Luna di miele

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 LUNA DI MIELE

Commedia in un atto

di EDOARDO GRELLA

PERSONAGGI

MARIO

NORA

IL CONTE SISMONDI

LA MASCHESA ALVAREZ

PIETRO CIARLANTINI

IL DOTTOR OSCAR MAINELLI

SEBASTIANO

Commedia formattata da

Un salotto. L'angolo a de­stra di chi guarda è tagliato da un'ampia e alta finestra che ha per sfondo il cielo di Ca­pri. Accanto ad essa un diva­netto. Due piccoli paraventi. Alla parete di sinistra un gran­de specchio. Al centro l'entra­ta. Porte laterali.

Nora                              - (al telefono) Si, mam­ma... dici... Riparti domani? Hai proprio deciso?... Ma qui, a Capri, è una delizia!... Per noi sposini? (Ride)   Anche il padre di Mario riparte doma­ni?... E allora... Voi siete per­suasi che siamo felici? (Pausa) Sì, mamma, tanto! (Entra Ma­rio e la bacia sulla nuca. Nora dà un piccolo grido) T'ho spa­ventata? E' Mario, è lui... mi ha baciata! (Con estasi) Mi bacia sempre... sempre!

Mario                            - Ma no!

Nora                              - (c. s.) A rivederci, buonanotte, a domattina.

Mario                            - Ma non si dicono certe cose! Bambina!

Nora                              - Non stare in collera. Ho fatto una lunga chiacchie­rata con la mamma. Riparte domani. Anche papà tuo ri­parte domani.

Mario                            - Tesoro! (Si baciano a lungo).

Nora                              - Oggi, pensa, oggi fa giusto un mese...

Mario                            - Ah, già!

Nora                              - (dopo qualche istante) Tuo padre è all'Hotel Si­rena. -Volevo salutarlo.

Mario                            - Non attaccarti di nuovo al telefono.

Nora                              - Sei geloso anche di... tuo padre.

Mario                            - Di ognuno. Vieni, siedi qui...

Nora                              - Eccomi. Così?

Mario                            - Geloso di tutto. Se un uomo ti guarda mi pare di ricevere un'offesa. Questo viag­gio è stato un tormento. Ne­gli alberghi ti guardavano tut­ti, anche il groom dell'ascen­sore. No, non ridere. Qualche volta, credimi, sono stato per scattare.

Nora                              - (ridendo) Davvero?

Mario                            - A Venezia, sono mi pare otto giorni - ricordi? - quella «era che volli entrar subito...

Nora                              - Ebbene?

Mario                            - ...C'era un tale che ti fissava ih un modo... Non ridere, forse sono ridicolo, ma t'adoro. Ho preso in fitto questo piccolo appartamento...

Nora                              - (stringendosi a lui) E' così bello sentirsi in due soli, non è vero?

Mario                            - Non ci manca nulla. Papà ci ha dato anche il suo vecchio Sebastiano. Sai che Sebastiano è nato a Capri?

Nora                              - Non sapevo. Conti di restar molto qui?

Mario                            - Sino a che vorrai.

Nora                              - Che bellezza! (Bussano alla porta).

Mario                            - Avanti.

Sebastiano                     - I signori co­mandano il tè?

Nora                              - Sì, Sebastiano, con un po' di latte.

Sebastiano                     - Bene, signora.  E il signorino?

Mario                            - Uno zabaione.

Nora                              - (alla finestra) E' un sogno. E' un incanto di cielo e di mare. Ma, dimmi, c'eri già stato tu a Capri?

Mario                            - Io? No. Perché?

Nora                              - Così... M'è parso. Anche la padrona di casa, quando siamo arrivati, ti ha sorriso.

Mario                            - E' gentile. E' una donna gentile.

Nora                              - E quel vecchio, ieri sera, sulla terrazza, quella ca­ratteristica figura di pescatore dai capelli lunghi e bianchi, col berrettino rosso di traver­so...

Mario                            - Che ha fatto?

Nora                              - Anche quello mi hasalutato.

Mario                            - Mai conosciuto. Lo ho visto soltanto sulle cigo­line illustrate. Sono così fatti qui. Salutano tutti. Sorridono a tutti. Ma perché queste do­mande?

Nora                              - Perché io compren­do, perdonami se te lo dico, io penso che un giovane se viene qui... è con una donna.

Mario                            - Che dici, Nora! u­na donna? Te l'avrei detto.  Non è del mio carattere. Nem­meno fidanzato, mai!

Nora                              - Mai?

Mario                            - Nemmeno uno di quei fidanzamenti, sai, che poi, dopo un po' vanno a monte. Ho fatto una vita così ritirata io. Si può dire che di sera non sono mai uscito, dedicato agli studi e un po', sì, un po' allo sport. Una donna! Vuoi che ti ripeta i giuramenti? Io non so mentire, lo sai, non ti ho mai nascosto nulla del mio pas­sato.

Nora                              - Ecco, questo io vor­rei, è questa la mia irrequie­tudine, di questo vorrei essere certa, senza bisogno di giura­menti.

Mario                            - Hai ragione, sono antipatici.

Nora                              - Odiosi. Che biso­gno c'è di giurare quando si vede chiaro che si è sinceri?

Mario                            - Tu sei la sola don­na che io abbia amato.

Nora                              - Giuramelo.

Mario                            - Te lo giuro.

Nora                              - Su che cosa?

Mario                            - Sulla testa di quelvecchio servo, fedele alla mia casa.

Nora                              - Sebastiano?

Mario                            - Sì.

Nora                              - Mi canzoni?

Mario                            - Non ardirei. Poi, quando io giuro non voglio che tu insista. Ho una coscienza anch'io.

Nora                              - Perdonami, ma... A-scoltami. Sono inquieta. Hai detto che sei geloso anche se mi guardano. Quando si ama è così. Per me, credi, è lo stes­so. Il pensiero che tu un giorno potessi fingere o mentire...

Mario                            - Fingere io? Menti­re?

Nora                              - ... anche una piccola falsità, vedi, mi farebbe per­dere molto di queste dolcezze che provo.

Mario                            - Cara, come puoi supporre questo?

Nora                              - La prima menzogna, pensa, è la prima piccola bar­riera tra due esseri che s'amano.

Mario                            - E' verissimo. Sì, Nora, non vi sarà mai una nu­be, vedrai.

Nora                              - Ora ne sono convin­ta. Sei quello che io cercavo!

Mario                            - E tu un'adorabile bambina, un po' pazzerella ma deliziosa come nessun altra.

Nora                              - Ne hai conosciute delle altre?

Mario                            - Viste... non cono­sciute. Lascia ch'io ti baci sui capelli. Sono d'oro. Non avrei saputo amare una bruna...

Nora                              - Dici sul serio?

Mario                            - Credimi,

Nora                              - Amore!

Mario                            - E ora parliamo di altro. Domattina scenderemo di nuovo ai piedi alla Marina Grande.

Nora                              - (con entusiasmo) Sì, sì...

Mario                            - r Domattina presto, con la brezza che ci batte sul viso, per quel sentiero che va giù a precipizio...

Nora                              - ... fra tutto quel verde fitto delle piante di a-ranci, di limoni, di mandor­li... .

Mario                            - Di buon'ora.

Nora                              - ... quando il cielo è puro come un cristallo...

Mario                            - ... blu sino all'oriz­zonte.

Nora                              - Scenderemo corren­do...

Mario                            - Saltando...

Nora                              - Giù... giù...

Mario                            - ... e tra le fronde, in basso, poi, a un tratto, un luccichio, uno specchio...

Nora                              - ... il mare!

Mario                            - Ma di buon'ora? E' impossibile.

Nora                              - Perché?

Mario                            -Dormirai tra le mie braccia.

Nora                              - . Taci. Sulla spiaggia ritroverò quel piccolo ragazzo di stamane, bruno come un moretto, forte, dritto, coi ca­pelli crespi e un paio d'occhi come il cielo. Voglio stringer­lo fra le mie braccia, fissarlo tanto che mi resti impresso, qui, perché m'hanno detto... che...

Mario                            - Nora... (Un silen­zio. Ella ha abbassato gli occhi) Dammi le mani. Guar­dami. (Pausa) Piccole dita af­fusolate...

Nora                              - (accostandogliele alle labbra) Lì non m'hai bacia­ta ancora...

Mario                            - Possibile! (Esegue).

                                      - (Picchiano alla porta).

Mario                            - Avanti.

Sebastiano                     - Il signor Pie­tro Ciarlantini.

Mario                            - Pietro?

Nora                              - Chi è?

Mario                            - Il mio più caro amico. Te lo presento subito. Un tipo stravagante, sciupone, e perciò sempre pieno di de­biti,' celebre chiacchierone, ma alla fine... simpatico. (A Sebastiano) Fallo entrare. Non so come si trovi qui, lo crede­vo all'estero.

Pietro                            - (entrando) Buona­sera, Mario!

Mario                            - Pietro! (Si abbrac­ciano).

Pietro                            - Sposato?

Mario                            - Come vedi. Nora, il mio amico Pietro Ciarlantini; mia moglie...

Pietro                            - Signora...

Mario                            - Giovane serio, equi­librato, milionario...

Pietro                            - Bontà sua.

Nora                              - Piacere...

Mario                            - Accomodati.

Pietro                            - Grazie.

Mario                            - Ma sai che è pro­prio,una sorpresa?

Pietro                            - Spero di non esse­re importuno. Però ti dico su­bito che non vi toglierò molto tempo. Visita di dovere. (En­tra Sebastiano col vassoio).

Mario                            - E' invece graditis­sima.

Nora                              - Prenderà un tè con noi?

Pietro                            - Volentieri.

Mario                            - Io ti credevo ancora a Londra. Quando sei tornato?

Pietro                            - Già da una setti­mana. A Napoli fui a casa tua e mi dissero del tuo matrimo­nio. Immagina la mia gioia ma anche la mia meraviglia perché non ho avuto una parte­cipazione.

Mario                            - Dove pescarti? Non ci Vediamo da mesi e mesi.

Pietro                            - Ma ti ho scritto.

Mario                            - Una cartolina da Le Havre, un rigo da Lon­dra...

Pietro                            - Ad ogni modo fac­cio ora i miei voti più sinceri. A te le mie entusiastiche con­gratulazioni, sì, entusiastiche...

Nora                              - (porgendogli la tazza) Grazie. Un po' di latte?

Pietro                            - No signora. (Pren­de la tazza) Grazie. (A Mario) E tu?... Ah... A Napoli poi mi dissero che, dopo il vostro viaggio, vi sareste fermati un mese b due a Capri. Sai come io adori quest'isola meravi­gliosa; sono arrivato stamane.

Mario                            - Come hai fatto a trovarmi?

Pietro                            - Che ci vuole? 0 oramai ti conoscono tutti. Co­noscono me, conoscono te, per poco non ci fanno cittadini o-norari. Eh, se sapesse, signora, quante ne abbiamo fatte... ci siamo divertiti. Ogni anno noi due...

Mario                            - Prendi un biscotto.

Pietro                            - Ogni anno da luglio a ottobre noi due...

Mario                            - Come li trovi que­sti biscotti?

Pietro                            - Buoni. Qui, in questo stesso appartamentino, dicevo, abbiamo passato gior­nate indimenticabili, serate di poesia. Notti di luna a Capri, signora, passate a cantare, a respirare a pieni polmoni gli effluvi del mare in comitive spensierate e vagabonde! Chi potrà dimenticarle, Mario! (A Nora) Pensi, certe volte sino all'alba...

Nora                              - Sino all'alba?

Pietro                            - ... sino all'alba quando si andava a letto stan­chi, ebbri di cielo, di mare, dì canzoni, di giovinezza...

Mario                            - ... io ti credevo a Londra...

Pietro                            - Devi condurre di sera tua moglie sullo spiazzale dove l'anno scorso facemmo quella cena all'aperto con quel­le signorine inglesi e francesi. (A Nora) Mi creda, col plenilunio è una veduta straordi­naria. (A Mario) Non l'avrai dimenticata quella sera! Cena famosa e internazionale... (Non comprendendo la mimica di Mario") Vuoi... vuoi che chiu­da?

Mario                            - Sì... (Pietro va a chiudere la finestra).

Nora                              - (a Mario) Che hai?

Mario                            - Fa caldo, si soffoca.

Nora                              - Ma allora perché fai chiudere?

Mario                            - Già...

Pietro                            - Riapro?

Mario                            - Sì.

Pietro                            - (rimettendosi a sede­re) Ed ora ammogliato. Bravo! Finalmente vita siste­mata, tranquilla. (A Nora) Buon figliolo, non c'è bisogno che glielo dica io! Siamo stati come fratelli, indivisibili. Ma il matrimonio ci voleva, sì, sì. ci voleva! La vita da nottam­buli stanca, fa male. Lui era sempre palliduccio...

Mario                            - Vuoi una sigaretta?

Pietro                            - Me ne compiaccio. Una bella coppia. Forse un po' troppo giovani entrambi, ma una bella coppia. Hai fatto però le cose quasi alla cheti­chella. In una lettera, è vero, mi accennavi alle tue prossime nozze...

Mario                            - Vedi, te lo scrissi!

Pietro                            - Sì, ma guarda un po', indovina a chi pensavo io? Ma non vorrei che...

Nora                              - Mario non mi ha na­scosto nulla del suo passato.

Pietro                            - Bene. Noi, signora, non ci vedevamo da un anno e tutto quel che è avvenuto poi m'è assolutamente nuovo. Per­ ciò, mi perdoni. Dicevo che egli mi ha scritto delle sue noz­ze imminenti, è vero, ma io credevo che fossero Ma pos­so sembrare indelicato...

Nora                              - No, anzi, è carino.

Mario                            - Grazioso.

Pietro                            - Me lo consentite?

Mario                            - (a denti stretti) Par­ la, parla...

Pietro                            - Mi vien da ridere solo a pensarci, credevo, indo­vinate che cosa? credevo che le nozze fossero con quella signo­rina...

Mario                            - Quale?

Pietro                            - Amelia.

Nora                              - Amelia?

Mario                            - Amelia?

Pietro                            - Ti sorprende?

Mario                            - Sicuro!

Pietro                            - Almeno, allora ne sembravi innamorato cotto.

Mario                            - Io?

Pietro                            - Tu!

Mario                            - No!

Pietro                            - Ma sì, caro.

Mario                            - Ti dico di no!

Pietro                            - Perché t'arrabbi? ci fu un fidanzamento, non ricor­di?

Nora                              - (melliflua) Non ricor­di, Mario?

Mario                            - No.

Nora                              - Come mai?

Mario                            - Capita.

Nora                              - Che tu sia restato sen­za memoria?!

Mario                            - (desolato) Sarà!

Nora                              - Oh Dio...

Pietro                            - Non s'impressioni. (A Mario) Ma come! Quella bruna...

Nora                              - Cerca di ricordare, senti, era bruna.

Mario                            - Ma... ma sono cose da pazzi, a me non piacciono le brune, le odio!

Pietro                            - Basta. L'ho detto per farvi immaginare la mia sorpresa entrando qui. C'è da ridere, credetemi, entrare e trovare invece una biondissima signora.

Mario                            - (frenando il dispetto) Ma tu... tu fai delle gaffes.

Pietro                            - Io?

Nora                              - Mario, sei poco gentile!

Pietro                            - Perdonatemi, è stato per farvi ridere... Su, via….ma se te l'ho detto e lo procla­mo che sei un gran bravo fi­glio! Chi meglio di me può dir­lo!

Nora                              - Soprattutto sincero.

Pietro                            - Leale.

Nora                              - Ecco, appunto, lea­le...

Pietro                            - E noi, che c'entra! Quando più si è stati- come esprimermi? diciamo così... un po' allegri da scapolo, tanto più si è bravo marito d'am­mogliato. (Mario lo ringrazia stringendogli la mano) E' risa­puto. Ma debbo lasciarvi.

Mario                            - No, no, trattieniti un altro pochino!

Pietro                            - Non posso, il tempo stringe. M'aspettano, c'è Gia­como Brandii, Gastone Zinneri, tutti. Hanno preparato una sorpresa! ma non ve la di­co...

Mario                            - Parla, te ne prego

Pietro                            - Non posso, è uri se­greto.

Mario                            - Allora non dirlo.

Pietro                            - (con aria di mistero) Uscite questa sera?

Nora                              - Non credo, (con af­fettazione a Mario) non credo, caro, che usciremo...

Mario                            - Non credo.

Nora                              - E... che faremo?

Mario                            - Si vedrà...

Pietro                            - Restate dunque in casa? Benone.

Nora                              - Perché?

Pietro                            - E' un segreto, vi dico!

Mario                            - Non si può proprio sapere?

Pietro                            - (a bassa voce) Vi porteranno una serenata! Sotto quella finestra. E verremo noi tutti.

Mario                            - Sono commosso.;.

Pietro                            - A proposito, ricordi al Select, quella notte che ti stavi buscando un duello? mat­tacchione! Ma non voglio più trattenervi anche perché ci ve­dremo più tardi. Signora... e a te un bel bacione qui... Ohe, mi sembri intontito, che hai? sarà stata la mia visita,

Mario                            - Macché! Mi hai fat­ui un vero regalo.

Pietro                            - A più tardi.

Mario                            - Ciao! Sta' sano!

                                      - (Pietro esce).

Mario                            - (disinvolto e fatuo, a Nora che lo fissa con gli occhi sbarrati) Che bravo ragaz­zo... Ma perché mi guardi co­sì? (Avvicinandosi a lei) Nora!

Nora                              - Non t'accostare, al­lontanati, non mi toccare!

Mario                            - Sei strana!

 '

Nora                              - Poverino! (Contraf­facendolo) « Ho fatto una vita   in... non uscivo mai di se­ra... ».

Mario                            - Te ne prego, non fare la sciocca.

Nora                              - « ... Non avrei saputo amare una bruna ».

Mario                            - Ma... ma io...

Nora                              - E giura... E' orribile! Giura con una faccia... e giura il falso!

Mario                            - Nora...

Nora                              - Oh, ora ti credo ca­pace di tutto, di tutto...

Mario                            - Ma calmati, non esa­gerare.

Nora                              - Una bruna! Scosta­ti...

Mario                            - Via, alla fine che co­sa è accaduto? Che cosa c'è di male?

Nora                              - Nulla... nulla... (Tra sé) Trenta giorni!

Mario,                           - Ah, Pietro... Imbe­cille e canaglia!

Nora                              - Già spergiuro, appe­na trenta giorni...

Mario                            - Gli altri lo sono dono tre giorni.

Nora                              - Cinico!

Mario                            - Finiscila, ti dico... Nemmeno se ti avessi pic­chiato.

Nora                              - A me?! Sapresti an­che picchiarmi? Lo vorresti?... Anche questa... (Corre al tele­fono).

Mario                            - Che fai? Ma io me ne rido, sai.

Nora                              - Ridi pure.

Mario                            - Disgraziata!

Nora                              - Pronto... (Trattenen­do i singhiozzi) Oh mamma, sei tu... tu... Sì, sì, sono Nora Mamma, come sono infelice! Proprio lui... se sapessi... mi ha chiamata disgraziata...

Mario                            - (al telefono, forte) Non è vero! Non è vero!

Nora                              - Si, lui... Senti come alza la voce? Lo senti come grida?... Mamma, oh...

Mario                            - Ho sposato una bambina bislacca! Meglio ri­derci su.

Nora                              - Ah, ah, ridi?

Mario                            - Sì, rido.

Nora                              - Ridi a vedermi sof­frire così? ridi? Ma vedrai, sono una donna capace anch'io di tormentarti, se vuoi.

-

Mario                            - (calmissimo) Non ci

riuscirai.

Nora                              - Non ci riuscirò? L'uomo di mondo, l'uomo che ha vissuto, che sa tutto, che s'accorge di tutto, e ieri sera... ieri sera come uno stupido...

Mario                            - Che vuoi dire?

Nora                              - Non dico niente.

Mario                            - (fremendo) Parla, Nora!,

Nora                              - Come uno stupido...

Mario                            - Nora, ti dico, par­la, perdio! Tu mi fai capire che c'è stato qualcosa!

Nora                              - Proprio.

Mario                            - Qualcuno che t'ha corteggiata...

Nora                              - Sì.

Mario                            - Che t'ha seguita?

Nora                              - Sì.

Mario                            - ...Qui?

Nora                              - Appunto.

Mario                            - Lo conoscevi?!

Nora                              - Da un pezzo.

Mario '                           - Chi è?! Il nome, voglio il nome, fuori il nome, subito, o divento pazzo, diven­to volgare, violento... Il nome!

Nora                              - ...Oscar.

Mario                            - Sfacciata! Siamo già a questo. Ma vedrai! Oscar! Parla, tu mi dirai tutto sino alla fine, comprendi? Tutto! Chi è, dove abita, dove, come l'hai conosciuto, che cosa fa...

Nora                              - ...E' un medico.

Mario                            - (incalzando) Parla, dimmi tutto! E' di qui?

Nora                              - Di qui, ma lasciami, non so più nulla, mi fai male...

Mario                            - (convulso, al telefono) E' orribile! Pronto? Hotel Sirena? Mio padre al telefono, per favore... Chi sono? Oh bel­la, sono il figlio!... Di quale padre? Non faccia lo spirito­so...! Il conte Sismondi, subi­to, per favore... Pronto... Pa­pà, papà... (Trattenendo i sin­ghiozzi) Sono io, Mario... Non sai che mi capita... Nora è una civetta!... Te lo giuro!

Nora                              - Mario...

Mario                            - (feroce) Vattene in quella camera!

Nora                              - Mario….

Mario                            - (c. s.) Non voglio sapere più nulla. (Come un forsennato) Sebastiano...

Sebastiano                     - (entrando) Co­mandi.

Mario                            - Qui, a Capri, c'è un dottore che si chiama Oscar. Occorre trovarlo.

Sebastiano                     - Chi ha male, signorino?

Mario                            - Rispondimi. Tu sei del luogo. Un dottore che si chiama Oscar...

Sebastiano                     - Che io sap­pia...

Mario                            - Capisci? Oscar...

Sebastiano                     - Non saprei.

Mario                            - C'è, c'è, me lo as­sicura lei, mia moglie... Oscar!

Sebastiano                     - Ah, ora ricor­do... comprendo!

Mario                            - Chi è?

Sebastiano                     - La signora avrà letto la tabella alla porta, sul pianerottolo: « Oscar Mainelli - Medico Chirurgo ».

Mario                            - E' lui!

Sebastiano                     - E' qui, di fron­te, signorino.

Mario                            - Benissimo. Ecco il mio biglietto, portaglielo. Di­gli che voglio, che debbo ve­derlo, dove e quando vuole...

Sebastiano                     - Ma mi dica, si­gnore...

Mario                            - Via! Non perdere tempo. (Fuori di se) E' lui! Medico-chirurgo... Di fronte... Ma benissimo, benone! Oscar, Oscar come nel Ballo in Ma­schera: « Oscar lo sa - ma noi dirà ». Lo conosceremo questo bel giovane! Ah, ma mi spiegherà tutto, a qualun­que costo. Nora... Nora, se tu sapessi... (S'abbandona sul ta­volo, col capo tra le braccia) Nora... (Bussano).

Sebastiano                     - (in fretta) Ecco il dottore.

Mainelli                         - (calvo, vecchio, brutto, con gli occhiali) Che c'è? Signore...

Mario                            - Con chi ho il piacere di parlare?

Mainelli                         - Sono il dottor Mainelli.

Mario                            - Voi?

Mainelli                         - In persona.

Mario                            - (alzandosi) Signore, vostro figlio...

Mainelli                         - , Mio figlio?... Non ho figli.

Mario                            - Voi vi chiamate... Oscar.

Mainelli                         - Oscar Mainelli.

Mario                            - Ne siete sicuro? (Ri­pigliandosi) Scusate.

Mainelli                         - Non so che cosa ci troviate di strano.

Mario                            - Ah, ecco... ma s'ac­comodi, dottore, non stia in piedi... Piacere tanto.

Mainelli                         - Piacere mio.

Mario                            - E' che certe volte, guardi... si pensa a un nome e si vede una determinata fisio­nomia... Ma prego, s'accomo­di. Già... Volevo dire che a vederla all'improvviso, sem­brerebbe, mi scusi, come se lei si dovesse chiamare diversa­mente... Giuseppe, non so, Pa­squale...

Mainelli                         - Vedo che ha pia­cere di scherzare. Il caso non deve essere poi tanto grave né urgente.

Mario                            - Il caso?

Mainelli                         - Il suo cameriere m'ha trovato che uscivo in quel momento e non m'ha dato il tempo di respirare. Veda, ho ancora il biglietto tra le ma­ni...

Mario                            - Faccio le più vive scuse.

Mainelli                         - Dunque, di che sj tratta?

Mario                            - Eh, dottore! Debbo parlarle... ma...

Mainelli                         - Dica pure, l'a­scolto.

Mario                            - Bisognerebbe pri­ma chiarire un po' la situa­zione.

Mainelli                         - Vediamo intanto il soggetto. -

Mario                            - Il soggetto?

Mainelli                         - L'ammalato.

Mario                            - Come ha detto?

Mainelli                         - Dov'è l'ammala­to?

Mario                            - E' necessario?

Mainelli                         - Eh, mi pare! Os­serviamolo e vediamo prima cosa si scorge all'-esame obiet­tivo. Poi discuteremo quanto vorrete.

Mario                            - Giustissimo. (Pau­sa).

Mainelli                         - Dunque...

Mario                            - (a un tratto, chiaman­do forte) Sebastiano!

Sebastiano                     - Signorino...

Mario                            - Fatevi visitare!

Sebastiano                     - Visitare?

Mario                            - Venite avanti. Su, vi movete? Ecco., dottore, si tratta proprio di lui. Siamo preoccupatissimi.

Sebastiano                     - Ma io...

Mario                            - (imperiosamente) Voi dovete tacere!

Mainelli                         - Lasciate che par­li. L'ammalato ha pure diritto a parlare.

Mario                            - (reciso) No, dottore, in questo caso no!

Mainelli                         - (a Sebastiano) Spogliatevi.

Mario                            - Siamo allarmati, di­cevo, perché non sappiamo né io ne mia moglie cosa può ca­pitare da un momento all'al­tro. Ha delle crisi che fanno paura.

Mainelli                         - (a Sebastiano) Che cosa accusate?

Sebastiano                     - Mah...

Mario                            - Mentre sta benissi­mo, veda, come ora, getta un grido, dice che ha delle trafit­ture tremende qui nello stoma­co, si contorce, spasima e per­de financo la conoscenza.

Sebastiano                     - Signorino, non so come...

Mario                            - E poi non ricorda più nulla, quell'idiota! Tace­te! E' incredibile, sarebbe ca­pace di negare, di dire che non ha niente, è straordinario!

Mainelli                         - E' l'età.

Sebastiano                     - Ma dottore...

Mainelli                         - Distendetevi qui, così... non parlate. Respirate forte... ancora... Giratevi. Dite tre volte trentatrè.

Sebastiano                     - Novantanove.

Mainelli                         - Ma no! Trenta-tré!

                                      - (Appare per qualche istante nel vano della porta Nora che, con le mani al viso, guarda la scena. Mario, con le braccia incrociate, la fissa muto scuo­tendo il capo).

Sebastiano                     - Trentatrè...

Mainelli                         - Al torace nulla. E' preoccupante invece lo stato del fegato e della milza. Calcoli, calcoli! Irritazione della cistifellea e ostruzione dei canaletti intercomunicanti. Lo stato generale è discreto e l'organismo, credo, debba re­sister bene anche a un atto operatorio che, secondo me, è indispensabile. Di qua, guar­date, sin qui.

Sebastiano                     - (tremando) E com'è stato?! Oh signore, chi se l'aspettava!

Mainelli                         - Eh, vecchio mio, avete un fegato così.

Sebastiano                     - Ma io... io sto bene...

Mario                            - Vuoi tacere? Quan­do mai un medico ha sbaglia­to?

Mainelli                         - A ogni modo, prenda le pillole che gli pre­scrivo.

Mario                            - Ecco calamaio e penna.

Mainelli                         - (scrive) Queste tre volte al giorno. Faccia qui delle frizioni con olio canfora­to e trementina, ogni due ore. Una bevanda ogni' mattina, queste cartine la sera e so­prattutto cura di Montecatini, Chianciano o Fiuggi a suo pia­cere. Non altro per ora.

Mario                            - Il suo compenso?

Mainelli                         - Cinquanta lire... Grazie.

Mario                            - E perdoni la fretta, dottore.

Mainelli                         - Le pare! A rive­derla.

Mario                            - Buona sera. Grazie.

Sebastiano                     - (baciandogli le mani) Signore... signore…...

Mario                            - Ma va', va' che stai bene! Non aver paura. Non hai niente, te lo dico io. Ora lasciami solo.

Nora                              - (sommessa) Che hai fatto?! E tu... tu hai mai po­tuto credere...

Mario                            - Malvagia! .

Nora                              - Cattivo! (Si buttano l'uno tra le braccia dell'altro e restano così a. lungo).

Mario                            - Ho vissuto dieci mi­nuti d'inferno... Mi pareva co­me se il mondo mi crollasse intorno... mi pareva d'esser re­stato solo...

Nora                              - Amore mio!

Mario                            - E' stato uno scher­zo di pessimo gusto.

Nora                              - Nella rabbia non sa­pevo che cosa inventare, che cosa dire...

Mario                            - E potevi compro­mettermi.

Nora                              - Mai più, mai più! Vieni, dimentica. Anch'io ho dimenticato ogni cosa perché ho visto quanto mi ami.

Mario                            - In che modo?

Nora                              - Vedendoti soffrire.

Mario                            - Andiamo...

Nora                              - Dimenticate tutto! Promettimi però di non far mai più giuramenti.

Mario                            - Mi faccio piuttosto ammazzare. .A che servono? Quando dalle parole stesse si vede chiaro che si è sinceri?

 

Nora                              - Andiamo... (Pensosa, come tra se) La vita in fon­do è fatta così!

Mario                            - Gara! (Via a destra).

La Marchesa                 - (affannando, seguita da Sebastiano) No, no... Vedo che viene anche il conte.

Sebastiano                     - S'accomodi.

La Marchesa                 - Come sta mia figlia? (Va a sedere).

Sebastiano                     - Benissimo. So­no io, signora, io che sto mol­to male! Ecco il signor conte.

Sismondi                       - (a Sebastiano, sbir­ciando la marchesa) Dite a. Mario che c'è suo padre. -

Sebastiano                     - Vado subito.

Sismondi                       - No, non ancora... (Alla marchesa) Buona sera. (Va a sedere alla parte opposta) Mi pare di avervi saluta­ta, signora.

La Marchesa                 - Ed io ho ri­sposto, signore.

Sismondi                       - Allora perdona­te. Non ho udito.

 La Marchesa                - In casa Alvarez, nella mia famiglia, non si ha l'abitudine di alzare la vo­ce, mai!

Sismondi                       - Sarà così...

La Marchesa                 - E' così. (Lungo silenzio).

Sismondi                       - Sono corso in tutta fretta, mentre stavo tran­quillamente al mio albergo, per vedere mio figlio...

La Marchesa                 - Nora, pove­rina, m'ha telefonato piangen­do in una maniera che strap­pava il cuore... (Accorgendo­si che ha parlato contempora­neamente a Sismondi, si ri­prende) Ma se parliamo a co­ro non sarà possibile inten­derci!

Sismondi                       - Siete una signo­ra, Vi cedo la parola.

 La Marchesa                - Infelice!

Sismondi                       - Dite a me?

La Marchesa                 - Matrimonio infelice!

Sismondi                       - Oh, infelicissi­mo.

La Marchesa                 - Nora ha appena diciotto anni, povera fi­glia...

 Sismondi                      - E Mario appena ventidue.

 La Marchesa                - Che intende­te dire?

Sismondi                       - Dico che forse non avrei dovuto acconsentire. .

La Marchesa                 - Certo! Co­noscendo voi, si poteva capire quale fosse il vero carattere di vostro figlio.

Sismondi                       - Mario mi ha te­lefonato che... Ma io non so come definire le abitudini di casa Alvazer ereditate da vo­stra figlia.

La Marchesa                 - (alzandosi) Signore!

Sismondi                       - Signora!

La Marchesa                 - (con orgasmo, alla porta a destra) Nora, fi­glia mia, sono io...

 La voce di

Nora                              - Mamma... tua, sono qui per difenderti...

La voce di

Mario                            - Perbac­co! Chi è? Un momentino...

La Marchesa                 - ...per stare con te, sono qui, per aiutarti...

Sismondi                       - Mario... La voce di

Mario                            - Papà...

La Marchesa                 - Nora! La voce di

Nora                              - Veniamo subito. Un secondo! La voce di

Mario                            - Un po' "di pazienza!

La Marchesa                 - (a Sismondi) Ma perché non aprono? Oh Dio, che le starà facendo! (Fa per spiare).

Sismondi                       - Vi prego, non guardate...

Nora                              - (tenendo per mano Ma­rio) Mamma...

La Marchesa                 - Che cosa è avvenuto ?

Nora                              - Nulla, proprio nulla.

Sismondi                       - Ma... ma si può sapere... Insomma andate o non andate d'accordo?

Mario                            - Che ne dici, Nora?

Nora                              - Tanto!

La Marchesa                 - Sii sincera, non farti intimorire, parla.

Nora                              - Sono tanto felice.

Sismondi                       - Son cose mai vi­ste!

Mario                            - Un equivoco!

Nora                              - Una sciocchezza.

Mario                            - Una cosa da nulla...

Nora                              - Se ci aspettate un po', andiamo a vestirci e usci­remo tutti assieme.

Mario                            - Per strada vi rac­conteremo.

Nora                              - Riderete con noi.

Mario                            - Permettete?

La Marchesa                 - Andate e fa­te presto.

Sismondi                       - Non ci capisco più nulla! Una sciocchezza, un equivoco, una cosa da niente... E' incredibile!

La Marchesa                 - Sono ragaz­zi...

Sismondi                       - Ah, no! Me ne vado. Io non li aspetto.

La Marchesa                 - L'importan­te è che si adorino.

Sismondi                       - Me ne infischio!

La Marchesa                 - Si leggeva loro negli occhi.

Sismondi                       - Me ne vado e vi

La Marchesa                 - ...mamma consiglio di fare altrettanto.Occorre punirli. (Va alla scri­vania e scrive "in fretta).

La Marchesa                 - Sì. Impare­ranno ad essere meno impul­sivi.

Sismondi                       - Ecco.

La Marchesa                 - (legge) Ap­provo.

Sismondi                       - (a Sebastiano che entra) Consegnerete questo foglietto ai signori. (Offrendo il braccio alla Marchesa) Per­mettete? Andiamo.

La Marchesa                 - Grazie, con­te. Ma lo dicevo io che non era accaduto niente di grave.

Sismondi                       - ...e che i loro ca­ratteri vanno a meraviglia. L'avete detto! Prego...

La Marchesa                 - Grazie.

Nora                              - (col foglietto in mano) Mamma...

Mario                            - Papà...

Nora                              - Sono andati via davvero!

Mario                            - Ce l'hanno fatta, ma ce lo meritiamo. Non dis­piacerti. Domattina li accom­pagneremo al piroscafo. Non restare così. (Alla finestra) Non si vedono. A domani, allora... (S'ode la serenata) Piccola mia, che hai? Una lagrima? No... Su, guarda che sera e che cielo. Laggiù è una piog­gia di viole e i Faraglioni sono di fuoco. Siedi qui, restiamo così tutta la notte. Fammi dor­mire sulla tua spalla nuda...

Nora                              - Che fai? Può entra­re Sebastiano.

Mario                            - Allora... (Pone i paraventi intorno al piccolo di­vano che vi resta chiuso) Ecco provveduto.

                                      - (La scena è vuota. Sale la se­renata. Entra Sebastiano e guarda intorno- poi va innanzi allo specchio e vi si mira spa­ventato. Caccia la lingua, si mette di profilo, si pone le ma­ni nei capelli. Monosillabi di Mario, monosillabi di Nora. Sebastiano si volge: esce subito in punta di piedi. La voce di Mario: «Te lo giuro! ». Il riso di Nora, a tratti, a zampilli mentre cala lentamente la te­la).

FINE