L’uccelliera

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L’UCCELLIERA

Scene

di STEFANO LANDI

PERSONAGGI

NONNA MARIA

ANNA

LISA

EULALIA

TORELLO

MARIUCCIA

AMERIGO

GIACINTA

PENNELE GUSTAVO

Commedia formattata da

Si fingono, per una rappresentazione im­maginaria, una non­na Maria, con due nipoti orfane: Anna e Lisa, e una figliuo­la zitella: Eulalia, che forse non ve­dremo neppure ma sentiremo soltanto parlare dalla camera accanto; e due fratelli orfani: Torello e Mariuccia, e un orfano che ha un'altra storia: Amerigo. Ancora, la vecchia serva: Giacinta; il vecchio amico di casa: Pennele Gustavo, ispettore scolastico. Personaggi che vive­vano prima e vivranno poi, ma non come e non in quanto sono stati fermati da noi così, scoperti in questo punto, oggi, per caso, della loro vita. Infatti non sono staccati « fissati ma restano immersi, indecisi e sparpagliati, in quel senso di vero che dice l’attimo in cui la vita ha toccato, e se ne va, quando essa oltrepassa nel suo fluire: hanno appena, dell'arte, quel « come » necessario a dar loro una fisonomia. Li vediamo andare e venire per la scena che abbiamo fissato davanti ai nostri occhi: un piccolo interno in una cosina di campagna. C'è la finestra proprio di faccia, ariosa, spalancata, coi testi fioriti e, lì presso, una grande uccelliera canora, sul suo trespolo. Nell'angolo delle pareti, a destra, vediamo un pianoforte verticale con su fascicoli di musica, il metronomo e due vasetti coi fiori; accanto c'è un piccolo scaffale coi libri di musica, poi una grande cristalliera, poi, proprio sul limite della nostra visione, una porta. In centro, sotto il lampadario, una tavola rotonda e nuovi quaderni, libri, l’occorrente per scrivere, un vaso di fiori. Nella parete di sinistra c'è anche una porta, di contro a quella di destra; poi una libreria che sostiene in pieno, con la massima gravità e compostezza, il maligno risfavillio della cristalliera; poi un'altra porta, quella della camera di Eulalia, opposta allo scaffaletto della musica e nell'angolo, un divano con due poltroncine e un tavolinetto in mezzo. Sul tavolinetto un cestello col filo, le ma­tassine, ecc. Più simmetria di così? Ma aspettate: nella parete di fondo, due e due ai lati della finestra, quattro seggiole di legno scolpito, con la spalliera alta, che forse si toccano soltanto per spolverarle. Destra e sinistra le vediamo così noi, come abbiamo detto: chi sa poi gli altri che stanno dentro e possono anche toc­care quei quadretti appesi dappertutto, i più di fiori, all'acquarello, così bene incorniciati. La piccola tenda della finestra, il tappeto della tavola, la carta da parato, gli abiti delle fanciulle (hanno tutte certe vesti lunghe lunghe, maniche lunghe, niente scollature: viviamo in campagna!), quello sobrio di nonna Maria, tutto è chiaro e pulito. Questa piccola scena, per la sovrabbondanza e la qualità dei mobili, per come sono disposti anche gli oggetti e gli arredi, ci dà il senso d'un interno molto abitato, in cui si svolge una vita che non si dà nessun pensiero delle esteriorità e dunque non ha pretese d'ele­ganza, che non sia quella intima, fatta di lindura e di simmetria. Le tre porte stanno sempre aperte. Dalla finestra sul giardino entra col sole e la gran luce della mattinata di maggio un perenne vario cinguettio. Su tutto è sparso un alito di fresca gaiezza.

E ora, prima di lasciare in balìa del lettore i miei personaggi, desidero scioglierli dalla loro favola e pren­derne commiato con un fervorino di pochi versi d'occa­sione, che dovrebbero, in verità, esser detti all'ultimo, quando nessun altro m'ascolterebbe più. Ma tant'è: mi spiccio subito.

CONGEDO DAI PERSONAGGI

Signori, gente .mia, nati da un mio riposo liberi:

da un prestar la fantasia, per uno strano incanto, a

d un'ignota vena, a un ozioso labile sogno;

se v'ho creati per lasciarvi andare, quella voce

che in me vi la parlare ecco, disperdo. Non vi servo più.

Questo pur volli: liberarvi tanto che dovessi

su voi non poter nulla: un po' d'amore,

per non farne nulla. E poi io con me,

Dio con me, voi soli e Dio con voi.

La rappresentazione sta per cominciare: già il piano­forte canta dolcemente il vecchio « Adagio » del Chiaro di luna. E piano piano, dal suono, sta apparendo la scena. Nonna Maria è al pianoforte. Anna e Lisa alla tavola, una di fronte all'altra, studiando. La voce di Eulalia, dalla porta di fondo di sinistra; la voce di Mariuccia, e il ticchettio della macchina da cucire, dalla porta di destra; la voce di Torello dal giardino.

Anna                                - (bruna, vivace, fantasia accesa e inquieta: recita, un po' titubante) Lecomte. Lecomte de Lisle...

Lisa                                  - (bionda, serena, riflessiva - col libro in mano come chi fa ripassare ad altri la lezione) Il nome. Prima dimmi il nome.

Anna                                - il nome? Lecomte!

Lisa                                  - E' il cognome.

Anna                                - Oh Dio! a che serve? non Io ricordo... No, è inutile!

Lisa                                  - E' un nome così bello: Charles Marie Lecomte de Lisle,

Anna                                - E canta, canta. Un nome non significa niente, sai?

Lisa                                  - Bene, a me piace però.

Nonna Maria                   - (bella vecchia serena, dolce ma ferma senza interrompere la sonata, volgendo un po' il capo) Studiate, figliuole.

Anna                                - Come suoni bene oggi, nonna Maria. (A Lisa, dopo un piccolo raccoglimento) Dunque: Charles Marie Lecomte de Lisle nacquit en mille huit cent... dix huit...

Lisa                                  - Va bene.

Anna                                - Non mi interrompere. Mille huit cents dix huit à Saint Paul, à Saint Paul. Ecco.

La voce di Mariuccia       - (chiamando) Torello! To­rello!

Anna                                - (volgendosi di scatto, a destra) Zitta, zitta: che hai?

Mariuccia                         - Perché?

Anna                                - (a Mariuccia) Nanna Maria suona, noi dob­biamo studiare...

Mariuccia                         - Ma coglie tutte le rose...

Anna                                - (subito) Ah! No! (S'alza, risale alla finestra; parlando fuori, concitata) No dì, che fai alle mie? Oh i bottoni, Santa Vergine! Sei impazzito, Torello?

La voce di Eulalia           - (irritata e lamentosa) Non si riposa un momento. Non si può riposare. Non vi lasciano riposare un momento. M'ero giusto assopita.

Anna                                - (è rimasta mogia mogia) Ma io...

Eulalia                             - (subito) Fareste meglio voi, signorina, a ricordare che Saint Paul è nell'isola di Réunion. Non si può riposare un momento.

La voce di Torello           - (dal giardino, burlando) Che paura! (Ride) Sono quelli bacati che non danno più fiore.

Nonna Maria                   - (smette di sonare e si volge, sorridendo) Rinunzio a sonare, ho bell'e visto. Peggio per voi. 6e attacco gli arpeggi e le scale. (Accentuando il sorriso) Che non sappiate studiare una lezione in santa pace, benedette da Dio!

Lisa                                  - Ma io ho già studiato.

Anna                                - Io mi ci annoio. Lingua francese, storia della rivoluzione francese, letteratura francese, ricamo Richelieu.

Nonna Maria                   - (c. s.) E basta.

Anna                                - E poi gl'Inglesi. Lingua inglese, storia d'In­ghilterra, letteratura inglese. E poi gl'Italiani. E poi i Tedeschi.

Nonna Maria                   - Ma, anzi, la varietà non è meglio? E poi bisogna occuparsi.

Anna                                - Grazie tante della varietà: io la chiamo mo­notonia.

Nonna Maria                   - Perché non ti ci interessi davvero.

Lisa                                  - Ecco, proprio.

Nonna Maria                   - E io non dico che tu debba forzarti a questo, se non ti va. Riprendi lo studio del violino. Riuscivi così bene...

Anna                                - Già, con quel vecchio rimbambito di Santini che m'insegnava la tecnica del mille e uno. Se mi dai un maestro giovane... Dico: uno che sia al corrente!

Nonna Maria                   - (sorridendo) Trovarlo, qui in cam­pagna, un maestro giovane... (Sempre sorridendo) Ma credi, Anna, che i vecchi sono sempre buoni maestri; e non sta bene, a un vecchio, dirgli rimbambito...

La voce di Eulalia           - (stizzosa) Ve lo dico io lo studio adatto per quella signorina: un trattato sulla buona creanza. Altro che violino e letterature! il Galateo! Mon­signor della Casa!

Anna                                - (sbuffa, piano) Oh Signore Iddio.

Lisa                                  - (si leva, esce sorridendo per la camera di Eulalia) Ah, zia Lalla, zia Lalla, che brutti nervi contro la povera Anna!

Eulalia                             - (rasserenandosi: le ultime proteste) Peuh, peuh, sentite lei, donna savia, donna bonaccia, donna acqua cheta! Va' va' va', vattene via!

Torello                             - E' permesso allora curarvi le piante?

Anna                                - (dalla finestra) Se le curi! (A Nonna Maria, fervida e supplice) Perdonami, nonna Maria. Senti... senti: studio dopo. Mi fai andare a sorvegliare Torello? Se no mi rovina i rosai. Posso?

Nonna Maria                   - (tentando di resistere) Torello è pra­tico e non rovina. Ma... via! (Come Anna fa per lanciarsi a destra) Un momento. Che or'è?

Anna                                - (con l'indice sulla fronte, volendosi fidare alla memoria) Le nove. Le nove e mezzo. No no: le nove.

Nonna Maria                   - Bene: alle dieci qui.

Anna                                - Mezz'ora sola?

Nonna Maria                   - Ma brava, brava!

Anna                                - (in gran confusione fa un grazioso cenno di supplica).

Nonna Maria                   - E sia: non più d'un'ora, però: hai capito?

Anna                                - Grazie, sì. (Esce per la destra. ^Dall'interno a Mariuccia) Vieni giù; vieni? Dico a te, Mariuccia.

Mariuccia                         - Ho da finire quest'orlo. Poi vengo.

Anna                                - (ridendo e allontanandosi) Sì sì, se non ce daffare! l'anno che viene!

Torello                             - (cantarellando) Che bella cosa 'na jurnata 'e sole...

Nonna Maria                   - (che frattanto ha messo fuori della cri­stalliera un vassoio, un piatto e un tovagliuolo; alla camera d'Eulalia) Lisa, Lisa, va giù dalla Giacinta, se è pronto il brodo per la zia.

Lisa                                  - Eccomi    (entra, prende il vassoio, esce per la porta di proscenio a sinistra).

Nonna Maria                   - (rimane pensierosa un po'; scuote lieve­mente le mani in alto e sorride) Che brutto disordine nella mia brutta gabbia...

Eulalia                             - (stizzosamente) Mamma, mamma.

Nonna Maria                   - (dolcemente, avviandosi) Figlia mia. (Esce per la camera d'Eulalia; la voce) E neanche sta­notte hai potuto dormire? (La scena è vuota).

Mariuccia                         - (fa andare la macchina; allegramente, a Torello che finisce la strofa) Sei un portento, hai un tesoro nella gola, Tore!

Anna                                - (dal giardino) E nelle mani! Basta l'acqua, lì: le anneghi!

Mariuccia                         - Ha mandato a male i cavoli, per troppa acqua

Torello                             - Proprio io! sono stati i vermi delle cavolate che li han braccati!

Anna                                - Ma che vermi e vermi vai dicendo, ignorante! si chiamano: larve.

Torello                             - Quelli che poi diventano farfalle?

Anna                                - Eh! quelli.

Mariuccia                         - Impara, zotico.

Anna                                - (a Mariuccia) E sentiamo te: come si chia­mano prima d'esser farfalle? quando fanno il bozzolino?!

Mariuccia                         - Oh bella! Larve.

Anna                                - Brava! Crisalidi.

Torello                             - (ad Anna) Sei istruita, non c'è che dire. Ma senti un po' me quando canto, se non sono un pro­fessore.

Anna                                - Sfido, io! non sai fare altro!

Torello                             - Ah, davvero? Be', sono contento che ti 6ei accorta che tutto quello che faccio lo faccio cantando; e sono ancora più contento che tu non pensi a quello che faccio, ma a quello che canto.

Anna                                - Che discorso complicato!

Torello                             - Non è vero che è complicato. Se fosse complicato non l'avrei saputo fare.

Anna                                - L'avresti saputo cantare! (Ride) Bravo, Torello!

Torello                             - Come sei sciocca, Anna. (Canta) O sole mio sta 'n fronte a 'tte...

Mariuccia                         - ( entra da destra per mostrare a nonna Maria la sottanina che ha terminato di cucire, le sembra che di là parlino di Torello e rimane in ascolto, un po' impac­ciata: quasi quasi vorrebbe tornarsene via. E' bruna, alta, forte, le sopracciglia giunte; risoluta e calma, su un fondo di tristezza; alacre; è vestita più modestamente delle altre due giovinette).

Nonna Maria                   - Ma Torello, scusa...

Eulalia                             - (stizzita) Ma che Torello e Torello, cara mamma! Torello non è un uomo... è un ragazzo imbe­cille che resterà sempre, per fortuna, ragazzo e imbecille: ecco chi è Torello!

Mariuccia                         - (fra se, torva) Ah, davvero? piacere di saperlo...

Nonna Maria                   - ' Tu fai torto a te «tessa, Lalla mia, dicendo così.

Eulalia                             - Ma no, che gli faccio un elogio! E se questo tale intruso che tu vuoi cacciarci fra i piedi è un uomo sul serio, ah, ah! te ne accorgerai! Va', va', la­sciami in pace: io voglio lavarmene le mani.

Mariuccia                         - (scura in volto va a deporre la sua sottanina sulla tavola e in silenzio esce per la destra).

Eulalia                             - (seguitando, sempre più stizzita) Con tanta gente padrona a casa nostra, finirà che noi diventeremo gli intrusi: ecco il guadagno, il premio delle tue carità fiorite! Ma fa' come credi, t'ho detto: io, tanto, non conto nulla: mi si interpella quando tutto è concluso e stabilito! (Ride agra).

Nonna Maria                   - (compare dalla camera d'Eulalia, afflitta, sospira, tentenna il capo, va a togliere dalla cristalliera i una bottiglia d'acqua e un barattolino col miglio e s'ac­cinge a rigovernare l’uccelliera).

Eulalia                             - (dopo aver riso altre due o tre volte, a intervalli) E se questo procedere poi mi fermenta la bile, il perché lo sapete qual è, signori miei? il perché è che sono nevrastenica!

Nonna Maria                   - (paziente) Ma no, Lalla mia; pensa che se te lo dicevo prima, ti saresti inquietata lo «tesso... e qui, per tutte, sarebbero stati giorni di nervosismo, d'attesa, di congetture... figurati che roba! Ho aspettato a dirlo all'ultimo momento per risparmiare a te e alle ragazze questi giorni di malumore. Del resto non ho fatto le cose da sola. Pennèle m'ha aiutata. Abbiamo riflettuto insieme e discusso tutto con calma e poi abbiamo agito con ponderazione e con tatto... perciò era necessaria molta calma.

Eulalia                             - Ah bravi, bravi. E adesso è tutto fatto. Capace che ce lo vediamo arrivare qui da un momento all'altro.

Nonna Maria                   - Arriva oggi... tra poco... H vecchio Nicola l'aspetta alla stazione.

Eulalia                             - Ah, oggi? col bagaglio? Viene dunque per restare...

Nonna Maria                   - Ma sì.

Eulalia                             - Ah, ah! Detto fatto: mi piace assai assai. (Come Torello canta ancora, con la voce strozzata dall’ira) E mai gli secca la gola a quell'uomo di coccio?

Nonna Maria                   - (affacciandosi alla finestra per buttar via l'acqua sporca del piccolo abbeveratoio, chiama piano) Torello, Torello      - (e fa cenno di tacere, indicando la ca­mera d'Eulalia; la voce non si sente più. Dopo una pan-setta, col suo tono calmo) Se tu sapessi accoglierli dentro al tuo cuore, anche solo per un po' di riconoscenza, «e pensi come sarebbe squallida la nostra vita senza di loro, non ti parrebbero degli intrusi o, peggio, degli... usur­patori... Questo, lasciando da parte che, per Anna e Lisa, tenerle qui è il nostro puro stretto dovere, perché sono le orfane dei tuoi poveri fratelli.

Eulalia                             - Ma quando a uno gli capita fra capo e collo un dovere di questa specie, non dovrebbe andar cercando altre gatte da pelare.

Nonna Maria                   - Se lo dici per questo povero Amerigo che deve arrivare, i doveri che abbiamo verso Anna e Lisa, li abbiamo con lui. Riguardo a Mariuccia e a To­rello, che non mi vengono nulla, se me lo vuoi conside­rare un lusso, pensa che è l'unico e che sono in condi­zione da potermelo regalare.

Mariuccia                         - (si fa alla soglia della porta di destra; le parole di nonna Maria le bruciano dentro; con la faccia avvampata e gli occhi bassi, balbetta) Nonna Maria signora Maria...

Nonna Maria                   - (volgendosi, dolentissima d'essere stata udita) O benedetta figlia, eri là? (Nella confusione) Perché non te ne vai nell'orto! Questa casa che si sente da tutte le parti! (Sorridendo, cercando di assumere un tono di celia) Non vedi che oggi è vacanza? Anche i poverelli possono spassarsela allegramente, «ai? qui non c'è signori... (Come Mariuccia non si scuote dal suo atteg­giamento, incitandola) Su, «u, Mariuccia.

Mariuccia                         - Oh, nonna Maria...

Nonna Maria                   - (con tono brusco ma affettuoso) Bene, non essere stupida, figliuola. Sai bene che sono parole tanto per dire. Va' a divertirti.

Mariuccia                         - (la guarda rasserenandosi e fa un passo verso di lei, come se volesse dire qualche cosa).

Nonna Maria                   - Oh brava. Che altro c'è!

Mariuccia                         - (le si appressa un po' titubante poi rapidamente le sfiora la guancia con un bacio e se ne scappa, ridendo).

Nonna Maria                   - (togliendosi in mano gli occhiali) Si­gnore, i baci! stupidezze di donne!

Eulalia                             - Se n'è andata?

Nonna Maria                   - Sì.

Eulalia                             - Mi dispiace che abbia sentito. Certe cose una non può lare a meno di dirle.

Nonna Maria                   - Debolezza e cattiveria, Lalla mia, vanno a braccetto.

Eulalia                             - (dopo una pausetta) Ma come potrà rego­larsi con Anna quel disgraziato?

Nonna Maria                   - Io non so risolvermi se dirle o tacerle ch'è suo fratello...

Eulalia                             - Per modo di dire.

Nonna Maria                   - Tutti e due sono figli del povero Alberto.

Eulalia                             - Ma lui Anna l'ha avuta da quella povera santa ch'era sua moglie; e questo ida una donnaccia.

Nonna Maria                   - Bisognerà vedere il ragazzo, prima di decidere.

Lisa                                  - (entra dalla prima porta di sinistra col vassoio fornito) Ecco il brodo, nonna. Ma non è proprio arri­vato al punto. Il fuoco le si era spento e non se ne accorgeva... Ho dovuto fare io. (Mentre risale lenta e cauta verso la camera di Eulalia).

Nonna Maria                   - (portando le mani alla testa) Oh che sventura... E chi la sente, adesso? Sarà già in cammino per venire a scusarsi...

Lisa                                  - (sorridendo) Povera Giacinta! Le ho promesso di non dirti nulla. (Esce).

Nonna Maria i                 - Peggio! Verrà ad accusarsi...

Lisa                                  - (gaiamente) Se fai gli arpeggi al pianoforte se ne scappa.

Nonna Maria                   - E' una buona idea. Oggi non riuscirò a terminare la mia lezione. Povera me, se tralascio per un giorno, con le mie mani di settant’anni...

Lisa                                  - Suoni come non riusciremo mai noi, nonna Maria!

Nonna Maria                   - (sedendo al pianoforte) Ah, che brutta cosa, l'adulazione... (Preludia).

Lisa                                  - (ride).

Anna                                - (dal giardino) Miracolo! miracolo! Santa ago e filo tra i fiori! O che succede!

Mariuccia                         - (dal giardino) Oggi è vacanza: l'ha detto la monna.

Anna                                - (subito) Nonna Maria! Nonna Maria! E' vero?

Nonna Maria                   - (smettendo di suonare) Che? Che c'è?

Anna                                - E' vero che è vacanza?

Mariuccia                         - (ad Anna) Senti, senti: sai che ne arriva... oggi: ne arriva un altro.

Anna                                - Come? Ah! (Si sente che scappa via).

Mariuccia                         - Dove vai!

Nonna Maria                   - Oh Dio che 'successi, che guai...

Lisa                                  - No no! (Ridendo) Nonna Maria, zia Lalla fa prendere tutto il brodo a me! Ed è cattivo!

Eulalia                             - Date qua, allora, fanciulla sconoscente.

Anna                                - (entra di corsa da destra, ansimando e, subito, supplice, graziosissima, tutto in un fiato) Dì, su, non­nina, conta conta eh? dì... Ah, che corsa! (volgendosi all’uccelliera) Cip, cip, un altro in gabbia, cip, sì, sapete? (Alla nonna) Vero? com'è? chi è? è come noi? orfano? ma dì dì: è un uomo? viene per sempre? (Casca a sedere vicino alla nonna e rimane muta e intenta ad aspet­tare).

Nonna Maria                   - (parandosi con le mani, stordita, ridendo) Oh Dio, Dio, che fiato! Eh già, tutti gli altarini viene il momento che si scoprono.

Lisa                                  - (compare dall'uscio d'Eulalia, intenta) Un altro?

Nonna Maria                   - (si volge a contemplarla accenna di sì).

Anna                                - (a nonna Maria) Dì a me, dì a me: arriva oggi?

Nonna Maria                   - Fra poco. Fra poco lo vedrete. E' inutile che mi domandiate: non vi dico nulla.

Anna                                - Cattiveria! cattiveria maligna! cattiveria ver­de! Tenersi tutto dentro fino all'ultimo!

Nonna Maria                   - (ride).

Eulalia                             - (aspra e improvvisa) Lisa, Lisa.

Lisa                                  - (ha un soprassalto) Che c'è?

Eulalia                             - (sgarbatamente) Il coso, l'impiccio, qui, il come si chiama: il vassoio!

Lisa                                  - Ah, eccomi. (Esce).

Anna                                - (sottovoce persuasiva) i   - Nonna Maria, cattivona, a me, a me lo dici... piano piano, e io, zitta, non parlo.

Nonna Maria                   - (sorridendo, sottovoce) Si chiama Ame­rigo, ha tredici anni, viene ida Roma, è orfano solo di padre, ma la sua .madre... (piccola esitazione) non gli vuole bene... sì, credo... credo che riprenda marito... (Impacciata, per troncare, a voce alta) Oh, à proposito: non viene oggi il signor Pennèle?

Lisa                                  - Sì, è vero: è giovedì.

Torello                             - (dal giardino) Anna, Anna, ho preso una talpa!

Anna                                - (di scatto alla finestra) Dov'è? Ah! dov'è?

Torello                             - Sotto la scarpa. Guarda. Eh, vorrebbe scappare!

Anna                                - (con affanno) No! Lasciala! Lasciala! To­rello! Che male t'ha fatto? Senti, senti: arriva un altro, qui, arriva un altro per stare con noi, oggi, fra poco, col maestro Pennèle, vieni a sentire!

Torello                             - Ah? un altro...

Anna                                - (esultante) Ecco! T'è sfuggita! Te l'ho fatta! (Spaventata) No, non la riprendere! è vero, è vero ti dico! vieni a sentire! (Togliendosi dalla finestra) Nonna, nonna Maria: ho salvato la talpa. (Cade a sedere come spossata).

Lisa                                  - (esce col vassoio in mano, vede Anna e rimane) Anna...

Nonna Maria                   - (si volge a Lisa, poi ad Anna, e s'alza, spaventata) Che è successo, figliuola... Anna, Anna, su: che è stato?

Anna                                - (sbalordita) M’è venuto male al petto... non so: un'oppressura.

Lisa                                  - Era così bianca... adesso è rossa.

Anna                                - E' passato. E' stato un dolore fitto fitto. (Im­provvisa, con forza) Ma no, non è vero, non ho avuto nessun dolore fisico. Come sono bugiarda! E' stata la rabbia, la rabbia che Torello potesse ammazzare a cuor leggero la talpa, mentre a me una crudeltà inutile mi fa impazzire. Ecco.

Torello e Mariuccia          - (canterellano) Fenesta ca lu­civi e mo nuin luce...

Lisa                                  - (che ha posato il vassoio sul tavolo, appressan­dosi ad Anna) Ma adesso non ci pensare più, Anna bella.

Anna                                - (fa spallucce, indolente) M’è passato.

Eulalia                             - Be', quando sarete comode mi farete sa­pere qualche cosa. E' passato almeno?

Anna                                - (attacca a cantare insieme a Torello e Mariuccia).

Eulalia                             - (stizzita) Hai ripreso fiato? Dio, che gente!

Anna                                - (smette di cantare, si leva e corre nella camera d'Eulalia) No no, zia, su, allegria, 'che cresce la fa­miglia!

Eulalia                             - (ridendo e ribellandosi) No! no! ma che fai! Che testa matta, che gente!

Nonna Maria                   - (entrando da Eulalia) Quieta, quieta, lascia stare la zia! Sfido poi 'che ti vien male!

Torello                             - Lisa, Lisa, scendi giù.

Lisa                                  - (risalendo alla finestra) Sì, aspettatemi: andate al canale?

Giacinta                           - (entra ciabattando dalla prima porta di sini­stra - è vecchia, ammalata d'occhi, confusionaria, pia­gnucolante, poco pulita; porta appuntata al petto una medaglia col nastrino azzurro) Signora Maria... (a Lisa) Signora Maria, abbiate 'compassione e usatemi miseri­cordia... ancora per questa volta... Ah! sono una scopa vecchia, uno strofinaccio, ecco! (Si mette a frignare) E... lo so, lo so: ho finito di servire...

Anna                                - Zitte zitte: c'è la Giacinta, c'è Geremea!

Lisa                                  - Giacinta, quietatevi, cara: tornate in cucina che nonna Maria non sa nulla e non c'è bisogno di far­glielo sapere. Perché farla inquietare?

Giacinta                           - (spaventata) Ah Dio! Ah signorina! voi siete la signorina Anna...

Lisa                                  - Sì, sì, Giacinta, m'avete scambiato...

Giacinta                           - (sempre più e. s. - ma, forse, finge) Si­gnore, Signore, aiuto! Ma è Lisetta, la mia buona signo­rina Lisetta!... Ah sono proprio andata! Non ci vedo, non ci vedo più...

Lisa                                  - E sfido, Giacinta: se piangete! Nessuno ci vede, quando piange.

Giacinta                           - E io perché piango sempre, signorina? Perché m'hanno assassinato un figlio, signorina? Quel figlio solo che avevo: io di lui avevo bisogno e glielo dicevo ch'era la luce degli occhi...

Lisa                                  - (interrompendola, con una certa bruscheria amo­revole) Ma non ve l'hanno assassinato, Giacinta, sa­pete bene ha ottenuto anche la medaglia.

Anna                                - (rientra; dimessa, affettuosa) Sempre di lui dovete parlare? Quand'era vivo, non lo pensavate nep­pure... non gli volevate più bene...

Giacinta                           - (stridula, facendo valere le sue ragioni d'al­lora) Perché era un cattivo uomo, signorina, un cat­tivo figlio... ah! sul corpo santo di sua madre, povero infamaceto mio, metteva le mani, signorina... era cattivo...

Lisa                                  - E dovete essere contenta ch'è diventato buono e v'aspetta in Paradiso. Non v'ho detto che tutti i poveri morti della guerra sono morti in pace con Dio? prima dell'assalto avevano l'assoluzione. Quando partì, vi ricor­date?, nonna Maria v'indusse a dargli la vostra, del male che v'aveva fatto... E ha guadagnato la medaglia...

Giacinta                           - Questo è vero, eccola... (se la tocca sul seno. Pausa, mentre asciuga le lagrime).

Anna                                - E dunque, Giacinta?

Giacinta                           - (risovvenendosi) Il brodo...

Anna                                - Che brodo?

Nonna Maria                   - (rientrando, affabile, ma con degnazione)

                                        - Ah, siete qui, Giacinta? Come va, vecchia mia?

Giacinta                           - Signora... signora Maria...

Nonna Maria                   - (col tono di chi vuol chiedere accordo per una finzione) A proposito, il brodo era eccel­lente, non è vero, Eulalia?

Eulalia                             - (assecondando) Eccellente proprio no; ma buono, buonissimo.

Nonna Maria                   - (a Giacinta, per tagliar corto, ma sempre affabile e. s.) Ecco. Sicché vi faccio i miei compli­menti. Vi perfezionate sempre di più, cara Giacinta, brava. (Siede al pianoforte e comincia decisamente ad arpeggiare).

Giacinta                           - (disorientata) Ma... ma io...

Nonna Maria                   - (imperturbabile, arpeggiando) Per­ché siete salita? Volete qualche cosa?

Giacinta                           - (c. s. portando lentamente le mani alle orec­chie, un po' disperata) Q Signore, no no. Me ne vado. (Guarda Lisa e Anna, interrogandole).

Lisa                                  - (sottovoce, persuasiva) Avete visto che tutto stava bene?

Giacinta                           - (non potendo frenare il grido della coscien­za, a mezza voce) Eppure il fuoco s'era spento... 'debbo dirlo... per colpa mia, ecco. (Nonna Maria non sente) Sì, sì, me ne vado (fa un passo verso l'uscio) Ah, sì, me ne vado. (C. s.) Me ne vado, me ne vado. (C. s., ten­tando di resistere con uno sforzo alla violenta repulsione degli arpeggi) Per colpa mia, perché ci vedo, sapete? (sbarra gli occhi) ci vedo ancora benissimo. E' stata tra­scuratezza, che vergogna. Ma io ci vedo benissimo.

Lisa                                  - (cercando di farla uscire, con buona maniera)

                                        - Ma sì, chi non lo sa? Su, su, Giacinta, tornatevene in cucina, cara...

Anna                                - Se mo i fornelli vi si spengono un'altra volta.

Giacinta                           - (concitata) Ah Signore, no no. (Esce dalla prima porta di sinistra).

Eulalia                             - (le grida appresso) E non vi fate più ri­vedere! Auff!

Nonna Maria                   - (smette di sonare e si volge, sorridendo).

Anna                                - (pensierosa, siede alla tavola) Però fa pena...

Nonna Maria                   - (si leva e toglie dalla tavola la sottonino) Oh, questo è il lavoro di Mariuccia... (L'e­samina).

Lisa                                  - (sorridendo, ad Anna) Bisogna compatirla.

Anna                                - (vivacemente) Ah no! Che c'entra compa­tirla? Fa pena perché non sa rassegnarsi e soffre di sen­tirsi inutile. E noi, Lisa, non siamo più inutili di lei? E non sappiamo soffrirne. Lei, dovrebbe compatire noi.

Nonna Maria                   - Non cominciare a dire stranezze, figliuola. Studiate le lezioni.

Lisa                                  - Ecco. (Siede alla tavola, dirimpetto ad Anna).

Anna                                - (svogliata, a mezza bocca) E l'ora di vacanza è già passata?

Nonna Maria                   - (affettando indifferenza) No, non è passata. Se vuoi, va ancora in giardino. Ma io ti consi­glio di studiare.

Anna                                - (reclina il capo nelle braccia, poi apre un libro, legge qualche parola e si svaga, mormora) Chi sa chi arriva...

Nonna Maria                   - (alla finestra, chiama a mezza voce) Mariuccia.

Mariuccia                         - Nonna Maria.

Nonna Maria                   - (mostrando la sottanina) Va bene, brava. Forse avresti potuto aggiungere un altro volantino. Ma sta anche così. Come dici?

Mariuccia                         - Rassetto il rosaio bianco. Torello è an­dato al canale, a pescare.

Nonna Maria                   - Ha tagliato i legumi per oggi?

Mariuccia                         - Eh sì, stamattina presto. Sono già in cucina.

Nonna Maria                   - (si ritira dalla finestra, fa per uscire a destra).

Eulalia                             - Oggi è a pranzo Pennèle?

Nonna Maria                   - Ma sì, al solito. Ti vuoi alzare?

Anna e Lisa                     - (rimangono sospese ad ascoltare).

Eulalia                             - Chi, io? Mi farete piuttosto il favore di apparecchiare in un'altra stanza. Se vi mettete lì, me lo sento in camera, con quella vocetta fessa fessa e dolce dolce. E poi non deve arrivare quell'altro?

Anna                                - (sorride e ammicca a Lisa che scuote la testa e le accenna al libro).

Nonna Maria                   - (angustiata) Ma io appunto perché ar­riva quest'altro vorrei che tutto procedesse col solito or­dine, che le ragazze studiassero, che tu ti levassi per l'ora del pranzo..., che io potessi ripassare i miei esercizi... Solo Mariuccia e Torello oggi fanno il loro dovere... Ba­sta, come volete voi. Vuol dire che s'apparecchierà nell'orto, sotto il frascato. Tanto è una bella giornata.

Anna                                - Ma Pennèle, poveretto, prende un reuma lo 6tesso.

Eulalia                             - (inquieta) Tu sta zitta. Non è poi così... decotto.

Anna                                - (ridendo) Brava, zia Lalla, che prima lo mor­tifica e poi se Io difende!

Eulalia                             - (rabbiosa) Ma senti! Mamma, ti prego.

Nonna Maria                   - Che c'è?

Eulalia                             - (con la voce strozzata) Che... che... a quarant'anni ecco, queste irriverenze... oh! ti prego, mam­ma, intervenire...

Anna                                - Ma io, zia, credi...

Eulalia                             - (c. s. subito, assoluta) Sta zitta! Finiamola!

Lisa                                  - (ferita dalla brutalità della scena) Oh, zia... (Si leva in piedi).

Nonna Maria                   - (irresoluta) Cara Anna, io vorrei che ti moderassi... tu devi rispetto...

Anna                                - (insorgendo, convulsa, con due gridi) Ma ecco! Lo so! (Piange).

Lisa                                  - (persuasiva) Nonna Maria, Anna s'è sentita male poco fa...

Eulalia                             - (ironica, smancerosa) Acqua... acqua sul fuoco, brava! Accomoda lei...

Mariuccia                         - (entra da destra, rimane spettatrice impas­sibile).

Nonna Maria                   - (a Lisa, fra le spine) Va bene, ap­punto perciò, mi limito... santo Dio, a farle fermar l'at­tenzione sul fatto...

Anna                                - (cui la rabbia è andata mano a mano crescendo, subito, e. s.) ...Che sono orfana! Che devo rispettare e benedire! E baciare la mano a tutti! Vergognatevi! Ah Dio, mamma! Mamma mia!

Nonna Maria                   - (come avesse ricevuto una frustata, ac­calorandosi) Che significa questo, adesso? Tu sei troppo nervosa, bambina mia.

Anna                                - (tentando di resistere) Io sono grande!

Nonna Maria                   - (imponendosi) Ma nossignora: una bambina capricciosa. Se io non fossi certa che ti voglio bene, ora non potrei rimproverarti e non avrei sentito come frustate in faccia i tuoi gridi. M'hai trattato come un'estranea, hai voluto -mettere i tuoi genitori contro di me. T'ho forse raccolto dalla strada? Non sono la mamma del tuo papà? E t'ho fatto mai sentire che questa non sia la tua casa?

Eulalia                             - Oh quante spiegazioni inutili!

Anna                                - (avendo capito dalle ragioni di nonna Maria che veramente ella non può considerare come sua la casa che la ospita, e sentendo che questo non dev'essere manifestato) Ah! bene, bene... bene bene... bene bene...

Nonna Maria                   - (credendo che Anna si senta ancora rim­proverata a torto) Che c'è, adesso?

Anna                                - (tentando un sorriso di commiserazione per se stessa) Oh... so io, so io... niente. (S'asciuga le la­grime).

Nonna Maria                   - (sospira, scuote le mani in aria) Che storia, Signore... quante parole inutili...

Torello                             - (lontano, avvicinandosi, canta una strofa delle « Melodie polacche » di Chopin) O mamma, è vero, tutto vi vo' dire. Trovai a la fonte il giovin del mio core...

Eulalia                             - (cantilenando) Canti e pianti, che bella vita! (Dopo una pausetta in cui s'ascolta il canto) Ma sentitelo,  contento!

Mariuccia                         - (fissa lo sguardo ostilmente, dopo un attimo, dura, lenta) Venivo giusto a dire che ha fatto buona pesca, alla prima retata.

Eulalia                             - Congratulazioni. E ha intenzione di ve­nire su?

Mariuccia                         - (fredda) Credo che sì. Chiudo la porta?

Eulalia                             - Giusto appunto.

Mariuccia                         - (eseguisce con un sorriso sdegnoso sulle labbra) E' fatto.

Eulalia                             - (gridando, ma ora si deve sentire smorzato) E non voglio il pranzo! Lasciatemi quieta!

Nonna Maria                   - (si fa alla soglia, la schiude) ...No no: va bene. Come vuoi. Chiudo, chiudo. (Ed esce a destra).

Torello                             - (frattanto ha cantato sempre, avvicinandosi, e, entrato in casa, il canto s'ode un po' dalla parte della cucina in basso a destra. Poi tace improvvisamente).

Lisa                                  - (afflitta) Che si fa?

Anna                                - (ironica) Tutto qui? C'è tante cose da fare, cara. Bambina mia.

Mariuccia                         - E tu che vuoi fare, intanto?

Anna                                - (lenta, piena d'intenzioni, come chissà cosa di­cesse) Io... ah, io! (Pausa). Eh eh, io. Io io. (Siede sullo sgabello del pianoforte e ogni tanto strappa un accordo).

Mariuccia                         - Che significa?

Anna                                - Che vivo a fare, io? Che vivo a fare? Io io io. Per me è tutto differente. Io, povere figlie mie, sono una grande stupida, in fondo, perché dico quelle cose stupide che tutte pensano e si tengono in corpo. E adesso ne dico un'altra.

Lisa                                  - E che hai e che hai? Ma su!

Anna                                - E' che io non sono nata per stare coi fem­minili oltrepassati (e accenna la porta dond'è uscita nonna Maria) e coi femminili inaciditi (e accenna la porta d'Eulalia) e con Mariuccia, cara amica e femminile rassegnato, e con Lisetta, cara cugina e femminile... che aspetta la sua ora di rassegnarsi... già bell'e rassegnata. E questa è una di quelle cose stupide che io sola dico e che tutte pensano.

Mariuccia                         - (levando il ciglio un poco insoso) Io no: se sono rassegnata. (Si dà a rassettare il ripiano della cri­stalliera, poi tira fuori dai cassetti tovaglioli e tova-gliolini, li ripiega e li ripone. Per tutta la scena si darà da fare in quel cantuccio).

Anna                                - E hai fatto presto. Non sei stata tu, con me, la prima, a fare ferro e fuoco per uscire da qui, per andare ira la gente? E quando nonna Maria ha detto no e... e... così: come se tu non avessi pregato e pianto perché avevi un fuoco nel petto. Nonna Maria ha detto no. E' finito tutto. « Pax vobiscum ». E allora, perché? Allora io sola l'ho presa sul serio. Ecco. E sono una stupida .perché tu eri una bugiarda. Sei una bugiarda.

Mariuccia                         - (si volge, la fissa fosca, fremendo, si con­tiene, tace).

Anna                                - (ridendo, acre) Ah, no! Eh no! Gli sguardi coi sottintesi! Sono comodi, sai? E non significano niente!

Lisa                                  - Viene Torello. (Un istante di sospensione).

Anna                                - (comprendendo, all'attimo) Ah! Torello... Tu hai Torello. E ti può bastare, non dico di no: se avessi un fratello anch'io... E' vero! Amen, scusa: io speravo ancora su te. Adesso ho capito: tu hai tuo fratello. Che idiota? io! Io io io.

Torello                             - (entra da destra, è un giovanotto tarchiato, vestito quasi contadinescamente ma con certi particolari che lo rivelano anfibio: per esempio, il colletto moscio e la cravatta, i capelli divisi in mezzo e lisciati con cura. E' bonario, ingenuo, un po' infantile) Io, tu, egli, ella, esso ed essa e seguitando         - (rimane a guardare sorri­dendo e a poco a poco il sorriso gli muore sulle labbra) Donn'Anna, scusami: ho saputo che ti sei «turbata per la talpa...

Lisa                                  - (sorridendo) Non le dire « sturbata »: è una parola che dà ai nervi.

Torello                             - Se è così... (Notando un che di freddo) Ma... palpavate in segreto? Se sono di troppo...

Anna                                - Per me sì.

Torello                             - Ah! e me ne vado. (Falsa uscita).

Anna                                - No: che! Non avresti dovuto nascere, fi­gurati!

Torello                             - Grazie, non capisco il perché, ma fa lo stesso. (Ride, smette subito) Sai? se vuoi leticare con me, ampia libertà, purché non mi spettini. (Porta le numi al capo per assicurarsi della pettinatura).

Mariuccia                         - (a Torello) Lasciala stare.

Lisa                                  - (a Torello) Hai visto tu se le nostre fresie hanno preso? Guarda lì, professore di floricoltura! (Gli mostra uno dei testi della finestra).

 Torello                            - (risale a guardare) Infatti... prendono... ma questa... (fa per toccare).

Lisa                                  - (subito) Lasciala stare.

Torello                             - (ritraendo la mano come se se la fosse scot­tata) Non si tocca, va bene. (Accennando la porta d'Eulalia) Dorme?

Mariuccia                         - E chi lo sa? Lasciala stare, anche questa.

Torello                             - E allora che faccio?

Mariuccia                         - Vergogna, un uomo alla tua età, non sapere che fare.

Torello                             - E' un rimedio: mi vergogno. (Ride).

Lisa                                  - (sorridendo) Hai trovato l'occupazione. Vieni qui che mi aiuti a dipanare una matassina. (Va a pren­derla dal cestello che sta nel tavolinetto). Ma prima fa vedere se hai le mani pulite.

Torello                             - (mostrandole sotto e sopra) Me le sono lavate adesso in cucina. (Mentre Lisa gli adatta la ma­tassa alle mani, e preso il bandolo comincia ad aggo­mitolare).

Mariuccia                         - Fate presto, così poi, da bravo, mi vai a prendere in cucina il passino del tè che gli «'è rotta una maglia.

Anna                                - ' E giacché ci vai, portami su le uova da frul­lare per la crema. Se vado giù io letico ancora con la nonna.

Torello                             - Sissignore. A che mi dovevo vergognare per rimedio eccetera, a che son pieno di lavoro.

Mariuccia                         - E' la ruota della fortuna. Ringrazia Dio che il tuo lavoro è questo!

Torello                             - E perché? Questo o un altro ti fanno ar­rivare la «era lo stesso.

Anna                                - Ma se la prendete così calma... oh: le uova mi servono subito: oggi c'è Pennèle e arriva l'altro: è giovedì, oggi. (Caricando) Il giorno della distrazione. Ma dico io: proprio di giovedì doveva arrivare, quello?

Mariuccia                         - Perché?

Anna                                - Ma perché ogni giovedì il divago è bell'e assicurato. Anzi, obbligatorio. Come no? Si vede mondo: si vede Pennèle, Pennèle Mercurio.

Torello                             - Le novità le porta anche zio Nicola.

Anna                                - Sì, ma con le frange che gli appiccica! Sono stramberie: non ci tocchi nulla. Quelle di Pennèle, in­vece, sono sempre novità... saviuzze serioline e precisette.

Torello                             - Si sa, zio Nicola bisogna compatirlo.

Mariuccia                         - (a Torello) Perché hai preso il vezzo di chiamarlo zio? In fondo è un vagabondo piuttosto stracciato e forse poco onesto.

Torello                             - O Mariuccia, no, poveretto: in fondo è quello che saremmo noi due, se...

Lisa                                  - (ponendogli una mano sulla bocca) Statti zit­to, scemo.

Anna                                - (ironica) Quanta riconoscenza le dovete, eh? alla vostra benefattrice...

Lisa                                  - (ad Anna) E sta zitta anche te!

Anna                                - (a Lisa) E già, poiché non ci intendiamo. Le parole non servono. (A Torello) Torello, vuoi girare il mondo con me? Tu canterai le tue canzoni, io sonerò il violino e cammineremo... (Come Torello fa per par­lare, secca) Ma sì, scherzo, sciocco. (Pausetta; Lisa fini­sce di raccogliere il gomitolo) Hai finito lì? Fammi quel favore.

Torello                             - Ah, donn'Anna, me ne farai poi tu uno a me?

Mariuccia                         - (che ha finito di rassettare) Ho capito, hai voglia di chiacchierare. Vado io. (Esce per la prima porta di sinistra).

Anna                                - (indolente) Sentiamo.

Torello                             - (sorride) Oh, meglio che Mariuccia se ne sia andata: parlo meglio.

Lisa                                  - (sorridendo) Da bravo: produciti.

Torello                             - (vicino all'uccelliera, rivolto ad Anna) Ri­spondimi: li vedi questi? Guarda: cantano, beccano, si fanno le loro bevutine, le covate, le porcheriole e poi dormono. Nonna Maria ripulisce ogni giorno, cambia l'acqua e rimette il miglio e li cura di tutto punto. Stanno in gabbia, secondo te?

Anna                                - Che significa?

Torello                             - Rispondimi: il favore è questo.

Anna                                - In gabbia ci sono nati.

Torello                             - Non volevo questo, ma fa lo stesso: e tu non ci sei nata, qui? Ci sei venuta idi sei anni: quasi non contano, quelli...

Anna                                - Ma no, caro, tu confondi: io a sei anni ho perso la mamma, e qui ci sono venuta di tredici.

Torello                             - (un po' imbarazzato) Ah, ma, comunque... sì, capisco che questo, in fondo, non importa: nascere qui o nascere lì... l'importante è di riflettere: ti manca niente, qui? Eh, Anna, puoi dire che ti manchi...

Anna                                - (arrossisce, prima fa un gesto che arresta To­rello; poi con voce alterata) Torello, Torello, tu sei un bambino. Lascia perdere.

Torello                             - (rimane male, arrossisce, si confonde) Ah!

Lisa                                  - (sospira) Mah. (Pausa; ad Anna, titubante) Chi sa quando arriva... Che ora può essere? Le dieci... e mezzo?

Anna                                - Già. (Pausa).

Lisa                                  - (ad Anna, e. s.) Io mi ripasso la lezione d'in­glese. E tu?

Anna                                - Grazie. ('Dopo un po') Che ime ne faccio?

Lisa                                  - (sorridendo, triste) E io, allora? sei curiosa. Torello dice: per fare venir sera.

Torello                             - (sorridendo mestamente) E potere dormire... Io posso, ecco. (Con sincerità accennata) Mi dispiace per voi... (Pausa; accenna a uscire).

Anna                                - (si leva in fretta, gli prende il capo fra le mani, lo bacia in fronte) Vattene.

Torello                             - Mah! (Esce a destra. Pausa).

Anna                                - (passeggia in su e in giù).

Lisa                                  - (s'è messa a studiare; sorveglia la cugina).

Anna                                - (ha formulato in mente ciò che vuol dire; si ferma) Aspetta, che ti volevo dire...

Lisa                                  - Di Torello?

Anna                                - No, senti: a chi volevi più bene tu: alla tua mammina o al tuo papà?...

Lisa                                  - Ma... a tutt'e due.

Anna                                - No... no. Tu hai perso prima la mamma, no? Anch'io.

Lisa                                  - Sì. (Pausa).

Anna                                - E va bene. Io sono più complicata. (Pausa; riprende a passeggiare).

Lisa                                  - (titubante) Perché dici che io ho voluto più bene a papà mio, perché ci sono rimasta di più insieme?

 Anna                               - (fermandosi) I     - Eh.

Lisa                                  - (con una piega alla bocca che nega ogni valore a questo riconoscimento) E' un pensiero che m'hai fatto nascere tu adesso. Io non l’homai sentito, sai?

Anna                                - Bene. Beata te. Io penso sempre. Lo vedo chiaro, adesso. Per me casa mia era la casa di mamma mia, non quella di papà. E già con lui non mi sentivo più... bene. (S'arresta un momento perché è commossa; appena può dominarsi) Vedi che quando si dice: fami­glia, casa, genitori... sono parole che non contano.

Lisa                                  - (afflitta) Non dirlo, no, perché... E' male, Anna.

Anna                                - E' così.

Lisa                                  - (con dolore) Oh...

Anna                                - (fa spallucce, risale alla finestra e rimane a guardare).

Mariuccia                         - (rientra dalla prima porta di sinistra; ad Anna) Oh, senti un momento. Dice nonna Maria che non c'è perché portare su il frullino, il ramino e le uova, tanto più che zia Eulalia riposa.

Anna                                - (che non s'è voltata e non si volta; indifferente) Ah. Debbo andar giù?

Lisa                                  - Vacci. Se dice così, è segno che vuol far pace. Se fosse inquieta t'avrebbe lasciata fare a modo tuo.

Anna                                - (volgendosi finalmente; lenta e calma, come in­differente) Viene. Dev'essere lui: per lo stradone: il vecchio Nicola gli porta il bagaglio. (Si scosta d'un passo dalla finestra).

Lisa                                  - Macché, macché, davvero? (Risale alla finestra).

Mariuccia                         - (accorrendo) Fammi vedere, fammi vedere.

Lisa                                  - Sta per arrivare.

Mariuccia                         - Oh com'è piccolo!

Lisa                                  - Ma non dev'essere tanto giovane: porta i calzoni lunghi.

Mariuccia                         - Non è vestito di nero...

Lisa                                  - Ci ha viste, ci ha viste! Anna, Anna perché non guardi? Ci saluta! Com'è carino! (Accenna insieme con Mariuccia grandi saluti).

Anna                                - (sempre discosta) Non voglio vederlo entrare dal cancello.

Lisa                                  - (rivoltandosi, un po' eccitata, ma allegra) Ma che sono queste stupidaggini!

Mariuccia                         - Oh, che quello scemo di Torello s'è deciso ad andargli incontro!

Lisa                                  - Bisogna avvertire la nonna. (Scappa via dalla prima porta di sinistra e poco dopo si sente la voce) Nonna, nonna, è arrivato! (S'ode nella camera d'Eulalia uno scomposto grido d'irritazione, il tonfo d'una seg­giola, lo strido della serratura alla porta).

Mariuccia                         - E' scesa dal letto e s'è chiusa a chiave.

Anna                                - Che ridicolaggini!

Mariuccia                         - Farà con lui come ha fatto con tutte noi...

Anna                                - Ma io la prima volta che glielo vedo trattar male scoppio come una bomba!

Mariuccia                         - Andiamo incontro?

Anna                                - Mi pare che salgano tutti.

Lisa                                  - (lontana) Anna, Anna! Mariuccia! Qualcuna per guidare il vecchio Nicola che ha il bagaglio...

Mariuccia                         - Vado io. (Esce rapidamente dalla prima porta di sinistra; appena uscita, la voce) Benvenuto, benvenuto, come stai? Io sono Mariuccia... aspetta: ci rivediamo subito: debbo scappare pel tuo bagaglio...

Lisa                                  - (lontana) Mariuccia! Anna!

Mariuccia                         - (allontanandosi) Eccomi! eccomi!

Anna                                - (s'è fatta lentamente sulla soglia; sorride) Vieni... Hai avuto paura?

Amerigo                          - (entra; veste un bel giubbone di velluto con la cinta alla vita e il rovescio alla Robespierre che gli lascia libero il collo; i pantaloni larghi a tromba; ha in mano un cappello di feltro a tese larghe. E' piccolo, ', biondo, i capelli a zazzera, gentile ma non femmineo negli atteggiamenti; appare guardingo, sorride spesso per nascondere il primo imbarazzo: quando corruga le so­pracciglia che ha appena segnate sembra che chiuda gli i occhi; sa essere deciso e rapido, non agile; ora è contegnoso e un po' molle. A nonna Maria che gli vien dietro con Torello) L'ho vista all'improvviso... (fa un passo verso Anna, rimane indeciso se porgere la mano).

, Anna                              - (per prendere tempo, avendo notato in lui una vaga rassomiglianza con qualcuno; a nonna Maria) i Ah ecco: da lontano non 'capivo come fosse vestito...

Amerigo                          - (impacciato, sorridendo: a nonna Maria, guar­dando ogni tanto, di sfuggita, Anna) Ah... è come mi vestiva mamma quando ero piccolo... Adesso poi l'ho vo­luto io... per stare in campagna è più adatto, non è vero? così mi pare d'essere campagnuolo.

Nonna Maria                   - (scherzando) Sì, un po' come i pa­storelli dell'Arcadia, caro figliuolo. Del resto fai il paio con Torello, qui...

Torello                             - (ridendo) . Eh, ima io sono un contadino che si ripulisce per fare il civile, e lui è un signore... gli si vede subito: è un signore che si vuole adattare alla campagna...

Anna                                - (compiaciuta) Bravo, Torello! Guardate com'è fino!

Torello                             - Magari fosse!

Nonna Maria                   - (per troncare le divagazioni, visto che l'impaccio di Amerigo cresce sempre di più) Basta, basta: è ora che vi salutiate; e poi dobbiamo parlare di tante cose serie.

Anna                                - (subito, vergognandosi di quell'avvertimento istintivo che l'ha tenuta discosta da Amerigo, andandogli incontro con le mani tese, sorridendo affettuosamente) Eh, ma è vero, ancora non t'ho detto: benvenuto! E tu rimanevi lì... e anch'io: chissà com'è stato: ora mi sembra di conoscerti da tanto tempo... (tenendogli le mani) Lisa t'ha baciato?

Amerigo                          - (confuso, rosso) Sì, grazie.

Anna                                - (baciandolo sulle guancie) Ecco, anch'io, allora.

Amerigo                          - (felice, un po' smarrito, a nonna Maria) E' lei?... Nonna... Nonna Maria... è lei... (Sta per dire: la mia sorella?).

Nonna Maria                   - (con un rapido cenno di tacere) Che dici?

Amerigo                          - (smorendo, sia pure coi riflessi della sua feli­cità ancora in volto, mentre Anna con un braccio dietro il collo lo conduce a sedere alla tavola; ad Anna) Sei tu... la più grande?

Anna                                - (ridendo) Perché hai fatto questa faccia? No, sei brutto quando corrughi le sopracciglia. La più grande è Mariuccia, fra noi.

 l'uccelliera

Amerigo <                       - Scusami.

Anna                                - Siedi, siedi: devi essere stanco, dopo tanto viaggio... Quanti anni hai?

Amerigo                          - Tra poco tredici... Non sono stanco: io, sai?, sono abituato a viaggiare...

Lisa e Mariuccia              - (rientrano da sinistra, allegre).

Mariuccia                         - Nonna, nonna, Lisa dice che avrà paura a dormire solo lassù.

Lisa                                  - Vorrei che sceglieste lui: o con Torello op­pure...

Amerigo                          - (interrompendola) Io non ho paura a dor­mir solo.

Nonna Maria                   - (a Lisa) Ma non è mica un bambino.

Lisa                                  - (ad Amerigo, affettuosa) Lo so che non sei un pupo: ma devi sapere che la tua camera sarebbe accanto allo stanzino del bagno, e la notte, nel silenzio, l'acqua si mette a fare certi rumori dentro i condotti, borbotta, gorgoglia e poi anche sospira... sai, e questo fa impressione: io, in principio, abitavo lì e non ci ho potuto resistere.

Amerigo                          - Eh, ma tu sei donna... a me non fa im­pressione, sul serio: non è una bravata.

Lisa                                  - Allora, quand'è così... vuoi venire a vederla?

Amerigo                          - Ma, per me... come vuole nonna Maria... Ha detto che dobbiamo discorrere di cose serie... Ma io sto bene dovunque, sai? Figurati... Lisa, tu sei Lisa, non è vero?

Lisa                                  - Sì.

Amerigo                          - Bisogna che mi raccapezzi un poco... Mentre c'era la guerra, io ne ho fatte 'di' tutti i colori: fino a dormire sotto la tenda insieme... non proprio coi soldati, che dormivano in cinque, ma... io ho dormito col colonnello Lorigiòla. Capisci? quando andavo a tro­vare la mamma che 'faceva la dama a un'ospedaletto avanzato. Ci voleva il permesso speciale... Lì vicino ci veniva a riposo un reggimento e io e mamma tante volte siamo stati invitati alla mensa degli ufficiali. Co-sì c'era questo colonnello Lorigiòla, che poi la mamma l'ha avuto in cura... mica per ferita... i reumatismi. E siamo diventati amici...

Anna                                - E quante volte ci sei stato, alla fronte?

Amerigo                          - (accennando che sono state molte) Eh! ci andavo ogni tre o quattro mesi... mamma ha fatto quasi tutta la guerra... anzi tutta, meno il principio: puoi farti il conto. E io, capisci? era una pena, quando an­davo a ritrovarla tre o quattro volte di seguito nello stesso posto, perché non l'avevano fatta cambiare, sai, sapere ogni volta che il tale era morto, l'altro accecato... Ma specialmente i morti... eh, mi morivano quasi tutti quelli che m'erano simpatici... (ripensandoci serio) No, veramente, anche di quelli che m'erano stati antipatici, poveretti. Che vita!

Nonna Maria                   - Basta, avremo tempo di parlare di queste belle cose... Adesso dategli un bicchierino di marsala e qualche biscotto, per tenere lo stomaco fino all'ora del pranzo, e poi andate a preparargli la sua camera: Mariuccia dirige i lavori. Prendete in nota tutta la biancheria, gli abiti, tutto. Noi qui discorreremo un po'. (Ad Amerigo, mentre Lisa dalla cristalliera pren­de l'occorrente per lo spuntino) Tu siedi sul divano se vuoi riposare più comodo.

Torello                             - (un po' dispiacente) Io allora resto solo nel mio camerone...

Lisa                                  - (ridendo) Torello, Torello, non pare che abbia paura lui, di dormire solo?

Nonna Maria                   - No no, è più giusto, quando si può, che ognuno abbia la sua camera.

Torello                             - (a Mariuccia) Allora andiamo?

Mariuccia                         - (a Torello) Sì. (A Nonna Maria) Noi andiamo. (Escono per la destra).

Lisa                                  - (mentre pone sul tavolino il vassoio preparato, ad Amerigo) Ecco, il signore è servito. E buon prò...

Amerigo                          - (che s'è già seduto sul divano) Grazie.

Lisa                                  - (saluta con la mano, esce dietro gli altri).

Amerigo                          - (cangia subito, irrigidendosi; non tocca lo spuntino; guarda un po' in silenzio nonna Maria, che è un po' imbarazzata) La mia... sorella... è Anna, è Anna, no?

Nonna Maria                   - (rimane c.s.).

Amerigo                          - (con dolore) Non debbo saperlo neanch'io? (Pausa). Io mi farò volere bene da lei, sai? vedrai, e poi... capisco che a lei, adesso non si può dire... ma... poi...

Nonna Maria                   - Ecco, figliuolo mio, l'unica cosa da fare. Siete giovani, avete tutta la vita avanti a voi... per­ciò potete fare la prova di regolarla un po' secondo il senno dei vecchi... Ma non parliamo di questo... non prestabiliamo nulla... Ho visto che sei un ragazzo sano e sveglio...

Amerigo                          - (con un sorriso vano che appare e scompare secondo che il ritegno di svelarsi cede o gli si impone) Scusami, nonna Maria... io ora, entrando: qui intorno: Lisa, voi tutti, siete così belli, ingenui... Ho visto il pia­noforte e il violino... Sì, scusami, io t'assicuro che de­sidero essere soprattutto... essere così: e mi trovo be­nissimo, l'hai visto, con tutti i discorsi che si sono fatti, ecco... Perciò è inutile ricordare... tanto tu lo sai... che io so pure tante cose brutte, per forza...

Nonna Maria                   - Oh, figlio mio, no, no: ricorda solo il tuo papà... Qua con noi, tu ora torni a fare la sua vita; mi deve sembrare di riaverlo in te... dopo le vicende che me lo hanno fatto perdere: non è vero, Amerigo? Le dobbiamo cancellare, tutte, in te: per la sua povera memoria. Tu gli vuoi bene, no?'

Amerigo                          - Nonna Maria... (Mutando tono) Guarda, mi viene proprio voglia di mangiare lo spuntino! (Si mette a mangiare; subito, sorridendo) Sai, mi pare un po' come d'avere la febbre, per i discorsi che facciamo... (Serio) Io questo l'ho provato spesso. E vuol dire, no?, che io non ho perso il senso... il senso della vita... co­mune... di come mi figuro che dev'essere... che si prova per forza conducendo una vita regolata e... onesta, per cui si deve venire a sapere quelle cose che si fanno... a saperle bene... Io non so come mi spiego... devo essere molto confuso...

Nonna Maria i                 - No... ma è bene che tu non pensi a queste cose. Dimmi se sei stato contento d'aver lasciato... d'aver lasciato tua madre.

Amerigo                          - Io? (Vivacemente) Io sono contento, dav­vero, d'essere venuto qui. (Pausetta). Sento che potrò essere più calmo.

Nonna Maria                   - Come ti trattava... come erano i vostri rapporti, fra te e la mamma?

 - Amerigo                       - 1 rapporti, buoni, quando ci vedevamo. Le amiche erano molto... seccanti. E gli amici! Meno quel povero colonnello Lorigiòla che, non so se hai sentito, al fronte... brava persona. Anche la mamma, in quel tempo... con lo spettacolo continuo della morte e delle sofferenze... s'era fatta così... così buona, una bel­lezza: proprio, mi faceva piacere che stésse con Lorigiòia. Ma lui poi, con quei benedetti dolori reumatici, non l'hanno più promosso generale e, finita la guerra, l'hanno messo in pensione: capisci che, di danaro, gli veniva una sciocchezza. E allora...

Nonna Maria                   - E allora?

Amerigo                          - (dopo una pausetta) Niente... è 6tata la volta che mamma ha accondisceso a mandarmi qui.

Nonna Maria                   - Ah. (Pausetta). E come vi 6iete la­sciati? E' venuta ad accompagnarti alla stazione?

Amerigo                          - Ah, no. Lei è dovuta partire prima di me, per un suo viaggio in automobile, un viaggio lungo: vanno in Riviera. Tu lo sai che io in collegio, non mi ci hanno potuto tenere, mi sono ribellato sempre: ero capace che... ma, non te lo dico: divento cattivo, io! (Con una piccola esplosione pazzesca) Mi debbono co­mandare, a me, e come un gregge tutti quanti! E che male ho fatto a essere io, che non debbo più essere io? Perché uno è nato prima, bella forza! deve comandare ai ragazzi? Io capisco certe cose, ma in collegio proprio « comandano », hai capito? E che senso ha? Perché ... hanno trent'anni? Ma io lo so quello che valgono! Dove si va a finire quando si cresce! Credevano che io non capissi niente! E mi volevano raddrizzare mentre io indovinavo tutto! E per quanto fossero vigliacchi, non ce l'hanno potuta. Mica quando uno è uomo, e fa certe cose, può avere la forza di un ragazzo che capisce tutto! L'ho sempre visto, come la mamma se li è giocati, uno per uno! roba da ridere... Ma, basta, la mamma l'ha capito: avrei voluto vedere che fosse stata vigliacca anche lei! io m'ammazzavo, sai? te lo giuro! Cioè... mi pare che non si deve mai giurare: non è vero? Ecco! queste cose che si dice: non si possono fare: io le rico­nosco, per esempio. Allora ci vogliono gli esempi, come siete voi: uno vede, lo sente e fa così.

Nonna Maria                   - (col cuore serrato, le lagrime in pelle) Sì, sì, Amerigo... vedrai, vedrai... tu abbi fiducia. Riposati... e vedrai che a poco a poco le cose ti parranno differenti... Non devi credere intanto che quando uno cresce si guasta... Ma non ho il coraggio di dirti niente, povero figliuolo mio... Avrei rimorso se anche io dovessi farti soffrire... Non so più neanche se sarò capace di farti dimenticare quanto hai sofferto finora. Ma ab­biamo tanto tempo davanti a noi, non è vero?

Amerigo                          - (commosso) Sì, nonna. (Pausa lunga; a poco a poco gli si risveglia dentro un'immagine, sor­ride e vuol comunicare alla nonna questo segreto vivo) Quando mamma è dovuta partire prima, te l'ho detto... Ma, fino all'ultimo momento, ha cercato di ri­tardare il più possibile, prima i giorni, poi le ore. Certe scenette, «e sapessi, per guadagnar tempo! L'auto aspettava al portone da due ore... e alla fine si sono decisi a spegnere il motore, se no tutta l'essenza del viaggio si consumava a stare fermi! Aveva nascosto, mamma, apposta, capisci?, tante cose... e non si trovavano più: ma noi due sapevamo dov'erano, e cerca cerca per tutta la casa senza mai trovarle... quel povero signor Giulio era diventato verde dalla bile - il padrone dell'automobile - e mamma gli rideva in faccia... Alla fine s'è trovato tutto e è dovuta partire e io sono rimasto ancora un po' nella casa, ad aspettare la mia volta-Povera mamma, ha sofferto davvero.

Nonna Maria                   - (non ben sicura di quel che dice) Ah! Ma la tua mamma... ti vuole bene, naturalmente.

Amerigo                          - (con abbandono) Ah, nonna Maria, come è bella, se sapessi! (Sorridendo per celare la commo­zione) Che cosa buffa, adesso te la racconto. L'ultima settimana, l'ultima settimana... che è finita ieri... tu dici se mi vuole bene... Mah, io l'ho tormentata tanto per avere questi vestiti fatti così... come mi teneva lei quando ero piccolo, che c'era anche papà. Io dovevo partire subito e me ne. andavo, eh?, così... Ma m'è ve­nuta questa idea, d'avere i miei vestiti... il primo l'aveva cucito lei, tagliandolo da una sua giacca... e si vede che le ha fatto piacere: ho aspettato ancora una settimana perché la sarta me li cucisse... che settimana è stata... Con la primavera che a Roma è tanto bella, le passeg­giate in carrozza... e mamma che è proprio tanto cara a vederla e a sentirla parlare... che incanta... Mi parlava, mi parlava... e mi vigilava con una premura così in­tima e così... calma, sai? e poi così tenera, con un amore caldo, ma vecchio, capisci? come se fosse stato sempre così... e m'ha tenuto allegro e sereno... m'ha fatto ridere continuamente... perché lei è allegra... è al­legra... e poi... e poi m'ha detto: « Non te la scorderai, non è vero?, la tua... bella mamma? ». (Rimane, senza piangere, con gli occhi vani e lontani, ansimando)

Nonna Maria                   - (commossa, afflitta, pentita, dopo una pausa) Ma allora... figlio mio... (Rimane sospesa).

Amerigo                          - (la guarda, a poco a poco riprende a sorri­dere) Che cosa?

Nonna Maria                   - (c. s.) Io credo... in coscienza... di aver commesso... una cattiveria...

Amerigo                          - (rimane pensieroso. Pausa).

Nonna Maria                   - (che ha chinato il capo e s'è coperta gli occhi con la mano) Tu mi perdonerai... sapendo con che cuore ho agito... Vuol dire che si può sempre rimediare...

Amerigo                          - (pacato) Ma tu hai fatto bene, nonnina cara. Tanto bene... per quanto bene si sentiva che tutto questo... fervore di mamma... (Rimane sospeso).

Nonna Maria                   - Che dici?

Amerigo                          - (di nuovo pacato, ragionevole) Era... era una cosa che non poteva durare... è stato lo sforzo d'una settimana, capisci? (Pausetta).

Nonna Maria                   - (commossa, levandosi per abbracciarlo) Oh povero figlio... povero figlio mio...

Amerigo                          - (trattenendola con la mano e più con lo squallido sorriso che gli è nato sulle labbra) No,( non mi abbracciare adesso. Bisogna anche intendere che io facendomi grande... le davo troppo... impaccio. Io capisco che, in fondo, avete ragione voi che date i giu­dizi... così, all'ingrosso... e ve ne accontentate per agire... Tu, per esempio, non supponevi che mamma potesse volermi bene... e io a lei... e mi hai fatto venire qui... Ma in fondo avevi ragione... E anch'io voglio vivere, adesso, con la regola, nonna... Onestamente... (Si odono confuse esclamazioni, lontano: « Venite, venite è arri­vato!...» e risa).

Eulalia                             - (ha schiuso la porta, dallo spiraglio, com­mossa) Perdona... perdona a tuo padre, Amerigo... che, sai, pensava tante cose come te, (proprio... e la sua debolezza, caro...

Amerigo                          - (alzandosi in piedi, sorpreso - poi, dopo un piccolo inchino) Zia Eulalia?...

Eulalia                             - (sentendo le voci che s'avvicinano e diven­tando nervosa) Avvicinati presto, se vuoi che ti dia un bacio.

Amerigo                          - (le è subito presso, riceve il bacio attraverso la porta e poi, commosso) Io vi voglio bene... cre­dete... sono allegro...

Eulalia                             - (a nonna Maria) Ma quanto gli assomiglia! l'hai visto, mentre sorride? (Si spalanca la porta di destra mentre la voce di Pennele ripete: «E' permesso?» e gli altri incitano in coro: « Avanti, avanti, coraggio, si­gnor Pennèle!... »).

Pennèle                            - (è un seccherellino grigio coi baffi spioventi, pulito e rassettato cerimonioso, timido. Anna, Mariuccia, Lisa e Torello lo spingono dentro ridendo - conci­tati, parlando uno sull'altro).

Lisa                                  - (accorrendo, ad Amerigo) Ecco, Amerigo, questo è Pennèle, il consigliere di famiglia!

Mariuccia                         - (correggendo per burla) Il « signor » Pennèle! (E Anna subito: «.l'ispettore! »).

Torello                             - Viva il signor Pennèle e Amerigo! (Le tre ragazze gridano evviva).

Nonna Maria                   - (fa inutili e disperati cenni, mostrando la porta di Eulalia, di nuovo chiusa).

Anna i                              - Nonna Maria: s'è vantato che il merito è tutto suo della venuta d'Amerigo!

Pennèle                            - (confuso, protestando) Prego, prego, non ho detto così, signora illustrissima!

Anna                                - Ah già, il signor Pennèle conosce i limiti!

Torello, Mariuccia e Lisa        - (ridono).

Nonna Maria                   - Calma, calma. Benvenuto.

Eulalia                             - (dopo aver dato parecchi pugni sull'uscio e, all’ultimo, una vera gragnuola, rifa uno spiraglio e - ha proprio perso le staffe - con la voce lacerata dall'ira) La creanza! la creanza! Che è quest'allegria pazza? siete ubriache! Le ha ubriacate la venuta di questo poveretto! L'abbiamo messo in gabbia, eh? viva! al­legria!

Nonna Maria                   - (cercando di interromperla) In nome di Dio, figlia! Basta!

Eulalia                             - (con due stridi, uno melodrammatico, l'altro d'angoscia) Cacciato dal nido! Una mamma che aveva un figlio! Aaaah! (Il tonfo secco dell'uscio).

(S'è fatto un silenzio improvviso; restano lutti come affascinati a guardare Amerigo che a poco a poco, stra­lunato, si porta nel mezzo della scena; gli uccellini, spaventati dalle grida, svolazzano nella gabbia ed em­piono la stanza della loro gazzarra alta).

Amerigo                          - (a mezza voce - .sta per piangere) Ma no­ma no... (Un'altra pausa, lunga).

(I personaggi sono ormai liberi di vivere fuori della nostra fantasia. Li volete voi nella vostra?)

FINE