L’ultimo ballo

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L’ultimo ballo

Commedia in quattro  atti di Ferenc Herczeg


PERSONAGGI

ANDREA MARCUS

LA BELLA TITTA, sua moglie

Dott.ssa GIUDITTA MARCUS, loro figlia

La vedova JORICA

Dottor TIBERIO BORONKAY

FREDDY BLANCHE

KEMNITZER 

WAGNER, capo cameriere

VITTORIO, cameriere

GIORGIO,  ragazzo del Circolo

Il fatto si svolge nel "Cìrcolo Sportivo"

Il II in casa della famiglia  Marcus

Il III in  un salottino riservato del "Fagiano d'oro"

Il IV in  uno studio di pittore


ATTO PRIMO

La sala di trattenimento del « Circolo Spor­tivo »: a destra la comune; a sinistra un'aper­tura, celata da una tenda, che conduce agli spogliatoi; in fondo una porta vetrata ed una finestra bassa e larga che danno entrambe sul parco, nel quale sono i campi di gioco. Stile colori ultramoderni. Mobili di metallo tubolare. Scrivania, telefono, giornali spor­tivi. Gettata su una sedia una giacca sportiva da uomo di una tinta violenta.

Giorgio     -  (il « ragazzo » del Circolo in livrea seduto su una sedia e con un libro in mano, legge a mezza voce) I fear, thou fearest, he fears... (Socchiudendo gli occhi, ripete) I fear, thou fearest, he fears... (Poi ripete per la terza volta con voce squillante) I fear, thou fearest, he fears.

Blanche    - (Un giovanotto tipo « danseur » con un elegante vestito d'estate entra da destra scartocciando dei fiori) Che hai Giorgetto?

Giorgio     - (si alza senza eccessiva premura) Sto studiando l'inglese...

Blanche    - Ti alleni per fare l'attore shake­speariano?

Giorgio     - No, per fare il portiere d'albergo!

Blanche    - È una carriera più intelligente! La tua carriera di portiere di grande albergo la comincerai con cinque minuti di ritardo, perchè prima devi portare questi... sai do­ve! (Gli consegna i fiori).

Giorgio     - Lo so! Nello spogliatoio della bella Titta!

Blanche    - (irritato) Che bella Titta! Per te deve essere la baronessa Marcus, hai capito?

Giorgio     - (si avvia senza fretta verso sinistra e quando è sotto la tenda si volta) Devo dire alla baronessa chi li manda?

Blanche    - No. È superfluo!

Giorgio     - Va bene. Allora non glielo dirò.

Blanche    - Però se te lo chiedesse, è naturale che puoi dirlo!

Giorgio     - Va bene. Allora glielo dirò! (Via a sinistra).

Blanche    - (rimane solo per un attimo. Prende dalla sedia la giacca sportiva, guarda nell'interno del bavero l'etichetta del sarto) « Travellers Shop New York ». (Fa un fischio di ammirazione. Giorgio torna da sinistra con un piccolo taccuino in mano) Di chi è? (Indica la giacca).

Giorgio     - Di un certo signor Boronkay.

Blanche    - Boronkay? Mai sentito! E chi sa­rebbe?

Giorgio     - Un nuovo socio del circolo. Da ieri. È fuori, sta giocando. Prende parte alla Gara sociale. (Sfoglia il taccuino e guarda Blanche).

Blanche    - (un po' nervoso) Puoi andare! (Giorgio rimane immobile e continua a sfo­gliare il taccuino. Nervoso) Beh? Che cosa vuoi?

Giorgio     - Mi avete detto che presentandosi l'occasione potevo ricordarvi...

Blanche    - « Presentandosi l'occasione... ». Ma quale occasione si è presentata adesso? Sappi che mai ricordo è stato più inopportuno.

Giorgio     - (testardo) Vi sono anche delle par­tite di contanti...

Blanche    - Io ho l'abitudine di regolare tutto in una volta! È inutile fare quei musi... va alle tue faccende. Ti corrispondo un inte­resse più alto di qualsiasi banca: puoi essere felice di investire i tuoi capitali presso di me!

Giorgio     - Oh! ho già avuto anche dei mo­menti più felici! (Si inginocchia davanti alla scrivania e cela il taccuino in fondo ad un tiretto che poi chiude a chiave. Tra le quinte rombo di una motocicletta).

Giuditta   - (entra da destra. Indossa un abito semplice di poco prezzo. Scarpe coi tacchi bassi, occhiali con grossa montatura. Sotto il braccio un libro. È il tipo « studentessa malvestita ». Scorge Giorgio inginocchia­to) Buon giorno! Per favore, c'è la baro­nessa Markus?

Giorgio     - C'è, ma ora non è possibile par­larle.

Giuditta   - Su questo deciderà la baronessa. Ecco il mio biglietto da visita... E ditele che devo parlarle di un affare importante.

Giorgio     - Ora c'è la gara, la Gara Sociale. Non posso disturbarla.

Giuditta   - Che noia!... Forse però vi sarà la signora Jùrica...

Giorgio     - Non ì'ho vista.

Blanche    - (intanto s'è messo a sfogliare un giornale sportivo. Però con la coda dell'oc­chio ha sempre guardato Giuditta e ora dice a Giorgio al disopra della spalla di lei) È lì fuori. Assiste alla gara.

Giuditta   - (a Giorgio) Allora portate a lei il mio biglietto. Ho bisogno di parlarle un attimo. L'aspetto qui. (Giorgio esce dal fondo. Giuditta siede su una sedia in un angolo e comincia a leggere il suo libro).

Blanche    - (getta il giornale sul tavolo) Par­don... ma noi forse non ci siamo già incontrati...?

Giuditta   - (senza alzare lo sguardo) No.

Blanche    - (dopo una pausa) Eppure mi sem­bra di avervi conosciuta... (Silenzio). Se non sbaglio non siete in vena di far con­versazione.

Giuditta   - Non sbagliate.

Blanche    - Ci sono! Ora capisco perche il vostro viso non mi è nuovo. Vi ho vista sulla spiaggia. Si, mercoledì scorso: con un costume da bagno nero e rosso, non è vero? L'ho notato subito, perchè avete una bella figura... anzi una figura magnifica... eppure non si direbbe vedendovi così ve­stita...

Giuditta   - Sulla nuova spiaggia dell'Isola Margherita... Non è vero?

Blanche    - Si, si, proprio lì!

Giuditta   - Infatti non vi sono mai andata!

Blanche    - Siete brava, mi sembra, a fare alla gente delle belle sorpresine!

Giuditta   - Il vostro sarebbe un tentativo di flirt?

Blanche    - Non dico di no... specialmente se ricevessi un piccolo incoraggiamento! O for­se avete qualche cosa in contrario?

Giuditta   - Proprio niente! Continuate a flir­tare e io continuerò a leggere...

Blanche    - (ride) È molto interessante quel romanzo?

Giuditta   - Non è un romanzo. Sono i Saggi biochimici del dottor Carrell (maligna) Voi non lo avete mai sentito nominare, non è vero?

Blanche    - Mai in vita mia! Come lo sapete?

Giuditta   - Siccome è un nome di fama mon­diale... (continua a leggere).

Blanche    - (Tace sbalordito. Dopo una pausa) E’ una ragazza sensazionale! Addirittura sensazionale!

Jurica        - (entra dal fondo con Giorgio il qua­le esce subito a destra mentre lei va direttamente verso Giuditta) Giuditta!... che buon vento ti ha portata qui?

Giuditta   - Nessun vento: una semplice mo­tocicletta. Dall'Università.

Jurica        - Motocicletta ? E tu ti sei arrampicata dietro... sul seggiolino?

Giuditta   - Mi sono arrampicata.

Jurica        - Che orrore quel vestito! Perchè non ti vesti un po' meglio?

Giuditta   - Te l'ho già detto: vengo dal-. l'Università...

Jurica        - E che significa?... all'Università è forse proibito vestirsi a modo?

Giuditta   - Vi sono tante studentesse povere... Non penserai certo che io voglia pavoneggiarmi dinanzi al loro coi miei stracci di lusso! Ma ora si tratta d'altro... Devo par­lare urgentissimamente con mammina!

Jurica        - E’escluso, cuoricino mio! Finché dura la gara...

Giuditta   - (ride) La gara? Ma lei gioca in un modo infame!

Jurica        - E che vuol dire? Può vincere egual­mente il primo premio se i suoi avversari giocano in modo ancora più infame! Non c'è altro da fare che attendere finché i gio­catori si daranno il cambio... una mezza oretta.

Giuditta   - Impossibile! Alle cinque debbo es­sere ricevuta dal Rettore Magnifico. Ho potuto scappare solo per qualche minuto.

Jurica        - Allora vogliamo andare al campo di gioco?

Giuditta   - (si guarda) No. Preferisco non farmi vedere così dagli amici di mammina.

Jurica        - Si tratta proprio di una cosa impor­tante?

Giuditta   - Affari di famiglia, molto impor­tanti.

Jurica        - In tal caso... per farti piacere... posso tentare... Forse riuscirò! (Si avvia verso il fondo poi si volge e con un po' di malizia) Ti lascio sola con Bianche... ma mi rac­comando! Comportatevi bene, ragazzi! (Via dal fondo).

Blanche    - Ditemi, per favore, voi siete sem­pre così spinosa, o è un onore che riservate soltanto a me? Però è un vero peccato! Potreste essere una donnina molto carina... ma con quegli occhiali orribili! Perchè li portate? Senza gli occhiali sareste più gra­ziosa.

 Giuditta  - Lo so. Quando voglio piacere a qualcuno, generalmente me li tolgo!

Blanche    - E adesso non volete...? Siete vera­mente una donna sensazionale! Però bada­te! può darsi che proprio ora vi lasciate sfuggire la vostra fortuna! Perchè io sono scapolo e voi avete uno sguardo... come pos­so dire?... che fa subito nascere il pensiero di fondare una famiglia.

Giuditta   - (posa il libro) Giacché siamo giun­ti al punto che mi confidate i vostri proget­ti circa la fondazione di una famiglia, for­se mi sarà lecito chiedervi con che cosa in­tendete mantenere la vostra famiglia?

Blanche    - Pardon! Io sono pittore... licen­ziato dall'Accademia di Belle Arti!

Giuditta   - Lo so. Siete ritrattista. Sotto il vostro pennello delle vecchie oche si tra­sformano in giovani cigni. E con una mo­glie giovane credete di poter continuare ad attirare nel vostro studio le vecchie oche? Che illusione!

Blanche    - Senti senti come le dice grosse! Che ingenua verginella!

Jurica        - (entra dal fondò) Impossibile, cuo­ricino mio. Te l'avevo detto: è impossibile! Non la lasciano venir fuori!

Giuditta   - E io non posso più aspettare! (Di fuori si sente il rombo della motociclet­ta) Questo è per me. Scappo, altrimenti mi piantano qui.

Jurica        - Devo dirle qualche cosa?

Giuditta   - Si. Che stasera venga a casa... che non prenda nessun impegno. E non dimentichi che col treno di mezzanotte de­ve partire per la Sicilia. Il povero babbo rie­sce così di rado a strapparsi dal lavoro, mentre per lui sarebbe proprio necessario un po' di riposo.

Jurica        - Glielo dirò, cuoricino mio. Per filo e per segno... come me l'hai detto tu.

Giuditta   - Grazie. Allora qui non ho altro da fare. Ciao! Ti saluto!

Blanche    - (le sbarra la strada) Sapete che vi dico? Su voi bisognerebbe attaccare un cartello come sui pali della corrente elet­trica:   «Attenzione! Pericolo di morte!».

Giuditta   - (sghignazzando) E per dire que­sto vi siete lambiccato tanto tempo il vo­stro piccolo cervello? E’addirittura sensa­zionale! Buon giorno! (Via a destra. Di fuori si ode il rombo di motore che- si al­lontana).

Blanche    - (esplode) Dite un po'... chi è quel­la selvatica?

Jurica        - Non la conoscete? Eppure vi diceva­te delle insolenze come due vecchi amici! E' Giuditta Marcus, la figlia della bella Titta!

Blanch      - Ha già quel po' po' di ragazza per figlia? Le farò le mie condoglianze...! Per vostra norma io ho cominciato a parlarle molto cortesemente come si usa con una signorina di buona famiglia. Le ho fatto perfino dei complimenti e lei, per tutta ri­sposta, mi ha graffiato. E' una vera gatta selvaggia !

Jurica        - La gioventù di oggi! Nessuna fem­minilità, nessuna poesia... Oh, come era diversa la mia generazione! Noi leggevamo Goethe e quando suonavano « La preghie­ra di una vergine » piangevamo tutte le no­stre lacrime!

 Blanche   - Se quella gatta si prenderà un gat­to... la bella Titta da un momento all'altro diventerà nonna! E allora perchè fa tanto la ritrosa? Che aspetta? (Con altro tono) Ditemi, avete fatto ciò che vi ho chiesto?

Jurica        - Mi avete chiesto qualche cosa? E che cosa mi avete chiesto ?

Blanche    - (irritato) Perchè fingete di non capire? E' questa la vostra famosa ami­cizia?

Jurica        - (cede) Si, va bene... dovevo parlare con la bella Titta! Si capisce che le ho già parlato! Le ho detto che vorreste farle il ritratto... perchè la sua carnagione ha degli stati d'animo molto interessanti...

Blanche    - Ma che stati d'animo! Toni, ho detto! Toni! E avete aggiunto che mi pia­ce assai, non soltanto come pittore, ma an­che come uomo?

Jurica        - Sarebbe stato veramente superfluo! Perchè quando voi volete fare il ritratto ad una donna, tutti capiscono subito che cosa vuol dire questo... Una volta volevate farlo anche a me... vi ricordate?

Blanche    - (Scivola sull'argomento) Molto tempo fa! (Altro tono) E ditemi: come ha reagito la bella Titta?

Jurica        - Sentite, Freddy: ve lo dico con tutta sincerità. Con voi c'è un piccolo inconveniente. Le donne hanno paura... si, si... dicono che diventare vostra amica è una cattiva speculazione.

Blanche    - (sbalordito) Una cattiva specula­zione?

Jurica        - Voi da anni ed anni vi siete sempre fatto vedere in compagnia di donne anzia­ne... tutta Budapest Io sa... e se ora con voi si vede una donna, subito si comincia a pensare alla sua età... a fare dei calcoli... e questo non fa piacere a nessuna donna!

Blanche    - Che ragionamento insulso! La così detta gente civile non si vergogna di ragionare in tal modo!... Come se la vecchiaia fosse contagiosa!

Jurica        - Certo che è contagiosa... per quelle che hanno già perduto i primi denti!

Blanche    - Scusate, qui non si tratta di vec­chiaia, ma di tutt'altro. Ora sono persegui­tato dalla disdetta... è cominciata la serie cattiva... e perciò tutti mi piantano... voi prima di ogni altro! Invece quando eravate nei guai, allora sì che vi servivo!

Jurica        - (scivola sull'argomento) Molto tem­po fa! (Altro tono) Insomma, perchè ce l'avete con me? Ho fatto tutto quello che potevo... ho cercato di spianarvi la strada presso Titta... ma non potete pretendere che faccia io tutto tutto... anche voi dovete muovervi... Titta ora è lì fuori che gioca a tennis e voi, invece di starle accanto, di berla con gli occhi, di ipnotizzarla, perdete il tempo qui... quando è che diverrete più serio?

Blanche    - Aspetto una comunicazione... una lettera importante...

Jurica        - Naturale... ancora una donna!

Blanche    - Ancora un creditore, se proprio volete saperlo!

Jurica        - Per carità, non mi parlate di cre­ditori! Non la posso nemmeno sentir no­minare quella brutta genia! (Sta davanti alla finestra) Oh! ecco lì Boronkay! Gioca con Titta.

Blanche    - A proposito... chi è poi veramente questo Boronkay?

Jurica        - Ma dove vivete? Tutto il mondo par­la di Boronkay, ora... o almeno tutto il Circolo Sportivo... E' venuto dall'America... è un professore...

Blanche    - Io detesto tutti i professori dal primo momento che mi sono seduto sul banco di una scuola.

Jurica        - Ma lui non è affatto vecchio stile! Anzi è moderno... elegante da far girare la testa... Venite, di qui lo potete vedere... Non capisco però perchè non me lo abbia­no ancora presentato...

Blanche    - Non mi ispira nessuna curiosità!

Jurica        - Invece sarebbe opportuno non per­derlo di vista... Gira molto intorno a Tit­ta... Si dice che sia un famoso biologo...

Blanche    - Scusate: con la biologia non si conquista una Titta! Ci vuole qualche cosa di più! Prima di tutto: sa ballare?

Jurica        - A proposito di biologia... ditemi, Bianche, cos'è veramente questa biologia?

Blanche    - La biologia? E’la scienza che si occupa della soluzione dei così detti pro­blemi biologici... Sapete, è qualche cosa come la vitamina! Però lo voglio andare un pò* a vedere questo signore! (Grida ver­so la comune) Senti, Giorgetto... se mi por­tassero una lettera...

Giorgio     - (entra. Ha in mano una grossa bu­sta che non promette nulla di buono) L'hanno portata proprio in questo momen­to          - (Blanche strappa nervosamente la busta. Dà una rapida occhiata alla lettera. Spaventato si lascia sfuggire un fischio. Poi stizzito fa una pallottola della lettera e la getta nel cestino accanto alla scrivania. Jurica e Giorgio involontariamente fissano il cestino).

Jurica        - Una cattiva notizia?

Blanche    - (con rabbia a Giorgio) Perchè stai qui a perder tempo? Non hai nulla da fare?

Giorgio     - Si, maestro! (Prende il cestino e si avvia per portarlo fuori).

Blanche    - Che fai?

Giorgio     - (freddo) Faccio il mio dovere... sono io che devo vuotarlo...

Blanche    - Rimettilo subito al suo posto o di te farò un polpettone! (Ripesca la lettera dal cestino e la strappa in minutissimi pez­zetti) Ora puoi vuotarlo! (Giorgio lascia il cestino ed esce offeso).

Jurica        - Una cattiva notizia?

Blanche    - (guarda intorno dove potrebbe get­tare i pezzetti di carta che ha in mano poi li mette accuratamente in tasca) Ditemi... quanti ne abbiamo oggi?

Jurica        - Un momento! Venerdì, sabato... sì, ne abbiamo 13! Proprio 13!

Blanche    - E domani 14! (Si prende la testa fra le mani) Oh, Dio benedetto! Come fac­cio! (Si capisce che è gravemente preoccu­pato).

Jurica        - Insomma, che avete? Forse potrei aiutarvi... si capisce con buoni consigli, perchè da me non è possibile avere altro!

Blanche    - (corre al telefono e comincia a for­mare un numero. Ma gira solo il primo numero, poi con un gesto di rassegnazione riattacca   il  ricevitore,   convinto   che   non  potrà avere nessun aiuto. Si avvicina a Jurica) Sentite, cara Jurica... ora è il mo­mento di provarmi che siete una buona amica. Devo parlare con la Marcus, assolu­tamente. Devo parlarle oggi stesso! Poi vi racconterò... ma ora l'importante è che io possa parlare a Titta.

Jurica        - E’lì fuori, al tennis! Aspettate che finisca la partita!

Blanche    - No. Ora devo correre in città. Faccio ancora un tentativo, sebbene la gen­te sia così volgare, così egoista, che ognuno si preoccupa soltanto di sé stesso... Sarò di ritorno fra una mezz'oretta  - (Sulla soglia di destra) Posso essere sicuro, non è vero? Le parlerete?

Jurica        - Va bene, va bene, le parlerò. (Blan­che via dalla comune. Entrano Titta e Boronkay in abito da tennis, lei in shorts, lui in camicia da tennis, con le maniche corte fino al gomito. Entrambi in bianco dalla testa ai piedi. Titta è una bella don­na dall'apparenza quasi più giovanile di sua figlia. Accuratissima, elegante, coi ca­pelli di una tinta rossiccia evidentemente ottenuta con l'Henne, acconciati con artisti­ca cura sotto la visiera da tennis. Ha il vol­to arrossato).

Titta         - (abbraccia Jurica) Abbiamo vinto, Jurica mia! Abbiamo vinto! Li abbiamo sconfitti, calpestati, annientati! La signora Dorog è scoppiata in pianto e il colonnello è quasi scoppiato dalla rabbia... Sono così contenta...

Jurica        - (con aria di regina offesa) Cara Titta... sii un po' seria! Io non conosco an­cora il tuo egregio compagno di giuoco!

Titta         - Ah si? (Presenta) Il professor Bo­ronkay, l'astro dell'America del Nord. Gioca il tennis come un Dio, o per lo meno come un semiDio!

Boronkay - (ha indossato la giacca che era sul­la sedia) Sono un giocatore molto me­diocre, e tra veri giocatori non sarei nean­che preso in considerazione! (Porge la ma­no a Jurica).

Jurica        - (raggiante) Sono la signora Jurica... (// suo volto improvvisamente si oscura)... la vedova Jurica...

Boronkay - (a Titta) Noi laggiù in Ameri­ca preferiamo piuttosto il base-ball... E' un gioco che si può paragonare al tennis co­me la tigre al gatto... Facciamo del tennis soltanto quando è assolutamente inevita­bile.

Titta         - E giocate a bridge?

Boronkay - So giocarlo, ma trovo che è una delle occupazioni più idiote per un essere umano.

Titta         - E non ballate neppure? Allora cosa farete in Europa ? Noi di giorno giochiamo a tennis e di notte, se non balliamo gio­chiamo a bridge.

Boronkay - Col tempo forse anch'io mi ac­climaterò, s'intende compatibilmente con le ore libere che mi lascerà la mia pro­fessione.

Titta         - Avete una professione? Come è buf­fo! Mi permettete un momento, ho qual­che cosa da sbrigare con la mia amica.

Boronkay - Prego, senza complimenti. Io in­tanto vado a mettermi in ordine.

Titta         - Poi tornerete?

 Boronkay     - Tornerò.

Titta         - E presto?

Boronkay - Il più presto possibile (Via a si­nistra).

Titta         - Che voleva Giuditta?

Jurica        - Aveva qualche cosa da dirti. Stasera devi andare a casa e poi devi partire col diretto di mezzanotte.

Titta         - Ah, che noia questo viaggio! In Si­cilia con la canicola! Chi ha mai sentito una cosa simile ? In marzo sarei andata vo-lientieri a Cannes; ma allora è stato André che non ha voluto.

Jurica        - Aveva tanto da fare.

Titta         - Quando si tratta di me ha sempre tanto da fare.

Jurica        - Angelo mio, tu sai meglio di tutti come regolarti... io però ti devo fare una commissione. Il povero Bianche è impaz­zito per te... quel ragazzo quasi quasi mi fa pena...

Titta         - (nervosa) Mi lasci in pace, il « be­niamino delle nonne » !

Jurica        - Dammi ascolto, Titta, non è consi­gliabile farlo arrabbiare... quel caro angio­letto ha una lingua malefica!

Tita           - Beh! da questo punto di vista forse hai ragione!

Jurica        - E poi può sempre essere utile: è il miglior ballerino di Budapest, e a te piace tanto ballare...

Titta         - Va bene, va bene... Digli di venire stasera al Fagiano d'oro... mentre ballere­mo potrà dirmi che cosa vuole.

Jurica        - Stanotte vai a ballare? E non devi partire con tuo marito?

Titta         - (guarda verso sinistra di dove è usci­to Boronkay) Con la canicola in Sicilia? E' assurdo!

Jurica        - (guarda anche lei verso sinistra) Ho capito!

Titta         - (con altra voce) Hai notato che bella figura sportiva ha il nostro nuovo amico?

Jurica        - È proprio il mio tipo! Naturalmente anche di molte altre donne... e se non stia­mo in guardia, ce lo soffieranno presto! Dimmi un po', ti fa la corte?

Titta         - E quando avrebbe potuto farmela? Lo conosco solo da due ore! Però...

Jurica        - (con avida curiosità) Però... Rac­conta, racconta...

Titta         - Gli ho chiesto se non gli dispiace di aver lasciato i grattacieli... e sai che mi ha risposto? « Anche se me li regalassero tutti, oramai in America non tornerei più » !

Jurica        - Finora i tuoi corteggiatori li hai sempre tenuti a bada solo con gli spiccioli della galanteria... Quello 11 però non mi sembra un tipo da accontentarsi di così poco... Vedrai: in questa partita la posta sarà grossa! Sta attenta a quel che fai!

Titta         - Perchè devo stare attenta? E di che dovrei aver paura? Di essere per caso una volta un po' felice? In tutta la vita non ho fatto altro che stare attenta... Sono giudi­ziosa da far ribrezzo... E invece sarebbe cosi bello che una volta finalmente, sincera­mente e interamente perdessi la testai Oh! dimenticare tutto, liberarsi di tutto e get­tarsi a capofitto nella grande fiammata!... (Scorge Boronkay che entra).

Boronkay - (in abito da passeggio e col cappel­lo in mano) Eccomi!

Jurica        - (gli si avvicina con un sorriso affasci­nante) Sapete... io mi interesso appassionatamente ai problemi biologici e vorrei chiedervi il favore di prestarmi qualche li­bro interessante.

Titta         - (stizzita) Jurica... un momento...

Jurica        - (le si avvicina) Che vuoi?

Titta         - (a bassa voce) Prima della gara mi hai parlato di qualche cosa... mi pare che mi hai chiesto qualche cosa... ma non ti ho ascoltata attentamente. Di che si tratta?

Jurica        - (con dolce umiltà) Oh, tesoro mio! Mi vergogno proprio... di nuovo... ma tu mi puoi comprendere... spese inaspettate... e con quella miseria di pensione...

Titta         - Va nel mio spogliatoio. Puoi pren­dere dalla borsa un biglietto da cinquanta.

Jurica        - Sei un autentico angelo! Ma per que­sta volta non sarebbe possibile cento? Non puoi immaginarti che bene mi faresti...

Titta         - Vada per cento! Ma poi non tornare più.

Jurica        - (sbigottita) Non tornare più? Dover

Titta         - (tagliente) Qui. Non l'hai ancora capita? Ecco!

Jurica        - (offesa) Ho capito! Ho capito! Da quando sono una povera vedova senza di­fesa mi sono abituata a sentirmi giudica­re superflua!

Titta         - (capisce di avere ecceduto) Ma che. superflua! Sai quanto bene ti voglio... e sai che non sarei capace di vivere senza di te...

Jurica        - (fredda) Lo so... di questo ne sono perfettamente persuasa! (Via a sinistra).

Titta         - Baragnay...

Boronkay - Pardon... Boronkay.

Titta         - Naturale, Boronkay. Ditemi, sono proprio così interessanti le donne america­ne? Si scrive e si parla tanto di loro...

Boronkay - Per essere franco, le conosco così poco...

Titta         - Quanti anni siete rimasto laggiù?

Boronkay - Dieci anni.

Titta         - Sul serio? Ma che specie di uomo siete voi?

Boronkay - In America non ho avuto molti contatti con le donne. Quando giunsi nell'Oregon, proprio allora un mio collega fu condannato a un risarcimento di danni per mancata promessa di matrimonio. Quel po­veretto aveva fatto con la querelante delle piccole escursioni di fine settimana e il tri­bunale le considerò come « mute promesse di matrimonio ». La sentenza seminò il ter­rore tra i biologi scapoli... Tutti noi fum­mo presi addirittura da un vero ribrezzo per le donne... e da quel giorno rimanem­mo definitivamente fedeli al base-ball.

Titta         - E il vostro ribrezzo per le donne lo avete portato con voi anche in Europa?

Boronkay - Oh, no! Qui le donne sono del tutto diverse! Sono così disinvolte, appas­sionate, carine... straordinariamente cari­ne... Qui è proprio un piacere essere uomo.

Titta         - E non è nemmeno pericoloso. E quali altri progetti avete per l'avvenire?

Boronkay - Fino ad oggi, in verità, ho sem­pre lavorato per gli altri e non posso dire di aver vissuto. Ora vorrei vivere un po' per me stesso. Almeno le poche ore libere che mi rimarranno vorrei passarle piace­volmente.

Titta         - A Budapest non è difficile trovare compagnia. In questo stesso circolo vi sono tante signore belle, graziose... perchè le ra­gazze, non è vero?... vi interessano me­no...?

Boronkay - (dopo breve pausa) Solo in se­conda linea. Solo in seconda linea.

Titta         - Un uomo come voi si vede volen­tieri sempre e dappertutto, perchè in mate­ria di cavalieri stiamo molto, molto male... C'è una grandissima penuria.

Boronkay - Cavaliere... non so se è un abu­so di titolo! Non ho nessuna qualità bril­lante, e per quanto riguarda le donne mi sento perfettamente profano.

Titta         - Mettetevi a frequentare la buona so­cietà e in quattro e quattr'otto farete il vo­stro allenamento per campione di flirt.

Boronkay - A me non piacciono le compagnie troppo numerose... preferisco una piccola comitiva... intima...

Titta         - Di quante persone, per esempio?

Boronkay - Per esempio... di una. Una bella donna, intelligente... appassionata...

Titta         - Beh! in questo non posso aiutarvi. Dovete trovarvela da voi stesso.

Boronkay - L'ho già trovata.

Titta         - Ah! e lei lo sa?

Boronkay - Non gliePho ancora detto.

Titta         - Amico mio, la parola è stata inven­tata perchè la gente si faccia capire.

Boronkay - A Budapest da quando sono tor­nato ho visto soltanto dei vecchi professori. Voi siete la prima signora alla quale sono stato presentato... e trovo che oramai sareb­be superfluo fare altre conoscenze... ehm... Posso continuare?

Titta         - Continuate.

Boronkay - Non vi offendete se vi dico che ho per voi una profonda ammirazione?

Titta         - Da noi, per questo, non si paga risar­cimento di danni.

Boronkay - E mi permetterete che cerchi di esprimervi questa mia ammirazione con tutti i mezzi?

Titta         - Un momento! Vorrei prima cono­scere quali sono questi mezzi... perchè può darsi che a tal proposito i nostri gusti siano diversi. (Guarda il suo orologio da polso). Ora devo vestirmi. Se non vi dispiace aspet­tatemi qui. Vi permetterò poi di accompa­gnarmi a casa. E se vi comporterete bene avrete anche una tazza di tè. Poi vedremo insieme che cosa si può fare nel vostro in­teresse perchè non si svegli in voi la nostal­gia dei grattacieli. Va bene?

Boronkay - Il paradiso si apre davanti a me e mi chiedete se va bene?

Titta         - Cavaliere e poeta... l'ultimo trovatore dell'Oregon! (Via a sinistra).

Jurica        - (quando Titta è uscita sguscia den­tro in fretta dall'altro lato della tenda mettendo nella borsetta un biglietto di banca che aveva in mano) Oh come sono con­tenta di trovarvi qui solo! Vi prego, Boron­kay, sbrigatevi e andiamo via subito!

Boronkay - Dove?                 

Jurica        - Per ora non ha importanza. Via, via di qui. Possiamo andare nel parco o in una pasticceria... Del resto anche la mia casa è abbastanza vicina.

Boronkay - E perchè dobbiamo andar  via di qui?

Jurica        - Perchè tra dieci minuti questa sala sarà affollata di donne che prendono il tè.

Boronkay - E sono tutte donne talmente pe­ricolose?

Jurica        - Oh Dio... questo proprio non si po­trebbe dire... però qualcuna pericolosa, c'è. Ma ora si tratta d'altro... Prima di fare la loro conoscenza, sarà prudente che sappiate chi sono, che specie di donne sono... per potervi regolare... perchè l'apparenza ingan­na, qualche volta inganna terribilmente. Io le conosco tutte, di dentro e di fuori, di ognuna so chi è il marito e se ha un amico, quanto può spendere per la sarta e a quan­to ammonta il suo debito. Vi metterò al corrente di tutto prima che sia troppo tardi, e vedrete che fra loro ve ne sono pochissi­me che meritano l'amicizia di un genti­luomo di spirito superiore come siete voi.

Blanche    - (è entrato mentre Jurica sta par-landò, si è fermato presso la porta e le fa dei segni per attirare la sua attenzione. Poi) Compermesso... pardon... vi prego... un minuto solo... se non vi dispiace...

Jurica        - (irritata a Blanche) Che volete? (Ri­cordando) A si si... (Gli si avvicina in fretta e dice a bassa voce) Titta vi aspetta stasera al Fagiano d'oro. Adesso andatevene...

Blanche    - Verrà?! Colossale! Siete un vero angelo protettore! Vi sarete anche voi?

Jurica        - Non vi sarò. Gli angeli protettori di solito non si invitano a cena! E ora, sparite!

Blanche    - Per angelo protettore, siete abba­stanza sgarbata! (Via).

Jurica        - (a Boronkay) Voleva che andassi a giocare al tennis... proprio adesso! Figuratevi! Non ci mancava che questo! (Cambia tono). Dunque dicevamo... la cosa più sen­sata sarebbe di andare a casa mia. Pren­diamo una tazza di tè e frattanto possiamo parlare di tutto.

Boronkay - Mille grazie. Siete veramente mol­to gentile... ma per il tè ho già un altro invito...

Jurica        - (di colpo diventa freddissima) Ah si?... (Fa un cenno con la testa verso gli spogliatoi). Naturalmente andate da lei! Avrei dovuto capirlo subito!

Boronkay - È una donna magnifica, la vostra amica!

Jurica        - Sicuro! È una donna fatta per gli uomini, cioè fatto solo per certi uomini. Ha danaro quanto ne vuole e può fare ciò che le piace. Conduce una vita da vedova... la vedova allegra!

Boronkay - Io la trovo affascinante la vostra vedova allegra!

Jurica        - E non siete il solo a trovarla... An­che quando andava a scuola era affascinan­te. Perchè noi siamo state compagne di classe... cioè compagne di scuola. Per essere più precisi, lei era quattro classi avanti... perchè la bella Titta ha cinque anni e mez­zo più di me! Buon divertimento! (Via. Boronkay, con gli occhi spalancati, là guar­da uscire).

 

CALA LA TELA

ATTO   SECONDO

Un salotto da signora. Tre porte: quella di sinistra dà nella camera di Titta; quella di destra comunica col resto dell'appartamento; quella del fondo dà in un corridoio a veranda adibito a serra. Su un tavolino è servito il tè. Telefono. Grammofono. Quando il sipario si alza il grammofono suona una selvaggia dan­za negra. Boronkay seduto al tavolino guarda attentamente Titta.

Titta         - (al telefono) Si!... no... si... (Riattacca bruscamente il ricevitore. A Boronkay) Questo lo dovete imparare... è il mio ballo preferito. È semplicissimo... lo imparerete subito. Dunque, state attento Baragnai. Prima così... poi così... vedete?... e alla fine così. Ecco tutto. Oramai lo sapete... dunque venite a sostenere Tesarne !

Boronkay - (si alza) Non sono fatto per il ballo... mi sento impacciato... (Ballano in­sieme).

Titta         - Macché impacciato e impacciato! Così va benissimo. (Smette di ballare e chiude il grammofono). Quando ballerò con voi non farò brutta figura. Un'altra tazza di tè.

Boronkay - Grazie, no.

Titta         - Una tartina? Questa è col cetriolo.

Boronkay - Grazie, no.

Titta         - Allora una sigaretta?

Boronkay - (mentre accende) Come si chiama quel ballo?

Titta         - Uganda. (// telefono squilla).

Boronkay - Di nuovo? Par d'essere ad una centrale telefonica!

Titta         - Le conquiste della civiltà sono vera­mente detestabili! Chi sarà stato quel mo­stro che ha inventato un tale supplizio? (Stizzita al ricevitore). Pronti! Chi è ancora? (Pausa. Continua sorridente con voce dolce) Ah, Bianche... siete di nuovo voi? Sì. (Pausa). No, impossibile. Ho visite... Sei signore... proprio sei!... Le patronesse dell'assistenza all'infanzia. (Pausa). No, gioia mia, ora non potete venire. (Pausa). Ahimè!... neanche più tardi, perchè .vado al cinema. (Dopo una breve pausa, seria). Si, devo andare... l'ho promesso a mia fi­glia! Sono già vari giorni che la povera piccina nuota nella felicità. Dopo tutto so­no anche madre... (Pausa). Jurica vi avrà già detto... (Guarda con la coda dell'occhio Boronkay. A voce pia bassa nelVapparec­chio). Sì sì, stasera... avremo la possibilità... (A parte) Chi?... fatelo entrare subito! (Di nuovo al telefono). Mi hanno annunziato il viceprefetto. Devo lasciarvi. Arrivederci! (Riattacca). Auff!

Boronkay - Chi è questa egregia signora Bian­che alla quale avete detto tante allegre menzogne?

Titta         - La zia Bianche... una cara vecchiet­ta... la mia madrina di cresima... Voleva venire a tutti i costi... Beh! ora statemi a sentire. Vi esporrò il programma di stasera.

Boronkay - Io proporrei di fare le persone per bene e di rimanere a casa.

Titta         - A casa? Dove?

Boronkay - Da voi. Qui tutto è così bello!

Titta         - (ride) Ci mancherebbe altro! Voi ora, caro amico, andate subito a casa vostra.

 Boronkay     - Neanche per sogno! No no, non vado. È escluso!

Titta         - (risoluta) Andate di gran corsa a casa, indossate presto presto lo smoking e di gran corsa tornate qui. Ceniamo al Fa­giano d'oro, ma prima andiamo al cinematografo.

Boronkay - (col viso scuro) Verrà con noi anche la vostra bambina?

Titta         - La mia bambina? Come vi salta in mente?

Boronkay - L'avete detto voi un minuto fa al telefono.

Titta         - Ah... l'ho detto soltanto per legittima difesa. Il cinema non è fatto per i bambini.

Boronkay - E voi tutte le sere avete un pro­gramma ?

Titta         - Non potrei rimanere senza far nulla. Mi ammalerei. Ne morirei!

Boronkay - Sempre di gran galoppo! Un tur­bine!

Titta         - Si vive una volta sola! E gli anni passano in fretta.

Boronkay - Con voi non è neppure il caso di parlare di anni!

Titta         - Ah! essere giovane, essere bella, es­sere amata!... Solo per questo vale la pena di vivere! Non capisco come mai i vecchi non impazziscano dalla paura e dal dolore... Oh!... il ballo!,.. La musica mi fa battere il cuore su un ritmo di tango e se ballo, talvolta mi assale la paura di ballare l'ultimo ballo della mia vita! (Apre le brac­cia e girando fa qualche passo di danza). Vìvere! Vivere! (Boronkay allunga le mani sotto le braccia aperte di Titta, l'attira a sé e la bacia. Titta dolcemente lo respinge, accende una sigaretta e domanda tranquil­lamente). Sapreste dirmi perchè m'avete baciata ?

Boronkay - Perchè si bacia una donna?

Titta         - Per tanti motivi diversi. Anche per caso... Un gesto riflesso, quasi incosciente, come quando si accarezza una stoffa di seta, morbida.... E un bacio simile poi non ha nessun seguito.

Boronkay - Invece io vorrei che lo avesse un seguito... Dunque consideratelo come una rispettosa domanda.

Titta         - Vi prego, non precipitate... ogni cosa a suo tempo

Boronkay - E quando verrà il mio tempo?

Titta         - Quando? Il meno che possa fare una donna che ha un tantino di rispetto per sé stessa, è di lasciare il buio su questo punto.

Boronkay - Eppure io spero che dopo cena anche voi vi convincerete che questo punto non può rimanere sempre al buio.

Titta         - Caro amico, da noi, nell'Europa ci­vilizzata, si ha l'abitudine di cominciare tutte le cose dal loro principio... Soltanto i selvaggi cominciano dalla fine.

Marcus     - (entra da destra. Ha i capelli briz­zolati, un abito di grossa lana un po' gual­cita, cravatta a maglia e grosse scarpe nere). Che succede con le valigie?... (Si accorge della presenza di Boronkay). Pardon, non sapevo... non volevo disturbare... però sic­come dobbiamo partire...

 Titta        - (brusca e recisa) Non partiamo! Al­meno « io » non parto!

Marcus     - (stupito) Non vuoi partire?

Titta         - Ho ancora una quantità di inviti e di impegni... non posso offendere la gente... Chi vive in società ha anche dei doveri! (D'improvviso molto gentile) Però tu po­tresti andare... te lo concedi così di rado un po' di riposo. Anzi, potresti portare con te Giuditta.

Marcus     - (svogliato) No no... allora non vado neanche io. A che scopo?... Dov'è la piccina?

Titta         - Se è in casa sarà certo in camera sua a studiare, come dì solito.

Marcus     - Allora ti lascio col tuo pedicure.

(Esce dal fondo).

Boronkay - (quasi sibilando) Pedicure?... Ma chi era quello li?... aveva tutta l'aria di un marito.

Titta         - E lo è: è André, mio marito.

Boronkay - No... vostro marito? (Ride for­zatamente). Ma voi non avete marito... sie­te vedova... la vedova allegra!...

Titta         - Che mi tocca sentire! Non sapete neanche chi sono!

Boronkay - Certo che lo so. Siete Titta... la bella Titta!

Titta         - Avanti, fuori... e il cognome?

Boronkay - Veramente non è colpa mia se in Europa nelle presentazioni non si dice il cognome delle signore. È un'abitudine poco pratica.

Titta         - Non vi vergognate, Baragnai? Baciate una donna della quale non sapete neanche il cognome!

Boronkay - Vi prego di prender nota che non vi ha baciato Baragnai ma Boronkay... il dottor Tiberio Boronkay.

Titta         - Boronkay... naturale... Boronkay! Co­me sono stordita!... li confondo sempre!

Boronkay - Credo che dovremo ricominciare da capo la nostra conoscenza. Dunque, quel gentiluomo mal vestito è veramente il vo­stro signore e padrone?

Titta         - Vi avverto che se non volete litigare con me dovete parlare di André con più rispetto. Si chiama Andrea Marcus ed è architetto.

Boronkay - Come?... quello è Marcus?... il famoso architetto?... Ma è un uomo di fa­ma mondiale!

Titta         - Perchè?... Credevate che fosse un muratore?

Boronkay - Oh che sorpresa! Siete la moglie di Marcus... del grande maestro! Però fra voi vi deve essere molta differenza di età!

Titta         - André non è vecchio: soltanto si tra­scura!

Boronkay - Voi non avete neanche trenta anni!

Titta         - (di colpo lo guarda di sottecchi per ve­dere se non vuole canzonarla) Su per giù... Però si capisce che veramente avete frequentato poco le donne.

Boronkay - Nell'Oregon dovevamo sorve­gliare le cavie infette anche di notte. Di­temi... vostro marito non è geloso?

Titta         - Macché! Non ci mancherebbe che questa! Mio marito è filosofo... e poi siamo coniugi moderni.

Boronkay - Ho capito... un matrimonio senza amore denicotinizzato!

Titta         - Mio marito mi adora! Non è geloso perchè mi conosce e ha fiducia in me.

Boronkay - Ah si?...

Titta         - (persuasiva) Sì si... ha una fiducia illi­mitata in me. E poi è molto preso dal lavoro e gli uomini come lui sentono il biso­gno di una creatura da amare e da viziare.

Boronkay - Ora vorrei sapere una cosa: che ne direste se il maestro Marcus stasera ce­nasse al Fagiano d'oro con una giovane si­gnora ?

Titta         - (irritata) Che domande sono queste? Volete forse canzonarmi? Da persona intel­ligente dovreste capire che la differenza è enorme. Io vado al Fagiano d'oro per ve­dere della gente e per ballare un po'... e mi pare che sia la cosa più innocente del mondo. Ma se un uomo serio come lui... No no! Questo sconvolgerebbe tutta la no­stra vita familiare!

Boronkay - Mille grazie. La psicologia delle donne europee mi ha insegnato qualche cosa... Però, vi prego: continuiamo a fare la nostra conoscenza. Il maestro ha parlato di una bambina. La piccola Giuditta, non è vero?

Titta         - È la mia figliuola. Oh... oramai è grandicella... (Con la  mano fa un gesto vago per indicare l'altezza di una bambi­na). Va già a scuola. Sicuro! È molto dili­gente. Vi meraviglierete, vedendola... (Ran­nuvolata). Perchè la vedrete, naturale! È inevitabile... Io allora non avevo neanche sedici anni... (Altro tono, per cambiare su­bito argomento). E ora andate via! Anch'io devo cambiarmi... (Si avvia a sinistra e poi si ferma sulla soglia della porta. Si volge indietro e dice a bassa voce, insinuante). Boronkay, quando tornate, non entrate di qui... ma dal corridoio... dalla seconda por­ta. Bussate tre volte, vi aprirò io stessa... (Sparisce a sinistra. Poco prima la porta del fondo si era aperta e Marcus si era fermato sulla soglia senza essere veduto. Boronkay ora si accinge ad uscire in fretta, sorridendo fra sé e sé, quando inaspettatamente si tro­va di fronte al marito).

Marcus     - (come spiegando) Ha il talento di dare alle cose più futili quel senso di mi­stero che ci rende felici...

Boronkay - Desiderate?

Marcus     - Ha dimenticato di presentarci e perciò è accaduto quello spiacevole malin­teso del pedicure. Permettemi di rimediare alla omissione. Ce n'è proprio bisogno, tan­to più che, a quanto mi sembra, nell'avve­nire ci incontreremo spesso. Sono Andrea Marcus... (Stretta di mano).

Boronkay - (imbarazzato, un po' convulso) Dottor Boronkay... Tiberio Boronkay... So­no davvero felicissimo che un maestro così celebre,..

Marcus     - (non rileva le parole lusinghiere) Se non avete nulla in contrario caro dot­tore, rimanete ancora qualche minuto. Dob­biamo discutere di alcune cose. Non v'è ra­gione di affrettarsi: Titta impiega sempre molto tempo a vestirsi. Una sigaretta?

Boronkay - Grazie, maestro.

 Marcus    - Prima di tutto, stimatissimo dot­tore, vi volevo avvertire che anche se fate la corte a mia moglie, non per questo do­vete odiarmi... A giudicare dalle apparen­ze, io appartengo alla così detta categoria dei mariti comodi. Chi è amico di mia mo­glie può contare sul mio rispetto e sulla mia simpatia.

Boronkay - (c. s.) Prego, per me è un vero onore... e naturalmente non è neanche il caso di parlare di odio...

Marcus     - Vorrei che Titta trovasse finalmente in voi quell'uomo serio e posato di cui ha tanto bisogno. Perchè finora, purtroppo, intorno a lei hanno girato soltanto dei gal­letti bandieruola... i quali l'hanno trascinata a commettere degli errori di regime...

Boronkay - Errori di regime?

Marcus     - Già. Purtroppo Titta ha uno sto­maco delicato. Voi, a quanto mi risulta, siete dottore in medicina... quindi Titta potrà stare sotto una continua sorveglianza medica. E per me questo è molto tranquil­lizzante. Posso chiedere dove passerete la serata? Perchè Titta ogni sera va in qual­che posto.

Boronkay - (sempre imbarazzato) Si parlava di andare al cinema...

Marcus     - (acconsente con la testa) E dopo il cinema, cena e ballo. Se andate al Fagiano d'oro e se prendete posto all'aperto, allora abbiate la cortesia, caro dottore, di badare che Titta tenga il mantello. Va soggetta a raffreddarsi facilmente,.. Però sarebbe pre­feribile portarla in un salottino riservato.

Boronkay - Prego... se voi volete...

Marcus     - Certo, se non vi dispiace...

Boronkay - (nervoso) Avete altro da consi­gliarmi?

Marcus     - Si dovrebbe ancora parlare di una cosa... spero che non mi fraintenderete.

Boronkay - Prego…dite pure.... meglio es­sere franchi.

Marcus     - Anch'io lo preferisco. Ecco... Titta non sa maneggiare il denaro... sotto questo aspetto è una vera bambina... e quindi, or­mai è diventata un'abitudine... al suo ac­compagnatore... come potrei dire?... sì... io di solito metto a disposizione del suo accompagnatore una somma a forfait. Na­turalmente mia moglie non deve saperne nulla.

Boronkay - (sorride) Vi siete sbagliato ancora una volta. Non soltanto non sono pedicure, ma non sono neanche un gigolò!

Marcus     - Ma che gigolò. Le solite esagera­zioni! Il forfait serve esclusivamente per le spese di mia moglie... In fin dei conti non è piacevole sapere che degli estranei pa­ghino le cene della signora Marcus.

Boronkay - Io invece sono abituato a pagare mettendo la mano nelle mie tasche... e non vorrei abbandonare questa abitudine.

Marcus     - Inoltre devo avvertirvi che non avrete nessuna ragione di spendere del de­naro per Titta. Questo è un argomento molto delicato... però dobbiamo occupar­cene. Titta ha l'abitudine... direi anzi che per lei è uno sport... di suscitare nei suoi corteggiatori speranze sfrenate, ma non le passa neanche per il cervello di acconten­tarli. Potrei dire che in un certo senso è una « piromane »... È felice quando intorno a lei tutto arde e le fiamme avvampano, ma nel tempo stesso ha paura del fuoco e al momento decisivo, di solito, vigliacca­mente se la squaglia. Almeno finora è stato così. Ecco,., adesso vi ho messo in guardia sul pericolo che correte. Era mio dovere. Perciò tutto quello che farete lo farete a vostro rischio e pericolo. (Guarda l'orolo­gio). Non vorrei trattenervi di più... an­ch'io ho ancora qualche impegno. A pro­posito... domani è domenica. Mia moglie non vi ha detto nulla?

Boronkay - Di che, scusate?

Marcus     - Che ogni domenica ci farete il pia­cere di venire a colazione da noi. È un'abitudine già sanzionata. Mi stupisco che non ve l'abbia detto.

Boronkay - Titta, cioè, pardon... la baro­nessa...

Marcus     - Dite pure Titta. La chiamano tutti così. (Sono davanti alla porta che dà sul corridoio). Ah! e poi un'altra cosa! Se non vi dispiace... allora... secondo la vecchia abi­tudine magiara, diamoci del tu! Io dò sem­pre del tu agli amici di mia moglie... (Sor­ridenti si stringono la mano).

Boronkay - Figurati! Ciao! (Via dal fondo).

Marcus     - (gli grida dietro) Tiberio... scusa Tiberio mio... noi facciamo colazione al­l'una e mezzo. In abito da mattina, si ca­pisce. (Mentre la porta è aperta nel corri­doio apparisce Kemnitzer, un modesto im­piegato con un fascio di carte sotto il brac­cio). Beh, venite, venite Kemnitzer. Che c'è di nuovo?

Kemnitzer     - Sono arrivati quei signori delle ferriere. Sono di sopra, nello studio. Ver­rete anche voi, non è vero?

Marcus     - Non vengo! Quando parlo con quel­la gente mi arrabbio sempre e allora di­vento sgarbato. Per le traversine di ferro tratterà Kovacs, però ditegli di star bene attento perchè quelli sono famosi per far salire i prezzi.

Kemnitzer     - Volete dare un'occhiata al pre­ventivo di Pecs?

Marcus     - (prende un foglio e guarda il totale) Come avete fatto a tirar fuori questo totale?

Kemnitzer     - È esatto, l'ho controllato io.

Marcus     - Se questo è esatto mi faccio tagliare la testa. I dettagli ci sono?

Kemnitzer     - Eccoli. (Gli consegna dei fogli). Partite poi a mezzanotte?

Marcus     - No.

Kemnitzer     - Sono tre anni che non andate

in vacanza.

Marcus     - Non sono andato perchè non mi faceva piacere.

Kemnitzer     - Veramente sono cose che non dovrebbero riguardarmi... È giusto. (Via dal fondo).

Marcus     - (si immerge nei conteggi) 8... 17... 26...

Jurica        - (entra da sinistra tenendo un foglio in mano) André!... ho portato per Titta un piccolo gioiello... solo per farglielo ve­dere... È di una famiglia signorile che si trova in ristrettezze momentanee... Il nome è naturalmente segreto... A Titta piace molto.

Marcus     - (senza alzare lo sguardo) Se le pia­ce lo comperi... 17... 26... 32...

Jurica        - Già fatto. Ecco la fattura.

 Marcus    - (la guarda e vi mette una firma) Sarà pagata alla cassa. 32, 41, 53...

Jurica        - Ditemi, Andre, vi piace quel nuovo amico... Boronkay? Ma perchè domandarvelo? Piace a Titta, dunque piacerà anche a voi! (Ride). Lo sapete, caro André, che siete un marito impareggiabile? Un altro come voi non esiste al mondo! E Titta non sa che fortuna ha!

Marcus     - (nervoso) 53, 61, 70...

Jurica        - Non a tutti piace che la propria mo­glie sia corteggiata... A voi invece £a pia­cere. E dire che voi, come uomo, natural­mente, valete quanto qualsiasi donna. Un grand'uomo così famoso! Accanto a voi ci vorrebbe una persona di una certa espe­rienza, tranquilla... un buon amico, o piut­tosto diciamo una buona amica, che badasse a voi e non vi permettesse di ammazzarvi di lavoro... Se poi curaste un po’ anche il vostro aspetto esteriore, potreste essere uno dei gentiluomini più interessanti di Buda­pest... E sapete che cosa vi dico?... potreste avere tutte le donne che volete...

Marcus     - (tremante di ira) 72, 78, 83... (Preme più volte il bottone del campanello).

Jurica        - Ah ah ah! Vi piace darvi l'aria del vecchio lavoratore! Ma non è facile ingannarci! Noi, di uomini, ce ne intendiamo... Oh! me lo ricordo bene! Fino a poco tempo fa le donne andavano addirittura pazze per voi! Il mio povero marito... come era ge­loso!... Un giorno mi venne addosso col fucile: -Confessa tutto!», mi disse. Mio Dio! voi, André, lo sapete meglio di chiun­que che non avevo proprio nulla da con­fessare...

Marcus     - (balza in piedi nervosissimo. Esplo­de. Batte sul tavolo e urla) Ho suonato dieci volte e nessuno viene! In questa casa tutti fanno il comodo loro!

Jurica        - È vero, è vero... sarebbe proprio ora che qui vi fosse una mano energica per far rigare diritto la servitù!

Marcus     - (urla) Kemnitzer!

Kemnitzer     - (apre la porta del fondo e dice tranquillamente) Ero qui in corridoio che aspettavo.

Giuditta   - (la sua voce dietro le quinte a de­stra) Babbo, non urlare!

Marcus     - (si calma di colpo) Oh Giuditta-Sei tornata? Beh, fatti vedere!

Giuditta   - (c. s.) Subito... prima metto a posto gli appunti.

Marcus     - (consegna i fogli a Kemnitzer) Po­tete portarli via. Sono in ordine. (Kemnit­zer via).

Jurica        - (ha cominciato a prepararsi per andar via appena ha sentito la voce dì Giuditta) Beh! allora me ne vado anch'io... Però mi piace tanto chiacchierare con voi. Un gior­no dovremmo veramente stare un po' in­sieme... e anche a voi farebbe bene sfogarvi un po'... addio, André. (Via dal fondo).

Giuditta   - (viene da destra con l'abito del pri­mo atto e con gli occhiali) Non è stato facile, ma mi è riuscito.

Marcus     - Che cosa ti è riuscito?

Giuditta   - Mettere in fuga la sciacalla. Per­chè quella !ì è la sciacalla di mammina. Le sta sempre alle costole e si nutrisce degli avanzi del banchetto della leonessa. Ho sen­tito tutto quello che ti diceva... Se non intervenivo io, sarebbe stata capace di arri­vare a farti violenza!

Marcus     - (con tenerezza le dà degli schiavetti sulla guancia) Non essere insolente col tuo vecchio genitore! Vieni dall'Università?

Giuditta   - Sai che c'è di nuovo, babbo? La mia tesi di laurea è stata accettata.

Marcus     - Che dici?

Giuditta   - Il professor Kirali mi ha fatto delle lodi speciali. E ha detto: «Questa sì che è una tesi di laurea! Questa sì che è una tesi sul serio! ». Con la prossima ses­sione tua figlia sarà dottoressa! Dottoressa Giuditta Marcus... Ti senti molto orgoglio­so, non è vero, papà?

Marcus     - Non avevo neanche l'idea che tu fossi arrivata a questo punto! Perchè hai fatto tanti misteri?

Giuditta   - Non volevo tenerti in orgasmo per me, perchè sono sicura che tu saresti stato più in orgasmo di me stessa.

Marcus     - Certo è che hai una testolina intel­ligente e se cominci qualche cosa la porti a compimento. (La bacia sulla fronte).

Giuditta   - Eredità paterna!

Marcus     - Però alla mamma bisogna comu­nicarlo con molto tatto... che ha un figlia già dottoressa!

Giuditta   - Sarà un colpo grave per il suo cuore materno. Partirete poi stanotte?

Marcus     - No, non è possibile. È sopravvenuto qualche ostacolo... Ho degli affari molto urgenti...

Giuditta   - Non dire bugie! È la mamma che non vuole, non è vero?

Marcus     - Proprio così: non vuole!

Giuditta   - Ah! e dov'è ora?

Marcus     - Si sta vestendo. Va al cinematografo.

Giuditta   - Non è capace di rimanere una sola sera tranquillamente a casa. E con chi va stasera?

Marcus     - È sceso in lizza un nuovo campione.

Giuditta   - Ancora? Ma per Ja cena almeno tornerà a casa?

Marcus     - Vogliono andare al Fagiano d'oro.

Giuditta   - Perciò non parte? E dire che po­trebbe girare tutta l'Italia in compagnia di André Marcus! Quante donne sarebbero felici di poter essere al suo posto! Lei preferisce andare al cinema! Ma tutte le donne sono fatte così o è una fortuna che è capi­tata soltanto a noi?

Marcus     - Non parlare di tua madre su questo tono. Hai capito? Qui l'unico guaio è che io sono diventato vecchio e che lei è rimasta giovane.

Giuditta   - Che vecchio e vecchio! Nella tua anima c'è più fuoco, più entusiasmo, più gioventù che non in una dozzina di quei... Ma è meglio tacere! Dimmi la verità, per­chè l'hai sposata? Non era donna per te!

Marcus     - Che domande insulse! L'ho sposata perchè l'amavo e basta!

Giuditta   - Voi uomini amate nelle donne quello che credete di vedere in loro e che volete far credere a voi stessi.

Marcus     - Il male è che anche la mia coscienza non è tranquilla. Se ci siamo tanto allon­tanati l'uno dall'altra, la colpa è anche mia. Per me non è mai esistito nulla di più im­portante del mio lavoro.

Giuditta   - E così deve essere perchè tu hai un animo d'artista.

 Marcus    - Quando la mamma ha cominciato ad andare per la sua strada, ti confesso che non mi è dispiaciuto perchè almeno mi la­sciava libero nelle mie occupazioni. Questa è stata l'origine di tutti i guai... E invece avrei dovuto avere maggiori premure per lei... se non altro per la gratitudine di aver­mi regalato una bambina simile.

Giuditta   - Beh! una. bambina simile non si regala soltanto per altruismo.

Marcus     - Ero così contento di fare questo viaggio in Sicilia! Speravo che vivendo in­sieme qualche settimana ci saremmo riav­vicinati di nuovo. Temo però che avrò ancora una moglie soltanto quando tua madre avrà i capelli bianchi.

Giuditta   - Oggi i capelli delle madri non di­ventano bianchi, ma rossi!

Marcus     - Lasciamo questi discorsi...

Giuditta   - Non li lasciamo affatto! Oggi al­l'Università, sai che cosa mi ha detto Lily Zeligher?... Quella schifosa carogna mi ha detto: « Ieri sera al Fagiano d'oro ho visto tua madre. Ballava l'Uganda... Oh! che graziosa donnina! ». Io fra pochi giorni sarò dottoressa; il mio sogno è di diven­tare assistente... e mia madre è una gra­ziosa donnina che ballonzola coi giova­notti! Come la odio quella Lily Zeligher!

Marcus     - Finiscila ora!

Giuditta   - Io posso anche finirla... caro mio... chi non la finirà è la mamma! Quando si è su una china non è possibile fermarsi. Pania rei! Dobbiamo essere preparati alle cose più terribili... Dimmi: puoi dire di conoscerla veramente, tua moglie? Sei sicu­ro che un giorno o l'altro non commetterà una pazzia in grande stile?

Marcus     - Che significa « commettere una paz­zia in grande stile? ».

Giuditta   - La nonna avrebbe detto: «Get­tare l'onta sulla famiglia » !

Marcus     - Giuditta, per amor di Dio! Le ra­gazze per bene una volta ignoravano queste cose!

Giuditta   - Le ragazze per bene anche una volta sapevano tutto... soltanto non ne par­lavano col padre. Babbo, qui la questione è un'altra: sei sicuro o no di tua moglie? Perchè se sei sicuro fa conto che io non abbia parlato... anzi ti chiedo perdono. Ma se non sei sicuro, e se anche a te il cuore fa tanto male quanto a me, allora dobbiamo provvedere, perchè tutto sommato è nostra madre e noi due siamo responsabili per lei.

Marcus     - (dopo una lotta con sé stesso) Va bene... se credi... parliamone pure...

Giuditta   - (si stringe a lui, a bassa voce, com­mossa) Dimmi, hai qualche sospetto?

Marcus     - No, no, questo no! Purtroppo an­che lei sa che ogni 24 ore invecchia di un giorno, e quanto più sente passare gli anni, tanto più si aggrappa disperatamente alla gioventù. La gioventù per lei è rappresen­tata da quei fannulloni in smoking, senza i quali non può vivere. Ha bisogno di es­sere corteggiata, sentirsi sempre giovane, bella... Fino ad oggi è stata capace di accontentare i suoi cavalieri con qualche bri­ciola...ma può venire il giorno... (Di colpo si riprende) Perchè parliamo di cose tanto mostruose?! Un padre e una figlia?! Ed è colpa tua! Sei stata tu a trascinarmi!

Giuditta   - (con calore) Babbo! non sono forse il tuo migliore amico? Noi due dobbiamo essere d'accordo in tutto. Vedi, se io non mi sposerò, sarà perchè non potrò mai tro­vare un uomo come te. Nel tuo mignolo c'è più rettitudine, più tenerezza, più bon­tà che non in cento donne moderne. Se sa­pessi come ti compiango, babbo!

Marcus     - Non compiangere me, compiangi piuttosto tua madre. In fin dei conti è mol­to triste quel suo attaccamento alla gio­ventù.

Giuditta   - E perchè non hai reagito? Quan­do vuoi sai anche essere energico! Qualche volta nel tuo studio urli tanto che ti si sente dal pianterreno.

Marcus     - A che serve l'energia in casi simili? Ho provato con la bontà... ho accolto come amici i suoi cavalieri...

Giuditta   - E come dovevi detestarli, invece!

Marcus     - Li ho attirati nel nostro cerchio fa­miliare. Calcolavo che era sempre meglio farle coltivare i suoi flirts sotto i miei occhi. Si vede che neanche questo è un metodo sicuro! Nulla è sicuro quando si tratta di donne! (Tende l'orecchio) Pstt. Senti?...

Giuditta   - Che cosa?

Marcus     - L'ascensore. Arriva l'uomo nuovo. Ora bussa alla porta di lei. Conduce tua madre al Fagiano d'oro.

Giuditta   - (dopo una pausa) Che tipo è que-. sto nuovo gigolò?

Marcus     - Non è un gigolò! Non lo diffamia­mo! Non accetta denaro!

 Giuditta  - (alza le spalle) Allora è un gigolò onorario.

Marcus     - Si chiama Boronkay... dottor Tibe­rio Boronkay!

Giuditta   - (con viva sorpresa) Boronkay? L'americano?

Marcus     - Lo conosci?

Giuditta   - Non lo conosco, ma all'Università, ora, non si parla che di lui. Si dice che sia molto, molto bravo nel suo ramo. Figurati, babbo, che sono giorni e giorni che mi lam­bicco il cervello per trovare il modo di av­vicinarlo. Vorrei diventare la sua assistente. E ora lui va a cena con la mamma... Oh babbo, ho un cattivo presentimento. È un uomo pericoloso perchè è « qualcuno ». Quei due non devono rimanere soli nean­che per un'ora!

Marcus     - Tu non puoi farci nulla!

Giuditta   - Sicuro che farò qualche cosa! Sa­rebbe strano che due uomini come noi, tu ed io, mettendo insieme il loro cervello e il loro buon senso... (Ha trovato) Babbo, devi partire! Per la Sicilia! Col treno di mezza­notte! A qualunque costo!

Marcus     - Partire?... solo?

Giuditta   - Non solo,, in compagnia. Possibil­mente con una donna... Ma dove trovarla una donna? Ah ah! Ce l'ho! Babbo, tu devi partire con Jurica!

Marcus     - Sei matta? Con Jurica? Sarebbe un vero scandalo!

Giuditta   - No no, non aver paura! Non andrai oltre la stazione! Però devi fare tutti i preparativi sul serio come se dovessi ve­ramente fare una tirata fino a Palermo. Appena la mamma verrà a saperlo, pianterà il fagiano d'oro e il fagiano d'argento e volerà alla stazione per affondare le un­ghie nella permanente di Jurica!

Marcus     - Non penserai che sia gelosa di Jurica!

Giuditta   - Di chiunque porta le gonnelle. E sappi che tutte le mogli sono convinte che qualsiasi marito, quando si tratta di donne, diventa un perfetto idiota!

Marcus     - Non ho molta fiducia nel tuo pro­getto. Fallirà... vedrai!

Giuditta   - Non fallirà. La mamma ha un'a­nima semplice.

Marcus     - È possibile veder chiaro nell'anima di una donna? E poi, Jurica... chi ti dice che accetterà questa pazza avventura?

Giuditta   - Sono anni che aspetta una pazza avventura per poterla accettare!

Macrus     - E chi farà sapere a tua madre che ho deciso di partire?

Giuditta   - Io! Almeno vedrò anche come è fatto quel biologo ballerino.

Marcus     - Non ti salterà in mente di andare al Fagiano d'oro, spero...?

Giuditta   - Sono o non sono dottoressa? Se mi chiamano vado anche in posti peggiori!

Marcus     - Prima di tutto sei una ragazza per bene...

Giuditta   - E una ragazza per bene, non può andare nei posti dove va sua madre?...

CALA LA TELA

 

 

ATTO   TERZO

 Un salottino riservato al Fagiano d'oro. Ar­redamento consueto. Tavola apparecchiata per due. Un ampio paravento, dinanzi all'u­nica entrata, impedisce di veder dentro quan­do la porta è aperta. Il paravento è messo a semicerchio, aperto verso il pubblico. Vitto­rio in giacca bianca si dà da fare alla tavola già apparecchiata.

Wagner    - (in marsina. Sulla cinquantina. En­tra in fretta) Presto, presto, Vittorio! Sbrigatevi ad apparecchiare!

Vittorio    - A momenti sono pronto.

Wagner    - Lo chef ha fatto dire che bisogna smerciare d'urgenza la faraona perchè è già un bel pezzo che si annoia nella ghiac­ciaia.

Vittorio    - (indica la tavola) Scusate, signor Wagner, chi l'ha riservata?

Wagner    - Un certo Borony o Boronkay, un professore... uno sconosciuto.

Blanche    - (entra in smoking bianco) Signor Wagner, per favore...

Wagner    - (freddo) Desiderate?

Blanche    - I Marcus hanno riservato una ta­vola?

Wagner    - Fino a questo momento, no.

Blanche    - Non vi sbagliate, per caso?

Wagner    - Sbagliarmi, io? Vi prego...!

Blanche    - Però se la baronessa Marcus ve­nisse, vorreste informarla che sono qui?

Wagner    - Volentieri. Perchè no?

Blanche    - Sono al tavolo d'angolo vicino al jazz. (Fa per andar via).

Wagner    - Un momento, per favore! (Cava fuori il suo grosso portafogli, cerca tra le carte che contiene e gliene consegna una).

Blanche    - Oh! vediamo un po'... (Incastra il monocolo) Giusto. Il conto è esatto. (Glielo restituisce) Vi farò pagare il primo del mese. (Sparisce dalla porta).

Wagner    - Mi farà pagare il primo del mese! Caro! E porta anche lo smoking bianco come un arcangelo!

Vittorio    - È scivolato un po' in basso quel signor Bianche!

Wagner    - E scivolerà ancora più in basso... con un volo piane.

Vittorio    - Da quello lì, signor Wagner, ne vedrete difficilmente denaro!

Wagner    - Non è una gran disgrazia. I cock­tail ce li rimborsa con le danze. Con lui risparmiamo un ballerino professionista. Io, di tanto in tanto, gli presento il conto, solo perchè, chi sa...? in un momento di distra­zione, potrebbe anche pagarlo!

Vittorio    - Li conoscete bene i clienti, voi signor Wagner.

Wagner    - Un capo cameriere vive della co­noscenza che ha degli uomini. La vera psicologia nasce nei posti dove si fa credito. Vedete quel paravento? Ce n'è uno davanti alla porta di ogni salottino riservato. Io ho fatto i miei studi più proficui dietro i pa­raventi.

Vittorio    - (guarda il paravento. Crolla il capo) Buono a sapersi!

 Titta        - (entra con Boronkay) Buona sera, Wagner! Ma questo è un salottino riservato!

Wagner    - I miei rispetti signora baronessa. È stato fissato proprio un salottino.

Titta         - (a Boronkay) E perchè? Noi voglia­mo ballare e vedere la gente!

Boronkay - Pardon... il vostro gentile con­sorte mi ha raccomandato di star bene at­tento a non farvi prendere un raffreddore.

Titta         - E voi, per tranquillizzarlo, mi por­tate in un salottino riservato? È una pre­mura addirittura commovente. Del resto non ho nulla in contrario: giacché ci siamo rimarremo qui, ma dopo cena andremo fuo­ri a ballare.

Boronkay - Come desiderate. (/ camerieri tol­gono i mantelli dei due),

Wagner    - Stasera abbiamo Bobby al piano. Le danze cominciano alle undici.

Titta         - Perchè così tardi?

Wagner    - È l'ordine dei nuovi proprietari: fino alle undici consumazioni; e poi si può ballare. (Consegna la lista delle vivande a Boronkay, poi prende un blocco e la ma­tita) Per antipasto consiglierei delle trote... sono squisite.

Boronkay - Ostriche non ve ne sono?

Wagner    - Vengono dall'estero... quindi non piacciono alla Banca Nazionale.

Boronkay - E va bene. Allora trote. E dopo un arrosto leggero.

Wagner    - Mi sono permesso di far riservare una faraona, altrimenti sarebbe andata via subito... Farcita di lardo. È la specialità e l'orgoglio della nostra cucina.

Boronkay - (a Titta) Vi piace?

Titta         - Amico mio, non siamo venuti qui per fare una cura di ingrassamento. Wa­gner, come al solito, una fetta di pesce fred­do e pane tostato... nient'altro!

Boronkay - (restituisce la lista) Allora portate quello che volete. Per me fa lo stesso. (A Titta) Voi, con le vostre cure dimagran­ti, avete ucciso la poesia dei salottini ri­servati!

Wagner    - (a Boronkay) E da bere, che cosa desiderate ?

Boronkay - Io veramente, in America, sono divenuto proibizionista...

Wagner    - Allora wisky e champagne. (/ due camerieri escono).

Titta         - Vi siete annoiato al Cinema?

Boronkay - (con tono falso) Vicino a voi? Come potete supporlo?

Titta         - Non avete neanche guardato lo scher­mo. Non vi piace Norma Shearer?

Boronkay - Tra i divi del cinema preferisco l'elefante. Almeno quando vede una mac­china da presa non si mette subito in co stume da bagno, come le girls di Holly­wood.

Titta         - Se avete intenzione di fare dello spi­rito vi prego di avvertirmi affinchè possa ridere.

Boronkay - Non mancherò!

Titta         - Insomma, siete di malumore... Ve ne ho dato io motivo?

 Boronkay     - Voi no. Voi siete davvero mol­to gentile.

Titta         - E allora?

Boronkay - Il colloquio che ho avuto oggi con vostro marito...

Titta         - (interrompe) Spero che André non sia stato sgarbato. Di solito non lo è.

Boronkay - Anzi, è stato esageratamente cor­tese. Cortese da sbigottire, da sbalordire! Ha aperto dinanzi a me tutte le porte che conducono a voi e mi ha introdotto tenen­domi per mano. Ora io mi sento come un cacciatore nell'Eldorado: le lepri mi seg­gono in grembo, i fagiani mi si posano sulle spalle, i caprioli si stringono alle mie ginocchia. È possibile fare la caccia, così? Non è sportivo! Del resto Marcus mi ha spiegato anche perchè ha una così illimi­tata fiducia in noi.

Titta         - Che cosa vi ha detto?

Boronkay - Che abitualmente giocate coi vo­stri corteggiatori ma al momento decisivo ve la squagliate.

Titta         - (stizzita) Così ha detto? Che volga­rità! Ma a voi chi ha insegnato a chiedere al marito di una donna le « istruzioni per l'uso » ? Vedete, io ora, nei vostri panni, vorrei punire questa presunzione maritale.

Boronkay - Ho l'impressione che adesso gio­cate anche con me.

Titta         - A voi piacerebbe andare sul sicuro? Mentre è bello e pieno di poesia solo quello che non è sicuro! Il caso, l'avventura, l'az­zardo. SI, l'azzardo! Perchè volete impe­dirmi questa danza delle libellule?

Boronkay - Lo avete già detto a molti vostri corteggiatori?

Titta         - Quel disgraziato André vi ha dav­vero contagiato!

Boronkay - Provatemi che André non ha det­to la verità. C'è un modo molto semplice per provarlo.

Titta         - Vedete, amico mio... io leggo chiaro nelle vostre carte. Voi ora vi installate nella nostra bella capitale. Avete già un comodo appartamentino da scapolo, vi siete fatto so­cio al vostro circolo, avete fatto l'abbona­mento al vostro giornale, vi manca solo una donna per bene che diventi la vostra aman­te. Da uomo metodico vorreste sbrigare anche questo al più presto. Non è così?

Boronkay - Scusate... sono cose delle quali non si può parlare in maniera cosi secca, direi quasi in tono di affari.

Titta         - Ah! voi tenete anche alle forme? Bene! Ci tengo anch'io! Noi, oggi, alle quattro del pomeriggio abbiamo scambiato la prima parola. Ora sono le dieci e mezzo e voi pretendete che io dica già l'ultima. Caro amico mio, non vi dispiace di fare a meno di tutto ciò che è compreso tra la prima e l'ultima parola?

Boronkay - Insomma voi desiderate un flirt a lungo metraggio?

Titta         - Ve lo dirò io che cosa desidero. De­sidero che mi conquistiate con un assedio regolare. È il meno che posso pretendere. Fatemi la corte, fatemi innamorare, sedu­cetemi»

Boronkay - Se sapessi come cominciare...

Titta         - Innamoratevi di me! Chi vuol far perdere la testa ad un altro deve comin­ciare a perderla lui stesso. Non fate asse­gnamento su un'avventura escogitata a mente fredda.

Boronkay - Farò tutto quello che volete se accettate una mia condizione. Provatemi che non barate, che anche voi arrischiate qualche cosa in questo gioco. Per convin­cermi datemi un bacio.

Titta         - (indietreggia) Adesso? Subito?

Boronkay - Adesso. Subito!

Titta         - Con una porta aperta? Dove avete imparato una cosa simile?

Boronkay - Posso chiuderla... (La porta si apre. Dal di fuori giunge un'ondata di mu­sica).

Titta         - (si scosta da lui. A bassa voce in fretta) Attenzione! Entra qualcuno!

Vittorio    - (entra con una lettera in mano) Una lettera per la signora baronessa. L'ha portata una signorina.

Titta         - Per me? Qui?

Vittorio    - È molto urgente, ha detto la si­gnorina.

Titta         - (guarda la busta) La calligrafia di Giuditta! Cosa mai può volere la piccina? (A Vittorio) Grazie. (Vittorio esce).

Boronkay - Non mi dicono niente di buono le lettere che si portano nei salottini riser­vati... specialmente le lettere di famiglia! Una cattiva notizia?

Fitta         - (a parte) Inaudito! (Legge a mezza voce e con crescente agitazione) « Cara mammina mia, siccome tu non vuoi par­tire, il babbo ha invitato Jurica ad andare con lui in Sicilia. Naturalmente lo ha fatto perchè era esasperato, ma Jurica ha accet­tato l'invito con tutte e due le mani. Non so che pensare. Tu capirai meglio di me. Se però ritieni utile fare qualche cosa, sbri­gati, perchè partono col diretto di mezza­notte. Ti bacio. Tua affezionatissima figlia Giuditta ». (Titta si accascia su una sedia tenendosi la testa) Gesù mio!

Boronkay - Una notizia spiacevole?

Titta         - Spiacevole? Dite spiacevole? Amico mio, il mondo si è capovolto! Mentre io me ne sto qui seduta, in questo salottino, senza nessun sospetto... mi derubano, mi ammazzano e per giunta mi deridono an­che! Ma quell'uomo è impazzito?! E Ju­rica? Solo ora capisco perchè ronzava in­torno alla mia casa. L'avevo sempre tra i piedi, giorno e notte... La ruminava da un pezzo quella brutta bestia! E oggi io le ho dato anche del denaro... È capace di far pagare a me il suo abito da viaggio! Oh! la stavano tramando da un pezzo,.. E An­dré insisteva perchè partissi con lui! Tutta una finzione! Lo avete visto anche voi, Baragnai, come si è rassegnato facilmente... Lo avete visto o no?

Boronkay - Quella Jurica! Ma non rappre­senta un pericolo serio!

Titta         - Perchè non avete la minima idea di quanto possa essere idiota un marito!

Boronkay - Spero che non dovrete andare a casa per questo...

 Titta        - A casa? Non ho più casa! Non ho più nulla da fare in casa del signor Mar­cus! Vuol liberarsi di me! Benissimo! Gli restituisco per sempre la sua liberta. Vuole uno scandalo? Benissimo! Farò uno scan­dalo famoso! Andiamo, Baragnai. Vengo da voi!

Boronkay - Cosa fate?

Titta         - Vengo a casa vostra! Non avete ca­pito? Nel vostro appartamento! È il mio diritto, anzi il mio dovere morale! È l'unica risposta degna di un simile trattamento! (Dopo una pausa) Non capite? Vi faccio dono di me! Eccomi! Portatemi via... ma subito!

Boronkay - Sentite, cara Titta... ora in voi parla l'ira...

Titta         - E che ve ne importa? È suonata la vostra ora!

Boronkay - Il vostro stato d'animo in questo momento non è del tutto normale e io non mi sento di approfittare delle circostanze. È una forma di suicidio... siete esasperata contro vostro marito e cercate un rubinetto del gas per potervi avvelenare... Non vi presto mano!

Titta         - Non volete?

Boronkay    Così, no!

Titta         - Va bene. Conosco un rubinetto nel gas che funzionerà alla perfezione!

Boronkay - Se volete andare a casa vi ac­compagno...

Titta         - Non mi accompagnate. Noi due ab­biamo finito! (Indossa il mantello).

Boronkay - Scusatemi.,, voi adesso non siete interamente padrona di voi.

Titta         - Scusatemi... e voi adesso non siete interamente uomo! (Esce in fretta. Dietro il paravento si incontra con Wagner che entra con la bottiglia in champagne in ghiaccio. Dietro il paravento ma in modo che Boronkay non senta) Wagner, c'è il si­gnor Bianche?

Wagner    - È seduto lì fuori e ogni cinque mi­nuti chiede di voi, signora baronessa.

Titta         - Allora tutto è a posto! (Via in fretta).

Boronkay - Ha avuto una cattiva notizia e perciò è così eccitata.

Wagner    - Queste signore che non dormono mai abbastanza si eccitano molto facilmen­te. (Pausa) Se mi è lecito servirvi un rispet­toso consiglio, vi raccomanderei di non ce­dere. Se l'uomo non cede la donna torna sempre. Desiderate che la cena sia servita?

Boronkay - Non mi pare il momento! Aspet­tiamo ancora un po'... Forse la signora tor­nerà. (Siede) Avvicinatemi quel tavolino.

Wagner    - (gli porta un tavolino sul quale Bo­ronkay appoggia i piedi) Che coincidenza! Lì fuori è seduta una distintissima signora e anche lei è rimasta sola... Ha litigato col suo cavaliere... Credo che accetterebbe vo­lentieri un vostro invito... (Dopo una pau­sa) È bionda platino!

Boronkay - Sapete che cosa è l'idiosincrasia?

Wagner    - Dipende...

Boronkay - Ecco, io la provo per le biondo-platino.

Wagner    - Allora, quale colore preferite?

Boronkay - Per ora, nessuno! Ditemi, però... io non conosco ancora bene la vostra clientela... Che pubblico frequenta questo lo­cale?

Wagner    - Il miglior pubblico, ve lo assicuro! Autentiche signore coi loro amici, e distinti signori con le loro amiche.

Boronkay - Naturalmente cocottes?

Wagner    - Cocottes? Oh!... non ne esistono più! Sono sparite come i cavalli delle car­rozze da nolo da quando sono di moda le automobili. Forse ne esistono ancora due o tre, come curiosità, e sono sempre accom­pagnate da vecchi gentiluomini in panciot­to bianco... Perchè, ecco, le cose stanno così... gli uomini, oggi, non sono più di­sposti a spendere per le donne! Anzi! Al contrario! Sapete... dal dopo guerra siamo aumentati di valore... Gli uomini sono al rialzo. Stamane all'alba, due distinte signo­re si sono prese per i capelli a causa di un ballerino. Che putiferio! Una volta invece erano gli uomini che litigavano per le ballerine...

Boronkay - Donne della vecchia guardia, im­magino?

Wagner    -  Oggidì questo è difficile precisarlo! La cosmetica ha compiuto tali progressi che ha spazzato via i confini dell'età... Per esem­pio, frequentava il nostro locale una baro­nessa ancora giovane... Detto fra noi aveva almeno cinquanta anni! Un bel giorno si fece fare una restaurazione generale... si fece tingere i capelli rosso tiziano, si fece radere le sopracciglia, stendere le rughe, modellare un naso alla Greta Garbo, si fece mettere le bende alle caviglie per assotti­gliarle e si innamorò di un impiegato av­ventizio di banca di 22 anni!

Boronkay - Se qualcuno le dà un appunta­mento, è inutile che si affatichi di andarvi di persona... basta che mandi la sua dome­stica! Però vorrei sapere ancora qualche cosa. C'è l'abitudine qui, che le signore frequentino i locali notturni senza un pa­rente maschio?

Wagner    - Su questo argomento non posso dare una risposta precisa. Si tratta di una di quelle convenienze sociali che proprio ora sono in via di formazione. La situazione odierna si potrebbe definire così: non è an­cora entrata nelle consuetudini, ma si pra­tica già.

Boronkay - E il marito della signora Marcus, il barone, è mai venuto qui?

Wagner    - No, prego, non lo conosciamo af­fatto. È un uomo diurno, lui... lavora. Sa­pete, in questi esercizi notturni, circola mol­to denaro, e qualcuno deve pur guada­gnarlo!

Boronkao - Naturale! Non lo guadagna cer­to chi lo spende! L'esperienza degli uomi­ni vi avrà insegnato cose molto interes­santi...

Wagner    - Lavoro da quaranta anni in questo ramo e sono stato testimone di grandi tem­pi! Nell'epoca classica dell'Esposizione del 1896 facevo ancora il « piccolo ». Ho servito il famoso barone Gida... Quello sì che era un signore, un gentiluomo dalla testa ai piedi, e uno simile non nascerà più, esclusi i presenti... Appena entrava nel locale si do­vevano subito sturare 50 bottiglie di cham­pagne... fuori, al posteggio, anche i cavalli dei fiacres bevevano George Goutet. La sua canzone preferita era: « Hanno rubato il mio cavallo nero ». Quando il « primas » co­minciava a suonare... Paolino Racz XXXVI (trentaseiesimo) il barone subito cavava di tasca la rivoltella e cominciava a sparare sul grande specchio, sul lampadario, sul vio­loncello... Era un autentico gentiluomo! (Ride) Gli piaceva dare degli schiaffi! Una volta mi ha dato un ceffone che per tre giorni sono rimasto sordo... Poi mi ha re­galato 500 fiorini per risarcimento! (Con­tinua con malinconia) Peccato che sia finito quel bel vecchio mondo di cavalieri!

Boronkay - E per quanto tempo ha potuto fare tutto questo il vostro barone Gida?

Wagner    - Per un anno e mezzo. Poi divenne piazzista di libri. Anche io ho comprato da lui « Gli uccelli acquatici dell'Ungheria » a forma di album rilegato in piume.

Giuditta   - (entra esitante. Indossa un abito da sera semplice ma di molto buon gusto e assai originale. Porta gli occhiali) Il profes­sor Boronkay? (Boronkay la guarda ipno­tizzato) La mamma si scusa... Sono Giu­ditta Marcus... La mamma non può più tornare e mi incarica di dirvi se vi accon­tentate della mia compagnia... perchè io ero in un locale qui vicino con una comitiva di ballerini... (Si toglie sorridendo gli oc­chiali. Dopo una pausa) Volete che rimanga ?

Boronkay - (la guarda ancora fisso) È un vero onore per me... ne sono addirittura felice...

Wagner    - (più animato) Faccio servire su­bito la cena! (Corre via).

Boronkay - Scusatemi, sono quasi istupidito della sorpresa. È possibile che siate...

Giuditta   - Vi stupite che una madre così gio­vane abbia una figlia così vecchia?

Boronkay - Ah! ora capisco tutto! Voi siete del primo matrimonio del barone Marcus, non è vero?

Giuditta   - Tranquillizzatevi. Sono il legit­timo rampollo di mia madre, la bella Titta.

Boronkay - Va bene... come volete... per quan­to, ad essere franco, stenti a crederlo. (Di­viene serio) A proposito, c'è stata un po' di agitazione da voi... in famiglia? La mamma poi si è calmata?

Giuditta   - Oh! le sue agitazioni sono fre­quenti ma sempre di carattere passeggero.

Boronkay - Allora è permesso domandarvi se avete o no appetito? Voi non fate una cura dimagrante?

Giuditta   - Per ora sono ancora capace di per­dere con la ginnastica il peso superfluo. Del resto oggi non ho neanche fatto colazione... ho mangiato solo due tartine all'Univer­sità?

Boronk/y  - E che avete da fare voi all'Uni­versità?

Giuditta   - Sono studentessa... cioè lo ero... perchè sono già stata approvata agli esami di laurea in medicina.

Boronkay - Siete dottore? Ma è colossale!

Giuditta   - E chi non è dottore, oggi? (/ due camerieri entrano con le vivande).

Boronkay - (un po' nervoso a Wagner) Sen­tite... noi non abbiamo bisogno di essere serviti. Mettete tutto qui vicino a portata di mano... ci serviremo da noi.

Wagner    - (discreto) Prego... il tatto è la nostra specialità! (/ due camerieri escono).

Boronkay - (offre il piatto a Giuditta) Ser­vitevi !

Giuditta   - Oh che cibi prelibati ci sono qui!

Boronkay - Pesce freddo.

Giuditta   - Posso prenderne uno intero?

Boronkay - Naturale! Voi riabiliterete la poe­sia dei salottini riservati.

Giuditta   - In verità mi rendo conto che as­sumendomi l'impegno di sostituire la mam­ma, ho lanciato la scure in un tronco trop­po grosso per le mie forze.

Boronkay - Vostra madre è una creatura d'ec­cezione, ma voi le assomigliate tanto! (Ver­sa lo champagne a Giuditta).

Giuditta   - Macché! Non le rassomiglio af­fatto! Anzi, siamo due tipi opposti. La mamma è la femminilità in persona... la femminilità emana da lei come la luce da una lampadina elettrica. Di tutto questo in me non vi è nulla... e non voglio neanche che vi sia! Non desidero essere una lampa­dina elettrica per far luce ai fannulloni e agli scavezzacollo! (Boronkay versa) Que­sta insalata è molto invitante! Che cosa avete versato nel mio bicchiere?

Boronkay - Champagne. Vi piace?

Giuditta   - Vi farà ridere. Non ne ho ancora bevuto.

Boronkay - Come mai? In una casa come la vostra?

Giuditta   - Perchè non ho voluto io! Sapete... mi ero messo in testa di finire un certo la­voro all'Università. Dovevo dedicare tutte le mie forze per riuscirvi e siccome sono persuasa che la vita comoda non è precisa­mente quella che spinge a lavorare, ho vis­suto la modesta vita di uno studente che vive con una modesta borsa di studio, ri­nunziando a tutto il superfluo. Non ho be­vuto vino, ho portato vestiti di poco prez­zo... Questo che ho indosso non è mio... è della guardaroba della mamma... e sono sempre andata a piedi all'Università. Se sa­peste quante volte, col cattivo tempo, il babbo mi ha mandato la macchina. Ma io, sotto il mio ombrellone e con le soprascar­pe di gomma sguazzavo nella neve mentre la macchina vuota sbuffava dietro di me.

Boronkay - Avete una grande forza di vo­lontà, voi! Allora siete una donna temibile!

Giuditta   - Non c'è nessun pericolo. Sono forte soltanto con me stessa, non con gli altri.

Boronkay - Ma ora è finita quella vita da fachiro?

Giuditta   - (come se nel suo intimo si stirac­chiasse) Oramai mi è permesso tutto... oramai sono dottore!

Boronkay - Giacché è permesso tutto, brin­diamo al nostro buon cameratismo, perchè anch'io sono dottore. (Bevono) Vorrei chie­dervi qualche cosa se fossi sicuro che non mi giudicate indiscreto.

Giuditta   - Prego, prego! Qui sono seduti due dottori, coi gomiti appoggiati sul tavolo. Esistono argomenti dei quali non po­trebbero parlare?

Boronkay - Vorrei sapere dove scegliete di solito i vostri amici.

Giuditta   - (ride) Io? Fra i giovanotti. Prefe­risco i giovanotti. Le ragazze gracchiano troppo dell'amore. Appena sentono sul loro volto una bocca che ha odore di tabacco credono di aver raggiunto le mete supreme del raziocinio.

Boronkay - E voi, cara collega, siete nemica, per principio, del così detto amore?

Giuditta   - Non ho esperienze pratiche, ma credo che « il così detto amore » deve es­sere una cosa buona... (Beve) Completa una vita umana come il termosifone completa un appartamento bene arredato.

Boronkay - Permettetemi una indiscrezione psicologica. Che cosa farete mia cara col­lega se un giorno vi innamorerete di qual­cuno?

Giuditta   - Farò di tutto per diventare sua il più presto possibile. Parlo abbastanza chia­ro, mio caro collega?

Boronkay - Magnifica sincerità! Siete una de­gna figlia della illuminata epoca moderna. E i giudizi del mondo, non li temete?

Giuditta   - Il mondo risolve con tanta ipo­crisia i problemi sessuali, che non può esi­gere da me che io prenda sul serio i suoi giudizi.

Boronkay - Molto bene! Insomma voi ve ne infischiate di tutto e non temete di nulla e di nessuno!

Giuditta   - È così. Solo il sudiciume mi spa­venta.

Boronkay - Scusatemi... nell'amore che cosa è, secondo voi, il sudiciume?

Giuditta   - La menzogna! La viltà!... La men­zogna che nega quello di cui si dovrebbe essere orgogliosi... l'amore! La viltà che cer­ca di respingere coi modi più ignobili il regalo pù bello della vita,., il figlio!

Boronkay - (un po' imbarazzato) Insomma, l'uomo che amate...

Giuditta   - Deve prendermi per moglie! Sì, signore. Il meno che io possa pretendere da lui è che mi accetti per compagna della sua vita, su un piano di eguaglianza. Per il mo­tivo che mi ama, non è assolutamente ne­cessario che mi consideri come uno straccio da lavare.

Boronkay - Allora in che consiste la diffe­renza tra le concezioni di un tempo e le moderne? Se camminate sulla stessa strada sulla quale camminava vostra nonna...

Giuditta   - La differenza è essenziale. La non­na camminava su questa strada perchè «doveva » farlo, perchè vi era costretta dai pre­giudizi sociali; io, invece, non mi curo dei pregiudizi. Vado « volontariamente » su questa strada perchè questa strada la trovo giusta. Ecco!

Boronkay - È vero che non rassomigliate a vostra madre!

Giuditta   - La mamma? Ora vi dico una cosa. Forse è lo champagne che mi fa essere così sincera... Non sono stata mandata dalla mamma... lei non sa neppure che sono qui. Sono venuta per fare la vostra conoscenza e per potervi chiedere qualche cosa. (La porta si apre senza rumore e dietro il paravento apparisce Vittorio che origlia senza essere visto « per accrescere la sua conoscenza de­gli uomini». Capisce poco del dialogo e lo accompagna con adeguata mimica).

Boronkay - Volete chiedermi qualche cosa? Mai in vita mia ho avuto tanta curiosità come in questo momento!

Giuditta   - Ditemi, voi avete lavorato nell’Oregon all'Istituto Biologico?

Boronkay - Appunto. Per dieci anni.

Giuditta   - Avete conosciuto personalmente il professor Osgood?

Boronkay - Se l'ho conosciuto?... Ero il suo assistente!

Giuditta   - (eccitata) Il suo assistente? Ma allora avete assistito ai suoi magnifici esperimenti, fatti col così detto « osso di vetro »!

Boronkay - Altro che! Vi ho contribuito an­ch'io. Anzi ho costruito io stesso tutto l'apparecchio, naturalmente seguendo le indi­cazioni del professore.

Giuditta   - Su questo argomento io, una sera, ho letto un articolo nel Popular Science e non ho potuto chiudere occhio per tutta la notte... E ditemi, è proprio vero che siete riusciti a produrre i globuli rossi?

Boronkay - Tanti quanti ne vogliamo!

Giuditta   - Magnifico! Colossale! Quante nuo­ve vie si aprono alla scienza!

Boronkay - Vi interessate tanto alla biologia?

Giuditta   - Mi interesso? Vi prego, non mi fate arrossire; Di solito ci si « interessa » per i modelli dei cappellini... ma quando si tratta delle forze magnifiche e misteriose della vita...

Boronkay - Allora vi confido che qui, nel mio laboratorio, ho già ricostruito il così detto «osso di vetro». Se domani mi ono­rerete della vostra visita potrete vederlo.

Giuditta   - Potrò vederlo? Ho paura di do­vermi improvvisamente svegliare e di accor­germi che ho fatto soltanto un bel sogno! (Vittorio che fino a questo momento è rimasto ad origliare con l'orecchio dietro il paravento, ora fa un gesto di delusione e se ne va evitando di far rumore). Però c'è una cosa che non sono ancora riuscita a capire in nessun modo...

Boronkay - Forse riuscirò io a spiegar vela... Riguarda i nostri esperimenti?

Giuditta   - No no, non gli esperimenti... ri­guarda la mamma. (Pausa). Sapete voi chi è la mia mamma?

Boronkay - (con un po' di imbarazzo) Ho delle impressioni un pò vaghe. La nostra conoscenza è troppo recente.

Giuditta   - Allora ve lo dirò io. È una povera bambina infelice... (Dopo breve riflessione). Credo che più o meno tutti gli esseri umani siano bambini... bambini infelici che si di­battono tra gli artigli della caducità come un uccello tra le unghie del gatto. È una lotta disperata... ognuno cerca di combattere la caducità con tutti i mezzi di cui di­spone. Il « Pensatore » di Rodin, la Cupola di San Pietro, Anna Karènina di Tolstoi, il telegrafo senza fili di Marconi... sono al­trettante espressioni di questa ribellione.

Boronkay - (un po' commosso) E quando voi andate all'Università con l'ombrellone e le soprascarpe di gomma, anche quella è una ribellione?

Giuditta   - La povera mamma si ribella se­condo le sue possibilità: col rosso delle labbra, con Yhenné dei capelli, coi mas­saggi... Balla l'eterno ballo della gioventù fino a giorno chiaro, e non osa smettere perchè, poverina, ha paura che quello pos­sa essere il suo ultimo ballo. (Si commuove). Qualche volta sono stata ingiusta con lei... eppure si dovrebbe avere maggiore com­prensione per i grandi bambini i quali, an­che durante la notte, sono inseguiti dal ter­rore di invecchiare.

Boronkay - (dopo una pausa) Avete detto che c'è una cosa che non siete riuscita a ca­pire...

Giuditta   - Non capisco come mai voi, che lavorate nel laboratorio della vita e della morte, non guardiate dalle supreme altezze della vita e della morte questa meschina, triste danza di libellule della bella Titta. Non mi rispondete?

Boronkay - Non so cosa rispondervi. Mi sen­to un po' imbarazzato.

Giuditta   - Confessate che vi vergognate!

Boronkay - Sarebbe inutile negarlo. Si, mi vergogno, molto.

Giuditta   - (persuasiva) Allora, vi prego, in­vece di vergognarvi, dimenticate questa stramba avventura.

Boronkay - E vostra madre?

Giuditta   - Non vi preoccupate per lei! Ha la facoltà di dimenticare prestissimo... come soltanto i bambini sono capaci. (Gli porge la mano)..ÌAi promettete di dimenticarla?

Boronkay - (trattiene la sua mano) Da voi emana una forza pura, luminosa, alla quale è impossibile resistere. Dimenticherò vostra madre, ma tanto più penserò a voi. (Le bacia la mano).

Giuditta   - (ritira la mano. Si alza, dice fred­da) Scusate, così non va bene. La verità è che io ero venuta qui per chiedervi di assumermi come vostra assistente, ma oramai...

Boronkay - Voi, mia assistente?

Giuditta   - ...se per ottenere un posto di assi­stente devo prendere anche il corteggiatore di mia madre, allora rinunzio a tutte e due le cose. No, questo non è per me!

Marcus     - (entra agitato, in vestito da viaggio molto elegante) Sei qui?! E dov'è la mamma?

Giuditta   - Non è venuta a casa?

Marcus     - No, e non è venuta neanche alla stazione. Sono stato al treno di mezzanotte con la signora Jurica. Aspetta, aspetta... ma non s'è vista. Alla fine il treno si è messo in moto, e allora sono corso a casa... Non puoi immaginare che cosa ho dovuto sentirmi dire da Jurica!

Giuditta   - Sicuro che lo immagino!

Marcus     - Anche a casa nessuno l'ha vista... E allora dove può essere?

Boronkay - Di qui è scappata via agitatis-sima...

Wagner    - (entra in fretta) Devo aggiungere un altro coperto?

Marcus     - Per favore, avete visto uscire mia moglie, la signora Marcus?

Magner     - La signora baronessa è uscita una ora fa.

Vittorio    - (che è rimasto sulla soglia) In tassi, prego. Sono andato io a chiamare il tassì.

Marcus     - Con chi era?

Vittorio    - Con Bianche. L'ha accompagnata Bianche.

Marcus     - Sia lodato Iddio! E chi è questa signora ?

Boronkay - La sua madrina di cresima!

Wagner    - No no, chiedo scusa. È un signore, un ballerino di tango!

Giuditta   - Che mascalzone quel Bianche! È un farabutto! Un vero bandito!

Marcus     - Dove sarà andata con quell'uomo?

Vittorio    - Quando il tassì è tornato l'autista ha detto di averli portati in via Viola nu­mero 7...

Marcus     - Che cosa c'è in via Viola numero 7?

Wagner    - (cerca fra i conti del suo portafogli) L'abitazione del signor Bianche.

Boronkay - Ho il dovere di dire che la cosa è molto seria. La baronessa era addirittura esasperata per una lettera che aveva rice­vuta. Era in uno stato d'animo nel quale una donna è capace di tutto. Se è cascata tra le mani di un individuo senza coscien­za...

Giuditta   - Babbo... abbiamo sbagliato!

Marcus     - Hai sbagliato tu! Hai tirato troppo la corda!

Giuditta   - Vado a cercarla... corro... forse ancora...

Marcus     - Tu vai a casa. Hai capito? Almeno tu non devi frequentare di notte le tane degli scapoli! Jurica aspetta fuori in mac­china... ti porterà a casa. In via Viola vado io. È un affare che riguarda me. (Esce in fretta).

Boronkay - (a Giuditta) Vado con lui! (Via).

Giuditta   - Per carità, fate presto! E se avete bisogno di me, io aspetterò nella macchina davanti al portone di via Viola.

Wagner    - (a Vittorio) Non mi piacciono gli uomini onesti! Vengono qui soltanto per fare degli scandali! (Intanto Giuditta si è messa il mantello e vuole uscire, ma Wag­ner le sbarra il passo e le presenta il conto su un piatto).

Giuditta   - Che cos'è?

Wagner    - Il conto.

Giuditta   - Pagherà il babbo... (Via).

CALA LA TELA

ATTO   QUARTO

 Lo studio di pittore di Blanche. Entrata da sinistra. Nel fondo un'ampia vetrata. L'arredamento dà l'impressione dell'improvvisato. Una poltrona a bracciuoli, molto pomposa, è il mobile pia importante: in essa siede sem­pre la modella. Fissati alle pareti, con puntine di legno, schizzi a carbone che rappresentano nudi di donne. Si vede un solo quadro ad olio. Sul cavalletto, in una cornice dorata molto larga, un quadretto della grandezza di un palmo. Un manichino di modella, in gran­dezza naturale, porta la marsina e un gilet bianco e ha in testa un cilindro lucidissimo. In terra dieci o dodici paia di scarpe, nere, gialle, bianche nelle relative forme. Buio com­pleto. Quando il sipario si alza una chiave scatta nella serratura e la porta si apre.

Blanche    - (entra) Scusatemi se vi precedo. Oh!... (Dà un calcio ad una bacinella di latta che gli è davanti ai piedi). Accidenti! (Fa luce). C'è un gran disordine... Naturale!... Non avrei mai osato sperare di rice­vere una visita di tanto riguardo...

Titta         - (È pia pallida del solito. Guarda in­torno) Che odore triste in questa casa...

Blanche    - Hanno imbiancato le scale da qual­che giorno e quelle bestie hanno adoperato una miserabile calce da pochi filler. Del resto qui non rimarrò più per molto tem­po:  la settimana prossima cambio casa.

Titta         - Voi ogni mese cambiate casa?

Blanche    - A Budapest non è facile trovare un'abitazione a modo. I padroni di casa sono troppo gretti, di una meschinità che indigna! (Breve pausa. La conversazione langue. Per rianimarla diventa a un tratto brillante e pieno di cordialità). Oh! che gioia inaspettata! Finalmente la bella Titta si è decisa a varcare questa soglia. È proprio vero, è qui, vicino a me! Se sapeste quanto ho sognato questo momento! Oh come sono felice! Anche voi siete felice, non è vero?

Titta         - (fredda) Si capisce.

Blanche    - Non volete togliervi il mantello?

Titta         - Perchè fa tanto freddo qui dentro? Fuori la notte è così tiepida che sembra quasi estate.

Blanche    - Perchè la stanza è esposta a setten­trione. D'estate è una cantina, d'inverno...

Titta         - (siede nella poltrona a bracciuoli. Rab brividisce) ... una vera ghiacciaial

Bianche    - (con uno slancio) Oh cara! Oh te­soro! (Fa per baciarla).

Titta         - (nervosa) No no... ora no! (Pia gen­tile) Più tardi, più tardi...

Blanche    - (sincero) Come preferite! Me lo direte voi quando avrete lo stato d'animo...

Titta         - Dunque, voi vorreste che io diven­tassi la vostra amante?

Blanche    - E non è per questo che siete ve­nuta?

Titta         - (con indifferenza) Si si... però vi av­verto che non diventerò mai vostra moglie.

Blanche    - (irriflessivo) Se fosse Tunica cosa che mi preoccupa... (Riprendendosi). Cioè... volevo dire... si capisce che per me sarebbe  un grande onore e un'immensa felicità se portaste il nome di Bianche. Ma, da gen­tiluomo, non posso chiedervi di dividere con me un avvenire incerto... Sarebbe un salto nel buio, un salto fatale...

Titta         - (seguendo il suo pensiero) Non si sposa un rubinetto del gas...

Blanche    - Cosa dite?

Titta         - Nulla nulla, non ci fate caso.

Blanche    - Beh! allora vi dirò io come mi figuro l'avvenire... (Si inginocchia davanti a lei, cinge con le braccia la poltrona per abbracciare Titta e fa per baciarla).

Titta         - (mette il palmo della mano sulla bocca di Bianche e lo allontana) Che andate par­lando di avvenire? Non esiste un avvenire! L'avvenire si è frantumato... tutto è ridotto in frantumi... il matrimonio, la vita, il fu­turo... Ma io divorzierò da quell'uomo!

Blanche    - (si alza di scatto) Come? Divor­ziare? Macché! A quale scopo?

Titta         - « Devo » divorziare! Non c'è altra soluzione I Mi ha trattata in un modo così vile, così spietato... Domani gli telegrafo che ho passato la notte in casa vostra... e allora vedremo se rifiuterà il consenso.

Bianche    - Titta... che vi salta in mente! Sa­rebbe una vera pazzia! Significherebbe gua­stare tutto. Ora siete troppo agitata ed è mio dovere riflettere anche per voi. (Ricordatevi della vostra famiglia... voi non avete un patrimonio personale... vostro padre, non è vero?... era un modesto impiegato... Voi invece siete abituata al lusso... siete una donna di lusso... Grandi tolette, auto­mobili, soggiorni in luoghi alla moda... Senza tutta questa cornice, non sareste la famosa bella Titta,.. E questa cornice ve la può offrire soltanto un uomo ricco come Marcus...

Titta         - Se avessi voluto rimanere con mio marito a che scopo sarei venuta qui?

Bianche    - Matrimonio e amore sono due cose diverse. Il matrimonio rappresenta i giorni feriali, l'amore è la festa... Voi continuerete a vivere la vostra vita abituale, ma avrete un rifugio segreto... un castello incantato... la dimora delle fate, dove potrete ritirarvi per un pomeriggio quando sarete stanca ed annoiata dei giorni feriali. Per voi Mar­cus è l'uomo più adatto.», un marito che non è geloso. Dove potreste trovare in que­sto basso mondo un altro uomo simile a lui? Se non lo aizzate di proposito non avrete nessuna seccatura e potremo essere vera­mente molto felici... (Allarga le braccia) ...tutti e tre.

Titta         - (guarda intorno) E questo sarebbe il castello incantato?

Bianche    - No no... non questo! Metteremo su assieme uno studio da pittore... moder­no, con dei mobili di metallo tubolare e rilluminazione a neon. E creeremo così una degna cornice alla vostra bellezza. (Breve pausa. Persuasivo). Ditemi, cara, perchè volete divorziale proprio adesso? Fi­no ad oggi non ci avevate mai pensato!

 Titto        - Fino ad oggi non ho mai tradito mio marito.

Bianche    - (con l'aria di chi la sa lunga) Ma no, ma no... ma no...

Titto         - (asciutta) Ma si! Se ve lo dico io!

Bianche    - (bruscamente richiamato all'ordine) Allora... se lo dite voi... Però io vi amavo veramente e adesso sento di amarvi anche di più. (Con premura) Avete ancora freddo?

Titta         - Sentite, Bianche... io non voglio in­gannarvi ma oggi dovete essere così buono e così gentile da lasciarmi tornare a casa. Cioè non a casa perchè io non ho più una casa... Andrò a dormire da mia sorella... Ho avuto una giornata terribile, sono stanca e triste... la mia compagnia non vi darebbe nessuna gioia. Tornerò un'altra volta e vi avvertirò in tempo... Va bene?

Blanche    - Potete fare quello che volete... oggi e sempre... Tenetelo bene a mente: voi comandate ed io vi ubbidisco.

Titta         - E non mi serberete rancore?

Bianche    - Di nulla, mai, vi serberò rancore.

Titta         - Siete un bravo ragazzo, Freddy... Ba­ciatemi qui, sulla fronte...

Bianche    - Con piacere! (Le sfiora appena la fronte). Vedete come sono ubbidiente? Eppure riesco appena a frenare la mia pas­sione... Di me voi potete fare ciò che volete.

Titta         - Grazie. (Si alza per avviarsi).

Bianche    - Vi accompagnerò io... ma più tar­di. Rimanete ancora qualche minuto. Chiac­chieriamo un po'. Non temete, non teme­te... soltanto come due buoni amici. Volete una sigaretta? (Le offre un piccolo pac­chetto di sigarette comuni).

Titta         - (guarda la sigaretta. La allontana con un gesto. Prende dalla sua borsetta un pic­colo portasigarette di smalto, offre a Bian­che, accendono entrambi) E allora chiac­chieriamo.

Blanche    - Da ora in poi saremo un'anima sola... non è vero? Non dovremo più avere segreti uno per l'altro, perchè la sfiducia avvelena l'amicizia. Ecco... io ora vi farò una confidenza... molto... molto delicata... e avrete così la prova della fiducia illimi­tata che mi ispirate.,, e saprete fino a che punto io valuti la superiorità del vostro spirito. Purtroppo mi trovo in una situa­zione critica... potrei dire anzi in una si­tuazione catastrofica. Avrei preferito confi­darmi a voi più tardi e non la prima volta che ci incontriamo qui... ma la cosa non ammette proroghe, perchè domani ne ab­biamo già 14. Ecco, ascoltatemi bene... Do­mani a mezzogiorno o mi rompo il collo, e allora tutto è finito... o non mi rompo il collo e allora potrei cominciare una nuova vita. È una situazione nella quale chiunque può trovarsi... (Dopo una breve pausa peno­sa, perchè Titta tace). Avete indovinato! Si tratta di denaro, di molto denaro. S'intende che anche il «molto » ha un valore rela­tivo... Quello che per me è tanto per un altro può essere poco.

Titta         - Scusate, Freddy, perchè mi parlate di cose così tristi e noiose?

Blanche    - (amaro) Noiose? Per voi saranno noiose... ma per me sono questioni di vita o di morte... o quasi! Comprendetemi vi prego... ho tempo per pagare fino a domani a mezzogiorno... e se non pago sotto i miei piedi si spalancherà un abisso... e precipi­terò nel nulla... e non mi vedrete mai più!

Titta         - Se la situazione è così piena di perì­coli, pagate!

Blanche    - Pagare?! Oh come si vede che non conoscete la vita. Non avete neanche un'idea di come la vita possa essere spie­tata... feroce!... Vedete, io vi parlo francamente... metto a nudo la mia anima e vi prego di credere alla mia sincerità... Ho pensato che soltanto voi avreste potuto de­cidere se è assolutamente necessario che io finisca... o se vale la pena di salvare la mia vita... Salvarla per voi! Lo so, cara, che il mio gioco è terribilmente rischioso... e se non siete quella donna superiore... come vi ho sempre giudicata... può darsi che in questo momento pensiate che io sono un triste figuro che vuole spillarvi dei quat­trini!

Titta         - (fredda) C'è di mezzo il codice pe­nale?

Blanche    - Non capisco che cosa intendete dire.

Titta         - Insomma... se non pagate vi mettono in prigione?

Blanche    - (melodrammatico) In prigione, io? Mai! C'è sempre una pallottola per salvare il disonore! E poi... al mondo esiste ancora l'America !

Titta         - Sentite, amico mio... voi davvero mi ispirate molta compassione. Ma io non ho quattrini, non ne ho mai avuti... tutte le mie spese le ha sempre pagate André.

Blanche    - Capisco, capisco. Ma André ha sempre fatto quello che voi volete... (Pau­se?). Perchè tacete? ditemi... a che cosa pen­sate adesso?

Titta         - (a sé stessa) Sono una donna finita !

Blanche    - Che dite mia cara Titta? Come potete dire una cosa simile?

Titta         - Sono finita. Questo vuoto che ho nel cuore, la fredda disperazione che mi circonda, sono la fine. E questa stanza terri­bile, ghiacciata, col suo immenso finestro-ne... e voi, col vostro smoking bianco... an­che questa è la fine! Tutto mi è piombato addosso in un sol colpo, come un brutto sogno. Una volta ho sognato qualche cosa di simile... ho sognato di essere una donna coi capelli bianchi e il volto sfiorito... Da ieri non mi sento più giovane... Dove è andata a finire la mia gioventù? È impos­sibile! Questo è un tradimento! Io non vo­glio invecchiare! Non posso rinunziare alla gioventù!

Blanche    - (sincero) Ma voi siete giovane! La vostra è soltanto una crisi di nervi. Oh! sie­te ancora così lontana dal triste inverno! Avete appena sorpassata la prima gioven­tù... ma per me non ha nessuna importan­za... anzi... la poesia dell'autunno mi attira e mi dà le vertigini... la primavera non mi interessa... il maggio col suo volto rubicon­do che sfolgora nel sole, è sciocco e banale! Quanto è più interessante il settembre coi suoi fermenti... i suoi misteri svelati... il suo amore avido... Vedete, io adoro quella sottile trama intorna ai vostri occhi: sono i primi segni della piena maturità... (Titta volge il capo altrove e si asciuga gli occhi. Domanda stupidamente) Che avete? Perchè piangete?

Titta         - Dove è andata a finire la mia bal­danza?

Blanche    - Non vorrei che mi aveste frain­teso...

Titta         - (non lo ascolta) Due volte nella mia vita sono stata offesa: una volta, molto tempo fa, qualcuno mi offrì del denaro per­chè lo amassi... Danaro per amore! Ora si chiede a me del denaro... Amore per de­naro! Ecco... questa è la fine!

Blanche    - Vi ripeto che avete frainteso! Amo­re e denaro per me sono due cose completamente indipendenti.

Titta         - Che altro posso aspettarmi adesso? Di giorno in giorno tutto diverrà più buio intorno a me, più freddo, e io rimarrò sola.

Blanche    - Ma che sola! Io non vi lascerò mai! Anche quando avrete veramente i capelli bianchi e le rughe sul volto, non sentirete il freddo della vecchiaia perchè vi sarò sem­pre vicino e vi scalderò col fuoco del mio amore.

Titta         - (guarda intorno. Scrolla il capo) Po­vero Freddy!

Blanche    - Perchè mi umiliate? (Tende l'orec­chio verso la porta) L'ascensore si è fer­mato sul pianerottolo! Qui! (Con paura im­provvisa). La porta! (Fa un balzo verso la porta per chiudere a chiave ma ormai è tardi). Sensazionale!

Marcus     - (entra in fretta e si guarda intorno col viso sconvolto) È qui!

Boronkay - Sangue freddo, maestro, sangue freddo!

Titta         - (la quale ha guardato sbigottita Mar­cus) Ah! allora sei venuto... sei venuto per godere l'opera tua! Ecco... guarda bene dove è andata a finire tua moglie! In una stamberga con un giovinastro accanto. Tut­ta opera tua!

Blanche    - (con aria di dignità offesa) Prego, io non sono un giovinastro!

Titta         - Sappi che da questo momento non voglio più saperne di te. Però esigo una spiegazione ed è tuo dovere darmela: vor­rei sapere che cosa ho fatto perchè tu, con lo scandalo di Jurica mi rendessi lo zimbello di tutti I...

Marcus     - Che scandalo e scandalo! Non è stata che una insipida trovata di Giuditta! Ma ora non si tratta di questo.

Titta         - Sicuro che si tratta di questo! Soltanto di questo! Gli salta il ticchio e se ne fugge in Italia con la mia migliore amica, pian­tandomi qui sola, esposta alla derisione del­l'intera città. C'è da impazzire!

Marcus     - (la prende per un polso e la tira da­vanti a sé) Voglio sapere che cosa sei ve­nuta a fare in questo posto?

Titta         - Quando una donna è stata così offesa nei suoi sentimenti più sacri,..

 Marcus    - Non dire schiocchezze! Rispondimi: perchè sei venuta qui?

Titta         - (a Boronkay) È capace perfino di pic­chiarmi!

Marcus     - Arriverei in ritardo. Avrei dovuto bastonarti dal primo giorno del nostro ma­trimonio. Però non è escluso che lo faccia se non mi dici subito che cosa sei venuta a cercare qui.

Blanche    - (che finora si è tenuto in fondo os­servando tutto, ora ad un tratto, per una improvvisa decisione presa, fa schioccare le dita e come farebbe un giocatore di bac-carat, si decide a tirare sul sette) Prego... ve lo dirò io. Vi spiegherò tutto... Sono stato io ad invitare qui la baronessa... per­chè sono un pittore... volevo farle il ritrat­to... L'ho invitata qui per chiederle un an­ticipo... Si... ho bisogno di denaro... perchè se per domani a mezzogiorno non faccio fronte ai miei impegni devo bruciarmi le cervella... È una confessione umiliante per un uomo... ma non posso permettere che una signora sia compromessa.... non è vero? Si, lo confermo: le ho chiesto un prestito... anzi ho pregato la baronessa di intervenire presso di voi... perchè so benissimo che siete un uomo di grande linea...

Marcus     - Avete chiesto del denaro?

Blanche    - Se volete posso confermarlo con la mia parola d'onore.

Boronkay - (con ironia) Si può credervi. Mi pare superfluo giungere a queste esagera­zioni.

Marcus     - Quanto? (Blanche prende un foglio dal suo portafogli e lo consegna. La mano gli trema. Marcus guarda il foglio, cava fuori un mucchio di biglietti di banca dal suo portafoglio e li getta davanti a Blan­che). Così non potrete mai dire che la baronessa Marcus è venuta a casa vostra a mani vuote!

Blanche    - (sollevato) Naturalmente resta in­teso che si tratta soltanto di un prestito...

Marcus     - (gelido) Non è un prestito »** c un prezzo di acquisto. Ho comprato la vostra discrezione.

Blanche    - Ah ah ah!

Marcus     - ...e tenuto conto dell'importo, spero che non vi andrete vantando della visita che vi ho fatto insieme con mia moglie.

Blanche    - Potete contare sul mio...

Marcus     - (con un gesto lo fa tacere) Ora fa­temi il piacere di andarvene.

Blanche    - Come?

Marcus     - Via, via! Levatevi dai piedi!

Blanche    - Posso anche accontentarvi, se vi fa piacere... ma è addirittura un'idea ori­ginale! (Via).

Marcus     - (a Titta) Vieni qua. Hai sentito? Qua, da me. Guardami negli occhi e ri­spondi:   quante volte sei stata da questo signore?

Titta         - Soltanto oggi! Mai prima d'ora.

Marcus     - E quali sono gli appartamenti degli scapoli dove vai di solito?

Titta         - André! Può darsi che io sia una stu­pida, può darsi che sia leggera... ma non credermi l'ultima delle donne!

Marcus     - E se non Io sei, perchè ti comporti come se lo fossi?

Titta         - Mi sono comportata così? E tu, per­chè non mi hai mai detto come dovevo comportarmi? Perchè non ti sei mai occu­pato di me? Perchè non ti sei imposto? Perchè non mi hai detto che cosa volevi? Ma tu non volevi nulla... non mi hai mai presa sul serio! Hai sempre creduto... (A Boronkay) e lo ha detto anche a voi, Boronkay... che io giocassi soltanto con la vita, giocassi con gli uomini... Avevi in me una fiducia cieca... perchè? con quale diritto? Del resto non era fiducia, era soltanto amore della comodità! Mi lasciavi sola perchè avevi bisogno di rimaner solo!

Marcus     - (dopo una pausa) Si, è giusto. Ho sbagliato tutto... ho sbagliato tutto il mio matrimonio! Credevo che la mia fiducia avrebbe risvegliato in te il senso della re­sponsabilità... Supponevo che avresti capito da sola che significa essere madre di una figlia già grande e moglie di un uomo che lavora molto... Mi figuravo che la coscienza di tutto eie avrebbe accresciuto la bontà e la dignità della donna! (Amaro). Bontà! Dignità!... Come riderebbero i tuoi balle­rini di Uganda se mi sentissero!... Insomma il mio metodo è fallito. Va bene! Allora sappi che ora cambio metodo. (Dopo una pausa). Hai la scelta fra due strade: una... te ne vai via... divorziamo. Però lo sai, non è vero?... tua figlia non ti segue... rimane con me.

Titta         - (amara) Certo che lo so... Voi due... Però la figlia spetterebbe alla madre!

Marcus     - E lo dici sul serio di essere stata la madre di tua figlia?

Titta         - (si asciuga gli occhi. Dopo breve pau­sa) Se vi lascio... che farò da sola?

Marcus     - Continuerai a fare quello che hai fatto finora... Così non ti accorgerai della nostra mancanza. (Con un sorriso maligno) Anzi, potresti aprire un bel salotto di brid­ge... sarebbe nella tua linea...

Titta         - (con disgusto) Oh!...

Marcus     - C'è anche una seconda via... rimani con noi... con me e con Giuditta... ma al­lora devi vivere come voglio io.

Titta         - E come vorresti tu?

Marcus     - Prima di tutto darai un addio a questa gioventù creata dai profumi, dai ros­setti, dalle creme. Non andrai in giro mezzo nuda, ma ti comporterai come è dovere di una madre che ha una figlia grande.

Titta         - Che cosa vuoi da me? Che invecchi? Sta tranquillo... è già accaduto! In un'ora non sai quanti anni sono passati! Fatal­mente... irrimediabilmente. Se sapessi come è stanca la mia anima, come è piena di tristezza.

 Marcus    - Voi donne cercate dappertutto la vostra gioventù... dappertutto fuorché do­ve potreste veramente trovarla... eppure non vi è che una sola persona la quale — anche quando sarete nonne — vi vedrà sempre giovani come quando eravate fidanzate vostro marito. E di una illusione simile è capace soltanto il marito... nessun altro!

Titta         - Non voglio rimanere sola! Farò quello che vuoi... e ti farò un dono... rinunziò all'Henne... Chi sa... forse ti regalerò una moglie coi capelli bianchi... Ma... posso es­sere sicura? Mi vedrai sempre come ero da fidanzata?

Blanche    - (apre la porta, si affaccia sulla so­glia) Chiedo scusa... (Entra. Come annunziando e indicando una persona che è fuori). C'è la dottoressa Giuditta Marcus.. (Tutti si voltano a guardare verso la porta aperta).

Marcus     - Le avevo proibito di venire... però ha fatto bene a disubbidirmi!

Boronkay - (con un inchino scherzoso rivolto verso fuori) Saluto in voi la nuova assi­stente dell'Istituto Biologico!

Titta         - (si avvia verso la porta con le braccia aperte) Vieni, vieni Giuditta!... entra... non aver paura... non c'è stato nessun dram­ma... abbiamo soltanto una piccola com­media!

FINE DELLA COMMEDIA