…ma le corna sono sul conto

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                        … MA  LE  CORNA  SONO  SUL  CONTO

                                           Commedia in un atto

                                                         di

 

                                         ANTONIO  SAPIENZA

                     

Riduzione ed elaborazione con soli tre personaggi della commedia in tre atti  di Luigi Pirandello  " Pensaci Giacomino". Anno 1994.

Personaggi:

Prof. Toti, docente di scienze naturali;

Padre Landolina;

Giacomino.

Buio in sala, buio in scena. Musica adatta. Quando il sipario lentamente si  apre, si  ode la voce  del  Professor  Toti.  (non c’è scenografia, si opererà con luci che illumineranno solo il centro del palco).  Quindi  lieve illuminazione su Toti, che parla rivolto verso le quinte di destra.

Toti - Certo signor direttore, ha ragione questo non mi  pare  il modo di tenere la disciplina. Ma consideriamo, santo  Dio, questi   ragazzini  che  hanno  il  fuoco   nelle  vene,  e friggono! Io li guardo serio -, non creda, ma le giuro che quando li vedo davanti con certe facce da santi anacoreti mentre son sicuro che sotto sotto me ne stanno  combinando qualcuna.. Ma no, non cruda che manchino di rispetto a me. No, non a me; al professore semmai. Come? Quanti anni ho? Eh,  tanti. Sessantacinque  settanta?  Faccia lei signor direttore.  Come dice? Anni di servizio? Eh, molti, quasi il  massimo. Perche' non mi ritiro? Ma lei scherza!  Dopo piu'  di un terzo di secolo che porto la croce il  Governo  mi  paga  per altri cinque o sei anni - e  voglio  mettere sette e voglio mettere otto - quattro soldi di pensione  e  poi basta? Eppoi, mi metto a riposo per sbattermi la testa al  muro;  vecchio e solo? Ah dice che dovevo  mettere  su  famiglia  a tempo? Gia', con lo stipendio che  m'hanno  dato, per  morire  di fame io, mia moglie e cinque,  sei,  otto, dieci figlioli  -  eh capira', quando uno  si  ci  mette!- Pazzie, cavaliere mio! E ringrazio Dio che volle  guardarmi  sempre  dal  farlo.  Ma ora sa? Ora la  piglio.  Che  cosa  piglio?  Ma  la moglie mi piglio. Sissignore, ora  si.  Il Governo  con  me non se la passa liscia!  Calcolo  che  mi  debbano restare altri cinque o sei anni di vita, e  prendo moglie,  e  prendo moglie, sissignore!  per  obbligarlo  a  pagar la pensione, non a me soltanto, ma anche a lei  dopo  la  mia morte. Me la prendo giovane io - come Lillina, la  figlia del bidello Cinquemani - giovane, povera timorata e  di  buona famiglia - la quale, si, dovra' pur figurare  da moglie allo stato civile... Ma che moglie poi! Che marito! Roba da ridere, alla mia eta'!  Sono  e restero' un povero vecchio che avra'  per  qualche   tempo  il  conforto d'un po' di gratitudine  per  un  bene fatto alle spalle del Governo, e amen.  Sono un uomo di spirito? Lei pensa pero' alle corna. Ma si  che in questo momento lo sta pensando. Ma quello sono  sul  conto, sa! Segnate in passivo in precedenza! Pero' non per me: se n'andranno in testa alla mia professione di marito, che  non  mi riguarda se non per  l'apparenza.  Io,  anzi,  vedro'  di  far  tanto che il marito - come  marito  -  le abbia.  Eh,  si! Altrimenti, povero vecchio,  come  potrei  aver bene? Corna, a ogni modo, senza radici, se marito non sono,  non voglio, ne possono essere. Pura e semplice  opera  di  carita'.  E  poi  se tutti  gli  imbecilli  del  paese vorranno  ridere,  e  ne ridano  pure;  non  me  n'importa niente.  Direttore, e' ancora in collera con me? Non come uomo,  ma   come professore? Ah, e' giusto, giustissimo, mi rimproveri  pure, ma come uomo, mi stringa la mano.  Ah, signor direttore, la moglie la piglio di sedici  anni, per obbligare il governo a pagarle la pensione per  almeno  altri  cinquant'anni  dopo la mia morte. Non  se la  passa liscia con me il Governo, glielo giuro.!  Cinquemani, Cinquemani, venite ho da parlarvi.-

Si avvia  verso  le  quinte  di  sinistra,  e  intanto   prende  il cappotto, il cappello e prende il bastone, poi  si porta  al  centro  della  scena  e lentamente li  indossa. Ma dalle  quinte si  ode  un  trambusto e un convulso gridare di donne e di un uomo.

Voce f1 - Era questa la pulizia che facevi qua di giorno?-

Voce m; - Faccia senza rossore! Tieni! Tieni! Tieni!-

Voce f2 - Mi lasci! Mi perdoni!-

Toti    - ( affacciandosi verso le quinte di sinistra, apprensivo  ) Non le fate del male, povera creatura!-

Voce m. - Si levi dai piedi professore! Ti ho colto svergognata!-

Voce f1 - Farla   cosi', sotto  gli  occhi di  tua  madre!  Ora  sei  perduta! Schifosa!-

Voce f2 - No! Mi vuole sposare! Mi vuole sposare!-

Voce m. - Sposare? E io do la figlia a lui? A Giacomino Delisi, a un  morto di fame? Pazzi! Pazzi!-

Voce f1 - M'ha  rovinato una figlia. Infame, infame! Venire  qua,  a  scuola,  a tradimento, come un ladro, a rubare l'onore  di  mia figlia.-

Voce m. - Brutta  cagnaccia!  Invece  di fare  le  pulizie.  Ma  ora  t'aggiusto  io!  Esci fuori! Subito fuori! E  non  ti  far  vedere piu' da me Fuori! Fiori!-

Voce f2 - Perdonatemi... Sono incinta... ( debolmente )-

Voce m. - Disonorata! Non  sei  piu'  mia   figlia!   Vattene   alla  perdizione! Via! Via!-

Toti    - Ma dove volete che vada, vecchi imbecilli? Ve la  prendete  con  lei;  quando ne avete voi la colpa, voi  che  l'avete mandata qua, fin da bambina, in mezzo a tutte le sudicerie che   gli  alunni  stampano  sui  muri  e  sulle   panche!  Pettegoli,  madre e padre. Pettegoli tutti e due, che  non siete altro!-

Voce m. - Via, fuori! Fuori! Non ti voglio piu'-

Toti    - Non la volete piu'? Me la prendo io! Qua figliola mia, non  piangere,  che ci sono io per te! Vieni con me...  il  mio  nome, non posso farne a meno, bisogna che te lo dia. Ma tu sarai  per  me come una figliola, la mia  figliola  bella; vieni, vieni ...-

Calano  le  luci.  Breve  stacco  musicale.  Pochi  secondi  e   poi riprendono  le luci. Toti e' in veste da camera. Parla rivolto  alle  quinte di destra.

Toti    - Eh, Lillina, dopo tre  anni vuoi che non  ti conosca?  Che ti senti? Non vuoi proprio dirmelo? Va bene, me l'hai gia'  detto  che  non ti senti niente, che ti fa  male  solo  la  testa,  che a stento riesci a tenere gli occhi aperti.  Va  bene,  anche  che  ti gira il capo.  E  non  puoi  neanche  parlare;  ho  capito! ( pausa ) Intanto non  vuoi  che  si chiami  il medico... Ma si, credo anch'io che sia  inutile chiamarlo! Debbo pazientare un giorno o due ancora, poi ti  passa  tutto  ... tutto? Eh, si vede che ti passa  ...  ti

passa bene, ti passa. ( b.p. ) Non vuoi confidarti con me?  Non vuoi dirmi che cosa e' accaduto? Nulla? Lo sapevo!  Va bene, dunque debbo parlare io?  Credi  davvero,  via, che, per quanto vecchio,  sia  cosi' rimbecillito?  Ti fa male il capo, ma via... No,  aspetta, figliola, ascoltami, e lasciamo il mal di capo, che questa  anzi sara' la ricetta per farlo passare. Tutte queste chiacchiere che la gente fa sul nostro  conto,  t'hanno  forse  messo in soggezione davanti a me,  fino  a farti credere che tu non possa piu'

parlarmi come prima  e  dirmi  cio' che ti sta al cuore? Bada,  sarebbe  l'ingiuria  piu'  grave  che  tu potessi  farmi,  il  tradimento  piu'  brutto;  quello  di vedere in me ... cio' che  non  voglio  neanche dire.  Io ho mantenuto tutto quello che ti promisi e non mi  sono tirato indietro d'un passo. Se la gente parla, se la gente ride,  e  c'e'  chi protesta e chi  minaccia  -  mi  hanno perfino  mandato in casa il direttore -  ebbene,  lasciali dire!  Lasciali fare! Ciarle, risa, proteste, minacce  per me  non  significano  niente, e  non  debbono  significare niente neanche per te. Sappiamo bene, tu e io, che non facciamo nulla di male;  e  dobbiamo  dunque pensare a star uniti, tutti, e non  darla  vinta  a nessuno, aspettando che il tempo mi dia  ragione:  non  ora  -  presto  - alla mia  morte.  Quando  vi  avro' lasciati  a posto, tutti e tre tranquilli e contenti.  Hai inteso?  Di,  hai inteso? E dunque parla  adesso!  Che  e' stato!  Vi siete litigati? Ho capito, non ti sei  litigata  con nessuno. E perche' allora da tre giorni lui non viene? E  non  va neanche alla banca, da tre  giorni...  Me  l'ha detto  ieri  il Cassiere. Si vede che fara' male  il  capo  anche a lui. ( pausa ) Ah,  santo Dio, ragazzi! Pensate che il tempo  rimane  per

voi, e che un giorno che togliete a me, e' peccato!... Tre giorni  che  non canti, tre giorni che non  ridi...  Ecco?  Vedi? ( come se sentisse piangere ) E t'ostini a dirmi che  non e' niente! Qualcosa di grosso dev'essere accaduto!   E  tu  devi  dirmelo! E se non posso entrare lo dirai  a  tua  madre!  ( Suona il campanello della porta, come fra  se  ) Non  ha niente da dire a nessuno. Lo sapevo! ( risuona  il campanello  ) Nessuno va ad aprire? ( Intanto fa  come  se   aprisse lui ) Chi e'? Padre reverendo! ( Si fa da parte  e  fa entrare in scena il padre Landolina ).-

Land    - Chiarissimo professore!-

Toti    - Reverendissimo! Favorisca. S'accomodi, prego. ( offre  una  sedia )-

Land    - Grazie, grazie...-

Toti    - A che debbo  l'onore della visita di un personaggio  cosi' di riguardo?-

Land    - Umile servo di Dio, professore. (pausa) Ecco,  professore. Se  permette  io  avrei bisogno di tutta la  sua  - bonta'   riconosciutissima  -  non  tanto per quello  che  vengo  a chiederle,  che e' giusto; quanto per me, timido servo  di  Dio,  perche'  mi dia il coraggio di parlare di  una  cosa molto ... molto delicata.-

Toti    - Coraggio:  eccomi qua. Le metto a disposizione  -  poiche' lei  me  la  riconosce  -  tutta  quella  bonta'  che   le  abbisogna;  sicuro che se ne prendera' non piu' di  quanta  potra' bastargliene a farla parlare.-

Land    - Ah, nei limiti della discrezione, s'intende! E' un caso di coscienza, professore.-

Toti    - Coscienza sua, o coscienza d'altri?-

Land    - D'una  povera anima cristiana, professore - non  so  se  a torto o a ragione - non voglio indagare.-

Toti    - Neanche lei?-

Land    - Co-come dice?-

Toti    - No, niente. Prosegua, prosegua.-

Land    - Dicevo, non so se  a torto o a  ragione è addolorata, offesa da  certe  dicerie pregiudizievoli che girano in  paese  a  carico del proprio fratello.-

Toti    - Ho  capito. Lei  viene a nome  della  sorella  di  Giacomo Delisi?-

Land    - Fa il nome lei, professore; non io.-

Toti    - Senta reverendo. Se vuol parlare di questo, dev'essere  ad un patto: che lei, prima di tutto, si levi i guanti.-

Land    - Ma io, veramente.-

Toti    - Non  dico dalle mani.  Dalla lingua, dico.  Parli  chiaro, insomma;  aperto.  Con me si parla cosi',  perchè  non  ho niente da nascondere, io. Aperto!-

Land    - Ma scusi, non vorrebbe rispettare il mio ufficio sacro?-

Toti    - E' un segreto di confessione?-

Land    - No, guardi, e' il dolore - come le dicevo -  d'una  povera  penitente  che viene a chiedere consiglio e aiuto  al  suo confessore.-

Toti    - E lei se ne viene da me?-

Land    - C'e' il  suo motivo, professore, se lei ha la pazienza  di  lasciarmi dire.-

Toti    - Dica, dica.-

Land    - Parlero', aperto, come lei desidera. La  signorina  Delisi,  di  parecchi  anni  maggiore   del  fratello,  come lei sapra',  ha fatto da madre  al  giovane, quasi  fin da bambino rimasto orfano; e grazie a Dio,  con ineffabile compiacimento, se l'e' visto crescere sotto gli occhi timorato, rispettoso, obbediente.-

Toti    - Puo' abbreviare,  Padre. Vuole che non  conosca Giacomino? Meglio di lei lo conosco e anche meglio di sua sorella, ne  puo' star sicuro.-

Land    - Ecco, le  dicevo perche' tutte queste buone doti  che  lei riconosce nel giovane, sono merito, a mio  credere,  della  buona educazione che ha saputo dargli la sorella.-

Toti    - (  quasi  tra se )  Quant'e'  bello  finire  come  un  cero d'altare.-

Land    - Non capisco.-

Toti    - Ardere e sgocciolare, Padre! Codesta  signorina Delisi. Ma si, ottima creatura. E riconosco che ha saputo educar bene  il fratello.-

Land    - E come avviene allora, professore, che a carico  di questo giovane cosi' educato si trovi, adesso, tanto da ridire in  paese?  Ecco, per me e' chiaro che dipende da questo:  che il giovane frequenta con una certa assiduita' la sua casa;  e  che la malignita' della gente, essendo la sua  riverita consorte molto giovane...-

Toti    - Veniamo, Padre, veniamo allo scopo della sua visita!-

Land    - Ma gia' ci siamo.-

Toti    - No, guardi: glielo dico io. Andiamo per le spicce. Mandato dalla  sorella, lei vorrebbe che io, per troncare  codesta  che lei chiama dicerie pregiudizievoli, pregassi Giacomino di non mettere piu' piede in casa mia. Vuol questo?-

Land    - No, professore, non propriamente questo.-

Toti    - E che altro vorrebbe allora da me?-

Land    - Ecco.  Le  ho  parlato della  sorella,  del  dolore  della sorella per queste dicerie, che non fanno male soltanto al giovane, ma anche… -

Toti    - Non badi, non badi a me, la prego!-

Land    - Capisco che  lei e' superiore a  codeste miserie.  Ma  una  giovane  donna,  no;  una  povera  sorella,  che  dobbiamo  piuttosto  considerare come madre, no; ne  soffre;  piange chiede conforto e aiuto - e' donna - e....-

Toti    - (  massaggiandosi  le tempie )   Che   stradacce,  ah  che  stradacce in questo nostro porco paese!-

Land    - ( sbalordito ) Stradacce?-

Toti    - Appena  piove, non ha visto? Le scarpe si sfanno subito  sotto  i  piedi,  che  a  camminarci pare s'abbia  il  vischio  alle  suole.  E  piacere  a sguazzarci, poi,  quando  seguita  a piovere a quella mota si fa acquosa! Acquosa!-

Land    - Non capisco, in verita', come c'entrino le strade.-

Toti    - Porto  le  scarpe di panno,  reverendo! Lei  mi  parla  di questo gran pianto della sorella; e io la sorella, non so, ho pensato  alle strade quando piove. Non ci  faccia caso! Diceva?-

Land    - Che ha mandato me, si, professore, ma solo per supplicarla d'essere  cortese  di  farle avere -  ecco  -  un  piccolo  attestato, un piccolo attestato proprio  per suo  conforto e nient'altro: come qualmente queste dicerie non hanno, ne  certamente possono avere, il minimo fondamento di verita'.

Toti    - E nient'altro vorrebbe?-

Land    - Nient'altro, oh, nient'altro!-

Toti    - Perche', quanto a  ritornare  qua  Giacomino,  la  sorella  crede  di poter essere sicura che questo non  avvera'  mai  piu',  e'  vero? Poichè lei, da buona  sorella,  da  buona  mamma, lo ha persuaso e convinto che questo  non deve piu'  avvenire. E' cosi?-

Land    - Si, professore: questo  crede proprio d'essere riuscita  a  ottenerlo.-

Toti    - E ora  vorrebbe  l'attestato da  me?  Prontissimo.  Glielo  rilascio.-

Land    - Oh, grazie.-

Toti    - Grazie? Che vuole che mi costi? Due righe: come qualmente, avendo saputo di queste dicerie eccetera eccetera, attesto  e  certifico ecc. ecc.. Puo' andarsene, reverendo.  Glielo faccio. Glielo faccio e glielo mando.-

Land    - Sono proprio felice e ammirato, professore, di codesta sua  carita'  fiorita.  ( si alza ) E - scusi  -  non  vorrebbe darlo a me? Glielo porterei subito.-

Toti    - Ah no. Ora  non ho tempo. Ma non dubiti, glielo  faccio  e glielo mando in giornata.-

Land    - Lo mandera' a me?-

Toti    - No;  perche' a lei? Direttamente alla sorella. Se ne  vada  tranquillo.-

Land    - Io allora la riverisco, e… -

Toti    - Aspetti! Mi dica. Lo  sa, reverendo, che  Giacomino - buon giovine ottimo anzi, timorato, rispettoso ma ... si,  via! Scioperato - trovo' posto alla Banca per me?-

Land    - Oh, vuole  che non si  sappia, professore! Lo so  bene;  e  voglio  che lei mi creda: glien'e' gratissima la  sorella,  riconoscentissima.-

Toti    - Meno  male,   meno  male.   Sono   contento   di   codesta  riconoscenza.  Certo, quella inaspettata eredita',  quella  grossa  somma da depositare... mi facilito'.  A  rivederla reverendo.-

Land    - A rivederla professore. E tante grazie di nuovo. ( fa per andare )

Toti    - Scusi, scusi reverendo: le volevo domandare un'altra  cosa  che  mi passa ora - cosi' - per la mente'. Mi chiarisca un  dubbio. Crede lei che un giovanotto  qualunque - possa non farsi piu' nessuno scrupolo, nessun rimorso, se per caso -  per puro caso, intendiamoci - una ragazza da lui sedotta e resa madre, avesse poi trovato in tempo un uomo, un povero  vecchio... ( padre Landolina tossicchia ) Ma sa che lei ha  una   bella  tosse,  reverendo?  Si  curi,  si  curi:   un  bell'impiastro! A rivederla!

( Landolina esce ) Marianna; Marianna, fammi il piacere di  rivestirmi il bambino, debbo uscire, io e lui.-

Calano le luci per pochi secondi, musica adatta.

Riprendono le luci. In scena vi e' padre Landolina che parla con  la signorina Rosaria che s'immagina dietro le quinte di sinistra.

 Land    - ... Se vuole proprio incomodarsi, accetterei una tazza  di  caffe'.  (  pausa ) Ah, creda, creda che e'  andata  bene. Proprio bene: lasciato nell'illusione d'aver indovinato lo scopo  della  mia visita. Certo sarebbe stato  meglio  che codesta  benedetta assicurazione che tanto preme alla  sua  amica,  me l'avesse scritta sotto gli occhi. Ma  insistere  non  sarebbe  stato prudente. Bisognava dir la  cosa  -  e saperla dire -  ma poi lasciarla li, fingendo che non aveva  nessun  valore pratico, mi spiego? E mi ha assicurato  che le  fara' avere presto, prestissimo, anche per il  piacere  di  gabbarci con niente. ( risolino ) Intanto, con la  mia visita  s'e'  guadagnato questo: che  neppure  lui  adesso  mette  in  discussione che Giacomino possa andare  a  casa  sua.

Cosa dice? C'e' il professore? Ma come? Qua?  Davanti alla  porta?  E  col bambino?  Che  tracotanza,  Dio  mio! Sorpassa   ogni  limite!  Ma  bisogna  tener  duro! Non  transigere, signorina! Pareva cosi' rassegnato, pareva...io non so... pretese lui stesso che gli parlassi chiaro, aperto... mi licenzio' assicurandomi che me ne potevo  andare tranquillo. Ora mi domando se non convenga,  piuttosto, affrontarlo risolutamente. Lo affronterei io, ma  credo che non gioverebbe- non per tirarmi indietro-

s'intende, ma perche' qui ci vuole uno della famiglia: lei  signorina Rosaria. Perche' no? Lei, la sorella, quasi la  madre! Orsu', coraggio, lo riceva! E si procuri di frenarsi: Fermezza e pazienza! Io posso andare di la', da  Giacomino? Bene, allora vado da lui. (sta per uscire) Fermezza e pazienza! Pazienza e fermezza! (esce da sinistra, mentre Toti entra da destra. indossa cappotto, cappello e guanti. Porta il bastone. Si comportera' in  scena come se cercasse qualcuno e che volesse, intanto, liberarsi del cappello, bastone e cappotto.)

Toti.-    Cara signorina Rosaria (come se la scorgesse a sinistra) bella giornata... che buon profumo di caffe'... no, non  s'incomodi, grazie... sa alla mia eta'...E' proprio una bellissima giornata e da tre giorni il  piccino non usciva di casa. Allora ho pensato di fargli fare due passini e di portarlo qui, per sapere di Giacomino, che da tre giorni non si fa vedere. Forse sta  male? Ah, sta benissimo! Ma, scusi, signorina, lei mi  tratta in un modo... Ho forse fatto offesa, senza saperlo, a lei o a Giacomino, venendo qua? Ah, avrei dovuto capire  da me... Ma sa signorina Rosaria, ho i capelli bianchi, e  prima di tutto capisco che certe furie... certe furie,  meglio lasciarle svaporare! Dice che Giacomino non e' in casa? Ah, se voglio parlargli verra' a trovarmi a scuola o dove gli indichero' io? Ma cara signorina, vede che ancora le... furie? Guardi, sara'  bene chiarirlo, francamente, senza sotterfugi e senza  riscaldarsi. Mi lasci sedere e vada a chiamare Giacomino.  Va bene non c'e', me l'ha gia' detto... ma scusi i preti, a casa sua, usano parlare con le seggiole? Come perche'? (prende il tricorno di padre Landolina che aveva lasciato sulla sedia al momento di andarsene da Giacomino) Ecco qua  un tricorno da prete: e' di padre Landolina che,  sicuramente, e' di la' con Giacomino. Vada dunque  signorina, lo vada a chiamare, non mi faccia ritornare. Si,  si, verra' lui a scuola... ma perche' farlo incomodare mentre io sono qua e lui e' di la'? Potremmo senz'altro  metterci a parlare. Sono un uomo ostinato, signorina, e per  lei certo petulante. Ma pensi a questo: lo vado a chiamare e la faremo finita una volta per sempre, ah! Lo chiama? Grazie signorina Rosaria, grazie di cuore. ( rivolto al  bambino se c'e' in scena) Niente, bellino mio, non aver   paura. La zia scherza. Ora gliela faremo sbollire tutta questa furia. Sai chi verra' ora? Giami'. Gli vuoi bene tu a Giami', e' vero? Si, eh? Ma tu dovrai voler bene anche a  me, piccimo mio, e assai di piu', perche' io per te, tra poco non ci saro' piu', mentre lui tu lo avrai per sempre. Ma tu queste cose non puoi capirle, e forse, non le capirai  mai, perche' quando potrai capirle, non ti ricorderai piu' di me...( entra Giacomino)  Di che faccia! oh, giacomino?-

Giac.-    Che ha da dirmi, professore?-

Toti -    Come! Non vedi il bambino?- (se non c'e' in scena, dire cosi': Come! non saluti il bambino?)

Giac.-    Io mi sento male professore. Ero buttato sul letto! Non   posso ne' guardare ne' parlare!-

Toti -  Gia', ma il bambino?-

Giac.-  (accarezzando la testa al bambino) Ecco, si. Mi dica, la  prego, che cosa vuole da me, professore.-

Toti -   Me l'ero immaginato che ti dovessi sentir male. Il capo eh?  Si vede...-

Giac.-   Professore...-

Toti -   Ecco, ti volevo domandare se il direttore della Banca t'ha detto qualcosa...-

Giac.-   No. Niente. Non l'ho visto nemmeno.-

Toti -   Non ci vai da tre giorni...-

Giac.-   Non sono andato perche'...-

Toti -   Non voglio saperlo! Te lo domandavo perche' ieri lo incontrai per strada e mi chiese di te. Discorrendo, si  parlo' del tuo stipendio, e io gli feci notare che non e' quello che dovrebbe essere. Siamo rimasti d'accordo che ti  sara' cresciuto.-

Giac.-   ( a disagio) Professore, io la ringrazio, ma...-

Toti -   ... di che mi ringrazi?-

Giac.-   ... ma ni faccia il piacere, la carita' di... di non  incomodarsi piu' di... non curarsi piu' di me, ecco!-

Toti -   Ah si? Bravo, bravo. Non abbiamo bisogno di nessuno, ora, eh?-

Giac.-   Non per questo, professore. Se lei non vuol capire!-

Toti -   Che vuoi che capisca? Mi vuoi impedire, se voglio, di farti  del bene.... che te lo faccia?-

Giac.-   Ma se io non lo voglio?-

 Toti -   Tu non lo vuoi e io te lo voglio fare. Per mio piacere. Non  sono padrone? Oh, guarda un po'! Non debbo piu' curarmi di  te. E di chi vuoi che mi curi allora? Io ti considero come un figliolo, lo sai.-

Giac.-   Professore lei mi sta facendo soffrire una pena d'inferno.-

Toti -   Io?-

Giac.-   Lai, lei. Ma si, se ne vada, vada e si scordi che io esisto!-

Toti -   Ma perche'? Che hai?-

Giac.-   Vuol sapere che ho? Glielo dico subito: mi sono fidanzato, ha capito professore? fidanzato!-

Toti -   Fi... fid... fidanzato?-

Giac.-   Si! E dunque basta! basta per sempre! Capira' che ora non  posso piu' vederla qua, comportare la sua presenza in casa  mia.-

Toti -   Mi... mi cacci via?-

Giac.-   No, no. Ma se ne vada. E' bene che lei, che lei se ne vada.-

Toti -   ( s'appresta ad andarsene) Quando e' stato? Senza... senza  dirmene nulla...-

Giac.-   Gia' da un mese.-

Toti -   Da un mese? e seguitavi a venire a casa mia?-

Giac.-   Lei sa come ci venivo.-

Toti -   ( fa cenno di non dire altro) Con chi? Dimmelo!-

Giac.-   Con una povere orfana come me, amica di mia sorella.-

Toti -   E...e.. si lascia tutto, cosi'? e...e...e non si pensa  piu' a... a niente? non...non si tien conto di niente?-

Giac.-   Ma scusi, professore. mi voleva schiavo?-

Toti -   Schiavo? Schiavo io che t'ho fatto padrone della mia casa? Ah, codesta  si, che e' vera ingratitudine! Il bene che t'ho  fatto, il bene che t'ho fatto, te l'ho forse fatto per me? E che n'ho avuto io, del bene che t'ho fatto? Le ingiurie, la baja di tutta la gente stupida che non vuol capire il sentimento mio. Ah, dunque, non vuoi capirlo neanche tu il  sentimento di questo povero vecchio che sta per andarsene e  che era tranquillo di lasciare tutto a posto, una madre, il  bambino, te, uniti, contenti, in buone condizioni? Non so - non so ancora. non voglio sapere chi sia la tua fidanzata.

Sarà - se l'hai scelta tu - sara' una giovane per bene. Ma  pensa che non e' possibile che tu abbia trovato di meglio,  Giacomino, della madre di questo bambino. Non ti parlo  dell'agiatezza soltanto, bada! Ma tu ora hai la tua  famiglia, in cui non ci sono di piu' che io, ancora per poco, io che non conto per nulla. Che fastidio vi do' io?   Sono come un padre per tutti; e posso anche, se tu lo vuoi, per la vostra pace, posso anche andarmene. Ma dimmi, com'e' stato? che cos'e' accaduto? come ti s'e' voltato cosi' tutt'a un tratto il cervello? Figliolo mio... dimmelo, dimmelo.-

Giac.-   Che vuole che le dica? Come non s'accorge professore, che tutta codesta sua bonta'...-

Toti -   ... questa mia bonta' - seguita! che vuol dire?-

Giac.-   Mi lasci stare! Non mi faccia parlare!-

Toti -   No, parla, anzi! Devi parlare!-

Giac.-   Vuole che glielo dica? Non comprende da se' che certe cose  si possono fare soltanto di nascosto, e non sono possibili  alla  vista di tutti, con lei che sa, con la gente che ride?-

Toti -   Ah, e' per la gente? E parli tu della gente che ride? Ma  ride di me, la gente, e ride perche' non capisce, e io la lascio ridere perche' non me ne importa nulla! All'ultimo  vedrai che ridera' meglio! E' l'invidia, figliolo, di   vederti a posto, sicuro del tuo avvenire.-

Giac.-   Se e' cosi'- guardi professore- se e' cosi', lasci star me-  ci sono tant'altri giovani che hanno bisogno d'aiuto.-

Toti -   (incollerito) Oh! che cosa... che cosa hai detto? E' una  giovane Lillina; ma e' onesta, perdio! E tu lo sai! Nessuno  meglio di te lo puo' sapere! E' qua, e' qua, il suo male! (si picchia il petto) Dove credi che sia? pezzo d'ingrato!  Ah, ora la insulti per giunta! E non ti vergogni? non ne  senti il rimorso in faccia a me? tu? E per chi l'hai presa? Ah credi che possa passare dall'uno all'altro, cosi' come niente? Ma che dici? Ma come puoi parlare cosi? Madre di questo bambino, che tu sai bene di chi e'! Ma che dici,eh? -

Giac.-   E lei professore, mi scusi, come puo' lei, piuttosto,  parlare cosi'?-

Toti -   Hai ragione... hai ragione... hai ragione. (disperato)  Ah, povero Nini' mio! povero piccino -mio! che sciagura, che   rovina! E che ne sara' della tua mammina senza esperienza;  senza chi l'assista, chi la guidi? Che baratro! che baratro!  (poi risoluto) E' il mio rimorso: perche' t'ho protetto! t'ho accolto in casa! e ho parlato in modo da toglierle ogni  scrupolo d'amarti! Ed ora che t'amava sicura, madre di   questo bambino, qua, ora tu...(minaccioso) Pensaci  Giacomino! Io sono buono e caro, ma appunto perche' sono cosi' buono, e vedo la rovina d'una povera donna, la rovina tua, la rovina di questa creaturina innocente, io divento  capace di tutto! Pensaci Giacomino! Io sono capace di fare quello che non  t'aspetti, sai? Vado ora stesso, con questo bambino per mano, a presentarmi alla tua fidanzata...-

Giac.-   Lei non ha il diritto!-

Toti -   Non ho il diritto? E chi te l'ha detto che non l'ho? Io  difendo questa creaturina! difendo la madre a questa   creaturina! e difendo anche te, ingrato, che non ragioni  piu'! Andro' a parlarle, a parlare ai parenti, mostrero' questo piccino e domandero' se c'e' coscienza a rovinare  cosi' una casa, una famiglia, a far morire di crepacuore un   povero vecchio, una povera madre, e lasciare senza aiuto e senza guida un povero innocente come questo. Giacomino, come questo... Ma non lo vedi? non hai piu' cuore, figliolo mio? non lo vedi qua il tuo piccino? E' tuo!  E' tuo! (prende il bambino e glielo appende al collo, e,   vedendo che Giacomino se l'abbraccia, pieno di commozione,   come impazzito grida) Santo figliolo... santo figliolo   mio... lo volevo dire... lo volevo dire. Su, su, andiamo, ora! andiamo via subito! Non perdiamo tempo! Cosi' come ti  trovi! Via, via, tutti e tre!-

Land.-   (entrando a precipizio) No, no Giacomino! Cosi' ti lasci  trascinare? Di violenza? E' inaudito! Peccato mortale   Giacomino!-

Giac.-   Lasciatemi stare, lasciatemi andare!-

Land.-   No, Giacomino! (tenta di sbarrargli la strada)-

Toti -   (parandoglisi davanti) Vade retro! vade retro! – via Giacomino, non ti voltare! (Giacomino esce da destra) Vade  retro! Distruttore di famiglie! Vade retro! (esce anche lui)

Land.-   (accorrendo gridando) Giacomino, io credo...-

Toti -   (rientrando) Che crede? Lei neanche a Cristo crede!-

Fine.