L’ospite di riguardo

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L’ospite di riguardo

L’OSPITE DI RIGUARDO

Commedia brillante in un atto

La vicenda si svolge nella metà degli anni sessanta. Siamo nel soggiorno della casa del signor Pietro Stelloni. Uomo benestante, piccolo proprietario terriero, proveniente da famiglia agiata, arricchitosi ancora di più negli anni con il commercio di prodotti agricoli. E’ nell’attesa di un ospite. Quando si apre il sipario, nella scena ci sono i domestici, Olimpia e Adelmo.

Personaggi

Olimpia: Domestica

Adelmo: Domestico

Tonino: Facchino

Giulietto: Facchino

Silvestro Filandri: Funzionario del Ministero dell’Agricoltura

Addolorata: Sorella di Pietro Stelloni

Carletto: Figlio di Pietro Stelloni

Pietro Stelloni: Padrone di casa

Mario: Imbianchino

Cesare: Imbianchino

Filippo Franzoni: Funzionario dell’ufficio imposte

Flavia: Moglie di Pietro Stelloni

Olimpia: (canta mentre spolvera e riassetta la stanza) Fatti mandare dalla mamma, a prendere il latte, devo dirti, qualche cosa, che riguarda noi due ……………….

Adelmo: (è seduto e sta ultimando un cruciverba) E’ Olimpia, aiutimi a finì’ ste parole‘ ncrociate, per piacere. Se no mi sa che io mica gliela fò………..

Olimpia: Te devi piglià’ a fa’ quello che ti riesce e basta. Se no doppo sei sempre a noià’ l’uno e l’altro. E più che l’altri, l’Olimpia, che poi sarei io.

Adelmo: Dai, su, Olimpia,‘un la fa’ tanto brodosa……………….. vediamo se sai questa: 14 verticale: sale di notte.

Olimpia: Ma quanto sarai coglione! Ci vorrà d’avè’ fatto l’università per sapello………

Adelmo: O allora dimmela, noo.

Olimpia: Ma è la cipolla, bischero. O che sarà secondo te.

Adelmo: (prova le lettere sulle caselle sillabando) Ci, po, lla……… No, ‘un po’ èsse’ cipolla ‘un c’entra.

Olimpia: Allora, prova ‘n po’ se ci sta, (sillabando) a,glio.

Adelmo: A, glio. No, ‘un ci sta nemmeno aglio.

Olimpia: O Adelmo! Falla meno lunga, è, o è l’aglio o la cipolla, ‘un si fugge. Se ‘un le digerisci bene, la notte salgono tutt’e due.

Adelmo: Ma ‘n do’ salgono?

Olimpia: (indicando il percorso) Da lo stomaco risalgono a la gola.

Adelmo: Boh! Sarà anche come dici te, ma se ‘un c’entrono, ‘un c’entrono. E’ inutile che ‘nsisti……….. So’ quattro lettere sole.

Olimpia: (si ferma pensando)Vediamo un po’ che potrebbe ‘èsse………………… prova cotiche e salcicce ……………. che anche queste ‘un si digeriscono bene per niente.

Adelmo: A, ma allora ‘nsisti…………… t’ho detto che so’ quattro lettere sole.

Olimpia: (pensosa) Allora ………….. allora, che potrebbe èsse’………….. è la luna. Scrive tranquillo, che è senz’altro la luna.

Adelmo: E perché. un potrebbe èsse, acqua?

Olimpia: No, perché acqua so’ cinque lettere.

Adelmo: Saranno anche cinque lettere, ma a la mi’ sorella, quella che sta al terzo piano, l’acqua gli sale di notte e basta.

Olimpia: E allora fa’ come ti pare, se ti riesce di zeppaccela, mettici acqua.

Adelmo: Ovvia, su, ti voglio fa’ contenta, ci metterò, luna. (scrive) …………21 verticale: si consuma illuminando.

Olimpia: Ma stammi a sentì, Adelmo, ma le fai da te o te le fo io, ‘ste parole ‘ncrociate?

Adelmo: Ma certo che le fò da me. O madonnina ora quanto la fai cascà’ dall’alto per avetti chiesto ‘na cosa.

Olimpia: E allora che è, sentiamo, che si consuma illuminando.

Adelmo: Ma che m’hai preso pe’ ‘n coglione? Che vòi che sia: la corrente, noo.

Olimpia: E ‘nvece no. Guarda quante lettere so’.

Adelmo: (conta) Una, due, tre, quattro, cinque, sei, sette.

Olimpia: E corrente ‘un ci po’ entrà’, perché so’ otto lettere.

Adelmo: Stammi a sentì’, Olimpia: qui la corrente ‘un c’entrerà, ma ogni du’ mesi, a me m’arrivono certe bollette de la luce, che te n’hai manco l’idea. Dunque ‘l consumo c’è, o no, secondo te.

Olimpia: Scrivici, candela, camina, se vòi fini ‘sto cruciverba. Se no te, manco l’anno del mai ci arrivi ‘n fondo.

Adelmo: Sie, e mi sembri candele, ma fammi ‘l piacere, ora, secondo te, chi l’adopra più le candele per fa’ luce?

Olimpia: (seccata) Oddio, Adelmo, quanto sei peso stamani………… Fa’ come ti pare, a me ‘un me ne frega niente. (Si sente suonare un campanello)

Adelmo: Dev’esse’ arrivato quel signore di Roma. ‘L sor Pietro me l’avrà detto venti volte da stamattina. “Adelmo stà’ attento a quando sònono a la porta. Mi raccomando ‘un lo fa aspettà’. Aprigli subito. Quello è un ospite di riguardo”. Ma chi sarà mai ‘st’ospite? (suonano ancora) S’arriva!……….. Oh, ma manco ci avesse la canizza dietro.

Olimpia: Adelmo, vacci te a aprì’, fammi ‘l piacere, che se no io stamani qui ‘un finisco più. (suonano ancora)

Adelmo: (mentre va ad aprire) Arrivoooooooooo! Ma questo ‘un ci ha i cani dietro, ci ha ‘l lupomarano. Per avé tutta ‘sta fretta. (da fuori scena) Mira chi c’è…………. Olimpiaaaaa ……….. rimett’e polliiiiiiiiii, ci so’ ‘l gatto e la volpe.  (rientra Adelmo seguito da Giulietto e Tonino. Stanno portando un vecchio mobile sgangherato)

Olimpia: Mi! Ecco que’ du’ dannosi. (con enfasi) La premiata ditta di autotrasporti, Sciupamerigge e Fregagiornate. (Adelmo torna a fare i cruciverba)

Tonino: Piglia, piglia ‘n giro. Sa’ quanti ce la vorrebbero avè’ un’aziendina come la nostra.

Olimpia: Per rende’ vi renderà senz’altro, ma se guadagnate dieci lire voi le bevete subito venti. E qualche volta anche prima di riscòtele.

Giulietto: Chiamici coglioni. Ma ‘un lo sai che oggi i soldi un valgono più niente.

Olimpia: Ah, ‘un avete paura che ‘n mano a voi ‘un fanno ‘n tempo a svalutassi. Almeno se ci compravi ‘na vigna qualcosa vi rimaneva ‘n mano, ma ‘nvestiti nel vino vi fioriscono le sbornie e basta.

Giulietto: (trafelati a Olimpia) Ci s’ha da consegnà’ ‘sto canchero al sor Pietro.

Olimpia: E che sarebbe? Un ospizio pe’ topi e pe’ bucaioni.

Tonino: (Olimpia gli gira intorno guardandolo) S’è caricato stamani a Roma, da uno che vende tutte ‘ste schifènze.

Olimpia: E che ‘n sapeva dove buttallo, vero?

Giulietto: Tu vedesse quanti ce n’ha di ‘ste cave di tarli………un cappanno pieno, zeppo, zeppo.

Olimpia: E perché l’avreste portato qui? Che c’è lo scarico ‘ne ‘sta casa?

Tonino: O che discorsi fai! S’è portato qui perché ce l’ha detto ‘l sor Pietro.

Giulietto: Aveva comprato sto coso, e dato che aveva saputo che noi s’andava‘a Roma, ci ha detto se gli si riportava.

Olimpia: E che ci farebbe co’ ‘sto trofeo? L’impacchi caldi?

Tonino: O che ne so io che ci fa……….ci farà la cuccia pel cane.

Giulietto: O la gabbia pe’ coniglioli……….. e sa che ‘n ci starebbero bene.

Olimpia: E ora dove avreste ‘ntenzione di mettelo? Mica qui, è? Manco per idea!

Tonino: Diccelo te allora che famo prima, noo?

Olimpia: (indicando per terra) Giù, nel granaio, o nel garage. (tassativa) Qui, no.

Giulietto: Sie, prima s’è salito su, ora lo riportamo giù. Ma che famo le gioche, come dicono a Monteleone.

Olimpia: A me come dicono a Monteleone ‘un me ne frega niente. ‘Sta concimaia, voi qui ‘un ce la lasciate. (incitandoli a ricaricare il mobile) Su, su, forza, nel garage. Andare…….

(ricaricano il mobile) (Adelmo sta provando a voce alta alcune parole da inserire nel cruciverba)

Adelmo: Secondo me dev’essero stupidi………………. Ora ci provo. (sillabando a voce alta) Stu, pi, di

Giulietto: (a Tonino) O te! Ma ha detto a noi?

Tonino: Perché noi siamo stupidi secondo te?

Giulietto: No!………….. O almeno ‘un mi sembra.

Tonino: Allora se ‘un ha detto a noi, camina e guarda ‘n do’ metti i piedi, se no baltamo noi e ‘l mobile.

Adelmo: Se ‘un so’ stupidi, però, ci sta che sò cretini. Anzi, credo che siano cretini senz’altro. (sillabando) Cre, ti, ni……. (contento) Ci sta, ci sta.

Giulietto: (con voce concitata a Tonino) Posa ‘sto coso, veloce, giù, mettelo ‘n terra. Che ora scozzamo le carte. (posano il mobile. Giulietto va da Adelmo. Tonino lo segue a ruota)

Adelmo: (che è di spalle) Si, si, so’ cretini, via. Imbecilli sarebbe troppo grossa. (Giulietto gli batte nella spalla)

Giulietto: (minaccioso, mani ai fianchi) Stammi a sentì’, scienziato, ma mica tante le volte ti sarà venuto a noia a campà’?

Adelmo: (meravigliato) Ma che dici a me?

Tonino: (minaccioso, mani ai fianchi) Si! Dimo proprio a te, dimo.

Giulietto: (che prepara un pugno davanti agli occhi di Adelmo) Ridillo ora quello che ha’ detto prima, che famo subito la prova per vedé’ se sei coraggioso o fai finta.

Adelmo: Ma chi v’ha detto niente! O che sete, briachi?

Tonino: Ah, ora neghi? Farabutto, delinquente che ‘n sei altro.

Giulietto: Dunque scoltimi bene, maggiordomo, costì. Pe’ sta volta la passi liscia. T’è andata a pipa di chioccia perché c’è presente l’Olimpia……… Che è una signora.

Olimpia: (mentre parla fa un sorriso e un inchino) Che galantòmo!

Giulietto: (a Olimpia) E te perché avresti fatto‘sto verso?

Olimpia: Perché a me ‘un mi ci chiamono mai signora, e ti volevo ringrazià’.

Tonino: (a Giulietto) Seguita, forza, che ci s’ha da fa’, mica ci s’ha da perde tempo con lui.

Giulietto: E siccome ‘ste cose davanti a una signora, noi ‘un si fanno.

Tonino: Mai fatte. Davanti all’omini si, ma davanti a le signore, mai.

Giulietto: Dunque ‘un ci riprovà’ più perché quest’altra volta ti scòstolo.

Tonino: Oppure io co’ ‘n pappone ti butto giù tutt’ i denti…… Se ‘un gliela fatta lui a stenditi prima.

Olimpia: (ridendo) Ma mica l’aveva con voi, porino.

Tonino: Te sta zitta e ‘un lo riparà. (facendo cenno) Sta’ ‘ndietro e fatti le tue.

Olimpia: Ma ‘un diceva a voi, vi dico, faceva le parole ‘ncrociate.

Giulietto: I bracci e le gambe gli ‘ncrocio, se s’azzarda a riaprì’ bocca.

Tonino: (a Adelmo mentre se ne va con Giulietto) E mosca, è. Perché se t’azzardi a rifiatà’……...Te fò subito quello che t’ha detto lui prima. Capito? (caricano il mobile e fanno per uscire)

Giulietto: (a Tonino) Piglielo bene e facci forza, è, su………… (Tonino strenfia) E senza strenfià’ tanto. T’avesse a parti qualche razzo. Te piegato se’ pericoloso.

Adelmo: Sudici e disordinati.

Tonino: Riposa subito ‘sto coso, che ‘sta volta gli toccono. Ah, stavolta ‘un gliele salva manco ‘l papa..

Olimpia: (li ferma) Bòni, state bòni,. V’ho detto che fa le parole ‘ncrociate. ‘Un dice a voi.

Giulietto: (da lontano) E’ crucculo, ma voi che ti faccia la masa.

Olimpia: (alterata) Forza, caricate ‘sto fradiciume e sparite. Via, che ci ho da fa’, su.

Tonino: Te, da la fortuna che ci hai, ti figliono anche verri, vedi.

Giulietto: Manco zucchini ce l’hanno la tu’ fortuna, che nascono col fiore ‘n culo……………………….Ringrazia Dio che c’è l’Olimpia qui…………………

Olimpia: (cantilenante) Che è una signora, eccetera, eccetera…………… (urlando) Ho detto fòriiiiiiiii. Sparite! (riprendono il mobile ed escono)

Adelmo: (esterrefatto) Io boh! Un lavoro come quest’anno ‘un s’era mai visto.

Olimpia: Adelmo, te devi smette di fa ‘ste cosi, costì, tanto ‘un ti riescono e va a finì’ che prima o poi ti metti ne’ casini. Codeste ‘un so’ cose da te.

Adelmo: Dimmi questa, dai, e poi smetto subito, che tanto ci ho d’andà’ a potà’ la siepe ‘n giardino……………… La si fa sotto sforzo.

Olimpia: Che sarà, sentiamo?………. (Adelmo fa spallucce) La fatica, noo?

Adelmo: Olimpina, forse ha’ ragione te, la mi’ cittina, ma a me m’è, lì per lì, venuto di pensà’ subito a uno stitico, pensa ‘n po’te. (suonano alla porta)

Olimpia: Risònono ‘n’altra volta. Adelmo vacci te, fammi ‘l piacere, che bisogna che vada subito a fa’ le camere.

Adelmo: Adelmo ci ho da fa qui, Adelmo ci ho da fa là. Ma tocca sempre a me.

Olimpia: Su, su, fa’ ‘l bravo. Se no ‘un te le dico più le risposte de le parole ‘ncrociate, è. (esce dalla scena) (risuonano)

Adelmo: (mentre va ad aprire) Ma tutti fretta hanno stamani, O ‘n do’ ci avranno d’andà,’ a salvà’ ‘l mondo? Ancora ‘un l’hanno mica capito che ‘un è ‘l nostro. (facendo spallucce) Boh!

Filandri: (da fuori scena) Sono il signor Silvestro Filandri. Il signor Pietro è in casa?

Adelmo: (mentre rientra in scena seguito dall’ospite) Ma certo che è ‘n casa, entri, entri pure. Lei dev’èsse’ quel signore di Roma che stava aspettando, vero?

Filandri: Si. (gli da un biglietto da visita) Mi annunci subito per favore, ho una gran fretta e vorrei andarmene prima possibile. (Adelmo cerca una posizione al biglietto per metterlo meglio a fuoco, poi legge a voce alta)

Adelmo: Signor Silvestro Filandri, funzionario del Ministero dell’Agricoltura e Foreste- Roma.

Filandri: Che cosa c’è, non si fida? Eppure mi sono presentato appena entrato.

Adelmo: E’ sempre meglio controllà’, ‘un si sa mai, gira certa gente……. (posa il biglietto da visita sul Tavolo) E, mi scusi tanto, è ……… che cosa ha detto poco fa, che non ho capito?

Filandri: (scocciato) Ho detto: mi annunci subito per favore, ho una gran fretta e vorrei andarmene prima possibile.

Adelmo: Io credo che quello che ha appena detto ‘un gli rimarrà facile fallo!

Filandri: No? E perché ……………. se è lecito?

Adelmo: Perché ‘un è semplice come crede lei scappà’ dalla casa del signor Pietro una volta entrati.

Filandri: Peggio del famoso labirinto di Porsenna!

Adelmo: (dopo avergli fatto cenno di avvicinarsi gli dice in confidenza)  Lui, quando gli capita un ospite tra le mani, ‘un è contento finché ‘un lo vede soffocato dall’attenzioni e da le premure che gli rovescia addosso.

Filandri: Senta, si avvicini,……. confidenza per confidenza. Ne avevo sentito parlare di questa generosità asfissiante del signor Pietro e…….in tutta sincerità… non sarei voluto venire, ma ha tanto insistito, che alla fine ho dovuto cedere.

Adelmo: E’èèè, caro lei, ‘l signor Pietro, quando si mette ‘ntorno a qualcuno è peggio de le putt …………. (schiarendosi la voce) volevo dì’…..che è peggio di que’ le donnine che passeggiono pe’ le strade. Non so se mi spiego…………….

Filandri: Si, si, ha reso l’idea………..Comunque, le stavo dicendo, che ho provato in mille modi a dire di no. Però, caro mio, è stato inutile.

Adelmo: Mi dica una cosa, ha provato, per esempio……. non so ….. con la scusa degli affari?

Filandri: Provato! E la risposta è stata: “ma per un giorno…… via, su ….. non cascherà mica il mondo”.

Adelmo: (incalzandolo) E con la scusa che fa troppo caldo e si viaggia male?

Filandri: Tentata! Prenda un treno la mattina presto e viaggi per il fresco, mi è stato prontamente risposto.

Adelmo: Una cosa che funziona sempre è dì’ che aveva gia fissato una gita con degli amici.

Filandri: E’ stata la prima che ho detta! Porti anche loro, mi è stato risposto. O non lo sa che per compagnia prese moglie un frate?

Adelmo: Senta, ora provamo con quest’altra, è, e poi lo lascio perché ci ho da potà’ la siepe……………….. scommetto che questa ‘un gli è venuta ‘n mente.

Filandri: Dica, dica, la prego, potrebbe sempre venir bene per qualche altra volta.

Adelmo: Apra l’orecchi e stia bene attento: ………….. (scandendo le parole) un amico in agonia ha chiesto di vederla.

Filandri: Potrebbe anche andare, per una volta però…………. poi, l’amico, sicuramente morirà….

Adelmo: Ma che dice! Se poi, in seguito, glielo dovessero richiede’, lei ‘un fa’ altro che allungà’ l’agonia dell’amico……….. Ma lei ‘un lo sa che certa gente ci sta anche due o tre mesi in agonia?

Filandri: Però che grande sofferenza dovrebbe essere per chi rimane due o tre mesi in punto di morte.

Adelmo: E a lei che gliene frega, scusi! ‘Ntanto s’è salvato da una giornata noiosa…………

Filandri: Lei deve essere molto esperto in fatto di trovare scuse.

Adelmo: E scommetto che ‘un sa neanche che c’è un proverbio che dice: morte tua vita mea?

Filandri: Quello che ha appena citato è un vecchio detto dei latini……. lei conosce il latino?

Adelmo: E chi sarebbe latino? Un cristiano de le su’ parti? Perché qui da noi ‘un c’è nessuno che si chiama così.

Filandri: Ma no, cosa dice, il latino è una linguaggio……….morto…….. che ormai non è più tra noi. (come ricordando con piacere un amico) E pensare che ai tempi della scuola lo conoscevo molto bene.

Adelmo: Vede che avevo ragione io. Se gli fosse venuto ‘n mente il su’ compagno morto….. latino, lì, ……. o come si chiama…… e l’avesse adoprato come scusa, oggi ‘un sarebbe qui …….a rompisi i corbelli col sor Pietro………..

Filandri: Ma che cosa ha capito? Latino, non era un mio compagno di scuola.

Adelmo: Senta, chi era, era, a me ‘un m’interessa niente. ‘Ntanto, per oggi, lei si succhi ‘l sor Pietro con tutta la famiglia, così  ‘n’altra volta ‘mpara e ci sta più attento.

Filandri: (secco) Grazie del consiglio!

Adelmo: Ma le pare. Quando si pòle dà’ ‘na mano a qualcuno…… (indicando una poltrona) ‘Ntanto che avverto ‘l padrone che lei è arrivato, si metta a sedé’ qui. Vedrà che ‘l sor Pietro starà poco a venì’………….. Con permesso.(il domestico esce)

Filandri: Vada, vada pure giovanotto. E grazie ancora dei suoi consigli. (si siede) (dalla parte opposta da cui è uscito Adelmo, entra una signora tutta vestita di nero, dall’aspetto funereo, con un libro in mano e declama versi)

Addolorata: “ La morte è qui, e la morte è la; da per tutto la morte è all’opera”.

Filandri: (si alza in piedi) (accennando un inchino) Buongiorno signora. Sono il signor Filandri…………. amico del signor Pietro.

Addolorata: (si ferma senza distogliere lo sguardo dal libro) Come sta? (senza che gli risponda) Mi fa piacere che stia bene. E la sua signora? Ho piacere che stia bene anche lei. Me la saluti.

Filandri: Veramente io non sono sposato. Forse si sta sbagliando con un’altra persona.

Addolorata: La morte non sbaglia mai, solo i comuni mortali sbagliano sempre. Qualunque cosa facciano.

Filandri: Sono suoi i versi che stava declamando?

Addolorata: Si! Ma sono anche suoi, la morte è di tutti.

Filandri: Accidenti a me e a quando ho accettato l’invito. Ma perché non mi sono impegnato di più per trovare una scusa adatta per non venire.

Addolorata: “Intorno a noi, in noi, sopra di noi è la morte; e noi non siamo che morte”.

Filandri: Oggi siamo in giornata d’allegria, vero signora?

Addolorata:Come sta? (senza che gli risponda) Mi fa piacere che stia bene. E la sua signora? Ho piacere che stia bene anche lei. Me la saluti.

Filandri: Con chi ho il piacere di parlare?……… forse lei è la moglie del signor Pietro? (tende la mano per stringerla a lei) Io sono un amico che è venuto a trovarlo………

Addolorata: (lo interrompe e dice ancora la stesa frase. Filandri, ripete insieme a lei) Come sta?   Mi fa piacere che stia bene. E la sua signora? Ho piacere che stia bene anche lei. Me la saluti

Filandri: (quasi piagnucolante) Signora, per favore, mi ascolti, ma come glielo devo dire? Non so assolutamente come stia mia moglie, perché io non sono sposato.

Addolorata. (tetra) Male! Molto male, giovanotto. Non si fanno quelle cose che fa lei senza essere sposati. (urlando) E’ peccato mortale, lei andrà sicuramente all’inferno.

Filandri: Mi scusi tanto, è, ma lei come fa ad essere al corrente di quello che faccio io?

Addolorata: Lo so perfettamente! Io so tutto su quello che pensano e fanno gli uomini. Sono in contatto con l’aldilà.

Filandri: E’, già, ma io lo faccio di qua.

Addolorata: Non faccia dello spirito. Tanto anche lei è sulla lista.

Filandri: Non vorrei essere irriverente, ma quello che faccio io, credo che siano soltanto affari miei.

Addolorata: Non è affatto come dice lei. Tutti noi dobbiamo rendere conto delle nostre azioni alla morte.

Filandri: Scusi, sa, ma se lei sa tutto, dovrebbe anche sapere che non sono sposato. Perché allora insiste che io saluti mia moglie.

Addolorata: Perché lei è un ospite, e gli ospiti vanno trattati con gentilezza.

Filandri: Sarà anche come dice lei, non voglio metterlo in dubbio, ma io preferirei che la usasse in altre maniere la sua gentilezza.

Addolorata: (Addolorata esce dalla scena declamando) “La morte ha messo la sua impronta e il suo suggello su tutto ciò che noi siamo”. (prima di uscire si gira) Salvi la sua anima, la morte è sempre insieme a noi.

Filandri: (con un gesto di disapprovazione) Ma vada al……. Mmmmmm!…….Che giornatina splendida che sarà oggi se continua così! (passeggia per la stanza, canticchia e curiosa. Mentre prende in mano una statuetta si sente una gran pedata sulla porta ed entra un bambino che lo guarda con aria minacciosa. Ha in mano una banana che ogni tanto mordicchia)

Filandri: Bèh! Perché mi fissi così? C’è qualcosa che non va?

Carletto: Si!…….. volevo dì’ che ‘sta statuetta che ci hai in mano, ‘un è la tua! Posela subito o lo dico al mi’ babbo! (l’ospite posa l’oggetto)

Filandri: (scherzoso) Agli ordini signore…………… Come ti chiami bel bambino? Sei il figlio del signor Pietro, scommetto.

Carletto: Si! Ma a te che te ne ‘mporta? Fatti l’affari tua!

Filandri: (andandogli incontro con l’atto di fare una carezza) Ma guarda che bel bambino ha il signor Pietro.

Carletto: (indietreggia mentre sta per tirargli la banana) ‘Un t’azzardà’, è! Saresti un òmo finito!

Filandri: (imbarazzato) Io, volevo solo accarezzarti, e sapere come ti chiami.

Carletto: Tieni le mani a posto e fatti le tua. ………ora ‘un te lo ridico più……… Qui siamo ‘n casa mia e le domande le fò’ io, se ‘un ti dispiace.

Filandri: Allora avanti, fammi una domanda?

Carletto: Vorrei sapé’ che sei venuto a fa’ a casa nostra.

Filandri: Per fare contento tuo padre, che ha tanto insistito perché venissi a pranzo a casa vostra.

Carletto: Te ‘un gli devi da retta al mi’ babbo quando dice le cose; qui comanda la mi’ mamma, e lei ‘un’ è contenta per niente ‘nvece. Non voleva ne bene, ne male che tu venissi.

Filandri: Alla fine, però, la spuntata tuo padre. Perché come vedi, sono qua.

Carletto: Certo! La mi’ mamma l’ha fatto giusto perché ‘l mi’ babbo gli ha detto che te sei una persona ‘mportante e si potrebbe avé’ sempre bisogno di te.

Filandri: Adesso mi sto rendendo conto che quella di tuo padre è proprio un’amicizia disinteressata………………. Comunque, mi dispiace ugualmente di avervi creato fastidio.

Carletto: Ma di che ti dispiace! Se ti fosse dispiaciuto davero, avresti ‘nventato ‘na scusa e oggi saresti ‘ndato a rompe i corbelli da ‘n’altra parte. Altro che discorsi!

Filandri: Potrei farlo ora. Appena arriva tuo padre, dico che sono passato solo per un saluto e vado via.

Carletto: E’ gia! Ormai che hanno ammazzato i meglio galletti del pollaio e messo sottosopra tutta la casa perché arrivavi te. Ma che ti dice ‘l capo, è?

Filandri: Potreste sempre mangiarla voi la roba che è stata preparata.

Carletto: Tanto ormai ‘un rimedieresti niente co’ la mi’ mamma….. E ti voglio anche dì’ che quando da la finestra t’ha visto arrivà’, t’ha mandato più colpi e coliche che se anche te ne piglia uno solo di striscio, sei spacciato. (si sente raspare alla porta ed entra Pietro) (Carletto va a nascondersi sotto al tavolo)

Pietro: (va a stringere la mano all’ospite tutto premuroso) (pacche sulle spalle) Bravo signor Silvestro! Bravo! Ha fatto proprio bene a venire. Stavamo tutti aspettando con ansia la sua venuta.

Carletto: (a voce alta da sotto il tavolo) Bugiardo, falso che ‘un sei altro! La mamma è ‘ncancherita come ‘na iena, perché è venuto lui, altro che ansia. E’ da quando l’ha saputo che ci ha l’angoscia.

Pietro: (si abbassa guardando sotto il tavolo) Carletto, che cosa fai lì sotto? Esci immediatamente da sotto il tavolo e vai fuori a giocare. Via!

Carletto: Si, si, ci vò ………… con calma però, è. (appena uscito da sotto il tavolo al padre) Tanto ormai l’hai combinata troppo grossa e ‘n te la ricuce manco Domine Dio.

Pietro: (con un sorriso imbarazzato all’ospite mentre agguanta Carletto per un braccio e lo trascina fuori) Lo scusi, sa, è un bambino molto vivace.

Filandri:  Si, mi sono accorto………….. molto vivace……….. ma anche molto sincero però. (Pietro spinge il figlio fuori della porta, che oppone resistenza, e chiude)

Pietro: Qualche volta è bene usare le maniere forti. Non sempre con le buone si ottiene ciò che si vorrebbe. (si apre la porta e ricompare Carletto)

Carletto: (è con le mani sui fianchi) E ora vò a dillo subito a la mi’ mamma. C’è caso che stasera ti toccherà andà’ al letto presto……... e senza cena. Ciao. (esce chiudendo la porta)

Pietro: (arrabbiato) Un giorno o l’altro dovrò proprio dargli una bella lezione. (rientra Carletto)

Carletto:E so’ sicuro che domenica ‘un ti manda manco a giocà a bocce.

Pietro: (urlando) Ho detto fuoriiiiiii.

Carletto: E doppo ‘un mi venì’ a dì’ di parlà’ co’ la mamma perché ti ci mandi, è, capimosi subito.

Pietro: Vuoi andare fuori a giocare o ti ci devo portare io per un orecchio. (Carletto fa la linguaccia ed esce)

Filandri: Via signor Pietro, non sia così duro. In fin dei conti è solo un ragazzino.

Pietro: E invece credo proprio che dovrò punirlo severamente. Quando ci vuole, ci vuole.

Filandri: Chi di noi non è stato vivace alla sua età.

Pietro: E’ vero, tutti lo siamo stati un po’, ma questo è proprio un terremoto. (Carletto riapre e lancia un petardo contro i due. Solo il padre però se ne rende conto)

Filandri: (dopo l’esplosione vaga per la scena impaurito. Pietro lo rincorre) Oddio, Gesù, che succede……Il terremoto………. la guerra ……… aiuto.

Pietro: Signor Filandri, si fermi………… si fermi……….. non è nulla …… non è nulla……… Si calmi.

Filandri: Questa è la maledizione de la strega Vardella.

Pietro: E chi sarebbe la strega Vardella.

Filandri: Una strega tutta vestita di nero che è stata qui e parlava della morte.

Pietro: Ma quale strega. Quella che lei ha visto era sicuramente mia sorella.

Filandri: Ah! Però! Complimenti!

Pietro: Si riferisce alle sue poesie?

Filandri: No a tutta la sua famiglia.

Pietro: Grazie del complimento.

Filandri: (si ferma e parla con naturalezza) Signor Pietro, mi dica che cosa sta succedendo! La prego

Pietro: (imbarazzato) Veramente non lo so nemmeno io. 

Filandri: Come non lo sa? Ma siamo in casa sua o no?

Pietro: Si, certo! O almeno credo! Fino a pochi secondi fa c’eravamo………… A meno che non siamo morti nell’esplosione.

Filandri: Allora vuole dire che potremmo essere in Paradiso? Mi dia uno schiaffo per favore (ricomincia a correre)…… Svelto……… mi dia uno schiaffo.

Pietro: (lo segue scialando) Ma perché dovrei darle uno schiaffo?

Filandri: Per essere sicuri che siamo ancora vivi.

Pietro: (mettendola sullo scherzo) Ma certo che siamo vivi. Stavo solo scherzando. Provi, provi…………. si dia un bel pizzicotto e vedrà se è vero.

Filandri: No, preferisco che mi dia uno schiaffo lei.

Pietro: Ma come faccio a darlglielo se lei non si ferma. Faccia come le ho detto io, la prego, si fermi. (Filandri si ferma, si da dei pizzicotti e si schiaffeggia)

Filandri: Si, si, sono vivo. E’ tutto a posto. Meno male! (asciugandosi il sudore dalla fronte) Ffffffffffiiiuuuuu……… che spavento signor Pietro…………. Però sia gentile, mi dica che è successo.

Pietro: (al pubblico) E ora che gli invento………..Ma si! Perché ‘un ci ho pensato subito. (a Filandri, sicuro di se) E’ stata la campana che ha suonato mezzogiorno.

Filandri: La campana? Il cannone voleva dire?

Pietro: (imbarazzato) Ah! Si! Certo, ………. È stato proprio il cannone!…………….Perché, non lo sapeva che nel nostro paese, a mezzogiorno, sparano un colpo di cannone?

Filandri: Come fanno a Roma, sul Gianicolo?

Pietro: Preciso! Alla stessa maniera del Gianicolo a Roma.

Filandri: (Guardando l’orologio) Ma sono soltanto le undici.

Pietro: Eeeeeee……..si………infatti sono le undici…….ma ……. È stato il nuovo parroco a volere così!

Filandri: E Perché? Che moda sarebbe suonare mezzogiorno alle undici.

Pietro: (imbarazzatissimo sta inventando tutto) Ma….. perché ……….. nella parrocchia in cui era prima di venire qui………avevano l’abitudine di pranzare presto e allora ha dato ordine al sacrestano………… di anticipare un po’ il mezzogiorno. (Torna Carletto e lancia un altro petardo) (altro spavento, altro giro di corsa.  Questa volta però si ferma subito)

Filandri: No! No! Non dica niente…………Adesso comincio a capire. Praticamente, hanno suonato l’una?

Pietro: (guarda l’orologio e con naturalezza) No. Mezzogiorno e cinque.

Filandri: Ma mi tolga una curiosità: tutti i santi giorni, da mezzogiorno in poi, qui sparate il cannone ogni cinque minuti?

Pietro: (secco) Si!……… Anzi, no………… dipende………..

Filandri: E da che cosa dipende?

Pietro: E’, da che cosa dipende…….. dipende…………. dipende………… (secco) dal costo della polvere da sparo.

Filandri: E quindi…….. se la polvere da sparo scende di prezzo……… (facendo il verso dello scoppio) Pum, pum, pum, pum ………..ogni cinque minuti.

Pietro: Proprio come ha detto lei………… Pum, pum, pum, ogni cinque minuti.

Filandri: E mi dica un’altra cosa: oggi come stanno le quotazioni in borsa della polvere da sparo?

Pietro: Signor Filandri! (quasi gli stesse per confessare qualcosa di grave) Voglio essere sincero………. lei è un amico…………

Filandri: La nostra è un’amicizia disinteressata?

Pietro: Si! Perché non dovrebbe esserlo?

Filandri: Perché prima parlando con suo figlio……………no, ma che dico…….Volevo dire che ad un certo punto della vita, tutti si pongono domande.

Pietro: (al pubblico) Io‘un lo capisco mica…………. Le stavo dicendo……… lei è un amico e non posso prenderla in giro, non sarebbe onesto da parte mia.

Filandri: Sia sincero, signor Pietro ………… non abbia peli sulla lingua. Sono pronto a tutto.

Pietro: (come se fosse vero) Stamattina non ho avuto ancora il tempo di aprire il giornale……… eeeeee….. quindi………… non conosco l’andamento delle azioni “Lampi e Scoppi Corporation”. La società che controlla le polveri da sparo.

Filandri: Eeeee…….allora, ammesso che oggi il prezzo della polvere sia sceso, di solito, fino a che ora durano le esplosioni?

Pietro: Non molto, non molto, stia tranquillo. Al massimo, fino all’una. Poi viene l’ora di pranzo, eeeeeee…… (rivolto verso le altre stanze urlando) Adelmooooo! (il Filandri, pensando ad un’altra esplosione, fa un altro giro di corsa)

Filandri: (agitato) Il prezzo è sceso, la polvere da sparo non costa più nulla, non ci sono dubbi!

Pietro: Ma no, signor Filandri, sono stato io. Stavo solo chiamando Adelmo.

Filandri: Signor Pietro, lei però mi deve fare un favore…………… me lo prometta.

Pietro: Tutto quello che vuole, signor Filandri. Lei è mio ospite e quindi sacro.

Filandri: Giuri che quando chiamerà ancora Adelmo urlando in quella maniera, mi avvertirà per tempo prima di farlo.

Pietro: Le giuro solennemente che lo farò! …………….. e ora stia pronto, e si regga forte.

Filandri: Perché dovrei reggermi, scusi?

Pietro: Perché sto per chiamare di nuovo quel lavativo di Adelmo.

Filandri: Grazie signor Pietro! Lei è un vero amico (infila gli indici nelle orecchie e si volta di spalle)

Pietro: Ma le pare…… dovere………… Adelmoooooooo! (Adelmo compare subito)

Adelmo: O ‘un so qui! C’è bisogno di bocià’ tanto? O che po’’ èsse’ successo………… è baltata la Littorina che va a Siena? E’ spagliato ‘l Astrone.

Pietro: (alterato) E’ la seconda volta che ti chiamo. E quando ti chiamo, significa che ho bisogno di te.

Adelmo: E’ signor Pietro, ma me lo spiegherebbe perché fa così?

Pietro: Fò così perché se ti chiamo con voce normale, te ‘un mi senti. (Filandri è sempre nella stessa posizione)

Adelmo: No, no………… aspetti, ‘un ci siamo capiti (indicando Filandri) lui, volevo dì’…………….perché sta così? Fa l’imitazione di qualcuno?

Pietro: Ma proprio, gli si so’ attapati l’orecchi e ora cerca di stappalli……… chiamelo per favore e digli che ‘un c’è più pericolo.

Adelmo: (bussandogli sulle spalle) Permesso?  C’è nessuno ‘n casa?…….. si può?

Filandri: Si, chi è?

Adelmo: (imita il suono di una sirena vicino a un orecchio di Filandri) Rientrato allarme e cessato pericolo …….. Dice così il signor Pietro se potesse andare un attimo da lui. Avrebbe urgenza di parlargli.

Filandri: Vengo subito. (toglie le dita dalle orecchie) (a Adelmo) Dov’è il signor Pietro?

Pietro: Sono qua Filandri! Si volti e mi vedrà. (si gira verso Pietro)

Filandri: (con gesto eloquente delle mani) E’ tutto finito, vero?

Pietro: Tutto finito. Stia tranquillo……………….Adelmo, tira fuori dalla vetrina una bottiglia del nostro vinsanto e fai dare una rinfrescatina al Signor Filandri.

Adelmo: (fa un giro intorno a Filandri, scrutandolo da capo a piedi) A me un mi sembra poi, poi tanto asciutto. E’ piuttosto sudato, ‘nvece!

Pietro: Chi, è che non ti sembra asciutto?

Adelmo: (indicando Filandri) Lui…….. ‘sto signore qui………… O ‘un m’ha detto di fagli da’ una rinfrescatina?

Pietro: Ossignore………..volevo dire: versagli da bere, avrà bisogno di rinfrescarsi.

Adelmo: (al pubblico, mentre va a prendere bottiglia e bicchieri) Mi sembrava strano di fallo rinfrescà’ col vinsanto. Secondo me, più che rinfrescassi, (schifato) sarebbe diventato tutto appiccicoso.

Pietro: Signor Filandri, si metta seduto, la prego, si riposi. Immagino sarà stanco del viaggio.

Filandri: Grazie! (si siede) Effettivamente un po’ stanco lo sono. E con lo spavento che mi sono preso, poi………..  

Adelmo: (che trafficava con le bottiglie e i bicchieri) Signor Pietro, quale annata piglio?

Pietro: Prendi il ‘60. (a Filandri) Sentirà che rosolio. Quello del ‘60 è un’annata eccezionale.

Adelmo: (al pubblico) E’ vero! Ha proprio ragione. Il signor Pietro quando arriva alla bottiglia del ’60 ci chiappa certe sbornie …….. (facendo il verso) Di quelle a la”fermiti lì”.

Pietro: Ora, signor Filandri, ci facciamo un bel goccetto e poi, mentre aspettiamo l’ora di pranzo, le farò visitare la casa. (Adelmo posa tre bicchieri sul tavolo e versa da bere solo per se)

Adelmo: (facendo altolà con la mano) Prima l’assaggio io! Co’ ‘ste stagioni che cambiono una dietro all’altra, ‘un si sa mai. C’è caso che abbia preso qualche vizio e un vorrei che ci rimaneste male. (beve e poi schiocca con la lingua)

Pietro: Allora, Adelmo, che ti sembra? Può andare?

Adelmo: (solennemente con il bicchiere alzato) Se questa è ‘na colica………Dio me ne mandi un’altra subito……….. (versa ai due e anche per se)

Filandri: Se ho capito bene, dovrebbe essere ottimo?

Adelmo: Ottimo? (sillabando) E…cce…zio…nale!…………. Ma che dico eccezionale, stra….o….rdi….nario……………….Ma che dico straordinario,  spe….cia….le………….

Pietro: Adelmo, basta. Abbiamo capito. Si può bere. (bevono)

Filandri: Ottimo davvero! Complimenti signor Pietro!

Pietro: Grazie! Adelmo, prendi anche la bottiglia del ’59. (a Filandri) Quello è un po’ più dolce, ma insieme a due pasticcini è la fine del mondo. (Adelmo esegue svelto)

Filandri: E naturalmente, questo………nettare degli Dei…….lo fate con le uve delle vostre vigne? (Adelmo versa ancora per tutti e tre. Ha portato anche i pasticcini)

Pietro: Certamente! E per la spremitura e la successiva stagionatura, se ne occupa Adelmo personalmente. (Adelmo gongola) (bevono ancora)

Adelmo: E ora, se il signor Pietro permette, naturalmente, le farei assaggià’ anche un goccio del ’58, che non ha niente da invidià’ a quell’altri due. (Adelmo prende le bottiglie)

Pietro: Ma certo! E se ce n’è ancora, io proporrei anche un bicchierino del’57. Che ne dici Adelmo?

Adelmo: C’e, c’è, stia tranquillo. (entra Carletto)

Carletto: (sull’arco della porta) Sessanta, cinquantanove, cinquantotto, cinquantasette….. ‘Un mi dite che giocavi a tombola, è, perché v’ho visto e sentito bene di che parlavi.

Pietro: Tu fatti gli affari tuoi. Ti avevo detto di andare fuori a giocare. Mi era sembrato di essere stato chiaro.

Carletto: Ci so’ andato.

Pietro: E perché non ci sei rimasto?

Carletto: Perché m’ero rotto i corbelli. E poi è stata la mamma a mandammi qui e m’ha anche detto di guardà’ che facevi. Infatti aveva proprio paura che v’eri messi a beve di brutto.

Pietro: Ora ritorna da dove sei venuto e restaci finché non ti chiamo io. (facendo segno con il dito) Viaaaaaaaaaa!

Carletto: (fa per uscire, poi si ferma) Volete scommette con me, che se seguitate così, tra dieci minuti siete tutti e tre briachi che ‘un ne state ritti? O vedrete se ‘un è vero! (mentre se ne va) Io tra pochino ripasso e ce lo sapremo ridì’. (tutti e tre al massimo dell’imbarazzo)

Filandri: Molto assennato il ragazzino. Proprio giudizioso. (Adelmo versa da bere)

Pietro: Direi piuttosto uno scocciatore. Su, su, facciamoci questo ’58 e andiamo a fare il giro della casa. (bevono d’un fiato e si alzano)

Adelmo: Ma come ‘l giro de la casa, e la cantina non gliela fa vedè’ sor Pietro?

Pietro: Ma certo, (a Filandri) è il meglio pezzo della villa. (indicandogli la strada) Anzi, cominceremo subito da lì. La prego signor Filandri. Adelmo, facci strada. (escono dalla scena) (entrano due uomini vestiti da imbianchini. Hanno in mano un cartoccio con dentro la colazione)

Mario e Cesare: Permesso, si pòle? C’è nessuno?

Cesare: Ma qui ‘n c’è ‘n’anima.

Mario: Eppure, che ci ha detto l’Olimpia da la finestra? Salite, salite, che ‘l sor Pietro è ‘n casa. Ci ha un ospite, ma ‘un fa niente, voi entrate uguale.

Cesare: Io ‘un vedo nessuno. Oh, a meno che ‘n si siono nascosti.

Mario: Si, per facci bobo settete.

Cesare: Eppure siamo venuti a vedè’ ‘l lavoro, mica a riscòte.

Mario: O che discorsi fai? Che vorresti riscòte prima di lavorà’?

Cesare: No, volevo dì’, che se s’era venuti a riscòte, era facile che si fossero nascosti per un pagacci. ‘Un sarebbe la prima volta.

Mario: E’èèèè, qui s’è sempre tribolato per riscòte. Pagono sempre, è, ma quando pare a loro, però. (si mettono seduti)

Cesare: Se è per questo, accident’a quando ‘n si tribbola. (enumerando con le dita) Tizio ti dice di ripassà’ perché ora ‘n ce l’ha, Caio trova un difettino ‘un angolo che manco si vede e ti vòle da di meno………………..

Mario: Sempronio ti dice di riguardà ‘l conto perché gli sembra caro………….

Cesare: E poi, ultimamente, te ti sé’ messo a fa a sconto lavoro co’ le spose………..

Mario: Io? Ma che sei briaco?

Cesare: Ah, briaco, si. L’altro giorno so’ andato a portà’ ‘l conto a la Mustiola e m’ha detto che aveva gia fatto con te.

Mario: E’, e allora, che vorresti dì’, che i soldi del lavoro l’ho fatti a scambio?

Cesare: Dunque senti: al lavoro ‘n casa sua, ci sé’ stato un mese…….. robba da fassi ‘n una settimana. A me i soldi lei ‘un me l’ha dati. Te‘un l’hai riportati. Fa’ ‘n po’ te.

Mario: Ma perché te ‘un hai idea dell’imprevisti che ci so’ stati.

Cesare: Ah, ora que’ le faccende le chiamono imprevisti?

Mario: Ma quali faccende? (Cesare accenna appena un verso con la mano) A ma allora ‘nsisti.

Cesare: Veramente s’è stato te che hai ‘nsistito. Ci hai svernato ‘n quel lavoro. Eri sempre lì.

Mario: Ma per forza, ‘un mi dava pace. Mario ce da fa un ritocco qui, Mario ce da fa un ritocco la……………..

Cesare: E te ‘un te lo facevi ridì’ du’ volte, andavi su (accenna una pennellata) e ritoccavi.

Mario: Certo! I lavori vanno rifiniti per bene, se no ‘un ti richiamono più.

Cesare: Ih! (facendo il verso di cacciargli un dito in un occhio) Da la Rosina, però, che gli devi finì’ di vernicià’ mezza ringhiera de la terrazza, ‘un c’è verso che tu gli ci vada.

Mario: Ma certo, è più noiosa de le mosche a settembre, e poi ce ‘l su’ marito che è sempre tra piedi. Oh, cento passi fò io, cento passi fa lui. Ti fa ombra, ti fa.

Cesare: Stammi a ‘scoltà’, ma te ne ‘sto cartoccio che ci hai, la colazione?

Mario: Si, perché te ‘nvece che ci hai, i calzini di ricambio? (con un cenno della mano accenna un “quasi”)

Cesare: O allora famo colazione, giù. Che tanto è ‘na faccenda che si deve fa’.

Mario: Ma ora, qui, mentre s’aspetta ‘l sor Pietro?

Cesare: Perché che c’è di male. Mica s’è rubata a lui, se arriva si smetterà. (Mario scarta, tira fuori un panino e mangia. Cesare rimane fermo)

Mario: Ma te un mangi? Che ci hai ripensato?

Cesare: (imbarazzato si guarda intorno e poi sottovoce) Me lo dai un pezzo del tuo?

Mario: Ma che ha’ detto? O te, parla più forte perché io mica ti capisco, èh.

Cesare: Ho detto, me lo dai un pezzo di panino?

Mario: Io te lo do, però se prima mi spieghi perché un mangi ll tuo. Che t’è andato a male?

Cesare: Noe, s’è ‘ndurito che ‘n si pole mangià’.

Mario: Ma che t’ha preparato la tu’ moglie, una mestolata di cemento? Fa vedé. (prende il cartoccio e scarta. Tira fuori una scarpa vecchia) Ma a te le bistecche ‘un ti piacciono al sangue. Ti piacciono parecchio cotte.

Cesare: Io lo so dove è andata a finì’ la mi’ colazione.

Mario:‘N dove, sentiamo.

Cesare: Dal calzolaio. Stamani la mi’ moglie m’ha detto: Cesare, sopra ‘l tavolino t’ho preparato la colazione e una scarpa da portà’ al calzolaio. Guardici bene quale cartoccio gli dai al calzolaio.

Mario: E te gli hai risposto: mica sarò scemo. E ora la scarpa è qui che ‘un la mangia nessuno e la colazione ‘nvece è sopra ‘l banco del calzolaio………. Tò, mangia, povero. (mentre fa una grande risata, gli da un pezzo di ciaccia)

Cesare: Ride ‘l coglione. A te ‘un ti succedono mai?

Mario: Ah, ‘un mi’ succedono? Se mi dici che ‘un le racconto per ‘un passà’ da coglione…..

Cesare: O giu, racconta. Tanto qui siamo soli, mica ci sente nessuno……….. Aspetta un momento, che tanto che c’è ‘sto vinsanto bagnamo ‘l becco.

Mario: Te te lo ricordi quando stavo a podere al Ginestraio?

Cesare: Me lo ricordo si. Eri più poveri di Pipetta. ‘Un ci avevi manco la corrente.

Mario: Proprio per via che ‘un ci s’aveva la luce successe. ‘Na sera, con Gigi, Pietro e altri due che conoscevono loro, si decise d’andà’ a ballà’.

Cesare: E ‘n do’ ‘ndasti? Qui vicino? A piedi o ‘n bicicletta?

Mario: Stammi a sentì’: ‘un comincià come ‘l tu’ solito perché io smetto subito, è. Sta’ zitto che ti racconto tutto io………. S’andava a la Panicarola…….. L’appuntamento era a le nove sotto casa mia. S’andava co’ ‘l tassì di Dolfo.

Cesare: Ah, vi costò più che l’ingresso scommetto.

Mario: Ma a te che te ne frega, tanto mica pagavi te, noo………… Mi detti ‘na sciacquata, (facendo l’atto con il vaporizzatore) du’ spruzzate di profumo e m’ero cominciato a vestì………..

Cesare: Tutto ‘n’alta montura col vestito scuro, scommetto.

Mario: Si con quello………… Falla finita d’interrompimi, se no smetto………… Quando sento sonà ‘na macchina.

Cesare: E chi era? Erono loro scommetto.

Mario: O chi volevi che fosse stato. A que’ tempi sarà passata si e no una macchina ogni due e tre giorni………… Allora sento fa’: Mario, ‘namo che noi siamo pronti. Fa’ a la svelta.

Cesare: ‘Nfilasti ‘n macchina e partisti.

Mario: T’avevo detto di sta’ zitto. Ora ‘un te la racconto più manco se ti vedo morì’ agganghito.

Cesare: Ma così ‘un c’è gusto. Rizzi subito ‘l buco.

Mario: (toglie l’orologio dal polso e lo porge e Cesare) Toh, chiappa qui. Se ti riesce di sta’ zitto fino ‘n fondo senza ‘nterrompimi, te lo regalo……………..  Ormai ho ‘ncominciato e te la voglio finì’ di raccontà’.

Cesare: Ma devo stà’ zitto, zitto, senza manco fiatà’?

Mario: Preciso, preciso come ha’ detto te…………………..Allora chiappo la candela, vò davanti a lo specchio del canterano, mi do ‘na pettinatina, ‘nfilo la giubba e èsco. Monto ‘n macchina e si parte. S’arriva a la Panicarola, scendo e vò ‘n dove fanno i biglietti. A ‘n certo punto sento fa’: Mario, Mario, rimonta ‘n macchina svelto. Ma perché, chi c’è? fò io. Nessuno, mi fa Gigi, rimonta ‘n macchina, svelto, che sei ‘n mutande. Lo sai che m’era successo? Da la fretta, ‘un avevo messo i calzoni. A lo specchio ‘un m’ero accorto, perché mi vedevo fino a lo stomaco. Freddo‘un lo sentivo perché le mutande avevo messo quelle lunghe……………….

Cesare Senti, ripiglia ‘l tu’ orologio perché ti devo fa’ na domanda, se no schianto. Ma come facesti a entrà’ per ballà?

Mario: Se resistevi un minuto te l’avrei detto io, torzo…………Mi prestarono i calzoni a turno e ‘un po’ per uno si ballò tutti.

Cesare: E’ Mario, ora parlamo di cose serie, ma sarebbe questa la stanza che ‘l sor Pietro vòle ‘mbiancà’.

Mario: O che ne so, io. O ‘n ci hai parlato te col sor Pietro.

Cesare: A me ‘un me l’ha detto.

Mario: Allora se ‘un l’ha detto manco a te, come fò a sapello io. (bevono ancora) Rifamo ‘n altro goccino, toh. (entra Adelmo. Un po’ barellante da accenni di sbornia)

Adelmo: Mi’, o voi che fate qui. Sete venuti a veglia?

Cesare: Veramente s’aspettava ‘l sor Pietro. Ci aveva detto di venì’, perché voleva ‘mbiancà ‘na stanza.

Adelmo: Io ‘nvece so’ venuto a cercà’ ‘un cavatappi. Quello che ci s’aveva s’è rotto.

Mario: Ma ‘l sor Pietro dov’è?

Adelmo: O che so dov’è ‘l sor Pietro. Che lo dice a me ‘n do’ va?

Cesare: (a Mario) Allora noi si va via. Ritorneremo un'altra volta.

Adelmo: (mentre cerca dentro i cassetti) Ora quando rivò giu ‘n cantina glielo dico subito al sor Pietro che ci sete stati e che ritornate un’altra volta.

Mario: Mì’! Ma se ha’ detto che è ‘n cantina, allora lo sai dov’è?

Adelmo: Ah, gia, che coglione, lo so si. ‘Un ci fate caso, è, che stamani so’ un po’ distratto.

Cesare: No, te ‘un sei ‘un po’ distratto. Sei, ma parecchio briaco.

Adelmo: Namo, venite con me che v’accompagno. (va in mezzo a loro e gli mette le braccia sopra le spalle)

Mario: Se mai siamo noi che ti si riaccompagna ‘n cantina. Te da solo mica ci ritorni. (escono) (appena usciti entra Olimpia)

Olimpia: ‘N questa casa ‘un si fa pari a ripulì’. Oh ragazzi! Rimettessero a posto mai niente di quello che pigliono ‘n mano. Ma speriamo che qualche volta gli rimanesse qualcosa attaccato al culo, di quello che lasciono ‘n giro. (comincia a mettere a posto le bottiglie) (suonano alla porta) Vengo subito. ( Va ad aprire)(da fuori scena) Buongiorno. Desidera?

Franzoni: (da fuori scena) Vorrei parlare con il signor Pietro Stelloni. Abita qui, vero?

Olimpia: Si, si abita qui. Venga, si accomodi. (rientra seguita dall’uomo. Ha con se una borsa porta documenti. Le porge un biglietto da visita)

Franzoni: Tenga, questo è il biglietto per annunciarmi.

Olimpia: Le dispiace se finisco di mette’ a posto ste’ bottiglie prima di annunciarlo? Tanto fò’ a la svelta. (posa il biglietto sul tavolo accanto a quello del signor Filandri che prima vi aveva appoggiato Adelmo) Si metta seduto, non faccia complimenti.

Franzoni: Grazie, molto gentile. (si siede)

Olimpia: Il signor Pietro lo stava aspettando?

Franzoni: Non so se si mi aspettava per oggi, ma credo sapesse benissimo che prima o poi sarei venuto.

Olimpia: Si trattiene per pranzo vero?

Franzoni: Chi, io? No di certo! Ho una fretta terribile e appena ho finito con il signor Stelloni riparto immediatamente per Roma.

Olimpia: Ah!………E chi la mangia tutta quella roba che ho preparato? Senta, è: (enumerando con le dita) du’ galline, che l’ho messe a brodo, quattro polli, mezzo agnello, otto piccioni, e du’ nane, che ho fatto arrosto. Senza contà’, poi, tre chili di pici, che m’è toccato alzammi stamani a le quattro per falli.

Franzoni: Salute! Mi scusi sa, se sono invadente, ma quanti ospiti stanno aspettando i signori Stelloni?

Olimpia: A quello che so io uno solo, e se ‘un mi sbaglio, penso che sia lei.

Franzoni: Ma  tutta quella roba servirebbe a sfamare un plotone di soldati.

Olimpia: Ma che dice? Quattro persone grandi, più un bambino, so’ loro di casa.

Franzoni: E, se non ho capito male, tutte persone ben disposte a mangiare……….

Olimpia: E a beve, parecchio!…………. Oh! Io però mica me la voglio piglià’ tanto, sa. Vorrà di che quello che avanza si darà a’ cani.

Franzoni: (sarcastico) Ma certo! In tasca alla miseria. Anche i cani dovranno pur mangiare, no? Come dice il famoso detto?….. Ogni nato ha il diritto di vivere. (Olimpia prende da sopra il tavolo il biglietto sbagliato)

Olimpia: Proprio così!…………. Ovvia, allora io vò. ‘Un gli dispiace mica se lo lascio solo un attimo, vero?

Franzoni: Ma le pare. L’aspetto qua seduto. (Olimpia fa qualche passo e poi si ferma a leggere il biglietto a voce alta verso il pubblico)

Olimpia: Signor Silvestro Filandri, funzionario del Ministero dell’Agricoltura e Foreste –Roma. (esce dalla scena) ( uscita Olimpia, Franzoni si alza e passeggia per la stanza)

Franzoni: Bene, bene, bene! Quadri d’autore, porcellane costosissime, mobili d’epoca, tutta ottima merce per l’accertamento sul patrimonio dei signori Stelloni che devo fare. Quando alcuni anni fa sono venuto in questa casa, ho avuto il sospetto che qualcuno li avesse avvertiti della mia venuta. Adesso ne ho la certezza: in questa stanza mi fecero trovare soltanto un tavolino e quattro sedie. (entra Carletto con una fionda in mano. Franzoni è in un angolo. Non avendolo visto, la stanza gli sembra vuota)

Carletto: (ridendo contento) Mio! L’hanno bell’e portati via tutti.   ‘Un gliel’hanno fatta a regge ‘l colpo del vinsanto. Ma so’ duri di capo, è! Ma manco ‘un gliel’avessi detto.

Franzoni: (ha in mano la stessa statuetta che aveva Filandri) E tu chi sei?

Carletto: Ma sentite che discorsi! Sei te che sei venuto a casa mia, o io che so venuto a casa tua?

Franzoni: Hai ragione! (gli va incontro tendendo la mano) Mi presento subito. Filippo Franzoni, sono di Roma.

Carletto: (puntando la fionda verso di lui) Tieni le mani a posto e poca confidenza. ‘Un so’ mica ‘l tu’ fratello,è. (Franzoni ritira la mano)

Franzoni: Chiedo scusa. Volevo solo essere gentile………..e……… educato.

Carletto: Tanto per comincià, mettiti subito a sedé’ e sta bòno co’ le mani. Quello che vedi qui ‘ntorno è tutta robba di valore e ‘n vorrei che ti s’attaccasse qualcosa a le mani.

Franzoni: Mi hai preso per un ladro?

Carletto: Ancora ‘un lo so! Prima, quando è venuto un altro signore, ha preso anche lui la statuetta che ci hai in mano te ora. Dunque se sparisce………. o è stato lui, o se’ stato te … Avvisato!

Franzoni: (posa la statuetta e si mette seduto) Tu sei il figlio del Signor Stelloni?

Carletto: (al pubblico, sbuffando) Oh! Ma a nessuno gli riesce a fassi l’affari sua…….. (secco) No!

Franzoni: E allora di chi sei figlio?

Carletto: De la mi’ mamma!

Franzoni: E un padre non ce l’hai?

Carletto: Se ci ho ‘na mamma, ci avrò anche un babbo, noo. Se no come avrei fatto a nasce’ secondo te?……..  Io boh!………(indicando la testa)  Ma che ti dice ‘l capo, è?

Franzoni: E tu che ne sai, che per far nascere un bambino ci vogliono un uomo e una donna?

Carletto: Perché, a te ancora ‘un t’ha detto niente nessuno? Guarda di svegliatti, lillo, perché doppo da grande ti potresti trovà male.

Franzoni: Ma io sono già grande. Che ti sembro un bambino?

Carletto: Cresciuto, sei cresciuto, ma di statura. Perché se fai ‘ste discorsi, vòl dì’ che ‘l cervello ti s’è bloccato all’asilo.

Franzoni: Sei un piccolo impertinente! Ecco quello che sei. (entra Addolorata. ) Oddio, Gesù! E chi è? La pubblicità delle pompe funebri?

Carletto: (a Franzoni mentre esce) ‘Un t’impaurì’ che ‘un fa niente. ‘Un morde mica. E’ la mi’ zia Addolorata che recita le poesie. Ciao.

Franzoni: Anche il nome non è dei più festosi.

Carletto: (prima di uscire) E sta’ fermo co’ le mani, è. Cerca d’esse’ poco smanioso.

Addolorata: (mentre entra in scena, con voce lugubre) “Da prima muoiono i nostri piaceri, e quindi le nostre speranze, e quindi i nostri timori, tutto muore”.

Franzoni: (si alza dalla poltrona e va verso di lei) (a voce alta sussurrata, verso Carletto che è fuori scena) Sei sicuro che posso stare tranquillo?

Carletto: Oddio!……….. Magari, una toccatina da que’ le parti, pe’ stà’ ancora più sicuro, dattela. ‘Un si sa mai. (si mette di spalle e si tocca nelle zone basse)

Franzoni: (tira fuori dalla borsa un corno rosso) Buongiorno, sono il signor Filippo Franzoni.

Addolorata: (si ferma senza distogliere lo sguardo dal libro) Come sta? (senza che Franzoni risponda) Mi fa piacere che stia bene. E la sua signora? Ho piacere che stia bene anche lei. Me la saluti.

Franzoni: A dir la verità, non sta molto bene. E’ raffreddata e ha un po’ di tosse, ma non è nulla, non si preoccupi.

Addolorata: (legge ancora) “Intorno a noi, in noi, sopra di noi è la morte; e noi non siamo che morte”.

Franzoni: (fa le corna e dalla borsa tira fuori un ferro di cavallo) Oggi non siamo in giornata d’allegria, vero signora?

Addolorata:Come sta? (senza che gli risponda) Mi fa piacere che stia bene. E la sua signora? Ho piacere che stia bene anche lei. Me la saluti.

Franzoni: (schiarendosi la voce) Le ho detto che non sta molto bene. E’ un po’ raffreddata………………… Ma lei come fa a conoscere mia moglie, scusi?

Addolorata: La morte sa tutto di tutti. Nulla, le si può nascondere.

Franzoni: (impacciatissimo. Non sa più che cosa dire. Tira fuori un mazzetto d’aglio ) Che bella giornata signora, a lei non sembra?

Addolorata: Purtroppo si! Mio caro. (a voce alta mentre Franzoni ha un sussulto) Ah!…. che momenti indimenticabili sono quelle pessime giornate invernali. (mentre sbraccia nell’aria) Tuoni! Lampi! Fulmini! Saette!

Franzoni: (facendo spallucce) Faccia come le pare, ma io come quelle di oggi, le preferisco. (si sente il canto della civetta. Franzoni passeggia nervoso per la stanza. Tira fuori un corno più grande)

Addolorata: Ha sentito anche lei questo soave canto?

Franzoni: Via, signora, la prego, non insista. Sia buona.

Addolorata: A lei non piace il melodioso canto della civetta?

Franzoni: (secco e schifato) No! Senz’altro no!

Addolorata: E nemmeno l’armonioso stornellare del chiurlo?

Franzoni: Neanche! (supplichevole) Sia brava signora, mi faccia un favore personale. Cerchi d’essere più allegra. (piagnucolante) A me queste cose mi deprimono, che lei non s’immagina nemmeno quanto………

Addolorata: (legge mentre esce) “E quando tutto ciò è morto, la polvere chiama la polvere e noi anche moriamo”. (Franzoni tira fuori un fazzoletto rosso e se lo mette nel taschino)

Franzoni: Oh! Ma questa è fissata con la morte.

Addolorata: (si gira di scatto) Meemento mori!

Franzoni: E che cosa vorrebbe significare?

Addolorata: (tuonante) Eccone un altro che dimentica presto. Eppure dovrebbe saperlo, dal momento che è nato ……………….. nella sua lingua significa: ricordati che devi morire.

Franzoni: (tira fuori un doppio corno) Perché ha detto nella mia lingua? Sento che anche lei parla come me. Io la capisco benissimo

Addolorata: (a voce alta verso Franzoni, mentre s’incammina per uscire) Meglio, molto meglio per lei. Quando, tra breve, andrà ad abitare nell’aldilà, le sarà molto meno faticoso conversare con Lucifero.

Franzoni: Mi scusi signora, ma l’ha voluto lei. (posa per terra la borsa) A questo punto sono davvero costretto a farle le corna. (fa le corna verso di lei)

Addolorata: Non serve a nulla giovanotto, faccia testamento, piuttosto, e si tenga pronto per l’ultimo, lungo, viaggio.  (Franzoni va a nascondersi dietro la poltrona. Addolorata esce. Rientra Olimpia)

Olimpia: Il signor Pietro, per il momento è impegnato, però arriva subito la signora Flavia. (si guarda intorno) Ma dov’è? …… o che è andato via? (Franzoni da dietro la poltrona)

Franzoni: No, sono qua. Ma finché non è andata via lei, io da qua non esco.

Olimpia: Chi è che dovrebbe andare via, scusi? Qui non c’è nessuno.

Franzoni: Lei, la strega, la morte in persona. L’ho vista con i miei occhi.

Olimpia: Ma che cosa dice?…………….. ma, ci ha le visioni, sente le voci, svagilla ……...

Franzoni: (piagnucolante) No, io sono normalissimo, ho visto e sentito tutto, le dico ………… (alza la mano destra) lo giuro.

Olimpia: (fa una gran risata) Ah, ho capito a chi si riferisce. Mica tante volte è passata di qui una signora tutta vestita di nero che……………

Franzoni: Zitta! Per carità, non la nomini…………..  (recita come una nenia) Corna, bicorna, aglio capodaglio…………..Corna, bicorna, aglio capodaglio…………

Olimpia: (va da lui) Esca fuori di lì. Avanti! Non faccia il bambino.E la smetta di recità’ ‘ste litanie.

Franzoni: Io esco, però, lei mi spiega perché il signor Stelloni tiene in casa certa gente. (esce tutto tremante. Attaccata al collo ha una collana piena d’amuleti) 

Olimpia: O dove la dovrebbe mette secondo lei, nel pollaio co’ le galline? La signorina Addolorata, è la su’ sorella!

Franzoni: Certi elementi dovrebbero essere internati, e non lasciati liberi di vagare in mezzo alle persone normali. Glielo dica pure a nome mio al signor Stelloni.

Olimpia: Perché, a lei gli sembra di èsse’ normale con tutta que’ la robba che ci ha in mano e attaccata al collo?

Franzoni: (esitante) Certo!…… Anzi……. forse no, ma sono gli unici rimedi contro gli iettatori.

Olimpia: (continua a riassettare la stanza) Ma lei che scuole ha fatto, scusi?

Franzoni: E perché lo vuole sapere?

Olimpia: Prima mi risponda lei, che poi gli rispondo io.

Franzoni: Mi sono diplomato all’istituto commerciale. Sono ragioniere.

Olimpia: Tempo sprecato, caro mio. Tutto tempo sprecato. Quant’era meglio se i su’genitori lo mandavono a bottega a ‘mparà’ un mestiere.

Franzoni: Io non la capisco, sa. Si spieghi meglio.

Olimpia: Volevo dì’, se c’era proprio bisogno di studià’ tanto, per poi fa’ tutti ‘ste versi quando ci si trova davanti a qualcuno che ci sta ‘n po’ poco col capo.

Franzoni: (risentito) Ognuno ha le proprie convinzioni e si comporta nel modo che gli sembra più adatto alla circostanza.

Olimpia: Cerchi di parlà’ più pulito però, è, sennò ora so’ io a ‘un capillo.

Franzoni: Secondo lei c’è qualcosa di male ad essere un po’ superstiziosi?

Olimpia: Ah, un po’? E quelli che so’ parecchio superstiziosi che farebbero secondo lei? (indicando gli amuleti) Vanno al giro col gobbo personale che gli porta dietro tutti ‘ste trofei? Ma mi faccia il piacere…………. (rientra addolorata, che va a piazzarsi, senza essere vista dietro a Franzoni)

Franzoni: Eppure sono convinto che superstiziosi lo siamo tutti. Anche lei, lo è.

Olimpia: Ma manco per niente ‘nvece. ‘N casa mia ‘un ci s’è mai creduto a le streghe.

Addolorata: (all’improvviso) Non è ancora pronto? Si sbrighi giovanotto, la nave che lo traghetterà all’altro mondo non può aspettare più di tanto.

Franzoni: (ha un sussulto e sviene cadendo per terra) Aaaaaaaaaaah!

Olimpia: Signorina Addolorata, eppure lo sa che il signor Pietro non vuole che spaventi gli ospiti. Vada in camera sua, su, sia brava.

Addolorata: Vado, ma presto ritornerò e lui verrà con me.

Olimpia: (assecondandola) Va bene, più tardi ritorni a pigliallo. Ora vada, però, è. Io intanto glielo preparo, glielo confeziono e dopo lei così lo porta via.  (l’accompagna fuori scena) ……….vada, su, vada. (ritorna e si china su Franzoni. Lo schiaffeggia per farlo rinvenire) Signore……… signore…….. si svegli, su. (Addolorata è rientrata e guarda la scena)

Franzoni: (con voce flebile) Dove sono? Che è successo?

Olimpia: E’ svenuto, ma ‘un è niente, stia tranquillo. Dev’èsse’ stato un abbassamento di pressione. Ora gli do un bel cognacchino e vedrà che starà subito meglio. (Franzoni vede in piedi, davanti a se, Addolorata)

Franzoni: (indicando Addolorata mentre scalcia) Aaaaaaaah! (sviene di nuovo)

Olimpia: (Olimpia si gira) Signorina Addolorata, gli avevo detto di andà’ in camera sua. Su,venga con me che l’accompagno. (a Franzoni che è sempre steso in terra) Abbia pazienza un minutino, è. ‘Un si muova di costì che ritorno subito. (escono) (dall’altro lato entra Carletto)

Carletto: (fa un giro intorno a Franzoni) Hanno fatto beve ‘l vinsanto anche a questo. E ora è briaco che ‘un ne sta ritto. Ora gli fo ‘proprio un bello scherzetto, così ‘mpara a ‘mbriacassi.

(Carletto scioglie le scarpe a Franzoni e gliele toglie dai piedi. Con un rossetto gli dipinge il naso e le guance di rosso. Gli allenta la cravatta, sbottona il colletto della camicia e gli mette i pantaloni alla saltafossi. Mentre si allontana, tira fuori dalla tasca una pistola giocattolo e spara alcuni colpi in aria. Esce dalla scena portando con se le scarpe. Franzoni ha un sussulto e si sveglia)

Franzoni: Aaaaaaaaah! Oh Gesù, Maria, dove sono capitato. Ma questa è una casa di matti. (entra la signora Flavia. Franzoni si è messo in ginocchio)

Flavia: (si fa vento con un ventaglio. Gli va incontro per stringerle la mano) (con tono molto distaccato) Buon giorno. Lei è il signore che stava aspettando mio marito?

Franzoni: Si!…………… Anzi, no. Non lo so se mi stava aspettando. Non ne sono sicuro.

Flavia: Ma cosa dice. E’ tutta la settimana che stiamo preparandoci per la sua venuta.

Franzoni: (meravigliato) Vi siete preparati per me?

Flavia: Certo. E senza badare a spese. Mio marito ci teneva tanto a fare bella figura con lei. (al pubblico)  Neanche fosse dovuto venire lo Zar di tutte le Russie. (Franzzoni estrae un taccuino e una penna dalla borsa)

Franzoni: E che cosa avete fatto di speciale……………se non sono indiscreto.

Flavia: (gira per la stanza) Vuole un esempio?

Franzoni: Si! Mi piacerebbe tanto sapere.

Flavia: (si sta alterando) Vuole proprio che glielo dica?

Franzoni: (si è messo dietro di lei e la segue) Si! Sono proprio curioso.

Flavia: (arrabbiata) Lei non ha nemmeno idea di quanti esempi le potrei fare. Due, dieci, trenta, cinquanta…………..Altro che uno soltanto.

Franzoni: Per ora me ne faccia ……….. (pensoso) due…………………… oppure tre, se preferisce.

Flavia: (si fermano) Ed invece le dico tutto. Tutto! Lei deve sapere quanto c’è costata in fatica e denaro la sua venuta.

Franzoni: Cominci pure, signora, però proceda con calma. Scrivere velocemente non è mai stato il mio forte.

Flavia: (ha ricominciato a girellare) Che cosa deve scrivere, scusi?

Franzoni: Quello che lei mi dirà!

Flavia: E perché mai dovrebbe prendere appunti? Non deve mica redigere un verbale?

Franzoni: Le voglio confessare una cosa. Credo di saper fare abbastanza bene il mio lavoro, o almeno lo penso, ma sono di memoria corta. Perciò preferisco prendere degli appunti.

Flavia: (al pubblico) Mah! Che conoscenze strane ha mio marito. (si ferma) A proposito di stranezze, mi tolga una curiosità, ma lei perché è conciato così? E’ il suo abbigliamento usuale, oppure fa il rappresentante per una ditta che produce (indicandole) queste carabattole?

Franzoni: Mi ascolti, signora. Sono sicuro che le sarà molto difficile credermi, però è proprio come le sto per dire: senza scarpe e con gli abiti sconvolti mi ci sono ritrovato qui, in casa sua, e senza conoscerne la ragione. Per gli amuleti, (imbarazzato) si è venuta a creare una circostanza che non ne ho potuto farne a meno, mi creda.

Flavia: Lei deve essersi imbattuto in mia cognata Addolorata. Non ci sono dubbi.

Franzoni: No! Signora la prego………non pronunci quel nome, per favore………………. mi sono tanto impaurito.

Flavia: Effettivamente …………… non posso darle torto. Mia cognata un po’ di agitazione la mette addosso.

Franzoni: Ah, lei dice un po’. Guardi, guardi qua. (allunga un braccio e fa vedere la mano tremante) Sono ancora tutto tremante. E……….. ad essere sinceri, (si tocca la pancia) non so se quaggiù sia tutto a posto. Ho sentito alcuni strani doloretti ………………

Flavia: Dunque: Cosa le stavo dicendo?

Franzoni: Voleva farmi degli esempi a proposito dei preparativi per la mia venuta.

Flavia: Ah, si, certo………….. Lei deve sapere che tutta la roba che vede in questa stanza, mobili, ceramiche, argenteria, non la teniamo qui. (Franzoni continua a scrivere)

Franzoni: Ah, no! E perché non la tenete qui?

Flavia: (con disprezzo) Perché quegli avvoltoi, quelle Arpie, quei senza cuore degli agenti delle tasse, sono sempre in agguato.

Franzoni: (che gli fa il verso) Sono d’accordo con lei. Meriterebbero la fine più atroce.

Flavia: Pensi che sono capaci d’introdursi nelle case anche sotto mentite spoglie.

Franzoni: Ma davvero? Non mi dica …………. (scuòtendo la testa) Roba da galera……………

Flavia: Esattamente! Lei, per esempio…….. So che è un amico di mio marito.

Franzoni: Chi, io? (impacciato) Ah, si, certo………… io sono un amico di suo marito.

Flavia: Bene! Però potrebbe essere tranquillamente un agente delle tasse, travestito da…… (lo guarda con ribrezzo) amico.

Franzoni: Ma sicuro! Potrei essere benissimo un agente delle imposte.

Flavia: Quindi, capirà bene come siamo costretti a vivere: (piagnucolante) nella miseria più nera. (sorridendo) All’apparenza, naturalmente. In verità, ce la caviamo abbastanza bene.

Franzoni: Sono molto contento per il mio amico Pietro.

Flavia: Abbiamo una villetta al mare, (Franzoni scrive) una casa in campagna e due appartamenti, uno a Roma ed uno a Firenze. Naturalmente tutto intestato ad una società fantasma per poter pagare meno tasse.

Flavia: (disgustata) Però, ogni volta che viene invitato un ospite, per noi è un grande dispendio di energie e denaro, per riportare al proprio posto mobili e suppellettili.

Franzoni: Signora! Lei non ne ha una, ma cento, mille di ragioni. Non deve essere proprio una bella vita, tutto questo andirivieni. (mimando l’atto) Porta su i mobili, riporta giù i mobili.

Flavia: (disperata) Io non ce la faccio più……………… Pensi che qualche volta ho pensato perfino di suicidarmi.

Franzoni: Ma perché i mobili li spostate voi? Lei e suo marito, voglio dire.

Flavia: Ma cosa dice! Questo è un lavoro dei domestici. Mio marito si limita soltanto a dare disposizioni, (disperata) a me invece tocca il gravoso compito della sistemazione.

Franzoni: Non ha mai pensato di fare dei segni sul pavimento. Qui il tavolo, qui la poltrona………………… Cosi farebbero tutto i domestici e lei si risparmierebbe anche la fatica di dirigere le operazioni.

Flavia: Cosa fa, sta prendendomi in giro? Vorrebbe rimettere i mobili sempre al solito posto?

Franzoni: Ah, no di certo. Sono d’accordo con lei. Dove sarebbe allora il divertimento.

Flavia: Dato che dobbiamo fare tutto questo trambusto, almeno mi sbizzarrisco un po’. (come fosse sfinita dalla stanchezza) Ma che fatica……………..

Franzoni: (serio) Come la capisco…………………Ma, mi scusi tanto se sono indiscreto. Forse non dovrei neanche permettermi. (ironico) Ma voglio farlo perché lei mi ha proprio toccato il cuore.

Flavia: (allargando le braccia) Lei, senz’altro avrà un cuore grande così

Franzoni: (al pubblico) Mai quanto il vostro conto in banca, però. (a Flavia) Ma non ci ha mai pensato che forse…….. non so………. magari pagando qualche liretta in più di tasse…….le potrebbero andare via dalla mente tutte quelle  manie suicide che mi diceva poco fa……….. e la vita, certamente, le sorriderebbe di più?

Flavia: E perché vorrebbe che pagassimo più tasse?………………… (d’impeto) Ma lei, scusi, non sarà mica davvero un agente delle tasse sotto mentite spoglie?

Franzoni: Chi? Io, Ma per carità. O non abbiamo stabilito poco fa, che sono un amico di suo Marito?

Flavia: Gia, è vero! Non ci faccia caso a quello che dico, sa, devo ancora riprendermi dalla stanchezza per il trasloco di questi giorni. (si sente una musica in lontananza che si avvicina sempre più)

Franzoni: Avete una festa qui in paese oggi? Sento avvicinarsi una musica.

Flavia: Che io sappia, no. (entra Adelmo che suona la fisarmonica, seguito da Pietro, Filandri, Mario e Cesare. Tutti ubriachi. Hanno in mano bottiglie e bicchieri)

Adelmo: (e gli altri in coro) M’è cascata la moglie nel fòco……………M’è cascata la moglie nel fòco, ‘un so se la cavo o la lascio brucià.

Flavia: Pietro! Vergognati! Ci si presenta in queste condizioni di fronte ad un amico. C’è qui il signor Filandri che ti è venuto a trovare.

Franzoni: Lo lasci fare signora…………. E’ probabile che abbia bevuto per dimenticare.

Flavia: Che cosa avrebbe dovuto dimenticare, secondo lei?

Franzoni: Ma tutto lo sconquasso che ha creato la mia venuta.

Flavia: Ah! Gia, certo……… Pietro, vieni a salutare il tuo amico.

Pietro: (si avvicina a Franzoni e canta) (aria della canzone di Armstrong a San Remo) Ciao, stasera son qui, e mi va di cantare……….. e tu chi saresti? Filandri non puoi essere, perché e qui.

Franzoni: (stringendogli la mano) Infatti sono Filippo Franzoni. Funzionario del ministero delle Finanze. Dipartimento accertamenti patrimoniali.

Pietro: (pensoso) Filippo……….. Filippo ……… questo nome mi ricorda qualcosa………...

Adelmo: Senta ‘n po’ sor Pietro se gli ricorda questa……….. (cantano e ballano tutti gli ubriachi) Ma Pippo, Pippo non lo sa, che quando passa ride tutta la città. Si crede bello come un Apollo, ma saltella come un pollo…………………

Flavia: Basta! Basta! Fatela finita. (a Franzoni) E lei ripeta chi è precisamente, per favore, che non ho capito bene.

Franzoni: (mentre le stringe la mano) Filippo Franzoni. Funzionario del ministero delle Finanze. Dipartimento accertamenti patrimoniali.

Flavia: E perché sul suo biglietto da visita c’è scritto signor Silvestro Filandri?

Franzoni: Perché evidentemente, quello che le ha portato la domestica non era il mio. (la signora si adagia su una poltrona e sviene) (Franzoni va da Pietro per fargli firmare il verbale) Signor Stelloni, sarebbe così gentile da farmi un autografo qui?

Pietro: Ma certo. Perché non dovrei. Per gli amici si fa questo ed altro. Autografi……….. autografi per tutti………………..(Pietro firma)

Franzoni: Grazie mille, signor Stelloni e…………….. auguri, a lei e alla sua orchestra. (Franzoni esce e saluta agitando il fazzoletto rosso che aveva nel taschino) (Gli ubriachi intonano, insieme, la canzone Ciao bambina)

Pietro: (rivolto ai compagni con atteggiamento da direttore d’orchestra) Pronti? Uno, due, tre ………. (tutti salutano) Ciao, ciao, bambino, un bacio ancora e poi per sempre, ti lascerò ………………. (cala il sipario)

Fine