Ma non è una cosa seria

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maggio 2008

maggio 2008


Commedia  in due atti di   Mario Pozzoli

 da   Luigi Pirandello

1ª rappresentazione:      Buccinasco,   22 novembre 2008

Auditorium della Fagnana

Questa commedia è tutelata dalla SIAE  (codice SIAE:  883071A)
INFORMAZIONI   &   TRAMA  originale

È una commedia in tre atti che deriva dalle novelle «La Signora Speranza» (1902) e «Non è una cosa seria» (1910).

Se ne fa risalire la stesura tra il 1917 il 1918.

Ne trassero due film: Augusto Camerini nel 1920 e Mario Camerini nel 1936.

La trama si basa sulla paradossale decisione presa da Memmo (Bruno) Speranza di ammogliarsi per non correre il rischio di ammogliarsi. e cioè contraendo un matrimonio apparente, valido solo sul piano giuridico, con Gasparina (Antonia), pro­prietaria di una trattoria, donna umile e sottomessa che vive nella convin­zione di non avere nessuna attrattiva per fare innamorare gli uomini.

Memmo (Bruno), scampato alla morte in un duello con un mancato cognato, e dopo aver vissuto la sua vita di Don Giovanni spensieratamente e allegramente, ma con pericoli continui, decide di ricorrere al singolare espediente proprio per evitare di correre ulteriori rischi matrimoniali e relative complicazioni.

E una tipica trovata pirandelliana, ma proprio come tale, la trovata non si compiace soltanto del para­dosso. La decisione è suffragata da una serie di ragionamenti assurdi per il senso comune, ma di per sé concreti e validi, soprattutto in relazione alla na­tura di Memmo (Bruno), che è «come la paglia» e prende fuoco subito, mettendosi nei guai.

Egli si chiede, ad esempio, perché ogni volta che, attratto dalla bel­lezza di una donna, debba giurarle amore per l’eternità. Una volta che risulterà sposato avrà più difese e più libertà d’azione. Ma se il ma­trimonio con Gasparina (Antonia) non è una cosa seria, è serissimo il patto che stringe con lei di consentirle una vita serena e agiata in una villetta di campagna, sottraendola alle fatiche della conduzione di una misera trattoria.

Il matrimonio è deciso allegramente da Memmo (Bruno) insieme con gli avventori della pensione che partecipano al giuoco e scommettono che non si verifi­cherà. Tra essi l’anziano signor Barranco (ragionier Tozzi), se­riamente innamorato di Gasparina (Antonia), che invano si oppone a quello che giudica uno scherzo di cattivo gusto.

In seguito l’infiammabile Memmo (Bruno) si pentirà della «pazzia» perché è tornato a innamorarsi della donna che aveva abbandonato. E a questo punto rivela la vera natura della sua apparente gioia: «la pazzia» del finto matrimonio l’ha compiuta perché «ha sofferto». Egli è stato una specie di punitore di se stesso. E nell‘altalena tutta pirandelliana dei giudizi, quel falso matrimonio è «il trionfo della logica», è una «perfetta astrazione» basata su un ragionamento che fila a meraviglia.

Ma ora che si è in­namorato di nuovo, vorrebbe annullarlo. E’ pazzo oggi o era pazzo allora?

La volubilità di Memmo (Bruno) lo porterà, alla fine, a innamorarsi di Gasparina (Antonia), di questa donna così insignificante e trasandata, che una volta trasformata, diven­ta bella e desiderabile.

Pirandello celebra la resurrezione di Gasparina (Antonia) come donna e ne sa porre in evidenza i pregi del carattere. E’ il personaggio spiritualmente più nobile e psicologicamente più vero.

Memmo (Bruno) alla fine si rende conto che vale pro­prio la pena, dopo aver rincorso donne superficiali e leggere, trasformare il matrimonio con Gasparina (Antonia), che pudicamente lo ama senza speranza, in una cosa seria.

* Tra parentesi i nomi adottati nella presente stesura.


P E R S O N A G G I

  1)    ANTONIA       

  2)    BRUNO SPERANZA                                  

  3)    Professor BRUSOTTI                      

  4)    Maestra TERRASI                           

  5)    Ragionier TOZZI                                          

  6)    LORETTA Rossini               

  7)    MARCELLO              

 


E L E N C O     S C E N E

scena 01 il pranzo:                                       Brusotti   Terrasi    Tozzi                  

scena 02 Antonia:           Antonia                  Brusotti  Terrasi    Tozzi                   Marcello

scena 03 Bruno:             Antonia  Bruno    Brusotti   Terrasi    Tozzi  Loretta     Marcello

scena 04 il rimedio:         Antonia  Bruno    Brusotti  Terrasi    Tozzi  Loretta     Marcello

scena 05 due dialoghi:                     Bruno                                                Loretta     Marcello

scena 06 la visita:         Antonia  Bruno                                                                 Marcello

scena 07 un altro rimedio:                Antonia                 Bruno                                    Loretta


scena 08 la villetta:       Antonia                 Brusotti   Terrasi

scena 09 l’amore di Tozzi: Antonia                             Brusotti  Terrasi                 Tozzi

scena 10 Una, per due:   Antonia  Bruno                                    Tozzi

scena 11 la rivelazione:                 Antonia                 Bruno                                  Tozzi

scena 12 “Aspetta...”:    Antonia  Bruno                                    Tozzi

 


E L E N CO     M U S I C H E*

*I tempi segnati sono reali, senza i 10 secondi di silenzio finale.

- 44,09 -                                                                                            CD  n. 41

01)Inizio                                     (Richard Freitas- Smokey)                                               2,21

02)Fine 1ª scena                      (Saint Saens- Il carnevale degli animali, Il cigno)     0,29

03)Fine 3ª scena + ripresa      (Richard Freitas- Smokey)                                               1,03

04)Scena 4ª, Antonia sola     (Laurel Canyon Animal Company- Woman Rain)   5,11

05)Fine 4ª scena                      (Mozart- Concerto pf n.20, mov.1)                    12,01

06)Scena 6ª, Antonia ricorda (Saint Saens- Settimino, mov.3)                          2,37

07)Inizio 7ª scena                     (Pazza idea)                                                            0,54

08)Fine 1° atto                           (Richard Freitas- Smokey)                                               2,20

09)Inizio 2° atto                         (Richard Freitas- Smokey)                                               1,05

10)Fine 9ª scena                      (Mozart- Adagio)                                                     0,40

11)Scena 10ª, si siedono        (Strauss- Valzer)                                                    0,30

12)Scena 11ª, lei mi vuole      (Bach- Cantata 140)                                              0,57

13)Scena 12ª, Bruno rientra   (Richard Freitas- Smokey)                                               0,41

14)Scena 12ª, sola mai più     (Mario Pozzoli- Duetto)                                         2,13

15)Applausi                               (Richard Freitas- Smokey)                                               7,59

Per il dettaglio delle musiche, per informazioni, suggerimenti oppure per ricevere una copia del  CD  con le musiche di scena  (fornita senza alcuna spesa) contattare l’autore:

Mario Pozzoli  - Tel.  334 3320184


ATTO   PRIMO

N O T E:               Esterno di una trattoria. Primavera.


scena  1

il pranzo:  Brusotti, Terrasi, Tozzi

- AUDIO  1

Il professor Brusotti osserva il cielo, seduto al tavolo 1.

La maestra Terrasi cincischia con le unghie, seduta al tavolo 1.

Il ragionier Tozzi sta sfogliando un giornale, seduto al tavolo 2.

- AUDIO  1  finire sfumando

BRUSOTTI -         “Passata è l’uggiosa invernata.

                               Passata.

Al di fuor della nuvola nera,

al di fuor della nuvola grigia

che in cielo si pigia,

domani uscirà primavera”.

TERRASI -           Oh, sì, la primavera...

                               “Con pieno il grembiale...

                               di tiepido sole,”

BRUSOTTI -         “di fresche viole,”

TERRASI -           “di primule rosse,”       

BRUSOTTI -         “di battiti d’ale,”

TERRASI -           “di nidi,”

BRUSOTTI -         “di gridi,”

TERRASI -           “di rondini, ed anche

                               di stelle di mandorle, bianche.”

BRUSOTTI -         “Passata è l’uggiosa invernata.”

TERRASI -           “Passata.”                                                                          Angelo Silvio Novaro

                               Ridono, felici.

TOZZI -                 Perbacco e perbaccone, signori, non avete nient’altro da fare che snocciolare poesie?

TERRASI -           Eh, via, ragioniere, intanto che si aspetta di mangiare...

BRUSOTTI -         “Ridi!

Anche se la vita è piena di dolore,

                               e ti fa dei brutti scherzi.

                               Resta comunque, sai,

                               creazione splendida.

                               Stai allegro e meno amara

                               lei ti sembrerà!”                                                                       Mario Pozzoli

TOZZI -                 Sì, allegro! Allegro di essere a digiuno! (guardando l’orologio) E come mai oggi non si pranza? (mentre si alza e va a guardare all’interno della trattoria)  Perbacco, dove s’è cacciata Antonia?

TERRASI -           Dev’essere andata a...

TOZZI -                 A prendere gli ordini per il pranzo dal signor Speranza! Vuol festeggiare il suo ritorno alla vita, il signor Speranza!

TERRASI -           Può ben dirlo! Dopo quella coltellata che si è preso! Anzi, ha fatto presto a guarire. Ma già, lui è giovane...

BRUSOTTI -         “Giovinezza, giovinezza,

                               che si fugge tuttavia,”                                                        Lorenzo il  Magnifico

TERRASI -           Ho visto ieri il fratello della fidanzata.

BRUSOTTI -         Chi?

TERRASI -           Il fratello della fidanzata.

BRUSOTTI -         Ah! Quello che infilzò il signor Speranza.

TERRASI -           Già.        

TOZZI -                 (acido) Perbacco! Se invece di andare a molestare le ragazzine, si accoppiasse con le donne della sua età!

TERRASI -           (a disagio e irritata) Eh, via, ragioniere, che maniera di esprimersi! Lo sa che mi irritano certi modi!

BRUSOTTI -         Dopo tutto con la ragazzina, il signor Speranza, si era fidanzato.

TOZZI -                 Con tutte si fidanza, per coprire le sue porcherie!

TERRASI -           (a disagio e irritata) Oh, ma insomma!

TOZZI -                 Va bene, va bene, mi scusi. Comunque, signorina Terrasi, con quest’ultima, dopo averci fatto il suo comodo, come al solito l’ha mollata, perbacco, perbaccone e anche perbaccaccio, e il fratello... zac!

BRUSOTTI -         L’ha infilzato!

TOZZI -                 E ha fatto bene! Per conto mio, gli stringo la mano.

BRUSOTTI -         Gli stringe cosa?

TOZZI -                 La mano! La mano!

BRUSOTTI -         Ah, la mano! Lei ce l’ha col signor Speranza, ma oggi berrà alla sua salute.           

TOZZI -                 No, caro professor Brusotti, io bevo alla mia!

BRUSOTTI -         E fa bene!

“Quel c’ha a esser, convien sia.

                               Chi vuol esser lieto, sia:

                               di doman...”                                                                          Lorenzo il  Magnifico

TOZZI -                 (lo interrompe) Ma insomma, la finisca, perbacco! Non se ne può più!

BRUSOTTI -         Sine poetica, vita est quasi mortis imago. 

TOZZI -                 (a Terrasi)  E adesso cos’ha farfugliato?

TERRASI -           Senza la poesia, senza il sapere, la vita è quasi un’immagine della morte.

BRUSOTTI -         Mentre noi vogliamo vivere! E nel frattempo: ridere!

TOZZI -                 (a Terrasi) Fortuna che qui c’è la nostra maestrina che traduce. (a Brusotti) Lei, professore, con tutta la sua scienza, quando parla, non si capisce neppure cosa vuol dire. (estrae un sigaro e l’accende)

BRUSOTTI -         Ah, che buon sigaro! Delizioso! (si avvicina)

TOZZI -                 (porgendo sgarbatamente un sigaro) Ma tenga, fumi, perbacco!

BRUSOTTI -         (sorridente) No, grazie. La nicotina fa male. Mi piace soltanto aspirarne l’odore.

TOZZI -                 A mie spese? Col danno della mia salute? Ma si scosti!

BRUSOTTI -         Eh, che maniere!) Ecco, mi scosto! Ma scusi, cosa le tolgo io?

TOZZI -                 Niente. Ma chi vuole un piacere, se lo paghi! Perbacco!

BRUSOTTI -         Se lei fumasse per me, le darei ragione, ma lei fuma per sé! Butta via il fumo, ed io ne approfitto!

TOZZI -                 Eh già! Mi piace questa! (un istante) Scusi: è uomo lei, sì o no?

BRUSOTTI -         (ironico) A volte...

TOZZI -                 E allora mi dica: fa più male la nicotina o la donna?

BRUSOTTI -         Oh... la donna! Sicuramente la donna, specialmente alla mia età! Certo, quand’ero giovane, ho fatto del mio... (pensa) Ma avrò allora gustato appieno le gioie della vita?

Purtroppo non pensavo che si potesse diventar vecchi. Guardavo i vecchi e credevo fossero sempre stati così. Non immaginavo che sarebbe capitato anche a me.

                               “Che di quest’anni miei?

                               Che di me stesso?

Ahi, pentirommi, e spesso,

ma sconsolato, volgerommi indietro.” Leopardi.               Giacomo Leopardi

TOZZI -                 Bene, adesso che ha declamato, mi dica: come si regola lei, ora, con le donne?

TERRASI -           (a disagio) Eh, via, signori! Ma che discorsi sono?

TOZZI -                 Non dico niente di male, signorina Terrasi, stia tranquilla! (al professore) Mi dica: come si regola lei quando per strada vede qualche giovane sventolona che le piace? Se è uomo!

BRUSOTTI -         Come vuole che mi regoli? Alla mia età non posso certo andare in giro a fare delle avances alle giovani sventolone! 

TOZZI -                 Avrà pure un desiderio?

BRUSOTTI -         Cosa?

TOZZI -                 Un desiderio!

BRUSOTTI -         Ah, un desiderio! Eh, certo! Se poi è una bella donna...

TOZZI -                 Ah, bravo! E che fa, allora? Da me si piglia l’odore del fumo; e da quella? Va forse a trovare il marito e gli chiede di essere così gentile di prestarle un indumento intimo della sua signora per aspirarne il profumo?

TERRASI -           Ma, via, ragionier Tozzi, che discorsi! Quando diventa scurrile, non lo sopporto! Sarà meglio che vada a bermi un bicchiere d’acqua. (esce)

TOZZI -                 Ecco, brava!

BRUSOTTI -         Dovrebbe sapere, caro ragionier Tozzi,  che l’uomo, tra le tante doti, ha anche quella dell’immaginazione e senza incomodare il marito...

TOZZI -                 Ah, lei se l’immagina! Bravo!

BRUSOTTI -         Non è un delitto. E nessuno può proibirmelo. Nella propria testa ognuno può immaginare quello che vuole.

 

TOZZI -                 L’immaginazione si può tenere a freno.

BRUSOTTI -         E perché? Non si fa male a nessuno; e poi è anche una valvola di sfogo ai propri istinti negativi.

Ad esempio: chissà quante volte lei ha fantasticato di torcere il collo a qualcuno. L’ha immaginato e questo le è bastato a sedare la sua furia, (imita) perbacco, perbaccone e perbaccaccio!

Le dirò di più: quella giovane sventolona, di cui accennava prima, potrei anche di sognarmela di notte!

TOZZI -                 Se la sogna! Ma sentilo! E chissà che sogni!

BRUSOTTI -         (calcando per scandalizzarlo) Meglio non raccontarli, caro ragionier Tozzi, meglio non raccontarli! Tuttavia qualunque cosa io possa sognare, non ne avrei colpa, perché i sogni sono indipendenti dalla volontà.

TOZZI -                 Sogni, immaginazioni... E lei insegna in un istituto femminile!? Perbacco, se avessi una ragazza, non la manderei certo da lei!

BRUSOTTI -         E farebbe bene, sa? Ma non per me, per sua figlia. Le ragazze si sciupano a studiare, si ingrigiscono, pèrdono il fiore, la fragranza della loro femminilità; quel certo non so che... che è il loro fascino!

TOZZI -                 Perbacco e perbaccone! Ma lei è un maschilista! Vuole tenere le donne sottomesse nell’ignoranza.

BRUSOTTI -         (si alza) Iiih, che paroloni!

                               Terrasi rientra.

BRUSOTTI -         (andandole incontro e prendendole la mano) Mia cara maestrina, il ragionier Tozzi afferma che voglio tenere sottomesse le donne.

TERRASI -           Lei?

TOZZI -                 Stia attenta con quella mano, potrebbe non fermarsi lì!

TERRASI -           Eh, via, al professore gliela posso lasciare: non c’è pericolo! Sono stata sua allieva!

TOZZI -                 Se avesse sentito quel che ha finito or ora di dire delle sue al­lieve! Sogni, immaginazioni...

TERRASI -           Professore, è vero?

BRUSOTTI -         Non gli dia retta. (a parte, confidenziale) Mi piace provocarlo.

TOZZI -                 (a Brusotti) Si dovrebbe vergognare! (a Terrasi) Chi sa quante volte lei è stata... (calcando) sognata!

TERRASI -           Eh, via, che male ci può essere se il professor Brusotti si è sognato di me.

TOZZI -                 Nessuno! Ma si dovrebbe sapere come l’ha sognata! (si alza e va a guardare verso la strada) Insomma, si può sapere che diavolo fa Antonia? Io voglio mangiare, senza dover aspettare i comodi di nessuno!

TERRASI -           Conviene aspettare, sa, perché faremo festa. Oltre al signor Speranza, verrà il suo amico Marcello e magari anche altri.

TOZZI -                 (sgarbato) Se Antonia vuol festeggiare il ritorno alla vita di Bruno Speranza, sarà senz’altro una bella festa, (acidissimo) per Antonia, ma non certo per me!

(sbottando) Perbacco, perbaccone e perbaccaccio, adesso mi tocca anche festeggiare un don Giovanni perdigiorno!

BRUSOTTI -         (insinuante) Al quale vanno tutte le attenzioni di Antonia...

                               Tozzi grugnisce.

                               - AUDIO  2

 

                               Terrasi guarda Brusotti interrogativa, ma sorridente perché forse sa già...

                               Brusotti mette una mano sul cuore per dire che Tozzi è innamorato di Antonia.

                               - al 10° secondo:

BRUSOTTI -         “Se questo non è amore,

                               che cosa ho dunque in cuore?”                                          Jean-Antoine de Baif

                               Poi Brusotti prenderà Terrasi e faranno un giro di danza.


scena  2

Antonia:  Antonia, Brusotti, Terrasi, Tozzi, Marcello

                               Dalla strada entra Antonia. Regge delle borse della spesa, frettolosa, affannata; ma si ferma ad osservare i due.

ANTONIA -           Bravi!

TERRASI -           Antonia!

ANTONIA -           Sono arrivata!

TOZZI -                 Finalmente, direi!

ANTONIA -           Domando scusa se mi sono fatta aspettare, ma...

MARCELLO -      (entrando dalla strada, pure lui con una borsa della spesa) Salute a tutti!

TERRASI -           Oh, buongiorno, signor Marcello.

BRUSOTTI -         Marcello.

                               Marcello esce verso l’interno della trattoria, per depositare la borsa.

TOZZI -                 (ad Antonia) Dia a me! (le prende le borse e sta per uscire, ma si sofferma udendo Antonia, che si interessa di Bruno)

ANTONIA -           Ci siamo tutti?

BRUSOTTI -         Come?

ANTONIA -           Ci siamo tutti?

BRUSOTTI -         Ah, no, no! Manca il meglio! Il signor Speranza. 

ANTONIA -           (rivolgendosi a Marcello) Ma come? Non è ancora arrivato?

MARCELLO -      (da fuori) Bruno arriva subito. (entra, incrociando Tozzi che sta uscendo. A Tozzi) Guardi che abbiamo preso anche dell’acqua in polvere, però non saprei cosa aggiungerci! (fa un gesto, ridendo)

TOZZI -                 (burbero) Che cretinata! (esce verso l’interno della trattoria con le borse)

                               Antonia dice due parole con Terrasi.

MARCELLO -      (a Brusotti) Ma è sempre così?

BRUSOTTI -         (allarga le braccia, poi:) Però il suo amico Bruno si fa attendere.

MARCELLO -      Ha ragione, professore. E anch’io non ho assolutamente tempo da perdere.

BRUSOTTI -         Ha degli appuntamenti?

MARCELLO -      Assolutamente no! Ma una persona importante deve sempre dare l’impressione di essere molto impegnata. (fa un gesto, ridendo)

TERRASI -           Signor Marcello, lei scherza sempre.

BRUSOTTI -         Almeno stiamo allegri.

TOZZI -                 (rientrando) E allora? Non si dovrà mica aspettare questo farfallone per mangiare?

TERRASI -           Eh, via, ragioniere!

TOZZI -                 Antonia è padronissima d’accordare le sue sfacciate preferenze a chi meglio le aggrada, ma perbacco, ci siamo anche noialtri qua!

ANTONIA -           Per carità, ragionier Tozzi, non si ri­scaldi!

TOZZI -                 Io non mi riscaldo, ma anche lei non si... riscaldi troppo per quel Bruno Speranza!

MARCELLO -      Però!      

BRUSOTTI -         Sa che lei è un bel villanzone?

TOZZI -                 Sarà. Ma almeno non mi approfitto del buon cuore di questa donna! (uscendo verso l’interno della trattoria, allusivo) Vengono qua a mangiare e non pagano!

BRUSOTTI -         (seguendolo) Se sta parlando di me, le comunico che io ho pagato, sempre, fino all’ultimo centesimo!

ANTONIA -           (a Marcello) Sì, è vero. Il professore è sempre stato il primo a pagare.

MARCELLO -      Vado a calmarli. (li segue, uscendo)

TOZZI -                 (da fuori) Ma che paga lei? Non certo tutto quello che divora!

BRUSOTTI -         (da fuori) Ha parlato il protettore di Antonia!         

TOZZI -                 (da fuori) Lei è una voragine!

                              

TERRASI -           Antonia, non hai dignità! Scusa, sai se te lo dico, ma perché ti fai sempre pestare la faccia così!

ANTONIA -           Mah... (nel senso “non so”. Siede)

TERRASI -           E poi a loro cosa interessa se hai delle preferenze?

ANTONIA -           Ma no, nessuna preferenza.

TERRASI -           Sei libera di fare quello che vuoi. (siede)

ANTONIA -           Macché libera, macché preferenze! Ma mi hai vista? Brutta...

TERRASI -           No... chi lo dice?

ANTONIA -           Mi vedo, sai? A volte mi verrebbe voglia di spaccarli tutti gli specchi di casa. Sai quanti anni ho?

TERRASI -           (incerta) 42, 43... (la risposta a soggetto, ma almeno otto, dieci anni più del vero)

ANTONIA -           Non tanti veramente: 35 (a soggetto); ma per me è come se ne avessi ses­santa. In mezzo ai guai, da sempre. I miei genitori prima, poi mio fratello, il lavoro... Guai, sempre guai ho avuto. Non puoi neanche immaginarteli quali e quanti ne ho visti, fin da piccola. A dirli tutti, non ci si crederebbe.

                               E il tempo di pensare a me stessa? Il tempo di pensare che la mia sorte avrebbe potuto essere un’altra? Mai avuto quel tempo! Ho dovuto badare sempre solo a di­fendermi, con le unghie e con i denti.

La dignità, dici? Ma quale dignità? Non c’è dignità quando si è sperduti tra le miserie e le angustie di una vita travagliata.

Mentre si odono le voci all’interno, le due li ascoltano sconsolate.

TOZZI -                 (da fuori) Perbacco, perbaccone e perbaccaccio! E allora lei se ne può anche andare!

BRUSOTTI -         (da fuori) Ah, lei mi manda via! Ha capito, Marcello? Il ragionier Tozzi mi manda via! Ma chi è lei? Il padrone?

MARCELLO -      (da fuori) Per carità, signori, calmatevi!

ANTONIA -           E anche ora: è casa questa? Chi entra, chi esce, chi urla... La porta sempre aperta, la tavola sempre apparecchiata. E io qui, sola, a mandare avanti la baracca. Non mi ci vedo più, sai?  Sono forse più una donna, io? Sono uno strofinaccio con cui chiunque può pulirsi le scarpe.

TOZZI -                 (da fuori) La colpa è di Antonia, che non ha polso!

TERRASI -           Ma via ribellati! E non lasciarti sempre trattare così!

ANTONIA -           Già... Beh, può essere anche un gusto, dopo tutto!

TERRASI -           Come, un gusto?

ANTONIA -           A chi piace l’amaro...

BRUSOTTI -         (da fuori)  Ma che cos’ha oggi, la luna storta?

TERRASI -           Cosa vorresti dire, che ti piace essere bistrattata?

ANTONIA -           No, ma... che danno vuoi che me ne venga più?

TERRASI -           Sai cosa dovresti fare? Prenderti un marito. Con un uomo in fianco...

                               Le voci all’interno l’interrompono.

BRUSOTTI -         (da fuori) Guardi, signor Marcello, me ne andrei solo per non vedermi più davanti quel vecchio gufo lì!

TOZZI -                 (da fuori) Vecchio gufo a me? Vecchio vizioso a lei!

BRUSOTTI -         (da fuori) Vizioso?! (emette un gemito)

MARCELLO -      (da fuori) Professore, che le succede?

BRUSOTTI -         (da fuori) Niente, niente. Un attimo di... Quando mi si fanno certe insinuazioni...

TERRASI -           (si alza e va verso l’interno della trattoria) Cos’è successo, signor Marcello?

Appaiono sulla soglia Marcello e Brusotti.

MARCELLO -      Il professore ha avuto un malore.

BRUSOTTI -         Tutto passato. (a Terrasi) Però al momento mi sono detto:

“Quali strani capogiri

                               d’improvviso mi fan guerra?

                               Parmi proprio che la terra

                               sotto i piè mi si raggiri!”                                                          Francesco Redi

MARCELLO -      Professore, sarà meglio che beva qualcosa. Venga. (esce verso l’interno della trattoria seguito da Brusotti)

                               Terrasi torna da Antonia, ma non siede.

TOZZI -                 (da fuori) Va beh, mi scusi se ho esagerato.

ANTONIA -           Marito, dici. Non ho mai avuto il tempo di pensarci. (sorride) Credo che non mi sia mai passato per la testa che un uomo potesse innamorarsi di me. (un istante) Come si fa a fare innamorare un uomo? So tutto della vita, ma non questo.

TERRASI -           Anch’io, come sai, sono sola. E io, agli uomini, ci ho pensato, eccome! Ma un bel giorno ho lasciato perdere, dopo una delusione, amara, che credo non passerà mai più.

                              

“Cuore! Tu ed io, stanotte,

                               lo dimenticheremo!

                               Tu scorderai il calore che ti dette,

                               io scorderò il suo viso.

                               Ma, ti prego, cuore, fa presto,

                               perché fino a quando indugi,

                               io lo ricordo ancora!”                                                              Emily Dickinson

                               Antonia sorride amara.          

MARCELLO -      (da fuori) Come va, professore, s’è ripreso?

BRUSOTTI -         (da fuori) Sì, sì, tutto a posto. Grazie.

MARCELLO -      (da fuori) Ma stia un attimo seduto! Dove va?

BRUSOTTI -         (entrando)

“Se la terra comincia a tremare

                               e, traballando, minaccia disastri,

                               lascio la terra e mi salvo nel mare.                                      Francesco Redi

TOZZI -                 (entrando, rivolto a Marcello, che lo segue) Le sue ultime parole saranno i versi di una poesia!


scena  3

Bruno:  Antonia, Bruno, Brusotti, Terrasi, Tozzi, Loretta, Marcello

                               Dalla strada entrano Bruno Speranza e Loretta.

                               Lui: bello, spavaldo, elegante. Metà “Don Giovanni” e metà “Don Rodrigo”. E’ l’uomo di cui tutte le donne, consapevolmente o no, si innamorano.

Tiene nelle mani due bottiglie di spumante.

                               Lei: provocante, civettuola, equivoca. Ma poi semplice e deliziosa. Tiene in mano una torta.

BRUNO -              Olà! Eccoci qua!

                               Pausa di gelo causata dalla presenza di Loretta.

Antonia si alza lentamente e guarda Loretta con una punta di astio; costei è la causa del suo disagio. Poi imbarazzata, si scuote e si sistema.

ANTONIA -           Bruno!

TERRASI -           L’aspettavamo.

TOZZI -                 (acido) Già, l’aspettavamo. Qui tutti aspettavano lei!

BRUNO -              Ottimo!

LORETTA -          (ingenua, si avvicina a Bruno) Che bello!

BRUSOTTI -         (riferito a Bruno e Loretta)

“Quest’è Bacco e quest’Arianna,

                               l’un dell’altro sono ardenti.

                               Questi  due ed altre genti

                               siano allegri tuttavia.

                               Chi vuol essere lieto, sia.

                               Di doman... (sospende)

TERRASI -           (atona)  “non c’è certezza!”                                              Lorenzo il  Magnifico

BRUNO -              Vi presento... (un attimo di esitazione) un’amica.

LORETTA -          (a Bruno, a parte) Solo amica...? (agli altri)  Dicono che qui c’è un orco...

MARCELLO -      Che qui ci sia un orco!

BRUSOTTI -         Un orco? C’è, c’è! (indica Tozzi col capo)

LORETTA -          (a Tozzi, un poco civettuola) Piacere, Loretta Rossini. Segretaria.

TOZZI -                 Ecco, l’avevo immaginato, (dispregiativo) segretaria!

LORETTA -          (che è ignorante, ma non stupida, capisce il senso delle parole di Tozzi)

                               Guardi che so scrivere dav­vero a macchina, sa?

TOZZI -                 (acido) Lo immagino!

 

                               Loretta guarda interrogativa Brusotti.

BRUSOTTI -         (alza le spalle per dire “E’ fatto così!” Poi, fosco, imitando Tozzi)

“S’i’ fossi foco, arderei lo mondo;

                               s’i’ fossi vento, lo tempestarei.”                                            Cecco Angiolieri

                               Loretta lo guarda, complice nel gioco, anche se non ha capito un’acca di quello che Brusotti ha detto.

MARCELLO -      (a Tozzi) Con Bruno, Loretta ha forse anche un filo di... di cosa, Bruno?

BRUNO -              Di pazzia? Eh, altro che!

MARCELLO -      Ma che pazzia! Pazzo sei, lo sappiamo! Un filo di... parentela, dico. (ammicca a Bruno per fargli capire che l’ha detto affinché gli altri non si indignino per la presenza di Loretta)

BRUNO -              Ah, sì. Cugina!

MARCELLO -      Magari un po’ larga... cioè lontana. (vedendo Loretta addosso a Bruno) Beh, neanche tanto, lontana. (fa un gesto, ridendo)

BRUNO -              (a Marcello, un po’ tra i denti) Smettila di fare lo stupido! Piuttosto: i fiori dove sono? T’avevo pregato di comperare dei fiori per Antonia.

MARCELLO -      (sbarrando gli occhi e ricordando) I fiori...! Me ne sono scordato.

BRUNO -              Sei sempre il solito!

MARCELLO -      (praticamente a tutti) Son Marcello, gaio e bello! (a Bruno, a parte) Guarda che il Tozzi è innamorato di Antonia.

BRUNO -              Lo so, lo so.

TERRASI -           Uh, quante buone cose! Torta, pasticcini, lo spumante...  E’ dolce?

MARCELLO -      (guardando le bottiglie) Dolce e secco. E di marca! Bruno è sempre grande, non si fa mai mancare niente.

TOZZI -                 Dunque, si va a tavola? (ironico e sottolineando, ad Antonia) Mi pare che non si debba più aspet­tare nessuno.         

BRUNO -              A tavola?          

MARCELLO -      Noi, a dir il vero abbiamo già pranzato.

TOZZI -                 Noi no!

MARCELLO -      Allora fate pure!

TOZZI -                 Non dubiti!

ANTONIA -           Vado a mettere sul fuoco l’acqua per la pasta.

BRUNO -              Eh no, Antonia, tu oggi devi sederti qui, con noi! Se t’imboschi in cucina, chi ti vede più? E poi ho una sorpresa per te.

ANTONIA -           Per me? Ma... brutta o bella?

BRUNO -              Aspetta e vedrai.

TERRASI -           Penso io agli spaghetti. (esce verso l’interno della trattoria)

ANTONIA -           (a Terrasi) Il sugo è da scaldare.

MARCELLO -      L’aiuto. (la segue)

                               Marcello e Terrasi andranno a prendere l’occorrente per apparecchiare, uscendo e rientrando a piacere.

                               Tuttavia non dovranno apparecchiare compiutamente la tavola. Ad esempio, i piatti: porteranno una pila di piatti senza disporli: i bicchieri su un vassoio; eccetera.

BRUNO -              (a Terrasi e Marcello) Bravi! (poi a tutti gli altri) Antonia deve riposare. Poverina! Se sapeste come mi ha assistito! Quante notti ha passato all’ospedale, eh, Antonia? Soprattutto i primi giorni.

ANTONIA -           (schernendosi)  Ma no, niente.

TOZZI -                 Non dubiti, ce ne siamo ben accorti, qua, noi!

BRUSOTTI -         Ma non è vero niente, scusi! Puntualissima, sempre!

TOZZI -                 Perché lei non alloggia qui, perbacco! Lei vede solo la tavola, lei!

  

BRUSOTTI -         E allora sentiamo le mancanze di Antonia.

TOZZI -                 Lasci perdere!

MARCELLO -      Signori, non vorrete ricominciare?

BRUSOTTI -         Come?

MARCELLO -      Non vorrete ricominciare?

BRUSOTTI -         No, certo. Dobbiamo stare allegri, e ridere!

Tozzi grugnisce.

LORETTA -          Professore, è vero che lei è una persona colta? Che sa tutto? Declara poesie...

MARCELLO -      Declama!

LORETTA -          Declama? (un tempo) E poi sa scrivere, conosce le cose...

BRUSOTTI -         Non esageri, per carità. Certo, ho passato tutta la mia vita studiando. Bisognerà poi capire se ne è valsa la pena...

LORETTA -          Devo venire a lezione da lei.

MARCELLO -      Ahi, ahi, Bruno, la tua cuginetta...

TOZZI -                 (acido) Stia tranquillo, il professore, le sue allieve al massimo le sogna, di notte, nel suo letto, da solo!

TERRASI -           Eh, via, ragioniere, che modi di parlare!    

LORETTA -          Voglio imparare.

BRUSOTTI -         Cosa?

LORETTA -          Tutto! Tutto quello che c’è da sapere. Non so proprio darmi pace della mia ignoranza, di non aver studiato, ma quando si è ragazzine...

MARCELLO -      Si pensa a studiare... i ragazzi! (fa un gesto, ridendo)

LORETTA -          (si avvicina al professore) E mi dica: cosa mi imparerà?

MARCELLO -      Mi insegnerà! Loretta, si dice mi insegnerà.

BRUSOTTI -         Ma non so, potremmo cominciare... dalla Morale.

TOZZI -                 (insinuando) Una volta tanto sono d’accordo con lei!

LORETTA -          Che roba è?

BRUSOTTI -         La morale, a differenza di quello che crede il ragionier Tozzi, è la scienza che insegna agli uomini e alle donne, a correggere i propri difetti e a moderare le proprie passioni, intese come...

LORETTA -          (interrompendolo)  Moderare le passioni? (guarda Bruno) No, meglio di no, vero Bruno?

BRUNO -              Meglio di no!

BRUSOTTI -         E allora cosa vuole che  le insegni?

LORETTA -          L’ortografia. Voglio scrivere delle lettere, belle, d’amore...

BRUSOTTI -         Vuole scrivere in versi.

LORETTA -          In versi? Come?

BRUSOTTI -         Poesie.

LORETTA -          Niente poesie. Solo delle belle lettere; sa quelle che si spediscono?

BRUSOTTI -         Ho capito. Allora le scriveremo in prosa.

LORETTA -          In posa? (come dire “che roba è?”)  No, non voglio stare in posa.

MARCELLO -      Prosa! Scrivere in posa (si mette in posa) sarà un po’ difficile! (fa un gesto, ridendo)

LORETTA -          Beh, qualunque cosa sia, io voglio solo scrivere delle belle lettere!

BRUSOTTI -         Va bene, ma se non vuole scriverle in versi, dovremo per forza scriverle in prosa queste benedette lettere.

LORETTA -          E perché?

BRUSOTTI -         Perché per esprimerci non abbiamo che due modi: o la poesia o la prosa.

LORETTA -          Ma quando si parla? Quella che roba è?

BRUSOTTI -         Cosa?

LORETTA -          Ma quando si parla? Quella che roba è?

BRUSOTTI -         Prosa.

LORETTA -          Come? Quando dico: “Amore, dammi un bacio”, parlo in prosa?        

BRUSOTTI -         Certo.

LORETTA -          Toh! Ho sempre parlato in prosa e non me ne sono mai accorta!

MARCELLO -      Vedi, Loretta, sei una letterata e non lo sapevi!

LORETTA -          Oh bella! Allora non ho bisogno di imparare?

BRUSOTTI -         Se si lascia guidare dal cuore, no. Lui non può mai farle del male. Però lo si deve ascoltare attentamente, perché a volte il cuore dice una cosa, ma ne pensa un’altra.

LORETTA -          Pensa...? Dice che cosa? Non capisco, sa?

BRUSOTTI -         Ha ragione, ho complicato tutto. Sono un vecchio barbagianni!

LORETTA -          (decisa) Non è assolutamente vero. Lei è... tenerissimo!

BRUSOTTI -         Grazie! E’ la cosa più bella che mi abbiano mai detto. E solo una persona semplice e deliziosa come lei, poteva dirla.

                               “Era il suo canto sì soave e bello

                               che tutto il mondo innamorar facea.”                                  Angelo Poliziano

                               Angelo Poliziano.

LORETTA -          (incantata) Se lei fosse più giovane, la... la sposerei!

BRUSOTTI -         Ed io volentieri la prenderei e poi potrei diventare il suo Pigmalione.

LORETTA -          Cos’è?

TOZZI -                 Perbacco, in mezzo a tutti questi dislinguimenti, questo pranzo diventerà una cena!

TERRASI -           Ah, già! Chissà l’acqua da quanto bolle! Ma quando parla il professore, io m’incanto sempre. (esce verso l’interno della trattoria)

TOZZI -                 (ironico) Anch’io sono estasiato, ma il mio stomaco no! Lui non riesce a saziarsi di belle parole! E brontola, perbacco, perbaccone e perbaccaccio! (verso l’interno) E non mi dica che l’acqua è evaporata tutta!

TERRASI -           (da fuori) No, ce n’è ancora. Ora butto gli spaghetti.

                              

MARCELLO -      E intanto che la pasta cuoce, possiamo festeggiare. Lo spumante va bene per brindare, dopo il pasto, ma anche prima, come aperitivo. O sbaglio, ragioniere? (prende in mano una bottiglia)

                               Tozzi grugnisce.

TERRASI -           (da fuori) Il sugo però è un po’ bruciacchiato... (rientrerà durante le battute seguenti)

TOZZI -                 Lo sapevo!

MARCELLO -      Però, caro Bruno, se non cambi vita, prima o poi troverai qualcuno che ti sistema per le feste. (agli altri) Anch’io, in... avventure sentimentali, faccio la mia parte, ma con donne più o meno della mia età, anche sposate, se capita. (a Terrasi che si è indignata) Lo so, sono un peccatore. Però mai con delle ragazzine minorenni.

LORETTA -          Minorenni? Bambine?

MARCELLO -      Loretta! Minorenni non vuol dire bambine. Sono donne, ma non hanno la maggiore età e quindi sono ancora sotto la tutela dei genitori.

LORETTA -          Ah!

BRUNO -              A diciotto anni una donna non è forse donna?

MARCELLO -      Eccome!

BRUNO -              E io me ne innamoro, accidenti a me!

MARCELLO -      E ci rimani impegolato.

BRUNO -              Già. Ma proprio per questo oggi non brinderemo per la mia guarigione, ma per la decisione che ho preso.

LORETTA -          Quale?

BRUNO -              (stentoreo) Questa trattoria chiuderà i battenti!

                               Le cinque battute seguenti fanno intuire sbalordimento, sconcerto,  incredulità.

TERRASI -           Ma come può essere, scusi?

TOZZI -                 Perbacco, perbaccone e perbaccaccio! Lei vaneggia!

MARCELLO -      Mi sa che hai ancora un po’ di febbre!

BRUSOTTI -         Questa trattoria chiude? Non capisco. Si spieghi meglio!

LORETTA -          Amor... cioè, Bruno, forse la signorina Antonia non sarà tanto d’accordo...             

                              

Un attimo di silenzio in cui tutti guardano Antonia.

ANTONIA -           E chi la chiude, se è lecito?

BRUNO -              Ho trovato un rimedio, un rimedio efficace al mio pazzo modo di vivere.

MARCELLO -      Beh, allora fuori questo rimedio!                 

BRUSOTTI -         Vogliamo ridere!

BRUNO -              Rida pure, professore, ma, in questo luogo, lo farà per l’ultima volta, perché qui, né lei né altri potrete più ridere. Marcello apri lo spumante! Berremo l’ultimo bicchiere di vino in onore di questa trattoria.

ANTONIA -           (un po’ spaventata) Ma cosa vuol dire tutto questo, signor Speranza?

BRUNO -              Non ti spaventare, Antonia.

ANTONIA -           No, certo... (confusa) Forse è meglio che vada in cucina a vedere...

BRUNO -              Nient’affatto! Rimani qua! Perché, tu, che sembri l’ultima, rappresenti nel mio rimedio la prima.

MARCELLO -      Allora? Questo rimedio?

BRUNO -              Piano. Prima mangiate. Come un uomo muore, seguitando a vivere fino all’ultimo respiro, così muore una trattoria, seguitando a mangiare fino all’ul­timo boccone.

BRUSOTTI -         “La vita fugge, e non s’arresta un’ora,

                               e la morte vien dietro a gran giornate,”                               Francesco Petrarca

BRUNO -              Ecco, proprio come ha detto il professore.

TERRASI -           Eh, via, senza parlar di morte, signor Speranza!

BRUNO -              Ma io ne esco adesso, mia cara signorina!

TOZZI -                 Ragione di più! E poi, per colpa sua.

MARCELLO -      Quella coltellata te la sei proprio cercata!

BRUNO -              Avete il coraggio di dire che è stata colpa mia?

LORETTA -          Sì, un po’ sì. Anzi un po’ tanto!

BRUNO -              Se le stuzzicassi io, le ragazzine, avreste ragione. Ma io non ne ho mai stuzzicata una! Mi stuz­zicano loro! Tutte!

LORETTA -          E tu perché ti lasci stuzzicare?

BRUNO -              Come: “Mi lascio”? Oh bella! Vuoi dire che è colpa mia e non colpa loro? Volete dire che il ladro non è ladro, perché chi si lascia rubare è un imbecille?

LORETTA -          Eh?! (nel senso: “Non ci ho capito un’acca!”)

BRUNO -              Ma lasciamo perdere. Il problema è che, da quando ho cominciato ad essere uomo, do­dici volte mi sono fidanzato, signori miei, dodici volte!               

TOZZI -                 E con chi se la piglia, perbacco!

BRUNO -              Ma perché ciò che capiscono così bene tutti quanti gli animali, che si prendono e si lasciano, non deve essere capito soltanto dalle donne? (imitando) «Prima giuramelo: per sempre!» Vogliono sposarsi, e ti obbligano a giurarlo anche davanti a mamma e papà!

Per sempre? Ma quando mai “per sempre”, dico io?

MARCELLO -      Mai “per sempre”! (fa un gesto, ridendo)

BRUNO -              Già, ma loro ti circondano, ti ubriacano con tutte le loro moine, ti fanno perdere la testa... E un pover’uomo, che s’è ubriacato, che ha perduto la testa, che vo­lete che faccia? Giura, impegna la sua fede e anche quest’ultima volta, come sempre, dopo aver giurato, gli occhi si sono aperti e ho visto che non poteva andare.

Sono come la paglia, io, piglio fuoco, subito, una bella fiammata... e poi affogo nel fumo. No, il matrimonio non è per me. L’amore, sì; il matrimonio, no!

LORETTA -          Guarda che io non ti voglio sposare!

BRUNO -              Tu, ma le altre?

LORETTA -          Ma perché ti sei fidanzato?

BRUNO -              Perché m’ero innamorato! E io mi innamoro, signori miei, sempre, perdutamente... (sognante) Sono giovani, fragili, incantevoli...

Ma poi, passato l’incanto, mi sono accorto della bestialità che stavo per commettere, e ho rotto tutto e lei ha cercato di uccidersi.

TERRASI -           Però!

MARCELLO -      E il fratello: zac!

TOZZI -                 Perbacco, speriamo che lei abbia messo senno, adesso!

BRUNO -              Certo ma ogni volta ci ricasco. Oggi l’ho scampata, ma domani?

Basta! Ora ho trovato il rimedio per salvarmi dal tremendo pericolo che mi sovrasta.

TERRASI -           Il pericolo di prender moglie?

BRUNO -              Certo. Non dovrò più preoccuparmi...

MARCELLO -      Ma dillo, infine, questo rimedio!

TOZZI -                 Eh sì, fuori! Qual è? Tanto ormai gli spaghetti...

LORETTA -          Dillo!

TUTTI -                  Dillo!

                               - AUDIO  3

                               Marcello, Terrasi, Brusotti, Loretta, Tozzi, singolarmente, oppure tutti e cinque insieme si mettono a ballare.

                               - al secondo 6,6   cantano:

- al secondo 6:   DILLO!

DILLO QUESTO RIMEDIO,

- - COSI’ POI MAI PIU’

TI SPOSERAI!

DILLO!

DILLO QUESTO RIMEDIO,

- - COSI’ POI A TAVOLA

SI ANDRA’!

- al secondo 30:

BRUNO -              (urlando) Sposo Antonietta!

                               Tutti rimangono immobili, con la bocca aperta.

                               Alla ripresa della musica cantano:

                              

MATTO!

                               QUESTO E’ UNO SCHERZO,

                               - - CHE CI FA RIDERE

                               DA CREPAR!

                               MATTO!

                               MATTO SEI, OH BELLA!

                               - - PERBACCO, VUOI SPOSARE

                               LA ZITELLA.

                              

                               - nella pausa:

BRUNO -              (proclama)  Io sposerò Antonietta!

                               - nella ripresa:

                               Tutti si mettono le mani nei capelli scuotendo la testa e finiscono con le braccia alzate.


scena  4

il rimedio:  Antonia, Bruno, Brusotti, Terrasi, Tozzi, Loretta, Marcello

BRUNO -              (risoluto)  Proprio così, sposerò la zitella!

LORETTA -          Sposi Antonia!? Ma sei matto!

 

TOZZI -                 Perbacco e perbaccone, che scherzo è questo? 

BRUSOTTI -         Bravo signor Speranza, ci vuol far ridere.

MARCELLO -      Sei proprio un simpatico buffone.

TERRASI -           Eh via, la smetta di farsi beffe di Antonia?

(si gira) Antonia, dì qualcosa! Opponiti una buona volta a questo vizio che hanno di burlarsi di te!

ANTONIA -           (sorride. Ma il suo è un dolce sorriso di gioia molto contenuta, naturalmente un sorriso incredulo, ma pur sempre nato dall’amore inconfessato che prova per Bruno)

Ma, guarda! Volete sposare proprio me?

TOZZI -                 Buffonate, perbacco, buffonate!

BRUNO -              Ragionier Tozzi, non è per caso geloso?

TOZZI -                 Ma via, finiamola!       

MARCELLO -      E’ geloso!

BRUNO -              Se credete chi io stia scherzando, v’ingannate. Dico sul serio: ti sposo Antonietta!

                               Antonia lo guarda ammutolita.

LORETTA -          Evviva gli sposi! (andando verso il tavolo con lo spumante) Marcello, versa da bere! (alza il bicchiere vuoto)

MARCELLO -      (va da Loretta) Arrivo! 

BRUNO -              (ad Antonia) Antonia, sveglia! Dico sul serio! Tu mi vuoi? Cosa rispondi?

TOZZI -                 Ma, signorina, protesti, perbacco! Lo faccia smettere! (va verso l’altro tavolo)

ANTONIA -           Ma no, scusi, non vede che fa per scherzo?

BRUNO -              Assolutamente no! Volete scommettere?

MARCELLO -      Io!

TOZZI -                 (a gran voce, alterato, dando un pugno sulla tavola) Finiamola, le dico!

Silenzio.

BRUSOTTI -         (con voce cupa)

“«Or bene,» disse il bravo in tono solenne di comando

«questo matrimonio non s’ha da fare,

 né domani, né mai»“                                                             Alessandro Manzoni

                              

TERRASI -           Il signor Tozzi ha ragione. Questo stupido scherzo su una cosa che voi non sapete ciò che voglia dire, è veramente irritante.

BRUNO -              Ma lo so meglio di lei, cara maestrina, che non si scherza con il matrimonio! Ho rischiato la vita per salvarmi da esso.

TERRASI -           E dunque?

BRUNO -              Sposo Antonietta appunto per questo.

MARCELLO -      Il ragionamento non potrebbe essere più filato! Bruno si sposa per non sposarsi!

BRUNO -              Proprio così!

MARCELLO -      L’ho sempre detto che sei pazzo!

LORETTA -          Sposarsi per non sposarsi. Scusate la mia ignoranza, ma c’è qualcosa che non mi quadra.

TERRASI -           Ma via, non quadra a nessuno!

BRUNO -              Allora non avete ancora compreso: io mi sposo proprio per evitare il pericolo di prender moglie sul serio!

LORETTA -          E Antonia, allora?

BRUNO -              Se non mi lasciate dire... (ad Antonia) Ti farò felice, Antonietta. Guarda, prima di tutto ti leverò da questo posto. Non dovrai più lavorare. Ho comperato una casettina per te; una villetta in periferia...

LORETTA -          (avvicinandosi) O Dio, Bruno, sposa me!

BRUNO -              (scostandola) Tu non c’entri. (seguitando) Una villetta col giardino, l’orto e tutto ciò che desideri avere. Te ne starai lì, con un mio assegno mensile, tranquilla e beata, ma liberissima di vivere come più ti piacerà.

LORETTA -          Ma è il paradiso! (canta)

                               “Il paradiso tu mi dai...”

BRUNO -              Zitta, Loretta! (ad Antonia) Prenderai solo un’ipoteca legale sul mio nome. In comune avremo soltanto il nome, «Speranza»!

 

ANTONIA -           Ma, signor Speranza, io... non capisco...

BRUNO -              Puoi cominciare a chiamarmi Bruno.

TERRASI -           Antonia, non ti presterai ad un simile sacrilegio?

BRUNO -              Sacrilegio? Ma no, stia tranquilla, signorina, non celebreremo in chiesa il matrimonio.

MARCELLO -      Giusto, solo in municipio. In barba al sindaco, per vendicarci di tutte quelle migliaia di coppie che egli ha reso infelici sul serio!

LORETTA -          Ma allora... è una cosa seria.

BRUNO -              Serissima! Ma non come matrimonio! Come matrimonio... non è una cosa seria! Seri saranno gli effetti, perché salvano me e fanno il bene di questa poverina!

Cose serie, del resto, sono solo quelle a cui diamo importanza! Cosa c’è di più serio della morte? Ma se uno non le dà im­portanza: cosa da nulla! Al contrario: il suo naso, ragioniere, non è una cosa seria, anzi ridicolissima, ma questo naso la rende infelice seriamente. Perché? Perché lei gli dà importanza!

TOZZI -                 Ma niente affatto!

BRUNO -              E allora perché continua a ficcarlo in un affare che non la riguarda?

MARCELLO -      (alla Totò) Si faccia gli affari suoi! (fa un gesto, ridendo)

TOZZI -                 Perbacco, sta bene! Me ne vado!

TERRASI -           Anch’io. Questo è uno scherzo di cattivo gusto!

                               Escono verso l’interno della trattoria.

BRUSOTTI -         Ma no, restate, che ci stiamo divertendo!

ANTONIA -           (dolente) Signor Speranza, è stato un bel gioco. Ha fatto divertire tutti.

BRUSOTTI -         E’ vero. E’ proprio una burla divertente!

ANTONIA -           Però qualcuno se l’è anche presa. Quindi ora basta!

LORETTA -          Le hai fatto perdere due clienti.

BRUNO -              Per guadagnare un marito. (ad Antonia) Antonietta, con me sarai una regina.

LORETTA -          (un poco sognante) La villetta... L’assegno... Nessun dovere...

BRUNO -              Certo, nessun dovere verso di me, perché non avrai nessun diritto di moglie sul serio. Soltanto il mio nome, ipotecato, perché io non possa più disporne. Solo il mio nome.

BRUSOTTI -         Beh, beh, Antonia, alla fine io le consiglierei di valutare attentamente la proposta che le fa il signor Speranza, perché, a pensarci bene, non è per niente da disprezzare.

LORETTA -          Però, se la signorina non vuole, Bruno, te lo dico davvero, io ci sto!

BRUNO -              No, mia cara, devi capire che può essere soltanto con lei. (ad Antonia) A meno che tu non abbia qualche altra velleità, magari con... (si riferisce a Tozzi)

ANTONIA -           Ma quale velleità! Via, signor Speranza, non è questo il punto.

BRUNO -              E quale sarebbe, allora?

ANTONIA -           Sarebbe che, se io accettassi, considerando i vantaggi che ne avrei, poi sarebbe un inferno, perché lei domani se ne pentirebbe?

BRUNO -              Ma sicuro che me ne pentirò! Sicurissimo! Ma non comprendi che proprio quando me ne pentirò, ne sentirò il vantaggio? Perché vorrà dire che mi sarò innamorato fino al punto di voler commettere la vera follia di sposarmi sul serio. Ma io lo faccio proprio per questo e in previsione di questo!

                               (in atteggiamento d’andare) Su, presto, in Municipio a preparare le carte!

ANTONIA -           (guarda Brusotti, non sa che fare) Ma... ora? Subito?

LORETTA -          Lei ha davvero il coraggio di rifiutare questa fortuna? Guardi che io lo conosco: Bruno è pazzo, ma dice sul serio, sa?

BRUNO -              Lei, se vuole, professore, mi farà da testimone insieme a Marcello. Tu Loretta farai da testimone ad Antonietta insieme alla nostra maestrina, che se l’è presa; ma poi le passerà.

Marcello scrivi i dati di Antonietta così poi andiamo a preparare le scartoffie.

BRUSOTTI -         Qui ci vorrebbe una citazione poetica, ma non mi viene niente.

Marcello prende nota.

BRUNO -              Il nome lo sappiamo. Poi ci vuole il luogo di nascita, lo stato civile... Ah, già, la data di nascita! Quanti anni hai Antonietta?

ANTONIA -           35 (a soggetto)

BRUNO -              (dando un balzo indietro) Così pochi! Però! (rimane un attimo ad osservarla e sempre osservandola, a Marcello) Tu hai perso la scommessa.

MARCELLO -      Pagherò le fedi e il viaggio di noz... No, quello forse no! (fa un gesto, ridendo)

                               Gelo.

BRUNO -              Già. Bene. Si brindi!

                               Prendono i bicchieri colmi di spumante.

BRUSOTTI -         (alzando il bicchiere) Allora si beva agli sposi! Ci sarà da ridere!

MARCELLO -      Cin cin!

Bevono.

TOZZI -                 (col cappello in capo e una borsa in mano, entra dall’interno della trattoria. Ad Antonia) Ho preparato di là le mie cose. Avrà la cortesia di mandarle al mio nuovo domicilio.

ANTONIA -           Ma no, senta, ragionier Tozzi...

TOZZI -                 Non sento nulla, perbacco! Basta così!

 

ANTONIA -           Ma dunque...

TOZZI -                 Addio! (esce verso la strada)

                               Dopo un attimo di silenzio.

MARCELLO -      Quello l’amava sul serio, sa, Antonia?

BRUNO -              Non tentarmela, perché vuoi vincere la scommessa!

ANTONIA -           E stato sempre buono con me...      

BRUNO -              E buono potrà continuare ad esserlo, se ti farà piacere. Te l’ho detto, potrai fare ciò che vorrai. (la guarda)

E adesso andiamo! Loretta, Marcello! Anche lei professore, come testimone avremo bisogno di lei. Addio, sposina! E fatta, sai! Non mi venir meno, perché questa è la nostra salvezza!

                               Escono.

                               - AUDIO  4

                               Antonia resta un istante assorta. Poi si guarda intorno; sfiora il tavolo, una sedia; prende il bicchiere, lo gira fra le mani scrollando il capo, poi:

                               - AUDIO  4   in sordina

ANTONIA -           Che matto! Che matto...

                               Terrasi entra, impacciata.

TERRASI -           Scusa, sai... Non me ne volere, ma... non mi sembrava una cosa degna...Un matrimonio... così...

ANTONIA -           Un matrimonio. Un contratto, no un matrimonio!

Ci ho pensato, sai? Alla fine ho capito che non me ne può venire alcun danno. Io non mi sposerò mai e allora perché non sistemarmi, non smettere questa vita? Bruno Speranza è ricco e mi farà star bene. Un po’ pazzo, certo, ma generoso.

TERRASI -           Già.

ANTONIA -           Mi farai da testimone?

TERRASI -           Certo. (un istante) Allora ti sposerai davvero?

ANTONIA -           No! Che davvero! Guardami. Ti pare che io possa sposarmi per davvero? Chi mi vuole? No, cara, mi sposerò per scherzo.  E magari ci sarà anche da ridere, così facciamo contento il professor Brusotti.

TERRASI -           Già.

                               Pausa.

                               - AUDIO  4  fine sfumando

                              

TERRASI -           Ti sposerai...

ANTONIA -           Sì, mi sposerò. (un attimo) Ma non è una cosa seria!

                               - AUDIO  5


scena  5

due dialoghi:  Bruno, Loretta, Marcello

                               Due mesi dopo.

                               La scena è sempre quella, ma ora la trattoria è abbandonata.

Il tavolo 1 è rovesciato sul 2 con un paio di sedie.

Altre sedie sono ammucchiate; ce n’è una rotta.

Altro a piacere.

                              

- LUCI diverse

                               Frattanto Loretta e Marcello si preparano sul proscenio, a sinistra.

                               Loretta è girata per tre quarti verso il pubblico. Addolorata e piangente.

Marcello dietro di lei.

                               - al secondo 44 tutto  deve essere pronto

- AUDIO  5   in sordina

LORETTA -          Di rabbia piango, non credere, di rabbia ti dico!

MARCELLO -      No. Lo vuoi sapere perché piangi? Te lo dico io: quel matrimonio per ridere.

LORETTA -          Ma chi ci pensa più a quel matrimonio!

MARCELLO -      Non è vero, è proprio quello il motivo per cui piangi. Pensaci bene: prima quella cerimonia fasulla, poi Antonia relegata nella villetta in campagna. Subito  dopo il matrimonio, quel lungo... “viaggio di nozze” che Bruno ha fatto con te, e infine un mese e mezzo di intimità nella sua villa al mare. Tutto questo, mia cara, ti ha fatto un strano effetto.

LORETTA -          Che effetto?

MARCELLO -      Ti è parso che quella fosse una moglie per burla, e che tu invece fossi e potessi rimanere una mogliettina sul serio, anche se non sei più una ragazzina, come piacciono a lui.

LORETTA -          E invecedi mogliettine sul serio ormai Bruno non può più averne, solamente qualcuna come me!

MARCELLO -      Già, per un po’ di tempo, un mese, due...

LORETTA -          E va bene, lo so. Ma non è per questo che piango, non per la rabbia di quel matrimonio. E’ che ora mi maltratta perché deve essersi innamorato di nuovo, fradicio, di qualche ragazzina “per bene”, ragazzina che non può più né avere, né frequentare. E tutto questo è stupido!

MARCELLO -      E’ la sua condanna! Quella che s’è sentita pendere sempre sul capo! Ha sposato Antonia proprio per questo.

LORETTA -          Sì, ma non va mica a prendersela con lei, ora!

MARCELLO -      Non potrebbe, sii ragionevole!

LORETTA -          E se la piglia con me?

MARCELLO -      Carina mia, questi sono gl’incerti del mestiere!

LORETTA -          E’ stupido! E’ illogico!

MARCELLO -      No, è umano. Il trionfo della logica c’è stato due mesi fa, quando ha deciso di sposarsi con Antonia. Perfetta razionalità. Ragionamento che filava a meraviglia, perché quel ragionamento era fuori dalla vita, nella pura astrazione. Ma poi la vita è arrivata, è nella vita di logica non ce n’è, credimi.

- AUDIO  5  finire sfumando

MARCELLO -      Ad esempio, ti sembra logico, a ragionare razionalmente, che ora tu pianga? Se ci pensi bene, no. Ma tu piangi, non perché è logico, ma perché è umano.

BRUNO -              (entrando dalla strada, truce)  Ah, Marcello, sei qui, ti cercavo.

MARCELLO -      Parlavo con Loretta. Che c’è?

BRUNO -              (sgarbato a Loretta) Cosa ci fai qui? Fammi il piacere di andare!

LORETTA -          Oh, calma! Non sono mica la tua serva, sai?

BRUNO -              No, tu sei padrona; padrona di andartene quando ti pare e piace!

MARCELLO -      Via, Bruno...

LORETTA -          Sempre carino il nostro amico! (a Marcello)  Eccomi licenziata, così, come una serva e senza neppure gli otto giorni di preavviso.

BRUNO -              Se avessi fatto lavorare un po’ di più la tua testolina, avresti capito già da tempo che il tuo posto non è più...

LORETTA -          Con te! Guarda che non sono mica scema, come credi. Ignorante sì, ma non scema. L’ho capito, sai, l’ho capito benissimo, e stavo appunto dicendolo a Marcello.

MARCELLO -      Sì, che sei uno stupido.

LORETTA -          Ma di quelli che non se ne trovano due!

BRUNO -              Oh, ma insomma, credevate forse che quel matrimonio fasullo io l’abbia fatto per farvi divertire? Eppure ci vuol poco a capire che un uomo non commette la pazzia che ho commesso io, se non perché ha sofferto... e soffre!

LORETTA -          Guarda che io non ho mai riso di te. Io lo so come sei fatto, ed è proprio per questo che piango.

BRUNO -              (a Loretta, più dolce) Scusami, Loretta, hai ragione; sono stato scortese, lo so, ma... dobbiamo lasciarci, almeno per un po’. Mi trovo in una condizione... abbi pazienza. (compila un assegno)

LORETTA -          Già, ti sei innamorato di nuovo. Va bene, me ne vado. (lo guarda mentre scrive) Peccato...

BRUNO -              (le porge l’assegno) Tieni. Spero che basti.

LORETTA -          (prendendolo senza guardarlo) Basterà. Ciao. Ciao, Marcello. (esce verso la strada)

MARCELLO -      Ci vediamo. (un tempo. A Bruno) Ma insomma, mi dici cos’è accaduto?

BRUNO -              Ancora lui!

MARCELLO -      Lui, chi?

BRUNO -              Mi ha messo le mani addosso!

MARCELLO -      Il fratello della tua ex-fidanzatina?

BRUNO -              Lui.

MARCELLO -      Come, dopo la coltellata, ancora è venuto a...? (si ferma. Ha una intuizione) Tu hai cercato di rimetterti con la sorella!

BRUNO -              Sì.

MARCELLO -      Sei proprio pazzo!

BRUNO -              Lo so.

MARCELLO -      T’ammazzerà, se non la smetti!

BRUNO -              Perché non mi hai detto nulla, mentre ero a letto, ferito?

MARCELLO -      Che cosa?

BRUNO -              Che lei prese le mie difese contro il fratello. Che se ne andò di casa  appena seppe che ero stato ferito. Che mi voleva, che mi amava ancora, anche se l’avevo trattata in quel modo.

 

MARCELLO -      No ti ho detto nulla, perché pensavo che non ti interessasse più.

BRUNO -              E chi l’ha detto?

MARCELLO -      Ma se non volevi più sposarla!

BRUNO -              Che c’entra lo sposarsi? (un tempo)

MARCELLO -      (quasi sbalordito) Bruno! Ora non puoi più tornare da lei! Ora sei sposato con Antonia, e il fratello lo sa.

BRUNO -              Ma come ho potuto fare una bestialità simile? Ero come ubriaco! Scampato per miracolo da una ferita mortale, volevo mettere come un bollo di scherno su quella coltellata, per far vedere in che conto tenevo il matrimonio!

MARCELLO -      Già, ma lo scherzo lo hai fatto a te stesso, sposando Antonia.

BRUNO -              Che follia!

MARCELLO -      Follia? Eh no, caro, tu ragionavi benissimo! Hai anche previsto che ti saresti pentito.

BRUNO -              Lo so, e ho ancora qua, nella testa, le vostre risate quando io vi snocciolavo freddamente tutte le mie ragioni. Parevo io il saggio e voi i matti!

MARCELLO -      Ma eri saggio, caro mio, saggio e lucidissimo!

Te la sei indossata da solo la camicia di forza ed ora non puoi andare in giro a dare la colpa a me e a nessun altro.

BRUNO -              Ah, ma io non ci sto, sai!

MARCELLO -      Come non ci stai?

BRUNO -              Non ci sto! È possibile, sì, che tu abbia ragione: io non so più se ero pazzo allora o se lo sono adesso. Ma so che adesso non mi sembra vero d’aver potuto fare ciò che ho fatto. (un attimo)

Ma non era una cosa seria. Non puoi credere ch’io abbia fatto, allora, una cosa seria. Se avessi fatto una cosa seria, voi tutti non avreste riso, come avete riso!

MARCELLO -      No, io non credo che tu abbia fatto una cosa seria. Tu hai fatto una pazzia, ma allora non te ne accorgevi, perché ragionavi lucidamente, perfettamente, e pensavi di fare la cosa più saggia di questo mondo! Ma, mio caro, la vita non è un ragionamento! La vita ha le sue regole.

Ed eccole le regole della vita: ora, siccome sei innamorato, ti sei accorto d’aver commesso una follia.

BRUNO -              Ecco. Bravo. Quello che dico io. La vita non è un ragionamento. Dunque: pazzo allora che ho ragionato. E che valore vuoi che abbia per me quel matrimonio, fatto appunto per un ragionamento?

MARCELLO -      Ma lo ha per lui, il fratello, il valore! E anche per lei! Lo sa lei che ti sei sposato?

BRUNO -              Gliel’hanno detto, ma non ci crede! Come può credere a una cosa simile? Dice che ci crederà solo quando lo sentirà dire da me. Ed io andrò a dirglielo!

MARCELLO -      E ti prenderai un’altra coltellata dal fratello! Ma io te lo impedirò! Se ti sono amico, te lo impedirò!

BRUNO -              (pensa a lei) Non oso credere che io possa ancora parlare di nuovo con lei... vedermela davanti, vicina...

MARCELLO -      Tu sei pazzo.

BRUNO -              Dici così perché non conosci quel suo sorriso impercettibile, che le diventa meraviglia negli occhi, chiari, da bambina, quando mi ascolta e poi mi dice: «Ah, sì?».

MARCELLO -      Finché non te ne stanchi e non la molli di nuovo!

BRUNO -              Perché poi si pensa alla schiavitù. Ma ora ho la mia passione. Vago nella notte, e questo lume acceso bisogna che mi bruci.

MARCELLO -      Ti brucerà il fratello!

BRUNO -              Non vuole che l’avvicini, perché sa che, se le parlo, lei comprenderebbe il perché l’ho fatto, e mi vorrà ancora. Io vado, Marcello. (si muove)

MARCELLO -      (gli si pone innanzi) Bada a te! Non te lo permetterò.

BRUNO -              Oggi, ma domani?

MARCELLO -      Domani è un altro giorno... si vedrà!

BRUNO -              Ecco, bravo, hai detto la tua solita stupidata!


scena  6

la visita:  Antonia, Bruno, Marcello

                               Antonia si presenta un po’ incerta sull‘entrata, dalla strada.

Dopo due mesi di riposo e di tranquillità, pare un‘altra. Veste bene, più moderna e curata nella persona. Non è ancora “splendida” come lo sarà nel 2° atto, ma già si intravede un sensibile cambiamento.

BRUNO -              Tu?

ANTONIA -           Io.

MARCELLO -      Antonia...

BRUNO -              Cosa fai qui?

ANTONIA -           Volevo rivedere questo luogo. (si guarda in giro) Che squallore! Perché l’ha comperato, signor Speranza, se ora deve lasciarlo andare in rovina?

BRUNO -              No è affar tuo.

MARCELLO -      Ma che modi! (ora ridendo) E tu accogli così la tua sposina? Guarda come si è fatta bella! Si lasci vedere. (ora rivolto a Bruno) E’ venuta nella speranza di incontrare Speranza, (fa un gesto, ridendo) lo sposo.

BRUNO -              Finiscila! (ad Antonia) Guarda che non è il momento!

ANTONIA -           Lo so, ma mi creda, sono venuta per questo, proprio perché non è il momento,.

MARCELLO -      Bel gioco di parole!

BRUNO -              Ma cosa vuoi? Che ne sai tu di cosa succede? O forse sei venuta per ridere ancora di me?

ANTONIA -           Ha torto, signor Speranza. Sono venuta solamente...

BRUNO -              (la interrompe) Tu, per patto, da me non devi venire!

ANTONIA -           Ma non sono venuta per me, sono venuta per lei. Ho da dirle una cosa, ma non per me, per lei!

BRUNO -              Non voglio saper nulla, e dunque puoi andartene. (rivolgendosi a Marcello) E anche tu, non ti trattengo oltre! Lasciatemi solo con i miei guai.

MARCELLO -      Guarda che è proprio perché ti sono amico che resto; per impedirti di commettere quella pazzia.

BRUNO -              Oh, guarda, questa è proprio bella (si mette a se­dere.) Allora sta bene, ecco qua, mi siedo. Non vado. Cara Antonietta! Vieni qua!

ANTONIA -           (accostandosi un poco, incerta) Perché?

BRUNO -              Vieni, non aver paura, non ti mangio! (l’afferra per un braccio e la tira a sé) Siedi sulle mie ginocchia!

ANTONIA -           (schermendosi) Ma cosa fa?

BRUNO -              (obbligandola a sedere sulle sue ginocchia) Sei venuta a trovarmi. Non sei mia moglie? E allora?

ANTONIA -           (cercando di alzarsi) Via... no, mi lasci... mi lasci, signor Speranza...

BRUNO -              (trattenendola) Ce ne staremo qua, tu moglie ed io marito, a farci tante belle carezze! E si spera che questo caro amico trovi la via della porta per lasciarci godere in pace le gioie del matrimonio!

(a Marcello)  Va bene così? E’ divertente? Peccato che non ci sia il professore, il ragioniere e tutti gli altri. Chissà come se la spasserebbero! Antonietta, dammi subito un bacio!

ANTONIA -           (svincolandosi, indispettita, ma turbata) La smetta!

MARCELLO -      Non se la prenda. Sta scherzando.

ANTONIA -           No, ora non è più lo stesso scherzo.

BRUNO -              Ora t’offendi?

ANTONIA -           Sì, potrei anche offendermi.

BRUNO -              Guarda che sei mia moglie!

ANTONIA -           Già, sua moglie! Sua moglie per ridere, signor Speranza. Ora basta, però: non ride più lei e non ridiamo più noi.

(a Marcello)  E lei, Marcello, sia gentile, ci lasci soli un momento, avrei da dire due parole al si­gnor Speranza.

MARCELLO -      Guardi che è tornato pazzo furioso.

ANTONIA -           (lo guarda) Lo so.

MARCELLO -      Se si assume lei la responsabilità...

ANTONIA -           Me l’assumo io.

BRUNO -              (ridendo) Sono sotto tutela! Ma pensa!

MARCELLO -      Tu sei pazzo! Allora vado.

BRUNO -              Mi dispiace, Marcello, non potrai più ridere.

ANTONIA -           No, signor Speranza. Vedrà che non riderà più nessuno. Sono venuta proprio per questo.

MARCELLO -      Ciao. Antonia...

BRUNO -              Ciao. (la guarda attentamente) Ma sai che sei diventata... Lasciati vedere. Un bel cambiamento! Non sembri più tu. (balzando in piedi) Non ne posso più!

ANTONIA -           Glielo dicevo io.

BRUNO -              Lo so da me! E mi sembra che da te, io,non sono venuto!

ANTONIA -           No, non è venuto a sbranarmi, a farmi scomparire dalla faccia della terra.

BRUNO -              Ne avrei tutta la voglia, te lo giuro!

ANTONIA -           Eh, lo credo! (un attimo) Non avrei dovuto farlo.

BRUNO -              Tu? Ma tu almeno vedevi un tuo vantaggio, nel farlo!

ANTONIA -           Sì, certo... Ma creda, signor Speranza, che non fu tanto per un mio van­taggio che lo feci, ma perché... (timida nel confessare questa cosa, che è amore)  perché lei mi convinse che avrei fatto il suo, innanzitutto.

BRUNO -              Stupido! Pazzo!

ANTONIA -           (guardandolo, sospirando) Pazzo, sì; per questo ora ne ho ri­morso, perché mi sono prestata a commettere questa paz­zia.

BRUNO -              (un tempo) Hai visto Marcello? Ha riso nel vederti comparire davanti a me! La sposina che viene a trovare lo sposino! “E come s’è fatta bella!” E chi sa quanto godono gli amici a immaginarti felice e beata, là, nella villetta, mentre io qua mi dibatto in questa disperazione.

ANTONIA -           Se potessi dir loro che non è vero...

BRUNO -              Sei forse venuta a dirmi che ho reso infelice anche te?

ANTONIA -           No, signor Speranza, io le sono grata. Sto tranquilla, ri­poso, e là è tanto bello, c’è tanto sole, tanto aperto...

BRUNO -              Perché tu l’hai nell’anima, l’aperto, se no, non lo vedresti neanche là.

ANTONIA -           Sì, ma è peggio, creda. Perché, abituata a trovarmi nelle difficoltà della vita, ora lì... (resta sospesa)

BRUNO -              Ebbene?

                               - AUDIO  6   in sordina

ANTONIA -           Niente... vedo... penso... Sa, c’è una bimba nella villa accanto, un amore di bambina... Salta alla corda... La vedo così felice... (resta di nuovo sospesa.)

BRUNO -              E allora? Ti viene voglia di saltare alla corda anche tu?

ANTONIA -           Penso che da ragazza io... mai ho potuto... (cambiando subito, per nascondere la commozione) Ora la faccio ridere. C’è un troncone di pesco davanti alla villa, pare un gobbo. Credo che tutti i pas­seri, quando si raccolgono sul tetto, verso sera, non facciano altro che ridere di lui. Bene, quel povero gobbo è tutto fiorito, da tre giorni. Da prima sembrava che gli fossero spuntati come dei porri sulla gobba, ma erano fiori!

BRUNO -              E tutto questo ti fa infelice?

ANTONIA -           No infelice. E’ che lo guardo, così tutto gobbo, brutto... eppure anche lui ha messo dei fiori stupendi e... niente...

                               - AUDIO  6  aumentare


scena  7

 un altro rimedio:  Antonia, Bruno, Loretta

                               Dalla strada entra improvvisamente Loretta.

                               - AUDIO  6  fine

Appena entrata, scorgendo Antonia, s’arresta. Prima non capisce, poi assume un contegno maligno immaginando...

LORETTA -          Ah, per fortuna ti ho trovato!

BRUNO -              Ancora tu?

LORETTA -          Sì, ancora io.

 

BRUNO -              (dopo un attimo) Allora?

- AUDIO  7   in sordina

LORETTA -          (le mostra l’assegno) L’assegno che mi hai dato, non è firmato.

BRUNO -              Dammi. (lo firma, dopo aver cercato una penna e un posto dove scrivere)

LORETTA -          (intanto ad Antonia) Me ne vado, sa? Sloggio!

ANTONIA -           Mi dispiace. Ma guardi che non è per causa mia.

LORETTA -          No, certo. La colpa è solo sua. (indicando con la testa Bruno) Quell’uomo è pazzo!

BRUNO -              (porgendole l’assegno) Ecco!

LORETTA -          (lo prende) Allora: addio! (guarda di nuovo Antonia)

BRUNO -              (come per farla smuovere) Addio, addio.

LORETTA -          (si avvicina a Bruno, piano, tirandoselo un po’ in disparte) Di’ un po’: resti con lei ora?

BRUNO -              (scrollandosi rabbiosamente) Ma fammi il piacere!

 

LORETTA -          Non vorrei farti proprio nessun piacere!

BRUNO -              Andate al diavolo tutti quanti! (si porta da una parte, furibondo)

LORETTA -          (ad Antonia) Arrivederci, “signora”!   (un attimo, poi ad Antonia, a parte)  No, scusi l’ironia, ma sono così acida perché... mi sono innamorata di quel bastardo e... non passa più! (lo guarda ancora un attimo e poi esce verso la strada)

BRUNO -              (ad Antonia, con fare sbrigativo) E ora, se permetti, ho da fare.

ANTONIA -           No, aspetti, signor Speranza...

BRUNO -              Vorresti trattenermi anche tu?

ANTONIA -           Io? Come potrei? Vorrei solo che mi stesse a sentire, prima.

 

BRUNO -              Ho fretta.

ANTONIA -           Solo due minuti! Mi lasci almeno dire la ragione per cui sono venuta.

BRUNO -              Ma cosa vuoi che mi importi della bambina che salta la corda e del gobbo fiorito!

ANTONIA -           Lo so che questo non la può interessare. Debbo parlarle d’altro.

BRUNO -              E allora sbrigati!

ANTONIA -           Sì. Lei sa che il ragionier Tozzi...

BRUNO -              Ma, Dio mio, sei venuta qui per parlarmi di quel vecchio imbecille?

ANTONIA -           No, voglio parlare di lei. Della sua liberazione.

BRUNO -              Della mia liberazione? Cosa vuoi dire?

ANTONIA -           Lei sa che il ragioniere quando noi...

BRUNO -              Un momento! Cosa c’entra il Tozzi con la mia liberazione?

ANTONIA -           Abbia pazienza! Vedrà che c’entra! Me l’ha detto proprio lui che c’è il rimedio, se lei vuole liberarsi di me.

BRUNO -              Liberarmi di te? (la guarda sorpreso) E sei venuta per dirmi questo?

ANTONIA -           Sì. Mi pare che dovrebbe esserne contento...

BRUNO -              (con l’aria di non prenderla sul serio)  Certo, contentissimo, sì.

Antonia, vedo il tuo buon cuore; ti ho ascoltato per questo, e ti ringrazio. Ma purtroppo non c’è proprio nulla da fare, credi. Il divorzio in questo paese non c’è, e non credo arriverà mai, dunque quale altro mezzo ci potrebbe essere?

ANTONIA -           Perché non vuole credermi?

BRUNO -              (stordito, contemplandola)  Ma guarda come le ridono gli occhi... E quale sarebbe questo rimedio per la mia libertà?

ANTONIA -           (abbassa gli occhi, esitante e con vergogna maliziosa) Se... volesse venire alla villa... glielo dirà il ragioniere.

BRUNO -              E tu non puoi dirmelo?

ANTONIA -           Io... no!

BRUNO -              E perché no?

ANTONIA -           Perché... Senta, lei ha fretta, e anch’io. Ma lei deve promettermi che non farà nessuna pazzia, se prima non si sarà accertato che...

BRUNO -              Che il rimedio c’è.

ANTONIA -           Sissignore, di liberarsi di me. Me lo promette?

BRUNO -              Ma cosa vuoi che ti prometta!

ANTONIA -           Ma scusi, cosa ci perde se viene a sentire? Non perderà troppo tempo.

BRUNO -              Ma, porco boia, dimmelo tu, ora, qua!

ANTONIA -           No, no... io non posso. Glielo dirà lui. Badi che ho la sua promessa! Vedrà che il rimedio c’è. A rivederla. (s’avvia)

BRUNO -              Antonia!

ANTONIA -           L’aspetto! (via di corsa verso la strada)

BRUNO -              C’è! (un attimo pensoso, poi:) Il rimedio c’è. Ma che diavolo può essere?

                               - AUDIO  8

                               - BUIO

FINE   DEL   PRIMO   ATTO


ATTO   SECONDO

N O T E:               La scena si svolge nella villetta di Antonia, in un locale che usa per gli attrezzi del giardino e per ripostiglio.

Sono passati più di due mesi dalla fine del primo atto.

Siamo in estate.

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scena  8

 la villetta:  Antonia, Brusotti, Terrasi

                               - LUCI 

- AUDIO  9

                               - AUDIO  9   finire sfumando

                               Si ode all’esterno la voce della signorina Terrasi.

TERRASI -           (da fuori) Ecco, ci siamo!

Entra Brusotti sostenuto dalla Terrasi.

Brusotti ha avuto un ictus cerebrale. Cammina a stento e parla con voce un impastata.

TERRASI -           (entrando) Attento! Così... Ha visto che siamo arrivati?

BRUSOTTI -         Eccoci qua! Vogliamo ridere!

TERRASI -           (lo porta verso una sedia) Mettiamoci a sedere, professore.

Mentre lo accompagna alla sedia, Terrasi dà un’occhiata alle sue spalle, come se avesse sentito un rumore.

BRUSOTTI -         “ Che fai? Che pensi? Che pur dietro guardi

nel tempo che tornar non pòte mai?”                                  Francesco Petrarca

TERRASI -           Un rumore. Pensavo fosse Antonia.

(aiutandolo a sedere) Così. Bravo. Contento? (ora si guarda intorno) Quanto spazio c’è qui! Un locale così grande come ripostiglio! In città basterebbe per un monolocale. (un tempo) Guardi, professore, un banco di scuola!

BRUSOTTI -         Niente scuola! Basta scuola! Antoniotta! Dov’è Antoniotta? Vogliamo ridere!

TERRASI -           Ah no, lei è cattivo! Le ho detto che deve chiamarla Antonia.

BRUSOTTI -         Antoniotta! (un tempo) E la trattoria? Vogliamo mangiare! E vogliamo ridere!

TERRASI -           Eh via, rideremo, rideremo, professore. (guardando alla porta d’ingresso) Ma qui ride tutto, veramente! Che bello! Un vero paradiso! Uh, guarda Antonia! (la chiama) Antonia!

(al professore) Arriva Antonia, Professore.

BRUSOTTI -         Come?

TERRASI -           Arriva Antonia!

BRUSOTTI -         Antonia? Io voglio Loretta! Perché Loretta non viene? E se venisse...?

“Il mio cervello, Dio lo riposi,

                               è in tutt’altre faccende affaccendato,

                               e a questa roba è morto e sotterrato”                                   Giuseppe Giusti

ANTONIA -           (entrando, con un “mazzolin di fiori”) La mia cara signorina Terrasi!

TERRASI -           Antonia!

Mentre si abbracciano e si baciano.

BRUSOTTI -         (parlando di Antonia)

“La donzelletta vien dalla campagna,

                               ... e reca in mano

                               un mazzolin di rose e viole.”                                                Giacomo Leopardi

ANTONIA -           Professore! Professor Brusotti!

BRUSOTTI -         Vogliamo ridere! (poi di colpo si addormenta)                              

                               Lo guardano entrambe con tenerezza.

ANTONIA -           (poi a Terrasi)  Che piacere!

TERRASI -           (le prende le mani, guardandola) Ringiovanita, rinata, un fiore!

ANTONIA -           Qui c’è una quiete! Sto bene, e allora anche il fisico... Ma il professore, come sta?

TERRASI -           Eh, via. Sta. Dopo quel colpo, un ictus cerebrale pare, non c’è proprio più con la testa. Declama poesie, dorme, poi di colpo si sveglia... A volte riconosce, a volte no. (si avvicina al professore e lo accarezza)

                               Lo hanno trovato per terra, che rantolava. I medici dissero che sarebbe rimasto offeso in tutto il corpo,  invece,  via,  piano piano si  è  ripreso.  La testa non troppo, a dire il vero.

ANTONIA -           Povero professore!

TERRASI -           Io vado a trovarlo appena posso. Pensi che una volta mi afferrò per un braccio, aveva gli occhi pieni di lacrime, e mi promise che m’avrebbe sposata, perché non lo lasciassi; capisce? Era d’un tenero...! Invece altre volte mi fa certi discorsi...!

BRUSOTTI -         (si risveglia di colpo)  Eccoci qua! Vogliamo ridere!  Antoniotta!

TERRASI -           Eh, via, professore!

ANTONIA -           Lascialo dire! Come va, caro professor Brusotti? Sta meglio?

BRUSOTTI -         Sì... Bene, bene, ora... (la prende per un braccio)  Abbiamo ballato. Vero che abbiamo ballato?

ANTONIA -           Certo. Ballato e cantato. Al mio matrimonio. Ricorda?

BRUSOTTI -         Sì, abbiamo anche cantato... Vogliamo ridere! Ancora ridere, Antoniotta.

ANTONIA -           Sicuro. Rideremo. Sempre ridere! (gli mette un fiore all’occhiello della giacca) Ecco, professore, così è molto più bello.

BRUSOTTI -         Io voglio Loretta? Perché Loretta non viene  (prende la mano di Antonia)  Ascolta!  (se la tira vicino e le parla in un orecchio)

ANTONIA -           (scansandosi) Ma professore!

BRUSOTTI -         Vogliamo ridere! (si addormenta di colpo)

TERRASI -           Avrà detto qualche sconcezza, immagino. Una lingua s’è fatta! Dice certe cose...! E poi vuole starsene con quella Loretta che venne in trattoria quel giorno.

ANTONIA -           Povero Brusotti. Chi l’avrebbe detto? Una vita per lo studio ed ora...

TERRASI -           Vuole sempre andare in trattoria e mi chiede di (imitando) Antoniotta! Così questa mattina l’ho messo in macchina, ed eccoci qua. Ma, via, ora  parliamo di te. Come ti sei fatta bella!

ANTONIA -           Dai, mi fai arrossire...!

TERRASI -           E’ vero. E come va? Ti trovi bene qui? E’ bello questo posto.

ANTONIA -           Un incanto! Si sta che meglio non si potrebbe. Passo tutto il giorno in giardino; con questa bella estate... E non cucino più, sai? Non voglio più saperne! Per carità!

TERRASI -           Ci credo!

ANTONIA -           Sì, però finisce che mangio quel che c’è, come una zingara.

                               Brusotti, dormendo, fa un verso.

TERRASI -           Sono contenta che tu sia felice, hai tanto sofferto...! Ma ora: eccoci qua! Come dice il professore.

ANTONIA -           (un sorriso dolente) Non so se sarà ancora per molto.

TERRASI -           Perché?

ANTONIA -           Mah... tante ragioni. Si deciderà proprio oggi.

TERRASI -           Lui s’è già pentito?

ANTONIA -           Bruno? Subito! E sembrava un folle. Ora si è quietato. Ma allora fece tante di quelle pazzie!

TERRASI -           L’ho saputo.

ANTONIA -           Verso la fine di maggio io andai a dirgli che se voleva, ero pronta a scioglierlo da ogni impegno. Mi promise che sarebbe venuto, ma sono passati più di due mesi e non si è più fatto vedere. Probabilmente si rappacificò con la sua ex fidanzata.

TERRASI -           L’ho vista. Che giovane! Sembra una bambina.

ANTONIA -           (con una punta di acido) Ci avrà pensato la sua bambina a fargli... svaporare le furie! E allora, una volta che le furie sono svaporate e che il signor “galletto” si è quietato, tutto torna normale.

TERRASI -           Che strana persona! Ogni tanto si innamora alla follia per una donna...

ANTONIA -           Solo ragazzine, grazie!

TERRASI -           Già. Ma poi quanto dura? Una fiammata e via! (con pudica esitazione) E... lui... non è mai venuto qua?

ANTONIA -           (non cogliendo l’intenzione della Terrasi) No... Mai.

TERRASI -           (con pudica esitazione) Mai... neanche altrove?

ANTONIA -           (non capisce) Altrove?

TERRASI -           Volevo dire... Non sei mai stata... con lui?

ANTONIA -           (ride, poi) Ah, ma no... cosa pensi? Lui, con me? (nel senso di sminuirsi) E poi, scusa, non ricordi il motivo del nostro matrimonio?

TERRASI -           Sì, per non sposarsi con nessun’altra. (alza le spalle) Tuttavia pensavo...

ANTONIA -           (con un filo di tristezza) Pensavi male, cara amica, pensavi male. (si riprende) Ora però, che non è più pazzo d’amore per qualche (sottolineato) bambina, ora questa situazione gli va bene di nuovo, come allora. Solo che adesso non va più bene a me!

TERRASI -           Certo, se le cose stanno come mi hai detto, fai bene.

ANTONIA -           Sì, ma non per quello, ci mancherebbe! E non lo faccio neppure per come sto, credimi, perché ti ripeto che qui io sto bene, come meglio non si potrebbe. E’ che non mi sento tranquilla. Sono sempre sul chi vive. So già che se oggi è così, non lo sarà domani.

TERRASI -           Eh, capisco, con un tipo come quello!

ANTONIA -           Quel matrimonio è stata proprio una pazzia e i pazzi, mia cara Terrasi, non possono né star tranquilli loro, né lasciar tranquilli gli altri.

TERRASI -           D’altra parte tu l’avevi previsto.

ANTONIA -           Sì, lo immaginavo, ma quando la sorte della vita ci è contraria, bisogna pure approfittare della pazzia altrui per avere almeno un mo­mento di requie, come quello che ho vissuto qua. Ora però...

BRUSOTTI -         (si alza e lentamente cammina come può e intanto)

                               “Solo e pensoso i più deserti campi

                               vo mesurando a passi tardi e lenti,

                               e gli occhi porto per fuggire intenti

ove vestigio uman l’arena stampi.”                                     Francesco Petrarca

                               (cade in ginocchio)

ANTONIA -           (accorrendo) Professore!

TERRASI -           (accorrendo) Cosa fa?

                               Mentre lo soccorrono e lo riportano a sedere:

BRUSOTTI -         “Altro schermo non trovo che mi scampi”

TERRASI -           Ma cosa le viene in mente?

BRUSOTTI -         “dal manifesto accorger delle genti,

                               perché negli atti d’alegrezza spenti”

ANTONIA -           Si è fatto male?

BRUSOTTI -         “di fuor si legge com’io dentro avampi”                              Francesco Petrarca

TERRASI -           Si sieda.

BRUSOTTI -         Vogliamo ridere! (e si addormenta)

TERRASI -           Santo cielo! E’ come un bambino! Non si può togliergli gli occhi di dosso. (e, mentre parla, vede attraverso la porta...) Ma quello è lui!

ANTONIA -           (con un soprassalto, agitata) Lui?!

TERRASI -           Sì, lui. Il ragionier Tozzi.

ANTONIA -           (smorendo) Ah, il ragioniere...

TERRASI -           (che l’ha osservata) Ehi, Antonia!

ANTONIA -           Cosa?

                               Terrasi le sorride e dice “sì” più volte con la testa, come per farle capire che ha inteso.

ANTONIA -           (a disagio) No... per carità, cosa pensi? E che il signor Speranza, appunto, deve venire per incontrarsi col ragionier Tozzi. Oggi si decide. Per finirla... (dura) Sì, per finirla!


scena  9

 l’amore di Tozzi:  Antonia, Brusotti, Terrasi, Tozzi

TOZZI -                 (da fuori) Antonia! E’ qui?     

ANTONIA -           Sì. Venga, ragioniere.

TOZZI -                 (entra, agitato, non guarda nessuno e subito ad Antonia) Allora?

TERRASI -           Buongiorno, ragionier Tozzi.

TOZZI -                 Riverisco.

ANTONIA -           C’è anche il professor Brusotti.

TOZZI -                 (contrariato, voltandosi verso il professore) Ah...

TERRASI -           Lo sveglio? Forse avrà piacere.

TOZZI -                 No, no, lo lasci dormire. (ad Antonia, fosco) Non è ancora venuto?

ANTONIA -           Ancora no.

TOZZI -                 Gli ha telefonato?

ANTONIA -           No, non me la sentivo di parlargli. Gli ho scritto, di venire oggi, per le undici.

TOZZI -                 (guardando l’orologio) Se verrà!

TERRASI -           Mi dispiace di essere capitata proprio in questo momento.

ANTONIA -           Ma no, cosa dici? Sono così contenta che siate venuti.

TERRASI -           Via, ora però ce ne andiamo.

TOZZI -                 Non voglio essere scortese, ma, mi creda, non sarebbe male.

ANTONIA -           Ma no, potete restare, dopo tutto si tratta...

TOZZI -                 (interrompendola, molto irritato) Si tratta di una cosa molto seria, si tratta! E lei lo sa!  (rivolgendosi alla Terrasi e accennando ad Antonia)

Molto seria per lei; per me; per tutti! Mi sono lasciato sopraffare una volta! Ora basta, perbacco, deve finire!

ANTONIA -           (seccata della sfuriata di Tozzi) Ragioniere!

TOZZI -                 Scusate.

ANTONIA -           Certo, è meglio che in un modo o nell’altro questa storia finisca.

TOZZI -                 (a Terrasi) Signorina, guardi, io con Antonia avevo e ho le più serie in­tenzioni.

TERRASI -           Lei? Per Antonia?

TOZZI -                 Sissignora!

TERRASI -           Beh, sapevo di una simpatia... ma, via, ora Antonia è sposata!

TOZZI -                 Perbacco, sposata la chiama? Così si sposa? Per uno scherzo indegno? Nossignora, Antonia non è sposata!

TERRASI -           Sarà sposata anche per burla, ma davanti alla legge questo non ha importanza. E non vedo proprio che cosa si possa fare, ormai.

TOZZI -                 (alzando molto il tono della voce) Lo so io cosa c’è da fare! Lo so io!

ANTONIA -           ( a disagio per il comportamento di Tozzi) Parleremo appunto di questo appena verrà il signor Speranza.

TOZZI -                 Me l’ha strappata sotto gli occhi, così... Detto fatto, perbacco!

ANTONIA -           Se allora lei non fosse scappato subito, forse questa pazzia non si sarebbe fatta!

TOZZI -                 Ero indignato, perbacco! Ma non mi potevo immaginare che si arrivasse sul serio a commettere questo sacrilegio?

TERRASI -           Questo è vero. Anch’io venni via, disgustata, a vedere il signor Speranza che si prendeva gioco di Antonia. E finché non dissero “sì” in municipio, non ci volli credere. Ma via, santo cielo, ragioniere, se lei aveva delle intenzioni serie, perché non farsi avanti per tempo?

TOZZI -                 Perbacco, non so! La timidezza, l’inesperienza e poi il pudore dell’età, il ritegno di quando non si è più giovani, e non si è ancora tanto vecchi da non potersi... (a fatica) innamorare, sì, innamorare di una donna.

E quel miserabile me l’ha portata via. L’avesse fatto per amore, perbacco, cosa avrei potuto dire? La legge della vita, lui giovane, io non più, e allora me ne starei zitto! (alterato come non mai) Ma per ridere l’ha sposata! (ora invece sconsolato) Me l’ha portata via per ridere... e Antonia non è più né sua né mia. (ancora con molta rabbia) Porco mondo, lurido e schifoso!

ANTONIA -           Ragioniere!

TOZZI -                 Scusate, volevo dire: perbacco.

BRUSOTTI -         (svegliandosi)  Eccoci qua! Vogliamo ridere!

TERRASI -           Si è svegliato!

ANTONIA -           Bravo professore! Vede, ragioniere, il professore dice che è meglio ridere!

BRUSOTTI -         (al Tozzi) Ridi! (possibilmente cantando) Ridi, pagliaccio!

TERRASI -           (vedendo attraverso l’entrata) Ecco il signor Speranza!

                               Antonia ha un motto e cerca di nascondere l’agitazione.

TERRASI -           Noi allora togliamo il disturbo. Professore! Andiamo?

BRUSOTTI -         Come?

TERRASI -           Andiamo!

BRUSOTTI -         E Loretta?

TERRASI -           Loretta non può venire. (lo aiuta ad alzarsi e l’accompagna alla porta)

                               - AUDIO  10

                              

Tozzi lo guarda con tristezza.

BRUSOTTI -         (urlando) Loretta, perché non vieni!?

                               Poi:

“E’ stato molto tempo fa,

ed ora non so più nulla di lei,

lei che una volta era tutto.

                               Ma tutto

passa.”                                                                                      Bertolt Brecht

ANTONIA -           (addolorata, gli da un bacio) Stia bene, professore. Ciao Terrasi. Ti terrò informata.

TERRASI -           Va bene, ci sentiamo.

TOZZI -                 Addio, professore.

BRUSOTTI -         (è sulla porta, si gira, si erge dritto, è lucido, presente. Vede il Tozzi: è la sua vita passata)  

Addio... ragioniere.


scena  10

Una, per due:  Antonia, Bruno, Tozzi

ANTONIA -           (soli. Al Tozzi) Mi raccomando, ragioniere, stia calmo; se lo prende di petto non otteniamo nulla.

TOZZI -                 Siamo in una botte di ferro! Lei pensi a tenersi forte e lasci fare a me.

                               Antonia, quando entrerà Bruno, si terrà un po’ in disparte, leggermente a lui di spalle, per nascondere il suo turbamento.

BRUNO -              (entrando lieto e disinvolto) Buongiorno a tutti!

ANTONIA -           (dimessa) Buongiorno.

TOZZI -                 (burbero) Buongiorno.

BRUNO -              (un poco più triste) Povero professore!

ANTONIA -           Già, una pena. Vuol sempre ridere.

BRUNO -              Fino all’ultimo, eh? E noi rideremo per lui, vero caro Tozzi?

TOZZI -                 Rideremo, rideremo, perbacco!

BRUNO -              Uh! Ma tu, Antonietta... Lasciati vedere! Ma guarda questa qui come s’è fatta! Complimenti! Lei mi scusa, vero ragioniere, se osservo un po’ meglio il prodigio di questa mia mogliettina?

ANTONIA -           Per carità, signor Speranza...

BRUNO -              Sembra che tu mi sia nata tutto ad un tratto, qua, in questa villetta. Fatti ammirare!

ANTONIA -           Basta, la prego!

BRUNO -              (accennando al ragioniere) Perché forse lui si secca?

TOZZI -                 Sissignore, mi secco!

BRUNO -              (con comico sbalordimento per la padronanza assoluta del Tozzi, contemplandolo)  Ah! (un attimo) E allora si secchi pure! Vieni qua, Antonietta...

ANTONIA -           Ma no!

BRUNO -              Come no? (le prende le mani) Vieni!

ANTONIA -           (cercando di svincolarsi, turbata) Mi lasci, le dico, mi lasci...

BRUNO -              Ma nient’affatto!  (fa per baciare Antonia)

ANTONIA -           (riluttante, riparandosi la faccia) No, no, ma via!

BRUNO -              (vorrebbe baciarla, ma non ci riesce. Poi, a disagio, a Tozzi) Lei lo sa, ragioniere, che que­sta è mia moglie? 

TOZZI -                 (rabbioso, fremente) Nossignore, io non lo so!

BRUNO -              Ah, non lo sa? E allora glielo ricordo io: Antonia è mia moglie!

TOZZI -                 Perbacco, no! Non è sua moglie! Per niente!

BRUNO -              Ma guarda! E’ forse sua? Antonietta, devo ritenermi un marito ingannato?

TOZZI -                 (con un gesto di sdegno) Ma che marito! Guardi che qui non è più tempo di ridere, perbacco!

BRUNO -              (ad Antonia, lasciandola) Ma allora è proprio arrabbiato! (a Tozzi) E mi dice con qual diritto, scusi, lei mi proibisce di ridere?

TOZZI -                 Col diritto della persona seria!

BRUNO -              (ad Antonia) Ma adesso è lui il padrone di casa? (a Tozzi) Sa che ora è lei che comincia a seccarmi?

TOZZI -                 E lei è da un pezzo che mi ha seccato!

ANTONIA -           Su, vi prego, un po’ di pace, per il meglio di tutti. Signor Speranza, abbia un po’ di giudizio!

BRUNO -              No, niente giudizio! Il professor Brusotti direbbe che non è pedagogico! Ma farò ugualmente il bravo bambino e mi metterò a sedere, se il padrone di casa permette. (sta per farlo) Anzi dopo di lei, ragioniere.

                               - AUDIO  11

                              

Bruno - accordandosi nei gesti e negli sguardi al ritmo e alla melodia della musica – osserva divertito Tozzi, che siede con fare stizzito e contegno esagerato.

Poi, dopo aver fatto volteggiare quella che sarà la sua sedia, siede lui stesso, mimando ed esagerando lo stesso comportamento del Tozzi.

BRUNO -              Antonia, tu stai in piedi?

Ora si diverte ad osservare Antonia, la quale, dopo aver preso una sedia, ha un attimo di indecisione su dove deve mettersi.

Antonia alla fine, decide comunque di tenersi lontana da Bruno e più vicina a Tozzi, lasciando quest’ultimo in mezzo.

BRUNO -              (si riferisce alla posizione di Antonia) L’avrei giurato!

ANTONIA -           Cosa?

BRUNO -              (sorridendo ironico) Niente, niente. Allora, carissimo, ora che siamo opportunamente schierati sul campo di battaglia, mi dica quali arcani misteri ha da svelarmi.

TOZZI -                 Sì, dunque...

BRUNO -              Però, abbia pazienza, devo premettere una cosa: io sono venuto qui unicamente per fare contenta Antonietta, (la guarda, sporgendosi e sorridendole in modo ammiccante, ma stupido) perché per me, adesso, le cose, così come stanno, stanno benone!

TOZZI -                 Per lei, stanno benone!

BRUNO -              E per te no, Antonia? Mi pare che io stia perfetta­mente ai patti!

ANTONIA -           (esitante) Sì... certo.

BRUNO -              Non sto ai patti?

ANTONIA -           Si, sì.

BRUNO -              E dunque?

ANTONIA -           Ma il ragioniere...

BRUNO -              Ah, già, c’è qui il signore. (rivolgendosi a lui, con tono alterato, da presa in giro) Ma cosa vuole lei, qua, si può sapere? Chi è lei? Cosa rappresenta? Viene qua ad insidiarmi perfidamente la sposa? Mi pare che si dovrebbe vergognare, alla sua età!

TOZZI -                 Io, vergognare? Lei dice a me che mi dovrei vergognare? Si vergogni lei, perbacco? Io vengo qua, caro signore, con i più onesti propositi! Lo sappia!

BRUNO -              Non mi sembra proprio. Questa è una donna sposata!

                               Tozzi fa segno di no, perché l’alterazione non lo lascia parlare.

BRUNO -              Come no? Vuol vedere i documenti?

ANTONIA -           No, basta, signor Speranza, basta. Ora parlo io. Queste cose lei non le deve dire. Lei può credere di me tutto quello che vuole, ma non che io abbia buttato il suo nome nel fango.

BRUNO -              Nel fango! Che paroloni! (ora divertito)  Ma no, mia cara mogliettina, io non penso assolutamente che una deliziosa personcina come te...

ANTONIA -           Signor Speranza, mi lasci dire, la prego.

BRUNO -              Ti lascio dire.

ANTONIA -           Guardi, le parlo con la massima calma. Ora lei deve ascoltare la proposta che le farà il ragioniere.

BRUNO -              La conosco questa proposta! E’ la proposta che sei venuta a farmi un paio di mesi fa.

ANTONIA -           Sì.

BRUNO -              Di libe­rarmi di te.

ANTONIA -           Esattamente.

BRUNO -              Ma io sto bene così!

TOZZI -                 Come: “Sta bene così”?

BRUNO -              Così! Così come sono. Felicemente sposato alla mia cara mogliettina.

ANTONIA -           (attenzione: sembra che Bruno non ne voglia sapere. Allora Antonia cerca di aggirare l’ostacolo) Signor Speranza, sta parlando sul serio?

BRUNO -              Mai stato tanto serio come adesso.

ANTONIA -           E allora, quand’è così, il ragionier Tozzi, davanti a lei, deve giurare di non farsi più vedere qui, in questa villa.

TOZZI -                 (saltando in piedi dallo stupore)  Perbacco, ma cosa dice!?

ANTONIA -           (a Tozzi) Quello che ho detto: che non deve più venire qui, perché mi secca — per me, badi, non per il signor Speranza, a cui so che non importa niente — mi secca che la gente, vedendola, sup­ponga chi sa cosa!

TOZZI -                 (costernato) Ma come?

BRUNO -              (si alza) Benissimo. Tutto risolto!

ANTONIA -           (subito) Ah no, signor Speranza, aspetti, non ho finito

BRUNO -              Ho capito: tocca a me! (e, con fare scherzoso, si risiede)

ANTONIA -           Certo. Io non ho più intenzione di rimanere in questo luogo.

TOZZI -                 (rinfrancandosi, soddisfatto) Ah, bene, perbacco!

BRUNO -              Perché? Non ti trovi bene? (si alza) Hai visto qualche altra villa più bella? O vuoi vivere in città? (le prende le mani e si mette in ginocchio davanti a lei) Dimmi Antonietta, ogni tuo desiderio per me è un ordine, e sarà soddisfatto.

ANTONIA -           (alzandosi seccata e lasciandolo lì) Ma no, non è questo! E’ che a lei ora fa comodo così. Ma a me no! Signor Speranza, io non posso e non voglio più vedermi qui, in casa sua, a rappresentare una parte che mi è diventata amara, insopportabile... Sì, perché domani, quando perderà di nuovo la testa, tornerà da capo a maledire l’ora e il momento che l’ha fatto!

BRUNO -              (si alza) Ma tu non devi assolutamente preoccuparti. Io non sono mai venuto a dirti nulla. E stai pur sicura che non dirò mai nulla, a te.

ANTONIA -           Lo so.

BRUNO -              E dunque?

ANTONIA -           Lo dico per me, sono io che non voglio più.

BRUNO -              Non capisco... Perché non vuoi stare più qui? Guarda che questa è casa tua, non mia. Ti ho fatto una donazione legale, davanti al notaio.

ANTONIA -           (si siede) E io ci rinuncio! Basta, signor Speranza, ora bisogna decidere!

BRUNO -              E cosa vuoi decidere? (volgendosi verso Tozzi) Ah, già, mi scordavo, qui c’è lei col suo famoso rimedio.

TOZZI -                 Sissignore!

BRUNO -              (si siede, esasperato) Fuori, dunque, una buona volta questo gran segreto! (guarda l’uno e l’altra che si guardano a loro volta, impacciati) Chi me lo dice? Tu, Antonia?

ANTONIA -           (abbassa gli occhi, imba­razzata) No, io... no. (indica il Tozzi) Lui... glielo dirà lui. Io, anzi... esco, aspetto fuori. (se ne scappa per l’uscita)


scena  11

 la rivelazione:  Antonia, Bruno, Tozzi

BRUNO -              (si alza, non capisce, è stordito) Ma che ha? Cosa c’è?

TOZZI -                 (durante la battuta, si alza anche lui) Cosa c’è? Ah, lei vuole sapere “cosa c’è”? La legge c’è, mio caro, la legge, perbacco!

BRUNO -              Che legge?

TOZZI -                 La legge sacrosanta che non ammette che un matrimonio sì faccia per scherzo! Ecco che legge!

BRUNO -              (non capisce) Ma appunto perché c’è questa legge, scusi...

TOZZI -                 (continuando) Lei vorrebbe valersene? Nossignore, non può! (indica la porta da dove è uscita Antonia) Lei, può va­lersene!

BRUNO -              Ed è corsa fuori per valersi della legge?

TOZZI -                 Sissignore, per questo!

BRUNO -              Perché c’è la legge?

TOZZI -                 Appunto.

BRUNO -              E va bene, Antonia si servirà della legge. Ma ora lei dovrebbe spiegarmi come.

TOZZI -                 Come? Ma dimostrando appunto, come la signorina...

BRUNO -              Signora!

TOZZI -                 (seccato per l’interruzione) Dimostrando appunto, come la signorina può dimostrare,che lei l’ha sposata per scherzo!

BRUNO -              Ah, su questo sono d’accordo con lei. Ma nessun giudice crederà mai alle nostre parole, mi sono informato. Sarebbe troppo bello! Due sposi vanno in comune e dichiarano: «Abbiamo scherzato!». «Ah, bene!», dicono loro, «allora il vostro matrimonio si annulla e tutto torna come prima».

TOZZI -                 Ma Antonia lo può dimostrare, questo scherzo, in sé!Antonia può dimostrarlo in sé stessa!

BRUNO -              (non capisce) In sé stessa?

TOZZI -                 Lei finge di non capire!

BRUNO -              No, guardi che io non capisco proprio!

TOZZI -                 Si sforzi, allora! Lei non è uno stupido; è un uomo di mondo! Non ci vuol mica molto, perbacco!

BRUNO -              (ci sta arrivando) Come, come?

TOZZI -                 Se lei qua non è mai venuto, mi pare facile immaginare quale possa essere la dimostrazione...

                               - AUDIO  12

                               Bruno resta un momento stordito a guardare il Tozzi; poi comprendendo ciò che egli vuol dire, che Antonia ha saputo, pur fra tutte le insidie della miseria, serbarsi intatta, fa lavorare il cervello.

- al 10° secondo

BRUNO -              Non abbiamo mai avuto rapporti...

TOZZI -                 Esatto. E la legge dice che un matrimonio per essere valido deve essere consumato, perbacco!

BRUNO -              E lei mi sta dicendo che Antonia può dimostrarlo.

TOZZI -                 Sicuro!

BRUNO -              Cioè, vuol dire che Antonia... né con me... né con altri!

TOZZI -                 Già, e quindi: ecco il rimedio!

BRUNO -              (non lo ascolta) Possibile...? (e mentre parla Tozzi, Bruno ha una rivelazione)

TOZZI -                 Possibilissimo! E quindi qui si tratta semplicemente di... So che per Antonia non sarà una cosa simpatica, ma d’altra parte...

BRUNO -              (lo interrompe) Calma, ragioniere, calma. C’è una cosa che non avevo mai afferrato e che solo in questo istante, come una rivelazione inattesa, mi si scopre in tutta la sua evidenza. Un fatto, dico, in tutta questa storia, straordinario, di cui nessuno di noi due ha mai tenuto conto, un fatto che lei ancora non ha minimamente compreso. 

TOZZI -                 E quale sarebbe questo fatto?

BRUNO -              Che Antonia ha sempre sperato che io... che noi due... (sorride, non di scherno, ma di felice rivelazione) Che stupido! Non ho mai capito... che Antonia mi vuole, che Antonia mi ama!

TOZZI -                 Ma lei è pazzo!

BRUNO –             Pazzo, sì! (corre all’uscita) Che pazzo!

TOZZI -                 (accorrendo per trattenerlo) Cosa vuol fare adesso?

BRUNO -              (con violenza) Si tolga dai piedi! Antonia! Antonia! Dove sei finita? Antonia!

TOZZI -                 (ancora vuol trattenerlo) Ma cosa vuole da Antonia? La lasci stare!

BRUNO -              Mi si scosti! (esce sulla porta, chiama) Antonietta! Mia dolce Antonietta...

ANTONIA -           (da fuori) Arrivo!

Bruno, vedendola arrivare, fa qualche passo indietro, ammirando lei che arriva, e rientra, sempre imbambolato nel guardarla.

Antonia entra e può dire tutta quanta la sua battuta, perché Bruno non le si avvicina subito, ma la guarda ancora un istante, incredulo.

 ANTONIA -          Cosa è successo? (guarda Speranza, guarda interrogativamente Tozzi) Signor Speranza... Ragioniere...?

BRUNO -              (le prende le mani) Antonia, Antonietta, guardami. Guardami negli occhi e dimmi: è vero? E’ vero che tu...? (sorride) E’ vero! Lo vedo nei tuoi occhi, lo vedo nel tuo sguardo, lo sento nelle tue mani che tremano dentro le mie...

ANTONIA -           Mi fa morire di vergogna... Mi lasci!

BRUNO -              Lasciarti? Fossi matto! Ora che so questo? Tu volevi lasciarmi perché io non...

ANTONIA -           (svincolandosi, si sposta, di spalle a lui, vergognosa e quasi piangente) No! No! Questo non c’entra, non per questo! Io non voglio niente, non pretendo niente.

BRUNO -              (la prende per le spalle, dolcemente)

“Chiare, fresche, e dolci acque...”                                       Francesco Petrarca

(l’abbraccia e se la tiene stretta) Caro ragioniere, ora lei se ne può anche andare.

ANTONIA -           (cercando di togliersi dalla stretta di Bruno, ma questa volta, senza convinzione: si sta bene tra le sue braccia!) No, no, non se ne vada!

BRUNO -              (dolce) Non devi aver paura.

TOZZI -                 Non me ne vado, stia tranquilla!

BRUNO -              No, lei se ne va da casa mia perché io glielo ordino!

TOZZI -                 Questa non è casa sua, perbacco, l’ha detto lei stesso, questa casa è di Antonia!

BRUNO -              Ma Antonia è mia moglie! (stringendole le spalle) Perbacco, perbaccone e perbaccaccio!

ANTONIA -           (allunga un braccio, come supplice) Ragioniere...

BRUNO -              (la lascia) Ah, dunque il ragioniere? Allora c’è un accordo tra voi due! Benissimo! Ecco qua, me ne vado io!

Ma rimane ben fermo e stabilito questo: che io sono venuto qui per fare il mio dovere di marito e che tu mi mandi via; che io ora ti voglio e che tu mi respingi. E l’amico qui presente è testimone!

La legge, dite? Bene, fate valere la legge, ora, se vi riesce! Vi saluto! (esce)


scena  12

 Aspetta...:  Antonia, Bruno, Tozzi

TOZZI -                 (resta a bocca aperta, come intronato dalla trovata imprevista di Bruno. Il terreno gli manca sotto i piedi)  Uuh... Eh già! (si grat­ta la testa)

ANTONIA -           (sbalestrata anche lei, rivolgendosi al Tozzi) E adesso?

TOZZI -                 E adesso?

ANTONIA -           Se n’è andato.

TOZZI -                 Se n’è andato.

ANTONIA -           Non si può fare più nulla.

TOZZI -                 Già, non si può fare più nulla.

ANTONIA -           Ragioniere!

TOZZI -                 Cosa?

ANTONIA -           Continua a ripetere le mie parole!

TOZZI -                 Ha ragione; continuo a ripetere le sue parole, ma non so cosa dire.

ANTONIA -           lo vedo.

TOZZI -                 La situazione ha preso una piega imprevista.

ANTONIA -           Ha detto:  “Sono venuto qui per fare il mio dovere di marito...” E’ vero che ha detto così?

BRUNO -              (riaffacciandosi all’ingresso, allegro e pimpante)  Cu-cu!

                               - AUDIO  13

                               I due lo guardano stralunati.

                               Bruno può fare due semplici passi di danza.

BRUNO -              (allegro e scanzonato) Vedete come siete sciocchi tutti e due? Potrei farla valere io, ora, la legge, ma me ne guardo bene!

(si avvicina ad Antonia) Con una mogliettina adorabile come questa, e che mi vuole! Vero che mi vuoi?

Via, ragioniere, si metta il cuore in pace, (imitando Tozzi) perbacco! (ora con voce sonora) E se ne vada! (fa per abbracciarla)

ANTONIA -           (allunga le mani per fermarlo) No, senta, signor Speranza, mi dia ascolto un momentino... un momentino solo. Parliamo seriamente...

BRUNO -              (sempre allegro e scanzonato) Ma non capisci che con tutte queste mossettine, tu mi fai innamorare di più?

ANTONIA -           (pestando idealmente i piedi) Voglio parlarle seriamente, le dico!

BRUNO -              Ma sì, sì, parlami come vuoi... (la osserva, torna a sorri­dere, fa per riabbracciarla.) Chi avrebbe potuto supporlo?

ANTONIA -           (fermandolo ancora) Così non è possibile, scusi!

BRUNO -              Hai ragione, ma mi sono innamorato! E, ti giuro, mai in questo modo.

ANTONIA -           Ma questa è pazzia!

BRUNO -              E’ vero, sono pazzo, di te!

ANTONIA -           La prego...

BRUNO -              Anzi, a pensarci bene, lo sono stato da sempre, senza rendermene conto. Ma quando venisti alla trattoria per dirmi del rimedio, ricordi? - ti ridevano gli occhi – allora il mio cuore sussultò, e io, stupido, non l’ascoltai ancora. Non l’ho mai veramente ascoltato questo mio cuore.

Ma l’ascolto ora, qui, davanti a te, che sei tutta un riso! (la guarda fisso) E sai cosa mi dice? (urlando felice) «Bruno, sveglia! Sei innamorato di tua moglie!»

                               Signor Tozzi, questa sì che è una cosa seria! (cerca di abbracciarla)

ANTONIA -           (fermandolo ancora) No, un momento, un momento, signor Speranza, mi ascolti.

BRUNO -              Ti ascolto. (braccia conserte e sorriso divertito sulle labbra) Non ho fretta. Con te, lo prometto, non avrò mai fretta.

ANTONIA -           (molto turbata, lo guarda) Senta... e va bene, voglio ammettere tutto, che lei ora per un punti­glio...

BRUNO -              Puntiglio? Ma se sono tuo marito!

ANTONIA -           (stizzita) Nossignore: lei per ora non è niente!

TOZZI -                 Nientissimo, perbacco!

BRUNO -              Senti, se non vuoi farlo andar via, fallo almeno tacere!

ANTONIA -           Taccia, per carità, ragioniere! Vede bene che sto penando a persuadérlo.

BRUNO -              E non mi persuadi.

ANTONIA -           Lei si persuaderà, signor Speranza, perché lei è buono, e perché io voglio restare una donna saggia, una donna che (lo guarda dura e fisso negli occhi, staccando le parole) non vuole più soffrire!

Ora, così come stanno le cose...

BRUNO -              Non possono restare! Non ora, Antonietta, prima. Ora è tutto cambiato. Non senti che parlo sul serio?

ANTONIA -           Non si dicono così, sul serio, certe cose! Lei non me le deve dire più in nessun modo, (piangente di un pianto isterico)  perché non è vero!

BRUNO -              Come no!

ANTONIA -           (si riprende) Voglio ammettere che lei adesso abbia un capriccio... Ma mi guardi, io non sono una ragazzina, non ho più la freschezza che sempre la fa innamorare.

BRUNO -              Ascolta, una volta il professore mi prese in disparte e mi diede un foglio. C’era scritto un pensiero, una poesia forse, a cui non diedi importanza, ma che comunque mi colpì.

                               “No, non chiamarlo amore, se una donna

                               che è tutta bella, desideri.

                               La bellezza seduce chiunque.

Ma se incontri una brutta e subito dentro

ti senti perduto, e il cuore affannato impazzisce,

questo, è fuoco d’amore.”

Antonietta, ascoltami, mi sono stancato, sai, della mia pazza vita, degli amici stupidi e delle ragazzine più stupide ancora. Sarò forse invecchiato, ma ora lo sento, ora lo scopro, qua, con una sincerità che mi fa quasi paura, davanti a una donnina che s’è fatta bella, non so per quale prodigio d’amore!

Guardami negli occhi! Lo vedi nei miei occhi che ti sto dicendo la verità?

ANTONIA -           (guardandolo con tristezza) Lei sta dicendo la verità, ma è una verità di oggi, non di domani.Senta, fino al punto in cui siamo, lei può ancora liberarsi di me. Il matrimonio si può annullare e lei tornerà libero. E domani, mi creda, gioirà di questa fortuna insperata.

BRUNO -              E credi che sarà una fortuna anche per te?

ANTONIA -           (a malincuore e stentatamente) Sì, penso di sì.

BRUNO -              Preferisci, dunque sposare questo vecchio bacucco qua?

TOZZI -                 Io sono un galantuomo, e Antonia fa bene ad affidarsi a me.

ANTONIA -           Mi scusi, ragioniere, lei non si deve offendere se le dico che io non devo preferire nessuno; non devo fare nessuna scelta, io. Sola lo sono sempre stata e sola...

BRUNO -              (la ferma con una mano) E sola non lo sarai mai più!

                               - AUDIO  14

                               Durante i primi 15 secondi  della canzone, Bruno ci mostrerà col corpo che non sa più cosa fare per convincere Antonia. Poi:

 

BRUNO -              Accoglimi, ti prego.

                               Io sono qui a cantare davanti alla tua porta:

                               ti prego: fammi entrare!

ANTONIA -           Ma... (non ce la fa più a negarsi)  Badi, signor Speranza, che allora diventa una cosa seria!

BRUNO -              Ma è... una cosa seria! (a Tozzi) Via, ragioniere, è finito il tempo degli scherzi. Ora qua lei è proprio di troppo, e torno a pregarla di andarsene!

                               Tozzi imbambolato, inebetito, fa per muoversi.

ANTONIA -           (a Tozzi) No, aspetti. (a Bruno) Ecco, facciamo così...

BRUNO -              (prendendole dolcemente il viso tra le mani) Taci... Antonietta, taci. E arrenditi.

ANTONIA -           No, perché, lo capisce, signor Speranza, sarebbe una cosa crudele, veramente crudele...

BRUNO -              (zittendola dolcemente) Ssst... (a Tozzi) Allora, caro Tozzi, cosa aspetta?

TOZZI -                 (non acido; ormai vinto) Cosa aspetto? Aspetto che sia Antonia a dirmelo.

                               Antonia non parla.

TOZZI -                 (non acido; morbido) Parli, dunque!

ANTONIA -           Mi dispiace, ragioniere, mi dispiace, ma... il signor Speranza dice che ora diventa una cosa seria.

TOZZI -                 (dopo un silenzio funebre) Sta bene. Non posso certo competere con lui. Siete giovani... Basta. Lei ha scelto. Dicono che il lupo... Speriamo che lei, Antonia, non debba mai pentirsene.

ANTONIA -           Forse lo farò. Forse mi pentirò di questa pazzia, ma che vuole, ora...

TOZZI -                 Ora è felice e la felicità non si deve mai sciupare, mai gettare.

“Al cuor non si comanda!” Direbbe il professor Brusotti. Auguri.

                               (si gira e si avvia lentamente, profondamente vinto e amareggiato)

                               Bruno, alle spalle di Antonia - che è girata verso l’uscita dove si sta avviando il Tozzi – vuole subito abbracciarla.

                               - AUDIO  14  finire sfumando

ANTONIA -           (si schermisce più col gesto delle mani che con la voce, alludendo al Tozzi che se ne va. Felice, fremente, ma anche vergognosa)

                               Aspetta... Aspetta...

- BUIO

                               - AUDIO  15

F I N E


SCHEDA TECNICA

TITOLO DELL’OPERA:          MA NON E’ UNA COSA SERIA! 

                                                                       (codice SIAE:  883071 A)

AUTORE:                                    MARIO POZZOLI

DA:                                               LUIGI PIRANDELLO

GENERE:                                    ALLEGRA STORIA D’AMORE

ATTI:                                            DUE –  1 ORA E 15 MINUTI & 40 MINUTI (circa)

SCENA:                                       ESTERNO TRATTORIA & INTERNO (RIPOSTIGLIO)

PERSONAGGI:                          4 UOMINI e 3 DONNE

SOGGETTO:                              Un’intrigante e divertente rilettura di una commediadi Pirandello che, con l’uso di un gioco scenico spiritoso e moderno, dona una nuova luce alla storia di una paradossale decisione presa dal protagonista nei confronti di una donna umile e modesta che afferma:             «Voglio restare una donna saggia».

                                                      Ma la vita non è un ragionamento, la vita spesso ti piomba addosso con le sue pazzie, che non sempre sei capace di respingere. 

                                                      «Forse mi pentirò di questa follia, ma che vuole, ora sono felice e la felicità non si deve mai sciupare!»

ESIGENZE SCENICHE:          LA SCENOGRAFIA E’ ADATTABILE A QUALSIASI MISURA DI PALCO

INFORMAZIONI:                        MARIO POZZOLI    tel.      02 4882929

                                                                                         cell.  334 3320184