L’uomo del romanzo

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L’uomo del romanzo

Commedia in tre atti di Guido Cantini

PERSONAGGI

PIETRO

PAOLO

LO ZIO GIULIO

IL MAGGIORDOMO

LUCY

MRS. MARTIN

LA SIGNORA GUALDI

LA SERVETTINA

Nella villa dei Lanfranchi, in Toscana. Di questi giorni.

ATTO PRIMO

Una bella villa ia Toscana. Da una parte il fabbricato (classica costruzione del Cinque­cento, con le due brevi scale nel mezzo che a traverso un poggiolo s'incontrano su la so­glia d'una grande porta tutta coronata di pietra serena); dall'altra un viale d'alti cipres­si che conduce al cancello, lontano. All'oriz­zonte, poggi a viti e ulivi digradanti in cer­chio sotto un cielo di primavera.

Paolo                      - (comparendo sulla soglia) Pietro! Pie­tro! (Paolo è un giovinotto di venticinque anni. Porta una giubba da casa, di velluto nero). Pietro! (si guarda intorno) Pietro!

Pietro                     - (invisibile) Che vuoi?

Paolo                      - Si può sapere dove ti sei cacciato?

Pietro                     - (sempre invisibile) Son qui.

Paolo                      - (continuando a guardarsi intorno) Dove?

Pietro                     - Dove... dove... qui! (e sbuca di sotto a un'automobile, mezzo nascosta da un ciuffo di piante. Pietro ha su per già un anno o due più di Paolo. Ma come questi è lindo lisciato ordinato, l'altro ha i capelli in disordine, la tuta e le mani imbrattate di grasso e d'olio). Beh, cosa vuoi? (e nel fare questa domanda ride mostrando dei denti sani che brillano in quella faccia ab­bronzata).

Paolo                      - Dio, in che stato, Pietro!

Pietro                     - Ce n'è voluto, ma l'ho rimessa a posto. Inutile, quella macchina conosce me solo. Agli altri non obbedisce.

Paolo                      - Corri a fare un bel bagno, allora.

Pietro                     - Oh un momento. Non ho mica ter­minato. Mancano le rifiniture.

Paolo                      - Ma sai che ore sono?

Pietro                     - Io? No!

Paolo                      - Le tre.

Pietro                     - Ebbene?

Paolo                      - Non ti ricordi dunque che giorno è oggi?

Pietro                     - Il dieci maggio, se non sbaglio.

Paolo                      - Sicuro, proprio il dieci maggio.

Pietro                     - Una bella giornata.

Paolo                      - È incredibile la tua smemorataggine.

Pietro                     - Sentite chi parla: il poeta!

Paolo                      - Io delle cose me ne ricordo.

Pietro                     - Anch'io! Anch'io! Per esempio, mi ricordo benissimo che tra un mese, un mese giusto, ci sono da pagare le tasse. Te ne ricordavi tu?

Paolo                      - Che c'entra? Di queste cose io non me ne occupo.

Pietro                     - Male, ragazzo mio, male!

Paolo                      - Se me ne occupassi, me ne ricor­derei.

Pietro                     - Già, ma non avresti i soldi per pagare.

Paolo                      - Questo è vero. Però, siccome al mon­do ci sei tu, fortunatamente...

Pietro                     - Oh non si sa mai quello che può succedere.

Paolo                      - Stupido!

Pietro                     - Eh in automobile io corro. È più forte di me. Per questo mi son tanto arra­battato a rimettere in sesto il nostro patri­monio. Che, se Dio ne liberi, io da un mo­mento all'altro me ne fossi andato, mi dici un po' come te la saresti cavata?

Paolo                      - Certi discorsi non li posso soffrire, e tu...

Pietro                     - Ma via, caro Paolo, non ci facciamo illusioni: tu, alla tua età, sei ancora come un bambino.

Paolo                      - (scherzoso) Maggior ragione allora d'aver più giudizio.

Pietro                     - Va là va là, che siamo a buon pun­to; e, se non oggi, domani, posso anche permettermi il lusso d'andare all'altro mondo.

Paolo                      - Vuoi finirla, uccellacelo del malau­gurio?

Pietro                     - Non t'arrabbiare. (Lo sai che queste cose le dico per farti andare in bestia? (fa per posargli una mano su una spalla).

Paolo                      - Ti prego di non toccarmi, eh! Guar­da che mani!

Pietro                     - Tante scuse, fratellino mio! Ma, ora che ci penso, non mi hai ancora detto cosa diavolo deve accadermi oggi, dieci maggio.

Paolo                      - Chi telefonò da Nuova York un me­se fa?

Pietro                     - È vero, già! La signora... oh bella, come si chiamava?

Paolo                      - Helwioocett. Disse che sarebbe stata qui oggi alle tre. Lo abbiamo anche an­notato.

Pietro                     - Già già. Però, siccome io di vedere questa signora Helwioocett non ne ho nes­sunissima voglia...

Paolo                      - Vorresti rimandare indietro una che viene apposta da Nuova York per parlare con te? Affari importanti, disse.

Pietro                     - Sarà certo per la tenuta. Sai che caccia danno gli americani alle nostre vec­chie ville. Però, che servzio, eh, queste agenzie! Gli acquirenti te li mandano dopo due anni. Se allora, quando morì il nostro povero babbo, si aveva l'intenzione di ven­dere, oggi, dopo tanti sudori, queste ma­linconie non le abbiamo più. E possono ve­nire tutti gli americani, anzi tutte le ame­ricane del mondo: noi la nostra vecchia casa non la molliamo neanche...

Paolo                      - A chi lo dici! Lo sai che fuori di qua io sono come un pesce fuor d'acqua? E questo viaggio che debbo fare in Olanda per Rembrandt, mi dà un pensiero... È inutile: io non mi sento bene che nella mia biblioteca.

Pietro                     - Trentamila volumi, accumulati in duecento anni...

Paolo                      - Non prendermi in giro! Se me ne glorio, un po' di ragione credo d'averla. Son pochini quelli che possono vantarsi di possedere una biblioteca come la nostra...

Pietro                     - No no, dì pure come la tua: io non ci tengo.

Paolo                      - Finiscila di posare a ignorante.

Pietro                     - Non poso: sono. Qualche volume tecnico, dei romanzacci che posso impune­mente perdere regalare sciupare: qualche rivista sportiva... Tutto il resto...

Paolo                      - La poesia!

Pietro                     - La poesia? Parola copta, se non erro, che significa perdita di tempo.

Paolo                      - Che significa: sogno.

Pietro                     - Bah, è lo stesso. Prima che il babbo morisse io facevo una vita proprio da stu­pido: davo tutto il mio tempo agli sports e alle donne; e chi mi parlava cu campa­gna... Dopo... eh dopo ho dovuto fare di necessità virtù, e mi sono affezionato alla terra, al lavoro.

Paolo                      - Quando penso che andavi via per dei mesi, quasi non facevi saper nulla di te!

Pietro                     - Ero poco bestia.

Paolo                      - Una volta siamo dovuti venire a cercarti.

Pietro                     - Fu ai tempi di Diana Vàradj.

Paolo                      - Una pseudo-ungherese.

Pietro                     - E Quell'altra volta che... (Appare fra gli alberi la figura dello zio Giulio: un vecchio basso, t capelli scom­pigliati, la barba bianca, incolta. Porta un vestito di tela chiara e inalbera una reti­cella appesa a un bastone, di quelle che servono per acchiappare le farfalle).

Giulio                     - Buongiorno, ragazzi.

Pietro                     - Oh, zio Giulio.

Paolo                      - Buongiorno, zio.

Giulio                     - È inutile, nel vostro giardino ci son più farfalle che nel mio... Guardate, guardate quella. Che bellezza! (le corre dietro. Ah, gli è sfuggita. Fa una smorfia di bambino contrariato). Scappata I

Paolo                      - Povero zio!

Pietro                     - La rimpiangerai per tutta la gior­nata.

Giulio                     - (siede, s'asciuga il sudore con un fazzolettone a quadri multicolori) Ormai ci sono abituato a vedermele scappare. Son vecchio! I bambini debbono acchiappare le farfalle. I vecchi debbono stare a guardare.

Pietro                     - È legge di natura, caro zio. Perchè prendersela?

Giulio                     - Parli bene tu che ti sei levato quan­te voglie hai voluto. Ma io!

Pietro                     - E rimpiangere serve a qualcosa?

Giulio                     - No, purtroppo. Sapete, ragazzi, per­chè mi è venuta questa manìa di correre dietro alle farfalle?

Paolo                      - Non è per far collezione?

Giulio                     - Macché! Un giorno vidi dei bam­bini che lo facevano. Fu poco dopo che ebbi lasciato il negozio.

Pietro                     - Ah.

Giulio                     - Si divertivano tanto, quei monelli! Ecco, pensai, io quel giochetto lì nella mia infanzia non l'ho mai fatto. Eh già. A otto anni stavo già dietro il banco. Fu co­me un lampo, sapete? Mi accorsi a un tratto, paurosamente, che erano tante le cose che fanno eli altri e io non avevo mai fatte. Sicuro, ragazzi miei, la mia vita era volata: sessantacinque anni. Perchè nessu­no mi aveva mai avvertito che a sei anni i bambini debbono correre dietro alle farfal­le? E perchè nessuno mi aveva mai detto che i giovani debbono essere giovani? Io, no. Chiuso là, in quel fondo di bottega, tutta la vita. Óra ce li ho i quattrini. Po­trei spenderli, divcrtirmici. Non so come si fa.

Pietro                     - È una cosa che s'impara alla svelta, quella.

Giulio                     - (crollando il capo) No, no. Vedete, ragazzi: ogni volta che metto la mano al portafoglio, sento una trafittura sottile sot­tile qui, al cuore. È inutile, mi son costati troppa fatica, questi quattro soldi.

Pietro                     - Basta non pensarci, le prime volte: farlo a occhi chiusi.

Giulio                     - Senti chi parla. Se tu potessi, un soldo lo faresti in quattro.

Pietro                     - Lo so che ho fama di tirchio. Non è vero. Quello che non posso soffrire e non permetto è lo spreco.

Giulio                     - Il tuo fattore dice che hai gli occhi d'una lince.

Pietro                     - Per forza ! Se non mi alzassi la mat­tina alle cinque, e non ci andassi io per i campi, e non vedessi tutto, altro che sal­vare il patrimonio! Qui si sarebbe andati alla malora in quattro e quattr'otto.

 Giulio                    - Non l'avrei mai creduto che tu mi somigliassi tanto. Ma è male.

Pietro                     - Quanto a me, i tuoi pentimenti non li avrò mai. Qualche cosellina dalla vita mi son preso in anticipo.

Giulio                     - È vero. Pazienza. Quando sarò morto i miei quattrini ve li prenderete voi. Ma badate bene, la cassa la voglio tutta rivestita d'oro. A diciotto carati.

Pietro                     - E se poi vengono i ladri?

Giulio                     - Maledizione! Se poi vengono i ladri e mi buttano fuori? No no: niente oro... Vedete, neanche là me lo posso portare. Neanche là (ride convulsamente). (Entra la signora Gualdi: una bella vec­chietta: tutta vestita di nero: ma tra i capelli ci ha un fiocchetto e alle mani porta dei mezzi guanti di pizzo).

Sig.ra Gualdi          - (svelta, allegrò) Ragazzi, do­ve volete prendere il thè? Fuori o in casa? Io direi fuori, con questo sole.

Giulio                     - Signora Gualdi!

Sig.ra Gualdi          - Signor Giulio carissimo.

Giulio                     - Ohi, mi ha detto carissimo. Vi sa­reste decisa?

Sig.ra Gualdi          - Meno che mai.

Giulio                     - Crudele! Sapete, ragazzi? Le ho proposto di sposarmi. Ha rifiutato.

Pietro                     - Ha fatto benone. Come si farebbe noi senza di lei?

Sig.ra Gualdi          - Dite piuttosto come farei io senza i miei due ragazzi. Lo promisi alla vostra povera mamma che non vi avrei mai lasciati.

Pietro                     - (prendendo alla vita la signora Gual­di e baciandola) È un tesoro la nostra Gualdina.

Sig.ra Gualdi          - Va via va via, che puzzi di grassume. Scommetto che mi hai tutta sporcata.

Pietro                     - No. Ferma qui; un bacio subito.

Sig.ra Gualdi          - Mi spettini. Il sienor Giulio non mi vuol più. Toh, prendi il bacio. Così la smetti. Che ragazzaccio! Se uno non lo sapesse che invece ha tanto giudizio...

Pietro                     - Ma siccome lo sanno tutti...

Giulio                     - Dunque non me la volete cedere la vostra Gualdina?

Paolo                      - Ma neanche...

Sig.ra Gualdi          - (allo zio Giulio) Consola­tevi: oggi col thè c'è il dolce che piace tanto a voi.

Giulio                     - Prego: i dolci mi piaccion tutti. E sapete perchè?

Sig.ra Gualdi          - Perchè non li dovreste man­giare.

Giulio                     - Ecco. (Come uno che sta dietro un banco) Voi, ragazzina, volete zucchero? Zucchero! Zucchero! Per cinquant'anni ho dato zucchero zucchero zucchero, senza che a me passasse nemmeno per la mente che potevo mangiarne anch'io. Perfino il caffè, quando lo bevevo -di rado -lo prendevo quasi amaro: per risparmiare, sicuro! Che cosa non avrei fatto per rispar­miare? E poi un giorno il dottore mi ha detto: «Badate, voi ci avete il diabete». Che cosa? « Sicuro, voi ci avete il dia­bete ». Ma se non ho mai mangiato zuc­chero! Lo vedo ancora stringersi nelle spal­le. « Ebbene, ci avete il diabete lo stesso ». Non potevo più mangiare zucchero. Mai più. Tutto, mai più! Ed è stato allora che mi sono messo a mangiare paste su paste. Ma ogni volta, la solita trafittura qui, al cuore. La paura, signora Gualdi. Paura di che, se uno non può avere più nulla? D'an­dar là sotto, dove c'è buio.

 Sig.ra Gualdi         - Voi ci pensate troppo, al dopo.

Giulio                     - Per forza. State a sentire. Ieri misi tutte le farfalle che avevo prese in una gabbiettina. Stamani non c'erano più.

Pietro                     - Scappate?

Giulio                     - Macché! Si erano ridotte tanti strac-cettini polverosi. Ne ho toccata una: le dita mi si sono insudiciate di nero. Erano le farfalle, quelle, le belle farfalle d'ieri. Nulla, più nulla! Non resta nulla!

Pietro                     - Non è vero. Mi ribello a cotesta con­clusione puramente personale. Non è vero che non resti nulla. Nulla invece, di quello che si fa, va disperso. E anche quella che può sembrare la cosa più inutile, lascia una indelebile traccia.

Sig.ra Gualdi          - (applaudendo con le manine inguantate') Bravo Pietro. Ti meriti un bacio, anche così sporco. E mi glorio di averti educato.

Giulio                     - (continuando a crollare il catto') Voi non vedete nulla. Siete dei ciechi. Come i bambini che corrono dietro alle farfalle per­chè non sanno che poi si riducono degli straccettini polverosi. Per godere veramen­te delle cose, bisognerebbe non sapere quel­lo che poi succederà di loro. E noi vecchi si sa troppo.

Sig.ra Gualdi          - Oh, ma parlate un po' al

singolare!

Pietro                     - Del resto basterebbe non pensare. Agire per la soddisfazione che si prova a non rimanere inerti mentre tutte le cose si muovono.

Giulio                     - (colpito) È vero. Basterebbe non pensare. Soffocare i pensieri. Chiudere gli occhi. Ecco, io non penso più. Non è vero quello che dicevo or ora di quegli strac­cettini. Non è vero nulla. Oh guarda! Guardate là quella bella farfalla bianca. Vola. Crede di sfuggirmi. Non ci riusci­rà... Quanto vogliamo scommettere che non ci riuscirà?... (esce correndo all'insegui­mento di una farfalla). (Un grave e lungo silenzio).

Paolo                      - Povero zio GiulioI

Pietro                     - Getta troppi rimpianti nella sua fossa: ci starà male dentro.

Paolo                      - Mi fa molta pietà.

Pietro                     - Pensi alla tua vecchiaia?

Paolo                      - Perchè alla mia vecchiaia?

Pietro                     - Hai paura di ritrovarti altrettanto solo, fra quarant'anni?

Paolo                      - In ogni modo rimpianti io non ne avrò.

Pietro                     - Gualdina, diglielo anche tu di pren­dersi qualche svago.

Sig.ra Gualdi          - Una volta che è felice così!

Pietro                     - Due fratelli, due scapoli, non pos­sono bastare l'uno a l'altro.

Paolo                      - Ammogliati tu.

Pietro                     - Perchè no? Ma ora ci ho troppo daf­fare. Vi siete dimenticati in che stato erano queste terre quando mori il povero babbo?

Sig.ra Gualdi          - Non si può fargliene una colpa.

Pietro                     - Dio me ne guardi.

Sig.ra Gualdi          - Era stato tanto ammalato!

Paolo                      - In grazia tua, ora sembrano un giar­dino.

Pietro                     - O in grazia della terra stessa. Il mio primo pensiero, è vero, era stato quello di disfarmene, di dar via Tutto a poco prezzo; ma a poco a poco, non so come sia suc­cesso, mi ci sono attaccato. Sarà stato forse per un sentimento ereditario che sì destava in me, o forse perchè la terra possiede ve­ramente un sortilegio misterioso che alla fine si esercita anche su gli esseri più re­frattari.

Sig.ra Gualdi          - Per tutte e due le cose. Io sola avevo indovinato che tu non eri il capo scarico che sembravi e che un giorno avresti finito col ritornartene qui, dove tutti i Lanfranchi, prima o poi, hanno finito col ritornare.

Pietro                     - (scherzosamente serio) A meno che l'ultimo di loro non si decida a vendere.

Sig.ra Gualdi          - Che cosa?

Pietro                     - Ma si! Fra poco deve venire una certa signora americana a farci delle pro­poste. E se l'offerta ci conviene...

Sig.ra Gualdi          - (agitando l'indice alzato da sinistra a destra) No no! A me non la dai ad intendere, bello mio. Di qui non ce ne andiamo. Ò meglio, fra poco me ne andrò io, ma in un altro modo. (S'ode ancora un po' lontano il suono di un clacson).

Paolo                      - È lei.

Pietro                     - Oh Dio, si salvi chi può. Sarà brutta vecchia lunga e con gli occhiali sul naso.

Paolo                      - (che è restato in ascolto) Questi clacksons li hanno solo le macchine ameri­cane.

Pietro                     - Ha attraversato l'Oceano in mac­china. Che fenomeno I

Paolo                      - È lei. E tu sei ancora in quello stato.

Pietro                     - Niente paura. La nostra Gualdina le andrà incontro pel viale.

Paolo                      - (alla signora Gualdi) Vai, allora, vai...

Sig.ra Gualdi          - E che cosa le dico?

Paolo                      - Dille che questa Tenuta non è più in vendita.

Sig.ra Gualdi          - Ma non so una parola d'in­glese.

Paolo                      - Sarà venuta con un interprete. Dia­volo!

Sig.ra Gualdi          - Benedetti figlioli, ne avete sempre una. (Scompare nel viale).

Pietro                     - (le grida dietro) E se insistesse...

Paolo                      - (interrompendolo) Già, se insistesse per parlarti?

Pietro                     -È semplice. Siccome la riceverai tu...

Paolo                      - Io. E perchè?

Pietro                     - Perchè tu sei tutto pulitino, tutto a posto.

Paolo                      - Ma io di terreni, di vendite, di com­pere non me ne intendo.

Pietro                     - Che bisogno ce n'è ? A dirle che non si vende spero che non ci voglia tanto.

Paolo                      - Beh, si. Questo lo saprò fare. Ma... e tu?

Pietro                     - Io? Io debbo finire d'aggiustar la macchina.

Paolo                      - Ma se insistesse per parlare a te, in persona, perchè al telefono fece chiedere di te, Pietro Lanfranchi?

Pietro                     - È semplice no? Fingerai d'essere me.

Paolo                      - Oh no no!

Pietro                     - Oh si si!

Paolo                      - Lo sai pure che queste cose mi rie­scono male!

Pietro                     - Su su, è ora di cominciare a svel­tirsi.

Paolo                      - Ah questa poi...

Pietro                     - Zitto! È qua che viene.

Paolo                      - Pietro, ascolta.

Pietro                     - Sicuro che ascolterò tutto. Di là.

 Paolo                     - Senti, senti...

Pietro                     - Ma infin dei conti, sei o non sei anche tu proprietario della Tenuta?

Paolo                      - Si, ma...

Pietro                     - E dunque. Attento. È qua. (Si mostra la signora Gualdi accompagnata da due elegantissime signore: una molto giovane, bionda, vestita un po' eccentrica­mente, che si trascina dietro sei preziosi pechinesi; l'altra d'età matura, ma ugual­mente bionda e giovanilmente disinvolta).

Sig.ra Gualdi          - Mrs. Helwioocett ha deside­rato assolutamente...

Lucy                       - (la signora giovane) Si, ho assoluta­mente desiderato parlare col signor Lan­franchi... (e si rivolge a Pietro).

Pietro                     - (indicando Paolo) È lui. È il si­gnore.

Lucy                       - Ah, scusate.

Pietro                     - (ripara dietro la macchina).

Lucy                       - Io sono Mrs. Helwioocett.

Paolo                      - Capisco. La signora che ha telefo­nato...

Lucy                       - Per l'appunto.

Paolo                      - Ma voi parlate l'italiano alla perfe­zione!

Lucy                       - Lo credo: sono italiana.

Paolo                      - Italiana?

Lucy                       - Dirò meglio: figlia d'italiani. Presento la mia amica: Mrs. Martin. Lei è ameri­cana puro sangue.

Paolo                      - Signora Martin...

Mrs. Martin            - How do you do?

Paolo                      - Non c'è male. Grazie. Ma prego, accomodatevi signore. (Seggono a destra. La signora Gualdi esce. Rientra poco dopo seguita da una servettìna recante un vas­soio con su il thè, i dolci, ecc.).

Lucy                       - Sono arrivata a Livorno col mio yacht. E mi sono subito diretta qui.

Paolo                      - Ah, molto gentile.

Lucy                       - Ero veramente ansiosa.

Paolo                      - Non conoscevate l'Italia?

Lucy                       - Venezia, il Lido, Roma, Napoli...

Mrs. Martin            - Napoli, Vesuvio, canzoni, Ca­pri... Ahi

Paolo                      - Già.

Lucy                       - Non avevo mai avuto il tempo di fermarmi in Toscana.

Paolo                      - Neanche a Firenze?

Lucy                       - Neanche.

Paolo                      - Oh.

Lucy                       - Imperdonabile, lo so. Molto più che io vi sono stata quasi allevata, in Toscana.

Paolo                      - Come? Come? Non capisco.

Lucy                       - Mi spiego: la mia balia era di Lucca.

Paolo                      - Ah.

Lucy                       - Una donna enorme. Aveva dodici figli. I più grandi vendevano figurine di gesso per le vie popolari di New York. Veniva di tanto in tanto in Park Avenue dove noi abbiamo la nostra casa. Mezzi stracciati. Scalzi. Affamati. E per questo io non avevo mai trovato il tempo di fer­marmi in Toscana. La conoscevo già.

Paolo                      - (un po' offeso) Oh ma vi assicuro che...

Lucy                       - Tuttavia trovo che è bella. Non è vero, Betty?

Mrs. Martin            - Very beautiful.

Paolo                      - Meno male. Disgraziatamente però noi abbiamo rinunciato a vendere.

Lucy                       - A vendere?

Paolo                      - Ma si: a vendere.

Lucy                       - Che cosa, se non vi dispiace?

 Paolo                     - Questa villa, coi poderi.

Lucy                       - Ah! (le due amiche si guardano, scop­piano in una risata fragorosa. Paolo, a di­sagio, dà un'occhiata a Pietro sempre die­tro la macchina) Scusate.

Paolo                      - (di malumore) Prego. Prego.

Lucy                       - Dicevate?

Paolo                      - Che abbiamo rinunciato a vendere.

Lucy                       - Beh, non fa nulla.

Paolo                      - Quand'è così... Una tazza di thè?

Lucy                       - Volentieri. Grazie. (La signora Gual­di seguita dalla servetta versa U thè).

Paolo                      - Scusate, ma io non capisco.

Lucy                       - Che cosa?

Paolo                      - Non siete venuta in Italia apposita­mente per parlare di questa Tenuta? (Di nuovo le due amiche scoppiano in una ri­sata. Paolo è seccatissimo).

Lucy                       - Oh scusate.

Paolo                      - Ma prego. Fate pure. Fate pure.

Lucy                       - No. Io sono venuta in Italia col mio yacht e molti amici per avere un colloquio col signor Pietro Lanfranchi...

Paolo                      - Ebbene...

Lucy                       - Parliamo.

Paolo                      - Il guaio è che io...

Pietro                     - (da lontano gli fa dei cenni per im­pedirgli di svelarsi).

Paolo                      - (riprendendosi a tempo) Il guaio è che io non so ancora...

Lucy                       - Non c'è fretta, signor Lanfranchi. Non c'è fretta. Scusate. (Si alza. Invita l'amica a fare lo stesso. Le due signore vanno qualche momento di qua e di là pel giardino. Parlano sottovoce. Si fanno dei piccoli gesti. Indicano ora un lato ora l'altro. Paolo te segue con gli occhi, stu­pito, alcuni istanti. Lo stesso fa Pietro dal suo posto. Paolo a cenni supplica Pietro di toglierlo da quell'impiccio. Pietro gl'in-giunge il silenzio. « Debbono essere due pazze », sembra dica Paolo. Pietro si strin­ge nelle spalle come a significare che non può farci nulla. Una risata alta argentina risuona. I due si scuotono).

Mrs. Martin            - (venendo avanti, dice con forte accento) Voi siete un grande attore.

Paolo                      - (stupito) Io?

Mrs. Martin            - Voi sostenete la vostra parte con grande maestria.

Paolo                      - (tutto rosso) La mia parte? Non ca­pisco.

Mrs. Martin            - Siete molto simpatico.

Paolo                      - (sempre pia intimidito) Ma...

Mrs. Martin            - Delizioso, vero, darling?

Paolo                      - Signora...

Mrs. Martin            - Ma noi avevamo capito su­bito che voi non siete il signor Pietro Lan­franchi (occhiata fra i due giovani: ordine di Pietro di morire sul posto).

Paolo                      - Veramente io non capisco che cosa vogliate dire...

Lucy                       - Non capite? Davvero?

Paolo                      - Noi non ci siamo mai visti prima d'ora, dunque...

Lucy                       - Come posso asserire che voi non siete...?

Giulio                     - (entrando) Oh Paolo! Sono in ri­tardo per il thè? (Intimidito alla vista delle due signore, lo zio Giulio si ferma nel fondo. Confusione grande di Paolo. Sor­risi di Lucy e Mrs. Martin).

Lucy                       - Vedete?

Paolo                      - Confesso. Ma ho delle attenuanti. Mio fratello è dovuto partire.

Giulio                     - Come? Pietro è partito? Quando? Se era qui poco fa.

Paolo                      - Ebbene... è partito improvvisamente.

Giulio                     - Ma bada, ti sbagli, non può essere.

Paolo                      - Quando dico che è così... Presento il mio zio materno. (Le due signore fanno brevi cenni del capo).

Lucy                       - Peccato. Peccato veramente; perchè si voleva parlare con lui.

Paolo                      - Possono dire a me. È lo stesso.

Lucy                       - (guardando Mrs. Martin) Lo stesso? Oh! (Nuova risata).

Mrs. Martin            - Sarebbe troppo difficile... dire a voi.

Lucy                       - Starà lontano molto tempo?

Paolo                      - (dà un'occhiata a Pietro che fa un cenno vago) Mah, chissà? Quando uno parte, come si può dire...

Giulio                     - Se ne è andato senza neppur salu­tarmi. Oh!

Paolo                      - (per fare star zitto lo zio) Ha inca­ricato me.

Lucy                       - E allora, andiamo, Betty. (Insieme le due signore raccolgono i cani). Vuol dire che torneremo. (Leggeri cenni di saluto, falsa uscita. D'improvviso Lucy torna in­dietro, quasi di corsa. Si avvicina a Paolo. Gli mormora'.) Siete però ben sicuro che sia già partito? A me è parso d'intrave­derlo...

Paolo                      - Dove?

Lucy                       - ...là! (indica il punto preciso ove si trova Pietro).

Paolo                      - Oh no: quello è...

Pietro                     - Sta zitto. È inutile. Chiedo scusa di presentarmi in questo arnese; ma voi, si­gnore, l'avete voluto.

Giulio                     - (scorgendo Pietro) Ah, non sei par­tito!

Pietro                     - Evidentemente, no. In che cosa pos­so, signore? Ma permettete almeno che vada a cambiarmi.

Mrs. Martin            - No. Non lo fate. Siete molto bello così.

Pietro                     - Oh beh!

Mrs. Martin            - (si è avvicinata a Lucy. Le mormora:) Somigliantissimo.

Pietro                     - Con tutta la buona volontà non rie­sco a capire...

Mrs. Martin            - Ma via! Non sarà la prima volta che ricevete visite del genere.

Pietro                     - Lo posso giurare.

Mrs. Martin            - Mille donne avranno fatto il loro pellegrinaggio qui.

Pietro                     - Pellegrinaggio?

Giulio                     - Fai miracoli?

Pietro                     - A quanto pare.

Lucy                       - Non vi era mai capitato nulla di simile?

Pietro                     - Ripeto di no. Vero, Paolo?

Paolo                      - (che e rimasto là, intontito) Mail Mai!

Pietro                     - Sarebbe dunque troppa indiscre­zione...

Lucy                       - No! (fa un piccolo cenno all'amica).

Mrs. Martin            - I due signori mi mostreranno il giardino. (Li prende famigliarmente tutti e due a braccetto, li trascina via). (Un lungo silenzio). (Lucy non cessa di considerare Pietro, il quale a sua volta guarda Lucy aspettando).

Pietro                     - Avete finito?

Lucy                       - Nessuna differenza.

Pietro                     - Siate più chiara.

Lucy                       - Nessuna differenza. Lo sapete anche voi, no?

Pietro                     - Vi ripeto d'esser più chiara.

Lucy                       - Nessuna differenza, anche la villa, così!

 Pietrp                    - È un'avventura veramente incredi­bile.

Lucy                       - Con lei ci veniste una sola volta di sfuggita, è vero? Mentre vostro padre era assente. Voleva vedere il luogo dove era­vate nato.

Pietro                     - Ma di chi parlate? Si può sapere?

Lucy                       - Di Mary Litton.

Pietro                     - Mary Litton?

Lucy                       - Non ve ne ricordate?

Pietro                     - Si, certo.

Lucy                       - La conosceste a Capri, no?

Pietro                     - Quattro anni fa. Non capisco però...

Lucy                       - Dunque voi non sapete nulla dav­vero? Non è possibile.

Pietro                     - Ma che cosa, che cosa c'è da sapere?

Lucy                       - Che voi siete una celebrità americana.

Pietro                     - Cosa sono io?

Lucy                       - L'uomo più stampato d'America.

Pietro                     - Stampato?

Lucy                       - A milioni e milioni di copie.

Pietro                     - Io sono stampato a milioni di copie?

Lucy                       - Ma si. Mary ha pubblicato un diario di quei giorni.

Pietro                     - Quelli di Capri?

Lucy                       - Si. L'uomo che amai.

Pietro                     - No! No!

Lucy                       - È una storia precisa, minuta...

Pietro                     - Minuta!

Lucy                       - ...di quella vostra passione semisel­vaggia.

Pietro                     - Vi assicuro che fu una cosa norma­lissima.

Lucy                       - Non lo dite. Certi particolari non s'in­ventano.

Pietro                     - Quali particolari?

Lucy                       - (con grande malizia) Lo sapete be­ne, no?

Pietro                     - Mi fate quasi arrossire.

Lucy                       - (cavando un grosso volume dalla sua borsa da viapaio) Guardate qui. Pag. 21: il vostro incontro su gli scogli...

Pietro                     - Come dice? Come dice?

Lucy                       - Non leggete l'inglese?

Pietro                     - Così. « ...Una creatura solare, un essere primitivo dove si fondevano la mu­sica e la materia incandescente di quella terra... ». E chi sarebbe la creatura solare?

Lucy                       - Voi.

Pietro                     - Io?

Lucy                       - Guardate qui. L'episodio della grot­ta: della Grotta Azzurra. Ve ne ricordate?

Pietro                     - Non so... Mi pare...

Lucy                       - Quasi la trascinaste giù, nei gorghi...

Pietro                     - Ah no.

Lucy                       - Non negate: tutto è narrato qui, per filo e per segno.

Pietro                     - Ah benissimo. Per filo e per segno.

Lucy                       - (continuando a sfogliare il libro) E qui... Quando le strappaste le vesti d'ad­dosso, sull'orlo del cratere...

Pietro                     - Mi ribello.

Lucy                       - Perchè? A me piace, anzi, tutto que­sto. Siete un brigante, un vero brigante italiano.

Pietro                     - Ora sono diventato un brigante. Che ho soffocato una povera donna nel suo letto con sei bambini, non lo dice?

Lucy                       - (con grandi occhi sognanti) Soffocato? (Quindi a un tratto ridendo) Sciocchezze. Guardate ancora...

Pietro                     - Basta, basta, ve ne prego.

Lucy                       - Questo vi fa dispiacere?

Pietro                     - Ma naturalmente. Volete anche che mi faccia piacere? Esser messo così... a nudo!

Lucy                       - Non capisco. In America tutte le don­ne tengono questo libro a capo del letto.

Pietro                     - Come una specie di Bibbia.

Lucy                       - Una Bibbia... profana. Dai tempi di Rodolfo Valentino non si ricordava un suc­cesso simile. Perchè tutti laggiù sanno che voi esistete, che si tratta d'una storia vera...

Pietro                     - Ah, lo sanno tutti? Benissimo.

Lucy                       - Questo è il bello: che non è un ro­manzo. Il successo è questo.

Pietro                     - Ma guarda cosa mi doveva capitare! E dov'è ora quella... quella pazza: Pati»trice?

Lucy                       - A Hollywood.

Pietro                     - L'hanno subito scritturata?

Lucy                       - Per preparare il soggetto nel film. Pare che vogliano scritturare anche voi.

Pietro                     - Me?

Lucy                       - Sarete una specie di Tarzan.

Pietro                     - Ah beh beh! E Mary pensa ancora a me?

Lucy                       - No! Ha subito trovato marito, natu­ralmente. Ha due bambini.

Pietro                     - Meno male.

Lucy                       - Non avete un'idea di quanto ha gua­dagnato con questo libro.

Pietro                     - Non poteva trovare un altro sog­getto?

Lucy                       - (graziosamente) Non avrebbe guada­gnato altrettanto.

Pietro                     - Grazie. In ogni modo non c'è pe­ricolo che me la veda capitar qui, all'im­provviso?

Lucy                       - Oh no. Voi per lei siete ormai una cosa superata.

Pietro                     - Mi avesse superato prima! Ma voi, scusate, come fate a saper tutte queste cose?

Lucy                       - Mary è la mia migliore amica. Mi ha raccontato tutto. Anche quello che non na scritto.

Pietro                     - Signora!

Lucy                       - E mi ha anche dato tutte le vostre fotografie. Guardate. (Le cava dalla borsa).

Pietro                     - (fa per prenderle) Grazie.

Lucy                       - Oh no. Non sono per voi. Sono mie. Me le ha regalate.

Pietro                     - Anche quella?

Lucy                       - Certo.

Pietro                     - (passandosi una mano sulla faccia) Oh!

Lucy                       - Trovo che in quattro anni non siete mutato affatto.

Pietro                     - Ma chi siete voi, si può sapere?

Lucy                       - Una donna libera.

Pietro                     - Questo lo vedo.

Lucy                       - Libera fin dalla nascita. I miei geni­tori morirono presto lasciandomi una for­tuna troppo grande per una creatura così giovane e così sola. Tanto che mi vidi co­stretta a prendere tre mariti...

Pietro                     - Tre mariti!

Lucy                       - ...successivamente.

Pietro                     - Ah, lo spero bene!

Lucy                       - Nonostante, la mia fortuna è ancora aumentata. Non so più come spendere il denaro.

Pietro                     - E il vostro terzo marito che ne pensa?

Lucy                       - Di che?

Pietro                     - Di questo vostro viaggio in Italia.

Lucy                       - Non ne pensa nulla.

Pietro                     - Nulla?

Lucy                       - Mio marito non esiste più.

Pietro                     - Morto?

Lucy                       - No. Divorziato.

Pietro                     - Quando?

Lucy                       - Un mese fa. Volevo venire in Italia assolutamente libera.

Pietro                     - E lui ha accettato senz'altro?...

Lucy                       - Sapeva bene che con me è inutile lottare. Tutte le cose che ho voluto le ho sempre ottenute.

Pietro                     - Tutte?

Lucy                       - Tutte. Da prima si è un po' dispe­rato.

Pietro                     - Un po'?

Lucy                       - Non gli avrei permesso di farmi delle scene. Detesto le tragedie familiari. Del re­sto il mio amministratore privato ha subito asciugato le sue lacrime.

Pietro                     - Molto semplice.

Lucy                       - Perchè perdere tempo nelle cose, quan­do c'è il modo di ottenerle rapidamente?

Pietro                     - Siete intelligente e sbrigativa.

Lucy                       - Lo dicono anche i miei amministra­tori.

Pietro                     - Li sorvegliate?

Lucy                       - Per non essere derubata.

Pietro                     - Sicché uno degli scopi del vostro viaggio è stato quello di vedermi in carne ed ossa?

Lucy                       - L'unico scopo.

Pietro                     - Mary Litton d'evesser veramente una grande scrittrice.

Lucy                       - Constaterete voi. (Gli dà il libro).

Pietro                     - Grazie. Se non fosse troppa immo­destia, da tutto questo dovrei dedurre che io...

Lucy                       - Si. Che voi m'interessate. (Breve si­lenzio, si guardano. Sorridono). Volete ve­nire a fare una crociera sul mio yacht? Ho portato con me degli amici simpaticissimi.

Pietro                     - No. Grazie. Mi sarebbe intollera­bile venir a fare la bestia rara. Quando penso a quel libro...

Lucy                       - Sarebbe facile non dire chi siete.

Pietro                     - E poi, vedete, io ho qua la mia azienda e non posso abbandonarla cosi.

Lucy                       - La vostra azienda? I miei informatori mi hanno riferito che voi vivete con la rendita delle vostre terre.

Pietro                     - Ho infatti un'azienda agricola.

Lucy                       - Fin dove arrivano le vostre terre?

Pietro                     - Fin là, guardate. Fin oltre quella collina.

Lucy                       - Così poco?

Pietro                     - Per noi non è poco.

Lucy                       - Non potete lasciarle?

Pietro                     - No. Specialmente in questa stagio­ne. Che volete, il mio lavoro mi piace, mi appassiona.

Lucy                       - A voi non piacciono le bionde?

Pietro                     - Non mi piacciono anzi che le bionde.

Lucy                       - Mary è bruna.

Pietro                     - È vero.

Lucy                       - E allora?

Pietro                     - Adesso non mi piacciono che le bionde.

Lucy                       - Adesso?

Pietro                     - In questo momento. Si.

 Lucy                      - Partite dunque?

Pietro                     - No.

Lucy                       - Perchè no?

Pietro                     - Perchè io sono uno di quegli uomini che le donne se le vogliono andare a cer­care da sé. E voi mi rate l'impressione di una che invece gli uomini è abituata a cer­carseli.

Lucy                       - Gli uomini? Io non vi ho ancora detto nulla che possa offendervi.

Pietro                     - Scusate.

Lucy                       - Ma in un certo senso avete ragione.

Pietro                     - L'avete detto voi che siete una crea­tura viziata, abituata a soddisfare tutti i suoi capricci.

Lucy                       - Molti.

Pietro                     - E a me i capricci mi è sempre pia­ciuto cavarmeli, non farli cavare agli altri. O alle altre.

Lucy                       - Siete voi a parlare di capricci.

Pietro                     - Non sarà certo una cosa seria.

Lucy                       - Si sa come principiano le cose, non si sa come finiscono.

Pietro                     - Oh, via, non mi fate ridere.

Lucy                       - Io, se debbo proprio parlarvi sincera­mente, non conosco ancora il mio senti­mento.

Pietro                     - Volete che ve lo riveli io?

Lucy                       - No.

Pietro                     - Avete paura che debba essere un po' troppo brutale?

Lucy                       - Forse.

Pietro                     - E allora sarà meglio per tutti e due salutarci, e cercare di non vederci più.

Lucy                       - Ora avete paura voi.

Pietro                     - Paura di che?

Lucy                       - Non so. L'avete detto in un modo...

Pietro                     - Io ho sempre paura delle cose strane e misteriose.

Lucy                       - Misteriosa io? Ma via!

Pietro                     - Strana però si.

Lucy                       - È una stranezza andare per le spiccie?

Pietro                     - Dunque è vero: esiste una forma di pazzia tutta americana.

Lucy                       -I ricchi sono sempre un poco pazzi.

Pietro                     - Badate, a me piace comandare.

Lucy                       - Dev'esser bello.

Pietro                     - Comandare?

Lucy                       - No. Farsi comandare. Non l'ho mai provato.

Pietro                     - Per obbedire a un uomo bisogna amarlo troppo, vivere nel terrore continuo di perderlo. E voi non mi amate abba­stanza.

Lucy                       - Chissà?

Pietro                     - Ma non vedete che tutto questo ha del gioco, del passatempo... della burla?

Lucy                       - Perchè della burla?

Pietro                     - Chi mi dice che voi non vogliate burlarvi di me?

Lucy                       - E avrei attraversato l'Oceano?

Pietro                     - Una che come voi non ha nulla da fare...

Lucy                       - Eppure io so di una favola medioe­vale...

Pietro                     - Ah mi vedo sotto le spoglie del « Principesso » lontano. Non mi fate ridere. È un fatto però che la fantasia esaltata di quella... di quella scrittrice ha svegliato in voi una certa curiosità. Ebbene, questo e proprio ciò che mi spaventa.

Lucy                       - Non capisco.

Pietro                     - Non vorrei veder comparire un gior­no o l'altro, il vostro amministratore ad asciugare le mie lacrime.

Lucy                       - Perchè? Bisognerebbe essere sposati, e noi...

Pietro                     - È vero. (Breve silenzio) Non vi siete accorta che da quando ci parliamo la parola amore non è mai venuta fuori?

Lucy                       - La parola amore?

Pietro                     - Si. Ebbene, noi italiani e proprio con quella che si comincia, anche quando...

Lucy                       - L'amore non c'è.

Pietro                     - Ecco. (Altro breve silenzio) Confes­sate che quest'accoglienza non ve l'aspetta­vate. Credevate che in quattro e quattr'otto l'affare sarebbe stato concluso.

Lucy                       - (sdegnata) Oh! (Volge le spalle per an­darsene).

Pietro                     - Aspettate. Non ho finito. Voglio dirvi prima che se l'affare non si conclude e per una semplicissima ragione: che voi mi pia­cete. Troppo. E ho paura di voi. Ho paura perchè siete una creatura eccessivamente si­cura di voi, della vostra bellezza, del vostro denaro. Ho paura di attaccarmi a una per­sona così inconsistente.

Lucy                       - Inconsistente? Vi sembro proprio in­consistente? (Sorride).

Pietro                     - No. Di quella consistenza lì ne avete abbastanza. Ecco perchè mi sento così timo­roso. (Piano) Mi piacete, furiosamente. Ap­pena vi ho vista comparire, quando ancora non avevate si può dire parlato, ho pensato che sarebbe stata quasi la felicità potervi ba­ciare soltanto la punta delle dita. E se non mi fossi trovato in questo stato, avrei subito smentito mio fratello. Ma potevo in co­scienza presentarmi così sporco ed unto, a rischio di farvi ribrezzo per sempre? No. E allora mi sono trattenuto. E anche ora, mentre si parlava, mentre voi mi eccitavate con la vostra civetteria consumata, rarhna-tissima, venti volte mi è venuta la voglia di prendervi per la vita e di piegarvi la te­sta. Ma non l'ho fatto. Non lo taccio. Non voglio farlo. Ed ora, signora, mi dispiace tanto, ma il nostro colloquio è finito. Ho da sbrigare alcune cose urgentissime. Vi prego...

Lucy                       - Ah, mille grazie. Mi mandate via?

Pietro                     - Suppongo che non abbiamo altro da dirci.

Lucy                       - Infatti. Non abbiamo altro. Good bye. (Raduna i suoi pechinesi. Fa per uscire. Ad un tratto, volgendosi) Però quel libro vi de­scrive più focoso, più impetuoso e travol­gente - (sorride maliziosamente. Quindi con un grande sospiro): Peccato! Poveretto!

Pietro                     - (balzandole vicino) Ah questo no, questo v'impedirò di andarlo a raccontare. (La prende per la vita, le piega la testa, co­me ha detto prima, le incolla le labbra su la bocca. È un bacio lungo. Ella, quasi sof­focata, sembra quasi chieder pietà. Egli si distacca. La fissa, poi, volutamente brutale) E ora, via, signora... (Ella è perplessa, in­capace di capire. Egli aggiunge): Buon­giorno. (E a passi rapidi va verso la casa. Ella resta a guardarlo stupita, indispettita, incredula).

 

CALA LA TELA

ATTO  SECONDO

 Sala a terreno nella villa Lanfranchi. Non ve però nulla ormai che ricordi la classica villa toscana d'un tempo. È uno di quei « living rooms » americani tutti bianchi, modernis­simi, dalle scale leggere aeree, dai mobili stu­pendamente laccati, tra piante e fiori, dalle grandi finestre lucenti. Tutto è nuovo splen­dido ricco. È sera. Le lampade velate sono ac­cese. Lucy e Mrs. Martin in abito lungo sono attorno a un grammofono e cercano in tutti i modi di farlo andare.

Mrs. Martin            - Adesso si è guastato anche il grammofono!

Lucy                       - Ecco. Ecco. Prova ora a metterlo in moto.

Mrs. Martin            - (con una specie di disperazio­ne) Non va, non va. (Prende in una sec­chia posata su un tavolinetto vicino una bot­tiglia di spumante) Vuota.

Lucy                       - Di champagne ce n'è ancora. (Suona. Appare il maggiordomo) Jean. Un'altra bot­tiglia di champagne. Presto. Mrs. Martin ha sete. (// maggiordomo prende il secchio, lo porta via, per riportarlo poco dopo con un'altra bottiglia. Riempirà i calici).

Mrs. Martin            - (accendendo una sigaretta al mozzicone di quella già consumata che sta­va fumando) Non sei stata abbastanza in­sistente con Lord Arthur. Avresti dovuto trattenerlo. Era l'unica persona veramente divertente della compagnia.

Lucy                       - Lord Arthur voleva seguire 'Rende. È chiaro.

Mrs. Martin            - In conclusione, ieri avevamo qua trenta amici, e oggi siamo sole come cani. (Dopo un silenzio) Io non riesco a capire come tu abbia potuto adattarti a que­sta specie di reclusione.

Lucy                       - (con un sospiro) Mah. Non lo capisco neppure io.

Mrs. Martin            - Avresti dovuto mettere dei patti ben chiari: ti sposo -se proprio ci tenevi tanto a sposarlo; ma qui no, eh? Qui, no!

Lucy                       - Invece e stato lui a porre questo patto preciso:  io ti sposo, ma tu ti adatti a re­stare qui?

Mrs. Martin            - (vuotando un calice di spuman­te) E tu hai accettato! (// maggiordomo si ritira).

Lucy                       - Per forza. Allora, lo sai, ero come in­vasata...

Mrs. Martin            - Io non ho rimorsi. Ti ho mes­so in guardia, contro il tuo sentimento. Avevo capito benissimo che non era l'uomo per te. Si, un bel giovine, lo riconosco; ma ammetti che Mary Litton nel suo romanzo aveva lavorato molto di fantasia.

Lucy                       - Purtroppo.

Mrs. Martin            - (trionfante) Ah, mi dai ragio­ne! È la prima volta che lo riconosci in modo così chiaro. Mi dai ragione!

Lucy                       - Ma si, si, si. Come vuoi che te lo dica?

Mrs. Martin            - Ma come si fa a legarsi in questo modo? Se t'era venuto quel capric­cio, era tanto facile soddisfarlo senza...

Lucy                       - Più che riconoscere d'essere stata una stupida, cosa posso fare?

Mrs. Martin            - E intanto, eccoci qua, prigio­niere di questo semiselvaggio, di questo...

 Lucy                      - Ti prego...

Mrs. Martin            - Spero che non lo vorrai difen­dere, dopo che ti obbliga a fare questa vita.

Lucy                       - Perchè fino ad ora io non mi sono ri­bellata.

Mrs. Martin            - Naturalmente.

Lucy                       - Ma non durerà molto.

Mrs. Martin            - Cara ! Ora si che ti ritrovo.

Lucy                       - Dammi le sigarette.

Mrs. Martin            - (con una specie di premura ser­vile) Tieni. (Si affretta ad accenderle la sigaretta) Dov'è? Non è tornato? Dovresti parlargli subito.

Lucy                       - Detesto le scene.

Mrs. Martin            - Credi che ti farà una scena?

Lucy                       - Per onore di firma. Capirai, è la prima volta che ci spieghiamo!

Mrs. Martin            - Io conosco quella specie di uomini.

Lucy                       - (con un sospiro) Anch'io.

Mrs. Martin            - Succederà come quella volta con Donald. Fece tante storie per farsi pa­gare più caro.

Lucy                       - Allora ero giovane, non sapevo... oggi non voglio storie dì quattrini. Tutti i suoi diritti, se crede di averne, li accamperà col mio avvocato.

Mrs. Martin            - Benissimo. Ma pensa, Lucy, do­mani possiamo essere su lo yacht, e tra po­chi giorni a New York. Ho una tale voglia della mia New York! Ritroveremo tutti i nostri amici. Potremo riprendere quelle no­stre scorribande notturne... ti ricordi?

Lucy                       - Bisogna far mettere lo yacht sotto pres­sione.

Mrs. Martin            - Già fatto.

Lucy                       - Come?

Mrs. Martin            - Io prevedevo, mia cara, quello che sta succedendo e...

Lucy                       - Davvero? Hai telefonato al capitano?

Mrs. Martin            - Ma si: lo yacht è pronto. E quando vogliamo partire...

Lucy                       - (saltandole al collo) Sei un tesoro.

Mrs. Martin            - Allora, regalami cinquecento dollari.

Lucy                       - Te ne ho dati cinquecento anche ieri.

Mrs. Martin            - Bob da Parigi me ne ha chie­sti altri cinquecento. Altrimenti non può partire con noi.

Lucy                       - Bob ti manderà in rovina.

Mrs. Martin            - Ci sono già.

Lucy                       - Va bene. Avrai i tuoi cinquecento dol­lari.

Mrs. Martin            - Ancora champagne?

Lucy                       - Ma si. Non si sa cosa fare in questo orribile luogo.

Mrs. Martin            - Tu, facendo venire il tuo ar­chitetto, trasformando così come hai fatto questa vecchia bicocca, credevi veramente di poterci vivere?

Lucy                       - Non te l'ho detto che ero come inva­sata? E poi, si sarebbe potuto ricevere de­centemente qualche amico? Ma non sai che questa gente aveva due soli bagni?

Mrs. Martin            - Due soli bagni?

 Lucy                      - Che andavano a legna. Lo sai che non avevano una ghiacciaia elettrica?

Mrs. Martin            - Oh poveretti!

Lucy                       - Sicché ho dovuto pensare a tutto io.

Mrs. Martin            - Tu?

Lucy                       - Io per modo di dire.

Mrs. Martin            - Naturalmente.

Lucy                       - Ci credi? Oggi non so persuadermi che per quest'uomo avrei fatto delle pazzie...

Mrs. Martin            - Ma ne hai fatta una, cara. E la più grossa: l'hai sposato.

Lucy                       - (alzando le spalle) Oh beh, se non è che per questo!

Mrs. Martin            - Bob io non l'ho mai voluto sposare.

Lucy                       - Andiamo, via, è lui che non ha mai voluto sposar te.

Mrs. Martin            - No, no, ti assicuro...

Lucy                       - Stupida: io so tutto, no?

Mrs. Martin            - (con una sottomissione untuosa) Dio mio, tu sei troppo intelligente: non si può bluffare con te!

Lucy                       - (ride contenta) Ti è parso che Marcel de Santillane mi guardasse molto?

Mrs. Martin            - Marcel è innamorato cotto di te, cara mia.

Lucy                       - È un ragazzo straordinario. Non ho mai trovato un uomo più simpatico di lui.

Mrs. Martin            - Mi ha detto delle cose...

Lucy                       - Di me?

Mrs. Martin            - Naturalmente.

Lucy                       - Che cosa? Che cosa? Perchè non me l'hai detto subito?

Mrs. Martin            - Volevo saper prima se proprio non sentivi più nulla per Pietro.

Lucy                       - Andiamo, questo lo sai da un pezzo.

Mrs. Martin            - Oh non si sa mai, con te!

Lucy                       - Che cosa ti ha detto Marcel?

Mrs. Martin            - (si piega all'orecchio di lei, le mormora qualche parola).

Lucy                       - Davvero? (Scoppia in una risata).

Mrs. Martin            - Questo ti deve lusingare molto.

Lucy                       - Non c'è male. (È felice).

Mrs. Martin            - A mezzanotte gli telefoniamo. Vuoi?

Lucy                       - Certamente.

Mrs. Martin            - Gli diciamo di raggiungerci a Marsiglia. Lo prendiamo a bordo con Bob.

Lucy                       - Sei meravigliosa, Betty. Vuoi altri cin­quecento dollari?

Mrs. Martin            - Me lo domandi? Queste son cose che non si rifiutano mai.

Maggiordomo        - (entrando) Il signor Paolo.

Lucy                       - (con la mente lontana) Il signor Paolo?

Mrs. Martin            - Ma si, tuo cognato.

Lucy                       - Ah, è vero. Ebbene, fatelo passare. (// maggiordomo esce) Che vuoi? L ho visto si e no due volte in tutto, questo cognato.

Mrs. Martin            - (ridendo) E non credo che do­vrai vederlo molte volte di più.

Lucy                       - Lo credo anch'io.

Paolo                      - (entra. Vestito grigio da viaggio) Buonasera, Lucy. Mrs, Martin. (Bacia la mano alle signore).

Lucy                       - Di dove venite?

Paolo                      - Da Amsterdam, non vi ricordate? Partii il giorno stesso del vostro matrimonio.

Lucy                       - Ma già, ora che ci penso, avete tele­grafato del vostro arrivo.

Paolo                      - Ah, avete ricevuto?

Lucy                       - I telegrammi per solito si ricevono.

Paolo                      - Già già, ma siccome non avevo tro­vato una macchina alla stazione...

Lucy                       - Scusate. Mi sono dimenticata di dare il telegramma a Pietro.

Paolo                      - A proposito, dov'è Pietro?

Lucy                       - È partito stamani presto a cavallo. Per che cosa, Betty?

Mrs. Martin            - Per fare una ispezione nei po­deri, mi pare che abbia detto.

Lucy                       - Mi ha fatto comprare per forza una fattoria di centocinquanta poderi...

Paolo                      - La Gamberaia?

Lucy                       - Si. Come lo sapete?

Paolo                      - Ci aveva messo gli occhi da tanto tempo su quella fattoria; ma costava trop­po e...

Mrs. Martin            - Capisco. (Occhiata fra le due donne).

Paolo                      - Immagino come sarà contento Pie­tro. Era il suo sogno. Una fattoria trasan-datissima, ma dove un uomo energico, in­telligente...

Mrs. Martin            - Vi siete divertito ad Amster­dam?

Paolo                      - Moltissimo. I Musei sono interessan­tissimi.

Lucy                       - Sarete stato a Ostenda quest'estate?

Paolo                      - Ostenda? Ah no no! Ostenda non è che una spiaggia.

Lucy                       - E siete rimasto tutto questo tempo ad Amsterdam ?

Paolo                      - Naturalmente. Ho avuto da frugar tanto nelle biblioteche!

Lucy                       - Ah.

Paolo                      - E ho potuto finalmente terminare il mio libro.

Lucy                       - Un romanzo?

Paolo                      - Ohibò, l'opera più completa sulla pit­tura olandese.

Mrs. Martin            - La pittura olandese? Non co­nosco.

Lucy                       - Betty, versa dello champagne. (A Pao­lo) Anche per voi, no?

Paolo                      - No, grazie. Io non bevo mai vino.

Mrs. Martin            - Lo champagne non è vino. (Premurosamente porge il calice a Lucy).

Paolo                      - Ma è tardi. A quest'ora Pietro do­vrebbe essere tornato. Voi non state in pen­siero?

Lucy                       - In pensiero? Perchè?

Paolo                      - Potrebbe essergli successo qualche cosa.

Lucy                       - Oh no!

Mrs. Martin            - Non mettete queste brutte idee in testa a Lucy. È delicatissima. Bisogna che la sua mente sia libera, sempre serena. Non è vero, mia piccola Lucy?

Lucy                       - Betty, tu sei l'unica persona che mi voglia veramente bene in questo mondo.

Paolo                      - (ascolta stupito). (Breve silenzio).

 Lucy                      - A che pensate?

Paolo                      - (scuotendosi) A nulla. Così. (Guar­dando l'orologio) Sono già le dieci. Guai-dina?

Lucy                       - Gualdina?

Paolo                      - La signora Gualdi.

Lucy                       - Ah, quella specie di governante che avevate in casa?

Paolo                      - (inorridito) Non una governante. È stata come una mamma per noi.

Lucy                       - Che fine ha fatto, Betty?

Paolo                      - Come, che fine?

Mrs. Martin            - A un certo momento si è indi­spettita di non poter più spadroneggiare nella casa...

Paolo                      - Spadroneggiare? Ma era tutto qua. Pensava lei a tutte le nostre cose.

Lucy                       - Capirete che non avrebbe potuto più farlo. Qua c'è un maggiordomo, ci sono al­tri domestici.

Paolo                      - Capisco. E dov'è andata?

Lucy                       - Dov'è andata?

Mrs. Martin            - Non si è ritirata presso quel vecchio parente...?

Paolo                      - Lo zio Giulio?

Mrs. Martin            - Un uomo un po' svanito che va per i prati in cerca di farfalle... Quello che ti mise paura un giorno, ti ricordi, Lucy?

Paolo                      - Vi mise paura?

Lucy                       - Lo trovai nel parco. Cominciò a farmi dei discorsi strani: parlava della sua vita, di quello che aveva dovuto fare e dì quello che non aveva mai potuto avere... Una sua manìa, mi dissero dopo.

Paolo                      - E non viene più qua?

Mrs. Martin            - Oh no, per fortuna!

Paolo                      - (si alza, uà verso la finestra. Un silen­zio. Quindi, guardandosi intorno) Ma qui è mutato tutto!

Lucy                       -Vi piace?

Paolo                      - Si si, non dico. Ma è un'altra cosa. Non c'è rimasto nulla.

Mrs. Martin            - Che esagerazione! I muri sono quelli.

Paolo                      - (quasi mormorando) Già, i muri! (Un nuovo silenzio).

Pietro                     - (entra. Porta un vestito alla cacciatora. Alti stivali) Paolo! (/ due fratelli si abbrac­ciano) Ma perchè non avvertire?

Paolo                      - Ho... ho telegrafato troppo tardi. Ed io sono arrivato prima del telegramma, co­me succede qualche volta.

Pietro                     - Buonasera, Lucy, buonasera, Mrs. Martin.

Mrs. Martin            - Buonasera.

Lucy                       - Buonasera, Pietro.

Pietro                     - Un bacio?

Lucy                       - Oh no. Hai la barba lunga.

Pietro                     - Baderò di non pungerti.

Mrs. Martin            - Non insistete. La barba lunga è una cosa detestabile.

Pietro                     - (le dà un'occhiataccia) Davvero non vuoi? (Prende per le mani la moglie. La bacia).

Mrs. Martin            - (con una smorfietta) Oh. Pietro  - (a Lucy) Ti ho punto? Lucy  - No,

 Mrs. Martin           - Io però non avrei...

Pietro                     - Ma scusate perchè ve la prendete tanto? Non ho mica baciato voi.

Mrs. Martin            - Per fortuna!

Pietro                     - Grazie.

Mrs. Martin            - A me non sono mai piaciuti gli uomini brutali. Mr. Paolo si che e un uomo delicato.

Pietro                     - E allora, forza: servitevi.

Paolo                      - Ma cosa dici, Pietro?

Pietro                     - Ma si, Paolo. La povera Mrs. Martin si sente così sola quaggiù, che bisognerà, caro mio, che tu ti dedichi a lei.

Paolo                      - Oh io... non so...

Pietro                     - Se non sai, non dubitare che a inse­gnarti ci pensa lei!

Mrs. Martin            - Siete very impolite, Mr. Pietro.

Pietro                     - Dite pure villano: non me n'ho a male. Anzi... Ma fatemi il piacere di chia­marmi signor Pietro, se non Pietro. Quel Mister mi dà un tale fastidio...

Mrs. Martin            - Perchè?... (Pietro alza le spal­le, non risponde) Voi volete esasperarmi, lo so. Avete cercato di farlo fino dal primo giorno.

Pietro                     - Non ne ho colpa io se le mie rifles­sioni a volte le faccio ad alta voce.

Mrs. Martin            - Se vi dò fastidio in questa casa...

Pietro                     - Dite pure in casa mia. (Punta l'in­dice verso di sé).

Mrs. Martin            - Se vi dò fastidio, ditelo! Di­telo!

Pietro                     - E allora, lo dico: si Mrs. Martin, voi mi siete addirittura intollerabile.

Lucy                       - Pietro!

Pietro                     - Cosa c'è?... (Rivolgendosi di nuovo a Mrs. Martin) E fino dal primo giorno ho avuto una voglia birbona di mettervi alla porta. Invece vi ho seraficamente sop­portata per tutti questi mesi.

Lucy                       - Pietro, ti proibisco...

Pietro                     - Cosa?

Lucy                       - Ti proibisco di continuare.

Pietro                     -A me! Ah! Ah!

Mrs. Martin            - E io non ho sconsigliato Lucy

di sposarvi!

Pietro                     - Sarà l'unica cosa buona che abbiate fatto.

Mrs. Martin            - Perchè, a ciò che sappiate, Lucy non fa nulla senza di me. Non è vero, Lucy? (Lucy non risponde. Continua a fis­sare Pietro) Io sono per lei come una pic­cola sorella.

Pietro                     - Potreste dire come una madre... Mrs. Martin     - Oh!

Pietro                     - Se non fosse dir troppo. Ma vedete, una suocera... si, una suocera come voi, si sopporta appunto perchè è lei che ha messo al mondo il nostro amore. Voi siete una suocera caduta, per modo di dire, dal cielo. E questo francamente è inaccettabile.

Mrs. Martin            - (porta il fazzoletto agli occhi).

Pietro                     - Piangete, ora? Beh, c'era da aspet­tarselo.

Mrs. Martin            - M'insultate, mi umiliate, per­chè io ho perso tutto il mio denaro nell'ul­tima crisi. Se fossi ancora ricca...

Pietro                     - Ah si, proprio a me fa impressione la ricchezza.

Mrs. Martin            - A voi più degli altri.

Pietro                     - Eh?... (Va verso Mrs. Martin) Cosa avete voluto dire?

Mrs. Martin            - Lo sapete benissimo.

Pietro                     - Cosa avete voluto dire? Fuori!

Mrs. Martin            - Perchè allora vi offendete, se credete che non sia vero?

Pietro                     - (è pallido, stringe i pugni. Si vede che si trattiene solamente perchè Mrs. Martin è una donna. Cerca di fare uno sforzo su se stesso: allarga le mani, ha un gesto di com­miserazione) Non mi fate ridere!

Lucy                       - Basta, Pietro. Questa scena è sempli­cemente disgustosa.

Pietro                     - Forse hai ragione. Ma la pazienza ha un limite.

Lucy                       - Anche da parte mia.

Pietro                     - Cosa vuoi dire?

Lucy                       - Che ci siamo sbagliati, tutti e due, forse. Me ne torno via.

Pietro                     - Ah questa è nuova.

Lucy                       - Non è nuova. Avresti dovuto preve­derlo. Perchè perseverare neirerrore? Met riamoci rimedio a tempo.

Pietro                     - Si? E perchè mi hai sposato?

Lucy                       - Perchè mi piacevi, allora.

Pietro                     - Allora?

Lucy                       - D'altra parte sono certa che anche a te la cosa non può far dispiacere.

Pietro                     - Lo credi?

Lucy                       - E perciò ho deciso: me ne vado.

Pietro                     - Aha!

Lucy                       - Avrei voluto partire domani. Dopo quanto è successo preferisco andarmene su­bito. Parto in macchina, con Betty         - (accenna a Mrs. Martin) e la mia cameriera. I bauli seguiranno domani.

Pietro                     - E in America come ci andrai?

Lucy                       - Con lo yacht.

Pietro                     - È in disarmo.

Lucy                       - È già sotto pressione.

Pietro                     - Chi ha dato quest'ordine?

Lucy                       - Fai conto che l'abbia dato io.

Pietro                     - Capisco. Mrs. Martin. La causa di tutto.

Lucy                       - Mrs. Martin è l'unica persona al mon­do che mi sia veramente cara.

Pietro                     - Povera cieca. Non capisci che se noi non siamo ancora nulla l'uno per l'altro e soltanto perchè c'è sempre stata di mezzo lei? E se fra noi non si è stabilita un po' d'intimità è tutto per colpa sua?

Mrs. Martin            - Che cosa ho fatto io?

Pietro                     - Non avete fatto che seminar ziz­zania.

Mrs. Martin            - Zizzania? Cos'è questa ziz­zania?

Pietro                     - È una gran brutta cosa, signora Martin.

Mrs. Martin            - Oh.

Pietro                     - (a Lucy) La mia grande ambizione era quella di fare di te una moglie sul se­rio, non una moglie per burla. La tua vita è sempre stata un giuoco, uno scherzo, una cosa facile e futile: volevo insegnarti eie qui la vita noi si concepisce in un modo di­verso. Macché! Sempre lei. Sempre lei. Più io cercavo di edificare e ^iù lei distruggeva.

Mrs. Martin            - Come?

Pietro                     - Non so. Ma io conosco troppo la vo­stra vita...

Mrs. Martin            - Che cosa conoscete?

Pietro                     - Tutto: dall'a alla zeta. Capirete, li ho anch'io i miei informatori. Conosco il vostro passato tronoo avventuroso, la vostra miseria morale, le bassezze alle quali ricor­rete per fax denaro denaro denaro. Il de­naro che vi serve...

Mrs. Martin            - Basta.

Pietro                     - Avete avuto paura che Lucy si at­taccasse troppo a me, che a un certo mo­mento voi -come sarebbe fatalmente av­venuto -voi perdeste il vostro predo­minio fatto di adulazione di sudicia corti­gianeria. Ah, finalmente! Mi sono liberato.

Lucy                       - E hai fatto bene. Ho visto che tu non hai nessun rispetto per i miei sentimenti...

Pietro                     - Quali sentimenti? Ne esistono forse?

Lucy                       - Tu hai insultato l'unico essere che mi abbia dato delle vere prove d'affetto.

Mrs. Martin            - (in uno slancio esagerato) Lucy cara!

Lucy                       - Non c'è più rimedio. Bisogna sepa­rarci.

Pietro                     - E sia. Ma quando vorrò io.

Lucy                       - No. Subito! Fra un'ora. Vieni, Betty andiamo di sopra.

Pietro                     - Lucy!

Lucy                       - (prende per mano l'amica, la trascina su per la scala. Scompaiono. Un silenzio).

Pietro                     - (muove qualche passo, quindi si fer­ma dinanzi al fratello e dice) Sicuro. È così.

Paolo                      - Ma cosa succede? Io non capisco.

Pietro                     - Quello che doveva succedere. E che io mi sono illuso di poter evitare. Vuoi una sigaretta?

Paolo                      - No. Grazie.

Pietro                     - (dopo aver acceso una sigaretta) L'a­vevo sposata appunto per evitarlo.

Paolo                      - È una donna ribelle.

Pietro                     - Tutte le donne sono ribelli quando non amano.

Paolo                      - E perchè non ti ama? Non ti ha forse sposato?

Pietro                     - Mi ha sposato, ma come un'altra prende un'amante. Nello stesso identico modo. Ma nella mente lei continua ad averci quell'altro.

Paolo                      - Quale?

Pietro                     - Quello del romanzo. Ed io con quel­l'individuo disgraziatamente o fortunata­mente, non so, non ho nessun punto di con­tatto.

Paolo                      - Hai fatto male a sposarla.

Pietro                     - Ma almeno l'ho legata a me, se no, a quest'ora, sai quante leghe avrebbe fatto?

Paolo                      - Dunque le vuoi bene?

Pietro                     - Mah, non te lo so dire. Potrebbe es­sere anche dispetto ora, orgoglio ferito.

Paolo                      - Ma soffri.

Pietro                     - A volte mi dispero, si. Contro un ri­vale vero, di carne e d'ossa, si può lottare. Ma contro un fantasma? E non c'è mica da fargliene troppa colpa, sai? Sarà successo anche a te di vedere, che so, una città dopo averlo tanto desiderato, e di provare un sen­so di delusione. Quella cattedrale, quella fontana erano molto più belle nella nostra fantasia. A lei è accaduto lo stesso-e non è semplice distruggere una illusione invete­rata, sovrapporsi a un'immagine falsa. Non è che io le dispiaccia: anzi il contrario. Ma sono un'altra persona. Mi sono spiegato?

Paolo                      - E allora, meglio lasciarla perdere.

Pietrq                     - Ah, come fai le cose facili tu. Quan­do c'è di mezzo il cuore...

Paolo                      - Ma se hai detto se non sai se l'ami.

Pietro                     - L'ho detto per illudere me stesso, forse perchè vorrei non amarla.

Paolo                      - Allora, ti farà molto soffrire.

Pietro                     - Lo credo anch'io. Ma sono pronto a tutto. Vedi, sposandola, io mi sono detto: questa donna non ha conosciuto che uomini di un mondo superficiale; un uomo diver­so: che lavora, che ha una mèta nella vita, un ideale, la interesserà. E mi sono ingan­nato. Lei mi voleva diverso, si, ma come apparivo nel romanzo e come forse pallida­mente io sono stato in altri tempi, quando il mio cervello non si era ancora maturato. Così non le piaccio. E sai perchè? Perche non mi capisce. Perchè non ha una base di sentimenti solidi. Perchè è passata a traverso la vita senza conoscerne che gli aspetti più gioiosi, più facili. Non ha mai dovuto eser­citare la sua volontà contro cose diffìcili. Tutto ha potuto avere dal giorno che ha aperto gli occhi alla luce. Sicché tutto per lei è senza importanza.

Paolo                      - E allora mi sembra che sia inutile lottare.

Pietro                     - Giorni fa ho letto una bellissima fa­vola, La favola di Godiamo Buddho, il grande Profeta indiano. Sai come lo « Sve­gliato » giunse alla conoscenza della verità?

Paolo                      - No.

Pietro                     - Da giovinetto il padre, perchè non avesse la rivelazione del dolore, lo teneva chiuso nei giardini del palazzo, guardato da uomini armati che dovevano impedire ai poveri, ai malati, ai vecchi distrutti dagli anni di penetrarvi. Egli non doveva cono­scere che gioie e piaceri. Nonostante il do­lore penetrò ugualmente là dentro.

Paolo                      - E come?

Pietro                     - Il principe ebbe quattro visioni che gli insegnarono come a tutte le gioie ter­rene seguano inesorabilmente la vecchiaia, la malattia e la morte. Da allora rinunziò, agli onori, ai piaceri, alle ricchezze e di­ventò... lo « Svegliato », cioè colui che final­mente si desta dal sonno che occupa troppe coscienze umane.

Paolo                      - La favola è bellissima ma non capisco che relazione...

Pietro                     - Lei crede di essere desta, ma dorme, crede di essere libera ed è prigioniera. Del­l'esistenza lei non conosce che gli aspetti falsi ed effimeri. Bisogna svegliarla. Mi ca­pisci? Non conosce il dolore, e quindi non conosce nulla. Guai da coloro che non han­no mai sofferto! Vorrei svegliarla. Ci riu­scirò? Io credo che nel fondo di tutte le anime ci sia qualcosa d'inesplorato e di sor­prendente. Sono come uno che cerca cerca cerca in una galleria oscura. La conquista di un'anima è sempre la migliore conqui­sta. Ci riuscirò?

Paolo                      - Ma parte, sta per partire.

Pietro                     - Chi parte?

Paolo                      - Lei. Non è di sopra a vestirsi?

Pietro                     - Stupido! Da questa casa non si parte senza il mio permesso.

Paolo                      - Batti la testa contro il muro, bada.

Pietro                     - Ebbene, pazienza. Me la romperò. (Con improvvisa decisione): Va di là. Sarai stanco. Avrai sonno. Vattene in camera tua. A domani. (Gli porge la mano).

Paolo                      - (lo guarda un momento. Mormora) A domani. (Esce).

Pietro                     - (resta per un poco soprappensiero quindi suona. Entra il maggiordomo) Vo­glio parlare alla signora... qui. Avvertite la sua cameriera. (// maggiordomo sale la scala. Pietro prende una sigaretta su un tavolo. L'accende. Il maggiordomo appare in cima alla scala).

Pietro                     - (volgendosi) Ebbene?

Maggiordomo        - La signora ha risposto che non può scendere.

Pietro                     - Ripetete che voglio parlarle. (// mag­giordomo si ritira. Pietro aspetta fumando. Appare Lucy. Ha cambiato vestito. È pron­ta per partire. Dice precipitosamente, a voce strozzata).

Lucy                       - Non avete neanche il tatto di serbare le apparenze. Cosa volete?

Pietro                     - Scendi.

Lucy                       - Non posso. Ho fretta. Avanti, cosa volete?

Pietro                     - (calmo) Prima di tutto voglio che tu scenda.

Lucy                       - (scende lentamente qualche scalino) Parlate pure, visto che è per l'ultima volta.

Pietro                     - Perchè per l'ultima volta?

Lucy                       - In che modo debbo dirvi che sono de­cisa ad andarmene?

Pietro                     - Ma via, è uno scherzo.

Lucy                       - È una decisione incrollabile.

Pietro                     - Oh là là!

Lucy                       - Per tutto il resto, potrete intendervi con i miei avvocati.

Pietro                     - Cos'è... tutto il resto?

Lucy                       - Il denaro.

Pietro                     - Ah.

Lucy                       - Io non so come siano le leggi di qua; in ogni modo gli avvocati ci sono per questo.

Pietro                     - Molto bene.

Lucy                       - Non ho altro da dire. (Fa per volgersi).

Pietro                     - Che tu non abbia più nulla da dire può essere per me un vantaggio non di­sprezzabile: così, potrò parlare io.

Lucy                       - Vi ripeto che non ho molto tempo.

Pietro                     - Sono... sono appena le undici. A dir poco, abbiamo davanti a noi tutta la notte.

Lucy                       - Avanti, sbrigatevi.

Pietro                     - Che tono, piccina!

Lucy                       - In vita mia non ho mai adoperato un tono diverso. Non so perchè dovrei mu­tarlo con voi.

Pietro                     - Ma perchè io sono tuo marito, cara.

Lucy                       - (ha un sorriso ironico).

Pietro                     - (senza curarsene) Sicuro, io sono tuo marito. E secondo la legge italiana, tu, pic­cina, mi devi obbedienza.

Lucy                       - Vi ho detto che io non so nulla della legge italiana.

Pietro                     - Eppure ci sono stati letti i  passi del Codice, che riguardano i nostri reciproci doveri e diritti, quando ci siamo sposati.

Lucy                       - Io non ascoltavo.

Pietro                     - Male. Perchè potresti trovarti a qual­che sgradita sorpresa.

 Lucy                      - Non ascoltavo, perchè credevo che non ce ne fosse bisogno. Perchè credevo di amarvi.

Pietro                     - Male, lo stesso. Ma è un errore nel quale cadono molti. Sicché puoi essere scu­sata.

Lucy                       - Voi però avete ascoltato anche per me. Anzi, voi conoscevate già il Codice a mena­dito quando avete voluto sposarmi. Voi sa­pevate che avreste potuto tenermi qua come una schiava, come una prigioniera, che io non avrei potuto fare nulla: che la mia li­bertà mi sarebbe stata tolta per sempre. Voi lo sapevate ed è per questo che avete voluto sposarmi.

Pietro                     - Lo scopo?

Lucy                       - Ma via! Lo scopo e anche troppo chiaro.

Pietro                     - (dopo un momento) Invece tu, mi hai preso pensando che per una ragione o per l'altra, a un certo momento avresti po­tuto mollarmi.

Lucy                       - Cosa c'è d'eterno nella vita?

Pietro                     - Eh, già: noi siamo bensì marito e moglie dinanzi alla Chiesa, a Dio. Ma che importa?... Col denaro...

Lucy                       - So per esperienza che il denaro è una forza irresistibile.

Pietro                     - E hai detto: c'è un uomo così così; da come me l'ha descritto Mary Litton sa fare abbastanza bene all'amore: mi con­viene, me lo compro. E poi, quando ne sono stanca, me ne disfaccio, proprio come con gli altri,

Lucy                       - Perchè no? Come si compra un og­getto che ci piace, perchè non si dovrebbe poter comprare una persona, quando si ha molto denaro?

Pietro                     - La teoria è cinica, ma non priva di logica. Tuttavia devono avertene fatte mol­te nella tua breve e troppo lunga esistenza, non è vero, piccina, per aver cosi poca stima delle persone?

Lucy                       - Si. Ho sempre visto cose e persone piegarsi davanti a me: nessuna coscienza è mai stata capace di resistermi. Se io avessi ordinato anche le cose più brutte, sarei stata obbedita. E allora, che stima volete che io abbia degli uomini?

Pietro                     - Mi hai creduto uno di quelli?

Lucy                       - Ma via ! Se no, perchè avreste insistito tanto per sposarmi?

Pietro                     - Non ammetti che possano esserci stati di mezzo altri sentimenti?

Lucy                       - Dio santo, io non sono poi tanto brutta!

Pietro                     - Questo è vero.

Lucy                       - E allora, siamo saggi: non facciamo storie inutili: mettiamoci d'accordo: è mol­to meglio, per tutti e due.

Pietro                     - Un momento. Vorrei prima sapere in che cosa ti ho tanto delusa.

Lucy                       - Delusa?

Pietro                     - Tu sei venuta in Italia con l'unico scopo di conoscermi, di essere mia; o me­glio di avermi. Non è stato che un ca­priccio?

Lucy                       - Evidentemente.

Pietro                     - Passato quel momento non hai pro­vato più nulla?

Lucy                       - Nulla, perchè non vi avevo mai vo­luto bene.

Pietro                     - Una semplice e malsana curiosità. Nient'altro?

 Lucy                      - Debbo ammetterlo.

Pietro                     - Sai come si chiama questo?

Lucy                       - So che molte volte ci si può ingan­nare anche sui nostri sentimenti: la prova è che vi ho sposato.

Pietro                     - In che modo vi ho delusa?

Lucy                       - È una domanda arrischiata, badate.

Pietro                     - Non importa. Rispondete.

Lucy                       - Non Io so nemmeno io. A un oratto mi sono domandata, perchè diavolo ero an­data a cacciarmi in una avventura di que­sto genere.

Pietro                     - L'altro era molto più affascinante.

Lucy                       - Quale altro?

Pietro                     - Quello del romanzo?

Lucy                       - Non ne parliamo. Mary Litton dev'es­ser proprio una grande scrittrice.

Pietro                     - Tutto questo è molto lusinghiero.

Lucy                       - Per chi?

Pietro                     - Ma.,, per Mary Litton. Ma un'altra cosa io vorrei sapere da te.

Lucy                       - Sentiamo.

Pietro                     - In questo tempo che siamo stati assieme io ti ho molto annoiata?

Lucy                       - Non saprei dirlo. Certo è che io avevo sognato un amore travolgente, esclusivo...

Pietro                     - Romantico?

Lucy                       - Perchè no?... Ed ho trovato un lavo­ratore arrabbiato, un uomo che è capace di lasciare il mio letto per alzarsi alle cinque e andare per i campi, e stare a tu per tu coi fattori per contendere il centesimo. Ho trovato un uomo di una statura molto mol­to più bassa -scusate -di quella che mi ero figurata io.

Pietro                     - E non vi siete mai chiesta perchè mai lo facessi?

Lucy                       - Si. Ho pensato che voi foste un uomo terribilmente interessato; attaccato al de­naro più che a me -che di denaro avrei potuto dar vene tanto! Che bisogno c'era di lavorare quando eravamo già tanto ricchi?

Pietro                     - Ricca sei tu!

Lucy                       - Voi, io: era la stessa cosa. Dunque doveva essere una specie di malattia. Mi siete apparso gretto, meschino.

Pietro                     - Tuttavia denaro non te ne ho mai chiesto.

Lucy                       - Neanche Donald me ne aveva mai chiesto, e m'intentò un processo che mi co­stò un milione di dollari. A volte, in certi uomini, è un'astuzia, per ottenere di più dalla donna che credono innamorata.

Pietro                     - Tu sei molto intelligente.

Lucy                       - Mio Dio, non sono una stupida.

Pietro                     - E non puoi immaginarti come uno resti male a vedersi scoprire così il suo giuoco. Pazienza. Meglio far buon viso a cattiva sorte. Mi arrendo.

Lucy                       - Meno male. Credi che in questo mo­do potremo intenderci molto meglio. Vo­gliamo parlare di affari? Così, alla svelta, tanto che io possa dare una base ai mici avvocati?

Pietro                     - Ma si, parliamone pure.

Lucy                       - Cosa vuoi per lasciarmi libera?

Pietro                     - Ma... bisognerebbe che ci pensassi un poco.

Lucy                       - Andiamo, non vorrai farmi credere di non aver già fatto i tuoi calcoli...

Pietro                     - Sentiamo: quanto desti al tuo pri­mo marito?

Lucy                       - Te l'ho detto, ma m'intentò un pro­cesso. Bada però che eravamo in America. Qua le cose non so come andrebbero a finire per te.

Pietro                     - E allora... quanto saresti disposta a darmi?

Lucy                       - Centomila dollari?

Pietro                     - Sono pochini.

Lucy                       - Duecentomila?

Pietro                     - Pochini, pochini...

Lucy                       - Trecento...

Pietro                     - (che si è avvicinato lentamente a lei, che è faccia contro faccia, alza la mano: le dà uno schiaffo solenne) Impara, bam­bina.

Lucy                       - (più sorpresa che offesa) Pietro!

Pietro                     - E come questo ce ne sono degli altri. A volontà. Tu paghi a suon di dol­lari, vero? Ebbene, io pago a suon di schiaffi     - (le è sempre più sopra).

Lucy                       - Pietro! Vile! Vile! (fa anche lei per mettergli le mani addosso, ma egli l'afferra per i polsi. Ella si dibatte un poco, inutil­mente. Egli la spinge contro una poltrona, ve la butta. E resta con le braccia incrociate dinanzi a lei. Un breve silenzio ansimante. A un tratto, ella fa per fuggire. Egli la trattiene).

Pietro                     - No, piccina. Non abbiamo ancora finito.

Lucy                       - Lasciatemi andare. Siete il primo che abbia osato...

Pietro                     - Meno male! Un primato l'ho anch'io.

Lucy                       - Siete un bruto.

Pietro                     - Solo in certi casi.

Lucy                       - Non voglio restare in questa casa un minuto di più.

Pietro                     - Ti sbagli. Tu non ti muoverai di qui.

Lucy                       - Chiamerò i miei avvocati.

Pietro                     - Me ne infischio.

Lucy                       - Chiamerò i miei amici.

Pietro                     - Me ne infischio.

Lucy                       - Chiamerò la polizia.

Pietro                     - Me ne infischio. Perchè la Legge, se Dio vuole, è dalla mia parte. Tu sei mia moglie. Ti tengo.

Lucy                       - Voi mi avete picchiata.

Pietro                     - Ma quando mi hai provocato!

Lucy                       - Lasciatemi andare.

Pietro                     - No! No! No!

Lucy                       - Ma perchè infine?

 Pietro                    - Perchè ti voglio bene, stupida che non sei altro. Ti voglio bene. Io si, dav­vero... Non come te che ti sei innamorata di un fantasma e non pensi che a quello. Io mi sono innamorato di te, della tua per­sona: dei tuoi occhi, dei tuoi capelli, della tua bocca. Di te cosi come sei, coi tuoi capricci, con le tue stravaganze, con le tue pazzie... e siccome sei mia, non ti lascio scappare, capisci? Non ti lascio scappare.

Lucy                       - Mai più sarò vostra.

Pietro                     - Io voglio scacciarlo quel fantasma che t'impedisce di vedermi come sono ve­ramente e forse di amarmi. C'è quell'in­truso fra noi. Via via. Bisogna mandar­lo via.

Lucy                       - Non ci riuscirete. Perchè io amavo quello. Voi non vi amo.

Pietro                     - Non importa. Io voglio tentare lo stesso. Forse è un'impresa disperata. Non importa. Le cose difficili mi sono sempre piaciute.

Lucy                       - Non ve ne darò il tempo.

Pietro                     - Hai paura di scoprire che, in fine dei conti, non ti sono del tutto indifferente?

Lucy                       - Voi? Non mi fate ridere.

Pietro                     - Ma si che hai paura. Ed è per que­sto che te ne vuoi andare. Per salvare, se­condo te, la tua libertà, prima che sia trop­po tardi. Perchè temi di doverti attaccare insensibilmente a me, a questa casa, a tutte le cose che io amo: a queste terre.

Lucy                       - Non c'è pericolo. Questo posto io l'odio, mi ci sento soffocare, maledico il giorno che ci sono venuta!

Pietro                     - A questo punto?

Lucy                       - E qualunque cosa facciate, io troverò il modo di andarmene. È inutile che arzi­gogoliate tanto: al vostro amore non ci credo, non ci crederò mai. Se mi amaste davvero non mi terreste come una schiava: mi lascereste vivere a modo mio, come ho fatto sino ad ora. Dunque voi non mi amate. È soltanto una questione di punti­glio, di prestigio maschile, pover'uomo che non siete altro.

Pietro                     - E sei sempre convinta che il mio scopo reale sia di prenderti quanto più denaro è possibile?

Lucy                       - Più che mai.

Pietro                     - E allora sappi che il tuo denaro mi fa semplicemente compassione, che di là ci sono i conti, fino all'ultimo centesimo, della Tenuta che ti ho fatto comprare...

Lucy                       - È vostra: tenetevela.

Pietro                     - No. È tua. Ma questa casa è mia: i lavori che tu hai voluti mi hanno quasi rovinato: non importa. Di tuo non ho pre­so neanche un centesimo. I tuoi ospiti, i tuoi parassiti, in tutto cjuesto tempo, li ho mantenuti io. Questa legione di servi li ho pagati io.

Lucy                       - Sarete rimborsato.

Pietro                     - No. Non voglio nulla. Dalle mie parti si usa così, almeno fra gente per bene. Ma voi queste cose siete incapace di ca­pirle: non avete neanche una briciola di senso morale. Siete un povero essere che forse bisognerebbe compiangere. Andate. Siete libera. Non voglio sentir più parlare di voi. Andatevene col vostro yacnt, coi vostri dollari. Tornatevene pure al vostro paese. Qui nessuno vi rimpiangerà.

Lucy                       - Volete fare la figura di mandarmi via ?

Pietro                     - Altro che figura! Vi mando via. Sono io ora a non volere che restiate. Ma, piccina, almeno uno l'avete trovato che vi trattasse da pari a pari. E sono contento che siate venuta a cercarlo qui.

Lucy                       - Vi odio.

Pietro                     - Beh, meno male. L'odio è già un sentimento. Addio (ed esce).

Lucy                       - (sbigottita, livida, non trova la forza di fare un movimento. Inconsciamente conti­nua a fissare la porta per la quale è uscito Pietro).

Mrs. Martin            - (pronta per partire, dall'alto) Lucy!

Lucy                       - (si volge, batte le palpebre nervosamen­te, come se la voce di Mrs. Martin l'avesse svegliata all'improvviso) Cosa vuoi?

Mrs. Martin            - La macchina aspetta.

Lucy                       - Aspetta? Ebbene, parti tu.

Mrs. Martin            - Come?

Lucy                       - Parti tu.

Mrs. Martin            - Vuoi restare?

Lucy                       - Si, per vederci chiaro. Non ho sempre soddisfatto tutte le mie curiosità nella vita? Ebbene, voglio soddisfare anche questa. Sono curiosa curiosa curiosa.

Mrs. Martin            - Non capisco.

Lucy                       - Nemmeno io. Ed appunto per questo voglio restare. Per capire. Perche, se fosse veramente così, sarebbe un bel fenomeno, sai?

Mrs. Martin            - Ma chi?

Lucy                       - Non ti riguarda. Alla peggio ti rag­giungerò. Ma ora vattene. Vattene, ti ho detto. (// tono della sua voce è perentorio: quasi quello d'una padrona. Mrs. Martin capisce che sarebbe imprudente replicare. Si ritira. Ella appoggia il mento su la mano. Riflette).

CALA LA TELA

ATTO   TERZO

La stessa scena del primo atto. È la fine di una bella giornata autunnale.

Pietro                     - (scende la breve scala della casa e a braccia aperte va verso il viale) Gualdina ! Gualdina bella! Finalmente! (Entra la si­gnora Gualdi accompagnata dallo zio Giulio).

Giulio                     - Sono stato bravo? Te l'ho riportata.

Pietro                     - Come stai, Gualdina? (l'abbraccia e la bacia).

Sig.ra Gualdi          - Meglio, molto meglio ora. Crisi non ne ho avute più.

Pietro                     - Ringraziamo Dio.

Sig.ra Gualdi          - Figurati che resto lì come morta. Bianca bianca, dicono.

Pietro                     - Non bisogna pensarci. Non ci sei tornata a casa tua? E dunque? Da oggi si riprende la vita di prima.

Sig.ra Gualdi          - Finalmente!

Giulio                     - Grazie tante! Ci siete stata poi tanto male da me?

Sig.ra Gualdi          - No. Ma...

Giulio                     - Io sì che sentirò la vostra mancanza. Mi faceva certi dolci, tu sapessi...

Sig.ra Gualdi          - (piano a Pietro) Con la sac­carina. E non se n'è mai accorto. (Ride fur­bescamente).

Giulio                     - Il dottore non sapeva capacitarsi co­me con tutto lo zucchero che mangiavo, non avessi disturbi gravi.

Sig.ra Gualdi          - Adesso dovreste mettervi a regime. Indolcir tutto con la saccarina.

Giulio                     - Per carità! Non mi parlate di sac­carina. Meglio le cose amare.

Sig.ra Gualdi          - (dando del gomito a Pietro) Cosa vuol dire l'illusione, eh?

Pietro                     - (ride compiacentemente con lei. Quin­di, volgendosi verso l'aitò) Paolo! Paolo! Vieni giù. È tornata Gualdina.

Sig.ra Gualdi          - E tu... come vai?

Pietro                     - Come vuoi che vada? Al solito.

Sig.ra Gualdi          - Quando parte?

Pietro                     - Chi?

Sig.ra Gualdi          - Quella.

Pietro                     - Ah, mia moglie?... Non lo so.

Sig.ra Gualdi          - Ma... ho sentito dire...

Pietro                     - Già, anch'io.

Sig.ra Gualdi          - Non vi parlate?

Pietro                     - È più d'un mese. Da una certa sera...

Sig.ra Gualdi          - So che è stata poco bene.

Pietro                     - Crisi nervose, sembra. Ma io ho pregato il medico di esagerare la gravità del suo male.

Sig.ra Gualdi          - Perchè?

Pietro                     - (enigmatico) Mah! Così... Le ho fatto ordinare un'assoluto riposo. Ora sta meglio, pare. E parte. Almeno così ho sen­tito dire.

Giulio                     - So che la sua amica se n'è andata, che se n'è andata la sua cameriera...

Pietro                     - ...già. (Entra Paolo).

Sig.ra Gualdi          - Paolo!

Paolo                      - Gualdina! (si abbracciano) Zio Giu­lio...

Giulio                     - E finitela con tutti quegli sbaciuc-chiamenti.

 Sig.ra Gualdi         - Oh, state un po' zitto voi. Parla per invidia, sai? (come a un bam­bino) Sei palliduccio. Ti applichi troppo.

Paolo                      - Ma no! Ma no! (Sulla soglia di casa appare Lucy. Segue un silenzio imbarazzato, lievemente osttlé)

Lucy                       - Paolo, la mia poltrona a sdraio, per favore. (Paolo entra in casa).

Sig.ra Gualdi          - (a Pietro) Io vado a mettere un po' in ordine la mia roba.

Giulio                     - Non vorrete far tutte quelle scale da sola. V'accompagno.

Sig.ra Gualdi          - Grazie. (Intanto Lucy ha sceso i pochi gradini; la signora Gualdi passando dinanzi a lei china leggermente la testa in atto di saluto; quindi con lo zio Giulio, fiero, pomposo, a testa alta, sale dall'altra parte. Paolo, aiutato dal maggior­domo che subito si è ritirato, ha portato a poltrona. Pietro posa una mano sulle spal­le del fratello e fa per condurlo con se).

Lucy                       - Pietro!

Pietro                     - (si sofferma volgendosi).

Lucy                       - Restate un momento.

Pietro                     - Mi dispiace, ma non posso proprio. Sono aspettato nello studio, e...

Lucy                       - Vi prego di rimanere. (Rivolta al co­gnato) Paolo, per favore.

Pietro                     - (trattenendo Paolo) Se avete da dire qualcosa potete parlare con lui. Io e Paolo... è come se fossimo la stessa persona.

Lucy                       - Scusate, ma desidero proprio parlare con voi.

Pietro                     - Sapete bene che finora ho evitato...

Lucy                       - Lo so. E appunto per questo è neces­sario spiegare alcune cose, prima della mia partenza. Giacché, non so se questo Io sa­pete, ho deciso di partire.

Pietro                     - Non e cosa che mi riguarda. Per me, avreste potuto partire anche un me­se fa.

Lucy                       - Ma che sono stata poco bene lo sa­pete?

Pietro                     - Ah, si?

Lucy                       - Andiamo, se il medico è venuto ogni giorno!

Pietro                     - Oh, io sto così poco in casa...

Lucy                       - (per congedare Paolo) Paolo... (Pao­lo esce. Un breve silenzio). Prima di tutto datemi la chiave del bar.

Pietro                     - Ah, era per questo?

Lucy                       - Anche per questo. Datemi la chiave del bar.

Pietro                     - Subito. (La stacca da un mazzo di altre chiavi. Glie la porge). A voi.

Lucy                       - No! Tenetela pure.

Pietro                     - (meravigliato) Oh beh, se fate così per divertirvi...

Lucy                       - Volevo unicamente sapere se l'avevate tolta per me, perchè i liquori mi fanno male, oppure per le persone di servizio.

Pietro                     - Per le persone di servizio, natural­mente. Sono diffidente e avaro per natura.

Lucy                       - E allora perchè distribuite diecine di migliaia di lire alle cameriere?

Pietro                     - Veramente gli amori ancillari non mi sono mai piaciuti.

Lucy                       - Non pertanto almeno con una came­riera siete stato splendido.

 Pietro                    - Con quale, di grazia?

Lucy                       - Con la mia.

Pietro                     - Non so chi possa avervi raccontato una fandonia simile.

Lucy                       - L'interessata stessa.

Pietro                     - Oh guarda! (La fissa curiosamente).

Lucy                       - Avevo Dolly da cinque anni; mi è più fedele dei miei pechinesi. Potevate sup­porre che non mi dicesse nulla? Siete piut­tosto ingenuo.

Pietro                     - A quanto pare...

Lucy                       - Le ho consigliato io d'accettare la vostra offerta.

Pietro                     - Ah!

Lucy                       - A costo di rimaner priva di una per­sona come quella. Non so quale altra don­na avrebbe fatto altrettanto.

Pietro                     - Siete eroica.

Lucy                       - Sono curiosa...

Pietro                     - ...fino al sacrificio. (Ride).

Lucy                       - Volevo vedere che cosa nascondesse tutto questo armeggìo.

Pietro                     - Quale armeggìo?

Lucy                       - Voi avete voluto fare il vuoto intorno a me: questo è evidente. Mi meraviglio anzi che non abbiate mandato via anche il maggiordomo.

Pietro                     - Lo farò presto.

Lucy                       - Non per economia, in ogni caso. Per­chè con Dolly siete stato più che generoso.

Pietro                     - Ho avuto compassione della sua sa­lute così malferma...

Lucy                       - E l'avete spedita in -Riviera. Che al­truismo!

Pietro                     - (stringendosi nelle spalle) Mah! (Fa per andarsene).

Lucy                       - No! Non ancora.

Pietro                     - Vi ripeto che ho fretta.

Lucy                       - Sapete perchè rimasi quella sera?

Pietro                     - (fa un gesto come a dire che non lo sa).

Lucy                       - Per cercare di capirvi.

Pietro                     - E pure credo che tutto nella mia vita sia chiaro come il sole.

Lucy                       - Tranne l'episodio di Dolly... Per cer­care di capirvi, ripeto; se non che, da quella sera, voi mi avete sempre sfuggita. Tra noi non è stato possibile il menomo contatto.

Pietro                     - Ma, se non sbaglio, contatti con me desideravate non averne più?

Lucy                       - Ho pensato che potevo anche essermi sbagliata sul vostro conto. Mi è parso per un momento che tutte le mie idee su la vita, su gli uomini si fossero capovolte. Poteva essere anche interessante. Soltanto, biso­gnava mettere un po' d'ordine in questa confusione. Bisognava sopratutto veder chiaro in voi. E voi vi siete sottratto a ogni tentativo che...

Pietro                     - Che volete, io non credo ai senti­menti che nascono nel cervello.

Lucy                       - In ogni modo la cosa avrebbe dovuto lusingarvi.

Pietro                     - Me? Vi avevo dato tempo per ca­pirmi, se aveste voluto. E voi avete sempre preferito i vostri amici, la vostra signora Martin, il duca di Santillane, i balli, le pi­scine e il resto. Ve ne faccio una colpa re­lativa, intendiamoci bene: voi eravate semvano dato un'anima agli alberi, alle acque, insomma a tutte le cose,

Lucy                       - E voi credete veramente a quello che dite?

Paolo                      - (con grande semplicità) Ma si, certo.

Lucy                       - Perchè allora restate sempre fra i vo­stri libri?

Paolo                      - Non tanto da non partecipare alla vita che si svolge intorno a me. Un'anima sensibile è sempre curiosa.

Lucy                       - Anch'io ho osservato qualche cosa: questi contadini, per esempio, li ho visti portare enormi fasci di legna, ho visto delle donne incinte portare al forno tavolate di pane, ho sentito un uomo moribondo una volta gridare dal letto al suo ragazzo come doveva fare a governare una bestia am­malata... quel disgraziato si preoccupava più della sua bestia che di se stesso. Mi sono parse tutte cose orribili: una vita spe­sa in questo modo non è una vita.

Paolo                      - Potrebbe anche essere la migliore delle vite.

Lucy                       - Chi può farlo, per me, non ha che un dovere: cercare di dimenticare più mi­serie che può.

Paolo                      - Un dovere verso chi?

Lucy                       - Verso se stesso.

Paolo                      - Povera Lucy!

Lucy                       - Mi compiangete?

Paolo                      - Eh si! Mi date una grande tristezza.

Lucy                       - Perchè?

Paolo                      - Oh, non per voi.

Lucy                       - Per chi allora?

Paolo                      - (pentito) Nulla! Nulla!

Lucy                       - No. Cosa volevate dire?

Paolo                      - Nulla, vi ripeto.

Lucy                       - Sono una creatura che non sente nulla, anche per voi?

Paolo                      - D'altronde, non ne avete colpa. Ci sono pure i sordomuti nel mondo, i ciechi nati; e per questo si dovrebbero disprez­zare?

Lucy                       - Siete proprio come vostro fratello. Tutti così in famiglia. Speravo di poter trovare in voi un amico, uno che potesse capirmi: mi dite anche voi delle cose sgra­devoli. Infine che cosa credete d'essere, voialtri? Che cosa credete d'essere? Siete dei contadini, ottusi, gretti che non sapete vedere più in là del vostro naso. Vi at­teggiate a uomini superiori, e non vi ac­corgete che siete semplicemente ridicoli. Ah, basta! Basta! Qua si finisce col soffo­care, se niente niente uno si adagia in que­sta atmosfera. Il vostro sentimentalismo falso, fatto di piccole miserie, di ripicchi, di puntigli, mi è diventato odioso. Per un momento mi sono lasciata imbrogliare dal­le spavalderie di vostro fratello, ma è finita, se Dio vuole! Io tornerò ad essere quella di prima, e voi restatevene pure quelli che siete. Buon prò vi faccia. Ma io sono stanca stanca stanca di far la pecora nera. Io so di valere molto ma molto più di voi. Di sensibilità credo di non averne meno di voi. Io mantengo tre asili infantili, se non lo sapete, a New York, e mio padre ha fondato due case per la maternità. Basta, basta! La mia curiosità è soddisfatta. Ora so benissimo chi siete. Lo so anche troppo bene.

Paolo                      - (guardando Lucy, dolcemente) Ma Lucy, che cosa avete con me?

Lucy                       - Con voi? Nulla. L'ho con tutti.

Paolo                      - Che cosa vi abbiamo fatto?

Lucy                       - Che cosa mi avete fatto? Non lo so. So soltanto che ero felice capite? Felice. E ora non lo sono più. Non mi ritrovo. Non mi so più ritrovare. Non conosco più i miei sentimenti. Non so più quello che voglio. O meglio, questo lo so: andarme­ne, andarmene al più presto. Per non ve­dervi più, nessuno di quanti siete.

Paolo                      - (dopo un momento) È molto tri­ste, Lucy.

Lucy                       - Si: è molto triste.

Paolo                      - E non potere far nulla, per voi.

Lucy                       - Pazienza. (Paolo china il capo un silenzio). (Bruscamente) Ora, se volete, po­tete anche raggiungere vostro fratello; però, passando, mandatemi la signora Gualdi.

Paolo                      - Va bene.

Lucy                       - Grazie. (Paolo esce Lucy lo guarda uscire: poi va nel fondo lentamente» le braccia conserte. Resta così, in piedi, qual­che momento, contro il cielo che impalli­disce).

Sig.ra Gualdi          - (scende lentamente i gradini della casa)  (Lucy si volge) Avete bisogno di me, signora?

Lucy                       - Avevo stabilito di partire quest'altra settimana, ma anticiperò.

Sig.ra Gualdi          - Va bene.

Lucy                       - Bisogna preparare i bauli; sono senza una cameriera, come saprete. Qualcuno do­vrà provvedere.

Sig.ra Gualdi          - Va bene. Penserò io.

Lucy                       - Rimanderò Jean sullo yacht. Così sa­rete liberata dalla sua presenza. E in casa potrete far tutto di vostra testa.

Sig.ra Gualdi          - Io cerco di far tutto per il bene dei ragazzi.

Lucy                       - Di Pietro specialmente, vero? Il vostro prediletto.

Sig.ra Gualdi          - Si: sopratutto di Pietro, che è quello che ne ha più bisogno.

Lucy                       - D'ora innanzi nessuno vi darà più noia.

Sig.ra Gualdi          - Non vi capisco.

Lucy                       - So benissimo che Pietro subisce enor­memente la vostra influenza.

Sig.ra Gualdi          - La mia?

Lucy                       - Pietro può anche essere un uomo in­teressante, ma è troppo provinciale.

Sig.ra Gualdi          - Questa non la considero una offesa.

Lucy                       - E i provinciali restano anche da vec­chi sotto il dominio del padre, della madre, o di chi ne fa le veci. Non acquistano mai una vera personalità. Ma badate, ve l'av­verto, voi lo rovinate quel ragazzo.

Sig.ra Gualdi          - In ogni caso non più di quan­to abbiate fatto voi.

Lucy                       - Come vi permettete?

Sig.ra Gualdi          - E voi, come vi permettete?

Lucy                       - Io sono sua moglie.

Sig.ra Gualdi          - Per troppo poco tempo si­gnora, perchè possa dimenticare quella che gli ha ratto da madre.

Lucy                       - Siete pazza, a parlare cosi?

Sig.ra Gualdi          - No, signora, state tranquilla: io sono savia I

 Lucy                      - Siete voi, vero, che continuate a met­tergli male di me? Siete voi, lo so, la mia peggiore nemica qua dentro.

Sig.ra Gualdi          - Rassicuratevi, signora: qua non avete che una nemica sola: voi stessa.

Lucy                       - Voi mi avete giurato un odio eterno perchè vi ho mandato via di casa.

Sig.ra Gualdi          - Io non ho mai odiato nessuno.

Lucy                       - Ma sapete perchè vi ho mandato via? Perchè io avevo sentito nel vostro atteggia­mento falsamente, ipocritamente sottomes­so, un'ostilità chiusa, che in tutti i modi avrebbe cercato di farmi del male. Eravate voi che senza parere facevate notare a Pie­tro tutte le cose che a voi non garbavano. Lo so.

Sig.ra Gualdi          - È tanto ingiusto quello che dite che non cerco nemmeno di negare.

Lucy                       - È un atteggiamento comodo.

Sig.ra Gualdi          - È l'atteggiamento di chi si sa innocente, signora mia.

Lucy                       - Ma negate, via, che mi odiate?

Sig.ra Gualdi          - Vi ripeto che io sono incapace di questo sentimento. Non vi odio. E non vi porto nemmeno rancore per tutto il male che gli fate.

Lucy                       - Io a lui? Dite piuttosto tutto il male che lui ha fatto a me.

Sig.ra Gualdi          - Lui non ha avuto che il torto di volervi troppo bene: mentre voi non lo avete amato mai.

Lucy                       - L'ho sposato però.

Sig.ra Gualdi          - Di lui non avete saputo ve­dere altro che le doti fisiche. E questo, al mio paese, signora, si chiama...

Lucy                       - State zitta!

Sig.ra Gualdi          - E sia! La cosa però resta. Ed è così. E nessuno potrà mai negare che sia così.

Lucy                       - Ecco che vicn fuori il vostro veleno. Vien fuori. È il veleno di chi nella vita non è mai stato nulla: ed ha invidia degli altri.

Sig.ra Gualdi          - Come mi conoscete malel Ma­gari foste stata la donna per il mio Pietro.

Lucy                       - Il vostro Pietro.

Sig.ra Gualdi          - Il mio Pietro, si: il mio caro ragazzo!

Lucy                       - Un amore fatto d'interesse: la casa dove si può mangiare quando non si è mai poseduta un'altra casa.

Sig.ra Gualdi          - Ritirate quello che avete detto.

Lucy                       - A me, date degli ordini, voi che qua dentro siete poco più d'una serva?

Sig.ra Gualdi          - Vergogna! Vergogna dire questo a me! Vergogna!

Lucy                       - Come scotta la verità I

Sig.ra Gualdi          - Siete una... una... ah! ah! (Ella impallidisce, cerca a tastoni una sedia, vi cade sopra. Il suo seno palpita affannosa­mente).

Lucy                       - (correndo a lei) Signora Gualdi! Si­gnora Gualdi!

Sig.ra Gualdi          - (chiude gli occhi. Il suo seno palpita sempre più affannosamente).

Lucy                       - Signora Gualdi!... Che avete?... Non volevo. Vi giuro che non volevo... Oh Dio, tornate in voi, andiamo... che cosa ho fatto? Signora Gualdi... Non sapevo più quello che mi dicevo. Sono come pazza da qual­che giorno, se sapeste... Non ragiono più... Non so neanche io quello che dico... Signo­ra Gualdi! Andiamo, tornate in voi... (La Sig.ra Gualdi ha reclinato il capo su la spalliera, le sue mani sono inerti. Lucy si alza, piena di terrore. Resta un momento immobile dinanzi a quella figura nera. Si avvicina piano piano, le prende una mano: ma la mano ricade pesantemente. Allora Lucy getta un grido di terrore) Pietro! Aiu­to! Pietro!

Pietro                     - (viene correndo con Paolo) Che c'è? (Ella si getta tra le sue braccia, si avvinghia al collo di lui. La sera è calata).

Lucy                       - La signora Gualdi, Pietro! (Pietro e Paolo si volgono, vedono la sig.ra Gualdi priva di sensi).

Paolo                      - Gualdina!

Pietro                     - Gualdina!

Lucy                       - Non mi lasciare. (Paolo s'inginocchia presso la vecchia).

Pietro                     - (quasi brutalmente) E sta buona. (Si distacca dalla moglie. Lucy immobile, le mani tra i capelli, aspetta) Gualdina!

Sig.ra Gualdi          - (riaprendo gli occhi) Vi siete spaventati? (Lucy continua a fissarla impie­trita. (A Lucy) Non è nulla, signora. Me l'ha fatto altre volte. Non è nulla. Non è il caso di spaventarsi così.

Lucy                       - (corre a lei, cade in ginocchio, le appog-poggia una guancia sulle mani).

Sig.ra Gualdi          - Non è nulla. (Ella fa per al­zarsi).

Pierto                     - Non ti muovere.

Sig.ra Gualdi          - Macché! Macché! Vado a co­ricarmi un momento. Paolo mi accompa­gnerà su. Non è vero, Paolo?

Paolo                      - Ma certo, Gualdina.

Pietro                     - Ti accompagno anch'io.

Sig.ra Gualdi          - No. Tu resta. Non vedi in che stato è tua moglie? (Sorretta da Paolo, la sig.ra Gualdi entra in casa).

Pietro                     - (a Lucy) Ma che hai? È finito tutto.

Lucy                       - (tutta tremante, con le mani infisse nei capelli) Tu l'avessi vista. È rimasta lì come morta. Aveva perfino le mani fredde. Non avevo mai visto un morto. È una cosa tre­menda.

Pietro                     - Calmati. Non è il caso...

Lucy                       - E non ha detto nulla !

Pietro                     - Che cosa avrebbe dovuto dire?

Lucy                       - Quello che le ho fatto. Che è stato per colpa mia.

Pietro                     - Come?

Lucy                       - Le ho detto delle cose atroci. Che non sono vere. Lo sapevo che non erano vere. E le dicevo lo stesso. Perchè provavo il bi­sogno di far male a qualcuno. Volevo farmi sentire anche qua. Volevo impormi. Volevo provare a me stessa che esistevo sempre. Che non mi avevate soffocata. Che non ero di­ventata una cosa vostra... È una cosa tre­menda, la morte,.. Anch'io un giorno sarò così.

Pietro                     - Ma va. Tu sci giovane.

Lucy                       - No! Due mie amiche sono morte Tan­no scorso. Erano giovani come me. E sono morte. E neanche io sarò più nulla. Più nulla. (Si getta su la poltrona. Singhiozza forte).

Pietro                     - (in piedi, la guarda un momento; quin­di le si avvicina. Le mormora) Andiamo. Calmati.

Lucy                       - (continua a singhiozzare).

Pietro                     - (quasi involontariamente le posa una mano sulla testa) Calmati ti dico. (Ella af­ferra quella mano).

Lucy                       - Non mi lasciare. Non mi lasciare più. Ho tanta paura.

Pietro                     - Ah, per questo vuoi che non ti lasci più?

Lucy                       - (tenendo sempre stretta la mano di lui) Non ci avevo mai pensato alla morte.

Pietro                     - A parecchie cose tu non hai mai pensato.

Lucy                       - Si. Ora vedo, però. Mi avevi lasciata sola, perchè mi trovassi sola con me stessa e a poco a poco cominciassi a guardarmi in­torno.. E capissi che la vita è una cosa tre­mendamente seria.

Pietro                     - Ho piacere che tu abbia imparato Qualcosa. Ma ora debbo andare. Ho lo stu­dio pieno d'operai, di contadini.

Lucy                       - Non lasciarmi.

Pietro                     - Si potrebbe telegrafare alla signora Martin, semmai.

Lucy                       - Non scherzare, ti prego.

Pietro                     - Che vuoi, quando non ci sono di mezzo i Santi, io ai miracoli ci credo poco...

Lucy                       - Non capisci che ho un terrore spaven­toso di restar sola un'altra volta: che ho un terrore spaventoso della mia vita così com'è?

Pietro                     - Della vita? Diciamo piuttosto della morte. Ma sono di quei terrori che passano dopo un po' di tempo: e uno non ci pensa più.

Lucy                       - Forse. Ma non sono più quella di prima.

Pietro                     - Sarebbe troppo bello, se fosse vero!

Lucy                       - È stato fino da quella sera: in un lam­po ho visto quello che non mi sarei mai im­maginata. È bastato perchè aprissi gli occhi per sempre.

Pietro                     - Se fosse vero...

Lucy                       - Sarebbe tutta opera tua. Senza di te sarei passata via come un'incosciente. Non mi abbandonare. Sono io che te lo chiedo. Più di così che cosa posso fare?

Pietro                     - Mahl Se fosse veramente accaduto, ci sarebbe da provar quasi un po' di rimorso.

Lucy                       - Che cosa dici?

Pietro                     - (quasi fra sé) Non è forse una specie di felicita il sonno? Si ha il diritto di sve­gliare uno che dorme, che sogna?

 Lucy                      - Quando ti dico che in questo momento io sono contenta così!

Pietro                     - In questo momento perchè provi il bisogno di appoggiarti a qualcuno. Ma do­mani? E sarebbe male. Per te e anche per me.

Lucy                       - Lo so.

Pietro                     - Te ne prego, Lucy, non mi dare questa illusione, se non sei sicura di te stes­sa. Tu mi hai preso come una prende un amante, non è vero? Ed io invece ti ho presa come si prende una moglie. E questo ho vo­luto che tu diventassi: una donna, vera; con un cuore, con un'anima.

Lucy                       - (stringendosi a lui) Pietro.

Pietro                     - Vorrei che d'ora innanzi tu fossi la mia compagna, quella che resta fino all'ul­timo, che dà dei figli... no, te ne prego, non dirmi che farai tutto quello che vorrò. È troppo presto, ti ripeto, perchè tu possa co­noscere i tuoi sentimenti... Restiamo come siamo vissuti in questi giorni. Un po' più affettuosi, se vuoi: fratello e sorella. Restia­mo così... per ora.

Lucy                       - (piegando la testa) Ma non ti ho detto...

Pietro                     - No. Inutile. Guarda, avevo deciso di mandare il fattore per alcuni giorni ai poderi della Gambcraia... Ebbene, ci va­do io.

Lucy                       - Tu?

Pietro                     - Si. E parto subito.

Lucy                       - Ma è sciocco questo.

Pietro                     - Lo vedi? E dici d'essere mutata, d'a­vermi compreso! Non capisci ch'io non vo­glio approfittarmi di questa crisi, di questo smarrimento che può anche essere passeg­gero? Sei ancora tutta spaurita. Mi parreb­be di commettere quasi una viltà: contro di te, e anche contro me stesso. Se devi tor­nare a rne, devi tornarvi pienamente co­sciente, persuasa... Tornerò giovedì, e se ti troverò ancora qui, vorrà dire...

Lucy                       - Che ti voglio bene davvero?

Pietro                     - Ecco. (Dopo un istante) E adesso... qua le mani. Tutte e due. Così. Guardia­moci bene. Fiducia reciproca, eh? Siamo intesi? (D'improvviso ella fa per abbando­nare la testa sul petto di lui) No! Guarda: soltanto ora avviene il nostro fidanzamento. Siamo come due che si sono appena cono­sciuti, e che vogliono provare se sono fatti l'uno per l'altro.

Lucy                       - (con deliziosa malizia) Ma via, Pietro, questo è esagerato. Non abbiamo mica pas­sato dei brutti momenti insieme!

Pietro                     - Dimenticare. Dimenticare tutto. Tut­to nuovo. Tutto pulito. E tutto, credo, ci parrà molto più bello. Ci stai? Mi vuoi ob­bedire?

Lucy                       - (con un soffio) ...si.

Pietro                     - Addio, dunque. (Egli s'allontana a passi forti, decisi. Ella lo guarda uscire. Ha un sospiro).

FINE