L’uva

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L’UVA

Atto unico

di FEDERICO GOZZI

PERSONAGGI

BEPPE, marito di

NANNA, figlia di

BERTO

SERAFINA, sorella di

SPARAGIO, ambedue figli di

TORDO e di

CONCETTA

ANSANO, fattore


TRIPPA

                                                       BOGE                  giovani contadini

IL LUNGO

CORALLINA

GINETTA

                                                    MARIA                giovani contadine

SUNATA

SANTI, padre di Beppe

Commedia formattata da

SCENA I

Mancano due ore al tramonto. La scena rappre­senta l’ingresso del tinaio: da una parte il tino con una scaletta. Santi, Tordo e Concetta.

Santi                              - Se n'è empiti quattro! Ora ci manca questo. (Va a toccare il tino) Il più grosso. Tordo. Ho paura che 'un basti.

Santi                              - Speriamo. (Ciascuno ha in mano un pa­niere vuoto, col quale ha vendemmiato; Concetta ha anche le forbici).

Concetta                       - Ma sentite, laggiù, come cantano quell'arrabbiate! O, se le tirassero a spicciarsi, 'un sarebbe meglio?

Tordo                            - Credete, Santi, che 'un ne posso più!

Santi                              - Siamo vecchi! E 'un ci si vuol credere ancora!

Tordo                            - E come si lavorava noi da giovani, non c'è più nessuno ora.

Santi                              - Badate che il mio Beppe fa per quattro; com'è vero Dio, ha forza quanto un paio di giovenchi.

Concetta                       - Ma ai nostri tempi si faceva di più. I miei figlioli, Serafìna e Sparagio, benché giovini, né meno ora ce la possono con me. E sono la sua mamma!

Tordo                            - Mi pare che per avere la nostra età addosso, non ci possiamo lamentare. Io, se Dio vuole, spero di campare dell'altro e di mietere parecchio grano.

Concetta                       - Qualche soldo da parte l'abbiamo messo, e Serafina e Sparagio ormai sono grandi.

Santi                              - Oh, voi viete tranquilli, lo so! Ma non io. Dacché il mio Beppe portò in casa quella nora, non ho avuto più bene!

Concetta                       - Sicché leticano sempre?

Santi                              - Altro che leticare! non si parlano né meno più. Lui c'è dimagrato mezzo!

Tordo                            - Ma Nanna non se la piglia a quel che sembra!

Santi                              - Quella maledetta! E sì che n'ha buscate parecchie anche da me! Crolla le spalle, se ne va e non ci pensa più.

Tordo                            - Ah, tu l'hai picchiata!

Santi                              - O te che avresti fatto?

Concetta                       - Bene! Bene! Io son stata sempre come si deve. E non ho meritato né meno un rimprovero! E i miei figlioli l'ho tirati su uguali a me: come è vero che mi chiamo Concetta!

Santi                              - E, quel che è peggio, non vedo come il mio Beppe possa rimediare.

Tordo                            - Rimandatela a Berto, a casa sua! A lui, che è vedovo, gli farà comodo.

Santi                              - O se anche io avessi viva la mia povera moglie, credi che ce la terrei? Né meno per sogno! Ma come si fa senza né meno una donna in casa. Ormai c'è venuta lei e finché non crepa, c'è lei.

Tordo                            - Povero Beppe! Ebbe anche troppa pa­zienza, da prima... (S'ode qualche canto).

Concetta                       - Ricominciamo! Sentirai che sca­paccioni vuoi dare alla mi' Serafìna!

Tordo                            - (a Santi). O se tu provassi a farle patir la fame?

Santi                              - A quella? Lei vive di ganzi! Che l'importa di mangiar l'altre cose?

Concetta                       - Zitti! C'è il suo babbo Berto.

Tordo                            - Viene a portar l'uva?

Concetta                       - Già.

Tordo                            - Ora, non andar via!

Santi                              - No, no; non gli dir niente! Io non ne voglio discorrer con lui! (Accende la pipa, mentre gli altri seguitano a parlare).

SCENA II

Detti e Berto.

Berto                             - Che siete qui? (Posa il paniere).

Tordo                            - Si chiacchierava un poco.

Concetta                       - Si diceva male di voi.

Berto                             - (sorpreso). Di me? (Guarda in silenzio, Santi).

Tordo                            - O che non vi parlate tra voialtri due?

Santi                              - Io non ci ho nessun rancore.

Berto                             - Né meno io. E, poi, è nostra la colpa?

Santi                              - Mi pare di no.

Tordo                            - E, dunque, perché non rifate la pace?

Berto                             - Volentieri, se lui non ha niente contro di me.

Santi                              - Io non ho niente contro di voi se voi non avete niente contro di me.

Berto                             - E io lo stesso.

Tordo                            - E allora siete d'accordo.

Concetta                       - Lasciate leticare i giovani! Noi cer­chiamo di vivere tranquilli almeno quest'ultimi giorni. Oltre che poveri s'ha a esser anche birboni?

Tordo                            - E, poi, ormai a fin d'anno! E quando svineremo i tini s'ha a bevere tutti insieme.

Berto                             - Farò come volete, volentieri.

Santi                              - Ma... il male, purtroppo, non è tra noi. Noi, magari, si pigliava un pezzo di legno per uno, ci si legnava; e poi non era altro.

Tordo                            - E alla svinatura ci deve essere anche il vostro (a Santi) Beppe con la vostra (a Berto) Nanna. Conteremo che si risposino un'altra volta. Tutti d'accordo!

Concetta                       - Ma Nanna deve cambiar regola di vita.

Tordo                            - È naturale!

Concetta                       - Bada che se non si rimettesse, allora avrebbe proprio ragione Beppe.

Santi                              - L'ha mezzo rifinito!

Berto                             - Sentite: capisco che finché la mi' Nanna, quella testarda, non è tornata d'accordo con il vostro Beppe, che ha mille ragioni, capisco che un accordo non ci può essere né meno tra noi due. È vero?

Tordo                            - È vero.

Berto                             - Non per noi, perché il cuore (a Santi) l'hai buono anche te. Ma per chi ci vedesse insieme!

Tordo                            - Ci penso io! Devan rifa le paci. O via: non perdiamo più tempo.

Concetta                       - Sì fa buio a fretta! Le giornate ho visto che si son scorciate anche nel lunario!

Tordo                            - (a Santi e a Berto). Voi fate conto né meno d'esservi visti. Non ci mettete bocca. A pena vedo Beppe gliene parlo subito. E te (a Concetta) va' a trovar Nanna. Ti metti con lei allo stesso filarlo, e gliene dici quante se ne me­rita: senza però che ti senta nessuno.

Concetta                       - Me ne vo. Vieni anche te?

Tordo                            - Guardo se il sughero del nostro tino è grosso quanto il buco, e poi vengo anch'io. Avviati. Tu 'un la sai la strada? (Concetta va via).

Santi                              - Badate: si discorreva del mi' figliolo e proprio ora è lì nell'aia.

Tordo                            - È venuto a governare i vitelli?

Santi                              - (contento). Mi pare. To me ne vo. Arri­vederci, Berto! (Santi se ne va).

Berto                             - A rivederci. (A Tordo) Non spero niente. Lo so com'è fatta la mia figliola! Ormai è nata con quella natura, e nessuno gliela cambia più: né meno se fosse sempre piccina!

Tordo                            - Um! Si starà a vedere. Se no, è finita; e fate quel che volete.

Berto                             - No. Anzi, vi ringrazio! Ma facevo per avvertirvi. Se mai contate anche su me. Ma non abbiate tanta fretta. Le donne lo so bene anch'io come son fatte. (Va via).

SCENA III

Tordo solo, e poi Beppe.

Tordo                            - Penso che tu te n'intenda meno di quel che credi. S'assomigliava troppo la tua moglie alla tua figliola. (Accomoda la scala al tino) E se... tu sapessi che anch'io ho assaggiato la tua minestra, chissà che non avessi meno gallo! Ho capito! Stasera, di quest'uva ce n'entra poca qui dentro! Non hanno tirato su né meno il primo carro! (Chiama) O Beppe! Beppe!

Beppe                            - (dall''aia). Che tu vuoi? Chiami me?

Tordo                            - Che puoi venire un momento di qua?

Beppe                            -  Che non hanno pronto il tino? Ci ho le bestie ancora digiune!

Tordo                            - Vieni qua, ti dico. Che testa dura tu hai!

Beppe                            - (entrando). Lo so; ma cerco di rifarmi... con più d'uno!

Tordo                            - (scherzando). Oh con la mi' moglie fa' pure quel che ti pare!

Beppe                            -  Hai sempre le buggerate pel capo.

Tordo                            - O senti: due parole e basta. Sai che non c'è tempo da perdere. Chi sa, anzi, quella bestia del fattore, non vedendomi, come monta in furia!

Beppe                            -  Anch'io, t'ho detto, ho poco tempo.

Tordo                            - Allora, c'intendiamo subito; e ti dico senz'altro quel che ti volevo dire.

Beppe                            -  T'ascolto. Parli sul serio, ora?

Tordo                            - Lo sentirai.

Beppe                            -  Ci credo poco.

Tordo                            - Ascolta, e poi giudica se ti sono amico o no.

Beppe                            -  T'ascolto.

Tordo                            - Bada, non te n'avere a male.

Beppe                            -  No.

Tordo                            - Me lo prometti? Perché ti conosco. Hai il sangue sempre caldo,

Beppe                            -  Ti prometto quel che vuoi.

Tordo                            - Da vero?

Beppe                            -  Te lo devo giurare?

Tordo                            - Giura.

Beppe                            -  Ma lascia lì!

Tordo                            - Bada... non fo per entrare nei fatti degli altri, e specialmente nei tuoi. Io de' fatti degli altri me ne occupo sempre poco volentieri: se si fa un'azione buona, per ricompensa, dopo, ti trattano male.

Beppe                            -  Ma di me non puoi dir niente.

Tordo                            - Non dico di te. Ma siccome si tratta di una cosa, che ormai non ci pensi più né meno!

Beppe                            -  Dilla: ti dirò se me n'ho a male o no.

Tordo                            - Lo vedi? Bisogna che tu mi prometta in vece di pigliarla per bene; com'è la mia inten­zione.

Beppe                            -  Ho capito, vuoi parlarmi della moglie.

Tordo                            - Forse.

Beppe                            -  Lo sapevo. Ma da quell'orecchio ci sento male.

Tordo                            - Lo so,

Beppe                            -  E hai ragione.

Beppe                            -  Che c'entra la mi' moglie con la ven­demmia?

Tordo                            - È lo stesso. Dianzi... qui... c'era anche la mia Concetta... e se non mi credi domanda­glielo, perché se non fosse vero non te lo direi... il tuo babbo e quello di Nanna...

Beppe                            -  Si son picchiati?

Tordo                            - No: si son messi insieme a piangere!

Beppe                            -  Non è vero.

Tordo                            - Com'è vero Dio.

Beppe                            -  E poi?

Tordo                            - Si sono abbracciati.

Beppe                            -  E poi?

Tordo                            - Vogliono che tu rifaccia le paci con la tua moglie.

Beppe                            -  Io?

Tordo                            - Te. Non è bene che si risappia che tu vai perfino a dormire in capanna per non star con lei.

Beppe                            -  Non è bene, lo so; ma un altro ci man­derebbe lei.

Tordo                            - Non ti pentire di essere più buono della moglie.

Beppe                            -  Ma perdonare, di' quello che tu vuoi, non la perdono. Vada a confessarsi, come fa; non la perdono.

Tordo                            - Non cominciare a buttarmi all'aria ogni cosa! Non è necessario che tu la perdoni.

Beppe                            -  E allora?

Tordo                            - Rifar le paci è un'altra cosa. Sarà lei che perdonerà a te, se tu non vuoi perdonare a lei.

Beppe                            -  Perché cerchi d'imbrogliarmi?

Tordo                            - Io, Beppe? Io ti sono amico com'è vero Dio!

Beppe                            -  E, allora, smettila; se no mi fai pensare che anche te... te l'intendi con lei. Di' la verità: non t'ha incaricato Nanna?

Tordo                            - La tua moglie? Non ci ho parlato né meno.

Beppe                            -  Non mi fa' stizzire! Lo sai che ci vuol poco. Se non t'avesse detto: «Fammi tornare in buono accordo con

Beppe                            - .. e poi ti darò, anche a te, quel che vuoi ». (Con collera) Non t'ha detto così?

Tordo                            - Beppe, ti giuro che non ci ho mai pen­sato.

Beppe                            -  Sbrigati, son venuto a casa perché ho da fare... e non credevo di trovare te qui nel tinaie Sbrigati, ti dico.

Tordo                            - Ma io te l'ho detto.

Beppe                            -  Ebbene, mi dispiace, ma non posso.

Tordo                            - Riflettici meglio.

Beppe                            -  Non posso. La colpa è sua. Credi che m'abbia fatto soffrir poco? M'ha roso mezzo fegato! Scommetto che ad aprirmi qui... trove­rebbero marcio il mio fegato.

Tordo                            - Ormai, tu ti sei sfogato. L'hai picchiata quanto ti è parso.

Beppe                            -  Sì, è vero, gliene ho date come quando si tribbia le fave. Ma credi che abbia imparato? Quant'è che è stata trovata con Cecco... con Tono... e perfino anche con lui! è vero!... per­fino con Burillo? Io credo che non ci sia più nessuno ormai!

Tordo                            - Appunto... ormai non c'è più pericolo. Ormai... ha fatto quel che ha voluto.

Beppe                            -  O senti: te lo dico una volta per sempre: non mi parlare più di lei, perché se no... si gua­sta l'amicizia. È anche troppo se la tengo in casa perché ne ho bisogno, e perché il mio babbo è di già vecchio. Te l'ho detto una volta; e basta.

Tordo                            - Non ti credevo così.

Beppe                            -  Mi conoscerai meglio ora. Io vo a go­vernare le bestie.

Tordo                            - Non se ne parla più. A me importa meno che a te. E io vo a vendemmiare. Ma le­vati il dubbio di me.

Beppe                            -  La conosco e non mi farebbe meraviglia; e perciò te l'ho detto. Eccola, guarda!

Tordo                            - Viene a mettere l'uva scelta sulle stoie! Ce la deve aver mandata il fattore. Sarebbe sta­to proprio il momento buono! Sei deciso?

Beppe                            -  Falla finita! (Se ne va, irato).

SCENA IV

Tordo e poi Nanna.

Tordo                            - Non c'è verso! Ha proprio la testa dura! Quando è ubriaco, forse, è meglio: gliene ripar­lerò allora. Bisogna che esca subito dal tinaio, se no crederà da vero che ci stia per la sua moglie! Buona sera, Nanna! Nanna. Buona sera,

Tordo                            - (Piano) Escite su­bito, se non il mi' Beppe penserà male di voi.

Tordo                            - Lo sapevo. Ma la colpa non è mia. Nanna. Anche voi! Siete vecchio, ma l'uva buona vi piace! Guardate che panierata è la mia.

Tordo                            - Nanna, non tentate me. Nanna. Avete paura che vi faccia male?

Tordo                            - Male no: ma codest'uva è stata maneg­giata da troppi. Preferisco i grappoli attaccati alle viti. Arrivederci. (Esce).

SCENA V

Nanna sola e poi Sparagio.

Nanna                           -  Vecchio stolto! Ma questa non è per te. È troppo buona. E ora mi tocca a stenderla su le stoie. (Posa il paniere e va verso l'uscio) O che fa Sparagio? Se non venisse? O se ve­nisse Beppe in vece? (Guarda all'uscio) Che! Lui è tornato nel campo: quando mi vede, scappa sempre via più lontano che può. Vuol dire che ha paura di rivolermi bene. Ah, ecco chi volevo!

Sparagio                        - (entra con un paniere, che posa subito). La stendete voi sola tutta quest'uva?

Nanna                           -  Sola? Se non mi aiuti tu, non ne fo ve­dere né meno una ciocca! La porto a casa.

Sparagio                        - V'aiuto sicuro! Son venuto a posta! Quando l'uva è (le dà una spinta) un po' appas­sita è più dolce.

Nanna                           -  Oh, tu non la fai appassire! Ne mange­resti quanta ce n'ho.

Sparagio                        - E non mi basterebbe. Mangerei anche tutta quella che è nel campo!

Nanna                           -  Il mosto, caro Sparagio, fa fare indi­gestione!

Sparagio                        - A me no.

Nanna                           -  Lo so che sei ingordo. Ma quando ti avessi data tutta la mia, ti basterebbe e te n'avanzerebbe.

Sparagio                        - Chi sa quanta ce ne avete!

Nanna                           -  Guarda, Sparagino! Con questa si copre tutte le stoie?

Sparagio                        - E la mia allora dove la metto?

Nanna                           -  Mettila dove vuoi! Ci penserà il fat­tore a darti l'altre stuoie!

Sparagio                        - La metterò sopra la vostra.

Nanna                           -  Sopra? Non capisci niente: se tu la metti sopra, si pigia e va a male.

Sparagio                        - Stendiamo la vostra e basta.

Nanna                           -  O se sì lasciasse stare tutta? Ce n'è tanta della gente nel campo, che è meno affa­ticata di me! È una settimana che colgo uva!

Sparagio                        - Bene! Beveremo di più! È questo il tino dove si mette?

Nanna                           -  Sì, è quello.

Sparagio                        - Si va a vedere se l'hanno ripulito bene?

Nanna                           -  Vai tu: io non ci vengo.

Sparagio                        - Eppure lo sapete, che vi voglio bene.

Nanna                           -  Lo so.

Sparagio                        - Se lo sapete, datemi retta.

Nanna                           -  Off! Che caldo!

Sparagio                        - Riposatevi, se volete. Ma ora dovete mantenere la vostra promessa.

Nanna                           -  Io non t'ho detto niente, bugiardo!

Sparagio                        - Come? Ho sognato, dunque!

Nanna                           -  Può darsi, io non lo so.

Sparagio                        - Nanna, non mi fate stizzire. Meglio che dentro il lino! Lì non ci vede nessuno.

Nanna                           -  Ma io non ci vengo.

Sparagio                        - Ma che cosa v'ha preso, ora! Mi fate rabbia!

Nanna                           -  Io non ci vengo.

Sparagio                        - Nanna, quante volte ve lo devo dire che vi voglio bene? Con me... farete la cattiva?

Nanna                           -  Con te?

Sparagio                        - Ma certo. C'è bisogno di far tanti discorsi.

Nanna                           -  Con te?

Sparagio                        - Con me. Datemi retta: non è questo il momento di farsi vedere da qualcuno.

Nanna                           -  È quel che dico anch'io. Anzi per questa ragione, me ne vo. (Fa fatto d'andarsene. Spa­ragio la trattiene).

Sparagio                        - Ma perché fate la commedia?

Nanna                           -  Vedrai se non dico sul serio.

Sparagio                        - E io mi vendico.

Nanna                           -  Non me n'importa. Fa' quel che vuoi. Peggio è per te.

Sparagio                        - Dico per ìscherzo. Anzi non lo dirò a nessuno.

Nanna                           -  Da vero? Credi di commuovermi?

Sparagio                        - Perché dovrei andare a dirlo?

Nanna                           -  Ma! Per fare il tacchino!

Sparagio                        - Io?

Nanna                           -  Così quando l'ha saputo Boge e qual­che altro... lo risa il mio marito. Ed io in vece volevo rimettermi per bene con lui!

Sparagio                        - Chi ve lo proibisce? E poi vi giuro che starò zitto.

Nanna                           -  No, mi comincia a dispiacere per Beppe! Capirai che, in fondo, ha ragione. Credi che m'abbia picchiato poche volte?

Sparagio                        - Lo so.

Nanna                           -  Piglia un bastone e me le dà.

Sparagio                        - Fa male. Vuol dire che non vi vuol bene.

Nanna                           - (ride). E pensare che mi ha sempre pic­chiata... quando non avevo fatto niente di male. Quando, in vece, tornavo a casa... e me l'aspettavo, lui non mi guardava né meno!

Sparagio                        - Dunque, vedete che mi fareste un torto a non darmi retta?

Nanna                           -  Oh, tu alle mie costole ci pensi poco! Basta ch'io faccia quello che vuoi.

Sparagio                        - Mi dispiace in vece. Ma anche per questa ragione... devi entrare con me nel tino.

Nanna                           -  E a riescire come si fa? Non c'è mica la scala di dentro!

Sparagio                        - A riescire... ci penso io ad aiutarti. Prima esci te, e poi tu metti i piedi su le mie spalle.

Nanna                           -  Sei sicuro di reggermi? Son pesa molto.

Sparagio                        - E che m'importa? Vieni dentro, non perdiamo più tempo. Se stiamo qui è peggio. In due minuti o meno siamo fuori tutti e due.

Nanna                           -  Madonnina benedetta! Ma senti come cerca di convincermi!

Sparagio                        - Lo faccio per star bene tutti e due.

Nanna                           -  Lo so. Ma non vorrei...

Sparagio                        - ... che venisse qualcuno?

Nanna                           -  Già. Mi batte il cuore. Ho troppa paura.

Sparagio                        - Ma non esser così. Se no, guasti tutto. Io, in vece, son tranquillino.

Nanna                           -  Non mi riesce, a me.

Sparagio                        - Lo vedo: diventi perfino bianca.

Nanna                           -  Lo so.

Sparagio                        - Andiamo. È la prima volta che tu mi dai retta.

Nanna                           -  E sarà per me l'ultima. Queste cose non le voglio più fare. Ormai, fo per contentar te. Ma poi... non dò più retta a nessuno. Me l'ha detto Concetta che Beppe vuol rifare le paci con me, come prima.

Sparagio                        - Farai quel che ti pare.

Nanna                           -  Madonnina benedetta... è l'ultima volta.

Sparagio                        - Aspetta: salgo prima io. E poi, così, t'aiuto a scender dentro.

Nanna                           -  Ma il mio Beppe! Se lo sapesse il mio Beppe!

Sparagio                        - Ma lascialo stare. Che c'entra lui? Ora c'entro io e non lui!

Nanna                           -  Ci ammazza tutti e due.

Sparagio                        - Quanto sei sciocca!

Nanna                           -  Ma se legna me?

Sparagio                        - Ti difendo io. Vieni. (Sale la scaletta e salta dentro il tino. Indi parla a Nanna, tenen­dosi aggrappato, di dentro il tino, con tutte e due le mani) Ora m'hai fatto entrar qui dentro, e non ti sei decisa? ma quanto ci vuole?

Nanna                           -  Lasciami un altro momento! Un altro momento solo!

Sparagio                        - E poi vieni?

Nanna                           - (decisa, salendo la scaletta). Vengo. Son qui. (Scavalca il tino, ed entra dentro. Ambedue spariscono. S'ode Nanna rider forte).

Sparagio                        - Ma stai zitta! Avevi tanta paura! E poi fai chiasso! Stai zitta!

Nanna                           -  Che afrore di vino! Mi fa girar la testa! Come si fa a star qui dentro? Io ci rimango svenuta.

Sparagio                        - Non ti fa niente! Stai zitta!

Nanna                           -  Ah, non è possibile! Io risalgo fuori. (Si vede la sua testa).

Sparagio                        - Che pazienza mi ci vuole! Ti dico che quest'afrore non fa male.

Nanna                           -  Ma a me, sì. (Risparisce la testa).

Sparagio                        - Stai ferma un poco. E stai zitta. Aspetta: prima riguardo se nel tinaio c'è nessuno.

Nanna                           -  Madonnina benedetta! Guardaci bene! (Sparagio cava fuori la testa, e vede, dalla porta, venir Beppe con Serafino).

Sparagio                        - Zitta! C'è gente! Ormai non c'è più tempo! (Sparisce dentro).

SCENA VI

Beppe e Serafino.

Serafina                         -  Ma dove mi volete portare?

Beppe                            -  Qui dentro il tino vuoto, siamo sicuri più che a stare in casa!

Serafina                         -  Ma se vengon tutti gli altri col carro? C'è anche il fattore. Ormai è quasi buio.

Beppe                            -  Non aver paura... Per ora c'è tempo... a sufficienza.

Serafina                         -  Se lo sapesse il mio fratello Sparagio!

Beppe                            -  Ti dico che il tuo fratello è proprio in fondo al campo. L'ho visto vendemmiare in­sieme con quella... bestia della mia moglie: e c'era anche il tuo babbo Tordo e la tua mamma Concetta.

Serafina                         -  L'avete visti proprio con i vostri occhi?

Beppe                            -  Te lo dico io! E, poi, sarebbe peggio anche per me. Se ci trovassero te lì dentro... ci troverebbero anche me. Non ci andiamo insieme?

Serafina                         -  Questo è vero. Ma voi non avete fratelli.

Beppe                            -  Ci ho la moglie: è peggio.

Serafina                         -  Ma la moglie non vi direbbe niente. In tutti i casi, voi avete, del resto, imparato da lei. Ma io?

Beppe                            -  Di te non sospetta nessuno. Credi che Sunta e Corallina, e tutte le altre amiche tue, non facciano lo stesso!

Serafina                         -  Che m'importa di quel che fanno loro? Io ho da pensare per me.

Beppe                            -  E perciò... devi far conto d'esser proprio io e te soli!

Serafina                         -  Ma poi seguiterete a volermi bene? O, dopo una volta, mi volterete le spalle? Io non son come la vostra moglie.

Beppe                            -  Fidati: io sono un uomo anziano, e so come bisogna fare... per non comprometterti. Vedi: non rivoglio far le paci con Nanna, perché voglio bene a te.

Serafina                         -  Ma, nella stalla, non sarebbe meglio?

Beppe                            -  Sbagli! Nella stalla capita sempre qual­cuno!

Serafina                         -  Oh, morirei di vergogna!

Beppe                            -  Ma ci penserei io, non dubitare, a te­nere tutti al posto!

Sparagio                        - (cava fuori la testa e dice sottovoce). Ma quella è mia sorella! (Sparisce subito).

Serafina                         -  Zitto! Chi ha parlato?

Beppe                            -  Nessuno. Sono le vespe che vanno sopra l'uva. Anche a me m'era parso.

Serafina                         -  Giù! Verso il tino!

Beppe                            -  Sono le vespe! Ho gli orecchi buoni. Fidati di me.

Serafina                         -  Che effetto mi fa! E poi a entrar lì dentro!

Nanna                           - (cava fuori la testa e dice sottovoce). Siamo in un bell'impiccio! Ma s'entran dentro, li vuoi fare a pezzi. (Sparisce).

Serafina                         -  Ma quante vespe!

Beppe                            -  Hai paura d'esser bucata?

Serafina                         -  Ah, no, alle vespe non ci penso né meno.

Beppe                            -  Dunque, avviati. Io vado là per l'aia, a dare un'altra occhiata. E se mai c'è qual­cuno ti faccio un fischietto, e tu riesci subito.

Serafina                         -  Ma sta' poco. A star sola mi fa un effetto! Non credevo! (Beppe fa per avviarsi verso Vaia. Serafino Io richiama subito e gli dice) Ma non potresti aspettare ormai un'altra volta?

Beppe                            -  Come si fa, Serafina?

Serafina                         -  Tu sei troppo impaziente! Un'altra volta non sarebbe meglio?

Beppe                            -  Sai che dice il proverbio? «Piglia il tempo quando viene ».

Serafina                         -  Ma ci pensate che son sempre giovine?

Beppe                            -  Oh, se ci penso! Ci ho pensato sempre!

Serafina                         -  Ma lasciatemi stare: sarà meglio.

Beppe                            -  Sempre questi discorsi... senza scopo.

Serafina                         -  Come siete cattivo! Non credevo.

Beppe                            -  Ma lascia andare; e aspettami nel tino. (Beppe esce con precauzione. Appena uscito, Serafina si frega le mani per la contentezza. Fa un saltello e si ravvia i capelli. Poi sale svelta su per la scaletta).

SCENA VII

Sparagio, Serafina e  Nanna  .

Quando Serafina è in cima alla scaletta, Sparagio esce di dentro all'improvviso: e battono il capo insieme.

Sparagio                        - Ah, ti ci ho presa!

Serafina                         -  Non credevo che tu fossi qui!

Sparagio                        - Ah, non credevi ch'io ci fossi!

Serafina                         -  Manca poco ricasco giù all'indietro!

Sparagio                        - Sarebbe stato bene! E scendi giù. (Serafina ridiscende. Sparagio esce dal tino. E poi scende la scaletta, durante il dialogo). Ora mi dirai - sì o no? - che ci venivi a fare? Non parli? Sei diventata muta? E sì che per farti salire non c'è voluta tanta predica! Ma te ne pentirai! Ti vo' rompere il muso, vergo­gnosa! Lo hai il coraggio di guardarmi in faccia? (Serafina nasconde il viso col grembiule) Non ti vergogni alla tua età? Se lo risapesse il babbo, e, peggio, la mamma! Ma credi te che voglia stare zitto! Già ti vo' rompere il capo io coi cazzotti! (È sceso dalla scaletta) E non rispondi a quello che ti dico? Ah, frigni? Ti farò frignar da vero!

Serafina                         -  Lasciami stare! Sparagio, Lasciami stare? Vo' tornare dentro?

Serafina                         -  Lasciami stare!

Sparagio                        - Mi fa meraviglia che quel becco di Beppe si mette anche con te che gli potresti essere una figliola! (La prende per i capelli. E Serafina piange. Nanna sporge la testa dal tino) Ti vo' pigliare a calci fino a casa!

Serafina                         -  Ma se non ho fatto niente di male.

Sparagio                        - Ah, se non mi fossi nascosto lì dentro perché avevo capito qualche cosa...

Serafina                         -  Non ho fatto niente!

Sparagio                        - A chi assomigli? Io mi vergogno d'esserti fratello!

Serafina                         -  Io non credevo che tu fossi nel tino! Lasciami stare!

Nanna                           -  Lasciala stare! Se ritorna Beppe!

Serafina                         - (volgendosi meravigliata). Ah! E voi chi vi ha chiamata?

Sparagio                        - Anche lei sospettava, e voleva sor­prenderti... col suo marito.

Nanna                           -  È vero. Vergognati.

Sparagio                        - Ma potete star zitta, voi!

Nanna                           -  No: ho fatto bene. D'una donna si vergognerà di più. (Nanna sta sempre soltanto con la testa fuori del tino).

Sparagio                        - Lasciate che le faccia quel che si merita.

Serafina                         -  E voi, costì, aspettavate proprio me?

Sparagio                        - Che te n'importa?

Serafina                         -  Se mi fate picchiare dal mio fratello, Beppe non è lontano. E ci mando lui costì dentro. A me volete dare a intendere che aspettavi me?

Sparagio                        - Che ne sai te?

Serafina                         -  Te, stai zitto; ti conosco dal modo di parlare.

Nanna                           -  Sì, Sparagio, è meglio che tu non le faccia niente. Anzi, andate via subito; e così Beppe ci troverà me qui dentro.

Sparagio                        - La devo lasciar fare?

Nanna                           -  Sicuro. Anzi; o nascondetevi dietro qualche cosa o andate via.

Serafina                         -  Io non mi nascondo più!

Nanna                           -  Va' via. Con tuo fratello ci penso io!

Sparagio                        - Ma che mi fate fare! S'avvezza male!

Nanna                           -  Sta' zitto! Un'altra volta ti dirò perché. Bada che se tu la tocchi, io non ti parlo né meno più.

Sparagio                        - Non capisco che v'importi di lei.

Nanna                           -  Vattene, e lascia entrar Beppe nel linaio; senza che vi veda. Scappa, Serafina! (Serafina scappa dalle mani del fratello).

Sparagio                        - (sta indeciso dov'è, guardando una vol­ta verso l’uscio e una volta

Nanna                           -  Poi dice pri­ma d'andarsene) Ho capito! È meglio!

SCENA VIII

Nanna e poi Beppe.

Nanna                           - (dal tino). E pur non deve star molto! Speriamo che non li abbia veduti. Eccolo!

Beppe                            - (entrando dice forte) Non c'è proprio nessuno! (Tra sé) O, almeno, non ho visto nessuno! La mi' moglie è giù con gli altri. (Sale la scala e dice forte) Non c'è nessuno, sai!

Nanna                           - (sbucando fuori con la testa). Ma ci sono io!

Beppe                            - (un grido di spavento). Ah!

Nanna                           -  Ci sono io! Ti piglia un accidente? Sono io!

Beppe                            - (riavendosi a poco a poco). Un accidente? A me? Se' te?

Nanna                           -  Ci sono io!

Beppe                            -  Tu? Non capisco. Già non parlare se non te lo permetto.

Nanna                           -  Chi cerchi?

Beppe                            -  Non lo capisco. E tu non mi parlare! (Egli guarda dentro il tino).

Nanna                           -  Ci sono io, ti dico!

Beppe                            -  È stato un brutto scherzo. Io non lo capisco.

Nanna                           -  Non vieni dentro, come avevi voglia?

Beppe                            -  Ah, ci vengo lo stesso! E ti rompo le costole. Questa volta devi morire. (Salta dentro).

Nanna                           - (si vede fino al busto: si sforza d'uscir fuori). Ora che se' dentro, me ne posso anche andare!

Beppe                            - Ah, no! Bestia! Prima mi devi spiegare...

Nanna                           - Dov'è sparita Serafìna?

Beppe                            -  Io fo quel che mi pare! Ma tu cerca di spiegarmi ogni cosa. Ed entra giù con me, perché ti vo' ammosti re coi piedi come se tu fossi la vinaccia!

Nanna                           -  Aiuto!

Beppe                            -  Lo sanno tutti che ti picchio sempre... E non verrà nessuno!

Nanna                           -  Ah, lasciami uscire! Questa volta, no! Non t'ho fatto niente.

Beppe                            -  E chi lo sa! Ora mi viene un dubbio! Chi sa che ci facevi qui dentro!

Nanna                           -  Ero d'accordo con Serafìna.

Beppe                            -  Non è vero! Non può essere! Ti co­nosco troppo bene. Ma lo saprò che c'eri venuta a fare. E, intanto, dimmi tu la verità.

Nanna                           -  Sono innocente!

Beppe                            -  Bada che lo saprò.

SCENA IX

Detti, dentro il tino, e Boge che entra nel tinaia.

Boge                             - Ma chi grida così? Su in casa non c'è nessuno! Mi pare Beppe! Zitti! Oh! Zitti! È dentro il lino! E con la moglie! Prima che riescile, vi voglio conciar io! (Esce a corsa).

Nanna                           - (riappare con la testa). Per carità. ritornan dal campo! Tutti!

Beppe                            -  È colpa tua! (Nanna risparisce. Boge torna con un bigoncio pieno di mosto, sale la scaletta ed è per rovesciarlo nel tino. Beppe appare dal tino e lo ferma con un braccio) E che vorresti fare?

Boge                             - Qui dentro voi? Scusatemi: io non facevo a posta. (// dialogo tra Beppe e Boge si interrompe. Grida, rumore dì carri, chiacchierio).

Fattore                          - (comanda forte). Vuotate tutti i bigonci!

Boge                             - E ora?

SCENA X

Detti, Berto, Tordo, Trippa, il Lungo,  Santi , Il Fattore dietro a rutti.

Fattore                          - Uno per volta, e via! E tu che ci fai in cima alla scala col bigoncio in mano?

Boge                             - lo. signor fattore?

Fattore                          - (con veemenza) Si. dico a te! Ti riposi?

Tordo                            - Sbrigati, e fa' posto agli altri.

Trippa e il Lungo          - Ci pesa, a star qui fermi!

Fattore                          - Ma si può sapere che ci fai costì?

Tordo                            - Il minchione!

Boge                             - Nel tino... c'è... uno...

Fattore                          - Uno?

Trippa                            - Hai bevuto troppo?

Boge                             - C'è... uno.

Tordo                            - È impazzito. Lasciami vedere, e poi te la fo passar io la sbornia!

Boge                             - C'è... Beppe.  

Fattore                          - Insomma?

Boge                             - Beppe.  

Santi                              - Il mio figliolo?

Fattore                          - E che ci fa lì dentro? Ci s'è sentito male per via dell'afrore? (Chiama) Beppe! Che sia... asfissiato?

 Boge                            - (ride). Io credo che si senta bene.

Santi                              - Il mio figliolo?

Trippa                            - Andate a vedere.

Beppe                            - (di dentro). Son io, signor fattore!

Fattore                          -  Esci!

Santi                              - Ma che ci fai costi dentro! Il tino era già pulito!

Fattore                          - Esci!

Boge                             - (piano a Trippa e al Lungo). C'è anche la sua moglie! (Tutti e tre ridono).

Fattore                          - Non scherzate: non ho voglia.

Boge                             - Alla voce, dianzi, m'è parsa la sua moglie.

Tordo                            - Può essere. Vuol dire che hanno rifatte le paci: son stato io!

Fattore                          - Beppe, è vero che c'è anche la tua moglie?

Beppe                            - (da dentro) È vero. (Risata di tutti.

Entrano anche le donne: Concetta, Corallina, Maria, Ginetta e Sunta. Mancano Serafìna e

Sparagio).

Tordo                            - E non potete uscire?

Fattore                          - (s'infuria). Perdio, se non la finisce, lo mando via. Gli dò licenza!

Santi                              - Voglio vedere! (Sale la scaletta, guarda e poi si mette a parlare col figlio) Ma che ci state a fare?

Beppe                            -  Niente.

Fattore                          - Come niente? Non mi pare codesta la vostra camera!

Beppe                            -  Signor fattore, le giuro... c'ero entrato solo... e io ce l'ho trovata! Lo domandi a lei.

Fattore                          - Io non domando niente.

Tordo                            - (a Santi). O la sua moglie che cosa fa?

Santi                              - Che ci fai costi rincantucciata?

Fattore                          - Domattina, verrete allo scrittoio! Ci sarà anche il padrone. È una sudiceria! (/ giovanotti e le ragazze urlano) Silenzio! Lasciate che ci parli. Esci, sì o no?

Beppe                            -  Esco: ma allo scrittoio non ci vengo.

Fattore                          - Come, no? Comandi te? Uscite tutt'e due!

Santi                              - Non s'arrabbi: accomoderemo ogni cosa.

Beppe                            - (esce accolto da risa e da schiamazzi). Silenzio voialtri! Non sapete perché! Silenzio! Non pigliate confidenza!

Il Lungo                        - Che volete rientrar dentro se si ride? Corallina. Guarda che viso'

Maria                             -  Ora vedremo la moglie.

Ginetta                          -  Non vorrei esser nel suo posto.

Fattore                          - Scendi, e con loro parlerai dopo. Che ci facevi lì dentro?

Beppe                            -  Io?

Fattore                          - Te.

Beppe                            -  Non lo so.

Voci                              -  Bugiardo! Ha rifatto le paci con la moglie! Sono andati a pigiar l'uva insieme!

Fattore                          - Rispondi a me.

Beppe                            -  Gli dico che non lo so.

Fattore                          - Fate escir la moglie! (Corallina e Sunta salgono la scaletta e aiutano Nanna a uscir fuori; la quale appena può, si mette ambedue le mani sul volto).

Beppe                            -  Lo domandi a lei, se non è vero!

Nanna                           -  Io vorrei dir la verità.

Tordo                            - Lei si vergogna meno.

Nanna                           -  Io c'ero... dentro il tino e poi è ve­nuto Beppe, che non lo sapeva. Il male non s'è fatto noi. Se vuol sapere, per filo e per segno, come stanno le cose... glielo dirò, signor fattore; ma non qui.

Santi                              - Che belle parti fai fare anche a me, che sono il tuo babbo!

Fattore                          - Se non direte la verità, domattina, allo scrittoio... vi manderò via.

Beppe                            -  Signor fattore, non sia ingiusto. Io non ho fatto niente! Anch'io voglio sapere quel che dirà quella donna... che è la mia moglie.

Nanna                           -  E se ci vuol mandare via lo stesso, dirò ogni cosa qui.

Voci                              - Sì! Sì! Sì! Sì!

Fattore                          - Silenzio, ho ridetto.

Beppe                            -  Mi perdoni!

Tordo                            - Se mi permette di metterci bocca,...

Fattore                          - Parla!

Tordo                            - Non so se dico male: ma siccome Beppe è stato fino a qui una persona seria, e credo che né meno lei, signor fattore, abbia da lamentarsene, e siccome, dietro la mia istigazione e di Santi e di Berto, ha rifatto le paci, oggi, con la moglie - lasciamo andare se non hanno avuto tempo di risalire in casa! -bisogna perdonargli, ora, subito... farla finita... e con l'augurio che marito e moglie vadano, da qui in avanti, sempre d'accordo.

Santi                              - Signor fattore, abbiamo sempre fatto il nostro dovere! Ora anch'io perdono alla mia nuora, poi che il mio figliolo l'ha per­donata.

Berto                             - Io credo che questa volta... sia stata l'ultima davvero! E poi, non c'è bisogno di rider tanto! Non c'è bisogno, dico! Perché Beppe, sì sa, è il suo marito.

Fattore                          - Ma dentro il tino?

Tordo                            - È stato l'amore! Li perdoni. Hanno fatto da quanto le api che s'ubriacano.

Beppe                            -  Ma io vorrei parlare! Non è vero che mi sia rimesso d'accordo con la moglie!

Berto                             - E perché c'eri insieme?

Tordo                            - Perché ti vergogni a farlo sapere? Ormai, se tu non la facessi finita, ora che vi abbiamo visti così tutte e due... saresti cattivo e antipatico. Io te lo dico perché ti sono amico. E tutti questi giovanotti e ragazze - e prima di tutti il signor fattore, qui presente - avreb­bero ragione di non stimarti più un uomo.

Tutti                              -  È vero! È vero!

Fattore                          - Io vi perdono a questo patto: altri­menti, no.

Beppe                            - (alla moglie). Nanna!

Nanna                           - (al marito). Beppe!

Beppe                            -  Ti posso perdonare?

Nanna                           -  Sì: t'ho sempre voluto bene, anche quando mi picchiavi!

Beppe                            -  Non sono proprio convinto: ma, qui, in presenza a tutti, prometti d'esser un'altra donna?

Nanna                           - (commossa). Te lo prometto.

Tutti                              - Bene! Bene! Viva gli sposi novelli!

Fattore                          - Silenzio! (A Beppe) Per ammenda, però, prima rilaverai il tino... e poi...

Boge                             - C'inviterete tutti alla svinatura! E, se nasce un figliolo, al battesimo!

Trippa                            - Ci penseremo noi a bevere!

Tutti                              - Al battesimo! (Canti e stornelli).

Cala il sipario.

FINE