Mare e wisky

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MARE E WISKY

Commedia in tre atti

di GUIDO ROCCA

PERSONAGGI

(in ordine di entrata in scena)

BRUNO, il chitarrista

RAF­FAELE, il barista

CELESTINO, l'uomo delle gardenie

BENEGGI

ELSA SCIONTI,

MARINA, figlia di Elsa

ANNA TIERI, figlia dei Tieri

MARIO

TERESA, sedicenne ricca

CLAUDIO

SILVIA, ex attrice di rivista

CAR­LA TIERI

PAOLO TIERI, il marito

ANGELO RATTONI, industriale

FRANCESCO

ATTO PRIMO

PRIMO QUADRO

Il portico basso, verso strada, di un famoso locale estivo che continua ad essere un ritrovo veramente elegante pur essendo diventato famoso. La sera si af­folla di un pubblico che, per l'occasione, si mette in ghingheri, ma, per una certa cerchia, in genere ben provvista di denaro ma non solo di quello, il locale, e il suo bar in particolare, costituiscono un punto di passaggio o di recapito a ogni ora del giorno e della notte: tornando dalla spiaggia o dal tennis, per la­sciare al barista una borsa o gli slip o le racchette, verso mezzogiorno per un'abbondante "prima cola­zione" , casualmente al tramonto per qualche incontro volante; e immancabilmente all'una o all'altra ora della notte.

A seconda delle maggiori o minori disponibilità sceniche si scorgerà l'intera facciata, con le sue lar­ghe aperture al piano superiore e, sotto, il portico, i finestroni e la porta, senza battenti, del bar, di cui si scorgerà tutto l'interno, col pubblico che vi si alterna e, in secondo piano, la gran sala centrale coi tavolini e la pista da ballo; oppure la scena risulterà limitata, in altezza, allo spiovente del tetto di tegole del por­tico, i cui montanti di legno scandiranno a intervalli regolari il davanti della scena, mentre le aperture (finestre e porta) del bar saranno provviste di chiu­sure adeguate (tende alla veneziana per le finestre, un doppio portello battente tipo "saloon" del Far-West per la porta), onde le controscene del bar non richiedano soverchio impiego di figuranti. Le didasca­lie sì riferiscono a questa seconda soluzione.

Una mattina di fine agosto. Il mare è invisibile ma vicino. Giornata perfida, di libeccio. Una delle finestre del bar, quella prossima al banco, ha la "veneziana" alzata. Al levar del sipario, Raffaele, sta riordinando il portico. Un ostricaro, quasi al limite della quinta, monta il suo banchetto. Dal lato opposto, un uomo sta in disparte, appoggiato a un muretto, su cui sta un cestello di fiori: legge un giornale a fumetti; un altro giovane uomo, Bruno, sta suonando alcuni ac­cordi con la chitarra. Poi, sottovoce, attacca a can­tare:

Bruno                            - Come ogni segno / che sulla riva / l'onda viene / a cancellar / non c'è mai / una storia estiva / destinata / a continuar.

Questo è il regno / di un'attiva / prosperosa / so­cietà / elegante e riflessiva / peccatrice... / ma con sobrietà.

Senza impegno / troppo acceso / con prudenza / ed attenzione / non c'è mai una conseguenza / per­ché manca la passione.

Raffaele                        - (rientra reggendo un tavolino, insieme ad una folata di vento) Che razza di libeccio...

Celestino                       - Sembra quello di due anni fa... Ti ricordi due anni fa?

Raffaele                        - (di malumore) Come no? Ci sono an­cora dodici persone che mi devono pagare il conto, da allora!

Celestino                       - Quelle, faresti meglio a scordartele. (Raffaele prepara i tavolini con tovaglia, portacenere e carte)

Bruno                            - Già, l'anno della tromba d'aria.

Celestino                       - Di quella famosa giornata che ho ven­duto tutte le mie gardenie. Un cesto pieno!

Raffaele                        - Assomigliava a questa. Grigia cosi. E non prometteva certo quello che è poi accaduto. Ne sono successe di cose, in poche ore!

Celestino                       - L'amore, grazie a Dio, non tiene conto delle condizioni atmosferiche.

Bruno                            - L'amore...

Raffaele                        - (dietro al banco, armeggiando con bic­chieri e tazzine) Mi ricordo cosi bene... (A Bruno) Tu proprio li che canticchiavi la canzone di moda quell'anno... (Bruno eseguisce. A Celestino) ... Tu pre­paravi i mazzetti con la carta d'argento... (Eseguisce anche Celestino) ... Beneggi entrò di li, preceduto dal suo cappello... (La porta del bar si spalanca, un pa­nama che vola in scena e un uomo sulla cinquantina che lo insegue cercando di afferrarlo. È vestito di bianco con un golf scuro. Ha a tracolla un grosso bi­nocolo da marina)

Beneggi                         - Accidenti! (Raffaele gli raccoglie il cap­pello) Grazie Raffaele...

Raffaele                        - Signor Beneggi, i miei rispetti!

Beneggi                         - (cerca una sedia) Nessuno ancora?

Raffaele                        - Anche la signora Scionti deve aver pre­so paura del tempo. Prende qualcosa?

Beneggi                         - Un caffè. Bollente. (Sfoglia il giornale) Questo tempaccio viene dal Caucaso. C'è scritto qui. "Una corrente d'aria fredda che attraverserà tutta la zona mediterranea. Non si escludono nevicate sui monti". Hai capito? Andiamo a sciare. (Si alza, muo­ve verso un finestrone laterale. Punta il cannocchiale verso il mare) Naturalmente sul mare non c'è un pat­tino. Queste onde mi privano del mio solo diverti­mento. (A Raffaele) Secondo te, la Perini Savoldi ha un bel petto? Lo so, ci giureresti. E invece io ti dico di no. Né bello né brutto; non ne ha affatto. (Allu­dendo al cannocchiale) Me lo ha rivelato lui. Il largo per me non ha più segreti. (Entra Elsa Scionti. Bru­na. Sui quarant'anni. Porta un impermeabile sopra un abito di cotone stampato, un fazzoletto di seta co­lorata annodato sotto il mento)

Elsa                               - Il buon Dio ha inventato il libeccio per dar fastidio agli sporcaccioni come lei...

Beneggi                         - (si volta, sorride, viene a farle il baciama­no) Cara Elsa, ha proprio ragione! Mi dica un po' che giornata!

Elsa                               - (sfilandosi il foulard e l'impermeabile) Per me sono gli esperimenti atomici. Non c'è più regola, non ci sono più stagioni...

Beneggi                         - Io dovrò rinunciare al mio... informatore, ma Claudio Pani non potrà invitare le ragazze sul suo motoscafo, e se non può mettere in mostra il motoscafo avrà perso la sua sola arma per far con­quiste.

Elsa                               - (mette una moneta nel juke-box) Lei ce l'ha con Claudio. Perché? (Il juke-box non funziona) Raffaele, questo arnese si è mangiato le mie cento lire. (A Beneggi) Io, Claudio, lo trovo un ragazzo ado­rabile...

Beneggi                         - Giustissimo. Lei ha una figlia da sposa­re. Io no. Posso essere più obiettivo.

Elsa                               - Questa insinuazione mi offende. Come se Marina dovesse preoccuparsi di accalappiare un ma­rito! (Alludendo al juke-box cui ha dato parecchi colpi) Niente da fare: ci rinuncio.

Beneggi                         - Non un marito qualsiasi, beninteso, ma uno con i milioni che ha Claudio...

Elsa                               - Innanzitutto anche le pietre sanno che Claudio è innamorato di Anna e non della mia Ma­rina, e poi ho detto semplicemente che è un ragazzo adorabile. Non vuol dir niente. È un apprezzamento generico.

Beneggi                         - Cara Elsa, lei è adorabile in modo non generico. Ritiro ogni insinuazione, ma a nome di tutti gli uomini senza motoscafo benedico il libeccio. Per tre giorni, almeno, si lotta ad armi pari.

Elsa                               - Per lottare ad armi pari, bisognerebbe ave­re qualche anno di meno.

Beneggi                         - (offeso) Oh, mi difendo ancora, sa!

Elsa                               - Ha ragione. Vestito, lei ci guadagna. Dun­que, viva il libeccio! Un bicchiere di latte, Raffaele.

Raffaele                        - (porta il caffè a Beneggi, indi a Celestino) Celestino, senti...

Beneggi                         - Ma come far passare la giornata?

Elsa                               - Oh, io devo occuparmi della cena che Sil­via offre stanotte. Un beach-party. Ha dato incarico a me di far tutto: inviti, menu, organizzazione.

Beneggi                         - Mi dica del menu.

Elsa                               - Ho riservato per noi la terrazza della spiag­gia. Tutti seduti su cuscini. Non le pare una buona idea? E avremo un'orchestrina per noi soli.

Beneggi                         - Senza economie, insomma.

Elsa                               - Oh, davvero non ho rimorsi. Tanto si sa chi paga.

Beneggi                         - Ma è vero che lui il promesso sposo non ci sarà?

Elsa                               - No. È una cena che per Silvia è un po' un... addio al celibato. Si dice cosi, vero? Si sposano la settimana prossima.

Beneggi                         - Un bel colpo, non c'è che dire.

Elsa                               - Voleva il matrimonio che tutti le invidia­mo e l'ha avuto. Se si pensa che è rimasta per tre anni a far la fame mostrando le gambe in rivista!

Beneggi                         - Tre anni per accorgersi di gambe come le sue... il mondo è proprio stupido! (Rumore di fre­nata) Qui c'è scappato il morto...

Elsa                               - Non si vede niente...

Beneggi                         - Sarà uscito dalle siepi...

Elsa                               - Ma non è un incidente grave... (Sta pren­dendo delle note su un foglietto) Salmone o pompel­mo ghiacciato?

Beneggi                         - Come?

Elsa                               - Per cominciare, come antipasto...

Beneggi                         - Tutt'e due...

Elsa                               - Dev'essere un pranzo un po' diverso dai soliti. Che cosa si può inventare?

Beneggi                         - Perché uno dei nostri pranzi sia diver­tente, bisognerebbe innanzitutto cambiare gli invitati, ma siccome non è possibile...

Elsa                               - Che discorsi! (Riprende a scrivere) Consomé freddo o raviolinì alla panna?...

Beneggi                         - (con le carte incomincia un solitario) Raviolini alla panna. È vero che lui ogni mattina svegliandosi trova dieci milioni sul comodino?

Elsa                               - Dieci non so, ma tanti...

Beneggi                         - Diecimila biglietti da mille... Pesano! Deve avere un comodino d'acciaio...

Elsa                               - Ed è un bell'uomo, gentile, spiritoso, al­legro...

Beneggi                         - Ci mancherebbe altro che fosse triste!... (Appare sul proscenio un giovane uomo bruno. Pantaloni azzurri, camicia bianca. Scorgendo Elsa è Be­neggi, dopo un attimo di esitazione, fa un cenno di saluto col capo, un po' timido, si porta poi all'interno. Si siede al banco del bar. Elsa e Beneggi hanno mo­strato con evidenza la loro curiosità. Quando il gio­cane scompare all'interno, Elsa dà di gomito a Be­neggi)

Elsa                               - L'ha visto, il figlio dell'oste. Ormai è sem­pre qui. E si sta raffinando. Chissà quante zuppe di pesce ha dovuto cucinare suo padre per pagargli un maglione come quello!

Beneggi                         - No, no, no... quel maglione è un regalo. Fatto a mano, e si sa da chi... Tardone... scambio merce...

Elsa                               - Già... (Commentando l'azione di Francesco all'interno) Viene qui, si siede, beve, paga, come noi

Beneggi                         - (si volta mentre il giovane estrae un foglio da diecimila e lo porge a Raffaele) In quanto a pagare, paga meglio di me!

Elsa                               - Ma lei resta quello che è egualmente.

Beneggi                         - La trovo eccessiva, cara Elsa. Non vedo perché quel ragazzo non dovrebbe avere il diritto di venire qui. E poi non è stato a letto con un paio di nostre care amiche? E allora? Consideriamolo un pa­rente acquisito.

Elsa                               - Sa benissimo che non alludo a queste vec­chie storie, ma alla sua intimità con Anna.

Beneggi                         - Be', il nostro giovanotto è giustificabile se cerca amori meno stagionati.

Elsa                               - Ma Anna è amica di mia figlia. Finché va a letto con le nostre amiche, resta uno stipendiato, ma se si innamorano di lui le nostre figlie, questo può dargli dei diritti. Anche la democrazia dovrebbe avere un limite, mi pare. Neghiamo almeno il nostro letto all'espansione del proletariato. (Si alza) Vado dal cuoco a ordinargli il menu. (Fa per avviarsi, ma scorge Marina e Anna che stanno arrivando) Marina, Anna, finalmente! (Contemporaneamente Francesco si era avviato pure lui, ma trovatosi di fronte alle ra­gazze, si ferma imbarazzato. Anna Tieri e Marina, la figlia della Scianti, sono due ragazze di vent'anni; Marina è in blue-jeans, camicetta e pullover, Anna porta un paio di pantaloni di velluto color lampone e un golf della stessa tinta, ma entrambe sono inbacuccate in un impermeabile che portano sulle spalle. Stanno ridendo, ma s'interrompono bruscamente quando scorgono Francesco. Elsa naturalmente non perde un dettaglio della scena. Le due ragazze devono passare davanti a Francesco che si fa da parte. Anna non può impedirsi d'incontrare il suo sguardo, nel quale indugia un attimo, stringendo forte il braccio dell'amica. Francesco se ne va. Anna vorrebbe vol­tarsi, ma non lo fa. Comunque è turbatissima. Elsa va incontro alle ragazze)

Marina                           - (baciandola) Ciao, mamma.

Elsa                               - (a Anna in tono mondano) Cara Anna, co­me va? (A Raffaele) Datelo al cuoco, Raffaele. (Ad Anna) Mamma, papà?

Anna                             - Sono arrivati stanotte.

Beneggi                         - C'è anche Rattoni?

Anna                             - Naturalmente. Oh, non è una gaffe. Ormai sono dieci anni che godo del privilegio di avere due padri...

Elsa                               - E Claudio?

Anna                             - Non l'abbiamo visto, stamattina.

Marina                           - Senza motoscafo non ci serve.

Elsa                               - (A Anna) È innamorato pazzo di te. Ed è un ragazzo bene. È serio, un lavoratore...

Anna                             - (ironica) Si, un tipino allegro...

Marina                           - Però ha tutte le qualità perché, una vol­ta sposato, ci si possa divertire con altri.

Elsa                               - Marina! (Ad Anna) Prendi qualcosa?

Anna                             - Grazie...

Elsa                               - Grazie si o grazie no?

Marina                           - Prendiamo una spremuta. (Mette le so­lite cento lire nel juke-box. A Raffaele) Ci fa due spremute, Raffaele? (Alludendo al juke-box) Ma non funziona!

Elsa                               - Ha mangiato cento lire anche a me!

Marina                           - (a Raffaele) Con ghiaccio... la spremuta, e un goccetto di gin. Me lo permetti, vero, mamma?

Elsa                               - Dopo i ventidue whisky che ti ho pagato nel conto di questa settimana... cosa vuoi chiedere il permesso...

Marina                           - Ventidue? È impossibile!

Anna                             - Non siamo ancora delle alcoolizzate, si­gnora, non si preoccupi.

Beneggi                         - C'è solo un fatto preoccupante: che nes­suno ve li abbia offerti...

Marina                           - Noi ci diamo solo per amore. A propo­sito... È deciso il pranzo di Silvia?

Elsa                               - Ho finito ora il menu per il cuoco.

Marina                           - E gli inviti?

Elsa                               - Li ho fatti io.

Marina                           - Buona sera, la solita gente, le solite facce! Raffaele, ricordati di far aggiustare quell'af­fare. Ogni tanto s'incanta! Cosa faceva qui France­sco? Gli avevi dato appuntamento?

Anna                             - No, ti garantisco.

Elsa                               - (a Beneggi) Ha visto la faccia sconvolta di Anna? Lui è proprio un mascalzone.

Marina                           - (ad Anna) Anche tu vai proprio in cerca di guai.

Beneggi                         - A questo punto c'è da credere che sia innamorato.

Anna                             - (a Marina) Devi parlargli tu, a Francesco. Digli che non voglio vederlo più! Che lo supplico. (Vanno al bar)

Elsa                               - Anche se fosse "innamorato", non ne ha il diritto. È assurdo; che cosa spera... Se l'ama tanto, lasci che si sposi, che faccia il matrimonio per bene. Avrà tutto il tempo dopo, le estati prossime, da lu­nedì a venerdì. E non ci sarà più niente da ridire... insomma, molto meno...

Beneggi                         - Provi a dirglielo. Forse non ci ha pen­sato. (Prendendo le carte già pronte sul tavolo) Due mani di Singa-singa?

Elsa                               - (guarda Beneggi con diffidenza, col sospetto che la stia prendendo in giro) Va bene. La rivin­cita di ieri. (Incominciano a giocare. Arriva intanto dalla passeggiata un personaggio nuovo, un giovane uomo bruno. Beneggi e Elsa lo osservano un attimo con curiosità, poi riprendono a giocare. Arriva Raf­faele e riceve dal nuovo arrivato un'ordinazione. Il giovane si è messo di fianco a Elsa che gli volta le spal­le. Quindi egli può vedere la carta che la Scionti tiene in mano indecisa se scartarla o no. Con le lab­bra lo sconosciuto fa dei rapidi segni di disapprova­zione. Elsa si volta ed egli le sorride, confermandole la propria opinione. Per cui Elsa cambia scarto, poi pesca ed esclama)

Elsa                               - Jolly! Chiuso!

Beneggi                         - Pensare che andavo per una! Che cosa avrebbe voluto darmi?

Elsa                               - Un dieci.

Beneggi                         - Ecco!  Avrei chiuso io. (Elsa rifà le carte rapidamente, le distribuisce. Arriva Raffaele con la bibita)

Mario                            - (a Raffaele) Con un po' di selz, per favore. (Raffaele se ne va. Elsa e Beneggi hanno ripreso la partita. Elsa si ritrova nella situazione di prima, e Mario ripete il suo cenno di disapprovazione. Elsa decisa cambia scarto e Beneggi)

Beneggi                         - Il jolly. Ho chiuso!! (Elsa si volta furi­bonda verso Mario che sorride, con timida ironia)

Mario                            - Stavolta ho aiutato il signore. Una volta per uno, no? (Si alza)

Elsa                               - Ma...

Beneggi                         - È un indovino...

Elsa                               - Un po' sfacciato, mi sembra? (Ritorna Raf­faele col selz. Dal fondo giunge una esile voce di ra­gazzina che canta una canzone, con stile moderno, urlato)

Elsa                               - Teresa, se non canta muore.

Beneggi                         - È tanto carina...

Elsa                               - Anche se si veste sempre in un modo...

Beneggi                         - Assomiglia tutta a suo padre.

Elsa                               - (riprendendo a giocare) È il suo ritratto vivente, le mancano solo i baffi e le corna... (Teresa appare in scena. Scorgendo Elsa e Beneggi tace di colpo)

Teresa                            - Oh, buongiorno.

 Elsa                              - Ciao, piccola.

Beneggi                         - Canta pure, sai? (Bruno rientrato da po­co si avvicina con la chitarra, e fa a Teresa un invito muto perché continui)

Teresa                            - Oh no, adesso mi vergogno. C'è anche gente che non conosco!...

Mario                            - (sorride e sugli accordi suonati da Bruno, avvicinandosi a Teresa, inizia in sordina la strofa di "Ho tutto per essere felice". Teresa allora, incorag­giata e divertita, canterà il primo refrain e Mario a voce spiegata il secondo) Ho tutto per essere fe­lice / eppure c'è qualcosa che non va; / è un peso che / ho dentro il cuor: / mi manca un po' d'amor.

Ho tutto per essere felice / ma ho capito quello che non va; / è un tutto che / non basta a dar / né gioia né felicità.

Ho l'alfetta e lo yacht, / sono ricca, bella e chic, / quando guardo dò lo choc / e al resto ci pensa papà con lo chèque.

Ho tutto per essere felice / eppure c'è qualcosa che non va; / è un tutto che / non basta a dar / né gioia né felicità. / Ho tutto per essere felice / ma qualco­sa... non va! (Finita la canzone Mario applaude Te­resa)

Mario                            - Ho capito quello che non va, è legata a un ricordo, questa canzone?

Teresa                            - Sono troppo giovane per avere dei ricor­di. È legata a me. E mi piace.

Mario                            - Ed è brava!

Teresa                            - (indicando Bruno) No, è lui che è bravo. Si chiama Bruno. È famoso. Io lo chiamo l'urlatore confidenziale, ma è il chitarrista degli innamorati.

Bruno                            - La professione più inutile del mondo.

Mario                            - (ridendo) È vero. Non c'è nessuno che dia più noia a due innamorati che vogliono star soli, di uno che suona la chitarra al loro fianco. Per for­tuna ci sono anche gli innamorati americani... sono sempre sbronzi...

Elsa                               - (scorgendo Claudio che avanza) Oh, caro Claudio! (Verso Marina e Anna) Marina, Anna! Ve­nite, c'è Claudio! (Claudio è un giovane sulla tren­tina, un po' stempiato. Avanza facendo mulinare in­torno all'indice le chiavi dell'auto)

Beneggi                         - (rapido, a Elsa) Che cosa le dicevo pri­ma? Niente motoscafo? Guardi che faccia! (Anna e Marina si avvicinano. Teresa resta invece con Bruno e Mario)

Claudio                         - Avete visto che tempo?

Beneggi                         - Correnti fredde che vengono dalla Rus­sia. Evidentemente uno scherzo organizzato per far dispetto ai capitalisti che possiedono un motoscafo.

Claudio                         - Infatti addio alla nostra gita a Portovenere.

Beneggi                         - Non te la prendere. Il libeccio dura tre giorni soli e Portovenere non scappa.

Claudio                         - Non mi piace quando qualcosa manda a monte i miei progetti.

Beneggi                         - Sono le contrarietà che temprano il ca­rattere. Mio padre è fallito due o tre volte per gio­vare alla mia educazione. (Teresa si avvicina)

Marina                           - Chi è? Una tua nuova conquista?

Teresa                            - L'ho conosciuto adesso.

Marina                           - Un nuovo arrivo? Chissà se è scapolo!

Elsa                               - Non è al mare che si trovano i mariti. Con un paio di pantaloni e una camicia gli uomini si as­somigliano tutti. Poi in città ti accorgi che hanno una giacca sola.

Marina                           - Secondo la mamma gli uomini si pos­sono giudicare solo quando hanno calze e scarpe.

Beneggi                         - È un nuovo metodo di studio psicolo­gico? Un giudizio dell'anima partendo dai piedi?

Elsa                               - Un controllo della condizione sociale. Fatto questo è fatto tutto. Solo i ricchi hanno un'anima. Magari malvagia... ma è un dettaglio e si studia in un secondo tempo.

Claudio                         - E io che anima avrei?

Marina                           - Tu sei troppo ricco, puoi permetterti anche di non averla. (Allude a Mario) Comunque qui c'è talmente poca scelta, che ogni arrivo va va­gliato con attenzione.

Anna                             - Lo conoscete?

Elsa                               - Mai visto prima. Ma so che dovrebbe gio­care al lotto, vero Beneggi?

Marina                           - Claudio, perché non ci porti in paese? Devo comperare una collana da mettere stasera al pranzo, col vestito nuovo.

Claudio                         - Andiamo. Vieni anche tu, Teresa?

Teresa                            - No. Io vado in spiaggia. Se verrà fuori il sole farò il bagno.

Anna                             - Con queste onde è più divertente. Vengo con te.

Claudio                         - Mi pareva strano. A più tardi, allora.

Marina                           - Ciao, mamma. (Se ne va con Claudio)

Teresa                            - (a Mario) Arrivederci. Ci vediamo an­cora, vero?

Mario                            - Certo. Devo restare per forza.

Teresa                            - Perché? Oh, mi scusi: è la mia amica Anna. (Mario dà la mano ad Anna)

Mario                            -  Ho avuto un piccolo incidente di mac­china e devo aspettare che me l'aggiustino.

Elsa                               - (che si è avvicinata con Beneggi) Un in­cidente?

Mario                            -  Vede quel gruppo di gente li in fondo? Stanno guardando la mia auto abbracciata a un palo della luce.

Beneggi                         - Un folle amore della macchina per il palo della luce? Sarebbe un'anomalia sessuale che farebbe un romanzo di successo.

Mario                            - Un'auto ninfetta di 12 anni e un palo del­la luce di cinquantadue, naturalmente... (A Elsa) No, signora, è stata semplicemente la necessità di evi­tare un cane.

Elsa                               - E lei non si è fatto nulla?

Mario                            - Per fortuna, niente. E nemmeno il cane.

Elsa                               - Mi pareva di aver sentito il rumore di una spaventosa frenata.

Beneggi                         - Che macchina ha?

Teresa                            - Stia attento a rispondere, perché lui giu­dica la gente dall'automobile! L'ho sentito io; e ha una teoria molto complicata.

Elsa                               - Ma Teresa!

Mario                            - (ridendo) È una millecento, ma non mi giudichi male!

Teresa                            - (ad Anna) Devo aver detto una cosa che non va. (Soffoca una risata)

Elsa                               - Non sai proprio stare al mondo! (Teresa ed Anna se ne vanno)

Beneggi                         - Spero che la battuta della ragazzina non inverta le parti e non metta lei in grado di giu­dicare me...

Mario                            - Per carità. E poi le faccio credito che non sia vero.

Elsa                               - E una ragazzina un po' stramba... e poi non è nemmeno colpa sua...

Mario                            - Perché? E molto simpatica.

Elsa                               - Certo, è un amore. Tanti auguri, allora! (Avviandosi Elsa viene al tavolo, ritira l'impermea­bile. Avviandosi, con Beneggi) Questa digressione di Anna sulla spiaggia non mi piace. E a proposito, già che sta arrivando, farei bene ad avvertire suo padre.

Beneggi                         - Quale dei due?

Elsa                               - Non faccia lo spiritoso!

Beneggi                         - Li guardi un po', a furia di avere la stessa donna hanno finito persino per rassomigliarsi.

Elsa                               - Che moralità!

                                      - (Arrivano Carla Tieri, madre di Anna, in mezzo a suo marito Paolo e al suo amante ufficiale Angelo Rattoni. I due uomini si assomigliano. Vestono allo stesso modo, in tenuta di equitazione)

Elsa                               - Carissimi. Ho saputo da Anna che siete arrivati stanotte; cara Carla. Approfitto dell'occasio­ne per invitarvi alla cena che Silvia offre stanotte. Un addio al celibato. Tutti in terra sui cuscini. Sarà divertente. Silvia quando vuole sa essere allegrissima e questa è l'occasione.

Angelo                          - Perché? Mica è rimasta ancora vedova! (Beneggi scoppia a ridere)

Elsa                               - (a Paolo) Fatto buon viaggio?

Angelo                          - Tre ore nette da casa a casa. 52 minuti esatti per la Cisa.

Beneggi                         - E stamattina subito a cavallo? Avete una bella vitalità!

 Carla                            - Avete visto Anna?

Elsa                               - Si, è in spiaggia con Teresa.

Carla                             - Noi andiamo a cavalcare...

Angelo                          - ... Non in senso metaforico, s'intende!

Carla                             - (mentre Beneggi esplode ancora) Ange­lo!... Se la vedete, ditele di raggiungerci... Paolo, An­gelo, andiamo. (Esce)

Angelo                          - Non si può mai scherzare con tua moglie.

Paolo                             - Sai che Carla non tollera le volgarità... (E offre una sigaretta a Angelo)

Angelo                          - Grazie caro. (Indi offre una sigaretta a Paolo)

Paolo                             - Grazie caro. (7 due se ne vanno)

Elsa                               - Che gusto ci sarà ad andare a letto con due uomini che s'assomigliano!  Mah!  E lei ride alle sue idiozie... Chissà che cosa ci trova da ridere...

Beneggi                         - Le dirò. Ho una concezione nuova dell'umorismo. Non rido alla battuta in sé. Però mi sembra un fatto umoristico che si possano dire delle battute tanto idiote credendo di essere spiritosi e che si possa essere cosi idioti e avere guadagnato tanti soldi.

Elsa                               - È un cretino.

Beneggi                         - - Si, ma un cretino povero è un cretino, un cretino ricco... è un ricco. (Escono. Mario potreb­be essere decisamente isolato, in penombra, e i tre nelle stesse posizioni che avevano a inizio d'atto. Bruno canta)

Bruno                            - Come nell'acqua / di uno stagno / in questa bella / comunità / se un sasso / vi cade a bagno / l'equilibrio / un po' turberà.

Questa pietra / che la piatta / superficie sconvol­gerà / è un po' il diavolo / e un po' la matta / nel gran gioco della società.

(Anna e Francesco arrivano da parti opposte. Ma­rio ritorna in luce)

Francesco                      - (ad Anna che fa per ritirarsi) Anna!

Anna                             - (fingendo male) Oh ciao, avevo dimenti­cato il mio pullover.

Francesco                      - Anna!

Anna                             - (raggiungendo il pullover ma lasciandovelo, sbrigativamente) Oh! C'è ancora. Meno male. Dimmi.

Francesco                      - Non prendere il tono mondano; non c'è nessuno per apprezzarlo.

Anna                             - Non posso farmi vedere con te. E poi non voglio. Non voglio i fiori che mi fai portare da Cele­stino. Perché cerchi di vedermi? Ti avevo pregato...

Francesco                      - Ti devo parlare. Tutte le cose che si dicono sul conto mio...

Anna                             - Oh, ti prego. Lasciami stare; la gente non ha fatto in tempo ad accorgersi di noi. Claudio mi fa la corte e i miei sono felici.

Francesco                      - Dovremo vederci, invece. Se vuoi, ci incontreremo, semplicemente, ogni tanto, e se non cambierai idea, va bene, mi arrenderò a Claudio.

Anna                             - Non è possibile, Francesco. Non posso. Ti amerò sempre, lo sai, come nessun altro...

Francesco                      - Oh, si, certo. Mi amerai come nes­suno, stando con un altro. Si usa! (Se ne va)

Anna                             - (quasi gridando, sottovoce) Francesco! (Poi si volta e fa per andarsene in fretta dalla parte opposta, ma si trova di fronte a Silvia) Silvia!

Silvia                             - (scherzando) Non ho visto niente, stai tranquilla.

Anna                             - Oh, sono tanto infelice...

Silvia                             - E perché? Perché sei innamorata di Fran­cesco?

Anna                             - Si, dell'ultimo uomo di cui avrei dovuto innamorarmi!

Silvia                             - (sempre con un tono allegro e lievemente ironico) Perché non nasce bene?

Anna                             - Perché non ho il coraggio di decidermi per lui e nemmeno di rinunciarci, o almeno, lo vor­rei, ma non ne sono capace. Tu che non sei come mia madre o come Elsa, che cosa mi consigli?

Silvia                             - (scherzando) Sssst... non ricordarmi che nasco poco bene anch'io. Con tutta la fatica che ci metto per farlo dimenticare!...

Anna                             - Non volevo dir questo...

Silvia                             - Lo so. Sai che cosa ti dico: se proprio ti piace, deciditi per lui.

Anna                             - E se poi dovessi pentirmene?

Silvia                             - Che importa!  Intanto avrai avuto un po' di felicità, e questa nessuno te la potrà portar via.

Anna                             - Ma sarò felice?... Vedi, io ho sempre pen­sato che le cose importanti siano un abito bianco, la casa da arredare, i regali, essere per un giorno la protagonista del consenso di tutti. E questo con Francesco...

Silvia                             - Già...

Anna                             - È quello che vuoi anche tu, del resto.

Silvia                             - (vivacemente) Si... ma non è al primo Francesco della mia vita che ho preferito il resto... e poi io non sono un buon esempio.

Anna                             - Oh, il mio è un gran brutto pasticcio! (Se ne va)

Silvia                             - (a Raffaele) Buon giorno Raffaele, il so­lito!

Mario                            - (richiamandola) Signorina! (Anna si vol­ta di scatto) Ha dimenticato il pullover.

Anna                             - Oh, grazie. (Prende il golf, un po' imba­razzata e scappa via. Silvia si è accorta di Mario; solo dopo questo suo intervento e lo osserva con una punta di curiosità. Si muove allora verso il juke-box e anche a lei capita come agli altri che l'hanno pre­ceduta. La macchina inghiotte la moneta e non fun­ziona. Dopo qualche tentativo Silvia scrolla le spalle e vi rinuncia. Si siede, ordina con un gesto a Raffaele la "solita bibita" - forse un whisky - sfoglia di­stratta il giornale. Nel frattempo Mario dopo un ti­mido tentativo di rendersi utile per il juke-box, ve­dendola desistere, si trova verso la macchina musi­cale con un attimo di ritardo; senza crederci tenta allora con un colpetto di farla funzionare e al mo­mento in cui le volta le spalle (alla macchina) que­sta si mette a funzionare suonando il "Tema d'amo­re". Silvia alza il capo di scatto. Mario è sorpreso quanto lei, ma le sorride. Nel momento in cui le sor­ride, dal juke-box cade una pioggia di monete da cento lire. Silvia ride e fa per accendersi una siga­retta, ma due volte il fiammifero viene spento da una folata di vento. Arriva Raffaele con il whisky. Tenta pure lui di accendere, ma il suo accendino non funziona. Sempre una folata di vento glielo spe­gne. Raffaele se ne va in cerca di fiammiferi e Mario si avvicina, leva un cerino che rimane acceso davanti a Silvia per un lungo attimo. Silvia accende e sus­surra un "grazie". In quest'istante preceduta da un breve sibilo si scatena una breve tromba d'aria. Le tovaglie si sollevano dai tavolini, cadono i bicchieri, Raffaele e Bruno si precipitano fuori. Silvia ha un attimo di panico e fa per nascondersi e istintivamen­te si butta verso Mario. Contemporaneamente volano in aria le gardenie dal cesto di Celestino abbando­nato su un tavolo e piovono addosso a Mario che ne afferra un mazzetto. Segue un'enorme calma improv­visa e Mario offre le gardenie a Silvia. Le tovaglie e i fiori sono sparsi ormai in terra)

Raffaele                        - Una tromba d'aria. Non si spaventi, signorina. È già passata.

Bruno                            - È venuta anche un'altra volta, anni fa. (Silvia guarda Mario)

Mario                            - Si, ma io non c'ero. (Silvia ride)

Bruno                            - È incredibile! Ed è andato via il libec­cio, di colpo.

Raffaele                        - (si ferma ad ascoltare) Già. Calmato proprio. Ed è tornato il sole. È un fatto straordina­rio. Vedrete che ne parleranno i giornali.

Mario                            - Chissà da che cosa dipende.

Raffaele                        - La Scionti direbbe che sono gli espe­rimenti atomici.

Silvia                             - Esperimenti atomici? Forse ha ragione...

SECONDO QUADRO

(Dopo qualche secondo di oscurità la scena si il­lumina su un attacco pieno d'orchestra che suona "Serata di gardenie". Celestino indossa un pullover bianco, Raffaele si muove verso il fondo con un vassoio di bicchieri e una bottiglia di whisky. Sul fondo, coppie che stanno ballando)

Bruno                            - (in un angolo, canta la canzone, seguendo l'orchestra) Serata di gardenie / follie d'estate / ore stregate / che invitan solo all'amor.

In riva al mare / in due soltanto / si può creare qualunque incanto.

Serata di gardenie / tutto è possibile / è un in credibile / sognò d'amor che si fa realtà.

Estate e amor / notti profumate da un fior / e un faro lontano sul mar / è la luce del nostro cuor. (Finita la canzone a Celestino che si muove col ce­sto) Pensi di venderle tutte?

Celestino                       - Mah... C'è un'aria strana in giro. (Va verso la sala)

Bruno                            - (riprende la chitarra e canta) Questa sera, come sempre / luci accese decolletés / e per prima avanza austera / una coppia... che son tre. (Arrivano Carla e Paolo Tieri con Angelo Rattoni. I due uomini vestono anche ora in modo quasi ugua­le. Seguono Carla, affiancati)

Carla                             - Paolo, Angelo, entriamo? Fuori fa ancora troppo fresco.

Angelo                          - Avevo proposto di andare altrove, tanto per cambiare. Ma niente da fare. Invito a cena o no, tutte le sere si casca qui.

Carla                             - Se non le piace non ha che da non ve­nirci.

Angelo                          - (seccatissimo) Oh, mi scusi!

Paolo                             - Ma Carla...

Carla                             - (avviandosi) Entriamo, su. Da quando è scesa la borsa è diventato un po' permaloso. (Si tro­va a faccia a faccia con Beneggi) Oh, carissimo... (Beneggi le bacia la mano)

Angelo                          - Il giro della testa di una donna si fa in fretta, ma per entrarci... (Beneggi ride) Questa volta non c'è niente da ridere.

Beneggì                         - Scusi, la trovavo un'osservazione spi­ritosa.

Paolo                             - Su, su, non vorremo guastarci la serata. Ai malumori di mia moglie non bisogna dar peso. (A Angelo) La conosci, no?

Angelo                          - Mah! (Entrano. Dal fondo la voce di Elsa che accoglie cordialmente i nuovi arrivati. In­tanto arriva dalla strada Mario e s'incontra con Te­resa uscita sulla veranda)

Mario                            - Come siamo eleganti!

Teresa                            - Le piace? Bene, perché stasera sono sul sentiero di guerra.

Mario                            - Stasera non si canta?

Teresa                            - Faccio la ragazzina per bene.

Mario                            - Però aspetta qualcuno.

Teresa                            - Si, Silvia, la conosce?

Mario                            - Si... cioè... no.

Teresa                            - Ma l'ha sentita nominare?

Mario                            - Certo.

Teresa                            - Si sposa fra pochi giorni.

Mario                            - Lo so.

Teresa                            - È molto bella, vero?

Mario                            - Molto e in un modo speciale.

Teresa                            - In che senso?

Mario                            - Penso che sia proprio come la si vede. Voglio dire: ci sono persone che hanno gli occhi chiari, capelli rossi, la vita sottile, le gambe dritte, lunghe, ma dentro sono piccole, grasse e con gli oc­chi storti.

Teresa                            - (ride) Come Marina... È vero. Silvia è cosi diversa da tutti qui. E lei le fa il complimento più bello.

Mario                            - Oh, è solo una impressione.

Teresa                            - Certo. (Dentro l'orchestra attacca "Sìl­via") La sente la sua canzone? Peccato che non sia qui.

Mario                            - (mormorando) A Silvia. Proviamo a chia­marla?

Teresa                            - E come?

Mario                            - A nostro modo. (Mario attacca sussur­randola la canzone) Diceva un poeta / che oggi è immortale / cantando una bella che aveva il tuo nome / dei versi che ora / vedendoti uguale / più viva di quella io canto per te.

Silvia / lieta e pensosa / con gli occhi ridenti e fuggitivi / due versi / sono poca cosa / per dirti ora come m'apparivi. / Silvia / vorrei trovare / un canto nuovo scritto sol per te: / ma io / non son poeta / e quello che so dire, è poca cosa, ahimè! (Alla fine Teresa batte le mani e Mario si avvede di Silvia che lo sta ascoltando da qualche attimo)

Teresa                            - Silvia! Il gioco di prestigio è riuscito. Ti abbiamo chiamata con la canzone e sei arrivata. Come sei elegante! Le altre possono andare tutte a nascondersi e tuo marito sarà ricco, sarà conte, ma non ti merita!

Silvia                             - (sorridendo) Ti prego, Teresa. Sono fatti nostri...

Teresa                            - Ti preoccupi per lui? Ma lui è amico mio. Abbiamo persino cantato insieme...

Mario                            - (sorridendo) È vero: siamo intimi.

Silvia                             - Ho capito. Andiamo, Teresa, dagli altri.

Teresa                            - Lei viene, dopo?

Mario                            - Certo. (Abbassa il capo in segno di sa­luto)

Teresa                            - (allontanandosi, a Silvia) Potresti invi­tare anche lui al pranzo. È simpatico, sai? (Escono. Mario rimane solo. Accende una sigaretta, fischietta "Silvia". Entrano Anna e Marina)

Marina                           - Si soffoca dentro. E poi un tale morto­rio! Sai cosa ti dico? Tre mesi al mare sono troppi. Beati quelli che lavorano. Quest'inverno mi trovo un amante o apro una boutique.

Mario                            - (a Raffaele) Si faccia aprire una boutique dal suo amante.

Silvia                             - (riapparendo) Anna, Marina, cos'è que­sta fuga?

Marina                           - Vieni anche tu. (Silvia si avvicina) Pren­diamo qualcosa?

Silvia                             - Sì, un caffè. Sarà talmente noiosa la mia cena che qualcosa per star svegli non fa male... (Ar­riva anche Teresa)

Marina                           - Caffè. Caffè? Si, caffè, caffè. Quattro caffè.

Silvia                             - (con una sfumatura di tenerezza ad Anna che si è seduta) Anna, su col morale.

Marina                           - Crisi?

Silvia                             - ...di solitudine; capita.

Marina                           - Con tutta questa gente?

Silvia                             - Appunto.

Marina                           - Come siete deprimenti! Proviamo a fare il giuoco dei quattro fanti, per svegliarci. (Avvici­nandosi al bar, ove entra) Vado a prender le carte.

Silvia                             - È un'idea!

Teresa                            - È un gioco stupido, ma divertente. E qualche volta dice la verità.

Marina                           - (riapparendo con le carte) Allora, inco­minciamo? (Si siede, distribuisce delle carte e giun­gendo al primo fante del mazzo) Il primo turno toc­ca a te, Anna.

Anna                             - Preferirei rinunciare.

Marina                           - Come sei poco spiritosa. Lo sai che tan­to è un giuoco. Non vorrai prenderlo sul serio?

Anna                             - Lo stesso.

Marina                           - Padreterno che vegli su di me, preser­vami dalle complicazioni sentimentali, dai pensieri d'amore, te ne supplico.

Anna                             - (a Marina, dura) Per i pensieri d'amore stai tranquilla: dovresti prima incominciare a saper pensare.

Teresa                            - (ad Anna) Non so cosa aspetti a scappare di casa, ma quando ti decidi?

Marina                           - Teresa, stai zitta e segui il giuoco.

Silvia                             - (ridendo, a Marina) Su, su; mi presto io al giuoco dei quattro fanti. Accetto di compromet­termi. E rischio, perché vi assicuro che ci credo, io.

Marina                           - (stende i quattro fanti sul tavolo) Bene. Allora incominciamo a dare un nome a questi si­gnori. Il fante di cuori?

Silvia                             - Lui, naturalmente. Il mio futuro sposo. Ha diritto di precedenza.

Marina                           - Il fante di quadri?

Silvia                             - (allegramente) Claudio. (Ad Anna) Vediamo se esistono delle possibilità di portarti via uno spasimante.

Marina                           - Picche?

Silvia                             - (ridendo) Beneggi. L'uomo maturo, il "viveur". Poi gli diremo se gli conviene farmi la corte.

Marina                           - Fiori?

Silvia                             - (dopo un'esitazione) Fiori, fiori... Chia­miamolo "X". Il signor X.

Teresa                            - "X" anche per te, o siamo solo noi che non dobbiamo conoscere il suo nome?

Silvia                             - Un'ipotesi, un'idea.

Anna                             - "L'idea" di un uomo?

Silvia                             - L'Amore. Pensiamolo cosi.

Marina                           - Bene. Taglia. (Silvia sta per eseguire con la mano destra) Con la sinistra!

Silvia                             - Già  - (Esegue)

Marina                           - Chi fa le domande?

Silvia                             - Tu.

Marina                           - Vediamo un po'. Prima di tutto, la do­manda regolamentare. Con chi vorresti far l'amore? Adesso. Subito. (Scoprendo le carte) Picche, cuori, quadri, fiori!  Con l'uomo che non c'è!

Silvia                             - Che sfortunata! Non posso nemmeno chiederglielo. Passerei comunque a domande meno imbarazzanti.

Marina                           - Eh no, altrimenti il giuoco non conta. Pensa che ieri quando l'ho fatto per me, le carte di­cevano che volevo baciare Sandro il bagnino, far l'amore con Sandro il bagnino e poi invece che vo­levo sposare Claudio.

Teresa                            - (prevedendo l'intervento delle altre) Non è affatto un controsenso, del resto! Le carte prima dicono la verità, e poi quello che ci ha insegnato la mamma. Se Sandro non fosse un bagnino, chi di voi non lo bacerebbe volentieri? (A Marina) Adesso vorrei sapere piuttosto dalle carte chi è che Silvia bacerà questa sera.

Silvia                             - Nessuno, va là.

Marina                           - (voltando le carte) Fiori, cuori, picche, quadri. Quadri, picche, quadri, fiori! Oh, ma è una mania, con questo fante di fiori senza nome! Io smetterei il gioco, in attesa che tu faccia la sua co­noscenza.

Silvia                             - Si, smettiamo. (Riappare Mario dall'om­bra)

Marina                           - Oh, lei è ancora qui? Ma perché non entra? Si è proprio affezionato a questa terrazza?

Silvia                             - Aspetterà qualcuno, Marina. Sei indi­screta.

Mario                            - No, no; il fatto è che non conosco nes­suno là dentro.

Marina                           - (butta insieme le carte) Ritorniamo alla bolgia?

Anna                             - Si. Andiamo?

Claudio                         - (arrivando al bar) Ah, siete qui. Non vi trovavo. Vi ho cercato in spiaggia...

Anna                             - Che idea!

Teresa                            - In spiaggia si va per pomiciare.

Claudio                         - Potevate esserci andate da sole.

Teresa                            - Allora ci giudichi delle stupide.

Claudio                         - E qui che cosa ci fate?

Teresa                            - Reparto donne sole. (Ricordandosi di Mario) Oh, scusa, conosci il signor... (A Mario) Scu­si, mi è sfuggito il suo nome.

Mario                            - Non gliel'ho mai detto.

Claudio                         - (a Marina) Tua madre era già inquieta...

Marina                           - O sperava che avessi finalmente trovato marito?

Claudio                         - (ad Anna) Sono qui per chiederti di ballare. Vuoi?

Anna                             - (tende l'orecchio alla musica) Calipso. (Di malavoglia) Se vuoi, andiamo pure. (Si avviano)

Marina                           - Non si capisce se tanto entusiasmo sia per il calipso o per...

Silvia                             - (interrompendola) Marina! Hai ancora vent'anni di tempo per assomigliare a tua madre!

Marina                           - Oh, ti dirò...

Teresa                            - (prendendo Marina sottobraccio) È il momento di andare a trovare due cavalieri anche noi. (A Mario) Lei viene? Se vuole, mi può invitare.

(Mario sta accendendo la sigaretta, ma tenta inutil­mente. Sorridendo interviene Silvia e gli risolve il problema. Mario la guarda. Sorride e risponde a Te­resa)

Mario                            - Ci ho ripensato. Non so ballare.

Teresa                            - Come vuole. Se mai, ci raggiunge. (A Silvia) Ehi, Silvia, ricordati che alle due devi fare la padrona di casa. (Esce con Marina)

Silvia                             - (rimasta sola con Mario) Già. Lei, che è cosi bravo, provi un po' a fermare il tempo. Non so cosa pagherei per rinunciare a questo pranzo...

Mario                            - Lei sa che io la conosco...

Silvia                             - Non è improbabile. Mi avrà vista in tea­tro o in un film. Ma forse lei i brutti film non li vede...

Mario                            - Cosa c'è stato, fra lei e il cinema?

Silvia                             - Un malinteso.

Mario                            - Dopodiché ha deciso di prender marito.

Silvia                             - Per quanto si possa decidere una cosa del genere. Sono stata fortunata. Ho tutto quello che una donna può desiderare. E forse qualcosa di più. (Raffaele porta i caffè) Oh, i quattro caffè!...

Mario                            - Io conosco anche lui.

Silvia                             - Ma lui, non lo ha visto in un film.

Mario                            - No. Vi ho visti insieme.

Silvia                             - E dove?

Mario                            - In un fosso.

Silvia                             - E cosa facevamo in un fosso?

Mario                            - Non si ricorda? Sarà un anno fa, sulla via di Fregene. Tenevate cosi scrupolosamente la destra...

Silvia                             - Ah, ricordo. Quella macchina americana che ci aveva stretti. E lei è quel simpatico signore sceso da una millecento sgangherata per darci una mano?

Mario                            - Il suo compagno era molto nervoso.

Silvia                             - In macchina ha un caratteraccio. Ma solo in macchina.

Mario                            - Lei invece... era come adesso. (Dopo un istante, guardandola) Tale e quale... Permette? (Indi­cando la sedia)

Silvia                             - (lo guarda. Credendo che Mario parli dei caffè) Oh, certo, tanto sono quattro. Sa, non lo avrei riconosciuto.

Mario                            - E poi ci siamo incontrati un'altra volta... ma lei non può ricordare... Se si dovessero ricordare tutte le facce che s'incontrano a che cosa servirebbe essere importanti... Lei è qui da molto?

Silvia                             - Si. Da giugno. Come le mie amiche.

Mario                            - E viene qui tutte le sere?

Silvia                             - (con un mezzo sorriso) Noo. O qui, o al Caprice, o alla Perla del Bosco.

Mario                            - Lo dice come se ci fosse rassegnata.

Silvia                             - Mi diverto molto, invece.

Mario                            - Si vede che la sopravvaluto... A me sem­bra di vederla cosi sola, qui in mezzo.

Silvia                             - Se cosi fosse, sarebbe tutto torto mio. (Breve pausa) Ma... si vede?

Mario                            - Devo dire la verità? Si.

Silvia                             - Ma guarda un po'... secondo lei ho l'aspet­to di una donna che si annoia, insomma... Se anche mi annoiassi un po', ne varrebbe la pena, non tro­va?... Ma... si rende conto che ci conosciamo da due minuti, ci diamo del lei, e cerca già di strapparmi i segreti della... mia anima, e io le rispondo con una certa confidenza...

Mario                            - Mi fa molto piacere che sia cosi. È quel che sento.

Silvia                             - Anch'io, ma...

Mario                            - Le dispiace?

Silvia                             - No. Ma è buffo. (Dalla finestra riappare Elsa, ed appaiono subito dopo altri personaggi che si affacciano a parlar fuori)

Elsa                               - (verso Silvia, ad alta voce) Se è un flirt, dura troppo.

Silvia                             - Abbiamo scoperto che siamo amici di vecchia data.

Elsa                               - Il passato che si fa vivo?

Silvia                             - A suo modo.

Elsa                               - Diffida...

Marina                           - Mamma, ho voglia di bere!

 Elsa                              - Eh? Ma bevi...

Claudio                         - Abbiamo voglia tutti di bere, si avvi­cina mezzanotte, l'ora difficile da superare.

Teresa                            - È vero che lei riparte questa notte?

Mario                            - (sorridendo) No... Per fortuna, non posso. (Riattacca la musica all'interno)

Claudio                         - (ad Anna) Posso avere l'onore anche di un secondo ballo?

Anna                             - D'accordo.

Claudio                         - Oh... non ci speravo. È una serata spe­ciale!

Teresa                            - È vero, è una serata speciale. (Se ne va anche lei)

Elsa                               - Eh, già... il passato... (Esce)

Silvia                             - (a Mario) Vede com'è fortunato? Capita qui proprio in una sera che pare meno monotona del solito... (Si sente all'interno la lunga risata di Beneggi) ... anche se le risate di Beneggi non manca­no mai: ci campa; del resto, lei non conosceva nes­suno dei miei amici?

Mario                            - No...

Silvia                             - Appaiono spesso nelle cronache mon­dane...

Mario                            - Dei privilegiati.

Silvia                             - Già...

Mario                            - Voglio dire degli avvantaggiati dal fatto che i giornali non sanno mai come riempirli. (Silvia lo guarda un attimo in silenzio, sorridendo)

Silvia                             - E lei chi è?

Mario                            - Io? Io sui giornali ci andrò solo per l'an­nuncio mortuario! Non sono mai riuscito a diventare importante. Prima ho cercato inutilmente di laurear­mi, poi di fare l'attore anch'io. In rivista mi avevano preso perché sapevo cantare. Dalla rivista sono pas­sato poi ad un romanzo a fumetti.

Silvia                             - Per scongiurare il pericolo che lei can­tasse?

Mario                            - (ride) Si. Ma scarsi risultati anche li. Si chiamava "Le labbra che scottano". Si. Ma io ero solo l'autista dell'amante della donna a cui scotta­vano le labbra. Cosi, visto che non sarei mai riuscito a diventare un divo, ho rinunciato anche a questa carriera.

Silvia                             - (sorridendo) Non è stato un uomo molto organizzato, insomma...

Mario                            - Se intende alla maniera di tutta questa gente, no.

Silvia                             - Perché ce l'ha con questa gente?

Mario                            - È vero, sono amici suoi... mi scusi...

Silvia                             - Non è per questo. Ma a loro modo sono più saggi di noi. Non cercano scampo nelle illusioni.

Mario                            - (sorride) Ha detto... "noi"? Ma lei non sa niente delle mie illusioni?

Silvia                             - Già, è vero. Ho detto "noi" ? Mi sono sbagliata.

Mario                            - Affatto! Io credo ai miracoli, alle scioc­chezze che non si spiegano con la logica, alle illu­sioni...

Silvia                             - (scherzando) ... anche all'amore, lo dica.

Mario                            - Lei no?

Silvia                             - (c. s.) Certo, al matrimonio bene. All'amo­re accompagnato da tutto quello che conta veramente.

Mario                            - ...noia compresa.

Silvia                             - Basta cambiare significato a qualche pa­rola, e tutto è a posto.

Mario                            - Cambiare significato alle parole. Mi dica: se cerca una spiegazione di quello che le accade ora... in questo momento... non si accorge che nessuna pa­rola è vera per esempio quanto il fatto che siamo an­cora qui a chiacchierare e che non entriamo per unir­ci agli altri?

Silvia                             - (con ironia, un po' sostenuta) Lei ha trop­pa fiducia nel suo fascino, non trova?

Mario                            - Nessuna. E badi, se lei mi dicesse: "en­triamo", le direi "d'accordo". Vorrà dire che avrà voluto farlo per motivi più giusti della ragione per cui rimane invece a chiacchierare con me.

Silvia                             - Di questa ragione non ne sappiamo nulla né lei né io... La trovo... "carino". Poi, per il resto, di lei non so nulla.

Mario                            - Se è per questo sappiamo già alcune cose. Per esempio che ci siamo intesi subito... che siamo riusciti a parlare, e non è facile.

Silvia                             - Questo è vero... mi piace la sua... filo­sofia...

Beneggi                         - (apparendo alla finestra) Silvia... siamo in cinque ad invocare un ballo con lei...

Silvia                             - Cinque? Troppi!

Mario                            - (sottovoce) Se poi sono tutti come lui!

Beneggi                         - A parte... che la sua assenza sta diven­tando sconveniente.

Silvia                             - Che ne sa lei di quello che mi conviene...

Beneggi                         - Oh, pardon! (Se ne va)

Mario                            - Un po' maleducata...

Silvia                             - No: generosa... Ho fornito a Beneggi l'oc­casione per qualche nuovo pettegolezzo...

Mario                            - (prendendole una mano) Allora lei pre­ferisce davvero restare con me?

Silvia                             - (dopo un attimo di emozione) Ma poi, chi è lei? Non sarà per caso...? Che buffo!...

Mario                            - Chi?

Silvia                             - Pensavo a un gioco... (Sorridendo sva­gata) Il fante di fiori...

Mario                            - Di fiori? E già... se devo essere un fante non sono certo quello di denari!

Silvia                             - (guardandolo) Con questa sua aria... che poi deve essere un suo metodo, quando è in cerca di conquiste...

Mario                            - Potrei dirle che non ho metodi...

Silvia                             - Credevo volesse dirmi che non cerca di conquistarmi.

Mario                            - Non lo so... so solo che lei assomiglia ogni momento di più a una vecchia idea che mi ero fatta di lei e a quella di una donna che avrei voluto incontrare.

Silvia                             - E allora? Ma si rende conto? Lasci che la guardi meglio. Oh, Dio, mica è tanto bello... (Gli tocca i muscoli delle braccia) ... e nemmeno tanto forte... ricco nemmeno. E io che possiedo una scude­ria da corsa, dovrei prendere in considerazione un cavallo zoppo... e che forse non è neppure un ca­vallo, ma una zebra o uno struzzo o che so io... Mi dica: che motivi potrebbe propormi per dimostrar­mi il contrario...

Mario                            - Forse nessuno, o solo delle parole... tran­ne che un motivo ci dovrebbe essere, una ragione che ci ha avvicinati...

Silvia                             - E la curiosità, dove la mette?

Mario                            - Curiosità per un cavallo che ormai si sa che è zoppo ed è anche figlio di uno struzzo e di una zebra...

Silvia                             - (sorridendo ma ormai presa dal gioco) Ma credo che lei sappia che io non sto aprendo un giardino zoologico. Sto semplicemente per sposarmi e il mio matrimonio presenta davvero troppi van­taggi per...

Mario                            - Tutti, meno uno.

Silvia                             - E comunque un matrimonio che ogni donna m'invidia.

Mario                            - Meno quelle che rinunciano a tutti i van­taggi in cambio di quell'uno che non c'è...

Silvia                             - Delle illuse romantiche. Io non sono di quelle.

Mario                            - Davvero?

Silvia                             - Oh, insomma, signore mio bello, lei fi­nirà per darmi sui nervi con i suoi ragionamenti. Cos'è? Uno psichiatra; o soltanto un presuntuoso? Tac, tac. Per lei tutto quadra. E ormai nella mia anima per lei non ci sono più misteri. E allora le dirò il resto: mi sono innamorata quando facevo il cinema di uno che mi pareva un vulcano. In real­tà i suoi ardori volevano solo convincermi a rac­comandare un suo soggetto a un produttore. Una seconda volta di un ragazzo che ogni giorno per ve­nirmi a trovare faceva trecento chilometri, e poi ne ha fatti seimila in una volta sola, quando mi venne in mente di dirgli che aspettavo un bambino. E mi viene a parlare d'amore...

Mario                            - La conoscerò poco, ma lei non può aver perso la fiducia nella felicità. Lo so, non esiste, o solo in certi momenti, ma sono momenti che valgono tutto il resto. Ci si sente: invincibili, bellissimi, miliar­dari, poeti, prestigiatori, eroi, ragazzini. Tutto.

Silvia                             - (dopo un attimo) ... è vero. (Sorride) E lei lo dice con un entusiasmo che è davvero un po'... e-mozionante... Però forse non basta... mi dia una pro­va... Ci vorrebbe una prova, un segno che mi potesse far credere che la mia curiosità nei suoi riguardi non è sprecata...

Mario                            - Una prova? Che prova? E difficile, Silvia... (D'improvviso va via la luce. Buio fitto. L'orchestra tace-, voci confuse all'interno)

Silvia                             - Oh Dio, ma che succede!

Mario                            - (con entusiasmo) Sono fortunato! È que­sto il segno che voleva?

Silvia                             - Già... il segno... (Ride) Oh, ma è impossi­bile... Cosa sei, un mago, tu?

Voce di Elsa                 - Raffaele!  Che cosa succede?! (Dal­la sala viene un intensificato brusio)

Voce di Raffaele          - Giovanni, le candele.

Voce di Claudio           - Sarà un corto circuito.

Voce di Teresa              - Peccato non poterne approfittare.

Voce di Marina             - Mi sono rovesciata sull'abito mez­zo whisky!

Voce di Raffaele          - Sono nel ripostiglio, nel terzo cassetto!

Angelo                          - (che ha trovato la porta del bar, ed è uscito, seguito da qualcun altro, fa funzionare l'accendisiga­ro, che poi si spegne, sostituito dalle -fiammelle di un fiammifero acceso da altri) Mettiamoci a sedere e aspettiamo.

Elsa                               - (uscita anche lei, scorgendo all'incerto chiaro­re Beneggi) Beneggi, che cosa accade?

Marina                           - (da dentro) Un vestito da buttar via.

Teresa                            - Il whisky è come la pipi dei neonati. Non macchia.

Beneggi                         - (entrando) Tre minuti troppo tardi, tre minuti esatti. (Raffaele entra con le candele)

Elsa                               - Oh, finalmente!

Beneggi                         - Tre minuti prima che si spegnesse la luce, ballavo con la più bella donna del mondo.

Teresa                            - (ormai in scena) Al buio avrebbe anche potuto essere la più brutta.

Elsa                               - Durerà ancora molto? (Ritorna di colpo, com'era sparita, la luce) Meno male! (Si guarda in­torno) Ah, Marina, sei qui? E Silvia, dov'è?

Marina                           -  Scomparsa. E non c'è nemmeno il nuo­vo arrivato...

Elsa                               - Ah, questa! Ma lui, poi, chi è?

Teresa                            - (saltella, esageratamente felice) Il signor X, signora! Il signor X!

Anna                             - Saranno andati in sala a ballare.

Elsa                               - Passando sui nostri corpi?

Claudio                         - (sopraggiungendo dal bar) Ero dall'altra parte della sala, e non invano!  Due ombre tenendosi strette, passano sulla veranda, se ne vanno in spiag­gia. Una era Silvia; ma con chi? Lui, chi era?

Marina                           - Oh, Dio, ma che fretta!

Elsa                               - Marina! Ti prego!

Teresa                            - Oh, non trovo sia il caso di farne uno scandalo!

Beneggi                         - Lasciamo la loro parte ai diritti dell'a­more...

Elsa                               - Amore? io lo chiamerei aver voglia di fare le porcherie insieme!

Marina                           - Mamma!

Elsa                               - Tendo a semplificare. (Sulla porta del bar appare e sosta Francesco. L'attenzione del gruppo si appunta su di lui. Breve silenzio)

Francesco                      - (rivolto ad Anna) Anna, vuoi ballare?

Anna                             - (guarda un attimo sconcertata Claudio, quasi aspettandosi da lui una decisione, poi ancora esitan­te, si alza, e tendendo l'orecchio al motivo che già da un po' di tempo si ode, dice dubbiosa) Un rock 'n roll... (Allo stesso istante il motivo si conclude e men­tre Anna se ne va con Francesco, alto, lento e insinuan­te, Vassoio di tromba che introduce « Serata di gar­denie »)

Elsa                               - (a mezza voce) Oh, ma... è un'epidemia.

Marina                           - Io la trovo un'epidemia magnifica, è l'u­nica malattia senza rischi, non ci si muore mai, tutt'al più ci nasce qualcuno.

Elsa                               - Marina!!

Teresa                            - A proposito cos'è esattamente la ninfo­mania?

Beneggi                         - È... una medicina... Una medicina contro la noia!

Elsa                               - Teresa, Marina, Beneggi, ma siete tutti im­pazziti? Ma cosa diavolo c'era nel whisky, questa sera?

ATTO SECONDO

Il locale visto dal lato opposto del primo atto. È in una prospettiva per cui a destra o a sinistra sia in primo piano un pezzo di spiaggia con alcune cabine e un pattino in secco sulla rena. Del locale si vedrà poi la terrazza che è a filo della spiaggia. Il fondo, e cosi la sala che rappresentava anche il fondo dell'atto pre­cedente, resta al buio. Sulla terrazza è disposta una grande tavola imbandita.. Una scala di legno sale al piano superiore. L'orchestra ridotta a quattro elemen­ti è in scena, in un angolo. Fra terrazza e spiaggia alcuni tavoli illuminati da candele rosse messe in boc­ce di vetro. Cuscini colorati in terra, un paio di sedie a sdraio.

Due ore dopo.

                                      - (Raffaele sta accendendo le candele. Alcuni invi­tati sono già sulla terrazza. Bruno è seduto su un pa­rapetto e suona alcuni accordi)

Carla                             - (a Raffaele che le porge un Martini) Grazie. (Guardandosi intorno) ... Si sono fatte le cose proprio in grande...

Elsa                               - (alludendo all'abito di Carla) Delizioso quest'abito. Volevo già dirtelo prima.

Carla                             - Oh, una cosa da mare...

Angelo                          - Si chiama "da mare" perché costa salato. (Beneggi fa la sua risata)

Elsa                               - Raffaele, un Martini anche a me. (Raffaele glielo porge)

Beneggi                         - Ma credete che Silvia si ricordi di noi? Arriverà?

Carla                             - Un po' scostumato, direi, il suo comporta­mento...

Beneggi                         - Poco prudente...

Elsa                               - Per fortuna sua siamo testimoni solo noi.

Beneggi                         - Appunto, dicevo...

Carla                             - Sono curiosa di vedere con che faccia ci saluterà.

Beneggi                         - Con faccia stanca. Almeno me lo auguro per lei. (Arrivano Anna, Marina e Teresa scortate da Claudio e vanno al buffet)

Beneggi                         - È stato comunque un amore fulmineo.

Elsa                               - Un incontro.

Angelo                          - Naturalmente di natura sessuale.

Elsa                               - (vede le ragazze che si avvicinano, tossicchia) Angelo, c'è la porcellana.

Marina                           - (alle amiche) Che saremmo poi noi.

Angelo                          - Certo che per incantare Silvia su quel terreno, il ragazzo deve aver certi numeri!

Teresa                            - (che si era avvicinata) Basta, per favore. Perché volete sporcare proprio tutto?

Carla                             - Ma si scherzava...

Teresa                            - Non è vero: non volete ammettere che possa esistere qualcuno che non assomigli a voi e ra­gioni in maniera diversa.

Elsa                               - E che si comporta, anche...

Teresa                            - Io so che non si può parlare di loro, cosi. Voi parlate per rabbia perché sentite che tra Silvia e il mio amico c'è forse dell'amore, nato per miracolo, e a voi queste cose non capitano più.

Beneggi                         - Tutti sappiamo innamorarci. Teresa.

Teresa                            - Non so, ma ho l'impressione che per voi sia un'altra cosa.

Elsa                               - Teresa, non ti sembra di esagerare?

Teresa                            - Oh, non so... si, forse. Scusatemi. (Si allon­tana verso la spiaggia. Anna la segue)

Elsa                               - Se sua madre se ne occupasse di più, invece di passare le notti al tavolo da gioco...

 Carla                            - Il giovane sconosciuto potrebbe essere an­che un primo amore che si è rifatto vivo.

Marina                           - (canticchia) Il primo amore non si scor­da mai...

Elsa                               - Il primo amore? Il mio non ricordo nem­meno che faccia avesse.

Marina                           - Mamma, dimentichi che è stato papà. Al­meno è quello che mi avete sempre fatto credere.

Beneggi                         - (guardando l'ora) Ma qui che cosa fac­ciamo? E se se ne fosse dimenticata?

Paolo                             - E se stesse poco bene?

Beneggi                         - Non ho mai saputo che certe cose fac­ciano male alla salute.

Silvia                             - Buona sera. Scusate il ritardo. (È apparsa in cima alla scala. L'orchestra attacca la Marcia Nu­ziale di Mendelssohn. Silvia scende le scale. A metà rampa si ferma. Indossa un abito da scena: con un ampio decolleté, uno spacco laterale e molti lustrini. Non è sola. Dà la mano a Mario. Gli altri ammutoli­scono. Dalla spiaggia sono arrivate anche Anna e Te­resa. All'orchestra) No... no... per carità. È di cattivo gusto. (L'orchestra tace)

Elsa                               - Ma cosa le è venuto in mente?

Silvia                             - (a Mario) Mi ricorda qualcosa questa scala. Le mie entrate. Allora ci vuole la musica della ul­tima rimista. (All'orchestra. Uno strumento accenna il refrain) Ecco, si questa. Forza! (Scende le scale con Mario cantando. Finisce la canzone su un bacio tra Silvia e Mario)

Silvia                             - (agli altri che la guardano stupefatti) Buo­na sera a tutti!  Qualcosa che non va? Ah, l'abito? Pensare che con questo abito ho avuto dei successoni. (A Angelo) Oh, non faccia lo scandalizzato. Ci veniva anche lei. Me la ricordo. Fra repliche in città e debut­ti in provincia avrà visto lo spettacolo una cinquan­tina di volte. (Carla guarda Angelo con una certa rab­bia, Paolo ridacchia)

Angelo                          - Il teatro è teatro, ma qui...

Silvia                             - Il pranzo non avrebbe dovuto essere un addio al passato? Per questo ho messo quest'abito: in fondo è un simbolo che lo rappresenta.

Elsa                               - A parte il resto potevi scegliere un simbolo meno indecente...

Silvia                             - Perché? Temi che risvegli istinti cattivi negli uomini presenti? Li sopravvaluti... e poi non te­mere. Alla fine del pranzo me lo leverò...

Carla                             - (a Angelo) Ignoravo la tua passione per la rivista.

Angelo                          - Quando eravate in montagna... la sera, nel palco del circolo...

Silvia                             - Ma accomodatevi...

Angelo                          - Per stare un po' con gli amici... La rivista era anche brutta.

Silvia                             - (che ha sentito, s'interrompe. A Carla) In­fatti mi ha offerto venti milioni per finanziarne una migliore... (A tutti) Prego, sedetevi... Raffaele? Ma già, bisogna fare i posti... in queste ultime ore mi sono preoccupata d'altro        - (pausa. Guardandoli fissi) ... ap­punto... E mi sono dimenticata di questa importante formalità. Decisamente non sono una donna di mon­do. Qual'è la persona più importante? Già. Ma secon­do quale punto di vista? Il mio o il vostro? Qual'è la regola fissa, Elsa?

Elsa                               - (con ironia) Diplomatici, forestieri, titolati...

Silvia                             - E allora, tu che sei la sola diplomatica... Qui alla mia destra. Altri diplomatici, non ne vedo, al­meno a giudicare da come mi guardano. Su. su! Ma­scherate almeno dietro a un mezzo sorriso la vostra disapprovazione. Poi vi spiegherò tutto. Tenterò, almeno. Dunque: cominciamo dai giovani. Anna e Claudio. Una di qua l'altro di là.

Carla                             - Ma... come?

Silvia                             - Stabilito che Anna non ama Claudio, ma lo tollera, per compiacere sua madre, almeno durante una festa che offro io, liberiamola dall'obbligo odioso della sua presenza troppo prossima...

Paolo                             - Ma cosa ne sa lei se mia figlia...

Silvia                             - Carissimo. Mi ricordo anche di lei. An­gelo Rattoni stasera, sarà tenuto accuratamente lon­tano da sua moglie...

Paolo                             - Non so che cosa voglia insinuare...

Silvia                             - (con un sorriso) Capisco... è tale l'abitu­dine... Se le mancherà un poco me lo faccia sapere. (Beneggi, Marina e Teresa ridono)

Elsa                               - E adesso che hai detto le tue cinque catti­verie vuoi presentarci questo simpatico giovane? L'ab­biamo visto oggi, ma vorremmo sapere il suo nome: chi è?

Silvia                             - (scherzando) È figlio della notte, cugino primo della luna, strettamente imparentato con il ma­re e con il vento... Nasce bene, insomma.

Elsa                               - Si, ma che cosa fa?

Silvia                             - Mi fa la corte.

Elsa                               - Questo l'ho intuito, ma nella vita?

Mario                            - Continuerò a fargliela.

Cabla                             - Se non sbaglio è arrivato oggi e non lo co­noscevi prima.

Silvia                             - No, altrimenti non avrei perso tanto tempo.

Beneggi                         - Il vero amore a prima vista!

Elsa                               - Ciò non toglie che venire con un flirt occa­sionale al pranzo in cui si festeggiano le tue prossime nozze... con un altro, che per di più è amico nostro... Mi sembra di cattivo gusto. Non ti pare di mettere anche noi in una situazione imbarazzante? Immagi­no ti renderai conto di quello che rischi, e che avrai già pensato al modo di giustificarti con... chi sappia­mo, ma trovo che comunque avresti potuto salvare le forme...

Beneggi                         - Lei invece ha pensato di mostrarle... È senza dubbio più divertente.

Silvia                             - Ti dirò cara Elsa che non ho pensato affat­to alle giustificazioni che darò a chi sappiamo.

Elsa                               - Ma allora sei incosciente.

Silvia                             - Ma non capisci Elsa che i sentimenti... quando si accende qualcosa dentro...

Elsa                               - E spiegami...

Silvia                             - Non si può spiegare... Non c'è una logica, non c'è un calcolo... Ti par tanto strano?

Elsa                               - Mi sembri una ragazzina...

Silvia                             - E dici poco?

Elsa                               - (con molta ironia) Ah. ho capito!... siamo sul romantico. E quindi rischi di gettare via una si­tuazione per... per un po' di simpatia? Affari tuoi.

Carla                             - (a Rattoni) Ma chi sarà lui? Mi pare una faccia già vista... Ma si, non è uno qualsiasi...

Beneggi                         - Con quell'automobile di 10 anni fa?

Angelo                          - Che c'entra? Anch'io giro spesso col To­polino per quelli del fisco...

Mario                            - Le assicuro che ho tante preoccupazioni, ma quelli del fisco non li temo...

Beneggi                         - Ecco!  È vero. Adesso ricordo. È un pez­zo grosso democristiano!

Silvia                             - No no... è inutile che cerchiate di giusti­ficarmi... Non è né principe, né milionario, né im­portante, né noto.

Elsa                               - Allora...

Teresa                            - Ma è un mago!

Elsa                               - Come?

Teresa                            - (a Mario) È vero che lei può comandare anche ai toni?

Mario                            - Ma... non lo so. Non credo.

Teresa                            - ...dire a un topo: vai e cammina sull'impianto elettrico? Stasera è accaduto proprio que­sto. Me l'ha detto Raffaele. È stato un topo a far andar via la luce.

Mario                            - Perché dovrei comandare a un topo di andare probabilmente a morire fulminato?

Teresa                            - È un'idea che mi è venuta. Lo sa che dal momento in cui lei è arrivato qua... c'è stato un grande cambiamento? E poi quando Silvia d'improv­viso è venuta dalla spiaggia con lei. Sembrava come un segnale.

Elsa                               - Teresa, hai troppa fantasia...

Teresa                            - È vero, invece. D'improvviso le cose sono incominciate ad andare al contrario del solito. (Guar­dando Elsa) Al contrario di come avrebbe voluto lei.

Elsa                               - Teresa, cerca di essere ragionevole...

Teresa                            - Sono stufa di essere ragionevole! E poi ragionevole deriva da ragionare, e se smetto di es­serlo è proprio perché mi son messa a ragionare...

Elsa                               - Visto che Teresa vi dà la sua approvazione, possiamo anche passare al buffet...

 Silvia                            - Pensa Elsa, vi fornisco un argomento di conversazione buono per almeno tre giorni... (Arriva sulla terrazza Francesco, tutti si voltano verso di lui. Un attimo di silenzio)

Carla                             - Cosa vuole, quello? Non è riservata, sta­sera, la terrazza?

Angelo                          - Oh, ma adesso!

Paolo                             - Adesso lo sistemiamo...

Carla                             - Angelo, ti prego, ho orrore delle scenate...

Silvia                             - Caro Francesco! (Gli altri la guardano di scatto) Venga, venga! (Agli altri) Invitiamo an­che lui, no?

Angelo                          - Silvia, la cosa non mi va affatto.

Paolo                             - Nemmeno a me.

Silvia                             - (a Paolo) Pensi che bella occasione sta perdendo per avere un suo punto di vista originale. Per sfatare la leggenda che le sue opinioni dipenda­no sempre dalla volontà sua.

Paolo                             - Ma questa la condivido...

Silvia                             - (a Paolo) Lei condivide con troppa fa­cilità le cose sue... Francesco, lei conosce tutti, vero? (Solo Mario gli dà la mano) Si sieda. Qui. alla destra di Anna.

Elsa                               - Con questi criteri, fare i posti diventa facile...

Silvia                             - Dici?

Elsa                               - Anche se stanotte ti senti particolarmente euforica, questo non dovevi farlo.

Carla                             - Oppure dillo che ce l'hai con noi.

Elsa                               - Questo non lo penso neppure. Non ce ne sarebbe motivo, mi pare.

Silvia                             - Io credo sinceramente che Francesco e Anna si vogliano bene...

Angelo                          - Ma si, benissimo! Avanti al grido: amia­moci tutti.

Beneggi                         - Amiamoci tutti.

Francesco                      - (si alza, va da Silvia) Non mi è pos­sibile star qui... ho sbagliato a venirci.

Carla                             - Lei ha già danneggiato abbastanza mia figlia.

Francesco                      - Io non so cos'è meglio per Anna. Solo lei stessa lo può sapere...

Elsa                               - Potrebbe sbagliarsi. Se lei riuscisse a con­vincerci di non correre alla caccia di una dote... An­na potrebbe anche credere alla favola di Giulietta e Romeo.

Silvia                             - E allora?

Angelo                          - Giulietta e Romeo non pagavano le tas­se, mia cara.

Francesco                      - (a Silvia, con un sorriso) Vede? Come posso difendermi?

Silvia                             - (a Elsa e Carla) Voi date troppo peso ai dettagli e alle apparenze.

Elsa                               - Le quali apparenze comunque a lui non giovano. Se permetti, a un amore che non fa distin­zioni di classe, io non ci credo. (Beneggi nel frattem­po è uscito dal gruppo con Marina. I due al tavolo si sono riempiti un piatto, e in disparte, pur pre­stando attenzione alla polemica, hanno incominciato a mangiare)

Beneggi                         - (con la bocca viena grida) Sbaglia Elsa, all'amore non si comanda.

Elsa                               - Bisogna solo provvedere a non sacrificar­gli troppo... ma... lei sotto sotto si è messo comodo... e vedo che si nutre, anche...

Beneggi                         - Se è anche vero che all'amore si devono dei sacrifici, non vedo perché dovrei sacrificare un pranzo io per l'amore di altri...

Paolo                             - Ma si può sapere che cosa sta succedendo?

Claudio                         - Si sta celebrando un processo.

Paolo                             - (alludendo a Francesco) A lui?

Teresa                            - (allegramente) All'amore.

Claudio                         - (a Paolo) Mi meraviglio che lei sop­porti. Io ne ho abbastanza.

Angelo                          - Giusto. Credo sia giunto il momento di togliere il disturbo.

Elsa                               - (a Silvia) Hai visto il guaio che hai com­binato?

Carla                             - Anna, vieni! (Prende la figlia per un brac­cio)

Beneggi                         - Come siete noiosi! Per una volta che un pranzo si movimenta...

Paolo                             - (a Silvia) Ma io prima di andarmene vor­rei farla ritrattare un'insolenza.

Silvia                             - Cosi tutto solo?

Paolo                             - Si, un fatto personale. Vorrei dire sem­plicemente che a me... certi abiti... e certe viste fanno ancora effetto. (Carla, Angelo, Paolo e Anna fanno per uscire, ma Mario con un balzo si mette davanti all'uscita e sbarra il passo a tutti)

Carla                             - Paolo, Angelo. Andiamo a letto!

Mario                            - Noo... vi prego. Fermatevi. Non vorrete dimostrare di aver cosi poco spirito... e non potete squalificare Francesco cosi, liquidarlo con due parole e andarvene senza dargli la possibilità di difendersi. Siete poco democratici. Claudio ha parlato di pro­cesso. E facciamolo. Io sono sicuro che la signora Scionti lo accetta. Siamo al mare, in una serata di fine estate. Divertiamoci un po'. L'argomento poi, in­teressa tutti e le opinioni mi sembrano cosi divise. Facciamo come se fosse un gioco. Qualche volta non fate anche il gioco della verità? Questo può essere un no' la stessa cosa. Un giuoco della verità senza bigliettini.

Carla                             - Io odio quel gioco.

Mario                            - Vuol dire che non è in grado di capire uno scherzo? Oppure avete qualcosa da temere?

Elsa                               - Per carità! Paura di che? Facciamolo pure, questo processo.

Mario                            - D'accordo. Ma allora in ogni processo l'im­putato ha diritto a un difensore, e va rispettata la procedura. Facciamolo con tutte le regole.

Angelo                          - E chi sarebbe il giudice?

Mario                            - (guarda intorno. Si ferma su Beneggi) Lei?

Beneggi                         - Io? Be'... se non si tratta di un diritto d'anzianità... dopo un pasto cosi e tre whisky, credo anche di riuscire ad essere imparziale.

Mario                            - Bene... (Strappa il paralume che assomi­glia al copricato di un magistrato e una tovaglia rossa da un tavolo e veste Beneggi) ... Perfetto. Ha l'aria quasi autentica. Si metta al suo posto. (Lo fa accomodare al centro della tavola centrale) Raffaele vuole sgomberare per favore? Dei simboli... mange­recci... al tavolo di un magistrato, sarebbero di cat­tivo gusto... (Raffaele esegue facendosi aiutare da Celestino e da Bruno) Anna e Francesco di aua, al banco desìi accusati. Mi rincresce. (Anna e France­sco si siedono ad un tavolo a destra) Signora Elsa... Be', mi sembra che l'accusa le spetti di diritto! (Strana una tovaglia rossa e gliela accomoda sulle spalle) Le sta bene, sa?

Elsa                               - Lei crede che non accetti il gioco? Avanti.

Silvia                             - Non vi lamenterete più che questi pranzi al mare finiscono tutti sempre alla stessa maniera...

Beneggi                         - Come finirà, proprio non lo so, ma certo che l'inizio mi sembra promettente...

Mario                            - Marina, Teresa, voi per favore, qui a sinistra fra i testimoni. (A Raffaele) No, Raffaele, il whisky non lo porti via. È un processo, ma in fondo resta sempre una serata mondana.

Beneggi                         - Ottima idea. (Tracanna un bicchiere)

Claudio                         - Se permettete. io me ne andrei.

Mario                            - Niente affatto! Se permette, lei serve alla difesa.

Elsa                               - Chi sarebbe lei?

Mario                            - (indica Silvia) Noi due.

Silvia                             - Può servire come teste a discarico...

Eira                               - (non capisce) Non capisco...

Claudio                         - E stiamo a vedere allora! (Si siede in disparte) Anche se mi sembra che siate tutti im­pazziti!

Teresa                            - Certo! Era ora!

Claudio                         - Ti consiglio di leggere meno fumetti, Teresa!

Beneggi                         - (picchia col cucchiaio del ghiaccio contro il bicchiere) Silenzio! o faccio sgombrare l'aula.

Angelo                          - Perché?

Beneggi                         - In fondo è la prima volta che faccio il giudice e se non minaccio di far sgombrare l'aula, che giudice sono?

 Angelo                         - (breve) Io trovo che il processo è inutile. Stiamo discutendo su una colpa che Anna non può commettere. Si è mai visto un processo alle sole in­tenzioni?

Teresa                            - Perché non può commetterla?

Elsa                               - Non può, perché un figlio di oste non esi­ste. (Agli altri) Vi accorgevate voi della sua esi­stenza?

Carla                             - Per carità.

Anna                             - Ma Francesco ha studiato e adesso si è impiegato in città...

Elsa                               - Male!  Morto suo padre, chi nutrirà i villeg­gianti in cerca di specialità locali? Mettiamo a ver­bale che tenta di sabotare l'incremento turistico.

Mario                            - Signor Presidente, loro trovano assurdo discutere sui diritti o meno di un povero diavolo. e va bene ; ma visto che ne ha pochi, non vedo perché gli si debba negare anche il privilegio di far l'amore con chi gli pare.

Angelo                          - Pochi privilegi? Ma lei scherza!

Mario                            - Pochissimi comunque rispetto allo svan­taggio enorme di fare l'impiegato.

Angelo                          - E dove mette il vantaggio di non avere problemi?

Mario                            - Se lo dice lei!

Elsa                               - Eccome! Statisticamente provato. E i van­taggi di cui fruisce! A Natale, per esempio, quando prende il mese doppio? L'oca, il panettone, la grati­fica? Immagini se invece dovesse essere lui a pagare uno, due, cento dipendenti. E proprio a Natale, una festa che dovrebbe essere di felicità!

Angelo                          - Io odio il Natale!

Beneggi                         - E ironia della sorte deve dare il voto ai preti che l'hanno inventato!

Carla                             - Non bestemmi, Beneggi.

Mario                            - Non sono bestemmie, signora, ma riven­dicazioni sociali!

Beneggi                         - Non parliamo di politica.

Silvia                             - Il commendator Rattoni, se non sbasirò, chiede di poter festeggiare il Natale come la solen­nità merita: non è politica. Solo coscienza religiosa.

Angelo                          - (con aria furba rivolgendosi a Beneggi) Si, relisione per i miei quattrini. (Ne? frattempo, An­na e Francesco, da qualche istante, indifferenti a tutto, stanno -flirtando. Si baciano rapidamente, men­tre gli sguardi di tutti si puntano su di loro)

Elsa                               - Ma Anna! (Una musica, uno dei temi delta commedia, attacca molto in sordina)

Mario                            - No! Sssst... li lasci stare. Ecco, signori. Visto che mi sono incaricato della difesa, questo è il mio primo argomento: guardateli. Esiste un dub­bio che non formano una bella coonia? Guardateli: non si accorrevano neppure di noi. Magie dell'amore. Per loro il banco desìi imputati era diventato un grande prato verde... Non sentivano neppure le no­stre voci, ma conoscevano solo la gioia di stare in­sieme.

Elsa                               - E va bene! Ammettiamo pure che Anna e Francesco insieme soddisfino certe esigenze esteti­che. e che riescano a trasformare tutte le sedie che trovano in un prato... Tutto questo non sposta la questione.

Beneggi                         - Anche perché in famiglia, poi, dove si siederebbero!

Mario                            - (lo chiama) Francesco! (Francesco si stac­ca da Anna) Per favore, vieni qui. Lascia il posto a Claudio. Claudio, vuole mettersi al fianco di Anna, per favore? (Claudio stupito esegue)

Elsa                               - ... al posto che naturalmente gli spetta.

Silvia                             - Hai una strana idea della natura, cara Elsa.

Mario                            - (ad Anna e Claudio) Baciatevi. (Claudio esegue, goffamente, Anna fa una smorfia)

Silvia                             - Credo che possa bastare!

Elsa                               - Che sciocchezze... Non vorrete pretendere che davanti a tutti... Sono certa che le cose nel se­greto di un'alcova funzionerebbero molto meglio.

Mario                            - Ah si? Si spogli, Claudio.

Elsa                               - Vostro Onore mi oppongo... Ma perché poi devo chiamarla Vostro Onore!... Beneggi, qui mi sembra che stiamo esagerando. (Anna ride, e anche Te­resa e Marina)

Mario                            - Mi basta. (A Claudio) Grazie.

Claudio                         - Finito? Volevo vedere fin dove volevate arrivare. Avrei fatto anche lo spogliarello. Sono un tipo di spirito. Posso permettermelo, del resto. Posso essere anche più brutto di lui. Me lo pago il diritto di non esser bello... e se vogliamo stabilire se è più giusto che Anna ami me o lui...

Francesco                      - Non si tratta di giusto o di sbagliato. Anna ama me. (Si allontana con Anna)

Teresa                            - Stasera è proprio scoppiata la rivolu­zione!

Elsa                               - Si, la guerra al più comune senso morale. (Butta la toga) E tu Anna... non ti sembra di aver esagerato?

Anna                             - Della vostra disapprovazione non me ne importa niente.

Angelo                          - Oh, ma allora è un caso preoccupante.

Silvia                             - Secondo i punti di vista.

Elsa                               - Certo, è una notte stupenda. E la spiaggia, il rumore del mare, la luna, la musica... vien voglia di essere sentimentali. (Ad Anna) Ma vuoi dirmi an­che quanti whisky hai bevuto?

Anna                             - Nessuno.

Elsa                               - Male. Personalmente approvo più le deci­sioni suggerite dal whisky, di quelle ispirate dalla luna e dal mare.

Mario                            - Quelle almeno dopo un alkaselzer si di­menticano, vero?

Elsa                               - Certo...

Marina                           - Oh insomma! Mamma, Io sai che sei tu a esagerare: per una volta che ci divertiamo... Silvia ha avuto ragione... ci si annoia sempre tanto.

Teresa                            - Il processo è un gioco meraviglioso.

Silvia                             - A Elsa manca solo un po' di spirito...

Elsa                               - Perché reagisco se volete farmi ammettere per scherzo o no che va cambiato il giusto ordine delle cose? Ma si vede che hai ragione tu. Hai con­quistato tutti, soprattutto la gioventù.

Teresa                            - Certo...

Elsa                               - Un gioco di società, un costume, una can­zone... Tutto qui? È questo che vi ha affascinato?

Marina                           - Meglio dei tuoi moralismi.

Elsa                               - Oh, se è per questo. Se è questo che vo­lete. voglio vedere se riesce anche a me. Orchestra!  Voglio cantare anch'io. (Si aggiusta l'abito, si fa largo e va verso l'orchestra. Strappa di mano a un mu­sicista la chitarra)

Teresa                            - Adesso ci canta "Parlami d'amore Mariù".

Elsa                               - No, cara. Un rock... (Dà lei il tempo all'or­chestra e inizia un numero frenetico di canto e ballo, con gli altri che le battono il tempo. Finisce la can­zone tra l'applauso di tutti. Poi si lascia andare esau­sta su una sedia)

Beneggi                         - (si mette in testa il copricapo e sulle spalle il mantello. Batte sul bicchiere) La corte... uditi i testimoni, e dopo una lunga... (accarezza la bottiglia del whisky) riunione in camera di consiglio essendo Francesco bello e forte, e vista la necessità di rin­novare un po' il sangue di famiglia che stava... di­ciamolo Dure... marcendo, visto che il reato di boicot­taggio all'incremento turistico è semmai una atte­nuante... ha deciso che l'amore è... assolto, perché il fatto non costituisce reato... (Applausi di quasi tutti, meno di Elsa. Tutti la guardano) Appendice alla sen­tenza: la Corte ha deciso che Elsa Scionti sia buttata in mare. Ma dolcemente, per non provocare alte maree...

Elsa                               - Beneggi! (Ha un attimo di paura)

Beneggi                         - ... condannata ad essere buttata in ma­re... ma con la condizionale...

Elsa                               - E in nome di che?

Silvia                             - In nome dei diritti della fantasia, della fiducia nell'imprevisto, nella felicità, nei miracoli...

Elsa                               - I suoi?

Silvia                             - Un miracolo lo ha fatto... mi ha ridato la... gioia!

Elsa                               - Solo questo? O ha messo una droga nel whisky?

Mario                            - Signora, in realtà so spegnere a mala pena un fiammifero con un soffio solo, e i topi, le dirò, mi fanno anche un po' schifo...

Silvia                             - Ma cosa devo dirti, Elsa, sono felice, felice...

Elsa                               - ... e un po' ridicola.

Mario                            - Quando si è felici si sembra sempre un po' ridicoli... È una prova dell'invidia degli altri.

Silvia                             - E poi è vero, ridicola, perché come sem­pre quando sono felice ho anche paura di qualcosa... e sono... emozionata, ecco. Non c'è nessuna droga nel whisky. Solo questo, c'è. (Si stringe a Mario) ... Mio tenerissimo... mio... Ed è nell'aria, stanotte...

Mario                            - È arrivato fino a voi. (Allude in parte a tutti. L'orchestra infatti ha ricominciato a suonare e gli altri si mettono a ballare. Anna con Francesco, Teresa con Beneggi. Angelo invita Carla ma Paolo gliela strappa dal braccio. Claudio invita Marina. Il chitarrista attacca a cantare. Sul refrain attaccano Sil­via e Mario, e la seconda volta, in coro, possono an­che unirsi gli altri. Elsa rimane sola in mezzo alla scena. Le coppie una alla volta le passeranno davanti)

Elsa                               - (che si è attaccata a un bicchiere di whisky) Si, si, cantate e ballate pure. Ma domattina non sarà più questa sera. Domattina vi pentirete tutti di quello che è successo...

Beneggi                         - (passandole accanto) Sssst... Basta Elsa. Ci ha un po' seccato, sa!

Marina                           - (passandole accanto, grida a Mario) Lei che secondo Teresa è un mago, faccia la magia di ispirare almeno un sentimento romantico a mia ma­dre! (Passano oltre)

Anna                             - (a Francesco) Mio Dio, non stiamo esa­gerando? Mi meraviglio che ci lascino in pace cosi!

Francesco                      - Non ci lasceranno in pace. Ma non importa. Basta che tu sia sempre come stasera.

Elsa                               - La conosco anch'io, questa felicità! Era accompagnata da musiche meno frenetiche, ma que­sto va a tutto vantaggio dei miei tempi... (Nessuno l'ascolta, mentre gli altri ballano intorno a lei) ... era un portoghese. Campione di barca a vela. Aveva una particolarità: vestiva sempre di bianco. Ma forse mi sembrava cosi, perché l'ho conosciuto d'estate... (Or­inai parla a se stessa) Era un uomo che aveva dentro di sé quarantacinque mondi e siccome per scoprire ognuno dei suoi mondi ci voleva almeno una setti­mana, avevo una garanzia di non annoiarmi per un pezzo... Chissà cosa ne è di lui... Nessuno sa perché impallidisco, ogni volta che mi parlano del Portogal­lo... È il momento in cui mi chiedo se ho avuto ragione o no a lasciarlo partire... (Su queste ultime parole Elsa ha al suo fianco Mario e Silvia, Marina e Angelo)

Marina                           - Mamma! Con chi stai parlando?

Mario                            - Parlava con noi. Forse mi è riuscita la magia che mi chiedeva. (A Elsa) Le capita qualche volta di impallidire per questo, allora?

Elsa                               - E chi mai dovrebbe parlarmi del Porto­gallo!

Silvia                             - Elsa, non devi vergognartene...

Elsa                               - Sei soddisfatta della serata?

Silvia                             - Certo! Adesso tutto mi sembra più in ordine!

Elsa                               - Hai una curiosa idea, tu, dell'ordine! (Gli altri smettono di ballare. L'orchestra tace) Se Anna dovesse scegliere Francesco credi che faremmo il suo bene? E a nutrire le fantasie romantiche di Te­resa, chi ti dice che non finiremmo per guastarle l'esistenza? Avete condotto la serata a vostro modo, e va bene. Ma adesso ti chiedo: perché ce l'hai con noi? Perché? Vuoi farci pentire di averti accolta come una di noi, di aver dimenticato chi eri?

Silvia                             - E sono stata una buona allieva, mi pare... Del resto non me ne vanto. È abbastanza facile...

Elsa                               - Ci hai anche messo della buona volontà: dovevi averne abbastanza del cattivo odore dei ca­merini di teatro...

Silvia                             - Il cattivo odore, è vero... e dimentichi gli inizi, la ricerca di una scrittura... e quel che segue.

Elsa                               - Ma capisco... la libertà... la vita sregolata. Ha i suoi lati piacevoli. Non occorre sorvegliarsi tanto, nel tuo ambiente.

Silvia                             - Credi che io abbia nostalgia solo di quella vita? Affatto.

Elsa                               - E allora?

Silvia                             - La mia nostalgia è diversa. Mi sono im­posta per un anno e più di vincerla, di organizzarmi, di seguire le formule del buon vivere, ma poi d'un tratto ho incominciato a provarne spavento. Mi chie­devo: a cosa rinuncio per essere tranquilla mate­rialmente?

Elsa                               - Per diventare una signora.

Silvia                             - Appunto, morivo. E che cosa m'importa di morire signora?

Elsa                               - Che brava! Hai creduto di capire tutto, e ci sputi in faccia!

Silvia                             - No. Ho semplicemente ricominciato a vivere. (Accanto a lei si sono messi Angelo e Carla. Un po' in disparte Paolo)

Elsa                               - E allora ti dirò che la verità è un'altra. È una questione di vocazione, cara, di istinto. E allora ti dirò che è logica la tua mancanza di discrezione, di venir qui con lui... e la solidarietà per Francesco diventa una solidarietà di categoria... E anche l'abi­to... È giusto. Non hai proprio imparato niente.

Mario                            - No, signora Scionti. Questo no...

Elsa                               - Volevate il gioco della verità? Dunque...

Mario                            - D'accordo. E allora se permettete le dirò che lei mi ha deluso. Mi avete tutti deluso. Lo sa­pete    - o forse no? l'effetto che fate, tutti insieme, a un estraneo? E io sono un estraneo, di passaggio... Lo intimidite. Uno si sente goffo, al vostro contatto. Privo di "qualcosa" che voi avete fin da piccoli. E adesso questa sua reazione signora, è spiegabile, forse, ma è banale. Inelegante, se permettete, anche agli occhi di un povero estraneo come me.

Elsa                               - E allora?

Mario                            - (diventando più duro) E allora cambia tutto. Non mi intimidite più. Perché se la vostra è tutta una messinscena, e se il vostro prestigio nasce solo dal fatto che recitate su un palcoscenico di lusso... tuttavia la vostra forza sta nel poterne vie­tare, o permettere, l'ingresso. Ma è poco interessante, se siete soltanto degli attori; avete un bell'essere splendidamente vestiti, intelligenti, eccezionali in sce­na; si sa bene che, rientrati nei camerini, levato il trucco, siete gente come tutti gli altri o forse peggio, alle prese con le vostre preoccupazioni, la vostra pel­le, le vostre seccature, e lo scontento, la noia, noia. Una noia infinita.

Silvia                             - Mario!

Mario                            - (a Silvia) Se tu ti sei presa il rischio di in­dossare un vero vestito da teatro, di prendermi come compagno per una scena... compromettente, e di por­tare a una cena d'estate un po' di fantasia... perché tanta indignazione? Sono molto deluso, signora Scion­ti, e debbo dire che mi dispiace.

Elsa                               - Io non ci ho visto nessuna fantasia. E stata soltanto una volgarità.

Mario                            - Nooo! Di cose volgari ne intuisco ben altre, qui intorno. Ho il sospetto che la vostra "supe­riorità" risieda solo in una convenzione, tenuta in piedi in qualche modo e che traballa al primo soffio. Forse nessuno di voi ha risolto uno solo dei suoi pro­blemi ed anzi la vostra forza sta nell'aver rinunciato una volta per sempre a risolverli: continuate a girare in una specie di brillantissimo inferno con tutti i conforts moderni dove almeno non si corrono rischi.

Silvia                             - E allora che qualcuno abbia l'aria di ri­fiutarsi e voglia tentare, malgrado tutto di uscirne, che creda a una ipotesi di felicità, che abbia una certa fiducia negli imprevisti della vita, nella bellez­za di vivere, questo vi sembra un fatto imperdona­bile? È questo che vi ha offeso? E poi... vi ha già risposto lui. Lui ha capito tutto.

Mario                            - Sarete affascinanti, finché questo palco­scenico di lusso è considerato un luogo affascinante. Ma a qualcuno può anche non sembrare il solo posto al mondo dove valga la pena di vivere. (Mario e Sil­via escono. Silenzio generale)

Elsa                               - Pazza, pazzi...

 Beneggi                        - (con tono shakespeariano) Ma c'è del metodo nella sua pazzia.

Angelo                          - E chi lo dice?

Beneggi                         - Shakespeare. Ma non si occupa di co­toni. Non lo conosce.

Angelo                          - E cosa fa?

Beneggi                         - Scrive.

Angelo                          - Allora è la stessa roba. Sempre balle sono.

Beneggi                         - (inizia la risata poi la tronca) Ti dirò, caro Angelo, che non mi fai ridere affatto. Anzi. Quan­do la smetterai con le tue freddure idiote sarà sem­pre troppo tardi...

Angelo                          - Ma...

Beneggi                         - Non ti accorgi che non sei spiritoso? Anzi sei l'uomo meno spiritoso e più volgare che io abbia mai conosciuto.

Elsa                               - Ma Beneggi...

Angelo                          - Fino a poco fa mi pare che ti divertivi. E passo per esserlo, spiritoso.

Beneggi                         - Prova a dare tutte le tue sostanze in beneficenza e poi vedrai se qualcuno ride ancora alle tue battute di spirito. (Francesco si fa avanti)

Carla                             - Ah, lei è ancora qui?

Francesco                      - (a Carla) Signora... Le dirò che se anche sono figlio di gente che non appartiene...

Elsa                               - (interrompendolo) Ecco! È questo il pun­to. (Ad Anna) Anna: noi tutti prima che con un uomo siamo sposati con tante altre cose. Legami che sono déntro e intorno a noi. E forse nemmeno dei legami, nemmeno delle convenienze o delle abi­tudini, ma cose che fanno parte di noi e alle quali non possiamo fare le corna. Claudio per esempio, è giusto per Anna, lei no.

Francesco                      - So perfettamente quello che lui può offrirle.

Claudio                         - Quello che Anna vuole.

Francesco                      - Ma non quello di cui ha bisogno.

Claudio                         - E cosa ne sa lei... Anna forse non ne avrà bisogno ma vuole delle garanzie. La vita è lunga e seria, purtroppo, e se dovessimo rischiare di gio­carcela per delle poesie...

Francesco                      - ... Certo con me dovrà fare dei sacri­fici...

Claudio                         - Ecco!  Non potrà farli: non ne sarà ca­pace! Con tutta la buona volontà. Anna ha bisogno di essere viziata, invece.

Francesco                      - Tutta una questione di soldi! Co­modo!

Claudio                         - Non creda: scomodo, invece, scomodo farseli e conservarli... rinunziare... alle poesie. Ma loro, ci vogliono cosi... La colpa è loro.

Marina                           - (scatta) Anche se sei noioso è colpa no­stra? Si, perché io personalmente non ti trovo né brutto né bello. Soltanto noioso. Mortalmente.

Elsa                               - Marina che c'entri tu?

Marina                           - Lasciami dire. Sono una testimone anch'io, no? (A Claudio) Vi vogliamo cosi, è vero. Però vi facciamo le corna. Cosa vuol dire, secondo te?...

Claudio                         - Oh... È un vecchio discorso...

Marina                           - No. La verità è che siete bravissimi a fare i soldi, a conservarli, a viziarci, ma per impa­rare a far tutto questo, vi siete dimenticati come ci si comporta con noi ragazze. Guarda, io anche se farò crepare mia madre, non mi sposerò mai con chi vorrà lei. Non ti sei mai chiesto perché ci inna­moriamo tutte, immancabilmente, di uomini... sba­gliati? Anna sarà pazza, ma in fondo ha ragione.

Claudio                         - Qua, al mare, ma in città? Pensateci. Anna non riuscirà mai ad amare un uomo al quale dovrà stirare le camicie. Anche perché non sa sti­rarle... E con questo non ho altro da dire. (A Be­neggi, con ironia) Vostro Onore. (Agli altri) Signori della Corte. (Esce).

Elsa                               - Marina, sei cambiata... So che lo hai fatto tanto per fare la spiritosa, ma non mi avevi mai confidato queste tue teorie.

Marina                           - E perché avrei dovuto farlo? Per gio­carmi la possibilità di metterlo in pratica? Vieni, Teresa. (Esce con Teresa)

Carla                             - Addio al miglior partito dell'anno. (Anna e Francesco si avviano verso la spiaggia)

Paolo                             - E chi se ne frega!

Carla                             - Paolo! (Gli strappa il bicchiere di mano) Smettila di bere!

Paolo                             - Ringrazia Iddio se non sposerà un uomo tanto noioso.

Elsa                               - Ma Paolo!

Paolo                             - Io personalmente ne sono contento, e fino a prova contraria il padre sono io, dunque...

Angelo                          - Ma caro Paolo...

Paolo                             - E tu che c'entri? Sono fatti di famiglia! (Tracanna un bicchiere) E poi ringraziami. Della fa­miglia hai tutti i vantaggi, vuoi avere anche le sco­modità?

Angelo                          - In quanto ai vantaggi... non so se ere­ditare una moglie... possa chiamarsi vantaggio.

Carla                             - Angelo! Ti credevo un gentiluomo!

Paolo                             - La metti cosi?

Angelo                          - Cosa c'è, ti lamenteresti anche? Non ho mai dato scandalo, ti ho tolto il problema di pensare al suo guardaroba, mi sono persino preoccupato di ricordarti il vostro anniversario di nozze, e quel che più conta, te l'ho sempre mantenuta di buon umore, la tua signora moglie.

Paolo                             - Oh, in quanto a questo...

Angelo                          - (a Carla) Perché ti lamentavi?

Paolo                             - Mi diceva spesso che non hai conversa­zione e che in certe circostanze sei molto triviale.

Angelo                          - Ah, be', senti, per la conversazione passi, ma dico accusarmi che...

Beneggi                         - Per la verità Paolo l'ha sempre difesa, commendatore. Diceva sempre che poteva essere una manifestazione di virilità.

Angelo                          - Ma anch'io l'ho sempre difeso. Un aman­te della moglie che parli tanto bene di lui non lo troverà più.

Beneggi                         - Non mi pare il caso che lei ne faccia una tragedia. Le rimane sempre un'industria con se­dicimila operai.

Angelo                          - Grazie, mica li amo, quelli.

Beneggi                         - Bravo, ecco perché nascono le rivo­luzioni.

Angelo                          - Mica ci vado a letto, voglio dire.

Elsa                               - Giusto! Mai mescolare sesso e ufficio.

Carla                             - Non facciamo discorsi inutili, Paolo. Quest'uomo ti ha tradito per dieci anni. Adesso è un fatto pubblico. Devi reagire.

Paolo                             - (ad Angelo) Hai sentito? Via!

Angelo                          - Ti rendi conto delle conseguenze?

Paolo                             - Certo.

Angelo                          - Pratiche?...

Carla                             - Paolo non sarà più socio nei tuoi affari!

Angelo                          - Capirai che non avrò più nessuna giu­stificazione di fronte a me stesso per mantenere un incapace al posto che ricopre ora...

Paolo                             - Almeno non diranno più che mangio per­che ho venduto mia moglie.

Angelo                          - (già pronto per uscire) Diranno che non mangi più perché hai smesso di venderla. Ed è la stessa cosa, credimi! (Esce)

Paolo                             - (buttandosi a sedere) Oh! Finalmente! Sono esausto.

Carla                             - Dovresti essere vispo come un grillo in­vece. È finita una situazione umiliante.

Beneggi                         - E la fatica che ha fatto per abituarcisi, dove la mette?

Paolo                             - E se permetti, sono anche un po' preoc­cupato.

Carla                             - Perché? Ti troverai un altro lavoro da solo, per i tuoi meriti.

Beneggi                         - Appunto.

Carla                             - Oh, anche lei, ha poco da far lo spiri­toso. La sola professione che ha saputo esercitare, la conosciamo.

Beneggi                         - Non so a cosa voglia alludere.

Carla                             - A una certa signora americana, stagio­nata, che anni fa pensava anche a comprarle le cra­vatte.

Beneggi                         - Era lo stesso periodo, se non sbaglio, in cui suo padre subì un processo per bancarotta frau­dolenta.

Paolo                             - Ma fu assolto. Con formula piena.

Beneggi                         - Perché vuol far sapere a tutti che sua moglie è stata anche l'amante di un ministro?

Elsa                               - Oh, insomma! Mi sembra che stiamo per­dendo ogni ritegno! E non è il caso che le frenesie sentimentali di tua figlia siano il pretesto...

Carla                             - Frenesie... Sarà perfetta solo la tua di figlia...

Elsa                               - Di Marina, grazie a Dio, non si può dire nulla.

Paolo                             - Certo, quando ci sarebbe qualcosa da dire lei la porta in Svizzera!

Elsa                               - In Svizzera Marina c'è stata per studiare.

Carla                             - Si, a studiare il sistema di non diventare madre senza marito.

Beneggi                         - Questa notizia mi mancava e dà un tono internazionale alla mia collezione.

Elsa                               - (furibonda, salta addosso a Carla) Ah, que­sta te la faccio rimangiare! (Beneggi e Paolo riescono a dividerle)

Beneggi                         - Carla, Elsa, ricordatevi che siete delle signore.

Elsa                               - Hai altro da aggiungere?

Carla                             - Mi basta cosi.

Elsa                               - E io ti dirò invece davanti a tutti che tu rubi contando i punti a canasta.

Carla                             - Ho proprio bisogno di questo per vivere!

Beneggi                         - Da quando hanno chiuso le case di tol­leranza mi dicono che Rattoni sia diventato meno generoso.

Elsa                               - (quasi implorante, ma decisa) Basta, basta, per carità.

Paolo                             - No, invece, vuotiamo pure il sacco.

Beneggi                         - Serve da cura dimagrante. È la serata della verità, dunque...

Elsa                               - Macché verità...

Beneggi                         - Dimentichi i suoi moralismi, cara Elsa.

Elsa                               - Non è moralismo, solo odio per il disordine.

Beneggi                         - Lo chiama disordine, quattro persone felici?

Elsa                               - Felici? E quando l'amore sarà passato, che cosa rimarrà?

Beneggi                         - Ma loro si amano adesso e credo che qualcosa di giusto ci sia nelle loro storie se io mi sento cosi; se tutti in fondo ci sentiamo tanto strani e... diciamolo pure... vivi. (Allude a Paolo) Persino lui è rinato.

Elsa                               - Niente, niente, niente. Non è vero. Tutto questo è facile e voi siete solo ubriachi... Siete solo diventati maleducati e irresponsabili... Ma che cosa ci vedete in queste loro storie?

Beneggi                         - Il piacere di divertirsi. L'esempio di un tipo di felicità che abbiamo dimenticato.

Paolo                             - Questo è vero. (Arriva Claudio trafelato)

Beneggi                         - Claudio, cosa ti è successo?

Claudio                         - Arrivo con una storia che vi farà mo­rire dalle risate.

Elsa                               - (ancora seccata) Se ce la racconti tu sarà un po' difficile.

Claudio                         - Dunque...

Elsa                               - Ma respira almeno.

Claudio                         - Silvia e il suo bello.

Carla                             - Che è successo?

Claudio                         - Sapete dove stanno andando? al Com­missariato.

Tutti                              - No!?

Beneggi                         - E perché? Che cosa hanno combinato?

Claudio                         - Silvia ha insultato due guardie. Li ave­vano trovati sulla spiaggia insieme. Be', lo sapete che è proibito stare in spiaggia la notte.

Elsa                               - (esplode) Oltraggio al pudore!! (Ride trionfalmente) Ecco dove portano certe fantasie... al Commissariato.

Beneggi                         - Ma qui si tratta di banale sfortuna.

Elsa                               - Ma a tutti noi non capita di farci pescare in spiaggia. Perché?

Beneggi                         - A parte altre considerazioni, perché soffriamo di reumatismi.

Elsa                               - Visto i vostri idoli romantici? Bella roba.

Beneggi                         - Non vedo perché per due stupide guar­die...

Elsa                               - ...il fatto è che le guardie esistono. Il mondo è pieno di guardie e non possiamo dimenti­carcele. (Ride, ride) Cosa ne dice, Beneggi? Come ci sentiamo, adesso? Ancora dello stesso parere sulle storie... meravigliose? Da Giulietta e Romeo all'ol­traggio al pudore. Il passo è breve, vero? (Ride) Co­me avevo ragione... Avevi ragione anche tu, Claudio: "da morir dal ridere". Dio come me la sentivo... come me la sentivo!... (Sulla sua risata e su una ri­sata nervosa degli altri che la imitano un'alla volta, cala il sipario)

ATTO TERZO

La stessa scena del primo atto, un attimo dopo i fatti del secondo. Si sente sul fondo la fine dell'esplo­sione trionfante di Elsa, poi alcune voci indistinte, finché gli ultimi ospiti del pranzo compaiono sulla veranda. Elsa viene avanti sottobraccio a Claudio.

PRIMO QUADRO

Carla                             - (venuta in primissimo piano con Paolo, sot­tovoce) Adesso basta con gli scherzi. Bisogna an­dare a cercare Anna. Stanotte dobbiamo parlarle se­riamente, e se è il caso, domani con il primo treno, via, lontana dalle tentazioni.

Paolo                             - Certo.

Elsa                               - (a Beneggi) Non si lamentava che quest'an­no non c'erano scandali? Sarà contento adesso. Per la sua collezione è un pezzo raro.

Claudio                         - Oppure potrebbe rivestirsi da giudice e andarli a difendere. (Beneggi scrolla le spalle)

Elsa                               - (a Beneggi) Non se la prenda. Non è la prima volta che la polizia sconfigge la magistratura.

Paolo                             - E Angelo dove sarà?

Beneggi                         - (preoccupato) È vero.

Carla                             - Si son dette delle cose davvero inaudite stanotte. Lei poi, Beneggi, è stato davvero sgarbato con Angelo.

Beneggi                         - Io? Ma...

Carla                             - Certo. Villano, direi.

Beneggi                         - Forse abbiamo esagerato nel bere.

Paolo                             - Ecco.

Beneggi                         - Mi auguro che Angelo sia una persona di spirito. In fondo l'ho accusato solo di non esserlo!

Elsa                               - Ma certo! Farete pace tutti. E chi non li­tiga qualche volta?

Beneggi                         - Sto facendo un conto mentale... devo es­sere arrivato a quattordici whisky.

Paolo                             - Oh, anch'io... se non son quattordici poco ci manca.

Carla                             - Io poi, che non sono abituata.

Elsa                               - Ma si. Tutta colpa del whisky. Cose senza importanza. Domani ci ritroveremo tutti in spiag­gia, come sempre.

Carla                             - Purché non ci venga anche Silvia.

Elsa                               - E perché lei no?

Carla                             - Ma... credo che la colpa di tutto... Ci avrei gusto se... chi sappiamo venisse a sapere...

Elsa                               - Fra lui e la notizia ci sono trecento chilo­metri, i suoi dieci stabilimenti e soprattutto la con­suetudine che gli interessati debbano essere sempre gli ultimi a sapere.

Paolo                             - È vero.

Beneggi                         - (a Claudio, a parte) L'intenditore...

Carla                             - Ma qui... figurarsi domani i giornali.

Elsa                               - (dura) Sui giornali non deve uscire nulla! Conosco il commissario. E deve farsi perdonare di non aver mai scoperto chi mi ha svaligiato la casa questa primavera. Gli parlerò io.

Carla                             - Ma perché ti preoccupi di difendere Sil­via?

Elsa                               - Silvia è amica nostra. Del nostro giro. Già si tende ad illustrare questo luogo come una specie di paradiso del vizio. Si fa in fretta a generalizzare.

 Beneggi                        - E magari vien fuori che far l'amore in spiaggia è nostra abitudine. (Raffaele e Celestino si danno da fare per chiudere il locale)

Paolo                             - Giusto. Finire su uno di quei giornali scandalistici è un attimo e sarebbe seccante.

Claudio                         - Senza contare che entro due giorni ti vedi arrivare un accertamento della tributaria.

Beneggi                         - Mai capito che rapporto ci sia tra i fatti sessuali e le tasse.

Elsa                               - (a Carla) Noi abbiamo il dovere di com­portarci con Silvia come se niente fosse. È la più bella dimostrazione della differenza che esiste fra noi e lei, non ti pare? che sappiamo distinguere le cose importanti dalle sciocchezze. Che non siamo ineleganti, insomma.

Beneggi                         - Certo che in questo momento non la in­vidio. Non poteva risvegliarsi peggio dal suo sogno.

Élsa                               - È la sola cosa che volevo evitarle, anche se è una prova di quanto avessi ragione.

Beneggi                         - Infatti, a ripensarci... se le piaceva il ragazzo, che bisogno c'era... Be', chi glielo proibiva? Chi le impedisce domani di far coesistere l'uno e l'altro.

Elsa                               - Appunto.

Beneggi                         - La verità è che siamo degli inguaribili romantici.

Claudio                         - (a Paolo) E Anna dov'è?

Paolo                             - (imbarazzato) È...

Carla                             - (d'un fiato) Andata a casa... si, da un po' anche! Vero?

Elsa                               - Certo. Anzi... ti ha cercato per chiederti scusa. Sai, era ubriaca in un modo tale...

Claudio                         - E il suo spasimante?

Carla                             - E chi lo sa? Lo abbiamo messo elegan­temente alla porta dopo un'ennesima cafonata.

Claudio                         - Anna ve ne serberà rancore.

Elsa                               - Ma come sei stupido, caro Claudio. Non hai ancora capito la tattica di Anna? È chiaro che vuole farti ingelosire... Anche tu, del resto, hai qual­che torto... Se si vuole una ragazza come Anna, biso­gna compromettersi un po'. Con tutte le donne, del resto.

Claudio                         - È vero. Per questo preferiscono chi è tanto deciso a comprometterle da non vergognarsi di usare certi mezzi anche per comperare un'auto­mobile a rate...

Carla                             - Cos'è questa storia?

Claudio                         - Non vi è giunta all'orecchio? A me in­vece si. L'altro giorno vado a far riparare la mia due posti nuova e vengo a sapere che qualcuno ne ha ordinata una eguale. Chi? Proprio il nostro signor Francesco. Naturalmente per lui sono nate delle dif­ficoltà sul pagamento: e sapete come ha tentato di superarle? Sbandierando come garanzia una sua pro­babile parentela futura con i Tieri. "Non vi fidate? Il nome dei Tieri... non mi garantisce abbastanza?".

Carla                             - Il nostro nome?...

Beneggi                         - Chi dice Tieri dice Rattoni...

Carla                             - (a Paolo) Hai sentito?... Quando Anna lo saprà...

Elsa                               - (ride. Riprendendo il tono del secondo atto) Signori della corte. (A Beneggi) Vostro Onore... ecco l'ultima risposta! Ecco l'altra faccia delle... poe­sie... Francesco dopo questo mi sembra liquidato e in quanto a Silvia... prevedo che si darà molto da fare per riconquistarci.

Beneggi                         - E noi ci lasceremo riconquistare... Ma guarda un po'... commissariati, denunce, rate. Tante supposizioni poetiche e poi...

Elsa                               - E chi le ha fatte?

Beneggi                         - Io. Lo confesso.

Elsa                               - Vergogna. Alla sua età.

Beneggi                         - Erano belli... era bello quello che dice­vano. Commovente, almeno. Abbastanza entusiasman­te. E contagioso. Ma probabilmente ha ragione lei: c'è sempre qualche guardia che ci riporta sulla terra. E il fascio luminoso di una pila, indirettamente, ha scoperto anche noi in atteggiamento sconveniente. Meglio cosi. Facciamo come se non fosse successo nulla. Una sbronza generale... E torniamo nei ranghi.

Carla                             - In fondo siamo tutti amici.

Elsa                               - Certo.

Beneggi                         - Amici o no... legati... (fa un gesto acco­stando gli indici) cosi. E certe nostalgie ogni tanto, ha ragione, Elsa... creano solo guai. Sa che cosa le dico? Che sono felice d'invecchiare... (Escono. Raf­faele e Celestino sprangalo il locale)

(Bruno, Celestino e Raffaele fanno per avviarsi)

Celestino                       - (a Raffaele) Cosa ne pensi?

Raffaele                        - Io qui faccio il barman; non penso niente... (Se ne vanno con Bruno. L'orchestra termi­na il pezzo, gli orchestrali se ne vanno mentre dal lato opposto arrivano Silvia e Mario scortati da due guardie. Silvia prende una sedia e vi si lascia an­dare. E quasi l'alba)

Silvia                             - (Mario tace) Ma perché le guardie non si preoccupano di arrestare i ladri, invece di... (Pau­sa) Oltraggio al pudore... Ma chi abbiamo scanda­lizzato? Ah, già! Forse loro... (Silenzio)

Mario                            - Domani bisognerà far credere a Elsa e agli altri che ci eravamo ubriacati...

Silvia                             - Perché?

Mario                            - Be'... tutto diventa più giustificabile.

Silvia                             - Oh, no. È proprio perché non eravamo ubriachi che tutto ha un senso.

Mario                            - Certo. Ma adesso dopo questo incidente... Te li immagini, i commenti? Sporcheranno tutto... e quel po' di prestigio che avevamo lo sai dove an­drà a finire...

Silvia                             - Ma... cosa importa? Se noi siamo puliti, se fra noi due c'è un sentimento vero... (Un attimo di silenzio. Si alza, lo abbraccia) Che cosa ti preoc­cupa?

Mario                            - In che modo ci presenteremo, domani?... Anzi oggi...

Silvia                             - Ma caro... tranquillamente, insieme...

Mario                            - Ci siamo lasciati portar via da un entu­siasmo quasi puerile, senza preoccuparci di nulla... non abbiamo pensato a quello che rischiavi...

Silvia                             - (sorride con tenerezza) Oh, ma per me non devi preoccuparti...

Mario                            - Nessuno di noi due sapeva in realtà fino a che punto tutto fosse soltanto un gioco...

Silvia                             - (sorridendo lo interrompe) ... il mio vecchio gusto per le polemiche...

Mario                            - ... qualcosa che nasceva da un clima par­ticolare... Che poteva durare una notte sola...

Silvia                             - E adesso lo sai?

Mario                            - Si, perché adesso lo so che sono inna­morato di te.

Silvia                             - E allora? Io ti ho già risposto... Non avrei considerato le guardie come una trovata in più per movimentare il mio pranzo, se avessi avuto qualche incertezza... Vuoi che ti dica quello che succederà domani? Compresi i titoli su certi giornali che co­nosciamo? E li legge anche lui, sai? Bene. Non m'im­porta...

Mario                            - (scatta) Non deve uscire nulla, sui gior­nali!

Silvia                             - Magari non lo verranno a sapere, o forse non sono più un personaggio interessante... (Si accor­ge con un attimo di ritardo dell'eccessiva preoccu­pazione di Mario) Ma...

Mario                            - Si, lo so. Adesso ti sembrerò stupido, me­schino. Ma certe disavventure non posso permetter­mele, purtroppo. Ho un impiego, dei colleghi, un direttore... C'è gente che perde il posto e va nei guai per molto meno...

Silvia                             - Già... non ci pensavo.

Mario                            - Ecco. Adesso ai tuoi occhi ti sembrerò piccolo cosi!  Giovane sconosciuto, di professione ma­go dilettante, addio! Eccomi qua come sono. Preoc­cupato di conseguenze banali: sai di che cosa mi preoccupo persino? Di mia zia. Pensa un po'. Quello che comanda ai topi e ai venti, si preoccupa dello scandalo perché la zia ricca bigotta e moribonda po­trebbe cambiare idea e testamento. Ma ti amo. E non è un controsenso, te lo assicuro...

Silvia                             - (gli sorride) Lo so... Sono abbastanza cresciuta per noi credere ai maghi.

Mario                            - E il mondo purtroppo non è sempre una spiaggia incantata.

 Silvia                            - (dopo un attimo di silenzio) Certo...

Mario                            - E allora non bisogna né litigare con le guardie, né con Elsa. Bisogna incominciare ad an­darci d'accordo, invece...

Silvia                             - (in tono assente) Certo, è importante. Al momento non si pensa a queste cose, ma poi contano.

Mario                            - È anche venuto il momento di dirti chi sono, che cosa faccio. Non sono proprio un morto di fame: rappresento una scelta possibile... (Veden­do Silvia che fa per allontanarsi) Ma che hai, amo­re? Ti sorprendi di vedermi cosi pratico e riflessivo? Ma è giusto...

Silvia                             - ...pensavo alla tua zia ricca. Non me lo avevi detto. Sarei stata più prudente...

Mario                            - Capisco. Ecco quello che temevo. È cosi, vero? Non t'incanto più?

Silvia                             - Ma no! Cosa credi?

Mario                            - Ma è proprio perché ti amo... che mi sem­bra venuto il momento di fare sul serio...

Silvia                             - (scatta) Ma non è mai stato un gioco! Non lo capisci?

Mario                            - Lo so. Ma ora voglio fare anche dei pro­getti. Non dovrei, forse?

Silvia                             - È quello che desidero fare anch'io...

Mario                            - Ma allora...

Silvia                             - Allora...? (S'interrompe. Cambia tono. Con molta calma) Per i progetti c'è il giorno... (Si avvia) Ne parliamo domani. Che silenzio, dopo tanta musica...

Mario                            - Ti amo, Silvia... I miracoli non è facile farli alla luce del giorno, ma vorrei che tu mi amassi ugualmente. Magari la luce si accendesse di colpo, oppure, facendo un gesto, il juke-box per miracolo incominciasse a suonare, ma...

Silvia                             - (sorride) Non voglio questo, Mario... (Mario scrolla il capo, non convinto, batte con la mano sul juke-box, che si accende e suona)

Mario                            - No! Ma è impossibile! (Trionfante) Cosa vorrà dire? Potrebbe essere un'altra magia, come quelle di cui ha parlato Teresa.

Silvia                             - Forse, è soltanto un'altra coincidenza... (Si allontana senza di lui)

Mario                            - È vero, ma è strana...

Silvia                             - Le coincidenze sono sempre strane... (Esce sulla musica che continua. Buio)

SECONDO QUADRO

(Qualche attimo, poi luce sullo stesso ambiente la sera dopo. Sono circa le otto. La musica durante gli ultimi attimi di oscurità si è trasformata da malin­conica in allegra e ritmica. In scena c'è Raffaele, Ce­lestino in un angolo. Marina è davanti al juke-box (Teresa seduta accanto a lei) e prova dei passi di danza. Gli altri tutti - e cioè Beneggi, la Scianti, i due Tieri e Rattoni - stanno accanendosi in una partita a carte sulla rampa alta. Fuori dalla loro vi­sta, Anna è a colloquio con Claudio. Si sentono so­pra la musica le voci dei giocatori)

Carla                             - Chiuso!

Elsa                               - Ma perbacco! Ce l'avete tutti con me! (Fi­nisce la musica)

Carla                             - Andavo per una nella prima mano...

Elsa                               - (si sfila l'anello dal dito) Ho finito la pu-glia. Impegno il mio brillante.

Carla                             - Ogni volta che lo vedo, mi piace di più. Io non ne ho mai avuto uno simile. (Con interesse) Spero che qualcuno me ne regalerà uno, almeno... quando diventerò nonna.

Angelo                          - (grida al vuoto) Anna, aspetta a far bam­bini, per carità! (Beneggi fa una delle sue solite ri­sate)

Carla                             - Perché? Appena sposata non dovrà aspet­tare. Una casa senza bambini è... è... come dice il proverbio!? Una casa senza bambini è...

Beneggi                         - Una casa tranquilla.

Elsa                               - Il solito scapolone. Adesso ci vorrà dire che non si è sposato proprio per paura di aver bam­bini!

Beneggi                         - No, no. Per paura di avere una moglie!

Elsa                               - (che ha distribuito) Su, su... segua il gioco adesso... quante quote?

Beneggi                         - Cinque.

Angelo                          - Cinquanta!

Beneggi                         - Potenza del denaro... (Giocano in si­lenzio)

Claudio                         - (a Anna) ...ti ringrazio, Anna. Vedi. Ri­conosco di aver sbagliato, con te. E anche il tuo flirt con Francesco...

Anna                             - Oh! Non parliamone più!

Claudio                         - Allora ti dò questa prova. Umilio la mia presunzione e il mio orgoglio e proprio oggi, a poche ore da quello che è successo, ti chiedo se vuoi accettare ufficialmente la mia corte...

Anna                             - Non è un altro tipo di presunzione? Non pensi cioè "Io glielo farò dimenticare?". Non è pun­tiglio, invece di orgoglio?

Claudio                         - Forse. Non lo so. Ma ti voglio. E credo di farti felice. Ti farò viaggiare, ti darò una casa dove riceverai il meglio, sarai la più elegante e la più invidiata...

Anna                             - Di questo sono certa...

Elsa                               - Claudio! Tocca a te! È la tua mano!

Claudio                         - Non ci credi?

Anna                             - So che mi darai tutto questo. E te l'ho già detto. Accetto la tua corte ufficiale... Ma adesso vai a giocare... (Claudio le bacia la mano e scende dagli altri)

Elsa                               - Oh, finalmente! (Lo guarda e lancia un'oc­chiata anche verso l'alto dove c'è Anna. Infine strizza l'occhio a Carla. Con altro significato) Finalmente!

Claudio                         - Scusate se vi ho fatto aspettare...

Elsa                               - Se i proverbi non sbagliano, per rifarmi devo giocare contro di te! Cento quote, contro il for­tunato.

Carla                             - Anch'io!

Beneggi                         - Cinque anch'io.

Claudio                         - Tutti contro di me? Benissimo! (Di­stribuisce le carte. Anna nel frattempo si è tirata un po' indietro e si trova faccia a faccia con France­sco. Vorrebbe istintivamente fuggire, ma lui le sbar­ra il passo. Ogni tanto, tutta la scena che segue sarà punteggiata da qualche battuta a soggetto dei gio­catori, battute di questo tipo: "Ma ti vanno bene tutte! - Oggi devo proprio farmi esorcizzare! Non mi dire che hai chiuso. - Un re non posso darlo"... eccetera)

Anna                             - Tu? Eri nascosto li dietro? Allora avrai sentito. Tanto meglio. Cosa vuoi ancora...?

Francesco                      - Spiegarti. Ho sbagliato, lo so, ma non nel senso che gli ha voluto dare tuo padre...

Anna                             - Che gli danno tutti.

Francesco                      - Prova a metterti nei miei panni, An­na!  Io qui in mezzo a tutti questi ragazzi che ven­gono in vacanza... Ogni giorno mi svegliavo con l'os­sessione di non essere alla loro altezza. Per te, Anna, per non farti fare brutta figura, capisci?

Anna                             - Non mi sembra di avere avuto queste paure, a suo tempo.

Francesco                      - Non è vero. Forse non te ne accor­gevi, ma finché il nostro amore è rimasto segreto, era tutto diverso proprio perché non avevi da vergognar­ti con nessuno di volermi bene.

Anna                             - Che discorsi! Ma gli altri purtroppo esi­stono, e bisogna tenerne conto... E poi da quando ho saputo che la tua folle passione in fondo non era separata dall'idea di fare un buon affare... Hai sba­gliato, poi avresti dovuto comperarti l'automobile dopo.

Francesco                      - Già... come avrebbe fatto chiunque al posto mio. Invece io, non avevo piani, non facevo calcoli e ho sbagliato come uno che non aveva niente se non la certezza di volerti bene e voleva stupida­mente almeno qualcosa che lo facesse assomigliare agli altri, ai tuoi amici. Ecco lo sbaglio! Ma di que­sto però nessuno mi accusa.

Anna                             - Be', adesso te lo chiedo per favore... non facciamoci vedere più insieme. È stato tutto bellis­simo, Francesco, te Io assicuro... possiamo restare buoni amici, vero?

 Francesco                     - E ieri notte, quando ti ho invitata a ballare? E al pranzo di Silvia?

Anna                             - Ieri... era una serata strana.

Francesco                      - Vera, vera non strana! Quelli erano i soli momenti veri. Quando abbiamo ballato insieme, e poi sulla spiaggia. Li eravamo ancora come una volta. Perché? Me lo dici perché?

Anna                             - Dovevo aver bevuto un po' troppo.

Francesco                      - (sorridendo) Nooo, non avevi bevuto.

Anna                             - Comunque, ora tutto è deciso. E in fondo ho finito per convincermi che fra i tuoi progetti paz­zi, le tue parole, quello che... "provavamo insieme", e Claudio e i suoi discorsi quadrati, il solo a parlarmi d'amore, in realtà, sia lui...

Francesco                      - Da ieri sera sono passate cosi poche ore e adesso mi dici queste cose... Ma se c'erano due persone che stavano bene insieme eravamo noi, o non è vero neanche questo?...

Anna                             - Non basta star bene insieme.

Francesco                      - Come non basta! Già, non posso smet­tere di essere figlio dell'ex-pescatore diventato oste, vero? - (La prende per le braccia)

Anna                             - (un po' turbata) Ti prego...

Francesco                      - Lo vedi? In fondo hai ancora voglia di baciarmi.

Anna                             - Questo non cambia niente.

Francesco                      - (grida) Perché? Non cambia niente? Non conta niente, questo?

Anna                             - (si guarda intorno) Non far scene, lo sai che ne ho orrore.

Francesco                      - (la lascia di colpo, la fissa, ride) Dio, Dio...

Anna                             - Cosa c'è, adesso?

Francesco                      - Tu sapessi chi ho visto in questo mo­mento! Tua madre, Elsa Scionti, Beneggi, tutti den­tro di te! Li avevi negli occhi come angeli custodi...

Anna                             - Cosa vuol dire poi...

Francesco                      - Nulla, nulla. (Decisamente in collera e addolorato) Vuoi sapere in che cosa consiste il mio sbaglio? Di non essere stato furbo come mi crede­vano gli altri. Improvvisamente si sono accorti che non sono furbo e non ho fatto più paura a nessuno.

Anna                             - Non ti capisco.

Francesco                      - Si, si, io non so vestire, non so stare a tavola, non ho la battuta pronta... Che cosa mi re­stava, allora? Che ti amavo. Elemento trascurabile, scomodo... Credi che avrei avuto certi successi, qui, se per caso ci si fosse mescolato un po' di sentimen­to? Alla larga! Troppo pericoloso.

Anna                             - Smettila!

Francesco                      - Storie sporche? Certo. Ma poco com­promettenti. Roba estiva. Guai a trasportarle in cit­tà. Per la città ci vuole Claudio e se non lo ami non importa. Finirai per credere di amarlo, il che per te è lo stesso.

Anna                             - Non dire eresie!

Francesco                      - Perché? Elsa Scionti e tua madre ipo­crite come sono mi darebbero ragione.

Anna                             - Ti proibisco d'insultare mia madre.

Francesco                      - Hai ragione... scusa. Ciao, Anna. A questo punto hai ragione. È proprio inutile che tu rischi di farti vedere ancora con me. (Se ne va. Anna resta un attimo soprapensiero, poi scrolla le spalle e scende verso il bar. Gli altri in quel momento ter­minano la partita)

Beneggi                         - ...sessanta, sessantasei, settantaquattro, ottanta... pago ottanta. E questa è la mia puglia. Sono pari...

Elsa                               - (alzandosi) Io cosa devo?... Oh, Anna... Ec­co: (togliendosi del denaro dal borsellino) dividetevi le mie spoglie.

Carla                             - Dividere? Ma sembra che abbia vinto solo Claudio.

Elsa                               - Non funzionano più nemmeno i proverbi.

Angelo                          - E se ora ce ne andassimo a cena in quel posticino romantico...

Beneggi                         - Mi rifiuto: cento chilometri in macchi­na per un po' di romanticismo non li faccio. Sono morto: la notte non posso più far certe ore... e poi col movimento che c'è stato...

Elsa                               - E cosi vecchio da stancarsi anche a veder amoreggiare gli altri? Ma ha ragione. Cambiarsi di abito, mettersi in macchina, no no...

Claudio                         - Restiamo qui invece. Vi invito io per farmi perdonare le vincite. E come aperitivo cham­pagne per tutti!...

Elsa                               - (ad Anna) Vedi? C'era bisogno di farcelo aspettare tanto?

Claudio                         - E domani credo che andremo finalmen­te a Portovenere. Chi vuole è invitato. C'è posto per tutti.

Beneggi                         - Una  rappacificazione generale in moto­scafo? Bellissimo!

Elsa                               - Rappacificazione? E chi mai ha litigato?

Beneggi                         - Già, dimenticavo. Tutto è tornato come prima, allora?

Elsa                               - Tutto è rimasto come prima. E mi creda, va bene cosi.

(Arriva Mario. Trovandosi di fronte a tutti, si sente un po' imbarazzato, saluta timidamente e vorrebbe scomparire verso l'interno del bar, ma Elsa lo chiama allegramente)

Elsa                               - Buonasera... tutto finito bene?

Mario                            - (si deve avvicinare) Buonasera... si... anzi, è inutile che le dica...

Elsa                               - Per carità... e poi rischiare dei guai per delle sciocchezze simili...

Mario                            - Lei è stata una diplomatica formidabile.

Elsa                               - C'è già stata una proposta di mandarmi ambasciatrice in Russia, ma ho rifiutato perché mi fa male il clima, e non mi piace la vodka. Preferisco esercitare la mia diplomazia con i questurini. Ogni tanto se ne trova persino qualcuno che è monarchi­co! (Gli altri ridono)

Carla                             - E Silvia?

Mario                            - Non so. Pensavo di trovarla già qui.

Elsa                               - In fondo vi dobbiamo una serata piacevo­lissima.

Mario                            - Noi forse vi dobbiamo invece delle scuse...

Elsa                               - E di che?

Beneggi                         - Son cose che capitano.

Angelo                          - E Silvia è una donna incantevole. Per­sonalmente le perdonerei anche di peggio. (Occhiata di Carla)

Mario                            - Ma io non sono una bella donna, e forse durante il gioco del processo ho spinto un po' troppo il mio zelo professionale, mi sono immedesimato trop­po nella parte...

Elsa                               - Non lo dica neppure! Noi siamo ancora gente di spirito! E poi è chiaro che si trattava di un gioco. Tant'è vero che stasera Anna e Claudio sono qui, insieme... mano in mano... e non credo che lei lo consideri uno smacco professionale...

Mario                            - Per carità!

Claudio                         - E allora venga anche a bere la cham­pagne con noi...

Mario                            - (si schermisce) Oh, no grazie...

Elsa                               - Se tutti gli avvocati che conosco non do­vessero bere ogni volta che perdono una causa.

Mario                            - Certo, ma vede, io sto partendo...

Elsa                               - Di già? Proprio adesso che incominciava­mo a conoscerci un po' meglio.

Rattoni                          - Una coppa di champagne ad ogni modo la tonifica per il viaggio...

Beneggi                         - Pare che serva per non investire cani randagi di passaggio.

Elsa                               - Ma possibile che in città non ci siamo mai incontrati prima, che non abbiamo conoscenze co­muni?

Mario                            - Ma... forse conoscete dei miei parenti... mia zia Marini...

Elsa                               - Marini? mica i Marini della banca, per caso?

Mario                            - Si...

Elsa                               - Certo che la conosco. È l'amica di mia madre. Ah, lei è un nipote Marini? Come è piccolo il mondo.

Beneggi                         - Un nipote di un banchiere gira con un'automobile cosi sgangherata? Ma lei ragazzo mio butta all'aria tutte le mie teorie. E come se improvvisamente la regina d'Inghilterra mangiasse il pe­sce col coltello.

Mario                            - Alle sue teorie dovrebbe aggiungere un codicillo: la cilindrata della macchina di un nipote è sempre legata al fatto se lo zio è vivo o morto. (Tutti ridono; non vista, in disparte, appare Silvia e non si unisce agli altri)

Claudio                         - Raffaele!  Stappa due brut del quaran-tasette. (Agli altri) È l'anno migliore!

Beneggi                         - Sfido!  È l'anno di nascita mio e di Elsa. (Queste ultime battute vengono pronunciate mentre già si sono avviati verso il bar e poi nella saletta stessa. Rimangono ultimi, Mario e Marina)

Claudio                         - (lo chiama) Forza, vi aspettiamo.

Elsa                               - Venga a tenerci allegri!

Beneggi                         - Nessuno le impedisce di cantare anche stasera... Come faceva quella?... "Chi sono? Chi so­no". (Canticchia il motivo cantato da Mario e Silvia nel secondo atto)

Elsa                               - Silvia non tarderà, e ci raggiungerà... (Ma­rio passando dà una botta al juke-box che natural­mente non funziona)

Marina                           - Non lo sa che bisogna metterci cento lire?

Mario                            - Ah già, è vero. (Mette la moneta e il juke-box mentre tutti si avviano suona "Serata di gardenie". Poi alcuni sfollano verso il fondo. Riman­gono sulla soglia Elsa, Carla e Mario)

Elsa                               - (respira forte) Che serata magnifica, vero? (Scorgendo Silvia) Oh, Silvia cara, aspettavamo solo te.

Mario                            - Finalmente! Temevo che non venissi.

Silvia                             - C'è festa anche stasera?

Carla                             - Oh... una specie. Per Anna e Claudio che-be', forse è un po' prematuro... non è ancor ufficiale...

Silvia                             - Complimenti. Questo fidanzamento pa­reggia il bilancio, perché è andato per aria il mio...

Mario                            - Silvia!

Elsa                               - Oh, come può aver saputo... Ti giuro che nessuno di noi... (Appare Teresa)

Silvia                             - (con un sorriso) Lo so. Ho avuto io una lunga telefonata, oggi...

Elsa                               - E...

Silvia                             - Gli ho detto io la verità.

Elsa                               - Ma quale?

Silvia                             - Non l'hai capita?

Mario                            - Silvia! Oh, Dio mio! (È al colmo della felicità)

Elsa                               - Ma... non occorreva proprio. Potevi gua­dagnare tempo, almeno. (A Mario) Mi scusi, sa... (A Silvia) Non vorrei impicciarmi negli affari del pros­simo, però non la trovi una decisione un po' affret­tata?

Silvia                             - Forse... In quanto agli affari del prossimo se non ci fossero come faresti a far trascorrere la giornata?... (Accorgendosi dell'imbarazzo di Elsa e Carla) Ma cosa sono queste facce? Se ho deciso cosi, vuol dire che cosi sono più contenta, non vi pare?

Elsa                               - Certo, certo...

Carla                             - (a Mario) Ma allora lei è proprio un se­duttore irresistibile.

Elsa                               - Indubbiamente un uomo adorabile, ma... be', andiamo da Claudio. Vi aspettiamo.

Teresa                            - (a Silvia, felice) Non ti sposi più. Silvia?

Silvia                             - Hai sentito, no? (Affettuosa)

Teresa                            - Come ci sono rimaste male, hai visto? Io sono felice, invece. Sei innamorata di lui, vero? Che bellezza! Cercavano di dire che ieri sera non è successo nulla, che eravate tutti ubriachi... mamma mia, devono smetterla di dirmi che sono una ragaz­zina stupida... Ciao. (La bacia in fretta. Scappa via)

Mario                            - Silvia... ma allora...

Silvia                             - Vieni: entriamo, non possiamo farli aspet­tare.

Mario                            - Ma io ti voglio parlare.

Silvia                             - Dopo... adesso facciamo il nostro ingresso.

Mario                            - Ufficiale?

Silvia                             - Sempre un po' polemico, non credere. (Entrano accolti da qualche frase a soggetto)

Claudio                         - Fermatevi a cena con noi.

Mario                            - Grazie, scusatemi, ma devo proprio par­tire e...

Silvia                             - ...e come potete immaginare abbiamo molte cose da dirci. (Leggero silenzio imbarazzato degli altri, rotto solo dalla voce di Teresa)

Teresa                            - Lo credo bene.

Angelo                          - Permesso accordato! Buon viaggio e ar­rivederci in città.

Paolo                             - E buona fortuna.

Beneggi                         - Se volete, al posto loro, stasera posso cantare io: Luna marinara.

Mario                            - Per carità.

Beneggi                         - In stile urlato, come Mina. Le assomi­glio un po' anche.

Claudio                         - (dal fondo) Venite. Ho fatto preparare il tavolo d'angolo.

Carla                             - (avviandosi al braccio di Angelo) Se pen­so a ieri sera...

Angelo                          - (alludendo a Claudio e Anna che chiudono la fila tenendosi per mano) E guarda quei due. Non sembrano due piccioncini? E pensare che sem­brava andar tutto a monte!  Le cose che capitano in amore... si crede di amare follemente uno, di non poterne fare a meno, e quando non c'è più, ci si ac­corge - ma guarda un po'! che tutto sommato era solo un'idea.

Teresa                            - Oppure che non era amore. (Mario si. trattiene al bar ancora qualche istante a salutare gli altri. Silvia è uscita qualche istante prima. Appare Francesco. Gira, dà un'occhiata intorno, torvo, triste. Dentro si sentono a soggetto battute di saluto a Ma­rio che appare sulla soglia)

Mario                            - Silvia, amore. Sono felice. Ho salutato tutti. Ma prima di partire ho mille cose da dirti an­cora. (Le si avvicina, le prende la mano. Francesco se ne va)

Silvia                             - Povero Francesco. Non sa cosa fare. Gira come un'anima in pena, e tutto quello che avrebbe da dire non gli serve a niente...

Mario                            - Poteva prevedere di lasciarci le penne.

Silvia                             - Perché?

Mario                            - Perché era una sfida vera e propria.

Silvia                             - Al buonsenso?

Mario                            - A tutti loro.

Silvia                             - Come la nostra?

Mario                            - No... Ecco... noi ci siamo mossi in una specie di atmosfera stregata...

Silvia                             - Ma non capisci che l'abbiamo creata noi!  Era solo il nostro entusiasmo, l'emozione che ci ave­va uniti, il nostro clima di noi due diventato conta­gioso. Dipendeva solo da noi. (Pausa) Ma due guar­die sono riuscite a spezzare l'incanto. Ormai non abbiamo più nulla di magico e siamo diventati ugua­li a tutti loro. Elsa ti trova simpatico, non ci sarà più nulla che sfugge al suo controllo e la nostra sto­ria, per quanto possa non approvarmi, rientra nel numero delle storie che in fondo in fondo anche lei riesce a capire.

Mario                            - E non è meglio? È ora che diventa vera. Non penso affatto d'aver bisogno di loro, ma non devono considerarci dei pazzi irresponsabili.

Silvia                             - Ma dopo quello che abbiamo detto al pranzo...

Mario                            - Certo. Tu tornerai al cinema, alla vita tua e ora quello che non andava prima non accadrà più perché ti starò vicino, ti aiuterò, ci consiglieremo. Sai, credo di poterti essere molto utile; conosco quel mondo, me ne intendo, ti aiuterò a fare una car­riera senza bisogno che tu mostri le gambe. Il tuo ritorno al cinema dovrà essere un fatto importante e clamoroso. Mi dedicherò solo a te, sai?

Silvia                             - (scattando) Mario! Ma ti ho mai fatto capire che è questo quello che voglio da te? Non mi interessa, questo! Non è di carriera o di celebrità che avevo bisogno. E in te... Non cercavo... Era tutt'altro, quello che mi piaceva, in te. Non mi dispia­ceva affatto che tu fossi un uomo semplice, timido... Non sembravi... il primo, finalmente... schiavo della frenesia che obbliga tutti a darsi da fare, per essere in tono, in vista, in alto. Mi parevi capace di essere giovane, e invece... Lo sai che cosa mi hai proposto ora? Un altro gioco, un altro tipo di schiavitù, simile a quella di tutti loro... restar di moda, far parlare di sé, rappresentare un fatto pubblico. E allora tanto vale...

Mario                            - Tanto vale?... vuoi dirmi che sei pentita?...

Silvia                             - (sorride tristemente) No, pentita no.

Mario                            - Che la tua decisione di non sposarti più...

Silvia                             - Mario... adesso anch'io non sono più quel­la di ieri.

Mario                            - Silvia, che cosa vuoi dire? Che rimani con lui?

Silvia                             - No. Con lui è finita.

Mario                            - E allora... Se lo hai lasciato per me?

Silva                              - L'ho lasciato. Ma non per te... (Pausa)

Mario                            - Ho capito...

Silvia                             - Ero cosi felice, entusiasta... francamente speravo meglio di cosi. Speravo troppo?

Mario                            - (dopo un silenzio) Troppo? È. il meno che si possa desiderare, ma s'impara, e accidenti se s'im­para, a rinunziarci. Se è in questo che ti ho delusa e tradita... Nell'aver perduto certe illusioni... Hai ra­gione.

Silvia                             - Eppure, ieri sera...

Mario                            - (interrompendola) Si. Ma a parole. Sin-cerissime parole, per una nostalgia che ci si porta dentro. Possiamo anche non vivere un'esistenza gri­gia, ma c'è un altro grigio, che sta nelle cose intorno a noi, e che ci riverbera addosso... Ogni volta che un'occasione si presenterebbe... è già troppo tardi, sempre. (Appare Teresa)

Teresa                            - Oh... non starete mica litigando?

Silvia                             - No, piccolina!

Teresa                            - Mi sto annoiando! Tutti che si compli­mentano con Anna e lei che ormai è convinta di es­sere felice di questi complimenti... Ho sentito che parlavano anche di voi: "Silvia si è tolta il gusto di una piacevole avventura, ma la paga troppo cara", dicevano. (Dopo una pausa. Guardando Silvia) Non è cosi, vero? Non è un'avventura... Per me sarebbe una delusione... Oh, è cosi difficile dire quello che penso! Non trovo niente che mi permetterebbe di far capire. Ma tu capisci, vero?

Silvia                             - Credo di si. Ma bada, che la nostra storia è un po' assurda.

Teresa                            - Assurda? L'amore non è in fondo sempre un po' assurdo? Ti voglio bene, Silvia. Lei parte ora?

Silvia                             - Si... ma lo raggiungerò fra pochi giorni.

Teresa                            - Ah... allora ci vedremo ancora. Mi invi­terete a casa vostra, vero? Sapete, voglio anch'io che un giorno, quando m'innamorerò, sia un po' come è stato per voi... voglio salire le scale del municipio correndo e cantando...

Silvia                             - (canta) "Ho tutto per essere felice, / e non c'è nulla, nulla che non va!... quel peso che / era dentro il cuor / adesso è solo amor". (Teresa ride)

Teresa                            - Proprio così... (Se ne va)

Mario                            - Perché hai voluto dire la bugia a Teresa?

Silvia                             - Ci ha fatto fiducia. Perché deluderla?

Mario                            - E anche per lei, vero, che non hai voluto far sapere a nessuno...

Silvia                             - Si, un po' anche per lei.

Mario                            - Ma a Elsa, agli altri, che cosa dirai? E tu? Cosa farai? Hai lasciato una situazione proprio per... un po' di simpatia. Ho dei grossi rimorsi.

Silvia                             - Oh, no, non devi averli. Sono contenta di aver deciso cosi. Una cosa non smette di essere vera solo perché noi non abbiamo potuto averla. E poi ora sono abbastanza in pace con me stessa.

Mario                            - Anche se per contropartita hai trovato solo un uomo inventato?

Silvia                             - Inventato?

Mario                            - Già, forse no... ieri sera, alla tua presen­za, mi ero preso effettivamente chissà come e chissà perché una vacanza di me stesso. E ho creduto per un po', sinceramente, di essere davvero quello che ti ero sembrato. Ma spiegare tutto questo ai tuoi ami­ci... peccato dargli ragione.

Silvia                             - Ma loro non lo sapranno. Tra poco par­tirai e nessuno saprà nulla. Per loro, come per Te­resa, possiamo forse continuare a restare l'esempio di una felicità che non conoscono. Non ti dispiace, vero?

Mario                            - (sorridendo con tristezza) Nooo...

Silvia                             - È strano che in nessun luogo come in questo ci sia cosi poco posto per l'imprevisto. Do­mani saranno tutti in spiaggia sotto l'ombrellone di Elsa... come sempre...

Beneggi                         - Saranno matti, come dice lei, però sono anche un po' invidiabili, non trova?

Elsa                               - Le dirò, ma silenzio con tutti: in fondo in fondo, mi fanno una rabbia...

Mario                            - Questo luogo... (Con un sorriso) In poche ore è riuscito senza volerlo a diventare importante anche per me... Anche se ho avuto la conferma che di certe storie non riuscirò mai ad essere altro che una comparsa...

Silvia                             - (gli chiude la bocca con due dita) Sssst... ciao, vai adesso. Sai, forse un giorno mi accorgerò che per quanto desidero io sono nata troppo tardi e finirò per pensare che un tenero, delizioso uomo mo­derno come te, con le sue preoccupazioni inutili e i suoi entusiasmi un po' congelati e la sua involonta­ria avversione per i sogni, sia in realtà qualcuno da non lasciarsi sfuggire... Facciamo passare un po' di tempo e che se ne vada un po' di quest'aria di mare e di whisky... poi... be'... ciao. (Mario le bacia la mano. Poi si allontana. Dentro, un'esplosione. Claudio regge lo champagne. Gli altri le coppe che Claudio riempie)

Claudio                         - All'amore!

Elsa                               - All'amore!

Beneggi                         - All'amore brindo anch'io! Se non altro a titolo commemorativo.

Claudio                         - L'altra bottiglia, Raffaele! (Raffaele glie­la porge. Marina e Anna gridano: "A me, a me". Claudio fugge, inseguito dalle due ragazze e poi an­che da Beneggi. Seguono anche gli altri. Battute a soggetto: "Non vorrà mica bersela da solo! - Se mi fa correre mi vien più sete, peggio per lui"... Silvia è in disparte, quasi nell'ombra)

Carla                             - Vieni, Silvia?

Elsa                               - È partito?

Teresa                            - Si, ma lo raggiungerà presto, prestissi­mo... (Scompaiono sulla risata di Beneggi. Silenzio. E cambiano le luci che ritornano ad essere quella della primissima scena del primo atto. Bruno e Ce­lestino riprendono le posizioni di allora)

Raffaele                        - Ventiquattr'ore di follia che non han­no lasciato traccia. Due righe sul giornale a propo­sito del libeccio... e nient'altro. Eppure...

Celestino                       - (a Bruno) Ho visto tante storie durare una notte o un'estate sola. Ma su questa ci avrei scommesso, tutto quello che possiedo.

Raffaele                        - Per questo vendi gardenie: perché per­di le scommesse...

Bruno                            - Come ogni segno / che sulla riva / l'onda viene / a cancellar / non c'è mai / una storia esti­va / destinata a continuar. / Questo è il regno / di una viva / prosperosa / società. / Elegante e riflessa / peccatrice... / ma con sobrietà.... (Sipario)

FINE

Questa commedia è stata rappresentata per la prima volta in Italia il 13 novem­bre 1959 al Teatro Odeon di Milano dalla compagnia Masiero-Volonghi-Lionello con Mario Pisu diretta da Lucio Ardenzi, con la regia di Daniele D'Anza, scene di Maurizio Monteverde, musiche originali di Piero Umiliani e Fiorenzo Carpi, eseguite dal « Quartetto Jazz Polistrumentale » di Raoul Ceroni e dal cantante chitarrista Edoardo Vianello.