L’ULTIMA NOTTE
Il vuoto e la solitudine di una clochard nel racconto della sua vita perduta, come spunto per riflettere sul dramma di tanti individui divenuti “invisibili”.
(ESTER ANNETTA
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L’ULTIMA NOTTE
***
- Stanotte dovrò sistemarmi qui nel parco; tutti i posti più riparati erano già occupati…
Fa davvero freddo; se fossi un po’ più grassa resisterei meglio!
Non sopporto il freddo; io sono nata al Sud, in una terra baciata dal sole e ricca di colori….
Nel posto dove sono nata, in campagna, c’era un albero di ciliegio che a primavera si riempiva di fiori e ospitava gli uccelli che ogni mattina mi svegliavano con il loro canto.
Ho avuto un’infanzia felice; sono cresciuta serena e amata.
Ma anche dopo sono stata felice, quando ho conosciuto Frank.
Lui era un musicista; viaggiava continuamente; era uno spirito libero.
Ho rotto con i miei perché mi ostacolavano, sostenendo che un tipo così non poteva essere affidabile.
Ma ci amavamo, ed ero convinta che questo sarebbe bastato a tutto.
Le cose hanno cominciato a complicarsi quando ho scoperto di essere incinta. Era stato un caso, ma io ero felice. Però non seguivo più Frank nei suoi continui spostamenti e lui era sempre contrariato.
Ricordo il giorno in cui è arrivato Paul. Ero sola in ospedale, Frank era fuori e mi avrebbe raggiunto in serata.
Avevo avuto dolore per tutto il pomeriggio; sapevo che era ormai arrivato il momento e avevo paura.Ricordo quell’odoredidisinfettante, la stanza con le piastrelle bianche, il medico e le infermiere che mi si muovevano intorno dandomi istruzioni che non ascoltavo.
E poi, quasi all’improvviso, era lì, tra le mia braccia.
Mio.
Mio figlio!
Frank non arrivò quella sera. Né mai. Non ha mai conosciuto Paul.
Ho dovuto rimboccarmi le maniche e lavorare sodo perché mio figlio crescesse sano, senza altre privazioni oltre quella di un padre che non c’era. Anche quando tornavo distrutta dopo una giornata di lavoro e con mille preoccupazioni per i soldi che non bastavano mai, con lui ero sempre allegra e fantasiosa, inventavo giochi e lui era sereno.
Anche a scuola lo aiutavo, e mi davo un gran da fare quando bisognava preparare le recite di Carnevale o di Natale.
Un volta sono rimasta sveglia una notte intere a cucire le tuniche da angioletto per tutti i bambini della classe. Le altre madri mi apprezzavano per la mia disponibilità, la mia fantasia, e, soprattutto, la mia allegria, senza mai sospettare che la mia fosse una farsa continua. Non ero affatto allegra; non ne avevo di certo motivo. Ma indossavo la maschera che mi sembrava attraesse di più chi mi era vicino, e che mi faceva sentire sicura.
Poi un giorno sono tornata a casa disperata: avevo perso il mio lavoro, quello che facevo da anni con grande capacità. Da qualche mese era arrivato un nuovo capo, una donna:una di quelle perfette, intransigenti.La mia sicurezza aveva iniziato a vacillare sotto il suo continuo esame. Era sempre più mortificante. E quel giorno, sconfitta, me n’ero andata.
Paul non mi aveva mai visto così: urlavo e piangevo; e quando ha provato a chiedermi cosa fosse successo, gli ho dato un violento schiaffo in pieno viso, gridandogli di lasciarmi in pace.
Mai prima d'allora lo avevo colpito; neppure col più aspro dei rimproveri ero mai arrivata ad alzare le mani su di lui.
Devo averlo talmente spaventato e confuso che ha aperto la porta ed è sceso di corsa in strada.
Solo allora mi sono riavuta; gli sono corsa dietro per fermarlo, ma...
…l’auto arrivava veloce….
….non ha frenato…
La corsa in ospedale è stata inutile.Paul se n’era andato. E la mia vita si è fermata quel giorno, insieme alla sua.
Non ho più fatto ritorno a casa. Mi trascino per queste strade giorno dopo giorno senza più percezione delle ore, del tempo…: in fondo cosa sono le ore se non la trappola in cui si racchiudono le necessità quotidiane, la scansione dei ritmi imposti dall’esistenza?
E il tempo non è affatto un balsamo che rende accettabile tutto ciò che nell’immediato sembra doloroso e insuperabile: il dolore non passa, e fa sempre più paura, insieme alla rabbia ed alla cattiveria che crescono ed inaspriscono il tuo cuore,senza tregua.
Ieri notte mi è venuto incontro un giovane per strada. Sembrava confuso.Col buio forse non mi aveva guardato bene, altrimenti non si sarebbe avvicinato: sono sporca, vestita di stracci e puzzo.
Era straniero, e tentava di ritrovare la via dove alloggiava. Non ho saputo dargli indicazioni, altrimenti lo avrei anche accompagnato:mi faceva così tenerezza! L’ho guardato allontanarsi. Se avessi avuto ancora una casa mi sarei offerta di ospitarlo fino all’indomani. Era già tardi e cominciava a nevicare. Gli avrei preparato una tazza di cioccolato caldo per togliergli il gelo che aveva addosso e addolcire i suoi sogni: sembrava un’anima candida ancora bisognosa di carezze materne; avrebbe potuto essere mio figlio e, per me, sarebbe stato il mio Paul, per una sera.
E’l’alba.
Legocce gelate di rugiadasui rami spoglicol primo sole scintillano come diamanti. Il fiato forma nuvole di vapore, l’aria è fredda. Tutt’intorno, una cornice di monti immacolati.
C’è un silenzio perfetto, come solo può essere in un’alba d’inverno.Poi sarà mattino, e lentamente tutto si risveglierà: prima l’odore del panedal forno della piazza, poi il rintocco della campana e le risate dei bimbi che correranno a scuola tirandosi palle di neve: solo la loroallegria può ben sostituire questo silenzio.
Dicono che quando si sta per morire tutta la vita ti scorre davanti, come in un film.Allora forse sto per morire, chissà…
Ora chiudo gli occhi, la notte è quasi finita e non ho riposato neanche un po’.Che strano,mi sembra quasi di sentire calore. Epace.
***
Due giorni dopo, trafiletto sul giornale locale, recante la data del 10 gennaio 2000:
“Il freddo inconsueto di questi ultimi giorni miete vittime tra i senza tetto della nostra cittadina: ieri mattina su una panchina del parco, è stato ritrovato il corpo senza vita di una donna dell’apparente età di 50 anni, certamente morta assiderata.
Addosso non aveva documenti, ma soltanto un foglio ormai consunto col disegno di un bambino e la scritta “Alla mia mamma, Stella Wilson, che è la più bella del mondo. Ti voglio bene. Paul.”
L’agente di polizia che ha effettuato il ritrovamento ha dichiarato che la donna gli era sembrata addormentata, e che c’era un lieve sorriso sul suo volto: ci piace pensare che il suo ultimo sogno sia stato bellissimo.