Ma non è una cosa seria

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Personaggi

Ma non è una cosa seria

Commedia in tre atti di Luigi Pirandello

1918

PERSONAGGI

Gasparina Torretta

Memmo Speranza

Il signor Barranco

Il professor Virgadamo

Grizzoffi

La maestrina Terrasi

Magnasco

Vico Lamanna

Loletta Festa

Fanny Martinez

Celestino, cameriere

Rosa, cameriera

In una città dell‘Italia settentrionale. Oggi.


PREMESSA

È una commedia in tre atti che deriva dalle novelle «La Signora Speranza» (1902) e «Non è una cosa seria» (1910). Se ne fa risalire la stesura tra il 1917 (forse agosto) e il febbraio 1918. Fu rappresentata per la prima volta al Teatro Rossini di Livorno, il 22 novembre 1918 dalla Compagnia di Emma Gramatica. Fu pubblicata dall’editore Treves, Milano, 1919. Ne trassero due film: Augusto Camerini nel 1920 e Mario Camerini nel 1936.

La trama si basa sulla paradossale decisione presa da Memmo Speranza di ammogliarsi per non correre il rischio di ammogliarsi. e cioè contraendo un matrimonio apparente, valido solo sul piano giuridico, con Gasparina, pro­prietaria di una pensione, donna umile e sottomessa che vive nella convin­zione di non avere nessuna attrattiva per fare innamora re gli uomini. Memmo era appena scampato alla morte nell‘ultimo duello con un mancato cognato; aveva vissuto la sua vita di Don Giovanni spensieratamente e allegramente, ma con pericoli continui. Decide di ricorrere al singolare espediente proprio per evitare di correre ulteriori rischi matrimoniali con relative complicazioni. E una tipica trovata pirandelliana (più volte l’autore è tornato sul matrimonio di convenienza, sul matrimonio bianco, da Pensaci, Giacomino! a Diana e la Tuda) ma proprio come tale la trovata non si compiace soltanto del para­dosso; la decisione è suffragata da una serie di ragionamenti assurdi per il senso comune, ma di per sé concreti e validi, soprattutto in relazione alla na­tura di Memmo, che è «come la paglia» e prende fuoco subito mettendosi nei guai. Egli si chiede, ad esempio, perché ogni volta che, attratto dalla sua bel­lezza, avvicina una donna, debba giurarle clic sarà suo per l’eternità. Una volta che risulterà sposato avrà più difese e più libertà d’azione. Ma se il ma­trimonio con GASPARINA non è una cosa seria, è serissimo il patto che stringe con lei di consentirle una vita serena e agiata in una casetta in campagna di sua proprietà, sottraendola alle fatiche della pensione.

Il matrimonio è deciso allegramente da Memmo insieme con gli avventori della pensione che partecipano al giuoco e scommettono che non si verifi­cherà, e commentano e fanno da coro; tra essi il vecchio signor Barranco, se­riamente innamorato di Gasparina, che invano si oppone a quello che giudica uno scherzo di cattivo gusto.

In seguito l’infiammabile Memmo si pentirà della «pazzia» perché è tornato a innamorarsi della donna che aveva abbandonato. E a questo punto rivela la vera natura della sua apparente gioia: «la pazzia» del finto matrimonio l’ha compiuta perché «ha sofferto»; egli è stato una specie di punitore di se stesso clic inette «lo scherno sulle sue sofferenze». E nell‘altalena tutta pirandelliana dei giudizi, quel falso matrimonio è «il trionfo della logica», è una «perfetta astrazione» basata su un ragionamento che fila a meraviglia. Ora che si è in­namorato di nu~v~ è veramente pazzo e vorrebbe annullarlo; ma allora era savio!

La volubilità di Memmo lo porterà, alla fine, a innamorarsi di Gasparina, di questa donna così insignificante e trasandata, che si è trasformata, è diven­tata bella e desiderabile. Pirandello celebra la sua resurrezione come donna e ne sa porre in evidenza i pregi del carattere. E il personaggio spiritualmente più nobile e psicologicamente più vero. Memmo si rende conto che vale pro­prio la pena, dopo aver rincorso donne superficiali e leggere, trasformare il matrimonio con Gasparina, che pudicamente lo ama senza speranza, in una cosa seria.

ATTO PRIMO

Sala da pranzo della Pensione Torretta. — Grande tavola apparecchiata nel mezzo della scena per il pranzo. Altri tavolini con tovaglie e qualche porta­fiori. Nella parete di fondo, due usci con tende verdi a frange giallo d’uovo; quello a destra è la comune, quello a sinistra introduce nella camera occu­pata da Grizzoffi. Tra i due usci, monumentale credenza — vecchio arnese di rivendita — con tazze, bottiglie, ecc. — Nella parete di sinistra, divano di juta verde, anch‘esso con frange giallo d’uovo, poltrone; un tavolinetto per fu­mare, un altro per riviste e giornali; un uscio con tenda come sopra, che in­troduce nella camera occupata dal signor Barranco. — Nella parete di destra, una vetrina con stoviglie da tavola e un uscio che conduce alla cucina. Alle pareti un orologio a pendolo, oleografie di caccia e frutta. — La Pensione è di famiglia, assai modesta.

Scena prima

Il signor Barranco, Grizzoffi, il professor Virgadamo.

Al levarsi della tela, il signor Barranco è seduto sul divano con un grosso berretto in capo, le pantofole ai piedi, e sfoglia una rivista. È un signore di provincia, maturo, ancor valido; ricco; con un gran naso; timorato di Dio; taciturno di solito, d’aspetto cupo, ma pur timido e schivo negli occhi; co­stretto a parlare o appena stizzito, incespica un po’ con la lingua. — Grizzoffi, presso ai quaranta, ispido, sempre irritato, schizzante, legge un giornale, se­duto sul davanti della scena e fuma un sigaro a grosse boccate. Il Professor Virgadamo, placido, grasso, gli sta seduto un po’ dietro e aspira l‘odore del fumo esprimendo la delizia che ne prova con tutto il faccione da padre abate.

VIRGADAMO  Ah, che buon sigaro! Delizioso!

GRIZZOFFI      (voltandosi di scatto, cavando un mezzo sigaro dal taschino del panciotto e porgendolo sgarbatamente) Ma tenga, ma fumi, perdio!

VIRGADAMO (sorridente, senza scomporsi) No no, grazie. La nicotina fa male. Mi piace soltanto aspirarne l’odore.

GRIZZOFFI      Ah, sì? A mie spese? Col danno della mia salute? Ma via, si scosti! Si scosti subito di qua!

VIRGADAMO          (scostandosi, c.s.) Ecco, ecco. Ma scusi, che le levo io?

GRIZZOFFI      Chi vuole un piacere, se lo paghi!

VIRGADAMO          Se lei fumasse per me... Ma lei fuma per sé! Butta via il fumo, e io ne approfitto. Signor Barranco, che ne dice lei?

GRIZZOFFI      Eh già! Mi piace! Scusi: è uomo lei, sì o no?

VIRGADAMO  Eh, direi!

GRIZZOFFI      Fa più o meno male della nicotina, la donna?

VIRGADAMO          Ah, più! più! Terribile, la donna: specialmente a una certa età.

GRIZZOFFI      Vorrei sapere ora, come si regola lei —

BARRANCO    (interrompendo) Signori miei, signori miei, per carità!

GRIZZOFFI      (al signor Barranco) Non dico niente di male, caro signore stia tranquillo!

 

Al professor Virgadamo.

Come si regola lei quando per istrada vede qualche donnina che le piace — (se è uomo!)

VIRGADAMO  Ah no, sa; no, no, no, no! Niente, io!

GRIZZOFFI      Come niente? Neppure un desiderio?

VIRGADAMO  Oh Dio mio, se è una bella donna...

GRIZZOFFI      Ah, bravo! E che fa allora? Da me si piglia l’odore del fumo. E da quella? Va a trovarne il marito, e lo prega che sia così gentile da prestarle per un momentino il piumino da cipria della sua signora?

VIRGADAMO          (si accosta serio e gli dice piano e pacato) Dovrebbe sapere, caro Grizzoffi, che l’uomo fra le tante altre doti ha pur quella dell’immaginazione.

GRIZZOFFI      Ah! Lei se l’immagina — e basta?

VIRGADAMO          Potrebbe anche bastarmi. Non potrà proibirmi, per esempio. di sognarmela di notte.

GRIZZOFFI      E lei, scusi, insegna in un istituto femminile?

VIRGADAMO          Pedagogia.

GRIZZOFFI      Che sarebbe la scienza dell’educazione?

VIRGADAMO          Ma la pedagogia, per sua norma, insegna anche a imporre one­stamente un freno all’immaginazione.

GRIZZOFFI      (urlando) Ma ai sogni no!

VIRGADAMO  Eh!, i sogni, caro lei, sono indipendenti dalla volontà.

GRIZZOFFI      Se avessi una figliuola, non la manderei da lei!

VIRGADAMO E farebbe bene, benissimo, sa! Non per me. Ma si sciupano, si sciupano queste benedette figliuole! Troppe materie da studiare. Enorme so­vraccarico intellettuale. E pèrdono, pèrdono il fiore della femminilità, la fra­granza: quel certo non so che — che è il loro fascino.

GRIZZOFFI      Signor Barranco, ma lo sente?

VIRGADAMO          Questa è pedagogia.

GRIZZOFFI      Ma è una cosa schifosa, allora, la pedagogia!

Scena seconda

La maestrina Terrasi, Detti

MAESTRINA   (sporgendo il capo dalla tendina della comune) Permesso? Uh, come! non si è ancora a tavola?

GRIZZOFFI      Come vede, siamo qua ad aspettare!

VIRGADAMO          Oh! cara, cara la mia signorina...

Le prende una mano e non gliela lascia più, battendovi su

colpettini graziosi con l’altra mano.

Cara nostra maestrina giardiniera...

MAESTRINA            Signor Barranco, buon giorno!

BARRANCO    Riverisco.

MAESTRINA            Chi s’aspetta?

GRIZZOFFI      I comodi e le grazie del signor Speranza!

MAESTRINA            Ah, verrà finalmente? Che bellezza! Dunque, guarito? Piacere!

GRIZZOFFI      Ma si ritiri codesta mano, signorina!

MAESTRINA            Oh! al professore, gliela posso lasciare: non c’è pericolo! Fu mio maestro!

GRIZZOFFI      Sì! Se avesse inteso quel che ha finito or ora di dire delle sue al­lieve!

BARRANCO    Signori miei... signori miei...

MAESTRINA  Come! Lei, professore?

VIRGADAMO          Ma non gli dia retta!

GRIZZOFFI      (a Virgadamo, con sdegno) Lei si dovrebbe vergognare!

Alla Maestrina:

Chi sa quante volte lei è stata... sognata!

BARRANCO    (irritandosi) Ma... ma insomma!

MAESTRINA  E che c’è di male? Non s’irriti, signor Barranco! Non capisco, proprio, che ci possa esser di male, se il professor Virgadamo s’è sognato di me. — Ma dov’è Gasparina?

GRIZZOFFI      (correggendo) Gasparra, prego! Gasparra, Gasparotta!

MAESTRINA            Lei la chiami come vuole; io la chiamo Gasparina.

VIRGADAMO          Mah! dice che è andata...

GRIZZOFFI      A prendere gli ordini del signor Speranza per il pranzo!

BARRANCO   Non diciamo sc-sci-occhezze!

GRIZZOFFI      L’ha detto Rosa!

MAESTRINA   (voltandosi a guardare la mensa) Il pranzo? Uh! già! Guarda che bellezza! Non me n’ero accorta...

GRIZZOFFI      Vuol festeggiare il suo ritorno alla vita!

MAESTRINA            E davvero può dirlo, povero signor Speranza! Passato da parte a parte... Anzi, ha fatto presto a guarire! Quando è stato il duello? Non saranno due mesi...

GRIZZOFFI      Ho visto ieri il fratello della fidanzata.

VIRGADAMO          Ah! quello che lo infilzò?

GRIZZOFFI      Per conto mio, gli ho stretto la mano!

MAESTRINA            E oggi berrà alla salute del signor Speranza?

GRIZZOFFI      No, cara signorina! Io bevo alla mia!

MAESTRINA            Peccato...

GRIZZOFFI      Come, peccato?

MAESTRINA            No... dico, che io non possa assistere al pranzo. Debbo ritornare a scuola al tocco!

Va all’uscio a destra e chiama:

Rosa! Rosa!

Scena terza

Rosa, Detti, poi Gasparina, Magnasco

ROSA                (accorrendo dall’uscio a destra) Comandi, signorina!

GRIZZOFFI      Ma insomma, si può sapere che diavolo fa la tua padrona ancora fuori? Io voglio mangiare, senza stare ad aspettare i comodi di nessuno!

ROSA                E a me lo dice? Per me, come vede, è tutto pronto. Se la signorina non viene...

VIRGADAMO          Conviene aspettare, conviene aspettare, perché sarà una bella festa, sa?

GRIZZOFFI      (voltandosi di scatto, sgarbato) Per lei!

VIRGADAMO          No, per tutti! Io vengo qua perché si sta allegri.

GRIZZOFFI      Ma lo sa che lei non è potuto soffrire d’a nessuno?

VIRGADAMO          Non importa!

MAESTRINA            E non è vero niente affatto!

VIRGADAMO Non importa, signorina. Il riso fa buon sangue: lor signori mi fanno ridere, e son disposto ad aspettare anche cent’anni!

MAESTRINA  Potessi anch’io! Ma non posso, Rosa!

ROSA                Oh! eccola qua la signorina!

Entra dalla comune Gasparina Torretta, seguita da Magnasco. E una don­nina fina fina, un po’ sciupata, trasandata; sarebbe vivacissima, se i pati­menti, le angustie, la tristezza che glien‘è derivata, non smorzassero tutti i moti del suo animo e della sua personcina, e non le dessero un‘umiltà sorri­dente e rassegnata. Veste poveramente, con un vecchio cappellino da vecchia, annodato sotto il mento e una lunga mantella verde scolorita, orlata di pelo di gatto. Porta appesa al braccio una grossa borsa di cuojo. Nessuno tranne il vecchio signor Barranco, fa conto di lei, e tutti la bistrattano. Magnasco, presso alla cinquantina, veste con eleganza da giovanotto: grasso, calvo, con la faccia paonazza; ridanciano.

                                    

GASPARINA   (frettolosa, affannata) Eccomi qua... eccomi qua...

MAGNASCO    Signorina, signori: salute!

GASPARINA   Domando scusa a lor signori, se mi son fatta aspettare... Sono an­data (si leva la borsa dal braccio e la porge a Rosa) per certe spesucce. Tieni, Rosa: porta in cucina. Sono tutti?

Rosa via per l’uscio a destra.

VIRGADAMO          Eh, no! Manca il meglio! Il signor Speranza... il signor Lamanna...

GASPARINA  Meno male! Ho fatto una corsa!

MAESTRINA  Ma io, Gasparina, debbo andare...

GASPARINA   Come! Non prende parte al pranzo?

GRIZZOFFI      Ohé, dico, ci siamo anche nojaltri qua! Oh sa, signora Torretta… cioè, diciamo... signorina...

GASPARINA   Ma dica come vuole...

GRIZZOFFI      Sarebbe infatti ridicolo che lei s’offendesse su questo punto...

GASPARINA   Io, no. Ma vedo che vuole offendermi lei, non so perché...

GRIZZOFFI      Glielo dico subito. Lei è padronissima d’accordare le sue sfacciate preferenze...

BARRANCO    (che s‘era finora tenuto a stento, dà un pugno sul tavolino e scatta in piedi, convulso) Parli con rispetto!

GRIZZOFFI      Un altro! Eccolo qua! Lo sapevo!

GASPARINA   (accorrendo con Virgadamo) Per carità, signor Barranco, non si ri­scaldi!

BARRANCO    Lei è un vi-villanzone!

GRIZZOFFI      Misuri i termini, perdio, o...

Fa per avventarglisi, trattenuto da Magnasco e dalla Maestrina.

MAGNASCO    Eh via, Grizzoffi...

BARRANCO    La signorina Ga... Ga...

e non può più andare avanti.

MAGNASCO    (venendogli in aiuto) Gasparotta!

GRIZZOFFI      Scarpa-rotta!

BARRANCO    E o-onoratissima!

GRIZZOFFI      E lei le paga i debiti con tutti i fornitori? Perché? pe’ suoi begli occhi?

BARRANCO    Ah! Io? io?

GASPARINA   Ma via! via! Non gli dia retta, per carità, signor Barranco! Lo lasci dire!

MAESTRINA   Glieli paga, caro signor Grizzoffi, per tutti coloro che si approfit­tano del buon cuore di questa povera donna! Vengono qua a mangiare e non la pagano!

GRIZZOFFI      Dice a me? Io ho pagato sempre fino all’ultimo centesimo!

GASPARINA   Sì, è vero! Lei, sempre, signor Grizzoffi! Ed è stato sempre il primo a pagare!

BARRANCO   Pagare! Ma che paga lei? La-la retta paga! Non quello che-che si divora! Lei è una vo-voragine!

GRIZZOFFI      Ah! di questo si tratta?

BARRANCO    Del resto, non è lei solo!

MAGNASCO    Ma sì, siamo tutti! siamo tutti, diciamo la verità!

GRIZZOFFI      E perché allora insulta me soltanto? -

MAESTRINA  Ma ha cominciato lei, scusi, con questa poverina che è sempre in perdita per contentare tutti!

GRIZZOFFI      Sta bene!

A Gasparina:

Lei dunque con me è in perdita?

GASPARINA  Ma nossignore: io non ho parlato, signor Grizzoffi!

GRIZZOFFI      Ha parlato uno de’ suoi più autorevoli protettori. Basta. Mi son sec­cato.

BARRANCO    E-e lei se ne può andare!

GRIZZOFFI      Me ne manda via lei? — Chi è, lei? — Il padrone?

GASPARINA  Ma per carità! Giusto oggi, signori miei?

BARRANCO    No-non sono il padrone, ma... ma sono...

GRIZZOFFI      Lo sappiamo... lo sappiamo bene che cosa è...

BARRANCO    (inveendo minacciosissimo) Rispetti, le dico, la-la signorina Tor­retta!

GRIZZOFFI      (per tagliar corto, sprezzante) Via, Gasparotta: fammi il conto! me ne vado!

GASPARINA  Ma perché, signor Grizzoffi? Che le ho fatto io?

GRIZZOFFI      Per non vedermi più davanti quel vecchio gufo lì, che tra l’altro non mi fa dormire la notte! Tira certi ronfi con quella tromba di naso, che ne trema la casa!

BARRANCO    Io? Ah, io? E lei che-che bestemmia anche mentre dorme?

VIRGADAMO  Eh, via, venga.., venga, signor Barranco...

 

Lo trascina verso l’u­scio della sua camera.

Lo lasci perdere!

MAGNASCO    (tirando a sua volta Grizzoffi, verso la sua stanza) Andiamo... an­diamo, Grizzoffi... Si calmi, via!... Venga...

GASPARINA   (alla Maestrina) Dio mio, signorina...

MAESTRINA            Ah no, senta: il torto è suo!

GRIZZOFFI      Aspetto il conto, sa! Voglio andarmene subito! Subito!

BARRANCO   Ci-ci leva a tutti l’incomodo!

Via Magnasco e Grizzoffi; Virgadamo e Barranco.

Scena quarta

Gasparina, Maestrina, poi Rosa

MAESTRINA   Il torto è suo, Gasparina!

GASPARINA            Ma che vuole che ci faccia io? Ha visto? per nulla!

MAESTRINA            Non dovrebbe farsi pestar la faccia così, ecco!

GASPARINA            E vero, si...

MAESTRINA  Non c’è neanche dignità, mi scusi!

GASPARINA            Mah!

Lieve pausa, grave di tutta la sua accorata miseria; poi con altro tono:

Lei vuol mangiare, è vero?

MAESTRINA            Sì, debbo andar via subito.

GASPARINA   (facendosi all’uscio di destra) Rosa, porta in tavola per la signorina! Svelta eh!

Alla Maestrina.

Segga intanto; s’accomodi. (La Maestrina prende posto a un tavolino)

GASPARINA   (mentre toglie la posata di lei dalla tavola grande, e le apparecchia il posto sul tavolino) Somara vecchia, signorina mia, abituata ormai alle fru­state e a tutti gli strattoni di cavezza!

Rosa intanto entra ed esce per 1 ‘uscio a destra, cominciando a servire la Maestrina.

MAESTRINA   (mangiando) No, non l’approvo io, sa! Lavoriamo, noi! Non di­pendiamo da nessuno! Se io mangio qua, è perché lavoro. E anche lei è libera, alla fine! Di tutto ciò che fa o che non fa, che le piace o non le piace di fare — che io non voglio saperlo — non ha da dar conto a nessuno.

GASPARINA            Ma facessi almeno qualche cosa, deve dire piuttosto...

MAESTRINA   Tanto meglio! Perché si lascia allora calunniare così?

GASPARINA            Mah! Può essere anche un gusto, dopo tutto!

MAESTRINA  Come, un gusto?

GASPARINA            A chi piace l’amaro...

MAESTRINA  Le piace d’essere calunniata?

GASPARINA            No. Ma via.,, che danno vuole che me ne venga più? Brutta...

MAESTRINA  No... chi lo dice?

GASPARINA  Eh via!... Mi vede... Sa quanti anni ho?

MAESTRINA   (incerta) Trenta... due?

GASPARINA            Non tanti veramente: ventisette; ma per me, come n’avessi ses­santa. In mezzo ai guaj, signorina, che mi sono diluviati da tutte le parti! E lei non può neanche immaginarseli: quali e quanti n’ho visti, fin da piccola, sa? A dirli tutti, non ci si crederebbe.

MAESTRINA  Ma dunque, anzi...

GASPARINA  Che anzi, signorina! Non ho avuto, mi creda, neppure il tempo di pensare che la mia sorte avrebbe potuto essere un’altra. Ho pensato solo a di­fendermi, coi denti e con le unghie! La dignità, lei dice? Ma che vuole che diventi una vestina bianca di velo sulle carni di una povera sperduta, fustigata, inseguita da tutti, in mezzo a tutte le spine della vita? Mi sembra d’essere nuda al mondo! E casa questa? Chi entra, chi esce... La porta, sempre aperta. La tavola, sempre apparecchiata. Non mi vedo più dentro, signorina! Sono forse più una donna io? Sono uno strofinaccio. Chiunque, con licenza par­lando, può pulirsene le scarpe.

MAESTRINA            Ma sfido! La vedono così dimessa... Si ribelli.

GASPARINA            A chi?

MAESTRINA            Se è vero che la calunniano...

GASPARINA  Ci ho gusto, le dico! Proprio. — Guardi: non mi è mai passato per il capo che un uomo potesse innamorarsi di me! E ora a vedere che tutti cre­dono che sia stata io a lasciar questo e a prender quello — io! così come mi vede! con tutto quello che so della vita! ma è per me uno spasso, glielo giuro! Credano ciò che vogliono... Che vuole che me n’importi più?

Scena quinta

Dette, Loletta, Fanny, poi Magnasco, infine Celestino.

LOLETTA         (sporgendo il capo dalla tendina verde della comune) Permesso?

GASPARINA  Chi è? — Avanti.

Entrano Loletta Festa e Fanny Martinez: due care donnine equivoche, gio­vanissime, graziose, vestite con eleganza. — Gasparina le guarda imbarazzata; ma anch ‘esse sono perplesse, confuse.

GASPARINA   Scusino, chi cercano?

FANNY             Non è entrato qua il signor Magnasco?

GASPARINA  Ah, sì, è qua.

LOLETTA         Ci aveva detto di aspettare giù...

GASPARINA            Ma non ha ancora pranzato. Hanno da dirgli qualche cosa?

L0LETTA          (imbarazzata) Sì... vorremmo... Ma lui lo sa!

FANNY             (venendole in aiuto) Ce lo chiami, per piacere.

GASPARINA   Ecco, subito.

Si fa sull‘uscio di Grizzoffi, e chiama:

                           Signor Magnasco, venga un po’ qua, scusi.

MAESTRINA   (che ha finito di mangiare, s’è alzata e ha guardato con occhio non ostile e viva curiosità le due ragazze) Perché non s’accomodano?

LOLETTA         Grazie!

Resta in piedi.

FANNY             Grazie!

c.s.

MAGNASCO    (sopravvenendo, con un gesto di vivo rammarico alla vista di Loletta e Fanny) Uh, carine mie, scusate tanto! Qui è avvenuto un po’ di... di confusione, e mi sono scordato di voi! Aspettate, aspettate... Senti, Gaspa­rotta...

Se la chiama in disparte e parla piano con lei.

MAESTRINA   (graziosamente alle ragazze) Sono venute per il pranzo?

LOLETTA         (birichina, ammiccando alla padrona) Eh... vorremmo.., ma...

FANNY             Dicono che c’è un orco...

MAESTRINA   Uno? (Fa cenno con le dita che ce ne sono due)

LOLETTA         Ah! due?

MAESTRINA   (sorride annuendo; poi)  Sono amiche del signor Speranza?

Seguitano a parlar tra loro piano.

GASPARINA   (a Magnasco) Ma non è per me, lei lo capisce, signor Magnasco... Sa com’è il signor Barranco! Poi c’è quell’altra ira di Dio...

MAGNASCO    Tu lascia fare a me! Vedi, la signorina Maestrina...

MAESTRINA   (volgendosi a Magnasco) Eh, ma sto per andarmene, io, purtroppo.

MAGNASCO    Che peccato! Lei che ha tanto spinto...

GASPARINA   Proprio oggi, poi, che il signor Barranco è così irritato!

MAGNASCO    Ma se ti dico che ci penso io al signor Barranco!

GASPARINA   (alle due ragazze) Scusino.., non è per me, credano...

MAGNASCO    Guarda: la signorina Loletta Festa, possiamo dire che è —

LOLETTA         (subito)  — dattilografa! —

MAGNASCO    — ecco! benissimo! La più proba delle dattilografe! E la signorina Fanny Martinez —

FANNY             (c.s.) — contabile! —

MAGNASCO    — di banco! perfettamente! Sarà una sorpresa, ti dico, magnifica, per il nostro Memmo!

GASPARINA   Eh, lo credo, per lui...

LOLETTA         Via, sia buona!

FANNY             Dica di sì!

GASPARINA   Ma per me...

a Magnasco:

Veda un po’: faccia lei...

FANNY e

LOLETTA                 Grazie! Grazie!

GASPARINA  Purché poi, al solito, non ci vada io di mezzo!

MAESTRINA  Ma no, non tema! lo vado. Addio, Gasparina; a rivederla, Magnasco!

GASPARINA   A rivederla, signorina.

MAGNASCO    Se ne va davvero? A rivederla!

MAESTRINA   (alle ragazze) Buon giorno e buon divertimento!

Le due ragazze inchinano il capo, e la Maestria fa per uscire dalla comune, quando Celestino entra con un gran fascio di fiori in una mano e una cesta al braccio con quattro bottiglie di champagne.

MAESTRINA   Uh! guarda! Anche lo champagne! E io che me ne devo andare a scuola!

 

Via per la comune.

LOLETTA         (battendo le mani) Lo champagne!lo champagne!

FANNY             (c.s.) Che bellezza! E quanti fiori! Celestino!

CELESTINO     (porgendoli a Fanny, che non li prende) Eccoli qua! Glieli manda...

MAGNASCO    Ma no! La padrona è qua.

Indica Gasparina.

CELESTINO     Scusi, che ne so io? Io questa conosco, perché questi fiori li manda...

FANNY             Vico, lo so!

CELESTINO     Ecco, sì, il signor Vico Lamanna.

Li porge a Gasparina.

E queste,

porgendo la cesta con le bottiglie,

il signor Speranza.

GASPARINA   Sta bene.

Chiama:

Rosa!

CELESTINO     Se permette, faccio io, signora. Perché il signor Speranza m’ha or­dinato di rimanere per aiutare a servire in tavola.

Si riprende la cesta; va a posar le bottiglie sulla credenza, poi esce per 1‘uscio a destra.

LOLETTA         (avvicinandosi con Fanny a Gasparina) E ai fiori, se permette, si­gnora —

MAGNASCO    (interrompendola con serietà) — no, cara: Gasparotta, devi farmi il piacere, me la devi chiamare signorina, come te!

LOLETTA         Ma s’immagini!... Scusi, sa...

GASPARINA   Ma no, carina, niente! scherza...

MAGNASCO    Perché scherzo? Signorina tu, signorine loro; signorine tutt’e tre!

GASPARINA   Diceva… dei fiori?

LOLETTA         Se vuol lasciar fare noi: li disporremo sulla tavola.

GASPARINA   Ah sì, ecco... facciano pure...

Dà i fiori a Loletta, che insieme con Fanny si mette a distribuirli sulla tavola,

disposti nei vani portafiori.

Scena sesta

Detti, Grizzoffi, Barranco, Virgadamo

In questo mentre, dall‘uscio a sinistra, rientrano il prof. Virgadamo e il si­gnor Barranco, e restano l’uno gradevolmente sorpreso, e l’altro no, alla vista delle due ragazze. Poco dopo, dall‘uscio della sua camera, rivien fuori Grizzoffi, il quale smorfiosamente comincia ad annusare, avvertendo subito l’odore equivoco delle due donnine.

MAGNASCO    (subito andando incontro al signor Barranco) Ah! ecco, caro si­gnor Barranco... presento... cioè, prego, venga.., la presento alle distintissime signorine...

Le due ragazze accorrono assumendo un contegno timido e grazioso.

Loletta Festa —

LOLETTA         (inchinandosi) — dattilografa!

MAGNASCO    E Fanny Martinez —

FANNY             (c.s.)  — contabile di banco.

Scoppia dal fondo una risata fragorosa di Grizzoffi.

MAGNASCO    Che ha da ridere, lei, scusi!

LOLETTA         (facendo gli si innanzi, con comica aria di sfida) Io so scrivere dav­vero a macchina, sa?

GRIZZOFFI      (sempre ridendo) Lo credo... lo credo...

 

A Fanny:

E lei... di banco? Negozio di fiori?

VIRGADAMO          (serio) No, credo di guanti, piuttosto.

FANNY             E perché, di guanti?

VIRGADAMO          Perché me l’immagino, in un negozio di guanti, ben profumato...

GRIZZOFFI      E basta, sa? A lui basta questa immaginazione!

Frattanto Magnasco e Gasparina  hanno circondato il signor Barranco, messo in allarme.

GASPARINA   Buone amiche del signor Speranza, creda, signor Barranco...

MAGNASCO    Le dico, distintissime signorine... castigate, intemerate...

Scena settima

Detti, Memmo Speranza, Vico Lamanna, poi Celestino, Rosa

Magnasco non ha finito di dire: «castigate, intemerate» che le due ragazze, vedendo entrare dalla comune Speranza e Lamanna, saltano loro al collo e baciano prima l’uno e poi l’altro, esultanti.

FANNY, LOLETTA: Oh! ecco Memmo! ecco Memmo! Caro!... caro!...

MAGNASCO    (subito, per rimediare, al signor Barranco più che mai allarmato) Ah, ma perché c’è un filo sa? anche un filo di parentela.

MEMMO           Piano! piano, ragazze mie!

Si schermisce quasi istintivamente per difesa della recente ferita al petto. È ancora pallido, difatti, un po’ debole. Bel giovane, elegantissimo.

VICO                 (anche lui molto elegante, caposcarico, compagno di Memmo nelle più arrischiate imprese giovanili) E come siete qua vojaltre?

MAGNASCO    (a Memmo che si fa avanti con le due ragazze abbracciate per la vita)              E vero, Memmo? Non so che filo.., ma un filo c’è...

MEMMO           Di pazzia? Eh, altro!

MAGNASCO    Ma che pazzia! Pazzo sei, lo sappiamo! Un filo di parentela, dico, qua, con le signorine...

Ammicca al signor Barranco.

MEMMO           Ah, sì, signor Barranco, cuginette: Loletta e Fanny... — un po’ larghe...

Poi volgendosi a Grizzoffi.

Caro Grizzoffi, piacere di rivederla...

VIRGADAMO          E anch’io... tanto, tanto, proprio...

MEMMO           Grazie, professore; lei è venuto a visitarmi parecchie volte... E la si­gnorina maestrina?

GASPARINA   E’ dovuta tornare a scuola.

VIRGADAMO          Molto dolente, creda!

GRIZZOFFI      Dunque dunque: si va a tavola? Mi pare che non si debba più aspet­tar nessuno.

MEMMO           A tavola, sì, a tavola!

GASPARINA   E’ tutto pronto. Prendano posto. Vado in cucina...

MEMMO           Ah, no, Gasparotta! Tu oggi devi sedere a tavola con noi!

GASPARINA  Sì, più tardi... Ora mi permettano...

Via per l’uscio a destra.

Intanto gli altri prendono posto a tavola, e subito comincia il pranzo

servito da Celestino e da Rosa.

MEMMO           Poverina! Se sapeste come m’ha assistito! Quante notti al mio capez­zale!

GRIZZOFFI      Eh, non dubiti: ce ne siamo accorti bene qua, noi!

VICO                 Ma non è vero niente, scusi!

MAGNASCO    Puntualissima sempre!

GRIZZOFFI      Perché voi non alloggiate qua! Vedete solo la tavola...

VICO                 Ma il signor Barranco...

GRIZZOFFI      Ah, sfido! Per lui...

BARRANCO    Pe-per me? Finisca!

MAGNASCO    Signori miei, volete ricominciare?

GASPARINA   (accorrendo dall‘uscio a destra e prendendo posto a tavola accanto al signor Barranco) Ecco... prego... prego... se posso permettermi di rivol­gere a lor signori una preghiera...

VICO                 Ma dieci! ma venti!

MEMMO           Sentite come parla?

MAGNASCO    E lasciatela finire! — Che preghiera?

GASPARINA   Che lascino dire di me al signor Grizzoffi tutto quello che vuole!

GRIZZOFFI      (aggressivo) E che significa?

MAGNASCO    Ma che lei, perdio, può bistrattarla come vuole! Scarpinarotta, di lei, non se n’avrà per male.

VICO                 Senti com’è gentile! Scarpina-rotta!

GRIZZOFFI      Ma io, caro signore, non voglio essere compatito da nessuno!

MEMMO           Signori... calma.., calma... Attendiamo per ora a mangiare. Vedrete che queste liti qua finiranno.

VIRGADAMO          Oh che peccato!

MEMMO           Ci sciala lei, caro professore, lo so: ma finiranno; me ne dispiace per lei. Ho trovato il rimedio radicale, e raccomando al signor Barranco — col do­vuto rispetto — di far di tutto per impedire al suo naso di crescere.

Le ragazze ridono.

BARRANCO   Il mio naso?

MEMMO           Scusi. Perché vedrà che, com’avrò enunciato il mio rimedio reste­ranno tutti con un palmo di naso. M’impensierisco allora per le proporzioni del suo.

BARRANCO   Ma pensi al suo, lei, ca-caro signore, perché la morte, sa, è senza naso, e-e lei il suo ce-ce l’ha ancora in faccia per miracolo!

TUTTI                (meno Memmo — applaudendo) Benissimo! benissimo! Bravo signor Barranco!

MEMMO           Eh, ma appunto per conservarmi il naso, dovrò far crescere il vostro di almeno un palmo!

MAGNASCO   Fuori questo naso... cioè, questo rimedio!

VIRGADAMO          Vogliamo ridere!

MEMMO           Lei non riderà più! V’immaginate che abbia mandato un po’ di champagne per bere alla mia salute? V’ingannate! Berremo oggi l’ultimo bicchiere in suffragio di questa Pensione.

TUTTI:               Come? Come? Che vuoi dire? Che ha detto?

Viva agitazione di curiosità. — Gasparina si alza.

MEMMO           Tu, Gasparotta, non ti spaventare!

GASPARINA   Non mi spavento, nossignore... Vorrei andare un momentino a ve­dere...

indica: in cucina.

MEMMO           Nient’affatto! Rimani qua! Perché, tu che sembri l’ultima, rappresenti nel mio rimedio la prima.

MAGNASCO    Ma insomma?

GLI ALTRI:      Che cos’è? Fuori questo rimedio! Spiègati!

MEMMO           Piano. Seguitiamo a mangiare. Come uno muore seguitando a vivere fino all’ultimo respiro, così una pensione, seguitando a mangiare fino all’ul­timo boccone.

VIRGADAMO          Ma senza parlar di morte, via, signor Speranza!

MAGNASCO    Non è pedagogico, scusa!

MEMMO           Ma io ne esco adesso, professore mio!

VIRGADAMO          Ragione di più! E poi, per colpa sua!

TUTTI:               Verissimo! Verissimo!

MEMMO          Ah, mia? Avete il coraggio di dire che è stato per colpa mia?

TUTTI:               Sì, sì! Tua! tua!

Memmo              Se le stuzzicassi io, le donne! Non ne ho stuzzicata mai una! Mi stuz­zicano loro! tutte!

LOLETTA         E tu perché ti lasci stuzzicare?

MEMMO           Oh bella! Volete dire che non è ladro il ladro, perché è un imbecille chi si lascia rubare? Va bene. D’accordo! — Da diciannove a trent’anni, do­dici volte fidanzato, signori miei!

MAGNASCO   E con chi te la pigli?

MEMMO           Ma perché, domando io, ciò che capiscono così bene tutti quanti gli animali — anche gli uccellini, santo Dio, con quelle loro testoline! — non dev’esser capito soltanto dall’uomo? — Per sempre! O per sempre o niente! Ti circondano, ti avviluppano, t’ubriacano, ti fanno perdere la testa...

S’in­terrompe per contraffare la voce di una ragazza innamorata.

                           «No! Prima giuramelo: per sempre!» Ti obbligano a giurarlo anche davanti a papà... Un pover’uomo, signori miei, che s’è ubriacato, che ha perduto la testa, che vo­lete che faccia? Giura, impegna la sua fede...

Con scatto improvviso, inat­teso.

Io ce l’ho a morte con lei, senta, professor Virgadamo!

VIRGADAMO          (stordito come tutti gli altri) Con me? Come, come? E che c’entro io?

MEMMO           E con tutti i suoi colleghi, sissignore! Voi che insegnate alle donne! Ma che cosa insegnate?

VICO                 E giustissimo! Che cosa insegnate? Dovreste insegnar loro a contentarsi d’un periodo di tempo ragionevole!

MEMMO          Ma no! Anche d’una eternità...

VICO                 Anche d’una eternità!

MEMMO          Ma dando loro un concetto più filosofico del tempo!

VICO                 Ecco!

MEMMO           No, ti prego. Io parlo sul serio! Scusate: non abbiamo forse sentito tutti, in certi momenti, aprirsi, accendersi dentro di noi come una luce d’altri cieli, che ci permette di vedere nelle più misteriose profondità dell’animo, e che ci dà la gioia infinita di sentirci in un attimo... in quell’attimo — eterni —e che s’è vissuto — e che può bastare? — Ecco, questo, professore! Insegnare alle ragazze il concetto di quest’eternità —

VICO                 (subito) — momentanea! —

MEMMO           (seguitando) — l’unica consentita all’uomo: chiusa e vissuta vera­mente in un solo momento, che non può più ripetersi, che non può esser più quello; ma fastidio, stanchezza, nausea, prigionia insopportabile, a volerlo perpetuare!

FANNY e

LOLETTA         (battendo le mani) Benissimo! Benissimo!

MEMMO           Eh, lo so, carine: voi l’intendete! Ma le altre?

LOLETTA        Va, là, che forse l’intendono anche loro!

MEMMO           Se non ci fossero i papà, gli zii, i fratelli, i cognati, i cugini, costituiti a guardia del giuramento!

BARRANCO    Ma-ma se lei ha-ha giurato —

MEMMO          — sfido, per forza! —

BARRANCO    — non può più ti-tirarsi indietro!

MEMMO           Ma se non ho ancora neppur toccato un dito alla loro figliuola.., nipote... sorella... cognata... cugina?

BARRANCO    Ha-ha dunque scherzato?

MEMMO           Nossignore: mi sono pentito, ho aperto gli occhi, ho visto il male che facevo alla ragazza e a me. Sono come la paglia, io: piglio fuoco subito: una bella fiammata; poi affogo nel fumo. Il matrimonio non è per me: l’amore, sì; il matrimonio, no.

BARRANCO    E-eresie, eresie! Basta, basta! Speriamo che-che abbia messo senno, adesso!

MEMMO          Ma come: più senno di così? Mi hanno voluto uccidere, capisce? Mica perché mi sono fidanzato: allora mi hanno accolto a braccia aperte! Mi hanno voluto uccidere, quando ho aperto gli occhi, quando mi sono accorto della bestialità che stavo per commettere!

LOLETTA        Ma perché t’eri fidanzato?

MEMMO           Oh bella! Perché m’ero innamorato! E mi innamoro, signori miei; m’innamoro con una facilità spaventosa!

BARRANCO    Ma pe-per questo le dico, che-che deve metter senno!

MEMMO           Le ripeto che l’ho messo a tempo tutt’e dodici le volte che sono stato fidanzato! Appena passato il primo accecamento dell’amore, compatibile, perdonabile in un giovane! — Che! che! Il senno non giova a niente!

Barranco             E-eresie, prego!

MEMMO          Dico per una natura come la mia, signor Barranco  accensibile, infiammabile. Il senno mi rovina. Me la sono scampata oggi; domani incappe­rei daccapo. Che senno! Che senno! Ci vuol altro! Ho trovato il vero rimedio, vi dico, per salvarmi — se non voglio morire — dal pericolo tremendo che mi sovrasta, di prender moglie!

MAGNASCO    Ma dillo infine, santo Dio! questo rimedio!

GLI ALTRI:      Eh sì! fuori! fuori! Qual è? qual è?

MEMMO           (si alza, risolutamente, e proclama) Signori, io sposo Scarparotta!

Scoppio di risate e d’esclamazioni generali.

GASPARINA   (ridendo anche lei) Oh, guarda... Proprio me?

VIRGADAMO          (esultante) Oh bella! oh bella!

MEMMO           Vi sembra che io scherzi? Dico sul serio! Sposo te, Gasparotta!

Nuove risate ed esclamazioni.

                           Chi vuole scommettere?

MAGNASCO   Io! Mille lire!

MEMMO           (cavando il portafogli) Fuori le mille lire! Ecco qua le mie.

VIRGADAMO          Io sarò il depositano, signori!

MEMMO           Benissimo!

A Magnasco.

Qua, al professore Virgadamo! Mille lire!

MAGNASCO    Non le ho con me. In parola! Qua, la mano! Mille lire e il pranzo di nozze!

Stringe la mano a Speranza.

MEMMO          Le perderai! Signori: testimoni tutti della scommessa. Io sposerò Gasparotta!

VICO,

VIRGADAMO,

LOLETTA,

FANNY             (battendo le mani) Benissimo! Viva gli sposi! Accanto gli sposi!

Vico si alza per prendere Gasparina.

MEMMO           (a Gasparina) Mi vuoi tu? Mi vuoi?

GRIZZOFFI      Burattinate! Burattinate!

BARRANCO    (a Gasparina, irritatissimo) Ma-ma lei protesti, i-in nome di Dio!

GASPARINA            Ma no, scusi: non vede che fa per ischerzo?

MEMMO          Non scherzo niente affatto!

GRIZZOFFI      Burattinate!

MEMMO          Scusi, sarebbe geloso, lei?

VICO                 Sì, è geloso! E geloso!

MAGNASCO   Anche il signor Barranco!

GRIZZOFFI      Ma via, finiamola!

MEMMO           Signori, se credete che in questo momento io stia scherzando, v’ingannate!

GRIZZOFFI      (a gran voce, alteratissimo, dando un pugno sulla tavola) Finiamola, le dico!

Silenzio di tutti.

Mi dà ai nervi codesto insulso, stupido scherzo su una cosa che voi non sapete ciò che voglia dire, per Dio!

MEMMO          Perché lei è separato dalla moglie? Ma so meglio di lei, caro signore, che non si scherza col matrimonio! Ho rischiato la vita per salvarmi da esso...

GRIZZOFFI      E dunque?

MEMMO           Sposo Gasparotta, appunto per questo!

MAGNASCO   Il ragionamento non potrebbe essere più filato!

VIRGADAMO          Filatissimo! Logicissimo! Il signor Speranza sposa, infatti, per non prender moglie!

MEMMO          Proprio così!

GRIZZOFFI      (a Virgadamo) Lei è un buffone!

MEMMO           Ma no, caro signore: è lei che non capisce niente! Io sposo proprio per guardarmi dal pericolo di prender moglie sul serio!

MAGNASCO    E Gasparotta, allora?

MEMMO           Ma io la farò felice! Se non mi lasciate dire...

A Gasparina.

Ti farò felice, Gasparotta! Guarda: prima di tutto ti leverò da quest’inferno!

Tutti protestano.

Sissignori, inferno! Questa è una povera martire!

GASPARINA  Ma no, che dice? Si stia zitto!

MEMMO          Ho una casettina per te; una villettina rustica fuori le mura...

LOLETTA         O Dio, Memmo: sposa me!

MEMMO           (scostandola) Via, tu; non c’entri!

A Gasparina, seguitando:

Col suo bravo giardinetto... l’orticello, il pollaio...

LOLETTA                 Anche il pollaio?

MEMMO           (a Gasparina, seguitando) Te ne starai lì, tranquilla, beata, con un di­screto assegnino che ti farò, appartata per conto tuo e liberissima di vivere come ti parrà e piacerà!

FANNY             Ma è il paradiso!

LOLETTA         (cantando l’aria della Mascotte)   Moi, j‘aime mes moutons...

MEMMO           Zitta, Loletta!

A Gasparina.

Prenderai solo un’ipoteca legale sul mio nome. Capite, signori? In comune, soltanto il nome, che non è neanche un nome proprio, vi faccio osservare: «Speranza»! comunissimo! Chi non ne ha? Che ne dici tu, Gasparotta?

GASPARINA  Eh... per me... se non se ne pente...

Scoppiano altissimi applausi, risa, grida di: «Evviva gli sposi!».

VICO                 Lo champagne, subito! E beviamo alle faustissime nozze!

Scoppio della bottiglia sturata da Celestino: sono tutti in piedi.

MAGNASCO    Portiamo in trionfo Scarpina-rotta, accanto allo sposo!

Vico, Magnasco, Virgadamo, Loletta e Fanny accorrono per prendere Gasparina.

BARRANCO    (tremante d’ira e di sdegno, scostando tutti e trattenendo Gasparina)              Le-lei no, non si presterà a-a-a un simile sacrilegio!

MEMMO           Ma no! Stia tranquillo, signor Barranco! Non celebreremo in chiesa il matrimonio!

VICO                 Non ce ne sarà bisogno!

MEMMO           Al municipio soltanto, in barba a un sindaco, per far la vendetta di tutte quelle migliaja di coppie che egli avrà infelicitato sul serio! Ci diverti­remo, lasciate fare a me, che ci divertiremo!

BARRANCO   Ma-ma è allora una cosa seria?

MEMMO           Seriissima, sissignore! Ma non come matrimonio! Come matrimonio non è una cosa seria! Seriissimo sarà agli effetti; perché salva me e fa il bene di questa poverina! Cose serie, del resto, si persuada, signor Barranco, sono quelle sole a cui diamo importanza! C’è più della morte? Uno non le dà im­portanza: — cosa da nulla! Al contrario: il suo naso! Cosa ridicolissima. Ma per lei infelicità seria! Perché? Perché lei gli dà importanza!

BARRANCO   Io? Ma-ma niente affatto!

MEMMO           E perché allora lo ficca in un affare che non lo riguarda? Si faccia gli affari suoi!

BARRANCO   Sta-sta bene! Io allora me-me ne vado!

Si alza e s’avvia.

MEMMO          Ma no...

GRIZZOFFI      Via, sì! via! Me ne vado anch’io! Burattinate!

S’avvia.

MAGNASCO    (correndogli dietro) Ma no... Grizzoffi, ma perché? Venga qua!

VIRGADAMO          (c. s.) Signor Barranco...

VICO                 Lasciateli andare! Lasciateli andare!

MEMMO           Ma sì, venite qua! Non date retta!

Barranco e Grizzoffi entrano nelle loro camere.

GASPARINA   (dolente) Signor Speranza, per carità: lei scherza... ma basta ora...

MEMMO          E dàlli!

GASPARINA            Vede? Mi fa perdere due clienti —

MEMMO           (subito, pronto) — per guadagnare un marito! Sta’ a sentire: non è una follia: ne ha l’apparenza, ma non è una follia! Non ho mai ragionato così bene come adesso! E un disegno maturato, credi! Vico lo sa!

VICO                 Ma-tu-ra-tis-si-mo! Ne parliamo ora per la prima volta insieme!

MEMMO           (a Gasparina) Ma pensa tu stessa quello che mi costerebbe una mo­glie sul serio, che avesse su me, domani, diritti sul serio...

GASPARINA            E lei non la pigli!

MEMMO           Come se stésse a me! Finirei per prenderla, domani! E immagina quello che mi costerebbe, non dico soltanto dell’infelicità per tutta la vita; ma anche materialmente, di quattrini, capisci?

VICO                 Le spese... il lusso...

FANNY             Questo èinnegabile!

MEMMO           (a Gasparina)  Non sei tu invece una brava donnina discreta?

GASPARINA            Che vuole che sia io...

MEMMO          Vedi? Che mi costeresti tu?

VICO                 Niente, a confronto!

MEMMO          Eppure ti avrò fatto un gran bene: il riposo —

LOLETTA                 — la villetta —

VICO                 — un assegno —

MEMMO            — e nessun dovere verso di me, perché non avrai nessun diritto di moglie sul serio! Soltanto il nome ipotecato, perché io non possa più disporne, e basta!

LOLETTA        Se la signorina non vuole, Memmo... te lo dico davvero!

FANNY             Ma sì, ci starei anch’io!

MEMMO           Eh no, carine! Non capite che può essere soltanto con lei?

GASPARINA  Perché, soltanto con me, nessuno potrebbe credere che il signor Speranza non l’abbia fatto per ischerzo —

MEMMO           (subito con forza) — e sul serio, nello stesso tempo! Ti sembra proprio una follia?

GASPARINA  Ma sì, via, signor Speranza!

MEMMO           Tranne che tu — oh Dio — non abbia ancora qualche velleità!

GASPARINA   (ride) Che vuole che abbia io? Via, la smetta! Non capisce che lei, domani, se ne pentirà?

MEMMO           Ma sicuro che me ne pentirò! sicurissimo! Ma non comprendi che proprio quando me ne pentirò, ne risentirò il vantaggio, perché vorrà dire che mi sarò innamorato fino al punto di commettere la vera follia del matrimonio sul serio?

TUTTI:               E verissimo! È giustissimo!

GASPARINA            E allora ci andrei di mezzo io?

MEMMO           Ma no! tu no! Perché? Me la piglierò con me, se mai, che l’ho voluto! Che c’entri tu? Se lo faccio per questo! in previsione di questo! Tu sarai ga­rantita da tutti gli atti in regola.

VICO                 Notaio! Stato civile!

MEMMO           Tutto in regola! E subito! — Lei professore, e tu Vico, sarete i miei testimoni.

VIRGADAMO          Obbligatissimo! Onoratissimo!

MAGNASCO   E io della sposa!

MEMMO          Su, su al Municipio! A fare la denunzia!

GASPARINA            Ma via, si stia quieto, signor Speranza!

LOLETTA         (a Gasparina) Lei ha davvero il coraggio di rifiutare questa fortuna?

FANNY             (c.s.)  Dice sul serio, sa?

GASPARINA  Ma io rifiuto per lui!

MEMMO           Non ti curare di me!

Cava un taccuino e un lapis.

Su, nome — lo so! — paternità, anni e luogo di nascita, stato: se sei nubile, vedova o niente; non c’è bisogno che mi dica la verità su questo punto. Ma gli anni sì, precisi. Quanti?

GASPARINA   Ventisette.

MEMMO           (dando un balzo indietro) Non cominciare!

GASPARINA  Glielo giuro: ventisette. Sono nata...

MEMMO           Basta: risulterà dallo stato civile. Ma non si direbbe, sai? E... dunque, diciamo... così per dire, nubile?

GASPARINA            Nubilissima, sissignore.

MEMMO           (ridendo) Va bene, va bene...

A Magnasco, mentre scrive sul tac­cuino.

Tu hai perduto le mille lire!

MAGNASCO    E il pranzo di nozze: non mi tiro indietro!

VIRGADAMO          Come ci divertiremo!

MEMMO           Su, andiamo, ragazze: ancora un bicchiere in onore della sposina e scappiamo!

Celestino stura un ‘altra bottiglia e tutti tendono il bicchiere. Nel frattempo il signor Barranco col cappello in capo e una borsetta in mano, esce dalla ca­mera.

BARRANCO    (funebre, reciso, a Gasparina) Ho preparate di-di là le-le mie robe.

GASPARINA            Ma no, senta, signor Barranco...

BARRANCO    Non sento nulla! — Basta così! — Me-me le manderà al mio nuo-­nuovo do-domicilio.

GASPARINA  Ma dunque...

BARRANCO    Ba-basta così!

Via per la comune.

MAGNASCO    (dopo un silenzio impiccioso di tutti) Quello ti amava sul serio, sai, Gasparotta?

MEMMO          Oh! non tentarmela, per non perdere la scommessa!

GASPARINA            E stato sempre tanto buono con me...

MEMMO           E buono potrà seguitare a essere con te più di prima! Su, su, beviamo, e via!

Celestino versa lo champagne. Tutti bevono tra risate ed evviva alla sposa.

E adesso andiamo! andiamo, ragazze!... voi tre, al Municipio... Addio, sposina! E fatto! Non mi venir meno, sai! E la nostra salvezza! A questa sera!

Mentre Memmo dice questo, gli altri scambiano i saluti con Gasparina — e infine,

via tutti per la comune.

Scena ottava

Gasparina sola, poi  Rosa

GASPARINA   (resta un po’ assorta; poi guarda il disordine della mensa; scrolla un po’ il capo: alza le mani e le scuote appena in aria)  Che matti... che matti...

ROSA                (entrando dall’uscio di destra) Posso sparecchiare?

GASPARINA            Sì... vedi un po’... piano piano...

ROSA                Ma come... lei sposerà davvero, signorina?

GASPARINA            No, che davvero... Ti par che io possa sposare per davvero?

ROSA                Ah, non è una cosa seria?

GASPARINA            No, cara... sposerò per ischerzo...

ROSA                (incerta) …Sposerà?

GASPARINA            Sì... ma non è una cosa seria!

T e l a


ATTO SECONDO

Grazioso salotto nel quartierino da scapolo di Memmo Speranza, due mesi dopo il matrimonio per burla con Gasparina Torretta. — In fondo, la comune; usci laterali a destra e a sinistra.

Scena prima

Loletta, Magnasco

Loletta, seduta sul canapè, al levarsi della tela, piange, col volto nascosto nel fazzoletto.

MAGNASCO    (dopo una pausa)  Eh via, Loletta...

LOLETTA        Di rabbia piango, non credere!

MAGNASCO    No no! Lo vuoi sapere perché piangi?

LOLETTA        Di rabbia... di rabbia, ti dico!

MAGNASCO   No. Quel matrimonio per ridere...

LOLETTA        Ma chi ci pensa più! Tu batti sempre su questo chiodo, perché vuoi vendicarti delle mille lire della scommessa perduta.

MAGNASCO    Sta’ a sentire. Quel matrimonio per ridere con gli annessi e con­nessi della casetta rustica assegnata a Gasparotta; e poi, subito dopo, la par­tenza con te per un’altra villetta... un mese e mezzo d’intimità in campagna con lui... — ti hanno fatto un curioso effetto.

LOLETTA         Che effetto?

MAGNASCO    T’è parso che quella fosse — com’è — una moglie da burla, e che tu invece fossi là, intanto, e potessi rimanere una mogliettina sul serio.

LOLETTA        Sta di fatto, che avendo commesso la sciocchezza di condurre lo scherzo fino all’enormità di contrarre davvero quel matrimonio, di mogliettine sul serio, egli, ormai, non può più averne che qualcuna come me!

MAGNASCO            Sì: per quindici giorni... per un mese... per un mese e mezzo.

LOLETTA        Va benissimo! E non direi nulla, se mi bistrattasse ora perché si fosse incapricciato d’un’altra! Ma no! Siamo alle solite, credi! Lo nega, perché si vergogna. Ma deve essersi innamorato di nuovo, fradicio, di qualche signorina per bene. E questo è stupido!

MAGNASCO            No, cara. Questa è la sua condanna! Quella che s’è sentita pendere sempre sul capo! Ma scusa: se ha sposato Gasparotta per questo!

LOLETTA        Gia! Ma non va mica a prendersela con quella, ora!

MAGNASCO            Non potrebbe, sii ragionevole! Mise bene le mani avanti, quella poverina.

LOLETTA        E se la piglia con me?

MAGNASCO            Carina mia, questi sono gl’incerti del mestiere.

LOLETTA        No, no! è stupido! è illogico!

MAGNASCO            E umano.

LOLETTA        Illogico! illogico!

MAGNASCO            Ma sì, appunto: umano. Perché il trionfo della logica, vedi, Loletta, è stato quel suo matrimonio. Perfetta astrazione. Ragionamento che filava a maraviglia! Eh, tu non comprendi, Loletta mia! La logica, sai che cos’è? Ecco: immagina una specie di pompa a filtro. La pompa è qua.

Indica la testa.

Il filtro, s’allunga fino al cuore. Tu hai un sentimento? La macchinetta che si chiama logica te lo pompa e te lo filtra; e il sentimento perde subito il suo calore, il suo torbido; si raffredda; si purifica: si i-de-a-liz-za! Fila tutto a maraviglia perché — sfido! — siamo fuori della vita, nell’astrazione. La vita è lì, dov’è il torbido e il calore, dove non c’è più logica, capisci? Ma ti sembra logico, scusa, che tu pianga, adesso? E umano!

LOLETTA        Vorrei sapere, allora, perché ci fu data la logica!

MAGNASCO    Perché... perché la natura, che ci vuoi tanto bene, non ha voluto che noi soffrissimo soltanto per i nostri sentimenti e le nostre passioni, ma che ci avvelenassimo anche col sublimato corrosivo delle deduzioni logiche. Esempio: non basta che tu ora soffra: io ti dimostro con la logica che tu devi necessariamente soffrire.

LOLETTA         (scrollandosi, infastidita)  Oh, sai? per me... dopo tutto...

Scena seconda

Detti, Memmo Speranza

MEMMO           (entrando agitatissimo, fosco, col cappello in capo — a Magnasco) Oh, bravo, sei qua! Son passato da casa tua...

MAGNASCO    Parlavo qua con Loletta..

MEMMO           (senza badargli, reciso) Ho bisogno di te.

MAGNASCO    Che c'è di nuovo?

MEMMO           Aspetta che venga Lamanna! Sarà qui a momenti.

MAGNASCO    T'è accaduto qualche cosa?

MEMMO           (voltandosi sgarbato a Loletta) Mi fai il piacere d'andartene di là?

LOLETTA         Oh, non sono mica una serva, sai?

MEMMO           Tu sei padrona, padronissima d'andartene quando ti pare e piace !

MAGNASCO    (cercando d'intromettersi) Via, Memmo…

LOLETTA         (a Magnasco) Mi licenzia così, su due piedi, capisci, come niente!

MEMMO           Avresti potuto comprendere, mi pare, almeno da cinque giorni, che il tuo posto non è più qui.

LOLETTA         Ma l'ho compreso! L'ho compreso benissimo! E stavo a dire appunto a Magnasco —

MAGNASCO    — verissimo — che sei uno stupido —

LOLETTA         — ma di quelli, come non se ne trovano due!

MAGNASCO    Io però le dimostravo scientificamente...

MEMMO           (troncando, come sopra, recisamente) Permetti, caro? Non scherziamo in questo momento! Ogni parola che mi dite, è per me una martellata in testa!

MAGNASCO    Se è cangiato il barometro!

MEMMO           (con foga e con sdegno) Ma il vostro torto — ve l'ho detto mille volte — è questo: di credere, perdio, ch'io sia fatto per il vostro spasso!

MAGNASCO    Ti faccio osservare che l'ho pagato mille lire, io, questo spasso!

MEMMO           E te lo vuoi godere vita natural durante? Anche se domani mi vedeste morto...

MAGNASCO    No, no, fino a tanto poi...

MEMMO           Ma sì! Sareste capaci di credere che l'abbia fatto apposta per farvi ridere ! Eppure, perdio, ci vuol poco a pensare che un uomo non commette le pazzie che ho commesso io, se non perché ha sofferto, perché soffre e gli piace di mettere a un certo punto lo scherno sulle sue sofferenze, come si mette il limone sulla piaga! Salto, grido, mi dibatto come un pazzo al bruciore, e voi ridete a crepapelle!

MAGNASCO    Ma se è appunto questo, scusa, l'effetto che vuoi ottenere!

MEMMO           Grazie tante! Se mi foste veri amici —

MAGNASCO    — dovremmo metterci a piangere?

MEMMO           Non pretendo tanto! Ma vedere che soffro dentro, almeno, e non goderci; cercare di trattenermi —

MAGNASCO    — per farci mandar via su due piedi come Loletta? Eccola là, vedi? piange...

MEMMO           (pentito, ma sempre inquieto, accostandosi a Loletta) Scusami, cara. Non voglio che noi ci lasciamo male! Sii buona... Credi, mi trovo in una condizione...

LOLETTA         Ma sì, lo so, ti sei di nuovo innamorato!

MEMMO           (con estrema violenza) Non dirmelo, perdio!

frenandosi a stento:

Vedi che cerco di frenarmi... T'ho pregata...

LOLETTA         Ma sì, ecco. Me ne vado subito. Però... dico...

MEMMO           (comprendendo) Hai ragione ! Hai ragione!

cava il portafogli di tasca.

Tieni: ecco: prendi tutto quello che vuoi.

LOLETTA         Ma no, che c'entra! Io dico... se debbo andare... capirai...

MEMMO           Tutto quello che vuoi, ti sto dicendo!

Le mette il portafogli tra le mani.

Pòrtatelo di là, non voglio saper nulla! È nel tuo stesso interesse, del resto, scappar via di qua al più presto possibile.

LOLETTA        Perché? chi deve venire?

MEMMO          Ma no, nessuno! Non so quello che potrà accadere da un momento al­l’altro... Portati via tutto... le tue robe... fatti aiutare da Celestino... Vai, vai, cara!

L’accompagna, così dicendo, fino all‘uscio a destra.

Scena terza

Memmo, Magnasco, poi Vico Lamanna

MAGNASCO            Ma insomma, mi dici che cos’è accaduto?

MEMMO           (voltandosi di scatto dall‘uscio donde è uscita Loletta)   Senti: o io o lui: non c’è più remissione!

MAGNASCO    (stordito)   Lui, chi?

MEMMO           (seguitando, sempre più fosco e reciso, senza dargli retta) Forse manderà lui. Vi tenete pronti. Se lui non manda, appena viene Lamanna...

Suono di campanello alla porta.

Ma eccolo qua!

MAGNASCO            Io non capisco niente!

MEMMO           Andrete tutti e due: tu e Vico.

MAGNASCO            Dove? A far che?

MEMMO           (gridando) Ma a sfidarlo, di nuovo, da parte mia!

MAGNASCO            Di nuovo? Ma chi?

MEMMO           M’è venuto con le mani in faccia, capisci?

MAGNASCO            Il fratello della tua ex-fidanzata?

MEMMO           Lui, lui...

MAGNASCO            Come! Dopo il duello?

VICO                 (entrando in subbuglio e arrestandosi sulla soglia - a Memmo)  Oh, senti! Tu sei proprio pazzo!

MEMMO           Lo so, lo so! Non è una novità! vico (a Magnasco) Ma sai che ha fatto?

MEMMO           (scattando) Ringrazii Dio, che non l’ho ammazzato come un cane!

VICO                 (più forte) Ma t’ammazzerà lui, se tu non la smetti!

MAGNASCO            Ha cercato di rimettersi con la sorella?

VICO                 Ha avuto il coraggio d’andare a provocarlo, perché ha saputo... —

MEMMO           (subito concitatissimo) — quello che già sapevate voi! E non me ne di-ceste nulla, mentre io ero a letto, ferito!

MAGNASCO            Ma che cosa? Io non so nulla!

MEMMO          Ah! tu non sai che ella prese le mie difese contro il fratello? che sene scappò di casa? in casa della zia, appena seppe che ero stato ferito? Vico             Come se lui, capisci? non si fosse battuto col fratello, appunto perché s’era guastato con lei!

MEMMO           Obbligo vostro era dirmelo!

VICO                 Ma se non volevi più sposarla!

MEMMO           (a Magnasco) E ancora lì, sai! in casa della zia! Non vuole più tor­nare coi suoi! Mi aspetta! Aspetta me!

MAGNASCO    (quasi sbalordito) Ma tu non pensi più che hai sposato Gasparotta?

VICO                 E pretende che il fratello, capisci? dopo questo...

MEMMO           Dopo questo, che cosa? Voi sapete bene come l’ho fatto! perché l’ho fatto! Ero come ubriaco! Scampato per miracolo da una ferita mortale, a causa d’un matrimonio mancato, volli apposta mettere come un bollo di scherno sullo scandalo, per far vedere in che conto tenevo il matrimonio!

MAGNASCO    E credi d’avere scherzato, sposando Gasparotta?

MEMMO          Ma qual è insomma la vostra meraviglia? Che io, sapendo ciò che è accaduto per causa mia, mi dibatta ora in questa disperazione? Di questo vi meravigliate, è vero? E non della follia che ho potuto commettere, di quel matrimonio!

MAGNASCO    Ma che follia, no, caro!

VICO                 Se hai finanche preveduto questo momento, che ti saresti pentito!

MEMMO                  (con esasperazione piena di scherno, ponendosi le mani agli orecchi)  E ho qua, qua, le vostre risate, a quell’orgia di tutte le mie ragioni! Parevo io il saggio tra i matti!

MAGNASCO    Ma eri, caro mio! Eri! Eri!

MEMMO         E vi facevo tanto ridere?

A Vico, investendolo:

Tu, tu hai potuto ri­dere, tu, sapendo quello che io non potevo sapere! Potete figurarvi che avrei commesso questa pazzia, se avessi saputo ciò che sapevate voi? Ma come! Ella mandò finanche a chiedere mie notizie, e non me ne diceste nulla?

VICO                 E pazzo! è pazzo!

MEMMO           Ah, ora, è vero? ora vi sembro pazzo?

MAGNASCO   E la fortuna è, che te la sei apparecchiata da te stesso a tempo la camicia di forza, caro mio!

MEMMO           Ah, io non ci sto, sai!

MAGNASCO    Come non ci stai?

MEMMO          Non ci sto! non ci sto! È possibile, sì, che abbiate ragione voi... Io non so più, se ero pazzo allora o se sono adesso! Ma so che adesso non mi par vero ch’io abbia potuto far ciò che ho fatto, e che voi, miei amici, abbiate potuto lasciarmelo fare, senza legarmi come un matto da catena! Ma scusate... Scusa, scusa, Magnasco, non può essere che tu creda ch’io abbia fatto allora una cosa seria. Se avessi fatto, come tu credi, una cosa seria, voi non avreste riso, come avete riso!

MAGNASCO    Ma non hai fatto una cosa seria! Hai ragionato, ti dico! E siccome ora sei pazzo, ti sembra d’aver commesso una follia.

MEMMO          Sono pazzo?

MAGNASCO   Innamorato. Fa lo stesso!

MEMMO          Ah, per questo?

MAGNASCO   Ma sì, caro! Perché la vita non è un ragionamento!

MEMMO           (subito, pronto, convinto) Ecco. Bravo. Quello che dico io. Non è un ragionamento. Dunque, pazzo allora che ho ragionato. E che peso, che valore volete che abbia per me quel matrimonio, fatto così, appunto per un ragionamento?

VICO                 Ma lo ha per lui, per il fratello, il peso!

MAGNASCO    E anche per la sorella! Scusa, lo sa lei? la sorella? che hai sposato?

MEMMO           Gliel’ha detto lui; ma non ci crede! non ci crede! non può crederci! —Come, come ci si può credere infatti, a una cosa simile? Dice che ci crederà solo quando se lo sentirà dire da me! — E io andrò a dirglielo!

VICO                 Tu non andrai!

MEMMO           Andrò, andrò oggi stesso!

VICO                 Ah, questo, perdio, te lo impedirò io!

MEMMO           (lo guarda)  Tu? — Ci vado ora!

 

Fa per avviarsi.

VICO                 (parandoglisi davanti)   Non ti faccio uscire, sai!

MAGNASCO    (a Vico)  Come! Ma anzi.., scusa...

VICO             Che anzi! Il fratello è lì, di guardia alla casa; me lo ha detto! E se lo vede accostare...

MEMMO           (sghignazzando) M’ammazzerà, è vero? Ah! ah! ah! ah! Voglio ve­derlo. Sono sicuro...

S’interrompe — resta un attimo sospeso come in una dolce visione.

Non so credere che possa riavere il bene di parlar di nuovo con lei... vedermela davanti, vicina.., con la sua mano nella mia...

VICO                 Ma tu farnetichi!

MEMMO           Perché non sapete quale sorriso impercettibile le vapori dalla boccuccia di bambina, che le diventa maraviglia negli occhi chiari, quando mi ascolta e poi mi dice: «Ah, sì?». Ed è tutta lì, che sa lei sola, lei sola com’è... È questo il fascino! Quand’uno pensa: «E lo saprò anch’io, io solo; perché sarà solo mia!».

MAGNASCO    Finché non te ne stanchi e non te ne penti!

VICO                 Come se n’era già pentito!

MEMMO           Sì, perché poi si pensa alla schiavitù, purtroppo! — Ma che forse è bella, d’altra parte, la libertà? Vuol dire «tutti», la libertà; vuoi dire, ecco: Loletta... Loletta... Non puoi più dire: «io». Dici: «di tutti»; non puoi più dire: «mia». Lasciatemi fare! Ora ho la mia passione. Sono cieco, nella notte, e questo lume acceso: bisogna che mi bruci. Non c’è remissione!

MAGNASCO    E poi te la pigli con gli amici?

MEMMO           Non m’avete trattenuto allora, e vorreste trattenermi adesso?

VICO                 Ora qua c’è una minaccia grave per te!

MEMMO           Vedi? perché lo sa, lui

allude al fratello della sua ex-fidanzata

lo sa che se le parlo, lei comprende perché l’ho fatto.

VICO                 Ma non è per questo! E perché ormai troppo tu l’hai provocato!

MEMMO          Ebbene, m’ammazzi; non me ne importa! Voi sapete che non faccio le cose a mezzo. Mi son lanciato; non m’arresterò. Ho promesso di parlarle; le parlerò. Così non resto, non resto! non resto!

A Vico:

Ti ha detto che non vuole più battersi?

VICO                 Mi ha detto che tu badi a te!

MEMMO           (risolutamente)              E allora vado!

VICO                 (trattenendolo violentemente con Magnasco)  Ah no! Tu starai qua!

MEMMO           Lasciami! Lasciami!

MAGNASCO    E inutile, sai! Non ti lasciamo andare!

Suono di campanello alla porta.

MEMMO           (restando, con gli altri, d’un tratto)  Suonano! Forse sono loro...

MAGNASCO            Chi?

MEMMO           Quelli che manda lui...

Scena quarta

Detti, Celestino

CELESTINO     (presentandosi, smarrito, sulla soglia della comune) C’è.., scusi, signor padrone... c’è... c’è la signorina...

Movimento d’intenso stupore.

MEMMO           (stordito e raggiante) Lei? qua?

VICO                 (piano) Dio mio! E che avverrà adesso?

MEMMO           (agitatissimo) Ritiratevi... ritiratevi subito... di qua!

Li spinge verso l’uscio a sinistra.

VICO                 Ma no... sentì...

MEMMO           Via, via... Uscirete dall’altra porta...

a Celestino:

Falla entrar subito!

Lamanna e Magnasco, via per 1 ‘uscio a sinistra. Memmo lo richiude. Cele­stino si ritira.

Scena quinta

Memmo, Gasparina, poi di nuovo Vico, Magnasco

Gasparina si presenta un po’ incerta dall‘uscio in fondo. Dopo due mesi di riposo e di tranquillità, pare un ‘altra. Il sole della villetta rustica l’ha un po’ colorita. Veste benino, con grazia, modesta. Ha l’aria ancora umile, ma già si sente che la vivacità naturale comincia a rinascerle per quanto soffusa an­cora di mestizia.

MEMMO                  (alla vista di lei  arretrando quasi con orrore, al colmo del dispetto)  Ah! tu? E quell’imbecille mi dice la signorina!

Si odono contemporaneamente le risate fra gorose di Lamanna e Magnasco che rientrano

in scena tenendosi ancora i fianchi dal troppo ridere.

GASPARINA   (smarrita fra tanta ira e tante risa, non comprendendo) Perché? Sono io...

VICO                 (sempre ridendo) Ah, bellissima! bellissima!

MAGNASCO    (c.s.)  La signorina! Diceva la signorina...

MEMMO           (dalla comune gridando a Celestino) Imbecille! Imbecille!

VICO                 (c.s.) Ma no, scusa, è giusto! Come doveva dire? L’ha chiamata sempre signorina...

MAGNASCO    (a Gasparina) Abbi pazienza... signorina...

Ride ancora.

 

GASPARINA  Non capisco niente...

MEMMO           (venendole incontro adiratissimo) Vorrei sapere che sei venuta a far qua? Chi t’ha chiamata? Chi t’ha invitata?

GASPARINA  Nessuno...

MAGNASCO            Ma no, scusa! Tu accogli così la tua sposina?

VICO                 Non vedi come s’e fatta bella?

A Gasparina:

Làsciati vedere!

MAGNASCO    Sfido! Viene a trovare lo sposo!

MEMMO           Finitela, perdio, che non è il momento!

GASPARINA   (subito, dolente)  Lo so, signor Speranza, e io sono venuta per que­sto, creda!

MAGNASCO   Guarda che cappellino!

VICO                 E che borsetta!

GASPARINA   (pregando, mortificata, perché smettano) Signori miei...

MEMMO           (esasperato, investendola) Ma che signori miei! Sei venuta a dar l’esca daccapo! Due mesi a rompermi la testa con la signora Speranza, fino a farmi scappare! Figuriamoci ora che t’han veduta qua! — Che vuoi? Perché sei venuta?

GASPARINA   Ha torto, mi scusi, signor Speranza...

MAGNASCO    Sfido! Se questo è il modo d’accogliere...

GASPARINA   No, non per questo. Ha torto di far così, perché — se è stata una cosa fatta appunto per ridere, scusi, mi pare che, se ridono, hanno ragione e lei non deve seccarsene.

MEMMO          Brava! Fammi la lezione anche tu, adesso!

GASPARINA  No, signor Speranza. Io sono venuta...

MEMMO           (interrompendola con forza) Qua tu, per patto, non devi venire!

GASPARINA  Ma non sono venuta per me; sono venuta per lei. Ho da dirle una cosa... — non per me, per lei!

MEMMO           E io ti dico che potevi risparmiartela, cara! Grazie. Non c’è più biso­gno di niente per me! Non voglio saper nulla, e dunque puoi andartene...

Rivolgendosi agli amici.

                           E anche voi! Ma insomma, sono o non sono padrone a casa mia?

VICO                 (seriamente, facendo gli  si innanzi) Oh! Vuoi capirla che c’è di mezzo la mia responsabilità?

MEMMO          Ma che tua responsabilità! Fammi il piacere!

VICO                 Sissignore! perché sono stato messo sull’avviso! E ne risponderei io, domani.

MEMMO          Vorresti impedirmi con la forza?

VICO                 Con tutti i mezzi!

MEMMO           Oh, guarda ch’è proprio bella, questa!

 

Sghignazza e si mette a se­dere.

Sta bene. Eccomi qua. Mi seggo. Non vado! — Cara Gasparotta, vieni qua...

GASPARINA   (accostandosi un poco, incerta) Eccomi.., a servirla... Perché?

MEMMO           No, qua! qua!

L’afferra per un braccio e la tira a sé.

Qua, siedi sulle mie ginocchia!

GASPARINA   (schermendosi)  Ma nossignore... Che dice?

MEMMO           (obbligandola a sederglisi sulle ginocchia) Come no? Sei venuta a trovarmi?

GASPARINA            Via.., no, mi lasci... mi lasci, signor Speranza...

MEMMO           (tenendola a sé) Non sei mia moglie? Ce ne staremo qua, tu moglie ed io marito, a farci tante belle carezze. Non vuoi? E questi cari amici trove­ranno, si spera, la via della porta per lasciarci godere in pace le gioje del ta­lamo!

A Vico e a Magnasco:

Va bene così?

MAGNASCO    Benissimo! Dàgli subito un bacio, Gasparotta!

GASPARINA  Non va bene, no, scusi, signor Speranza... No, no, no...

Si svin­cola e s’allontana seguitando a far di no col dito.

MAGNASCO    Ma sì che andava benissimo! Perché no?

GASPARINA            Ma perché ora, così, non è più lo stesso scherzo!

MEMMO          E che? te n’offendi?

MAGNASCO    Poiché sei venuta —

MEMMO           (seguitando la frase di Magnasco)  — appunto per farli ridere! Ebbene, io ci sto! Non posso comprometterti, mi pare. Sei mia moglie!

GASPARINA   Già: sua moglie; ma per ridere, signor Speranza! Ora basta, però. Non ride più lei, non ridiamo più noi.

A Vico e a Magnasco:

Lor signori non se ne vadano: si ritirino un momentino di là, per piacere.

MAGNASCO    Come! Perché?

GASPARINA            Un momentino, prego. Per lasciarmi dire due sole parole qua al si­gnor Speranza.

MAGNASCO            Ma possiamo anche andarcene, se vuoi... Sarà meglio, anzi!

GASPARINA            No no: li prego di rimanere...

MEMMO           Così riderete ancora!

GASPARINA            No, signor Speranza. Vedrà che non rideranno più. Sono venuta per questo. Lei stia tranquillo, signor Lamanna; e se vuole, può anche andare.

VICO                 T’assumi tu la responsabilità?

GASPARINA  Sissignore, me l’assumo io!

MEMMO           (ridendo acre) Sono sotto tutela! Ah! ah! ah!

MAGNASCO            No, vedi? Ce n’andiamo. Che tutela! Resti con tua moglie... Addio, eh?

MEMMO           Addio, addio.

VICO                 (piano a Gasparina, che li accompagna fin verso la porta)  Mi racco­mando...

GASPARINA    Lasci fare a me.

MAGNASCO    (a Gasparina, osservandola) Ma sai che sei di un’eleganza! Per­metti?

Prende con due dita un lembo della veste, per tastarla.

                           Che stoffa è?

GASPARINA            Un percallino da tre lire al metro… via, lasci, per favore.

VICO                 Andiamo.., andiamo... Addio, Memmo.

MEMMO           Addio.

Vico e Magnasco salutano Gasparina, e via.

Scena sesta

Gasparina, Memmo

MEMMO           (balzando in piedi) Ah perdio! Non ne posso più!

GASPARINA            Glielo dicevo io?

MEMMO                  Va benissimo! Lo so da me! E mi pare difatti che da te, io, non sono venuto!

GASPARINA   (subito) A sbranarmi, a farmi scomparire dalla faccia della terra...

MEMMO           Ne avrei tutta la voglia, te lo giuro!

GASPARINA            Eh, lo credo bene!

MEMMO           La mia rabbia è per costoro, che mi fanno gli amici.

GASPARINA            Ah, non avrei dovuto farlo neanche io, signor Speranza!

MEMMO           Ma tu almeno, io dico, vedesti un tuo vantaggio, nel farlo!

GASPARINA            Sì, certo... Ma creda, signor Speranza, che non fu tanto per il van­taggio mio, quanto perché lei volle persuadermi in tutti i modi che avrei fatto anche il suo, anzi il suo specialmente.

MEMMO           (quasi tra sé, con vivacissima rabbia) Stupido! Pazzo!

GASPARINA   (guardandolo, sospirando, e tentennando il capo) E perciò ho ri­morso adesso. Perché mi prestai, m’arresi a lasciarle commettere questa paz­zia, non persuasa affatto dentro di me.

MEMMO          Non l’avrei commessa, se avessi saputo quello che essi sapevano e mi tennero nascosto!

Con profonda commozione, afferrandola per le braccia e scuotendola:

                           Ma lo sai tu, lo sai che se n’è scappata di casa?

GASPARINA            Lo so, sissignore. L’ho saputo adesso...

MEMMO           Che mandò a chiedere mie notizie, mentre ero ferito?

GASPARINA            Sissignore. E le giuro che io avrei voluto dirglielo!

MEMMO           Ah, lo sapevi anche tu?

GASPARINA            Sissignore. Questo, sì.

MEMMO           E perché non me lo dicesti? Te l’impedirono loro?

GASPARINA            Dissero.., dissero ch’era inutile...

MEMMO           Inutile?

GASPARINA            Lei era tanto grave...

MEMMO           Fossi morto!

GASPARINA   (con moto subitaneo)  No! Che dice!

 

Poi, trattenendosi e can­giando tono:

Ma veramente essi non sapevano allora, ecco, che ella era an­data via di casa... Parve strano a tutti!

MEMMO           Tanto più dovevano dirmelo! È ancora fuori, sai? M’aspetta... m’a­spetta... m’aspetta...

Rompe in pianto, piegandosi su lei.

GASPARINA   (carezzandogli appena il capo) Eh... Poverino… poverino... Ma dunque... dunque ella ancora non sa niente?

MEMMO          Glielo hanno detto, ma non ci crede! Non ci vuoi credere!

GASPARINA    Eh, certo! Perché veramente è una cosa —

MEMMO           — che non si può credere! Hai visto, intanto, quei cari amici? Hanno riso, nel vederti comparire davanti a me! La sposina che viene a trovare lo sposino! E come s’è fatta bella! E chi sa quanto godono a immaginarti felice, beata, là, nella villetta, mentre io qua mi dibatto in questa disperazione.

GASPARINA    Se potessi dir loro che non è vero...

MEMMO           Ah, bene! Sei forse venuta a dirmi che ho fatto infelice anche te?

GASPARINA   No, signor Speranza. Io le sono tanto grata... Sto tranquilla, in ri­poso... Ed è tanto bello, lì... c’è tanto sole.., tanto aperto...

MEMMO          Perché tu l’hai nell’anima, l’aperto. Se no, non lo vedresti neanche lì.

GASPARINA    Sì, ma è peggio, creda.

MEMMO           Ah, ti par peggio?

GASPARINA            Perché, abituata a pensar sempre e soltanto a cavarmi da tutte le difficoltà più angustiose, vede? e a scorger sempre miserie nella vita, e nien­t’altro, proprio nient’altro; ora lì...

Resta sospesa.

MEMMO          Ebbene?

GASPARINA            Niente, vedo.., penso... e... — Sa che c’è quella ragazzetta del cu­stode della villa accanto? Un amore di bambina.., bionda... In tutto quel sole.., salta alla corda... Fa più di cento salti in fila, sa? — La vedo così con­tenta...

Resta di nuovo sospesa.

MEMMO           Ebbene?

GAS PARINA (con un groppo alla gola, e pur sorridente)  Niente...

MEMMO           Ti vien voglia di saltare alla corda anche tu?

GASPARINA            Ma che! Penso che da ragazza... io... mai...

cangiando subito, per nascondere la commozione:

La faccio ridere! Sa che c’è quel troncone di pesco davanti la villetta?

MEMMO           Non ricordo...

GASPARINA            Pare proprio un gobbo, lì davanti... Buffo! — Credo che tutti i pas­seri, quando si raccolgono sul tetto verso sera, non facciano altro che ridere di lui. Bene: ma sa che quel povero gobbo lì m’è tutto fiorito da tre giorni? Pareva dapprima che gli fossero spuntati come tanti porri sulla gobba... Che! Erano fiori! fiori!

MEMMO           E tutto questo ti fa infelice?

GASPARINA            No, che infelice! Lo guardo, così tutto gobbo, eppure così tutto fio­rito, e... e... niente...

Scena settima

Detti, Loletta.

Loletta viene fuori improvvisamente dall‘uscio a destra col cappello in capo, abbottonandosi i guanti. Ha il portafogli di Memmo sotto il braccio. Appena entrata, scorgendo Gasparina, s’arresta, confusa: poi assume un contegno di maligno riguardo.

LOLETTA         Oh! Chiedo scusa...

MEMMO          Tu eri ancora di là?

LOLETTA        Eh... non sapevo... Scusami... Stavo a prepararmi...

MEMMO           Vieni, vieni avanti...

LOLETTA         (a Gasparina, passandole davanti) Me ne vado, io, sa? Sloggio!

GASPARINA    Non certo per me, carina mia...

MEMMO           (a Loletta, urtato)  Basta! Non facciamo storie! Che hai da dirmi?

LOLETTA        Niente... che ho preparate di là le mie robe. Se mi fai il piacere di farmele portare da Celestino in casa di Fanny, per ora...

MEMMO           Va bene.

LOLETTA        E poi, ecco qua...

Prendendo in mano il portafogli per consegnarlo a Memmo, a cui si è accostata;

ma prima voltandosi a Gasparina.

Permette? Scusi...

GASPARINA            Ma faccia! faccia pure!

MEMMO           Fai presto, sù!

LOLETTA        Eh, no, te lo devo dire, abbi pazienza...

Si alza sulla punta dei piedi e gli dice qualche cosa all’orecchio, dandogli il portafogli.

MEMMO           Va bene! Potevi anche di più...

LOLETTA        No. Bastano. Addio allora, eh?

MEMMO           Addio, addio.

LOLETTA         (piano, tirandoselo un po’ in disparte)  Di’ un po’, resti ora con lei?

MEMMO           (scrollandosi rabbiosamente)  Ma fa’ il piacere! Andate al diavolo tutti quanti!

LOLETTA         (ridendo male) Ecco, sì, ecco.., me ne vado, me ne vado... — A rivederla signora!

Via di corsa per l’uscio in fondo.

Scena ottava

Detti, meno Loletta, poi Celestino

MEMMO           Ah, la finisco io! la finisco io! Non ci mancava che questa tua venuta qua! Ma la finisco io, ora stesso!

Si fa alla comune e chiama:

Celestino!

GASPARINA   (accorrendo, per trattenerlo)  Che vuol fare? Per carità!

MEMMO           (voltandosi, sgarbato)  Non mi seccare!

CELESTINO     (presentandosi sulla soglia) Comandi!

MEMMO           Porterai la roba della signorina Festa in casa della signorina Martinez, appena io sarò uscito. E bada: qualunque cosa possa accadere, la mia porta è chiusa per tutti.

CELESTINO             Sissignore.

Si ritira.

Scena nona

Gasparina, Memmo

MEMMO           (voltandosi a Gasparina, con fare sbrigativo)  E adesso andiamo. Io, cara mia, debbo uscire!

GASPARINA            No, signor Speranza...

MEMMO           Vorresti trattenermi anche tu?

GASPARINA            Io? non potrei né per amore né per forza. Vorrei solo che mi stesse prima a sentire. La prego.

MEMMO           No, no; basta! Mi son seccato!

GASPARINA  Due soli minuti. Me ne vado subito.

MEMMO          Auff! Debbo andare via subito anch’io...

GASPARINA            Non vuoi lasciarmi dire almeno la ragione per cui sono venuta?

MEMMO           Ma che vuoi che m’importi della bambina che salta, del gobbo fiorito...

GASPARINA            No. Lo so bene che non può importarle di questo. Debbo parlarle d’altro.

MEMMO           Di’ su, dunque! Presto, presto.

GASPARINA   Prestissimo. Ecco. Lei sa che il signor Barranco...

MEMMO           Ma, Dio mio! Vuoi parlarmi di quel vecchio imbecille?

GASPARINA            No, no, voglio parlarle di lei.

MEMMO           Di me?

GASPARINA            Sì, mi stia a sentire.

Sillabando:

Della sua liberazione.

MEMMO           (stordito) Della mia liberazione? Che vuoi dire?

GASPARINA            Proprio così. Della sua liberazione. Sa che il signor Barranco...

MEMMO           Come c’entra il signor Barranco nella mia liberazione?

GASPARINA  Aspetti! Abbia pazienza un momento! Vedrà che c’entra! Me l’ha detto proprio lui!

MEMMO          Della mia liberazione?

GASPARINA    Sissignore. Che il rimedio c’è, m’ha detto; se lei si vuoi liberare.

MEMMO           Il rimedio?

GASPARINA            Sissignore.

MEMMO           Che rimedio? Di liberarmi dite?

GASPARINA            Sissignore, di me!

MEMMO           E sei venuta per dirmi questo?

GASPARINA            Sissignore.

MEMMO           (sconcertato nella sua impazienza dal viso fermo con cui Gasparina gli parla, pur così timida e, insieme, un po’ birichina) Oh guarda un po’! Abbi pazienza tu, mia cara! Che dici?

GASPARINA            Eh... se lei non si calma un poco... Vuole far presto...

MEMMO           Ma scusa, dici sul serio?

GASPARINA            Altro che! Vuole che scherzi?

MEMMO           Io posso liberarmi dite?

GASPARINA            Sissignore. Proprio così. Quando vuole!

MEMMO           (dopo averla contemplata un po’)  Lo sai che sei impagabile? Con quest’aria tranquilla...

GASPARINA            Mi pare che dovrebbe esserne contento...

MEMMO           (con l’aria di non prenderla sul serio)  Grazie, cara. Contentissimo, sì. Vedo il tuo buon cuore, e t’ho ascoltato per questo. Ma non c’è purtroppo da far nulla, credi. Te ne puoi andare.

GASPARINA   No, guardi, signor Speranza, che in questo momento, se lei mi dà ascolto, può recuperare la sua libertà. Il rimedio c’è veramente.

MEMMO           E dalli! Chi te l’ha detto? Te l’ha detto il signor Barranco?

GASPARINA    C’è, c’è. Glielo dico io.

MEMMO           (vieppiù stordito contemplandola) Ma guarda come le ridono gli occhi...

GASPARINA   Perché lei non ci vuol credere... Se le dico che c’è!

MEMMO           (impazientito)  Ma come c’è?

GASPARINA   (ferma)  C’è.

MEMMO           E quale?

GASPARINA   (abbassa gli occhi e poi risponde così ad occhi bassi, evasivamente)              Quale...

MEMMO           Di’ su. Quale? Non puoi dirmelo?

GASPARINA   (esitante, sempre con gli occhi bassi e con vergogna maliziosamente graziosa) Se... se volesse venire alla villetta... glielo dirà lui, il signor Barranco...

MEMMO           Ma va’ là! Quel vecchio scimunito!

GASPARINA   Eppure è vero, creda.

MEMMO           L’ha trovato lui, questo rimedio?

GASPARINA            No... lui glielo potrà dire...

MEMMO           E tu no?

GASPARINA   Io no...

MEMMO           Ma perché?

GASPARINA   Perché no...

MEMMO           Ma via! Sto a dar retta a te! Andiamo, andiamo, cara!

GASPARINA   Gliel’assicuro, signor Speranza.

MEMMO           Ma scusa: separazione — non siamo stati mai uniti — sarebbe inutile; non mi scioglierei. Il divorzio ancora non c’è... Dunque, che mezzo vuoi che ci sia? Qualche scempiaggine di quel vecchio imbecille...

GASPARINA            No, senta: lei ha fretta, ed io me ne vado. Ma deve promettermi che non fara nessuno sproposito, se prima non si sarà accertato di questo —

MEMMO            — che il rimedio c’è?

GASPARINA   — sissignore, di liberarsi, e di poter di nuovo disporre di sé, come lei vorrà. Me lo promette?

MEMMO           (di nuovo sconcertato; prima guardandola e poi scrollandosi) Ma che vuoi che ti prometta!

GASPARINA            Scusi, che cosa ci perde a venire un momentino a sentire?

MEMMO           Ma dimmelo tu, ora, qua, perdio!

GASPARINA            Io non posso. Glielo dirà lui! Ho la sua promessa, badi! Vedrà che il rimedio c’è, c’è proprio e sicurissimo. Me ne vado.

S’avvia.

MEMMO           (correndole appresso)  No, senti.., senti...

GASPARINA    No, no. Me ne scappo! Bisogna che venga là! A rivederla!

Via di furia.

MEMMO           Gasparotta!

Riviene avanti; si ferma e resta un tratto a scervellarsi, poi esclama:

Ma che diavolo può essere?

T e l a


ATTO TERZO

Un‘allegra stanza piena d’aria e di sole, nella villetta rustica di Gasparina, dopo circa tre mesi dal secondo atto. Due ampie finestre in fondo aperte, da cui si scorge la campagna. La comune è a destra. A sinistra, un altro uscio. Vi sono appese le tende verdi a frange gialle d’uovo dell’antica Pensione smessa, ed anche il divano e le poltroncine di là. È una dolce mattinata di giugno.

Scena prima

La maestrina Terrasi, il prof Virgadamo, Rosa

Al levarsi della tela la scena è vuota. — Si sentono, dall’interno a destra, le voci di Rosa e della Maestrina e 1‘ansito affannoso del prof. Virgadamo.

ROSA                (dall’interno)   Ecco, siamo arrivati.

MAESTRINA   (c.s.)  Piano... E l’ultimo scalino... cosi...

ROSA                (c.s.)  Qua, ora... E si metterà a sedere...

Entra prima Rosa, sorreggendo per un braccio il professor Virgadamo men­tre la Maestrina lo sorregge per l’altro. Il prof Virgadamo ha avuto un colpo apoplettico, da cui s ‘è riavuto a malapena. E del tutto rimbecillito e si vede chiaramente che ha i giorni contati.

MAESTRINA            Piano... piano... Vede che ci siamo?

ROSA                (aiutandolo con la Maestrina a sedere sul divano) Ecco qua... Cosi... bravo...

MAESTRINA    E contento ora?

VIRGADAMO          (parlando con la lingua imbrogliata e guardando intorno come un insensato)              Scarpa-rotta!

MAESTRINA   Ah, no, vede? Lei è cattivo! Le ho detto che deve chiamarla Gasparina.

VIRGADAMO          No... Scarpa-rotta! La Pensione!

MAESTRINA            Dice sempre la Pensione! Non sa levarsela di mente!

VIRGADAMO  Vogliamo ridere...

ROSA                E rideremo, rideremo, signor professore!

Alla Maestrina:

Che risate si faceva davvero, tra quei matti, poverino...

MAESTRINA   (guardandosi anche lei attorno con meraviglia)  Ma qua ride tutto veramente! Com’è bello!

ROSA                Ah! Sissignora! E un vero paradiso!

MAESTRINA            E Gasparina?

ROSA                (facendosi a una delle finestre) Eccola là, guardi: nell’orto, col suo cappellaccio di paglia! La chiami!

MAESTRINA   (chiamando dalla finestra) Gasparina! Gasparina!

VIRGADAMO          (tra sé, lasciato lì sul divano)  Gasparra... Gasparotta... Scarpa-rotta!

E ride.

MAESTRINA   (guardando dalla finestra e parlando fuori)  Sì, e c’è un’altra vi­sita!

ROSA                Come corre! Ah! è così contenta!

MAESTRINA    Pare un’altra! Ringiovanita! Rinata!

ROSA                Un fiore, le dico!

MAESTRINA    Sfido! in questa delizia di campagna!

ROSA                Eccola qua!

Scena seconda

Gasparina, Detti

Gasparina entra di furia dall‘uscio a destra, accaldata, col cappellaccio di paglia in capo, e con tre belle rose e un garofano in mano; è davvero un fiore.

GASPARINA   La mia cara signorina!

L’abbraccia e la bacia.

Che piacere mi fa! Cara... cara...

MAESTRINA    Tanto, tanto, anche a me! Si lasci vedere.

GASPARINA   (offrendole le rose) Tenga, prima! Del mio giardino. Poi ne coglieremo altre. Questo

mostra il garofano

voglio darlo al Professore.

Scorgen­dolo in quello stato.

Oh!

VIRGADAMO          (sorridendo ebete)   Scarpa-rotta!

MAESTRINA   (in tono di rimprovero)   Ma no! Come si dice?

GASPARINA            Gli lasci dire come vuole! Come va, come va, caro professore? Sta meglio ora, è vero?

VIRGADAMO          Sì... Ah... Bene! Bene, ora... Vogliamo ridere!

GASPARINA            Sempre ridere, sì, bravo! Ecco, le voglio mettere questo garofano all’occhiello...

Eseguisce.

ROSA                Come a uno sposino!

VIRGADAMO          (indicando la Maestrina) Eccola, la mia sposina!

MAESTRINA  Ah, ora sì? Un po’ dice che mi vuole, e un po’ no: che vuole star­sene con quelle due ragazze che vennero alla Pensione, dice.

 

Piano a Gasparina.

Una lingua s’è fatta, se sapesse! Dice certe cose... Dio, Dio...

Ac­cenna di turarsi le orecchie.

GASPARINA    Ah sì? Cattivo s’è fatto, dunque? Proprio cattivo?

VIRGADAMO          Vogliamo ridere... La Pensione!

MAESTRINA   Vuole andare ancora alla Pensione! sempre! S’è fissato... Sa da quante settimane mi ripete che vuol vedere Gasparina?

GASPARINA            Povero professore!

MAESTRINA            L’ho messo in carrozza, stamattina, per contentarlo, ed eccoci qua. Ma mi lasci godere un po’ di lei! Come s’è fatta bella, Gasparina!

GASPARINA            Ma no, via, che dice!

Fa per togliersi il cappello.

MAESTRINA            No, se lo lasci! Le sta un amore!

GASPARINA            Mi fa arrossire... Sto tutto il giorno nell’orto.., con la mia zap­petta...

ROSA                Se la vedesse zappare!

GASPARINA            Zappo, sarchio, poto! Mi son comprato un manualetto del perfetto orticultore! Ci ho poi il giardinetto da coltivare... E non faccio più cucina sa! Affatto, affatto: non voglio più saperne! Io e Rosa mangiamo come due contadinotte!

MAESTRINA   Ah, dev’essere una gioja! La salute! Lei è proprio un’altra! ringiovanita!

Si sente ronfare il professor Virgadamo.

ROSA                Uh! S’è addormentato...

MAESTRINA            Dorme sempre così... Lo trovarono per terra che rantolava chi sa cia quante ore! Pareva dovesse restare impedito di mezzo lato. Invece, a poco a poco s’è riavuto… ma così...

GASPARINA            Fortuna che non capisce più nulla...

MAESTRINA  No, sa! Ha certi momenti... Io vado a trovarlo appena posso. Una volta m’afferrò per un braccio. Aveva tanta paura negli occhi.., ah, che occhi! atroci! pieni di lacrime!... Perché non lo lasciassi, mi promise che m’avrebbe sposata, capisce? Ma vorrebbe altro poi... Mi fa certi discorsi, le dico! Lei mi scuserà, sono venuta a turbarla... Ma l’ho fatto proprio per conten­tarlo!

GASPARINA   E dice questo a me, lei, signorina?

MAESTRINA            Oh, lo so che lei è tanto buona e che ha tanto sofferto! Ma ora qua...

GASPÀRINÀ:  Che! che! Non creda! — E poi...

Resta sospesa. Pausa. Sospira.

Non ci durerò ancor molto io qua, signorina.

MAESTRINA            Come! No? Perché’?

GASPARINA            Ma per tante ragioni, signorina... E si deciderà oggi appunto.

MAESTRINA            Ah sì? Perché lui s’è già pentito?

GASPARINA            Ora? Da un pezzo! Ora anzi s’è quietato. Doveva venire, per fi­nirla — non ora — circa tre mesi fa! Fece tante pazzie!

MAESTRINA            L’ho saputo! Col fratello della sua ex-fidanzata...

GASPARINA            Appunto! E andai io, allora, a dirgli che, se voleva, io ero pronta, a scioglierlo da ogni impegno. Mi promise che sarebbe venuto. Ma poi pensò quella signorina a fargli svaporar le furie. Non venne più...

MAESTRINA   (con pudica esitazione) E... non è mai venuto qua?

GASPARINA            Mai.

MAESTRINA   (c.s.) Ma... ma dunque?

GASPARINA            Che cosa?

MAESTRINA    Lei...

GASPARINA   (ride un pezzo, poi)  Ma no... che crede? Ah, lei forse credeva...? No. E non lo sa perché l’ha fatto? — Ora che s’è quietato, vorrebbe seguitare come prima. Ma non voglio più io, adesso!

MAESTRINA            Ah, se è così, fa benissimo!

GASPARINA            No, non lo faccio mica per me, creda! Così come sto, io sto bene... Cioè, starei come meglio non si potrebbe; ma se mi lasciassero veramente tranquilla! Non è così, invece, perché... — perché è stata proprio una pazzia; e i pazzi, signorina mia, non possono né star tranquilli loro, né lasciar tranquilli gli altri. Io lo sapevo. Ma quando la sorte è contraria, e non c e altra speranza di bene, bisogna pure profittare della pazzia altrui per avere almeno un mo­mento di requie, come questo che io ho avuto qua; pur senza farmi nessuna illusione, gliel’assicuro. Ora vedo che...

ROSA                (che durante questo discorso, se n ‘è sta fa a guardare dalla finestra esclama)  Eccolo qua! .

GASPARINA   (con un soprassalto, arrossendo)  Lui?

ROSA                (indifferente, guardando fuori)  Sissignora, il signor Barranco...

GASPARINA   (smorendo)   Ah! Mi dici lui!

MAESTRINA   (che l’ha osservata)  Eh, Gasparina...

GASPARINA            No... per carità, che pensa? E che deve venire, per incontrarsi ap­punto col signor Barranco. Si decide oggi, le dico! E gli ho scritto io stessa di venire, sa! per finirla — appunto per finirla...

Scena terza

Detti, il signor Barranco

BARRANCO    (dietro l’uscio a destra)  Permesso?

GASPARINA            Avanti, avanti, signor Barranco!

Il signor Barranco entra aggrondato.

MAESTRINA            Buon giorno, signor Barranco!

Barranco             Riverisco.

A Gasparina, fosco.

No-non è venuto?

GASPARINA            Ancora no. Ma vede? C’è anche il professor Virgadamo...

BARRANCO    (contrariato, voltandosi verso il divano)  Ah...

ROSA                (alla Maestrina)  Lo svegliamo? Forse avrà piacere.

BARRANCO    (subito con comica premura che tradisce l’irritazione)  No... lo...lo lascino dormire...

MAESTRINA            Avrebbe certo piacere. Ma molto di più per il signor Speranza.

BARRANCO    Se... se... verrà. Sta a vedere.

A Gasparina.

Ma... i... insomma, lei gli ha scritto, sì o no?

GASPARINA            Gli ho scritto, sì! Mi ha risposto che sarebbe venuto per le undici.

BARRANCO    (traendo dal taschino un vecchio cipollone)  Do-dovrebbe già esser qui.

Maestrina           Mi dispiace d’esser capitata proprio in questo momento...

GASPARINA            Ma no, che dice? Sono così lieta di vederla...

MAESTRINA            Ce n’andiamo subito.

BARRANCO    No-non sarebbe male, creda, perché.

GASPARINA            Ma no, signor Barranco, che dice?!

MAESTRINA            Zitta, Gasparina! Io capisco benissimo, che qua ora noi siamo di troppo.

GASPARINA            Ma no... creda. Perché, dopo tutto, si tratta —

BARRANCO    (dandole sulla voce, concitato)  — d’una cosa mo-molto seria, si tratta! E-e lei lo sa!

Rivolgendosi alla Maestrina e accennando a Gasparina.

Molto seria per lei; pe-per me; per tutti! Mi son lasciato sopraffare una volta! Ora basta! De-deve finire!

GASPARINA   (seccata della sfuriata) Eh, sì! È meglio, è meglio che in un modo o nell’altro, veramente, questa storia finisca, signor Barranco!

BARRANCO    (alla Maestrina) Signorina, guardi: io avevo e ho le-le più serie in­tenzioni.

MAESTRINA            Lei? Su Gasparina?

BARRANCO    Sissignora!

MAESTRINA            Ah sì! Oh guarda! Ma come, scusi? Se Gasparina è già sposata...

BARRANCO    Spo-sposata lei me-me la chiama? Così si sposa? Per uno scherzo indegno, sacrilego? Nossignora! Ga-Gasparina non è sposata!

MAESTRINA            Eh! Come no? Non sarà sposata per come intende lei; ma davanti alla legge è sposata. E io per me non vedo proprio che cosa ci sia più da fare, ormai.

BARRANCO    Lo-lo so io, che c’è da fare! Lei vedrà!

GASPARINA            Parleremo appunto di questo, come verrà il signor Speranza.

BARRANCO    Me-me l’ha strappata sotto gli occhi, in un momento... Detto fatto!

GASPARINA    Se lei, scusi, non se ne fosse scappato allora così subito...

BARRANCO   I-indignato! Indignato!

GASPARINA            Eh, lo so; su tutte le furie! Lo invitai a tornare: non volle saperne!

BARRANCO    Mi-mi potevo immaginare che su-sul serio si dovesse arrivare a commettere questo sacrilegio?

MAESTRINA            Ah, questo è vero. Neanche io, dico la verità, ci volli credere fino all’ultimo! Ma santo Dio, prima! Se lei, signor Barranco, mi scusi, aveva co­deste serie intenzioni, come mai non pensò a tempo a prevenirne Gasparina, in tanti mesi che stava alla Pensione?

BARRANCO    Non vede? So-sono ancora a lutto, io!

Mostra l’abito nero, sco­tendolo,funebre e convulso.

Vedovo! Da un anno!

Pausa.

E sono sciagure sa? Qua-quando non si è più giovani, da lasciarsi presto riprendere da-dalla vita con facilità; e-e non si è ancora tanto vecchi da poter fare a meno d’-u­una compagna!

Pausa.

E... è duro, co-coi capelli bianchi...

Pausa.

Il pu­dore dell’età...

Pausa.

Il ritegno di-di chi è abituato alla sa-santità della casa.., de-dell’amore...

Si commuove, si porta agli occhi un fazzoletto listato di nero.

VIRGADAMO (che s’è svegliato, a questo punto intercala dal fondo, inattesamente, nella pausa, con voce grossa)   Vogliamo ridere!

ROSA                (voltandosi di scatto)  Ah! s’è svegliato!

GASPARINA   (c.s.) Bravo professore! Vede, signor Barranco? Il professore dice che è meglio ridere!

BARRANCO    (asciugandosi gli occhi) Sì, bel quadro per me! Se domani anch’io dovessi restar così... vecchio.., solo...

MAESTRINA   Ma lei poteva almeno — non vorrei immischiarmi..., — se non pro­prio prevenire, fare.., fare intendere in qualche modo a Gasparina... Gasparina       Mai, capisce! Né mai io avrei pensato che il signor Barranco...

BARRANCO   Ma io...

GASPARINA   (subito)  Sì, mi diede tanto aiuto, in tante occasioni...

BARRANCO   Io ancora ma-maturavo... Non è una cosa da nulla, signorina,una cosa da-da pigliare a gabbo, un matrimonio! Studiavo la-la ragazza...

GASPARINA            Ma via! Non dica così! Fa ridere, per me...

BARRANCO    E-e che cosa è lei? Sissignori! Ragazza! E io la-la studiavo... La vedevo modesta, accorta...

MAESTRINA   (abbracciando Gasparina)  Sì!Sì! È così buona davvero!

BARRANCO   E-e quel miserabile, me-me l’ha levata, per ridere! Né-né lui né io!

MAESTRINA    Ecco: questo dico: non capisco che cosa ci sia più da fare, ora!

BARRANCO   C’è! c’è da fare! C’è da fare! Lasci fare a me! No, non è lecito of­fendere così una sa-santa istituzione, lasciando la-la moglie...

MAESTRINA            Ah! Se lei viene a richiamarlo al suo obbligo di marito, sta bene: questo è un altro conto...

ROSA                (dalla finestra, tutta contenta) Ecco il signor Speranza! Eccolo qua! Viene! Viene!

BARRANCO    (raccogliendosi comicamente, come per mettersi in guardia) Ah, ecco...

MAESTRINA            Noi allora ce ne andiamo! Via, via, subito!

Accorrendo al profes­sor Virgadamo.

                           Aiutami un po’, Rosa...

GASPARINA            No. Ecco, l’aiuto io, signorina...

VIRGADAMO          La Pensione! Vogliamo ridere!

Scena quarta

Detti, Memmo Speranza

MEMMO           (entrando lieto e disinvolto, dall’uscio a destra) Eccomi qua!

No­tando in fondo il gruppo di Gasparina, della Maestrina e di Rosa,

che sten­tano a sollevare dal divano il professor Virgadamo:

Oh, guarda! C’è anche il professore?

VIRGADAMO          (che è stato sollevato, sorretto dalla Maestrina e da Gasparina) Vogliamo       

ridere!

MEMMO           Fino all’ultimo, sì, caro professore! Ridere! — Ma come? Se ne vanno?

MAESTRINA   Sì, signor Speranza...

MEMMO           Ma no, cara maestrina! Come! Proprio ora che vengo io?

Notando Gasparina, che ha cercato di voltargli le spalle per nascondere il turba­mento:

Uh! Ma tu... Ohé! Làsciati vedere! Ma guarda questa qui come s’è fatta! Perbacco! E com’è?

GASPARINA            Per carità, signor Speranza... Il professore qua non si regge in piedi...

MEMMO      Rimettetelo a sedere! Non hai sentito che vuoi ridere? Qua c’è il si­gnor Barranco   — lo faremo ridere a crepapelle, questo caro professore!

BARRANCO    Ora vedrà lei, co-come lo farà ridere il signor Barranco!

MEMMO           Eh! Son venuto qua per questo! si figuri!

 

Alla Maestrina:

A sedere! A sedere!

Costringe le donne a rimettere sul divano il Professore.

MAESTRINA  S’era già alzato, Dio mio, signor Speranza! — C’è poi giù la car­rozza che aspetta...

MEMMO           E lei la lasci aspettare! Via, un momentino! — Vieni qua, Gasparina...

GASPARINA    Mi lasci stare, no...

MEMMO           Come no? (La prende) Qua...

GASPARINA   (cercando di svincolarsi, turbata) Mi lasci... mi lasci...

MEMMO           Ma nient’affatto!

Alla Maestrina:

Lei lo sa, signorina, che questa è mia moglie? E dunque... Scusi... Permette?...

Fa per baciare Gasparina.

GASPARINA   (riluttante, riparandosi la faccia, mentre egli le tiene le mani affer­rate)              No... no, ma via! dice sul serio, signor Speranza?

MEMMO           (senza lasciarla) Come no?

 

La bacia sulla guancia.

VIRGADAMO          (ridendo)  Eh! eh! Viva gli sposi!

MEMMO          Viva gli sposi, sì! E viva anche il professor Virgadamo!

Facendosi avanti al signor Barranco:

Lo sa anche lei, è vero signor Barranco, che que­sta è mia moglie?

BARRANCO    (tutto arruffato, rabbioso, fremente)  No-nossignore! Io non lo so!

 MEMMO         Ah, non lo sa? Le pare che non sia mia moglie?

BARRANCO    Nossignore! Non è stia moglie! Pe-per niente affatto!

MEMMO           E che è, sua? Gasparina! Ohé, dico... sarei forse un marito ingannato?

BARRANCO    (con un gesto di vivacissimo sdegno) Ma-ma che marito! Caro si­gnore, guardi, qui no-non è più tempo di-di ridere!

MEMMO          Oh! oh! Ma guardi, signorina: è proprio arrabbiato!

 

Al signor Barranco:

Mi dice con qual diritto, scusi?

BARRANCO    Col diritto della pe-persona seria!

MEMMO           (con serietà grottesca) Ma no, via, per carità! Non lo creda, non lo creda neanche per un minuto! Si persuada, caro signor Barranco, che lei, forse senza farlo apposta, è un benemerito!

BARRANCO    Benemerito? Che vuol dire?

MEMMO           Ma sì: buffo, via! C’è tanto bisogno di ridere; e lei —

BARRANCO    — io? io la faccio ridere? — La-la risposta gliela darò, a-appena qua si-si potrà parlare!

MAESTRINA   Sì, ecco, signor Barranco, subito: ce n’andiamo, ce n’andiamo via subito.

A Memmo Speranza:

E inutile che lei ci trattenga.

MEMMO           Ma che è, lui, il padrone di casa?

MAESTRINA            No. Già dovevamo andarcene. Se loro debbono parlare...

MEMMO           Ma io non ho nessuna difficoltà a parlare anche davanti a loro.

MAESTRINA   (solleva di nuovo il Professore con l’ajuto di Gasparina).

BARRANCO   Lei! Non io! E se-se io non parlo, sarà peggio pe-per lei!

MEMMO          Ma insomma, che cos’è? Sa che lei comincia a seccarmi?

BARRANCO   E-e lei è da un pezzo che già mi ha seccato!

MAESTRINA            Via, via... Discorrano in pace, per il meglio di tutti. E lei metta senno, signor Speranza!

VIRGADAMO          (in piedi, ansimando, con voce grossa)  No! Niente! Niente senno! Mai, senno!

MEMMO           Ecco! Bravo! Viva il professor Virgadamo! Non è pedagogico, è vero, professore?

VIRGADASIO         (avviandosi tra le due donne che lo sorreggono)    Ridere! ridere!

MAESTRINA   (volgendo il capo a salutare)  A rivederla, signor Barranco!

BARRANCO    Riverisco!

MAESTRINA            Ma no, lei stia, Gasparina...      

GASPARINA   No, l’accompagno fino alla carrozza.

MAESTRINA            C’è Rosa, guardi... Lei stia qua. A rivederla.

MEMMO           (scostando Gasparina dal braccio del Professore e prendendo a sor­reggerlo lui)  Lascia, lascia... Non è mica facile giù per la scala... Lo sorreg­gerò io, questo caro, caro professore... che deve rimettersi presto...

Escono piano piano per l‘uscio a destra, Memmo, il Professore, la Maestrina e Rosa.

Scena quinta

Gasparina, il signor Barranco

GASPARINA   (subito, accostandosi al signor Barranco, e parlandogli piano)  Non faccia così, in nome di Dio! Se fa così, creda, lei non ottiene nulla!

BARRANCO    O-ora vedrà, se-se non ottengo nulla!

GASPARINA            Non lo conosce! Se lo piglia così di fronte, è finita! Con calma... con calma...

BARRANCO    Le-lei pensi a tenersi forte! E poi lasci fare a me.

GASPARINA            Ah, per me non dubiti!

BARRANCO    E-è in una botte di ferro! Si tenga forte, e-e basterà così.

GASPARINA   (che s’è fatta alla finestra  parlando fuori) Sì, signorina, grazie! E si faccia rivedere presto... Come dice?... Sì, sì... speriamo... A rivederla! a ri­vederla!

 

Resta un po’ a guardare; poi, ritraendosi dalla finestra:

                           Eccolo che risale!

BARRANCO    Fo-forte, sa!

Scena sesta

Detti, Memmo Speranza

MEMMO           (rientrando) Oh, dunque... eccoci tutti e tre! Vediamo un po’... Scusi, signor Barranco, mi conceda prima che io osservi un po’ meglio il prodigio di questa mia mogliettina...

GASPARINA            Non ricominci, via, signor Speranza!

MEMMO           Ma sai che mi sembra? Mi sembra che tu quasi mi sia ‘nata tutt’a un tratto qua! Davvero! Come se questa villetta t’abbia scovata all’improvviso! Voglio ammirarti tutta!

GASPARINA            Basta, via, la prego!

MEMMO           (accennando al signor Barranco)  Perché lui forse si secca?

BARRANCO    (che s’è tenuto a stento prorompendo)              Sissignore! Mi-mi secco!

MEMMO           (con comico sbalordimento per la padronanza assoluta del signor Barranco, contemplandolo) Ah!

BARRANCO    Ed è meglio che-che lei si segga,e che cominciamo a parlare! 

MEMMO           (c.s.) Eccomi qua.

Siede.

Come lei comanda... Sono proprio cu­rioso...

S’interrompe.

Gasparina, scusi, può sedere? Col suo permesso...

GASPARINA   Eccomi, eccomi, sì... io seggo qua...

Siede, lasciando in mezzo il signor Barranco.

MEMMO          Ah,bene... Accanto a lui! Dunque, dicevo, sono proprio curioso di sapere ciò che lei ha da dirmi; il mistero che ha da svelarmi!

BARRANCO    Ecco, sì... ecco...

MEMMO          Ma debbo premettere, abbia pazienza, che sono venuto unicamente per fare una cosa grata a lei; (indica Gasparina) altrimenti non sarei venuto! Perché per me, adesso, caro signor Barranco, le cose, così come stanno, stanno benone!

BARRANCO    Pe-per lei! Lo credo bene che pe-per lei stanno benone!

MEMMO           E per te forse no, Gasparotta? Mi pare che io, scusa, stia perfetta­mente ai patti!

GASPARINA   (esitante)  Sì... certo.

MEMMO          Non sto ai patti?

GASPARINA            Sì, sì...

MEMMO           E dunque?

GASPARINA    Ma il signor Barranco...

MEMMO           (come risovvenendosi) Ah! già! c’è il signor Barranco...

Rivolgendosi a lui, con altro tono:

Ma che vuole lei qua, scusi, si può sapere? Chi è lei? Che cosa rappresenta? Viene qua ad insidiarmi perfidamente la sposa? Mi pare che si dovrebbe vergognare, scusi, alla sua età!

BARRANCO    Io? Io, vergognare? Lei dice a me, che mi dovrei vergognare? Io vengo qua, caro signore, co-coi più onesti pro-propositi! Lo sappia!

MEMMO          Ma non sembra, scusi! Questa è una donna maritata!

BARRANCO    (fa segno di no col dito).

MEMMO           Lei è padronissimo di dire di no! Io le dico di si! — Oh bella! — Ma del resto, lei può venire con tutti i propositi che vuole; a patto però che non me la metta sù, — ecco!

GASPARINA  Ah, no, permette, signor Speranza? Ora parlo io. Questo non deve dirlo. Glielo dico proprio così... vede? ridendo... Lei può credere di me tutto quello che vuole. Per me — per me stessa — io so poi che lei non ha buttato il suo nome (dico il suo nome, badi! e niente altro!), non l’ha buttato nel fango, come lei forse s’immagina.

MEMMO           Ma che discorsi mi fai!

GASPARINA            Mi lasci dire, la prego. Parlo con la massima calma... Sicché, ora, o lei addiviene alla proposta che le farà il signor Barranco...

MEMMO           Ma sentiamola, santo Dio, questa proposta!

GASPARINA            Ecco, mi lasci finire. Lei già la sa...

MEMMO           La proposta che sei venuta a farmi a casa, circa tre mesi fa, di libe­rarmi dite?

GASPARINA            Sissignore. Questa.

MEMMO           Oh, e allora basta! Finiamola, perché io non voglio affatto saperne.

BARRANCO   Non vuol saperne?

MEMMO          Nossignore!

GASPARINA            E allora, quando è così, il signor Barranco, davanti a lei, deve promettere e giurare di non farsi vedere più qua in questa villa.

BARRANCO    (saltando dallo stupore)  Come! Che-che dice?

GASPARINA            Sì, signor Barranco. Dico proprio così: che non deve farsi vedere più qua, perché mi secca — per me, badi, non per il signor Speranza, a cui so che non importa niente — mi secca che la gente, vedendola venire qua, sup­ponga chi sa che cosa!

BARRANCO    (c.s.)  Ma — ma come! Così lei si-si tiene forte?

MEMMO          Mi pare che meglio di così...

GASPARINA   (subito)  Ah no, signor Speranza: aspetti.

Spiccatamente:

Io poi non intendo più, affatto, di restare qua così neanche per lei!

BARRANCO    (rinfrancandosi, soddisfatto)  Ah, be-benissimo!

MEMMO           Ora viene la mia volta?

GASPARINA            Sì, perché guardi: ora a lei fa comodo così. Ma a me no, signor Speranza; perché io non posso e non voglio più vedermi qua in casa sua a rappresentare una parte che mi diventa amara, insopportabile, appena so che lei, domani, com’è certo, ritornerà da capo a maledire l’ora e il momento che l’ha fatto!

MEMMO          Ma io non ho detto nulla, mi pare! E stai pur sicura che non dirò mai nulla a te!

GASPARINA            Lo so! lo so!

MENIMO:         E dunque?

GASPARINA            Ma ora dico per me, signor Speranza: che non voglio io!

MEMMO           Perché questa è casa mia? Non è vero niente, prima di tutto! Questa è casa tua, perché te n’ho fatta donazione legale!

GASPARINA   (alzandosi)  Ebbene, e io ci rinunzio, signor ­Speranza! — Ci rinunzio. — Basta! — Basta! Bisogna decidere!

MEMMO          E che vuoi decidere?

Volgendosi a Barranco:

Ah, me ne scordavo! Qua c’è lei col suo famoso rimedio!

BARRANCO    Sissignore!

MEMMO           Fuori, fuori dunque, una buona volta, questo gran segreto!

Guarda l’uno e l’altra che si guardano a loro volta, impacciati.

Chi me lo dice?... Gasparina, tu?... Lei?… Insomma, chi?

GASPARINA   (ancora in piedi, con gli occhi bassi, in preda a un vivissimo imba­razzo di vergogna)  Ecco... io no...

Indica il signor Barranco:

Lui... Sarà meglio che glielo dica lui... Io, anzi... sì, ecco... me ne vado, me ne vado di là...

Se ne scappa per l’uscio a sinistra e lo richiude.

MEMMO           (restando stordito)   Ma che cos’è? Che c’è?

BARRANCO    (forte)  Che c’è? Ah, le-lei vuoi sapere che c’è? La-la legge c’è! La legge! La legge!

MEMMO          La legge? Che legge?

BARRANCO    La legge sa-sacrosanta, caro signore, che no-non ammette che un matrimonio sì faccia pe-per ischerzo! Ecco che legge!

MEMMO           Ma appunto perché c’è questa legge, scusi...

BARRANCO    Le-lei vorrebbe valersene? — Nossignore! — Le-lei non può valer­sene. Eccola là,

indica l’uscio per cui è uscita Gasparina

chi-chi può va­lersene!

MEMMO          Ed è andata a chiudersi là dentro per questo?

BARRANCO    Sissignore, per questo!

MEMMO           Perché c’è la legge?

BARRANCO    Sissignore. E-e perché se ne varrà!

MEMMO          Sta bene! Se ne varrà. Ma se ora lei mi dice come!

BARRANCO    Come? Ma dimostrando appunto, co-co-me può dimostrare, che lei l’ha sposata per ischerzo!

MEMMO          Benissimo! Ma d’accordo con lei!

BARRANCO   No, non dico questo! Dico in sé! che-che può dimostrarlo in sé! Lei finge di non capire!

MEMMO          Io non capisco davvero!

BARRANCO   Si sforzi, si-si sforzi di capire... non ci vuoi mica molto! Se qua lei no-non è mai venuto, mi-mi pare facile immaginare quale possa essere là la dimostrazione...

MEMMO           (resta un momento stordito a guardare il signor Barranco; poi comprendendo ciò che egli vuol dire, che Gasparotta cioè ha saputo, pur fra tutte le insidie della miseria, serbarsi intatta si scuote a scatti e balbetta)              Ma che!... Possibile!.., lei... Gasparotta? Possibile? Ma via!... Dice davvero?... Uh!...

Corre all’uscio, lo spinge, chiama:

Gasparotta, Gasparotta!... Apri! Apri!

BARRANCO    (accorrendo per trattenerlo)  Che-che vuol fare adesso?

MEMMO           (con violenza)  Ma si levi! Gasparotta! Apri! Senti...

GASPARINA   (da dentro)   Non apro! no!

MEMMO           Butto la porta a terra, se non apri! Qua c’è il signor Barranco! Che paura hai?

GASPARINA   (sporgendo il capo dall’uscio)  Ecco, apro... ma per carità, signor Speranza...

MEMMO          Vieni fuori!

L’afferra per un braccio.

Guardami... guardami... E vero...? Ma come?... Tu?... E allora!... Oh Dio! Ma è vero?

GASPARINA            Mi fa morire di vergogna... mi lasci... mi lasci...

MEMMO           Ti lascio? Fossi matto! Ora che so questo?

L’abbraccia e se la tiene stretta.

Caro signor Barranco, lei se ne può andar via.

GASPARINA   (cercando di svincolarsi)  No! no!

MEMMO           Come no?

GASPARINA   (c.s.)  Non se ne vada, signor Barranco!

BARRANCO    No-non me ne vado, stia tranquilla!

MEMMO           Lei se ne va, perché glielo ordino io, a casa mia!

BARRANCO    Nossignore! Questa no-non è casa sua, l’ha-l’ha detto lei stesso!

MEMMO           Ma questa è mia moglie! Ed io ho tutto il diritto...

GASPARINA            No! No! Non mi lasci, signor Barranco! Stia qua!

MEMMO           Ah, dunque siete d’accordo? Benissimo! Ecco qua.

La lascia.

Ma rimane ben fermo e stabilito questo: che io son venuto e che tu mi mandi via; che io ora ti voglio e che tu mi respingi. Non manca dunque per me, ma per te; e il signor Barranco qui è testimonio! Fate ora valer la legge, se vi riesce! —       Vi saluto!

Fa per uscire.

BARRANCO    (resta come intronato alla trovata imprevista di Memmo, che gli fa mancare tutto a un tratto il terreno sotto i piedi) Uh, già...

E rimane a grat­tarsi la fronte.

GASPARINA   (sbalestrata anche lei, rivolgendosi al signor Barranco) E allora? Non si può far più nulla?

MEMMO           (voltandosi e ridendo) Vedete come siete sciocchi tutti e due? Potrei farla valere io, ora, la legge; ma me ne guardo bene, con una mogliettina come questa, che non è possibile che non mi voglia, è vero? Via, via, si metta il cuore in pace, signor Barranco, e se ne vada!

GASPARINA            No, senta signor Speranza: mi dia ascolto un momentino... un momentino solo, ché voglio parlarle seriamente...

MEMMO          Ma non capisci che con codeste mossettine con cui ora mi vieni in­nanzi, tu mi fai Innamorare di più?

GASPARINA            Voglio parlarle seriamente, le dico!

MEMMO           Ma sì, ma sì, ma sì... parlami come vuoi!

La osserva, torna a sorri­dere, fa per riabbracciarla.

Oh guarda! E chi avrebbe potuto mai supporlo?

GASPARINA   Così non è possibile, scusi!

MEMMO          Ma se ti dico che sono innamorato!

GASPARINA            Oh Dio, non mi vuole lasciar dire?

MEMMO          Sì! Ma ascolta, prima! Appena t’ho vista, sai? Io non t’avevo vista prima! Quando venisti a casa mia... Gli occhi, sì... avevo visto che ti ridevano gli occhi... Ma ora sei tutta un riso! E lo sai tu sola, di’, è vero? tu sola, come sei...

GASPARINA            Ma questa è pazzia!

MEMMO                   Chiamala come vuoi! — Io ora ti voglio! Sei mia moglie, e ti voglio!

Voltandosi di scatto verso il signor Barranco, che freme tutto, sospeso,

smarrito, e s’accosta come in atto di parare e d’impedire:

Scusi sa, signor Barranco   visto che lei non se ne vuole andare...

GASPARINA            No, stia, abbia pazienza, signor Barranco!

A Memmo:

E lei mi dia ascolto, per carità!... Voglio ammettere tutto! Che lei ora per un punti­glio...

MEMMO           No, ti dico! Mi sono innamorato!

GASPARINA   (forte, per vincere e nascondere la commozione e l’agitazione)  La smetta! Scusi... M’indispettisce! Mi... mi... fa stizzire... Sti... stizzire!

È quasi per piangere.

MEMMO           Ma perché? Non senti che ti dico sul serio?

GASPARINA            Nossignore! Non si dicono così, sul serio, certe cose! Mi scusi...

MEMMO           Perché tu ne soffri? Hai ragione! Vuol dire che m’insegnerai tu, allora, come te lo debbo dire...

GASPARINA   Lei non me lo deve dire più in nessun modo, perché non è vero. Prima di tutto ,guardi: voglio ammettere che lei ora abbia un capriccio...

MEMMO          Ma se sono tuo marito!

GASPARINA            Nossignore: lei per ora non è niente!

BARRANCO    Nien-nientissimo!

MEMMO           (a Gasparina) Senti, se non lo fai andar via, fallo almeno tacere! Al­trimenti...

GASPARINA            Taccia per carità, signor Barranco! Vede che sto penando tanto a persuaderlo...

MEMMO           E non mi persuadi!

GASPARINA            Lei si persuaderà. Perché lei è buono, e perché io voglio restare una donnetta saggia! Guardi: consideri bene; per ora, così come stanno le cose...

MEMMO           (subito, impronto)  Non possono restare!

GASPARINA            (pestando Lui piede con finta stizza) Mi lasci dire! Fino al punto in cui siamo, per lei è una fortuna ancora, perché può ancora liberarsi, e lasciare che me ne valga io, della legge...

MEMMO          Ah sì? Bella! E che figura ci farei io?

GASPARINA   Nessuna figura, scusi, perché tutti sanno che m’ha sposata per burla, che non è stata per lei una cosa seria... M’ha buttata qua... io mi sono stancata... mi sono ribellata... il matrimonio si annulla e lei ritorna libero... Pensi! Le  sembrerà certo una fortuna, domani!

MEMMO          E me lo dici tu?

GASPARINA            Glielo dico io!

MEMMO          Brava! E perché me lo dici? Perché vuol dire che credi che sarà anche una fortuna per te?

GASPARINA            Sissignore!

MEMMO          Ah! Preferisci, dunque, davvero, sposare questo vecchio bacucco qua?

BARRANCO    I-io sono un galantuomo; e lei fa bene, tra lei e me, ad affidarsi a me.

GASPARINA            Scusi, signor Barranco, lei non si può offendere, se dico che non ho da preferire nessuno, io; non ho da fare nessuna scelta, io, perché lei

si rivolge ora al signor Speranza

lei vuol seguitare a scherzare...

MEMMO          E se ti dicessi sul serio che non scherzo più?

GASPARINA   Non ci crederei.

MEMMO         Se ti dicessi sul serio che mi sono seccato, stancato, nauseato della mia pazza vita di scapestrato, degli amici stupidi e delle donnette più stupide, è delle signorine più stupide ancora? Proprio stancato, sai? Proprio nauseato! Anche perché gli anni miei — capisci? — non comportano più la dissipazione a cui mi sono abbandonato finora. Se ti dicessi che questo lo sento ora; lo sto sentendo ora, qua, con una sincerità che mi fa quasi paura, perché è una sor­presa anche per me stesso; qua, ora, davanti a una cara donnina che s’è fatta bella, non so come! per qual prodigio d’amore! Ma certo in premio d’essersi miracolosamente serbata pura così, in mezzo a tutte le miserie e le contrarietà della vita... Ebbene, se ti dicessi questo? — Guardami negli occhi! Ti dico la verità! Guardami! Guardami! Voglio che mi guardi!

GASPARINA            Ecco... La guardo...

MEMMO           E hai il coraggio di ripetermi che non mi credi? Rispondi...

GASPARINA            Che vuole che le risponda?

MEMMO           No! No! Devi rispondermi!

GASPARINA            Le dico, allora...

MEMMO           Che?

GASPARINA   (smarrita, convulsa, quasi per piangere)  Mi lasci.., via, mi lasci...

MEMMO          T’ho detto che non ti lascio più! Sei mia!

L’afferra, la scrolla, in un impeto di desiderio.

Oh! Sei mia! Sei mia!

GASPARINA            Badi, signor Speranza, che diventa allora una cosa seria!

MEMMO          Ma è, è, è una cosa seria!

Di nuovo voltandosi verso il signor Barranco:

Via, signor Barranco: mi dispiace tanto, ma ormai qua lei è proprio dì troppo, e torno a pregarla di andarsene!

GASPARINA            No, no, aspetti, guardi: non se ne deve andare il signor Barranco. Abbia pazienza: facciamo per ora così: se ne vada via lei, piuttosto. Lei, lei...

MEMMO           Ma che lei! Prima di tutto, io, ora, sono tu! non lei!

GASPARINA            Sarà tu, sì, ma quando ci avrà ripensato ben bene, e non per un giorno solo, ma per più e più giorni di fila: un mese, due mesi, tre mesi... —Perché, lo capisce, signor Speranza, sarebbe una cosa crudele veramente e non soltanto per me...

BARRANCO    (subito, tremante; con un barlume d’improvvisa speranza) Per me, anche! Per me! Per me! Per me!

MEMMO            Eh, via! Che mi si mette anche a piangere, lei, adesso? Io non ho più niente da ripensare, scusate!

A Gasparina:

Che vuoi che ripensi, se mi trovo già ad esser marito da un pezzo, senza aver più il fastidio di dover prendere mogli e? Questa è la maggiore delle fortune!

Al signor Barranco:

Via, via, signor Barranco! Non facciamo più scherzi!

Fa per spingerlo fuori.

BARRANCO    (rivoltandosi, furioso) Aspetti! Me-me lo deve dir lei!

Accenna a Gasparina. Pausa.

                           Me-me lo dice anche lei, Gasparina?

GASPARINA   (esitante, quasi dolente, pietosa e pur felice; con gli occhi bassi)  Eh... poiché ora, signor Barranco, ha sentito? dice che diventa una cosa seria…

BARRANCO    (dopo un lungo silenzio, funebre) Sta-sta bene... È giovane anche lei.

Pausa.

Basta. Le-le auguro che-che non abbia a pentirsene. E-e la saluto.

Si avvia grave, fosco, profondamente commosso.

GASPARINA   (a Memmo che vuoi subito abbracciarla alle spalle del vecchio, piano, ridente, vergognosa, più col gesto delle mani che con la voce, allu­dendo al vecchio che se ne va)   Aspetta... aspetta...

T e l a