L’ospite inatteso

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ATTO PRIMO

L’OSPITE INATTESO

(The Unexpected Guest)

di Agatha Christie

PERSONAGGI  E INTERPRETI

in ordine di apparizione

Richard Warwick

Laura Warwick

Linda Branchini

Michael Starkwedder

Gabriele Malavasi

La Signorina Bennet

Elisa Bassoli

Jan Warwick

Alex Luppolini

La Signora Warwick

Cadwallader, sergente di polizia

Francesco Peggi

Thomas, ispettore di polizia

Davide Righetti

Henry Angell

Matteo Bedeschi

Julian Farrar

Luca Bonini

Epoca: fine anni Cinquanta.


ATTO PRIMO

Lo studio di Richard Warwick. Sono circa le undici e mezzo di una sera di novembre. A sinistra, la porta del corridoio e un’ampia libreria a muro con una serie di sportelli nella parte inferiore. Sul fondo, a sinistra, una profonda rientranza simile a un’alcova tappezzata di libri. Contro una parete dell’alcova un tavolo con una lampada, nella parete opposta una finestrina e una poltrona. Sempre sul fondo, a destra un’ampia portafinestra fiancheggiata da due finestroni. Nella parete di destra, una porta che da nella camera da letto di Richard Warwick e una scrivania. Una poltrona a rotelle guarda verso la portafinestra, accanto c’è un tavolino con una caraffa di brandy, un bicchiere e una scatola di munizioni. Al centro della scena una bergère di cuoio, un tavolino, e un sofà rivolto verso il pubblico con accanto una panchetta. Alle pareti, alcuni trofei di caccia. Quando si alza il sipario, la portafinestra è chiusa ma i tendaggi sono scostati. C’è nebbia, fuori, e dal canale di Bristol arrivano a brevi intervalli gli echi malinconici delle sirene da nebbia. Richard Warwick, un bell’uomo di mezz’età, siede sulla poltrona a rotelle. Ha un plaid sulle ginocchia e sembra addormentato. Laura Warwick è in piedi, immobile, vicino all’alcova. E' una bella ragazza bionda sulla trentina, vestita da mezza sera. La scena è immersa nel buio. Si ode uno scalpiccio di passi sulla ghiaia del giardino. Un momento dopo la luce di una torcia elettrica rischiara la bruma all’esterno, avvicinandosi. Come il fascio di luce spazza il locale, sfiorando Laura, lei si ritira nell’ombra dell’alcova. Si vede Starkwedder che cerca di entrare, passando la mano sui vetri e scrutando nella stanza. Bussa alla portafinestra, aspetta un secondo, bussa di nuovo, più forte. Poi tenta la maniglia, la porta si apre e lui entra quasi incespicando.

STARKWEDDER            Permesso? (Facendosi avanti) C’è nessuno?

Illuminando la stanza con la torcia elettrica, scorge Richard sulla sedia a rotelle. Starkwedder è un uomo sui trentacinque anni, dall’aria attiva ed energica. Indossa un cappotto sopra un completo di tweed, e ha l’aspetto di chi vive molto all’aperto. Un po’ rude, tuttavia e uomo di cervello, oltre che d’azione.

                                      Scusi, sa, ma con questa maledetta nebbia... Sono uscito di strada poco fa con la macchina e son finito in un fosso. Non ho la più pallida idea di dove mi trovo. Oh, ho dimenticato di chiudere, mi scusi. (Torna verso la portafinestra, la chiude e tira le tende) A un certo punto, devo aver lasciato la provinciale, senza rendermene conto. Fatto sta che da più di un’ora vago tra queste strade di campagna senza raccapezzarmi. (Si volta a fissare Richard) Dorme? (Gli illumina il viso con il raggio della lampadina e si ferma di colpo rendendosi conto che Richard non si e mosso. Si china, lo scuote per una spalla, e Richard scivola giù, rimanendo accasciato in una strana posa) Oh, Dio! (Proietta il raggio verso destra, vede un interruttore, va a girarlo. La lampada sul tavolo si accende. Starkwedder posa la torcia elettrica sul tavolino e guarda Richard, girandogli attorno. Poi, scorge un altro interruttore, vicino alla porta a sinistra e va a girarlo, accendendo così la larnpada sul tavolo dell’alc va e quella sulla scrivania. Tornando verso Richard, vede la ragazza.)

Laura non si e mossa. Immobile con le braccia lungo i fianchi, da l’impressione di trattenere perfino il respiro. Un attimo di silenzio, mentre i due si fisano.

                                      E’... morto!

LAURA                           (senza espressione) Sì.

STARKWEDDER            Lo sa?

LAURA                           Sì.

STARKWEDDER            Gli hanno sparato. Alla testa. Chi...?

Laura solleva lentamente la mano, nascosta fino a quel momento fra le pieghe dell’abito, mostrando un revolver. Starkwedder trattiene bruscamente il respiro, le va vicino, e le toglie l’arma.

STARKWEDDER            E’ stata lei?

LAURA                           Sì.

Starkwedder va a posare il revolver sul tavolino accanto alla poltrona a rotelle, poi si china su Richard, per osservarlo, e infine si guarda attorno, incerto. Un’altra pausa.

                                      Il telefono e là. (Accenna all scrivania.)

STARKWESSER            (trasalendo) Il telefono?

LAURA                           (nello stesso tono distaccato) Se vuol chiamare la polizia.

Starkwedder la studia, perplesso.

STARKWEDDER            Qualche minuto in più o in meno non fa differenza. Tanto, con questa nebbia, nemmeno per gli agenti sarà uno scherzo, arrivare fin qui. Mi piacerebbe saperne un po’ di più... (S’interrompe e fissa il morto) Chi e?

LAURA                           Mio marito. (Una pausa) Si chiama Richard Warwick. Io sono Laura Warwick.

STARKWEDDER            Ah, ecco... Non farebbe meglio a sedersi?

Lentamente, a passo un po’ malfermo, Laura va verso il divano.

                                      Vuole un brandy? Dev’esser stato uno choc.

LAURA                           (con ironia) Sparare a mio marito?

STARKWEDDER            (ritrovando la calma e parlando in tono asciutto) Be’, immagino di sì. 0 è stato un divertimento?

LAURA                           (enigmatica) E stato un divertimento. (Si siede sul divano.)

Starkwedder aggrotta la fronte, pensoso.

 

                                      Ma non mi dispiacerebbe, bere quel brandy.

Starkwedder si toglie il cappello, lo getta sulla poltrona dell’alcova, poi versa il liquore dalla caraffa e porge il bicchiere a Laura, che beve.

STARKWEDDER            Bene, e se mi raccontasse tutto per ordine?

LAURA                           (alzando gli occhi su di lui) Non farebbe meglio a telefonare alla polizia?

STARKWEDDER            Una cosa per volta. Non c’è niente di male se prima facciamo due chiacchiere, vero? (Si sfila i guanti e se li mette in tasca, poi comincia a sbottonarsi il cappotto.)

LAURA                           (perdendo via via la calma) Io... io non... Ma lei, chi è? Com’è capitato qui, proprio stasera?

STARKWEDDER            Mi chiamo Michael Starkwedder. Sono ingegnere. Lavoro per la Società Anglo-Iraniana, e sono appena tornato dal Golfo Persico. Mi trovo qui da un paio di giorni, alla ricerca di qualche angolo caratteristico sopravvissuto al progresso. La famiglia di mia madre era di queste parti, e pensavo di comprarmi una casetta. Nelle ultime due ore... ormai, saranno anche tre... mi sono completamente sperduto. Ho continuato a guidare per queste stradine tutte curve finche non sono finito in un fosso. C’è un nebbione che si taglia col coltello. Ho trovato un cancello, poi brancolando sono arrivato fino a questa casa, sperando di trovare un telefono e magari di chiedere asilo per la notte. Ho tentato la maniglia di quella portafinestra, non era chiusa, così sono entrato. Dopo di che mi trovo davanti... (Si volta verso la sedia a rotelle, e indica il cadavere.)

LAURA                           Ha bussato sul vetro, prima... diverse volte.

STARKWEDDER            Sì. Non rispondeva nessuno.

LAURA                           (trattenendo il respiro) No, non rispondevo.

Un’altra pausa, durante la quale Starkwedder guarda Laura, cercando di farsene un’idea.

STARKWEDDER            Come dicevo, ho tentato la maniglia, la portafinestra non era chiusa e sono entrato.

LAURA                           (fissando il bicchiere e parlando come se citasse a rnemoria) <<La porta si apre ed entra l’ospite inatteso.>> (Ha un brivido) Questa frase mi faceva sempre paura, da bambina. L’Ospite Inatteso... (Alza la testa di scatto e lo fissa. Poi, con improvvisa passione) Ma perchè non chiama la polizia e non la facciamo finita?

Starkwedder attraversa la stanza e va a studiare il cadavere.

 

STARKWEDDER            Non ancora. Perchè gli ha sparato?

LAURA                           (con ironia) Potrei elencarle alcune ottime ragioni. Beveva. Era crudele. L’odiavo da anni.

Starkwedder le lancia un’occhiata penetrante.

                                      (rabbiosamente) Che cosa dovrei dirle?

STARKWEDDER            L’odiava da anni? (Fissando il morto) Stasera però è accaduto qualcosa... qualcosa di speciale, eh?

LAURA                           Ha detto bene. Stasera e accaduto qualcosa di speciale. E così... così ho preso la pistola dal tavolino, accanto a lui, e... e gli ho sparato. Tutto qui. A che serve parlarne? Alla fine, dovrà comunque chiamare la polizia. Non c’è via d’uscita. (Poi, a voce più bassa) Non c’è nessuna via d’uscita.

STARKWEDDER            Non è semplice come pensa.

LAURA                           E perchè?

STARKWEDDER            Non è facile fare quello che lei insiste tanto per farmi fare... Lei è una donna. Una donna molto attraente.

LAURA                           Perchè, fa differenza?

STARKWEDDER            (cordiale) In teoria, certo, no. In pratica sì. (Si sfila il cappotto e va a posarlo sulla poltrona dell’alcova. Poi rimane a fissare il morto.)

LAURA                           Oh! E’ per cavalleria! ’

STARKWEDDER            La chiami curiosità, se preferisce. Voglio sapere come stanno le cose.

LAURA                           Gliel’ho detto.

STARKWEDDER            Mi ha detto i fatti nudi e crudi, forse.

LAURA                           E le mie ottime ragioni. Non c’è altro da aggiungere. Del resto, perchè dovrebbe credermi? Potrei inventare mille frottole. Ha solo la mia parola per credere che Richard beveva, che era crudele come una belva e che io l’odiavo.

STARKWEDDER            L’ultima affermazione posso accettarla, credo. (Studiando il morto) Ci sono alcuni indizi che lo confermano. (Si avvicina allo sgabello) Tuttavia è un po’ drastico, non crede? Dice d’averlo odiato per anni. Perchè non l’ha lasciato? Sarebbe stato molto più semplice.

LAURA                           (esitante) Io non... non ho un soldo, di mio.

STARKWEDDER            Mia cara figliola, se avesse potuto dimostrare la crudeltà mentale, l’ubriachezza abituale e tutto il resto, avrebbe ottenuto il divorzio, o la separazione, dopo di che avrebbe avuto diritto agli alimenti o come diavolo li chiamano. (Aspetta una risposta.)

Laura, non sapendo che dire, si alza e va a posare il bicchiere sul tavolo dando le spalle al visitatore.

                                      Figli non ne ha?

LAURA                           No, grazie al cielo.

STARKWEDDER            Be’, allora perchè non l’ha lasciato?

LAURA                           (voltandosi verso di lui, confusa) Ecco, vede... adesso erediterò tutto il suo denaro.

STARKWEDDER            Oh, no, nient’affatto. La legge non le permetterà di beneficiare del delitto che ha commesso. Oppure pensava che... (esita) Che cosa pensava?

LAURA                           Che cosa intende? Non capisco.

STARKWEDDER            (sedendosi su una poltrona e fissando Laura) Lei non è una stupida. Anche se ereditasse tutto non le servirebbe gran che, dovendo finire impiccata o all’ergastolo. (Sistemandosi più comodamente sulla poltrona) Mettiamo che io non avessi bussato a quella finestra, poco fa... Che cos’avrebbe fatto?

LAURA                           Ha importanza?

STARKWEDDER            Forse no... ma m’interessa. Quale sarebbe stata la sua versione, se io non le fossi capitato tra capo e collo, cogliendola, per così dire, con le mani nel sacco? Incidente? Suicidio?

LAURA                           (disperata) Non lo so. (Va a sedersi sul sofà dando le spalle al visitatore) Non ne ho idea. Le assicuro che non ho avuto il tempo di riflettere.

STARKWEDDER            No, forse no... Non credo sia stato un gesto premeditato. Dev’esser stato un impulso improvviso. (Si alza e fa qualche passo per la stanza) ... Oppure qualcosa che suo marito ha detto. (Girandosi) Che cosa?

LAURA                           Le ripeto, non ha importanza.

STARKWEDDER            Sentiamo: che cos’ha detto?

LAURA                           Questo non lo saprà mai nessuno.

STARKWEDDER            In tribunale glielo domanderanno.

LAURA                           Non risponderò. Non possono obbligarmi a rispondere.

STARKWEDDER            Il suo difensore dovrà saperlo. Potrebbe cambiare le cose.

LAURA                           Oh, ma non vede che non ho nessuna speranza?  Sono preparata al peggio, mi creda.

STARKWEDDER            Solo perchè sono entrato da quella portafinestra? Se io non fossi...

LAURA                           (interrompendolo) Ma l’ha fatto!

STARKWEDDER            Si, l’ho fatto... e così, lei e perduta!

Una pausa. Starkwedder tira fuori un pacchetto di sigarette americane, ne offre una a Laura e ne prende una per sè.

                                      Su, vediamo di fare un passo indietro. Da un pezzo lei odiava suo marito, ma stasera lui le ha detto qualcosa che è stato come la famosa ultima goccia. Lei allora ha afferrato l’arma che stava là... A proposito, perchè se ne stava seduto con una pistola a portata di mano? E’ piùttosto insolito.

LAURA                           Ah, la pistola. Aveva la mania di sparare ai gatti.

STARKWEDDER            (sorpreso) Ai gatti?

LAURA                           Be’, penso che dovrò darle qualche spiegazione. Un tempo Richard si dedicava alla caccia grossa ed era piùttosto noto. Ci siamo conosciuti nel Kenya, appunto. Era un uomo molto diverso, allora. 0 forse, lasciava vedere le sue buone qualità ma non i difetti. E ne aveva, di buone qualità. Era generoso, pieno di coraggio, un coraggio eccezionale. E piaceva immensamente alle donne. (Alza gli occhi, come accorgendosi di Starkwedder per la prima volta.)

Starkwedder, ricambiando lo sguardo, accosta l’accendino alla sigaretta di Laura, poi alla propria.

STARKWEDDER            Continui.

LAURA                           Ci siamo sposati poco dopo esserci conosciuti. Poi, due anni dopo, lui ha avuto un incidente terribile: è stato aggredito da un leone. Ne è uscito vivo, ma da quel momento è diventato praticamente un invalido. Non riusciva più a camminare come prima. (Si appoggia all’indietro, più rilassata.)

Starkwedder si siede sullo sgabello, di fronte a lei.

                                      Dicono che la sventura migliori il carattere. Ma a lui non l’ha migliorato affatto... Anzi, ha sviluppato tutti i suoi lati peggiori: spirito vendicativo, una vena di sadismo, la passione per l’alcool. Richard ha cominciato a rendere la vita impossibile a tutti, in questa casa. Noi portavamo pazienza perchè... be’, sa cosa si pensa: “Povero Richard, com’è triste essere unbinvalido...“ Era un errore, invece. Ora lo capisco. Lo spingevamo a sentirsi diverso dagli altri, autorizzato a fare quel che gli pareva senza dover rendere conto a nessuno. (Si alza e va a scuotere la cenere nel portacenere) Per tutta la vita, sparare era stata la sua passione... Così, ogni sera, quando noi eravamo andati a letto, lui si sedeva qui, e Angell, il suo domestico- infermiere, portava il brandy e una delle sue tante pistole e gli metteva tutto a portata di mano. Quella finestra doveva rimanere spalancata e lui se ne stava seduto a guardar fuori, in attesa di veder brillare gli occhi di un gatto, d’un coniglio o di un cane. Ultimamente, si sa, di conigli non ne sono rimasti molti. Ma Richard uccideva un’infinità di gatti. Perfino in pieno giorno, gli sparava. E anche agli uccelli.

STARKWEDDER            E i vicini non si lamentavano?

LAURA                           (tornando a sedersi sul divano) Altro che! Sa, viviamo qui solo da un paio d’anni. Prima stavamo nel Norfolk, sulla costa orientale. Un paio di mici dei vicini ci han rimesso la pelle e ci son state proteste a non finire. Per questo siamo venuti ad abitare qui. E’ molto isolata, questa casa. Abbiamo un solo vicino, per miglia all’intorno. Ma ci sono tanti gatti, scoiattoli e uccellini. (Una pausa) Nel Norfolk, siamo finiti nei guai perchè un giorno una donna e venuta a vendere i biglietti per una festa di beneficenza al vicariato e mentre si allontanava lungo il viale Richard si e messo a spararle a destra e a sinistra, mancandola di misura. Lei e schizzata via come una lepre... Richard non si teneva dal ridere, mentre ce lo raccontava. “Quella cicciona con quel sedere sterminato, che tremolava come gelatina” ripeteva. La donna però, è andata dritta alla polizia. C’è stato un can can terribile.

STARKWEDDER            Lo credo bene.

LAURA                           Ma Richard è riuscito ugualmente a cavarsela. Aveva il permesso per tutte le sue armi, e ha spiegato che le usava solo per sparare ai conigli. Ha liquidato la povera signorina Butterfield facendola passare per una zitellona paurosa e isterica, che si era immaginata tutto. Richard era bravissimo a inventare spiegazioni plausibili. E la polizia gli ha creduto.

STARKWEDDER            Doveva avere un senso dell’umorismo piùttosto distorto. (Tornando ad osservare il morto) Insomma, avere accanto un’arma, per lui, faceva parte della routine notturna. Ma non credo che potesse sparare a qualcosa, stasera. Con questa nebbia!

LAURA                           Oh, lui la pistola la voleva sempre vicino. Era come un giocattolo per un bambino. A volte sparava nel muro, tracciando dei disegni. Guardi là, ad esempio. (Indica la portafinestra) Là a sinistra, dietro la tenda.

Starkwedder solleva un tendaggio di fianco alla portafinestra, scoprendo dei fori di proiettile nell’intonaco che formano le iniziali R.W.

STARKWEDDER            Uhm... Erre vi doppio. Le sue iniziali, tracciate a forza di colpi. Davvero notevole. (Lascia ricadere la tenda) Accidenti, che tiratore! Uhm... Doveva essere piùttosto agghiacciante vivere con lui.

LAURA                           Infatti. (Alzandosi, con veemenza quasi isterica) Dobbiamo continuare a parlare e parlare? Serve solo a rimandare l’inevitabile. Non si rende conto che deve telefonare alla polizia? E che sarebbe molto più umano farlo subito? Oppure, preferisce che lo faccia io? E va bene, lo faccio. (Va rapidamente verso il telefono.)

STARKWEDDER            (raggiungendola e fermandole la mano) Prima dobbiamo parlare.

LAURA                           Abbiamo parlato. E in fondo non c’è niente da dire.

STARKWEDDER            Sì, invece. Sarò un idiota, non discuto, ma dobbiamo trovare una via d’uscita.

LAURA                           (incredula) Per me?

STARKWEDDER            Per lei. Si. Dica, è coraggiosa? Sa mentire, se necessario, e mentire in modo convincente?

LAURA                           Lei e pazzo!

STARKWEDDER            Può darsi.

LAURA                           Non sa quello che fa.

STARKWEDDER            So benissimo quello che sto per fare. Sto per diventare un favoreggiatore.

LAURA                           Ma perché? Perché?

STARKWEDDER            Già. Perché? Per la semplice ragione che lei è una bella donna, immagino, e a me non piace l’idea che una bella donna passi in prigione i migliori anni della sua vita. E’ terribile, quasi come essere impiccati... o è proprio per i delitti come questo che si finisce sul patibolo? Non me ne ricordo mai. Ad ogni modo, così stanno le cose. Sì. Suo marito era un invalido, uno storpio. Non ci sono prove che l’abbia provocata, salvo la sua parola, e lei mi pare estremamente restia a darla. Ragion per cui, un’assoluzione sembra poco probabile, no?

LAURA                           Potrei averle raccontato un mucchio di frottole.

STARKWEDDER            (allegramente) Forse. E forse io sono un idiota a crederle. Però le credo.

Una pausa. Laura si siede sullo sgabello, dandogli le spalle.

                                      E adesso svelta, parli. Prima di tutto, chi c’è esattamente in questa casa?

LAURA                           (esita un attimo, poi quasi meccanicamente) C’è la madre di Richard e c’è Benny, la signorina Bennett, che è una via di mezzo tra una governante e una segretaria. E’ un’ex-infermiera d’ospedale, sta con noi da un pezzo ed era molto devota a Richard. E poi c’è Angell. Infermiere anche lui e cameriere personale di Richard.

Starkwedder si siede sul bracciolo del divano.

                                      Non ci sono domestici, soltanto personale a ore. Ah... e c’è Jan.

STARKWEDDER            (subito attento) Chi e Jan?

LAURA                           (sogguardandolo imbarazzata) E’ il fratellastro di Richard. Vive con noi.

STARKWEDDER            Coraggio, vuoti il sacco. Che cosa non vuol dirmi di Jan?

LAURA                           Oh, e un tesoro. Dolce, affettuoso, ma... ma non è come gli altri. Insomma è... quello che si dice un ritardato mentale.

STARKWEDDER            Capisco. Ma lei gli vuol bene, vero?

LAURA                           Sì, molto. Per questo non potevo lasciare Richard e andarmene. Per via di Jan. Richard l’avrebbe fatto chiudere in un istituto.

STARKWEDDER            E’ questa la minaccia con cui la ricattava?

LAURA                           Sì. Se avessi avuto modo di guadagnare abbastanza per vivere e mantenere Jan... Ma non ero all’altezza, temo. E poi Richard era il tutore di Jan.

STARKWEDDER            E lo trattava bene?

LAURA                           Qualche volta sì.

STARKWEDDER            E le altre volte?

LAURA                           Parlava... parlava di farlo ricoverare. “Saranno buonissimi con te, ragazzo”, gli diceva. “Avranno tutte le cure. Laura, scommetto, verrebbe a trovarti, un paio di volte l’anno.” E insisteva finchè Jan, terrorizzato, cominciava a pregare, a supplicare, a balbettare... allora si lasciava andare contro la spalliera della poltrona e rideva come un pazzo. Gettava la testa indietro e rideva, rideva, rideva.

STARKWEDDER            (osservandola) Capisco. (Una pausa) Capisco.

LAURA                           (andando nervosamente a spegnere la sigaretta) Non è tenuto a credermi. Non è tenuto a credere una parola di quello che dico. A quanto ne sa, potrei essermi inventata tutto.

STARKWEDDER            Le ho già detto che correrò il rischio. (Va a sedersi sul bracciolo del sofà) Allora, che tipo è quella... come si chiama? Quella Bennett? Una persona intelligente?

LAURA                           Efficacissima e capacissima.

STARKWEDDER            Com’è che nessuno ha sentito lo sparo, stasera?

LAURA                           La madre di Richard è sorda. La camera di Benny è dall’altro lato della casa, l’alloggio di Angell è isolato da una porta imbottita. C’è Jan, naturalrrente, lui dorme sopra questa stanza, ma va a letto presto e ha il sonno molto pesante.

STARKWEDDER            Sembra che tutto congiuri a nostro favore.

LAURA                           Ma che cosa propone lei? Di farlo sembrare un suicidio?

STARKWEDDER            (scuotendo la testa) No, non può passare per un suicidio. (Si alza e si avvicina di nuovo al cadavere) Non era mancino, vero?

LAURA                           No.

STARKWEDDER            (girando attorno al morto per osservarlo dall’altro lato) Quindi, non poteva certo spararsi da questa direzione. (Indica la tempia sinistra di Richard) E poi, non c’è traccia di bruciatura. No, il colpo e stato sparato da una certa distanza. Niente da fare, il suicidio è escluso. C’è sempre l’incidente, in compenso. (Riflette un momento, poi comincia a costruire la possibile scena) Allora, poniamo che io sia capitato qui, stasera, proprio come ho fatto. Che sia entrato da quella portafinestra e che Richard mi abbia accolto con una revolverata. Più che probabile, direi, da come me l’ha descritto. Bene, a questo punto, io lo affronto, gli strappo la pistola di mano...

LAURA                           (pronta) E, nella colluttazione parte un colpo?

STARKWEDDER            Si... No, non va. Come dicevo, la polizia si accorgerebbe subito che il colpo non e stato sparato da vicino. Bene, diciamo che riesco a disarmarlo. Già ma, una volta disarmato, perché diavolo dovrei sparargli? Uhm... E’ un problema. (Sospira) Va be’, lasciamo che sia un omicidio. Omicidio puro e semplice. Però, commesso da qualcuno venuto da fuori. (Si avvicina alla portafinestra, scosta una tenda, guarda in giardino.)

LAURA                           Un ladro?

STARKWEDDER            (voltandosi) Be’, potrebbe anche essere un ladro, ma sa un po’ di montatura... Perché non un nemico? E’ melodrammatico, d’accordo, però da quanto mi ha detto di suo marito, era il tipo che di nemici doveva averne a iosa. Ho torto?

LAURA                           No, no. Richard di nemici ne aveva, ma...

STARKWEDDER            Lasci stare i ma, per il momento. Mi dica tutto quello che può sui nemici di Richard. Il numero uno è la signorina... retroterra tremolante. Ma non mi sembra il tipo dell’assassina, però. E ad ogni caso, immagino che viva ancora nel Norfolk. (Si siede sul divano) E poi? Chi altri ce l’aveva con lui?

LAURA (dubbiosa)         C’è stato un giardiniere, circa un anno fa... Richard l’ha licenziato e non ha voluto dargli le referenze. L’uomo è andato su tutte le furie e ha minacciato fulmini e saette.

STARKWEDDER            Chi era, uno del posto?

LAURA                           Sì, veniva da Llanfechan, a circa sei chilometri da qui.

STARKWEDDER            (aggrottando la fronte) Non mi sembra la persona giusta. Scommetto che avrà un magnifico alibi perché non si e mosso da casa. Se poi l’alibi non ce l’ha, oppure ce l’ha, ma non basta perché e fornito dalla moglie, rischieremmo di far condannare un povero diavolo per un delitto che non ha commesso. No, quello che ci serve e un nemico del passato. Non c’è qualcuno dei tempi in cui Richard sparava ai leoni e alle tigri? Uno che viene dal Kenia, dall’Africa, dall’India? Da un posto dove la polizia non possa indagare tanto facilmente?

LAURA                           Se soltanto riuscissi a pensare... a ricordare. Se mi tornasse in mente qualcuna delle storie che Richard ci raccontava...

STARKWEDDER            Purtroppo non abbiamo sottomano neppure un bel pezzo di trovarobato per montare la scena. Non so... un turbante indiano da appoggiare con noncuranza alla caraffa, un pugnale Mau Mau, una freccia avvelenata. Maledizione, ci serve qualcuno con un bel conto da saldare, qualcuno che Richard aveva trattato da cani. Ci pensi, ci pensi!

LAURA                           Non ci riesco. Ho la mente annebbiata...

STARKWEDDER            Dato il tipo che era suo marito, ci saranno pur stati degli incidenti, qualcosa. Qualcuno che l’aveva minacciato. A ragione, magari.

LAURA                           (lentamente) C’è stato il padre di un bambino che Richard aveva investito con l’auto.

STARKWEDDER            (subito) Quand’è successo?

LAURA                           Circa due anni fa, quando stavamo ancora nel Norfolk. Quello, non le ha risparmiate, le minacce...

STARKWEDDER            Forse, è una possibilità. Sentiamo, mi dica tutto quello che ricorda di lui.

LAURA                           Richard stava tornando da Cromer. Aveva bevuto. Attraverso un paesino a novanta all’ora, andando a zig-zag. Il bambino uscì di corsa dalla locanda del paese, attraverso la strada... e Richard l’investì, uccidendolo sul colpo.

STARKWEDDER            Ma come? Suo marito poteva guidare la macchina?

LAURA                           Sì. Se ne era fatta fare una apposta, con dei comandi speciali.

STARKWEDDER            Capisco. E come finì la faccenda del bambino? Non arrestarono Richard per omicidio colposo?

LAURA                           Ci fu un’inchiesta, naturalmente. (Con amarezza) Richard venne completamente scagionato.

STARKWEDDER            (sorpreso) Ma... non c’erano testimoni

LAURA                           C’èra il padre del bambino. Aveva visto tutto. E in macchina, con Richard, c’era un’infermiera dell’ospedale, l’infermiera Warburton. A sentir lei, Richard viaggiava sì e no a cinquanta all’ora e aveva bevuto solo un bicchiere di sherry. Disse che l’incidente era stato assolutamente inevitabile. Credettero a lei e non al padre del piccolo. Udendo la sentenza, pare che l’uomo abbia trasceso violentemente. Ma, vede, chiunque avrebbe creduto alla Warburton. Sembrava la quintessenza dell’attendibilità, così obiettiva, così accurata nel riferire...

STARKWEDDER            Lei non era sull’auto?

LAURA                           No.

STARKWEDDER            Allora come può esser certa che l’infermiera non dicesse la verità?

LAURA                           (con arnarezza) Oh, Richard ne parlava in lungo e in largo. Al ritorno dall’inchiesta disse: “Brava, Warby, è stata un fenomeno. Probabilmente mi ha risparmiato parecchi anni di galera”. E lei rispose: “Però non se lo merita, signor Warwick. Andava troppo forte, lo sa bene. E’ stata un’infamia, povero bambino”. E Richard: “Oh, la smetta! Cos’è un moccioso di più o di meno, in questo mondo sovraffollato? Sta meglio da morto che da vivo. Non ci perderò certo il sonno, gliel’assicuro”.

STARKWEDDER            (gettando un’occhiata al cadavere, cupamente) Più ne sento, di suo marito, più mi convinco che quanto e accaduto stasera è stato un atto di giustizia, non un delitto. (Andando verso di lei) Allora, l’uomo che si vide investire il figlio, il padre del bambino, come si chiamava?

LAURA                           Aveva un nome scozzese, mi sembra. Mac... Mac qualcosa: MacLeod, MacCrae... non ricordo.

STARKWEDDER            Ma deve assolutamente ricordare. E’ importante. Sa se vive ancora nel Norfolk?

LAURA                           No, no. Era qui solo in visita. Dai parenti della moglie, credo. Veniva dal Canada.

STARKWEDDER            Dal Canada... per fortuna è molto distante. Rintracciarlo richiederebbe tempo. Penso... sì penso che questa potrebbe essere la strada buona. Ma per amor del cielo, cerchi di ricordarsi il nome di quell’uomo. (Va a prendere i guanti dalla tasca del cappotto e li infila. Guardandosi attorno) Ha dei giornali?

LAURA                           (meravigliata) Giornali?

STARKWEDDER            Non di oggi. Di ieri o dell’altro ieri, sarebbe meglio.

LAURA                           (indicando uno sportello della libreria) Ce ne sono di vecchi lì, nell’armadietto. Li teniamo per accendere il fuoco.

Starkwedder va a prendere un giornale.

STARKWEDDER            Bene. Proprio quello che ci serve. (Richiude lo sportello, poi va alla scrivania, prende un paio di forbici e si mette a ritagliare delle lettere dal giornale.)

LAURA                           Che cosa vuol fare?

STARKWEDDER            Fabbricare un indizio.

LAURA                           Sì, ma metta... metta che la polizia trovi quell’uomo?

STARKWEDDER            Se vive ancora nel Canada, ci vorrà un bel pezzo. E, quando lo troveranno avrà un alibi. E a quel punto sarà un po’ tardi per controllare le cose, qui. Comunque è il meglio che possiamo fare. Se non altro, ci accorderà un po’ di respiro.

LAURA                           Non mi va.

STARKWEDDER            Ragazza mia, non può permettersi d’essere schizzinosa. Piùttosto, cerchi di ricordare il nome di quell’uomo.

LAURA                           Non ci riesco. Le dico che non ci riesco...

STARKWEDDER            (per aiutarla) McDougall, Mackintosh...

LAURA                           La smetta! Così mi confonde di più. Adesso non sono nemmeno più sicura che cominciasse con Mac.

STARKWEDDER            Be’, se non ci riesce, non ci riesce. Vedremo di farne a meno. Non ricorda la data, o qualcosa di utile?

LAURA                           La data posso dirgliela. Era il quindici maggio.

STARKWEDDER            (sorpreso) Toh. Com’è che se la ricorda?

LAURA                           (con amarezza) Perchè era il mio compleanno.

STARKWEDDER            Ah, ecco... Be’, questo risolve un piccolo problema. Tra l’altro abbiamo avuto fortuna. Questo è il giornale del quindici. (Ritaglia la data.)

LAURA                           (leggendo sopra la sua spalla) Quindici novembre.

STARKWEDDER            Si, e adesso mettiamo assieme la parola maggio... Vediamo... (Ritagliando) Qui, intanto, c’è una emme maiuscola. Ora ci vuole una a... una g…

LAURA                           Ma insomma, che cosa sta facendo?

STARKWEDDER            (sedendosi alla scrivania) C’è un po’ di colla?

Laura fa per prendere un barattolo di colla da una delle caselle, ma lui la trattiene.

                                      Ferma, non lo tocchi... le impronte! Ah, ecco. (Prende il barattolo e toglie il coperchio) Come diventare un perfetto criminale in una sola lezione. E qui c’è un bel blocco di carta lettere, come se ne vendono in tutta l’Inghilterra. (Prende il blocco e si accinge a incollare parole e lettere) Ora stia a vedere: uno, due, tre... è un affare serio, con i guanti. Ecco fatto! <<Quindici Mag- gio. Conto saldato>>. Oh Dio, il »l5» viene via. Là, che gliene pare? (Stacca il foglio dal blocco e lo mostra a Laura, poi si avvicina al morto) E adesso lo infiliamo qui, nel taschino della giacca. (Nel farlo, sposta un accendino, che finisce a terra) Ohila!

Laura dà un’esclamazione soffocata e cerca di raccoglierlo ma Starkwedder la precede e studia l’oggettino.

LAURA                           (ansante) Dia qui. Dia qui!

Starkwedder obbedisce, lievemente sorpreso.

                                      E’... il mio accendino.

STARKWEDDER            D’accordo, è il suo accendino... ma che ragione c’è di agitarsi tanto? (Guardandola, incuriosito) Non starà perdendosi di coraggio, vero?

Cercando di non farsi vedere, Laura sfrega l’accendino sulla gonna per cancellare eventuali impronte.

LAURA                           No, no, stia tranquillo.

Starkwedder, si assicura che il foglio infilato nel taschino di Richard sia tenuto fermo dal risvolto della giacca, poi torna alla scrivania, rimette a posto la colla, si toglie i guanti e tira fuori un fazzoletto. Infine guarda Laura.

STARKWEDDER            Ecco fatto; pronti per la prossima mossa. Dov’è il bicchiere in cui lei ha bevuto poco fa?

Laura va a posare l’accendino sul tavolo e torna col bicchiere. Starkwedder lo prende e sta per cancellarne le impronte, ma si ferma.

                                      No, questo sarebbe sciocco.

LAURA                           Perché?

STARKWEDDER            Be’, è logico che ci siano delle impronte, sia sul bicchiere sia sulla caraffa. Quelle del domestico, per cominciare, e probabilmente quelle di suo marito. L’assenza totale di impronte metterebbe subito in sospetto la polizia. (Beve un sorso dal bicchiere) Ora devo pensare al modo di spiegare le mie. Il delitto non è facile, vero? (Posa il bicchiere sul tavolino accanto alla poltrona a rotelle.)

LAURA                           (con improvviso slancio) Oh, non lo faccia! Non s’immischi in questa storia! Potrebbero sospettare di lei!

STARKWEDDER            (divertito) Ma, io sono un individuo molto rispettabile, assolutamente al di sopra di ogni sospetto. E in un certo senso ci sono già immischiato... La mia macchina si è impantanata nel fosso qui fuori. Ma non si preoccupi: tutt’al più potranno accusarmi di un piccolo spergiuro e di qualche giochetto di prestigio con l’elemento tempo... E non lo faranno, se lei reciterà la sua parte come si deve.

Spaventata, Laura si siede sulla panchetta, voltandogli le spalle.

                                      (spostandosi in modo da guardarla in faccia) Allora, è pronta?

LAURA                           Pronta... a far che?

STARKWEDDER            Su, non perda i nervi.

LAURA                           (come inebetita) Mi sento stupida. Non... non riesco a pensare.

STARKWEDDER            Non deve pensare, deve soltanto ubbidire agli ordini. Allora, ecco il piano di battaglia. Prima di tutto, c’è una fornace in casa?

LAURA                           C’è quella dell’acqua calda.

STARKWEDDER            Bene. (Va alla scrivania, prende il giornale, vi arrotola dentro i ritagli e porge il tutto a Laura) Allora, per prima cosa, vada in cucina e metta questa roba nella fornace. Poi salga in camera, si svesta e infili la vestaglia, o il negligè, o quello che è. (Una pausa) Ha dell’aspirina?

LAURA                           (perplessa) Sì.

STARKWEDDER            (riflettendo) Bene, vuoti la boccetta nello sciacquone, poi vada a bussare da qualcuno... da sua suocera o dalla signorina Bennett... e dica che ha mal di testa e vuole un po’ d’aspirina. Poi, mentre sarà con l’una o con l’altra... a proposito, lasci la porta aperta... sentirà lo sparo.

LAURA                           (sgranando gli occhi) Lo sparo?

STARKWEDDER            (avvicinandosi al tavolino e prendendo la pistola) Sì. A quello provvederò io. (Studiando l’arma) Uhm... pare straniera... è un ricordo di guerra?

LAURA                           Non lo so. Richard ne aveva di diverse marche.

STARKWEDDER            Chissà se è registrata.

LAURA                           Richard aveva una licenza... sempre che si dica così, un permesso, insomma, per la sua collezione.

STARKWEDDER            Già, per forza doveva averlo. Ma questo non significa che siano registrate tutte a nome suo. Di solito, la gente e piùttosto pasticciona in queste cose. Chi potrebbe saperlo di preciso?

LAURA                           Forse Angell... E’ importante?

STARKWEDDER            Be’, stando alla nostra ricostruzione, MacVattelapesca, dovrebbe precipitarsi dentro assetato di vendetta, impugnando un’arma di sua proprietà. Ma si può montare una situazione plausibilissima anche in un altro modo. L’uomo irrompe nella stanza. Richard, non del tutto sveglio, afferra la sua pistola. L’altro gliela strappa di mano e spara... Un po’ campato in aria, magari, ma bisogna accontentarsi. Qualche rischio dobbiamo correrlo. (Rimette l’arma sul tavolino accanto alla sedia a rotelle) Vediamo, abbiamo pensato a tutto? Sperò di sì. Il fatto che gli abbiano sparato un quarto d’ora o venti minuti prima non si noterà più, quando finalmente arriverà la polizia. Col nebbione, viaggiare su queste strade non è tanto facile. (Solleva la tenda e guarda i fori di proiettile) “Erre Vi doppio”. Sembra fatto apposta. Ci aggiungerò un punto. (Lascia ricadere la tenda e va a sedersi sul divano) Appena sentirà lo sparo, si mostri allarmata e venga giù con la signorina Bennett e con tutti quelli che riuscirà a portarsi dietro. La sua versione è che lei non sa niente. E’ andata a letto, si è svegliata con un tremendo mal di testa, è andata a vedere se qualcuno aveva dell’aspirina... e non sa altro. Capito? (Laura fa cenno di sì) Lasci tutto il resto a me. Si sente meglio, ora?

LAURA                           Sì.

STARKWEDDER            Allora vada e faccia come le ho detto.

LAURA                           Lei non dovrebbe farlo... Non è giusto. Non doveva lasciarsi coinvolgere.

STARKWEDDER            Su, non ricominciamo. Ognuno ha i suoi... come abbiamo detto, prima? I suoi divertimenti. Lei si è divertita a sparare a suo marito. Io mi diverto adesso. Ho sempre avuto la segreta ambizione di vedere come me la sarei cavata in un giallo della vita. E’ in grado di fare quello che le ho detto?

LAURA                           Sì.

STARKWEDDER            Brava. Oh, bene, ha l’orologio. Che ore fa?

Laura gli mostra l’orologio e Starkwedder sincronizza il suo.

                                      Mancano nove minuti, a mezzanotte. Le concedo tre... no, quattro minuti. Quattro minuti per andare in cucina, gettare il giornale nella fornace, salire in camera, svestirsi e andare a bussare dalla signorina Bennett. Pensa di farcela, Laura? (Le sorride con aria rassicurante.)

Laura accenna di sì.

                                      Allora, a mezzanotte meno cinque, sentirà lo sparo. Su, svelta.

Laura va alla porta e si volta a guardarlo, incerta.

                                      Non mi perderà i nervi all’ultimo momento, vero?

LAURA                           (debolmente) No.

STARKWEDDER            Brava.

Laura esce e Starkwedder le chiude la porta alle spalle. Poi sosta un attimo, pensando al da farsi. Dà un’occhiata all’orologio, e tira fuori una sigaretta. Sta per prendere l’accendino dal tavolo quando nota una foto di Laura su un ripiano della libreria. La prende, la guarda. Sorride, la rimette a posto e accende la sigaretta, lasciando l’accendino sul tavolo. Col fazzoletto cancella le impronte dai braccioli della poltrona e dalla fotografia, poi rimette a posto la sedia. Toglie il mozzicone di Laura dal portacenere e va a togliere il proprio mozzicone dal portacenere, sul tavolino. Cancella le impronte dalla scrivania e rimette a posto le forbici. Guarda per terra, cercando qualche frammento di carta sfuggito, ne trova uno, lo accartoccia e se lo mette in tasca. Cancella le impronte dall’interruttore vicino alla porta a destra, riprende la sua torcia elettrica dalla scrivania, va alla portafinestra, solleva la tenda e rischiara con la pila il terreno all’esterno.

                                      Troppo gelato perché restino delle orme.

Posa la torcia sul tavolo accanto alla sedia a rotelle e prende la pistola. Si assicura che sia carica, ripulisce le impronte, poi va verso la panchetta e vi appoggia la pistola. Dopo un’altra occhiata all’orologio, si rimette cappello, sciarpa e guanti. Con il cappotto sul braccio, va verso la porta a sinistra. Sta per spegnere la luce quando si ricorda di cancellare le impronte dalla maniglia. Infine spegne le luci, torna verso la panchetta, infilandosi il cappotto, raccoglie la pistola e sta per sparare verso le iniziali quando si rende conto che sono nascoste dalla tenda.

                                      Accidenti!

Prende in fretta la sedia della scrivania per tenere scostata la tenda. Ritorna vicino alla panchetta e spara. Poi, va e esarninare il risultato.

                                      Niente male!

Mentre rimette a posto la sedia della scrivania sente delle voci in corridoio. Si precipita fuori dalla portafinestra, portando la pistola con sè. Un istante dopo riappare, agguanta la torcia elettrica e corre fuori di nuovo. Le voci si avvicinano.

 

WARWICK                     (fuori scena) Che succede, Jan? Perché tutti girano per casa in piena notte? Benny, ma che c’è, siete impazziti tutti? Laura, cos’è successo?

                                      Jan... Jan... Insomma, si può sapere cosa succede in questa casa?

JAN                               (fuori scena) E’ Richard... spara alla nebbia... ditegli di piantarla e di non rovinarci il sonno! Dormivo così bene... anche tu, vero, Benny? Sta’ attenta, Laura, Richard è pericoloso... E’ pericoloso, Benny, sta’ attenta.

LAURA                           (fuori scena) C’è un nebbione fuori... Ho guardato dalla finestra del pianerottolo e quasi non si vede il sentiero. Non capisco a che cosa spari, con questa nebbia. E’ assurdo. E poi, ho sentito un grido.

BENNY                          (fuori scena) Ma perché si agita tanto, Laura? E’ Richard, che si diverte come al solito. Laura dice che ha sentito sparare, ma non c’è da preoccuparsi, ne sono sicura... Io, già, non ho sentito. Secondo me, e stata una sua impressione. Certo che è un bell’egoista e vado subito a dirglielo.

Benny e la prima a entrare. E una donna sulla cinquantina, con i capelli grigi, e indossa una veste da camera senza fronz li, di flanella. E' sveglia, sbrigativa, e tutto lascia capire che è un’ex-infermiera d’ospedale. C’è qualcosa di invadente, in lei, anche se a prima vista non si nota. Come entra, va verso la sedia a rotelle.

                                      Richard, Richard! Ma andiamo, Richard, a quest’ora non è proprio il caso! Ci siamo spaventati tutti... Richard! ... Laura!

Laura, ora in vestaglia, ha seguito Benny. Accende le luci e va verso il divano. Jan la segue. E’ un ragazzo di diciannove anni con uno strano viso faunesco, pieno di candore, e gli occhi mobilissimi, a tratti, sfuggenti. Ha una grande dolcezza di rnodi.

JAN                               Che c’è Benny? Che succede?

BENNY                          Richard... si è ucciso!

JAN                               Guarda, Benny, il revolver non c’è più. (Indica il tavolino.)

STARKWEDDER            (da fuori) Ehi! di casa! Che succede? Qualcosa non va?

JAN                               (guardando dalla finestrina dell’acolva) Ascolta. C’è qualcuno, fuori.

BENNY                          Fuori? E chi è?

Benny si volta verso la portafinestra e sta per tirare le tende quando Starkwedder irrompe nella stanza. Benny indietreggia.

STARKWEDDER            (venendo avanti) Cos’è successo qui dentro? Cos’è stato? Quest’uomo è morto, gli hanno sparato. (Guarda insospettito dall’uno all’altro.)

BENNY                          (diffidente) E lei chi è? Da dove arriva?

STARKWEDDER            Poco fa sono finito in un fosso con la macchina. Mi ero perduto e giravo da ore. Ho visto un cancello e mi sono diretto verso la casa sperando di trovare aiuto e un telefono. Ho sentito uno sparo, poi qualcuno e uscito di corsa da quella portafinestra e mi ha urtato. Gli e caduta questa. (Mostra la pistola.)

BENNY                          E dov’è andato quel tale?

STARKWEDDER            Come faccio a saperlo? Con questa nebbia!

Jan, imrnobile davanti alla porta, fissa il cadavere.

JAN                               (eccitato) Hanno sparato a Richard!

STARKWEDDER            A quanto pare sì. Sara meglio avvertire subito la polizia. (Posa la pistola sul tavolino accanto alla sedia a rotelle, prende la caraffa e versa del brandy in un bicchiere) Chi è?

LAURA                           Mio marito. (Si siede sul divano.)

STARKWEDDER            (con sollecitudine lievemente forzata) Su... beva questo. Lei ha avuto uno choc.

Mentre Laura prende il bicchiere, Starkwedder, che volta le spalle agli altri, le rivolge un sorriso d’intesa, per farle notare che ha risolto il problema delle impronte. Poi va a gettare il cappello sulla poltrona dell’alcova. Benny sta per chinarsi sul cadavere, ma lui si volta di scatto.

                                      No, signora, non tocchi niente. Questa ha tutta l’aria di un delitto. E se lo è, non bisogna toccare nulla.

BENNY                          (raddrizzandosi e indietreggiando, allibita) Un delitto? Non è possibile!

Entra la signora Warwick, una vecchia alta e autoritaria, in vestaglia. Cammina con un bastone, ma è molto svelta ed ha evidentemente una forte personalità.

SIGNORA WARWICK     (fermandosi sulla soglia) Cos’è stato?

JAN                               Hanno sparato a Richard! Hanno sparato a Richard!

BENNY                          Ssst... Zitto, Jan.

SIGNORA WARWICK     Ho sentito bene?

BENNY                          (indicando Starkwedder) Lui ha parlato di... delitto.

La signora Warwick va verso il cadavere del figlio.

 

SIGNORA WARWICK     (sommessamente) Richard!

JAN                               (avanzando verso il morto) Guardate... guardate! Là, sul petto. Un foglio, con su scritto qualcosa! (Allunga la mano.)

STARKWEDDER            (trattenendolo) Non lo tocchi! Mi raccomando, non tocchi niente! (Si china sul cadavere e legge lentamente) »Quindici... maggio... conto saldato.»

BENNY                          MacGregor!

Laura si alza. La signora Warwick aggrotta la fronte.

SIGNORA WARWICK     Vuoi dire quell’uomo... il padre di... del bambino investito...

LAURA                           (sedendosi su una poltrona, fra se) Ma certo. MacGregor.

JAN                               Son tutti ritagli di giornale, guardate...

Di nuovo Starkwedder gli ferma la mano.

STARKWEDDER            No, non tocchi niente. Tutto deve rimanere com’è, per la polizia. (Fa un passo verso il telefono) Devo...?

BENNY                          Ci penso io.

SIGNORA WARWICK     (con fermezza) No! Telefono io. (Assumendo il comando della situazione, e chiamando a raccolta tutto il suo coraggio, va verso la scrivania e forma un numero.)

Agitato, Jan va alla panchetta e vi si inginocchia sopra.

JAN                               (a Benny) L’uomo che è scappato... credi che...?

BENNY                          (avvicinandosi al ragazzo) Zitto, Jan!

SIGNORA WARWICK     (Con voce chiara e autoritaria) Parlo con la polizia? Qui è la casa del signor Richard Warwick. Il signor Richard Warwick è stato trovato poco fa... assassinato.

Mentre pronuncia l’ultima parola, Angell entra da sinistra, allacciandosi la veste da camera e si ferma di colpo sulla soglia mentre cala il

SIPARIO


ATTO  SECONDO

Sempre nello studio, il mattino seguente, verso le undici. E’ una bella giornata di sole. Le finestre sono spalancate. La sedia a rotelle e la poltrona dell’alcova sono girate in senso contrario. Il tavolino e stato sgomberato: ci sono soltanto la caraffa e il portacenere. Sulla scrivania, una cartelletta con le impronte digitali di tutte le persone della casa. Quando si alza il sipario, il sergente Cadwallader è seduto sulla poltrona dell’alcova e legge un libro di versi. E piuttosto giovane e ha un’aria romantica e la voce dolce, musicale. Dopo alcuni istanti, si alza.

SERGENTE                    Bello. Molto vero e molto bello.

Chiude il libro, lo rimette sullo scaffale e dà un’occhiata circolare alla stanza, poi va verso la portafinestra ed esce sulla terrazza. L’ispettore Thomas entra da sinistra. E’ un uomo di mezz’eta, dall’aria piùttosto enigmatica e dai modi bruschi e sarcastici. Ha con se una borsa di pelle. Va verso la poltrona e vi posa la borsa e in quella vede il sergente intento a contemplare il paesaggio.

ISPETTORE                   (brusco) Sergente Cadwallader!

SERGENTE                    (voltandosi) “Tempo di brume e fertili dolcezze Fedele amico dell’opimo sole...”

L’ispettore, che ha cominciato a sbottonarsi il cappotto, si ferma, interdetto.

ISPETTORE                   Come?

SERGENTE                    (fiero di sè) John Keats.

L’ispettore, si stringe nelle spalle, poi si toglie il cappotto, lo posa sulla sedia a rotelle, e torna a riprendere la sua borsa.

                                      Che bella giornata, sembra quasi incredibile. Se penso al tempaccio di ieri sera... Erano anni che non vedevo un nebbione così. Sfido che ci son stati tutti quegli incidenti, sulla strada per Cardiff.

ISPETTORE                   Poteva andar peggio.

SERGENTE                    Be’, non saprei. A Porthcawl c’è stato un macello: un morto e due bambini gravemente feriti. E la madre che piangeva disperata, sulla strada...

ISPETTORE                   (interrompendolo) Quelli delle impronte hanno finito?

SERGENTE                    (tornando al dunque) Sissignore. Le ho preparato tutto, se vuole prendere visione. (Va rapidamente alla scrivania e apre la cartelletta del materiale.)

L’ispettore si siede alla scrivania, posando la borsa per terra, al suo fianco, e comincia a studiare il primo foglio.

ISPETTORE                   Quelli di casa han fatto difficoltà per le impronte?

SERGENTE                    No, no, nessuna difficoltà. Sono stati molto compiacenti, anzi, addirittura ansiosi di collaborare. Del resto, c’era da aspettarselo.

ISPETTORE                   Non è detto. Tanti fanno un mucchio di storie. Sembrano convinti che le loro impronte digitali finiranno nel Casellario Giudiziario. Allora, vediamo un po’: signor Warwick, che sarebbe poi il defunto, signora Laura Warwick, signora Warwick madre, Jan Warwick, signorina Bennett e... chi è questo? Angelo... no Angell. Ah già, il domestico-infermiere... E qui altre due serie. Vediamo... ehm... Sui vetri della finestra, sulla caraffa e sul bicchiere, sovrapposte a quelle di Richard Warwick, di Angell e di Laura Warwick. Sull’accendino... e sul revolver. Queste appartengono tutte a Michael Starkwedder, è chiaro. E’ lui che ha dato il brandy alla signora Warwick e che ha portato dentro l’arma dal giardino.

SERGENTE                    (in tono di profondo sospetto) Il signor Starkwedder...

ISPETTORE                   (divertito) Non le e simpatico?

SERGENTE                    Cosa ci fa qui, vorrei sapere? Come mai va a finire in un fosso con la macchina proprio ieri sera, e poi viene a bussare a una casa dove e appena stato commesso un delitto?

ISPETTORE                   Anche lei per poco non e finito nel fosso, con la nostra macchina, ieri sera, prima di venire a bussare dov’era appena stato commesso un delitto. Quanto a quello che fa, Starkwedder e qui da una settimana in cerca di una villetta o di un cottage.

Il sergente sembra poco convinto.

                                      Pare che sua nonna fosse gallese, e che da ragazzo venisse qui a passare le vacanze.

SERGENTE                    (ammansito) Ah, be’, se sua nonna era del Galles, allora la cosa cambia aspetto.

ISPETTORE                   (sorridendo) Il rapporto su Starkwedder dovrebbe arrivare da Abadan da un momento all’altro. Si e fatto dare anche le sue, di impronte, per confrontarle?

SERGENTE                    Ho mandato Jones alla locanda dove alloggia, ma era andato al garage per vedere di far tirar fuori la sua auto dal fosso. Jones gli ha telefonato là chiedendogli di presentarsi al posto di polizia al più presto.

ISPETTORE                   Bene. E ora veniamo alla seconda serie di impronte non identificate. Qui c’è una mano posata, aperta, sul tavolino accanto al cadavere, e alcune tracce poco nitide all’interno e all’esterno della postafinestra.

SERGENTE                    (facendo schioccare le dita) MacGregor!

ISPETTORE                   Ss-si. Potrebbe darsi. Ma sul revolver non c’erano. E francamente, se aveva un po’ di buon senso, il nostro uomo avrebbe dovuto mettersi i guanti.

SERGENTE                    Figuriamoci se uno squilibrato come MacGregor ci pensava!

ISPETTORE                   Quanto prima dovrebbero arrivarci i suoi connotati da Norwich.

SERGENTE                    Certo, è una storia ben triste... Un povero diavolo, vedovo da poco, si vede investire il suo unico bambino da un disgraziato che guida come un pazzo...

ISPETTORE                   (spazientito) Se Warwick avesse guidato come un pazzo, l’avrebbero condannato per omicidio colposo, o almeno per guida pericolosa. Invece, non gli han neanche ritirato la patente. (Si china a frugare nella borsa e tira fuori l’arma del delitto.)

SERGENTE                    (oscuramente) C’è della gente che mente in maniera scandalosa...

L’ispettore si alza e guarda con insistenza il sergente che e rimasto seduto. Dopo un attimo, il giovanotto si riprende e scatta in piedi.

ISPETTORE                   Una mano d’uomo aperta sul tavolino... (Va a mettersi accanto alla poltrona, portando l’arma con sè, e resta a fissare il tavolino) Mah!

SERGENTE                    (per rendersi utile) Potrebbe essere stato un visitatore.

ISPETTORE                   A quanto dice la signora Warwick, ieri non è venuto nessuno. Forse il domestico potrà esserci più preciso. Vada a chiamarlo.

SERGENTE                    Sissignore.

Il sergente esce. L’ispettore pianta la mano sinistra aperta sul tavolino e si china sulla poltrona, come guardando il cadavere. Poi va alla portafinestra, esce e guarda a destra e a sinistra. Esamina la serratura e rientra mentre il sergente torna con Angell. Il domestico è un uomo sulla cinquantina, in giacca di alpaca grigia e pantaloni a righe. Ha modi corretti ma lo sguardo sfuggente.

ISPETTORE                   Lei e Henry Angell?

ANGELL                        Sì, signore.

ISPETTORE                   Prego, si accomodi. (Indica il divano.)

Angell va a sedersi, il sergente chiude la porta, poi resta in piedi dietro il divano, tirando fuori un notes.

                                      Allora, lei era l’infermiere e il cameriere personale del signor Warwick... da quanto tempo?

ANGELL                        Da tre anni e mezzo, signore.

ISPETTORE                   Il posto le piaceva?

ANGELL                        Lo trovavo di mia completa soddisfazione, signore.

ISPETTORE                   E lavorare per il signor Warwick com’era?

ANGELL                        Difficile.

ISPETTORE                   Ma c’erano dei vantaggi?

ANGELL                        Sì, signore. Lo stipendio era ottimo.

ISPETTORE                   II che compensava altri svantaggi?

ANGELL                        Si, signore. Sto cercando di mettere da parte qualcosa...

L’ispettore depone la pistola sul tavolino e si siede in poltrona.

ISPETTORE                   Che cosa faceva, prima di venire a lavorare per il signor Warwick?

ANGELL                        Lo stesso mestiere, signore. Posso mostrarle le mie referenze. Sperò d’aver sempre accontentato i miei pazienti... e si che ne ho avuto di molto difficili. Sir James Walliston, ad esempio... Ora è entrato volontariamente in una casa di cura per malattie mentali. Una persona difficilissima, signore. (Abbassando lievemente la voce) Droga!

ISPETTORE                   Capisco. Per il signor Warwick, invece, non si trattava di stupefacenti?

ANGELL                        No, signore. Il signor Warwick propendeva per il brandy.

ISPETTORE                   Beveva molto?

ANGELL                        i, signore. Moltissimo. Però non era un alcolizzato, non so se rendo l’idea. Gli effetti non si vedevano mai.

ISPETTORE                   E tutta questa storia di pistole e di revolver...

ANGELL                        Era il suo hobby, ispettore. Una compensazione, come diciamo noi del mestiere. Un tempo era stato un appassionato di caccia grossa. C’è un vero arsenale, in camera sua. (Indicando col capo la porta a destra) Carabine, doppiette, fucili ad aria compressa, pistole e revolver.

ISPETTORE                   Però... Be’, dia un’occhiata a questa pistola.

Angell si avvicina al tavolino ed esita.

                                      La prenda pure in mano, coraggio.

Angell prende l’arma con cautela.

                                      La riconosce?

ANGELL                        E’ difficile a dirsi, ispettore. Sembra una di quelle del signor Warwick, ma in realtà io non m’intendo molto di armi da fuoco. Non potrei dire con certezza che pistola aveva con sè, ieri sera.

ISPETTORE                   Non era la stessa, tutte le sere?

ANGELL                        Oh, no, signore. Cambiava, così come gli diceva la fantasia. (Rende l’arma all’ispettore.)

ISPETTORE                   Ma a che scopo tenere una rivoltella a portata di mano ieri sera, con quella nebbia?

ANGELL                        Questione d’abitudine, signore. Era avvezzo a tenersela accanto, per così dire.

ISPETTORE                   Si segga, si segga.

Angell torna a sedersi. L’ispettore esamina la canna della pistola.

                                      Quando ha visto il signor Warwick per l’ultima volta?

ANGELL                        Verso le dieci meno un quarto. Aveva vicino il brandy, un bicchiere e la pistola che aveva scelto. Io gli ho aggiustato il plaid sulle gambe e gli ho augurato la buonanotte.

ISPETTORE                   Non andava a letto?

ANGELL                        No, signore, non nel senso che s’intende comunemente. Dormiva sempre sulla sua poltrona. Alle sei del mattino io gli servivo il te, poi lo spingevo nella sua camera per aiutarlo a fare il bagno, a radersi, eccetera. Dopo di che lui si coricava fino all’ora di pranzo. Se ho ben capito, soffriva d’insonnia, così la notte preferiva rimanere in poltrona. Era un signore piùttosto eccentrico.

L’ispettore si alza e va verso la vetrata, posando l’arma sul tavolino accanto alla poltrona, nel passare.

ISPETTORE                   E questa finestra era chiusa, quando lei l’ha lasciato?

ANGELL                        Si, signore. Sa col nebbione che c’era...

ISPETTORE                   Chiusa a chiave?

ANGELL                        No, signore. Non la chiudiamo mai a chiave.

ISPETTORE                   Lui, volendo, avrebbe potuto aprirla?

ANGELL                        Oh, si, certo. Aveva la poltrona a rotelle. Poteva sempre spingersi fino alla portafinestra e aprirla, nel caso che la nebbia si fosse diradata.

ISPETTORE                   Capisco. Lei non ha sentito uno sparo, ieri notte?

ANGELL                        No, signore.

ISPETTORE                   E non le pare strano?

ANGELL                        La mia camera è piùttosto lontano. In fondo a un corridoio, al di là di una porta imbottita.

ISPETTORE                   E come mai? Non era un po’ scomodo, nel caso il signore avesse bisogno di lei?

ANGELL                        Oh, no, ispettore. Il signor Warwick poteva suonare il campanello, che squilla direttamente nella mia camera.

ISPETTORE                   Ma ieri sera non l’ha suonato?

ANGELL                        Oh, no. Se l’avesse fatto, mi sarei svegliato immediatamente. ‘ un campanello molto forte, se mi consente l’osservazione, signore.

Dominando L’impazienza, L’ispettore cerca di cambiar tattica.

ISPETTORE                   Dica un po’, Angell... (Lo squillo del telefono l’interrompe. Aspetta che il sergente risponda, ma il sergente sta sognando. Dopo un istante il giova- notto, ripiomba sulla terra e va a rispondere.)

SERGENTE                    Qui il sergente Cadwallader... Ah, si, grazie... (All’ispettore) Da Norwich, ispettore.

ISPETTORE                   (sedendosi alla scrivania e prendendo il ricevitore) E lei, Edmundson? Sono Thomas... Ha saputo? Bene... Si, Calgary, si... Quando è morta la zia?... Ah, due mesi fa... Si, certo... Trentaquattresima Strada, numero diciotto, Calgary. (Guarda spazientito il sergente e gli fa segno di prender nota dell’indirizzo) Si... ah si, eh?... Parli adagio per favore. (Con un’altra occhiata al sergente) Statura media, occhi azzurri, capelli scuri e barba. Immagino che lei si ricordi del caso... Ah si, eh?... Un tipo piùttosto violento?... D’accordo. Provvede lei a mandare il dossier? Si... va bene, grazie, Edmundson. E mi dica, personalmente che ne pensa?... Si, si, so qual e stato il verdetto, ma vorrei la sua opinione. Ah si, eh? Già un altro paio di volte... Certo, sempre col beneficio d’inventario... Va bene. La ringrazio: (Depone il ricevitore. Al sergente) Bene, abbiamo saputo qualcosa di MacGregor. Pare che, dopo la morte della moglie, fosse tornato qui, dal Canada, per lasciare il bambino a una zia di lei, che viveva nel North Walsham, perchè doveva andare in Alaska per lavoro e non poteva portarselo dietro. E pare che sia andato letteralmente in pezzi quando ha perso il piccolo. Continuava a ripetere che si sarebbe vendicato di Warwick. Non e una reazione insolita, dopo un incidente del genere. Ad ogni modo, e tornato nel Canada. Hanno il suo indirizzo e adesso spediranno un cablo a Calgary. La zia a cui doveva lasciare il bambino è morta un paio di mesi fa. (Voltandosi improvvisamente verso l’infermiere) Lei, Angell, era già in servizio qui a quei tempi. Immagino. Ricorda un incidente d’auto, nel North Walsham, con cui venne investito un ragazzino?

ANGELL                        Oh, si. Lo ricordo perfettamente.

ISPETTORE                   (alzandosi) Com’è andata di preciso?

Il sergente, vedendo la sedia libera, ne approfitta per sedersi.

ANGELL                        II signor Warwick stava guidando lungo la strada maestra quando un bambino uscì di corsa da una casa... Non ebbe assolutamente modo di frenare e lo investì prima di poter fare qualcosa per evitarlo.

ISPETTORE                   Andava molto forte, eh?

ANGELL                        Oh, no, signore. Questo fu messo bene in chiaro, all’inchiesta. Il signor Warwick viaggiava al di sotto del limite di velocità.

ISPETTORE                   Così diceva lui...

ANGELL                        Era la verità, signore. L’infermiera Warburton... c’era anche lei, in macchina, e lo confermò.

ISPETTORE                   Perchè, stava guardando il tachimetro?

ANGELL                        Credo proprio di si, ispettore. Secondo la Warburton andavano sui trentacinque, quaranta all’ora. Il signor Warwick venne completamente scagionato.

ISPETTORE                   Il padre del bambino, però, non era d’accordo.

ANGELL                        E’ più che naturale, signore.

ISPETTORE                   Aveva bevuto, il signor Warwick?

ANGELL                        (evasivo) Credo avesse bevuto un bicchiere di sherry.

I due si guardano per un lungo istante. Poi, l’ispettore va verso la portafinestra.

ISPETTORE                   Bene, per il momento credo che possa bastare.

Angell va alla porta e l’apre. Poi ha un attimo di esitazione e si volta.

ANGELL                        Scusi, ispettore... Il signor Warwick e stato ucciso con la sua pistola?

ISPETTORE                   Questo, rimane da vedere. La persona che gli ha sparato si e scontrata col signor Starkwedder, che stava venendo qui a chiedere aiuto, e nell’urto la pistola gli e caduta. Il signor Starkwedder l’ha raccolta: è quella. (Indica l’arma sul tavolino.)

ANGELL                        Capisco, signore. Grazie, signore, (fa per uscire.)

ISPETTORE                   A proposito, ieri ci son state visite? Ieri sera, in particolare?

ANGELL                        (riflette un attimo, poi sbircia L’ispettore con aria ambigua) Non ch’io ricordi... al momento. (Esce, chiudendosi la porta alle spalle.)

ISPETTORE                   Per me, quello è da prendere con le molle. Non ho niente di concreto, contro di lui... ma non mi piace.

SERGENTE                    Sono perfettamente d’accordo. E’ un tipo che non m’ispira fiducia. E ho idea che ci sia stato qualcosa di poco chiaro, in quell’incidente. (Si accorge all’improvviso che l’ispettore e in piedi accanto a lui, e si alza di scatto.)

ISPETTORE                   (prendendo il taccuino del sergente) Non mi meraviglierei se sapesse qualcosa che non ci ha detto, di ieri sera... E questo cos’è? (leggendo) “Son come le spume le brume in novembre. Ma accade che rade sian spesso in dicembre...” E’ Keats?

SERGENTE                    (con orgoglio) No, Cadwallader.

Con gesto brusco, l’ispettore spinge il notes verso il sergente. Entra Benny.

BENNY                          Ispettore, la signora Warwick e molto ansiosa di vederla. E’ un po’ agitata. Intendo la vecchia signora Warwick, la madre di Richard.

ISPETTORE                   Oh, ma sicuro, la preghi di accomodarsi.

Benny apre la porta e fa un cenno. La signora Warwick entra e l’ispettore le va incontro.

BENNY                          Ecco, signora Warwick. Con permesso. (Esce, richiudendo la porta.)

ISPETTORE                   Buon giorno, signora.

SIGNORA WARWICK     Allora, ispettore, fate progressi?

ISPETTORE                   E’ un po’ presto per dirlo, ma posso assicurarle che stiamo facendo tutto il possibile.

SIGNORA WARWICK     (sedendosi sul divano e appoggiando il bastone contro un bracciolo) Quell’uomo... MacGregor... e stato visto nei paraggi? Qualcuno l’ha riconosciuto?

ISPETTORE                   Stiamo ancora indagando. Per il momento, non è stata segnalata la presenza di un forestiero.

SIGNORA WARWICK     Povero bambino... quello che Richard investì, voglio dire. Per un padre, dev’essere una cosa da impazzire. So che allora MacGregor reagì in modo molto violento. Ed è più che naturale. Ma dopo due anni! Pare incredibile.

ISPETTORE                   Eh si... E’ davvero un po’ lunga, come attesa.

SIGNORA WARWICK     Ma era uno scozzese, un MacGregor. Razza ostinata e paziente, gli scozzesi.

Il sergente, dimentico di essere in servizio e pensando ad alta voce, mormora un’approvazione. L’ispettore lo zittisce con un’occhiataccia.

ISPETTORE                   Suo figlio non ha avuto nessun avvertimento... non so, una lettera minatoria?

SIGNORA WARWICK     No, sono sicura di no. Richard ce l’avrebbe detto. Ne avrebbe riso.

ISPETTORE                   Non avrebbe preso la cosa sul serio?

SIGNORA WARWICK     Mio figlio rideva del pericolo.

ISPETTORE                   Dopo l’incidente, suo figlio offrì un risarcimento al padre?

SIGNORA WARWICK     Si, certo. Richard non era meschino. Ma l’offerta venne respinta. Respinta come un’offesa.

ISPETTORE                   Capisco.

SIGNORA WARWICK     So che MacGregor aveva già perso la moglie. Il bambino era tutto quello che gli rimaneva al mondo. Una tragedia.

ISPETTORE                   Ma non è stata colpa di suo figlio?

La signora Warwick non risponde.

                                      Dicevo, non è stato colpa di suo figlio?

SIGNORA WARWICK     Ho sentito.

ISPETTORE                   Forse non è d’accordo?

SIGNORA WARWICK     (distogliendo il viso) Richard beveva troppo. E naturalmente aveva bevuto anche quel giorno.

ISPETTORE                   Un bicchiere di sherry?

SIGNORA WARWICK     (con una risata asciutta) Un bicchiere di sherry! Aveva bevuto a garganella. Beveva sempre smodatamente. (Indicando la caraffa di cristallo sul tavolino) Quella caraffa veniva riempita ogni sera e la mattina dopo era praticamente vuota.

ISPETTORE                   (sedendosi di fronte alla signora) Così, secondo lei suo figlio era responsabile dell’incidente?

SIGNORA WARWICK     Ma certo. Non ho mai avuto dubbi in propostio.

ISPETTORE                   Eppure venne prosciolto.

La signora Warwick ride di nuovo.

SIGNORA WARWICK     La Warburton? Era una stupida, ed era un po’ presa di Richard. E immagino che lui l’abbia compensata piùttosto generosamente.

ISPETTORE                   (rizzando le orecchie) Lo sa per certo?

SIGNORA WARWICK     Non so niente, io, ma traggo le mie conclusioni.

L’ispettore si avvicina al sergente e riprende gli appunti.

                                      Se le dico tutto questo è perchè lei vuole la verità, o mi sbaglio? Vuol essere sicuro che c’era un valido movente per un delitto. Bene, secondo me, c’era. Solo, non pensavo che dopo tutto questo tempo...

ISPETTORE                   Non ha sentito niente, ieri sera?

SIGNORA WARWICK     (pronta) Sa, sono un po’ sorda. Non mi sono accorta di nulla finchè non ho sentito gli altri passare davanti alla mia porta parlando ad alta voce. Sono scesa, e Jan ripeteva “Hanno sparato a Richard. Hanno sparato a Richard”. Li per li ho pensato... (si passa una mano sugli occhi)... ho pensato ad uno scherzo.

ISPETTORE                   Jan è il suo figlio minore?

SIGNORA WARWICK     No. Non è figlio mio.

L’ispettore le lancia un’occhiata interrogativa.

 

                                      Molti anni fa ho divorziato e mio marito ha ripreso moglie. Jan e figlio del suo secondo matrimonio. (Una pausa.)

L’ispettore restituisce gli appunti al sergente e torna verso il divano.

                                      Quando mio marito è morto, il ragazzo è venuto a vivere con noi. Richard e Laura si erano appena sposati. Laura è sempre stata molto buona con lui.

ISPETTORE                   Già. Quanto a suo figlio Richard...

SIGNORA WARWICK     Amavo mio figlio, ispettore, ma non ero cieca di fronte ai suoi difetti... In gran parte erano dovuti all’incidente che lo aveva menomato. Richard era un uomo orgoglioso, un uomo abituato alla vita rude, all’aperto, e doversi adattare a un’esistenza da invalido, ritrovarsi un povero storpio o quasi, gli costava enormemente. E... diciamo, non migliorava il suo carattere.

ISPETTORE                   Capisco. La sua vita coniugale era felice?

SIGNORA WARWICK     Non ne ho la più vaga idea. Desidera sapere altro, ispettore?

ISPETTORE                   No, grazie, signora Warwick. Ora vorrei parlare con la signorina Bennett, se è possibile.

La signora Warwick si alza. Il sergente va ad aprirle la porta.

SIGNORA WARWICK     Si, Benny puo esserle più utile di tutti. E’ così pratica, così efficiente.

ISPETTORE                   E’ con voi da molto tempo?

SIGNORA WARWICK     Oh, da anni e anni. Si occupava di Jan quand’era piccolo, e dava una mano anche a Richard. Praticamente, si è presa cura di tutti noi. E’ una persona molto fedele, Benny.

La signora Warwick esce lentamente. Il sergente richiude la porta.

 

SERGENTE                    Un bevitore. L’avevo sentito dire, infatti. E tutte quelle pistole, quei fucili, quelle carabine. Gli mancava un venerdi, creda a me.

ISPETTORE                   Può darsi.

Squilla il telefono. L’ispettore aspetta che il sergente risponda ma il giovanotto, immerso nei suoi appunti, resta in poltrona ignaro di tutto. Dopo un po’, L’ispettore sospira e va all’apparecchio.

 

                                      Pronto... Si sono io... Starkwedder, è venuto li? Ha dato le sue impronte?... Bene... Si, pregalo di aspettare... Sarò di ritorno tra una mezz’ora, più o meno... Si, voglio fargli qualche altra domanda... Va bene, arrivederci.

Verso la fine della conversazione, entra Benny. Il sergente se ne accorge, si alza e le va incontro.

 

BENNY                          Voleva farmi qualche domanda, ispettore? Avrei un mucchio di cose da fare, stamattina.

ISPETTORE                   Si, signorina Bennett, volevo sentire la sua versione dell’incidente in cui morì quel bambino, nel Norfolk.

BENNY                          Il piccolo MacGregor?

ISPETTORE                   Si. Ieri sera a quanto mi dicono, lei si è subito ricordata del suo nome.

BENNY                          (chiudendo la porta) Ho molta memoria per i nomi.

ISPETTORE                   La cosa le avrà fatto un certa impressione, immagino. Lei non era sull’auto?

BENNY                          No, no, io non c’ero. C’era l’infermiera che curava il signor Warwick, in quell’epoca. L’infermiera Warburton.

ISPETTORE                   Lei è andata all’inchiesta?

BENNY                          No. Ma Richard ci raccontò tutto, quando tornò. Disse che quell’uomo l’aveva minacciato, giurando che gliel’avrebbe fatta pagare. Noi non prendemmo la cosa molto sul serio, naturalmente.

ISPETTORE                   Lei si era fatta un’idea personale, dell’incidente?

BENNY                          Non capisco, scusi. In che senso?

ISPETTORE                   Secondo lei è successo perchè il signor Warwick aveva bevuto?

BENNY                          Ah! Questo gliel’avrà detto la madre, immagino. Ma non bisogna prendere alla lettera tutto quello che dice. Ha dei pregiudizi contro l’alcool. Sa, il padre di Richard beveva.

ISPETTORE                   Secondo lei, insomma, Richard Warwick diceva la verità? Guidava veramente entro i limiti di velocità e l’incidente è stato inevitabile?

BENNY                          Non vedo perchè dovesse mentire. L’infermiera Warburton ha confermato la sua versione, del resto.

ISPETTORE                   E c’era da credere alla parola dell’infermiera?

BENNY                          (seccata nel sentir denigrare la sua professione) Spero bene... La gente non dice bugie per il gusto di dirle, non su queste cose, almeno.

SERGENTE                    Oh, no, figuriamoci! A sentire certe deposizioni, si direbbe che non solo rispettano i limiti di velocita, ma che vanno addirittura a marcia indietro!

L’ispettore, seccato dall’interruzione, lancia una lunga occhiata al sergente. Anche Benny lo guarda, meravigliata.

 

ISPETTORE                   Mi spiego. Nella disperazione del momento, è facile che un padre minacci di vendicarsi di un incidente in cui è morto il suo bambino. Ma poi, ripensandoci, se le cose erano andate davvero come era stato dichiarato, MacGregor avrebbe dovuto rendersi conto che Richard Warwick non ne aveva colpa.

BENNY                          Ah... si. Capisco.

ISPETTORE                   D’altro canto, se si fosse trattato davvero di guida pericolosa, se Warwick avesse perso il controllo della macchina...

BENNY                          Gliel’ha detto Laura, questo?

ISPETTORE                   (voltandosi di scatto) Perchè pensa che sia stata lei a dirmelo?

BENNY                          Non lo so. Credevo... (confusa guarda L’orologio) E’ tutto? Ho mille cose da fare, stamattina. (Va alla porta e L’apre.)

ISPETTORE                   (tornando sui suoi passi) Vorrei parlare un momento con Jan, se è possibile.

BENNY                          (voltandosi sulla soglia, aggressiva) Oh, è piùttosto agitato, stamattina. Le sarei infinitamente grata se lo lasciasse stare... se non rivangasse di nuovo tutto quanto. Sono appena riuscita a calmarlo.

ISPETTORE                   Mi dispiace, ma dobbiamo fargli qualche domanda.

Benny chiude la porta e torna verso il divano.

BENNY                          Perchè invece non cercate quel MacGregor e non interrogate lui? Non può essere andato lontano.

ISPETTORE                   Lo troveremo, stia tranquilla.

BENNY                          Lo spero proprio. Vendicarsi! Non e da cristiani.

ISPETTORE                   Tanto più che l’incidente non era colpa del signor Warwick e non si poteva evitare.

Benny gli lancia un’occhiata penetrante.

                                      Ci terrei a parlare con Jan, la prego.

BENNY                          (andando di nuovo verso la porta) Non so se riuscirò a trovarlo. Magari è uscito. (Se ne va.)

L’ispettore guarda il sergente e il sergente segue la segretaria.

BENNY                          (fuori scena, al sergente) Non deve spaventarmelo. (Rientrando) Non dovete mettere in agitazione il ragazzo. E’ molto facile, turbarlo. E ipersensibile.

ISPETTORE                   E’ mai violento?

BENNY                          Oh, no, questo no. E’ un caro figliolo, così mite, così docile. Dico semplicemente che potreste scombussolarlo. Un delitto può scuotere malamente i nervi di un bambino. E Jan e appunto questo: un bambino.

ISPETTORE                   (sedendosi alla scrivania) Non c’è motivo di preoccuparsi, mi creda, signorina Bennett. Comprendiamo benissimo la situazione.

Entra il sergente con Jan.

JAN                               (avvicinandosi all’ispettore) Voleva me? L’avete già preso? Aveva del sangue sui vestiti?

BENNY                          (tono d’ammonizione) Su, Jan, comportati bene. Devi solo rispondere alle domande che ti faranno.

JAN                               (guardando Benny e poi di nuovo L’ispettore) Oh, si certo. Ma non posso farla io, qualche domanda?

ISPETTORE                   (con gentilezza) Certo che puoi fare domande.

BENNY                          (sedendosi a un capo del divano) Aspetterò qui.

Subito, l’ispettore si alza e va ad aprire la porta.

ISPETTORE                   No, grazie, signorina Bennett, non abbiamo più bisogno di lei. Non aveva detto che aveva tanto da fare, stamattina?

BENNY                          Preferirei rimanere.

ISPETTORE                   (brusco) Spiacente. Noi di regola parliamo con una persona alla volta.

Benny guarda dall’uno all’altro, e si rende conto di esser sconfitta. Con un’esclamazione di fastidio si alza ed esce. L’ispettore chiude la porta e torna verso Jan. Il sergente si prepara a prendere appunti.

                                      (Sedendosi) Non ti era mai capitato di aver a che fare con un delitto, vero?

JAN                               (con ardore) No, no, mai. E’ molto eccitante, no? (S’inginocchia sulla panca) Avete trovato degli indizi? Impronte digitali? Macchie di sangue?

ISPETTORE                   Sembra che il sangue t’interessi molto.

JAN                               (serio e tranquillo) Oh, si. Mi piace il sangue. Ha un bel colore, no? Quel rosso così limpido... (Si siede, ridendo nervosamente) Sa, Richard sparava a tante bestiole, e loro sanguinavano. E molto buffo, vero? Voglio dire... e buffo che abbiano sparato a Richard. Proprio a lui, che sparava a tutto quello che vedeva. A lei non sembra buffo?

ISPETTORE                   (asciutto e pacato) Probabilmente la cosa ha un suo lato umoristico. (Una pausa) Sei rimasto scosso per la morte di tuo fratello?

JAN                               Scosso? Per la sua morte? No, perchè?

ISPETTORE                   Pensavo che tu gli volessi molto bene...

JAN                               (stupito) Io? Voler bene a Richard? Oh, no! Nessuno poteva volergli bene!

ISPETTORE                   Sua moglie, gliene voleva, immagino.

JAN                               (afferrandosi un ginocchio) Laura? No, non credo. Era sempre dalla mia parte, lei.

ISPETTORE                   Dalla tua parte?

JAN                               (spaventato) Si. Si. Quando Richard voleva mandarmi via.

ISPETTORE                   Mandarti via?

JAN                               In uno di quei posti, sa, dove ti chiudono dentro e non puoi più uscire. Diceva che, forse, Laura sarebbe venuta a trovarmi, ogni tanto. (Rabbrividisce, poi si alza, indietreggia verso il fondo della stanza, e guarda il sergente) Io non voglio essere rinchiuso! Sarebbe orribile, orribile! (Va verso la portafinestra ed esce sulla terrazza) A me piace che tutto sia sempre aperto. In camera mia tengo sempre aperta la finestra e la porta, per esser sicuro di poter uscire. (Rientra e guarda verso la poltrona di Richard) Ma ora nessuno può più farmi rinchiudere, vero?

ISPETTORE                   No, figliolo. Direi proprio di no.

JAN                               Nessuno, ora che Richard e morto.

ISPETTORE                   Così, Richard voleva farti rinchiudere?

JAN                               Laura diceva che faceva per scherzo... Che era solo per prendermi in giro e di stare tranquillo, perchè finche c’era lei, qui, nessuno mi avrebbe mai rinchiuso. (Si siede sul bracciolo della poltrona) Voglio molto bene a Laura, io. Le voglio un bene grande così. Sa, ci divertiamo moltissimo insieme. Andiamo in cerca di farfalle, di nidi, e poi facciamo tanti giochi, noi due: giochiamo a ramino, a rubamazzetto. Oh, e divertentissimo fare le cose con Laura.

L’ispettore va ad appoggiarsi all’altro bracciolo della poltrona.

ISPETTORE                   (con molta gentilezza) Tu non ti ricordi, immagino, di quell’incidente successo quando stavate ancora nel Norfolk? Sai, quel bambino che hanno investito...

JAN                               E invece si, me ne ricordo. Richard è andato all’inchiesta.

ISPETTORE                   Ah, davvero?

JAN                               Ci han servito salmone, a pranzo. Richard e Warby sono tornati insieme. Warby era tutta agitata, ma Richard rideva.

ISPETTORE                   Warby? Era l’infermiera, la Warburton?

JAN                               Si. Non mi era simpatica. Richard era così contento di lei, quel giorno, che le ha detto: »Brava, è stata un fenomeno».

Entra Laura. Jan le sorride.

                                      Ehi, ciao Laura!

LAURA                           Disturbo?

ISPETTORE                   No, no, si accomodi prego.

LAURA                           Jan è...?

ISPETTORE                   Stavo domandandogli se ricorda qualcosa dell’incidente al bambino, nel Norfolk... Il piccolo MacGregor.

LAURA                           (sedendosi) Te ne ricordi, Jan?

JAN                               (con sussiego) Certo che me ne ricordo. Ricordo tutto, io. (All’ispettore) Gliel’ho gia detto, no?

ISPETTORE                   E lei che ne sa di quell’incidente, signora Warwick? Ne avete parlato a tavola, quel giorno, dopo l’inchiesta?

LAURA                           Non ricordo.

JAN                               (alzandosi di scatto) Ma si, Laura. Richard ha detto che un moccioso di più o di meno, al mondo, non faceva nessuna differenza.

LAURA                           (all’ispettore) La prego...

ISPETTORE                   (gentilrnente) Non si preoccupi, signora. L’importante è arrivare alla verità sull’incidente. In fin dei conti, dev’essere il movente di quanto e accaduto ieri sera.

LAURA                           (andando a sedersi in poltrona) Ah, si, lo so. Lo so.

ISPETTORE                   Secondo sua suocera, suo marito aveva bevuto.

LAURA                           Credo di si. Non mi sorprenderebbe.

ISPETTORE                   (sedendosi a sua volta) Lei l’ha mai visto, quel MacGregor?

LAURA                           No. Non sono andata all’inchiesta.

ISPETTORE                   A quanto pare, voleva vendicarsi a tutti i costi.

LAURA                           Probabilmente, non ragionava più.

JAN                               (che e andato via via esaltandosi) Se io avessi un nemico, sapete cosa farei? Aspetterei tanto tempo, e poi arriverei zitto zitto, nel buio, con la mia pistola e... (sparando alla poltrona con un’arma immaginaria) beng, beng, beng!

LAURA                           (con voce tagliente) Smettila, Jan.

JAN                               (col tono di un bambino) Sei arrabbiata con me, Laura?

LAURA                           No, caro, non sono arrabbiata. Però non esaltarti così.

JAN                               Non mi esalto!

Si sentono delle voci fuori scena.

STARKWEDDER            (da fuori) Buon giorno, signorina Bennett. Dov’è l’ispettore Thomas? Vorrei parlargli... E ‘di là?

BENNY                          (da fuori) Buon giorno... Oh, buon giorno, agente. Sono di la, tutti e due... Non so cosa stiano facendo.

AGENTE                        (da fuori) Buon giorno, signora. Ho portato queste per l’ispettore... ma forse potrei darle anche al sergente.

LAURA                           (nel frattempo) Chi è?

ISPETTORE                   (alzandosi) Dev’essere il signor Starkwedder.

Starkwedder entra da sinistra. Il sergente esce e lo si sente parlare con l’agente. Jan si sprofonda in poltrona.

STARKWEDDER            (facendosi avanti) Senta un po’, ispettore, non posso passare tutta la giornata a far girare i pollici al posto di polizia! Ho dato le mie impronte digitali, e poi ho detto al suo agente di portarmi qui. Ho un mucchio di cose da fare... In giornata ho addirittura due appuntamenti con un agente immobiliare. (Scorgendo Laura) Oh... buon giorno, signora Warwick. Mi scusi, non l’avevo vista.

LAURA                           Buon giorno.

ISPETTORE                   Signor Starkwedder, ieri sera, lei ha appoggiato la mano su questo tavolino e poi ha aperto la finestra?

STARKWEDDER            Non saprei. Può anche darsi. Chi se ne ricorda?

Entra il sergente con una cartelletta e la porge all’ispettore.

SERGENTE                    Ecco le impronte del signor Starkwedder, ispettore. C’è anche il rapporto balistico.

ISPETTORE                   Ah, dia qua. Dunque... il proiettile che ha ucciso Richard Warwick e partito senz’altro da questa pistola. Quanto alle impronte, vediamo subito. (Va a sedersi alla scrivania.)

JAN                               (a Starkwedder) Lei e appena tornato da Abadan, vero? Com’e Abadan?

STARKWEDDER            Calda da morire. Come si sente oggi, signora Warwick? Va un po’ meglio? (Si siede sul divano.)

LAURA                           Oh, si, grazie. Ho superato lo choc, ormai.

STARKWEDDER            Mi fa piacere.

ISPETTORE                   (Voltandosi a guardare Starkwedder) Bene, almeno un punto e chiarito: le impronte non sono sue.

STARKWEDDER            Eh? Come dice?

ISPETTORE                   Le sue impronte sono sulla portafinestra, sulla caraffa, sul bicchiere e sull’accendino. Quelle sul tavolino non sono sue. Fanno parte di una serie d’impronte non identificate. Perciò, dato che ieri sera qui non e venuto nessuno... (fa una pausa, guardando Laura).

LAURA                           No.

ISPETTORE                   ... devono essere di MacGregor.

STARKWEDDER            (guardando a sua volta Laura) Di MacGregor?

ISPETTORE                   Sembra sorpreso.

STARKWEDDER            Be’, si... piùttosto. Voglio dire, mi sarei aspettato che portasse i guanti.

ISPETTORE                   Il revolver l’ha maneggiato coi guanti, infatti.

STARKWEDDER            (a Laura) Ieri sera c’è stata una lite, o si e sentito soltanto lo sparo?

LAURA                           (con uno sforzo) Io... noi... Benny e io, abbiamo sentito soltanto lo sparo.

Il sergente che sta guardando dalla finestra dell’alcova, vedendo qualcuno avvicinarsi, va verso la portafinestra

                                      Ma, di sopra non avremmo potuto sentire altro.

Dalla portafinestra entra Julian Farrar. E un bell’uomo sui trentasei anni, dal portamento militaresco. Sembra molto preoccupato.

JAN                               (festosamente) Julian! Julian!

JULIAN                          (guardando verso Jan prima di parlare) Laura! Ho appena avuto la notizia. Sono... sono desolato.

ISPETTORE                   Buon giorno, maggiore Farrar.

JULIAN                          (all’ispettore) E incredibile! Povero Richard!

JAN                               Era qui, sulla sua sedia a rotelle, tutto floscio come uno straccio. E sul petto aveva un pezzo di carta. Sai cosa c’era scritto? C’era scritto »Conto saldato»!

JULIAN                          (battendo una mano sulla spalla del ragazzo) Si, si... buono Jan.

JAN                               Fa venire i bridivi, eh?

JULIAN                          (guardando Starkwedder con aria interrogativa) Si, certo, fa venire i brividi.

ISPETTORE                   (presentando) Il signor Starkwedder, il maggiore Farrar, che forse, quanto prima, sarà il nostro deputato. E’ in lista per le elezioni supplettive.

I due si stringono la mano.

JULIAN                          Molto lieto.

STARKWEDDER            Molto lieto.

ISPETTORE                   Il signor Starkwedder ha visto l’assassino uscire di qui, ieri sera.

L’ispettore si allontana di qualche passo chiamando il sergente con un cenno e parla con lui a bassa voce.)

STARKWEDDER            Ero finito in un fosso con la macchina e stavo venendo qui a chiedere aiuto.

JULIAN                          E quell’uomo da che parte e andato?

STARKWEDDER            Non ne ho idea. E’ letteralmente scomparso nella nebbia;

JAN                               (inginocchiandosi sulla poltrona) Tu l’avevi detto, a Richard, che qualcuno gli avrebbe sparato, un giorno o l’altro. Vero, Julian?

Una pausa. Tutti guardano Julian.

JULIAN                          Io? Non ricordo.

JAN                               Oh si, gliel’hai detto! A tavola. Sai, tu e Richard stavate bisticciando e tu hai detto: »Un giorno o l’altro, Richard, qualcuno ti pianterà una pallottola nel cranio».

ISPETTORE                   Un’autentica profezia, non c’è che dire.

JULIAN                          (sedendosi sulla panchetta) Oh, be’, Richard e il suo arsenale erano una bella seccatura per tutti. Capirà, la gente non lo sopportava. Ad esempio c’è stato un tale, Griffith... il tuo giardiniere, sai Laura, quello che Richard aveva sbattuto fuori... Be’, a me l’ha detto varie volte: »Parola mia, maggiore, uno di questi giorni vengo qui col fucile e sparo al signor Warwick».

LAURA                           Griffith? Ma non avrebbe mai fatto una cosa simile!

JULIAN                          (subito) No, no, lo so benissimo... volevo solo dire che Richard ispirava di queste reazioni... (Per nascondere L’imbarazzo, tira fuori le sigarette e ne prende una) Come mi dispiace di non esser venuto, ieri sera! E pensare che volevo farlo.

LAURA                           (tranquillamente) Ma con quel nebbione! Come si faceva a uscire?

JULIAN                          Appunto. Avevo a cena quelli del comitato elettorale. Quando han visto che calava la nebbia son tornati subito a casa. Era presto, e ho pensato di fare un salto da voi, ma poi ci ho rinunciato. Nessuno ha un fiammifero? Ho perso di nuovo l’accendino. (Intanto, si fruga nelle tasche. D’improvviso scorge l’accendino sul tavolo, dove Laura l’ha lasciato la sera prima, e va a prenderlo. Starkwedder se ne accorge e gli si avvicina) Ah, eccolo! Mi domandavo dove si era cacciato...

LAURA                           Julian...

JULIAN                          Si? (Le offre una sigaretta e lei la prende) Sono davvero desolato di quanto è successo, Laura. Se posso fare qualcosa...

LAURA                           Si. Si lo so...

Julian accende la sigaretta a Laura. Jan si rivolge improvvisamente a Starkwedder.

JAN                               Sa sparare, lei, signor Starkwedder? Io si. Richard mi faceva provare qualche volta. Ma non ero bravo come lui, naturalmente.

STARKWEDDER            Ah, siP? Che tipo di pistola ti lasciava usare?

Mentre Starkwedder è distratto da Jan, Laura ne approfitta per avvicinare Julian.

LAURA                           (piano) Julian, devo parlarti. Assolutamente.

JULIAN                          (pianissimo) Attenta.

JAN                               Con una calibro ventidue. Vero che sono bravo a sparare, Julian? Ti ricordi di quella volta che mi hai portato alla fiera e che ho buttato giù due bottiglie?

JULIAN                          Le avevi centrate in pieno! Hai molto occhio, figliolo. Ed e quello, che conta. Hai occhio anche per il cricket. (Si siede sul divano) E’ stata sensazionale, l’ultima partita, quest’estate, eh?

Jan gli sorride, poi si siede sulla panchetta, guardando l’ispettore che sta ancora studiando i documenti, alla scrivania. Una pausa. Starkwedder tira fuori una sigaretta.

 

STARKWEDDER            Disturbo, se fumo?

LAURA                           Ma le pare!

STARKWEDDER            (a Julian) Le dispiace prestarmi il suo accendino?

JULIAN                          Subito. Prego.

STARKWEDDER            Ah, bello, molto bello. (Accende.)

Laura fa un gesto, poi si trattiene.

JULIAN                          (con noncuranza) Si, e funziona anche bene.

STARKWEDDER            (esaminandolo) Piùttosto caratteristico. (Lancia una rapida occhiata a Laura, poi restituisce l’accendino a Julian) Grazie.

JAN                               (avvicinandosi all’ispettore) Richard aveva un sacco di armi: pistole, doppiette, fucili ad aria compressa e anche una carabina che usava in Africa, quando andava a caccia di elefanti. Le piacerebbe vederle? Sono di là, nella sua camera. (Fa segno.)

ISPETTORE                   (alzandosi) E va bene. Accompagnaci a vederle. (Amabilmente) Ma lo sai che ci sei d’aiuto? Ec- come! Dovremmo arruolarti nella polizia.

L’ispettore posa una mano sulla spalla di Jan e lo sospinge verso la porta a destra, che il sergente apre.

                                      Non abbiamo più bisogno di trattenerla, signor Starkwedder. Può andare a sbrigare le sue faccende. Solo, la prego, si tenga in contatto con noi.

STARKWEDDER            D’accordo.

Jan, l’ispettore e il sergente escono a destra. Una pausa d’imbarazzo.

                                      Devo andare a vedere se hanno tirato fuori la mia auto dal fosso. Non mi sembra che ci siamo passati vicino, nel venire qui. (Va alla portafinestra.)

LAURA                           (alzandosi) No. Il nostro viale vien su dall’altra strada.

STARKWEDDER            Già. (Dalla finestra, voltandosi) Come sembrano diverse, le cose, alla luce del giorno. (Esce sulla terrazza e scompare verso destra.)

Laura e Julian si guardano.

LAURA                           Julian! L’accendino! Avevo detto che era mio!

JULIAN                          Hai detto che era tuo? All’ispettore?

LAURA                           No. A lui.

JULIAN                          A lui chi? ... a quel tizio?...

S’interrompono perchè Starkwedder ripassa sulla terrazza.

                                      Laura...

LAURA                           (andando alla finestra dell’alcova) Attento... Magari ci sta ascoltando.

JULIAN                          Ma chi è? Lo conosci?

LAURA                           (tornando verso il divano) No, non lo conosco. E... ha avuto un incidente d’auto, ieri sera, ed è venuto qui. Subito dopo il...

JULIAN                          (sfiorandole la mano appoggiata sulla spalliera del sofa) Non preoccuparti, Laura. Sai che farò tutto il possibile.

LAURA                           Julian, le impronte!

JULIAN                          Che impronte?

LAURA                           Li... sul tavolino. Sul tavolino e sul vetro della finestra. Sono tue?

Julian toglie la mano da quella di lei per segnalarle che Starkwedder sta di nuovo attraversando la terrazza. Senza voltarsi, Laura si scosta un po’.

                                      (A voce alta) Sei molto gentile, Julian. Sono certa che potrai aiutarci a sbrigare una quantità di pratiche...

Starkwedder ripassa. Laura si siede di fronte a Julian.

                                      Sono tue, Julian? Pensaci.

JULIAN                          Sul tavolino...? Si. Potrebbe darsi.

LAURA                           Oh, Dio! Che facciamo?

Starkwedder ripassa, Laura tira una boccata dalla sigaretta.

                                      La polizia pensa che sia stato quell’uomo, Mac Gregor...

JULIAN                          Be’, allora siamo a posto. Probabilmente, continueranno a pensarlo.

LAURA                           Ma supponi che...

JULIAN                          Devo andare. Ho un appuntamento. (Si alza) Coraggio, Laura. (Le batte una mano sulla spalla) Stai tranquilla. Provvederò io perchè vada tutto bene. (Si avvia verso la portafinestra.)

Entra Starkwedder. Laura si alza e cerca un portacenere, mentre i due uomini s’incontrano.

STARKWEDDER            Oh, se ne va?

JULIAN                          Si. Le mie giornate sono piùttosto movimentate, in questo periodo. Ormai le elezioni sono imminenti, manca solo una settimana.

STARKWEDDER            Ah, capisco. Scusi la mia ignoranza, ma di che partito e, lei? Conservatore?

JULIAN                          Liberale.

STARKWEDDER            Ah, continuate coi vostri giochini?

Julian trasale lievemente, poi esce. Sì tarkwedder fissa Laura sempre più in collera.

                                      Bene, bene... Comincio a vederci chiaro.

LAURA                           Che cosa intende?

STARKWEDDER            Quello è il suo amico, vero? (Va a piantarsi di fronte a lei) Avanti, sia sincera. E’ il suo amico?

LAURA                           (aria di sfida) Visto che me lo domanda, si!

STARKWEDDER            Sbaglio o sono parecchie, le cose che non mi ha detto, ieri sera? Ecco perchè mi ha strappato di mano quell’accendino in fretta e furia, dicendomi che era suo. (Passeggiando nervosamente) Da quanto tempo va avanti la sua storia con Farrar?

LAURA                           E’ da parecchio ormai.

STARKWEDDER            Però non è fuggita con lui...

LAURA                           No. Per la sua carriera, capisce? Politicamente sarebbe stato la rovina, per lui.

STARKWEDDER            (sedendosi irritatissimo) Al giorno d’oggi, non credo. Ormai tutti prendono l’adulterio con molta disinvoltura.

LAURA                           Il nostro era un caso speciale... Lui era amico di Richard e Richard era un invalido...

STARKWEDDER            Ah, vedo. Cattiva pubblicita.

LAURA                           (glaciale) Secondo lei, avrei dovuto dirle anche questo, ieri sera?

STARKWEDDER            Non c’era obbligo.

LAURA                           (Un po’ raddolcita) Non mi e sembrato importante... Voglio dire... riuscivo a pensare solo che avevo sparato a Richard.

STARKWEDDER            (rabbonito a sua volta) Si, si, capisco. Nemmeno io riuscivo a pensare ad altro. (Dopo una pausa) Vogliamo tentare un piccolo esperimento? Dov’era, lei, quando ha sparato a Richard?

LAURA                           (perplessa) Dov’ero?

STARKWEDDER            Sì, da dove gli ha sparato?

LAURA                           Oh, da lì. (Accenna vagamente alla portafinestra.)

STARKWEDDER            Vada a mettersi nel punto esatto.

Laura, nervosamente, si porta accanto alla poltrona.

LAURA                           Non... non riesco a ricordare. Non mi chieda di ricordare. (Spaventata) Ero sconvolta. Ero...

STARKWEDDER            Suo marito le ha detto qualcosa, lei ha afferrato la pistola... Bene, venga, ripetiamo la scena. Li c’è il tavolino, quello e il revolver. (Le toglie di mano la sigaretta e la posa nel portacenere, sul tavolino) Allora, stavate litigando, lei ha afferrato la pistola, ha mirato...

LAURA                           Non voglio!

STARKWEDDER            Non faccia la sciocca. Non è carica. Su, coraggio, la prenda... la prenda!

Laura prende il revolver

                                      L’avrà afferrata saldamente e non l’avrà tenuta così, come se scottasse... L’ha afferrata e ha sparato. Avanti, vediamo come ha fatto.

Laura indietreggia, reggendo goffamente l’arma.

LAURA                           Ma...

STARKWEDDER            (gridando) Coraggio! Mi faccia vedere.

Laura tenta di mirare.

                                      Avanti! Spari! Non e carica!

Laura esita ancora.

                                      (Lui le strappa L’arma di mano, trionfante) Lo pensavo. Lei non ha mai sparato in vita sua. Non sa nemmeno da che parte si comincia. (Guardando il revolver) Non sa nemmeno che bisogna togliere la sicura. (Lascia cadere l’arma sulla panchetta) Lei non ha sparato a suo marito.

LAURA                           Invece si.

STARKWEDDER            Oh, no. Nemmeno per idea.

LAURA                           (in preda al panico) Perchè avrei detto che sono stata io, allora?

STARKWEDDER            (voltandosi di scatto verso di lei) Perchè e stato Julian Farrar a sparargli.

LAURA                           (arretrando) No!

STARKWEDDER            Si!

LAURA                           No!

STARKWEDDER            E io dico di si!

LAURA                           Se fosse stato Julian, perchè dovrei dire che sono stata io?

STARKWEDDER            Perchè ha pensato, e a ragione, che per lei una scappatoia l’avrei cercata. Si, lei si e servita di me fin dal primo momento, mia graziosa signora. Ma io ne ho abbastanza, ha capito? Io me ne lavo le mani. Non mi sogno nemmeno di raccontare un sacco di bugie per salvare la pelle al maggiore Farrar!

 

Una pausa. Poi Laura sorride. Con molta calma va a riprendere la sua sigaretta e si volta verso Starkwedder.

LAURA                           Oh, si, lo farà. Dovrà farlo per forza. Non può più ritirarsi, ormai. Ha già dato la sua versione alla polizia. Non può cambiarla.

STARKWEDDER            (preso alla sprovvista) Che cosa?

LAURA                           (andando a sedersi sulla poltrona) Non ha importanza quello che sa o che pensa: deve attenersi alla sua versione. Se no, e perseguibile come favoreggiatore. L’ha detto lei.

STARKWEDDER            (alzandosi e fissandola, allibito) Be’, questa poi! Che razza di...

SIPARIO


ATTO  TERZO

Ancora nello studio di casa Warwick, lo stesso giorno, verso sera. Quando si alza il sipario, Julian Farrar, passeggia nervosamente avanti e indietro. La portafinestra è aperta e fuori si vede il tramonto. Julian è nervoso, sconvolto. Va a guardar fuori, rientra, consulta l’orologio. Mentre va verso il tavolino, accanto alla poltrona a rotelle, scorge un giornale. E’ un giornale locale, con la notizia della morte di Richard. Lo prende, si siede, dando le spalle alla porta del corridoio e legge febbrilmente. Dopo un momento la porta si apre. Julian si alza di scatto.

JULIAN                          Laura! Io... (deluso) Oh!

Entra Angell.

ANGELL                        La signora Warwick sarà qui a momenti, signore. (Chiude la porta) Voglia scusarmi, signore, ma...

JULIAN                          (muovendo qualche passo, sempre immerso nel giornale) Si. Si, che c’é?

ANGELL                        Se potessi parlarle un attimo...

JULIAN                          Be?

ANGELL                        Sono un po’ preoccupato per la mia posizione in questa casa, e sento il bisogno di consultarmi con lei, signore.

JULIAN                          Allora, che succede? (Non è molto interessato: sta pensando ai fatti suoi.)

ANGELL                        Con la morte del signor Warwick, io vengo a trovarmi senza lavoro...

JULIAN                          Eh già. Immagino di si. (Andando a posare il giornale sulla scrivania) Ma non le sarà difficile trovare un altro posto.

ANGELL                        Spero di no, infatti.

JULIAN                          Lei è infermiere diplomato, vero?

ANGELL                        Oh, si, signore. Sono diplomato, ed è sempre possibile trovar lavoro in un ospedale o presso un privato. Questo lo so.

JULIAN                          Allora di che si preoccupa?

ANGELL                        Le circostanze in cui il mio impiego è venuto a cessare mi sono estremamente sgradite.

JULIAN                          In parole povere, le secca essere impegolato in un delitto. E’ cosi?

ANGELL                        Si può anche metterla in questi termini, signore.

JULIAN                          Be’, temo che non ci si possa far niente... Ma senza dubbio la signora Warwick le darà delle ottime referenze. (Tira fuori il portasigarette.)

ANGELL                        Quanto a questo, non credo che ci saranno difficoltà. La signora Warwick e una signora molto amabile... una signora piena di fascino, se mi concede l’osservazione, signore. (Nel suo tono c’é qualcosa d’insinuante.)

Julian, che gli da le spalle, si volta, colpito.

JULIAN                          Che cosa intende?

ANGELL                        Io vorrei, per quanto mi e possibile, evitare fastidi alla signora Warwick.

JULIAN                          Cioè conta di trattenersi ancora un po’, per esserle d’aiuto? (Prende una sigaretta e rimette l’astuccio in tasca.)

ANGELL                        Precisamente, signore. Sto dando una mano in casa. (Prende il giornale dalla scrivania e lo piega, con aria piuttosto insolente) Ma non è precisa- mente questo, che intendevo. In realtà, si tratta della mia coscienza.

JULIAN                          (brusco) Che diavolo c’entra la sua coscienza?

ANGELL                        Temo che lei non possa valutare fino in fondo le mie difficoltà, signore. Mi riferisco alla testimonianza che dovrò rendere alla polizia. E’ mio dovere di cittadino assistere la polizia in tutti i modi. Al tempo stesso non vorrei mancare verso i signori per cui lavoro.

JULIAN                          Parla come se ci fosse un conflitto.

ANGELL                        Se ci riflette, signore, si renderà conto che un conflitto è inevitabile... tra due lealtà, se cosi posso esprimermi.

JULIAN                          Dove vuol arrivare esattamente, Angell?

ANGELL                        La polizia non è in grado di valutare il retroscena. (Va a rimettere il giornale dove stava) E il retroscena potrebbe... dico potrebbe essere importantissimo, in un caso come questo. Inoltre, negli ultimi tempi ho sofferto di una forma piùttosto grave d’insonnia.

JULIAN                          (sedendosi) Dobbiamo occuparci anche dei suoi malanni, ora?

ANGELL                        Purtroppo si, signore. Ieri sera mi sono ritirato piùttosto presto, ma non riuscivo ad addormentarmi...

JULIAN                          (asciutto) Me ne dispiace, ma, francamente...

ANGELL                        Vede, signore, grazie alla posizione della mia camera, in questa casa, son venuto a conoscenza di alcune cose di cui la polizia non è al corrente.

JULIAN                          Vuole spiegarsi meglio?

ANGELL                        Il povero signor Warwick era un malato, un invalido. (Avvicinandosi a Julian) E più che naturale, quindi, che, in circostanze cosi tristi, una donna attraente come la signora Warwick possa, come dire?... cercare affetto altrove.

JULIAN                          Ah, si tratta di questo! Guardi, Angell, che il suo tono non mi piace affatto.

ANGELL                        La prego, signore, non sia troppo precipitoso nel giudicare. Provi piùttosto a riflettere, e forse si renderà conto delle mie difficoltà. Mi trovo a conoscenza di fatti che finora non ho comunicato alla polizia... ma che, forse, sarebbe mio dovere comunicare.

JULIAN                          Secondo me, questa storia di andare alla polizia è tutta una commedia. In realtà, lei cerca di farmi capire che può far scoppiare uno scandalo a meno che... (una pausa) A meno che cosa?

ANGELL                        Come lei ha osservato poco fa, maggiore Farrar, io sono un infermiere diplomato... ma ci sono momenti in cui sento che mi piacerebbe lavorare in proprio. Avere una piccola... be’, non diciamo una clinica, ma un posticino dove ospitare cinque o sei pazienti. Con un assistente, e logico. Che so, signori con un problema alcoolico, difficili da accudire a casa, qualcosa di questo genere. Purtroppo, sebbene abbia accumulato un po’ di risparmi, non mi bastano. Cosi mi domandavo se...

JULIAN                          Certo. Si domandava se io... o se io e la signora Warwick, insieme... non potremmo finanziare il suo progetto.

ANGELL                        Era solo una speranza... Sarebbe una grande gentilezza, da parte loro.

JULIAN                          (sarcastico) Si, vero?

ANGELL                        Lei ha osservato, con una certa durezza, che starei minacciando di fare uno scandalo. Ma lungi da me quest’idea... Non mi sognerei mai di fare una cosa simile.

JULIAN                          (alzandosi) Dove vuole arrivare, Angell? Perchè è chiaro che lei ha un obiettivo ben preciso.

ANGELL                        Come dicevo, ieri sera non riuscivo a prender sonno. Me ne stavo la, sveglio, ad ascoltare le sirene da nebbia. (Muove qualche passo) Lo trovo un suono cosi deprimente, signore. Poi, m’è sembrato di sentir sbattere un’imposta. Un suono molto irritante, questo, quando si cerca di dormire. Mi sono alzato e mi sono affacciato alla finestra. Mi pareva che sbattesse l’imposta della dispensa, proprio sotto di me.

JULIAN                          E allora?

ANGELL                        Ho deciso di andare a chiuderla. Mentre scendevo le scale, ho sentito uno sparo. (Una pausa) Al momento, non vi ho dato importanza. »E’ il signor Warwick, al solito!» ho pensato. »Ma non vedrà nemmeno a cosa spara, col nebbione che c’é». Sono andato nella dispensa e ho chiuso la persiana; ma mentre ero là, un po’ inquieto, non so neanch’io perchè, ho sentito dei passi sul vialetto e...

JULIAN                          Intende il vialetto che... (Guarda istintivamente verso la finestra, poi a sinistra.)

ANGELL                        Si, signore, quello che dalla terrazza gira attorno alla casa, e passa sotto le finestre dell’ala di servizio. Un sentiero poco usato, salvo che da lei, naturalmente, signore, dato che e una scorciatoia tra la sua casa e questa.

JULIAN                          (glaciale) Continui.

ANGELL                        Come dicevo, ero un po’ inquieto, pensando che fuori poteva anche esserci un malvivente. Non so dirle il mio sollievo, signore, quando ho visto lei passare davanti alla finestra della dispensa. Camminava svelto... certo per affrettarsi a rincasare.

JULIAN                          (dopo un silenzio) Non vedo perchè mi racconti queste cose. C’é forse una ragione?

ANGELL                        (con un colpetto di tosse diplomatico) Mi domandavo, signore, se lei ha detto alla polizia d’essere venuto a trovare il signor Warwick ieri sera. Se non l’ha fatto, e se mi interrogassero di nuovo sugli avvenimenti di ieri sera...

JULIAN                          (interrornpendolo) Si rende conto, vero, che il ricatto è punito molto severamente?

ANGELL                        (con aria scandalizzata) Ricatto, signore? Non capisco! Come le ripeto e solo questione, di decidere qual e il mio dovere. La polizia...

JULIAN                          La polizia sa perfettamente chi ha ucciso il signor Warwick. L’assassino ha praticamente firmato il delitto con nome e cognome. Non è molto probabile che vengano a farle altre domande.

ANGELL                        (allarmato) Le assicuro, signore, che intendevo soltanto...

JULIAN                          Con la nebbia di ieri notte, non era possibile riconoscere nessuno, e lei lo sa benissimo. Lei ha inventato questa storia solo per...

La porta si apre ed entra Laura, che resta sorpresa nel vedere Angell.

LAURA                           Scusa se ti ho fatto aspettare, Julian.

ANGELL                        (ingraziante) Magari potremmo riparlare più tardi, di questa piccola faccenda, signore... (Indietreggia un po’, accenna un inchino a Laura, ed esce.)

LAURA                           (facendosi avanti) Julian!

JULIAN                          (seccato) Perchè mi hai mandato a chiamare?

LAURA                           (sorpresa) E’ tutto il giorno che ti aspetto.

JULIAN                          Sono stato presissimo, fin da stamattina. Poi, comitati e riunioni per tutto il pomeriggio. Non posso rinviare i miei impegni, cosi sotto le elezioni. E in ogni caso, Laura, non ti rendi conto che è molto meglio, se non c’incontriamo?

LAURA                           Ci sono cose che dobbiamo discutere.

JULIAN                          (allontanandosi di qualche passo) Sai che Angell vuole ricattarmi?

LAURA                           (stupita) Angell?

JULIAN                          Già. Evidentemente sa di noi e sa, o finge di sapere, che ieri sera sono stato qui.

LAURA                           Vuoi dire che ti ha visto?

JULIAN                          Lui dice d’avermi visto.

LAURA                           Ma non poteva vederti, con quella nebbia.

JULIAN                          Ha raccontato tutta una storia... A sentir lui, è sceso in dispensa per chiudere una persiana che sbatteva, e nell’affacciarsi, mi ha visto andare verso casa mia... Poco prima, dice, aveva sentito uno sparo, ma non ci aveva badato.

LAURA                           (sedendo) Oh Dio, ma e spaventoso! E ora che facciamo?

JULIAN                          (passeggiando nervosamente) Non lo so. Bisognerà pensarci.

LAURA                           Hai intenzione di pagarlo?

JULIAN                          No, no. Se gli do qualcosa, è il principio della fine. D’altro canto, che si può fare? (Si passa una mano sulla fronte) Credevo che nessuno sapesse che ieri sera sono stato qui. La mia governante non lo sapeva di sicuro. Il problema è: Angell mi ha visto davvero o se l’è inventato?

LAURA                           E se va alla polizia?

JULIAN                          Eh, già. (Torna a passarsi la mano sulla fronte) Bisogna riflettere... riflettere attentamente. (Si siede in poltrona) O tento un bluff... e giuro che Angell mentisce, che ieri sera non mi sono mosso di casa, oppure...

LAURA                           Ma ci sono le impronte?

JULIAN                          (disorientato) Quali impronte?

LAURA                           Non ti ricordi? Le impronte sul tavolino. La polizia pensa che siano di MacGregor, ma se Angell va a raccontare la sua storia vorranno subito prenderle anche a te, e allora...

Julian preoccupatissimo, si alza e va a fissare la poltrona di Richard.

JULIAN                          Si. Si, capisco. Sta bene, allora. Dovrò ammettere d’essere venuto qui... e raccontare una frottola. Sono venuto a consultare Richard per qualcosa e abbiamo parlato...

LAURA                           Puoi dire che, quando l’hai lasciato, stava benissimo.

Julian la guarda, amareggiato.

JULIAN                          Come la fai facile tu! Ti pare che possa dirlo?

LAURA                           (sulle difensive) Qualcosa bisogna pur dire.

JULIAN                          (avvicinandosi al tavolino) Si, ho appoggiato la mano nel chinarmi per guardare... (deglutisce, mentre gli torna in mente la scena).

LAURA                           (sollecita) Finchè credono che le impronte sono di MacGregor...

JULIAN                          (stizzoso) MacGregor! MacGregor! Come ti è venuto in mente di fabbricare quel messaggio e di lasciarlo addosso a Richard? Non ti sei resa conto che correvi un rischio tremendo?

LAURA                           (confusa) Si... no... Non lo so.

JULIAN                          (guardandola con avversione) C’é voluto un bel sangue freddo.

LAURA                           Bisognava pensare a qualcosa... E io non ero in grado di pensare. L’idea, in realtà, e stata di Michael.

JULIAN                          Michael?

LAURA                           Michael Starkwedder.

JULIAN                          Vuoi dire che ti ha aiutata lui?

LAURA                           (spazientita) Si, si, si. Ecco perchè volevo vederti. Per spiegarti...

JULIAN                          (freddamente geloso) Come c’entra in tutto questo il tuo Michael Starkwedder?

LAURA                           (alzandosi) E’ capitato in casa e... e mi ha trovata qui. Io avevo... avevo la pistola in mano e...

JULIAN                          Dio buono! (Con disgusto) E tu sei riuscita a convincerlo...

LAURA                           E’ stato lui, credo, a convincere me. (Gli si avvicina) Oh, Julian...

Fa per buttargli le braccia al collo, ma lui la spinge da parte, e va a sedersi alla scrivania, voltandole le spalle.

JULIAN                          e l’ho detto, farò tutto quello che posso, non credere che mi tiri indietro. Però...

LAURA                           (quietamente) Come sei cambiato...

JULIAN                          (disperato) Non riesco più a sentirmi quello di prima. Dopo quanto è accaduto... non sono più lo stesso.

LAVRA                           Io si! Almeno, credo di si... Qualunque cosa tu faccia, io rimarrò sempre la stessa.

JULIAN                          Lasciamo da parte i nostri sentimenti: dobbiamo affrontare i fatti.

LAURA                           Lo so. Sai, a Starkwedder ho detto che... che ero stata io a...

JULIAN                          (guardandola, incredulo) Hai detto questo a Starkwedder?

LAURA                           Si.

JULIAN                          E lui ha acconsentito ad aiutarti? Lui, un estraneo? Ma dev’essere pazzo!

LAURA                           (punta sul vivo) Forse un po’ matto lo è. Ma mi è stato di grande conforto.

JULIAN                          (rabbiosamente) Insomma, nessun uomo può resisterti. E’ cosi? Però, Laura, un omicidio... (Tace, scuotendo la testa.)

LAURA                           Cercherò di non pensarci. Mai. E non è stato premeditato, Julian. E stato un impulso. (Il suo tono è quasi supplichevole.)

JULIAN                          Non è il caso di tornarci sopra. Pensiamo piuttosto a quello che dobbiamo fare.

LAURA                           Lo so. Ci sono le tue impronte e c’é il tuo accendino.

JULIAN                          Dev’essermi caduto mentre mi chinavo sul cadavere.

LAURA                           Starkwedder sa che è tuo, ma non può far niente. Si è compromesso, ormai. Non è più in tempo a cambiare la sua deposizione.

Julian si siede sul bracciolo di una poltrona, in modo da guardare la ragazza in faccia e parla in tono vagamente eroico.

JULIAN                          Se sarà necessario, Laura, mi assumerò io la colpa.

LAURA                           Ma non devi! Non voglio!

JULIAN                          (con uno sforzo) Non credere che non capisca com’è successo. Hai preso la pistola, gli hai sparato senza sapere quello che facevi e...

LAURA                           (sbalordita) Stai cercando di farmi dire che l’ho ucciso io?

JULIAN                          (imbarazzato) No, assolutamente! (A disagio) Te lo ripeto: sono pronto ad assumermi la colpa, se sarà necessario.

LAURA                           (confusa) Ma hai detto che sapevi com’era andata...

JULIAN                          Senti, non credo che tu l’abbia fatto deliberatamente. Non credo che fosse premeditato. Anzi, son certo di no. So benissimo che gli hai sparato solo perchè...

LAURA                           (interrompendolo) Io gli ho sparato? Fingi davvero di credere che gli ho sparato io?

JULIAN                          (voltandole le spalle e uscendo sulla terrazza, rabbiosamente) Per amor del cielo, siamo sinceri tra noi!

Laura va verso la portafinestra. E’ disperata.

LAURA                           Non gli ho sparato io e tu lo sai!

Una pausa. Julian si volta lentamente verso di lei.

JULIAN                          Allora chi e stato? (rendendosi conto all’improvviso) Laura! Stai cercando di dire che l’ho ucciso io?

LAURA                           Ho sentito lo sparo, poi i tuoi passi che si allontanavano lungo il sentiero. Sono scesa e lui era la... morto.

JULIAN                          Non l’ho ucciso io! Ero venuto per parlargli, per dirgli che dopo le elezioni dovevamo decidere qualcosa per il divorzio. Ho sentito lo sparo poco prima di arrivare qui e ho pensato: »questo è Richard che gioca con le armi, come al solito». Entro, e lui era la. Morto. Ancora caldo. (Una pausa) Doveva essere morto da un paio di minuti, non di più. Naturalmente, ho pensato che gli avessi sparato tu. E chi, se no?

LAURA                           Non capisco.

JU LIAN                         Forse si è suicidato.

LAURA                           o, perchè...

Si sente in distanza la voce di Jan. Il ragazzo entra quasi subito, chiude la porta, e avanza verso il divano. E’ agitatissimo.

JAN                               (nell’entrare) Laura. Laura, ora che Richard è morto, le sue pistole e i suoi fucili sono miei, vero? Si, insomma, sono suo fratello, il secondo uomo della famiglia.

Laura va verso di lui, per calmarlo.

                                      Benny non vuol darmele. Le ha chiuse a chiave nell’armadio, di la. (Indica la porta della camera di Richard) Ma sono mie. Ho il diritto di prenderle. Dille di darmi la chiave.

LAURA                           Jan, caro, stammi a sentire...

Ma Jan non vuol essere interrotto.

JAN                               Mi tratta come un bambino, Benny, intendo. Tutti mi trattano come un bambino. Ma non sono un bambino, sono un uomo, io! Ho diciannove anni. Sono quasi maggiorenne. (Apre le braccia, coprendo la porta della camera di Richard, come per proteggere le sue armi) Le cose di Richard appartengono a me. Voglio fare, anch’io quello che faceva lui. Voglio sparare agli scoiattoli, agli uccelli e ai gatti (Ridendo) Forse anche alle persone, se mi sono antipatiche.

LAURA                           Non devi agitarti cosi, Jan.

JAN                               (petulante) Non mi sto agitando. Ma non voglio essere truffato. (Torna lentamente verso il divano, poi si volta, portandosi di fronte a loro) Adesso il padrone sono io. Sono il padrone di questa casa. Tutti devono fare quello che dico io. (Una pausa) Potrei essere un giudice di pace, vero, Julian?

JULIAN                          Sei ancora un po’ troppo giovane, per questo.

JAN                               (stringendosi nelle spalle e muovendo qualche passo) Mi trattate tutti come un bambino, ma dovrete smetterla, adesso che Richard e morto. (Si siede comodamente in poltrona e accavallate la gambe) Sono anche ricco, vero? Questa casa e mia. Nessuno può più strapazzarmi, adesso. Sarò io a strappazzare gli altri. Non mi lascerò più comandare a bacchetta da quella vecchia scema di Benny. Se Benny cerca di darmi degli ordini io... so io cosa faro!

LAURA                           (andando verso di lui, con gentilezza) Jan, caro, sta’ a sentire, è un momento molto difficile per tutti noi, e le cose di Richard non appartengono a nessuno finchè non verranno gli avvocati a leggerci il suo testamento. Succede sempre così, quando muore qualcuno. Fino a quel momento non possiamo far altro che aspettare. Capisci?

Il tono di Laura ha calmato Jan, che le passa le braccia intorno alla vita e si fa coccolare.

 

JAN                               (affettuosamente) Quello che mi dici tu lo capisco, Laura. A te voglio bene, lo sai. Te ne voglio tanto.

LAURA                           Si, caro. Anch’io ti voglio bene.

JAN                               Sei contenta adesso che Richard è morto, vero?

LAURA                           (lievemente sbigottita) No, non sono contenta.

JAN                               (in tono astuto) Oh, si, invece! Ora puoi sposare Julian.

Istintivamente Laura guarda Julian. Julian si alza.

                                      E’ un pezzo che vuoi sposare Julian, vero? Io lo sapevo... Tutti credono che non mi accorga di niente, che non sappia niente. E invece... Così, ora tutto è a posto, per voi due. Si è aggiustato tutto,  e siete soddisfatti.

BENNY                          (fuori scena) Jan!

JAN                               Quella cretina di Benny!

LAURA                           Su, da bravo sii gentile con lei. Ha tanti pensieri, tante preoccupazioni, in questo momento... (Guidando Jan verso la porta del corridoio) Devi cercare di aiutarla, Jan. Sei tu l’uomo della famiglia, ora.

JAN                               (apre la porta, poi guarda da Laura a Julian) E va bene, va bene. (Sorridendo) L’aiuterò.

Jan esce e richiude la porta.

JAN                               (fuori scena) Benny!

LAURA                           Pensa, sapeva di noi due!

JULIAN                          Il guaio, con quelli come Jan, e che non si capisce mai che cosa sanno o non sanno. E... Perde il controllo, piuttosto facilmente, vero?

LAURA                           (andando verso di lui) Si eccita per un nonnulla, si. Ma ora che non c’é più Richard a tormentarlo, si calmerà. Diventerà più normale, ne sono sicura.

JULIAN                          Be’, questo non lo so...

Starkwedder appare sulla soglia della portafinestra.

STARKWEDDER            Salve... Buonasera.

JULIAN                          (voltandosi) Oh... ehm... buonasera.

STARKWEDDER            Come andiamo? Tutto bene? (Guarda dall’uno all’altra e improvvisamente sorride) Già. In due si è in compagnia, in tre si è una folla. (Avanzando nella stanza) Non avrei dovuto entrare in casa così, dal giardino. Un vero gentiluomo si presenta alla porta d’ingresso e suona il campanello, vero? Ma io non sono un gentiluomo.

LAURA                           (andando verso di lui) Oh, la prego...

STARKWEDDER            Sono qui per due ragioni. Anzitutto per prendere congedo. E’ stata accertata la mia onorabilità: influenti personaggi hanno inviato telegrammi da Abadan spiegando quanto sia retto e degno di stima. Perciò sono libero di ripartire.

LAURA                           (sincera) Mi dispiace che se ne vada così presto.

STARKWEDDER            (con una punta di amarezza) Molto gentile da parte sua, considerato che mi sono sgarbatamente intromesso nel suo delitto di famiglia. Ma sono entrato dal terrazzo per un’altra ragione. La polizia mi ha dato un passaggio in macchina fin qui, e per quanto sian rimasti tutti abbottonatissimi, sono convinto che ci sia una sorpresa in arrivo.

LAURA                           (sgomenta) Sono tornati?

STARKWEDDER            Sl.

LAURA                           Ma credevo che avessero finito stamattina.

STARKWEDDER            Per questo dico: sorpresa in arrivo.

LAURA                           Julian!

Laura e Julian si avvicinano. Dal corridoio vengono delle voci. La porta si apre ed entra la signora Warwick, molto eretta e padrona di sè.

SIGNORA WARWICK     (guardandosi indietro) Benny! Ah, sei qui, Laura. Ti cercavamo.

Julian si affretta a offrirle il braccio.

                                      Sei stato gentile a tornare, Julian. Sappiamo quanto hai da fare.

JULIAN                          (aiutandola a sedersi in poltrona) Sarei venuto prima, ma ho avuto una giornata particolarmente intensa.

Entra Benny seguita dall’ispettore che ha con sè la sua borsa. Laura si siede sul divano. Starkwedder si mette alla scrivania e accende una sigaretta.

                                      Se posso essere d’aiuto in qualche modo...

Il sergente entra con Angell, che chiude la porta e si ferma sulla soglia.

SERGENTE                    (andando verso la portafinestra) Non riesco a trovare il ragazzo.

BENNY                          E’ fuori. Ha detto che andava a fare due passi.

ISPETTORE                   Non importa.

C’è una pausa mentre l’ispettore passa in rassegna i presenti. I suoi modi sono cambiati. Ora hanno qualcosa di burbero che prima non avevano.

SIGNORA WARWICK     (freddamente) Sbaglio, ispettore Thomas, o lei ha altre domande da farci?

ISPETTORE                   Infatti.

SIGNORA WARWICK     (stancarnente) Non si sa ancora niente, di quel MacGregor, vero?

ISPETTORE                   Al contrario.

SIGNORA WARWICK     (con ansia) L’hanno trovato?

ISPETTORE                   Si.

Un fremito di eccitazione percorre i presenti. Laura e Julian sembrano increduli. Starkwedder si gira sulla sedia.

BENNY                          (vivamente) L’avete arrestato?

ISPETTORE                   (studiandola un attimo, prima di rispondere) Sarebbe impossibile, signorina Bennett.

SIGNORA WARWICK     Impossibile? Perchè?

ISPETTORE                   Perchè è morto.

LAURA                           Che cosa?

La reazione è violenta. Julian si lascia cadere di peso sul divano.

ISPETTORE                   John MacGregorè morto in Alaska più di due anni fa... Poco dopo esser tornato nel Canada dall’Inghilterra.

LAURA                           Morto!

Jan passa rapidamente sulla terrazza e scompare senza che gli altri lo notino.

ISPETTORE                   Questo cambia le cose, vero? Nonè stato John MacGregor a lasciare quel messaggio sul cadavere del signor Warwick. Ma mi sembra chiaro che ce l’ha messo qualcuno che sapeva tutto di MacGregor e dell’incidente nel Norfolk (Va a posare la borsa sulla panchetta) Cioè qualcuno di questa casa.

BENNY                          (avvicinandosi rapidamente all’ispettore) No. Può anche darsi... può anche darsi...

ISPETTORE                   Si, signorina Bennett?

Aspetta, ma Benny sconvolta non può continuare e, a passo incerto, va verso la terrazza.

                                      (Guardando la signora Warwick) Lei capisce, signora, che questo cambia tutto.

SIGNORA WARWICK     Si. Certo. (Si alza) Ha ancora bisogno di me, Ispettore?

ISPETTORE                   Per il momento no.

SIGNORA WARWICK     Grazie.

La signora Warwick si avvia a uscire, accompagnata premurosamente da Julian, Angell le apre la porta. L’ispettore intanto tira fuori la pistola dalla borsa. Angell sta per uscire a sua volta.

ISPETTORE                   Angell!

ANGELL                        Si, signore?

ISPETTORE                   (mostrandogli l’arma) A proposito di questo revolver. Lei, stamane era incerto. Può o non può stabilire in modo definitivo se apparteneva al signor Warwick?

ANGELL                        Preferirei non pronunciarmi, ispettore. Di armi ne aveva tante...

ISPETTORE                   E’ una pistola europea, probabilmente un ricordo di guerra.

Jan ripassa sulla terrazza, in senso inverso, nascondendo una pistola. Di nuovo, gli altri non lo notano.

ANGELL                        Il signor Warwick aveva parecchie armi straniere. Ma si prendeva cura personalmente del suo arsenale. Non mi permetteva di toccare niente.

ISPETTORE                   (andando verso Julian) Maggiore Farrar, anche lei, forse, possiede dei ricordi di guerra. Le dice niente, questa?

JULIAN                          Proprio niente, ispettore, mi dispiace.

ISPETTORE                   (rimettendo il revolver nella borsa) Io e il sergente Cadwallader dovremo esaminarle tutte con cura. A quanto mi risulta, buona parte Warwick le aveva denunciate.

ANGELL                        Oh, si, signore. I permessi sono di la, in un cassetto.

Il sergente si avvia verso la carnera di Richard.

BENNY                          (seguendolo) Un momento. Immagino che le servirà la chiave dell’armadio delle armi. (La prende di tasca.)

ISPETTORE                   (girandosi di scatto verso di lei) L’aveva chiuso a chiave... Perchè?

BENNY                          Mi pare ovvio, ispettore. Tutte quelle armi e quelle munizioni sono un pericolo!

Il sergente sorridendo sotto i baffi prende la chiave.

ISPETTORE                   (seccato) Venga Angell. Avrò bisogno di lei.

L’ispettore prende la borsa ed esce. Il sergente lo segue, lasciando la porta aperta per Angell.

ANGELL                        (avvicinandosi a Julian) Per quella piccola, questione, signore... Sono ansioso di sistemarla al più presto. Se lei potesse venire a una decisione...

JULIAN                          (con difficoltà) Penso che... che qualcosa si possa fare.

ANGELL                        (sorridendo) Grazie, signore. Grazie infinite.

Angell sta per uscire quando Julian lo ferma.

JULIAN                          No! (Chiamando) Ispettore Thomas!

Una pausa carica di tensione. Poi, l’ispettore appare sulla soglia, seguito dal sergente.

ISPETTORE                   (tranquillamente) Si, maggiore Farrar?

JULIAN                          (di nuovo disinvolto e cordiale) Prima che si immerga nel lavoro, avrei qualcosa da dirle. Veramente dovevo già parlargliene stamattina, ma eravamo tutti cosi sconvolti... La signora Warwick mi accennava poco fa ad alcune impronte che lei sta cercando di identificare. Rilevate da questo tavolino, mi pare. (Con la massima naturalezza) Con ogni probabilità, ispettore, sono mie.

Una pausa. L’ispettore si avvicina lentamente a Julian

ISPETTORE                   (tranquillamente, ma con un lieve tono d’accusa) Lei e stato qui, ieri sera, maggiore Farrar?

JULIAN                          Si. Ero passato dopo cena, a fare due chiacchiere con Richard.

ISPETTORE                   E l’ha trovato...?

JULIAN                          Molto scontroso e depresso. Per questo mi sono trattenuto poco.

ISPETTDRE                   A che ora, questo, maggiore?

JULIAN                          Di preciso non ricordo... Le dieci, dieci e mezzo, direi.

ISPETTORE                   Non può essere più preciso?

JULIAN                          Mi dispiace, temo proprio di no.

ISPETTORE                   Non c’é stata una discussione... un alterco?

JULIAN                          Assolutamente no. (Guarda l’orologio) Sono già in ritardo. Devo presiedere il consiglio comunale. (Fa per avviarsi) Se non le dispiace, io...

ISPETTORE                   (seguendolo verso la terrazza) Ma certo, non dobbiamo fare aspettare il consiglio comunale. Tuttavia lei capirà, maggiore, che mi occorrerebbe una deposizione circostanziata dei suoi movimenti di ieri sera. Potremmo vederci domattina, se le va bene. (Una pausa) Naturalmente, lei non è tenuto a rilasciare nessuna dichiarazione, è un atto di pura cortesia... e ha tutto il diritto di farsi accompagnare dal suo avvocato, se crede.

Julian, cogliendo il significato di quelle parole rimane interdetto. Entra la signora Warwick e ascolta la fine del colloquio.

JULIAN                          Ehm... capisco perfettamente. Facciamo domattina alle dieci? Il mio legale ci sarà.

Julian esce dalla portafinestra. L’ispettore si rivolge a Laura.

ISPETTORE                   Lei ha visto il maggiore Farrar, ieri sera, quand’e stato qui?

LAURA                           (incerta) Ecco, io...

Starkwedder balza in piedi e va verso la panca mettendosi come per caso tra Laura e l’ispettore.

STARKWEDDER            Credo che la signora Warwick non se la senta di rispondere ad altre domande, per il momento.

ISPETTORE                   (seccatissimo) Davvero, signor Starkwedder? E si può sapere che c’entra, lei?

SIGNORA WARWICK     Il signor Starkwedder ha perfettamente ragione.

LAURA                           Non voglio rispondere a nessuna domanda.

Starkwedder sorride all’ispettore, che gira sui tacchi, irritato, ed esce col sergente. Angell li segue. Come la porta si chiude, Laura scatta.

                                      Ma io devo parlare, Devo dire...

SIGNORA WARWICK     (autoritaria) Il signor Starkwedder ha ragione, Laura. Al momento, meno parli meglio è. Dobbiamo metterci subito in contatto con il signor Adams. (A Starkwedder) E’ il nostro avvocato. Gli telefoni subito, Benny.

Benny fa un cenno d’assenso e va verso il telefono.

                                      No, usi l’apparecchio di sopra.

Benny si avvia alla porta.

                                      Laura, vai con lei. Io voglio parlare con il signor Starkwedder.

LAURA                           (si alza, poi esita) Ma...

SIGNORA WARWICK     Su, cara, vai!

Laura esce, seguita da Benny. La signora Warwick comincia a parlare rapidamente, tenendo d’occhio la porta della camera di Richard.

                                      Non so quanto tempo abbiamo. Lei deve aiutarmi.

STARKWEDDER            In che modo?

SIGNORA WARWICK     (dopo una pausa) Lei è un uomo intelligente... ed è un estraneo. E’ piovuto in casa nostra da chissà dove. Non sappiamo niente di lei...

STARKWEDDER            L’ospite inatteso, eh? (Si siede su un bracciolo del divano) Mi è già stato detto.

SIGNORA WARWICK     Proprio perchè è un estraneo, vorrei chiederle un favore. (Fa capolino sulla terrazza e guarda da una parte e dall’altra.)

STARKWEDDER            (dopo una pausa) Si, signora Warwick.

SIGNORA WARWICK     (rientrando) Fino a stasera, c’era una spiegazione logica a questa tragedia. Un uomo, mortalmente ferito da mio figlio, era venuto a vendicarsi. Melodrammatico... ma son cose che capitano. Ogni tanto si leggono, sui giornali.

STARKWEDDER            Certo.

SIGNORA WARWICK     Adesso però questa spiegazione e sfumata. Il delitto ritorna in famiglia... Ora, sono due le persone che sicuramente non hanno uccisi Richard: sua moglie e la signorina Bennett. Erano insieme, quando e stato sparato i colpo.

STARKWEDDER            (scoccandole un’occhiata) Esatto.

SIGNORA WARWICK     Ma Laura, pur non avendo ucciso il marito potrebbe sapere chi e stato.

STARKWEDDER            Sarebbe complice? Complice di Julian Farrar? E’ questo che intende’

SIGNORA WARWICK     No, no, affatto. Julian Farrar non ha sparato a mio figlio.

STARKWEDDER            (alzandosi) Ma lei, come può saperlo?

SIGNORA WARWICK     Lo so. E ora, poichè è un estraneo, le dirò una cosa che nessuno della mia famiglia sa: ho i giorni contati.

STARKWEDDER            Mi dispiace...

SIGNORA WARWICK     (alza una mano per interromperlo) Non glielo dico per farmi consolare. Glielo dico per farle capire qualcosa che, altrimenti, potrebbe essere difficile spiegare. Ci sono momenti in cui scegliamo una linea d’azione che non sceglieremmo mai, se avessimo qualche anno di vita davanti a noi.

STARKWEDDER            Ad esempio?

SIGNORA WARWICK     Devo spiegarle alcune cose di mio figlio, signor Starkwedder. (Si siede sul divano) Gli volevo un bene immenso... Da bambino e nella prima giovinezza aveva molte bellissime qualità. Riusciva bene in tutto, era coraggioso, allegro, pieni di risorse... un compagno straordinario. Ma aveva anche i difetti che accompagnano questi doti. Non sopportava limiti nè imposizioni. Aveva una vena di sadismo ed era di un’arroganza paurosa. Finchè la vita gli ha sorriso tutto è andato bene. Ma, per natura, non era in grado di lottare contro le avversità, e già da qualche tempo, ormai, lo vedevo andare lentamente alla deriva,

Starkwedder si siede in silenzio sulla panchetta, di fronte a lei.

                                      Dire che era diventato un mostro può sembrare un’esagerazione. Eppure sotto certi aspetti lo era: un mostro di egoismo, di orgoglio, di crudeltà. Poichè la sorte lo aveva colpito, viveva solo per colpire gli altri. (Con una nota di durezza nella voce) E gli altri han cominciato a soffrire per causa sua... Mi capisce?

STARKWEDDER            Credo di si.

SIGNORA WARWICK     Vede, io voglio molto bene alla mia nuora. E’ una ragazza dolce, sensibile, dotata di una grande forza d’animo. Richard le fece una corte spietata, travolgente, finchè lei non gli disse di si, ma non so se sia mai stata veramente innamorata di lui. Però una cosa è certa: Laura ha sempre fatto di tutto per rendere sopportabile a Richard la malattia e l’inattività. (Con tristezza) Ma lui non voleva saperne del suo aiuto: lo respingeva. Credo che a volte l’odiasse, e forse questo è più naturale di quanto non pensiamo. Cosi, lei capirà, se le dico che un giorno accadde l’inevitabile. Laura si innamorò di un altro, e lui di lei.

STARKWEDDER            Perchè mi dice tutto questo?

SIGNORA WARWICK     (con fermezza) Perchè lei è un estraneo. Questi amori, questi odi, queste tribolazioni, non significano niente, per lei. Può ascoltare senza commuoversi.

STARKWEDDER            Può darsi.

SIGNORA WARWICK     (senza badargli) Finalmente si arrivò al punto in cui una sola cosa poteva risolvere tutte le difficoltà: la morte di Richard.

STARKWEDDER            E, molto opportunamente Richard morì?

SIGNORA WARWICK     Infatti.

Una pausa. Starkwedder si alza e muove alcuni passi.

STARKWEDDER            Mi scusi la durezza, signora Warwick, ma sta confessandomi d’aver ucciso suo figlio?

SIGNORA WARWICK     (quasi aspra) Le farò una domanda. Riesce a capire che una persona, avendo dato la vita, possa sentirsi in diritto di toglierla?

STARKWEDDER            (continua a passeggiare, riflettendo) Ci son state madri che hanno ucciso i figli si, ma in genere per motivi ignobili: per incassare un’assicurazione o magari perchè avevano già due o tre bambini e non volevano accollarsi il fastidio di un altro. (Vivamente) La morte di Richard le porta un beneficio finanziario?

SIGNORA WARWICK     (decisa) No, nessuno.

STARKWEDDER            Deve scusare la mia franchezza.

SIGNORA WARWICK     Capisce che cosa sto cercando di dirle?

STARKWEDDER            Si, credo di si. Sta dicendomi che per una madre è possibile uccidere il figlio. E in particolare, è possibile che lei abbia ucciso suo figlio. E’ solo un’ipotesi, o devo considerarlo un dato di fatto?

SIGNORA WARWICK     Non sto confessando nulla. Sto solo prospettandole un punto di vista. Potrebbe succedere qualcosa d’imprevisto e io potrei non essere più qui per provvedere. In tal caso, vorrei affidarle questa. (Trae di tasca una busta e gliela porge.)

STARKWEDDER            C’è solo una complicazione, e cioè che io non sarò qui. Torno ad Abadan, dove il mio lavoro mi aspetta.

SIGNORA WARWICK     Non sarà isolato dal consorzio civile. I giornali, la radio...

STARKWEDDER            Oh, si, abbiamo tutti i vantaggi del progresso.

SIGNORA WARWICK     Allora prenda la busta. Vede a chi e indirizzata?

STARKWEDDER            (leggendo) Al capo della polizia. Si. (Si allontana di qualche passo) Ma non mi è affatto chiaro che cos’ha in mente. Per essere una donna, e abilisima nel mantenere un segreto. 0 ha commesso il delitto o sa chi è stato. E’ cosi, vero?

SIGNORA WARWICK     Non intendo discutere la questione.

STARKWEDDER            (sedendosi) Eppure ci terrei molto a sapere che cos’ha in mente.

SIGNORA WARWICK     Temo di non poterla accontentare. Come lei dice, per essere una donna so tener bene i segreti.

STARKWEDDER            (cambiando tattica) Quel domestico... quello che si prendeva cura di suo figlio...

SIGNORA WARWICK     Angell... Si?

STARKWEDDER            Le piace?

SIGNORA WARWICK     No. Ma è molto bravo, nel suo lavoro e non era facile occuparsi di Richard.

STARKWEDDER            Angell però chiudeva un occhio su queste difficoltà, vero?

SIGNORA WARWICK     (con lieve sarcasmo) Ci trovava il suo tornaconto.

Starkwedder si alza e passeggia: vorrebbe sondarla più a fondo.

STARKWEDDER            Richard sapeva qualcosa di lui?

SIGNORA WARWICK     Di Angell? Sta chiedendomi se Richard sapeva qualcosa che andava a discredito di Angell?

STARKWEDDER            Precisamente. Lo teneva in pugno, in qualche modo?

SIGNORA WARWICK     No, non credo.

STARKWEDDER            Mi domandavo se...

SIGNORA WARWICK     Se è stato Angell a sparare a mio figlio? Ne dubito. Ne dubito molto.

STARKWEDDER            Capisco. E’ un’ipotesi che non si regge. Peccato, però.

SIGNORA WARWICK     (alzandosi) Grazie, signor Starkwedder. E’ stato molto gentile.

Gli porge la mano. Divertito dal suo fare brusco, Starkwedder gliela stringe e va ad aprirle la porta del corridoio. Dopo un momento, la signora Warwick si volta ed esce. Lui richiude, poi torna sorridendo verso il divano.

STARKWEDDER            (guardando la busta) Accidenti... che donna!

La porta si riapre ed entra Benny. Starkwedder si affretta a intascare la busta. Benny gli si avvicina. E’ inquieta, preoccupata.

BENNY                          Che cosa le diceva?

STARKWEDDER            (voltandosi sorpreso) Eh? Come dice?

BENNY                          La signora Warwick... di che cosa le ha parlato?

STARKWEDDER            Lei mi sembra agitata...

BENNY                          Certo che sono agitata. So di che cos’è capace la signora Warwick.

STARKWEDDER            E di che cosa è capace? Di uccidere?

BENNY                          E’ questo che ha cercato di farle credere? Non è vero, sa? Se lo metta bene in testa. Non è vero.

STARKWEDDER            Potrebbe anche esserlo.

BENNY                          Le dico di no.

STARKWEDDER            Come fa a saperlo?

BENNY                          Ne sono certa. Crede ci sia qualcosa che non so, di questa famiglia? Sono qui da anni e anni... (Si siede) E mi sono molto cari, tutti.

STARKWEDDER            Ivi compreso il defunto Richard Warwick?

BENNY                          Volevo bene anche a lui... una volta.

Una pausa. Anche Starkwedder si siede.

BENNY                          Poi cambiò. Divenne... morboso, contorto. A volte era un demonio.

STARKWEDDER            Su questo, pare che tutti siano concordi.

BENNY S                       e l’avesse conosciuto com’era prima...

STARKWEDDER            Io non ci credo, sa. Ai mutamenti magici... la gente non cambia.

BENNY                          Lui si.

STARKWEDDER            Oh, no, si sbaglia. (Si alza, e passeggia per la stanza) Lei vede le cose a rovescio. Secondo me, Richard Warwick era sempre stato un demonio. Era uno di quegli esseri che devono essere felici e fortunati... altrimenti guai! Nascondono la loro vera personalità per ottenere quello che vogliono. Ma, sotto sotto, la perversità rimane. Scommetto che crudele lo è sempre stato. Probabilmente, a scuola era un bullo. Alle donne piaceva, naturalmente. Ledonne sono sempre attratte dai prepotenti. E sfogava buona parte del suo sadismo con la caccia grossa. (Indica i trofei alle pareti) Era un egoista mostruoso. Ecco come lo vedo io dalle vostre descrizioni... Gli piaceva presentarsi come un bravo figliolo, generoso, simpatico, bravo in tutto, ma in realtà era una canaglia. E quando gli è capitato quell’incidente, la facciata è crollata e tutti voi avete visto il vero Richard.

BENNY                          (alzandosi) Lei non ha il diritto di giudicare. E’ un estraneo, non sa niente.

STARKWEDDER            Ne ho sentite tante, in compenso. Non so come sia, ma tutti si sfogano con me.

BENNY                          Già. E’ quello che sto facendo anch’io, vero? (Sedendosi) La verità e che tra noi non osiamo parlare. (Lo guarda, supplichevole) Vorrei che lei non dovesse partire...

STARKWEDDER            Per quello che ho fatto... Mi sono limitato a capitare qui all’improvviso e scoprire un cadavere.

BENNY                          Siamo state Laura e io a scoprire il cadavere. (D’un tratto) 0 forse Laura...

Starkwedder la guarda e sorride.

STARKWEDDER            Lei e pittosto perspicace, eh?

BENNY                          L’ha aiutata lei, vero?

STARKWEDDER            Adesso sta lavorando di fantasia.

BENNY                          Oh, no, tutt’altro. Io voglio che Laura sia felice. Oh, sapesse quanto desidero che sia felice!

STARKWEDDER            (appassionatamente) Anch’io, maledizione!

BENNY                          Allora devo... devo assolutamente...

Sul terrazzo appare Jan. Stringe al petto, gelosamente, una rivoltella. Starkwedder lo vede e fa segno a Benny di tacere.

STARKWEDDER         Un momento. (A Jan) Che cosa fai con...?

Benny si volta e vede Jan. Si alza e si affretta verso di lui.

BENNY                          Jan! Jan! Dammi quella pistola!

Ma il ragazzo è  più svelto di lei. Scappa via, ridendo. Benny lo segue, chiamandolo.

JAN                               (correndo via) Vieni a prenderla!

BENNY                          (inseguendolo) Jan! Jan!

Starkwedder va alla portafinestra e li segue con lo sguardo. Poi si volta e sta per andare nella camera di Richard, ma entra Laura.

LAURA                           Dov’e l’ispettore?

Starkwedder indica la camera di Richard. Laura gli si avvicina.

                                      Michael, deve ascoltarmi: Julian non ha ucciso Richard!

STARKWEDDER            (gelido) Ma toh! E gliel’ha detto lui?

LAURA                           Lei non mi crede, ma è la verità.

STARKWEDDER            Cioè, quella che lei ritiene la verità.

LAURA                           So di certo che è vero. Vede, Julian era convinto che Richard, l’avessi ucciso io.

STARKWEDDER            (acido) Non c’é da meravigliarsi. Anch’io l’ho creduto, no?

LAURA                           (disperata) Ma Julian non riusciva ad accettare il fatto. Lo faceva sentire... (imbarazzata) diverso nei miei confronti.

STARKWEDDER            Mentre lei, quando sospettava che fosse stato Julian a sparargli, l’ha accettato senza batter ciglio. (Improvvisamente si addolcisce un po’ e sorride) Le donne sono meravigliose! (Va a sedersi su un bracciolo del divano) Che cos’ha spinto il nostro maggiore a mettersi nei guai, confessando d’essere stato qui ieri sera? Non mi dica che l’ha fatto per amore della verità.

LAURA                                    E’ stato Angell. Ha visto, o dice d’aver visto, Julian in giardino.

STARKWEDDER Mi pareva d’aver sentito odore di ricatto! Che gentiluomo, quell’Angell!

LAURA                           Dice d’avere visto Julian subito dopo lo sparo. Io sono terrorizzata. Mi sento come in trappola. Ho paura.

STARKWEDDER            (alzandosi e prendendola per le spalle) Non è il caso. Tutto si aggiusterà.

LAURA                           Non è possibile.

STARKWEDDER            Tutto si aggiusterà, le dico.

LAURA                           Sapremo mai chi ha ucciso Richard?

Starkwedder la fissa per un momento, poi va verso la terrazza e guarda fuori.

STARKWEDDER            La nostra signorina Bennett sembra molto sicura d’avere capito tutto.

LAURA                           Lei è sempre molto sicura... e a volte sbaglia.

Starkwedder vede qualcosa, fuori, e fa segno a Laura di avvicinarsi. Le porge la mano e lei la prende.

STARKWEDDER            Si, Laura... e proprio come pensavo!

LAURA                           Che c’é?

STARKWEDDER            Ssst!

Entra Benny frettolosa.

BENNY                          (sottovoce) Signor Starkwedder... di la, con l’ispettore, presto.

Starkwedder e Laura spariscono rapidarnente nella camera di Richard. Sta scendendo il crepuscolo. Benny guarda in giardino e chiama:

                                      Su, vieni dentro, Jan. Smettila di fare il dispettoso... Andiamo, vieni dentro.

Benny chiama Jan con un cenno e rientra nello studio. Jan fa capolino. Ha un’aria tra il ribelle e il trionfante. Ha sempre la pistola in mano.

                                      Mi dici come mai ce l’hai tu, quella?

JAN                               (venendo avanti) Ti credevi molto furba, eh, Benny, perchè avevi chiuso di là tutte le armi di Richard? Ma io ho trovato una chiave che apre l’armadio dei fucili. E adesso ho una pistola, proprio come Richard. E presto ne avrò un sacco, di fucili e di pistole. E sparerò anch’io alle bestie.

Improvvisamente, Jan alza l’arma e la punta contro Benny, che trasale.

                                      Attenta, Benny, potrei sparare anche a te.

BENNY                          Ma via, Jan, tu non faresti mai una cosa del genere. So che non lo faresti.

Jan continua a puntare la pistola contro Benny, ma dopo qualche istante l’abbassa. Benny respira.

JAN                               (dopo una pausa, con dolcezza e quasi con sussiego) No, non lo farei.

BENNY                          Capirei se tu fossi un ragazzo irresponsabile. Ma ormai sei un uomo...

JAN                               (andando a sedersi alla scrivania) Certo. Sono un uomo. Adesso che Richard è morto, io sono il capofamiglia.

BENNY                          Ecco perchè non mi spareresti mai. Tu, spareresti solo a un nemico.

JAN                               Si, certo.

BENNY                          (con circospezione) Durante la guerra, se eri nella Resistenza, quando uccidevi un nemico, facevi una tacca sulla pistola.

JAN                               (guardando la sua pistola) Una tacca? Davvero? E certi ne avevano molte, di tacche?

BENNY                          Oh, si, certi ne avevano moltissime.

JAN                               Che divertente!

BENNY                          C’é della gente alla quale uccidere non piace affatto, ma ad altri si, eccome.

JAN                               A Richard piaceva.

BENNY                          Si, a Richard piaceva molto. Anche a te piace uccidere, vero, Jan?

Jan prende un temperino e comincia a incidere una tacca sulla pistola. Benny non se ne accorge.

JAN                               Uccidere è elettrizzante.

BENNY                          Tu non volevi che Richard ti facesse rinchiudere, vero?

JAN                               (appassionatamente) Diceva sempre che l’avrebbe fatto. Era una carogna.

BENNY                          Una volta tu gli hai detto che l’avresti ucciso, se ti avesse rinchiuso.

JAN                               (indifferente) Davvero?

BENNY                          Poi però non l’hai ucciso? (E una mezza domanda.)

JAN                               Oh, no, non l’ho ucciso.

BENNY                          E’ stata una debolezza.

JAN                               Credi?

BENNY                          Certo. Dire che volevi ucciderlo e poi non farlo. (Guarda verso la porta della carnera di Richard) Se qualcuno mi minacciasse di farmi rinchiudere, anche a me verrebbe voglia di ucciderlo, ma ti assicuro che io lo farei!

JAN                               Oh, anch’io lo farei, eccome!

BENNY                          (con astuzia) Già, a parole. Però non l’hai ucciso. E’ stato un altro, a farlo.

JAN                               Chi lo dice, che è stato un altro? Magari sono stato io.

BENNY                          Oh, no, è impossibile. Tu sei solo un ragazzo. Non ne avresti avuto il coraggio.

JAN                               (scattando in piedi e arretrando) Ah no, eh? Secondo te non ne avrei il coraggio?

BENNY                          No, non avresti mai osato uccidere Richard. Dovevi essere molto più in gamba molto più adulto, per farlo.

JAN                               (offeso, le volta le spalle e si allontana) Tu non sai niente, Benny. No, no e no. Non sai niente e non capisci niente.

BENNY                          Cosa c’é che non so? Mi stai prendendo in giro, Jan?

Benny coglie l’occasione per socchiudere la porta della camera di Richard.

JAN                               Si, si, perchè mi fai ridere. Io sono molto più furbo di te.

Jan si volta di scatto verso di lei. Benny, trasale e si aggrappa allo stipite della porta.

                                      Io so tante cose che tu non sai.

BENNY                          Cosa sai, tu, che io non so?

Jan non risponde. Sorride, con aria misteriosa, e si siede sulla panchetta, sempre fissando Benny.

                                      Non vuoi proprio dirmelo? Non vuoi confidarmi il tuo segreto?

JAN                               (con amarezza, ritraendosi) Non bisogna fidarsi di nessuno.

BENNY                          (cambiando tono) Chissà... Sarà poi vero che sei stato cosi furbo?

JAN                               Adesso cominci a capire come sono in gamba...

BENNY                          Forse, ci sono tante cose di te che io non so.

JAN                               Oh, si che ce ne sono... Un’infinità. Io, invece, so tante cose di tutti, ma non sempre le dico. Certe volte mi alzo di notte e giro per la casa. Vedo tante cose, scopro tante cose, ma non le dico.

BENNY                          Hai qualche segreto, ora?

JAN                               (mettendosi a cavalcioni della panchetta) Un segreto grande, grandissimo! (Ride) Chissa che paura avresti, se te lo dicessi.

BENNY                          Davvero? Credi che avrei paura? (Avvicinandosi a lui) Credi che avrei paura di te, Jan? (Si pianta davanti al ragazzo e lo fissa intensamente.)

JAN                               (fissandola a sua volta, gravemente) Si, avresti molta paura di me.

BENNY                          Si vede che finora non ti conoscevo, Jan. Comincio solo adesso a capire chi sei.

JAN                               (sempre più esaltato) Nessuno sa niente di me.

                                      Nessuno sa quante cose posso fare. (Guardando verso la poltrona a rotelle) Quello stupido di Richard, seduto là a sparare, ai suoi stupidi uccelli. Non pensava che qualcuno sparasse a lui, eh?

BENNY                          Eh no. E’ stato quello il suo sbaglio.

JAN                               (alzandosi) Certo, è stato il suo sbaglio. Credeva di potermi mandar via, vero? Ma gliel’ho fatta vedere io!

BENNY                          (pronta) Gliel’hai fatta vedere tu? E come?

Jan la guarda con aria scaltra. Una pausa.

JAN                               Non te lo dico.

BENNY                          Su, dimmelo, Jan.

JAN                               No. (Si siede su una poltrona, appoggiandosi la pistola a una guancia) No, non lo diro a nessuno.

BENNY                          Forse hai ragione. Forse posso indovinarlo, quello che hai fatto, però non lo dico. Rimarrà il tuo segreto. Va bene?

JAN                               Si, il mio segreto. (Avvicinandosi alla poltrona di Richard) Nessuno mi conosce... ma dovrebbero stare attenti. Sono pericoloso, io. Tutti, dovrebbero stare attenti. Sono pericoloso, hai capito?

BENNY                          Richard non lo sapeva quanto eri pericoloso. Sarà rimasto sorpreso.

JAN                               (Fermandosi a fissare la poltrona) Sorpreso... si, era sorpreso. Ha fatto una faccia strana. E poi... poi ha lasciato ricadere la testa, giu giu... C’era tanto sangue... E non si e più mosso. Gliel’ho fatta vedere io. Gliel’ho fatta vedere io! Adesso non potrà più farmi rinchiudere!

Jan va ad appollaiarsi su un bracciolo del divano e mostra la pistola a Benny. Benny lotta per trattenere le lacrime.

                                      (A voce bassa) Guarda qui. Vedi? Ho fatto una tacca sulla mia pistola! (Batte l’arma col tempe-ino.)

BENNY                          (avvicinandosi) Una tacca! Ma è emozionante! Fammi vedere!

Tenta di afferrare la pistola che Jan mostra sulla mano aperta. Ma il ragazzo è più svelto di lei.

JAN                               (scostandosi rapidamente) Ah, no, non la tocchi! Nessuno mi porterà via la mia pistola. Se vengono gli agenti e cercano di arrestarmi, sparerò anche a loro.

BENNY                          Non c’é nessun bisogno di farlo. Proprio nessuno. Tu sei in gamba. Sei cosi in gamba che non sospetteranno di niente.

JAN                               (giubilante) Stupida polizia. Stupida polizia. (Tornando verso la poltrona) Stupido Richard.

Punta l’arma contro un immaginario Richard, poi scorge gli altri sulla soglia della carnera da letto, e fugge rapidissimo. Benny si affloscia sul divano e scoppia in lacrime. Entra l’ispettore, con il sergente.

ISPETTORE                   Lo segua, presto!

ll sergente esce di corsa dalla portafinestra. Entra Starkwedder, seguito da Laura che va subito a guardar fuori. Per ultimo entra Angell e si avvicina anche lui alla portafinestra. Dalla porta a sinistra entra la signora Warwick e si ferma, eretta, sulla soglia. L’ispettore si avvicina a Benny.

                                      (Gentilmente) Su, su, signorina Bennett. Non faccia così. E stata bravissima.

BENNY                          (con voce rotta) L’avevo capito fin dal primo momento. Conosco Jan meglio di tutti, io. Vedevo che Richard lo stava portando alla disperazione... e l’avevo capito da un pezzo ormai, che Jan era pericoloso.

LAURA                           Jan! (Con profonda desolazione) Oh no, no! Jan! Non e possibile! Non riesco a crederci!

SIGNORA WARWICK     (profondamente amareggiata) Come ha potuto fare una cosa simile, Benny? Credevo che almeno lei sarebbe stata leale.

BENNY                          (in tono di sfida) Ci sono momenti in cui la verità è più importante della lealtà. Lei non si accorgeva, nessuno di voi si accorgeva che Jan stava diventando pericoloso. E un caro ragazzo, un ragazzo dolcissimo, ma... ma... (Sopraffatta dal dolore, non può continuare.)

ISPETTORE                   (pacato) ... ma quando arrivano a una certa età, questi figlioli diventano pericolosi, perchè non si rendono più conto di quello che fanno. Non hanno il giudizio e le capacita di controllo di un adulto. (Avvicinandosi alla signora Warwick) Non deve affliggersi, signora. Le do la mia parola che sarà trattato con gentilezza e comprensione. Per me, il caso è lampante: il ragazzo non è responsabile delle sue azioni. Di conseguenza, ci sarà una specie di detenzione ma in un ambiente civile, confortevole. E a questo, come lei sa, si doveva arrivare in ogni caso.

SIGNORA WARWICK     Si. Si, ha ragione. (A Benny) Mi perdoni Benny. Poco fa, diceva che nessuno si era accorto che Jan era pericoloso. Io l’avevo capito... ma non sapevo risolvermi a prendere provvedimenti.

BENNY                          (con forza) Qualcuno doveva fare qualcosa!

Il sergente appare sulla soglia della portafinestra. Barcolla un po’ e si regge la mano sinistra, attorno alla quale è avvolto un fazzoletto macchiato di sangue.

SERGENTE                    Ispettore!

ISPETTORE                   Cos’ è successo?

SERGENTE                    (quasi senza respiro) Oh, Dio, Dio, e terribile! (Va verso la panchetta a passo malfermo e vi si lascia cadere.)

L’ispettore corre subito da lui. Anche Starkwedder gli si avvicina.

ISPETTORE                   La sua mano!

STARKWEDDER            (Cominciando a fasciare la mano del sergente col proprio fazzoletto) Lasci fare a me.

SERGENTE                    Sta calando la nebbia, e non ci vedevo bene... Mi ha sparato, vicino al boschetto.

Laura va alla portafinestra.

                                      Ha sparato due volte e la seconda mi ha preso alla mano.

Benny si alza.

                                      Ho cercato di disarmarlo ma la ferita m’impacciava e... e...

ISPETTORE                   E Insomma, cos’è successo?

SERGENTE                    Lui aveva il dito sul grilletto ed e partito un colpo. Lo ha preso al cuore. E’ morto...

Laura porta una mano sulla bocca per soffocare un grido. Lentamente, torna verso la scrivania e si siede. La signora Warwick abbassa la testa e si appoggia al bastone.

ISPETTORE                   Ma è sicuro che sia morto?

SERGENTE                    Sicurissimo. Povero ragazzo! E morto gridandomi delle parole di sfida, scaricando la sua pistola con gioia, come se sparare lo affascinasse.

ISPETTORE                   (andando verso la portafinestra) Dov’è?

SERGENTE                    (alzandosi) Vengo con lei, cosi le mostro...

ISPETTORE                   No, le conviene restare qui...

SERGENTE                    Sto meglio, ora. Posso resistere finche torniamo al comando. (Un po’ malfenno sulle gambe, esce sulla terrazza.)

ISPETTORE                   Non so dirvi quanto sia addolorato... Ma forse è la soluzione migliore (esce dietro al sergente).

SIGNORA WARWICK     La soluzione migliore!

BENNY                          Si, si, è meglio cosi. Adesso è finalmente sereno povero Jan. (Aiutando la signora Warwick ad alzarsi) Venga, cara, venga. E’ stata un’emozione troppo forte per lei.

SIGNORA WARWICK     Si... ora vado a sdraiarmi.

Benny sorregge la signora Warwick verso la porta. Starkwedder le apre, poi si toglie di tasca la busta

STARKWEDDER            Sarà bene che riprenda questa.

SIGNORA WARWICK     Si... tanto ormai non serve più. (Prende la busta e se ne va con Benny.)

Angell si avvicina a Laura, che è seduta alla scrivania. Laura non si volta.

ANGELL                        Vorrei esprimerle il mio profondo rammarico, signora. Se c’é qualcosa che posso fare...

LAURA                           (senza alzare gli occhi) Non abbiamo più bisogno di lei, Angell. Riceverà un assegno per le sue spettanze e le sarei grata se lasciasse la casa oggi stesso.

ANGELL                        Si, signora. Grazie signora.

Angell se ne va. La stanza è sempre più buia, gli ultimi raggi di sole proiettano ombre sulle pareti.

STARKWEDDER            Niente denuncia per ricatto?

LAURA                           No.

STARKWEDDER            Peccato! Bene, sarà meglio che me ne vada. Non mi resta che dirle addio. (Una pausa. Laura non si e ancora voltata) Non si disperi troppo...

LAURA                           (con sentimento) Ma io mi dispero.

STARKWEDDER            Perchè voleva bene al ragazzo?

LAURA                           (voltandosi verso di lui) Si. E perchè e colpa mia. Vede, Richard aveva ragione. Bisognava mandarlo in qualche posto, rinchiuderlo dove non potesse far danno. Ero io che non volevo saperne. Quindi, in pratica, e colpa mia se Richard e stato ucciso.

STARKWEDDER            (in tono ruvido) Andiamo, Laura, lasci perdere i sentimentalismi. Richard è morto perchè se l’è voluta. Sarebbe bastato che si mostrasse un po’ più umano col ragazzo, non le pare? Non si tormenti inutilmente. Ora lei deve fare una cosa sola: essere felice. »E vissero per sempre felici e contenti», come dicono le favole.

LAURA                           (amaramente) Con Julian? Mah! (Si alza, e muove qualche passo in giro) Non e più come prima, ormai.

STARKWEDDER            Tra lei e Farrar, intende?

LAURA                           Si. Vede, quando pensavo che Julian avesse ucciso Richard, per me non faceva nessuna differenza. Lo amavo ugualmente. Ero perfino disposta a prendermi la colpa.

STARKWEDDER            Lo so. Che pazza! Come son felici le donne, di fare le martiri!

LAURA                           (appassionatamente) Invece quando Julian ha sospettato che fossi stata io, è cambiato. E’ cambiato completamente, verso di me. Era pronto a mostrarsi magnanimo e a non incriminarmi. Ma niente di più. (Si siede sulla panchetta) Non aveva più... sentimenti per me.

STARKWEDDER            (con fermezza) Mi dia retta, Laura, gli uomini e le donne non reagiscono allo stesso modo. E, tutto sommato, sono gli uomini il sesso debole. Le donne hanno grinta. Gli uomini non sanno prendere con disinvoltura un omicidio. Le donne, a quanto pare, si. Se un uomo commette un delitto per una donna, è probabile che acquisti valore ai suoi occhi. Un uomo la pensa diversamente.

LAURA                           Ma non lei... Lei quando credeva che avessi ucciso Richard, mi ha aiutata.

STARKWEDDER            (colto alla sprovvista) Era diverso. Io dovevo aiutarla.

LAURA                           Doveva? Perchè?

STARKWEDDER            (dopo una pausa, tranquillamente) E voglio aiutarla ancora.

LAURA                           (distogliendo il viso) Vede? Siamo di nuovo al punto di partenza. In un certo senso, sono stata io a uccidere Richard, perchè mi sono tanto ostinata per Jan.

STARKWEDDER            (sedendosi anche lui sulla panchetta) E’ questo che la tormenta, vero? Scoprire che era stato Jan a sparare a Richard. Ma non e detto che sia vero. Non è obbligata a crederlo, se non vuole.

LAURA                           (voltandosi a guardarlo) Come può dire una cosa simile? Ho sentito... abbiamo sentito tutti. Lo ha ammesso... se ne vantava.

STARKWEDDER            Oh, si, si, certo. Ma lei che ne sa, del potere della suggestione? La sua Benny se lo è giostrato molto abilmente, ha soffiato sul fuoco... E il ragazzo era suggestionabile. L’idea gli piaceva. A molti adolescenti piace vedersi come assassini. Benny gli ha spenzolato l’esca davanti agli occhi e lui ha abboccato. Aveva sparato a Richard, poteva fare una tacca sulla sua pistola, era un eroe! Ma lei non sa... nessuno di noi può sapere... se quello che diceva era vero.

LAURA                           Ma ha sparato al sergente!

STARKWEDDER            Oh, si, Jan era un assassino potenziale, questo è un fatto. Ed è anche probabile che abbia sparato a Richard. Ma lei non può dire con certezza che è stato lui. Può essere stato... qualcun altro.

LAURA                           Ma chi?

STARKWEDDER            (dopo una pausa) Benny, forse. (Si siede) E’ molto affezionata a tutti voi, e forse pensava di far bene. Oppure, la signora Warwick. 0 addirittura il suo Julian... che poi ha finto di sospettare di lei. Una mossa molto abile, e lei ci è cascata in pieno.

LAURA                           (alzandosi) Lei non crede a quello che dice. Sta solo cercando di consolarmi.

STARKWEDDER            (esasperato) Ma Laura, chiunque, può avere sparato a Richard. Perfino MacGregor.

LAURA                           (voltandosi) MacGregor? Ma è morto!

STARKWEDDER            Certo che è morto. Doveva morire per forza. (Alzandosi) Stia a sentire, posso costruire un caso piuttosto convincente contro MacGregor. Poniamo che abbia deciso di uccidere Richard per vendicarsi... (Sedendosi su un bracciolo del divano) Che cosa fa? Anzitutto, deve sparire. Non gli sarà stato difficile far credere d’essere morto in un angolo sperduto dall’Alaska. Tutt’al più, gli sarà costato qualcosa procurarsi delle false testimonianze. Poi, cambia nome, cambia professione, e comincia a costruirsi una nuova personalità in un altro paese. Si tiene al corrente di quello che vi succede e appena sente che avete lasciato il Norfolk e vi siete trasferiti da queste parti, prepara il suo piano. Si taglia la barba, si tinge i capelli, poi, una sera di nebbia, viene qui. E, a questo punto, poniamo che le cose vadano così. (Si alza e va verso la portafinestra) Poniamo che MacGregor dica a Richard. »Io ho una pistola e anche tu ce l’hai. Conto fino a tre e spariamo tutti e due. Sono venuto per vendicare la morte del mio bambino.» Vede, Laura, non so se suo marito fosse lo specchiato gentiluomo che lei credeva. Ho idea che non abbia aspettato fino al tre. Lei dice che era un ottimo tiratore, ma è chiaro che stavolta ha mancato il bersaglio, e il proiettile è finito fuori, in giardino, dove ce ne sono già tanti... MacGregor, invece, non manca il bersaglio. Spara, uccide... se ne va. E poco dopo ritorna.

LAURA                           Ritorna? Ma perchè?

STARKWEDDER            Be’, supponiamo che abbia un incidente, e che sia bloccato. Che può fare? Una cosa sola: capitare qui e scoprire il cadavere.

LAURA                           Parla come se sapesse esattamente quello che è successo.

STARKWEDDER            (appassionatarnente) Certo che lo so. Non capisci, Laura? MacGregor sono io!

Laura si alza, incredula, e va verso di lui, incapace di afferrare il pieno significato delle sue parole.

LAURA Lei è... Tu sei...

Mentre Laura lo fissa, sbalordita, Starkwedder le prende una mano e le bacia il palmo.

 

STARKWEDDER            (ruvidamente) Addio, Laura.

Starkwedder esce rapidamente e scompare nella nebbia. Laura corre fuori e lo chiama.

LAURA                           Aspetta... aspetta! Torna indietro!

Si ode in lontananza l’eco malinconico di una sirena da nebbia.

                                      Torna indietro, Michael! Torna!

Laura si abbandona contro lo stipite. La sirena da nebbia continua a farsi udire mentre cala il

SIPARIO

FINE