Eduardo Scarpetta
Lu marito de nannina
da 115, rue Pigalle, di Bisson
Commedia in tre atti
Personaggi
D. Nicola Paletta
D. Ciccillo
D. Felice, detto Celestino
Bernard
Federico
Leone
Nannina
Elena
Teresina
Pascarella
Biase
Francisco
ATTO PRIMO
Camera in casa di D. Nicola, porta in fondo 4 porte laterali, 2 console con sopra orologi, sedie ecc. Tavolino con occorrente e campanello - vari mobili sparsi in scena.
SCENA PRIMA
Biase e Francisco, poi Nicola di dentro, poi Ciccillo, poi Bernard, indi Nicola, Biase e Francisco.
BIASE (viene dalla strada con grosso involto di panni):Mamma mia, m more, io non me fido cchi, chesta si chiamma accidere la gente.
FRANCISCO (venendo dal fondo a sinistra con 2 candelabri in mano): Bi, v dinto che lo signore te v, f ampressa.
BIASE: Haje daspett tu e isso, pecch io non songo de ferro, sto facenno lo facchino da che schiarato juorno.
FRANCISCO: E io non sto facenno lo stesso?
BIASE: Ma che b f dinta a chella cammera de lietto?
FRANCISCO: Comme non haje ntiso, siccome chella la cammera cchi granne, nha luvato lo lietto, la toletta, li comm, tutte cose, e stasera ll fa la festa da ballo.
BIASE: Mannaggia larma de la mamma.
NICOLA (di dentro):Biase, Biase.
FRANCISCO: Eccomi qua Eccellenza.
CICCILLO: permesso?
BIASE: Favorite, favorite, accomodatevi. ( Viano pel fondo a sinistra.)
CICCILLO: Che d, che stato, chillo pecch fujeve... accomodatevi; e add massetto, cca sta tutta stammoina mmiezo. Vorria, sape con precisione a che ora si pranza, perch tengo certe visite necessarie che non potrei mancare. Si se mangiasse alle sei, sarebbe buono, tenarria tutto lo tiempo. Moglierema starria cc, e io con la scusa delle visite, jarria a trov no poco a Teresina mia che non la vedo da due giorni... quanto bona; ma D. Nicola add sta?
BERNARD (dalla sinistra):Biase, qualcheduno...
CICCILLO: (Uh! Sta faccia non m nova...).
BERNARD: Buongiorno... (Chisto non me ricordo chi ). Saccomodi signore.
CICCILLO: E dove maccomodo, scusate.
BERNARD: Ecco qua, (gli d una sedia) io non capisco perch questa camera sta cos in disordine. Il signore chi ?
CICCILLO: Sono amico stretto di D. Nicola, il padrone di casa, mi chiamo Francesco Tarantella, Dottore in Medicina.
BERNARD: Piacere tanto.
CICCILLO: E lei?
BERNARD: Io sono lo sposo di Nannina, la figlia di Don Nicola.
CICCILLO: Oh, bravissimo. Il mio amico Nicola, vostro suocero, amico mio da tanti anni ieri mattina venne fino a casa a invitarmi con mia moglie, tanto per il pranzo di questoggi, quanto per la festa di questa sera.
BERNARD: Oh, sar un onore per noi.
CICCILLO: Io voleva domandare una cosa a D. Nicola... siccome tengo diverse visite vorrei sapere.
NICOLA (dal fondo a sinistra con 2 quadri, un candelabro, ed un martello in mano):Jammo, jammo, puzzate scul, vuje che avite stammatina, ve movite a no. (I 2 servi escono con scala.)
CICCILLO: D. Nicola rispettabile.
NICOLA: Ah, D. Ciccio bello... genero mio.
BERNARD: Caro suocero.
CICCILLO: Io volevo sapere...
NICOLA: Perdonate, m non ve posso dir niente... sto preparando la galleria per questa sera. (Via a destra i servi lo seguono.)
CICCILLO: Mha tignuta la mano, chillo sta tutto spuorco...
BERNARD: Che volete, uno stravagante, ma tanto di buon cuore.
CICCILLO: Oh, questo vero.
BERNARD: Accomodatevi.
CICCILLO: Grazie. Scusate, m che me ricordo, voi siete quel giovine che fino ad un mese fa, ogni giorno verso le quattro scendevate dal palazzo, strada Speranzella N. 19?...
BERNARD: Sissignore... e scusate, voi siete quelluomo, che fino ad un mese fa, ogni giorno, in punto le 4, quanno io asceva da chillo palazzo, vuje trasiveve?
CICCILLO: Sissignore.
BERNARD: E comme va che quanno io asceva vuje trasiveve?
CICCILLO: E vuje perch asciveve quanno io traseva?
BERNARD (ride):Ah, ah, aveva da essere na cosa.
CICCILLO (ride):Ah, ah, questo certo, perch succedeva ogni giorno.
BERNARD: E volete vedere che io indovino voi a chi andavate a trovare in quel palazzo? La signorina D.a Teresina, la simpatica modistella.
CICCILLO: Pss, per carit, io sono ammogliato.
BERNARD: Oh, vi pare.
CICCILLO: E voi pure andavate da lei?
BERNARD: Si, ma appena conobbi Nannina, non ci andai pi... e voi ci seguitate ad andare?
CICCILLO: No, finito tutto, non ci sono pi passato da l.
BERNARD: Ma che volete, era una giovine simpatica.
CICCILLO: Oh, ma simpaticona... io ci aveva perduta la testa, sapete... se nha mangiate denare de li mieje chella guardaporta.
BERNARD: Pascarella, Pascarella?
CICCILLO: Pascarella.
BERNARD: Io in quel palazzo ci ho abitato 5mesi, gi, mi presi una camera mobigliata al primo piano, per starle pi vicino, e mi cambiai nome, mi facevo chiamare Luigi Porro... Capite...
CICCILLO: Ho capito. (Dalla destra si sente un forte rumore.)
BIASE (di dentro gridando):Eccellenza che avite fatto.
NICOLA (c.s.):Aggio fatto larma de mammeta, pecch non tenive la scala.
BIASE (c.s.):Laggio tenuta.
NICOLA (c.s.):Statte zitto! (Si sente un forte schiaffo.)
BERNARD (a Francisco che esce):Che stato?
FRANCISCO: caduto lu signore da coppa a la scala, ghiuto nterra, e s scummato de sango. (Via pel fondo.)
BERNARD: Oh, diavolo!
NICOLA (uscendo con Biase):Jammo dinta a la cucina, tira no cato dacqua fresca. (Ha il fazzoletto e il naso pieno di sangue.)
CICCILLO: D. Nic...
BERNARD: Suocero mio...
NICOLA: Niente, cosa de niente, so caduto da sopra a la scala, m uscito no poco de sangue dal naso... stato buono, pecch io teneva nu poco de dolore de testa.
CICCILLO: Ma fateci qualche cosa.
BERNARD: Ve siete fatte male assaje?
NICOLA: Ma niente, vi ho detto che cosa de niente, e poi ad unaltra mezzora, mia figlia va al Municipio a sposare, me pozzo incaricare de sta piccolezza, che me ne mporta, so caduto, salute a nuje, me so fatto male, e che me ne preme, e poi io tengo tanto sangue che fa che ne butto no poco. (Via pel fondo a sinistra col servo.)
CICCILLO: E ghiettene pure no cato.
BERNARD: Ma dite la verit, non un originale?
CICCILLO: no pazzo avite da dicere.
BERNARD: Permettetemi, vado a mettere in ordine alcune cose. Io sono avvocato, se avete bisogno di me, comandatemi pure.
CICCILLO: Grazie, troppo buono, e vi auguro col prossimo matrimonio, salute e felicit.
BERNARD: Quello che non successe col primo.
CICCILLO: Ah, avete avuta gi una moglie?
BERNARD: S, e la perdetti due anni fa, mor repentinamente dopo sei mesi che laveva sposata.
CICCILLO: Oh, povera giovinetta.
BERNARD: No, non era una giovinetta, teneva 54anni.
CICCILLO: Ah!
BERNARD: S, la sposai perch teneva un po di dote, ma poca roba sapete, e dopo la sua morte sono stato nellinferno con un suo nipote, che voleva per forza denaro, dicendo che era la sua porzione, se no faceva, diceva... quasi, quasi andato dicendo che io feci morire la zia, tanto della collera che le davo, per poter rimanere io padrone di tutto... un ammasso di calunnie, sapete, le solite cose.
CICCILLO: Ah, si capisce.
BERNARD: Dunque a rivederci fra poco.
CICCILLO: A rivederci... a proposito non mi avete detto il vostro nome.
BERNARD: Errico Bernard.
CICCILLO: Errico Bernard! Il nome de chillo che sparaje la mugliera giusto nel palazzo dove sta Teresina Strada Speranzella N. 19 e po fuje condannato a quattranne... e chisto, o isso, o nome e cognome che se confronte!
SCENA SECONDA
Elena, Federico e detto poi Nicola.
ELENA (dal fondo) : Che veco! Mariteme!
FEDERICO (uscendo):Elena?
ELENA (zitto):D. Cicc, state cc?
CICCILLO: Oh, moglia mie, e ched, gi s venuta.
ELENA: E se capisce, si no che facimmo ved che venimmo proprio a ora de tavola, siccome a la casa non aveva che fa, me so vestuta e so venuta, non credo che vha fatto dispiacere, e po voglio ved a Nannina primma che va a lo Municipio.
CICCILLO: Va bene, D. Feder, e vuje che facite cc?
FEDERICO: Comme che faccio, io sono amico stretto dello sposo, aierisera D. Nicola mi ha invitato, ed eccomi qua. Allargo del Mercatiello, mentre venivo qua ho trovata la signora, e ho creduto mio dovere di accompagnarla.
CICCILLO: Grazie tanto, troppo buono.
FEDERICO: Niente per carit.
ELENA: Ma aggio visto che fino a cc a piede non se po ven, nc sta sagliuta che stanca proprio.
FEDERICO: S, ma poi quando si arrivato, si gode unaria bellissima. Del resto, se me lavreste detto, potevamo pigliare una vettura.
ELENA: Oh, sarebbe stato troppo incomodo.
FEDERICO: Ma che incomodo, era un dovere. Basta, sar per unaltra volta.
CICCILLO: Troppo gentile, grazie. Dunque moglie mia va da Nannina che forse ti star aspettando. Io vado a fare un paio di visite e torno subito.
ELENA: Venite priesto, ve raccomanno. Con permesso? (Via a sinistra prima porta.)
FEDERICO: Avete una buona e gentile consorte.
CICCILLO: Vi piace?
FEDERICO: Ah, molto.
CICCILLO: A vostra disposizione (m steva dicenno a vostra disposizione) ai vostri comandi. A rivederci.
FEDERICO: Statevi bene (Ciccio via), m vedimmo si arrivo a chello che dico io. O Elena corrisponde allamor mio, o faccio na rovina. Essa ha ditto che v essere tornate li lettere che mha scritte, avarria da essere pazzo, chelli lettere non lhave.
NICOLA (dal fondo) :S stagnato.
FEDERICO: Che cosa?
NICOLA: Acqua fresca e aceto, finito tutto.
FEDERICO: Ma che cosa?
NICOLA: Ah, gi, voi non sapete niente, io so caduto e me so scummato de sango.
FEDERICO: Uh! Siete caduto e dove?
NICOLA: Qua, nella galleria, pe mettere no quadro so caduto da sopra la scala... ben, ma non diamo retta. Ma ho fatto una sala da ballo magnifica, era lunica stanza che teneva pi grande, ho levato tutti i mobili, capite, mi costato un poco di fatica... ma che fa, io per quella figlia mia, voglio fare tutto.
FEDERICO: D. Nic, scusate, voleva domandarvi una cosa, come va che avete combinato sto marimonio cos in 20 giorni?
NICOLA: Vi dir, ci sono state diverse ragioni, prima di tutto a Nannina l piaciuto, e ha detto pap facciamo presto presto; una...
FEDERICO: Che cos?
NICOLA: No, lo naso scorre nata vota, e che me ne preme non ve nincaricate.
FEDERICO: (Non me passa manco pe la capa).
NICOLA: Seconda, questo giovane che lha voluta... (Va alla porta in fondo e grida.) Acqua! Acqua!
FEDERICO: (Se sta abbruscianno la casa).
NICOLA: Credo qualche altra piccola venetta. Noi dentro al naso, abbiamo 13 vene grandi e 65 piccole.
FEDERICO: (E chesta na coscia).
NICOLA: Gu, ma vi comme scorre... parlammo, non date audienza.
FEDERICO: (Dalle d, comme chillo me scorresse a me).
NICOLA: Dunque, seconda, questo uomo, che lha voluta, un bravissimo avvocato, e siccome io tengo una causa da tre anni, me la far difendere da lui, e cos sar sicuro di guadagnarla.
FEDERICO: Ho capito.
NICOLA: Terza, questo ve lo dico in confidenza... (C.s.) Acqua! Acqua! Nannina mia figlia, bella quanto mai, sissignore bella assai, ma non tiene pi 15, 16 anni, tiene 22 anni, e capirete bene, che se non la marito m quanno la marito?
FEDERICO: Oh! Questo certo.
NICOLA: Chillassassine v trova add stanno, pure buono che s stagnato.
FEDERICO: Ma D. Nic scusate, a me mi pare che due mesi fa vostra figlia si doveva sposare un certo Celestino Burzillo.
NICOLA: Ah, sicuro, era tutto combinato, e la casa della sposa, camera da letto, galleria, corredo, era tutto comprato per lui.
FEDERICO: E poi?
NICOLA: E poi che? Due mesi fa lo sposo cadde ammalato, and a prendere un po daria a Castellammare, labbiamo aspettato pi di un mese, non sera rimesso, che aveveme da f, capitaje stoccasione e strignetteme li sacche.
FEDERICO: Ma come non vi ha scritto nemmeno?
NICOLA: S, mha scritto diverse lettere, ma io lho risposto una sola volta, e poi non me ne sono incaricato pi, capite, essendosi presentato unaltro, e questaltro avvocato, sapete che vuol dire avere un genero avvocato.
FEDERICO: Ah, sicuro.
NICOLA: Io mi vado a comporre, perch fra poco si va al Municipio, permettete. (Via a destra prima quinta.)
FEDERICO Fate pure Ah, ha, sto D. Nicola proprio curiuso. Ma Errico non lo vedo! Sangue de Bacco, na cosa curiosa tutti gli amici se credono che questo Errico Bernard fosse chillo Bernard che sparaje la mugliera, mentre chillo nome e cognome che si confronta.
SCENA TERZA
Bernard e detto.
BERNARD: Gu Feder.
FEDERICO: Carissimo Errico come staje?
BERNARD: Non c male. Tu sarai dei nostri certamente?
FEDERICO: S, ieri sera D. Nicola minvit, e te pare che io potevo mancare a questa festa. Solamente pe te d la verit, sono rimasto sorpreso, come tu nemico del matrimonio, tu che quanno murette mogliereta, giurasti di non vedere pi done, tutto nzieme tu nzure nata vota.
BERNARD: Si, haje ragione amico mio, ma che vuoi, laggio davuto da f, pe forza. Tu capisce che Nannina me porta 200 mila lire in dote, pi D. Nicola ricchissimo, non tene chellunica figlia, e quanno more capirai...
FEDERICO: Aggio capito, stato naffare che haje fatto.
BERNARD: Caro amico, tu devi sapere che io da che aggio avuto la laurea, non m capitata ancora na causa, sto cos senza far niente. A D. Nicola faccio a ved che vaco che vengo dal Tribunale, ma in effetti non aggio potuto trov no cane, che mavesse affidato naffare qualunque.
FEDERICO: E che te ne mporta, tu m che spuse non hai bisogno di nessuno, ci vogliamo divertire.
BERNARD: A proposito, quacche ghiuorno de chiste viene cc, io tengo no bello giardino, nce sta lo bersaglio, nce spassammo a tir nu poco, comme feceveme quatte anne fa, te ricuorde?
FEDERICO: Comme non me ricordo, io per te vinceva sempe.
BERNARD: Eh, ma m me so perfezionato.
FEDERICO: Vedremo. Tiene no paro de pistole bone?
BERNARD: Ho ordinate doje pistole a D. Peppino larmiere e non saccio comme va che non me lha mannate.
SCENA QUARTA
Elena e detti poi Nicola prima dentro poi fuori.
ELENA: Mio caro D. Errico.
BERNARD: Oh, signora.
ELENA: Nannina ve manno a d che ghiate no momento dinto, pecch v sap si lu cappiello che sha mise ve piace, poi dice che tutta pronta e che avvisate D. Nicola che se spicciasse.
BERNARD: Subito. (Alla prima quinta a destra grida.) Pap sbrigatevi perch ci siamo.
NICOLA (di dentro):Eccomi qua, no momento, me sta scorrenno lo naso.
BERNARD: Ancora le scorre lo naso. Dunque andiamo da Nannina venite. (Via prima porta a sinistra.)
FEDERICO: Elena mia.
ELENA: D. Feder ve prego, lasciatemi st, me che me vulita f pass nu guaio?
FEDERICO: Vi amo troppo, sono pazzo per voi.
ELENA: Si vuje site pazzo, io no, io tengo tre dete de cervelle, io ho capito, vuje state facenno chesto pe me f truv dinta nu guaio, e farme spartere da mariteme, ma non ne cacciate niente per.
FEDERICO: Ma nonsignore, pecch avite penzato chesto.
ELENA: Pecch? Pecch ne facite addun a tutte quante, ogne sera ve presentate a la casa, la matina ve facite trov a lo bagno. M per esempio mavite voluto pe forza accompagn cc, e io ve laggio ditto, ll po essere che trovammo a mariteme, e accoss stato. Ve pare che io pozzo st co sta paura ogne momento.
FEDERICO: Emb io non lo faccio cchi, mi dovete compatire. Ma io vi voglio bene assaje.
ELENA: E giacch me vulite bene, restituiteme chelle doje lettere che tenite.
FEDERICO: Ma pecch li volite, pe qu ragione?
ELENA: Zitto D. Nicola. (Via a sinistra Fed. la segue.)
NICOLA (con cappello e tubo a larghe falde, sciassa nera, alto collo e guanti di filo bianco):Eccomi qua. Questa la pi bella giornata della mia vita. Mi ricordo due mesi fa, mentre steva tutto pronto comme sto m, e aspettaveme lo sposo, venette invece na lettera add diceva che lera venuta la febbre e sera coricato. Nce avetteme da spugli tutte quante nauta vota. Ma co chisto non succede per, chisto tene na salute de fierro. E pure, che saccio, faccio tanta ammoine quanno sha da mmaret Nannina... e appena giunge il momento che si deve andare al Municipio, me vene no nuozzolo nganna... vorrei piangere... gi se capisce che stasera debbo piangere... o voglio o non voglio, si no che faccio ved.
SCENA QUINTA
Biase, e detto, poi Francisco e Felice.
BIASE: Sign, sign.
NICOLA: Che stato?
BIASE: Eh, che stato! Sapite chi sta saglienno?
NICOLA: Chi sta saglienno?
BIASE: Eh, chi sta saglienno! Non ve lo ppotite maje immagin.
NICOLA: Chi arma de mammeta sta saglienno?
BIASE: Nientemeno lo sposo de la signorina, chillo che saspettava duje mise fa.
NICOLA: D. Celestino Burzello?
BIASE: D. Celestino Burzello!
NICOLA: E che aggio da f, me vene accompagn purisso a lo Municipio.
BIASE: Vuje che dicite Eccellenza, chillo ha portato scatole, rroba, starr co la capa che vene a spusa.
NICOLA: Eh, vene a spus, se ne fosse addunato da nato anno.
BIASE: Ma chillo vha scritto Eccellenza, site stato vuje che non lavite risposto.
NICOLA: Io sapeva chesto, e comme se fa m.
BIASE: Eccolo cc, sta trasenno.
FRANCISCO (annunziando):D. Felice Sciosciammocca.
NICOLA: Oh, D. Felice, favorite, favorite.
FELICE (con 2 scatole, una grossa ed una piccola e scatolino con coppola):Caro padre.
NICOLA: Accomodatevi. Pigliate quella roba. (Ai servi.)
FELICE: Grazie, mettetela qua. (I servi eseguono e viano.)
NICOLA: E cos, come state, state bene?
FELICE: Eh, non nc male, ma lho avuta tremenda s. Come sto, molto delicato, vero?
NICOLA: No, state come prima, non ci sembra affatto che avete avuta una malattia.
FELICE: Eh, lo dite per cerimonia, io so stato rovinato. A casa mia ogni sera cerano sei professori.
NICOLA: Ah, bravo, faciveve no poco de musica?
FELICE: Musica... eh, musica.
NICOLA: Voi avete detto sei professori.
FELICE: Sei medici, sei celebrit. Tutti i giorni consulto; na sera se contrastajene tutti e sei medici, e se dicettene nu cuofene de maleparole.
NICOLA: E perch?
FELICE: Perch serano imbrogliati, capite, chi diceva na cosa, chi diceva nauta.
NICOLA: Il solito. Ma che avete avuto?
FELICE: E chi ne sape niente, stata una malattia complicata. Incominci con la febbre, quel giorno che doveva venire qua per andare al Municipio.
NICOLA: Sicuro.
FELICE: Da quel giorno non ho avuto pi bene. Tutta la notte con la febbre. Pap, scusate, perch avete i guanti.
NICOLA: Stava uscendo per andare a fare una visita.
FELICE: Ah, e che visita, m so venuto io, vaggio da raccont tanta cose, levateve sti guante, levateve lo cappiello po se ne parla.
NICOLA: (Eh, po se ne parla). Ma vedete quella una visita di premura.
FELICE: Ma ci potete andare pi tardi?
NICOLA: Eh, non tanto... basta.
FELICE: Dunque, come vi stavo dicendo, tutta la notte stetti con la febbre, la mattina appresso mi sento tutto dolori, ma dolori tremendi, e stetti tutta la giornata cos, in letto, senza muovermi, aspettava che me passavano, niente, la mattina appresso mi svegliai con una gamba un poco intorzata, allora dissi, e di che si tratta, su quel gonfiore mettette lo dito, po lo levaie e rimanette lo fuosso, no fuosso cos (fa segno con le dita), metto lo dito appresso e rimanette nauto fuosso, doje fosse.
NICOLA: (Lo miezo e lo sujo).
FELICE: Eh, scusate, incominciati a me mettere paura, chiamai i medici, e ll per l senza perdere tempo, pigliajene la gamba e me facettere na strofinazione de pomata de bella donna, po me mettettere 10 mignatte, poi dopo sei carte senapate, poi larravogliaine dinta a la semi di lino...
NICOLA: (E la mannajene a lo furno).
FELICE: Ma la fecere stare 10 giorni, dopo 10 giorni sgravogliaje, e che ascette neh.
NICOLA: Me limmagino.
FELICE: Indovinate sta gamma mia che pareva?
NICOLA: Nuosso de presutto.
FELICE: Un orrore... non si conosceva pi, m mi sono guarito per rimasta nu poco pi corta e s io che ho passato, perch poi stavo solo senza nessuno.
NICOLA: Ma come, con quella sorella vostra, non vi siete potuto rappacciare?
FELICE: Chi, Teresina? No, non ci pensate, sono tre anni che stiamo divisi, non la voglio vedere pi. M ho saputo che fa la modista a la strada Speranzella N. 19, ma chi la cura, per me non la guardo in faccia, fa vergogna alla nostra famiglia.
NICOLA: Ma sempre vostra sorella , perch la dovete tenere lontana?
FELICE: No, pap non me ne parlate, ognuno sa i fatti suoi, adesso sto bene, e debbo pensare ai fatti miei. Dunque Nannina come sta? Si mantiene sempre cos bella, cos fresca?
NICOLA: Eh, non nc male.
FELICE: Io poi vi ho scritto tante lettere, e voi mi avete risposto una sola volta.
NICOLA: Che volete, sono stato tanto occupato.
FELICE: Non fa niente, vi perdono. Noi m ci daremo da fare, e lesto lesto combinammo tutte cose.
NICOLA: Che cosa?
FELICE: Gu che cosa, come, il matrimonio.
NICOLA: Ah, gi: (Io m comme me laggio da dicere a chisto).
FELICE: Ma che s pap, io ve vedo nu poco freddo, pare comme si nun nce avisseve cchi piacere.
NICOLA: No, anzi perch non dovrei avere piacere, sapete che cos, siccome voi non mi avete prevenuto...
FELICE: Eh, ho voluto farvi una sorpresa, forse v dispiaciuto?
NICOLA: Che dispiaciuto, per carit, anzi.
FELICE: Nannina quanno me vede rester meravigliata, io ho pensato sempre a lei, e essa pap che faceva, domandava di me?
NICOLA: Sicuro... specialmente i primi 15 giorni... perch poi... capite...
FELICE: Eh, lo s, quando uno sta lontano. Io lho portato un bellabito di seta, ed un cappello di ultima moda, voglio credere che laccetter con piacere.
NICOLA: Oh, vi pare. (Voi vedete la combinazione, io come faccio).
FELICE: A voi poi, siccome siete amante di coppole per casa, ve ne ho portata una, eccola qua. (La d.)
NICOLA: Ah, bellissima, velluto di seta tutta ricamata in oro.
FELICE: oro fino. Sta coppola me costa 75lire sapete.
NICOLA: Eh, si vede, e poi dalle vostre mani non poteva venire che una cosa scicca. (Se la prova) e mi sta a pennello. (Se la leva, se la pone in tasca, e si mette il cappello.) Vi ringrazio tanto tanto, stato proprio un bel pensiero che avete avuto.
SCENA SESTA
Bernard, Federico, Nannina, Elena e detti poi Biase.
BERNARD: Eccoci qua.
ELENA: Tutti pronti.
NANNINA: Buongiorno pap. (Che veco D. Celestino).
FEDERICO: Scusate, ma voi non avete pensato ai testimoni, uno sono io, e laltro?
BERNARD: Oh, cosa di niente, un testimone si trova sempre. Vorrei sapere solamente se la carrozza pronta. (Suona il campanello.)
BIASE: Comandate.
BERNARD: La carrozza venuta?
BIASE: Sissignore Eccellenza, sta abbascio da mezora. (Via.)
FEDERICO: E dopo che non fosse venuta, il Municipio sta poco distante.
ELENA: Jammo Nann, venite D. Nic.
BERNARD: Andiamo venite.
NICOLA: Abbiateve che io m vengo, 5minuti.
BERNARD: Vi aspettiamo in carozza?
NICOLA: No, no, andate al Municipio, io m vengo a piedi appresso a voi.
FEDERICO: Ma perch dovete venire a piedi, vi aspettiamo.
NICOLA: Nonsignore, mi piglio na carrozzella, jatevenne.
BERNARD: Fate presto. (1 4 viano pel fondo. Pausa.)
NICOLA: D. Celest, voi qua vedete un povero uomo, un povero padre, che non ha come scusarsi verso di voi. Io ho torto, ho mancato, non doveva fare quello che ho fatto, ma stata una combinazione, la situazione.... la tentazione, che ha messo mano in questaffare, e ha fatto s, che ha dovuto succedere tutto quello che successo.
FELICE: Ma che successo?
NICOLA: Io ve lo dico, ma mi dovete giurare che non vi pigliate collera?
FELICE: Sissignore.
NICOLA: Parola donore?
FELICE: Parola donore!
NICOLA: Ebbene sappiate che mia figlia Nannina, adesso andata al Municipio a sposare quel giovine.
FELICE: Voi che dite!
NICOLA: La verit. Un mese fa questo giovane, venne a chiedermi la sua mano, io credendo che la vostra malattia fosse durata assai, acconsentii, e fu tutto stabilito.
FELICE: Ma scusate, queste sono cose da f ven naccidente a uno! Come, io cado ammalato, vi scrivo e non mi rispondete, vengo qua col pensiere di vedere a Nannina, di sposare subito, e invece trovo che un altro se la sposa.
NICOLA: Mavite data la parola donore, che non ve pigliaveve collera.
FELICE: No, e che collera, quando ho detto parola donore, basta. Solamente mha fatto impressione de sentirlo ll una botta, perch certamente me potevate mandare una lettera, e dirmi sai, non pensare pi a Nannina, perch Nannina se la sposa un altro. Allora io maccuitava de pensiero, non venivo qua con quellidea. Ma ve pare na cosa de niente vedere Nannina dopo due mesi, Nannina che io ho voluto tanto bene, che, avanti agli occhi miei va a sposare un altro... Ma abbiate pazienza sono cose che fanno dolore.
NICOLA: Ma m ve pigliate collera?
FELICE: Ma che collera... sto parlando... sarebbe bello m me metto a abball. Ma scusate Nannina poi ha accettato con piacere questaltro?
NICOLA: Eh, sapete, ordinato da me...
FELICE: Gi ordinato da voi, ha creduto di obbedire... bravissimo... che bel cuore, che belli sentimenti. E io mi lagno di mia sorella Teresina che fa lamore con 4 o 5persone... ma dopo questi fatti, mia sorella un angelo.
NICOLA: D. Celest, vi prego di non offendere.
FELICE: No, che offendere, me ne guarderei bene... voglio dire mio caro pap... caro D. Nicola, che queste non sono azione che si fanno, senza rispondere a lettere, senza informarsi se questa persona si ristabilita o no, dopo appena un mese si combina un altro giovine, e si fa sposare alla figlia, ma mio caro D. Nicola, queste sono lazzarate. E che ve crediveve de tratt co quacche facchino.
NICOLA: Ma scusate, chesta collera che ve state piglianno?
FELICE: collera si, ma non per nessuna ragione, per linsulto che ho ricevuto, io non mi meritava questo affronto. E poi vi posso dire che un giovine come me, non lo troverete. Stammatina per tutti i magazzini so ghiuto giranno per trovare quellabito di seta e quel cappello, e ho girato tutto Napoli per trovare quella coppola vostra.
NICOLA (prende la coppola):Ma io sono pronto a restituirla.
FELICE Vi ringrazio, la coppola ve lho data e non la riprendo pi, appunto per farvi vedere, quanto sono galantuomo, e che non mi sono pigliato collera affatto. rabbia capite, non collera, c una differenza dalla rabbia alla collera. Mi vorrei vendicare, ecco tutto.
NICOLA: Ma che vendicare voi siete tanto buono, siete giovane e certamente non vi pu mancare una bella figliuola.
FELICE: Oh, questo certo, m che vengono dal Municipio, essendo io adesso un amico di famiglia, mi far un pregio di regalare quellabito e quel cappello alla sposa, sempre col permesso dello sposo.
NICOLA: Oh, vi pare, laccetteranno con piacere.
FELICE: Ma lo sposo chi ?
NICOLA: No, un bravo giovine, istruito, un certo Bernard.
FELICE: Bernard!
NICOLA: Bernard?
FELICE: (Sangue de Bacco, fosse chillo che accedette la mogliera). E me pare che questo Bernard vedovo?
NICOLA: Sissignore, me lha detto, dice che la moglie mor di subito.
FELICE: Cos vi ha detto lui? Mor subito, ma non di subito.
NICOLA: Come sintende?
FELICE: Niente... poi vi far sapere... Bernard?... ah, un galantuomo... avete trovato un bel partito per vostra figlia. (A la casa aggio da tenere lo giornale che portava larticolo de chillo fatto... io me lastipaje pecch me leggeva lo rumanzo... silo trovasse...) m ci vediamo, vado fino a casa e torno... voi andate al Municipio, andate a mettere la vostra firma, e dopo messa la firma ci vedremo qua, se permettete?
NICOLA: Ma voi siete il padrone. (Felice via pel fondo.) Povero giovane, lo dispiacere lha toccata la capa. Ha ditto che la mugliera de chillo morette subito, e non de subito... e che significa? Basta, lassamene j, chille me stanno aspettanno. (Chiama:) Biase.
SCENA SETTIMA
Biase, Francisco, e detto poi Ciccillo.
BIASE: Eccoci qua...
FRANCISCO: Comandate...
NICOLA: Nuje a nauto poco stamma cc, taraccomanno de prepar na bella tavola. Non te scord de mettere li piattine de rinforzo, sale, pepe, palicche.
BIASE: Va bene Eccellenza.
NICOLA: Mettite la sciampagna sotto la neve, e li frutte dinta a lacqua fresca.
BIASE: Se capisce.
NICOLA: E avisate lo cuoco, che facesse tutto buono, perch io non voglio scomparire.
BIASE: Va bene, Sign e co D. Felice Sciosciammocca che avite fatto.
NICOLA: S fatto capace, se n ghiuto, po ha ditto che torna, mha ragalato pure na bella coppola... che sha da f, non stata colpa de nisciuno, caduto malato... aspettaveme a isso... dunque, avite capito, stateve attiento de f tutto esatto, perch stasera sarete regalati da me, e dallo sposo... lo sposo credo, che ve dar na lira pedono.
BIASE: (V che bella cosa).
CICCILLO D. Nicola rispettabile.
NICOLA: Oh! caro D. Ciccillo, io vado al Municipio, perch me stanno aspettanno, voi che fate, venite?
CICCILLO Se credete D. Nic, aspetto qua, voglio riposarmi no poco, che da stammatina non me fido cchi de cammen.
NICOLA: Va... fate il vostro comodo. Dunque, attenzi! (Via.)
CICCILLO: Ma ched, comanne li sarvizie?
BIASE: E che ne volite sap, chillo pe stu matrimonio poco manca e non esce pazzo. Stanotte nun ha dormito.
FRANCISCO: Permettete sign. ( Viano pel fondo uno a destra laltro a sinistra.)
CICCILLO: Dopo tutto ha ragione, chella figlia bona assaje, stasera volarria essere io lo sposo... chesta cc la cammera de lietto. (Guardando nella primaporta a sinistra.) Che bella cosa. (Entra nella detta camera.)
SCENA OTTAVA
Francisco e Teresina.
TERESINA: Giovin, nun me fa perdere la capa, si lo ffaje apposta, dimmello.
FRANCISCO: Ma scusate, vuje jate trovanno a uno, che non sta de casa cc, e non venuto maje.
TERESINA: impossibile, perch aiere a lo juorno steva affacciato a lo balcone.
FRANCISCO: Ma qu balcone?
TERESINA: Lo balcone che sta proprio ncapo a lo palazzo appartene a sta casa?
FRANCISCO: Sissignore.
TERESINA: Emb comme dice che non nce vene?
FRANCISCO: Scusate vuje avite ditto che se chiama Luigi Porro?
TERESINA: Eh.
FRANCISCO: E sto Luigi Porro non lo conoscimmo.
TERESINA: Ma allora comme v che steva fore a lo balcone?
FRANCISCO: Avisteve da pigli quacche sbaglio.
TERESINA: Tu qu sbaglio, io cc tengo lo ritratto, chillo che steva fore a lo balcone, chisto cc. (Lo f vedere.)
FRANCISCO: Ah, va bene, ma chisto cc non se chiamma Luigi Porro, chisto lo sposo de la signorina, si chiamma D. Errico.
TERESINA: Ah, se sposa la signorina?
FRANCISCO: Sissignore, m so ghiute a lo Municipio.
TERESINA: Ah, bravo Allora lo voglio aspettare, perch laggio da parl de na cosa necessaria.
FRANCISCO: Va bene. Assettateve.
TERESINA: Dunque se chiamma D. Errico?
FRANCISCO: Sissignore.
TERESINA: E a me mavevene ditto che se chiammava D. Luigi.
FRANCISCO: Nonsignore, D. Errico.
TERESINA: Va bene.
FRANCISCO: (Quacche antica fiamma de lo sposo, m siente la risa). (Via.)
TERESINA: E bravo il Sig. Luigi Porro, pecchesto da no mese non s fatto cchi ved. V che belli galantuommene che stanno ncoppa a la terra. Commera facile a f promesse, giuramenti, e io comme a na stupita laggio creduto, sha cagnato pure lo nomme... e bravo! ... gi chillo facette mur la mugliera de subeto tanto de la collera che le deva. Ih chassassino. Primma de tutto aggio da mann na lettera anonima a lo padre de la sposa, e laggio da d tutte cose, po, quanno ogge che vene D. Ciccillo lo miedeco, le dico che cacciasse li carte pecch voglio spus lesto lesto... no poco viecchio, e che fa, almeno so sicura de la riuscita; e che fa... va bene.
SCENA NONA
D. Ciccillo, e detta.
CICCILLO: Quanto sta acconciato bello chillo lietto. Che poesia.
TERESINA: (Che beco, D. Ciccillo!).
CICCILLO: Gu, Teres, e tu che cosa fai qua?
TERESINA: Uh! D. Cicc, vuje state cc, oh, che piacere, m proprio steva parlanno de vuje, na compagna de la mia mha dato lindirizzo de sta casa, dicennome che la signora jeva trovanno a na modista.
CICCILLO: Proprio per questa ragione sei venuta?
TERESINA: E pe quale ragione aveva da ven, siccome me trovo senza fatica, vaco trovanno de mabbusc quacche cosa. Ma m, doppo che sta signora non v niente, io pure so contenta, pecch dinta sta casa aggio trovato a buje, a buje che ve voglio tanto bene.
CICCILLO: (Ma comme mbroglia la gente chesta, naffare serio). Dunque vale a dire, che tu a me me vu bene assaje?
TERESINA: Ma se capisce?
CICCILLO: Vuoi bene solamente a me?
TERESINA: Solamente a buje.
CICCILLO: E nessunaltro?
TERESINA: Nisciunauto.
CICCILLO: Menzogna! Impostura! Sappiamo tutto signora Teresina, voi mi avete fino adesso ingannato, mi avete imbrogliato, anzi impapocchiato... e che ve crediveve che non sappuravene le cose, abbiamo tutto scoverto. Chi era quelluomo che quanno io asceva, isso traseva, e quanno io traseva, isso asceva?
TERESINA: Ah, lavite saputo?
CICCILLO: Si, lho saputo.
TERESINA: Bravo! Ma non vhanno ditto chillommo chi era?
CICCILLO: E chi era? Parlate.
TERESINA: Era namico de frateme Celestino, che ogni ghiuorno me veneva a dicere, che avessa fernuta sta cosa, che non conveniva a st divise frate e sora, e che me avesse fatto pace.
CICCILLO: Ah, era un amico di vostro fratello?
TERESINA: Sissignore.
CICCILLO Menzogna! Impostura! Quelluomo era il vostro amante di cuore, quelluomo era il preferito, ed io era il povero rimbambito.
TERESINA: Ma nonsignore, chisto no sbaglio.
CICCILLO: Niente non sente chiacchiere.
TERESINA: Ma almeno...
CICCILLO: Niente, mi avete ingannato, uscite!
TERESINA: Gu, oh, e tu che arma de mammeta thaje fatte afferr, che ti cride che haje da f co quaccheduna de miezo a la strada, m me faje vut li canchere, te chiavo no sordeglino, e felicenotte, v comme sammoina, comme fosse no giovanotto de 15,16 anne, no viecchio tutto tignuto, fa tanta chiacchiere. Chillo mmece de dicere: s, io te ringrazio che tu mhaje fatto sagl ncoppa a la casa toja, va trovanno, io asceva, isso traseva. M s che te dico, non nce pass cchi da la parte de la speranzella, e si vu pass non guard ncoppa a la fenesta mia, pecch io no scengo co no staccariello, te faccio no paliatone nummero uno... tu mi haje capito?
CICCILLO: Sissignore.
TERESINA: Stu viecchio tignuto tutto inverniciato tutto pittato fa tanta chiacchiere. Nun lo vide che staje a la calata de Tribunale? Sci pe la faccia toja. B. (Via pel fondo.)
CICCILLO: Ma a me pure me prode la capa... me vaco a pigli tanta collera, io so nzurato, che me ne preme che io esco e nauto trase. M me so messo a la posizione de non pass cchi pe la speranzella. Chella capace de scennere veramente co lo staccariello. Si sapeva non me nincarnicava.
SCENA DECIMA
Nicola, e detto poi Felice.
NICOLA (esce asciugandosi le lagrime, siede nel mezzo del palcoscenico, si toglie il cappello e si mette la coppola, poi piange).
CICCILLO: (Uh! Avarranno vattuto a D. Nicola). D. Nic, che cos? (Nicola colla mano gli fa segno di aspettare e seguita a piangere.) Ma ch stato? (Medesimo lazzo.)
NICOLA (piangendo):Mha fatto impressione nel vedere il Vice Sindaco con la fascia, mha detto: accomodatevi, senza di voi non si pu far niente, voi in questaffare, siete un personaggio interessante: Grazie troppo buono, po ha ditto nfaccia a Nannina: Signorina Nannina accettate per vostro legittimo sposo il Sig. Errico Bernard? Sissignore... che buona figliola., non s maje negato a niente.
CICCILLO: (Ma che animale!).
NICOLA: M scappato no pianto, che non me lo poteva pi trattenere, aggio salutato lo Vice sinneco, maggio pigliata na carrozzella, e me ne so venuto, loro stanno venenno appriesso.
CICCILLO: Ma non piangete pi, m ve facite ven na cosa.
NICOLA: Che volete, sono padre, maggio crisciuta chella figlia proprio co li mollechelle.
CICCILLO: Avete una bella coppola, m ve lavete comprata?
NICOLA (piangendo):No, m stata ragalata... (Poi senza piangere e cambia tono.) Sta 75lire s.
CICCILLO: Mi piace bella assai.
NICOLA: capitata proprio a proposito, stammatina vengono gente a mangiare fa bella, capite. A proposito io steva chiagnenno. (Piange lazzi.)
CICCILLO: Sicuro, ma statevi allegramente questo che cos, oggi giorno di allegria.
NICOLA: S, avete ragione, debbo far forza a me stesso.
FELICE (con giornali):Signori buongiorno.
CICCILLO: Che ghiate vennenno giornali. (Lazzi.)
NICOLA: Oh, siete ritornato?
FELICE: S, perch vi debbo parlare necessariamente, ma a voi solo.
NICOLA: Di che si tratta?
FELICE: Non vi posso dir niente, dobbiamo stare a quattrocchi.
NICOLA: D. Cicc, scusate, passate un momento nella mia stanza, quanto parlo no momento co sto giovine.
CICCILLO: Fate il vostro comodo, anzi m vado ad incontrare gli sposi. Permettete? (Via pel fondo.)
NICOLA: Dunque che cos?
FELICE: Siete stato al Municipio?
NICOLA: Sissignore.
FELICE: Avete firmato?
NICOLA: Sissignore.
FELICE: Avete fatto tutto insomma, vostra figlia s maritata?
NICOLA: Sissignore, m venene.
FELICE Ah! D. Nic, aggio avuta na bella soddisfazione. Sapete chi avete dato a vostra figlia? Lavete dato unassassino, un carnefice, un uomo che stato quattro anni in galera.
NICOLA: Don Celest, voi che dite!
FELICE: Che dico? Incominciate a leggere. (Prende un giornale.) Qua.
NICOLA (legge):La tragedia della strada Speranzella N. 19, una giovane bellissima, dai capelli biondi, si trovata uccisa nella sua camera da letto, per ora non si saputo altro, che la moglie di un certo Bernard.
FELICE: Leggete qua. (Da altro giornale.)
NICOLA (legge):Luccisore della donna alla strada Speranzella N. 19, stato proprio il marito Bernard, si dice per ragione di gelosia, c chi asserisce che questo Bernard sia sempre stato un pessimo soggetto. Il certo , che la povera moglie, fu uccisa mentre dormiva, con due colpi di pistola. Ora sappiamo che un parente della povera vittima, va in cerca dellassassino, per farne la pi aspra vendetta.
FELICE: Leggete qua. (C.s.)
NICOLA (c.s.):Lassassino Bernard, nelle mani della giustizia, un giovine a 32 anni, piuttosto simpatico, essendo stato interrogato sul fatto, ha risposto: che la passione non gli ha fatto riflettere il male che faceva. Che ho letto mai!... povera figlia mia!
FELICE: stato 4 anni in galera, m pe se pigli la dote de chella povera figliola, se l venuta a sposare, quanno passata na settimana, spara pure a essa.
NICOLA: Povera creatura; ma perch non me lavete detto prima?
FELICE: Eh, per vendicarmi, voi mi avete trattato di quella maniera.
NICOLA: Si, ma io far un chiasso, io salver quella povera figlia, io romper questo matrimonio!
FELICE: Eh, mio caro, m non potete fare niente pi.
SCENA UNDICESIMA
Bernard, Federico, D. Ciccillo, Nannina, Elena, Francisco, e detti e Biase.
(Di dentro si sente gridare.) Vivano gli sposi!
NICOLA: Ah, eccoli qua.
FEDERICO: Tutto fatto.
CICCILLO: Adesso bisogna augurare, salute, e figli maschi.
ELENA: Non tanta figlie per, no mascolo e na femmena.
BIASE: Salute pe millanne Eccellenza.
FRANCISCO: Puzzate mprufer.
BERNARD: Grazie a tutti. Ma Nann, che cos, non saccio comme te veco.
NANNINA (che nelluscire si buttata nelle braccia di Nicola: quasi piangendo dice):Niente, non saccio io stessa che cos, vorria chiagnere e ridere dinta uno momento. Pap, pecch nce haje lassato e te ne s ghiuto? Mezora so stata lontana da te, e m paruto no secolo. (Guardandolo.) Ma che d pap, tu pure pare che staje chiagnenno... ma dunque avarraggio fatto male de me mmarit?
NICOLA: Ma no figlia mia, io non sto chiagnenno... sai la troppa gioia. (Piange.)
ELENA: Ma D. Nic, fernitela, ogge bisogna ridere, bisogna st allegramente.
FEDERICO: Bisogna mangiare, e bere sciampagna.
BERNARD: Ma si, che significa sto pianto, che diavolo pap, me sembrate na criatura, io capisco, sissignore, che ogni padre sente dispiacere di lasciare la figlia, ma voi siete un uomo, e a piangere di questa maniera, non sta.
NICOLA: (Io non lo credo ancora... me pare nu suonno... Quelluomo, capace... me ne voglio assicurare io stesso). Si avete ragione. Signori... Vi prego per di ritirarvi un momento, quanto dico due parole a mio Genero. (Tutti sinchinano e viano prima porta a sinistra. Nannina bacia la mano al padre e via.)
BERNARD: (Auff, comme me secca sto padre, m so spusato m, e difficilmente lo soffro). (Queste parole le dice mentre i suddetti vanno via, Federico fa per uscire.)
NICOLA: No, voi restate.
BERNARD: Dunque che dovete dirmi?
NICOLA: Debbo dirvi signore, che voi mi avete ingannato, che se sapevo tutto il vostro passato, non avrei mai acconsentito a farvi sposare mia figlia.
BERNARD: Il mio passato? Ma spiegatevi, io non comprendo.
NICOLA: Ah, non comprendete? Ricordatevi signore quello che avete fatto nel palazzo alla strada Speranzella N. 19.
BERNARD: (Sangue de Bacco, ha appurato lo fatto de Teresina). (Resta avvilito.)
NICOLA: Ah, siete rimasto avvilito, non avete il coraggio di alzare la fronte?
BERNARD: Coraggio? Voi che peso ne state facenno.
NICOLA: Come, ne faccio un peso? E che credete che sia niente. E se per voi niente signore, per la mia famiglia assaje, perch non dirmelo prima, perch prima di sposare non mi avete detto tutto?
BERNARD: Ma queste sono cose nuove sapete, come, io prima di sposare vi veniva a raccontare quel fatto? Allora non se ne sarebbe combinato niente?
NICOLA: E si capisce, caro signore, vi avrei messo alla porta. Dunque, credete che avete fatta una bella cosa?
BERNARD: Ma niente affatto, chi vi dice questo.
NICOLA: E allora perch lavete fatto?
BERNARD: Perch... perch la passione non mi fece riflettere il male che faceva.
FELICE (a Nicola):Listesse parole che dicette ncoppa a la guardia.
NICOLA: Bravo, la passione non vi fece riflettere il male che facevate... che bella discolpa... ma il male che avete fatto a me per, lavete riflettuto?
BERNARD: (Auff, m maccummencia a tucc li nierve).
NICOLA: Ora, tutto fatto, e non c pi rimedio, stata una disgrazia per la mia famiglia. Con Nannina per non uscirete mai!
BERNARD (offeso):Oh! E perch?
NICOLA: Perch quella povera ragazza potrebbe spaventarsi incontrando quel parente di vostra moglie che vi va cercando.
BERNARD: (Lu nepote de muglierema, pure chesto ha saputo).
NICOLA: Credo che avete appurato che quelluomo vi cerca per ogni dove?
BERNARD: Ma s, lo s. (Mezzo infastidito.)
NICOLA: Ah, lo sapete dunque non lo negate?
BERNARD: Ma che negare, signore, io non nego niente, un parente di mia moglie, ed io non ho affatto paura di lui. Il mio passato passato, e non se ne parla pi, il presente non cosa che riguarda voi, riguarda me, quindi vi prego di badare ai fatti vostri, come io bader i miei. Nannina uscir con me, e sempre che voglio io, oggi non pi vostra figlia, mia moglie, comando io sopra di lei! (Via prima porta a sinistra.)
NICOLA (cade sopra una sedia quasi piangendo):Povera figlia mia!
FELICE: Ah!... son vendicato. (Si mette il cappello, prende 1e 2 scatole, e fa per andar via Pausa guarda Nicola, gli si avvicina, gli leva la coppola e via pel fondo.)
(Cala la tela.)
Fine dellatto primo
ATTO SECONDO
Listessa scena del primo atto.
SCENA PRIMA
Nicola, Biase e Francisco, poi di nuovo Biase, indi Felice.
NICOLA (esce dalla destra va in fondo e chiama):Biase.
BIASE: Comandate Eccellenza.
NICOLA (con precauzione):Lo sposo non nce sta?
BIASE: Nossignore, uscito a primma matina. Potevene essere li 6 e 1/2
NICOLA: Li 6 1/2! E add sarr ghiuto a chellora?
BIASE: Po, steva tanto di cattivo umore, so ghiuto pe le dicere, Eccellenza ve ne jate accoss, volite nu poco de caf: non voglio niente, non mi domandate niente.
FRANCISCO: Pareva tanto buono quanno faceva lammore co la signorina, appena se lha sposata, addeventato nurzo.
NICOLA: E se capisce, pecch m non se po f niente cchi. Ah! Vorria che m fosse approvato lo divorzio, o pure invece de st a Napole, volarria st in Inghliterra, lo faciarria f marenna.
BIASE: A proposito Eccellenza, m me scordava, poco primma, venuto nu guaglione, e ha portata sta lettera pe buje. (La d.)
NICOLA: E chi la manna?
BIASE: Chesto non lha voluto dicere, me lha lassata e se n ghiuto.
NICOLA: Va bene, vattene, e ricordatevi di sorvegliare sempre lo sposo.
BIASE: Va bene Eccellenza.
NICOLA: Non appena vedete che se mparoliasse no poco co Nannina, correto subito a chiamarmi.
BIASE: Va bene.
FRANCISCO: Non dubitare. (Viano.)
NICOLA (legge):AllEgregio Signor Nicola Paletta. Sue mani. Riservata. Urge... E che d neh, no carattere che io non conosco... Gu, vi comme tremma sta mano. (Apre e legge:) Signore. Credendo di fare un bene a vostra figlia, lavete rovinata, il marito che lavete scelto, un birbante, un assassino, io che vi scrivo, sono una povera donna da lui barbaramente ingannata. Questo matrimonio lha fatto per mangiarsi la dote di quella povera fanciulla. Statevi attento per, perch egli capace di farla morire come fece morire la sua prima moglie. Vi saluto. Mamma mia!... io aggio passato lultimo guaio! Povera creatura, povera disgraziata! Stateve attiento, e che maggio da st attiento, cchi de chello che faccio non pozzo f, li stongo sempre appriesso... So due giorni che aggio perduta la pace. Chi si poteva immaginare de pass chisto guaio.
BIASE: Sign, fore nce sta D. Celestino Burziello, dice che si permettete, vavarria da parl.
NICOLA: Fatelo entrare.
BIASE: Favorite. (Felice si presenta.)
NICOLA: Venite, voi siete sempre il padrone, non avete bisogno di essere annunziato.
FELICE: Troppo buono, grazie. (Biase via.)
NICOLA: Figlio mio (Abbracciandolo.) Tu dovevi essere il marito di mia figlia. (Piange.)
FELICE: Ma fatevi coraggio, che stato?
NICOLA: (Dandogli la lettera). Leggete.
FELICE (dopo letto):Povero padre, povera figlia. Sentite Don Nic, io stammatina ho fatta una bella cosa. Sono andato al palazzo Strada Speranzella N. 19, mho chiamato la figlia della guardaporta, una certa Pascarella e lho fatta venire con me dicendola che voi le dovevate parlare.
NICOLA: Io? E che parlo a f co la figlia del guardaporta?
FELICE: Come, per sapere meglio il fatto, figuratevi, quella sa tutta la storia, pecch furono portata per testimone la mamma e la figlia.
NICOLA: Ah, gi pe sap quale fu la ragione che isso sappiccecaje co la mugliera.
FELICE: Perfettamente.
NICOLA: Add sta, sta fore?
FELICE: Sissignore.
NICOLA: E chiamatela.
FELICE (va in fondo e chiama):Pascar, Pascar!
NICOLA: Ma che na crapa?
SCENA SECONDA
Pascarella, e detti.
PASCARELLA: Buongiorno eccellenza sign.
NICOLA: Favorite, accomodatevi.
PASCARELLA: Grazie.
FELICE: Questa una buona ragazza sapete, incapace di dire una bugia.
PASCARELLA: Grazie, bont vosta.
NICOLA: Ma voi la conoscete?
PASCARELLA: Comme, sto signore, lo frate de la modista che sta a lo primo piano, de lo palazzo add mamm sta pe guardaporta.
NICOLA: Ah, ll sta vostra sorella?
FELICE: Sissignore, ma non me la chiamate sorella pecch me piglio collera.
NICOLA: Ah, gi, voi ci state contrastato.
PASCARELLA: Ma facitece pace signori, povera figliola, sta sola senza nisciuno non fa auto che chiagnere sempe.
FELICE: Ci ha colpa lei, la sua condotta non mi piace.
NICOLA: Basta, bella f, tu sai perch ti ho mandato a chiamare.
PASCARELLA: Nonsignore.
NICOLA: Vogliamo essere raccontato quel fatto che succedette dinto a lo palazzo tujo; de chillo tale, che accedette la mogliera co duje colpe de pistola.
PASCARELLA: Ah! Lo fatto de Bernard?
NICOLA: Gi.
PASCARELLA: E pecch lo bolite sap?
NICOLA: No, cos, per curiosit.
PASCARELLA: Signore mio, chillo era no birbante, no galiota, jeva truvanno lo pilo dintalluovo, pe se lev chella poverella da nanze alluocchie. Ah, pare che m la veco, teneva na trezza de capille bionde, larrivavene cc bascio, po era tanta affezionata, tanta de core a me me voleva bene comme fosse stata na sora soja. Ogne matina che saglieva ncoppa, e le puntava lo bicchiere de latte, e essa m me deva na vunnella, m na cammicetta... povera signorian, lultime parole li dicette dinta a li braccia e mamma mea... io more, ma more innocente, mariteme se crede che laggio tradito, ma io ti giuro che non tengo nisciuna colpa. Signore mio, chella jurnata io e mammema chiagnetteme tanto e tanto, che sabbuffajene luocchie accoss.
NICOLA: Ma quale fu la ragione, pecch laccedette?
PASCARELLA: M ve dico io sgn. Chillo nce steva no giovene studente a fianco de casa lloro, chisto cc ncuitave sempe la signorina, se faceva truv sempe mmiezo a li grade, le scriveva sempe bigliettine, e chella povera signorina mia, non lo rispondeva maje. No juorno, mentre essa le steve dicenno vicino a la porta: lasciateme st faciteve li fatte vuoste, non me ncuitate cchi, tutto nzieme se truvaje sagliendo lu marito, figurateve, chillo se ne scappaje da na parte, e essa da nauta. Ora m, la signorina se credeva che lo marito avesse fatto no chiasso doppo sto fatto.
NICOLA: Eh, me pare.
PASCARELLA: Niente, se stette zitto e non le dicette niente, doppo duje juorne... oh, sentite sign chesto fuje tremendo... se ritiraje e le purtaje no bello braccialetto co li lettere soje ncoppa... essa, figurateve tutta contenta... quanno fuje la notte, che chella poverella steva dormenno, lo scellarato, pigliaje la pistola e laccedette.
NICOLA: Che infame, nel sonno!
FELICE: Avete capito?
NICOLA: Si, ma io non dormir pi per, io sorveglier quella povera tortorella. Don Celest, non mi lasciate sapete, voi siete solo, non avete nessuno, statevi con me, io vi tratter come un figlio, accoss simme duje. Quanno vuje state scetato io dormo, e quanno io dormo vuje state scetato.
FELICE: Allora sto scetato sempre io. (Lazzi.)
PASCARELLA: Neh, ma pecch che stato.
FELICE: Chillo tale Bernard, che accedette la mugliera, sha sposatta la figlia de sto poverommo.
PASCARELLA: Uh! Mamma mia, vuje che dicite e comme v venuto ncapo? Forse non sapiveve niente? Povera figliola che nc capitata. Dicitencello che non guardasse nfaccia a nisciunommo, pe carit.
NICOLA: Oh! Per questo ne posso essere sicuro, mia figlia un angelo.
PASCARELLA: Basta sign, io me ne vaco, mavite da d comanne.
NICOLA: Grazie, statte bona.
FELICE: Io poi domani te regalo.
PASCARELLA: Grazie tanto, stateve bene. (Via pel fondo.)
NICOLA: Chi birbante, regalarle primme no braccjaletto e po acciderla.. come si pu fare, a sangue freddo. Dunque don Celest, voi volete stare con me? Io ve do mangiare, dormire, e na trentina de lire a lo mese.
FELICE: E che mavite pigliato pe servitore, nonsignore, denare non ne voglio, me date solamente lalloggio, il vitto. (Lazzi.)
NICOLA: Io Vi d tutto quello che volete, basta che non mi lasciate solo.
FELICE: Va bene, anze D. Nic, voglj no momento a la casa, ve vaco a pigli chella coppola, laltro jeri, corrivato capite, me la pigliaje nata vota, ma quella vostra.
NICOLA: Lasciate sta, non ve nincaricate.
FELICE: Nonsignore, io mo vengo e ve la porto. (Via pel fondo.)
NICOLA: Che bravo giovine, quanto feci male a non aspettarlo.
SCENA TERZA
Nannina, e detto.
NANNINA: Pap, buongiorno.
NICOLA: Oh, figlia mia, comme staje, staje bona?
NANNINA: Si pap, ma tu per non staje comme stive primme, da che mi so mmaritata, staje tanto de cattivo umore pare che vu chiagnere sempe, ma pecch, pe qu ragione?
NICOLA: Ecco qua figlia mia, pap tuo ti dice la verit, avarria avuto cchi piacere si tavisse sposato a don Celestino.
NANNINA: E pecch?
NICOLA: Pecch?... che saccio, no buono giovene.
NANNINA: E che Errico cattivo forse, me v tanto bene, e po tu lo ssaje, io a don Celestino me lavarria sposato pe f piacere a te, m no pecch lavesse voluto bene. Errico distinto, gentile, veste in moda, mentre don Celestino me pareva nu scemo, no stonato, se mbrogliava a parl, insomma non era buono a niente.
NICOLA: E pure, figlia mia, quello ti avrebbe fatto felice. Basta, non ne parliamo cchi, m fatto m. Dimme na cosa, maritete dice che asciuto presto stamattina.
NANNINA: Si pap, tanto priesto, che non laggio ntiso nemmeno tu lo ssaje, io tengo lo suonno pesante.
NICOLA: E questo male figlia mia, quanno duorme, cerca de sta lesa.
NANNINA (ridendo):Ah, ah, chesto bello, stongo lesa, e io quanno nce so addormuta saccio chesto.
NICOLA: (Che innocenza). E aissera non te dicette add jeva stammatina?
NANNINA: No, non me dicette niente.
NICOLA: Figlia mia, qualunque cosa te dice tuo marito, non lo risponnere maje, di sempe ca s, non lo contradire in niente, e se vedisse qualche giovinotto, non lo guard nemmeno.
NANNINA: Oh, chesto se capisce.
NICOLA: E quanno vide che sta pe se nfuc, lassalo e curre subito add me, hai capito? Quanno duorme cerca de sta lesa. (Via a destra.)
NANNINA Io non saccio cap pap che have dallautriere, si mavesse spusato no brigante, manco potarria parl de chella manera.
SCENA QUARTA
Bernard, e detta poi Elena.
BERNARD (dal fondo):Mia cara Nannina, eccomi di ritorno.
NANNINA: Oh, finalmente s venuto.
BERNARD: So ghiuto pe naffare interessante che riguardava te, ma m per aggio da pigli na carrozzella, e aggio da correre nauta vota a Toledo.
NANNINA: E pecch?
BERNARD: Pecch m che s venuto, aggio trovato sta lettera abbascio a lo palazzo, guarda de lo compare mio, lavvocato Grillone, lo quale me dice venite subito da pe perch tengo daffidarvi una causa importantissima. Capirai Nannina mia, che non posso perdere un momento di tempo, si tratta di un affare, che me ne po port nauti ciento appriesso.
NANNINA: Haje ragione, ma che vuoi da me, io te vularria ten sempe vicino.
BERNARD: E io pure, ma quanno se d quacche combinazione non nc che f. Guarda m si te piace sta cosa che taggio portata. (Caccia un astuccio e lo d.)
NANNINA: Hu! No braccialetto, quanto bello.
BERNARD: Te piace?
NANNINA: Assai assai, veramente di gusto. Ah, ncoppa nce stanno li lettere meje.
BERNARD: E pecchesto so asciuto a chellora stammatina, lorefice lo teneva da tre ghiuorne mmano, pe causa de chelli doje lettere.
NANNINA: Oh, Errico mio, quanto te voglio bene.
BERNARD: Nann, dimme na cosa, patete che have, me lo veco sempe attuorno, so privo de j dinta a na stanza, che isso subeto vene appriesso, po me guarda co certuocchie, che te dico fra momenti me fa paura.
NANNINA: Niente, Errico mio, non nce bad; chillo carattere, non lo fa pe male.
BERNARD: Va bene, ma a tenerlo sempre ncoppa a la noce de lo cuollo, naffare serio.
NANNINA Chillo po capisce, so li prime juorne, appriesso non lo farr cchi.
ELENA: Signori buongiorno.
NANNINA Oh, amica mia.
ELENA: E cos, come state?
BERNARD: Non nc male, grazie.
ELENA: Me so trovata a pass da cc e te so venuto a f na visita te dispiace?
NANNINA: Ma che, anze mhaje fatto piacere.
BERNARD: Dunque Nann, io vaco e torno subeto, subeto.
NANNINA: Non pi che una mezzora.
BERNARD: Mezzora va bene. Signora con permesso. (Via pel fondo.)
NANNINA: Amica mia guarda che bello braccialetto mha portato Errico. (Lo fa vedere.)
ELENA: Ah, sicuro, bello assai Nann, io so venuto pe te cerc no gruosso piacere.
NANNINA: Ch stato, parla.
ELENA: Tu sai gi, comme te dicette, che chillo cancaro di D. Federico, me v ncuit pe forza. Siente aissera che me combinaje. Potevene essere lunnece, Ciccillo maritemo ancora saveva da retir, io stava affacciata dalla fenestella de la cucina, lo vedette pass, pecch ogne sera lo struje chillo vico, e le dicette: D. Feder, pe ccanit, si me vulite bene, tornateme chelli lettere meje. Sissignore, li tengo dinta a la sacca, faciteme sagl. Capisci?
NANNINA: Voleva sagl lamico.
ELENA: No, scusate, io non ve pozzo f sagl, m ve calo lo panaro e accoss me li date. Va bene dicette isso; infatti, acalaje lo panaro, jammo facite ampressa ecco cc li lettere, tirate. Nannina mia mentre steva tiranno, vene mariteme, che staje facenne lloco? Io figurete, nauto poco moreva. Che staje tiranno? So li frutte pe stasera, va te spogli m vengo, no, voglio tir io... Mamma mia, so perduta, se mettette a tir e andevina dinta a lo panaro che nce trovaje?
NANNINA: Le lettere?
ELENA: Lo bocchino de D. Federico, co tutto lo sicaro appicciato. Tutto chello che succeduto, te lo puoi immaginare. Avimmo fatta la nottata chiara chiara, non sapeva cchi che le dicere pe lo capacit.
NANNINA: Oh, povera amica mia, haje ragione, ma cerca de parl cu sto D. Federico, e levatillo da tuorno na vota pe sempe.
ELENA: No, cara Nannina, io non nce voglio parl cchi, non lo voglio ved cchi, perci te so venuto a cerc no gran piacere. Chillo stammatina certo vene cc, chiammatillo tu e dincello, che non me ncoietasse cchi, che stanotte a la casa mia nc stato linferno, e li lettere meje che tene, te li faje d a te. Agge pacienzia, Nannina mia, io solo co te me confido, pecch saccio che m vu bene assaje.
NANNINA: Va bene, non te nincarric, nce penzo io.
SCENA QUINTA
Federico e dette poi Felice.
FEDERICO (da dentro): permesso?
ELENA: Eccolo cc, se capisce, chillo venuto appriesso. Nann, io non me voglio f ved, famme lo piacere, parlece m.
NANNINA: Va bene, trase cc dinto... (La fa entrare prima porta a sinistra.)
FEDERICO (c.s.):permesso?
NANNINA: Favorite, favorite D. Feder.
FEDERICO: Grazie, signora Nannina. E cos, come state?
NANNINA: Non nc male.
FEDERICO: Errico non nc?
NANNINA: Nossignore, uscito, ma fra poco verr.
FEDERICO: Laltro ieri mi disse che fossi venuto qualche volta per divertirci un poco a tirare due colpi al bersaglio, se permettete lattendo qui.
NANNINA: Ma si, voi siete il padrone.
FEDERICO: Grazie. Scusate sign, poco prima venuta a farvi visita D.a Elena la moglie del Dottore?
NANNINA: Sissignore D. Feder, venuta e mha contato tutto lo fatto daiersera; mha ditto tutte cose, stanotte non ha dormuto per causa vosta.
FEDERICO: E perch?
NANNINA: Come perch, vuje le jate a mettere lo bocchino co lo sicaro dinta a lo panaro, lo marito venette a tiempo, volette tir isso, e ve potite figur che succedette.
FEDERICO: Oh, vedete la combinazione, io volette f no scherzo.
NANNINA: Eh, bello scherzo veramente, D. Feder, se mi stimate veramente, se sentite amicizia per mio marito, mi dovete fare un gran favore. Non ncuietate cchi a chella poverella, lasciatela st.
FEDERICO Questo era tutto? Non dubitate che da oggi in poi la signora Elena per me non esiste pi.
NANNINA: Mi date la vostra parola donore?
FEDERICO (dandole la mano):Sul mio onore.
NANNINA: Bravissimo. M nce sta nauta cosa. Mavite da torn chelli lettere che tenite.
FEDERICO: Pure questo?
NANNINA: Sissignore. (Comparisce Felice.) Mio caro D. Federico, quando una donna maritata, si mette paura di qualunque cosa, voi siete un giovine di talento, e certe cose le comprendete benissimo.
FEDERICO: Va bene. Giacch questo vi fa piacere, per voi faccio qualunque cosa.
NANNINA (stringendogli la mano):Vi ringrazio tanto tanto. E quanno me li portate?
FEDERICO: Quando volete voi, anche stasera.
NANNINA: No, don Feder, ha da essere m proprio, jate no momento a la casa e portatemelle.
FEDERICO: Prontissimo.
NANNINA: Ma facite priesto per, perch si vene mariteme non potimmo f niente cchi.
FEDERICO: Fra un quanto dora sar qui. (Le bacia la mano e via.)
NANNINA: Sperammo che Errico tricasse cchi de mezora. (Via a sinistra.)
FELICE: Sangue de Bacco, cc chesto nce sta sotto!... Mannaggia larma de mammeta!... eh, e m faje marenna... gu, chella so duje juorne che sposata, e gi si ha trovato il soprannumero... povera infelice, e chella morta, m sparata puressa.
SCENA SESTA
Nicola e detto poi Biase.
NICOLA: Don Celestino che cos?
FELICE: D. Nicola mio, succieso lo guaio... povera casa vosta.
NICOLA: Ch stato?
FELICE: Ho scoverto una cosa che non poteva mai immaginare. M che so venuto, aggio trovato a Nannina vostra figlia che parlava nientemeno co no giovinotto.
NICOLA: Voi che dite! E che dicevano?
FELICE: Essa diceva: mio caro D. Federico quando una donna maritata se mette paura de qualunque cosa. Isso ha ditto: Va bene, io pe ve f piacere faccio tutto. Essa p lha ditto: jate a la casa e portatemelle m proprio.
NICOLA: Che cosa?
FELICE: E io che ne saccio. Isso diceva: Ve lo porto stasera, essa diceva: Nonsignore me lavite da port m, e facite ampressa, pecch si vene mariteme nun putimmo f niente cchi.
NICOLA: Possibile!
FELICE: Possibilissimo! Capirete, che si lappura lo marito, chella sparata primma de stasera.
NICOLA: E se capisce: Uh! Mamma mia, e chella li lume lha perdute. Comme lha chiammato D. Federico?
FELICE: Gi, caro D. Federico.
NICOLA: Uh! E chillo amico stretto de lo marito, lha potuto mann purisso, pe ved la mogliera come la penzava.
FELICE: E se capisce.
NICOLA: Ah, giovine disgraziata.
FELICE: Chillo m lo marito saparr tutte cose e se sta zitto.
NICOLA: Gi come facette collauta mugliera.
BIASE: Sign, benuto nommo, e ha portato sto cascettino, diretto al Signor Bernard. Ha ditto, consegnatelo proprio mmano a isso. Chaggio da f?
NICOLA: Miettelo ll ncoppa. (Indica il tavolino.)
BIASE: Mha consegnato pure la chiavetella, chesta essa. (La mette sul cassettino e via.)
NICOLA: No cascettino co la chiavetella?... e che nce starr dinto?
FELICE: Volimmo ved?
NICOLA: Vedimmo. Mentre io arapro, vuje facite la spia si vene isso. (Felice va in fondo. Nicola apre il cassettino, prende una pistola, poi la rimette subito al suo posto, chiude di nuovo e cade sopra di una sedia quasi svenuto.)
FELICE: D. Nic... D. Nic... ch stato? Avite visto che nce sta ll dinto? (Nicola gli fa segno di andare a vedere. Felice va a vedere e fa lo stesso di Nicola.)
NICOLA: Povera casa mia! Jammo a chiam li carabiniere... andiamo alla Questura.
FELICE: E che nce jammo a f a la Questura? Non lo ssapite chille comme ve risponnene: Non possiamo far niente, fatevi prima sparare e poi venite qua.
NICOLA: E come si fa, come si ripara a questo guaio. (Passeggia infuriato Felice lo segue.)
SCENA SETTIMA
D. Ciccillo, e detti poi Elena e Nannina.
CICCILLO (tiene in mano un bocchino col sigaro):D. Nicolino rispettabile. Mi scuserete se sono venuto ad incomodarvi. Io non tengo parenti, non tengo nessuno. Quando mi piglio collera ho bisogno di qualche amico che mi confontasse; ho passata la pi grande disgrazia che pu capitare ad un uomo.
NICOLA (non badandolo):Accomodatevi.
CICCILLO: Nientemeno, mia moglie, quella donna che io credevo un Angelo caduto da Cielo, mi ha preferito ad un altro che io non conosco.
NICOLA: Quella povera creatura, non volendo, ci sar caduta.
CICCILLO (credendo che Nicola parla del fatto suo):No, essa nce aveva piacere, si no non avarria calato lo panaro, fortunatamente che io arrivaje a tiempo e scovr tutto. Tiro lo panaro ncoppa, e che nce trovo dinto neh? Sto bocchino co sto sicarro. Figurateve che succedette a la casa mia. Essa la birbante, non tenette lo coraggio de risponnere na parola, io vurria pag pure mille franche, pe sap chi ha mise lo bocchino dinto a lo panaro de moglierema.
NICOLA: M chelli pistole lannasconnimme, pare che cos lui resta disarmato. (Prende il cassettino.)
FELICE: E Si chillo po li va trovanno, che dicite?
NICOLA: Dicimmo che nisciuno ha portato niente.
CICCILLO (va appresso a Felice e Nicola):Essa sapite che scusa trovaje? Dicette ma non era vero per, pecch io scennette e trovaje che lo fruttaiuolo steva chiuso, e mmiezo a la strada, proprio sotto la fenesta add steva affacciata essa, nce tnovaje tanta sputazze. Questo che significa che lamico fumaje pe na mezora, po doppo avette da dicere: tiene, fume nu poco tu. (Nicola e Felice entrano a destra, Ciccillo li segue.)
NANNINA: Dunque statte bona e non nce penz cchi, viene ogge e te faccio trov li lettere.
ELENA: Nannina mia, te ringrazio tanto tanto, sai, so cose che ponno capit a chiunque. Statte bona, nce vedimmo ogge.
NANNINA: Statte bona. Tu diciarraje buono cara mia, ma cheste so cose che capitano solamente a chi non tene cervelle, e a chi non v bene lo marito. (Vedendo venire Nicola:) Uh! Pap, taggio da f ved na bella cosa. (Felice esce appresso a Nicola.)
SCENA OTTAVA
Nicola, Felice, poi D. Ciccillo, e detta poi Francisco.
NICOLA: Pss. zitta, mettetevi l.
NANNINA: Ch stato?...
NICOLA: Che stato? E me lo domandate pure, giovine disgraziata, giovine perduta.
NANNINA: Pap, e pecch mi dice sti parole?
NICOLA: Perch? Perch sappiamo tutto, abbiamo scoverto tutto. Poco prima stavate parlando qui da solo a sola con D. Federico, lamico di vostro marito, potete negarmelo?
NANNINA: Ah, lavite visto?
NICOLA: Si, labbiamo visto, e voglio sapere subito che cosa stavate dicendo tutti e due... parlate, e ditemi la verit.
NANNINA: Sissignore, steveme dicenne (o marito) (comparisce D. Ciccillo, Nannina lo vede). Steveme dicenno, che Errico me v bene, che penza sempe a me, e D. Federico me diceva: vogliatelo bene signora Nannina, vogliatelo bene, perch egli se lo merita. Oh, ve pare, laggio risposto io, lo voglio bene assai assai, doppo de pap vene isso. Po laggio fatto ved stu bello regalo che Errico mha fatto stammatina. (Caccia lastuccio dalla sacca.) Guarda pap, guarda quanto bello. no braccialetto co li lettere meje ncoppa.
NICOLA (sorpreso):Che!... Lo braccialetto.
FELICE: Stanotte more!
NANNINA: Ch stato pap?
NICOLA (tremando):Sto braccialetto te lha dato mariteto?
NANNINA: Sissignore.
NICOLA: Vattenne dinto, assettete a no pizzo, e non te movere.
NANNINA: Ma pecch?
NICOLA: Zitto! Pecch cos voglio io. (Chiama Francisco.)
FRANCISCO: Comandate.
NICOLA: Segui mia figlia, statte dinta a la cammera soja e si vide che le scappa lo suonno, scetela.
NANNINA: Ma pap.
NICOLA: Silenzio! Andate! (Nannina via Francisco la segue.)
CICCILLO: D. Nic, ma che successo?
NICOLA: Pure lo braccialetto, e che altro vogliamo vedere.
FELICE: Chillo lo marito sape tutte cose, chillo tale lha mannato isso.
CICCILLO: Avete fatto piangere quella povera figliola... la potesse calm no poco. (Via nella camera di Nannzna.)
FELICE: Quanno vuje ve site nfucato, essa non aveva che risponnene, ha ditto che stevene parlanno de lo marito, non vero, quello che vho detto io, la verit, ve lo giuro sul mio onore.
NICOLA: Non nc bisogno di giurare, vi credo, e poi ll se vedeva da la faccia chha fatto.
SCENA NONA
Federico, e detti poi D. Ciccillo.
FEDERICO: Signor Nicola buongiorno.
NICOLA: (Ah, eccolo cc).
FELICE: (M lha portata chella cosa).
FEDERICO: E cos, come state, state bene?
NICOLA: Non nc male! Signore, voi giungete a proposito. Sappiate che il vostro agire, non da uomo onesto, ma invece e da svergognato, da traditore.
FELICE: (Bravo...).
FEDERICO: Oh, signor Nicola!
NICOLA: Si, da traditore. E cos che voi stimate lamicizia. Mia figlia, mi ha tutto svelato. (A Felice:) (Dicimmo accoss). Dunque, vale a dire, che la vostra amicizia falsa, fingete di essere amico del marito, per potere poi, comodamente, corteggiare la moglie!...
FEDERICO: (Comme l venuto ncapo a chella che lo dicere a chisto).
NICOLA: A voi questa vi pare una bella cosa? Io invece lo chiamo tradimento!
FEDERICO: Ma caro D. Nicola, allora sarebbe finito il Mondo, se s, ognuno tenta, luomo cacciatore.
NICOLA: Ah, li venite a cacci dinta a la casa mia.
FEDERICO Vostra figlia poi ne poteva f a meno di dirvi tutto, gi a me non me mporta niente, pecch doppo che lappura lo marito, io me lo dico: S, chella fuje essa che me ncuietaje la primma vota.
FELICE: (Ma che spudoratezza!).
NICOLA: Basta signore, non voglio sentire pi niente, vi ho troppo conosciuto. Mi volete dire che cosa le siete andato a prendere a casa per portarle?
FEDERICO: Sissignore, le sono andato a prendere. (Compare Ciccillo, lo marito) le so andato a prendere certe cose che a voi non vi riguardano.
NICOLA: Ah, non mi riguardano. Benissimo, vi far vedere se non mi riguardano?... Per ora signore vi prego di uscire da questa casa, e di non metterci mai pi il piede.
FEDERICO: Ma perch?
NICOLA: Perch cos voglio io, e basta!
SCENA DECIMA
Bernard, e detti, poi Nicola e Felice.
BERNARD: Che cos, che successo?
FEDERICO: Io non s, tuo suocero che mi scaccia da questa casa, come se io fosse un ladro.
NICOLA: Altro che ladro, uscite signore!
BERNARD: Ma perch deve uscire?
NICOLA: Perch... perch... Cos voglio io, e basta!
BERNARD: Ed io invece, voglio che resti e venga sempre che vuole. Signor suocero, voi dimenticate, che questa oggi casa mia, quindi sono libero e padrone di ricevere chi mi pare e piace.
NICOLA: Benissimo, abbiamo capito tutto signore, abbiamo capito laccordo; ma io per andr a parlare con chi si deve, e far punire tanta infamia, tanta bricconata, avete fatta la conserva? Va bene. (Via a destra.)
FELICE: Abbiate pazienza, queste sono cose che non si fanno. (Via appresso a Nicola.)
BERNARD: Chistauto che st sempe dinta a sta casa, non aggio capito ancora chi . Ma a te pecch te ne voleva cacci?
FEDERICO: Niente, pe na cosa che a isso non riguardava affatto. M non te pozzo dicere niente, ogge te conto tutte cose.
BERNARD: Ma io la aggio ditto ca chillo pazzo ha da essere.
CICCILLO: Sta arraggiato de na maniera che non se po credere.
FEDERICO: Basta, Err larmiere tha portato chelli pistole?
BERNARD: No, fino a m non me lha portate ancora.
FEDERICO: Allora quanno ogge porto li mmeje, che pure so belle e nce spassammo no poco: Statte buono.
BERNARD: A rivederci... (Si stringono la mano.)
FEDERICO: D. Ciccillo rispettabile. (Via.)
CICCILLO: Carissimo amico, aspettate me ne scendo con voi. Arrivederci. (Via.)
FEDERICO (a Bernard):Dunque ogge vedimmo si overo che te si perfezionato. (Via.)
BERNARD: Seh, m tengo proprio lo bersaglio da la parte de la capo, lo compare mio ha scelto me per difendere una causa importantissima.
CICCILLO: E di che si tratte?
BERNARD: Si tratta di un marito, che avendo trovata la moglie unita con lamante, ha cacciato il fioretto che teneva nel bastone, e lha infilati a tutte due.
CICCILLO: A uso fecatielle. D. Err, e ne passa niente?
BERNARD: Eh, chi lo s, io per me far tutto il possibile di aiutarlo, se ci sono documenti che provano la infedelt della moglie, ritenere che se nesce libero e franco.
CICCILLO (da s):E io li documente li tengo. Lo bocchino co lo sicarro. (Forte:) D. Err, scusate, lo bocchino documento?
BERNARD: Qu bocchino?
CICCILLO: Ecco qua, uno per esempio, che tire no panaro, gi vuje lu fatto nun lo sapite. La Mugliera sta tiranno lo panaro, lo marito vene a tiempo, dice neh, mugliera mia che staje tiranno? Niente marito mio, so li frutte per la cena, va dinto, v te spoglia. Nonsignore, voglio tir io. Lo marito tira, e dinto a lo panaro nce trova lo bocchino co lo sicarro... dico io m, sto bocchino documento?
BERNARD: Ma stato proprio sto bocchino lloco?
CICCILLO: Sissignore.
BERNARD: E a voi successo il fatto?
CICCILLO: Sissignore.
BERNARD: Eh, sapete, avete avuto un indizio, ma documento non si pu chiamare. E poi, io credo che qualcheduno ha dovuto scherzare, vostra moglie non donna capace.
CICCILLO: Lo credete?
BERNARD: Ne sono sicuro.
CICCILLO: In ogni modo io m star in guardia, e se maccorgo di qualche piccola cosa, ve lo faccio sapere.
BERNARD: Va bene.
CICCILLO: A rivederci D. Err, me vaco a ripos no poco, pecch stanotte aggio fatta la nottata chiara chiara, pensanno a lo bocchino dinto a lo panaro de muglierema. (Via pel fondo.)
BERNARD: Ecco qua un altro infelice, ma chisto cosa de niente, la causa che vado a difendere terribile. No marito che coglie la mogliera nzieme co lo nnammurate, scusate, cosa che uno adda pass pe forza no guajo... Sangue de Bacco se la potesse vingere, sarria no bello piacere, cheste so li cause che fanno acquist nome. Gi l tutto dipende dallarringa. Bisogna fare tutto il possibile di commuovere i giurati... per esempio, se mi riesce, vorrei dire cos: Signore giurati, guardate un poco quelluomo che seduto l, sullo sgabello dei rei, riflettetelo bene, esaminate bene il suo sguardo, come lho esaminato io... s, io sono andato a trovarlo nel carcere, e quanto lho interrogato sul fatto, mi ha detto queste parole. (In questo frattempo compaiono Nicola e Felice. Bernard prende il fazzoletto, si asciuga gli occhi e poi dice.) No... no, io non sono colpevole, amavo mia moglie quando si pu amare la vita, per lei avrei fatto qualunque cosa, io non sognavo che lei, non viveva che per lei. Ogni suo desiderio era un ordine per me. Ma quando mi si presentato innanzi agli occhi il tradimento, quando mi son visto rubare il cuore di questa donna! Quando questangelo, che tale io la credevo, non era pi mio, oh, allora una benda mi caduta sugli occhi... e che cosa ho pensato? Non pi mia? Ebbene non sar di nessuno, io luccider!
NICOLA (avanzandosi) Ah! no! Uccidete prima questo povero vecchio. (Cade sopra di una sedia svenuto.)
BERNARD: Chi , che stato? Ma che succiesso?
NICOLA: Vuje avite ditto che vulite accidere mia figlia.
BERNARD: Io voglio uccidere la figlia?... Ah! Forse quanno parlava... Mannaggia allarma vosta, non sapeva che era... jateve a f squarta tutte e dueje! (Via pel fondo.)
NICOLA: Corriamo! Corriamo! Biase! Biase!
SCENA UNDICESIMA
Nannina, Francisco, Biase e detti.
NANNINA: Che stato. Uh! Pap mio, e che l venuto? pap, pap. (Gridando.) Qualcheduno.
BIASE: Che cos, che succieso.
NICOLA: Figlia mia, Don Celest, jammo ncoppa a la guardia. E tu pure haje da ven, comme staje m.
NANNINA: Ma pecch neh pap?
NICOLA: Pecchesto. Jammoncenne. Don Celest portatevella. (Si avvia con i servitori.)
FELICE: Vostro marito stanotte ve spara.
NANNINA: Possibile!
FELICE: Possibilissimo. Jammo, facite priesto. (Se la mette sotto il braccio.) Duje mise fa avevemo da j a lo Municipio, m jammo ncoppa a la guardia.
TUTTI: Alla guardia. (Viano pel fondo.)
(Cala la tela.)
Fine dellatto secondo
ATTO TERZO
La medesima scena.
SCENA PRIMA
Biase, Elena, poi D. Ciccillo.
BIASE: Favorite, favorite, chille poco ponno tric, m li vedite ven. (Via.)
ELENA: Ma so ghiute lontane assaje?
BIASE: Nonsignore, cc vicino, assettateve nu poco. (A Ciccillo:) Sign, trasite. (Ciccio entra. Biase via.)
CICCILLO: E cos, vogliamo far pace o no?
ELENA: Niente, non ve voglio ved manco pittato. Birbante assassino, aggio fatta chella nottata pe causa vosta (piange) accoss se trattene li cane, non gi na mugliera che vha voluto tanto bene.
CICCILLO: (Io laggio ditto, sempe accoss succede, allultimo io aggio tuorto e essa have ragione). Ma Elenuccia mia, io maveva da pigli collera pe forza, chi stato che ha mise sto bocchino dinto a lo panaro?
ELENA: Comme chi stato, io me pare che ve laggio ditto, stato qualcheduno che lha fatto pe me fa ncuit co buje. E tutto chesto pecch? Pecch io non tengo a nisciuno, non tengo mamma, non tengo padre, non tengo no frate che me potesse difendere in qualche occasione, perci tutte quante se ne pigliene, ma nauta vota che sospettate na cosa de chesta, io me ne vaco, me metto a cammarera, me metto a serv, ma nnanze a buje non nce stongo cchi.
CICCILLO: Nonsignore, questo non accadr pi, votete da cc, facimmo pace.
ELENA: Jatevenne, m sto attaccata de nierve se ne parla dimane.
CICCILLO: Dimane! E io stongo nauta nottata appiccecata co ttico? impossibile.
ELENA: E che volite da me, nauta vota non lo facite cchiu.
SCENA SECONDA
Federico, e detti poi Nannina.
FEDERICO: Oh, signori, vi saluto. (I due non rispondono.) Lo servitore mha ditto che so asciute tutte quante, non sapete dove sono andati? Che successo D. Cicc, state contrastati? (Nelluscire porta un cassettino che posa sulla conzola.)
CICCILLO: Ho preso un piccolo sbaglio per ragione di gelosia, adesso mi sono andato a sottomettere, lho pregata, lho chieste scusa, e essa niente, non v f pace. D. Feder vedete voi?
FEDERICO: Aspettate. Signora Elena, ve ne prego io, finite questa cosa. Vostro marito se geloso, segno che vi vuol bene assai, la gelosia sapete, figlia dellamore.
ELENA: (Li lettere lavite portate?).
FEDERICO: (Sissignore, m nce li dongo a Nannina, ma vi ricorderete di me qualche volta?).
ELENA (spezzando il discorso):Va bene, non ne parlammo cchi, vuje me prommettite de non sospett cchi de me?
CICCILLO: Mai pi. Abbraccieme, moglie mia. (Si abbracciano.)
FEDERICO: Avite visto, si non veneva io, non se faceva niente.
CICCILLO: D. Feder, vi prego di accettare questo bocchino, lo terrete per mio ricordo.
FEDERICO: Oh, vi ringrazio, laccetto con piacere. (Si prende il bocchino.)
ELENA: (Che faccia de cuorno).
FEDERICO: M diciarria jammoce a f na passiata abbascio a lo ciardino, pigliammo no poco daria.
CICCILLO: Si, dite bene. (A Elena:) Vu ven?
ELENA: Fate primme vuje, io aspetto a Nannina, quanno vene, scengo co essa.
FEDERICO: Allora jammo nuje D. Cicc. (Voglio ved si me pozzo f mprest nu centenaro de lire). (Si mette Ciccillo sotto il braccio.)
CICCILLO: Te raccomanno viene ampressa. Te faccio trov no mazzettino de tutte gelsummine e rose the.
FEDERICO: Ah, bravo. Allora sapite che facimmo? Quanno vuje avite fatto lo mazzetto...
CICCILLO: Lo menammo dinto a lo bollito.
FEDERICO: Nonsignore, quanno vuje avite fatto lo mazzetto, io la vengo a chiamare. Jammoncenne. (Viano pel fondo a sinistra.)
ELENA: Seh, e io piglio e vengo co ttico, staje frisco. V che faccia tosta.
NANNINA: Mamma mia che scuorno, che scuorno.
ELENA: Gu Nann, che stato?
NANNINA: Pap ha voluto j pe forza ncoppa alla sezione, mha voluto port pure a me, ll nce stevene tanta gente, tanta guardie.
ELENA: Ncoppa a la Sezione, e pecch.
NANNINA: Pecch dice che Errico stanotte mha da spar.
ELENA: E pe qu ragione?
NANNINA: E io che ne saccio. So duje juorne che pap non cchi isso, sbarea sempe, io aggio appaura, Elena mia che pap nzieme co Don Celestino so asciute pazze. Dico il pecch Errico mha da spar, chillo me v tanto bene.
ELENA: Ma che spar, tu che dice, avarranno pigliato quacch sbaglio, siente a me.
NANNINA: E chesto laggio ditto purio, ma lloro niente, non se fanno capace.
SCENA TERZA
Nicola e D. Felice, poi Biase, Teresina e Pascarella.
NICOLA: Che fate voi qua, andate dentro.
NANNINA: Ma pap...
NICOLA: Zitto! Dentro!
FELICE: Quando il padre dice dentro, dentro.
ELENA: (Haje ragione Nannina mia, chiste tenene tutte dueje luocchie de pazze). (Viano a sinistra.)
NICOLA: D. Celest, avimmo avuta na bella soddisfazione.
FELICE: Ma quanno lIspettore vha chiammato e vha parlato zitto zitto, che vha ditto?
NICOLA: Ha ditto jatevenne sicuro, pecch m ve manno 4 guardie sotto a lo palazzo vuosto, e non le faccio movere, po a nauto ppoco me manno a chiamm a isso pe naute 2 guardie, e mi deve dare conto e ragione di tutto quello che sta facendo.
FELICE: Eh, e m fa maremma... Mannaggia allarma de la mamma, gu, chille li mogliere laveva pigliate pe quaglie.
NICOLA: M trasimmoncenne dinto, e non facimmo ved, aspettammo isse che dice quanno have la chiammata dallIspettore.
FELICE: Ah, ma D. Nic, diteme ma cosa nuje quanno mangiammo, io tengo appetito.
NICOLA: Ma ve pare, momento de mangi, chisto, quanno stasera se ne parla.
FELICE: Stasera! E io fino a stasera more. (Viano a destra.)
BIASE: Sissignore, D. Felice m proprio s retirato, pecch so ghiute a f no servizio. Chillo m starr dinto, si volite ve lo chiammo.
PASCARELLA (a Teresina che uscita con loro):Che dicite D.a Teres, lo volite f chiamm?
TERESINA: No Pascar, a chiammarlo no, vorria combin de nauta manera, pe non fa ved che so ghiuta io addo isso.
PASCARELLA (a Biase):Neh, aspettate no momento, aggiate pacienza.
BIASE: Facite li fatte vuoste.
PASCARELLA (a Teresina):Ma che ve ne mporta a buje, scusate, che fatto qualche estraneo, v frate a la fine, e p sentite a me D.a Teres, rappaciateve co lo frate vuosto; non facite parl cchi la gente, che facite state sempe sola, avite visto comme vhanno trattata chille che hanno fatto lammore co buje; si stiveve mpace co D. Felice, non credo che vi trattevene comme vhanno trattata. Dunque che bolite f?
TERESINA: Aspetta Pascar, io aggio penzato ma cosa, haje da sap che cc ncoppa, nce sta de casa chillo tale Don Luigino Porro, che faceva lammore co mmico, te ricuorde.
PASCARELLA: Comme non mi ricordo.
TERESINA: Emb, chillo non se chiamma D. Luigi se chiamma D. Errico, e s nzurato, capisce lo birbante!
PASCARELLA: S nzurato?
TERESINA Gi... io m s che faccio, parlo co isso, e le dico che me facesse f pace co Feliciello, si no vaco da la mugliera e le conto tutte cose, comme te pare?
PASCARELLA: Eh, na vota che tenite sto mezzo.
TERESINA (a Biase):Bell dimme na cosa, D. Errico nce sta?
BIASE: Nonsignore, ma chillo m lo vedite ven.
TERESINA: Allora io m vaco a f nauto servizio, p torno, e si lo guardaporta me dice che s retirato, saglie e aspetta fore a la saletta, tu me lu chiamme e le dice che laggio da parl necessariamente.
BIASE: Va bene.
TERESINA: Pascar, jammoncenme, po nce vedimmo a lo palazzo, e grazie tanto.
PASCARELLA: Ma che ringrazi, io vaco trovanno che state cuieta, bell statte buono.
BIASE: Stateve bene. (Viano pel fondo a destra.)
SCENA QUARTA
Federico, poi Nannina, poi Nicola e Felice, poi Bernard, indi Ciccillo.
FEDERICO: Laggio menata la stoccata, ha ditto che m non li tene; dimane me li d, quanno dimane me mposta sotto a lo palazzo sujo; ma quanto seccante, parl sempre de na cosa.
NANNINA: D. Feder, mavete portate chelli l?
FEDERICO: Sissignore. Ma vuje pecch avite ditto tutte cose a pap.
NANNINA: Che cosa?
FEDERICO: Che io faceva lammore co la mugliera de D. Ciccillo.
NANNINA: Io? Aggio ditto chesto, quanno maje. (Comparisce Nicola e Felice.)
FEDERICO: E comme va che D. Nicola sape tutto?
NANNINA: E chi ne sape niente... facite priesto, dateme chelli lettere.
FEDERICO: Cheste so lloro, tenite. (Gliele d.)
NICOLA (si avanza e strappa le lettere dalla mano di Nannina):A me quelle lettere!
NANNINA: Ah, no pap.
NICOLA: A me quelle lettere, ti dico!
BERNARD: Che stato, cc sallucca sempe.
CICCILLO: Che successo?
NICOLA: Niente... niente, questa volta non stato proprio niente. (Piano a D. Ciccillo e con fretta.) (D. Cicc, stracciate sti lettere pe ccarit!) (D le lettere a Ciccillo il quale le lacera subito.)
BERNARD: Ma Nann, che stato, perch staje accoss? Ma parla, io voglio sapere di che si tratta. D. Nic perch stavate gridando?
NICOLA: Domandatelo al vostro caro amico.
FEDERICO: Testimone?
CICCILLO: E che testimone?
BERNARD: Chille so duje pazze, che ne volite sap, io nora fa me steva passanno la difesa che debbo fare per quella causa che tengo, chille so venute a tiempo, e se credevano che io voleva accidere a Nannina. (Tutti ridono.) M v trova che auto sarr succieso, jammo a sent Nannina che dice. E ghiammoce a spass no poco. A proposito tu hai portate li pistole?
FEDERICO: Sicuro, eccole cc.
BERNARD: E ghiammo. (Via con Federico), non li danno udienza chille so pazze.
FEDERICO: E no fatto, dice buono. (Viano pel fondo.)
CICCILLO: No, chillo D. Nicola veramente ghiuto mpazzia, allucche sempe, sta sempe arraggiato, po mha fatto stracci chelli lettere, va trova che mbroglie sarr. M vado a vedere come tirano al bersaglio. (Via.)
SCENA QUINTA
Biase, Leone, e detto, poi Nicola e Felice.
BIASE: Favorite, favorite, accomodatevi.
LEONE: Grazie, non voglio sedere.
BIASE: Dunque mi avete detto che vi chiamate?
LEONE: Leone Mitraglia.
BIASE: E volete parlare con D. Nicola Paletta.
LEONE: Perfettamente.
BIASE: Attendete un momento che m ve lo chiamo. (Via a destra.)
CICCILLO: (Mamma mia che brutta faccia che tene chisto, va trova chi sarr).
LEONE: Quale felicit se fosse lui. Trovarlo, dopo 6 anni di lagrime e di dolori. Vile, io gli dir, le mille volte vile. (Ciccillo spaventato entra a sinistra inchinandosi.)
BIASE: Ecco qua; questo signore. (Escono Nicola e Felice, Biase via.)
NICOLA: Voi signore dovete parlarmi?
BIASE: Sign, sign.
NICOLA: Che c.
BIASE: Mhanno portato stattrezzo pe vuje. (Via.)
LEONE: Si, debbo domandarvi una cosa... ma quel signore chi ?
NICOLA: un amico mio strettissimo, potete parlare liberamente.
LEONE: Io sono Leone Mitraglia, sono il fratello di Virginia Mitraglia di quella giovine infelice, che sei anni fa, mentre dormiva fu assassinata da suo marito.
NICOLA: (Sangue de Bacco, chisto chillo tale parente). Vi prego, accomodatevi.
LEONE: Grazie. (Seggono.) In me non vedete un uomo, o signori, vedete una tigre, che disperata nel deserto, va in cerca di una preda per diffamarsi e per dissetarsi. Dopo 4 giorni che mia sorella era maritata partii per Genova, dove mi aspettavamo affari di commercio. Saputo la disgrazia, corsi cos in Napoli, ma non trovai nessuno, nemmeno unimmagine della mia povera Virginia. (Col fazzoletto si asciuga le lacrime), giurai vendetta sul traditore, e se in quel momento lavessi potuto avere nelle mani, gli avrei strappato dal petto quel cuore di vipera. Si trovava in prigione... obbligato a partire, ritornai a Genova, poi a Marsiglia, e cos di Citt in Citt, ma sempre col pensiero di vendicarmi. Sono sei giorni che mi trovo in Napoli, stamane son passato per quel fatale palazzo dove abitatava mia sorella, e la portinaia mha detto che Bernard stava qua ed aveva sposata vostra figlia. Signore, ditemi se tutto questo vero, ditemi se veramente, dopo 6 anni, io mi trovo vicino a Bernand?...
NICOLA: Ecco qua signore... (che facimmo?).
FELICE: (E che bolite f, dicitencello, chillo laccide, e nce lo levammo da tuorno).
NICOLA: (E mia figlia?).
FELICE: (Me la sposo io).
NICOLA: Io povero padre... dovete sapere... che stavo alloscuro di tutto, se avessi saputo qualche cosa...
LEONE: Ma dunque vero la portinaia non mha ingannato. E dov Bernard? (Si alzano.) Dov?
NICOLA: Ecco qua signore, io ve lo dico, ma che cosa intendete di fare, riflettete che state in casa mia.
LEONE: Sono un gentiluomo, sapr regolarmi, lo sfider, e deve battersi alla pistola, alla distanza di un fazzoletto, e tiriamo insieme.
FELICE: E po morite vuje pure.
LEONE: Si capisce, ma morir contento di aver fatto provare a lui quello che fece lui provare a mia sorella.
NICOLA: Caro signor Leone, io da che ho saputo il fatto, non conchiudo pi, me metto paura che non avesse da f listesso a mia figlia.
LEONE: Oh, state pur tranquillo, non avr questo tempo.
NICOLA: M stammo parlando tutti e due, e io sto con un pensiero che non potete credere.
LEONE: Avete ragione, quel vile, quel birbante, sarebbe capace di farlo unaltra volta. Povera Virginia, la portinaia mi rifer le sue ultime parole: al primo colpo mi svegliai... mi trovai piena di sangue... mi aveva ferita alla spalla... Ah! Per piet, io gli dissi... e, impugnata unaltra pistola... (Di dentro si sente un forte colpo di pistola.)
NICOLA: Ah, mia figlia!
FELICE: Lha fatta.
NICOLA: Gente, correte (gridando:) arrestate lassassino!
SCENA SESTA
Biase, Francisco, Elena e Ciccillo, poi gli altri 4 personaggi, Federico, Leone, Bernard e Nannina.
TUTTI: Che stato, che successo?
NICOLA: Correte, mia figlia stata sparata!
LEONE: Ma dov lassassino! (Di dentro altro colpo di pistola.)
FELICE: M lha accisa... (Nicola cade sopra una sedia.) Ah!
NICOLA: Figlia mia. (Tutti corrono pel giardino, meno Nicola e Felice.)
FELICE: Infame scellerato, sparare a quella povera figliola senza nessuna colpa, e m che la sagliene cc ncoppa chi se fide de la guard, chiena de sango, co la capa appesa... m te faccio vedere io. (Entra a destra.)
NICOLA (alzandosi):Figlia mia!... fatemela vedere per lultima volta... la voglio benedire. (Va pel fondo e fa il segno della benedizione.)
FELICE (con 2 pistole):D. Nic, tenite, una pedono, chillo da cc ha da pass, non avite paura che non ne passammo niente.
NICOLA (prende una pistola):E la forza chi me la d. (Si situano uno a destra e laltro a sinistra vicino alla porta difondo. Tutti vengono in iscena uno dietro laltro, ridendo, solo Leone esce serio.)
CICCILLO (ridendo):D. Nic... allarma vosta, guh.
BIASE (c.s.):Sign..: V pe nce... (Francisco fa listesso e fugge. Leone esce disperandosi.)
FELICE: Non isso. (M steva sparanno a lo lione).
ELENA (c.s.):Che cosa curiosa... neh, e che d?
FEDERICO (c.s.):Ma sentite... allarma vosta!
NANNINA: Pap, pap... (Per la sorpresa cadono le pistole dalle mani di Felice e Nicola.)
NICOLA: Come tu s biva?
NANNINA: Ma si pap, tu che haje creduto?
BERNARD: Ma che diavolo stato?
NICOLA: Voi non avete sparata mia figlia? Come sparaste la prima vostra moglie.
BERNARD: Ma che dite, noi stiamo tirando al bersaglio.
LEONE: Questo signore, non quel Bernard dellomicidio!
NICOLA: Comme, non isso?!
FEDERICO: Nonsignore, quello cognome che si confronta.
NICOLA: E chillo parente de la mogliera vosta che ve jeva trovanno?
BERNARD: un suo nipote, che vorrebbe sempre denaro.
NICOLA: E lo cascettino co li pistole, che venuto diretto a buje?
BERNARD: Erano le pistole appunto, che ci servivano pel tiro al bersaglio.
NICOLA: E sta lettera che aggio ricevuta? (La d.)
BERNARD: (Che beco, lo carattere de Teresina!). E questa lettera vi stata mandata, perch credevano che io era quellaltro Bernard. (Tutti ridono.)
NICOLA (a Felice):Don Celest, vuje che mavite combinato?.
FELICE: (E io, sapeva chesto). Cc si coincideva cos bene.
SCENA ULTIMA
Biase e detti poi Teresina.
BIASE (a Bernard):Signor, fore nce sta na figliola, dice che vha da parl necessariamente.
BERNARD: A me? Signori permettete. (Via pel fondo e torna subito.) (Sangue de Bacco, chella Teresina!). Il servitore ha sbagliato, vuole a voi. (A Ciccio.)
CICCILLO: A me? E chi ? Signori permettete. (C.s. poi esce.) (Uh! Mamma mia, chella Teresina!). Ma voi credo che state dormendo, non vuole a me, vuole a quel signore. (Indica Felice.)
FELICE: A me? e chi ? Signori permettete. (Via pel fondo .)
NICOLA: Ma insomma se po appur sta femmena a chi v?
ELENA: Pare na cosa curiosa. (Felice esce e Teresina dietro di lui.)
TERESINA: Ma che d, tutte quante me vedete e se ne fujene, comme se io fosse na diavola. Io non so venuta pe nisciuna ragione, so venuta pe f pace co frateme Celestino. E si non p essere, me ne vaco nata vota. (Queste parole le dice con intenzione guardando Ciccillo e Bernard.)
NICOLA: Ah! Questa vostra sorella?
FELICE: Per servirvi.
NICOLA: Via finite questa cosa.
BERNARD: Ve ne prego anchio.
NICOLA: Alla fine vi sorella.
FELICE: E faje lammore cchi co nisciuno?
TERESINA: Non nce pemz, me so mparata, da oggi in poi araparragggio tanto no pare duocchie. (Guardando i due.)
FELICE: Allora vieni fra queste braccia, sorella mia. (Eseguono.)
NICOLA: Bravissimo, adesso non sarete pi criticato dal pubblico, sarete applaudito.
FELICE: Lo credete?
NICOLA: Ne sono sicuro.
FELICE: Speriamo.
(Cala la tela.)
Fine dellatto terzo
Fine della commedia
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