mani per la prima volta, con orrore. Nora capisce e insiste) Cos’hai fatto? (Cristina inorridita sfrega le mani tra loro cercando di pulirle anche contro i vestiti) Lo vedi che sei pericolosa? Di chi è quel sangue, te lo ricordi? (Nora incalza con crescente preoccupazione nella voce) Cristina, cos’hai fatto alle tue bambine?! Oddio cos’hai fatto alle bambine?! (Cristina è confusa, spaventata. Passeggia avanti e indietro ansiosa, disperata. Poi si rannicchia in un angolo, completamente spaesata. Nora la osserva compiaciuta) Bene… brava… (Nora recupera la teiera dimenticata per terra e la ripone con cura sul tavolo. Con serenità, sorridendo) Ecco. Questa la mettiamo qui. Non vogliamo che si rovini, vero Cristina? La rimettiamo subito al suo posto. (Nora accarezza la teiera come fosse un gattino) Questa bella teiera… in ceramica bianca finissima… coi fiorellini… sarebbe stato davvero un peccato… (Poi soddisfatta, cattiva) Come va?

Cristina - (Scuote la testa, piange) …Per favore, signora, può chiamare mio marito? Non so più dove sono…

Nora - (Si avvicina, la conforta, la fa accomodare) Calma, calma. Non si preoccupi, adesso ci penso io. Va tutto bene. (Nora prende dalla tasca di Cristina il suo cellulare). Adesso lo chiamo io, suo marito, lei stia tranquilla. (Sembra avere tutto sotto controllo. Prende il telefono, compone il numero, attende un istante e poi rispondendo cambia espressione: si mostra agitata, ansiosa) Pronto? Pronto?! Oh, mio dio Giacomo! Dove sei?! Ti prego corri a casa… Cristina fa cose strane, non c’è più con la testa… Oddio! Mi ha anche colpito, sanguino… ah se sapessi… ho paura ti prego, vieni subito… (Nora riaggancia e ritorna all’espressione serena.) Signora, vuole un bicchiere d’acqua? Signora? (Cristina non risponde, è persa, non la sente nemmeno. Nora sospira soddisfatta, la osserva a braccia conserte, con gusto)

Era ora. Mi hai fatto penare, sai? Quasi tre anni ci ho messo a capire come fare! Sembravi sempre lì lì per cedere, e invece… (Scuote la testa) Accidenti se è stato difficile, le avevo già provate tutte… Ce ne hai messo a crollare! Lo avevo capito subito che in te c’era qualcosa che non andava, fin dall’inizio…c’era questa tua maledetta ricerca di perfezione, questo tuo alone di madre modello… ma che sei una squilibrata lo avevo intuito subito, lo avevo già visto dall’inizio, quando mi sono trasferita qui. Facevi quella docile, recitavi il ruolo della donna paziente. D’altronde ti è sempre piaciuto apparire come la moglie tradita, come l’unica che soffre in silenzio... Ma io lo vedevo il fastidio che avevi. Un fastidio che ti rendeva folle. Traspariva dai tuoi sorrisi falsi, da quell’espressione da santa, con la testa reclinata da una parte, come una povera martire… Cercavi di far venire sensi di colpa a tutti. Ma io lo sentivo l’odio che ti rodeva e che tu reprimevi a stento… e poi quell’attaccamento morboso a questa casa… mi irritava da morire. Cosa avrà mai di tanto speciale questo appartamento?! Ma sì, l’hai arredato tu… l’hai abitato per un po’… e allora?! L’ho sempre trovata una mania esagerata. E a Giacomo poi, avrei spaccato la testa! Io ero qui ad aiutarlo e lui continuava a fare paragoni con te! (Facendo il verso): «Ma com’è possibile che non riesci neanche a fare due patate lesse!... L’insalata di pollo non si fa così!… C’è la polvere su questo davanzale! Vuoi che le bambine vivano in un ambiente pieno di polvere?» (Poi gridando) Ma io non sono te! Io so fare altre cose, accidenti! Ho milioni di altre capacità e passioni diverse dalle tue! Cos’è, non sono abbastanza donna solo perché non faccio torte e ciambelloni, e non riempio di pizzi e centrini ogni angolo della casa?! Sono arrivata ad odiarti con tutte le mie forze. Avrei voluto buttare tutte le tue cose in una discarica. Tutte queste cagatine… soprammobilini, animaletti in vetro di murano… le teiere coi fiorellini… Via! Tutto al macero! E lo vedevo che quando venivi a trovare le bambine ti guardavi attorno. Ti mancava la tua roba, eh? Non ti sei mai data pace. Hai sempre pensato che io fossi solo un’intrusa, una che usava la tua roba. Le tue cose preziose. Ma non era così. Io ero qui per Giacomo… e sì, anche per le bambine!... Non sarò la loro madre ma io le amo davvero. Come se fossero mie. E io ero qui per loro, non per tutte le tue porcherie. Te la ricordi la pianta di limoni? Eh? Quella che faceva quei bei limoni grossi, succosi, profumati? Mi sono sempre chiesta cosa le dessi per averla così. Beh, questa te la devo proprio raccontare: un giorno, mi avevi veramente esasperato con uno dei tuoi soliti piagnistei. Come al solito, con le tue manfrine eri riuscita a farmi litigare di nuovo con Giacomo… Ecco, quel giorno, non so cosa mi è preso. Mi è scattato qualcosa. Ho deciso che non potevi averla vinta sempre tu. Per farti dispetto ho preso un’intera pentola di acqua, l’ho fatta bollire, poi sono andata sul terrazzo, dalla tua adorata pianta di limoni, e le ho versato l’acqua bollente sulle radici, sul terriccio fumante... Lentamente, con gusto. Avrei voluto sentirla urlare, gridare di dolore… solo per il fatto che era tua. Ma le piante non gridano, vero Cristina? Come le brave mogli tradite e abbandonate… soffrono in silenzio, non ti danno soddisfazione… eh sì, sono stata io, guarda un po’. E non so come, sai? Perché io non ero così… mi ci hai fatto diventare tu. Comunque… immaginavo che ci saresti rimasta male. Pregustavo la tua rabbia, la tua frustrazione… mi aspettavo che mi avresti fatto una piazzata come si deve, e invece niente! Quando ti ho detto che la pianta era improvvisamente appassita hai scrollato le spalle un po’ delusa. Hai detto solo: «Che peccato…» Tutto qui. Solo: «Che peccato…» E’ stata una tale delusione… una delusione che non ti immagini. Ma lì ho capito! Quella volta ho capito che non ti dava fastidio che le tue cose si rovinassero o si rompessero… ti dava fastidio vederle lì al loro posto e non poterle usare. Ti irritava vedere la tua casa, arredata da te, come quando ci vivevi tu con dentro tuo marito, le tue figlie …e una donna che non eri tu. La tua casa delle bambole in mano ad un’altra… ho capito che ti avrei dato molto più fastidio conservando tutto come lo avevi lasciato tu. Esattamente come lo avevi lasciato tu! Da quel momento non ho più permesso a nessuno di spostare una sola virgola. Neanche di un millimetro. (Ride) Pensa che una  volta Alessia ha rovinato il rivestimento del divano… con il pennarello indelebile! Era irrecuperabile, un disastro… non puoi nemmeno immaginare che fatica abbia fatto a trovarne uno uguale! Ho girato tutti i tappezzieri della città e poi l’ho fatto rifare apposta! Identico! (Seria) Però vedi che ne è valsa la pena?

Cristina - (Confusa) Queste cose sono mie?

Nora - (Teneramente, parlandole come si parla ad un bambino) Certo, Cristina. Qui c’è tutto di tuo. E’ tutto tuo! E appena ti rinchiuderanno da qualche parte o ti renderanno innocua imbottendoti di farmaci, mi sbarazzerò di tutto quanto. Via! Via tutto. Casa nuova, vita nuova. Te le puoi pure portare in manicomio tutte queste stronzatine, non mi serviranno più.

Cristina - (Vaga per la stanza, confusa. Sembra non aver capito nemmeno una parola.) Sono a casa mia?

Nora - Certo, cara. Questa è casa tua.

Cristina - Davvero?

Nora - Sicuro! Sei tu la padrona, qui. Anzi, non vorrai essere scortese! Offrimi qualcosa, no?

Cristina - Certo… io… cosa posso darti?

Nora - Non so… tu che mi proponi?

Cristina - …Un the?

Nora - Magnifico. Adoro il the. (Sarcastica) Mi fa sentire in pace col mondo… (Cristina va avanti e indietro per preparare il the ed allestire la tavola. Tutto come fosse un automa. Intanto Nora la guarda e le parla) …Mi piace l’ora del the. Sorseggiare un bel the caldo… qualche biscottino… fare un po’ di conversazione con un’amica… a proposito di confidenze, vuoi sentire una novità? Mi sposo! Eh sì, cara mia. A settembre finalmente diventa effettivo il divorzio tra te e Giacomo, e a fine ottobre mi sposo! Sei contenta per me?

Cristina - (Persa) Tanto, cara… Va bene il the inglese?

Nora - Perfetto, perfetto… Pensa, non te l’abbiamo detto per non farti agitare. Ma è quasi tutto pronto, sai? La sala prenotata, l’auto, il vestito, i fiori… sarà tutto magnifico. Ah, ma la cosa più bella è che adesso il mio uomo vedrà la sua ex con un occhio diverso, ed io avrò finalmente un altro ruolo nella sua vita, più completo. Grazie, Cristina: oggi mi hai fatto veramente il più bel regalo di nozze che potessi mai desiderare. E anche con le bambine… potrò prendere decisioni anch’io sulla loro educazione, i loro divertimenti, le loro cure mediche… (Con aria di rimprovero) Ti pare giusto non poter nemmeno prendermi l’iniziativa di portare una bambina dal dermatologo se le vedo addosso delle bolle strane?!... (Vittoriosa) Ti ho dato l’ultimo colpetto, eh Cristina? Altro che la sceneggiata dell’altra volta, con la storia della depressione… c’hai giocato parecchio per far sentire in colpa Giacomo, vero?… Ah, ma adesso è tutto vero… tutto autentico. E non ci darai più fastidio. Lui si accorgerà che sei matta come un cavallo, e così le bambine le potrò tenere io, e tutto avrà più senso. Non dovranno essere più sballottate da una casa all’altra, da un genitore all’altro, povere creature. Che tu ci creda o no, io voglio bene ad Alessia e Giulia. Voglio essere per loro una figura importante. Ed ora, senza te fra i piedi, è tutto possibile. Come sono felice… (Cercando complicità)

Già che ci sono ti voglio raccontare una storia davvero interessante…

Tu eri nel cucinotto. Preparavi il the. Prima, un paio di ore fa, non di più. (Ride) Alessia e Giulia mi hanno chiesto il permesso di andare da questa benedetta Silvia che abita al terzo piano. Forse la conosci: sai la figlia dell’avvocato Darzani… loro la trovano molto interessante: beh, capirai, ha dieci anni e la Play Station… Mi sembrava tutto normale, ho detto di sì. Lì per lì non ho pensato… non ho calcolato… è stato dopo… Accidenti, era assurdo, ma ho capito che non avevi idea di dove fossero Alessia e Giulia… Eri talmente alterata… potevo farti credere che fosse accaduto loro qualsiasi cosa… che fossero scomparse… persino che fossero state rapite dagli alieni! Quando prima sei andata a vederle, in camera loro, pensavo che non trovandole saresti tornata in lacrime, ti saresti disperata… pensavo mi avresti minacciato, forse anche picchiato. Per un attimo ho avuto paura. Ma tu… tu ragazza mia, sei andata oltre! Oltre qualsiasi più rosea aspettativa: hai visto delle bambine che non c’erano! (Ride) Ci hai parlato, e loro non erano lì. Ti rendi conto di quanto sei fuori di testa? Parlavi ad una stanza vuota… Ragazzi, hai veramente toccato il fondo. (Cristina vede Nora ridere e ride anche lei di riflesso, senza aver capito nulla). Sei veramente fusa (Cristina, vedendo ridere l’altra, continua a ridere, aumentando l’ilarità anche di Nora. La scena risulta paradossale, addirittura comica). Dio, che giornata è per me!… (Asciugandosi gli occhi e terminando la risata) Sono così felice! Da oggi non mi starai più tra i piedi. Oggi comincia per me una nuova vita. Cambierà tutto: con Giacomo, con le bambine... Perfino con questa casa. Ho già pensato anche a come cambiare l’arredamento, sai? Senti: qui un divanetto moderno, di quelli squadrati… là una poltroncina… qui un tavolino basso, e un bel tappeto chiaro proprio in centro alla stanza. Ne ho già visto uno che mi piace tantissimo, in una vetrina del centro. Un televisore al plasma appeso alla parete… e tutte le tappezzerie leggere… ti piace il giallo? Le tende le vorrei di un bel giallo chiaro, quasi trasparente, che dia luce alla stanza… bello, eh?

Cristina - Bello… sì, bello…

Nora - E io vivrò finalmente serena con il mio uomo… non sarai più un’ombra inquietante sulle nostre vite… (Si sente il rumore di un’auto) Senti! E’ tornato Giacomo!

Cristina - Oh mio Dio! Ma non ho ancora finito, qui!

Nora - (E’ eccitata. Sollecita Cristina a sbrigarsi) Ma non fa niente, tesoro! Non preoccuparti, però sbrigati, che sta arrivando! Non vorrai fargli trovare il tavolo in questo stato! (Cristina si sbriga a preparare, andando avanti e indietro dal cucinotto). E adesso tocca a me. Accidenti, dov’è lo strofinaccio? (Nora cerca e prende il canovaccio sporco di sangue. Verifica che la ferita non sanguina più, così con lo strofinaccio la sfrega per riaprirla e farla sanguinare di nuovo. Si imbratta di sangue i vestiti. Poi prende la manica e se la strappa. Prende un divanetto/mobile e lo spinge contro la porta di ingresso, per bloccarla. Si sente la chiave nella toppa e poi Giacomo che tenta di aprire e forzare la porta).

Giacomo - (Voce maschile, da fuori quinta) Nora! Nora! (Batte sulla porta, concitato).

Nora - (Gridando disperata) Mio Dio! Giacomo, ti prego, chiama qualcuno.

Giacomo - Si può sapere cos’è successo? Ti ho chiamato finora… perché non rispondevi?!...

Nora - Oddio, Giacomo aiutami… Cristina è impazzita, crede di essere a casa sua. Apre i mobili… Ho paura… mi ha obbligato ad assecondarla… poi… poi è diventata violenta… Sanguino… Aiutami, Giacomo, ho tanta paura…

Giacomo - Stai calma… ho chiamato poco fa il 118, arriverà presto una volante. Resta calma, Nora… Perché non riesco ad aprire?!

Nora - Cristina ha bloccato la porta! Ti prego, tirami fuori di qui!

Giacomo - Dove sono le bambine?Nora! Che sta succedendo? Mio dio… Nora! Dov’è Cristina ora? Dove sono le bambine? Nora… Nora, rispondi. Nora! (Giacomo chiama e picchia alla porta cercando inutilmente di forzarla. Nora non risponde più. Accarezza la porta, con amore.).

Cristina - (Nel frattempo Cristina ha imbandito la tavola e preparato il the come se nulla fosse) Il the è pronto, cara. (Si sentono delle sirene in lontananza. Giacomo picchia alla porta e chiama)

Nora - (A Cristina, piano) Le senti le sirene? Le senti?... Vengono per noi. (In mezzo a tutto il baccano, le due donne si siedono, prendono la tazza e sorseggiano il the. Nora sospira placidamente) …Ora mi sento davvero in pace con il mondo!

FINE