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Dramma tragico in cinque atti

di Casimiro DELAVIGNE

ridotto ad uso del Teatro Italiano da N. M.

Libreria Paolo Cesati – Milano 1926

PERSONAGGI

LUIGI XI

CARLO, figlio di Luigi

DUCA DI NEMOURS

COMINO, ministro e istoriografo del re

COITIER, medico del re

IL SOLITARIO delle Ardenne

LE-DAIM

TRISTANO L’ERMITE, capitano di giustizia

MARIA, figlia di Comino

UN ARALDO

DREUX

RICCARDO, contadino

MARTA, sua moglie

UN UFFIZIALE

Abitanti del castello

Cavalieri

Soldati scozzesi

Contadini

Paggi

Borghesi


FA BISOGNO

VESTIARIO Costumi della Corte di Francia, 1483.

ATTO PRIMO

Campagna, con alberi e capanne, e veduta di un castello da un lato — Un sedile di pietra — Un fascio di pergamene per Comino.

ATTO SECONDO

Sala con trono — Un tavolo e un seggiolone — Un cestino di fiori — Un libro di antica legatura per Carlo — Un anello pel medesimo — Un taschino che avrà alla cintura Luigi, entro il quale diverse monete d'oro e una catenella pure d'oro — Un bastone d'araldo — Diverse pergamene che avrà Nemours.

ATTO TERZO

Foresta: vedi la descrizione a capo dell'atto — Sedile di pie­tra sotto un albero — Tamburelli pei contadini — Una borsa di danaro per Le-Daim — Dispacci che porta Carlo.

ATTO QUARTO

Camera: vedi la descrizione a capo dell'atto — Camino con fuoco acceso — Un rozzo tavolino e un seggiolone - Un pugnale sul tavolino — Una chiave e un lume per Coitier — Un vecchio foglio scritto, che porta Nemours.

ATTO   QUINTO

Sala d'un castello con tre porte — Una tavola, un canapè, e delle seggiole — Due lettere che porta Comino — Una co­rona reale.


ATTO PRIMO

Campagna con alberi; il castello di Plessis da un lato: alcune capanne sparse qua e là. Notte.

SCENA  PRIMA

L’Ermite, Riccardo e Guardie

L’Ermite    Il tuo nome ?

Riccardo    Riccardo, pastore. (per partire)

L’Ermite    Fermati: dove abiti ?

Riccardo    In quella capanna.

L’Ermite    Il re vieta l'andare in volta a quest'ora.

Riccardo    Andava in cerca del vicecurato di San Martino per assi­stere un moribondo.

L’Ermite    Torna in casa.

Riccardo    Ma mio figlio...

L’Ermite    In casa.

Riccardo    Sta per morire.

L’Ermite    Tu m'hai la cera d'ostinato... torna in casa, o parola di L’Ermite...

Riccardo    (fuggendo spaventato nella sua capanna) Dio salvi il re.

SCENA SECONDA

Uffiziale, L’Ermite e Guardie

Uffiziale     (di dentro) Chi va là ?

L’Ermite    Il gran giudice.

Uffiziale     (che esce dal castello con seguito di soldati) Laparola?

L’Ermite    (sotto voce) Fedele.

Uffiziale     (c. s.) Francia. (entrano tutti nel castello)

SCENA TERZA

Comino con un fascio di pergamene, andando a sedersi sotto un albero: il giorno spunta.

Comino     Riposiamoci sotto quest' ombre. Il mio lavoro ha bisogno di mistero e di tranquillità; l'ora del dì che nasce è mia; tutte le altre sono del mio padrone (volgendo il suo manoscritto) « Memorie di Comino ». Ah se le mani del re svolgessero questo scritto che deve sopravvivermi, in cui tutte le giornate di lui ridotte a storia, gli lasciano un' im­pronti d'ignominia e di gloria, come lo vedremmo tremare, impallidire, al vedersi spiegato dinanzi agli occhi il quadro del suo regno. Che stravagante miscuglio di vizi e di virtù! (legge da sé intantoché Coitier attraversa il fondo della scena, lo guarda, poi entra nella capanna di Riccardo; Comino interrompendo la lettura) Quali vergognose paure da una parte! Quanta clemenza in passato; quanti carne­fici in appresso! Umile e superbo; mansueto col popolo, inflessibile co' minori vassalli! Credulo e diffidente, magna­nimo e crudele; altrettanto prodigo, altrettanto avaro. (va al fine del manoscritto) Qual quadro in oggi! Tremo nel descrivere questo castello di Plessis, tomba di un re vivente; tremo, come se questa pergamena potesse tradirmi e svelare i segreti, che la mia penna le ha confidati. (legge) «Pri-gioniero entro i cancelli onde ha riempiute le sue torri, sta disputando alla morte il misero avanzo dei cadenti suoi giorni. Logorato dai proprii terrori, distruggendosi da sé medesimo, ostinato nel voler portar solo una pesante co­rona, si rassegna a sentirsene oppresso; e, geloso del gio­vinetto suo erede, vive solo per metà, ma regna tuttavia interamente...»

                  Sì, la descrizione è esatta. (immergendosi nella sita lettura)

SCENA QUARTA

Coitier e Riccardo dalla capanna, seguiti da alcuni con­tadini, che indi si ritirano, e detto

Coitier       (ai contadini) Rientrate in casa e fatevi coraggio. Spre­mete i fiori che vi ho ordinati, e dategliene a bere il sugo. Vedrete che sarà un calmante eccellente, tanto alla sua piaga come alla sua agitazione. (i contadini partono)

Comino     (senza vedere Coitier) Parmi vederlo, spaventato dal proprio ritratto, meditare nel silenzio una pena corrispon­dente al delitto d'averlo fatto così somigliante.

Coitier       (battendogli sulla spalla)   Ben trovato, signor Comino.

Comino     Chi è?... chi mi vuole?.. . Ah, siete voi! Perdonate, stavo pensando...

Coitier       E v'ho disturbato?

Comino     Una sovranità al suo tramonto offre per se stessa pronostici nuvolosi.

Coitier       E non v'ha dubbio che un principe vicino a morire dà molto da pensare ad un ministro.

Comino     Ma voi, maestro Coitier, che coi segreti dell'arte vostra avete rallentati i progressi della sua infermità, perché siete qui a quest' ora del suo levarsi, in cui è solito chiamarvi presso di lui ogni mattina? Qual altra cura può avervi di­stolto da un tal dovere?

Coitier       Il re, sempre il re: che aspetti anche lui.

Comino     Per lo meno non dev'essere inferiore a' suoi sudditi nell'aver diritto alla vostra assistenza.

Coitier       Ne hanno ben più quegli infelici che soffrono per cagion sua.

Comino     Voi lo accusate sempre

Coitier       E voi lo adulate.

Comino     Io lo amo. Ma ora che cosa è che v'irrita tanto?

Coitier       Un delitto. Jeri un pastore, che ho visitato in questo momento, si fermò a guardare questo castello. Se la micidiale abilità degli arcieri non lo hanno privato della vita, non è stato per colpa loro.

Comino     Ch'egli porti le sue lagnanze al re, e gli verrà fatto giustizia.

Coitier       Ch'egli taccia, o la giustizia gliela potrebbe fare L’Ermite.

Comino     Prendetevela dunque con questo vile strumento del male.

Coitier       Addebito al sovrano i misfatti che va tollerando.

Comino     Il timore è la sua scusa.

Coitier       Teme un assassino, e si porta in seno la morte cui cerca sottrarsi. II terrore che diffonde per ogni dove gli si rinversa sul cuore, e ritorce contro se stesso la sua irrequieta giustizia; egli stesso è il carnefice de' proprii giorni e delle proprie notti. Egli, il cui barbaro comando ... Misero Ne­mours!

Comino     Nemours fu colpevole

Coitier       Ed io lo credo una vittima. Rendo un tributo d'omaggio legittimo a quella sacra memoria. Nemours fece la mia for­tuna, ed io, io opera sua, non potei ammollire in suo fa­vore il cieco furore di Luigi; rigoglioso di salute in quel tempo, gonfio di liete speranze per l'avvenire, sprezzò la voce di chi l'avrebbe avuto un dì fra le mani, di chi sa­rebbe divenuto l'arbitro della sua vita; colpì di morte il mio benefattore, cacciò le sue genti nei sotterranei delle pri­gioni. Un solo de' figli di Nemours vive... Voi foste presente quando salvai da morte quel prezioso deposito; lo confidai a voi. Fosse pietà, fosse giustizia, di questa pietosa frode, Comino, voi foste complice; sì, voi.

Comino     Coitier!

Coitier       Voi, voi stesso.

Comino     Per amor di Dio, più sotto voce!

Coitier       Ebbene, compiangete Nemours, e non oltraggiate la sua memoria; mi fa male, mi sanguina il cuore, e non posso frenarmi quando a quattro occhi con me vi sorprendo simulatore, quando su la sorte di un amico sventurato non ardite versare una lagrima di compassione per paura che venga denunziata.

Comino     Qualcuno viene; badate come parlate.

Coitier       Avete paura di vostra figlia?

SCENA QUINTA

Maria e detti

Comino     (a Maria) Ah! vieni ... avvicinati pure, tu non ci di­sturbi.

Maria        Finalmente vi rivedo, padre mio (a Coitier) Vi saluto, maestro; che dobbiamo sperare dal re?

Coitier       Losostiene la sua anima che, trucemente operosa, rinversa su noi i tormenti ond'è tormentato egli stesso.

Comino     La tua ingenua giocondità raddolcisce i suoi patimenti; il corpo soffre meno quando lo spirito è in calma.

Coitier       (a Maria) Ebbene, l'avete veduto questo pio solitario delle Ardenne, il cui arrivo è stato cotanto festeggiato?.. Strappato a stento dall'oscuro suo romitaggio, egli solo, dicono, può salvare la vita del re, che noi poveri mortali vediamo sfuggirci a pezzi dalle inani. Faccia pur meglio di me questo medico spirituale. Io lo riconoscerò per mio mae­stro, e per tale lo acclamerò, se la sua arte miracolosa ar­riva a rianimare uno scheletro e a reintegrar gli organi di quel corpo andato a male del tutto.

Maria        Avreste forse il coraggio di dubitarne? La fama dei prodigi da lui operati ha echeggiato per ogni dove; e voi solo ne siete ignaro?

Coitier       Sarà, sarà!

Maria        Padre mio, vorrei dirvi una parola.

Coitier       Amici, addio; vi lascio correndo.

Comino     Che premura!

Coitier       Se non mi trova, va sulle furie. Egli è là sul limitare della porta segreta, che non si apre che a lui ed a me. Ei non si dimentica mai di essere re; addio dunque. (parte stringendogli la mano)

SCENA SESTA

Comino e Maria

Comino     Eccoci soli, che cos'hai a dirmi?

Maria        La gioia che mi vedete in volto dovrebbe avervelo già palesato. Indovinate!

Comino     Su via, qual è questa felice notizia?

Maria        L'inviato del duca di Borgogna, che il re aspettava...

Comino     È giunto?

Maria        Il suo numeroso corteggio occupa l'intero villaggio; ho veduto i suoi araldi, lo stendardo, tutto...

Comino     E il suo nome, sai dirmelo?

Maria        Il conte di Rethèl.

Comino     Conte di Rethèl! Quest'antica famiglia non ebbe eredi che ne sostenessero il glorioso nome. Mi fa maraviglia il non conoscerlo.

Maria        Ha lasciato, dicono, sotto le mura di Nancy, il duca di Borgogna  coi suoi cavalieri e il suo campo...

Comino     (sorridendo) E anche Nemours, n'è vero?

Maria        Spero che una lettera di lui metterà in quiete l'animo di mio padre su la sorte di un esule illustre.

Comino     E alcune parole da dirti in suo nome ti mostreranno che quest'esule sospira la sua patria anche meno dell' og­getto de' suoi amori.

Maria        Lo credete voi? Chi sa? La lontananza fa  dimenticare di grandi cose. Comino Agli uomini felici sì; ma la sua abituale malinconia gli lascierà l'onore della costanza. Maria Ah, padre! Amo più assai di quello che mi credo amata! Quante volte nel trattenermi seco, mi sono provata a raddolcirgli i travagli, a rendergli un padre col parlargli del mio. Sorrideva sì, ma coll'amarezza di chi porta in seno un cordoglio che lo distrugge; e mentre negl'ingenui accenti della mia compassione, cercava un conforto al suo dolore, mi amava per gratitudine. Se qualcuno parlava di Luigi, quell' aborrito nome destava in lui il pensiero della ven­detta, e facendosi in volto terribile, stringendo il suo pu­gnale sussurrava minaccie contro di lui.

Comino     Tu però riuscivi a calmarlo.

Maria        Ah!... io tremava e piangeva; ed egli trovava un sol­lievo nel chiamarmi col nome di sorella ed asciugare le mie lagrime.

Comino     Ch'egli lasci alla morte la cura di vendicarlo. Sotto un nuovo regno il suo destino può cangiarsi.

Maria        Non ne dubito anch'io, per poco ch'io pregassi il figlio del re...

Comino     Bada, Maria. So che il principe ereditario rimane volontieri con te, che studia un po' troppo di trovarsi ove tu sei.

Maria        Perché?... un giovinetto...

Comino     Questo giovinetto, o figlia, sarà un giorno il re di Francia.

Maria,       E che perciò?

Comino     Tronchiamo questi discorsi e andiamo a consolare il pri­gioniero volontario di questo castello; egli sente meno i suoi affanni quando tu cerchi di addolcirglieli.

Maria        Udite voi queste grida nella vicina foresta? è il pio so­litario, seguito dalla moltitudine, che scende la collina.

Comino     Vieni, rientriamo. (partono)

SCENA SETTIMA

Il Solitario, Nemours, Carlo, Riccardo, Marta,

Cavalieri, Contadini, Popolo che lo segue.

Solitario     (a Nemours che gli si è avvicinato) Sì, figliuolo, vi ascolterò. (a Carlo) Principe, permettetemi d'adempire quest'ob­bligo di carità. Le mie cure, come al sovrano, appartengono all'ultimo dei poverelli che le dimandi.

Carlo         Fate come vi piace, buon padre. Rimanete pure, noi vi precediamo. Al vostro arrivo, il re verrà egli stesso sulla soglia del castello a chinare la sua fronte sovrana dinanzi a voi... (ai cavalieri) Seguitemi. (parte col seguito de' cavalieri)

SCENA OTTAVA

Detti meno Carlo ed il suo seguito

Marta        Fate cessare i patimenti di mio figlio, buon padre.

Riccardo    Lasciate ch'io tocchi le vostre vesti.

Marta        Lunghi anni alla nostra famiglia!

Solitario     Figliuoli miei, è Dio quello che dovete pregare ginoc­chioni; io non son altro che un mortale come voi. Guar­datemi; se voglio reggermi ho bisogno di un bastone. In­fermo come voi, come voi cedo al peso degli anni che mi hanno curvato il corpo e imbianchito i capelli; dal vedere che cosa sono io, giudicate che cosa posso fare per voi. Come uomo sento compassione dei vostri mali, come vec­chio dei mali che vengono alla vecchiaia; ma il rimedio contro queste disgrazie sta nel saperle sopportare; io posso pregare per voi, Iddio solo può guarirvi. Non vi illudete col credermi capace di tanto; consolare e benedire, ecco tutta la mia sapienza.

Riccardo    (a Marta) Se fossi un conte, avrebbe già guarito nostro figlio.

Marta        (a Riccardo) L'avrebbe anche risuscitato se fosse morto.

Solitario     (ai contadini) Ora lasciatemi, amici; più tardi mi unirò a voi per pregare il Signore.

Riccardo    (a Marta) Vedrai che il re lo guarirà,

Marta        (a Riccardo) Non più tardi di domani.

Riccardo    (come sopra con qualche dispetto) Ma noi, povera, gente vagliamo noi la pena di fare un miracolo? (tutti i contadini partono)

SCENA  NONA

Il Solitario e Nemours

Solitario     Avvicinatevi.

Nemours    Non v'è nessuno che possa udirci?

Solitario     Nessuno, fuori del cielo ed io.

Nemours    E Dio, che vi esaudisce, è con noi, o padre.

Solitario     Lo è con tutti quelli che lo pregano di cuore.

Nemours    Dunque pregatelo per me.

Solitario     È mio obbligo.

Nemours    Pregatelo per me, se oggi mi chiama da questa terra.

Solitario     Voi, figliuolo?

Nemours    Sì, e per questo vi dico di pregarlo.

Solitario     Per la salvezza de’ vostri giorni?

Nemours    No, per la salvezza dell'anima mia.

Solitario     Ho vissuto tanto!... il sepolcro aspetta me prima di voi.

Nemours    Non si può saperlo.

Solitario     Temete forse di cadere in guerra?

Nemours    Ogni istante del viver mio è un passo verso la  morte.

Solitario     Alla vostra età si suole crederla lontana...

Nemours    Ella colpisce tutte le età.

Solitario     La vostra, per altro, è quella della speranza.

Nemours    E del maggior ardire; ragione di più per temerla.

Solitario     Qual'è l'impresa che volete tentare?

Nemours    Tale che, per compierla, si affronta il martirio.

Solitario     Un vecchio può darvi qualche utile suggerimento. Con­fidatela a me.

Nemours    Non posso.

Solitario     Chi vi costringe atacerla?

Nemours    Colui che mi ha inviato  per eseguirla me ne ha imposto la legge.

Solitario     Chi è questi?

Nemours    È un segreto fra la sua ombra e me.

Solitario     Voi state per compiere un funesto progetto,,

Nemours    M'accingo ad obbedire.

Solitario     All'ordine di chi?

Nemours    A quello della vendetta celeste. Quando il sangue grida...

Solitario     Ebbene?

Nemours    Non vuol esso dell'altro sangue?

Solitario     Lasciatene a Dio il giudizio. Non è desso onnipotente?

Nemours    Dunque beneditemi, o padre.

Solitario     Ma questa mia benedizione a che può giovarti? Se il tuo cuore volesse il male, a che ti varrebbero alla tua ultima ora e la mia benedizione e le mie preghiere? Se vuoi il bene, le tue opere parleranno per te; esse ti benediranno ne' cieli meglio di me. Addio.

Nemours    Io sono pronto ad ogni rischio e periglio.

Solitario     Vi rivedrò ancora, figliuolo?

Nemours    È la mia sola speranza.

Solitario     In questo medesimo luogo?

Nemours    Altrove.

Solitario     Presso il re?

Nemours    Alla presenza di Dio.

Solitario     Ma a quell'augusta presenza, sarò io che andrò ad aspet­tarvi.

Nemours    O a raggiungermi. Addio.

Fine dell'atto primo.


ATTO SECONDO

La sala del trono

SCENA PRIMA

Maria, seduta ad un tavolo, disponendo un mazzo di fiori che toglie dal canestro

Maria        Prima il bosso sacro, poi le foglie di quercia, qui le rose; va bene; e un nastro che orni il tutto; poniamoci fra mezzo i gigli e qualche spica novella, il cupo di quest'edera... no, no, cresce sui sepolcri e un infermo ne ritrarrebbe funesti au­guri; piuttosto presso al giglio, mettiamoci erbe di buon augurio: la sempreviva...                       

SCENA SECONDA

Carlo e detta

Carlo         (dopo essersi avvicinato pian piano) Ecco in che modo si adulano i principi!

Maria        (voltandosi) Ah! vostra altezza mi ascoltava!

Carlo         Vi rivedo finalmente!

Maria        (in atto di partire) Perdonate...

Carlo         Mi lasciate?

Maria        Un dovere di pietà mi chiama alla chiesa di Nostra Donna de' Boschi; le porto un'offerta; oggi è la sua festa, ed il re in persona, v'anderà ad implorarne protezione.

Carlo         Mah!.. tutto gli riesce inutile per sedare le amarezze del proprio animo. Io lo compiango. E sì, mi sembra cosa tanto facile a conseguire la felicita; io la trovo dappertutto. Ne' miei sogni la notte, nello squillo di campana che mi sveglia, nella luce del mattino che splende a' miei occhi, nella vista de' campi, nell'aria che respiro... e nei vostri occhi, o Maria, quando li vedo sorridere.

Maria        A diciassette anni, altezza, tutte le cose piacciono... ma bisogna ch'io m'affretti a terminare...

Carlo         Lo termineremo insieme.

Maria        Farò più presto da me. (per andare)

Carlo         Fermatevi... lo voglio.

Maria        Il re dice: lo vogliamo. (sorridendo)

Carlo         Ebbene, vi prego: restate.

Maria        Se è per pochi momenti .

Carlo         Maria .. ho delle afflizioni.

Maria        Voi?... non è possibile!

Carlo         Sì, ed ho ragione d'averne. Io amo mio padre!.. pure il mio amore è inefficace su di lui. Mi volge egli mai una sol volta il discorso? Mi vede egli nemmeno? Dunque non mi ama.                                                                        

Maria        Quale pensiero!

Carlo         Se così non fosse, m' avrebbe in tal modo tenuto lon­tano da lui? Che cosa ho fatto? Perché confidarmi all'umi­liante tutela di un maestro Le-Daim?

Maria        Dacché è divenuto ministro, lo chiamano messere.

Carlo         Qual differenza fra lui e mio zio il principe Tommaso!

Maria        Questo nome in Corte lo si pronunzia sempre a bassa voce.

Carlo         Come l'amo quel mio zio; pure, non mai quanto voi.

Maria        Anch'egli vi ama assai.

Carlo         Nel separarsi da me mi fece un dono. (traendo dal seno un libro) Guardate!

Maria        Che vedo? Un libro!

Carlo         Dilettevole, sapete.. . un libro che parla di battaglie, di fatti  d'arme...

Maria        Io tremo... Se il re lo sapesse...

Carlo         Volete che lo leggiamo insieme?

Maria        No, no. (per partire)

Carlo         Dunque lo leggerò solo.

Maria        (ritornando e guardando  al disopra  dalle spalle di Carlo) Vediamo almeno il titolo.

Carlo         Curiosa!

Maria        Leggete dunque.

Carlo         (sedendo e posando il libro aperto sulle ginocchia di Maria) Eccomi  qui.

Maria        Alzatevi, altezza. (alzandosi)

Carlo         Sto bene così.

Maria        (facendolo alzare in piedi) E così, meglio.

Carlo         (leggendo intanto che Maria tiene il dito sulla pagina) « La cronaca di Francia, scritta nell'anno di grazia... »

Maria        Nell'anno di grazia... e poi?

Carlo         Vi sono delle cifre... le salto.

Maria        (ridendo) Per t'orza.

Carlo         Maligna! (legge) « Ossia racconto de' tornei, prodezze ed alte imprese dei conti Dunois, Lahire... »

Maria        E poi?

Carlo         « Lahire e... »

Maria        E « Xantrailles ».

Carlo         Un nome un po' difficile.

Maria        Ma un bel nome.

Carlo         « E delle battaglie, nelle quali si ammirò come la figlia d'un pastore salvò il suddetto regno, e scacciò li stranieri ». Ah! è Giovanna d'Arco.

Maria        Vi hanno parlato di lei?

Carlo         Mi hanno parlato anche di un'altra.

Maria        Di chi?

Carlo         Di un'altra, bella.. bella come voi!..

Maria        Seguitate a leggere.

Carlo         D'un'altra, alla quale giurò fede quel re che l'amava teneramente, e le donò feudi, gemme e palazzi. Io invece, povero principe di Francia, privo di ogni autorità, e quasi d'amici nel mondo, io non possiedo nulla, né gemme, né co­rona... nulla... fuorché questo anello. Or bene, lo dono a voi.

Maria        Che cosa fate?

Carlo         Prendetelo.

Maria        Altezza!

Carlo         Eccolo: val poco, ma accettatelo, e se un giorno arrivo a regnare...

Maria        (spaventata). Tacete.

Carlo         Se ci arrivo, mostratemi questo pegno, e vi dò la mia parola di re, che potrete chiedermi qualunque cosa che sia in mio potere il concedere.

Maria        Vostra altezza lo ha giurato. Dunque mostrandovi que­sto anello, potrei ottenere anche il perdono d'un povero esule?

Carlo         (vivamente). Chi è egli?

Maria        Un francese che sospira la sua patria.

Carlo         Voi lo amate?

Maria        Perché no?

Carlo         Voi lo amate, Maria! Rendetemi quell'anello.

Maria        Obbedisco, altezza.                                   

Carlo         No; mancare al proprio giuramento è fellonia. Non posso spiegare a me stesso il dolore che provo... ma ciò che si è dato non si può ritogliere. Conservate l'anello... avvenga ciò che vuole, il principe ereditario ha promesso, il re se ne ricorderà.

Maria        Viene qualcuno.

SCENA TERZA

Comino e detti

Comino     Sua maestà fa cercare di vostra altezza.

Carlo         Mio padre?

Comino     Preceduto dagli araldi del suo signore, l'inviato del duca Carlo di Borgogna deve rendersi in questo castello. Il re, per onorarlo, vuole che gli sia presentato da vostra altezza.

Carlo La sorpresa di questa chiamata mi aveva fatto tremare come un colpevole. Guardate... se un padre ha ad essere così formidabile per un figlio che lo ama e lo rispetta! Ogni qual volta mi accosto al mio, divengo immobile, mi manca la voce, e a fatica mi reggo in piedi. E quando lo veggo fissare sul mio volto quei suoi occhi scintillanti, ah! tutta la mia tenerezza figliale non vale a vincere il mio terrore. Io amo, e abbrividisco nel baciargli la mano

Comino     Buon principe!

Carlo         Corro dunque.. (s'avvia, poi torna per riprendere il libro lasciato sulla tavola) Quale imprudenza commet­teva!

Comino     Che è stato?

Carlo         È un mio segreto, e qui Maria ne è a parte. Ma voi non lo paleserete.

Maria        Oh, no!

Carlo         È un segreto di Stato, messer Comino. Vi saluto. (parte).

SCENA QUARTA

Comino e Maria

Comino     Lasciatemi solo.

Maria        Perché me lo dite così accigliato?

Comino     Vi dimenticate troppo presto le parole di vostro padre. Ricordatevi almeno che, più tardi, il re vuol rivedervi al castello.

Maria        (con modo carezzevole). Nemmeno una parola affet­tuosa, nemmeno un sorriso? Via non siate più in collera... perdonatemi.

Comino     (baciandola in fronte). Ho torto.

Maria        Vado dunque. E quanto al principe, farò di tutto per evitarlo: sì, ve lo prometto a costo di farlo adirare.

Comino     (vivamente). Oh, farlo adirare poi no. L'andare da un eccesso all'altro sarebbe un danneggiare te... e forse me  pure. Quando il presente sta per finire, non bisogna but­tarsi dietro le spalle il futuro... e noi abbiamo bisogno del futuro in favore d'un nobile esule. Pensaci anche tu qualche volta.

Maria        Oh, ci penso sempre.   Porto la graziadi Nemours nel mio dito. (parte)

SCENA QUINTA

Comino indi l'Araldo

Comino     Fra poco sarà qui il conte di Rethèl. Compriamo il suo aiuto: tali sono le mie istruzioni. L'oro me ne aprirà la via.

Araldo.      Il conte di Rethèl. (parte)

SCENA SESTA

Comino e Nemours

Comino     Gran Dio, che vedo!... Voi qui, Nemours?

Nemours    Ecco dunque il sepolcro che abita costui!... Ci sono finalmente.

Comino Ah! nascondete meglio l'orrore che vi agita. In  questi luoghi l'eco denunzia, e le mura hanno occhi.  Soggiorno degno di lui!... A poca distanza di qui, vidi lo sanguinose vestigia delle opere di L’Ermite. La spaventosa giustizia di questo mostro galleggiante su l'acque del Cher, e i rami d'alberi curvati sotto il peso de' cadaveri.

Comino     E conoscendo  la natura di questo soggiorno voi avete ardito di oltrepassarne la soglia?

Nemours    L'ho fatto.

Comino     Disgraziato!

Nemours    Io?... Io sono tranquillo. Eccetto voi e Coitier, nessuno conosce il mio segreto.   Chi  di  voi  due vorrà tradirlo?

Comino     Nessuno.

Nemours    Come potrà dunque il re riconoscere un uomo che s'è fatto comparire innanzi se non una sol volta, quel giorno in cui fummo condotti per mano, i miei fratelli ed io... tutti e tre fanciulli... Ah! cuor di tigre!... tutti e tre condotti a vedere l'estremo supplizio di nostro padre!.. ah!...

Comino     Calmatevi.

Nemours    E lo posso? Gran Dio! voi gli perdonerete, come egli perdona agli nitri.

Comino     Ma perché cercare un uomo che vi fu si fatale?

Nemours    Per parlargli da padrone in nome del suo vassallo.

Comino     Qualunque altro poteva incaricarsene.

Nemours    Qualunque altro poteva essere sedotti da lui... Ora sono contento. Lo vedrò in faccia; lo vedrò moribondo...

Comino      Ma fermo, ma risoluto sempre.

Nemours    La voce della minaccia gli penetrerà nel cuore. Io lo conosco.

Comino     Tremate.

Nemours    A lui spetta il tremare.

Comino     Sta a vedersi.

Nemours    (con enfasi). Tremerà, vi ripeto. Quand'anche non gli fosse riserbato maggior supplizio, voglio vedere quella sua fronte reale impallidire, dinanzi a me. (con dolore) Non m'ha veduto egli impallidire?

Comino     Deh! ascoltate, calmatevi!.. Luigi potrà dimenticare...

Nemours    Dimenticare... egli!… che cosa? Il suo delitto, le inau­dite sue crudeltà, la vittima i cui tre figli furono fatti inginocchiare sotto il palco di morte vestiti di bianco, siccome a piè d' un altare? Ci aveva parati da festa per condurci a quell'orribile spettacolo! Ah! parmi ancora di sentire rintro­nare su la testa i passi del padre mio... tutte le mie mem­bra tremano come in quel momento fatale. Povero padre!... Io l'udii passare... fermarsi; poi parlare, sussurrando a mezza voce l'estrema sua preghiera. Poi, pronunziato il mio nome e quello dei miei fratelli, disse: « poveri fanciulli » poi... poi non  disse più rulla... Oh istante d'eterno raccapriccio!.. Stendo vêr lui le mie braccia, come se volessi abbracciarlo, e parvemi sentirle bagnate dalle sue lagrime... Ah no, i suoi occhi spenti fra gli spasimi del dolore non ne versa­vano più; non era il suo pianto che bagnava le mie mani...

Comino     Nemours!

Nemours    Era sangue!... Era il sangue d'un padre che io ven­dicherò; io, quel solo sopravvissuto alla mia famiglia, lo vendicherò.

Comino     Qualcuno giunge. Abbiate almeno prudenza. Il principe ereditario vi attende. Andate.

Nemours    (reprimendosi) Alla loro presenza vedrete che quando fa d'uopo so comandare a me stesso. (parte)

Comino     (intanto che Nemours parte per una porta laterale) Se parlo è morto, se taccio...

Araldo       (annunciando) Il re.

SCENA SETTIMA

Luigi, Coitier, Le-Daim, Dreux, Borghesi e Cavalieri

Luigi          (a Dreux) Non la prendete in ridere, signor Dreux, per­ché al primo menomo reclamo che m'arrivi di nuovo all'orecchio, vi agguanto, e dopo le debite raccomandazioni per la salute dell'anima vostra, vi mando al Signore, che vi usi misericordia.

Dreux        Almeno supplico la maestà vostra ad ascoltarmi per un momento.

Luigi          (non gli abbadando e stizzendo a grado a grado di via) Ah! il mio popolo è cosa vostra, n'è vero? E voi pretendete da lui più di quanto ne esige lo stesso sovrano; ma il mio popolo son io, ma il più infimo dei miei sud­diti è un altro me stesso, ma io sono tutto; e quando ho detto un voglio io, non si può volere al di là di quanto ho voluto io; e chi torce un capello al mio popolo commette un attentato contro alla mia persona, ed è questo ciò che voi avete fatto.

Dreux        Credete, sire…

Luigi          Non me lo state a negare. Impinguandovi delle tasse che vengono levate a mio nome, per ogni cinquecento scudi d'oro, ve ne fate dare duemila dagli onesti borghesi e dalla mia buona città, da questi galantuomini (additando i borghesi) ch'io amo, che pensano bene e pagano bene. Guar­datelo mo in faccia questo re che mettevate già fra i tra­passati, che contavate come tale, vi sembra morto o vivo? Guardatelo dunque!

Dreux        (tremando) Maestà.

Luigi          Non istò poi tanto male quanto si diverte taluno di dire. In queste mie pupille cruciate per cagion vostra, vi scintilla ancora un po' di fuoco; vivo tuttavia, signor Dreux, e l'am­malato è men pallido di voi. Per diritto ereditario il mio regno appartiene di fatto, e senza divisioni, a me solo; è una pietanza troppo eccelsa perché altri v'intinga la sua forchetta, e il volervisi provare è costato caro a cime d'uo­mini che contavano più di voi. Ho saputo come fare per ridurre al dovere que' vassalli che volevano fare i begli umori. Le-Daim,  tu m'hai veduto in que' tempi scabrosi.

Le-Daim    Sì, maestà, e vi vedo lo stesso anche oggi giorno.

Luigi          Allora i puledri erano più di numero, e levavano la cresta più di questo galantuomo; ma ho falciata la spica così presso la radice, che oggi si cerca indarno il luogo per dove è passata la falce. Questa falce ha atterrato Nemours. Forse fui troppo rigoroso, ma bisognava dare un esempio, e questo bisogno può tornare di nuovo. Avete voi figli?

Dreux        (piano a Coitier) Ah per carità, Coitier!

Coitier       Ah! maestà, cacciate via tutti e me per il primo, ma abbiatevi riguardo. La collera può pregiudicarvi.

Luigi          È vero, mi trasporto un poco; ma lo posso, sto bene adesso, sto benissimo: l'organo della mia voce ha ripresa la sua robustezza, la sola vista di quell'uom di Dio ha rav­vivato tutto il mio sangue.

Coitier       Non abbiate dunque fede in nessun altri che in lui; ma quelle occhiate minacciose, quel gridare così senza bisogno, sono cose, cred'io, che conferiscono poco ad un ammalato.

Luigi          (colto da paura, ma minaccioso)  Coitier!

Coitier       Non crediate già d'impormi con quel vostro cipiglio. Avete torto.

Luigi          (con più violenza, ma non senza paura) Coitier!

Coitier       Sì, torto: e ve lo provo. A voi! il male è fatto a que­st'ora. Siete dato giù di cera terribilmente.

Luigi          Come! Tu credi?..

Coitier       Senza dubbio.

Luigi          (con placidezza) Bene, bene; mi userò riguardo.

Coitier       Fate come volete: patite, morite se così bramate.

Luigi          Finiamola.

Coitier       Dite, voglio morire, è nostra volontà il morire.

Luigi          Via, facciamo la pace.

Coitier       Siete re? chi potrebbe contraddirvi? Ma dopo che vi sa­rete sbizzarrito, viva il cielo, non venite poi da me a lamentarvi che state male.

Luigi          (prendendo la mano a Coitier) Facciamo la pace, ti dico. (a Dreux freddamente) Quanto a voi, restituite quello che avete preso; a questo prezzo riscatterete entro tre giorni la vostra testa, altrimenti mi convincerete che non v' importa di essa e la farò cadere, e senza andare in collera. (indi­cando Coitier) Il nostro Coitier dice che la collera fa male.

Coitier       Maestà, mi sottometto.

Luigi          (ai borghesi) Or bene, sono io un valido sostegno al mio popolo contro le oppressioni? Figliuoli, su la reinte­grazione che vi verrà fatta abbiate cura di compensare lo zelo del mio fedel servo, di messer Le-Daim; è lui che m'ha denunziato ogni cosa; quindi mi pare che cinquecento scudi non saranno troppi.

Le-Daim    (con umiltà) Maestà!

Luigi          Non li vuoi?

Le-Daim    Eh! pronunziato un decreto della maestà vostra, la giu­stizia deve avere il suo corso.

Luigi          (a Coitier) E tu, se il tuo principe te ne prega, non accetterai nulla, garritore eterno?

Coitier       (ostentando un resto di mal umore) Ne ho poca voglia, sempre che il mio ammalato non mi assicuri d'ora in poi di lasciarsi governare da me con la dovuta docilità.

Luigi          Accordato. (poi ai borghesi). Duemila scudi non è poi gran cosa, ed è sempre un'opera buona da farsi per i miei sudditi. Glieli pagherete, n'è vero, le mie buone creature? Veglia notte e giorno per me che vi difendo, che vi fo re­stituire il mal tolto, che vi vendico di chi tenta opprimervi, e che vi amo. Conto di far lo stesso ancora per una ven­tina d'anni. Mi sento ringiovanire: fatelo sapere a tutta Pa­rigi che sto bene. (a Dreux, che fa per ritirarsi cogli al­tri) Una parola ancora. (poi a Coitier) Ne dico una sola. (a Dreux) Un ghiribizzo di questa natura costò caro al signor di Melun. Era nobile al pari di voi; arate dritto, il vostro salario è pronto, e L' Ermite vi sta guatando. Tor­nateci, e la vostra sorte la sapete. Ho detto; andatevene. (ai cavalieri e ai cortigiani) E quel che ho detto per uno lo farò per tutti. (i borghesi e Dreux partono seguiti da Coi­tier)

SCENA OTTAVA

Luigi, Comino e Le-Daim

Le-Daim    Maestà, gl'inviati de' cantoni svizzeri.

Luigi          Che vadano via.

Le-Daim    Senza vedervi, maestà?

Luigi          Ci penso ben io a quella razza di villani, a quei gretti cacciatori di camosci! Tutto il loro territorio non vale la mia entrata d'un mese.

Comino     Pure lo sanno difendere con gloria, e il duca di Bor­gogna...

Luigi          Oh! della superbia ne hanno, lo so, e tanta. Sta a ve­dere che per dar retta ai loro catarri, avrebbe bisognato che stamane mi alzassi all' alba per far economia del prezioso lor tempo. Creanze da montanari! Quando penso che sotto quella loro pellaccia secca e arsa dai venti di tramontana godono d'una salute di ferro!... Le-Daim, va dunque: rice­vili tu, e fa' in modo che questi mandriani armati finiscano di assediare la mia anticamera. Figurati se, per amore di quella ciurmaglia, voglio inimicarmi il mio buon cugino di Borgogna! Io!... non ne sono capace, e per poco che mi secchi, lo dirò allo stesso conte di Rethèl. (piano a Le-Daim) Tratta con essi.

Le-Daim    (piano anch'egli) In che termini?

Luigi          (come sopra) Come vuoi, ma spicciati. Concedi quel che si può concedere, prometti tutto quello che domanderanno.

Le-Daim    Ho capito.                                              

Luigi          (ad alta voce) Riguardi sì, buona cera sì; uno splendido banchetto che li disponga meglio alla partenza. Tu e i miei scozzesi v'incaricherete di questa faccenda. (piano) Coi no­stri vini si traggono al partito che si vuole. Basta dire Sviz­zeri...

(Le-Daim parte)

SCENA NONA

Isuddetti, meno Le-Daim; indi Maria che entra verso la metà della scena

Luigi          (avvicinandosi a Comino) Ebbene, quel conte di Rethèl?

Comino     Incorruttibile.

Luigi          Baie!

Comino     Ve l'accerto.

Luigi          Eh via!

Comino     Maestà!..

Luigi          È impossibile.

Comino     Tanto impossibile, che rifiuta i vostri doni,

Luigi          Rifiuto simulato.

Comino     Non mi sembra.

Luigi          Gli è che non hai presa la vera via... dovevi offrire sem­pre di più. Ho capito; bisognerà che mi ci metta ioa trat­tare con lui, e scommetto che sarò più abile di te. Fallo venire.

Comino     Credete, maestà, è inutile il vederlo; fate a modo mio, non lo ricevete, sire.

Luigi          Mi guarderei bene dal seguire il tuo consiglio... Viva il cielo; il mio bel cugino di Borgogna mi crederebbe già morto. Andate a cercare il conte.

(Comino parte)

SCENA DECIMA

Isuddetti meno Comino

Luigi          (accorgendosi di Maria)  Ah! eccoti qui, Maria; hai fatto buona raccolta di fiori?

Maria        Credo di non aver lasciato un fiore  ne' cespugli che ci stanno all'intorno.

Luigi          Ero ansioso di rivederti. Orsù, parlami del sant'uomo cui sei stata incontro. Hai veduto richiamar in vita qualche moribondo?...

Maria        Finora nessuno, maestà.

Luigi          Me l'hanno detto che voleva riserbare per me solo tutta l'efficacia delle sue virtù. In fatto di guarigione, mi basta che ne impetri una dal cielo: la mia. Or va, figliuola mia, a presentare nuove offerte a Nostra Signora dei Boschi di cui porti il nome. Fra poco ti raggiungerò ancor io.

Maria        Vado, maestà.

Luigi          (dandole una catenella d'oro) Aspetta!... piglia questa catenella. Te la dono.

Maria        Vi ringrazio.

(entrano in questa Nemours con Carlo e l'araldo. Maria nel veder Carlo manda un grido)

Luigi          (che se n' è accorto) (Che ha ella dunque?) (a Maria) Andate, Maria. All'erta, L’Ermite. Signori, mettetevi ai miei fianchi. (va a sedersi)

SCENA UNDICESIMA

Luigi, Carlo, Nemours, Comino, l'Araldo, Cavalieri del Re e del seguito di Nemours.

Nemours    (da sé sul davanti della scena). Un orror convulso mi agita tutte le fibre. È desso! è desso! padre mio! E Dio permette ch'egli viva.

Luigi          (dopo aver scorse tutte le credenziali che l'araldo gli presenta con ginocchio a terra, dice a Nemours). Conte, voi sembrate attonito, interdetto alla nostra presenza. Rassicuratevi.

Nemours    Si può impallidire d'ira, come di timore, e son tali i torti di cui vengo a lagnarmi, che il furore onde sono agitato si è, malgrado mio, impresso su questa fronte, ove voi credete aver letto l'atterrimento.

Luigi          E quali sono questi torti?

Nemours    Ora li saprete. A nome del potentissimo signore, il duca Carlo di Borgogna, principe sovrano...

Luigi          Conosco abbastanza gli Stati che mi devono vassallag­gio: veniamo ai fatti.

Nemours    A voi dunque, o re Luigi. congiunto e per sangue e per trattati a Carlo di Borgogna, io, venuto qui per di lui ordine, e a nome suo parlando, espongo i fatti per chie­derne ragione. Mi dolgo che, in onta ai patti reciproca­mente giurati, abbiate preso parte nella querela de' Cantoni Svizzeri, prestando mano e soccorso alla loro ribellione; voi li proteggete, sire, e mentre que' ribelli ci gettano baldan­zosi il guanto della disfida, voi ricevete i loro capi, che si trovano ancora fra il recinto di queste mura.

Luigi          (vivamente) Non li ho veduti, e non li vedrò. Prose­guite.

Nemours    Mi dolgo che Chabane e Brancas, infedeli alla pace giu­rata e all'onore, abbiano con lancia in resta sorpreso le no­stre cittadelle, e che, ad onta dei giuramenti di Luigi re di Francia, abbiano, vili qual sono, fatto valere per via di pre­potente fellonia, diritti resi nulli da anteriori trattati.

Luigi          Se lo hanno fatto, bisogna prendersela contro di loro: operano entrambi contro alla mia volontà.

Nemours    Ne domando una prova.

Luigi          E l'avrete.

Nemours    Ma pronta, ma decisiva.

Luigi          Cioè?

Nemours    Il loro castigo.

Luigi          Conte, comunque grandi sieno i poteri compartìtivi, mi pare che pretendiate un po' troppo. Bisogna che li ascolti prima di giudicarli.

Nemours    (con impeto) Signore!... La scure, sempre pronta ai vostri comandi, non ha avuto tanti riguardi nel far cadere una più nobile testa.

Luigi          (alzandosi) La testa di chi?

Nemours    Lo sa Dio. Ed egli che a sua volta punisce, ve la pre­senterà nell'atto di giudicarvi.

Luigi          La vostra intanto è nelle mie mani.

Nemours    E ve la prenderete. Ma ascoltate prima quello che mi rimane a dirvi.

Comino     Conte!...

Luigi          (tornando a sedersi) Non si può negare che la teme­rità di Carlo di Borgogna ha qui un eccellente rappresen­tante. Convenitene, miei signori; (a Nemours) ad ogni modo, continuate.

Nemours    Oso farlo, checché ne possa avvenire per la mia vita, o per la causa che io sostengo. Statemi dunque attento voi, signore, e questi leali cavalieri, splendor di questo trono, voi tutti statemi ad ascoltare. Carlo, duca di Borgogna, do­manda e vuole soddisfazione dei torti notificati in questo scritto; ovvero dichiara per la mia voce, che a nome del bene pubblico, ripiglia lo stendardo di guerra, si dichiara sciolto da qualunque omaggio di vassallo a voi, re Luigi, prestato, e infrange colla propria spada la fedeltà ch'egli rinnega. Egli s'erge a vendicatore del presente, del passato, del sangue di tanti nobili sparso a tradimento. Al cospetto di Dio si fa campione delle auguste loro ombre contro di voi e degli ingiusti vostri decreti: e nella sua qualità di ca­valiere, di pari, di principe, confida i propri diritti al giu­dizio del cielo, che verrà chiarito in singolar tenzone; al qual fine (gettando il suo guanto) eccone il pegno: questo guanto vi sfida... Chi lo raccoglie?

Carlo         (slanciandosi a raccoglierlo) Io!

Tutti           Io, io, sire...

Luigi          (alzandosi) Voi tutti! e mio figlio il primo!... Mio fi­glio sì giovine ancora, e il suo braccio precede quello degli altri!... Va bene, Carlo! Egli è un figlio di Francia.

Carlo         (intenerito) Padre mio!

Luigi          (riassumendo la sua freddezza). Basta, basta; araldo, prendi tu quel guanto. Strofinato da quella mano (accen­nando Carlo) è divenuto anche più nobile (a Nemours) Voi, al quale lo restituisco, ringraziate la mia clemenza. Se non avessi perdonato un atto di follia, mentre questo guanto toccava terra, per insultarmi, la vostra testa ci sarebbe ca­duta con esso. Ma so apprezzare il valore, e compatire l'au­dacia. (ai cavalieri) Che ciascuno di voi si guardi dal vo­ler esser giusto in vece mia. L'oltraggio è stato fatto al so­vrano, e vi fo giudici voi se mi vendico da sovrano di chi ardisce oltraggiarmi. (a Nemours) A me quello scritto; conte, lo leggeremo insieme; noi ci rivedremo quali amici, quali cristiani, e dimenticherò i vostri torti per pensare ai miei.

Nemours    (nell'uscire) Maestà, ho fatto il mio dovere, e a costo della mia vita compirò l'opera mia. (parte)

Luigi          (dopo di aver fatto cenno a tutti di uscire e a L’Ermite di fermarsi nel fondo) Comino, restate.

SCENA DODICESIMA

Luigi, Comino e L' Ermite in fondo

Comino     Ah! perché non mi avete creduto, maestà?... Era pur meglio se quel conte non vi compariva dinanzi.

Luigi          Oh! io non odio le persone che si lasciano acciecare dallo sdegno; si sa più presto, e meglio, che cosa cova nei loro cuori. Bisogna intanto fidar Carlo di Borgogna col se­gnare il trattato. La superbia di mio cugino è quella che deve condurlo a finir male, e se Dio vuole che ne faccia adesso la penitenza, sarebbe un'opera empia il trattenerlo a metà del cammino. (dopo una pausa) Vo pensando ora a mio figlio!..

Comino     Quante speranze non dà tanto coraggio in sì verde età! Egregio sostegno del trono paterno, con quale ardore sì pronto ad armarsi per una così nobile causa.

Luigi          Sapete che sarebbe pericoloso se si desse  a parteggiare pei ribelli?

Comino     Che strana idea, maestà!

Luigi          So quel che dico io; insomma, ho avuto occasione di conoscere da me medesimo che cosa può un principe ere­ditario contro al suo sovrano. Ma parliamo d'altro. Ditemi, quel conte conosce vostra figlia?

Comino     (sorpreso) Egli?

Luigi          Rispondetemi.

Comino      (imbarazzato) Seppi che introdottosi nella mia famiglia in Borgogna... mentre io era presso di voi...

Luigi          Avanti!

Comino     Ho saputo, così in confuso, ch'egli la vide...

Luigi          E se ne innamorò? Venitemi schietto.

Comino     Il conte non si mostrò insensibile ai suoi vezzi.

Luigi          È innamorato e lo credete incorruttibile! Andate a chiu­dervi nella mia stanza, ci troverete un lavoro importante che nell'uscirne ho preparato per voi.

Comino     Non devo seguirvi, maestà?

Luigi          No; il vostro zelo dovete provarmelo nell'affare di cui v'incarico ora. Andate. (da sé, mentre Comino s'allontana) Le cose le saprò meglio da lei.

SCENA TREDICESIMA

Luigi e L’Ermite

Luigi          Vieni avanti.

L’Ermite    Eccomi.

Luigi          Più vicino.

L’Ermite    Vi sono, maestà.

Luigi          Anche un passo di più.

L’Ermite    V'intenderò cogli occhi; potete parlar piano quanto volete.

Luigi          Or bene: ho perdonato l'oltraggio ricevuto da quel vas­sallo.

L’Ermite    Lo avete detto.

Luigi          Così è.

L’Ermite    Ne concludo, che fu un partito saggio.

Luigi          Vengo con lui ad  accordi.

L’Ermite    Voi, maestà?

Luigi          Questa parola ti fa maraviglia?

L’Ermite    No, maestà: qualunque cosa venga fatta dal mio sovrano, egli ha sempre ragione.

Luigi          Per altro, se l'avvenire serbasse a mio cugino una rotta decisiva, oh! in quel caso, Dio lo guardi; tutte le cose in allora cambierebbero d'aspetto.

L’Ermite    Senza dubbio.

Luigi          Lasciare nelle mani del conte un trattato che mi pregiu­dica, è ella cosa prudente?

L’Ermite    Sono in vostra mano e il trattato e chi lo porta.

Luigi          Rispetto al dritto delle genti! No, no, niente s'ha da far qui.

L’Ermite    Come annientar dunque un atto ch'egli si porta via?

Luigi          Gli dò al suo partire una splendida scorta.

L’Ermite    Per onorarlo?

Luigi          Già. Io, suo ospite, voglio, come dice L’Ermite, onorarlo.

L’Ermite    Chi la comanderà questa scorta?

Luigi          Tu, fino alla frontiera.

L’Ermite    Ah! io?

Luigi          Sicuro, e tu la comporrai.

L’Ermite    In che modo?

Luigi          Alla tua usanza.

L’Ermite    D'uomini a me noti?

Luigi          Ci s'intende.

L’Ermite    Intelligenti?

Luigi          Di tue creature.

L’Ermite    Molti?

Luigi          Più di quelli del suo seguito; per onorarlo, capisci?

L’Ermite    Certamente.

Luigi          Chi sa poi?... Lungo la strada... egli è uomo piuttosto fiero...

L’Ermite    Arrogante!

Luigi          In qualche parte di bosco remoto tu potresti da lui, o dalla sua gente, venire insultato.

L’Ermite    Lo sono a quest'ora.

Luigi          In tal caso, difenditi.

L’Ermite    Contate sopra di me.                

Luigi          Ci conto. Allora tu ripigli il trattato.

L’Ermite    È detta.

Luigi          Va bene. (s'avvia)

L’Ermite    Ma il conte?

Luigi          Non è dunque vero che tu m'intenda!

L’Ermite    Bisognerà forse?...       

Luigi          Ah! sogghigni?... Addio compare, addio: vedo che in­tendi.

L’Ermite    Ho inteso.

Fine dell'atto secondo

ATTO  TERZO

Foresta; da un lato la chiesa di Nostra Donna dei Boschi, la di cui porta, alta da terra d'alcuni gradini, sporge in fuori; dall' altro una banca di pietra a piè d'un albero. All'alzarsi del sipario, si vedrà il quadro animato d'una festa campestre: diversi contadini d'ambo i sessi che bal­lano in giro sul dinanzi della scena.

SCENA PRIMA

Riccardo, Marta, Contadini e Contadine, Soldati, Merciaioli e Le-Daim che giunge.

Le-Daim    Bene, amici miei! dateci dentro! Quando si canta ne' villaggi, gli è segno che vi regna la felicità.

Riccardo    Voi vedete, magnifico signore, se noi siamo allegri.

Le-Daim    Venivo anzi qui per accertarmene coi miei occhi. Amo il popolo io.

Riccardo    Tante grazie.

Le-Daim    Orsù, voglio vedere più animata questa festa. Da bravi! ridete, cantate, ballate. Il re comanda così, non pensa ad altro che ai vostri piaceri.

Marta        Noi infatti ci siamo messi a ballare. Perdinci! ci sa­remmo ben guardati dal non farlo, dopo che il gran pre­vosto ne ha avvisati di dover cominciare a divertirci al tocco del mezzogiorno.

Riccardo    E sotto minaccia di severo castigo se avessimo trasgre­dito il suo avviso!

Marta        Oh! non ammette scuse quel buon signor L’Ermite quando vuole che la gente si diverta. Voi capite dunque che siam venuti qui gaiamente, e che la nostra allegria e affatto spontanea.

Le-Daim    Così ha da essere. Ecco il re: presto, fatevi vedere al­legri, e gridate a tutta gola, viva il re!

Tutti           Viva il re!

SCENA SECONDA

Luigi, che si avanza lentamente seguito da alcuni soldati scozzesi che rimangono in fondo alla scena, come anche L’Ermite, che tien l'occhio attento sul re, e detti

Luigi          (che stanco si siede sulla banca) Il sole mi fa male agli occhi, e il caldo de' suoi raggi mi opprime. Oh! l'aria era men greve, più pura ai tempi di mia gioventù. I climi si sono cambiati.

Le-Daim    (indicando al re i contadini e dicendogli piano) Mae­stà, mettetevi a parte della loro allegrezza. Già non vi co­noscono. Parlate loro.

Luigi          Me lo consigli?                                     

Le-Daim    (ai contadini) Figliuoli, questo gentiluomo di Corte vuol dirvi due parole. Avvicinatevi.

(i contadini si accostano al re)

Luigi          (a Marta) Siete voi la reggitrice della vostra masseria?

Marta        Per obbedirvi, messere.

Luigi          E come fate a star così bene?

Marta        Come faccio?

Luigi          Sì, avete una cera così prosperosa!

Marta        Ma si fa qualche cosa per averla? Sarebbe tempo per­duto. Perché, buona o cattiva che sia la salute, noi la pren­diamo come Dio ce la manda. È una cosa naturale, e che viene, io credo, nella stessa maniera che l'erba nei prati e le ghiande nei boschi.

Luigi          Ma non avete mai qualche travaglio?

Marta        Oh Dio! Si sa bene che or si hanno gusti, ora disgusti. Bisogna prender le cose come le vengono. Non c'è il caso di scegliere.

Luigi          Rispondete, non avete anche voi i vostri mali? Avete pur medici.

Riccardo    Adagio! per le nostre bestie sì; per noi mai.

Luigi          Non vedo una ragione di ciò.

Riccardo    Eppure è chiara. I medici vi beccano spesse volte il vo­stro danaro senza farvi il gran niente. Farmi mangiare i miei scudi da costoro, non sono sì gonzo! Mi piace più comprare dal mio compare un quartaro di vino vecchio, e manipolarmi questa medicina che mi va tanto a sangue, e non avere altro melico o speziale che me stesso. Io vedo che chi spende e spande addosso a questi appaltatori di buone speranze, crede star meglio, e poi dalla mattina alla sera, felice notte! è in sepoltura.

Luigi          (Mi sento male!)

Riccardo    Già, al momento della scadenza, volere o non volere, è un debito che lo abbiamo a pagare tutti. Ha da nascere chi abbia causa vinta colla morte.

Luigi          (alzandosi) Tu non temi dunque la morte?

Riccardo    Se ci pensassi, certo che ne avrei paura al pari, e forse più, d'un altro. Ma perché pensare ad una cosa che vi cruccia? Io dico sempre a me stesso: facciamo un po' di cu­mulo, affinché un giorno nostro figlio non manchi del bi­sognevole, e si ricordi di noi con tenera gratitudine. Già si ha un bel fare, ma o presto o tardi, vostro figlio prenderà il vostro posto.

Luigi          Il più tardi però che sia possibile.

Riccardo    Ah! sicuro che è meglio.

Luigi          Sei un ignorante!

Riccardo    Sarà.

Luigi         (con impeto) Vattene.

Riccardo    (L'ho fatto andar in collera. Va a indovinare poi il mo­tivo!)

Le-Daim    Villano!

Luigi          (a Riccardo) Ti ho detto d'andartene!.. No... (lo ferma scuotendolo per un braccio) Vieni qui,  rispondimi. Chi ti ha suggerito, sgraziato, di parlarmi in questa maniera? Riccardo (cadendo ginocchione) Nessuno.

Luigi          T'hanno pagato, voglio sapere chi è stato?

Riccardo    Se ciò è vero, mi fulmini il cielo!

Marta        (a Luigi) Su via, credetelo, messere, i mali propositi non vengono da malizia; derivano da schiettezza di cuore.

Riccardo    Anzi, dall'essere bestia, mia moglie mi rende giustizia; poi, domandatelo a tutti; sono conosciuto qui.

Luigi          (Ho riso una volta!) (a Riccardo) Ringrazia Dio d'es­sere uno sciocco. (a Marta) Questi è dunque tuo marito?

Marta        Signor sì; buon galantuomo del resto, ed al quale voglio bene assai.

Luigi          Or via, gli perdonerò;  ma non voglio che tu lo ri­sparmi. Nominami i tuoi galanti.

Marta        Oh! non abbiamo di questa roba qui.

Luigi          Con quella cera vivace, con quegli occhi, con quella carnagione vermiglia, vuoi darmi ad intendere che non ne hai? Ah! ci pensi a rispondere perché è qui lui, eh? (ac­cennando Riccardo)

Riccardo    Marta,  ti dò la licenza  di nominarli tutti; non ti avrò sentito.

Marta        (sorridendo) Bene, non ne ho che uno solo.

Luigi          Ed è?

Maria        Voi!

Luigi          Davvero?

Marta        In là, in là!

Luigi          Che paura hai tu di un vecchio?

Marta        Non tanto vecchio.

Luigi          Quanto basta però per potersi fidare di lui.

Marta        Eh! non mi fiderei niente affatto. Avete gli occhi troppo brillanti.

Le-Daim    (piano a Marta) Brava! bene, così!

Marta        M'avete l'aria d'un uomo della legge.

Luigi          Oh! oh!...

Marta        Davvero, un'inesperta ragazza non la passerebbe netta con voi.

Le-Daim    (c. s.) A meraviglia. Luigi Lo credi, tu?

Marta        Se lo credo! Guardate, se dovessi fare un augurio al nostro re, che ha la fantasia di volersi far credere vecchio. gli augurerei di somigliarvi e di volto e di umore.

Luigi          Perché poi?

Marta        Perché noi e i nostri figli avremmo felicità per un pezzo. Voi avete una di quelle cere robuste che promettono cent'anni di vita.

Luigi          Cent'anni! Tu lo ami dunque il re?

(intanto Le-Daim fa scorrere nelle mani di Marta una borsa, ch'ella fa ve­dere dietro di sé agli altri contadini)

Marta        Che bella domanda! Non l'amiamo forse tutti?

Comino     Tutti!                                                               

Luigi          (commosso a Le-Daim) Tu la senti?

Le-Daim    E da questa gente almeno voi non siete adulato.

Luigi          (a Marta) Vieni qui, la mia creatura, lascia che ti baci la fronte. È un bacio che ti viene dal re.

Marta        Dal re?

Comino     Viva il re!

Riccardo    Lui, suo figlio, e la sua stirpe in eterno!

Luigi          Ve ne ringrazio, figliuoli. (a Marta) Ah! dunque vivrò cent'anni. Ebbene, il tuo pronostico ti frutterà gioielli. Prendi questo: poi anche questo (ai contadini); andate a far festa con queste monete d'oro, e bevete alla salute dei miei cent'anni.

Riccardo    Epiuttosto dieci volte che una.

Marta        Ed io inoltre, dirò che ho ricevuto un bacio in fronte dal re.

Riccardo    E non lavarti il volto mai più.

(partono)

SCENA TERZA

Luigi e Le-Daim

Luigi          (tutto commosso) Qual contentezza il sapersi amato!

Le-Daim   È vero!

Luigi          Ho la cera d'uomo robusto.                                       

Le-Daim    E le predizioni di queste donne del volgo si sono spesso avverate.

Luigi          Lo dici per ridere.

Le-Daim    Con tutto il sentimento dell'anima.

Luigi          Cent'anni! Già sarei pazzo se mi lusingassi d' arrivarci. Per altro, quella contadina e il mio astrologo in questo vanno d'accordo.

Le-Daim    Sarebbe vero?

Luigi          Sai che è una combinazione singolare?

Le-Daim    Maestà, se fossi in voi, mi abbandonerei a questa sicurezza.                                                    

Luigi          Ora dimmi un poco; e quel conte di Rethèl, quell'uomo incorruttibile, e che è stato giudicato tale, bisognerà pen­sare a divagarlo, tenerlo a bada. A proposito, Maria l' ha ancora veduta?

Le-Daim    È là. (accennando la chiesa che è aperta)

Luigi          La vedo.

Daim         Prega il cielo per voi.

Luigi          Con tutto quel fervore?... Scommettiamo il mio regno, Le-Daim, che ella prega per un amante? (guardando sem­pre verso la chiesa). I segreti delle giovinette sono alle volte importanti... voglio conoscere i suoi: falla venir qui.

Le-Daim    Subito.

(odonsi delle grida: Viva il principe ereditario!)

Luigi          Che cos'è questo strepito?

Le-Daim    Per il principe ereditario che attraversa il villaggio. Il vostro popolo che vi ama...

(i viva si ripetono)

Luigi          Vedi, anche questi viva mi annoiano; costoro amano tutto il mondo. A che giova tutto questo fanatismo? Il principe ereditario! Il principe ereditario! Che aspettino! Non è ancora re. Va, e mandami Maria.

(Le-Daim entra nella chiesa)

SCENA QUARTA

Luigi e Carlo

Luigi          Che cosa avete? I vostri occhi sono umidi di lagrime?

Carlo         Per la prima volta assaporo quest'ebbrezza. Chi non ne sarebbe commosso? Dappertutto ove passo odo gli stessi applausi.

Luigi          Voi partirete di qui domani.

Carlo         Sì presto?

Luigi          Figliuol mio, è un tremendo veleno la lode. La superbia d'un giovine che si sente adulato, travede facilmente. Crede di essere qualche cosa, e non è nulla.

Carlo         Lo so, padre mio.

Luigi          Bel motivo di compiacersene! Applausi quando passate! Il popolo, basta gettargli qualche scudo, stanca coi suoi applausi gli orecchi di chi li compra. Valutate meglio l'acco­glienza che ricevete qui. Mi sono adoperato io, ho pagato di mia borsa perché vi venisse fatta.

Carlo         Come! padre mio, quest'allegrezza del popolo fu comandata?

Luigi          Da me.

Carlo         Oh, come mi si stringe il cuore a pensarci.

Luigi          Questa lezione vi serva; e, per profittarne meglio, an­date a meditarla nella fortezza d'Amboise.

Carlo         Che cosa ho dunque fatto?

Luigi          Voi? niente. E che cosa ardireste, che cosa potreste fare voi?

Carlo         Dio! far di tutto per aggradirvi. È questa l'unica mia speranza, il più soave de' miei voti. Ma...

Luigi          Ma che cosa? parlate.

Carlo         Non posso.

Luigi          Perché tremare?  

Carlo         Io?

Luigi          Voi!

Carlo         Almeno quando l'inviato d'un vostro vassallo vi offende, non tremo.

Luigi          No; ma anche assumere la mia difesa, e assumerla senza mio comando, è un offendermi.

Carlo         Ah! se voi mi amaste!..

Luigi          Forse che non vi amo?

Carlo         Perdonatemi.

Luigi          Vi odio, non è vero? Come sono ingrati questi figli! Sono un uomo di cuor duro, n'è vero?

Carlo         Sire.

Luigi          Omai un barbaro! Ecco come la gente vi parla, e come vi va traviando. E chi sono questi? I miei congiunti? vostro zio Tommaso?... Altri forse?... (simulando ingenuità) Carlo, figliuol mio, vienmi con franchezza; non ti dico di denun-ziare nessuno, ma nominali all'orecchio di tuo padre; non sono qui per castigare alcuno, ma solo per sapere come stanno le cose.

Carlo         Certo, mio zio ama di conversar meco.

Luigi          E ti dice?...

Carlo         Che la Francia un giorno mi avrà per padrone, che è mio dovere il farmi amare da essa.

Luigi          (Ah! traditore!) E non vi dice mai che, indebolito dai miei mali, io devo, sì... che fra poco io devo... Se lo dice, dice il falso... Insomma, che fra poco non avrete altra fa­tica fuor quella di cingere una corona, che va a cadervi da se medesima sulla fronte?

Carlo         Dio!

Luigi          Quest'è una falsità. Mi vedete voi vacillare sotto il peso di una corona reale? Ben lontano che questa mi opprima, altre due altre tre che potessi conquistare, sarebbero men pesanti al mio capo canuto, che non sarebbe un elmetto da comparsa a quella vostra fronte di sedici anni.

Carlo         Ma vivete! è questo il mio voto quando apro gli occhi ogni mattina, quando li chiudo ogni sera. Ah! padre mio, se per prolungare i vostri giorni, abbisognano i miei, che il cielo me li tolga! io glieli offro. Vivete.

Luigi          (ritirando la mano che Carlo vorrebbe baciargli.) (No, no, mi lascerei indebolire, e non voglio esser debole). An­date.

(Carlo fa un passo per uscire, poi ritorna addietro baciandogli la mano e bagnandogliela di lagrime. Luigi un poco commosso).

(È un buon figliuolo... ma potrebbe anche ingannarmi).

SCENA QUINTA

Luigi sul davanti della scena, Carlo e Maria che esce dalla chiesa

Carlo         (sottovoce a Maria). Addio! pensate a me!

Maria        Vostra altezza parte?

Carlo         Domani (le bacia la mano). Oh! voi almeno me lo permettete.

SCENA SESTA

Luigi e Maria

Luigi          (intanto che Maria fa un atto di compassione verso di Carlo che esce). Egli è pieno d'onore, ma lo era ancor io, e nondimeno...

Maria        Perdonate, sire.

Luigi          (Ah! l'amica è qui). Accostati, la mia cara giovinetta. Oh, come sei bella. (andando a sedersi sotto l'albero) Vieni a sedermi vicino. Così; non arrossire: il tuo infermo può bene, per dimenticarsi i suoi mali, ridere con te senza farti adirare, e tu sai che ad un vecchio si concede la li­bertà di dir tutto.

Maria        Principalmente ad un sovrano.

Luigi          C'è chi mi fa cattivo, ma, in fondo del cuore, sono un buon diavolo. Ebbi sempre una certa propensione a sposare la causa delle giovinette della tua età: infatti, parecchi ma­trimoni sono stati l'opera della nostra mano reale.

Maria        Voi siete certamente un grande sovrano.

Luigi          I giovani sposi qualche volta me l'hanno detto.

Maria        Perché ridete?

Luigi          Stavo pensando ad offrirti la protezione che un re può dare. Ci sarei forse riuscito; ma tu non ami nessuno.

Maria        Io, sire!...

Luigi          Te l'ho da dire con tutta schiettezza? Io pensava, ebbi torto, che mentre eri alla corte di Carlo di Borgogna, il tuo cuore.. non v' è nulla di più naturale a' tuoi anni, si fosse lasciato commuovere dai voti d'un giovinetto, va­loroso, d'alto lignaggio, di antica nobiltà .. Oh! la mia creatura, non ti avevo fatto il torto di pensar collocata male la tua tenerezza.

Maria        (con vivacità)   Proseguite.

Luigi          Par che questo racconto ti alletti.

Maria        Come una favola.

Luigi          Diffatti ne è una. Benché lontano da te, il tuo cavaliere occupava tuttavia i tuoi pensieri, e ansioso di vedere la sua bella fidanzata, si era procurata una carica di ambasciatore...

Maria        (Oh cielo!)

Luigi          Arrivato quest'oggi, veniva a chiedere la mia protezione per conchiudere ...

Maria        Un trattato fra i due Stati?

Luigi.         No; un matrimonio (sorridendo).

Maria        E voi?

Luigi          Io acconsentiva; ma è una favola: peccato!

Maria        Come, maestà, voi lo sapete?

Luigi          Io! oh! io non so nulla.

Maria        Dio! Dio! ma come, da chi lo avete saputo?

Luigi          Ma se è una favola, ma se tu non hai amanti! Via, via, parliamo d'altra cosa.

Maria        Perdonate un mistero che ho dovuto rispettare.

Luigi          Ah! tu non sei dunque sincera, tu mi vieni con la si­mulazione! Saprò vendicarmi!

Maria        (spaventata) Vendicarvi? Ah! grazia! pietà per lui! Cado ai vostri piedi. Chi lo ha tradito?

Luigi          (che le prende ridendo la mano mentre ella sta ai suoi piedi). Vuoi sapere chi è il traditore? è lo stesso tuo padre.

Maria        Vi ha detto?...

Luigi          Il nome del giovine che tu ami.

Maria        Lo ha nominato?

Luigi          Sicuramente.

Maria        E voi ne risparmiate la vita, voi perdonate?...

Luigi          Senza dubbio.

Maria        (con trasporto di gioia). Nemours!

Luigi          (da sé alzandosi in piedi). Ah! Ah! è Nemours?

Maria        Or sì, vedo che mio padre, nel suo buon cuore, giudi­cava anticipatamente del vostro, quando protesse l' infanzia di un orfano.

Luigi          Che buon Comino! di fatto è lui... Che eccellente uomo è quel Comino! (odesi un suono di trombe). Questo suono m'annunzia l'arrivo di Nemours. Egli si crede qui scono­sciuto; l'ora di disingannarlo non è ancora venuta. Abbia­mo fortissimi motivi, così tuo padre come io, di non dirgli nulla, per ora; va, raggiungi tuo padre, e guardati bene di non palesar nulla a Nemours di quanto abbiamo detto, al­trimenti, se lo informi troppo presto delle sue fortune, lo perdi per sempre. Va'. (Maria esce) Ah! Comino! Comino!... Oh, ecco Nemours.

SCENA SETTIMA

Nemours, il Solitario, L’Ermite, l'Araldo,

cavalieri del seguito di Luigi e di Nemours e detto

Luigi          Qui l'odio rimane estinto. (al Solitario). Qui, buon pa­dre, un sovrano diviene clemente ai piedi vostri. Il conte di Rethèl ne ha chiesto giustizia, e benché, nell'adempire al suo messaggio, abbia usati modi, più che ad un suddito sommesso, convenevoli ad un vassallo ribelle, preferisco il mio popolo all'interesse della mia vendetta. Approvo ed ho sottoscritto questo trattato d'alleanza, e lo rimetto a voi perché sia più sacro nell'uscire dalle vostre mani, entro cui fra poco lo avremo giurato.

Solitario     Figliuolo mio, mi professo semplice e sfornito di nozioni sulle cose del mondo. Vivo lontano dai palazzi; ma spesso le capanne m'insegnano, tra le calamità da cui vengono visitate, che le più luminose vittorie fruttano ai sovrani assai minori vantaggi dei disastri che recano ai sudditi. Ve­nite dunque a stringervi insieme col labbro e col cuore, mediante il duplice giuramento che le mie mani stanno per benedire. Gli arbitri supremi dei patti che si stabiliscono quaggiù, tradiscono sé medesimi, quando ne tradiscono l'in­violabilità; e nel libro che verrà aperto nel dì del giudizio, leggeranno il loro spergiuro a piedi del loro giuramento.

Nemours    Il cielo che vede il mio cuore, comprenderà il mio lin­guaggio. Parlo a nome d' un altro; È desso che si obbliga, è desso che si tiene risarcito degli affronti fatti al proprio onore, e giura dimenticanza del passato a piè dell'Eterno.

Luigi          Il conte di Rethèl poteva senza compromettersi, pronun­ziar libero il giuramento che egli si limita a riferire per mandato. Ad ogni modo lo ricevo, ed obbligo la mia fede a Carlo di Borgogna, che considero qui presente. Le in­giurie di lui son quelle che intendo dimenticare, a lui giuro dinanzi all'Eterno...

SCENA OTTAVA

Carlo e detti.

Carlo         (accorrendo verso il re) Padre mio!

Luigi          Come! senza un mio ordine?

Carlo         Un messaggio importante... perdonate il trasporto della mia gioia... È arrivato in questo punto... Carlo di Borgo­gna, il vostro nemico...

Luigi          Il mio nemico! chi lo dice?egli è mio alleato, mio fratello.

Carlo         Dio è per voi, egli è vinto.

Luigi          Vinto! come, in qual modo?

Carlo         A Nancy.

Nemours    Carlo!

Luigi          Ne siete ben sicuro?

Carlo         I signori di Torcy, di Dunois e di Lude, ne hanno ri­cevuta la notizia. Uno de' suoi luogotenenti, col tradirlo, ha dato origine alla sua sconfitta.

Luigi          Un suo luogotenente! ah! vigliacco!

Nemours    Voce falsa, che verrà ben tosto smentita da un lumi­noso trionfo. Carlo di  Borgogna …

Carlo         È morto.

Luigi          Ci vogliono prove.

Carlo         (presentando dispacci a Luigi).  Eccole, padre mio.

Nemours    (mentre Luigi legge) Vinto! morto! No; qualunque cosa possa essere stata scritta, io, conte di Rethèl, a rischio della mia vita, sostengo che la notizia è falsa.

Luigi          (che ha finito di leggere i dispacci).  È vera, duca di Nemours!

Carlo         Nemours!

Nemours    (Sono conosciuto!)

Luigi          E tanto vera, spergiuro, quanto è vero che tu sei colpe­vole d'impostura, di alto tradimento verso il tuo sovrano; tu mentivi col nome e col titolo che assumevi; la giustizia del cielo ha delusa la tua speranza. Assicuratevi di lui.

Nemours    (sguainando la spada) Guai a chi lo tenta! (ai cava­lieri del suo seguito). A me Borgogna!

Luigi          A me Francia!

Solitario     (accorrendo fra loro). Fermatevi, a nome del Dio salva­tore che voi oltraggiate!

Nemours    (abbassando la spada e con lui tutti i cavalieri del suo seguito).   Il furore mi accecava, e questi valorosi, che io comprometteva, che sarebbero rimasti vinti senza sal­varmi, perirebbero per cagion mia. Indietro, cavalieri! Se Carlo di Borgogna è trionfante, il terrore impresso dal solo suo nome mi difenderà meglio di voi. Se non è più, mo­rendo io solo, morirò senza dolermene. (getta la spada ai piedi del re)   Per giungere fino a te, ho dovuto fingere alla tua usanza, l'ho dovuto, l'ho fatto. Qualunque si fosse il mio disegno, ne renderò conto a Dio che lo ha trasfuso nel mio petto. Getta ancora una preda ai carnefici di mio padre. Ti manca un diletto; non ho né figli, né fratelli, né un amico che tu possa costringere ad intingersi del mio sangue.

Luigi          (facendo segno a L’Ermite di condur via Nemours). Entr'oggi, gran preposto, il suo processo, la sua sentenza. Il rimanente, domani.

(Nemours vien condotto fra le guardie, e i suoi lo seguono).

SCENA NONA

I suddetti, meno Nemours e L’Ermite

Solitario     Sire, imploro la tua clemenza.

Luigi          Perché mai non s'è limitato ad oltraggiare me solo? Perdonerei tutto; ma io assolvere un sacrilego, che senza rispetto nemmeno per voi... Ah! no! no!                   

Solitario     Che almeno io lo conforti..

Luigi          (con energia) Oh! è giusto; più egli è colpevole, più  gli dovete i caritatevoli vostri soccorsi. Sì, sì, andategli die­tro, fate presto, bisogna salvare la sua anima.

(il Solitario parte)

SCENA DECIMA

Detti, meno il Solitario

Luigi          (osservando partire il Solitario, indi con trasporto di gioia, ma a voce bassa) Le carte sono nostre. (poi ad alta voce, dirigendosi all'intera assemblea) Signori, il nobile Carlo di Borgogna è morto da valoroso com'era. Quasi mai noi ci siamo trovati d'accordo; mi ha voluto male assai, e mi ha fatto passare a Peronne tre di quelle notti che non si perdonano sì facilmente. Ma ogni risentimento va ad estinguersi sopra una bara. Egli era mio cugino; tutta la corte vestirà il lutto.

Fine dell' atto terzo


ATTO QUARTO

Camera da letto del re: due porte laterali. — Un'alcova nel mezzo chiusa da cortine, dietro le quali sta un letto. — Altra porta graticciata di prospetto ed in fianco alll'alcova. — Camino con fuoco acceso. — Un rozzo tavolino e un seggiolone.

SCENA PRIMA

Nemours e Coitier

Coitier       Avanzatevi, e lasciate che un vecchio amico vi stringa al seno. Oh, da quanto tempo io sentiva il bisogno di ver­sare la piena della mia tenerezza nel vostro cuore.

Nemours    Buon Coitier!

Coitier       Di tre figli, tu sei il solo rimasto, tu, il mio prediletto fanciullo che accolsi bambino nelle mie braccia! Oh sì! le tue sembianze, i tuoi sguardi son quegli del mio antico padrone.

Nemours    Gli rassomiglio in tutto, Coitier, e sortirò io pure un destino eguale al suo.

Coitier       Per il giusto Iddio, tu vivrai!... Ah! scusate questo eccesso di confidenza; ho l'anima e il linguaggio d'un vecchio servitore, mio giovine eroe.

Nemours    (stringendogli la mano) Degno amico!

Coitier       Ma non vi scoraggiate.

Nemours    (osservando d'intorno). Inferriate, chiavistelli: dap­pertutto l'aspetto di carcere.

Coitier       Eppure è la stanza del re.

Nemours    Come?... una sì squallida prigione?

Coitier       Osservate. (indicandogli un pugnale che sta sul tavolino) Quest'è un'arma ch'egli vuol vedere, e che le sue mani non ardiscono toccare; quelle sono cortine dietro le quali si nasconde, e dove tuttavia la paura viene a cercarlo. I rimorsi l'inseguono oltre a queste; un braccio or­ribile le solleva; gli si pianta sul cuore, e quell'affannoso letto oh! di quanti infelici fa le vendette! Egli stesso è la persona che deve vedervi qui.

Nemours    Che ascolto!                            

Coitier       Fra un' ora ne raggiungerà.

Nemours    Che vuol egli da me?

Coitier       Prima di dichiararvelo egli in persona, ha scelto me per predisporre l'animo vostro a tale rivelazione. Chi sa ren­dersi necessario è presto assolto. Bisogna dunque che vi rendiate tale.

Nemours    Chi, io?

Coitier       Voi potete imbonirlo. È uomo che non ci mette molto a condannare, ma nemmeno tanto a perdonare.

Nemours    Egli!

Coitier       Appena informato della vostra sorte, corsi in vostra di­fesa. Su le prime, il vostro nemico non voleva ascoltarmi ma lo trovai così abbattuto dai tormenti della sua infer­mità, che mi fu facile l'approfittarne. Se la sua salute fosse in buono stato eravate perduto inevitabilmente. Io la so l'arte di mansuefare quel suo iroso temperamento. Ho po­sto il dito su la sua fibra sensibile; gli Stati di Borgogna sono il suo sogno, il suo continuo delirio; li ambisce, li vuole per sé, e, vecchio moribondo com'è, non può udir parlare di ritardi. Gli dissi che voi potreste agevolarne la conquista.

Nemours    Gli avete detto questo, Coitier?

Coitier       Le fortezze sono nelle mani de' vostri amici; dunque con l'oro e le promesse, voi potete ottener tutto ciò che volete. I pericoli estremi domandano estremi rimedi. In una parola, la vostra vita è salva se acconsentite, altrimenti la vostra morte è certa; vi ho detto tutto; scegliete.

Nemours    Io spogliare la giovine erede di chi fu mio protettore! e per chi?... per il carnefice della mia famiglia!

Coitier       Nemours, mio nobile padrone, accettate per compassione di me! Se questa è una colpa, me ne prendo io la metà. Chi t'implora perché tu serbi i tuoi giorni, son io, tuo vec­chio servo, che ardii chiamarti figlio fin dalla culla. Sì, figliuol mio, son io che ti chieggo grazia per te e per me: son io che la domanda a' tuoi piedi.

Nemours    Non sarà mai.

Coitier       Sei risoluto?

Nemours    Devo esserlo.

Coitier       (andando ad aprire la porta del suo appartamento). Dunque guarda: questa prigione è l'unico mio asilo: per altro, tutto l'oro di cui è prodigo un tiranno in punto di morte, non m'avrebbe obbligato a star presso del suo vi­vente cadavere in questa tomba, se a fine d'indurmi a ciò, non mi avesse assicurato il diritto ch'egli solo ha di uscirne a suo grado. Tieni, ricevi da me questa chiave, ch'è invi­diata da tanti, questo tesoro che non mi parve sì caro, quando lo ricevei, come ora: allora vi andava connessa la mia libertà, ora trattasi della vostra.

Nemours    Ma voi, Coitier, voi vi esponete a grave pericolo.

Coitier       Attualmente egli soffre troppo per pensare a vendicarsi.

Nemours    Ma il suo sdegno...

Coitier       Soffre troppo, ti dico; non temere di nulla. Prendi que­sto lume per rischiararti, quest'arme per difenderti; discendi, troverai un andito a volta, indi una porta; poi il cielo, i campi e la libertà! La libertà, figliuol mio.

Nemours    (che si è impadronito del pugnale) (Sì... con quest'ar­ma... forse...) Acconsento. (fa per uscire dalla porta)

Coitier       Ch'io t'abbracci anche una volta, Nemours. Ora va, fuggi, che non giungesse il re... Io gli corro incontro per tratte­nerlo, se posso, e dar campo maggiore alla tua fuga. (parte).

SCENA SECONDA

Nemours, che era già entrato  nella porta, torna indietro chiudendola con precauzione.

Nemours    Non la libertà, o Coitier, ma la vendetta! (innalzando il pugnale) Eccola; la tengo nelle mie mani, egli è in po­ter mio. Niun altri fuori di te, o Coitier, mi ha veduto in questo luogo. Tu credi ch'io ne sia già lungi, ma rimango, e vi rimango come una divinità, una divinità inesorabile che mi vuol qui fermo perché l'assassino cada, muoia ai miei piedi, avvoltolandosi nel suo sangue. (andando ad ascoltare alla porta). Non si ode alcun rumore: il cuore mi batte... Oh, dev'essere ben orribile la gioia d'un carne­fice che sta per afferrare la sua preda!... sì, orribile... Pur questa è ora la mia.. Come mi opprime il respiro! Quanto coraggio ci vuole per divenire assassino! (cade su una se­dia, poscia alzandosi ad un tratto) Ma non lo fu egli forse? Supplizi per supplizi! Egli si beò nel sangue di mio padre, egli deve cadere per mano del figlio dell'assassinato! Qualcuno s' appressa. (corre a nascondersi dietro le cor­tine)

SCENA TERZA

Luigi, Coitier, Comino, Maria, L’Ermite, Scozzesi e seguito del re

Coitier       Perché rientrare in casa così presto, sire? Bisognava cre­dere a me. L'aria aperta vi avrebbe ristorato.

Luigi          Oh, come è nera, trista e fredda questa notte! Io tremo tutto. (sottovoce a Coitier indicandogli l'alcova). È là den­tro questo Nemours?

Coitier       Dunque vi sentite assai male!

Luigi          Per tutto il corpo.

Coitier       Son molte ore?

Luigi          Tutte l'ore. Non ho più quiete, l' aria mi agghiaccia e mi opprime. Quale affanno!... e continuo, e dire che nulla, nulla lo calma! (sottovoce). Ma Nemours, che cosa ha detto?

Coitier       (conducendolo verso il camino). A voi, scaldatevi.

Luigi          (ravvivandosi), Ah! del fuoco.

Maria        (facendolo sedere). Mettetevi lì.

Luigi          (scaldandosi). Il sole non mi dà tanto piacere. Ah! il fuoco è la vita.

Maria        Sono stati dati ordini perché si vegli, si preghi per ot­tenere da Dio che la vostra infermità vi abbandoni.

Luigi          (guardando Maria). Tu rallegri i miei occhi; questo fior degli anni, questa giovinezza, che bella cosa è!Orsù, sorridi.

Comino     (piano a sua figlia). Coraggio, figliuola mia, sorridi!

Maria        (piano a Comino piangendo). Oh Dio! lo vorrei.

Luigi          Ma che cosa sono questi pianti? Tu mi fai malinconia; vattene, o cerca di calmare le tue afflizioni. Io finalmente posso riparare a tutto.

Maria        Ah! dite davvero?

Luigi          Sì, figliuola mia, sempreché Nemours...

Coitier       Guardate come scintilla questo fuoco.

Luigi          Lo sento insinuarsi sin nel fondo delle mie ossa; le mie povere dita assiderate durano fatica a sopportarlo. Oh! quando mi sento tremar dal freddo, mi è caro ancorché mi abbruci.

Coitier       Seguite dunque una volta i suggerimenti che vi ven­gono dati; non pensate più ora che a mettervi in letto.

Luigi          No, Coitier: voglio prima vedere il santo uomo con cui devo intrattenermi questa sera: poi Nemours, sopratutto Ne­mours.  L’Ermite, va, e conducilo subito qui.

L’Ermite    Non è più sotto la mia custodia.

Luigi          (a Coitier) Dunque sotto la tua.

L’Ermite    Purtroppo! appena pronunziata la sua sentenza, io stava per finire l'opera cominciata.

Maria        (a suo padre) Gran Dio!

Comino     (piano a Maria) Taci.

Luigi          (a Coitier) Ma tu dovevi condurlo qui.

Coitier       E non l'ho fatto perché non sono riuscito a persuaderlo.

Luigi          Ci sarei riuscito io.

Coitier       No.

Luigi          No?

Coitier       Vi avrebbe irritato, e lo avreste fatto morire.

Luigi          E tu?

Coitier       Io l'ho salvato.

Maria        Salvato!

Luigi          Tu?  (a Coitier)

Coitier       Il vostro prigioniero ora non lo potete più avere: i suoi cavalieri avevano già oltrepassata la cinta di queste mura, quand'egli si è a loro unito, ed io gli ho veduti passare il ponte che per vostro ordine fu fatto abbassare per essi.

Luigi          Disgraziato! e tu ardisci affrontare in tal modo la mia vendetta? (a L’Ermite) Ma dunque ha deluso anche la tua vigilanza? Voi mi tradite tutti! Che strada ha tenuto? Ove cercarlo adesso? Va, corri, metto a prezzo la tua testa; corri, L’Ermite!

L’Ermite    Ma di notte  senza indizii...

Luigi          Che fa questo? bisogna condurmelo vivo, o portarmelo morto.

Maria        No, per compassione di me che ho tradito il suo segreto, per compassione di me che l'ho perduto! No: Dio vi castigherebbe, maestà. Perdonategli. Dio vi ascolta: ed egli accoglierà i vostri voti all'ultima vostra ora, come voi ac­coglierete la mia preghiera. Perdonategli.

Luigi          (a Comino) Conducila via di qui.

Comino     (traendosi seco Maria) Vieni, figliuola.

Luigi          (accennando Coitier) Quanto a questo traditore, non ti­arriverà domani...

Coitier       Quel che volete fare fatelo oggi; ma dopo cercate chi vi liberi dei vostri mali; per me non vi dò una settimana da vivere.

Luigi          Ebbene, morirò: ma intanto voglio, decreto... (al suo se­guito) Andate via tutti. (a Coitier) Tu resta qui. (lascian­dosi cadere su d'una sedia) Oh, sono pure sfortunato!

(tutti partono eccetto Coitier)

SCENA QUARTA

Luigi e Coitier

Luigi          Non ti creder già di schivare la sorte che ti sei meritata; l'avrai. I miei tormenti sei tu che gl'inasprisci; più sono grandi, più t'incoraggiano ad affrontare l'ira mia; ma io, io ti stritolerò.                                         

Coitier       (freddamente) Lo avete già detto; fatelo dunque.

Luigi          Certo che lo farò. La tua falsa dottrina è buona soltanto per ingannare gli idioti. La tua arte! me ne rido io; le tue cure! che mi fanno esse le tue cure? Niente; ne farò senza e non vivrò meno per questo.

Coitier       Or bene, fate la vostra prova.

Luigi          Sì, traditore; sì, quel Solitario può con una parola ripa­rare i guasti del tempo; farà rivivere le mie forze abbattute, basterà un solo suo soffio a fare sparire il dolore che mi uccide.                                                                  

Coitier       Che si affretti.

Luigi          Quanto a te, privo di luce e di aria, prigioniero, col corpo curvato in una gabbia di ferro, vedrai per traverso alle sbarre di essa la rinnovata mia giovinezza farsi beffe della tua rabbia.

Coitier       Vedremo!

Luigi          Lo vedrai!

Coitier       Senza dubbio.

Luigi          (con molta rabbia) Falso amico, mi hai trovato mai ge-neroso a metà? Con qual prezzo non ho io ricompensato le tue fatiche? Ti ho caricato d'oro, ne hai piene le mani; quello che un altro promette, io lo dò senza contare. Ne­mours, per essere amato, ha fatto mai altrettanto?

Coitier       Mi amava d'uguale amore. Quanto a voi, quali sono i vostri diritti alla mia gratitudine? Grazie a Dio noi trat­tiamo come fra potenza e potenza. Finiamola una volta di avere segreti l'uno per l'altro; voi date per paura, io ricevo per interesse. Io vendo e voi pagate; questo non è nulla più di un contratto. Ove il cuore non entra per nulla, non c'è ingratitudine da nessuna delle due bande. Voi pensate che a furia d'oro tutto si compri; ma un dono che vi è dovuto e che vi si getta di mala grazia lascia la vostr'anima libera d' ogni vincolo verso il benefattore. Un cortigiano si paga, un servo si paga, ma un amico, sire, bisogna amarlo, ed amarlo sinceramente.

Luigi          (con voce carezzevole) Ebbene, mio buon Coitier, ti amerò, ti amo.

Coitier       Per voi.

Luigi          Senza interesse. I miei patimenti sono eccessivi, ne con­vengo; ma quel buon vecchio può guarirmi domani. Vedi dunque che ti stendo la mano per amicizia: i legami dell'amicizia sono troppo dolci perché nulla possa distruggerli.

SCENA QUINTA

Le-Daim, il Solitario, e detti

Le-Daim    Sire, il Solitario delle Ardenne aspetta d'essere intro­dotto.

Luigi          Entri. (entra il Solitario, Luigi gli dice:) Vedete, buon padre, quest'uomo ha affrontato il suo re, e ciò non ostante gli ho perdonato. Coitier, torna nel tuo appartamento. (accompagnandolo sin sulla porta) Su la fede di un amico, dormi i tuoi sonni tranquilli. (dopo aver chiuso egli stesso la porta dietro a lui) Traditore, prega Dio di non dive­nirmi inutile. (fa cenno a Le-Daim di partire)

SCENA SESTA

Luigi e il Solitario

Luigi          Eccoci senza testimoni.

Solitario     E che volete da me?

Luigi          (prostrandosi) Vedetemi tutto tremante di speranza e paura a' piè vostri.

Solitario     Toglietevi, figliuolo, da quella positura.

Luigi          Ci resto per aspettare la grazia che le vostre mani fa­ranno scendere sopra di me.

Solitario     Alzatevi, maestà.

Luigi          (in piedi) È sì grande la grazia per cui v'imploro, buon padre, che non mi parrà mai umiliarmi di troppo nell'im­plorarla.

Solitario     Che posso io fare per voi?

Luigi          Tutto, buon padre... sì, tutto è possibile a voi. Voi con la virtù d'un vostro soffio ravvivate la carne fatta insensibile.

Solitario     Io?

Luigi          Voi dite ai morti: « Uscite dai vostri sepolcri », e ne escono.

Solitario     Chi? io!

Luigi          Voi dite alle nostre  infermità: « Cessate! »   e queste...

Solitario     Che cosa vi viene in mente, figliuolo?

Luigi          E queste sono risanate. Ad un vostro cenno il cielo s'an­nuvola o si schiarisce; i venti mugghiano o si calmano; la folgore, in atto di scrosciare, ripiglia la strada del firma­mento. O voi che tenete la rugiada sospesa in aria, e ne versate la freschezza sulle piante inaridite, deh! fate rinverdire questo vecchio mio corpo. Vedetelo, son moribondo; richiamatemi dal mio languore. Stendetemi le vostre braccia, toccate le mie fibre solcate dall'infermità e le vostre mani passandoci sopra ne cancelleranno le rughe.

Solitario     Che sorta di domande mi fate? Voi mi rendete sbalor­dito. Son io forse eguale a Dio? Lo sento ora da voi che vado per il mondo operando portenti, e che non ho da far altro che aprire la mano per seminare miracoli.

Luigi          Almeno dieci anni, padre mio! dieci armi, e vi colmerò d'onori e di donativi; e se i celestiali vostri soccorsi mi fanno ottenere questi... questi venti anni di più, farò innal­zare monumenti in vostro onore, farò fondere statue d'oro... di diaspro... ma ottenetemi questi vent'anni. Padre, aspetto da voi il miracolo della mia vita.

Solitario     Dio non ha posto l'opera sua in potestà di una creatura mortale. Voi solo, mentre tutto perisce, avreste ad essere eterno! Re della terra, Dio non lo vuole, né ha data ad una sua debole creatura la facoltà di cangiare per voi l'or­dine immutabile della natura. Tutto ciò che ingrandisce, decresce; tutto ciò che nasce, è soggetto a distruzione, così l'uomo con le sue opere, come l'albero co' suoi frutti. Tutte le produzioni hanno un tempo di durata prefisso; tale è la legge che governa le cose di quaggiù. La morte è solamente feconda per popolare l'eternità.

Luigi          Ma i miei patimenti...

Solitario     Sire, ciò che trascina lentamente il vostro corpo a perdi­zione, sono i vostri rimorsi; è questa la divorante piaga che il delitto ha aperta e di che soltanto un pentimento sincero può tergere la sozzura.

Luigi          Ebbene, sono qui; a voi voglio dir tutto, ascoltatemi.

Solitario     (siede mentre il re resta in piedi colle mani giunte) Ebbene, parlate.

Luigi          (dopo aver fatte alcune preci sottovoce). La paura che il defunto re concepì del principe ereditario, trasse quell'infelice a morire di languore e di fame.

Solitario     Dunque un figlio accorciò la vecchiezza del proprio padre?

Luigi          E il principe ereditario era io.

Solitario     Voi!

Luigi          Mala debolezza di questo padre perdeva lo Stato, col lasciarlo in piena balia d'un favorito... e sarebbe perito se non fosse perito il re. L'interesse dello Stato...

Solitario     Figlio malvagio! dite le vostre colpe senza star voi a cer­carne le scuse. Tirate innanzi.

Luigi          Io aveva un fratello.

Solitario     E poi?

Luigi          Che fu... avvelenato...

Solitario     Lo fu egli per ordine vostro?

Luigi          Tutti hanno sospettato così.

Solitario     Dio!

Luigi          Così tutti coloro che mi accusarono di ciò potessero ca­dere nelle mie mani.

Solitario     Ma sospettarono il vero?

Luigi          Lo spettro dell'ucciso, uscendo dal suo sepolcro, potrebbe solo accusarmene impunemente.

Solitario     Dunque il fatto è vero.

Luigi          Ma quel fratello si meritò la morte col divenire tradi­tore.

Solitario     (alzandosi) E ardisci cercare al cielo uno scampo contro gli inevitabili tuoi rimorsi? Trema! Io venni qui tuo amico, ora divento il tuo giudice. Oppresso dal peso del tuo de­litto, chinati ora, curva la real tua fronte. Rientra nel tuo nulla, o altezza soggetta a perire. Il re non lo vedo più, ascolto il malfattore fratricida. Inginocchiati.

Luigi          (prostaudosi) Abbrividisco. (trascinandosi fino a lui e attaccandosi a' suoi abiti) Abbiate compassione di me! Pro­strato a voi dinanzi e senza cercarne scusa, deploro ancora un altro delitto.

Solitario     (rimettendosi a sedere) Non sono finiti qui?

Luigi          Il duca di Nemours... per altro avea cospirato... ma la sua morte... La colpa di lui almeno è vera... Ma la sua morte ebbe a spettatori i suoi piccoli figli piangenti, collo­cati sotto il palco del supplizio... Il sangue ch'egli perdeva morendo spruzzò sopra le sue creature; fu nondimeno una giustizia.

Solitario     Ah! spietato!

Luigi          Una giustizia troppo rigorosa, ne convengo; volli punire... no, no, avete ragione, ho commesso dei delitti. Dirò tutto. Molte vittime furono strozzate da fatale capestro; molte, perirono infrante entro a trabocchetti; l'acqua fu ministra de' miei assassinii, la terra il mio carceriere. Gemono di­menticati in fondo alle viscere di essa molti miei prigio­nieri al pie' delle torri di questa fortezza.

Solitario     Ah! poiché vi sono dei mali che sei tuttavia in tempo di riparare, vieni, vieni con me.

Luigi          (alzandosi) Dove?

Solitario     Corriamo a liberare quegli infelici.

Luigi          L'interesse dello Stato lo divieta.

Solitario     (gettandosegli ai piedi) La carità lo comanda; vieni, vieni a salvarli.

Luigi          No, no, piuttosto tutti i miei tesori se fa d'uopo.

Solitario     I tuoi tesori! Dio non vende i propri; convien meritarli.

Luigi          Ah, sono dovuti se non altro alla mia disperazione! Oh, padre mio! se poteste scendere nel profondo di questo cuore, leggervi i miei tormenti, strapperei lagrime di compassione dagli occhi vostri. I patimenti del mio corpo, acuti, intol­lerabili, non sono che la metà, forse meno della metà dei patimenti del mio spirito. Non trovo conforto fuorché nei luoghi dove non posso essere. Invano cerco divagare i miei pensieri da me medesimo; figlio in altri tempi ribelle, vedo me stesso nel padre mio, e temo me stesso nel giovinetto cui diedi la vita. Lo spavento mi strazia l'anima senza posa; non trovo asilo contro ai rimorsi che mi incalzano; voglio fuggire i vivi, mi trovo coi morti. Passo orridi giorni, notti più spaventevoli; le ombre per atterrirmi prendono forme visibili; il silenzio mi parla, e quando voglio pregare, parmi che una voce terribile mi gridi: Va', maledetto! Se dormo, un demonio viene a sedersi sul mio petto; lo al­lontano, e un ferro ignudo vi si conficca e mi assassina; tutto costernato abbandono il letto e ondate di sangue umano vi battono contro; esso vi galleggia sopra ... un'invisibile mano afferra la mia, la tuffa entro quel lago di sangue e le fa sentire teschi e brani di membra delle mie vittime.

Solitario     Sciagurato! che dici?

Luigi          Questa è la mia vita: e sull'orlo del morire sono tuttavia sitibondo di essa e voglio vivere, e questo amaro calice il cui veleno mi inebria, mi è caro al segno che il timore di esaurirlo e la più crudele delle me angosce.

Solitario     Vieni dunque ad assaggiare il conforto che deriva dal perdono delle ingiurie, vieni a calmare gli spasimi della tua agonia: un atto di bontà ti restituirà il sonno, e al­cune voci almeno benediranno il momento del tuo sve­gliarti. Non indugiare!

Luigi          Differiamo un poco.

Solitario     Dio vorrà egli aspettare?

Luigi          Domani.

Solitario     Ma da qui a domani può sorprenderti la morte, questa sera, fra un istante...                                          

Luigi          Sono ben difeso.

Solitario     Può credere mai di esserlo abbastanza chi non è amato? (volendo condurlo seco). Deh, vieni!

Luigi          (respingendolo). No, lasciami tempo a riflettere.

Solitario     Addio, dunque, omicida; quanto a me non posso più far nulla per te.

Luigi          (atterrito). Come! voi mi condannate?

Solitario     La tua compassione faccia tacere i gemiti delle tue vit­time, ed in allora sarai ascoltato da Dio. (parte)

SCENA SETTIMA

Luigi solo, mentre s'allontana il Solitario, indi Nemours

Luigi          Padre mio!...  padre  mio!...  Mi abbandona, e dice che professa la carità. Cedere! no, sarebbe debolezza... Oh, in­sopportabile bivio! chi mi porge una mano sull'orlo dell'abisso ove mi trovo? (inginocchiandosi per pregare e mettendosi dinanzi il suo cappello adorno di diverse im­magini. Odesi in lontananza il suono di cornamusa cam­pestre).   Che ascolto! (alzandosi).   Ecco! il più miserabile di costoro, dopo di aver ballato, torna alla sua capanna cantando. Come è felice nella sua miseria! un sonno tran­quillo lo aspetta; egli va in letto e dorme, mentre io...  (si volge e trovasi a faccia a faccia di Nemours che sarà uscito poco prima dalle cortine armato di pugnale).   Chi vedo? Gran Dio!

Nemours    Silenzio!

Luigi          Taccio.

Nemours    Non un grido!

Luigi          Non fiato. Ma che domandi?

Nemours    Il tuo castigo.

Luigi          Giudicami almeno senza la preoccupazione dell'ira.

Nemours   Non son io il tuo giudice.

Luigi          E chi lo è dunque?

Nemours    Mio padre.

Luigi          Egli m'ucciderebbe.

Nemours    Ti sei giudicato da te stesso.

Luigi          Deh!  non adempirne la sentenza, sii clemente.

Nemours    Sono giusto.

Luigi          Ascolta la mia preghiera.

Nemours    Hai tu ascoltata quella di mio padre?... e la sua ultima lettera?...

Luigi          Non l'ho ricevuta.

Nemours    Questo scritto che strazia il cuore, e che gli rimandasti ...

Luigi          Io, Nemours?            

Nemours    Tu. Questo scritto, che nell'atto di morire egli portava sul cuore, è stata l'unica mia eredità. Vedilo qui che porta testimonianza contro di te. Guardalo, impostore; leggi.

Luigi          Ah! compassione!

Nemours    Leggilo, e leggilo sotto la punta di questo pugnale.

Luigi          Non posso.

Nemours    Sotto la punta d'un ferro, potè egli pur scrivere. Come egli scriveva, tu leggi.

Luigi          No, non posso; mi muoio. Questo pugnale che non posso allontanare da me, questo pugnale con cui m'inse­gui, mi abbarbaglia la vista, mi acceca; no, no, non posso!

Nemours    Converrà almeno che tu oda leggerlo.

Luigi          Misericordia!

Nemours    Ascolta .(legge) « Mio rispettato e temuto signore e sovrano, mi raccomando umilmente quanto so e quanto posso alla vostra grazia e misericordia ». Or bene?

Luigi          Fui crudele, non v'ha dubbio; ma col restituirti i tuoi beni, voglio dare riparazione onorevole a tuo padre, a te, Nemours, a' tuoi congiunti; voglio espiar tutto.

Nemours    Torna ad ascoltare: « fate grazia a me e ai miei po­veri figli! Non vogliate permettere che per effetto delle mie colpe, essi vivano disonorati e mendicando il loro pane. Per amor di Dio, maestà, abbiate pietà di me e de' miei figli ». Rispondi, non a me, ma a lui, che cosa hai tu fatto pei figli suoi?

Luigi          M'obbligo sull'onor mio di darti in tua balia L’Ermite, l'autore delle disgrazie della tua famiglia.

Nemours    (continuando a leggere) « Scritto nelle carceri della Bastiglia, l'ultimo dì di gennaio ». E quando ne venne fuori...

Luigi          Ah! non ricordartene!

Nemours    Lo posso io?.. Guarda qui.

Luigi          (fuori di sé per la paura) Dove, Nemours?

Nemours    (indicandogli colla punta del pugnale l'ultima riga della lettera) Qui in fondo; questa volta leggi tu.

Luigi          (legge balbettando) «Il vostro povero Giacomo di Ne­mours  ».

Nemours    Il nome dell'amico della tua fanciullezza; e qui sono le tracce pur anche del sangue che tu spargesti.

Luigi          Nemours, tu piangi!

Nemours    Oh! La mia vendetta ti farà costar care queste la­grime.

Luigi          Gran Dio! Dunque non c'è più rimedio?

Nemours    Ora non si tratta più che del tuo castigo. Ma perché esso sia eguale al delitto, qual supplizio potrà adeguarlo?

Luigi          (trascinandosi ai piedi di Nemours) Oh! grazia!

Nemours    Non conosco che un solo supplizio.

Luigi          (stramazzando percosso dal terrore) Ah! è la mia morte!

Nemours    (dopo aver alzato su di lui il pugnale, lo getta lon­tano) No, è la tua vita. Io liberartene?... No, ti ho veduto troppo soffrire. Continua dunque a vivere, o piuttosto a morire. Vivi morendo, affinché durino i tuoi patimenti. Gran Dio! or ch'io conosco i mali di costui, mi unisco a' suoi voti; appaga, o gran Dio, la sua spaventosa brama; un mi­racolo! e sia quello di prolungare la vita per prolungarne lo strazio.

(si slancia fuor dell'appartamento di Coitier)

SCENA OTTAVA

Luigi, indi L’Ermite con Scozzesi, e seguito del Re

Luigi          (dopo aver messi gemiti soffocati ed inintelligibili, ria­vendosi grida:) Aiuto! aiuto! gente! mi assassinano! aiuto! lumi! correte! costui attenta alla mia vita; ha in­nalzato su me il suo pugnale! gli si strappi dalle mani!... si uccida!.. è fuggito adesso!... ma si nasconde là!... (indi­cando l'appartamento di Coitier ove L’Ermite corre con la sue guardie) Un assassino, là, là... dappertutto! vedo dappertutto assassini. (agli Scozzesi) Circondatemi. No, no; mi fate paura, ho paura di tutti. Ho veduto passare un'om­bra. Cercate dietro le cortine; vi è qualcuno che parla a voce bassa. Vi dico che ho udito pronunziare il mio nome. Lasciatemi passare, lasciatemi passare!... (si precipita bar­collando fuor della stanza, e tutti disordinatamente lo seguono)

Fine dell'atto quarto


ATTO QUINTO

Sala nel castello. Tre porte nel fondo. Da una parte un canapè, presso al quale una tavola. All'alzarsi del sipario i cortigiani parlano fra loro a bassa voce, come in aspettazione d'un avvenimento importante; alcuni passeggiano, altri in crocchio; i più stanno attorno al principe eredi­tario che piange.

SCENA PRIMA

Carlo, L’Ermite, Araldo, Cortigiani e Paggi

Araldo       (a L’Ermite.) Complice desso, Coitier?

L’Ermite    Egli stesso.

Araldo       Sembra impossibile!

L’Ermite    Pure è vero.

Araldo       Che delitto orribile! Dunque Nemours e Coitier?...

L’Ermite    Moriranno quest'oggi, sempreché sua maestà, riaven­dosi, me ne dia l'ordine; sono entrambi in catene.

Araldo       Ma si dice che il re sia in punto di morte.

L’Ermite    Ha torto chi lo dice, signore.

Araldo       Per altro qui sono convocati i nobili ed il consiglio; tutto ciò ha apparenza di morte.

Carlo         (che s'inginocchia) Padre mio! pochi istanti restano an­cora, e ti piangerò perduto.

SCENA SECONDA

Comino e detti

Comino     (tenendo in mano due lettere) Qualche paggio! (ad un paggio) Questa al principe Tommaso. Subito! (ad un altro paggio) E questa al genero del re. Affrettatevi.

Araldo       (Due corrieri che vanno a destare il diavolo). (a L’Ermite) Guardate come tutti questi cortigiani s'affaccendano attorno al principe ereditario!

L'Ermite    Dio tiri il re fuor di pericolo, e gli racconterò tutto.

Comino     (al principe) Principe, vi abbandonate troppo alla tri­stezza: un popolo intero vi parla per bocca mia; pensate a Nemours; vi muova il destino di quello sventurato.

Carlo         Che posso io?

Comino     Permettermi di dire una parola a nome vostro; questa parola sarà ascoltata.

Carlo         Acconsento.

Comino     (a L'Ermite) Gran preposto, sua altezza prende inte­resse alla sorte dei due prigionieri! Non precipitate nessuna cosa

L'Ermite    (con ostentato rispetto) I desiderii di sua altezza sono comandi per me.

Carlo         E Dio vorrà permettere ch'egli muoia senz'avermi in quest'ultima ora abbracciato?

Comino     Quanto vi compiango,  mio principe.

Carlo         Comunque egli si sia comportato meco, io lo rispetto e lo amo.

Comino     Quante volte, a costo anche di entrargli in disgrazia, non gli ho io rimproverato la sua severità verso di voi!

Carlo         Comino, i vostri consigli mi saranno ben necessari.

Araldo       (piano a L'Ermite). Il signor Comino vuol rimanere alla direzione degli affari.

L'Ermite   (c. s.) Sa ben adattarsi a cangiar di padrone.

SCENA TERZA

Le-Daim e detti

Le-Daim    Finalmente è salvo; il re si è riavuto.

Carlo         Dio, ti ringrazio!

Le-Daim    Le nostre sollecitudini lo hanno tenuto in vita. Egli vuole, per far prova delle sue forze che vanno aumentan­dosi, cangiare di stanza con le proprie gambe e venire in questa sala. Altezza, egli pretende e comanda che ciascuno si ritiri; fuor di Comino e di L'Ermite non vedrà altre per­sone.

Carlo         Come! nemmeno suo figlio?

Le-Daim    Mi darò tutta la premura, altezza, affinché il più presto possibile abbiate il contento d'abbracciarlo.

Carlo         Oh, qual diritto vi acquisterete alla mia gratitudine!

Comino     E alla mia!

Araldo       E a quella di tutti noi.

Carlo         Non ho mai provato maggior contentezza.

Araldo       (Un sovrano, che sta titubando così tra la vita e la morte, compromette tutto il mondo).

                  (partono tutti, eccetto i seguenti:)

SCENA QUARTA

Comino, Le-Daim e L'Ermite

Le-Daim    Eccoci soli.

Comino     Ebbene?

L'Ermite    Vivrà?

Le-Daim    Alla presenza di quei signori ho creduto bene di dover dir così.

L'Ermite    Dunque la notizia è falsa?

Le-Daim    È dubbiosa.  Se ricade, è finita per lui; la sua esistenza, presso che estinta, non potrà reggere ad un secondo assalto della natura del primo.

L'Ermite    Bisogna dunque pensare ai casi nostri.

Le-Daim    Facciamo causa comune.

Comino     Non avete torto, signori; mi duole della vostra disgrazia, ma la Corte sta per giudicarvi severamente.

Le-Daim    (a L'Ermite) Badate al signor Comino che vi ha detto la verità.

L'Ermite    Eh! a voi come a me, figliuol caro.

Le-Daim    Io non ebbi mai parte nelle esecuzioni.

L'Ermite    Né io nel dare consigli.

Le-Daim    Tutte le mie azioni mi sembrano legittime.

L'Ermite    Ma lo sono?

Le-Daim    Almeno non sono delitti.

L'Ermite    Delitti?

Comino     Signori, che cosa facciamo?

L'Ermite    Per adulazione gli concedevate tutto.

Comino     Più sottovoce, signori miei.

Le-Daim    E voi, per mettervi in grazia di più, facevate il carnefice.

Comino     Più prudenza, se non altro, differite una tal discussione.

L'Ermite    Del resto il biasimo deve ricadere unicamente sul re: il re solo ha fatto tutto.

Comino     L'Ermite!

Le-Daim    Questo è quanto sono pronto ad acclamare.

Comino     Le-Daim!

L'Ermite    Sarei ben pazzo se volessi nasconderlo.

Comino     Aspettate che sia morto a fargli questi rimproveri. Guar­date, eccolo qui.

L'Ermite    Oh! non è più che un fantasma.

Le-Daim    Cielo, restituiscilo ai nostri voti.

SCENA QUINTA

Luigi, sostenuto da molti del suo seguito, e detti

Luigi          (avanzandosi lentamente, poi fermandosi tutto ad un tratto). Quelli là chi sono?

Le-Daim    Il vostro Le-Daim.

Luigi          Ah! sei tu, mio fedele?

Le-Daim    (indicando gli altri). Comino e L'Ermite.

Luigi          So ben vedermi da me; gli ho conosciuti subito. All'udire costui, si direbbe che i miei occhi indeboliti non mi servis­sero più. Buon giorno, signori miei.

(si appoggia sul dos­siere d'un seggiolone, volgendosi a quelli che lo sostene­vano) Lasciatemi, una volta! non ho bisogno di tanti aiuti; lasciatemi, vi dico; ch'io non abbia da poter muovere un passo senza di voi! (accenno loro che escano)

Le-Daim    Riposatevi, maestà.

Luigi          (sedendo) Perché? Sono forse debole?

Le-Daim    Al contrario.

Luigi          Quello che ho fatto una volta, posso farlo ancora.

Le-Daim    E più, se volete.

Luigi          Così credo.

Comino     Pure l' abusare delle proprie forze è sempre un' imprudenza.

Luigi          Non ne abuso, signor Comino. (incontrandosi con l'oc­chio in L'Ermite) E quel!o là, perché si è posto immobile a guardarmi fisso e con cera torva? Mi trova forse cangiato?

L'Ermite    Chi? io, maestà, trovo che state a meraviglia.

Luigi          Dico bene, perché se tu pensassi altrimenti t'inganneresti a partito, mio vecchio compare.

L'Ermite    Certamente, maestà.

Luigi          (addormentandosi a gradi a gradi) Qui mi sento assai meglio; il luogo è più vasto; qui si respira più liberamente.

Le-Daim    (sottovoce) S'addormenta.

Comino     (c. s.) Ricordatevi, signori, che tutti tre gli abbiamo giurato d'avvertirlo quando arriverebbe il suo ultimo istante.

L'Ermite    Avvertirlo! a che pro?

(L'Ermite, Le-Daim e Comino continueranno a parlar sottovoce)

Comino     Gli ultimi resti della sua volontà possono sempre pro­durre qualche utile conseguenza.

Le-Daim    Lasciar pegni di benevolenza a qualche amico.

L'Ermite    Avete ragione. Diciamogli, dunque, diciamogli la fatale verità.

Luigi          (sempre assopito) L'Ermite, fammi bene la guardia.

L'Ermite    Non ne dubitate, maestà.

Le-Daim    E chi gliela dirà, signori, questa verità?

L'Ermite    Ci vuole un uomo destro, un uomo che il re sia so-lito ad ascoltar volentieri, ed abile ad ammortire la botta che l'infermo riporterà da simile annunzio. (a Le-Daim) Voi.

Le-Daim    Io! (esitando) Non mi  ritiro.

Comino     Parlategli, dunque.

Le-Daim    Ma... lo amo, lo amo teneramente; e l'eccesso mede­simo della mia affezione gli diverrebbe fatale. Bisogna a ciò un uomo di petto; onde, più che ci penso, mi confermo nel credere che voi, Comino, dovreste essere questo tale.

Comino     Volentieri, dal canto mio. Ma perché prendere tanti giri? Non è egli un prolungargli la sua tortura? Io direi, anche per amor suo, che gli si desse tutta d'un botto la sua sen­tenza. L'Ermite, provatevici voi.

Le-Daim    (a L'Ermite) Coraggio.

L'Ermite    (avviandosi,per parlare al re poi ritornando) Con­venite meco, signori, che questa non è la più facile delle spedizioni.

Luigi          Perché parlate sì piano.

Le-Daim    Stavamo ragionando fra noi su la vostra salute, maestà.

Luigi          Oh, sì! rallegratevene. Ma Coitier dovrebbe essere qui a parte della vostra contentezza. Che cosa fa che non viene? Andatelo a chiamare.

L'Ermite    Ma vostra maestà sa ..                         

Luigi          So che si fa troppo aspettare.

L'Ermite    Perché...

Luigi          Obbedite.

SCENA SESTA

I medesimi, meno L'Ermite

Luigi          (che cammina reggendosi sul braccio di Comino) Un po' d'esercizio mi farà bene oggi. Questa mattina appunto mi sento in forza di provare il sauro regalatomi da Riccardo d'Inghilterra. Le-Daim, va subito ad avvisarne il gran scudiere.

Le-Daim    Voi volete?...

Luigi          Fa' stanare un cervo; e di' bene a tutti che quest'oggi il re va alla caccia.

Le-Daim    Bisognerebbe...

Luigi          Fa' quel che ti ordino.

Le-Daim    Bisognerebbe per altro sentir prima da Coitier...

Luigi          Sei ancora qui?

Le-Daim    (sottovoce a Comino) La volontà del comando gli è tornata tutta intera.

SCENA SETTIMA

Luigi e Comino

Luigi          (dopo aver fatti alcuni passi, levandosi il manto d'er­mellino) A che giova poi tutto questo apparato? E perché prendersi tanta sollecitudine per darmi dei fastidi? Chi gli ha pregati di ciò?... La mia corona m'incomoda. Mettetela qui vicino a me... più vicino... anche più... ch'io l'abbia sotto i miei occhi, sotto la mia mano!

SCENA OTTAVA

Coitier, L'Ermite, e detti

Coitier       (entrando dice a L'Ermite) Questa verità la saprà dalla mia bocca; io sì, gliela dirò.

Luigi          Ah! è qui Coitier. Ma donde vieni?

Coitier       Donde vengo? Sull'anima mia ci vuole della virtù tanta per rispondere con sangue freddo a questo motteggio. Donde vengo?

Luigi          Parla, dunque.

Coitier       Ma questa mano acciaccata dai mali trattamenti  che ho sofferti quest'oggi, non porta tuttavia l'impronta dei vostri ferri?

Luigi          Non arrivo a capirti.

Coitier       Donde vengo? dal carcere.

Luigi          Tu?

Coitier       Avete bisogno che vi si dica?

Luigi          Chi ha dato quest'ordine?

Coitier       Voi!

Luigi          Sostengo...

Coitier       Lo deste alla mia presenza voi stesso; voi stesso lo deste.

Luigi          Dove? quando? perché?

Coitier       Credermi cooperatore a simil disegno! Se fossi  stato capace di simil tradimento, chi me ne avrebbe rattenuto tanto tempo prima? Qual braccio si sarebbe interposto tra voi e me? Chi m'avrebbe impedito di finirla con voi? L' avrei potuto senza valermi d'arma di sorta alcuna, e senza che ne fosse rimasto il menomo indizio. Aveva io bisogno d'in­trodurre un complice dietro alle cortine del vostro letto?...

Luigi          Aspetta.

Coitier       (continuando) Di metterlo ivi in agguato?...

Luigi          Aspetta ti dico. Qual orrido sogno ridesti ora nella mia memoria! Un pugnale, un pugnale!... Nemours!... Ah! nes­suna pietà per lui! nessuna pietà!

Comino     (piano a Coitier) Ah! che faceste! egli se ne era dimenticato.

Luigi          Ah! è stato opera da vero amico il rammentarmelo (a L'Ermite) È morto colui?

L'Ermite    Io aspettava...

Luigi          Come, traditore! Non è morto?           

L'Ermite    Sire, il principe ereditario, mosso a compassione del reo, mi pregò di sospendere...

Luigi          Sospendere l'esecuzione di un ordine che mi vendicava! di un ordine del suo re!... Ho io inteso bene? Mi credono dunque sceso nel sepolcro? Mio figlio! Ah! povero lui! Mi ha costretto a temerlo!I Poiché ha governato prima della sua ora è indeciso se governerà più.

Coitier       Oh! maestà, mettete da una banda ogni idea di vendetta. Ora è tempo di pensare a Dio, perché la vostr'ora è venuta.

Luigi          (ricadendo sul seggiolone) Come! che cosa dici? eh!

Coitier       Vi dichiaro che questo giorno è l'ultimo che vi rimane; l'ultimo giorno di vostra vita.

Luigi          E di quella del mio prigioniero. Succeda poi di me quello che può succedere. Ma tu non dicesti la verità.

Coitier Per quel cielo che mi rischiara la ho detta, sire. Pon­derate bene quello che siete per fare. L'istante di renderne conto è imminente per voi.

Luigi          Non fa nulla. (a L'Ermite) Vattene; che egli muoia o morirai tu invece sua. Mi capisci?

Comino     (piano a L'Ermite) L'Ermite!

L'Ermite    Non avete inteso? ci va di mezzo la mia pelle. (parte)

SCENA NONA

I medesimi eccetto L'Ermite

Luigi          (a Coitier) Oh no, è impossibile; tu lo facevi per atter­rirmi; l'istante, il tremendo istante è lontano: confessalo.

Coitier       Ho detta la verità.

Luigi          Dio! che male tu mi hai fatto!... Il sangue mi si con­gela, si arresta, lascia un vuoto spaventoso nel mio cuore, nella mia testa... Si cerchi il principe ereditario.

Comino     Corro.

Luigi          Fermatevi. Mi crederebbe assolutamente spedito se mi vedesse in questo stato. Oh che spasimi!... È un effetto d'in­debolimento, ma non è la morte. Salvami, buon Coitier! Procurami dell'aria... ah! per aver aria darei tutti i miei te­sori. Pigliati, pigliati quello che vuoi, ma salvami. Si chiami il principe ereditario. Ma no, non è questa la morte!... Dio! Dio! (s'abbandona sul seggiolone affatto privo di moto)

Coitier       (a Comino) È proprio dessa.

Comino      (a Coitier) Provate, se potete, a ritardarla, intanto che io vado a chiamare il principe ereditario. (parte)

SCENA  DECIMA

Luigi e Coitier

Coitier       (dopo aver esaminato un momento l'infermo senza dir nulla) Eccomi finalmente libero. (passa la mano sulla fronte del re e ne solleva le palpebre) Queste labbra, questi occhi appannati e privi di vita ne danno tutti i distintivi dello sfacimento. (ne prende un braccio che ricade) Egli non è più... Per altro il cuore gli batte ancora. Può uscir vivo da questa nuova lotta... Sì, lo può mercé il mio aiuto... ma con quale speranza? Ma, e Nemours?... Natura, tu puoi, perché il misfatto si compia, disputare, disputare, se lo vuoi, per un istante questa spoglia al nulla in cui sta per rien­trare, ma siane tua la vergogna.

SCENA UNDICESIMA

Carlo, Comino, Le-Daim e detti

Carlo         (parlando a Comino) Egli stesso, mio padre, mi ha chia­mato! Consente una volta di abbracciarmi. (guardando il re, poi a Coitier) Oh Dio! Sarei venuto troppo tardi?... Voi non mi rispondete. Il vostro silenzio mi dice abbastanza; egli non è più. (prostrandosi dinanzi al padre) Ah! padre mio! perché queste braccia non mi respingessero, era dun­que mestieri che le agghiacciasse la morte? (si alza all'entrar di Maria)

SCENA DODICESIMA

Maria e detti

Maria        (gettandosi ai piedi di Carlo e presentandogli l'anello da lui ricevuto) Altezza! pietà! clemenza! L'Ermite lo ha condannato! rivocatene la sentenza. Nemours è sul punto di morire, e alla sua vita è congiunta la mia; il re si ricordi di quello che il principe ereditario ha promesso.

Carlo         Ti riconforta, Maria, il re se ne ricorda: va, corri. (si mette in capo la corona reale) Il re ti mantiene la sua pa­rola, e perdona a Nemours.

(Sul finire della precedente scena, e durante questa, Luigi, rianimandosi, a gradi, avrà dato qualche segno di vita. In questo momento stende il braccio per cercare la sua corona, indi si alza alcun poco e gira gli occhi attorno di sé; poi appoggiandosi alla tavola, si trascina fin presso a Carlo, cui pone la mano sopra la spalla; questi manda un grido e cade ginocchioni unitamente a Maria)

Luigi          (a Carlo che vuol rendergli la corona). Tenetela, te­netela; la mia ora è giunta. Accetto il dolore che la provvi­denza mi aveva riserbato: mio padre è stato vendicato da mio figlio.

SCENA TREDICESIMA

Il Solitario, Cortigiani, Consiglieri, la Corte, l'Araldo e detti

Luigi          Avvicinatevi tutti (accennando Carlo). Voi ascoltate la mia voce nel momento in cui sta per mancarmi. Fate quello ch'io vi dico, non quello che ho fatto. Quando siete co­stretto a punire, lasciate operare la legge: quando potete perdonare, parli il sovrano.

Maria        (con disperazione). Ah! ch'egli dunque parli per Ne­mours.

Solitario     Maestà, Dio sta guardandovi. Unite una volta al precetto l'esempio.

Carlo         Lasciatevi ammollire.

Luigi          (al Solitario). E se uso clemenza, Dio me ne terrà conto?

Solitario     Voi dovrete dargli conto d'ogni istante che lasciate tra­scorrere.

Luigi          Ebbene, gli perdono.

Maria        Sarò io che gli porterò la sua grazia: io! io! corro... Ah! L'Ermite.

SCENA ULTIMA

L'Ermite  e detti

L'Ermite    L'ordine è eseguito.

Maria        Ah! egli è morto (cade svenuta su d'una sedia).

Luigi          Questo carnefice ha sempre avuto troppa fretta. Ne porti la pena (accennando Le Daim) non meno di questo infame, che mi ha sempre consigliato il male. Gli abbandono en­trambi al loro giudice su questa terra (giungendo le mani)affinché il mio (guarda il cielo) si plachi e sia meno rigo­roso con me.  Col cuore umiliato ho preso a schifo il po­tere; guardate, lo abbandono... Che cosa è infine? (levandosi in piedi) Una falsa grandezza... un nulla! Pregate il cielo per me... voglio così... lo voglio... lo comando! (vacilla e cade morto a piè del seggiolone).

Solitario     (a Carlo). Figliuol mio, considerate la sua fine, medita­tene i suggerimenti e, cinto della reale corona, non dimen­ticate mai che un sovrano lo è per il suo popolo, non per sé stesso.

Fine del dramma