L’ultima notte di Don Giovanni

Stampa questo copione

Collettivo Semidarte – 2002

Collettivo Semidarte – 2002

L’ultima notte

di Don Giovanni

Di EDMOND ROSTAND

Traduzione: Biancamaria  Bruno  a cura di Daniele Archibugi


L’ULTIMA NOTTE DI DON GIOVANNI

Di Edmond Rostand

PERSONAGGI ED INTERPRETI

Don Giovanni                                           Gianni Poliziani

La Statua del Commendatore                Walter Rigutini

Sganarello                                                Leonardo Chiezzi

Il Diavolo                                                  Fabio Culicchi

L’Ombra Bianca                                      Francesca Carnieri

Il Povero                                                   David Petri

Le mille Ombre                                                 Mascia Massarelli

                                                                           Claudia Morganti

                                                                           Eleonora Ansano

                                                                           Patrizia Parricchi

                                                                           Isabella Crainz

                                                                           Emanuela Bacci

                                                                           Stefania Cardaioli

                                                                           Monica Meloni

Burattinai                                                         Massimiliano Minotti

                                                                           Walter Rigutini

                                                                           Mascia Massarelli

                                                                                                                  

Scene e luci

FABRIZIO NENCI

Regia

FRANCESCO STORELLI

Musiche: Maurizio Canti

Assistente alla regia: Francesca Carnieri

Costruzione maschere e burattini: Semidarte ensemble

Costumi: Letizia Ansano

Scenotecnica: Claudio Scattoni, Luca Morelli, Enrico Mearini

Fonica: Giampiero Scaccini

Organizzazione: Gabriella Corrado

Realizzazione Autunno 2002- Primavera 2003


PROLOGO

Non si vede altro che una scala vagamente rischiarata, la cui chiocciola si perde in alto, e che in basso sprofonda in un abisso. Un riflesso verde e sulfureo inonda gli scalini più bassi.

All’alzarsi del sipario, appare la statua del Commendatore che scende con passo pesante tenendo per il braccio Don Giovanni, il quale appare calmissimo.

DON GIOVANNI: E su lasciatemi il polso. Scenderò da solo. (Pronunciando un nome ad ogni scalino) Ninon... Laura... Agnese... Giovanna....  (si sentono i guaiti di un cane. Don Giovanni tende l’orecchio) E’ il mio cane che mi piange. Era un animale formidabile signore. (continua a scendere) Armanda... Elvira... (Si ferma) Ah! Signor Commendatore! Permettete che mi fermi un istante e che dia ascolto al grido di dolore del mio fedele valletto, con cui tante volte lassù mi sono intrattenuto a parlare.

LA VOCE DI SGANARELLO: (dall’alto) La mia Paga...!

DON GIOVANNI: (alla statua) Potrei risalire solo un momento, per pagargli ciò che gli devo?

LA STATUA:   Va bene, aspetto.

DON GIOVANNI: Mille grazie. (Risale la scala).

LA STATUA:   Tornerà?

DON GIOVANNI: (Scendendo di nuovo) Fatto. Tutto a posto. Ha avuto il calcio in culo che si meritava.

LA STATUA:   Siete ritornato?

DON GIOVANNI: Mi ha fatto bene. Brucerò più tranquillo.

LA STATUA:   Voi non avete paura di nulla, Don Giovanni. E questo vecchio cuore armato di corazza è sensibile al coraggio. Vi faccio Grazia risalite.

DON GIOVANNI: Bisognava dirmelo prima. Qualcosa mi si aggrappa al mantello. Sull’orlo di broccato pesa come un artiglio. È troppo tardi. (rivolto all’enorme Artiglio che effettivamente ha appena afferrato il bordo del mantello) Il signor Diavolo, immagino... (un gallo canta in lontananza)

LA STATUA:   Don Giovanni, Sta facendo giorno, e questo grido metallico mi dice che è tempo di riguadagnare il mio piedistallo. Cercate di disfarvi di quell’artiglio.... (la statua risale)

DON GIOVANNI: certo...., ma uscendo, fatemi la cortesia di lasciare la tomba aperta.

                          (Tirando delicatamente a sé il mantello)

                          Parliamone un po’ tra noi Artiglio. Non credo sia per fare un torto a voi che quel marmo eccellente ha deciso di risparmiarmi. Concedetemi cinque anni. O dieci. Si, meglio dieci. Ho ancora svariate cose da sbrigare, lassù. Vi va? Detto tra noi, ho ancora pochi nomi sulla lista. Vi conviene fare un patto con me, Artiglio. Io sono colui che fa più spesso peccare, il vostro miglior procacciatore di clienti. E poi.. – E su! Mollatemi il mantello! – " Non sono un Dottor Faust che non chiede altro che una buona, piccola operaia tedesca, e che poi, seccato di averci fatto un figlio – si raccomanda all’Angelo per avere protezione. Le dita dello spettro hanno lasciato cinque fiamme sul mio braccio. Mi piacerebbe mostrare alle donne questo tatuaggio! " Lasciatemi il mantello, Signore! E andrò lontano. Più di un sonno di infanta spagnola desidera che io vada a turbarlo nella sua alcova. Sono o non sono il corruttore! Allora sono il vostro vicario. E mollatemi il mantello!

                          (L’Artiglio Lascia il mantello e sparisce)

                          Finalmente. Dieci anni mi bastano. Vostra grazia verrà a cercarmi tra dieci anni. Contate pure su di me. Da parte mia, io conto su di voi.

                          (Risale la scala recitando ad ogni scalino)

                          Rosa... Lisa... Angelica... Armanda...

                          (La sua voce si perde. Don Giovanni scompare. Dopo qualche i9stante lo si sente esclamare)

                          Ehi! Sganarello!


PARTE PRIMA

Dieci ani dopo. Un palazzo a Venezia. Una grande sala che si apre sull’Adriatico, nel quale declinano gli scalini di marmo. Al centro una tavola imbandita, rischiarata da candelabri.

SCENA PRIMA

Don Giovanni, Sganarello

DON GIOVANNI: Arabella... Lucinda... Isabella... Isabeau...

SGANARELLO:         I dieci anni sono passati, padrone.

DON GIOVANNI: Che bella serata! Torno dal Canal Grande.

SGANARELLO:         Ah si?

DON GIOVANNI: Sull’acqua rosa e bruna, ogni gondola trascina un tappeto e la laguna, "come un Putifarre che strappi un mantello," sembra trascinare la barca col suo tappeto. Ma in quest’angolo deserto, l’acqua verde e sorniona sonnecchia sotto un cielo di zolfo e di turchese, come accade, prima che io passi, a una glauca virtù. Mi è sempre piaciuta l’acqua che dorme. Sai perché mi ispira tanto?

SGANARELLO: No.

DON GIOVANNI: Perché è sposata.

SGANARELLO: Cioè....

DON GIOVANNI: E’ Doganessa. Il doge è suo marito, e io il suo Amante. Io sì che ti capisco, Laguna!

SGANARELLO: E’ già. È evidente...

DON GIOVANNI: Voglio gettarle un anello.... un anello che porto all amano sinistra, perché quell’onda si corrompa con me.

SGANARELLO: (Allarmato) Il rubino?

DON GIOVANNI: No. L’anello di vetro.

SGANARELLO: Ah.

DON GIOVANNI: Sì.

SGANARELLO: Il suo?... quello di...? Ma allora...?!

DON GIOVANNI: Sì.

SGANARELLO: Finito?... Vecchio?... Antico?...

DON GIOVANNI: Venezia!... Ah! La città fragile.

                      La colonna è in stucco, la pietra di merletto, il muro è di specchio e la strada d’acqua! E quando due amanti si scambiano l’anello, Sganarello, quest’anello deve essere di vetro!

SGANARELLO: Padrone, i dieci anni sono passati, e voi...

DON GIOVANNI: Io persevero.

SGANARELLO: E stasera?

DON GIOVANNI: Ballo.

SGANARELLO: Tornate?

DON GIOVANNI: No. Più forte di Annibale, approfitto della vittoria... Dopo il ballo.

SGANARELLO: Signore, se scocca l’ora, tanta bella insolenza...

(Si odono i rintocchi di un orologio)

DON GIOVANNI: Ecco. Quando si parla dell’ora, quella suona.

SGANARELLO: Oh!

DON GIOVANNI: Zitto! Ascoltiamo i rintocchi del campanile. [Ah le clocher!]

SGANARELLO: Ci fa forse diventare immortali dire “campanile” in "italiano?" [francese?]

DON GIOVANNI: Adoro le scarpe bianche delle veneziane. E amo avere per mezzano un gondoliere che componga versi e diventi un amico. Le signore di Venezia fanno il bagno in acqua di cedro: "perfino Fedra riuscirebbe ad avere Ippolito ai suoi piedi, così facendo" Venezia è un luogo pieno di occasioni, di regate, di balli.... e di processioni. Amo Venezia! E poi il suo leone mi assomiglia: ai suoi piedi si raduna un volo di colombe, e lui, sdegnoso e altero, rinuncia a regnare sul mare per regnare sull’amore. Sì! Volendo io come te, città folle e profonda, vivere sul mio riflesso, ho costruito sull’acqua.

SGANARELLO: Questa città è mortale.

DON GIOVANNI: E anche se fosse? Mi rifiuto di fuggire sotto un cielo più severo. Questo è il luogo dove vengono a morire i libertini che vogliono infrangere l’ultimo bicchiere, il più bello. In una città d’amore ho visto la luce, e una città d’amore vedrà il mio ultimo giorno. Un solo epitaffio è permesso a Don Giovanni: “Nacque a Siviglia e morì a Venezia”. Non farci caso: dico questo solo per spaventarti. Tanto il Diavolo ci avrà già dimenticato!

SGANARELLO: Ci...?

DON GIOVANNI: Ah già. Tu non c’entri. Però erediti!

SGANARELLO: E che cosa?

DON GIOVANNI: Essermi vissuto accanto. I tuoi meriti sembreranno più convincenti quando dirai al tuo nuovo padrone che esci dalla casa di Don Giovanni! Quanto alle donne....

SGANARELLO: Beh?

DON GIOVANNI: Non avrai problemi. Troverai sempre un padrone .... e delle padroncine.

SGANARELLO: Padron....?

DON GIOVANNI: Certo, mio caro. La donna, quando Don Giovanni non c’è, adora il suo riflesso e va a letto col suo servo! Dimmi, buon contabile dei cuori che ho fatto palpitate, a che cifra siamo? Mille e...?

SGANARELLO: Tre. Non raggiungiamo il quattro.

DON GIOVANNI: Non mi sono mai sentito tanto fresco e disponibile. "Alla ricerca di cofanetti per i miei biglietti galanti," ho osservato lavorare i doratori. E stasera mi sento un cuore di lacca rossa, un cuore cesellato d’oro. Ceniamo! Tutto è dorato. Vedo in fondo alla vita. Tutto in questa città diventa d’oro, anche i gusci d’ostrica! Chi ci dice, cara canaglia, che il Diavolo esista ancora? Il Diavolo è finito! "Così diceva già Tertulliano. Vedo la mia vita, in fondo ad un parco italiano, cadere di amore in amore, come di vasca in vasca" Preparami la maschera e la spada. Il futuro mi appartiene. Vado....


UNA VOCE:       (molto distante) Burattini!!

DON GIOVANNI: Questi antichi richiami veneziani hanno un fascino infinito!

LA VOCE:          (Avvicinandosi) Burattini!!!

DON GIOVANNI: La voce si trascina nell’aria.

SGANARELLO: (andandosi ad affacciare alla finestra) E’ il burattinaio.

DON GIOVANNI: Fallo salire.

SGANARELLO:(Facendo dei gesti al burattinaio) Il vecchio della riva degli Schiavoni.

DON GIOVANNI: Pulcinella! È lui! È nostro! Cenerò guardando pulcinella. Sarò come Trimalcione che guardava danzare un esile burattino e intanto succhiava un nocciolo....

(Entra il Burattinaio con il suo armamentario)

SCENA SECONDA

Don Giovanni, Sganarello, il Burattinaio

IL BURATTINAIO: (Si inchina ossequioso) Burattini.... Li farò ballar..... (mostrando un documento) Servo suo....

SGANARELLO: Quattro pezzi di legno, una vecchia borsa, una vecchia tenda....

IL BURATTINAIO: Castelletto. Posso montare...?

DON GIOVANNI: Monta pure. Di dove sei?

IL BURATTINAIO:  (mentre monta il suo teatrino) Del mondo. Ho viaggiato ovunque. Ho conosciuto scrittori, artisti. Molti. "Ho avuto per spettatore il signor Bayle, in Olanda."

DON GIOVANNI: Anch’io ho viaggiato come una leggenda. Oh teatro dove ho imparato la vita e il bastone! Col tuo frontone. Hai sempre l’aria di un tempietto greco montato sui trampoli. Ah! L’infanzia! (al burattinaia) Perché non ti avvicini? (parlando tra sé) Mi sembra ancora di rivedere il burattinaio sollevare quel sipario immortale e uscire fuori col suo piattino... “ Non dimenticate Pulcinella....” (a Sganarello) Vattene. Lasciami solo con Pulcinella.

(Sganarello esce. Il Burattinaio entra nel teatrino, da cui si vedranno balzare fuori di volta in volta le marionette).

SCENA TERZA

Don Giovanni, I burattini, il Burattinaio

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: Ratatà! Ratatà! Ratatà!

DON GIOVANNI: Eccolo! È lui!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: Io son Pull! Io son là! Io son nel! Io son Là! Son quello che sbatte il naso dietro le quinte!

DON GIOVANNI: Ah! Questo teatro è sempre stato la mia delizia! Perché sbatti il naso?

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: Perche? Parlando col naso per imitare lo zufolo, e dando grandi botte per imitare la gloria, canto un’aria che alla fiera in Francia mi è stata insegnata: (canta)

                             Mai nessuno a me fu eguale,

                             sono il grande generale

                             che ogni donna fa tremar!

DON GIOVANNI: (alzando la coppa e cantando)

                              Son io il grande corruttore

                             Che le chiavi di ogni cuore

                             Porta seco per amar!

                             (interrompendosi, a Pulcinella)

                             Anch’io compongo versi!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: E versi “incavigliati” per di più!

DON GIOVANNI: Impara, caro, che i bei versi, come le belle donne, possono lasciar vedere la caviglia.

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: Don Giovanni, le tue parole sanno sempre un po’ di carne....

DON GIOVANNI: Conosci il mio nome?

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Sì, fratello.

DON GIOVANNI: (un po’ perplesso) In che cosa fratello, carino?

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: In dissolutezza.

DON GIOVANNI: In dissolutezza?! Pulcinella, tu dici sempre cose di cui dovresti tacere.

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: Io son più rosso e sciocco, ma il giorno del giudizio saremo uguali.

DON GIOVANNI: Briccone!

(Pulcinella suona)

                             Che cosa suoni?

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: Suono l’ora solenne che ci vede fratelli.

DON GIOVANNI: Ma allora tu mi tratti da......

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Per essere gentili, non diciamo da Pulcinella ma da Poligamo.

DON GIOVANNI: Sì, ma ad essere esatti dovresti dire “miriagamo”! Fammi rivivere la mia infanzia, solfeggiandomi la scala!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Do, re, mi, fa, sol.....

DON GIOVANNI: Bravo!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: Mercante di ombrellini!

DON GIOVANNI: (ricordando) Rivedo un bambino pallido, con un gran colletto, davanti al teatrino... Triste, perché attorniato....

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Da chi?

DON GIOVANNI: Da bambine, il cui riso assolveva tutti i tuoi peccatucci.

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: Do, re, mi...

LA MARIONETTA DI CASSANDRA: (spuntando dal teatrino) Tu m’hai preso la figlia, seduttore!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: Che noiosa! (e la uccide)

DON GIOVANNI: Era il Commendatore!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Io amo Carlotta!

LA MARIONETTA DI PIERROT: (Spuntando dal teatrino) Lei è mia!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: Ma che noioso! Mercante di ombrellini. (lo uccide) Che ognuno viva la sua vita!

UN CANE:          (Spuntando dal teatrino e saltando in testa a Pulcinella)

                              Arf!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: Il cane sì che se la gode: mi ha mangiato il naso!

DON GIOVANNI: Ah! Come ridevano dei colpi che sferravi a tutti gli ingenui Pierrot e alle caste Cassandre!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: Chi rideva?

DON GIOVANNI: La bambine. Ero seduto tra i loro abitini. La loro bellezza mi incantava.

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Avevano le gambe nude?

DON GIOVANNI: E stai zitto!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: Perché la bellezza... Beh! Ho Conosciuto un filosofo che non era più sicure neanche della bellezza di Elena.

DON GIOVANNI: Pedante! La bellezza di Elena! Sporco pedante! L’unica cosa al mondo di cui io sia ancora certo! Elena! Dove sei, dunque? Io partirei...

(una bambola appare dal teatrino)

                             Oh!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Gia di ritorno dal tuo viaggio a Sparta?

DON GIOVANNI: Ahimè! Sotto il cielo grigio di questo secolo soffocante la grande Elena è morta. (contemplando con ammirazione la bambola) Graziosa la piccola! Astro splendente di un misero scenario!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Per consolarlo della perdita di Elena, basta un pezzo di legno coi capelli biondi! Vedi bene, signore che ci assomigliamo. (alla bambola) Ti amo!

DON GIOVANNI: Non usiamo la stessa tattica.

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  (a Don Giovanni) Prego?

DON GIOVANNI: Se dici “Ti amo” sei rovinato.

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Come bisogna fare, allora?

DON GIOVANNI: Né troppo presto, né troppo tardi. Su, vediamo come te la cavi: seducila!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Che faccio?

DON GIOVANNI: E’ un’arte!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: Del piede?

DON GIOVANNI: Che merlo!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  O dello sguardo?

DON GIOVANNI: Che triglia!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Ma che cosa devo sembrare, allora?

DON GIOVANNI: Un vortice!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Mi immedesimo.

DON GIOVANNI: Lei aspetta. Sente che l’avrai. L’hai. Poi devi guardare altrove.

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Ah sì? Così?

DON GIOVANNI: Un silenzio terribile.... Questa è la mia tattica. Inganno senza mentire, come fa l’orizzonte.

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Mi sfumo, allora.

DON GIOVANNI: E la donna s’imbarca. Gustiamoci l’attimo in cui la passerella trema per il piede che ella vi posa. Perché la barca non vale mai la passerella.

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Non c’arrivo...

DON GIOVANNI: Come ti comporti, adesso?

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Se le facessi leggere un libro licenzioso?

DON GIOVANNI: Averla grazie a Boccaccio e a Straparola? Che orrore!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: (alla bambola) Carlotta! Una parola! No? (la picchia)  Bang!

DON GIOVANNI: Allora non ci intendiamo sulla tattica. Non si picchiano le donne: piuttosto bisogna farle soffrire.

LA BAMBOLA:  (interessata a ciò che dice Don Giovanni) Ah sì? E come?

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: (a Don Giovanni) Tu vuoi far colpo sulla mia bambola.... (picchia ancora la bambola) Ma lei è onesta, onesta, onesta!

DON GIOVANNI: E’ morta!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  E’ quel che dicevo! (lanciando il corpo della bambola in aria) Hop là!

DON GIOVANNI: Allora, arriva il diavolo?

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Non il diavolo, il gendarme.

DON GIOVANNI: Tagliamola, la scena del gendarme.

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Tagliare questa scena mirabile?! E va bene. Entra il giudice...

DON GIOVANNI: Tagliamo, tagliamo!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Ma così tagliamo tutto!

DON GIOVANNI: A seconda dell’ora, anche un capolavoro va adattato al proprio gusto: e stasera mi piacerebbe vedere il Diavolo che porta via qualcuno.

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: Proprio stasera? (agita il campanello)

DON GIOVANNI: Perché suoni?

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: L’ora del lupo mannaro! (Trema) Che paura!... Lo sento che arriva... Arriva...

DON GIOVANNI: Da dove? Da dietro? Perché volti la testa?

LA MARIONETTA DEL DIAVOLO: (spuntando dal teatrino) Crrrrrr!...

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: (picchiando il Diavolo) Bang! Ma guarda! Mi si è rotto il bastone! Bestiaccia! (il Diavolo scompare)

DON GIOVANNI: Hai un altro bastone?

LA MARIONETTA DEL DIAVOLO: (rispuntando di nuovo) Crrrrrr!...

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: (picchiandolo nuovamente) Bang! È inaudito! (il Diavolo scompare)

DON GIOVANNI: Non si picchia il Diavolo!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA:  Lo si fa soffrire?

DON GIOVANNI: Proprio.

LA MARIONETTA DEL DIAVOLO: (ricomparendo)Ah sì? E come?

DON GIOVANNI: Lo capirai quando sarai grande.

LA MARIONETTA DEL DIAVOLO: Caspita!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: (picchiando forsennatamente il piccolo diavolo) Bang! Un altro bastone!..... Bang! Un altro..... Bang!

DON GIOVANNI: Calmati!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: E’ che ho paura.

DON GIOVANNI: ....Senza paure e senza rimorsi..!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: Bisogna vivere la propria vita.....

DON GIOVANNI: ...E morire la propria morte...

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: Mi porta via! A che serve essere onesti?! Ah! Come soffro!

DON GIOVANNI: (al piccolo diavolo) Te lo carichi così, sulla spalla?

LA MARIONETTA DEL DIAVOLO: Non è orribile?

DON GIOVANNI: E’ curioso. Ma come. Ma come si comporta male!

LA MARIONETTA DEL DIAVOLO: Ah sì? Tu ti comporteresti meglio?

DON GIOVANNI: Certo.

LA MARIONETTA DEL DIAVOLO: Tu mi faresti soffrire?

DON GIOVANNI: Sì. Hai da ridire?

LA MARIONETTA DEL DIAVOLO: (cambiando improvvisamente voce) Ciò stuzzica la mia curiosità. Poso un attimo il cadavere... Vorrei proprio sapere, mio caro, in che modo...

DON GIOVANNI: Ma guarda! Dov’è finito il tuo accento italiano?

LA MARIONETTA DEL DIAVOLO: ... Tu mi faresti soffrire?

DON GIOVANNI: Lo sai bene. Tu soffri quando tieni un uomo in bilico sull’orlo del tuo abisso e lui non impallidisce. Quando te lo porti via, tu vuoi che si faccia trascinare per i capelli e che si aggrappi a tutte le colonne del peristilio. Le tue corna, sul fuoco alitato dal tuo grugno, vogliono scuotere un lottatore snervato... A me, invece, quando mi avrai preso, comunque non mi avrai!

LA MARIONETTA DEL DIAVOLO: Non mi avrai! Mi piace questo “non mi avrai”

DON GIOVANNI: Per avermi, bello mio, dovresti farmi impazzire, farmi diventare rabbioso e urlante come questo povero pagliaccio. Oppure, avermi pallido, l’occhio spento, col fiato mozzo, mezzo morto... come io prendevo le donne! Ma così come sono, forte, non mi avrai! Rido sulla soglia dell’inferno; Dante non vi ha scolpito per me quella frase minacciosa, perché ho ricordi più brucianti dei tuoi artigli. Vedi, è solo che io sono io!

LA MARIONETTA DEL DIAVOLO: Vale a dire?

DON GIOVANNI: Un eroe! Figlio del Conquistadores, la Dama e la mia Florida. Perché audace come loro ma più avido, io ho voluto errare dall’India fin qui... L’India dove sempre andrò! Quelli che credono che alla morte mi pentirò, non mi hanno mai visto quando esco da un’alcova. Sono un mostro con l’anima, Arcangelo fulvo che lascia vivere la sua ala di decaduto! Se al mio passare un soffio agita il fazzoletto, è perché io non faccio come Pulcinella che si trascina dietro il cadavere della sua ala.

LA MARIONETTA DEL DIAVOLO: Allora, tu non hai paura?

DON GIOVANNI: Né di te, né dei tuoi.

LA MARIONETTA DEL DIAVOLO: E le fiamme?

DON GIOVANNI: Ne sprigiono anch’io!

LA MARIONETTA DEL DIAVOLO: E le corna?

DON GIOVANNI: Credo che i più arditi le temano." Il maresciallo Trivulzio è svenuto davanti a un diavoletto moribondo." Ma io non tremo che per il desiderio.

LA MARIONETTA DEL DIAVOLO:Mi supplicherai di non portarti via. E lo farò quando sarai vinto.

DON GIOVANNI: Ne prendo nota. Sono salvo!

LA MARIONETTA DEL DIAVOLO: (Tendendo la manina al di fuori del teatrino) Scommettiamo?ù

DON GIOVANNI: E’ andata!

LA MARIONETTA DEL DIAVOLO:Qua la mano! (la marionetta del diavolo scompare)

DON GIOVANNI: Che cosa mi succede? E perché non avendo bevuto che un dito di marsala, e quando già l’ora del ballo si avvicina, mi lascio.... (all’interno del teatrino si ode il suono di un campanello) Perché suona questa campana? Da dove viene?... (un fanale si spegne sul mare) E quel fanale perché si è spento?.... Forse mi sono lasciato andare. Ho detto a quel fantoccio quel che non avevo mai detto a nessuno. E su! Perdi il ballo, Don Giovanni! È l’ora...... (nello stesso istante, il Burattinaio esce dal teatrino. Ha lasciato cadere il suo abito da burattinaio: è il Diavolo in persona) Ah! Eri tu! Ora so che ballo dovrò ballare....!

SCENA QUARTA

Don Giovanni, Il Diavolo

IL DIAVOLO:    Non scordarti di Pulcinella per favore!

DON GIOVANNI: Che cosa devo mettere, stasera, nel tuo piattino?

IL DIAVOLO:    La tua anima!

DON GIOVANNI: Addio, donna mobile!

IL DIAVOLO:    Il vecchio Burattinaio, signore, sono il vecchio burattinaio! Nel mio sacco porto un giudice, un imperatore, tre accattoni. Ho artigliato anche due senatori, morti d’un colpo. Ti unisci alla compagnia?

DON GIOVANNI: No. Io tiro diritto.

IL DIAVOLO:    Il vecchio Burattinaio, signore.... All’inferno!

DON GIOVANNI: Maldestro che sei! Vera crudeltà sarebbe se non fossi arrivato così presto. È ingenuo che viene a parlarmi di inferno, e chi mi risparmia l’unica cosa davanti a cui Don Giovanni sarebbe caduto!

IL DIAVOLO:    Eh no, caro! Io ti conosco: tu non saresti invecchiato.

DON GIOVANNI: Se ti sfilassi i guanti artigliati, potresti cenare con me... Perché vedi, stasera, io sotterro la mia vita...

IL DIAVOLO:    Sì... di ragazzo. Due poltrone di velluto?

DON GIOVANNI:  Sempre!

IL DIAVOLO:    E due coperti?

DON GIOVANNI: Sempre! Aspetto il diavolo..... O Cleopatra che giunge da Bubaste. Quando arriva la regina, è tutto all right! Quando arriva il Diavolo.... ho chiuso! (si ode una musica) E’ la mia orchestra, in sottofondo....

IL DIAVOLO:    Sempre?

DON GIOVANNI: Certo! Non è male, eh?

IL DIAVOLO:    Andiamo!

DON GIOVANNI: E il mio mantello? Bello eh?

IL DIAVOLO:    Superbo.

DON GIOVANNI: E’ necessario. L’immagine è molto importante. Andiamo, allora? E la manica? Che te ne pare? Tagliata da un artista. Hai la gondola? (Chiama) Gondoliere Caronte! È sempre lui, spero!

IL DIAVOLO:    Che gradasso!

IL DIAVOLO:    Ah sì! Sono sempre stato un gradasso.

IL DIAVOLO:    Così ti voleva il gentil sesso.

DON GIOVANNI: Andiamo?

IL DIAVOLO:    Non ancora.....

DON GIOVANNI: Ti urta i nervi portarmi via così allegro?

IL DIAVOLO:    Ceniamo, va.

(Si siedono a tavola)

DON GIOVANNI: Speri che il vino mi renda triste?

IL DIAVOLO:    Vedremo.

DON GIOVANNI: Secco o dolce?

IL DIAVOLO:    Secco.

DON GIOVANNI: Che te ne pare di queste rose sul tavolo? Organizzare le cose è sempre stato il mio mestiere...

IL DIAVOLO:    Importantissimo anche questo, no?

DON GIOVANNI: Perbacco, l’atmosfera ha la sua importanza. " I mobili sono del Brustolone

IL DIAVOLO:    Ah sì!

DON GIOVANNI: E... vediamo... i ninnoli... affollano Citera! "

IL DIAVOLO:    Sei tappezziere?

DON GIOVANNI: Per camere d’adultera! E che mi dici del menù?

IL DIAVOLO:    Cuoco?

DON GIOVANNI: E su! Chi potrebbe negare l’importanza del sugo che irrora e del lardo che riveste la lepre romagnola o la quaglia lombarda? Bisogna cucinarsi da soli per l’amore! E circondarsi di arte e letteratura. Le donne non sono stupide come si pensa. Vedono la differenza, e sanno che è molto meglio con un...

IL DIAVOLO:    Tappezziere, direttore d’orchestra, sarto e cuoco?....

DON GIOVANNI: Diamine! Bisogna che il peccato interessi, fiammeggi, risplenda! Ma perché sei così nero? È inutile. E anche stupido.

IL DIAVOLO:    Tu dici, eh?

DON GIOVANNI: Ma chi ti ha ridotto così?

IL DIAVOLO:    Il calamaio che mi ha tirato Lutero!

DON GIOVANNI: Staresti meglio verde.

IL DIAVOLO:    Mi ci hai visto?

DON GIOVANNI: L’Eden! Eva!

IL DIAVOLO:    Mi hai....?

DON GIOVANNI: Ero Adamo!

IL DIAVOLO:    Te ne ricordi?

DON GIOVANNI: In sogno. Mi sembra ancora di vederci, sotto quel melo ingobbito. Qual è i gran segreto che conoscemmo allora? Nessuno me l’ha mai detto.... Ero il primo uomo. Addentai, e vidi nella mela agitarsi, bianco e flessuoso – simile a te che sei verde e flessuoso – il tuo orribile diminuitivo...

IL DIAVOLO:    Il verme?

DON GIOVANNI: Io sputo e tu mi dici “Mordine un’altra”. Nel nuovo frutto vedo lo stesso verme torcersi. Sputo nuovamente e tu esclami: “Prova gli altri!”. Mordo: un verme! Mordo ancora: un verme! E allora tu dichiari: “Ogni bel frutto non è che un verme che si nasconde. Ecco il grande segreto che non bisogna conoscere. Provate un po’ a vivere sapendolo!”.

IL DIAVOLO:    Provate!

DON GIOVANNI: Ci siamo riusciti subito. Il fogliame in cui da allora la donna si nasconde, ci concesse il vizio donandoci le vesti; e presto scoprimmo il modo di dimenticare, anche se per un istante. Che non c’è cosa che non nasconda u verme!

IL DIAVOLO:    Da ciò Don Giovanni!

DON GIOVANNI: Da ciò l’eroe che si vendica e che grida fuggendo: “Brandisci la tua spada, Arcangelo, per custodire il giardino del padrone generoso che ci ha donato un albero dai frutti bacati. Quanto a me, ci rinuncio, e lasciando la scala di Giacobbe per quella di seta, rido del paradiso che voi riservate ai puri, perché per un (paradiso) perduto, mille sono i ritrovati!”.

IL DIAVOLO:    Mille e tre! Non sono entusiasta di una spiegazione che odora di Sacri testi.

DON GIOVANNI: Sì, poiché tutto è nulla...

IL DIAVOLO:    Facciamo che un nulla sia tutto!

DON GIOVANNI: Ho saputo creare un frutto dal gusto sublime!

IL DIAVOLO:    E il cielo, allora?

DON GIOVANNI: Quando conquisto un bel volto, dentro quegli occhi vedo il cielo”

IL DIAVOLO:    La verità?

DON GIOVANNI: E’ la donna, che emerge da un mare di fronzoli!

IL DIAVOLO:    La gloria?

DON GIOVANNI: Non ce n’è che una: la Vittoria che, senza finzioni, viene a spogliarsi davanti a noi.

IL DIAVOLO:    (si alza e poggia una mano sulla spalla di Don Giovanni) Allora ! andiamo sei felice di essere stato....

DON GIOVANNI: (alzandosi anche lui) Il solo eroe che ammiri veramente  l’umanità! Leggi i loro libri! Osservi i loro drammi! Tutto lo prova! Guarda con quale occhio lucente mi detesti la virtù! Che cosa si aspettano dal potere tanti uomini rozzi e banali, che credono di essere per un istante ciò che io sono per sempre? Osserva con quale ardore esegetico e invidioso il naso dei professori ha frugato nella mia vita! Chi non ammira in segreto ciò che io  oso baciare? Sono quelli che non osano perché si sentono  troppo brutti o vigliacchi. Io sono la magia di tutti! Non c’è opera, non c’è virtù, scienza o fede che, malgrado il tuo sibilo di vecchio serpente, non conosca il rimpianto di non essere me.

IL DIAVOLO:    E ora che ti resta?

DON GIOVANNI: Quel che resta delle ceneri di Alessandro. Esse sanno di appartenergli, ma poiché io sono stato il soldato di me stesso, anch’io ho posseduto!

IL DIAVOLO:    Hai posseduto? Possedere, cari immoralista, è il loro motto. Ma cosa hai posseduto veramente?

DON GIOVANNI: (Chiama) Sganarello

SCENA QUINTA

Don Giovanni, Il Diavolo, Sganarello

DON GIOVANNI: (A Sganarello che sta entrando) La mia lista!

SGANARELLO: (spaventato alla vista del Diavolo) Oh!

DON GIOVANNI: Sì. Prendi il rubino e parti.

SGANARELLO: (al diavolo) Vade retro!! (a Don Giovanni) Bisognerà che dica a ..

DON GIOVANNI: No. Sono troppe.

(Sganarello esce)

SCENA SESTA

Don Giovanni, Il Diavolo

IL DIAVOLO:    Nessuno... Neanche un figlio?

DON GIOVANNI:"Non fa niente. Fu Stafilo, il figlio dell’ubriacone Sileno, che per primo allungò il vino rosso con l’acqua. "Che un figlio metta l’acqua nel mio vino?... No. Sipario. È finita... Buonasera... Andiamo?

IL DIAVOLO:    Non ancora. È quella parola “possedere” che mi... non che ignori che cosa intenda il Diavolo per possesso; ma l’uomo... possedere...possedere! Eh! Se precisassimo un po’ meglio il significato di questo verbo attivo?

DON GIOVANNI: Caspita! Il tuo occhio giallo brilla di libidine!

IL DIAVOLO:    Metto il piede sul piatto delle grandi parole...

DON GIOVANNI: Sì, il piede di capro!

IL DIAVOLO:    “Andare a letto”, dice il dizionario: è questo possedere? Ma non è qualcosa di più terribile?

DON GIOVANNI: Allora “la conobbe” dice la Bibbia. Possedere è conoscere. Ah! Conoscere! Avere! Come vedi è cosa ben terribile!

IL DIAVOLO:    Bisogna aver conosciuto per...?

DON GIOVANNI: Possedere!

IL DIAVOLO:    E tu le hai conosciute?

DON GIOVANNI: Ho stretto tra le mie braccia le loro anime nude. Nessuno è stato meglio al loro gioco. "Lauzun! "(Landrù)Richelieu? Bambini che mi facevano il verso! Nessuno ha mai trasformato tanti fazzoletti in tanti grumi di rabbia! Ah! Posso strappare la mia lista!

IL DIAVOLO:    Ma sì, strappiamola!

DON GIOVANNI: Conosco i nomi, il giorno, la ragione, l’inganno! So a memoria tutti i loro segreti! Con mano distratta, frugo tra i ricordi di un’alba o di una sera e, vincitore, soppeso il mio bottino. Ti racconto i dettagli, se ti interessa! Per evocare ognuna di loro, basta che ne mastichi tra i denti il nome, come un fiore.

IL DIAVOLO:    Mettiamo nel cappello i frammenti del tuo cuore!

DON GIOVANNI: E sai i nomi di donna non sono facili!

IL DIAVOLO:    Strappiamo, strappiamo. Dobbiamo farne mille e tre pezzetti...

DON GIOVANNI: Mi piaceva annusare il rimorso....

IL DIAVOLO:    Strappiamola!

DON GIOVANNI: I leoni non toccano i morti. E io non toccavo che carne ancora viva. Avanti, a noi due! Dilaniamo tutte le donne....

IL DIAVOLO:    vedo che l’alfabeto intero ti ha amato... dalla A alla Zeta...

DON GIOVANNI: Ho qui la Zeta.. Zulma. Restano ancora delle B... Le quattro Brigitte... è tutto finito.

IL DIAVOLO:    E ora... (con gesti da illusionista, fa improvvisamente apparire un piccolo violino)

DON GIOVANNI: Ehi! Fai il prestigiatore?

IL DIAVOLO:    Porto sempre con me un violino... Il vecchio burattinaio è maestro di danze.... lon...lon..là.... Fa danzare anche le foglie morte. Canta, oh violino fatto di legno come gli amanti, la notte che il diavolo trascorre suonando! Canta, sotto l’archetto che p fatto di legno come quelli che si chiamano Don Giovanni! (sempre suonando, parla ai pezzetti di carta che si mettono a fremere) Ballate, piccli frammenti di una vita ebbra! Gavotta.....

DON GIOVANNI: Che hai da ballare come un matto?

IL DIAVOLO:    è la gavotte della lista strappata! Sorretti dai vostri nomi, oh frammenti, fate festa!

DON GIOVANNI: (guardando i frammenti della lista che girano) Dove vanno?

IL DIAVOLO:    Penso che abbiano voglia di volare via! Ah. Se volete andarvene, farfalle nate da questa vita, volate bianche sulla laguna! Andate! (i frammenti volteggiano nell’aria e, sparpagliandosi lontano come i fiocchi dineve, ricadono sull’acqua) Una Farandola... E improvvisamente, sull’acqua increspata da un soffio, ognuno dei dolci frammenti che porta un nome seducente si ingrandisce, ingrandisce, si allunga a formare un profilo scuro, diventa una gondola e scivola lentamente. (nello stesso istante appaiono alcune gondole)

DON GIOVANNI: Che cos’è questa strana flottiglia?

IL DIAVOLO:    Barcarola!... Non essendo che un dondolio, una stretta, un dolore, ognuno dei tuoi amori non era che una gondola! Guardale passare: barche, alcove e bare!

DON GIOVANNI: Come corrono veloci al chiaro di luna i miei amori!

IL DIAVOLO:    Guardale incrociarsi, aguzze, oscure, affilate...

DON GIOVANNI: Ancora gondole!

IL DIAVOLO:    Sono mille e una! Sono mille e due! Sono mille e tre! (rivolto alle gondole che già si avvicinano alla terrazza) Venite! Venite!

DON GIOVANNI: Ciascuna è un astro che vaga

IL DIAVOLO:    ...Gondole di cui il mio gesto è il solo gondoliere! Vuoi che ognuna deponga alla scalinata, sotto il fanale di smeraldo, il fantasma che porta?

DON GIOVANNI: (trasalendo) Che cosa? Questi incanti galleggianti non sono vuoti?

IL DIAVOLO:    No. Ogni gondola, essendo un frammento della lista, trasporta un’ombra di donna sbocciata dal suo nome. Ci sono tutte. Io. Più potente di Paracelso, ho raddoppiato la loro vita o le ho risvegliate dalla morte. Vuoi che, alzandosi dai cuscini neri delle barche, posino sulla riva le scarpine dorate?

DON GIOVANNI: Tutte!

IL DIAVOLO:    (grigando piegato sull’acqua) Su! Sbarcate!

DON GIOVANNI: (afferrando il candelabro di argento dorato, si dirige verso la sommità della scalinata, dove resta immobile) Salgono i fantasmi!

(le donne, una alla volta, appaiono in cima alla scalinata uscendo dall’ombra)

IL DIAVOLO:    indossano tutte la maschera banca veneziana! 

DON GIOVANNI: Le vostre scarpine bianche inebriano il marmo! (e posando il doppiere si getta in una poltrona)

IL DIAVOLO:    (saltellando e suonando il violino) Su! Sbarcate!

OMBRA:             Buonasera, Don Giovanni!

IL DIAVOLO:    Avanti! Sbarcate!

(lentamente le donne, tutte uguali, con un ampio mantello, la maschera e il ventaglio, continuano ad emergere dall’ombra)

"

DON GIOVANNI: E’ lo sbarco di Citera!

IL DIAVOLO:    (ridiscendendo, rivolto a Don Giovanni, sempre suonando) E nota bene, dipinto dall’inquietante Longhi, non da Watteau! Non c’è più il dolce Watteau, quando si sbarca!"

DON GIOVANNI: Le ombre blu e argento salgono la scala d’acqua!

IL DIAVOLO:    Ognuna imita l’altra, riassumendo tutto l’amore nel fragile corredo: la maschera, il mantello, il ventaglio e la rosa...

IL DIAVOLO:    La rosa, il ventaglio, il mantello e la maschera!

(tutta la scena è occupata dalle ombre che continuano a sbarcare)


SCENA SETTIMA

Don Giovanni, Il Diavolo, Le mille e tre ombre

OMBRA:             Buonasera, Don Giovanni!

DON GIOVANNI: (galante, rivolto  alle ombre) Posso offrirvi qualcosa? Un gelato, un bel frutto, un dolce più leggero? E posso aiutarvi a togliervi maschera e mantello, lasciandovi il ventaglio e la rosa?

IL DIAVOLO:    (risentito, colpendo secco l’archetto sul legno del violino) No! (Don Giovanni si alza e guarda sorpreso il Diavolo. Questi continua con accenti più dolci, salutando) Ognuna resterà avvolta nel suo mantello, dietro al ventaglio; e sfogliando la rosa, farà, in poche parole, il ritratto della sua anima. Se tu dirai il suo nome, la maschera cadrà!

OMBRA:             ƒ Io.... (e continua all’orecchio di Don Giovanni)

DON GIOVANNI: Sussurrando così?

IL DIAVOLO:    A meno che tu non trovi una donna che possa parlare di sé ad alta voce!

DON GIOVANNI: (accarezzando la mano dell’ombra) Tu...

IL DIAVOLO:    Giù le mani! Solo anima...

DON GIOVANNI: (all’ombra) Ogni volta lo stesso rimorso! Tu hai sempre avuto una virtù fatale, Lucilla!

OMBRA:             ƒ Ah! L’incantatore!

DON GIOVANNI: Vedi com’è facile?

OMBRA:             ƒ Solo dicendo Lucilla...

DON GIOVANNI: Sì, dico bene: Lucilla!

OMBRA:             ƒ Sarai tu a persuadermi di essere lei!

DON GIOVANNI: Non sei lei?

OMBRA:             ƒ No!

DON GIOVANNI: Ma...

OMBRA:             E io? Chi sono?

DON GIOVANNI: Tu... (cerca ancora di prendere la mano dell’ombra)

IL DIAVOLO:    (dandogli un colpo di archetto sulle dita) Giù le mani!

DON GIOVANNI: Ma sì! Conosco il tuo nome! Tu... tu... tu... Non posso sbagliare. Tu... sei tu... notte di fuochi d’artificio.. nella folla perdemmo tua madre e il suo cane...

OMBRA:             Sì, mi sono comportata male...

DON GIOVANNI: Ma io benissimo! Susanna!

OMBRA:             No!

DON GIOVANNI: Ma come! I particolari...

IL DIAVOLO:    Banali.

DON GIOVANNI: Sì! È vero! Nella mia vita ci sono state tante madri, tanti cani e tanti fuochi d’artificio!

OMBRA:             E io?

DON GIOVANNI: Tu... tu... tu... tu... Com’è? Un po’ delusa? Perché? Non si fa bene l’amore così... in alto! E vostra altezza lo era un po’ troppo...

OMBRA:             Non sono lei. Ti sbagli.

OMBRA:             E io?

DON GIOVANNI: Tu?... Bellagio, Villa delle antemidi... Miss Ethel!

OMBRA:             No!

DON GIOVANNI: Ma come!

IL DIAVOLO:    Né Ethel, né miss!

DON GIOVANNI: un momento! Dov’è che ho fatto mio questo cuore nostalgico? Ah! La figlia del portiere del collegio!

OMBRA:             No!

OMBRA:             E io, chi sono?

DON GIOVANNI: Questo cuore che scoppia come un pallone troppo gonfio! Ah La sera della corrida! Conchita!

OMBRA:             No!

OMBRA:             ƒ E io?

DON GIOVANNI: Questa volta...

IL DIAVOLO:    Chi è allora?

DON GIOVANNI: Mia zia! Che era gelosa di mia nipote!

OMBRA:             ƒ No!

DON GIOVANNI: Ma insomma! (ascolta ancora un’altra ombra) Ma s’! ... Una parola ti rese famosa: mostra il tuo naso calmucco, principessa Olga!

OMBRA:             Ti sbagli!

DON GIOVANNI: Che cosa!?

OMBRA:             E io?

DON GIOVANNI: Lucy... quella che leggeva il brantöme...

OMBRA:             Macchè!

DON GIOVANNI: (respingendola)  Oh!

IL DIAVOLO:    Non mi maltratterai un fantasma, spero!

DON GIOVANNI: Qui mi si prende in giro!

IL DIAVOLO:    No! Ti si dice la verità

DON GIOVANNI: (ascoltando un’altra ombra) Beh? Allora? (al diavolo) Non mi dice nulla?

IL DIAVOLO:    Non avrà nulla da dirti!

DON GIOVANNI: Lucia... Anna... Emma... Zoè... Berta... Emmeline...

IL DIAVOLO:    Cerca!

OMBRA:             Chi sono?

DON GIOVANNI: Tu? Aiutami! Togliti la maschera! (l’ombra si leva la maschera, ma sotto ne ha un’altra) Un’altra?! (e, senza svelare il suo volto l’ombra continua a levarsi altre maschere) Un’altra, un’altra ancora? E ancora?

IL DIAVOLO:    Sempre! È di quelle che volto non hanno che maschere.

DON GIOVANNI: Non sono mica brillo! Il vino è tutto nella bottiglia! Ho paura di tutti questi occhi che mi scrutano. Ah! Gli occhi non sono di carne, no ho diritto! Gli occhi mi illumineranno!... L’oscurità raddoppia... Non sono tremendamente enigmatici?

IL DIAVOLO:    Ciò ti turba?

DON GIOVANNI: E’ difficile riconoscerli!

IL DIAVOLO:    Certo! Senza pelle, senza capelli, anche senza cappello...

DON GIOVANNI: Non trovo quegli occhi da baccanti...

IL DIAVOLO:    Forse non c’erano...

DON GIOVANNI: Mi sembra la prima volta che vedo questi occhi semplici e grandi.

IL DIAVOLO:    E’ perché esse hanno lo sguardo che avevano le loro ave, gli occhi che esse avevano quando erano sole!

DON GIOVANNI: Tu menti!

LE OMBRE:       ƒ (ridendo) Ha! Ha!

DON GIOVANNI: Sì, sì, ridete, ridete. Sapevo che prima o poi vi sareste tradite! Riconosco il suono delle vostre risate. E posso dire... Ma che suono ha il loro riso, stasera?

IL DIAVOLO:    E’ il riso che forse ha risuonato qualche volta, ma che nessun uomo ha mai inteso.

DON GIOVANNI: No! Io lo conoscevo!

IL DIAVOLO:    Ah! Un essere umano! Si può mai dire di conoscerlo? Lo si può conoscere?

DON GIOVANNI: Continua a saltellare come una scimmia! Continua... Io li riconoscerò... Userò il candelabro...

OMBRA:             ƒ Ah!

DON GIOVANNI: Quella risata laggiù, così malvagiamente lunatica... Arcangela Tarabotti, la monegasca!

OMBRA:             ƒ No!

(Continuano ad arrivare nuove ombre)

DON GIOVANNI: Ne arrivano ancora!

IL DIAVOLO:    Sbarcate!

DON GIOVANNI: Maledizione! Eppure le ho conosciute! Su! Mostratemi gli occhi! Vi ho detto mostratemi gli occhi! No.... la risata non mi interessa più! Elvira è tra voi: la conoscevo bene, Elvira...

IL DIAVOLO:    Cercala, allora!

DON GIOVANNI: Prenderò il grande candelabro dorato... (afferra il candelabro)

IL DIAVOLO:    Cerca!

DON GIOVANNI: Scruterò tutta la notte, se è necessario, portando la luce all’altezza dei vostri occhi, quegli abissi in fondo ai quali vi trovate!

IL DIAVOLO:    Canta, violino mio!

DON GIOVANNI: Oh!

IL DIAVOLO:    Perché questi furori? Cerca!

DON GIOVANNI: Sì! Tutta la notte... con calma. I miei errori non contano. Comincia ora. Sguardo tragico... Olga?

OMBRA:             No!

DON GIOVANNI: (rivolgendosi a un’altra ombra) Occhi romantici... Lucy?

OMBRA:             No!

DON GIOVANNI: Non perdiamo la calma... E se ricominciassi? Quegli occhi... con calma... Quegli occhi là... E’  è... è...

(E Don Giovanni, passando di ombra in ombra continua a cercare. Il sipario cala lentamente)


PARTE SECONDA

La scena è la stessa. Sta facendo giorno. Don Giovanni, fra la folla delle ombre, continua a cercare pronunciando i nomi.

SCENA PRIMA

Don Giovanni, Il Diavolo, Le mille e tre ombre, poi l’ombra Bianca

DON GIOVANNI: ... .... .....

IL DIAVOLO:    L’aurora ti sorprende ancora alla ricerca della Donna? Sembri un Diogene di porpora col candelabro in mano.

DON GIOVANNI: Ah! (getta via il candelabro) E s’ che tra tutte queste braccia ho gustato il sonno!

IL DIAVOLO:    Già...

DON GIOVANNI: Ho gridato nomi tutta la notte! Eppure erro da straniero! (tenta un’ultima volta) Lucilla?

OMBRA:             No!

DON GIOVANNI: ... Da straniero! Come uccelli in volo sento incrociarsi tutti questi nomi, e non uno sa dove posarsi! Eppure ci siamo amati!

OMBRE:             Sì! Ci siamo amati!

DON GIOVANNI: Sono solo nella foresta delle anime. " Ci sono tutte. Ho cercato, ho cercato,! E così avendo scelto l’amore. Che non ci fa conoscere, e trascurato l’amicizia, che può dar molto," morirò senza aver conosciuto un solo essere umano.

IL DIAVOLO:    Tu non hai visto niente, non hai conosciuto niente, nulla hai avuto!

OMBRE:             ƒ Sei un pescatore di perle che ha paura di tuffarsi... Hai avuto solo quello che si fa presto ad ottenere...

DON GIOVANNI: Sì, le vostre menzogne!

OMBRE:             Da quando ti sta tanto a cuore la verità? La Donna, appena l’Uomo apre bocca, già sa in quale menzogna egli vuole che essa l’imbarchi!

OMBRA:             Tu volevi una pedante, e io ti ho parlato di Petrarca.

OMBRA:             ƒ Era la donna sconosciuta che tu desideravi, e io avevo quel non so che, che so come si fa!

OMBRA:             Io capii che cercavi la sciocca di provincia, e subito atteggiai le labbra in modo da renderle sottili!

OMBRA:             ƒ Quando capii che il tuo desiderio appassiva, tornai a sorridere a mio marito.

OMBRE:             Poiché l’uomo ha creato la donna che lo seduce e poi lo fa suo schiavo, essere donna vuol dire servire il maschio, quando il desiderio non lo rende meschino; L’eterno femminio è opera del maschio.

IL DIAVOLO:    Ciò vuol dire che le donne che hai frequentato erano dei veri enigmi! Ora ti posso portar via...

DON GIOVANNI: Giù gli artigli! Forse che i miei avi non hanno conquistato le Indie anche se gli indiani restavano misteriosi?

IL DIAVOLO:    Allora, possedere...

DON GIOVANNI: E’ dominare. La mia forza ha soddisfatto quello che i teologi chiamano lo spirito  di... di...

 IL DIAVOLO:   Di principato.

DON GIOVANNI: Ho dominato, e questo non può più essermi tolto." Sono il Principe in cui Machiavelli si incontra con l’Aretino...

IL DIAVOLO:    Vedi cosa vuol dire essere stato in Italia!" Mio piccolo andaluso, sensuale e fatuo, come ti sei imbottito, credendo di viaggiare, di ciò che ogni popolo aggiunge alla lussuria!

DON GIOVANNI: Ho corrotto!

IL DIAVOLO:    E’ questa la tua gloria più certa? (rivolto alle ombre) Quand’è che avete provato un desiderio cosciente di peccare?

OMBRE:             Il primo giorno! - La prima sera! - ƒ Vedendoti! - Già Prima di averti conosciuto - Mi hai guardata quando ti avevo già scelto!

DON GIOVANNI: Così fanno le vergini...

IL DIAVOLO:    Sì, si chiamano così quelle che scelgono ad occhi bassi.

DON GIOVANNI: (balzando verso le ombre) ma io vi ho sedotte!

OMBRA:             ƒ Ma eravamo noi a deciderlo

DON GIOVANNI: bastava un segno...

OMBRE:             Il segno!

DON GIOVANNI: Come le gran dame...

OMBRA:             A loro basta un piccolo gesto...

DON GIOVANNI: Ma...

OMBRA:             ƒ Ricordati!: Tutto! Nulla! - ƒ Un profumo troppo forte! - Un fiore che cade... - Un bimbo che si abbraccia... - Un sorriso che svanisce...

IL DIAVOLO:    Il silenzio in cui passo...

DON GIOVANNI: Ma, allora?

OMBRE:             ƒ RICORDATI!

DON GIOVANNI: No! È falso! Voi mentite!

OMBRA:             Ci hai fieramente dettato le nostre volontà

DON GIOVANNI: Sono come tante Cenerentole che fuggono all’impazzata...

OMBRA:             E che hanno perduto la scarpina

OMBRA:             ƒ Le scale che usavi, Don Giovanni, sei certo che non fossero tela di ragno?

DON GIOVANNI: (con un riso amaro) Che? Ho passato la vita a...

IL DIAVOLO:    A credere di introdurti nei cuori dove io ti aspettavo...

DON GIOVANNI: ma allora, sedurre?

IL DIAVOLO:    “Oh, Come ho sedotto la calamita”, dice il ferro!

OMBRA:             Tu eri solo quello più disponibile!

OMBRA:             Che si supera allegramente.

OMBRA:             ƒ Esiste davvero? Una prova!

DON GIOVANNI: E io che credevo di essere il lupo nella foresta... Non ero che un furetto...

OMBRA:             ƒ(Cantando intorno a Don Giovanni)

                             Corre, corre, il furetto!

                             È il furetto del bosco, Signore!

                             Corre, corre, il furetto!

                             Il furetto del boschetto!

IL DIAVOLO:    (battendo con l’archetto sul cuore di un’ombra) E’ passato di qui! (sul cuore di un’altra) E ripasserò di là! (avventandosi improvvisamente su Don Giovanni) E io ti porto via! Ingannato, Umiliato, Misero....

DON GIOVANNI: (svincolandosi) Non ancora!

IL DIAVOLO:    (indietreggiando e fissandolo) Hai ancora dell’orgoglio?

DON GIOVANNI: (appoggiando alla spalliera di una poltrona e incrociando le braccia)  Mi resta...

IL DIAVOLO:    Riprendi coraggio?

DON GIOVANNI: Vuoi negarmelo? (vacilla, si passa la mano sulla fronte sudata e dice sotto voce) Questo è il mio più fiero duello!

IL DIAVOLO:    E l’ultimo! Da dove viene questo rinnovato orgoglio?

IL DIAVOLO:    E’ quello del ferro!

IL DIAVOLO:    Sì, che si lima!

DON GIOVANNI: Che sente di avere qualche virtù sublime, se la calamita lo preferisce a tutti gli altri metalli!

IL DIAVOLO:    (ritornando a toni più dolci) Quel che ti resta è il fatto di essere piaciuto? È questo?

DON GIOVANNI: Certo! Sì! Come vuoi che ci si abbandoni al dubbio quando si sa di poter dare il massimo? Piacere è il dono più grande, per l’uomo.

IL DIAVOLO:    Chi lo sa? " Una sciocca sdegnosa ha creato Spinoza, e " il genio di Michelangelo lo dobbiamo al suo naso rotto!

DON GIOVANNI: Piacere è il segno più importante, ed il più misterioso.

IL DIAVOLO:    Chiedi alle donne perché piacevi loro...

DON GIOVANNI: (a un’ombra) Tu?

OMBRA:             ƒ (avanzando e ridendo sommessamente) Io?

DON GIOVANNI: (all’improvviso) No! Forse è meglio non saperlo, il perché!

IL DIAVOLO:    (con la mano già su di lui) Ma tu tremi!

DON GIOVANNI: (all’ombra) Su! Parla!

OMBRA:             ƒ Per un profumo...

DON GIOVANNI: D’abisso?

OMBRA:             ƒ Di tabacco biondo, d’alcova, di duello...

OMBRA:             Per le ragioni che ti rendevano sgradito agli uomini.

OMBRA:             Perché sei quello di cui ci si vergogna di più.

OMBRA:             Perché la donna è il tuo mestiere.

OMBRA:             Perché non mostri mai di occuparti d’altro.

OMBRA:             ƒ Per l’orgoglio di affrontare tanti paragoni.

OMBRA:             Per la tua spaventosa abilità.

OMBRE:             Per il modo in cui ci spettini!- In cui ci menti!- In cui ci rivesti!

OMBRA:             (con voce cupa) Perché la donna ha Don Giovanni come l’uomo ha le ragazze!

IL DIAVOLO:    Ebbene, se nell’attimo estremo ti basta essere stato un vile incantatore... se questa gioia ti soddisfa...

DON GIOVANNI: Ma se io la detesto!

IL DIAVOLO:    Che cosa ti resta, allora?

DON GIOVANNI: Mi resta... Mi resta... Tutto mi state strappando, poco a poco!

IL DIAVOLO:    Prima ti spenno e poi ti arrostisco.

DON GIOVANNI: Mi resta l’orgoglio. Disprezzo tutto, e non m’importa che mi abbiate preso per ciò che non sono: so che razza d’uomo ero. Voi mi prendevate, ma ero io a lasciarvi!

OMBRA:             E’ passato di qui, ripasserà di là!

DON GIOVANNI: No, non ripassa. Colui che si supera strappandosi all’abitudine più turpe e che, obbedendo solo al proprio istinto, fa rischiosamente balzare il suo gran destino al di sopra di tutte le stupidità morali, non ripassa! Tu pensi che io, trasgressore cosmopolita, abbia vissuto appieno la mia vita, vero? Senza regole e senza leggi...

IL DIAVOLO:    Io credo che tu legga troppo quello che scrivono su di te!

DON GIOVANNI: E io penso di aver ben compiuto, in dieci anni, questa corsa in avanti...

IL DIAVOLO:    Non era una corsa: era una fuga!

DON GIOVANNI: Aver paura io?

IL DIAVOLO:    Sì, di fermarti!

DON GIOVANNI: Paura?!

IL DIAVOLO:    Di amare, un giorno! Ma come! L’eroe dell’amore fugge davanti all’amore!

DON GIOVANNI: Paura!?

IL DIAVOLO:    Di arrivare per primo all’appuntamento!

OMBRA:             ƒ Di aspettare.

DON GIOVANNI: Io! L’allegr insolente!...

OMBRA:             Che temeva la tenerezza!

DON GIOVANNI: Che era il cantore dell’amore!

OMBRA:             Sì! Un fischio nella notte...

OMBRA:             (crescendo) Sei fuggito di donna in donna, come un albero fugge chi teme l’arciere!

OMBRA:             ƒ (con voce acuta) E d’ogni nuovo corpo incontrato, si è fatto scudo contro un antico cuore!

OMBRA:             Aveva paura!

OMBRE:             ƒ (gridando) AVEVA PAURA!

OMBRA:             Del dolore!

OMBRA:             Del Punteruolo del dolore che l’uomo ha quasi il diritto di esigere dalla donna per scolpire il suo cuore!

OMBRA:             Vile! Tu hai portato sotto un cielo d’inganni la Vergogna di un fronte che non porta alcun segno!

OMBRE:             ƒ VILE!

DON GIOVANNI: (mostrando il pugno alle ombre) Sì, Voi m’insultate, folli e piene di rancore per non essere state le prime a fuggire!

IL DIAVOLO:    (Battendogli la mano sulla spalla) Dunque era così che facevi il superuomo: fuggendo per primo!

DON GIOVANNI: (raddrizzandosi) No!

IL DIAVOLO:    Che cosa sei stato allora?

DON GIOVANNI: Oh!

IL DIAVOLO:    (scuotendolo, con un sorriso di trionfo) In quale direzione cercherai di trovarti un destino, se non fu che disordine? Cerca! Non resta proprio più niente?

DON GIOVANNI: (cercando di raddrizzarsi) Ci sarebbe...

IL DIAVOLO:    (ironico) Ancora battaglia?

DON GIOVANNI: (disperato, rimettendosi in piedi) Battaglia!

IL DIAVOLO:    (freddamente) In greco agonia!

DON GIOVANNI: La mia agonia conosce un nuovo orgoglio.

IL DIAVOLO:    (sorridendo) Cambi bastone come Pulcinella!

DON GIOVANNI: E’ che sono stato sempre, ferocemente, l’uomo che ruba la donna all’altro uomo: l’amante! Non sono mai impallidito quando si nominava un uomo!

IL DIAVOLO:    Per farti sbiancare, basta nominare...

DON GIOVANNI: Chi?

OMBRA:             ƒ Romeo!

OMBRA:             Tristano!

DON GIOVANNI: Ah! Tacete!

OMBRA:             Tristano!

OMBRA:             Romeo!

OMBRA:             Quelli erano gli amanti! Tu hai profittato dei languori lasciati nei nostri cuori da quei nomi, hai finito delle moribonde!

DON GIOVANNI: Non è vero! Il mio nome è nei vostri ricordi...

OMBRA:             Il nome dei nostri baci, non quello dei nostri sospiri!

DON GIOVANNI: Oh!

OMBRE:             Romeo! ƒTristano!

OMBRA:             Ah! Anche se noi ti amiamo, sono loro che bestemmiamo!

OMBRA:             Romeo!

OMBRA:             Va’! Insegui il tuo rivale immortale

OMBRA:             ƒ Tristano!

OMBRA:             Non li puoi uccidere in duello quei due!

DON GIOVANNI: Volete tacere?

OMBRA:             La loro gloria ti indispone! Hai posseduto tutte le donne, ma non una!

DON GIOVANNI: Ma almeno – questo lo riconoscerete – le donne le ho fatte soffrire!

IL DIAVOLO:    Non hai capito niente!

DON GIOVANNI: Mah! Che importa? Attila razziava  i paesi e io, senza decifrarli, sfiguravo i volti! Resto il flagello più potente degli Dèi. Non parlate più di Tristano? E Romeo? L’amore è uno che soffre e l’altro che guarda, e io fui sempre l’altro. Vedere piangere con occhio indifferente!

IL DIAVOLO:    Vedi cosa vuol dire essere stato in Inghilterra!

DON GIOVANNI: Ognuno sa dove può arrivare!

IL DIAVOLO:    Fa la questua!

DON GIOVANNI: Come sarebbe?

IL DIAVOLO:    (prendendo sul tavolo una coppa e porgendogliela) Prendi questa coppa. Ogni spettro d’amore nasconde, sotto la maschera, stasera, come un gioiello, il suo pianto indurito: passa a  raccoglierlo e sentirai...

DON GIOVANNI: (facendo la questua) Grazie...

IL DIAVOLO:    ...Tintinnare nella coppa il pianto cristallizzato, come un’offerta.

DON GIOVANNI: Per l’anima di Don Giovanni... Il Diavolo ve la renda... Grazie...

IL DIAVOLO:    Per far più presto, lacrime...

DON GIOVANNI: Grazie! Grazie tante!

IL DIAVOLO:    ... venite tutte a cadere nella coppa!

DON GIOVANNI: Grazie! La coppa è piena! Riluce! Luna, amica mia, inargenta la mia fortuna! Guarda cosa mi hanno dato le donne! (parlando alle lacrime) Hai sofferto? Hai sofferto? (rivolto al diavolo) All’inferno queste lacrime mi rinfrescheranno! È per me che hanno bagnato queste guance!

IL DIAVOLO:    Ah! Adesso è questo che ti rallegra!

DON GIOVANNI: E’ per questo che vinco Demonio! Per quelli della tua risma, una coppa di lacrime è quasi un’acquasantiera!

IL DIAVOLO:    Sì, il Diavolo si brucia, se sfiora una lacrima. (fruga nelle tasche del suo ampio abito) Ma ho qui... (tira fuori un’enorme lente montata in acciaio nero)

DON GIOVANNI: Che cosa?

IL DIAVOLO:    La lente. È la mia arma. (si accinge a disporre le lacrime sul tavolo)  Qui mettiamo quelle sincere, quelle pure, quelle prive di difetti... E là quelle false...

DON GIOVANNI: (sussultando) Come! Le false!

IL DIAVOLO:    (spingendo le lacrime con la lente) Questa è falsa... questa pure... anche questa...

DON GIOVANNI: e questa?

IL DIAVOLO:    Questa è una lacrima che cadde perché lui fu sorpreso con la cameriera .

DON GIOVANNI: E quella grossa lì?

IL DIAVOLO:    Fu versata per un cappellino che non venne comprato... Ti è stata attribuita per sbaglio...

DON GIOVANNI: E quelle due così lunghe?

IL DIAVOLO:    Puah!

DON GIOVANNI: Sei tu che sostieni queste cose! (ne afferra una all’improvviso) Quali sono le più limpide?

IL DIAVOLO:    Quelle segrete!

DON GIOVANNI: (mostrandogli quella che ha in mano) To’! Eccone una!

IL DIAVOLO:    No.. Sì! Posso toccarla! Si era nascosta, cadendo. Ma com’è che queste lacrime, anche quelle in cui soffre un’anima. Io posso toccarle?

OMBRA:             perché erano in programma!

DON GIOVANNI: Che cosa?

OMBRA:             Quando una si prende Don Giovanni, mio caro, è per concedersi il lusso di sapere come fa soffrire!

OMBRA:             ƒ E per sapere che gusto prenderanno le nostre lacrime sulle sue labbra!

OMBRA:             Non c’è da stupirsi che il Diavolo le possa toccare... Sono lacrime di piacere!

OMBRA:             Le lacrime che un crudele ci ha strappato, sono lacrime...

DON GIOVANNI: Da divorare!

OMBRA:             Da degustare!

" IL DIAVOLO:        Ovidio lo sapeva già dai tempi di Augusto! "

OMBRA:             Nel programma, con i dolci e i fiori...

IL DIAVOLO:    Le lacrime in cui si gioisce non sono vere lacrime! Ebbene, ti resta ancora qualche scettro di paglia? Cerca! Cerca!

DON GIOVANNI: E’ questo reiterato grido che mi fustiga ad insegnarmi quale fu la mia grandezza: ho cercato! Ero colui che credeva nei tesori nascosti, che credeva che esista, in cima alla montagna, un fiore azzurro....

IL DIAVOLO:    Ecco cosa vuol dire essere stato in Germania!

DON GIOVANNI: Ma quando si trova, allora non si è certo sognato!

IL DIAVOLO:    Dunque, la tua è la grandezza di colui che non ha trovato?

DON GIOVANNI: Sì.

IL DIAVOLO:    Ahi!

DON GIOVANNI:Che succede?

IL DIAVOLO:    Posando la mano sul tavolo, mi sono bruciato

DON GIOVANNI: Oh!

IL DIAVOLO:    Questa è sincera!

DON GIOVANNI: Che cos’è?

IL DIAVOLO:    E’ una lacrima!

DON GIOVANNI: Ti ha sporcato col suo candore!

IL DIAVOLO:    Vieni a vedere! (entrambi si chinano sulla lacrima) Sarebbe un bel soggetto per Rembrandt: due profili di dannati chini su una stella!

DON GIOVANNI: E’ una donna che l’avrebbe versata?...

UNA VOCE:       (che è quella dell’ombra Bianca) Sì!

DON GIOVANNI: Bah!

(un spettro più bianco e più argenteo avanza lentamente)

L'OMBRA BIANCA: Quella che cadde come un pianto.

DON GIOVANNI: Come un pianto?

L'OMBRA BIANCA: Di pietà.

DON GIOVANNI: Per la virtù offesa?

L'OMBRA BIANCA:  No. Per la tua angoscia.

DON GIOVANNI: Ah!

L'OMBRA BIANCA: Perché tu non sei che angoscia. Un’angoscia che il tuo orgoglio ha combattuto, un’angoscia che vuole delle braccia che lo cingano.

DON GIOVANNI: Chi sei, tu che poni un astro sulla tua colpa?

L'OMBRA BIANCA: Sono quella che dice a voce alta quel che è.

DON GIOVANNI: E’ il tuo spirito che parla?

L'OMBRA BIANCA: E’ il mio cuore!

DON GIOVANNI: La tua anima?

L'OMBRA BIANCA:  E’ il mio cuore!

DON GIOVANNI: I tuoi sensi?

L'OMBRA BIANCA: Era il mio cuore!

DON GIOVANNI: Quale è il tuo nome, Candore?

L'OMBRA BIANCA: Sono quella che dice il suo nome, ma a voce bassa. (sussurra un nome all’orecchio di Don Giovanni)

DON GIOVANNI: Non mi ricordo di questo nome pieno di grazia.

L'OMBRA BIANCA: Sono quella che con semplicità lascia cadere la maschera. (si leva la maschera)

DON GIOVANNI: Non riconosco questo viso seducente. Siamo stati insieme?

L'OMBRA BIANCA: Quando lo hai desiderato.

DON GIOVANNI: (cerca di ricordare, con la mano sulla fronte) Quando? Dove? (fruga macchinalmente nella giacca) La mia lista è stracciata!

IL DIAVOLO:    (sorridendo) Tengo sempre una copia...  (estrae vivacemente da una delle tasche uno strano portafogli, da cui le sue dita affilate afferrano un’altra lista che presenta con grazia a Don Giovanni)

DON GIOVANNI: (prendendo la lista) Dammi! (si mette a cercare) Questa no... questa neppure... Eppure l’ho incontrata. Esiste. E il suo nome?

IL DIAVOLO:    Cerca!

DON GIOVANNI: (che si innervosisce sempre di più)  Il suo nome... il suo nome... il suo nome... Ah! Che tristezza! È il solo che non abbia segnato sulla lista!

IL DIAVOLO:    Ne hai tralasciata solo una...

DON GIOVANNI: E sei tu!

L'OMBRA BIANCA: Che vuoi farci...

IL DIAVOLO:    Cercatore che trovi senza saperlo, ti ho annientato!

DON GIOVANNI: Ho scritto i nomi delle meno importanti e... Ma da che cosa sei nata tu, quando tutti i nomi si sono trasformati in gondole?

L'OMBRA BIANCA: Nella lista c’era uno spazio bianco.

DON GIOVANNI: (raddrizzandosi di colpo) E mi son lasciato sfuggire l’ideale solo una volta, su mille e quattro!

L'OMBRA BIANCA: (che si è mescolata alle altre ombre, sulla sinistra) Solo una volta!

DON GIOVANNI: E’ fuggita!

L'OMBRA BIANCA: (passando a destra) Solo una volta!

DON GIOVANNI: La sua voce si allontana! Dove sei?... Perché allora...

L'OMBRA BIANCA: Solo una volta!

DON GIOVANNI: Obbligarmi, come seguendo di albero in albero un frusciare d’ali, a inseguire la tua voce di donna in donna?

L'OMBRA BIANCA: Per insegnarti...

DON GIOVANNI: Ma dove sei?

L'OMBRA BIANCA: ... Che in ognuna di loro, con un po’ d’amore, mi avresti potuta trovare.

DON GIOVANNI: (afferrandola) Tu non esistevi che in una!

L'OMBRA BIANCA: E in tutte ti aspettavo! E tu hai passato la vita a passarmi accanto!  Il nostro cuore batte solo quando tu l’ascolti, e tu dormivi su di esso senza averlo ascoltato. Forse, da ciascuna di noi avresti potuto far sbocciare la compagnia suprema... se solo avessi provato...

OMBRE:             E da me! - Da me! - ƒ Da me

L'OMBRA BIANCA: Era in tutte...

DON GIOVANNI: Oh no!

L'OMBRA BIANCA: (tristemente) Sì!

OMBRE:             ƒ Sì, Don Giovanni!

DON GIOVANNI: Quale immenso singhiozzo, che sommerge il rancore, fa tendere verso di me infinite braccia?

OMBRA:             Era in tutte!- Era in tutte! - ƒ Don Jonny! - Don Johann!- Don  Juan!- Don Giovanni!

IL DIAVOLO:    Qui rischio che un riavvicinamento mi riprenda le loro anime! In piedi, cagne, rientrate nel vostro rancore! (ridiscendendo) Vedi come l’Uomo eterno e la Donna eterna si riconcilierebbero se non ci fossi io?

DON GIOVANNI: (all’ombra bianca) T’avrei voluto amare!

IL DIAVOLO:    Muori sapendo che esiste!

L'OMBRA BIANCA: No! Finché persiste una fiamma nel suo pianto, Don Giovanni può tentare di trovarsi un cuore!

IL DIAVOLO:    Cerca! Ma se può amare io perdo!

L'OMBRA BIANCA: Ama l’ombra di una donna, anche se per un solo istante! Prendimi la testa fra le mani, sì così, e dì: “voglio intrecciare... voglio intrecciare... intreccio tutti i capelli sognati sulla sola fronte che ho scelto”

DON GIOVANNI: Voglio...

IL DIAVOLO:    Troppo tardi! Per troppo tempo sei stato il nemico!

L'OMBRA BIANCA:  Dì: “ Mi offro all’amore...” Stringimi forte.

DON GIOVANNI: Ti stringo, e mi offro all’amore...

IL DIAVOLO:    Come uno spadaccino che, macchinalmente, ancora par ai colpi quando già cerca la morte.

DON GIOVANNI: No! Ti porto nel cuore pieno di gioia, e fedele, finalmente!

OMBRE:             ƒ (lasciando cadere la maschera) Fedele?

DON GIOVANNI: Ah! Le maschere di seta sono cadute! Posso vedere i volti!

L'OMBRA BIANCA: Che sai ti hanno mentito?

DON GIOVANNI: So che tutte mi hanno mentito, che tutte... Ah!

OMBRE:             ƒ Fedele?

DON GIOVANNI: Se tutte mi hanno mentito, tutte allora sono diverse! No, Non ho cuore che per una sola finchè un volto nuovo non m’incanta!

OMBRE:             ƒ Ah! Ah! Ah!

DON GIOVANNI: (all’ombra bianca) Vattene!  (alle altre) Ma non cantate vittoria. Io resto invincibile!

IL DIAVOLO:    Allora, hai cercato per non trovare?

DON GIOVANNI: E’ possibile! Perché, se avessi trovato, sarei morto di noia. Don Giovanni non ha mai cercato altro che la ricerca, e se stesso. Per la donna non era che un pretesto, insomma. No, non cantate vittoria! Vi ho prese per superare meglio me stesso, come si afferra un’arma, una coppa, una fiaccola!

OMBRA:             E’ questo il tuo vanto estremo?

DON GIOVANNI: Sì! Voi non siete state che le mie esaltatrici!

OMBRA:             Può darsi che noi lo siamo state, Don Giovanni. Ma allora, che ne hai fatto delle esaltazioni?

OMBRA:             ƒ Se hai preso da noi tutto ciò che racconti, allora, Don Giovanni...

OMBRA:             ƒ Allora, Don Giovanni, rendicene conto! Che ne hai fatto di quella sera in cui, quando uscisti dalla mia gondola, l’orgoglio ti soffocava?

OMBRA:             Che ne hai fatto delle notti in cui hai tratto da me quel delirio lucido che è responsabile di un atto fatale?

OMBRA:             ƒ Facciamo un po’ i conti!

OMBRA:             ƒ Se è vero che, grazie a me, tu hai superato te stesso, verso cosa tendevi? Che cosa hai fatto d’immortale con una a me seconda?

DON GIOVANNI: Tacete!

IL DIAVOLO:    Questo sì che è un grido è sincero!

OMBRA:             Dove è rifiorita la rosa che cogliesti nel mio giardino?

DON GIOVANNI: Ah! Avete messo il dito sulla piaga!

OMBRA:             Quando, pronta ad essere tua, ho detto: “Dove vorrai!”, quali bandiere mi hai dato per lenzuolo?

DON GIOVANNI: Silenzio!

OMBRA:             E della nostra ora siciliana, che cosa ne hai fatto di bello? Di grande? Di unico?

IL DIAVOLO:    Pugnalatelo! Pugnalate a colpi di rimpianto questo cuore ambizioso perso nell’amore!

OMBRA:             Le donne ti hanno amato: che cosa ne hai fatto "tu dissipatore di Alhambre, " di quel giardino sublime che portiamo in noi appena sentiamo di amarti?

OMBRA:             Vedendoti uscire dalle nostre braccia, gli uomini ti hanno odiato: che ne hai fatto del loro odio?

OMBRA:             Che ne hai fatto di quel bacio che, essendo io regina, avrebbe dovuto indurti a diventare re?

"

OMBRA:             Che ne hai fatto – recitavo, allora – dell’estro che hai rubato ai veli di Elettre? "

OMBRA:             ƒ Don Giovanni! Don Giovanni!

DON GIOVANNI: Che cosa è questa strana sommossa di spettri?

OMBRA:             Noi siamo state per te tutto questo...

IL DIAVOLO:    Pugnalate il futile Cesare!

OMBRE:             ƒ Che ne hai fatto della fiaccola? Della coppa? Dell’arma?

L'OMBRA BIANCA: Don Giovanni...

DON GIOVANNI: Anche tu!

L'OMBRA BIANCA:  Che ne hai fatto del mio pianto?

DON GIOVANNI: Sì, il tuo pianto aveva ragione sulla mia angoscia. I cuori non conoscono tutti i loro rimpianti! Di tante occasioni di dimostrarmi grande, forte o triste, io non ho fatto che una lista...

IL DIAVOLO:    E’ la tua lista a metterti in ginocchio!

OMBRE:             In ginocchio! In ginocchio! ƒ In ginocchio devi restare, per aver fatto a noi, non volendo che noi, la Donna che non conduce che alla Donna!

DON GIOVANNI: Ho freddo!

OMBRA:             Per aver fatto, dell’amore che diffama, un istante che non conduce che ad altri istanti!

DON GIOVANNI: Non mi pento... Ah! Quali sono questi tormenti? Si dice “Don Giovanni” per dire vittoria; ma ogni uomo ha avuto il suo giorno! Il giorno in cui pensa di realizzarsi, in cui dice a se stesso: “Io esisto!”. Io non ho avuto il mio giorno!

IL DIAVOLO:    Ma hai avuto le loro notti!

DON GIOVANNI: Ah! Don Giovanni.... Se mi pentissi, almeno! Ma Don Giovanni è Don Giovanni d’Austria dopo Lepanto! Perché, davanti alla morte, dovrei ricordare un’azione che mi riconcilia con l’avvenire? Non mi pento... Che cosa sono quegli strani fuochi? Ami tu dunque la vita, oh morte, al punto di vendicarla? Deve morire il corridore che giace a terra, bruciato dalla fiaccola che non ha superato?

IL DIAVOLO:    Il verme è proprio in tutti i frutti dell’albero?

DON GIOVANNI: Ah! Se la volontà potesse scolpire frutti di marmo! Se si potesse, compiendo qualcosa di bello, vincere il verme del frutto e quello della tomba!

IL DIAVOLO:    Ebbene, non ti basta, ora che sei alla fine, aver vissuto sui riflessi come Venezia?

DON GIOVANNI: No! Quando si muore bisogna aver creato! Non puoi capire quanto si soffra.

IL DIAVOLO:    Eh!?

DON GIOVANNI: Che nulla di vivo nasca dal respiro! Tu la conosci, questa sofferenza?

IL DIAVOLO:    E’ la mia! È questi l’inferno! Chi crea non ci finisca!

DON GIOVANNI: Mi compiangi?

IL DIAVOLO:    Posso comprendere; ma non compatire. (vuole trascinare via Don Giovanni) Su! Vieni! Andiamo! Tu sei di quelli di cui nulla resta. Non una parola! Non un gesto!

DON GIOVANNI: Ah sì! Un gesto sì! Una parola sì! La parola e il gesto famoso con cui annunciai la tempesta del secolo! Ti ricordi di quel giorno in cui, col mantello a coprirmi il viso, sfuggendo ai sergenti, incontrai il Povero...?

IL DIAVOLO:    Sì, parliamone un po’.

DON GIOVANNI: Chiedeva un soldo, per l’amore di Dio. E pronunciai, gettandogli un luigi d’oro, quella parola che rende preziosa ogni moneta: “ Per l’amore dell’umanità”!

IL DIAVOLO:    L’umanità (L’Humanitè)

DON GIOVANNI: Io, primo nella storia, ho usato quella parola!

IL DIAVOLO:    Vedi cosa vuol dire essere stato in Francia!

DON GIOVANNI: Ritira il tuo artiglio! Il mio destino si fa chiaro, questa volta! L’avvenire mi deve qualcosa, credo. Sono stato io che, incontrando il Povero all’angolo del bosco, l’ho strappato alla sua rassegnazione! La libertà possiede l’audacia dei libertini! Non ho vissuto invano! Vorrei ritrovarlo, quel Povero!

IL DIAVOLO:    Osa dunque parlargli!

(appare il Povero)

SCENA SECONDA

Don Giovanni, Il Diavolo, Le mille ombre, L’ombra Bianca, Il Povero

DON GIOVANNI: Il mio oro riluce nella sua mano... Quella mano che sembra tendermi. Spettro, che vuoi?

IL POVERO:      Questo, innanzi tutto: Restituirtelo! (gli getta sulla testa la moneta d’oro)

DON GIOVANNI: (vacilla, ferito alla fronte)Ah!

IL DIAVOLO:    Dovevi morire per quell’elemosina!

DON GIOVANNI: (al Povero che avanza silenziosamente verso di lui, le mani aperte) Voglio spiegarti... La libertà...

IL POVERO:      Fermo! È un pensiero troppo grande!

DON GIOVANNI: Il popolo...

IL POVERO:      No, Don Giovanni, è un pensiero troppo alto...

DON GIOVANNI: Ma, l’avvenire...

IL DIAVOLO:    (al Povero) Il pensiero sociale e la rivendicazione strozzano la gola del bugiardo! Ah! Ah1 I libertini diventeranno apostoli?

DON GIOVANNI: Io mi sono ribellato, però!

IL POVERO:      Non per gli altri.

DON GIOVANNI: Non vorrai...

IL POVERO:      Sì, voglio strangolarti, per aver osato infangare i simboli della nostra speranza!

DON GIOVANNI: Un secondo commendatore che si rimbocca le maniche?

IL POVERO:      Il primo Commendatore aveva le mani troppo bianche per uccidere degli sfaticati!

DON GIOVANNI: Ascolta! Posso farti comodo, plebeo! Posso...

L'OMBRA BIANCA: Finchè resta in questo pianto una fiamma, Don Giovanni può tentare di trovarsi un’anima...

IL DIAVOLO:    Sbrigati! Sta per spegnersi!

DON GIOVANNI: Sì, ho l’audacia...

IL POVERO:      (sogghignando) Sì?

DON GIOVANNI: L’astuzia...

IL POVERO:      Anche!

DON GIOVANNI: Lo sguardo di un capo...

IL POVERO:      Ah sì?

DON GIOVANNI: L spirito distruttore...

IL POVERO:      Pure!

DON GIOVANNI: E poi ci vuole del sangue...

IL POVERO:      (diventando improvvisamente serio e terribile) Quello si può fare!

DON GIOVANNI: Posso commettere...

OMBRE:             ƒ(lasciando cadere i mantelli) Un crimine?

DON GIOVANNI: Ah! I mantelli di seta sono caduti! ... Dicevo...

IL DIAVOLO:    Cerca!

DON GIOVANNI: Siete voi che me lo impedite!

IL POVERO:      Parlavi di commettere...

OMBRE:             ƒ Un crimine?

DON GIOVANNI: No! Dei peccati! Non riuscirò a servire una causa, finchè mi vedo intorno capelli biondi e guance rosee! Uccidetemi!

IL DIAVOLO:    Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Abbiamo toccato il fondo. Il resto rea in più. Già vedo il segno del mio zoccolo sulla tua fronte pallida.

DON GIOVANNI: Ah! Lasciami bramare la sofferenza del maschio! Bisogna sempre tradire per questo! Mentre altre cose bisognerebbe cercare sulla terra! Per usurpare il trono del mistero, basta un velo che nasconde la carne. Un grande cuore che poteva nutrire un grande avvoltoio, diventa il pasto del passero di Lesbia! Uccidetemi!  Oppure, ripresomi dal mio triste capriccio, desiderando ancora fremere insieme alle ombre che mi circondano, che io possa ritornare a quel brivido, come il cane ritorna al suo...

IL DIAVOLO:    Ti ho strappato forse la tua ultima scorza? Eccola quell’intelligenza!

DON GIOVANNI: Ah!

IL DIAVOLO:    Quella forza!

DON GIOVANNI: Ah!

IL DIAVOLO:    Quella volontà!

DON GIOVANNI:Ah!

IL DIAVOLO:    Quella libertà! Ti ricordi la parola pronunciata da Pulcinella?

DON GIOVANNI: Taci!

LA MARIONETTA DI PULCINELLA: (dal fondo) DISSOLUTEZZA!

DON GIOVANNI: Ah! Valeva proprio la pena credersi una parte dell’insolenza umana se poi l’ultima parola resta a Pulcinella!

L'OMBRA BIANCA:  C’è stato però qualcosa di più di quella: egli nasconde per orgoglio una scusa suprema.

DON GIOVANNI: Niente scuse!

L'OMBRA BIANCA:  Non è riuscito a capire se stesso: quelli che non si amano hanno bisogno di essere amati.

DON GIOVANNI: Niente scuse! Se non altro muoio a pugni chiusi, senza aver supplicato! ... L’inferno! Ne sono avido!

IL DIAVOLO:    (al Povero) Portami quell’abito di cui tutti vestiranno il loro sogno...

DON GIOVANNI: Che cosa?

IL DIAVOLO:    Vedrai che strano inferno ti aspetta!

DON GIOVANNI: L’inferno dei mostri... di Nerone,... Di Eliogabalo...

IL DIAVOLO:    No! Un piccolo inferno di tela che si può trasportare...

DON GIOVANNI: Il teatrino?... Preferisco essere dannato!

IL DIAVOLO:    Tu sarai una marionetta, e tu replicherai l’eterno adultero su uno sfondo azzurrino.

DON GIOVANNI: Abbi pietà! Voglio il fuoco eterno!

IL DIAVOLO:    No! L’eterno teatro!

DON GIOVANNI: Non voglio...

IL DIAVOLO:    (al povero) Lo puoi strozzare nel mio sacco...

DON GIOVANNI: (dibattendosi tra le mani del Povero) ...Finire in un teatrino... Non voglio...

IL DIAVOLO:    (a Don Giovanni) Affido la tua persona alle dita del burattinaio!

DON GIOVANNI: Nel Teatrino!

IL DIAVOLO:    Cominciamo! La campanella suona! Sedetevi a terra, donne!

IL POVERO:      Andiamo!

DON GIOVANNI: Non voglio!

IL DIAVOLO:    Trascinalo!

DON GIOVANNI: No! Non questa gabbia! Voglio soffrire! Non ho mai sofferto! Me lo sono guadagnato, l’inferno! Ne ho diritto!

IL DIAVOLO:    L’inferno è dove voglio io, sono io che lo creo; certi uomini famosi lo scontano nelle loro statue; tu lo farai da burattino!

DON GIOVANNI: Sfidandoti, almeno! Il marmo è morto, il burattino è vivo! Lì dentro potrò lo stesso...

IL DIAVOLO:    Brillare?

DON GIOVANNI: Sì! Far ancora ridere...

IL DIAVOLO:    E chi dunque?

DON GIOVANNI: Le bambine! Le divertirò sotto gli occhi dei genitori!

L'OMBRA BIANCA:  Tu che eri fatto per i destini più grandi!

DON GIOVANNI: Canterò, e picchierò le bambole col bastone...

L'OMBRA BIANCA: Ah! Non sono più lacrime!

DON GIOVANNI: “Sono io! Il famoso Burl...”

IL POVERO:      (spingendolo verso il teatrino) Basta!

IL DIAVOLO:    Che tu sia burattino! Uomo che vuoi ricrearti a sua immagine!

DON GIOVANNI: (spuntando dal teatrino, da burattino) “Sono io! Il famoso Burlador!... Burlador!...”

L'OMBRA BIANCA: (con infinito rammarico)  Che peccato!

FINE

CALA LA TELA