L’ultimo cliente

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L’ultimo cliente

 


di  Mario  Bagnara

Personaggi

Maria Maddalena

Nadir

SABATO,  alcune ore dopo il tramonto

( Nella casa di Maria V.

Da un lato l’accesso.  La porta - chiusa - della stanza di  Maria V. è ben visibile sul fondo, spostata verso il lato opposto. 

Di stretta necessità, nell’ambiente che vediamo, un tavolo -  o una madia - e un ripiano accanto  alla porta della stanza. 

Sul ripiano una piccola pentola di coccio, chiusa da un coperchio, una scodella con cucchiaio, una pagnotta e una brocca.

La scena è vuota: il tempo di  prendere possesso della situazione -  la casa è sobria ma non misera. Poi sentiamo bussare all’uscio.  Più di una volta.  Nessuno risponde.

Entra M.M.  E’ una donna bella,  non più molto giovane.  Ha con sé un cesto che contiene una cena simile a quella già descritta.

Posa il cesto a terra.  Si rivolge a qualcuno che evidentemente  lei sa essere dietro alla  porta chiusa. )

M.M.  -   Maria!                                 ( Non ottiene risposta )

( Scuotendo la testa, ma con l’aria di comprendere, M.M.  va a controllare la cena precedente  che  si trova ancora sul ripiano)

M.M.  -  Com’è possibile, Maria!  Non hai mangiato niente, ma perché? E’ da ieri che… 

( Batte col palmo della mano sulla porta , sempre inutilmente ) 

Io ti ho portato … 

( Sostituisce il cibo del giorno prima con quello che ha nel cestino ) 

Devi nutrirti in qualche modo! Mi ascolti o no? Maria! Stai bene?

(Batte ancora sulla porta )

Qui c’è altra zuppa, e pane fresco. Ti prego!  Almeno un sorso di vino!

(Rinuncia.  Va a posare sul tavolo il cesto con la roba che ha appena ritirata.  Torna verso la porta, cambia tattica )

Oppure dimmi la ragione, di questo digiuno e del silenzio! E’ una protesta? Una protesta contro chi?

(Appoggia la schiena alla porta chiusa.  Si lascia scivolare a terra. Nonostante l’ intenzione di non cedere, piange )

Credi che io non la soffra, la sua morte? So che non è la stessa cosa, tu sei la madre, e io di figli non ne ho, ma anch’io lo amavo, e forse …

(Batte, col pugno, sulla porta. )

… anche più di te,  Maria!  Dal giorno stesso in cui…

(Si interrompe, reagisce, si asciuga le lacrime con rabbia.  Si alza. )  

Maria, non si può fare così! Neppure i momenti dello strazio, di agnello innocente, tutti gli agnelli sono Dio, niente lo ha indotto a rinnegare le promesse sulle quali si è impegnato!  Vuoi farlo tu adesso?  O questo tuo comportamento che vuol dire? Ce l’hai con me? Sia tu sia io, gli uomini no,  eravamo là, a condividere la sua agonìa fino alla fine, nessuno si cura delle donne, se ne infischiavano i soldati come i giudici, per piangere i morti siamo gli esseri ideali! 

(Compare  nadir,  molto elegante)

NADIR  -  (parlando a parte) Cerchiamo di essere un po’ più… circostanziati, dico bene? (indica m.m.)   Si riferiva ad un uomo. Quell’uomo è stato giustiziato ieri pomeriggio. Io, che pure ho motivi indiscutibili per definirlo mio rivale, dirò che: primo, è morto innocente - nessuna malizia né azione oggettivamente grave potevano essergli addebitate; ma, ragioni di natura politica, anche se politicamente stupide, hanno indotto i suoi giudici a volerlo morto, in forma esemplare, cioè crudele.  In vario modo argomentata. Definendolo, al solito, un potenziale sovversivo, mentre lui non rappresentava in verità nessun pericolo per l’ordine pubblico e tanto meno per lo Stato. Tutte balle.  Terzo, si è ritenuto conveniente che la sua morte facesse spettacolo.  Il che l’ha resa in ogni suo particolare ancora più esecrabile.  Ma, ciò premesso, siccome per essere legittima la verità va riferita per intero, bisogna aggiungere che  lui, dall’inizio alla fine del processo, non ha nemmeno provato a difendersi:  non ha avanzato una sola richiesta, né di attenuante né di giustificazione a sua discolpa. Va pertanto riferito o quanto meno sospettato che, a sua volta, più che cercare di evitare quella morte,  ha fatto in modo che ottenesse, come ha avuto, la più vasta risonanza possibile.

(Si ritira)

 

 (m.m. batte ancora la mano sulla porta di maria v.) 

 

M.M.  -  Hai detto qualcosa? Ho sentito… 

(Va ad appoggiarsi alla porta. Non sente nulla.  Le viene un dubbio e fa qualche passo verso l’ingresso della casa )

 

C’è qualcuno?   ( Alza la voce )  Chi è? 

(Torna indietro.  Sposta una sedia accanto al tavolo, si serve e comincia a mangiare-  sempre parlando a maria v.)

M.M.  -  Guarda che io ti sono grata. Non credo che fosse molto facile, per te, però tu mi hai dato -  io lo notavo -  il tuo rispetto. Nessuno degli altri era così:  abituati alle femmine passive, e timorati del dio maschio, che lui mi tenesse al loro medesimo livello non gli  stava proprio bene. Sai quante volte mi hanno detto: pensiamo noi ad aiutarlo in quel che fa,  perché non prendi il buon esempio da sua madre, vedi com’è riservata e senza la minima pretesa? Ma ciò che io, nella mia vita, ho avuto occasione di imparare, a loro mancava, e lo sapevano. E aggiungi che gli uomini, io, capirai, li ho conosciuti  bene.   Avere la chiave delle loro debolezze significa più che aver studiato. Vendevo il mio corpo, ma le loro confidenze erano gratis.  E le tenevo sempre a mente.

(Compare ancora nadir, come sopra)

NADIR  -   Conobbi sua madre.  Non era una donna fortunata, ricalcò semplicemente  il suo destino. Scelse per sé  l’uomo peggiore, che quando lei rimase incinta,  la lasciò. Io feci in modo che né a lei né alla bambina mancasse lo stretto necessario. Sia chiaro però che non agivo per buon cuore.   La madre morì abbastanza giovane.  Lei (indicando m.m.) ebbe modo di incontrarmi in casa sua una volta sola, di sfuggita.  Aveva un’immagine di me molto infantile, idealizzata di riflesso.  Tenne, in quei brevi momenti, un comportamento trattenuto, soltanto io  potevo leggerle negli occhi che aveva attitudini un po’ più complesse di una generica innocenza.  Le feci un sorriso, una carezza sui capelli, quel giorno però non le parlai, non era ancora il mio momento. Quando iniziò a fare il mestiere della meretrice, perché non tendesse a scivolare troppo in basso, le procurai - a sua insaputa - un buon livello di frequentatori. Intelligente di natura, riuscì a sfruttare quei rapporti anche traendone l’arricchimento di una certa cultura personale. E quanto alla cura del suo corpo, volli per lei mani sapienti e i migliori prodotti di bellezza disponibili -  pagavo io la differenza e istruivo a dovere le persone. Quando fu il tempo, usai un amico suo cliente come  tramite, perché volevo che a cercarmi fosse lei. Non fu, non poteva essere amore a muovere me,  sul che non intendo dilungarmi, unicamente precisare che per motivi a  parer mio discutibili l’autentico amore mi è negato; perciò mi occorreva che fosse lei a innamorarsi di me.  Mi muoveva l’orgoglio, e l’orgoglio, che mi viene attribuito un po’ da tutti, è uno stimolo forte alla rivalità. Puoi ad esempio, per orgoglio, non rinunciare ad  una guerra pur avendola perduta, sperando che almeno qualche singola battaglia si risolva a tuo favore. Per me, lei,  era questo.  Ho avuto l’amore dei suoi sensi,  non quello dell’anima, che invece è spettato tutto a lui. Cioè al mio rivale. Perciò la sua morte mi danneggia. In lei memoria, alleandosi al cuore, non rinuncia a pensare ancora a lui come se fosse ancora vivo. Io avrei di gran lunga preferito che i suoi giudici si dimostrassero più furbi, e che, banalmente, lo assolvessero. Quell’uomo andava ridimensionato, non ucciso. Averlo voluto condannare è stato un errore madornale.     (Si  ritira)

M.M.  -  (sempre parlando a maria v.)   Il più lo imparavo dai clienti meno onesti: capivo il bene interpretando alla rovescia il male e ciò mi rendeva almeno possibile sognare. Ma niente, mai, mi aveva lasciato immaginare il mondo assoluto di bellezza che ho trovato nello sguardo di tuo figlio. Mi leggeva, lui me, fino in fondo, e io  in me stessa percepivo quella sua lettura, di tutte le colpe, le sporcizie  e le vigliaccherie, le corruzioni, una per una, e le paure più angosciose che erano state la mia vita. Lui non mi fece alcun rimprovero. Però c’era un velo in quello sguardo, che mi voleva incoraggiare alla liberazione: invitarmi a percorrere lo stesso cammino di lettura, perché potessimo incontrarci - e riconoscerci - in profondità.  Come poi, in effetti,  è avvenuto.  

 

(Fa una pausa.  Beve un sorso di vino. Si alza.  Torna  verso la porta chiusa )   

Io sono qui perché speravo di tenerti compagnia.  O forse che tu mi consolassi. O mi sgridassi, rammentandomi le sue promesse. Io ho sempre avuto il desiderio di parlarti. Mille domande da rivolgerti. Ma tu ti tenevi…  Lo so, è stato lui che ti ha lasciato.  Aveva il suo compito, spiegare se stesso, il suo messaggio - ora l’ha fatto. Amava te, amava me, amava tutti - perché non dovremmo sostenerci?  

( Non ottiene risposta. ) 

Insomma, sai bene che tuo figlio mi ha accettata. Per lunghi mesi. Bellissimi.  Sempre al suo fianco. Lui dava peso a tutto quello che dicevo. Come nessuno ha fatto mai. Io liberandomi delle mie angosce, di tutti i diavoli che mi erano entrati nella vita, con tutta la rabbia che ho vissuto per le infelicità di mia madre, e per non avere mai potuto amare un padre. E’ stato questo, per me, tuo figlio. Avevo un primato di attenzioni, anche rispetto ai suoi amici. Io, benché donna. E l’ho seguito. Ovunque volesse predicare. Eppure ti giuro era un buon figlio anche se tu da quel momento lo vedevi di rado. Lo sai quante volte mi ha parlato della vostra vita?  Ora ti faccio la domanda:  perché non sei stata gelosa di me?  Ero una peccatrice pubblica.  Ho smesso di esserlo, per amor suo, però lo sono stata. Perché tu sei l’unica  a non averlo messo in guardia nei miei confronti? L’unica  a fingere, con tutti e con me, che io fossi una donna irreprensibile? E’ vero che lui, le decisioni, specie le più pericolose, le ha prese sempre in solitudine.  Ma tu, sua madre, vedendo una donna come me che lo esponeva a tante critiche, sempre al suo fianco, avresti potuto detestarmi. O diffidare, quanto meno. Per me era come se mi amassi. Sì che mi illudo volentieri, in queste cose, ma… ci giurerei, che più di una volta mi hai difesa. Io, figuriamoci, lo apprezzo, però mi è difficile capirlo.  Ieri, perfino, ancora ieri, nei passaggi più terribili, di fronte al suo sangue, alla sua morte, qualunque rimprovero mi avessi mosso in quei momenti, avrei capito. In cambio di questo tuo silenzio, adesso, lo preferirei. Potrei difendermi - sfogarmi! Il peso sul cuore, che mi sento, come lo posso ulteriormente sopportare, se non dividendolo con te? Come potrei credere ancora nelle sue promesse, ora che è morto e seppellito,  se tu non mi dici apertamente che la prima a crederci … sei tu? 

(Batte la mano sulla porta. ) 

Apri la porta e dimmelo, soltanto questo, e poi, se vuoi,  torna a rinchiuderti - che intanto io non me ne vado. E a te si raffredda inutilmente la minestra. Maria!  

(Scuote la testa.  Sparecchia il tavolo, mettendo tutto nel cestino, dal quale ha già estratto l’occorrente per ciò che si accinge a fare. )

(Appare ancora, come già prima, nadir)

NADIR  -  La prima volta che mi accolse, mi fu totalmente sottomessa. Si presentò truccata al massimo della bellezza, gli occhi ombreggiati più del solito, mi offrì da bere, pensò unicamente al mio benessere. Sorrise molto e parlò poco. Rispetto a quando era bambina, io riconobbi una misura ancora intatta della sua curiosità.  Fu poi,  nel corso degli incontri successivi,  che avvenne la  trasformazione. La sua dedizione diventò, da compiacente,  compiaciuta. Il punto di massima complicità di quel rapporto fu quando lei mi disse che, finché mi avesse avuto, non avrebbe accettato altri clienti. Ma nel momento che sembrava il migliore era invece iniziato il distacco. Quell’uomo insidiandole direttamente l’anima era riuscito già a sedurla. Lasciare tutti i suoi clienti era soltanto il primo passo. Non passò ancora molto tempo e abbandonò anche me, di giorno e di notte seguì lui. Forse perché più di chiunque, e più di me, aveva guarito le sue ansie portandola a credere in se stessa. Credo che questa, soprattutto, sia stata la sua felicità. Io so benissimo che era felice  quell’unione. Lui ne ebbe in cambio un’assoluta fedeltà. L’unica, fra i tanti che allora lo seguivano, lo avete sentito, che è ancora tentata di non credere all’evidenza della morte. Vi dico se io, se questa sera non la convinco a distaccarsene,  avrò perso ben altro che una prostituta.       (Si ritira)

M.M.  -   (sempre parlando a maria v.  attraverso la porta)   Sai quale è stata la cosa più utile ai cattivi umori che ho imparato da mia madre?  In cui riversava le sue ansie,  le sue rabbie,  le aspettative più improbabili? C’erano giorni che mia madre sfogava incredibili energie nell’impastare il pane.  Io ne ridevo. Quando fui alta a sufficienza, mi autorizzò a collaborare a fianco a lei. Così insegnandomi non solo a farlo, ma a trarne i medesimi vantaggi. E adesso io passerò il tempo facendo il pane in casa tua. E tu lì dietro, silenziosa ma presente, sarai per me come se fossi anche mia madre. Se non ti va, vieni fuori, impediscilo.  Non voglio  dormire nella notte più importante che mi resta nella vita. So che ci sono delle guardie a sorvegliare la sua tomba,  loro hanno detto per proteggerlo dagli esaltati, ma  io ci andrò, prima che faccia giorno, porterò tutto il necessario per occuparmi del suo corpo, unguenti, mirra, saranno il mio lasciapassare, ma non abbandono la speranza finché il terzo giorno non sarà compiuto, e se tu dici, e tu  lo sai da quando è nato come stavano le cose, se esci di lì e mi dici no, non è speranza ma certezza,  perché fondata su parole indiscutibili quanto lo è l’Onnipotente,  allora anch’io dirò certezza  di quanto avverrà fra poche ore!  

(Appoggia, stavolta senza batterla, la mano alla porta)

Ma se tu, che sai tutto, se taci…

(Ancora una volta sente un rumore)

Chi è là?  C’è qualcuno?                    (Si dirige verso l’ingresso)

(Entra  nadir.  m.m.  ne resta intimidita)

M.M.  -  Voi, signore?

NADIR  -  Signore?  Non avevamo concordato che per te mi chiamavo Nadir? Almeno quel nome, lo ricorderai.

M.M.  -   Certo.  E l’ho usato finché… ma erano altre circostanze. Chi vi ha detto che ero qui? (L’uomo sorride, fa un gesto vago, non risponde)  Cosa volete, a quest’ora?

NADIR  -  Parlare con te.

M.M.  -  Un’altra volta.

NADIR  -  No. Adesso.

M.M.  -  Non è casa mia. 

NADIR  -  Sì, lo so. 

M.M.  -  (accennando alla porta chiusa)  Non siamo noi soli.

NADIR  -  Lo so.

 M.M.  -  E io non voglio che lei senta , qualunque cosa mi dobbiate dire 

M.M.  -  Allora usciamo.

M.M.  -   Uscire? E’ notte.

NADIR  -  E con ciò?  Non era di notte, che splendevi?

M.M.  -   (Indica ancora la porta)  Vi prego. Abbassate la voce. 

NADIR  -   Oh, senti, a me non è sembrato che di te le importasse qualcosa.

M.M.  -  Stavate a spiarmi?

NADIR  -   Ad ascoltare. E adesso tu ascolterai me.

M.M.  -    Se non mi sentissi? O non volessi?

NADIR  -    Vuoi dire che mi hai dimenticato?

M.M.  -  Nossignore.

NADIR  -  Hai forse qualcosa da rimproverarmi?

M.M.  -  No.

NADIR  -  Sono stato un cliente… sgradevole?

M.M. -  No.

NADIR  -   Ero e ti sono… indifferente, come gli altri?

M.M.  -  Ancora no. Ma che voi foste, o non mi foste, indifferente, è inutile adesso che…

NADIR  -  (interrompendola)  No, non lo dire.  Ti sbagli. Il tempo non conta.

M.M.  -  Conta che io, sono cambiata.

NADIR  -  Sì.  (Non le dà peso, ride appena)  Ovvero, so quello che ho saputo. Voci che… parlano. Per l’esattezza… che sparlavano, di te. Ma quando eravamo in… armonìa, mi pare che avessimo - io e te - un affiatamento che valeva ben più delle meschinità; e che il tuo apprezzamento per me andasse… al di là delle normali prestazioni di mestiere.

M.M.  -  (Sorride a sua volta)  E’ questo allora che vi preme? Volete sentirlo confermato? Vi trovavo attraente, è la verità.  Non è consueto, non lo è davvero, per un rapporto a pagamento. Stupiva anche me. O più esattamente, era il mio corpo che ogni volta se ne sorprendeva.

NADIR  -  E poi?

M.M.  -  E poi nulla.  Ho smesso di fare quella vita.

NADIR  - Ma hai smesso quella  per viverne un’altra che …

M.M.  -  Ben differente!

NADIR  -  Sì, non offenderti: molto  diversa - un’illusione.

M.M.  -   No! Lui non era un’illusione. Era più in alto. Perciò noi dal basso lo amavamo, e i presuntuosi lo temevano.

NADIR  -  Dolore, amarezza, io li rispetto, e se il mio compianto può esserti utile lo avrai, ma il tuo sole si è spento, la morte è la morte, amica mia. Io, che non ti ho dimenticato, eccomi qua. So che vivi un momento difficile, e se l’amicizia si misura in questi casi…

M.M.  - O nei momenti più opportuni. Lasciatemi dire, non mi pare che abbiate molto pazientato.

NADIR  -  Anzi.  All’estremo del possibile.

M.M.  -  E’ morto ieri.

NADIR  -  Ho atteso un giorno.

M.M.  -  Se la morte è la morte, e soprattutto, come avete appena detto, se non ha domani, vale ben più che il dolore di un giorno. Oppure credete che io l’abbia già dimenticato?

NADIR  -  No. No di certo. Il problema è più semplice, il fatto è che io non posso attendere più di così.

M.M.  -  Affari importanti?

NADIR  -  Affari.

M.M.  -  E allora andate, con me perderete il tempo e il sonno.

NADIR  -  Giudico io, se mi conviene oppure no.

M.M.  -  Non sono più la stessa donna.  E non mi interessa tornare al mestiere che facevo.

NADIR  - E io ti ho proposto di riprenderlo? Direi di no.

M.M.  -  (innervosita)  Non ho proposte da ascoltare, mi dispiace.

(Prepara tutto sul tavolo per cominciare a fare il pane)

NADIR  -  Adesso che fai?

M.M.  -  Pane,  che poi porterò a cuocere.

NADIR  -  (irritandosi a sua volta)  Vorrei che ascoltassi quel che dico. E quella donna, chiusa  là, nell’altra stanza, non si è degnata di risponderti una volta sola.  (Le afferra un braccio)   Prova a comprendere il  perché.

M.M.  -  Lasciatemi il braccio. 

NADIR  -  (lasciandola)  Ascoltami,  invece che impastare.

M.M.  -  Vi ascolterò - mio malgrado, anche facendo un’altra cosa. Perché no?

NADIR  -  Perché infastidisce chi ti parla seriamente e in questo caso irrita me.

M.M.  -  Il pane?

NADIR  -  Sì, forse.

M.M.  -  Calmava mia madre e io le assomiglio. Voi che l’avete conosciuta lo sapete.  Se vi disturba non guardatemi. Quello che ho dentro, e che mi sento, ha urgente bisogno di uno sfogo.

NADIR  -  Giusto.  E - mi pare - non sei l’unica.  (Indica ancora la porta chiusa)

M.M. -  Soffre.  Un dolore impenetrabile.

NADIR  -  Soffre una morte incomprensibile, mia cara.  Ma il suo dolore non lo è. Nessuna madre può accettare per un figlio la sorte che è stata riservata al suo.

M.M. -  Perché ne parlate?

NADIR  - Non puoi rinunciare alla tua vita per amore di qualcuno che ora è morto. O accontentarti di rimpiangerlo.  Ancora non sai  quello che io ti vengo a offrire.

M.M.  -  E cosa mi offrite, che sia tanto imprevedibile, o speciale, da indurre una donna una zuccona come me a cambiare idea? Mi conoscete così poco?

NADIR  -  Decidilo tu, quanto sarebbe imprevedibile o speciale una vita più facile e  agiata di quella che hai fatto fino a qui.

M.M.  -   Beh, questa è in parte una sorpresa, vi confesso. Pensavo che avreste cominciato dall’amore.

NADIR  -  No. E  tu, se io l’avessi detto, non lo avresti né creduto né gradito.

M.M.  -  Vero.

NADIR  -  Ma in te non mi avevi cancellato, dalla mente né dal cuore.

M.M.  -  Nel cuore non siete mai entrato.  Ero e rimango indipendente.

NADIR  -  E ciò valeva anche con l’uomo per il quale mi hai lasciato?  Pensavo il contrario. Che dentro di te ne fossi schiava.

M.M. -  Schiava?  Se  lui mi ha liberato!

NADIR  -  E oggi?  Ti senti in libertà?  Schiava di un uomo che sapeva conquistare, ma non distinguere il possibile! Voleva di più del mondo intero! E quando mai? Non gli bastava?  Pretendeva tutto! L’aria, gli abissi infiniti che sovrastano! Il cielo! Le stelle!

M.M.  -  Il cuore! Lo spirito! Sapeva quello che voleva, e lo inseguiva!

NADIR  -  Però inseguiva la morte.

M.M.  -    C’è modo e modo, di morire.

NADIR  -  Ma è sempre morire.

M.M.  -  E perché no?

NADIR  -  Perché non doveva! Era innocente!

M.M.  -   Tutti sapevano che era innocente!

NADIR  -  E come può essere grandezza, o libertà, morire innocenti? Me lo spieghi? Lasciarsi tradire, abbandonare dagli amici, cercare una fine così ingiusta senza nemmeno protestare?  Lasciare te disperata, sua madre  (indica)  incapace perfino di gemere, timorosa di esprimere, altro che tacendo, e digiunando, lo strazio dell’anima a vederlo finire così male, vedere il suo sangue gocciolare sulla terra e la sua vita defluire!  Chiedere questo, di accettarlo, ad una madre, in nome di chi? O di che cosa? Della sua e della tua libertà?  E’ questo il buon senso?

M.M.  -  Allora io vi dico questo: quando la nostra relazione, mia con voi, mi aveva … sì, presa, l’ho già ammesso, vi ho giudicato l’uomo più… particolare,  generoso, e importante, fra quanti ne avevo conosciuti;  e sono lietissima  che siate stato, non solo il migliore ma anche l’ultimo dei miei clienti, e  ho sempre apprezzato la passione che mettete nel parlare in certi casi, come adesso.  Io,  ripensandoci, quando rimasi poi attratta dalla novità più straordinaria della mia vita, trovando la forza di tagliare tutto ciò che mi legava la mio passato,  vi ho attribuito anche un’altra facoltà non comune, fui certa che voi, più di chiunque, di me stessa, aveste già  allora presagito l’imminenza del mio incontro con l’unico uomo della Terra che fosse capace di trasformarmi.   Vi dico, non fu una mia illusione, sapevo benissimo ciò che sentivo e credevo e sceglievo.  Lui non mi ha mai, da parte sua, ingannata e nei confronti di me stessa non lo ha permesso neanche a me.   Io lo seguivo, lui predicava, non c’erano spazi certamente per vita comoda, né agiata, eppure io mi entusiasmavo nel superare insieme a  lui quelle difficoltà.

 

NADIR  -  Ma adesso è morto, e questo significa… Ripeto: è morto!

M.M.  -  Le sue parole non lo sono.

NADIR  -  Prendo atto. Tu prendi atto delle mie: io  ti propongo formalmente la sicurezza del futuro, una vita gradevole, il rispetto del mondo. Non sono sposato e non ho figli, come sai,  perciò niente scandali. Il mestiere che hai fatto sarà la migliore giustificazione: per te, che sarai pubblicamente la mia concubina;  per me, di non prenderti per moglie. 

M.M.  -  Certo.

(Continua a impastare, trattenendo altri commenti. I suoi possibili sottintesi non sfuggono a nadir)

NADIR  -  Neppure lui ti ha chiesta in moglie, mi pare.

M.M.  -  No, infatti.

NADIR  -   E tu cosa aspetti, dal futuro?

M.M.  -  Non dipende da me.

NADIR  -   Risposta elusiva. Un po’ remota.

M.M.  -   Tutt’altro. Dalla sua morte, entriamo già nel terzo giorno.

NADIR  -   E questo ha importanza?  Che importanza?

M.M.  -    L’ha per me. 

NADIR  -   Perché?

M.M.  -  Perché. E poi sono io, nel caso a chiedervi perché:  muore l’uomo che ho amato, lo uccidono, e voi non capite le ragioni del mio lutto?

NADIR  -  Un lutto è sempre comprensibile, ma immaginavo che il tuo ultimo cliente avesse qualche privilegio.  Poterti parlare a cuore aperto. Sentirti rispondere senza mentire.

M.M.  -   Volete smentire quel che ho detto?

NADIR  - La tua ragione per attendere non è quel lutto.  Ma la promessa di un’assurdità, che è incompatibile con la ragione, questo è il problema, ed è la promessa che vi ha fatto, di ritornare in mezzo a voi dopo la morte.

 

M.M.  -  Credere a lui non era  solo una questione razionale.

NADIR  -  Certo che no: razionale… un delirio? Ma tutti quelli che lo amavano,  eccettuata te,  e ne subivano anche il  fascino, palesemente, si sono piegati alla realtà della sua fine.  Hanno capito che morivano con lui le loro speranze, non so quanto ingenue, ma infondate. E ora ne temono le conseguenze.  Non credono più a quello che ha detto.

M.M.  -  Forse non ci hanno mai creduto.

NADIR  -  E tu?  Donna pratica, di loro la più disincantata, nemmeno consideri l’alternativa?

M.M.  -  Sì, la ragione. Il cuore no. E dato che voi mi conoscete così bene, non vedo il motivo di sorprendervi.  Sono impulsiva.

NADIR  -  Sei stata impulsiva anche con me.  Non solo quando mi hai ferito nell’orgoglio abbandonandomi, ma quando hai voluto sottometterti pubblicamente a lui,  di fronte a non so  quanti clienti inconfessati, presenti, e a disagio, in quel  banchetto. Poi, furibondi.

M.M.  -  Non m’importavano.

NADIR  -  Si è visto.

M.M.  -  Temevo che lui, si infastidisse.  Questo sì.

NADIR  -  E perché mai?  Beneficiario di un amore così plateale, poteva non essere gratificato? Colpe più gravi delle tue avrebbero avuto in quel momento il suo perdono.

M.M.  -  Siete geloso?

NADIR  -  Sicuro, avevi incontrato la fortuna, che ero io, denaro, passione, prestigio sociale, l’uomo più ricco dei dintorni, e tu non eri una donna in vendita? Non ero forse il cliente ideale, mettevo dei limiti al tuo prezzo, chiedevo altro che di averti?

M.M.  -  No. Questo è vero.

NADIR  -   E appagavo i tuoi sensi.

M.M.  -  L’ho ammesso.

NADIR  -  Ma ti è bastato incontrarlo, scambiare con lui solo uno sguardo, e tu per seguirlo mi hai lasciato.

M.M.  -  Perché non cercate di capire?

NADIR  -  Cosa:  l’amore?

M.M.  -  Se volete, e se riuscite a non usare la parola con banalità.

NADIR  -  L’amore è sempre una banalità, tranne che per gli interessati.

M.M.  -  No,  esiste solo  per gli interessati.  Questo è il punto.

NADIR  -  Non è così che la pensavano di te i suoi più diretti collaboratori.

M.M.  -  Piccinerie. Insignificanti.

NADIR  -  Non per me. Mi tenevo al corrente.  Ho chiesto ai miei servi di raccogliere e di riferirmi ogni commento a tuo riguardo. Curioso è  che più da vicino provenivano, dalle persone a lui più intime, tanto maggiore era la loro insofferenza.

M.M.  -   Lui non li ha mai assecondati.

NADIR  -  Il coro era univoco su alcuni punti:  dicevano tutti, per esempio, che tu influenzavi il suo pensiero.

M.M.  -  Non era vittima di pregiudizi, e allora ascoltava le opinioni di una donna, ma nessuno, a cominciare da me, avrebbe potuto influenzare le sue convinzioni. Vero il contrario, caso mai: mi era impossibile, non condividere le sue parole.

NADIR  -  E condividere il suo letto?  Anche questa era voce comune.

M.M.  -    Sapete, le voci… sono libere.

NADIR  -  Ecco, ma questa, forse vale una risposta.

M.M.  -   Cioè debbo darvela?

NADIR  -  Pensavo che tu, avresti voluto replicare.

M.M.  -  Lo debbo a lui, non a me stessa.  Dovreste capirlo che, per me, non ho problemi di reputazione.

NADIR  -  Però non mentire.

M.M.  -  E voi non cedete ai pregiudizi.

NADIR   -   Non ne ho.  Salvo che tu, di averlo amato, l’hai già detto.

M.M.  -   Infatti. L’ho amato.

NADIR  -  Con  tutta l’anima.

M.M.  -  Vero.

NADIR  -  Ho più conoscenza del tuo corpo. Desideravi quell’uomo?

M.M.  -   Certo.

NADIR  -  E il suo corpo, desiderava te?  Rispondi  sì  o  no.

M.M.  -  Soltanto lui, potrebbe rispondere sì o no.

NADIR  -   Bene. Supponiamo di sì.

 

M.M.  -  Supponiamo di sì.

NADIR  -  E in base a queste premesse, vedendovi sempre stare insieme, come poteva il vostro prossimo non ritenere che tu fossi la sua donna?

M.M.  -   Io sono stata  la sua donna!  Ma non la sua amante. C’è un abisso. E quell’abisso era fra noi.  Non per dividerci.  Ci univa.

NADIR  -  Fisicamente?

M.M.  -  Anche. Ma non come tutti immaginavano.

NADIR  -  Nessuna morale, credi a me,  potrebbe accettare questa distinzione.

M.M.  -  Oh, ma sarebbe da ridere, un’ex-prostituta moralista.  E poi non era un moralista neanche lui. Lo fosse stato, non si sarebbe accompagnato con me. Né a tante persone… di ogni genere. Perfino a morire, è andato insieme ai malfattori.  E io che lo conoscevo bene ve lo posso garantire,  non si è certo umiliato per questo.  Ciò premesso, non c’è mai stata, nossignore, l’intimità fisica fra lui e me alla quale voi vi riferite. So bene che molti mormoravano di questo, andavano a dirlo anche a sua madre, ma  né avevo io da scapricciarmi, né lui che io sappia ha mai rinunciato alla verginità. Vi sembra incredibile?

NADIR  -  Lo era per tutti. E quanto a me  lo spero,  perché sarebbe almeno in parte una minore umiliazione. Mi sentivo coperto di ridicolo,  a essere stato abbandonato unicamente per motivi spirituali.

M.M.  -  Io non ho avuto l’intenzione di umiliarvi. Né penso che voi lo siate stato. Nessuno si aspetta fedeltà dalle donne che fanno il mio mestiere.

NADIR  -  Non rimprovero te, ma me stesso. Se io ti avessi consentito meno libertà,  forse tu non lo avresti incontrato.

M.M.  -  Ero una donna… libera,  signore.

NADIR  - Non era contrario le tue regole, mescolare l’amore con la professione?

M.M.  - Non l’ho mai fatto. Ma aggiungo che,  sempre, a una donna, fingendo o no, si chiede amore.

NADIR  -  Lui te l’ha chiesto?

M.M.  -  Già lo aveva.

NADIR  -  E tu a lui?

M.M.  -  Io?  Con quale coraggio?  Ma se immaginate, perché è morto, che lui per questo non sia più fra voi e me, lasciatemi dire che era un uomo di natura eccezionale. Un corpo e uno spirito come noi tutti, ma al contrario che in noi, era il suo spirito che prevaleva.  Ancora adesso non mi riesce di convincermi che sia morto del tutto  -  per sempre.

NADIR  -  Perché sei confusa.  Quello che tu chiami lo spirito, era la sua forza vitale. Di quella, tu eri innamorata. Ma si è spenta. Il che ti addolora, ma è così.

M.M.  - Ricordo una cosa che egli ha detto a mio riguardo, anche se non la disse a me. Uno dei suoi, il più geloso, gli ha chiesto:  “ Perché ami lei più di noi? ”  Gli ha risposto:  “ Tu dimmi, piuttosto, perché tutti voi non mi amate quanto mi ama lei? ”

NADIR  -  Sapeva usare le parole.

M.M.  -  Sì.

NADIR  -  Che però non lo hanno salvato.

M.M.  -   Perché non le ha usate, per salvarsi.

NADIR  -  No, infatti.

(Va a prenderle la mano sinistra)

M.M.  -   No, vi prego, lasciatela. E’ sporca di pasta.

NADIR  -  (leggendole la mano) Guarda qui, guarda qui: la linea è chiarissima. Vivrai ancora molti anni. Non puoi seppellirti nella sua memoria.

M.M.  -  Riuscite fare anche magìe?

NADIR  -  Temo di no.

M.M.  -  Sapete, io mi sto chiedendo:  che cosa volete, realmente, da me?

NADIR  -  Tornare ad averti. 

M.M.  -  Non soltanto.

NADIR  -  (eludendo la domanda)  Avrai per te una bella casa, io inviterò gli amici,  e ti darò libero accesso alle conversazioni. Per come ritengo di conoscerti, e quello che io pretenderò che ti si debba anche dagli altri, sarai più di prima una donna informata ed ascoltata. Eccezione alle regole.   Cosa ne dici?

M.M.  -  Che lui sapeva come affascinarmi, e invece voi come tentarmi.

NADIR  -   Avrai servitù quanta ne chiedi al tuo comando, e una cucina ben condotta e rifornita.  Non è il denaro che mi manca.

M.M.  -    Così tutti dicono.

NADIR  -  Perché così è.

(Batte le mani.  Qualcuno di lato, visibile o no, gli porge delle vesti, che egli posa da qualche parte)

E vesti adeguate, naturalmente. Anche quelle. Avvicinati . Guardale. Senti le stoffe.

M.M.  -  Nadir,  torno a chiedervi: cosa volete?

NADIR  -  Te l’ho già detto.

M.M.  -  Non credo.

(nadir batte ancora le mani. Gli viene porto un  cofanetto.  nadir  lo prende e lo apre) 

NADIR  -  Questi gioielli?  Ti convincono?

M.M.  -  (Scuote la testa)   Mi conoscete. E’ tutto… strano.  E le proposte, che mi avete… Lo so, siete molto generoso, ma il solo parlarne, adesso, qui, infrange le regole più elementari del dolore.  (Indica la porta chiusa)  Di là c’è sua madre.

NADIR  -  (arrabbiandosi) Sua madre non c’entra,  e infatti tace.  Non esiste. Parliamo di me. Di me e di te. 

M.M.  -   Parliamo prima del perché di tanta urgenza

NADIR  -  E tu perché non vuoi decidere?

M.M.  -  Oh, beh, scusate, io ho già detto di no, questo vuol dire che ho deciso.

NADIR  -   In base a rimpianti irragionevoli!

M.M.  -  Vi ho chiesto perché tanta impazienza.

NADIR  -  Ho usato già la comprensione l’altra volta,  e il risultato? Ti ho perduta.  Te ne andasti con lui.

M.M.  -  Voi stesso mi dite, adesso è morto. Non c’è fretta.

NADIR  -    Ma vedo che tu vuoi aggrapparti all’impossibile.

M.M.  -   E allora perché, essendo impossibile, vi fa paura?

NADIR  -  Che cosa c’entra la paura?

M.M.  -  Ecco, vi dico: non lo so.

NADIR  -  Pensavo che fosse già chiarito: io voglio quello che mi spetta.  Mi devi ancora risarcire di un’umiliazione.

M.M.  -  Non mancherà molto. Il terzo giorno è già iniziato.

NADIR  -  In cambio di quello che ti do, sacrifica a me almeno le briciole di una speranza disperata.

M.M.  - E’ stato il re degli onesti anche in questo, la sua promessa ha una scadenza molto breve. Per voi cosa cambia, dopo tutto?

NADIR  -  E’ affar mio.

M.M.  -  (Va a guardare dalla finestra)    Vedete? Guardate: è una stranissima notte. Da quando lui è stato ucciso, sono impallidite perfino le stelle.  Prima dell’alba,  andrò a controllare la sua tomba.

NADIR  -  Vieni qui.  Vieni.  Siediti.

(M.M.  lo accontenta, ma è sempre ben determinata. Perciò lo anticipa nel parlare)

M.M.  -  Lasciatemi aggiungere una cosa.  Nei giorni in cui voi non eravate solo l’ultimo,  ma anche il migliore dei clienti, l’intensità di quel rapporto mi fece correre dei rischi, avrei potuto non soltanto non incontrare lui, ma non accorgermi del fatto che lui sfiorava la mia vita. E’ curioso, ma adesso,  di nuovo cercate… insomma, vi state interponendo.  E’ come se aveste ancora più da preoccuparvi  ora che è morto, perché  mai, quand’era vivo insieme a me, avevate osato avvicinarmi.

NADIR  -  Ho rispettato la  tua scelta. Ho atteso che i fatti dimostrassero che era sbagliata.

M.M.  -  Certo, anch’io lo pensavo, fino poco fa, che fosse questa la ragione. Ma ora ne dubito: che cosa avete da nascondermi?  E perché?

(nadir fa una pausa. Va anch’egli a gettare un’occhiata fuori)

NADIR  -    Davvero, tu vuoi che te lo dica?

M.M.  -  Ho da temerlo?

NADIR  -  Sì.             (Torna da lei. Non sarà più così gentile come prima)  Sangue. Un fiume di sangue, e sofferenze senza fine. Se rimanesse un solo dubbio che lui potesse ritornare a vivere, come vi ha detto, per salvarvi, chi fermerà la violenza di coloro che non vogliono essere salvati? Attenta, il rischio non è mio, la mia posizione mi protegge. Detto ancor più sinceramente, non c’è conflitto né terrore nei quali non trovi un mio possibile commercio, e più di una sola salvaguardia a mio vantaggio.  Ma tu non sei me e senza di me tu finiresti nella lista delle vittime.  Cosa che io invece non voglio; e che nei confronti di quell’uomo io mi consideri avversario o no,  la cosa non deve riguardarti, riguarda solo lui e me. Anche la mia proposta è onesta, è un patto chiaro.  Se io ti possiedo e ti proteggo, nessuno mai alzerà un dito su di te.  E in quanto a quelli che dicevano di amare il tuo amico più di te, ma quando è girata la fortuna lo hanno abbandonato, io ti prometto due vantaggi:  accanto a me potrai difenderli, influenzando le persone giuste - che tu come me frequenterai, abbassando la cresta degli ipocriti e l’ondata di sdegno troppo facile  che ha condannato il tuo uomo;  e, secondo vantaggio, dimostrerai ai tuoi compagni, ti fosse o no riconosciuto, il tuo primato.

M.M.  -  Non sarei degna di pretenderlo, se a lui non credessi fino in fondo.

NADIR  -   No, sarai l’ultima che si rassegna, è già un primato. Rinunci per me solo a un avanzo, poche ore, di illusione - non è chiedere molto, da parte mia, mi pare.

M.M.  -  (un po’ colpita)  Quello che avete appena detto, sui pericoli:  è la verità?

NADIR  -  Allora non sai quanto spietato possa essere il ripristino di un ordine messo in discussione - io ti sconsiglio di sfidarlo.

M.M.  -  Signore, chi siete?

NADIR  -  Ti prego, riprendi l’abitudine a non chiamarmi più “signore”, fra noi lo avevamo stabilito.

M.M.  -  Non mi avete risposto.

NADIR  -  Sai molte cose già di me.  Fa’ in modo che bastino.

M.M.  -  Eppure qualcosa…   (nadir la interrompe mettendole un dito sulle labbra)

NADIR  -   Non voglio sentire altre domande.

M.M.  -  Ebbene, io… voglio decidere da sola.

NADIR  -  Ora? Fra poco?

M.M.  -   Lo prometto.

NADIR  -  D’accordo.             (Esce)

(m.m.  torna a parlare con maria v., picchia ancora una volta alla sua  porta, per attirarne l’attenzione)

M.M.  -  Ascoltami, adesso:  da quando sono diventata donna, in tutte le mie difficoltà, non ho potuto mai rivolgermi a nessuno per avere un consiglio disinteressato. Se avessi subìto una condanna a morte, allo stesso modo di tuo figlio, nessuna madre, per me,  si sarebbe mai chiusa in una stanza a piangere, o a protestare col silenzio e col digiuno. Che è un diritto di tutti, piangere un figlio e rispettare la memoria dei sentimenti. Se comportarsi nel tuo modo fosse anche l’unico modo possibile di essere madre, già questo in me raddoppierebbe il rimpianto di avere perso troppo presto la mia. Forse è il motivo per il quale mi trovo qui, in questa casa e alla tua porta.  So bene che tu non puoi confondere nessuno, me tanto meno, con lo specialissimo rapporto vostro, ma il mio legame con lui era tale, ti giuro, Maria, che senza mai essere stato carnale ci collegava in modo ancora più profondo, e io per questo sono certa che se esiste una persona sulla Terra alla quale io, ora, mi posso rivolgere, sei tu.  Mi sento confusa. Eppure lo so di avere sempre dominato facilmente il mio giudizio sul mio prossimo, specie maschile. Ma ora denuncio due eccezioni: una è tuo figlio, perché ci ha promesso l’impossibile, e non solo il mio spirito, ma spirito e carne vogliono indurmi alla scommessa che una volta, la prima e ultima sia pure, l’impossibile si realizzi.  L’altra eccezione, è l’uomo che adesso mi parlava, io pensavo altrimenti motivato, che già mi aveva avvicinata tempo fa, entrato in casa di mia madre ancora viva, ora capisco,  non per caso, e non per lei, ma per me. Poi rivelandosi al mio corpo successivamente e catturandomi nei sensi con una forza misteriosa, un po’ sconvolgendomi ma dilagando unicamente nell’eccitazione, senonché adesso a ripensarci questo avveniva al tempo in cui si preparavano i motivi del mio incontro con tuo figlio. Tardi mi sto convincendo che fu uno scontro di tensioni superiori a me, e io adesso sospetto che la seduzione dell’uno servisse a impedire il mio incontro con l’altro. L’hai sentito anche tu. E’ tornato a farsi sotto in un momento delicato, lo ripeto, non a caso, io sono più fragile che mai, e ne rimprovero anche gli altri, perché il sopravvento della paura di amici e seguaci, tutti, dopo tante professioni di fede, ha visto crollare in poche ore ogni  lealtà. Adesso mi chiedo se tuo figlio non si aspettasse che almeno qualcuno, forse io, scegliesse alla fine di morire al suo fianco, anziché lasciarne il privilegio a due condannati mascalzoni. Se ufficialmente la sua colpa era di averci arruolato alla sua verità,  noi, che ce ne siamo arricchiti, come anche tu di essergli stata madre, eravamo più colpevoli di lui.  Non uno solo, che ha pagato per tutti, ma noi tutti, perché molti, mettevamo in pericolo l’ordine pubblico. Non le sue idee ma il rischio che noi ce ne esaltassimo è stato il motivo della soppressione. A te rimprovero questo silenzio che mi opponi e che non riesco a interpretare. E quel signore che era qui, che era il mio ultimo cliente prima che io cambiassi vita, ora lo so di quanta astuzia si è servito, ancora una volta questa notte è scivolato seduttivo come un serpente nella mia vita, al momento giusto, con le proposte che mi ha fatto, troppo allettanti per non essere sincere, ma posso ignorarne la furbizia e non giudicarle, più che proposte, tentazioni ben calcolate? Allora  ti chiedo: quanto vale, per te, se vale qualcosa,  la mia intenzione di onorare fino in fondo le parole di tuo figlio, se non ti induce a rinunciare a un’incomprensibile neutralità, e a uscire, adesso, da quella stanza di una casa che non è neppure la tua, il cui proprietario non dorme due notti nello stesso letto temendo di essere inseguito, perché non esci e non mi dici chiaramente quello che tu mi consigli di fare? Sei sua madre, Maria! Se adesso tu apri quella porta e mi chiarisci esattamente il tuo pensiero, io non ti chiederò mai più altro. Ma voglio sentirmelo dire da te se è davvero follia, pensare che possa sopravvivere per noi anche di là della sua morte; e quanto valgono, sulla bilancia del futuro, le ore che restano perché si compia il terzo giorno, e che se io vi rinunciassi, risarcirebbero l’orgoglio ferito del mio ultimo cliente.  E’ una scelta difficile, specie da quando in fondo al cuore l’ho già fatta.  Ma non escludermi così da…  (Dà ancora un colpo con la mano sulla porta, ma desiste. Va a guardare fuori)  

Mattino del giorno dopo il Sabato, prima dell’alba

M.M.  -  Andiamo verso il mattino. (Rabbrividisce. Ritorna verso la porta chiusa)  Voglio dirtelo,  ho preso la mia decisione.  Che io sia l’unica o no, ma fossi anche l’unica,  scelgo di credere che l’impossibile sia vero. E ora so dirti anche perché.  Perché era molto più difficile per una persona rispettata come lui credere in una prostituta e non dubitarne in nessun caso, di quanto lo sia adesso per me credere a un uomo come lui. E perciò a quello che ha promesso.   (Va a coprirsi per uscire)   La cena è sul tavolo. Si è raffreddata, ma è una cena.  Io vado, salgo alla sua tomba e se nessuno lo impedisce, lì rimarrò, fino all’intero compimento del giorno: ungendolo, profumandolo e… amandolo.   (Esce)

(Compare nadir. Anche per questa sua ultima comparsa, ha cambiato abbigliamento: più che mai splendente)

NADIR  -  (Legge)   “In principio era il Verbo

                                   e il Verbo era presso Dio

                                   e il Verbo era Dio.

                                   …………………………

                                   In lui era la vita

                                   e la vita era la luce degli uomini;

                                   la luce risplende nelle tenebre

                                   ma le tenebre non l’hanno accolta.

(Smette di leggere. Chiude e ripone il libro)     Anch’io, in principio, immaginavo che sarei stato per sempre un portatore di luce. Ho peccato di superbia, e della sconfitta inevitabile che seguì, vi ho già detto.  Se quella donna (indicando la direzione d’uscita di m.m.)  avesse accettato la mia proposta,  avrei conseguito una rivincita assai rilevante. In lei vi era l’ultimo filo di fede che senza consanguineità né conoscenza superiore non si fosse, fra i tanti, ancora spezzato.  Io sapevo, naturalmente, ciò che sarebbe accaduto se lei non avesse rinunciato a credere; e non vi posso rivelare, perché mi è proibito,  ciò che non  sarebbe accaduto in caso contrario.

Sia chiaro per tutti, non ho reclami da avanzare.  Lei  (indicando la porta chiusa della stanza di maria v.)  ha probabilmente influenzato, ma al tempo stesso rispettato col silenzio la libertà di quella scelta.  Nulla e nessuno mi ha impedito di usare i miei argomenti.  Nulla e nessuno ha esplicitamente smascherato la mia reale identità.  Se lei (indicando nuovamente la direzione di uscita di m.m.)  ne ha avuto qualche sospetto, ciò rientrava nell’ambito delle sue facoltà. Anch’io ho giocato correttamente questa partita, l’ho perduta e lo ammetto. Dal massimo punto luminoso dello Zenith  (indicando verso l’alto) all’opposto regno delle tenebre che mi compete  (indicando verso il basso),  la dolorosa distanza che li separa è, insopportabilmente, infinita.

fine