Macchiette

Stampa questo copione

MACCHIETTE

di

  Ettore Petrolini

da Petrolini – Il teatro

a c. di Giovanni Antonucci

Newton Compton Editori s.r.l – Roma - 1993

Giggi er bullo

Paggio Fernando

I salamini

Amleto

Fortunello

La canzone delle cose morte


Giggi er bullo[1]

C'è chi dice ch'io so' un prepotente

perché so' un bullo dar gaiardo e bello

ma nun m'importa, nun me serve gnente,

chi vo' parlà co' me, cacci er cortello.

So' conosciuto a 'gni commissariato,

a Trevi, a Ponte, ar Celio, ar Viminale,

all'Isola ciò fatto er noviziato

e adesso ognuno m'ha da rispettà.

Chi è che nun conosce Giggi er bullo?

Eh! N'ha parlato tanto er Messaggero,

dico 'gni sempre er vero, nun dico impunità.

Si nomini Giggetto, pe' Turione,

la gente ha da tremà.

Ce n'ho mandati tanti all'ospedale,

ma tanti, che nun se sa.

Eppoi nun avete mai letto sur Messaggero, su la Tribuna, sur Gior­nale d'Italia e su tutti l'antri giornali de Roma e dell'altri paesi i ferimenti der solito sconosciuto? Mbè er solito sconosciuto chi era? Ero io!

So' sempre io er solito ignoto della notte. Io so' ammonito e sorveiato, so' stato dodici o tredici vorte carcerato e ar manicomio crimi­nale. E mica me vergogno de dillo, pe' gnente, anzi me n'avanto - è per questo che le regazze me vonno bbene - perché s'accorgono che ciò un po' de fegato. A me m'hanno da lascià perde, perché io puzzo, e puzzo forte.

Io divento 'na pecorella solo quanno vedo la mi' regazza, se chiama Nunziatina la Fardona, e tutte le sere tra er lusco e brusco, le fronne ar fresco vado sotto le finestre de casa sua e je canto sta canzona qui che mo ve fo sentì. (Al maestro di musica:) Attacca Carcido'.

Ciavete li riccetti

fatti a molla

drento c'è er pidocchietto

che ce balla

drento c'è er pidocchietto

la cimice ce faaa

la sentinella

'Na sera pe' Bettina la Zinnona,

n'affrontai de' rivali, nun se sa quanti.

S'incontrassimo giù pe' Tordinona

io je dissi: aò fateve avanti.

Fateve avanti, che a litigà ce godo,

ve voio fà na panza, uno per uno,

da falla diventà 'no scolabrodo.

Giggetto n'ha paura de nissuno!

Me so' buttato in mezzo, cor cortello,

volevo falli a pezzi tutti quanti

ma quelli lì erano in tanti

a me me toccò abbozzà.

Ciò preso, è vero, quarche cortellata

ma l'ho lassati annà

perché la squadra s'era avvicinata

nun li potetti fà.

'Sti boiaccia, infamoni, carognoni, ammazzarono er morto! S'ap­profittarono de me perché ero solo. Erano in cinquanta, me se butta­rono addosso, me ridussero un San Lazzero che quanno me porta­rono all'Ospedale, ar pronto soccorso, ce vollero dieci gnumeretti de fil de ferro per ricucimme tutto. Ma m'hanno da capità! Er primo che me vie' davanti je do un carcio in panza da fallo arrivà in cielo, che si nun passa De Pinedo[2], co' 'na pagnottella imbottita, ha da morì de fame quanto è vero Dio.

Fecero 'nosforzo! E poi in quer momento passava er delegato, con il quale c'è una specie d'incompatibilità de carattere perché dice ch'io nun lavoro e frequento cattive amicizie. Ciò provato a lavorà, m'ero messo in società con un amico che lavorava. Avevamo aperto una fabbrica di letti in ferro vuoto. Lui metteva er ferro... io mettevo er voto... Poi ciavevo un carissimo amico che adesso sta in galera perché ha ammazzato la moie e poi l'ha fatta a pezzi. Lei da viva je lo diceva sempre: io te vojo tanto bene, che per te me farebbe fà a pezzi... Mbè, lui ce l'ha fatta e l'hanno carcerato. Ma è giustizia questa? 'N'antra vorta m'hanno carcerato perché, dicono, ho rubbato 'na forma de formaggio. Davanti ar pizzicarolo c'era un cartello con sopra scritto: Formaggio da grattare. Io me lo so' grattato... L'altro giorno sono andato da Faraglia[3] pe' pijamme una tazza de caffè, pe' riscallamme la bocca de lo stommaco. Due lire! Due lire un caffè, detto da un omo come me, senza aveje fatto niente de male. Gli ho chiesto: come mai così caro? M'ha risposto: la tassa sul lusso. E stavo vestito così... Domani ce vojo annà co' 'na foja de fico. Vojo vedé quanto me fanno pagà. Ma Iddio è giusto. Iddio l'ha gastigati. (Toglie dalla tasca la tazzina da caffè, il piattino e il cucchiaino.) C'era scritto compreso er servizio. (Al maestro di musica:) Attacca, Giovacchì, che se ne annamo.

Affaccete alla finestra

o grugno sfranto

der bene mio conoschi

er sentimento

der bene mio conoschi

er sentimento

tu pagheme da cena

ch'io t'amo tanto.


Paggio Fernando[4]

Poteva anch'esser peggio

e invece sono un paggio

che nacqui sotto un poggio

che stava sotto un faggio.

Di notte, con un raggio

di sole, era di maggio

da dentro feci il viaggio

di fuori ah! che coraggio!

nel fare il passaggio

mi sporcai tutto il visaggio

e lo dico in linguaggio

di neonato paggio,

saggio è un oltraggio

al messaggio con vantaggio.

Non mi rendete omaggio

del mio modesto saggio?

Ebbene io sono il paggio.

Il paggio Ferdinando, sissignori, il paggio Ferdinando

della Partita a Scacchi.

   Ferdinando, sissignore, perché a quei tempi tutti quelli che non l' avevano il d, zacht! glielo tagliavano.

Voi non potete immaginare cosa accadde quel dì. Ma lo sa il ban­dito Ernani che canta sempre: Sono il bandito Ernani, odio me stesso e il dì. Che tipo era Ernani! Odiava il d. Non poteva odiare il pi, il qu, l'erre, l'effe, il ci... No! Lui odiava il di.

La prima volta che vidi Jolanda la guardai negli occhi suoi che sono tanto belli e gli dissi: - Jolanda ci facciamo una partita a scacchi? -Ma sì, disse lei, facciamoci una partita a scacchi. Poi sai come è, quando si è lì. Ci siamo fatti una prima partita, poi ce ne siamo fatti un'altra, poi ancora. Alla fine io non vedevo che scacchi intorno a me.

O Jolanda, o dolce nome

che significa viola, violetta, violoncello, violino,

antimandola, mandolino, chitarrone.

O Jolanda, o donna amata

o viola violata, o gentil violazione.

Io guardo gli occhi tuoi che sono tanto belli.

Stretta la foglia, larga è la via

dite la vostra, che ho detto la mia.

Jolanda, ti ricordi quando ci amavamo di quell'amore idropolosichi-noterapeutico, antigalvanico, fantasmagorico, corroborante, digestivo, febbrifugo, galvanoplastico.

Era di giugno

e a giugno, tornerò a farti le dolci serenate.

Ah! Quella partita! Era partita e venne subito.

Io fo un passo di cavallo

lei mi mostra la sua torre

io l'alfiere metto in ballo

spingo avanti e soffio il re.

Al mio soffio raffreddato

esce il re con due pedoni.

La regina ha minacciato

di pestar l'alfiere e il re.

Per tirar la torre in ballo

tre pedoni allor le mostro

ma quel ciuco di cavallo

me li schiaccia tutti e tre.

(È il destino del pedone.)

I  salamini[5]

Del dì nel quale io mi maritai

Con mia moglie non feci questione mai.

Qualche volta la porto anche sul tranvai

Questa mattina i salamini mi comprai.

Ho comprato i salamini e me ne vanto.

Se qualcuno ci patisce che io canto

È inutile sparlar

È inutile ridir

Sono un bel giovanottin

Sono un augellin...

Vorrei tornar bimbino

Da tutti carezzato

Di sera e di mattino

Vorrei esser sbuccellato

Allor chi mi vedeva

Di me si innamorava

Al seno mi stringeva

Evviva l'alluminio!

Fiore di virgoletta e di bacillo

Quando ti vedo mi fa male un callo

Ti amo come si ama il coccodrillo.

Fiore di pippa spenta in bocca a un pollo

Sei bella più del grasso nel cappello

Più di una busta senza francobollo.

Fiore di viole

Dovevano arrivare trentasei automobili

E arrivato un carrettino a mano

Eh! ti à piaciato?...

Io sono un poeta estemporaneo improvvisatore

Imbecille io son

Perché?

Perché sì. Insisto sul sì; non faccio del male a nessuno se dico di sì; quante cose si possono risolvere rispondendo di sì; e allora, sì.

Ti à piaciato?...

Mi chiamo Ambrogio

Ho l'orologio

Che segna sempre

Le ventitré

Chi sa perché?

E quando piove

Riparo dove

L'acqua non cade

Sopra di me

Chi sa perché

Forse perché io non sono biondo

Ed ho gli occhioni belli...

E sono tondo tondo

E canto gli stornelli

Ti à piaciato?

Adesso ti dò un problema: ho un'automobile della forza di cento­cinquanta cavalli sulla quale possono andare sei persone e l'automo­bile può fare quaranta chilometri all'ora. Quanti anni ha l'autista? Lo sai o non lo sai? Ha trentadue anni. C'è poco da ridere: è un amico mio; me lo ha detto lui. Ti à piaciato, eh?

Tutto è sbagliato, tutto un mondo da rifare. Ieri un amico mi ha detto: «Andiamo a trovare un tale in casa di salute. Era morto, era morto di salute. Un altro mi indica una cancellata; ma come può essere cancellata se c'era. Un tale mi indica per strada un signore e mi dice: lo vedi, quello è il perito... Ma come poteva essere perito, se era vivo. Tutto sbagliato, tutto un mondo da rifare. Un altro mi dice: ti voglio portare a vedere il cantiere... stavano tutti zitti... non cantava nessuno. Ti à piaciato, eh?

Tutto sbagliato, tutto un mondo da rifare... per esempio, dicono orologio... ma orologio quando è d'oro ma quando è d'argento, argentologio, e quando è di nichel, nichelologio. Tutto sbagliato, tutto un mondo da rifare. Per esempio, miope, quando sono io miope ma quando è lui, luipe, e quando sono loro, lorope... Ti à piaciato, eh?...

In Italia non c'è patriottismo. Stasera, magari vado in galera, ma dico tutto; sì, perché tutti i grandi uomini che hanno speso la metà della vita per l'indipendenza italiana vengono cacciati via. L'ho visto io, con i miei occhi, scritto: Via Cavour, Via Garibaldi, Via Mazzini, Via Quintino Sella, Via Giovanni Lanza. Bisogna scrivere Resta Ca­vour, Resta Mazzini, Resta Quintino in Sella. Ti à piaciato, eh? Più stupidi di così si muore.

Tutto sbagliato, tutto un mondo da rifare. Per esempio questo cosetto qui che teniamo sulla giacca si chiama bottone, e quello dove ci mettono il vino la chiamano botte. Questi che abbiamo qui nella pancia li chiamano intestini, ma intestini quando stanno in testa; quando stanno qui impancini. Tutto sbagliato, tutto un mondo da rifare. Lo sai che differenza passa tra un soldato e il ferro? Che il soldato monta la guardia e il ferro china bisleri. Più stupidi di così si muore.

Ho comprato i salamini e me ne vanto.

Se qualcuno ci patisce che io canto

E inutile sparlar

È inutile ridir

Sono un bel giovanottin

Sono un augellin...


Amleto[6]

Io sono il pallido prence danese,

che parla solo, che veste a nero.

Che si diverte nelle contese,

che per diporto va al cimitero.

Se giuoco a carte fo il solitario

suono ad orecchio tutta la Jone[7].

Per far qualcosa di ameno e gaio

col babbo morto fo colazione.

Gustavo Modena, Rossi[8], Salvini

stanchi di amare la bionda Ofelia

forse sul serio o forse per celia

mi han detto vattene, con Petrolini, dei salamini.

Il gallo canta. Il padre mio ha fatto l'uovo. È là, mi si presenta sotto le spoglie di un fantasma. Ma di ben so fantasma non hai mai preso qualche equivoco in tempo di vita tua? Lo so ti fu inoculato il veleno in un orecchio. Ha il cimiero alzato, grida vendetta, sarai vendicato! sarai vendicato!

Della defunta madre incestuosa,

spesso, fremente, pulso l'avello.

Buongiorno mamma, che fa? Riposa.

Perché la uccisi, prese cappello.

Essere o non essere questo è il problema... e pensare che metà dell'umanità ha passato la vita a studiare queste parole. Essere o non essere...

Ed il problema del prima e poi

studiiioooo, silente, con ogni cura.

Dalla natura venimmo noi.

Niente può farsi contro natura.

Si può essere più afflitti, più lagnosi, più melanconici di Amleto?

Poteva essere felice, no! Poteva essere amato, no! Io non ho mai capito che cosa voleva Amleto. Ma che voleva Amleto?

Giuoco a scopone

il mio compagno spariglia i sette.

Compro le scarpe

mi vanno strette.

Se qualche volta in festa io ballo

la mia compagna mi pesta un callo.

Monto in vettura

muore il cavallo.

Vado a Messina

viene il terremoto.

Se compro un sigaro

ci trovo un pelo.

Ma si può essere più disgraziati di Amleto?

Ofelia è là, gioire, amare, sognare sì sognare perché l'amore:

L'amore è facile

non è difficile

si ha da succedere

succederà.


Fortunello[9]

racconto idiota:

Sono un tipo: estetico,

asmatico, sintetico,

linfatico, cosmetico.

Amo la Bibbia, la Libia, la fibia

delle scarpine

delle donnine

carine cretine.

Sono disinvolto.

Raccolto

Assolto «per inesistenza di reato».

Ho una spiccata passione per: il Polo Nord. La cera vergine. Il Nabuccodonosor. Il burro lodigiano. La fanciulla del West. La carta moschicida. La cavalleria pesante. I lacci delle scarpe. L'areonatica col culinaria. Il giuoco del lotto. L'acetilene e l'osso buco.

Sono:   Omerico

Isterico

Generico

Chimerico

Clisterico.

Ma tutto quel che sono,

non ve lo posso dire,

a dirlo non son buono,

mi proverò a cantar.

Sono un uom grazioso e bello

sono Fortunello.

Sono un uomo ardito e sano

sono un aeroplano.

Sono un uomo assai terribile

sono un dirigibile.

Sono un uomo che vado in culmine

sono un parafulmine.

Sono un uom dal fiero aspetto

sono Maometto.

Sono un uomo senza nei

sono il 606.

Sono un uomo eccezionale

sono un figlio naturale.

Sono un uom della riserva

sono il figlio della serva.

Sono un uomo senza boria

so' il caffè con la cicoria.

Sono un uomo ginegetico

sono un colpo apopletico.

Sono un uomo assai palese

sono un esquimese.

Sono un uomo che poco vale

sono neutrale.

Sono un uomo senza coda

sono una pagoda.

Sono un uom condiscendente

sono un accidente.

Sono un uomo della lega

di chi se ne stropiccia.

Sono un uomo che pesa un gramma

sono un radiotelegramma.

Sono un uomo di Stanbul

sono un parasul.

Sono un uom dei più cretini

sono Petrolini.

Sono un uom che fo' di tutto

sono un farabutto.

Ma tutto quel che sono,

non ve lo posso dire,

a dirlo non son buono,

mi proverò a cantar.

Ma poiché non sono niente

sono un respingente.

Se avessi assai pretese

sarei un inglese.

Se fossi un Ministro

sarei un cattivo acquisto.

Se avessi il naso camuso

sarei come Caruso.

Se vivessi ognor sperando

morirei cantando.

Se fossi una signora

lo vorrei ancora.

Se avessi riga in letto

sarei Rigoletto.

Se avessi i guanti grigi

sarei di Parigi.

Se andassi retrocarico

sarei austroungarico.

Se avessi una palandra

sarei come Salandra.

Se fossi meno buffo

sarei Titta Ruffo.

Se avessi uno stuzzicadenti

mi pulirei i denti.

Se fossi il Padreterno

guadagnerei un terno.

Se in testa avessi un elmo

mi chiamerei Guglielmo.

Se fossi una sciantosa

farei veder la cosa.

Se avessi un po' di pane

mi mangerei il salame.

E se ne avete a basta

io ve lo metto all'asta.

E quando sarà duro

sarà come un tamburo.

E quando sarò secco

me ne andrò a Lecco.

E quando sarò prete

avrò entrate segrete.

E come le pacchiane

avrò le sottane.

E come tutte le spose

avrò le mie cose.

Se mio nonno avesse la cosa

sarebbe mia nonna.

Se mia nonna avesse il coso

sarebbe mio nonno.

Ma tutto quel che sono

non ve lo posso dire

a dirlo non son buono

mi proverò a cantar.

Se ogni giorno mi purgo

sono Pietroburgo.

Se mi purgo di rado

sono Pietrogrado.

Se fossi una cocotte

passeggerei la notte.

Per non avere impiccio

gli brucio il pagliericcio.

Non faccio mai una stecca

sono una bistecca.

Io sono molto astuto

sono uno sternuto.

Se prendo tutti in giro

sono un capogiro.

Se mi fa bene il moto

sono il terremoto.

Se vado nella fogna

sono una carogna.

E se non mi capite

sono una polmonite.

Se fossi più simpatico

sarei meno antipatico.

Se fossi più antipatico

sarei meno simpatico.

E se non ve l'ho detto

io sono il sopradetto.

E se non ve l'ho scritto

io sono il sottoscritto.

Ne fo' d'ogni colore

sono un commendatore.

Io sono molto stitico

sono un uomo politico.

Mi piace il socialismo

sono un enteroclismo.

Sono un uomo melanconico

sono un amaro tonico.

Se fossi una ciociara

la venderei più cara.

E gira e fai la rota

di come sono idiota.

Ma tutto quel che sono

non ve lo posso dire

a dirlo non son buono

mi proverò a cantar.


La canzone delle cose morte[10]

Signore e signori, so che molti supercritici dopo essersi divertiti a sentirmi, vanno dicendo: «Sì, ma in fondo dice un mondo di stupidaggini».

Ebbene, signori, ora basta. Vi dirò delle cose profonde filosofiche, scientifiche, dense di pensiero, di dottrina e di cultura.

Bello è d'intorno il rapido cadere

delle morte energie, che non han fine.

Bello è nel cuore il lento soggiacere

delle passioni, mentre imbianca il crine.

E qualcosa s'en va, senza che mai

faccia ritorno al vivere fatale.

Volgiti indietro, e la miseria udrai,

la miseria che piange, in sulle scale.

Tanto gentile e tant'onesta pare

la donna mia, mentr'ella altrui saluta,

che al vederla così bene vestuta,

quindici lire le si posson dare.

Va per i celi denzi un nembo scuro

ed è l'anima mia che le va dietro.

O dolcezza di un tempo meno duro.

O durezza di più di mezzo metro.

Su per le calli, torturando i calli,

le valli, gli avalli e le convalli

rammento te, mazza di S. Giuseppe,

quando Letricia mia, quando vedrai

Pape Satan, Pape Satan Aleppe.

Volgiti indietro, la miseria udrai,

la miseria che piange sulle scale. (E commovente eh?)

Rotto è questo mio cuore.

E rotto e frale,

è rotto, è rotto; è rotto, è rotto, è rotto

ed io me ne strapongo sopra e sotto.

A stracci, a pezzi, a morsi, a cenci, a ciocchi.

A minuzzoli, a pugni, a mani, a sacchi.

A falde, a spoglie, a spolverini, a ciocche,

a spicchi, a foglie, a picchi, a pocchie, a pacchie,

a quadri, a cubi, a tondi, a perle, a fiori.

Le donne, i cavalier, l'armi e gli amori.

Nel mezzo del cammin di nostra vita

arma la poppa e salpa verso il mondo

là dove chiederai: è lei, è lei quel tal signore

che sedeva accanto a me sul tranvai?

E quest'amore, per cui piangete o donne

e lacrimate forte

che il Re di Creta

è condannato a morte.

Presso la culla

in dolce atto d'amore.

A l'ombra dei cipressi

e dentro l'urne.

Se mi scappa, chi mai l'afferrerà?

Amor che null'amato, amar perdona

se tu le mani ormai ti sei lavate

ti consegno il mio cuor dentro una biscia

floscia, s'inguscia, nella grascia, ambascia,

all'uscio dell'angoscia cresce ed esce,

ripasce e poscia pasce e pesce piglia

quella biscia che in cuor freddo bisciò.

Tutto di verde mi voglio vestire.

Tore è partuto e sola ti ha lasciato.

Quando Rosina scende giù dal monte.

A marechiaro ci sta una finestra

dove ognuno ci fa una fermatina, e se ne va

e se ne va per la via vagabonda

allegra o moribonda, mesta o cogitabonda

o bionda, o bella bionda

sei come l'onda.


[1] Secondo A. Calò (op. cit, 1, p. 37) fu rappresentato al caffè-concerto Gambrinus di Roma il 16 aprile 1903.

[2] Francesco De Pinedo, famoso aviatore italiano che nel 1929 fece il «volo dei tre continenti». Si tratta, evidentemente, di un'interpolazione  assai più tarda.

[3]              Frequentato caffè romano dell'epoca.

[4] Parodia de La partita a scacchi di Giuseppe Giacosa, in repertorio fin dal 1912.

[5] Rappresentati per la prima volta al Teatro Morisetti di Milano nel 1908.

[6] Nato dalla collaborazione con Libero Bovio, fu rappresentato da Petrolini tra il 1912 e il 1914.

[7] Melodramma (1858) di Enrico Petrella.

[8] Ernesto Rossi, uno dei maggiori attori dell'Ottocento.

[9]              A. Calò (op. cit, I, p. 47) ha rintracciato nell'Archivio Petrolini il visto per la rappresentazione in data 27 febbraio 1915.

[10] Registrata su disco nel 1926, fu scritta, forse, l'anno prima.