L’ultima ringhera

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L’ultima ringhera

L’ultima ringhera

Commedia in due atti

di

Enzo Giannotta

Personaggi:

                                   Piera  Maggi               casalinga

                                   Gelindo Maggi           suo marito, pensionato

                                   Ettore                         loro amico ed ex inquilino

                                   Luigi                           vicino di casa

                                   Adele                          portinaia

                                   Marisa                         ragazza madre

                                   Ilaria                           sua figlia        

                                    

                                   Alfonso Chiesa           padrone di casa

                                   Felice Felice               fotografo

                                   Fofi Galimberti           pittore

                                   Lella De Lellis            pittrice

La scena: Una casa di ringhiera arredata modestamente, unico oggetto moderno è un computer po-

    sto su un tavolino all’estrema sinistra della scena. Una porta centrale dà sulla ringhiera, a

    lato, una finestra che da anch’essa sulla ringhiera. Una porta sulla destra si apre sulla ca-

                mera da letto.        


Atto Primo

Piera                            (in grembiule e bigodini, apre la porta e la finestra che danno sulla ringhiera. Poi si porta in mezzo alla stanza e, con le mani sui fianchi, fissa la sveglia che sta sopra un mobile) Allora? (pausa) Mah! (si gira e va verso la cucina gas sulla quale c’è  una caffettiera. La sveglia si mette a suonare. Piera si blocca, poi scuotendo la testa la va a bloccare) Mi capissi no, l’è puntada su i sett e mezzae tutti i mattin la sòna quand la voeur lee e semper a orari different. In chela cà chi gh’è nient che funziona come se dev! El televisor ch’el va a intermittenza, come i lùs su l’alber de Natal, la radio la scorengia, l’aspirapolver invece de aspirà el boffa e lassemm perd tutt el rest! Ròba che per fa giustà tuscoss ghe voeur fa on mutuo. (guarda il computer che sta sul tavolino) L’unica ròba che funziona l’è l’nterdett, ‘sta trappola de ciappà i ratt, che per giunta mi son nanca bòna de doperà. (verso la camera da letto) Gelindo! El cafè!

Adele                          (fa capolino dall’uscio) E’ Permesso? 

Piera                            Oh, sciora Adele, stavi quasi in penser! La voeur on gottin de cafè?

Adele                          (siede al tavolo) Si, grazie, volentera.

Piera                            (tra sé mentre va a prendere la caffettiera sulla cucina) Ohe l’ha g’ha on nas per el cafè de fa ciappà rabbia a on segugio. (urla verso la camera da letto) Gelindo! El cafè! (durante la conversazione che segue, versa il caffè e cominciano a berlo)

Adele                          Son vegnuda su per riferì quell che ier l’ha dìi el padron de cà. Gh’ho de fa el gir de tutti i inquilin e hoo pensaa de passà prima de lee.

Piera                            Ghe vegniss on accident! Ghe voreva anca ‘l sfratto. O comprom la cà o gh’emm de ‘nda foeura di ball! (urla) Gelindo! El cafè!

Adele                          Se la voeur, ormai la Riva l’è “un posto in e gli affitti e i prezzi di vendita sono alle stelle” come el dis el padron de cà.

Piera                            E gia, e siccome el pò minga aumentann el fitt e che semm minga in grado de comprà, el Chiesa l’ha decis per el sfratto. Sò pader l’ha mai vorsuu fà na roba del genere e l’è grazie a lù, che Dio l’abbia in gloria, se semm ammò chi dopo tanti ann. Ormai chi in su la Riva de vecc, de quei d’ona volta, semm restaa domà numm…

Adele                          (sospira) Eh si, el pòr Chiesa l’era propri ‘na brava persona… La pensa che a mi, el fioeu, ‘sto balabiott, el m’ha giomò dii che a cose fatte gh’hoo de desfecià perché costi tropp!

Piera                            Brutt malnatt! (urla) Gelindo! El cafè! Beh ‘se l’ha gh’ha de riferì?

Gelido                         (entra sbadigliando) Gh’è minga de bisogn de vosà ‘me strascee subit a la mattina prest!  (si versa il caffè, poi si dirige al computer, lo accende e intanto beve il caffè)

Piera                            Se t’interessa, la portinara l’è chi per un’ambasciata da parte del nostro padrone di casa.

Gelindo                       (alza le spalle) ‘Ste voeuret che m’interessa, tant fra tri mes gh’emm de disfescià… a meno de troà el sistema de fa cambià idea al padron de cà.

Piera                            (ironica) Perché te gh’el domandet no a l’interdet?

 

Gelindo                       L’è propri quell che da on para de dì son ‘dree a fa. (alza le mani e scioglie le dita come un pianista, poi si lancia nella digitazione) WWW…

Piera                            Davialcù punto it. (lui la guarda male) Era solo un suggerimento… (rivolta alla portinaia) Num gh’emm el sfratto e lù el ciatta.

Adele                          S’el fa cos’è?

Piera                            L’è un termine infornatico; ciatta, si insomma el cicciara… el rembambii el cicciara cont el computer interdet.

Adele                          Chissà che bella conversazion!

Piera                            (ridacchiano) Oh, la pò immaginass!

Gelindo                       Zitte betoniche retrive che non capite la modernità, la tecnologia.

Adele                          (a Piera) Se l’ha dii che semm? Retrite? Ritrite?

Piera                            Retrive.

Adele                          E se voeur dì cos’è?

Piera                            E chi le sa? Da quand el ciatta con l’interdett capissi pù nanca quell ch’el dis.

Adele                          Certo che l’è ‘na bella disgrazia!

Piera                            Ona fortuna! Inscì invece de rompom i ball a mi, ghi a romp a l’interdett!

Adele                          Me riferivi al sfratto.

Piera                            (sospira) E si… El Chiesa el se n’approfitta perché chi semm tutt vecc (guarda con intenzione il marito) e on queidun anca rembambii… e podom minga difendes... Si, gh’è chi gh’ha on quej fioeu e on post doe ‘ndà le troeuva, ma i alter… Cià, dai, foeura sti novità.


Adele                          Donca, ch’el sifol del Chiesa l’ha dii inscì che con incoeu, cominciarà a vegni la gent a guardà i appartament per comprai o fittai. Mi gh’hoo de ‘compagnai e vialtert gh’avi l’obbligo de fai vegni denter e de lassagh guardà la cà. Beh, adess scappi perché gh’hoo de fa el gir de tutt el cortil. Riverissi e grazie per el cafè. (esce)

Piera                            Prego, prego. (a Gelindo) Ti ohe, t’hee sentuu?

Gelindo                       Ho sentito donna e ho qui la soluzione.

Piera                            E la saria?

Gelindo                       El computer el dis che gh’emm almen on para de possibilità per evità el sfratto.

Piera                            E cioè?

Gelindo                       Bisogna evità ch’el padron de cà el riessa a fittà o vend la cà.

Piera                            E come femm? Mazzom el padron de cà e tutt quei che vegnen chi a vedella?

Gelindo                       Ma no, nient de inscì drastich: denigrà l’appartament, fa cred che gh’hinn i fantasmi, cuntà su che i visin hin tucc delinquent e assassin. E, “ultima ratio”, che soo no ‘se voeur di, ma lù (indica il computer) l’ha dii insci: il ricatto al padrone di casa.

Piera                            E tutt chi robb chì gh’hoo de fai in depermi o te gh’hee intenzion de fa on quejcoss anca ti, tant per cambià?

Gelindo                       Non ti preoccupare donna: ghe pensi mi… anzi (indica il computer) ghe pensom numm!

Piera                            Allora semm a post!

Gelindo                       (come prima alza le mani e scioglie le dita come un pianista, poi si lancia nella digitazione) WWW…

Piera                            Daviaiciapp! (lui la guarda male) …però stavolta punto com. L’era on suggeriment a ti e a lù. Mi voo a fa su ‘l lett. (esce)

Ettore                          (fa capolino dalla porta. E’ triste) E’ permesso?

Gelindo                       (piacevolmente sorpreso, si alza e gli va incontro facendolo entrare) Ohe, Ettore! Dai ven denter e settess giò.

Ettore                          (entra e va sedersi al tavolo) Grazie, grazie…

Gelindo                       (sedendo a sua volta) Come mai chi inscì prest?


Ettore                          ‘Ste voeuret, mi in de la cà noeuva me troevi no. A me par de vess in d’on albergo, con tutt i ùss sarà su, se ved mai nissun, cognossi nissun, gh’è nò on cortil, ona ringhera… Mai dagh a traa ai fioeu… “Vieni a stare vicino a me, c’è un bel condominio… nei partamenti ci sono tutti i sevissi… vedrai che bello.” Oh, te see che bell! Sont in depermì tutt el di, nanca on can per fa conversazion o de mandà a da via el cuu…

Gelindo                       Dai, pensegh no: te podet semper vegnì chi, chi i port hinn semper avert. On gottin de cafè?

Ettore                          Si, grazie volentera.

Gelindo                       (prende una tazza pulita per sé e a Gelindo versa il caffè nella tazzina della portinaia) Teh, bev ch’el te tira su…

Ettore                          (guarda la tazzina) Gelindo… el rossett…

Gelindo                       (sbalordito) Te voeuret el rossett? Ohe, ma disi…

Ettore                          No, in su la tazzina!

Gelindo                       (si da una botta sulla fronte) Ah, scusa! (gli gira la tazzina) A post, dai bev el cafè ch’el te tira su.

Piera                            (entrando, piacevolmente sorpresa della presenza di Gelindo: ad alta voce) Ettore!

Ettore                          (si spaventa e spruzza caffè dalla bocca)

Piera                            Che piacere! Qual buon vento?

Ettore                          (finito di tossicchiare) El vent de la nostalgia, sciora Piera…

Piera                            Ollapeppa! Nostalgia de che ròba? L’è ‘ndaa a sta in d’ona cà noeuva con l’acqua corrent e con denter anca el cess e lù el gh’ha la nostalgia?!

Ettore                          A mi me ‘ndava ben el cess in fond a la ringhera. La voeur mett? Che bell d’estaa, quand fa cald e vun el gh’ha de leva su de nott… el fa quatter pass el fa i so bisogn e intant e ciappa el fresch… e d’inverno istess, el se quatta sù ben ben el fa quatter pass…

Piera                            E’l ciappa una broncopolmonite. Ma dai, Gelindo, el disa no di stupidad, l’è question de bituass. E poeu con ‘sta storia del sfratto el doeva andà via istess. Lù l’è fortunaa ch’el gh’ha on fioeu d’òr e che l’ha provveduu per temp.

Ettore                          Si ma mi voeuri tornà chi, a lottà per la mia cà insema a vialter.

Piera                            Ma ormai la soa cà l’hann giomò fittada, el doaria savell…

Ettore                          Si el soo: disen che fra un poo doaria vegni denter on pittor del lella.

Gelindo                       Comunque per ti ona solozion la troaremm, ona volta sistemaa el Chiesa, sistèmom anca el pittor; fidess de mi, gh’hoo tuscoss chi… (si picchietta un dito sulla tempia)        

Piera                            (interviene) Va che gh’è minga de bisogn che te fee di segn: Che te see scemo el semm giomò.

Gelindo                       (la guarda con sopportazione, poi rivolto a Ettore) L’important l’è lottà. (comincia a infervorarsi) Perché questa l’è no ona ringhera, no, questa l’è ‘na barricada, come in di cinch giornad…

Piera                            (ironica) Ollapeppa!   

 

Gelindo                       L’è ‘na casamatta…

Piera                            Ona cà de matt: mi l’hoo semper dii.

Gelindo                       L’è l’ultima frontiera de tutt i milanes. L’ultima ringhera: un simbolo! Te see ‘se m’è success l’ultima volta che hoo parlaa in dialett in strada?

Ettore                          No.

Gelindo                       On ghisa el m’ha ciappaa per on extracomunitario…

Ettore                          Ma vaaa?

Gelindo                       … el m’ha anca domadaa el permesso di soggiorno. T’hee capii doe semm rivaa? Ecco perché gh’emm de difend la nostra ringhera. L’ultima ringhera popolada da meneghin. E mi soo come fa, grazie a lù. (indica il computer)

                                   

Piera                            Meno mal che gh’è l’interdett… anzi, adess, duu interdett.

Gelindo                       Piera, invece de di, stupidad va… e chiama i miei prodi a raccolta.

Piera                            E chi sarien?

Gelindo                       Per adess e per quell che gh’hoo in ment bastarann: la Marisa con la soa tosetta, la portinara, el Pepp e l’Ettore che l’è giomò chi. (solennemente) Semm giust in sett. I magnifici sette! (si sentono le note della colonna sonora del film omonimo)

Piera                            (ironica, facendo il classico segno con le dita) Okey! (esce)

Ettore                          Allora te see propri decis a da battaglia eh!?

Gelindo                       Battaglia? Guerra, car el mè Gelindo, guerra. Spezzeremo le reni al Chiesa!

Ettore                          Saria minga mej s’ceppagh on quejcoss d’alter?


Gelindo                       Ti lassa fa de mì. Scusa on moment ma gh’hoo de consultamm coi mè alleaa. (va al computer, solito esercizio con le dita in aria e comincia a pestare sui tasti lasciandosi andare a delle esclamazioni) Perfetto… Bestia, che idea!… (ride) Ah!, Ah!… Nooo! (si frega le mani e alzandosi) Pronti il pano numero uno e numero due! 

Ettore                          Perché duu?

Gelindo                       El numer vun, l’è per i pittor el duu per eventuali pittrici.

Ettore                          Ciombia che organizzazion!

Marisa                         (entra con la figlia Ilaria che ha con sé il necessario per fare in compiti. Saluti a soggetto) Ciao. Oh, ciao Ettore, come mai chi?

Ettore                          (si alza di scatto per salutarla. Si capisce che ha un debole per lei) Nostalgia de la ringhera. (stretta di mano con inchino) Ciao, Marisa te troevi ben, come semper del rest. Ciao Ilaria.

Ilaria                           Ciao, Ettore, ciao zio Gelindo (un bacio)

Gelindo                       Come mai non sei a scuola?

 Ilaria                          C’è sciopero, ma non li leggi i giornali?

Gelindo                       Non ci ho mica tempo,  ci ho cose più importanti da pensare io.

Ilaria                           Posso fare compiti adesso, intanto che voi parlate? Così non vi disturbo nel pomeriggio, quando la mamma va al lavoro.

Gelindo                       Lo sai che te non disturbi mai, anzi…

Ilaria                           Grazie, zio. (siede al tavolo e comincia a fare i compiti)

Gelindo                       (a a) Che brava che l’è e come l’è educada…

Marisa                         Si, perché ti te ghe l’hee domà on para d’òr al di: ma a mi la m’ha fa vegni i cavei bisc. (ne mostra una ciocca a conferma)

Luis                             (entra. E’ un uomo imponente) Permesso? Ohella, buongiorno a tutti. Ciao, Ilaria, cos’è che stai facendo?

Ilaria                           Gli affari miei. Non vede che sono occupata?

Marisa                         (guardando Gelindo) Che brava e come l’è educada… (molla uno scapellotto alla figlia)

Ialria                           Ahia! (si frega la testa)

Marisa                         E’ la maniera di rispondere questa? Chiedi subito scusa.

Ilaria                           Uffa! (sempre china sul quaderno, svogliatamente) Scusi, scusi.

Luis                             Eccomi qua a rapporto. La toa miee l’ha m’ha giomò dii tuscoss: conta su de mi, son pronto a tutto.

Piera                            (entra assieme alla portinaia) Eccoci qua. Ciao a tutta la compagnia. Ciao Ilaria, cosa stai facendo?

Ilaria                           (senza alzare la tesa) Zia, secondo te, una che ha in mano una penna, scrive su un quaderno e ha attorno dei libri cosa vuoi che stia facendo? La calza?

Piera                            (ridendo) Ohe, che peperino, stamattina.  

Marisa                         Che brava e come l’è educada… (molla uno scapellotto alla figlia)

Ialria                           Ahia! (si frega la testa)

Marisa                         Cosa ti ho appena detto?

Ilaria                           Uffah!

Piera                            Ma dagh no in sul coo: inscì te la tiret scema.

Marisa                         Perché segond a ti questa chi l’è normal?

Ilaria                           Zio, tu che sai tutto, che cos’è un enclitica?

Gelindo                       Facile. L’è ‘na roba che scrive il Papa.

Ilaria                           Ma dai, quella è l’enciclica: lettera circolare apostolica che il Papa indirizza in forma solenne ai vescovi e ai prelati, riguardante la dottrina, la morale o la liturgia, o temi religiosi, sociali o filosofici. (stupore generale)

Gelindo                       (a Marisa) Ohe, ma ‘ste gh’hee dee de mangià a sta tosa? El vocabolari?

Ettore                          Ma la va a scòla o all’università?

Marisa                         (spalanca le braccia) ‘Ste voeuret che te disa? A mi con chi ròbb chi la me tira scema.

Gelindo                       Sent, Ilaria, fa ‘na ròba: domandecelo a lui che sa tutto. (indica il coputer) Sei capace di doperarlo?

Ilaria                           (schizzando verso il computer, gli da un’occhiata) Vedo che usi un provider obsoleto, già che ci sono ti collego a uno più evoluto!

Gelindo                       L’è bòna de doperall!

Piera                            Questa chi a quindes ann la ciappa el premio Nobel. De che ròba el soo no, ma gh’el dann de sicur!  

Gelindo                       Allora, gent: è stato approntato il piano numero uno per combatt el Chiesa.

Piera                            Dai sentèmm el pian de l’interdett.

Gelindo                       Se comincia cont el scoraggià i comprador.

Ettore                          A mi la me par no una grand idea…

Gelindo                       Perché?

Ettore                          Capissi che a scorengià  podom dà fastidi ma…

Gelindo                       Cominciom ben! Sent, Ettore, te fee finta o te see scemo debon? Scoraggià, sco-rag-gia-re.

Ettore                          Seri dree a scherzaa.

Ettore                          Chi gh’è pocch de scherzà, chi semm…

Ettore e Piera              Su l’ultima ringhera!

Marisa                         Dai su, ‘se gh’emm de fa?

Gelindo                       Dai, chi, tucc intorna a mi… Allora quand riva el primm pittor…

                                    (si spengono le luci e si chiude per un attimo il sipario. Quando si riapre la stanza è vuota)

Adele                          (dalla soglia) L’è permesso? Scior Gelindo? Sciora Piera? (entra seguita da un giovanotto)

Gelindo                       (entra) Son chi. ‘Se succed?

Adele                          Gh’è chi on scior ch’el voeur vedè la cà. (Adele via)

Felice                          Permette? Felice Felice. (si strigono la mano)

Gelindo                       Molto lieto lieto anch’io… Lei si chiama?

Felice                          Felice Felice, in arte Fefè.

Gelindo                       Ma Felice è il nome o il cognome?

Felice                          Faccio Felice sia di nome che di cognome.

Gelindo                       Però che fantasia i sò gent! Comunque content lù… E quindi lei sarebbe un…

Felice                          Sono  un…

Gelindo                       No no, non me lo dica, io sono beravissimo a indovinare le professioni… cosi a occhio direi che lei è… un pittore!

Felice                          No, sono un fotografo.

Gelindo                       Come fotografo? Impossibil!

Felice                          Le assicuro di si.

Gelindo                       (fra sè) Cominciom ben. Senta Fefè, è sicuro di non aver sbagliato indirizzo?

Felice                          Assolutamente.

Gelido                         E chi ‘sel voeur cos’è… Fefè?

Felice                          Sono venuto a vedere gli appartamenti, per affittarne uno. Mi manda il signor Chiesa.

Gelindo                       (fra sé) Ghe vegniss on accident... E lei cosa fotografa cosa? Sa qui c’è poco da fotografare... Fefè.

Felice                          Faccio foto d’arte.

Gelindo                       E che roba è?

Felice                          Ma si, per esempio, foto per aspiranti attori e attrici… ma anche per calendari.

Gelindo                       Ah, i calendari! Quelli con su le donnine biotte?

Felice                          Anche. (con orgoglio) Sa, l’ultimo è stato il calendario Pirelli.

Gelindo                       Ah! Quello con su i gommisti biotti?!

Felice                          Ma parla sul serio o mi sta prendendo in giro?

Gelindo                       Nessun di dù. Comunque questa è la sala, di la c’è la camera da letto e quella è la porta. (lo prende per un braccio e lo guida alla porta) E adess ch’el vaga che sont adree ‘spettà on pittor. Via, aria. (lo spinge fuori)

Felice                          Ma non ho visto niente!

Gelindo                       Ch’el vaga a vedè la cà d’on quejdun d’alter, mi son specializzaa in pittor... Fefè.

Felice                          Ma che gente! Che gente! Ah ma il Chiesa mi sentirà. Bifolchi, cafoni…  (se ne va brontolando)

Gelindo                       (affaccianddosi all’uscio) Sent chi parla! Bru-bru d’on rembambii!                       

Piera                            (entra) Chi l’era?

Gelindo                       Fefè.

Piera                            Fefè? Cont on nomm inscì el doeva vess on pittor on poo fru-fru.

Gelindo                       L’è el fotografo di gommista.

Piera                            Come un fotografo?

Gelindo                       L’è quell che hoo dii anca mi.

Piera                            E ti ‘ste gh’hee di?

Gelindo                       Nient, savevi no ‘se digh: mi son specializzaa in pittor e inscì l’hoo cascià via.

Adele                          (dalla soglia) L’è permesso? Gh’è dree vegni su on alter client. Ohe, riven vun via l’alter.

Gelindo                       Se l’è on fotografo che le cascia via.

Adele                          Se gh’hoo de savè mi chi l’è! L’è chi,  ghe le domanda a lù.

Gelindo                       Ti Piera va de là.

Piera                            Mi stoo chi. (si siede)

Galimberti                   (entra. Veste in modo stravagante e si da un sacco di arie. Tendendo la mano) Permette? Fofi Galimberti, pittore. (forse ha la erre moscia)

Gelindo                       (stringendogli la mano) Permette? Gelindo Magni, imbianchino… a riposo. Mi dica caro collega: cosa posso fare per lei?

Galimberti                   (un po’ risentito) Beh, proprio collega, non direi…

Gelindo                       El gh’ha reson. In effetti io ormai sono in pensione. Mi dica allora ex collega?

Galimberti                   Ecco, io, più che vedere la casa, gradirei delle informazioni in generale sul vicinato, sulla vita che si svolge costì. Sa, noi pittori abbiamo bisogno di un’atmosfera particolare, che stimoli l’estro, la pulsione creativa.

Gelindo                       Capissi, capissi. Anche io, sa, prima di imbiancare chiedevo sempre queste informazioni costì.

Galimberti                   (guarda Piera che se ne sta li seduta) E la signora, sarebbe?

Gelindo                       Niente, è un soprammobile, non ci faccia caso, fa parte del mobilio, se affitta la casa si cucca anche lei.

Piera                            Scemo!

Galimberti                   (un po’ seccato, a Gelindo) Non scherziamo! Bando alle ciance, veniamo al dunque: mi parli del vicinato.

Gelindo                       Si, el gh’ha reson: ciancio alle bande, dunque… il vicinato ce lo dico subito non è il massimo della vita, pensi che da quando son venuto a stare qui ho smesso di imbiancare non ci avevo più l’ispirazione… 

Galimberti                   (molto seccato) Senta non ciurliamo nel manico, veniamo al dunque.

Gelindo                       Si ma non c’è mica bisogno di essere volgari… Dunque il vicinato. Cominciamo dalla portinaia: legge la posta. E’ un’impicciona, qui non c’è privaci…

Galimberti                   Non è un problema: il proprietario mi ha detto che la licenzia. 

Gelindo                       (tra sé) E bravo il Chiesa! Poi, al piano di sopra, c’è una famiglia di ladri… rubano quadri, anche quelli brutti, non d’autore, quindi lù ch’el staga attent...

Galimberti                   (sbuffa e ha un gesto di stizza)

Gelindo                       Sempre di sopra, a fianco dei ladri c’è uno che è reduce da dieci anni di manicomio criminale, dicono che l’è un pissicopatico, ma secondo me sono malignità per scoraggiare i pittori che vogliono venire a stare qui… (si gira di fianco allontanandosi un po’, fra sé) Colpo di genio per sviare i sospetti. Sont propri un drago…

Galimberti                   Diceva?

Gelindo                       Poi c’è… (tossisce e guarda verso la porta. Torna a tossire) Scusi sont on ciccin costipaa. (tossisce più forte e guarda di nuovo verso la porta. Fra sé) Va s’el riva ‘sto sifol!

Galimberti                   Aspetta qualcuno?

Gelindo                       Io? No perché? (tossisce)

Galimberti                   Mi pareva che…

Gelindo                       No, l’è che gh’hoo on poo de tuss: l’è l’aria malsana del cortil, chi hinn tucc di voncioni, trang giò el ruff di finester… vòien fina i orinari… (tossisce)

Luis                             (appare sulla porta un omone imponente, è di passaggio ) Ciao, Gelindo.

Gelindo                       Ciao, Giusi. (Luis via)

Galimberti                   Giusi?

Gelindo                       (guardandosi intorno e in gran segreto) E’ un travestito. Ssst, non lo dica in giro!

Galimberti                   Una donna vestita da uomo?!

Gelindo                       (c. s.) No, è lui che la sera si traveste da donna e… come diciamo noi milanesi… rolla!

Galimberti                   Rolla?

Gelindo                       Ma si dai che ha capito!

Galimberti                   Ma ha la barba!

Gelindo                       (sconsolato) Cosa vuole, di questi tempi c’è gente che ci ha certi gusti…Venga si metta un attimo qui… (lo fa mettere di profilo rispetto al pubblico) Mi embra che ci ha qualcosa sulla fronte (gli scruta la fronte e gli tossisce in faccia)

Ilaria                           (entra di corsa e da una pedata nel sedere al pittore che sobbalza)

Galimberti                   Ahia! Accidenti!

Gelindo                       (inseguendo Ilaria che scappa via) Brutta carognetta, se te ciappi… (tornato sui suoi passi) Scusi eh! Quella lì è la disperazione di tutto il cortile, ne combina di tutti i colori. Quando viene a stare qui, tenga sempre la porta ben chiusa e soprattutto faccia molta attenzione quando traversa il cortile: quella li tira giù di tutto e ci ha una mira… ne ha già mandati due al pronto soccorso.

Galimberti                   Ma è in inaudito! Bisognerebbe fare qualcosa! Intervenire presso i genitori!

Gelindo                       Si figuremess: è figlia di una ragazza madre… si, insomma una figlia di… dai non me lo faccia dire che sta male. E poi la madre è anche peggio della figlia… (si guarda attorno, poi in gran segreto) la rolla anca lee.

Galimberti                   Ma questa non è una casa, è un casino!

Gelindo                       Bravo, vedo che ha capito. Sa, a volte può essere una comodità… (tossisce)

Ettore                          (sta per passare davanti alla porta ma si blocca e scruta il Galimberti. Poi entra con fare minaccioso) E questo qui chi è?

Gelindo                       E’ un signore che vuole venire a stare qui.

Ettore                          Sarà mica un pittore…

Galimberti                   Si, mi chiamo…

Gelindo                       (lo interrompe mettendosi fra i due) No! No è un… un idraulico!

Galimberti                   Macchè idr…

Gelindo                       (si gira prontamente) Zitto, per l’amor di Dio!

Ettore                          Idraulico? Ma se te gh’hee nanca l’acqua in cà…

Gelindo                       No, l’è chi per sturà el cess in fond a la ringhera. Scusa, ma adess gh’hoo de de fa, quindi grazie per la visita, se vedom. (lo spinge fuori)

Galiberti                      Ma, scusi, perché m’ha fatto passare per un idaulico?

Gelindo                       Perché lui odia i pittori, non so perché ma li odia, appena ne vede uno lo  gonfia di botte. Lei comunque tenga segreto il suo lavoro, purtroppo da qui in avanti dovrà fingere di essere un idraulico, quindi si organizzi quando esce di casa: cassetta degli attrezzi, tuta...

Galimberti                   Ma che brutta gente che vive qui, che ambientaccio.

 

Gelindo                       Ma no, ma no, vedrà che si troverà bene. Io verrò da lei tutti i giorni, le darò dei consigli sull’arte della pittura, sa… fra colleghi… finalmente avrò qualcuno per parlare d’arte.

Galimberti                   Cos’è, una minaccia?

Gelindo                       Si! Ehm.. volevo dire no. Dai, quand’è che viene a stare qui, che non sto più nella pelle di averla come vicino?!

Galimberti                   Mai! Manco morto!

Gelindo                       Bravo! Ehm.. cioè volevo dire, lei che è così un bravo pittore, non sente quest’aria da bohemien che c’è qui?

Galimberti                   Macché bohemien e bohemien! Questo caseggiato sembra la succursale di San Vittore, altro che bohemien…

Gelindo                       Ma no, non dica così… e poi ci sono qua io che alzo il livello culturale e artistico e…

Galimberti                   (interrompendolo) Ma non mi faccia ridere! Imbianchino da quattro soldi che non è altro! (via di volata)

Gelindo                       (affacciandosi alla porta assieme a Piera)  Ciao, Fofi, e ocio al coo… ocio!

Galimberti                   (da fuori) Ahia!

Gelindo                       (rientrando) Colpito e affondato!

Piera                            E vun l’è ‘ndà! Gelindo, devo ammetterlo sei stato grande! (lo bacia in fronte)

Gelindo                       Però che nomm che gh’hann ‘sti artista, vun Fofi l’alter Fefè…

                                   

(A questo punto rientrano tutti gli altri ridendo e lanciando urla di vittoria, complimentandosi l’un l’altro a soggetto. Ettore ne approfitta per abbracciare Marisa)

 

Marisa                         (ridendo) Si ma, Ettore, slarghess minga tropp!

Ettore                          Scusa, l’è stà l’entusiasmo.

Marisa                         Si, l’entusiasmo de toccamm el dedree!

Ilaria                           Mamma, hai visto che mira? L’ho beccato dritto sulla testa! Zio, ti è piaciuto il calcione che gli ho mollato?

Gelindo                       A mi si, a lù minga tropp.

Adele                          Ohe l’è passaa davanti a la portineria ch’el correva ‘me na legora e con l’orinari ammò in sul coo.

Ilaria                           (a Luigi) Ciao, Giusi!

Luis                             Son stato proprio bravo eh?

Gelindo                      Ohe, Ettore, ma te rivavet mai! Cerca de stà pussee attent la prossima volta!

Ettore                          (dispiaciuto) Peccaa che hoo minga poduu piccall debon!

Gelindo                       Comunque, ragazzi, calma con gli entusiasmi: emm vinciuu ‘na battaglia ma la guerra l’è ammò lunga!

Adele                          A proposit, el Chiesa el m’ha telefonaa des minut fa, l’ha dii inscì ch’el prossim client l’è ona pittrice, la doaria rivaa vers sera. El s’è raccomandaa…

Gelindo                       Pittrice? Allora scatta el pian numer duu.

Piera                            E saria?

Gelindo                       Adess ve spieghi. Donca la prima roba…

Sipario


Atto Secondo

                                    (all’aprirsi del sipario la scena è vuota)

Adele                          (dalla soglia) L’è permesso? Scior Gelindo? Sciora Piera? (entra seguita da una donna)

Gelindo                       (entra con Piera) Semm chi. ‘Se succed?

Adele                          Gh’è chi ona signorina che la voeur vedè la cà. (Adele via)

Lella                            (è giovane, carina, elegante e sofisticata. Entra tendendo la mano) Piacere, Lella De Lellis, pittrice.

Gelindo                       (stretta di mano con inchino) Enchantè. Gelindo Magni. (fra se) Pensa se la podeva vegh on nòm normal…

Piera                            (c. s.) Anca mi. Piera Magni.

Gelindo                       Lei di nome fa Lella?

Lella                            Si

Gelindo                       Ed è pittrice.

Lella                            Si.

Gelindo                       Quindi pittrice del lella.

Lella                            Non capisco…

Piera                            Mei inscì.

Gelindo                       Ma lo sa che siamo colleghi?

Lella                            (scettica,  guardandolo da capo a piedi) Davvero? E dove espone?

Gelindo                       No, io non espongo: svernicio.

Lella                            E qual è stato il suo ultimo vernissage?

Gelindo                       Bello, mi piace detto in tedesco, dunque l’ultimo… ma proprio l’ultimo l’ultimo… è stato a casa della Marisa.

Lella                            Pittrice?

 

Gelindo                       No, nipote e ragazza madre, ci ho sbiancato su tutta la casa.

Lella                            Ma allora lei è un imbianchino!

Gelindo                       In molte regioni a noi ci chiamano pittori quindi…

Piera                            (intervenendo) Allora ci dica, cara signorina, cosa possiamo fare per lei?

Lella                            (si sta guardando intorno compiaciuta) Il signor Chiesa mi ha detto che la vostra è la casa tipo di questo caseggiato e così volevo dare un’occhiata.

Gelindo                       Per una signorina bella come lei, sarà un piacere.

Piera                            Ohe, comincia minga a tacchinà eh.

Lella                            Tacchinare? Che curiosa espressione, mai sentita.

Gelindo                       Non ci faccia mica caso… dunque, come vede, questo è il salone.

Lella                            Bellisimo, affascinante, ha un che di romantico, di bohemien!

Gelindo                       Ma sa che l’è quello che dico sempre anch’io?

Piera                            E di là c’è la camera da letto…

Gelindo                       Si, la sala giochi dei grandi… Venga che ce la mostro.

Piera                            Ti stà che chi che ghe pensi mi a fagh vedè la camera. Venga con me signorina che ce la mostro. (mentre si avviano, strizza l’occhio al marito)

Gelindo                       (corre sulla ringhiera e guardando a destra e a sinistra) Tutti pronti e attenti ai colpi di tosse! (rientra e rientrano anche le due donne)

Lella                            (rivolta a Piera) La camera la credevo più piccola…

Gelindo                       Allora, bella signorina, la casa è di suo gradimento?

Lella                            Molto, molto, molto.

Gelindo                       Peccato, peccato, peccato.

Lella                            Come “peccato”!?

Gelindo                       No, dicevo così per dire (poi, galante) Ma sa che lei è la più bella pittrice che ho visto? (fa per appoggiarsi al tavolo, ma sbaglia la mira e per poco non cade in terra)

Piera                            Ma fa no ’l scemo a la toa età…

Gelindo                       Allora cos’altro possiamo fare per lei medesima? Non vuole informazioni sul vicinato? Sono importanti sa?

Lella                            Ma certo, come no!

Piera                            Ti va de là che a sta tosa ghe pensi mi.

Gelindo                       Come vuole la mia tiranna. Signorina… (baciamano con inchino) Ci vediamo dopo e, non si preoccupi, ci vedremo spesso, mooolto spesso quando verrà a stare qua,mooolto spesso, spessissimo...

Lella                            (tra se) Speriamo di no.  

Piera                            Non ci faccia caso al mio marito, sa, lui è convinto di essere, come dicono i francesi, un tromber de femm. Le tampina tutte, ma ci posso assicurare che, a parte rompere le ba… le scatole, è innocuo. Allora cos’è che vuole sapere?

Lella                            Mah, qualcosa sul vicinato… sa, per noi pittori è importante un certo ambiente, sia per dipingere che per ricevere compratori.

Piera                            Ahi ahi ahi ahi ahi.

Lella                            Cosa c’è?

Piera                            No, niente, sa qui l’ambiente è un pochino…. (tossice)

Luigi                           (transitando sulla ringhiera, da un’occhiata dentro e saluta, passado oltre, poi torna indietro e entra in casa. E’ vestito in maniera ridicola da latin lover, con foulard al collo e occhiali da sole che poi si toglierà.) E’ permesso? Buongiorno, signora Piera. (intanto scruta Lella con grande interesse) E chi è questa bella signorina?

Piera                            L’è ‘na pittrice l’è chi per vedè la cà.

Luigi                           (galante porgendo la mano a Lella) Permette? Gigi Bianchi… Enchante… (baciamano)

Lella                            Lella de Lellis.

Luigi                           E mi dica cara Lella, cosa dipinge di bello?

Lella                            Sono astrattista.

Luigi                           Interessante, interessante. Cosa fa stasera? (la prende sottobraccio, facendo qualche passo in avanti)

Lella                            Prego?

Luigi                           Si, insomma, da te o da me?

Lella                            Scusi sa, ma non capisco.

Piera                            Mi voo on momente de là, rivi subit. (esce)

Luigi                           Va la va la, che hai capito benissimo, furbacchiona. Fate tutte le preziose, mapoi... (le da una pacca sul sedere, il pubblico se ne accorge perché lei sobbalza)

Lella                            Ah!! Ma come si permette? Guardi che le do un borsettata sa?

Luigi                           Si, si picchiami, fa di me quello che vuoi. ( lui si avvicina con le braccia tese, lei si allontana, continueranno ad inseguirsi)

Lella                            Ma lei è un pazzo, uno squilibrato.

Luigi                           Fate tutte cosi, fate le preziose, le santarelline ma poi quando vi scatenate…

Lella                            Più che un pazzo lei è un porco. Stia lontano da me se no le do una borsettata in testa.

Luigi                           E’ gia la seconda volta che lo dici, ma non lo fai, lo so fa parte della comme… (non finisce la frase perché lei lo colpisce con una borsettata) Ahia, ahia!, ma disgraziata, dovevi solo fare finta.

Lella                            Fare finta? (dispiaciuta) Ha ragione scusi, adesso gliene do una per finta. (altra borsettata più forte della prima) Contento? (lo insegue per dargliene delle altre)

Luigi                           Aiuto!  Fermate ‘sta matta.

Piera                            (torna in scena di volata e afferra Lella che continua menare borsettate al vento) Ma ‘se cucced, santa polenta.

Lella                            Mi lasci andare, mi lasci che l’arrangio io quel fetente. (Luigi scappa fuori)

Piera                            Su, su, si calmi è andato via. (Come la lascia, Lella si precipita verso la porta brandendo la borsetta. Piera è costretta a rincorrerla, la porta verso la tavola e la fa sedere) Su, su si calmi, si sieda giù qui. Vuole un bicchier d’acqua?

Lella                            Si grazie. (come Piera la lascia prer prenderle l’acqua, Lella riparte come prima e Piera corre a riprenderla)   

Piera                            Basta, benedetta tosa, se la continua inscì va fini che ghe ven on s’cioppon!

Lella                            Si ha ragione, mi scusi.

Piera                            Vede, quello lì è il latin lover del cortile. Quando verrà a stare qui, per essere lasciata in pace le conviene cedere. Basta una volta. Poi la tampina più. Fa così con tutte…

Lella                            Ma neanche per idea, piuttosto m’ammazzo, anzi ammazzo lui che è meglio.

Piera                            Eh cara la mia tosa, fosse lui il pericolo peggiore…

Lella                            Perché, cos’altro c’è?

Piera                            (in gran confidenaza) Quello del piano di sopra… E’ un strippat… stumpat… strumpat… violenta le donne!

Lella                            Ma cos’è questo? Un cortile di maniaci sessuali?

Piera                            Ma no, non si preoccupi, adesso è in galera… Ma mi sa che tra poco lo rilasciano… Ma per tornare al vicinato, devo dire che, a parte questi due, gli altri sono tutte persone per bene.

Lella                            Meno male.

Piera                            Ultimamente abbiamo avuto però dei visitatori indeside-RATTI.

Lella                            Scusi, ma non ho capito…

Piera                            Ratti, topi, pantegane che dir si voglia, certe sventole! (mostra la lunghezza di mezzo braccio) Aggressivi eh?! Oh come sono aggrssivi. E intelligenti anche, oh come sono intelligenti! Pensi che non mangiano neanche le esche che ci abbiamo fatto mettere giù!

Lella                            Avete provato con dei gatti?

Piera                            Certo: i gatti li hanno fatti scappare.

Lella                            Meno male, problema risolto allora.

Piera                            Son scappati i gatti. Almeno quelli che ci son riusciti. Dell’ultimo abbiamo trovato solo le orecchie.

Lella                            Io, ho il terrore dei topi.

Piera                            Ma no, ma no, basta che lei non si faccia vedere troppo in giro e che stia ben chiusa in casa, prima o poi vanno via. (tossisce)

                                    (Si sente uno sparo, seguito da un urlo)

Lella                            Oddio! Sparano! Hanno ucciso qualcuno!

Piera                            (corre sulla ringhiera, guarda e torna dentro sorridendo rassicurante, riapre anche la finestra) No, no l’è el Luis che ci ha sparato a una pantegana.

                                       

Lella                            Ma le pantegane… urlano?

Piera                            No. L’è che il Luis ci ha la mira un po’ sbirola: ha steso il postino… ma non è grave!

Lella                            Come non è grave?

Piera                            Si è già rialzato e è corso via un cicinino zoppo.

Lella                            Ma è pericoloso vivere qui!

Piera                            Ma no, basta che lei non si faccia vedere troppo in giro e che stia….

Lella                            Ben chiusa in casa.

Piera                            Brava, vedo che ha capito. Allora viene a vivere qui con noi? Venga, venga, vedrà che si troverà bene.

Lella                            Le dirò, sono un po’ indecisa…

Piera                            Ah! E’ ancora indecisa? Benissimo. (tossisce)

Luigi                           (transita sulla ringhiera vestito con addosso un lenzuolo che ha una grossa toppa su un lato e trascinandosi dietro una catena che fa un gran baccano)

Lella                            (lancia un urlo) Un fantasma!

Piera                            Ma no, non ci faccia caso è sempre stato qui e non fa male a nessuno… Oh Dio, di notte rompe un po’ i maroni con quella catena ma…

Ilaria                           (passa con addosso un lenzuolo bianco che però le lascia scoperto il volto bianco come il lenzuolo che ha addosso) Mammina, mammina… (si ferma davanti alla porta, guarda Lella che urla, lei mostra i denti in un ghigno poco rassicurante)

Lella                            Oh mamma mi sta venendo un infarto. (barcolla)

Piera                            (la sorregge) Ma no, ma no, è la figlia del fantasma è innocua… pensi che spesso viene qui da noi a guardare la tivi dei ragazzi.

Lella                            Ah, si? Che bello!.. Bene, io adesso però scappo che ho un appuntamento urgente, arrivederci, anzi, addio a mai più. (esce di corsa)

                                    (A questo punto rientrano tutti ridendo come matti e parlando tutti assieme. Battute a soggetto)

 

Gelindo                       (guarda l’orologio) Beh, per incoeu credi che rivarà pù nussun, ormai in ses òr…Vialter podì anda a cà, se vedom domam. (salutano e escono tutti meno Ettore che si siede al tavolo)  Dai Piera, andemm a provved se de no stasera se mangia no. Vegni anca mi inscì foo quatter pass che l’è tutt el dì che son chi a spetta i client. (a Ettore) Ti te vee no a cà?

Ettore                          (è triste. Alza le spalle) A cà gh’è nissun e poeu là cognussi nissun, lè no come chi…

Gelindo                       Oh, ma basta con ‘sta menada del condomini!

Piera                            Allora femm inscì. Numm ‘ndemm via per on moment, lù el sta chi a curà la cà e quand tornom indree el mangia on quejcoss con numm, content?

Gelindo                       (ironico) Si magari el tegnom anca chi a dormi…

Ettore                          Oh, grazie, grazie, ecco se voeur dì abità in una cà de ringhera, minga come nel mè codomini…

Piera                            (Alza gli occhi al cielo interrompendo) Voo de la a toeu su la gaetana (borsa della spesa) e poeu ‘ndemm.            (va in camera)

Gelindo                       Ohè ma te see propri fissaa con ‘sto condomini! Basta. Emm capii!

Ettore                          Si, te gh’hee reson, ma ti te doarisset proà se voeur dì stà in del mè condomini doe…

Gelindo                       Basta! Daghen on taj! Un poo de pietà saffurmento se ne po’ pù de sta storia!

Piera                            (rientra. A Gelindo)  Te see ‘se femm? Passom denter da la Marisa e ghe domandom de vegni chì, magari con l’Ilaria a fagh compagnia a l’Ettore.

Gelindo                       Questa la me par ona bella idea: des minut con l’Ilaria e quand tornom indree el troeuvom pù inscì risparmiom el mangià e la menada del condomini. (a Ettore) Dai, fa no che la faccia li: hoo schrzaa. Dai, Piera, ‘ndemm. (escono)

Ettore                          (rimasto solo, gironzola per la casa, si avvicina incuriosito al computer. Timidamente prova a schiacciare un tasto, la sveglia si mette a suonare facendolo sobbalzare,  si mette a correre per la casa senza sapere cosa fare finchè la sveglia smette di suonare)

Marisa                         (entra con la figlia che ha l’occorrente per fare i compiti. Si salutano) Allora, Ettore, dai conta su come se stà in d’on condomini?

Rttore                         Mah, ‘ste voeuret che te disa, cognussi nissun, se ved mai nissun… Però l’altra sera, gh’hoo de ammettell, me son divertii…

Marisa                         Oooh! Te vedet, basta ambientass.

Ettore                          Assemblea di condominio.

Marisa                         (interessata) Ah, bello! E come l’è che la funziona che la roba li? Dai, dai  conta su.

Ettore                          Allora, per prima ròba se gh’ha de nominà el president e vun che ghe fa da segretari, lor se setten giò insèmma a l’amministrador e se fa l’appell…

Marisa                         (meravigliata) Se fa la pell? A chi?

Ettore                          Ma no, l’appell, con l’apostrofo, l’appello.

Marisa                         Ah, ma allora parla ciar, te dii: “se fa la pell” e mi chissà se me credevi…

Ettore                          Comunque, appena finii de fa l’appell… con l’apostrofo, se comincia subit a tacca lit. Vun ch’el vosa de chi, l’alter che vosa de là, insomma, par de vess a on congress de strascee.

Marisa                         E perché tacchen lit?

Ettore                          Mah, soo no, mi hoo capii nient… Peccà che s’hinn minga dà bòtt de legnamee, però me son divertii istess.

Marisa                         E lì t’hee cognussuu nissun?

Ettore                          Il mezz a ch’el casott li? Impossibil.

Ilaria                           (che stà facendo i compiti) Ettore, ti devo chiedere se sai una cosa, lo chiedo a te invece che alla mamma perché tanto lei non sa mai niente…

Marisa                         (scappelloto) Ohe, porta rispetto, eh!?

Ilaria                           Ahia! (si frega la testa) Uffa! (a  Ettore) Senti ma, cos’è una prostaferesi?

Ettore                          E’… aspetta che ce l’ho sulla punta della lingua… è una malattia che viene agli uomini!

Ilaria                           (ridendo) Ma dai, Ettore! Quella è la prostata, una patologia che colpisce gli uomini generalmente al di sopra dei cinquant’anni, facilmente diagnosticabile con un semplice esame del sangue, se il…

Marisa                         Ma smettila di fare la sapientona e va avanti a fare i compiti! (scappellotto)

Ilaria                           Ahia! (si frega la testa) Uffa!

Ettore                          Ma questa qui studia medicina o fa la prima media?

Marisa                         (scuote la testa) Mah, soo no ‘se‘dì…

Ilaria                           Certo, Ettore, che sei proprio gnurant…

Marisa                         Quante volte t’ho detto di non parlare in dialetto! (scappellotto)  

Ilaria                           Ahia! (si frega la testa) Uffa! Guarda che se non la smetti chiamo il telefono azzurro!

Marisa                         E io ti faccio nera!

Ettore                          Ma che inscì la te diventa interista!

Ilaria                           Ho capito che qui, se voglio avere delle risposte, le domande devo farle al computer. (va a eseguire)

Ettore                          Certo che l’è una bambina intelligente eh?

Marisa                         Devo dire di si. E’ anche brava a scuola… ma come rompe…

Ilaria                           (dal computer) Senti chi parla!

Marisa                         (a Ettore) Ecco, te la sentet? (un attimo di silenzio)

Ettore                          Te see?… me piasaria tornà a sta chi de cà.

Marisa                         Ma come se fa? Ormai, la toa cà ghe l’ha on pittor…

Ettore                          El Gelindo el m’ha dii ch’el me darà ona man per casciall via.

Marisa                         Ma se gh’emm giomò di guai a stà chi numm! (le viene da piangere) Ti almen ona cà te ghe l’hee, ma mi e la mia tosa… (comincia a piangere)

Ettore                          Magari… magari… (da qui in avanti sarà sempre in grande imbarazzo)

Marisa                         Magari cosa?

Ettore                          Magari te podet troà on brao òmm che’el sia dispost a sposatt…

Marisa                         Oh, si, guarda foeura, gh’è on ghisa ch’el ten indree i pretendent. Ma chi l’è che se le ciappa voeuna cont ona tosa?

Ettore                          … magari vun che la cà ghe l’ha giomò e che l’è troppa granda per lù...

Marisa                         (sempre piangendo) E beato lui! Se ci ha una casa bella grande uno se la tiene per lui.

Ettore                          … magari l’è no ona cà de ringhera… magari l’è vun ch’el stà in d’on condomini…

Marisa                         Si, e con tutti i servissi in casa, e magari è anche un miliardario!

Ilaria                           (che ha sentito tutto, guarda dalla loro parte, scuote la testa e fa dei gesti che lasciano intendere che lei ha capito benissimo cosa Ettore sta cercando di dire a sua madre)

Ettore                          Miliardario magari no… Ma magari è uno che vive di rendita… si insomma che è in pensione…

Marisa                         Si, un vecchio rimbambito! Certo, uno così magari mi sposerebbe anche…

Ilaria                           (sbuffa, occhi al cielo)

Ettore                          … magari un baby pensionato, uno che non ci piace stare in un condominio…

Marisa                         E a chi non piacerebbe stare in un condominio?

Ettore                          … perché lì non conosce nessuno…

Ilaria                           (scoppia. Batte un piede in terra, facendoli sobbalzare) Basta! Non vi sopporto piu! (raccoglie le sue cose e si accinge a uscire) Vado a casa. (mentre esce) Due imbranati, uno che non riesce a dire due parole in croce e l’altra che non capisce niente…

Marisa                         Ilaria! (la segue, mentre sulla soglia appaiono Gelindo e la moglie)

Piera                            (al marito) El doveva minga vess lù quell che scappava dopo des minut?

Gelindo                       Ohe, Ettore, ‘st’hee combinaa?

Ettore                          Mi? Nient.

Piera                            E allora perché chi dò là hinn scapaa?

Ettore                          Mah, chi le sa? (Piera va in camera)

Gelindo                       (rimasti soli) Allora, se gh’è success?

Ettore                          Mi soo no… seri ‘dree cercà de fagh capì a la Marisa che mi voraria sposalla…

Gelindo                       (scoppia a ridere) Ah! Ah! Ah!… ti te voeuret… Ah! Ah! Ah!…

Ettore                          (lo guarda senza parlare, poi) Se po’ savè ‘se gh’è de rid?

Gelindo                       Ah! Ah! Ah!… (smette di colpo di ridere) Disi, ma te see scemo o cosa?

Ettore                         Perché?

Gelindo                      Sposass a la toa età?

Ettore                          Beh son minga inscì vecc… Se me sposi con la Marisa podi magari tornà a stà chi, in ca soa…

Gelindo                       E ti te voeuret sposà la Marisa per tornà a sta chi de cà?

Ettore                          Ma no, magari la ven lee a stà de mi, nel condomini doe gh’è mai nissun e…       

Gelindo                       (finendo per lui) Te cognosset nissun. Ettore,  soo pù ‘me ditell: sta menada ormai la semm a memoria. Muchela!

Ettore                          Siccome son timid, son minga stà bon de dighel; allora hoo cercà de faghel capi…

Gelindo                       E lee l’ha capii inscì ben che l’è scappada via…

Ettore                          Ma no, l’è stada l’Ilaria che l’è scappada via… forse lee l’ha capii…

Gelindo                       Podi minga lassatt in deperti des minut, che subi te fee on quej casott.

Piera                            (rientra, si è cambiata ed è in grembiule) Ohe, vialter duu, perché andì no a fa on girett? Mi gh’hoo de fa de mangià e voeuri nissun in mezz ai pee.

Adele                          (s’affaccia alla porta) E’ permesso?

Piera                            Avanti, avanti, se gh’è ancamo?

Adele                          L’ha telefonaa el Chiesa, l’era incassaa ‘me na bissa, l’ha dii inscì ch’el  ven chi doman mattina a rangià i cont e de tegniss pront.

Gelindo                       Oh se l’è per quell, sarem prontissim, sarà mej ch’el se prepara lù puttost: scatta il piano anti Chiesa.

Piera                            E saria?

Gelindo                       El soo non ammò, ma basta domandaghel ai noster alleaa. (va al computer, solito esercizio con le dita in aria) WWW…

Piera                            A ciapà i ratt.

Gelindo                       (la ignora e comincia a pestare sui tasti lasciandosi andare a delle esclamazioni) Bello… Oh che, che idea!… (ride) Ah!, Ah!… Hooo, pòr Chiesa! (si frega le mani e alzandosi) Pronti i piani numero uno e edue anti padrone di casa!

Ettore                          Perché duu?

Gelindo                       El primm l’è per quand riva el Chiesa, el segund l’è per quand el torna chi.

Piera                            E come fann a savè ch’el vegnarà chi dò volt?

Gelindo                       L’è previst nel piano numero uno: el gh’ha de ritornà!

Ettore                          Ohe, ma chi hinn chi li?

Gelindo                       E chi le sa! Quando ciatti non vedi nessuno: viaggi nell’etere!

Ettore                          E te see indormentet no?

Gelindo                       (lo guarda, sospira e scuote la testa) Te see? Gh’è di volt che me convinci che ti te fe no finta: ti te see scemo debon… Piera!?

Piera                            Comandi.

Gelindo                       Ciama…

Piera                            La compagnia del mal de venter a raccolta… Ho bell e vist che stasera se mangia tardi. (esce)

Atto Terzo

In scena, Ettore, seduto al tavolo  e Piera, che sta spolverando.

Adele                          (si affaccia alla porta, dietro di lei c’è Chiesa) L’è permesso?

Piera                            Aventi, avanti.

Adele                          Gh’è chi el scior Chiesa. (via)

Chiesa                         Buongiorno, sciora Magni. (a Ettore) Scior Magni…

Piera                            (da qui in avanti, freddamente) No, l’è no el scior Magni, quesschi l’è l’Ettore, on amis. El mè marì el gh’è nò e soo no quanto temp el starà foeura… (indicando al porta) Arrivederci, non è stato un piacere.

Chiesa                         Ah no, cera sciora, mi de chi me mouevi no finchè riva el so marì; chi gh’emm de mett i cart in taola.

Piera                            L’è vegnuu chi per giugà a trisett?

Chiesa                         Va la che l’ha capii benissim. Mi de chi me moeuvi no. E che la me risparia i sò troad che fann rid nissun.

Piera                            Ah, el voeur minga andà via?

Chiesa                         No.

Piera                            Pesg per lù. Prego ch’el se setta giò.

Chiesa                         Grazie…

Piera                            On guttin de cafè?

Chiesa                         Grazie, volentera…

Ettore                          On poo de cafè el bevi volentera anca mi…  

Piera                            (sbuffa e scuote la tesa guardandolo. Poi, voltando le spalle ai due comincia a versare il caffè dalla caffettiera che sta sulla ciucina a gas)

Ettore                          Permette che mi presenti? Ettore Bassi, sono stato il primo ad andare via. (si stringono la mano)

Chiesa                         Bravo. L’è inscì che se gh’ha de fa: andà via senza trà in pee di gibilee.

Ettore                          Sont andà a stà in d’on condomini doe cognossi nissun, se ved mai nissun…

Chiesa                         (interrompendolo) Ch’el me scusa ma mi del so condomini m’interessa nagott. Mi son chi per parla cont el scior Magni.

Piera                            (sempre voltando le spalle) E mi gh’hoo appèna dii ch’el gh’è no… E poeu ‘s’el gha de digh cos’è? (Nel frattempo ha preso una boccetta da un mobiletto e, sempre di nascosto  ne ha versate alcune gocce in una delle due tazzine, adesso ci ripensa, alza le spalle e ci versa tutto il contenuto. Durante il seguito della conversazione, preparerà un vassoio con le tazzine, la zuccheriera eccetera)

Chiesa                         Che sii staa, propri bravi a fa scappà i client… ma servirà a nient, perché fra tri mes…  (fa segno con la mano che se ne dovranno andare) Belli anche i cartelli che avete attaccato nel caseggiato. Complimenti!

Ettore                          Ci sono piaciuti?

Piera                            (mette il vassoio sul tavolo fra i due, la tazzina con l’aggiunta dalla parte del Chiesa) Ecco il caffè. (fa segno a Ettore indicando la tazzina del Chiesa. Ettore fa cenno di aver capito, ma ha frainteso)

Chiesa                         Grazie. (mette lo zucchero nel caffè e comincia a mescolare)

Ettore                          El mè preferii l’è quell con su scritt. Chiesa, Chiesa va a cagà.

Chiesa                         Io lo trovo volgare. Roba da stadio.

Piera                            Ma no, guardi che l’era solo un consiglio, sa?

Chiesa                         Gh’hoo minga bisogn de certi consili…

Piera                            El vedarà che fra pocch ghe n’avarà de bisogn…

Chiesa                         E lee come la fa a savell?

Piera                            El soo, el soo… su, ch’el beva el cafè se de nò el diventa fregg.

Chiesa                         La gh’avaria nò on gottin e grappa per corregel, per dagh pussee forza…

Piera                            (andando verso la credenza) Oh, el gh’ha propri reson: con la grappa el vedarà che effett!

Ettore                          (approfittando del fatto che il Chiesa stia seguendo con lo sguardo Piera, gira il vassoio)

Piera                            Ecco, la grappa. (gliene versa un po’)

Ettore                          Un gottin anca per mi. (Piera esegue)

                                    Un attimo di silenzio mentre i due, bevono il caffè. Ettore beve il suo tutto d’un fiato e comincia a fare delle boccacce)

Chiesa                         Buono…

Piera                            El ghe pias? Strano…

Chies                           E quando l’è ch’el torna el so marì?

Piera                            Soo no…

Chiesa                         Comunque mi de chi me moevi no!

Piera                            Sarà difficil… Fra pocch ghe toccarà scappa via.

Chiesa                         Gh’hoo de dì che la barricada giò in cortil la m’è parsa on ciccin esagerada.

Piera                            Quella l’è per quand rivarann i celerin a casciann via.

Chiesa                         E lee la cred de fermà la polizia con quatter rottam?

Piera                            Numm semm pratich a fa chi ròbb chi, el tegna present che emm cascià via i tognitt, gh’emm miss cinch di, però i emm cascia via.

Chiesa                         (ride) Si, ma pussee de cent ann fa… E poeu dopo in quej mes eren chi ancamò.

Ettore                          (comincia a torcersi dal mal di pancia e a gemere)

Piera                            (preoccupata) E ti ‘ste gh’hee?

Ettore                          (sofferente) Gh’hoo bisogn de ‘ndà al cess… Ohi, Ohi.

Chiesa                         E ch’el vaga... Con tutt i cess che gh’è in su la ringhera…

Ettore                          Tutti occupati…

Chiesa                         E lù come el fa a savell?

Ettore                          El soo… me l’ha dii el Gelindo… (corre via)

Piera                            (va sulla porta) Deficiente!

Chiesa                         ‘Sel diseva del so marii?

Piera                            Nient, nient. (si toglie il grembiule e fra se) Scattà el pian numer dù. (a Chiesa) Va beh, hoo capii: voo a l’osteria a ciamall, lù ch’el staga chi, rivi subit. (esce)

Chiesa                         (si alza gironzola per casa, guardandosi intorno, tocca qualche oggetto, mormorando qualcosa a soggetto. Poi vede il computer, si avvicina e prova a premere un tasto. La sveglia si mette a suonare, li guarda a turno incuriosito. Poi, sentendo dei passi corre a sedersi.)

Marisa                         (entra. E’ truccata e vestita in modo sexy. Fingendo sorpresa) Oh! E lù chi l’è?

Chiesa                         Sont el scior Chiesa.

Marisa                         Ma no!?

Chiesa                         Ma si.

Marisa                         Ma va! (va a sedersi all’altro capo della tavola. Civettuola da qui in avanti)

Chiesa                         Ma si, son propri mi.

Marisa                         Hoo sentii tanto parlà de lù!

Chiesa                         Ooh, me l’immagini come la sentii parlà de mi…

Marisa                         Si, e ho anche letto.

Chiesa                         Letto?

Marisa                         Ma si, i cartell giò in cortil…  

Chiesa                         (deluso) Ah!

Marisa                         Sa qual’è el mè preferii? (dà un’occhiata verso la finestra)

Chiesa                         No. Preferissi savell no.

Marisa                         Peccato. (pausa) Sa? Mi me l’immaginavi different… si me l’immaginavi, vecc, brutt… Oddio, l’è no che lù el sia bell, però l’è on tipo, l’e interessant… A mi m’hin  semper piasuu i omen inscì. (altra occhiata verso la finestra)

Chiesa                         Debon?

Marisa                         Si. Ho, ch’el me scusa, me son nanca presentada, mi son la Marisa (gli tende mollemente la mano)

Chiesa                         (galante) Enchantè. (baciamano) Alfonso Chiesa.

Marisa                         Ma no!? Lù el se ciama Alfonso?

Chiesa                         Perché, Alfonso el ghe pias no?

Marisa                         Ma allora l’è el destin! Ch’el pensa che ona volta ‘na cartomante l’ha m’ha dii che che l’òmm de la mia vita el se saria ciamaa propri inscì.

Chiesa                         Ma no?

Marisa                         Ma si.

Chiesa                         Ma va!

Marisa                         (sognante) Alfonso, l’uomo dei miei sogni….  (cambiando tono) El me scusa on moment?

Chiesa                         (galante) Ma prego, prego.

Marisa                         Lù chel staga chi on attim, ch’el se moeuva no che gh’hoo de digh di robb important.

(Va sulla porta e comincia a far dei cenni concitati verso qualcuno. Arriva Ettore. Per ovvi motivi ha dei pantaloni diversi e si deve notare molto. Ha in mano una macchina fotografica con tanto di flash. Mimica fra i due con lei che gli fa cenno di appostarsi accanto alla finestra e di tenersi pronto a scattare delle fotografie. Chiude la porta, proprio mentre il Chiesa si volta spazientito) Ecco, al riparo da orecchie indiscrete. Mi dica, lei è singolo?

Chiesa                         Singolo?

Marisa                         Ma si, singolo, come dicono gli inglesi.

Chiesa                         Ah, single! No, purtropp son sposaa.

Marisa                         Mi invece no, per soa fortuna… (gli si avvicina con movenze provocanti) Sa, mi davanti a omen come lù, che se ciamen Alfonso… resisti no! (gli prende il viso tra le mani e sporge le labbra come per baciarlo. Dalla finestra, lampo di flash)

Chiesa                         (sobbalza alzandosi) ‘Se l’è staa cos’è?

Marisa                         (gli si riavvicina ansimante) Nient, el temporal.  

           

Chiesa                         Ma se gh’è foeura el so!

Marisa                         On fùlmin a ciel seren. Ch’el se setta giò.

Chiesa                         (siede) Mai vist on fùlmin a ciel seren…

                                   

 Marisa                        (mentre gli si siede in braccio) Ma si, è il fulmine di una tempesta ormonale… la mia… Alfonso!

Chiesa                         ‘Se gh’è?

Marisa                         Fammi tua!

Chiesa                         Cosi, su due piedi?

Marisa                         Va bene anche sul tavolo. Alfonso, baciami! (mentre entrambi protendono le labbra, lampo di flash

Chiesa                         (balza in piedi facendola cadere. Corre alla porta, la apre, guarda a destra e a sinistra) Fermess delinquent! (lo insegue)

                                    (Dopo qualche attimo rientrano Chiesa, Piera e Gelindo che tiene per la collottola Ettore)

Gelindo                       Adess ‘se t’hee combinaa?

Chiesa                         Dai, basta, la sceneggiada l’è durada anca assee. (a Gelindo) E lù ch’el faga no el toaia che tant ho capii tuscoss. Vialter sii tutt daccord, compresa ‘sta specie de Kim Basinger di poeritt e vestida ‘me ‘na cocotte.

Marisa                         L’ha parlaa el Richard Gere di mort de famm! Ma ‘l s’è guardaa in del specc? L’’è li ch’el somiglia a ‘na pantegana! A mi m’è vegnuu de trasù appena l’ho vist!

Chiesa                         Zitta, befana in minigonna.

Marisa                         Befana a mi? (afferra la sveglia e fa per tiragliela. Piera la ferma)

Piera                            (lottando con Marisa) No! L’è na sveglia noeuva che la s’ceppa el mitutt.

Marisa                         E mi ghe foo s’ceppà anca el coo!

Chiesa                         (a Ettore) Dai ti, molla la macchina fotografica.

Gelindo                       Ohe, calma e gess. La macchina fotografica la tegni mi e adess patti chiari e pedalare.

Chiesa                         Delinquenti, farabutti.

Piera                            Sent chi paaarla! ‘Sta faccia de palta el sa nanca cosa l’è la vergògna.

 

Gelindo                       (trionfante prende la macchina fotografica) Car el noster scior Chiesa, adess femm quatter ciaccer in amicizia. Donca, o lù el ritira el sfratto a tutta la gent del caseggiaa, oppur la soa cara miee la ricevarà on quej sò bell ritratt cont in brascia la Kim Basinger….

Ettore                          (gli da di gomito) E la mia cà?

Gelindo                       Giust. Vist che ghe pias tanto sfrattà la gent, e numm voeurom minga prival del sò divertiment, el sfratto ghe le dà al pittor ch’el stà in de la cà de l’ Ettore, quella al primm pian visin al cess, che la torna a vess fittada da l’Ettore qui presente medesimo.

Chiesa                         Ma la finiss minga chi, parola del Chiesa. Vialter savii no de cosa son bon mi…

Piera                            Oh, che paura, me tremen fina i genoeugg!

Gelindo                       Bene, nel caso ghe vegniss ona quej brutta intenzion, mi adess ciappi el rollin, el foo sviluppà e consegni di copi di fotrografii a tutti i inquilin…  (apre la macchina fotografica) e poeu… (si blocca e guarda Ettore) Deficiente!

Chiesa                         (scoppia a ridere) L’è voeuia! Che scemi! Adess cosa spedii a la mia miee? On disegn? (sempre ridendo si avvia alla porta dove si ferma) Quasi quasi me dispias de vedev pù, dato che fra on poo… (fa segno con la mano che se ne dovranno andare) Vi saluto, pezzenti, morti di fame! (via ridendo)    

Marisa                         (seguendolo e dalla ringhiera) E lei ci saluti la signorina sua madre!

Gelindo                       (a Ettore) Ma se pò vess pussee scemi d’inscì!?

Ettore                          (contrito) Ma no, l’è la macchina che l’è diffettosa…

Gelindo                       L’è no la macchina che l’è diffettosa, l’è ‘l tò coo che l’ diffettos!

Ettore                          … la scatta anca senza la pellicola, mi me ricordavi che gh’avevi denter on  rollin… a l’ho anca proada per vedè se la fonzionava ancamò.

Marisa                         (che nel frattempo è crollata su una sedia) E mi, che vergogna… tutta ‘sta scèna per nient… che vergogna. (scappa via piangendo)

Ettore                          (la insegue) Scusa, Marisa, hoo minga faa apposta…

Piera                            Ghe mancava ancaa ch’el faseva apposta, sto sifol a trii bùs.

    

                                    (buio e sipario per un attino. Al riaprirsi del sipario, Gelindo è sulla ringhiera, Piera è seduta al tavolo che rammenda una calza)

Gelindo                       (rientra sconsolato e va sedere al tavolo) Che tristezza ‘sto cortil! Nel gir de on para de mes hinn andà via tucc… stremii dal sfratto.

Piera                            On quejdun l’è andà a viv coi fioeu, on quejdun in di cà popolar… Certo che a la Marisa la gh’è ‘ndada anca ben: l’è ‘ndada a viv con l’Ettore e numm adess gh’èmm nanca pù I’laria che la ven chi  a fa i compit al dopomezzdi… La gh’è andada pesg a la Gina: l’è ‘ndada a la Baggina, pòra veggina… fa anca rima… Se ved che la tristessa la me fa diventà poetessa, alè, on’altra rima…

Gelindo                       Ti te fee i rimm e numm emm faa tutt per nagott…

Piera                            Beh, disaria no, se non alter el Chiesa la dì che podom anca stà chi… “pittore più pittore meno non fa differenza” l’ha dii, “visto che ci tenete tanto...”

Gelindo                       El dis ch’el riess minga a capì perché semm inscì tacca a ‘sta ringhera…

Piera                            ‘Ste voeuret ch’el capissa quell li, l’è no me so pader ch’el capiva perchè l’è nassuu in d’ona cà de ringhera, de quej d’ona volta, minga come quej del dì d’incoeu…

Gelindo                       Come l’è diventada anca questa.

Piera                            Che trisezza ‘sto cortil, che silenzi. Par on mortori.

Gelindo                       Te se ricordet quand semm vegnuu a sta chi? Che bell che l’era! Con tutt i fiolitt che giugaven in cortil, quanti vosett allegher! Te see che quand l’era primavera a mi me pareven tanti passerott in festa?

Piera                            E d’estaa, con tutt i uss e i finester avert? L’era pocch bell? Allora gh’era no de vegh paura a tegnì avert. E quand al dopomezzdi, numm donn andavom a bev el caffè e a cicciarà in cà de l’Esterina gh’era nanca bisogn de sarà su la cà.

Gelindo                       L’è vera, e se rivava on forestee o gh’era la portinara che le tegneva d’oeugg o gh’era semper on queidun che’l controllava doe l’anadava.

Piera                            E te se ricordet el Gino? Ogni volta ch’el passava su la ringhera; “Ciao, Gelindo, Ciao, Piera!” El saludava semper, anca quand ghe serom no. (sospira) Eh si, serom tucc ona famiglia…

Gelindo                       Invece questi chi van e vegnen seza nanca guardatt in faccia… Eh si, la vita de ringhera l’era pussee  pubblica che privada. Serom tutti per uno e uno per tutti, come i moschetter.

Piera                            E adess tutt i ùss hinn sprangaa, i finester sarà su e gh’è in gir nanca on can, par de vess in del condomini de L’ettore. Anzi, pesg ammò.

Gelindo                       Adess al post del Gino, de l’Esterina o del Paol, detto Asso pèerchè el giugava ben a scoa, gh’emm el Fofi, el Fefè e la Lella e el diaol che ie porta via. Certo che i gent di artista gh’ann ona bella fantasia!

Piera                            Debon: gh’emm on Felice Felice e ona Lella de Lellis.

Gelindo                       Vun l’hann ciamà fina Fofi, come el can de l’Oliviero el perucchee.

Piera                            (dopo un attimo di silenzio) Me pias pù stà chi.

Gelindo                       Nanca a mi.

Piera                            Chi ‘se femm? Gh’è pù nissun. Gh’è domà on gran silenzi e ona gran tristezza.

Gelindo                       Te see se femm? Andemm via anca numm!

Piera                            E doe ‘ndemm? I cà de ringhera ormai hinn tutt come questa.

Gelindo                       Ona cà o l’altra fa minga differenza: l’mportant l’è ‘ndà via. Chi ogni volta che guardi ‘sto cortil e ‘sti ringher me ven el magon perché me ricordi tropp robb. Me ricordi che ormai semm diventà vecc. Superati. Semm foeura de post, una razza in estinzione.

Piera                            Come i dinosauri.

Gelindo                       Eh si… Adesso è l’era dei Fofi e dei Fefè. Adess quesschi  l’è el sò cortil. Che se’tegnen lor. El noster l’era tutt on’altra roba.

Piera                            E come femm a cercà on’altra cà?

Gelindo                       Pressa ghe n’emm no. Se femm iuttà de lù ch’el sa tuscoss. (indica il computer) Se la troeuvom ben, se la troeuvom no s’ciao. Almen gh’avaremm proaa. In ona manera o in on altra andaremm via.

Piera                            Quella che la me proccupa l’è l’altra de manera… Comunque la vaga, gh’averemm almen la soddisfazion de vess staa i ultim a ‘ndà via.

Gelindo                       Si. E da l’ultima ringhera. (si alza e va al computer mentre si chiude il sipario,  la sveglia si mette a suonare) 

FINE