Achille Campanile
L’ORRENDA PAROLA
Personaggi
SILVIA
SUOCERA
MADRE
ZIA
ODOARDO
ETTORE
SORELLA
NONNO
ARENA
GOFFREDO
RAGAZZI
Salotto in casa di Odoardo. La madre tiene abbracciata Silvia che singhiozza. Entra la suocera Lina proveniente dall’esterno, in abito da visita.
SUOCERA (sorpresa alla vista di Silvia) Ma perché piange?
MADRE Odoardo...
SUOCERA Che ha fatto?
MADRE Padre esemplare!
SUOCERA (atterrita) E’ morto?!
MADRE No. Ma ha il vizio di dire un’orrenda parola.
SUOCERA Lo so. L’ho sentito tante volte. Ma non mi pare una cosa da piangerne.
MADRE Oggi vengono per la prima volta da noi il fidanzato di Silvia e suo padre. Non devono sentire la parola.
SUOCERA Naturalmente. Odoardo non deve dirla.
MADRE E invece la dice a ogni piè sospinto. Non vi annette alcun significato. E’ un intercalare; è un’esclamazione, un rafforzativo.
SUOCERA Lo so. Dice: “quel Ca… del Cav. Tizio”, “che Ca… dici? ? ? ?”ecc. Bé, digli di non dirlo; almeno per oggi. Parlagli.
MADRE Gli ho parlato.
SUOCERA E il risultato?
MADRE Un formidabilissimo “Ca…”, che gli è scappato alle mie prime parole. Non se ne accorge. Confuso e commosso, va balbettando: “E che Ca... ! Manco fossi un imbecille” e frasi del genere in cui, per quanto faccia attenzione e si sforzi, e forse proprio per questo, l’orrenda parola finisce sempre per venir fuori, sia pure mugolata; sicché lui, accorgendosi di averla detta, la ripete con stizza a gran voce, in segno di protesta contro se stesso.
ZIA E’ molto antipatico sapere che la fanciulla amata vive in un’atmosfera poco fine.
SUOCERA Ha ragione.
ZIA Mia nipote Silvia che l’innamorato considera un essere angelico, questo giglio, questa crea tura di sogno, non si può farla immaginare dai l’innamorato nata e cresciuta in un’atmosfera irta di quell’odiosa esclamazione.
MADRE (vedendo apparire Odoardo sulla porta, che si sta vestendo per la visita; alla suocera:) Ecco lo lì, come un colpevole, con le lagrime agli occhi, pentito e addolorato, che si morde le labbra perché sta per uscirgli l’odiosa parola.
ODOARDO (drammaticamente:) Prometto!
MADRE Sì! Ci vuole altro!
SUOCERA Bisogna studiare qualcosa di più efficace.
MADRE Che resti zitto per tutta la durata della visita, non è possibile né desiderabile. E non sarebbe nemmeno umano.
ETTORE (figlio maggiore, entrando:) Propongo di sostituire la parola con altra, magari inventata, che non abbia nessun significato, visto che il significato non c’entra per niente. Proviamo con lara, lero, tosi, o altri neologismi.
ODOARDO Ma che ca... (si tappa la bocca)
ETTORE Prova con lara.
ODOARDO (sfiduciato) Ma che lara... dei miei...
MADRE Non è un’efficacie surrogato. E’ come dare uno stuzzicadenti a un fumatore accanito per sostituire le sigarette, che ha a portata di mano.
ZIA E poi gli imporrebbe un troppo grande sforzo mnemonico e d’attenzione.
SUOCERA Ma scusate, fate una cosa semplicissima: un qualsiasi mezzo per ricordargli nei momenti pericolosi di non usare l’esecrata parola
SORELLA Anche questo non è facile, perché la parola viene fuori a tradimento, senza apparente giustificazione, e quindi è impossibile avvertirne l’approssimarsi per correre ai ripari.
ETTORE Però, siccome gli esce di bocca soprattutto quando s’infervora, adottiamo un mezzo meccanico. Per esempio, un campanello. (Tira fuori un campanello a Odoardo:) Parla, dì qualche cosa.
ODOARDO Ma che ca...? (Campanello; a Ettore seccato:) Perché scampanelli?
ETTORE Credevo che stessi per dire la parola.
ZIA E poi il campanello darebbe alla riunione un carattere di assemblea parlamentare odioso quanto enigmatico.
SUOCERA Normali mezzi di prevenzione e repressione: tirarlo per la giacca, dargli di gomito, o un piccolo calcio sotto la tavola quando si stesse infervorando.
MADRE E’ un’incognita. La parola esce fulminea e quindi il calcio la gomitata o altro arriverebbe dopo o, nella migliore ipotesi, insieme con l’esclamazione da reprimere, aggravando la situazione.
SUOCERA Occorre un sistema perché si ricordi in ogni momento che non deve usare la parola.
ETTORE Una statuina simbolica!
MADRE E già, pornografica!
SUOCERA Ma no, un metronomo che col suo tic tac ripeta incessantemente: “Bada, bada, bada...”
MADRE Anche questo è inefficace, anzi pericoloso. Di fronte a uno strumento del genere o a una lampadina colorata, un ventilatore in moto, a un turibolo fumante, Odoardo esploderebbe nella paventata esclamazione nei riguardi del congegnino.
SUOCERA Fazzoletti! Ognuno tirerà fuori il fazzoletto e l’agiterà verso Odoardo.
LA ZIA Non sembrerà una partenza?
SUOCERA Ma no, per rammentargii che sta a cuore a tutti.
MADRE Proviamo. (Ai tre ragazzi che sono entrati:) Anche voi. (Tutti agitano il fazzoletto verso Odoardo e fingono di doversi soffiare il naso).
SUOCERA Non tutti assieme. (Al nonno sopraggiunto) Comincia tu.
NONNO (Si soffia il naso con un fragore di trombone).
SUOCERA Eh, che bisogno c’è di questa cannonata?
MADRE (ai ragazzi:) E voi, ricordatevi: ai minimo accenno della parola, fate il maggior chiasso possibile. Proviamo: che ca...
RAGAZZI (i ragazzi scoppiano in applausi) Brava! Bis!
MADRE Senza quel brava bis. Chiasso soltanto. Di nuovo.
LA ZIA (che era uscita; rientrando) Stanno arrivando! (Movimento generale).
(Timido campanello alla porta.)
RAGAZZINO Vado ad aprire.
Tutti prendono posto, Entrano i visitatori Goffredo e suo padre Arena. Gelo. Timidezza generale. Cenni di saluto. SiLvia tira fuori due fazzoletti.
GOFFREDO (timidissimo, piano, con premura:) Sei raffreddata?
SILVIA Un po’.
ODOARDO Ma che... (Fazzoletti fuori. Odoardo un po’ infastidito rassicura i familiari con un’occhiata e completa la frase) Ma che diancine. (Il "diancine” suona stonato, sembra quei caporali di fureria che nelle vecchie barzellette si stizzivano contro la recluta testona). Che diancine di caldo! (Calca sul diancine).
ARENA Uff! Non si resiste!
MADRE Davvero! Ieri faceva meno caldo! Sì. Ieri faceva meno caldo. Stanotte non potevo dormire. (Preceduta da uno scambio di occhiate e occhiatacce attraverso la porta e da qualche mossa controtempo della Fantesca, arrivano i gelati e le bevande ghiacce, che scaldano un po’ l’ambiente.)
Ticchettio di cucchiarini. Nel silenzio:
ARENA Sì, fortunatamente il mio ragazzo non è come i giovani di oggi che sono degli sfaticati che in tutto il santo giorno non fanno un cazzo, scusate il termine.
Tutti restano come pietrificati. Silvia, lietamente sorpresa a bocca aperta; la Fantesca scadalizzata con un piatto in mano e un piede alzato. La madre col capo quasi immerso in un vassoio di crema. I ragazzi incerti se anche in questo caso, non preveduto, debbano innalzare i clamori di mascheramento. Uno o due abbozzano un incerto battimano, subito represso dalla madre. Odoardo, a occhi sgranati, sembra la statua dei Trionfo dell’innocenza.
Un tonfo. Goffredo è caduto sul pavimento.
ARENA L'emozione dei fidanzato.
MADRE E’ il caldo.
GOFFREDO Questo cazzo di caldo!
RAGAZZI (applausi)
MADRE (ai ragazzi:) non serve.
SILVIA (piano, a parte, a Goffredo, teneramente) Anche papà...
GOFFREDO Perché non me l’avevi detto? (la guarda con amore e riconoscenza e una punta di affettuoso rimprovero). Se sapessi quanto ho sofferto in questi giorni!
SILVIA E io! Pensavo che tuo padre, e invece…
GOFFREDO Ma che! E’ una disperazione!
ARENA (alludendo ai due fidanzati:) Tubano, i due colombi.
Ora, nel salotto, come per l’arrivo di una buona notizia, tutti sembrano sollevati. La madre raggiante, cicala perdutamente. I ragazzi sono in uno stato di euforia rumorosa. Odoardo sembra ringiovanito e conversa con Arena quasi abbracciandolo, e questi approva calorosamente, mentre i due sorbiscono gelati. Nel frastuono festoso, nel lieto cicaleccio generale s’afferrano ogni tanto, appena accennate, le parole: “…azzo…, azzo..., azzo..., che cazzo... Ma che cazzo... mi è stato risposto?” e poi, quasi in un fruscio, bisbigliati, sussurrati.
(Sipario)