Margherita di Navarra

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 MARGHERITA DI NAVARRA

Commedia in tre atti

di LADISLAO FODOR

PERSONAGGI

LIONELLO D’AVENCOURT

GIACOMO MERELL

LUCIANO TIRLEMONT

SUSANNA

MARGOT

FANNY

BRIGIDA

ADRIANA

DUVERF

TOULIN

BARDON

MARTIN

DECHAMPS

ROBERTO

VAUBERT

CHAMPVERIERE

GIUSTINO

ADOLFO

A Parigi, oggi

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Una sala del castello d'Avencourt. In fondo, grande porta d'entrata che lascia scorgere la parete, ricoperta di gobelins, di un corridoio tras­versale, che conduce al piano inferiore del ca­stello. Mobili antichi,- grande lampadario. A si­nistra, sul davanti, ampio caminetto con due co­mode poltrone. Telefono. Sulle pareti due ri­tratti: uno d'una giovane e bella donna, vestita alla moda del secolo XIX; l'altro d'un signore dall'aspetto severo d'uomo di Stato. All'alzarsi del sipario, la scena è vuota e si sente squillare il telefono. Giustino entra dal fondo: è un vec­chio e solenne maggiordomo, pieno di sussiego. Lo segue Adolfo, un servitore di circa trent'anni, che si métte rispettosamente da parte, per atten­dere che Giustino sbrighi la telefonata.

Giustino                        - Pronti! Castello d'Avencourt... Giustino, il maggiordomo... Sono già arrivati? Benissimo, grazie. (Depone il ricevitore).

Adolfo                          - Ma è proprio vero che il nostro pa­drone si è sposato oggi?

Giustino                        - Verissimo! Lionello d'Avencourt ha portato all'altare della Chiesa di Sant'Anto­nio di Florennes la signorina Susanna La Louvière. Ha telefonato or ora lo chauffeur, che gli sposi arriveranno qui fra un quarto d'ora.

Adolfo                          - Che cosa strana e inaspettata!

Giustino                        - Il conte ha conosciuto la signo­rina Susanna tre settimane fa, durante una vi­sita al suo collegio elettorale. Nessuno, tranne noi, sa di questo matrimonio. Bisogna serbare il silenzio più assoluto. Che cosa si direbbe a Pa­rigi, se si venisse a sapere dai servitori che il conte d'Avencourt s'è sposato?

Brigida                          - (giovane e bella cameriera, entra dal fondo con un mazzo di fiori) Ecco i fiori, si­gnor Giustino.

Giustino                        - Benissimo, Brigida. Facciamo bella la stanza. Proprio 35 anni fa, aspettavo qui una giovane signora: la mamma del nostro pa­drone. (Indica il quadro alla parete).

Brigida                          - Com'era bella!

Adolfo                          - Morì giovane?

Giustino                        - (addita l'altro quadro) Un anno dopo di suo marito. Chi sa come sarà la nuova padrona?

Brigida                          - Certamente bellissima. Solo le don­ne veramente belle, si sposano così all'improv­viso. Devo accendere il caminetto?

Giustino                        - Non è una cattiva idea: pare che la serata sarà fresca. Adolfo, aspettatemi qui: devo consegnarvi la corrispondenza. (Via dal fondo).

Adolfo                          - (a Brigida) E voi quando vi spo­sate?

Brigida                          - (ravviva il fuoco) Domani ci sarà il fidanzamento.

Adolfo                          - E' un anno che ve lo sento dire; ma finora non è mai avvenuto.

Brigida                          - Che volete? All'ultimo momento è sempre capitato un ostacolo. Ogni volta che dovevo fidanzarmi, è caduto il Governo.

Adolfo                          - (stupito) Che c'entra il Governo?

Brigida                          - Purtroppo, c'entra moltissimo. Il mio fidanzato è chauffeur del Presidente dei Ministri. Quando cade il Governo, il Presidente del consiglio va tutto il giorno in giro in auto­mobile e lo chauffeur non ha tempo di fidan­zarsi. Se non ci fossero qui tanti cambiamenti di Governo, sarei sposata da un pezzo.

Adolfo                          - Che sia un pretesto?

Giustino                        - (rientrando da destra, a Brigida) Un telegramma per voi.

Brigida                          - (osservando) Urgente... Sarà del mio fidanzato! Oh Dio, come mi batte il cuore! (Lo apre, lo legge e scoppia in lacrime). Lo sa­pevo, lo sapevo!

Giustino                        - Una disgrazia? E' morto qual­cuno? (Brigida gli porge il telegramma. Legge) « Impossibile fidanzamento domani stop Ministero caduto stop Siamo occupatissimi Marcel­lo ». Incredibile! Un'altra crisi di Governo! Dove sono i tempi in cui il signor conte (addita il ritratto sulla parete) fu per vent'anni di seguito Presidente dei Ministri?

Brigida                          - (singhiozzando) Avrei voluto essere fidanzata allora!

Adolfo                          - Sareste nonna, adesso! Torneranno, quei tempi!

Ida                                - Mai più si trova, oggi, un Presi­dente dei Ministri che duri in carica vent'anni! Maledetta la politica! (Esce piangendo).

Adolfo                          - Poveretta!

Giustino                        - Ci vuol pazienza! E ora a noi, Adolfo. Ascoltate bene quello che vi dico. Da oggi in poi avrete l'incarico di annusare la cor­rispondenza.

Adolfo                          - Annusare?

Giustino ..................... - Sì, le lettere che arrivano. Pren­dete nota. (Adolfo scrive su un taccuino) Eliotropio: è la signora Regnaut; strappare! Papa­vero di California: signora De Griset, donna in­tellettuale; strappare! Lillà bianco: la roman­tica signora Teresa Chermont: strappare! La­vanda: la vecchia zia di provincia: eredità in vista: consegnare!

Adolfo                          - (scrivendo) Lavanda, consegnare... In fatto di donne, il nostro padrone non può la­gnarsi,

Giustino                        - Eh sì, purtroppo, è il suo debole; non ne può fare a meno. E ora, un piccolo fiore selvaggio di provincia...

Adolfo                          - Prenderà le redini, signor Giustino, vedrete.

Giustino                        - Ne sarei felicissimo. Per Lionello ci vuole una moglie di carattere... Proseguiamo. Dunque, quelle erano le amanti private. En­triamo ora nel campo teatrale; per categoria, rischiamo meno omissioni. Dunque, tragedia: Giacomina Caliard, le darete questa lettera di commiato. La signorina svenirà; non ve ne pre­occupate. Si usa così nei teatri sovvenzionati.

Adolfo                          - La distinzione è sottile.

Giustino                        - Operetta: Margot Latreux, del Varieté. Darete anche a lei la lettera di congedo. La signorina vi tirerà dietro il primo oggetto'pe­sante che le capiterà sottomano. Non ve ne pre­occupate: si usa così nei teatri pubblici.

Adolfo                          - Meraviglioso!

Giustino                        - Danze classiche: le cinque sorelle greche del « Trianon ». Le sbrigherete con una lettera collettiva. Vi diranno delle atroci inso­lenze. Non ve ne preoccupate: usanze elleniche!

Adolfo                          - Cercherò di abituarmi.

Giustino                        - (consegnandogli un'ultima lettera) Coro: Francesca Lorrain del «Vaudeville ». Se proprio non volete darle la lettera, potete dirle: «Cara piccina, nulla è eterno; ma se vo­lete, stasera ceniamo insieme ». La signorina ac­cetterà subito. Si usa così, tra le coriste. In que­sta occasione, vi raccomando di essere cavaliere e di rappresentare degnamente il nostro padrone.

Adolfo                          - E con entusiasmo. Volo!

Giustino                        - Ancora una cosa: finora abbiamo dovuto pensare noi a tutto, invece del padrone. Da oggi in poi sarà la signora che vi penserà. Ca­pito? (Adolfo fa cenno di sì) La movimentata vita da scapolo di Lionello d'Avencourt è termi­nata. (Fa un cenno come di benedizione. Si ode la tromba di un'automobile).

Adolfo                          - Eccoli!

Giustino                        - Scendete per la scala di servizio. Per oggi non abbiamo più bisogno di voi.

Adolfo                          - (con un sorriso d'Intesa) Ho capito; arrivederci, signor Giustino. (Via da destra).

Giustino                        - (rispettosamente da parte, aspetta che entrino i padroni e fa loro un profondo inchino).

Lionello                         - (bell'uomo, molto distinto, vestito da viaggio) Eccoci a casa nostra, Susanna.

Susanna                         - (piccola provinciale, molto carina, ma senza esperienza. Vestita da viaggio. Commossa) Lo so, Nello. Quando passammo il cancello, me lo sussurrarono i mughetti, facendomi cenno d'entrare. (Con grazia) Buona sera. (Si guarda intorno, felice) Hai visto, Nello? Quei quadro ha risposto al mio saluto. E' tua madre, vero?

Lionello                         - Mia madre!

Susanna                         - Prima di tutti, saluto lei. (Al quadro) Signora, sono la moglie di vostro figlio. Accoglietemi bene.

Lionello                         - Cara... Sembra che ti sorrida.

Susanna                         - (verso l'altro quadro) Tuo padre, però, ha un viso molto più severo.

Lionello                         - Era un grande uomo di Stato. Figurati che fu Presidente dei Ministri per vent'anni consecutivi! Però aveva un cuor d'oro.

Susanna                         - Allora non lo temo più! (Vede Giustino e lo guarda con aria interrogativa).

Lionello                         - Il vecchio Giustino; la coscienza del castello. Mi ha visto nascere. E' un uomo molto severo.

Susanna                         - (sempre con molta grazia) Ma con me, sarà paziente, vero?

Giustino                        - (asciugandosi gli occhi) Mi scusi, signora contessa... sono commosso della sua bon­tà...

Susanna                         - (battendo le mani come una bimba) Come tutto è bello qui! E quel caminetto! Un vero monumento! Noi ci sederemo sempre nelle due poltrone, vero, Nello?

Lionello                         - (felice) Lo spero. (Entra Brigida).

Brigida                          - (facendo un inchino) Sono agli ordini della signora contessa.

Susanna                         - Carina. Come ti chiami?

Brigida                          - Brigida.

Susanna                         - Bel nome! E che begli occhi! Quanti anni hai?

Brigida                          - (affascinata) Venti, signora con­tessa.

Susanna                         - Allora abbiamo la stessa età! Ma­gnifico! Sarai buona con me?

Brigida                          - (baciandole la mano) Sarò la sua cameriera devota, signora contessa.

Lionello                         - (contento) In cinque minuti ti sei conquistata tutta la casa.

Susanna                         - E' la casa che ha conquistato me. (A Brigida) Accompagnami nella mia camera.

Lionello                         - Se permetti...

Susanna                         - (con tremula civetteria) Grazie, no! Mi tolgo il cappello e mi spolvero un po­chino. Torno subito. (Via a sinistra con Brigida).

Lionello                         - (la segue con lo sguardo commosso) Cara piccina! (Breve pausa. Improvvisamente a Giustino) Hai sbrigato le donne, Giustino?

Giustino                        - Sì, signore. Tutte hanno già ri­mandato la chiave della porticina. Manca solo quella di Margot. Ma in questo momento Adolfo le consegna la lettera di congedo.

Lionello                         - Sei impagabile. A Parigi non sì sa nulla ancora del mio matrimonio?

Giustino                        - Aspettavo i suoi comandi, signor conte,

Lionello                         - Fai pubblicare la notizia sui giornali di domani.

Giustino                        - Sì, signore. Se permette, prima di darle la buona notte...

Lionello                         - ...vuoi augurarmi tanta felicità, eh, Giustino? Grazie. Credo di essere molto, molto felice.

Giustino                        - Chiedo scusa se mi sono commos­so... Ma 35 anni fa, lasciai proprio così il vec­chio signor Presidente. (Addita il quadro).

Lionello                         - (sorridendo) Allora non era vec­chio!

Giustino                        - E non era ancora Presidente. Buona notte, signor conte. (Via dal corridoio).

Lionello                         - (rimane solo per alcuni istanti e guarda la porta dalla quale è uscita Susanna. Dopo breve esitazione, si avvia da quella parte ma, sulla soglia, si imbatte in Susanna che rien­tra) Sei tornata?

Susanna                         - (esitando) Ho fatto male?

Lionello                         - con molto garbo) Quando una sposina giovane giovane, come te, passa per la prima volta la soglia della sua camera, non può tornare indietro se non... (con calore) ... l'indo­mani mattina.

Susanna                         - L'ho pensato anch'io, Nello. Ma devo dirti una cosa. E devo dirtela qui. (Esita vergognosa con gli occhi bassi) Nello... non vor­rei ancora essere tua moglie.

Lionello                         - Susanna! Pensa a quel che dici!

Susanna                         - Ci ho pensato benissimo. Non ho potuto prepararmi ancora, dentro di me, al ma­trimonio. Non sono mai stata fidanzata.

Lionello                         - Non ne hai nemmeno avuto il tempo. Ci conosciamo da tre settimane! T'ho portata via, t'ho rubata! Ma ora sei qui... e vo­glio che tu sia la mia piccola mogliettina!

Susanna                         - Anch'io lo voglio, Nello. Ma tutt'a un tratto, mi par d'essere ebbra per tanta velo­cità... Non sono andata a marito come tutte le altre ragazze... Un momento fa, lì, in camera, quando Brigida si è allontanata con un piccolo sorriso, sono stata presa da un'incer­tezza... non so, quasi una paura. H cuore mi batteva forte forte... (Sincera) Non burlarti di me, Lionello: ora ho paura.

Lionello                         - Calmati, calmati, piccina! Im­magino quante cose terribili t'avranno detto le tue amichette, laggiù!

Susanna                         - Avevo un'amica... non so neppure come dirti... la prima notte di matrimonio, si chiuse a chiave nella stanza da bagno e dormì nella vasca.

Lionello                         - (ridendo) E ora?

Susanna                         - (arrossendo) Ha tre figliuoli!

Lionello                         - Dunque, vedi che era perfetta­mente inutile trascorrere una notte nella vasca da bagno. Coraggio, Susanna... non aver paura di me.

Susanna                         - Dunque, non vuoi che io sia an­cora un po' la tua fidanzata? (Confusa) Almeno fino a mezzanotte?

Lionello                         - (sollevato ride) Cara bambina! Hai dei concetti molto strani sul matrimonio... Credevi che io... (La carezza con tenerezza) Non temere, Susanna!

Susanna                         - Grazie. E' vero che non sono troppo due ore, per un anno di fidanzamento che non abbiamo avuto? (Con grazia fanciul­lesca) Voglio provare tante gioie e tante sor­prese, in queste due ore, quante ne hanno pro­vato le altre in Un anno. Chiacchieriamo, vuoi?

Lionello                         - Mettiamoci qui accanto al ca­minetto. (Prendono posto nelle due poltrone nella piccola zona di luce).

Susanna                         - (dopo breve pausa) Ti ricordi, Nello? Proprio tre settimane fa...

Lionello                         - Alle due del pomeriggio...

Susanna                         - Ero seduta sotto il vecchio piop­po...

Lionello                         - ...con una veste azzurra... e il vento scherzava coi tuoi capelli...

Susanna                         - ...ti sei avvicinato e m'hai inter­rogata...

Lionello                         - ...« Buon giorno, signorina. E' in casa il signor Prefetto? ».

Susanna                         - ...«. Sì, il mio papà è in casa »...

Lionello                         - ...« Come? La signorina è figlia del signor Prefetto?... ».

Susanna                         - ...«Sì » risposi con orgoglio, perché ero già innamorata di te.

Lionello                         - ...Allora mi presentai...

Susanna                         - (imitandolo) « Permetta, signo­rina, sono Lionello d'Avencourt, candidato al Collegio di Florennes »...

Lionello                         - ...E tu allora diventasti rossa co­me un papavero e, come si usa da diecimila anni in qua, scappasti in casa;

Susanna                         - E tu quando t'innamorasti di me?

Lionello                         - Cinque minuti dopo. Sedevo con tuo padre nel salottino, quando, a un tratto, ti precipitasti nella stanza, portando qualche cosa in un tovagliolo. « Babbo, gridasti con voce melodiosa, le uova fresche dell'anitra ». In vita mia non avevo mai visto uova di anitra, e, in quell'istante preciso, m'innamorai di te.

Susanna                         - La sera mi baciasti...

Lionello                         - ... e il giorno dopo chiesi la tua mano.

Susanna                         - ... Il babbo non poteva riaversi dalla sorpresa...

Lionello                         - ... e il mio segretario pensò ai documenti necessari...

Susanna                         - ... e oggi ci siamo sposati. Come vedi, è giunto il momento di conoscerci.

Lionello                         - Non sono bastate tre settimane?

Susanna                         - Se non abbiamo fatto altro che baciarci...

Lionello                         - E' vero; baciandosi, non ci si può conoscere. Ma non è una cosa meravigliosa? Tre settimane, continuamente... e da quando sei mia moglie, da quando sei qui, nella mia casa, non t'ho ancora toccato le labbra. (Con ardore) Susanna, amore mio! (Ardente abbrac­cio, lungo bacio).

Susanna                         - (staccandosi) Lionello, abbi un po' di pazienza...

Lionello                         - Ti amo, Susanna. E mezzanotte è ancora lontana...

Susanna                         - Saremo ancora felici?

Lionello                         - Molto. Una buona fanciulla... la prima buona fanciulla della mia vita.

Susanna                         - (felice) E un caro uomo cattivo!

Lionello                         - Mi credi cattivo?

Susanna                         - Lo dicono tutti. Se sapessi che cosa si dice di te. Che sei leggero, infedele, che non fai nulla, che sciupi tutto il tuo patri­monio... (A bassa voce) Che hai delle amanti.

Lionello                         - E tu l'hai creduto?

Susanna                         - Certo, ed ero tanto felice di diven­tare là moglie di un uomo cattivo.

Lionello                         - Solo per questo?

Susanna                         - Cosa vuoi, in provincia non ci sono che uomini buoni, e tutte le mogli, là, sono molti infelici. Spero che, con te, vivrò meravigliosamente.

Lionello                         - (stupito) Pensi a queste cose?

Susanna                         - Io penso molto. Oggi, dinanzi all'altare, ho giurato che sarei stata una moglie fedele. E tu, a che cosa pensavi?

Lionello                         - Mi vergogno di dirlo... pensavo al naso del parroco...

Susanna                         - Perfido!

Lionello                         - Poi mi sono ripreso, e ho pre­gato. Da molto tempo non lo facevo. «Dio mio, ho detto, ti ringrazio per questa felicità. Non ne sono degno, ma Tu, che vedi nei cuori, sai che sappiamo godere soltanto della felicità non meritata ».

Susanna                         - Bella preghiera! Questo, però, è il primo passo verso il miglioramento. Ma non correggerti troppo, Lionello!

Lionello                         - Fin dove vorrai tu. Com'è bello, però, tutto questo! Pensa che nessuno ancora sa che sei mia moglie, e che questa felicità è esclusivamente nostra. Susanna, hai ancora pau­ra di me?

Su sanna                        - Temo che un ravvedimento improvviso ti faccia male. (Implorando) Lionello, sono tanto curiosa di conoscere la tua vita... Dimmi, chi è stata la tua prima amica?

Lionello                         - (ridendo) Susy... aveva tre anni, come me, e portavamo entrambi le sottanine; cosicché non esistevano differenze fra noi.

Susanna                         - Non scherzare; volevo dire la tua prima amica seria.

Lionello                         - Ti dico che quello è stato il pri­mo affare di donne veramente serio, nella mia vita. Avendo tutt'e due le gonnelline, i calzoni non disturbarono la nostra amicizia. Ma ahimè! un giorno mia madre mi vestì da ometto; e al­lora tutto cambiò!

Susanna                         - Immagino che la prima …. che facesti fu di baciare Susy!

Lionello                         - T'inganni! M'arrampicai su un albero, e di lassù le sputai addosso. Quella fu la prima e ultima volta che ho assunto, dinanzi a una donna, una posizione di superiorità. Dopo di allora, io, somaro, sono disceso dall'albero e le donne vi sono salite.

Susanna                         - E non ti sei pentito?

Lionello                         - Qualche volta.

Susanna                         - Quando t'ingannarono?

Lionello                         - No, quando mi amarono. Sai, Susanna, quando siamo noi due che amiamo, la cosa è ancora passabile. Ma quando siamo amati, è l'inferno.

Susanna                         - (protestando) Lionello, che dici?

Lionello                         - Non fraintendermi, piccina; tu sei un'altra cosa. Tu rappresenti il ravvedimento definitivo. Ma il passato... Sai, dopo, quando frequentavo il ginnasio, bazzicavo sempre tra le donne, e quando non volevano tollerare i miei baci, le pigliavo a schiaffi. Quegli schiaffi li ho riavuti, sotto forma di abbracci, dieci anni dopo. E ti assicuro che spesso gli abbracci fanno più male degli schiaffi.

Susanna                         - Raccontami, Lionello... Come fu, quando... come dire? la prima vera donna... capisci? la prima prima...

Lionello                         - Non so... ero ubriaco... quella piccola, brava fata del Varieté, della quale fui vittima, mi fece bere tanto, ma tanto, sai... del resto, meglio così, perché non mi accorsi della dolorosa umiliazione subita. Il giorno dopo man­giai un'aringa amara, firmai una cambiale con un usuraio, bastonai un cameriere: insomma ero diventato un uomo.

Susanna                         - Credo di essere giunta proprio in tempo.

Lionello                         - Lo credo anch'io.

Susanna                         - Sai, una volta ebbi tanta paura di un uomo.

Lionello                         - (scatta colpito) Chi era?

Susanna                         - (a voce bassa) Lo spazzacamino di Florennes. Avevo sei anni; era nero e brutto; ma rideva sempre. Un giorno mi incontrò nel corridoio, mi sollevò ridendo, mentr'io strillavo a squarciagola, e mi baciò! I suoi baffi mi punsero... (Confusa) ... Ma da allora non ebbi più paura di lui.

Lionello                         - (con adorazione) Com'era saggio quello spazzacamino. (L'abbraccia, con voce emozionata) Vuoi proprio attendere la mezza­notte, Susanna?

Susanna                         - (come ebbra) Se tu vuoi, Nello, l'orologio segna la mezzanotte. (Si avviano ab­bracciati verso la camera a sinistra. Si ode pic­chiare tre volte all'uscio di fondo).

Lionello                         - (si allontana da Susanna) Chi è?

Giustino                        - (di fuori) Io, signor conte. Mi scusi: devo annunziarle una cosa importantis­sima. (Entra) C'è un signore che vuole parlare assolutamente con lei.

Lionello                         - Ma scherzi, Giustino? Mandalo via.

Giustino                        - Non si può. (Con fermezza) E' Giacomo Morell, Presidente del Consiglio dei Ministri.

Lionello                         - (stupito) Il Presidente qui? Cosa può volere da me, a quest'ora?

Giustino                        - Non sa nulla che lei s'è sposato.

Lionello                         - E che m'importa?! Digli che se ne vada.

Giustino                        - (colpito) Signor conte! Non si può mandar via così, il Presidente del. Consi­glio! (Lionello alza le spalle stizzito).

Susanna                         - Abbi pazienza, Lionello. Dal mo­mento che è venuto qui, si tratta certo di cose di grande importanza. Bisogna riceverlo.

Giustino                        - (rinforzando) E' naturale.

Lionello                         - (rassegnato) E va bene! Fallo passare. (Giustino via dal fondo) Scusami, Su­sanna. Fra due minuti sono da te. Ti prometto che non resterà più di due minuti.

Susanna                         - (con grazia) Fa? presto, Lionello. (Via da sinistra).

Morell                           - (tra i cinquanta e i sessant'anni. Ca­pelli bianchi, energico, completamente sbarbato. Tipo dell'uomo politico inglese, ogni suo movi­mento, ogni sua parola indicano forza e fer­mezza. Entra con le braccia aperte) Caro Lionello, sono venuto qui a grande velocità. Mi con­gratulo di cuore. (Lo abbraccia).

Lionello                         - (stupito) Come hai saputo?

Morell                           - (bonario) Straordinario! Ti pare che io, Giacomo Morell, non sapessi? Può ac­cadere qualche cosa, nel nostro paese, senza che io lo sappia?

Lionello                         - (con malizia) E ti premeva tanto venirmi a salutare qui, di persona?

Morell                           - E' naturale! Non sei forse mio amico? Non puoi credere come sono contento. Alla tua età, è veramente meraviglioso.

Lionello                         - Lo penso anch'io.

Morell                           - A codesta età, i doni della vita hanno un valore speciale. Sarei venuto prima, se non avessi dovuto far la visita di congedo al Presidente della Repubblica.

Lionello                         - (senza alcuna sorpresa) Insomma, sei caduto, povero Morell?

Morell                           - Che fa! Sono già stato tre volte Presidente del Consiglio... Certo, quando caddi la prima volta mi feci un po' male, lo confesso... ma ora... (Con animosità) Sono entusiasta di te, Lionello ; non posso che ripetere: « Mi congratulo, mi congratulo sinceramente ».

Lionello                         - Da chi hai saputo che mi sono sposato? Abbiamo fatto tutto nel più grande mistero.

Morell                           - (come colpito dal fulmine) Ti sei sposato?

Lionello                         - (stupito) Oggi? nel pomeriggio. Se m'hai detto che Io sapevi?

Morell                           - Io? Ti sei sposato? (Scoppia in una grossa risata) Scusa, non posso frenarmi. E chi hai preso per moglie?

Lionello                         - Susanna La Louvière, la figlia del Prefetto di Florennes.

Morell                           - Allora mi congratulo di nuovo! (E' ripreso dall'ilarità) Colossale! Mi dispiace, caro, ma questo non muta la situazione.

Lionello                         - (stizzito) Potresti dirmi, infine, a che devo la fortuna di averti qui? Vieni ai fare delle congratulazioni e non ne conosco il motivo.

Morell                           - Dunque, non sai nulla?

Lionello                         - Di che?

Morell                           - Raccogli le tue forze, perché la notizia è strabiliante. (Con solennità) Lionello, tu sei il nuovo Presidente del Consiglio dei Mi­nistri.

Lionello                         - Io? (Come prima Morell) Io Pre­sidente del Consiglio? Ah! Ah!

Morell                           - (stizzito) Vorresti dirmi, per fa­vore, di che ridi?

Lionello                         - Rido di codesta sciocchezza. Ho sempre pensato che la politica fosse una cosa stupida; ma fino a questo punto... (Si alza in piedi, serio) Del resto, non credo affatto alla no­tizia che mi porti.

Morell                           - Sei un asino. Ho visto tanti Pre­sidenti che non volevano credere di essere spac­ciati; ma nessuno, finora, che non abbia cre­duto di essere stato eletto.

Lionello                         - Insomma, vorresti farmi credere che sia vero?

Morell                           - Se mi ha mandato qui apposta il Presidente della Repubblica! Entro stanotte, devi formare il muovo Gabinetto.

Lionello                         - Stanotte? (Guarda la porta di Susanna) Sei matto! (Con impazienza) Lascia­mi in pace! Io non sono un uomo politico.

Morell                           - Appunto per questo, vedi, ti hanno eletto. Il popolo ne ha piene le tasche, di uo­mini politici.

Lionello                         - Ma se non ho mai aperto la bocca alla Camera.

Morell                           - (con slancio) Era quello che ci vo­leva! Un uomo che non avesse mai aperto bocca. Non puoi immaginare che cosa voglia dire questo, in politica! E' come quando una donna è vergine. Si può pensare di lei ogni bene.

Lionello                         - E ogni male.

Morell                           - A noi, vecchi politicanti, non crede più nessuno. Il popolo si burla di noi. Negli ultimi anni abbiamo fatto fiasco tutti. Occorre un uomo nuovo, in cui si possa credere e aver fiducia.

 Lionello                        - E sarei io?

Morell                           - Dopo le continue crisi di Governo, la situazione. attuale è tale che bisogna nomi­nare o te o Tirlemont.

Lionello                         - Luciano Tirlemont? Il capo dell'opposizione?

Morell                           - Non possiamo permetterlo, ti pa­re? Bisognava escogitare qualche cosa. Per tutta la giornata ho cercato col lanternino un Presi­dente del Consiglio. Siamo stati ore ed ore a consigliarci col Presidente della Repubblica, e finalmente, dopo lunghe discussioni, ci damo accordati sul tuo nome.

Lionello                         - (con stizza) Grazie; sei stato cortesissimo.

Morell                           - Devo dirti che, al tuo nome, il Presidente della Repubblica scattò in piedi e mi stese la mano: « Morell, lei ha avuto un'idea luminosa. Corra e mi porti qui quell'uomo ».

Lionello                         - Sicché il Presidente mi aspetta?

Morell                           - Con impazienza! La cosa non è poi così straordinaria. Non è la prima volta che un Presidente del Consiglio dei Ministri sboccia fra i cespugli della provincia. E, del resto, sei deputato.

Lionello                         - (guardando il ritratto del padre) Per la stima che avevano per mio padre, mi offrirono la candidatura nel suo collegio, e fui costretto ad accettare.

Morell                           - Sei il figlio di un famoso Presi­dente dei Ministri, e tutta la nazione conosce il tuo nome. Se accetti sarà un colpo magnifico. Un D'Avencourt di nuovo a capo del Governo. Resterai in carica anche tu vent'anni almeno. Ma la cosa più importante è che, con questo colpo da maestro, sventiamo le mire di Luciano Tirlemont e di tutta l'opposizione.

Lionello                         - Non mi pare di avere le qualità necessarie per un uomo di Stato.

Morell                           - Oh, Dio! Non sei certo Talleyrand, ma hai molti buoni precedenti ; uno zio materno cardinale, uno zio paterno Gran maestro della Massoneria. E poi, sei un bell'uomo, elegante, svelto, balli bene, piaci alle donne, non scoppi dalla genialità. Insomma, sei nato Presidente dei Ministri.

Lionello                         - Non tentare di adescarmi; v'è un ostacolo insormontabile: non ho alcuna opi­nione politica.

Morell                           - E credi forse che io me abbia?

Lionello                         - E poi, sono sposato da poche ore... mia moglie mi attende...

Morell                           - Vergognati! (Con forza) Cos'è una donna, in paragone della Repubblica? (Mostra il quadro) Che direbbe tuo padre, se ti sen­tisse?

Lionello                         - Mio padre era un grande uomo di Stato, ma io sono un piccolo e umile citta­dino, che vive nel suo castello e ama la moglie.

MorEll                           - Le donne amano veramente sol­tanto i potenti. Ti adorerà. Credimi: è una bella cosa stare in quel posto, anche se non è troppo comodo. Tua moglie ti amerà di più!

Lionello                         - Sei un vero diavolo tentatore, Morell! Fai vibrare in me, di nuovo, tutte le corde dell'ambizione! E sì che avevo cercato d; guarirmene, come d'una malattia. (Il tele­fono squilla) Chi può essere, a quest'ora? (Pren­de il ricevitore) Pronti! Chi parla?... Oh, Ec­cellenza! (Si mette quasi sull'attenti) Sono Lio­nello d'Avencourt... Sì, è ancora qui da me... Mi scusi, Eccellenza, ma... come? Sono agli or­dini... sarò da Vostra Eccellenza fra pochi mi­nuti. (Posa il ricevitore. Agitato) Era il Presi­dente della Repubblica in persona.

Morell                           - (con sufficienza) Lo so. Che cosa ha detto?

Lionello                         - « Lo comanda la Repubblica e lei deve ubbidire ». (Guarda il ritratto del pa­dre) A quanto pare non posso esimermi. Sia fatta la volontà del Signore! Accetto. (Stringe la mano di Morell).

Morell                           - Bravo! Sono lieto di porgere il primo saluto al Presidente dei Ministri! (/ due uomini si stringono forte le mani).

Lionello                         - E ora?

Morell                           - Esporrai subito il tuo programma ai Capi dei partiti della destra.

Lionello                         - Il Presidente mi aspetta.

Morell                           - I capi dei partiti di destra saranno qui a momenti.

Lionello                         - Sei vertiginoso!

Morell                           - E' il mio metodo! Certo che avre­sti accettato, ho convocato qui il Comitato di­rettivo.  Quei signori possono giungere da un momento all'altro.

Lionello                         - Che fretta!

Morell                           - L'opposizione non sa ancora nulla.

Lionello ^                      - Insomma, hai ordito un vero colpo di Stato.

Morell                           - Tirlemont è nel suo collegio. Vo­glio creare il fatto compiuto prima che torni. E' cretino, ma pericoloso.

Lionello                         - E' molto popolare.

Morell                           - Un temperamento straordinario: un uomo capace di tutto.

Lionello                         - Spero che non avremo l'onore dì vederlo qui.

Morell                           - Sarebbe capace di venirci, anche non chiamato, se subodorasse la cosa. Ma non è possibile. Prima che possa arrivare tu sarai Presidente del Consiglio e il Gabinetto sarà com­pletamente formato. Tutto al più strillerà un po' alla Camera.

Lionello                         - E il mio programma?

Morell                           - Non te ne preoccupare. Un buon programma deve lasciare adito a tutte le spe­ranze: l'essenziale è di non lesinare in pro­messe.

Giustino                        - (dal corridoio, con importanza) I signori del Comitato...

Morell                           - (con orgoglio) Vedi come si fun­ziona?

Lionello                         - (a Giustino) Si accomodino in anticamera. (Giustino via dal fondo. A Morell) Concedetemi dieci minuti, per riavermi un po' e raccogliere le idee.

Morell                           - Sia! Ma sbrigati. T'aspetta la pol­trona rossa:

Lionello                         - La poltrona?...

Moreix                          - Sì, il seggio presidenziale! Quando vi ci sediamo, non ci rialziamo più. (Con un sorriso ironico) A meno che non ci caccino a pedate. (Via dal fondo).

Susanna                         - (da sinistra) Se n'è andato? Ma cosa voleva che non la smetteva di chiacchie­rare?

Lionello                         - (ergendosi in tutta la sua altezza) <»Guardami bene, Susanna: non vedi nulla di nuovo, in me?

Susanna                         - (osservandolo, con meraviglia) No, no. Non mi pare.

Lionello                         - Susanna, tuo marito è il nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri!

Susanna                         - Davvero? (Gli salta al collo con gioia infantile) Caro Nello! Che bellezza! Go­verneremo insieme!

Lionello                         - (deluso) Questo è tutto? Non ti meravigli neppure?

Susanna                         - (con naturalezza) E perché do­vrei meravigliarmi? L'uomo che amo, può arri­vare alle più alte cariche.

Lionello                         - Grazie della tua fiducia. Ti pre­go di essere forte, perché seguiranno giornate gravi.

Susanna                         - Sarò sempre vicina a te!

Lionello                         - Dovrai essere forte anche quando non potrai essermi vicina.

Susanna                         - Mi fai paura! (Lo afferra forte per il braccio) Io non ti lascio andare. (Piano) E' già tardi, molto tardi...

Lionello                         - (sordo) Vado in biblioteca, Susanna. Devo rileggere alcuni discorsi program­ma di mio padre. (Guarda il ritratto) Prima o poi, finiamo tutti lì; è la Nazione che lo co­manda. Ma egli sapeva ciò che bisognava fare per il proprio paese.

Susanna                         - E tu?

Lionello                         - Imparerò da lui.

Susanna                         - Perché? Posso insegnarti anch'io.

Lionello                         - Hai già pensato anche a questo?

Susanna                         - Sicuro! (Lo trae pian piano verso le poltrone del caminetto) Sai, in collegio, quan­do eravamo bambine, parlavamo spesso di quel che avremmo fatto, se fossimo diventate regi­ne... Una voleva mangiar sempre cioccolatini; un'altra viaggiare continuamente in automobi­le; un'altra rendere felici tutti i contadini...

Lionello                         - Non era una cattiva idea! E tu?

Susanna                         - Io, se fossi stata regina, avrei ordinato che, in ogni casa, fosse costruito un magnifico caminetto, con un bel fuoco scoppiet­tante. Accanto al caminetto, una graziosa cara mogliettina innamorata, avrebbe dovuto dondo­lare una culla, nella quale dormiva soavemente un piccolo cittadino o una piccola cittadina. (Con convinzione) Perché quando tutti avranno questo, il paese sarà grande e felice!

Lionello                         - (scattando) Che magnifica idea, Susanna! Tu hai risolto la crisi!

Susanna                         - (felice) Sicché, non ho detto una sciocchezza?

Lionello                         - Ma che sciocchezza! Tu sei un genio, Susanna! E non immagini neppure che in codesta semplice tavoletta possa esser conte­nuto tutto un programma di un Governo, e la base di una nuova e sana politica. Una scintilla del tuo caminetto, ha acceso la fiamma della mia intelligenza! (Con energia) Ormai so quel­lo che farò! (Con solennità) Manderò a casa gli uomini!

Susanna                         - Quali uomini?

Lionello                         - Quelli che sono per le vie a far baccano e a discutere di politica. Tutti a casa, accanto al caminetto e alla culla. Grazie, Su­sanna; mi hai dato una cosa che raramente le donne danno agli uomini: un pensiero! (Chia­ma) Giustino!

Giustino                        - (dal fondo) Comandi!

Lionello                         - Fai passare quei signori del Co­mitato. (Giustino via).

Susanna                         - Ma come? Ci sono ancora dei si­gnori qui?

Lionello                         - Uomini politici. Arrivederci, Su­sanna.

Susanna                         - Devo andarmene di nuovo? E sarà così tutta la notte?

Lionello                         - La Repubblica lo comanda!

Susanna                         - (a sinistra, con grazia) Sbrigati presto dalla Repubblica, Lionello. (Via).

                                      - (Duvert, Toulin, Bardon e Martin entrano con Morell. Tipi comuni dell'ambiente politico di tutti i paesi).

Lionello                         - (con la sicurezza di un uomo dì mondo) Buona sera, signori. Benvenuti. (Strette di mano. Convenevoli) Duvert, vi tro­vo benissimo.

Duvert                           - Capirete, non sono Ministro!

Lionello                         - Invece voi, Toulin, siete un po' pallido!

Toulin                            - Per me, il Governo è caduto pro­prio al momento giusto. Così, almeno, potrò riposarmi.

Bardon                          - (a Lionello) Le mie più vive con­gratulazioni, caro amico.

Lionello                         - Oh, Bardon... sono veramente felice di vedervi! (A Martin) Come va la vostra bile, Martin? V'ha giovato la cura di Carlsbad?

Martin                           - Niente affatto! Ma da quando sono Ministro dell'Istruzione, sono passati an­che i dolori.

Morell                           - (al centro) Signori, non perdiamo tempo, prego. D'Avencourt vi metterà al corrente, in poche parole, del suo programma. Do­mani discuteremo i particolari. Per ora, l'im­portante è che il programma sia approvato dal Presidente della Repubblica. La parola a D'A­vencourt. (Tutti prendono posto).

Lionello                         - (in piedi, nel centro, con la posa elegante d'un uomo politico di grande stile, comincia il suo discorso) Signori, permettete­mi di farvi prima una confessione: questo onore, veramente lusinghiero, non mi giunge inatteso.

Morell                           - Posso affermarlo anch'io.

Lionello                         - Da anni, seguo la vita politica del paese, e sapevo che le grandi tradizioni ere­ditate da mio padre (mostra il ritratto) mi avrebbero costretto, seppure non volentieri, ma nella piena coscienza di fare il mio dovere, ad accettare il posto che oggi mi è stato offerto. (Approvazioni) Il programma che avrò l'onore di sottoporvi, lo riconosco sinceramente, non è originale.

Voci                              - Sentiamo, sentiamo.

Lionello                         - La Francia ha avuto una grande regina... (si interrompe) una grande regina... (Dopo breve esitazione) Margherita di Navarra. Questa grande regina disse un giorno alla sua damigella preferita: « Voglio che, nel mio paese, in ogni casa, sia costruito un magnifico ca­minetto, in cui possa ardere un bel fuoco. Ac­canto a quel caminetto deve esserci una mogliettina innamorata che dondoli una culla, nella quale dorma soavemente un piccolo cittadino o una piccola cittadina. Quando tutti avranno queste cose, il paese sarà grande e felice ». (Vi­ve approvazioni e grida di «Bravo »).

F<rn                              - Quanta poesia! Che bellezza! Che senso della famiglia!

Lionello                         - Il mio programma, dunque, si limiterà a realizzare il desiderio di Margherita Navarra. In principio, qualcuno sorriderà ironicamente; ma pensate che questa semplice ola leggenda, tradotta nella lingua della politica moderna, è un serio e immenso pro­gramma. Il sogno di Margherita di Navarra in­segna che dobbiamo costruire lo Stato sulla san­tità della famiglia e del focolare. Signori, io voglio seguire la politica del focolare. (Grandi approvazioni) Bisogna costruire case, creare ni­di. La quiete del paese è sempre messa in pe­ricolo dalle masse indisciplinate; noi, con la sana politica del focolare, divideremo le masse in tante famiglie felici. Voglio una Nazione riscaldata e illuminata da un enorme caminetto. Questa è l'essenza del mio programma. I par­ticolari a più tardi. (Vivi applausi. Approva­zioni generali).

Bardon                          - Assolutamente geniale. Credo che, con questo discorso, sorgerà nel paese un nuovo motto: « Focolare ».

Toulin                            - E questo motto cambierà comple­tamente direzione all'opinione pubblica.

Duvert                           - L'opposizione sarà frantumata:

Morell                           - (stropicciandosi le mani) E allo­ra, signori, possiamo andare. (Batte la mano sulla spalla di Lionello) Sei un grand'uomo! Il tuo programma è una sciocchezza, è vero, ma fa effetto.

Lionello                         - Prego, accomodatevi frattanto in anticamera. Fra poco vi raggiungo. (Via a sin.).

Martin                           - Un uomo meraviglioso: segue le orme di suo padre! (Addita il ritratto. Escono tutti discutendo, meno Martin e Bardon) Caro Bardon, conoscevate voi questa bella storia di Margherita di Navarra?

Bardon                          - Per essere sincero, no.

Martin                           - Neanche io.

Bardon                          - (scuotendo il capo) Non leggiamo abbastanza, caro Martin! Non leggiamo abba­stanza! (Escono anche loro. La scena rimane vuota un attimo. Lionello rientra da sinistra seguito da Susanna disperata).

Susanna                         - Ma non è possibile, Nello! Non voglio crederlo! Te ne vai proprio davvero?

Lionello                         - Mi dispiace tanto, Susanna. Ma non posso farne a meno. Pensa un po', cara, e capirai che devo proprio andare.

Susanna                         - (ostinata) Se l'avessi immagina­to, non ti avrei permesso di diventare Presiden­te del Consiglio. Se almeno il Governo cadesse subito!

Lionello                         - Che dici?

Susanna                         - (con forza) Vorrei che venisse qualcuno che ti facesse cadere insieme con tutto il Governo. Ora capisco cosa significhi la tua presidenza. (Triste) Eravamo tanto felici, qui, noi due!... ed ecco capitare a un tratto un uomo che ti porta via per la politica. Capisci? La politica è la mia rivale.

Lionello                         - (carezzandola) Sii buona, Susan­na, appena posso, torno da te. (La bacia).

Susanna                         - (lo abbraccia) Oh Dio! Il Presi­dente del Consiglio mi ha baciata! E' come se tutto il paese lo avesse fatto.

Lionello                         - Addio, Susanna! (Via dal fondo):

Susanna                         - (va a raggomitolarsi nella poltrona accanto al caminetto, rannicchiando le gambe in modo che chi entra dal fondo non possa ac­corgersi di lei. Resta un po' soprapensiero e si asciuga gli occhi. Dopo qualche istante si sente stridere la serratura della porta di destra ed entra Margot. Elegante attrice parigina. Susan­na si scuote e tende le orecchie).

Margot                          - Buona sera... Nessuno... Natural­mente non è in casa... Avrei dovuto immagi­narlo.

Susanna                         - (balza spaventata dalla poltrona) Oh Dio! E chi è costei?!

Margot                          - (indietreggia) Ah! E' così!... Scu­sate, non sapevo di disturbare. Mascalzone!

Susanna                         - Signorina!

Margot                          - Mascalzone! Ora capisco perché ha rotto i rapporti con me. (Squadra da capo a piedi Susanna).

Susanna                         - Di chi parlate?

Margot                          - Non fate l'innocentina! Di Lionel­lo, naturalmente. (Le mette dinanzi agli occhi una lettera) Ecco la sua lettera. (Legge) «Cara Margot, il tempo passa, e noi uomini siamo tanto ingrati. Dimenticami. Lionello ». C'è da impazzire! Una relazione di due anni liquidata con dieci parole!

Susanna                         - (finalmente capisce) Vi prego, si­gnorina: queste cose non mi riguardano. Potrei sapere come avete fatto a entrare?

Margot ........................ - Bella domanda! Come se non aveste anche voi la chiave della porticina. (Mostra una chiave) Ogni parigina ne porta almeno una, nella sua borsetta.  

Susanna                         - (coprendosi il volto) Ma è ter­ribile!

Margot                          - (con maggiore intimità) Voi, na­turalmente, gli avete creduto. Non temete: un giorno vi pianterà come ha piantato me. Ora, a quanto pare, si interessa delle provinciali...

Susanna                         - (offesa) Come sapete che sono una provinciale?

Margot                          - Eh! Chi non aspetta l'amante in pigiama, non può essere che una provinciale.

Susanna                         - Mi accorgo che non conoscete la mia situazione.

Margot                          - Se credete che me ne importi! Del resto, non sono arrabbiata con voi: sono arrab­biata con lui. (Bonariamente) A voi, come don­na, non posso che raccomandare di essere furba. (Consigliandola) Ha molti punti deboli: aprofittatene. Gli piacciono le donne che lo adorano: fingete di adorarlo. Anch'io facevo così.

Susanna                         - Dite delle cose orribili!

Margot                          - E' molto riconoscente per le pic­cole attenzioni. Con queste, lo si può conqui­stare. Per esempio, gli piacciono assai le aran­ce. Preparatene sempre una, in camera da letto. Ne sarà felice.

Susanna                         - (colpita) Lo conoscete bene!

Margot                          - Capirete: dopo due anni! Posso dire di essere stata per lui quasi una moglie. Mi ha ingannata tante volte!

Susanna                         - Ah! (Con ansia) E ora?... Cosa pensate di fare?

Margot                          - Nulla! Ormai tutto sarebbe inu­tile. Posso chiedervi un favore?

Susanna                         - Prego.

Margot                          - Ecco la sua chiave; dategliela, e ditegli che Margot lo saluta. (Avviandosi a de­stra) Badate, però, di non innamorarvi di lui. (Sospirando) Amare sul serio, dev'essere terri­bile! Arrivederci. (Via a destra).

Susanna                         - (visibilmente nervosa, pensa un mo. mento poi suona il campanello).

Brigida                          - Comanda, signora contessa?

Susanna                         - (le dà la chiave) Ecco la chiave della porticina del giardino. Chiudetela bene. E domani fatevi mettere un grosso lucchetto.

Brigida                          - Non dubiti, signora contessa. (Uscendo a destra) Buonanotte, signora contessa.

Susanna                         - Buona notte, Brigida. (Rientra nella sua camera a sinistra).

Giustino                        - (appare nel corridoio, seguito da Tirlemont. Un bell'uomo di circa 40 anni, pieno di fuoco, un po' comico) Mi dispiace signore. Non posso lasciarvi entrare.

Tirlemont                      - (con forza) Sono Luciano Tirlemont. (Si vede che, detto questo, aspetta che,crolli il mondo).

Giustino                        - (colpito) Luciano Tirlemont!» Mi rincresce, ma qui non c'è più nessuno. Date un'occhiata alla sala e vi persuaderete che la seduta è terminata.

Tirlemont                      - (con un gesto di rabbia) Sono giunto troppo tardi. Telefonerò. Dov'è il telefono?

Giustino                        - E' qui, in questa stanza. (Si pa­ra dinanzi a Luciano che vorrebbe entrare) Noni vi incomodate, lo porterò qui! (Porta nel corridoio il telefono che ha un lungo filo) Ecco.

Tirlemont                      - Grazie. Potrei chiedervi in prestito un po' di benzina? Nella macchina non ve n'è più una goccia.

Giustino                        - Volentieri, signore. Scendo in garage. Per favore, non telefonate troppo forte.

Tirlemont                      - C'è qualcuno nel castello?

Giustino                        - (subito) No, no, nessuno! Sol­tanto una vecchia domestica che, al minimo ru­more, si sveglia e comincia a gridare. Vado a vedere per la benzina. (Via dal corridoio).

Tirlemont                      - (urlando) 14- 91. Pronti?... Circolo del partito radicale?... Qui Luciano... Sei tu, Giorgio?... Sì, esattissimo. Lionello D'Avencourt... stasera... poco fa... nel massimo se­greto... Certo, tutta opera di Giacomo... Subi­to... una riunione d'urgenza... infatti, avevano paura delle mie parole... Ma ho alcune cosette da dire al Presidente... Vedrai che sarà poco al­legro... A fra poco, (Posa il ricevitore e resta col telefono in mano) Dove lo metto? (Entra nella sala e seguendo il lungo filo dell'apparec­chio rimette il telefono al suo posto. In quel momento rientra da sinistra Susanna con un magnifico pigiama).

Susanna                         - (timorosa) Ho sentito ancora parlare. Che succede stanotte in questa casa? (Ve­de Luciano e getta un grido).

Tirlemont                      - (si volta) Perbacco! (Ammiran­dola) Stupenda! Non sapevo che da queste parti le vecchie domestiche fossero così belle!

Susanna                         - (nascondendosi dietro una poltrona) Signore, come siete entrato qui?

Tirlemont                      - M'ha portato la politica, signo­rina. Chiedo scusa d'avervi disturbata involonta­riamente. Non sapevo che il castello D'Avencourt nascondesse un così prezioso tesoro.

Susanna                         - Vi prego di allontanarvi subito, signore.

Tirlemont                      - Obbedisco. Vi prego solamente di dirmi in quale teatro posso avere il piacere d'incontrarvi.

Susanna                         - (stupita) In quale teatro?

Tirlemont                      - Con D'Avencourt non si può mai sapere: ha relazioni che vanno dall'opera al varietà. (Ammirando) Siete affascinante.

Susanna                         - Vi richiamo all'ordine.

Tirlemont                      - Oh, vi sono abituato! Mi succede spesso, alla Camera. Sono deputato dell'oppo­sizione.

Susanna                         - Suonerò il campanello.

Tirlemont                      - E' il mio destino: anche il Pre­sidente lo suona sempre quando parlo io! (Su­sanna fa l'atto di suonare il campanello) Volete farmi scacciare? (Sorridendo) M'hanno caccia­to tre volte, al Parlamento, eppure sono ancora lì, all'estrema sinistra.

Susanna                         - Vi ritenete un gentiluomo?

Tirlemont                      - Lo sono, signorina.

Susanna                         - Non sono signorina. Sono la con­tessa D'Avencourt, la moglie di Lionello.

Tirlemont                      - Se Lionello non è sposato!

Susanna                         - Si è sposato oggi. Andate, vi pre­go, signore.

Tirlemont                      - Santo Cielo! A questo non ero preparato. (S'inchina profondamente) Signora, sono spiacente di quanto è avvenuto. Il mio nome è Luciano Tirlemont e vi faccio le mie scuse più sincere.

Susanna                         - La più bella scusa che possiate farmi è di andarvene.

Tirlemont                      - Un momento solo, signora. Cre­do mio dovere spiegarvi come mi trovo in questa strana situazione. Ero venuto qui senza alcun sospetto, lo confesso sinceramente. Ero venuto soltanto per far cadere vostro marito.

vnna                              - (con uno strillo di sorpresa) Per farlo cadere? (Di scatto) Aspettate un momento. (Luciano la guarda) Voi, dunque, ap­partenete all'opposizione?

Tirlemont                      - (battendosi il petto) Sì, signora contessa.

Susanna                         - E avete fatto cadere molti Governi?

Tirlemont                      - Otto!

Susanna                         - Allora, vi si presenta l'occasione propizia per dimostrarmi il vostro pentimento.

Tirlemont                      - Comandatemi, ubbidirò.

Susanna                         - (con ritegno, commossa) Cara op­posizione... vi prego, fate cadere mio marito.

Tirlemont                      - Ho udito bene, signora?

Susanna                         - Benissimo! Fatelo cadere, ora, subito!

Tirlemont                      - (vertiginoso) Si vede, signora, che non siete pratica di politica.

Susanna                         - Dunque, non potete aiutarmi?

Tirlemont                      - Forse. Vado subito dal Presi­dente: forse mi riuscirà di stornare il piano di Morell.

Susanna                         - (febbrilmente) E allora volate.

Tirlemont                      - Volo. (Preso dalle vertigini) Che donna!

Susanna                         - Fate tutto il possibile!

Tirlemont                      - Lo farò!

Susanna                         - E anche l'impossibile!

Tirlemont                      - Anche l'impossibile!

Susanna                         - (vergognandosi) E se riuscite a far cadere mio marito, ditegli che venga subito a casa.

Tirlemont                      - Glielo dirò. (Mentre esce di corsa) Che donna!

Susanna                         - (felice) Brigida, Brigida!

Brigida                          - (entra dal fondo).

Susanna                         - Metti un po' di legna nel cami­netto, affinché la stanza non si raffreddi. Dov'è Giustino?

Giustino                        - (spaventato, dal fondo) Eccomi, signora contessa! E' accaduto qualche guaio?

Susanna                         - Nessun guaio, Giustino. (Di scat­to) Quanto ci vuole, in automobile, da qui al palazzo del Presidente della Repubblica?

Giustino                        - Un buon quarto d'ora.

Susanna                         - E quanto occorre a un Presidente dei Ministri, per cadere?

Giustino                        - Basta un brutto momento.

Susanna                         - (raggiante) Allora, tutto potrà esser fatto prima di mezzanotte. (Squilla il te­lefono).

Giustino                        - Pronti!... Sì, Casa D'Aven­court... (Con gioia) Davvero?... Glielo dirò subito. Grazie. (Posa il ricevitore).

Susanna                         - (ansiosa) Cosa c'è?

Giustino                        - (con un profondo inchino) Il conte D'Avencourt è, da questo momento, Pre­sidente del Consiglio dei Ministri.

Susanna                         - (scoppiando a piangere) Sicché, malgrado tutto...

Giustino                        - Sta provvedendo al rimpasto del Gabinetto e fa sapere alla signora contessa che stanotte, con suo grande rincrescimento, non potrà venire a casa.

Susanna                         - Non potrà venire a casa... (Si getta in una poltrona. A Brigida) Non occorre più metter legna nel caminetto... Non verrà a casa!...

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

La stanza del Presidente dei Ministri. A de­stra, la comune; in fondo, porta che va nella Sala del Consiglio. A sinistra, piccola porta im­bottita, discreta, appena visibile. Grande scrivania, poltrone, telefono, seria eleganza ufficiale.

All'alzarsi del sipario, Roberto e Adriana seggono sulla scrivania. Formano una coppia giovane e simpatica, e stanno sbaciucchiandosi, dimenticando dove sono e chi sono. Dalla porta di destra entra Dechamps, capo divisione alla Presidenza. Roberto e Adriana non se ne accor­gono e continuano a baciarsi.

Dechamps                     - (tra i 50 e i 60 anni, molto distin­to, simpaticissimo. Stupito) Due estranei nel­la stanza del Presidente! (Brusco) Che fate qui? (Roberto e Adriana spaventati saltano giù dalla scrivania).

Roberto                         - Il Capo Divisione!

Adriana                         - Siamo fritti! (Fa l'atto di scap­pare).

Dechamps                     - Aspettate, furfanti! Se non erro, eravate seduti sulla scrivania del Presi­dente... Su una proposta di Legge!...

Adriana                         - (tremando) Scusateci... non sape­vamo di sedere su una cosa così importante!

Dechamps                     - (severo) E vi baciavate!

Roberto                         - (con semplicità) Sì, signore…. questa signorina è la mia fidanzata.

Dechamps                     - Ma chi siete voi?

Roberto                         - Roberto Neuville, Cancelliere della X Divisione... Adriana, dattilografa nella stessa Divisione.

Dechamps                     - Ah! E che cosa cercate qui?

Roberto                         - (contrito) E' un anno che veniamo sempre in questa stanza, per far quattro chiacchiere in pace... E' il posto più tranquillodella Presidenza.

Dechamps                     - (scandalizzato) Insomma, la stanza del Presidente del Consiglio è per voi un luogo di appuntamenti?

Adriana                         - Ci vogliamo tanto bene...

Dechamps                     - Ma come avete fatto a entrare qui?

Roberto                         - Dal Gabinetto interno. (Con naturalezza) La consegna è severissima. Bisogna: dire: «Pratiche di fiducia». (Additando la porticina a sinistra) E allora, lasciano entrare... (Con grazia) Durante le ore di ufficio, qui non c'è mai nessuno...

Dechamps                     - Un'idea veramente originale! E non avete paura che vi sorprendano?

Roberto                         - Oh, no! Quando arriva il Presi­dente del Consiglio, suonano il campanello spe­ciale giù al portone, e abbiamo tutto il tempo per svignarcela.

Dechamps                     - E se per caso squilla il telefono di Stato?

Adriana                         - (semplice) Ma noi togliamo su­bito la comunicazione, appena entriamo qui.

Dechamps                     - (stizzito) Meritate una puni­zione esemplare!

Adriana                         - Siate buono, vi prego! La colpa è tutta del programma governativo! (Con en­fasi) Culla, caminetto, focolare: vien proprio la voglia di volersi bene!

Dechamps                     - (sorridendo suo malgrado) Scioccherella!... Beh! filate e che non vi si veda mai più.

Roberto                         - Grazie, signor Capo Divisione. (S'avvia con Adriana a sinistra).

Dechamps                     - E se volete baciarvi, andate nella stanza del Sottosegretario; anche quella è sempre vuota. (Roberto e Adriana, felici, escono dalla porticina di sinistra. Dechamps li segue con lo sguardo, scuotendo il capo, e quan­do escono si mette a ridere).

Vaubert                         - (da destra) I giornali del matti­no, signor Dechamps.

Dechamps                     - Novità?

Vaubert                         - E' stata proibita la nuova operet­ta del Varieté: « Bimbi ».

Dechamps                     - E perché mai?

Vaubert                         - Pare che, in quell'operetta, ci si burlasse del programma governativo. La Dire­zione del Teatro ha protestato presso il Mini­stero degli Interni, e questo ha passato l'affare a noi. Il Presidente del Consiglio dovrà deci­dere del destino di a Bimbi », proprio stamani.

Dechamps                     - Ecco com'è Parigi: non si può mai avere un programma serio!

Vaubert                         - Al contrario. Tutti i parigini ne sono entusiasti. (Ripetendo come una lezione) Culla, caminetto, focolare: si vede che è il programma di una donna!

Dechamps                     - Di una donna?

Vaubert                         - Margherita di Navarra. (Esce e sulla soglia si imbatte in Morell) Buon giorno, signor Morell. (Fa un inchino ed esce a destra).

Morell                           - Ciao, Dechamps. D'Avencourt non c'è ancora?

Dechamps                     - Sarà qui a momenti.

Morell                           - Altro di nuovo, oltre il divieto per « Bimbi »?

Dechamps                     - Tirlemont si è fatto annuncia­re per le undici.

Morell                           - (fregandosi le mani) Benissimo! Avete fiducia nel nuovo programma, Dechamps?

Dechamps                     - Certo! L'opinione pubblica è favorevolissima: il nuovo programma del Go­verno ha annientato l'opposizione. Sono con­vinto che a Tirlemont non resti altro che met­tersi d'accordo col Governo.

Morell                           - Credo che ci siamo tolti definiti­vamente quell'uomo di torno.

Dechamps                     - Tutta opera vostra, signor Mo­rell.

Morell                           - Speriamo che, si riesca. Da Tirle­mont si può sempre attendere tutto.

Dechamps                     - Oh! Chi potrà mai opporsi a un simile programma? (Con enfasi) Culla, caminetto, focolare. Si vede che è stato escogi­tato da una donna.

Morell                           - Da una donna?

Dechamps                     - Margherita di Navarra.

Morell                           - Ah, già! (Scampanellìo prolun­gato).:

Dechamps                     - S. E. il Presidente del Consi­ glio! (Fa un inchino, via da destra).

Lionello                         - (da destra) Buongiorno, Gia­como!

Morell                           - Come mai così tardi?

Lionello                         - Sono stato ad Amiens, stanotte... Un entusiasmo straordinario! In due mesi, da quando sono Presidente del Consiglio, i matri­moni sono aumentati del trenta per cento.

Morell                           - Eh già, col tuo programma!.,. Sai, ho capito perfettamente il Segreto del tuo successo: tu canti una romanza a tutta la Fran­cia. Sei diventato un agente di matrimoni di Stato, caro Lionello! Si vede che il tuo programma è stato escogitato da una donna!

Lionello                         - (colpito) Una donna?

Morell                           - Margherita di Navarra, no?

Lionello                         - (sollevato) Ah! Certo, certo.

Morell                           - A proposito, che cosa fa tua mo­glie?

Lionello                         - Poverina, non la vedo da tre giorni! Quando penso che, in due mesi di ma­trimonio, siamo stati insieme sì e no ventiquattr'ore!...

Morell                           - (alzando le spalle) Non si pos­sono servire due padroni alla volta.

Lionello                         - Sarà una giornata faticosa, oggi?

Morell                           - Ma che! L'accordo è pronto: non c'è che da firmarlo.

Lionello                         - Sarà una bella scenetta! E che cosa c'è nei giornali di stamane?

Morell                           - Hanno proibito la nuova operetta « Bimbi ».

Lionello                         - Male! Margot fa la parte della protagonista.

Morell                           - Ohe, ohe! Spero che tutto sia fi­nito tra voi!

Lionello                         - Naturalmente!

Morell                           - A proposito, hai letto il Figaro di ieri?

Lionello                         - Da quando sono Presidente del Consiglio, è il capo ufficio Stampa che legge i giornali in vece mia.

Morell                           - V'era un articolo curiosissimo, una specie di referendum a proposito dell'opi­nione delle parigine sul Presidente dei Ministri.

Lionello                         - E' un po' forte!

Morell                           - Ma è divertentissimo. Senti: (Cava di tasca il Figaro e legge) Ecco la piccola Odette dell'Opera: « Ritengo che Lionello D'A­vencourt sia un uomo politico di cui non ci si possa fidare. E' impulsivo, si stanca presto, e la riconoscenza non è la sua qualità princi­pale ».

Lionello                         - La piccola cretina si vendica!

Morell                           - Questo è niente! Senti ora Mar­got: « Da quanto so di Lionello D'Avencourt, dovrei dedurre che la sua relazione con la Fran­cia non durerà a lungo ».

Lionello                         - Che angioletto!

 Morell                          - Paghi il fio della tua indifferenza verso di loro... (Ripone il giornale e muta tono) Però la tua vittoria è veramente straordina­ria. Pensa un po'! Ridurre il terribile Luciano Tirlemont come un leone senza denti... Oggi vi stringerete la mano e domani il paese avrà un Governo stabile e un Presidente dei Ministri che minaccia di restare in carica venti anni.

Lionello                         - Se ti sentisse Susanna!...

Dechamps                     - (da destra) Eccellenza, la De­putazione del Circolo femminile di Auteuil.

Lionello                         - Che cosa vuole?

Dechamps                     - E' venuta per offrire a V. E. un piccolo caminetto d'argento.

Morell                           - Che popolarità! (A Lionello) Sbri­gati subito, mi raccomando.

Lionello                         - Andiamo, Dechamps. (Via per la porta di fondo con Dechamps).

 (Giacomo ha appena il tempo di accendere il sigaro che dalla porta di destra entra, in un magnifico costume primaverile, Susanna. In due mesi, da una piccola provinciale è diventata una bella elegantissima e spigliata parigina).

Susanna                         - Buongiorno, Giacomo; dov'è mio marito?

Morell                           - (inchinandosi) I miei omaggi, contessa. Riceve una Deputazione. Sarà qui a momenti. (Sorridendo) Sempre in collera, con me?

Susanna                         - Sempre! Siete stato voi a portar­mi via mio marito!

Morell                           - Oh, non ve ne rammaricate. Ca­drà presto, vedrete, e così lo riavrete tutto per voi. A cosa dobbiamo il piacere di vedervi qui?

Susanna                         - Sono venuta a chiedere aiuto. C'è una mia amica, impiegata all'Ufficio posta­le di Florennes, che desidera trasferirsi a Pa­rigi. Volevo pregare Lionello...

Morell                           - Lo farà subito.

Susanna                         - Buffo, vero? Ch'io debba venire in ufficio per parlargli? A casa non c'incontria­mo mai!

Morell                           - I grandi uomini, contessa... E voi cosa fate, intanto? Mi hanno detto che il vo­stro tè di beneficenza è riuscito meravigliosa­mente.

Susanna                         - Abbiamo incassato 20.000 franchi netti per i trovatelli. A proposito, vi ringrazio per la vostra offerta... (sorridendo) per quan­to non sia stata troppo generosa. Tirlemont ha dato duemila franchi.

Morell                           - Avrà le sue ragioni... Mi per­metto, anzi, di farvi rispettosamente osservare che a Parigi si mormora un po' per l'assiduità di Tirlemont in tutti i posti nei quali voi andate. Anche l'altra sera, in palco, a teatro.,. E' quasi un flirt!

Susanna                         - Morell, per amor di Dio, noni dite sciocchezze!

Morell                           - A Parigi quasi tutte le donne sono fedeli, meno le mogli.

Susanna                         - Un'altra osservazione simile, ci la nostra amicizia è finita.

Morell                           - Ne sarei veramente desolato! Ma voi siete così giovane, e i miei capelli bianchi I mi danno un po' il diritto di parlarvi franca­mente. E poi, bisogna convenire che è molto strano veder sempre insieme la moglie del Pre­sidente dei Ministri e il Capo dell'opposizione.

Susanna                         - Tirlemont è un uomo tanto diver­tente!

Morell                           - Eppure, non ci vedo molto chiaro in questa faccenda... (La minaccia scherzosa­mente col dito) Se le donne incominciano a immischiarsi nella politica...

Susanna                         - Allora sì, che si starà bene!

Morell                           - Ho un lieve sospetto che siate un agente segreto dell'opposizione!...

Susanna                         - (ridendo, in tono ambiguo) Nulla sfugge alla vostra perspicacia.

Lionello                         - (rientra dal fondo) Oh, Susanna, tu qui? Brava!

Susanna                         - (gli va incontro, felice) Buon giorno, Nello! Lascia che ti guardi; come stai?

Morell                           - T'avverto che è venuta a racco­mandare una telegrafista di Florennes. Per con­to mio, appoggio caldamente la sua domanda.

Lionello                         - Di che cosa si tratta?

Susanna                         - Oh, una cosa da nulla. Una po­vera donna che vuol essere trasferita a Parigi. (Con grazia) Aiutala, Lionello, mi farai un vero piacere.

Lionello                         - (a Morell) Vuoi occupartene su­bito, tu, per favore?

Morell                           - Certo. Hai visto il Presidente della Camera?

Lionello                         - Sì, anzi mi ha detto che aveva bisogno di parlarti.

Morell                           - Ecco: così faccio un viaggio e due servizi. Arrivederci. (Via a destra).

Lionello                         - E dunque, Susanna, non hai al­tro da raccomandarmi?

Susanna                         - Oh sì! Tua moglie, Lionello!

Lionello                         - (scherzoso) Hai bisogno anche tu di un trasferimento?

Susanna                         - No. La Francia è tanto grande e io sono tanto .piccola.

Lionello ....................... - Ricominci?

Susanna                         - La Francia è una donna meravigliosa e tu mi tradisci con lei. Da tre giorni non ti vedo; da quattro non pranziamo insieme. E' una eternità. Siamo sposati solo da due mesi, e la nostra luna di miele è già tramontata.

Lionello                         - Purtroppo, non è neanche sor­ta... Quando ti portai nel castello, ero ancora padrone di me; ora sono schiavo del paese.

Susanna                         - Appartieni a tutti meno che a tua moglie. Vedi, quella notte volevo rimanere la tua fidanzata soltanto... e ora lo sono dav­vero.

Lionello                         - Bambina! Sei la mia piccola mo­glie adorata! (L'abbraccia).

Susanna                         - (facendo il broncio) Non abbrac­ciarmi, Lionello! Altrimenti mi fai ricordare che da tre notti non dormi a casa.

Lionello                         - Purtroppo non posso venire neanche stasera. Parto per Lione alle nove.

Susanna                         - Tutte le donne hanno il diritto di adorarti...

Lionello                         - Non posso proibirlo.

Susanna                         - E non capisci che cosa significhi, per me, restar sola in queste belle notti di primavera?

Lionello                         - Ma sono il Presidente dei Ministri, devi rendertene conto.

Susanna                         - Già, sei tutto, fuorché mio ma rito! (Con energia) Baciami, voglio che mi baci

Lionello                         - Cara piccina! (La bacia),

Susanna                         - Ancora, Nello, ancora! Sono venuta proprio per questo! La telegrafista di Fiorennes era una scusa.

Lionello                         - Cara! (Lungo abbraccio) Vedi, quando ti stringo così, fra le mie braccia, cre­do di essere terribilmente sciocco.

Susanna                         - (carezzevole) Lionello, andiamo­cene a casa!

Lionello                         - (con meno energia) Impossibile!

Susanna                         - (battendo i piedi) Impossibile, sempre impossibile! Così lasci passare i nostri giorni più belli! Sapessi che paradiso, ora, il nostro giardino, con le aiuole tutte fiorite e i nidi pieni di canti!... Sono veramente disgra­ziata! Abbiamo fatto un matrimonio d'amore, nel quale tutto si può, meno che amare! Tutti gli altri sposi si chiudono nelle loro case o van­no in giro per il mondo, soli, a godere la vita; e noi niente! Pensa, Lionello, che felicità potremo godere insieme noi due soli! E invece... la notte il castello è tanto silenzioso; non si sente altro che l'abbaiare dei cani, e io me ne sto sola, tutta tremante, sul divano!

Lionello                         - Come, non dormi a letto?

Susanna                         - No, Nello! (Piano) Il letto è troppo vasto!

Lionello                         - (stringendosela a sè) Quante ma­linconie hai, piccola Susanna! Vorrei tanto po­terti confortare!

Susanna                         - E allora confortami! (Si toglie il cappello e lo getta sul tavolo).

Lionello                         - Ti amo!

Susanna                         - Non così. (Stringendosi a lui) Come se fossimo a casa nostra.

Lionello                         - Susanna, abbi giudizio.

Susanna                         - Non ne ho e non voglio aver­ne! Stasera parti per Lione e chi sa cosa sarà domani. Non posso vivere senza i tuoi baci.

Lionello                         - (l'abbraccia con ardore poi si sco­sta) No, Susanna, qui no. Sono sul ponte di comando. La Repubblica... lo Stato... la mia proposta di Legge...

Susanna                         - (beffarda) Il caminetto, il foco­lare … perché mai mi è venuto in mente una simile sciocchezza?

Lionello                         - (stupito) E' venuta in,mente a te? (Colpito) Già, già! Debbo a te tutti i miei successi! Tu sei la nostra grande Margherita di Navarrà!

Susanna                         - Che ora ti comanda di amarmi. (Gli si fa sempre più vicino) E' vero che è co­me se fossimo a casa nostra?

Lionello                         - (abbracciandola) Comincio, a crederlo anch'io. (L'accarezza) Come sono fini e delicate le tue spalle!

Susanna                         - E' tanto vicino il giorno in cui, per la prima volta, mi prendesti fra le braccia... Mi par sempre che sia ancora la prima volta!

Lionello                         - (ebbro, trascinandola a sinistra) Vieni, entriamo nel salottino riservato.

Susanna                         - (con esaltazione) Nel salottino riservato... Oh bello... E' come se fossi l'amante del re... Che strana sensazione, in una repubblica!

Lionello                         - (c. s.) Sei una creatura meravi­gliosa, Susanna!

Susanna                         - E ti voglio tanto bene!

Lionello                         - (trascinandola) Vieni, piccina... non ci siamo che noi due al mondo! (Scompa­riscono dalla porticina di sinistra).

Morell                           - (rientra da destra dopo un attimo) Scusa, Lionello. (Si guarda intorno) Dov'è andato a finire? (Chiamando) Dechamps!

Dechamps                     - (da destra) Comandi, signor Morell.

Morell                           - D'Avencourt è andato via?

Dechamps                     - Non è neanche uscito da questa stanza.

Morell                           - E sua moglie?

Dechamps                     - Neppure. A meno che non sia passata dalla porticina di dietro.

Morell                           - Ma no, vedo lì il suo cappello! (Breve pausa) Mi par di sentir parlare nel salottino.

Dechamps                     - (avvicinandosi alla porta a sinistra e origliando) Si, li dentro c’è qualcuno.

Morell                           - (si avvicina anche lui e ascolta un momento. I due uomini si guardano, scrutandosi. Poi cominciano a ridere tutti e due silenziosamente)

Dechamps                     - (venendo in centro, a bassa voce) E’ un posto incantato, questo. Un momento fa, il cancelliere e la dattilografa…. Ora  il Presidente dei ministri….

Morell                           - Accade così quando gli uomini politici sono troppo giovani…. (più confidenziale) Se non erro Dechampsamps, noi siamo compaesani, eh?

Dechamps                     - Infatti, anch’io sono nato a Lancy, sulle rive della Loira.

Morell                           - Quante monellerie su quelle rive! Vi ricordate della piccola Blanchotte?

Dechamps                     - Altro che! Camminava sempre a piedi nudi, e le ginocchia le rilucevano al sole.

Morell                           - Strano che proprio oggi ci vengano in mente le ginocchia di Blanchotte. Chi sa se non è stato un peccato andarsene da Lancy? Cosa sarebbe avvenuto di me, se fossi rimasto nell’officina di mio padre?

Dechamps                     - La storia sarebbe stata assai più povera….

Morell                           - Ma io, forse, molto più ricco. Sapeste come odio la democrazia!

Dechamps                     - Voi? Il Presidente dell’Unione Democratica?

Morell                           - La democrazia ha fatto sì che il figlio del calzolaio di Lancy diventasse, per ben tre volte, Presidente del Consiglio dei Ministri!       

Dechamps                     - Spero che lo sarà anche per la quarta volta.

Morell                           - Lo spero anch’io! (sospirando) Eh sì, erano belle le ginocchia di Blanchotte! Ricordo ancora quella canzonetta che cantava sempre….. (accenna sottovoce il ritornello di una canzone popolare)

Dechamps                     - (esterrefatto) Signor Morell!

Morell                           - Ho cantato eh? Cosa volete, ricordi di gioventù! Si ha un bell’essere uomini di Stato, freddi e severi:' a un tratto ci ac­corgiamo che una canzonetta ci sgorga dal cuore... Eh, amico mio, siamo stati dei veri so­mari, dandoci a questo mestiere... (Ammiccando verso la porticina di sinistra) Un quarto d'ora come quello, vale più di tutte le carriere politiche. Ormai, per noi, è troppo tardi; ma una cosa mi consola: Lionello d'Avencourt non sarà a lungo Presidente del Consiglio.

Dechamps                     - Credete?

Morell                           - E me lo chiedete? (Breve pausa. Riprende con tono ufficiale) Bisogna che vegliamo noi per il quarto d'ora in cui il paese è senza Presidente dei Ministri. Venite, De­champs. (Uno dietro l'altro, a piccoli passi di­screti, escono dalla porta di destra. Dopo breve pausa, Lionello e Susanna ancora inebriati esco­no a braccetto dal salottino riservato).

Susanna                         - Dunque, non parti per Lione? Promesso ?

Lionello                         - (felice) Promesso.

Susanna                         - Stasera pranzeremo insieme. Che gioia! E non ci lasceremo fino a domani mat­tina! Ora vado a fare una visitina ai Montigny, che sono qui a due passi, e fra un'ora torno a prenderti. Organizzeremo una magnifica gior­nata.

Lionello                         - (l'abbraccia sussurrando) E una notte meravigliosa.

Susanna                         - Non oso traversare tutto il pa­lazzo, ora. Mi pare che tutti debbano leggermi in viso la mia felicità.

Lionello                         - Non occorre. Lì, nel salottino, c'è una scaletta a chiocciola che mette nel por­tone di dietro. E' l'uscita di sicurezza... per quando c'è troppa gente che mi aspetta.

Susanna                         - Non l'avranno mica costruita per far piacere alle mogli, immagino!

Lionello                         - Ma possono servirsene anche le mogliettine innamorate. Dò gli ordini subito. (Prende il ricevitore del telefono) Fate subito passare l'automobile della contessa d'Avencourt dinanzi al portone di dietro. (Posa il ricevi­tore) E ora mettiti un po' in ordine: sei tutta scarmigliata.

Susanna                         - (guardandosi intorno) Non c'è neppure uno specchio?

Lionello                         - E' di là; non l'hai visto?

Susanna                         - Oh, io non ho visto altro che il divano, nel salottino!

Lionello                         - E accanto allo specchio c'è il piccolo uscio sulla scala. (La bacia) Arrivederci, cara, a tra poco. Ti adoro! E ora, pensiamo un momento alla repubblica. (Via Alla porta di fondo).

Susanna                         - (apre la porticina di sinistra, ma mentre sta per varcarne la soglia indietreggia con uno strillo) C'è una donna nel salottino!

Fanny                            - (bionda, simpatica, eleganza un po' vistosa, entra dall'usciolino di sinistra) Scu­sate, signora, non avevo nessuna intenzione di spaventarvi. E' un caso veramente doloroso.

Susanna                         - Ma è terribile, in questa Parigi! Da ogni porta capita dinanzi una donnina! Cosa facevate, lì dentro?

Fanny                            - (con naturalezza) Avevo dimenti­cato qui il mio grembiule. (Mostra un elegante deshabillé).

Susanna                         - (stupita) E codesto sarebbe... un grembiule?

Fanny                            - (sorridendo) Sì, insomma, il mio vestito d'ufficio. Io sono qui addetta alla Pre­sidenza del Consiglio. Mi chiamo Fanny Durant. Potete leggere il mio nome anche nel bollettino ufficiale... Ora sono in licenza.

Susanna                         - E perché?

Fanny                            - Il nuovo Presidente del Consigliò è sposato da poco... e non ha avuto bisogno dell'opera mia.

Susanna                         - (colpita) Capisco.

Fanny                            - (con una certa malinconia) Confesso che non sono molto allegra... Perché negare, del resto? Ho già servito parecchi Governatori. Sono una specie di Segretaria di Stato. Ma i Governi se ne vanno, e io rimango. Ora però mi congedo definitivamente.

Susanna                         - Andate in pensione?

Fanny                            - Mi sposo. Sapete, il nuovo pro­gramma: culla, caminetto. Fra sei mesi non vi saranno più cocotte a Parigi. Oh, quella Margherita di Navarra!

Susanna                         - (sorridendo) Già! Ne ho sentito parlare anch'io. E ditemi un po', signorina. Dopo l'elezione del nuovo Presidente, non siete mai più venuta qui?

Fanny                            - Che cosa sarei venuta a farvi? Ero passata solo un momento adesso per raccogliere le mie cose.

Susanna                         - E prima?

Fanny                            - Di solito venivo quando c'era Con­siglio di Ministri. Molte volte la seduta durava fino a notte avanzata; dopò, il Presidente era spesso nervoso, stanco, di cattivo umore... un po' di compagnia lo distraeva.,

Susanna                         - Povera signorina; la vostra vita dev'essere stata molto monotona!

Fanny                            - Molto variata, anzi. Sono così frequenti … le crisi di Governo. (Sospirando) Eh, io so che cosa è la politica!

Susanna                         - E posso chiedervi di che partito siete?

Fanny                            - (con fermezza) Socialista.

Susanna                         - (stupita) Santo Dio!

Fanny                            - Non vi spaventate! Sapete, con co­desti partiti borghesi... Pensandoci bene, si ca­pisce come la borghesia abbia avuto i suoi di­ritti dalla rivoluzione. Da allora s'è illangui­dita, ingrassata, ed è diventata placida. (Con foga) Ma il socialismo, le classi povere, op­presse, le forze nuove! C'è ancora della foga, dell'ardore in esse.

Susanna                         - Tutto ciò è molto nobile! So che non dovrei farlo, ma credetemi, sono sinceramente con voi. Vorreste dirmi come avete fatto ad entrare?

Fanny                            - Dalla porticina del salottino. V'è una consegna severissima. Ma basta dire « Pra­tiche di fiducia » perché lascino passare chiunque.

Susanna                         - Ah sì? Profitterò della vostra cortesia.

Fanny                            - Siete addetta anche voi all'Ufficio del Presidente del Consiglio?

Susanna                         - Con nomina a vita: sono sua moglie!

Fanny                            - Santo cielo! La moglie del Presi­dente del Consiglio! Chiedo scusa, signora! Se avessi potuto immaginarlo...

Susanna                         - Oh, non fa nulla, signorina. Sono contenta d'avervi conosciuto. Andiamo via?

Fanny                            - Ai vostri ordini, signora. Faccio un pacchetto del mio... grembiule.

Susanna                         - M'accomodo un momento i ca­pelli...

Fanny                            - Nel cassetto dello specchio c'è un pettine.

Susanna                         - Grazie tante... siete molto gen­tile,

Fanny                            - E sulla scansia a destra l'acqua di Colonia.

Susanna                         - Una fornitura completa per toi­lette! Sono lieta d'aver fatto un po' di pra­tica...

Fanny                            - Oh! non è una cosa difficile.,. (Escono insieme a sinistra).

Lionello                         - (rientra dal fondo con Dechamps) Cosa c'è ancora?

Dechamps                     - Il signor Champverière, Di­rettore del Varieté, e la signorina Margot.

Lionello                         - Ah! Per la proibizione dell'o­peretta. Fateli passare, così li sbrigo subito.

Dechamps                     - (fa per avviare).

Lionello                         - Aspettate un momento, per fa­vore. (Guarda l'orologio) Fra mezz'ora telefo­nate dalla duchessa di Montigny, deve esserci mia moglie. Ditele che non potrò esser libero, e che, con mio grande rincrescimento, stasera non pranzerò a casa.

Dechamps                     - Sarà fatto, Eccellenza. (Esce a destra. Dopo un momento entrano Champverière e Margot. Champverière è un simpatico tipo di attore bohémien. Margot, per l'occa­sione, è terribilmente elegante).

Champverière                - (inchinandosi profondamente) Eccellenza!

Lionello                         - Buon giorno, Champverière. Ho sentito che avete fatto un altro guaio.

Champverière                - (sorridendo) Tanto per non perdere l'abitudine... (Con finezza) Non occor­re che le presenti la signorina Margot.

Lionello                         - Oh, cara Margot! Ma noi ci co­nosciamo!

Margot                          - (fissandolo arditamente) Da molto tempo.

Lionello                         - Da quando non ero ancora Pre­sidente dei Ministri.

Margot                          - (dolciastra) Da quando non era» vate ancora marito.

Lionello                         - A proposito: vi ringrazio per il parere espresso su di me al Figaro.

Margot                          - Non avevo forse ragione?

Lionello                         - Può darsi. (A Champverière) Dunque, cos'è quest'affare di « Bimbi»?

Champverière                - Eccellenza, è un'operetta innocentissima. La protagonista è una fanciulla parigina molto graziosa, ingenua...

Margot                          - ... la quale, benché abbia sedici anni, crede ancora che sia la cicogna a portare i bambini.

Lionello                         - Benissimo!

Champverière                - L'innocente fanciulla, però, legge un giorno il programma del nuovo Go­verno e perde tutta la sua innocenza.

Lionello                         - Questa è un po' forte!

Champverière                - Scusi! Il programma del Governo chiede alle donne di provvedersi una culla col relativo bambino. La nostra fanciulla, da cittadina obbediente, accoglie la preghiera del Governo, e se ne provvede.

Margot                          - (ingenua) Non mi pare che vi sia nulla d'offensivo.

Lionello                         - Ma ho sentito dire d'un certa poesiola...

Champverière                - Ah! Quella del secondo atto? Oh Dio! Non v'è proprio nulla di male. Se V.E. volesse sentirla, Margot può benissimo recitarla. Vedrà che è innocentissima.

Margot                          - (si mette in posa e comincia a de­clamare) « Della Francia nel paese, - c'è una grande novità: - il Governo, assai cortese, dice a tutti, con bontà: Ogni casa abbia un bambino, - che, se piange, non fa nulla; - pron­ta, accanto a ogni camino, - ci dev'essere una culla. Far figliuoli, da oggi in poi, - è interesse dello Stato, - dunque, donne, tocca a voi, - per ognuna un neonato! Ogni donna, ogni donnina           - sottovoce all'altra narra a Che portento di regina  Margherita di Navarrà! Su pei monti, giù nei prati, - non si pensa che all'amore, - non esistono più ma lati, - sono tutti pien d'ardore... Se per caso, una piccina   - si ritrova imbarazzata, - la fan­ciulla, birichina, - ha la scusa preparata: Fammi un viso sorridente, - non sgridarmi, cara . mamma, - l'ha voluto il Presidente, - che ha bandito il gran programma. Ogni donna, ogni donnina, - sottovoce all'altra narra: - Che portento di Regina, - Margherita di Navarra! » (Fa un profondo inchino a Lionello che ride di gusto).

Lionello                         - Ma è deliziosa! Chi è quello sciocco di questore che ha proibito una cosa tanto carina?

Champverière                - Allora?

Lionello                         - Allora permetto che la « Bimbi » sia rappresentata.

Champverière                - Grazie, Eccellenza. (Coni piacendosi a parte) Che diplomatico!

Dechamps                     - (de destra) C'è il signor Tirelemont.

Lionello                         - (a Margot e Champverière) Vi prego, da questa parte. (Li fa uscire dalla porti­cina di sinistra. Da destra entrano Morell e Tir­lemont. Dechamps via a destra).

Morell                           - Caro Lionello, ecco qui il nostro nuovo amico.

Lionello                         - (con molta cordialità) Oh, Tirlemont! Sono veramente lieto.

Tirlemont                      - Il piacere è tutto mio.

Morell                           - Nella sala del Consiglio sono riu­niti i membri del nuovo Gabinetto. Credo che, prima di sanzionare l'accordo, sarà bene avere fra noi un breve scambio di vedute.

Lionello                         - Naturale. Del resto tutto è in ordine. Ogni ostacolo è stato appianato nelle trattative preliminari.

Tirlemont                      - Per conto mio, vorrei che si stabilissero subito i mutamenti concertati.

Morell                           - Nulla lo impedisce.

Lionello                         - Non mi oppongo! Voi, Tirle­mont, potrete attendere qui, la fine del Consi­glio. Faremo presto; non è che una semplice formalità. (Fa per avviarsi verso il fondo. Poi torna indietro e suona il campanello).

Dechamps                     - (a destra) Comandi, Eccellenza.

Lionello                         - Avete telefonato a mia moglie?

Dechamps                     - Sì, Eccellenza, cinque minuti fa..

Lionello                         - Cosa ha detto?

Dechamps                     - Nulla, Eccellenza. Ha interrot­to subito la comunicazione.

Lionello                         - Grazie. (Dechamps via a destra).

Tirlemont                      - (con astuzia) Sono forse causa di qualche malinteso?

Lionello                         - No, no, per carità! Un momento fa avevo promesso distrattamente a mia moglie che avremmo pranzato insieme; ma è impos­sibile. Oggi devo dedicarmi tutto alla politica.

Tirlemont                      - (ironico) Oggi e sempre!

Lionello                         - Allora fra poco. Ci sbrigheremo subito. I sigari sono nel cassetto di destra. Vie­ni, Morell?

Morell                           - (sorridendo) Non avreste mai im­maginato una cosa simile, vero, Tirlemont? (Lionello e Morell escono dal fondo).

                                      - (Tirlemont accende il sigaro, siede su una poltrona e fuma beatamente. La porticina di sinistra si spalanca e Susanna si. precipita in scena furiosa).

Susanna                         - (sorpresa) Tirlemont!

Tirlemont                      - (balzando in piedi) Signora Su­sanna, che bella sorpresa! Come avete fatto a entrare?

Susanna                         - Dalla porticina segreta! Dov'è mio marito?

Tirlemont                      - In Consiglio. Lo aspetto qui.

Susanna                         - Allora lo aspetteremo insieme. (Siede. Breve pausa).

Tirlemont                      - Che cosa avete? "Siete di nuovo inquieta? Avete pianto?

Susanna                         - Non avete diritto di accorgervi delle mie lacrime.

Tirlemont                      - Eppure, le conosco' bene. Le vidi per la prima volta quella notte in cui mi chiedeste di far cadere vostro marito.

Susanna                         - Che sciocchini! Cosa ne sapevo, io, allora, di politica?

Tirlemont                      - Mi dispiace di non avervi po­tuto ridare vostro marito. Ora, meno che mai potrei contentarvi.

Susanna                         - Lo so. La situazione del Governo è salda. L'opposizione gli ha steso la mano.

Tirlemont                      - Vi sono stato costretto. Il programma del Governo è inattaccabile. Si vede che lo ha escogitato una donna.

Susanna                         - Quell'idiota di Margherita di Navarra!

Tirlemont                      - (sorpreso) Contessa!

Susanna                         - E dite un pò': l'accordo è ormai certo?

Tirlemont                      - Secondo i nostri calcoli, dicia­mo così, maschili, non può avvenire nulla che lo impedisca.

Susanna                         - (maliziosa) E secondò i calcoli... femminili?

Tirlemont                      - (si mette all'erta) Cioè?

Susanna                         - (c. s.) Se all'ultimo momento... non so... il patto dell'alleanza non avesse più  luogo ?

Tirlemont                      - (con semplicità) Il Governo cadrebbe. Ma è da escludersi completamente. Ripeto: finché c'è questo programma, non pos­so lottare contro il Governo.

Susanna                         - (lo guarda sorridendo. Gli si avvicina con calore insinuante. A bassa voce) E' stato un vero peccato abbandonare la lotta! (Tirlemont la guarda interessato) In quella stra­na notte in cui ci siamo conosciuti, laggiù, al castello, vi ricordate? ho subito sentito di avere in voi un amico... Da allora ci siamo incontrati molto spesso.

Tirlemont                      - Ve ne siete accorta?

Susanna                         - Naturalmente. Vi confesserò che il vostro entusiasmo, il vostro desiderio di lotta, mi piacquero molto. Eravate così commosso... Ci, ho pensato spesso...

Tirlemont                      - (cominciando a riscaldarsi) Avete pensato a me, Susanna?

Susanna                         - (sempre più seducente) Molte vol­te... e mi son chiesta: Cosa sapeva di me quell'uomo che mi offrì il suo aiuto con tanto slan­cio?

Tirlemont                      - (sorpreso) Scusatemi... non vi riconosco... codesta voce...

Susanna                         - Non vi stupite: è l'ambiente che m'ha mutata. Non sono più una piccola provinciale. Capisco molto, ora, e perdono molto

Tirlemont                      - Non m'inganno, Susanna. (Dubitante) Mi permettete di sperare...

Susanna                         - (misteriosa) La vita ci offre gran di passioni e piccole gioie. Le grandi passioni riescono di rado; ci restano sempre le piccole gioie.

Tirlemont                      - Allora... Allora non esito più. (Con slancio) Da due mesi, Susanna, attendevo l'occasione di parlarvi... Ma ora sento che è giunto il momento della confessione.

Susanna                         - (fingendo di far macchina indietro) Tirlemont, per carità, cosa volete dire?... Pensate a mio marito a cui volete stringere la mano.

Tirlemont                      - (confuso) In verità mi trovo in una situazione ben strana. Prima sono stato conquistato dalla moglie, e poi dal marito! Sa­pete il perché? Perché anche dal programma del Governo irraggia il vostro cuore caldo e soave. Se non fossi certo che l'ha escogitato Margherita di Navarra...

Susanna                         - Tutte le donne hanno un pro­gramma identico: l'amore!

Tirlemont                      - Ah, Susanna! Potrei essere anch'io un modesto punto del vostro programma? Se mi permettete una piccola speranza...

Susanna                         - Per amor di Dio, siate calmo. Nella sala vicino c'è Consiglio di Ministri.

Tirlemont                      - Oh! queste pareti hanno visto tempeste anche più grandi, quantunque non si trattasse d'amore!

Susanna                         - (guarda involontariamente a sini­stra) Credete che, qui, non sia mai stata amata nessuna donna? (Ride).

Tirlemont                      - Perché ridete? Vi burlate di me? (Enfatico) Non potrei sopportarlo. (Le si avvicina come se volesse ghermirla).

Susanna                         - Tirlemont! Impazzite? Non co­stringetemi a chiamare mio marito.

Tirlemont                      - (coti accento di minaccia) Non ve lo consiglio.

Susanna                         - (con un sorriso di vittoria, fra se) Ho vinto! (Avviandosi al fondo. Sempre fra se) Voglio vedere se ora ti stringe la mano.

Tirlemont                      - (afferrandole la mano) Non oserete farlo! In quella sala è radunato tutto il Consiglio.

Susanna                         - (svincolandosi) Mascalzone! Se credete di profittare della situazione, v'ingan­nate.

Tirlemont                      - (abbracciandola con violenza) M'infischio di tutti! Vi amo!

Susanna                         - (con un grido disperato) Lionello, aiuto, Lionello! (La porta di fondo si spalanca, si vede tutto il consiglio dei ministri seduto in­torno alla tavola).

Lionello                         - (precipitandosi in scena) Susan­na! Che c'è? Che accade?

Susanna                         - (ansante addita Tirlemont) Quest'uomo mi ha assalita con violenza e mi ha ba­ciata!

Lionello                         - (fa l'atto di scagliarsi contro Tir­lemont. Ma poi si frena).

 Tirlemont                     - (lo guarda fisso con le braccia incrociate) Non nego nulla, signore;

Lionello                         - (con uno scatto di rabbia) Non una parola! Uscite! Faremo poi i conti   (Sta di nuovo per assalirlo ma Susanna gridando si po­ne in mezzo a loro. Tutti i membri del governo entrano in scena).

Morell                           - Cos'è accaduto?

Lionello                         - Quest'uomo ha osato baciare mia moglie con violenza! (Mormorio fra i membri del governo).

Morell                           - (con rimprovero) Tirlemont, avete perduto la testa? Proprio prima dell'accordo!

Lionello                         - (con ira) Accordo? (Ride iro­nico) Con lui? Mai!

Tirlemont                      - (cercando di liberarsi da quelli che lo trattengono) Lasciatemi, lasciatemi! Fa­remo i conti fra noi.

Lionello                         - (come Tirlemont) Lasciatemi!

Morell                           - (si fa innanzi irato) Basta! Non vi vergognate? Siete uomini di Stato o ragazzi?

Susanna                         - (prevedendo un pericolo, lo inter­rompe) Vi prego, Morell. Questa cosa non vi riguarda.

Morell                           - Scusatemi! Ma ora si tratta di ben altro! Abbiamo qui di fronte due uomini che un momento fa volevano stringersi la mano. In quella stretta di mano, è l'interesse di tutta la Nazione. Non si può annullarla, per un bacio!

Lionello                         - (scattando) Morell! Non hai nes­sun diritto di parlare! Quest'uomo ha commesso una vigliaccheria! (Martin, Bardon, Toulin, Duvert, che sono entrati dalla sala del Consiglio, fanno controscena, trattenendo ora Lionello,  ora Tirlemont e cercando di calmarli).

Tirlemont                      - Non permetto che mi si parli così.

Morell                           - Silenzio! Non entriamo nel merito della cosa. Le questioni private non ci interes­sano. Questa è la stanza del Presidente del Con­siglio dei Ministri.

Lionello                         - Non gli rivolgerò più la parola!

Morell                           - (Al colmo dell'esasperazione) Sie­te impazziti tutti e due! Pagliacci! Come osate portare qui i vostri affari personali? Da mesi l'opinione pubblica si affanna per raggiungere la calma e la pace. Ora che siamo al momento decisivo, uno stupido bacio dovrebbe distrug­gere tutto il lavoro fatto?

Lionello                         - Si tratta di mia moglie!

Tirlemont                      - Si tratta della mia coscienza!

Susanna                         - Si tratta della mia dignità!

Morell                           - (con energia) Si tratta della Repubblica! Ora, stringetevi la mano; poi ammaz­zatevi pure: la cosa non mi riguarda più! (/ membri del Governo: «Bravo bene! ». Morell, raggiunto l'apice della situazione, inizia il for­male discorso parlamentare). Conosco il mio do­vere e lo compio sempre, checché avvenga. Tut­ta la Nazione guarda qui, con ansia, in attesa di sapere ciò che avviene in questa stanza ; cosa direbbe il popolo, se sapesse che abbiamo in­terpretato una tragedia matrimoniale? (Appro­vazioni).

Susanna                         - Morell, questo è troppo!

Morell                           - (alzando le spalle) Mi dispiace, si­gnora: ma cosa avverrebbe se ogni uomo, giun­to al potere, dovesse perdere la testa per un ba­cio? L'Europa non sarebbe che un mucchio di rovine. Lasciamo queste cose ai poeti, agli ar­tisti, agli innamorati della luna. L'amore è una cosa importante soltanto per le donne. Ma l'uo­mo che lavora, non può e non deve dimenti­care neanche per un attimo che il suo posto accanto alla donna è soltanto nei momenti di tregua. (A Susanna) Ditemi, signora: ha po­tuto soltanto per un istante balenarvi l'idea che questo incidente, assolutamente insignificante dal punto di vista dello Stato, dovesse influen­zare tutto l'avvenire di un paese? Credevate forse che una simile bagattella potesse mandare in fumo un accordo di così immensa portata?

Susanna                         - L'infelicità non è una bagatella!

Morell                           - (con irrefrenabile foga oratoria) Che cosa avverrebbe se tutti, in questa Nazione, non pensassero che alla felicità? Per esempio, il macchinista ferroviario, che vola nella notte nebbiosa, con una velocità di cento chilometri l'ora, se pensasse di continuo alla felicità, non si accorgerebbe del segnale d'allarme e andreb­be a cozzare contro il primo treno merci che incontra: e se il calzolaio, lì, dinanzi al suo de­schetto, non facesse che girare e rigirare nella sua mente il pensiero della felicità, tutta la Francia urlerebbe di dolore per le scarpe stret­te! No, signora; la felicità è una necessità Uni­versale, come la legge elettorale. Ribatto con fermezza la concezione suesposta. (Rumorose approvazioni. Morell è raggiante) E ora, alcune parole per i presenti. Io qui, in questo posto, all'ombra della potenza, dove mi condussero gli spiriti di Mirabeau, Danton e Napoleone, vi prego di calmarvi. Guardate in alto, fin dove lo vuole il paese, liberatevi dalle piccinerie che vi pone fra i piedi la vita quotidiana. Libera­tevi delle passioni umilianti. Voi avete grandi doveri e grandi compiti. Io, come vecchio fi­gliuolo e servo di questo paese, e come rappre­sentante della coscienza della Nazione, coman­do che, nel santo nome d'una ragione superiore di Stato, per la salute e per il bene della Patria, vi stringiate la mano. (Siede).

                                      - (Rumorosi evviva salutano l'oratore. Nel gran­de entusiasmo generale, solo tre persone, Lio­nello, Tirlemont e Susanna, restano immobili).

Bardon                          - (affascinato) Mi congratulo, Mo­relli E' stato il tuo maggiore successo oratorio.

Martin                           - Dopo quanto ha detto Morell non mi pare che vi sia da esitare. Non possiamo li­berarci dalle responsabilità morali.

Susanna                         - (annientata, a Lionello) Morell ci ha vinti ancora una volta! .

Lionello                         - (a Susanna) Morell ha ragione! Devo stringergli la mano!

ToUlin                           - Tirlemont, se avete soltanto una briciola di buon senso, sapete qual'è il vostro dovere.

Tirlemont                      - Di fronte alla verità, non c'è via di scampo. Anche a costo di mordermi le labbra a sangue, gli stringerò la mano.

Morell                           - (rialzandosi) Signori, dopo di ciò, credo di poter dichiarare che siamo riusciti a salvare la situazione. Fuori ci aspettano i gior­nalisti. Fra qualche minuto tutta la Nazione sa­prà che i suoi figli hanno compiuto il loro do­vere. Prego il signor Presidente dei Ministri e il signor Capo dell'opposizione di firmare l'ac­cordo. (In un attimo si forma un gruppo so­lenne, al centro del quale è Morell che mette un foglio di carta sul tavolo dinanzi a se. Ai lati del tavolo stanno in piedi, pallidi, Lionello e Tirlemont).

Susanna                         - (in un angolo guarda tutti ansiosa­mente. Si comprende che sta già formando un altro piano).

                                      - (Lionello e Tirlemont, a un cenno di, Morell firmano, uno dopo l'altro, l'accordo).

Morell                           - (alzando in alto il foglio) L'ac­cordo è firmato. Signori, stringetevi la mano. (/ due uomini si stringono la mano, senza una parola. Morell, avvicinandoti a Susanna) Mi dispiace, signora; ma noi abbiamo fatto il no­stro dovere, per il bene della Nazione. Signori, possiamo andare          - (Tutti escono dal fondo con Morell alla testa. Restano Lionello e Susanna).

Lionello                         - (avvicinandosi a Susanna) Po­vera, piccola Susanna!

Susanna                         - (con violenza contenuta) Non avvicinarti, ti prego. Credevo che lo avresti ucciso... che lo avresti fatto a pezzi... e invece gli hai stretto la mano!

Lionello                         - Non è colpa mia, Susanna. Doveva essere così.

Susanna                         - (ironica) E' un interesse supe­riore, che lo comanda, vero? Grazie tante. Non sopporto più codesti interessi superiori. Non posso entrare in lizza con la Repubblica. Me ne torno a casa mia, Lionello.

Lionello                         - Che dici, Susanna?

Susanna                         - Non posso restare qui, mentre tu! vivi per gli altri. Tu mi dai soltanto una pic­cola parte, una invisibile parte della tua vita, mentre io voglio un uomo intero. Io amavo un uomo che speravo potesse essermi vicino come un buon compagno. Ma egli ha cominciato a un tratto a innalzarsi e, a poco a poco, si allontana sempre più, fino a darmi l'impressione d'uno strano, irraggiungibile idolo... Presidente dei Ministri!... La forza dello Stato... Non ti ri­conosco più, Lionello! La nostra felicità è fi­nita! Per il nostro programma, tutti avranno una culla, un caminetto, meno noi! Me ne vado, addio! (Fa due passi a sinistra, poi si. volge, con altro tono) Signor Presidente dei Ministri, non dimenticate, vi prego, la mia raccoman­data, la telefonista di Florennes. Vi prego di farla trasferire a Parigi.

Lionello                         - Questa è la tua ultima domanda?

Susanna                         - Questa!

Lionello                         - (si raddrizza, in tono ufficiale) Signora Contessa, prendo buona nota della vo­stra raccomandazione. La telegrafista sarà tra­sferita.

Susanna                         - Addio! Buon viaggio e salutami Lione! (Via rapidamente a sinistra mentre dalla destra entrano impiegati con pratiche da fir­mare, e Dechamps).

Dechamps                     - (méntre gli impiegati, dopo aver deposto le pratiche sul tavolo tornano ad uscire) Sono venuto a prendere gli ordini di Vostra Eccellenza, per la partenza di questa sera.

Lionello                         - (lo guarda un momento riflettendo Guarda la porticina di sinistra da cui è uscita Susanna. Si alza, prende il cappello. Fa un cen­no di salutò a Dechamps ed esce, quasi di corsa, da sinistra, dicendo) Telefonate al Prefetto di Lione che importantissimi affari di Stato mi obbligano a rimandare la partenza... (Via rapi­damente mentre cala il sipario).

Fine del secondo atto

 

TERZO ATTO

La stessa scena del primo atto. Pomeriggio avanzato. All'alzarsi del sipario, Giustino e Adolfo rassettano qua e là.

Adolfo                          - Dunque è vero?

Giustino                        - (sospirando) Purtroppo! La si­gnora se ne torna a casa sua.

Adolfo                          - Neanche questo matrimonio è du­rato a lungo! Ma cosa è avvenuto?

Giustino                        - Lo sa il diavolo! La padrona è rientrata stamani inquietissima e mi ha ordinato di preparare le valigie e di fissarle una ca­bina per stasera, sul treno di Marsiglia.

Brigida                          - (da sinistra. Triste) Ebbene, che ve ne pare?

Giustino                        - Non tutti i matrimoni riescono bene.

Brigida                          - E sì che si amavano! Sono piena di amarezza!

Adolfo                          - Per la vostra padrona?

Brigida                          - Per lei e per me. Capirete, do­ mani finalmente ci sarà il fidanzamento ufficiale, e con questi esempi....

Giustino                        - (sorridendo) Dunque s'è deciso il vostro chauffeur?

Adolfo                          - Non ha più il pretesto delle crisi di Governo!

Brigida                          - (felice). Grazie al cielo! E pen­sate che dobbiamo tutto a. Margherita di Navarca. Finalmente un Governo saldo: avete sa­puto? Il Presidente dei Ministri ha stretto la mano a Luciano Tirlemont. Tutto tranquillo come un olio. Ora è finita la serie delle crisi, e io potrò sposarmi una buona volta.

Adolfo                          - Congratulazioni.

Giustino                        - E la nostra povera signora...

Adolfo                          - Si starà male senza di lei! Ora m'ero tanto abituato a vederla sempre in casa... Cosa volete? Vivere due mesi accanto a una donna, adattarsi ai suoi desideri, conoscer­ne le abitudini e gli umori, servirla con pun­tualità... è come se anch'io fossi stato un po' suo marito!

Giustino                        - Mi pare che esageriate!

Lionello                         - (entra dal fondo).

Giustino                        - Oh! il signor conte!

Lionello                         - Giustino, fai preparare subito le valigie e avverti che alle nove parto per Lione. (Marcato) Che lo sappiano tutti.

Giustino                        - Benissimo, signor conte. Vali­gie piccole o grandi?

Lionello                         - Grandi, grandi! Marsina, smo­king, redingote, due vestiti, decorazioni... Un lungo soggiorno ufficiale. Presto, presto! (Giu­stino via dal fondo) Mi cercherà un impiegato del Ministero. Adolfo, fallo entrare subito.

Adolfo                          - Sarà servito, signor conte. (Via dal fondo).

Lionello                         - (passeggia un po' su e giù. E' evi­dente che vuol chiedere qualcosa a Brigida, ma non sa come fare. Finalmente, con ritegno) La signora è in casa? 

Brigida                          - Sì, signor conte.

Lionello                         - (dopo un'altra pausa) Dov'è?

Brigida                          - In camera. Prepara le valigie... Pare che torni a casa sua.

Lionello                         - (guarda la porta di Susanna) Va bene, grazie. Puoi andare. (Brigida esce dal fondo. Lionello passeggia su e giù. Vorrebbe picchiare all'uscio di Susanna, ma non osa).

Adolfo                          - La signorina Margot.

Lionello                         - (stupito) Margot? (Breve esita­zione) Falla passare. (Adolfo esce dopo aver introdotto Margot).

Margot                          - (elegantissima) Buon giorno, Lio­nello.

Lionello                         - (guardandosi intorno) Come osate? Cosa vi salta in mente?

Margot                          - Non temere. Ho un ottimo pre­testo! Sono venuta a chiedere a tua moglie se vuol fare parte del Patronato per la festa degli artisti, che si darà alla fine del mese.

Lionello                         - Che audacia!

Margot                          - Che vuoi farci? Ti amo, Lionello! Da stamani ti amo di nuovo, anzi molto di più: sei stato veramente irresistibile!

Lionello                         - (stizzito) Sarà meglio non par­lare della mattinata di oggi!

Margot                          - Eri magnifico! T'ho perdonato su­bito tutto! Del rèsto, riflettendoci bene, non è por un guaio serio che tu abbia moglie. L'es­senziale è che tu non abbia altre amanti.   

Lionello                         - Disponete di me, come se io non avessi nessuna volontà!

Margot                          - Avresti qualche cosa da ridire?

Lionello                         - Oh, una cosa da nulla! Son Pre­sidente del Consiglio dei Ministri!

Margot                          - Appunto per questo! Sei l'uomo più in vista della nazione, e tutte le donne ti adorano. I miei nervi non possono sopportarlo... Sono tua!

Lionello                         - Soffri d'isterismo, mi pare!

Margot                          - Del resto, tutto è inutile: siamo proprio fatti l'uno per l'altra: due vedette!

Lionello                         - (seccato) Smettila di dire scioc­chezze, o ti pregherò di andar via.

Margot                          - Finalmente mi dai del tu e diventi brutale! Questo è il tuo vero stile. T'adoro! Se vuoi, stasera, dopo lo spettacolo possiamo ce­nare insieme.

Lionello                         - (alzando le spalle) Sciocchezze!

Margot                          - Come sei diventato borghese! Ci tieni tanto al matrimonio?

Lionello                         - Ti pare?

Margot                          - Ora è proprio il tuo momento di celebrità! Sulla tua fronte brilla l'aureola della potenza!

Lionello                         - Ti piace?

Margot                          - Certo! Esiste una donna al mondo a cui non piacerebbe?

Lionello                         - (con rammarico) Sì.

Margot                          - (ironica) Povero eroe misconosciu­to! Beh, t'aspetto dopo lo spettacolo.

Lionello                         - (persuasivo) Ti son grato, Mar­got, della tua premura; ma non ho né tempo né voglia per fare l'amore.

Margot                          - E allora perché vivi?

Lionello                         - Leggi il mio discorso programma.

Margot                          - (ridendo) Non vorrai farmi cre­dere che lo applichi sul serio, tu? Sarebbe una vera tragedia, povero Lionello! Continuando di questo passo, noi donne finiremo per non pren­derti più in considerazione.

                                                 

Susanna                         - (entra da destra. Ha un attimo di stupore ma si riprende subito) Signorina Margot... Siete già qui? La vostra puntualità è ve­ramente ammirevole,

Margot                          - (confusa) Non capisco, signora,

Susanna                         - Non avreste potuto scegliere una momento più opportuno per la vostra visita.!

Lionello                         - (stupito) Come? Vi conoscete?

Susanna                         - Oh, da parecchio tempo! Anzi, la signorina Margot fu così gentile da darmi dei I buoni consigli. E' giunto il momento in cui posso ricambiare la sua cortesia.

Margot                          - (con dispetto) Grazie tante! Credoche non ve ne sarà bisogno.

Lionello                         - E' permesso sapere quando ti siete conosciute?

Susanna                         - (a Margot, molto graziosa) Questo è un nostro piccolo segreto, non è vero?

Margot                          - Certo. (Ridono con la naturalesolidarietà che sentono subito le donne. Poi cominciano a chiacchierare senza più badare aLionello).

Susanna                         - Vi trovo benissimo. Dove passerete l'estate?

Margot                          - Al mare, credo. E voi?

Susanna                         - Non ho ancora deciso: per ora  andrò qualche giorno a casa mia. Partirò sta­sera; poi forse in Spagna o forse in Sicilia.

Margot                          - (con convinzione) I siciliani sono degli uomini magnifici. Ne ho conosciuti pa­recchi.

Susanna                         - E' vero che sono gelosi?

Margot                          - Altro che! E poi sono... come di­re?... semplici, naturali, senza affettazioni,..

Susanna                         - (sempre molto spigliata) Questo mi riposerà un po' dei nostri noiosissimi genti­luomini! Vi confesserò che a me piacciono mol­to i negri. Li trovo assai interessanti. Denti ma­gnifici, mento forte, pugno duro... In verità non saprei che cosa si può amare in un europeo. Forse sono intelligenti., ma sono così... apatici..,

Margot                          - E poi l'intelligenza è la loro qua­lità negativa!

Lionello                         - (s'intromette sbuffando) Vedo con gioia che andate perfettamente d'accordo, nelle questioni di maggiore importanza. Ma la signorina Margot non ha ancora accennato allo scopo della sua visita.

Margot                          - Scusatemi, signora; comprendo ora che avrei forse abusato della vostra genti­lezza. Volevo pregarvi di far parte del Comitato per la nostra festa... ma giacché siete sul punto di partire, non mi resta che chiedervi scusa del disturbo.

Susanna                         - Oh, non mancheranno occasio­ni... E allora, arrivederci.

Margot                          - Arrivederci, signora. (A Lionello, con ironia) Eccellenza! (Striscia una profonda riverenza e va via dal fondo).

Lionello                         - (a Susanna) Devo ringraziare te di questa visita. Si capisce che tra noi è avve­nuto qualche cosa, perché quella pettegola è venuta a vedere che aria spirava.

Susanna                         - (ironica) Oh, non temere! Non avrai noie! Se una donna ha appena un po' di fiuto, s'accorge subito che con te non v'è nulla da fare.

Lionello                         - Susanna!

Susanna                         - (sempre mordace) Bada, caro, di­venti ridicolo! Per me, mi sono già fatta una ragione, e quindi ti osservo col massimo sangue freddo. Riconosco che, politicamente, fai grandi progressi; ma le tue azioni di uomo, permettimi di dirtelo, sono in ribasso!

Lionello                         - Codesti non sono discorsi di una buona moglie. In fondo, il marito non deve es­sere considerato soltanto dal lato amore. Visto che non posso contare sul tuo buon senso, sono costretto a richiamarti al dovere.

Susanna                         - Per me, non esiste che un dovere solo: appunto quello che non posso adempiere con te.

Lionello                         - T'ho ostacolato in qualche cosa?

Susanna                         - Mi hai reso impossibile la vita comune. Come donna credo che il mio compito qui sia finito.

Lionello                         - Invece io ho bisogno di te.

Susanna                         - (con speranza) Ah sì?

Lionello                         - (freddo) Certo: andandotene, of­fenderesti la mia dignità.

Susanna                         - (stizzita) Per questo solo motivo?

Lionello                         - Un marito piantato in asso, dalla moglie, non fa mai una figura troppo brillante. Specialmente, poi, quando ricopre una carica molto in vista.

Susanna                         - Dunque, gira e rigira, torniamo allo stesso punto. (Scattando) Sai che c'è di nuo­vo? Io me ne infischio di tutte le cariche di questo mondo e ti confermo che nessuna po­tenza umana potrebbe trattenermi più qui.

Lionello                         - (afferrandola per i polsi) Non ti lascerò andar via a nessun costo! Diventerei ri­dicolo e non c'è nulla di peggio del ridicolo per distruggere la carriera politica di un uomo.

Susanna                         - (svincolandosi) Lasciami, lascia­ mi andare! Non consideri quanto sia ridicola anche per me questa situazione di moglie senza marito? Credevo d'aver sposato un uomo e non ho sposato che un Presidente dei Ministri. Non c'è legge... »

Lionello                         - (gridando) La legge... (S'inter­rompe improvvisamente).

Susanna                         - (con ironia) Che voleva dire, Vo­stra Eccellenza?

Lionello                         - (lasciandola) Nulla, nulla. (Guar­da spaventato il ritratto del padre) Hai ragione ; la legge è dalla tua parte. Non posso trattenerti. (Freddo) Se vuoi, va' pure. (Quasi fra se) Vin­ceremo anche questa battaglia!

Adolfo                          - (dal fondo) C'è una signorina del Ministero.

Lionello                         - Una signorina? Ma io avevo chie­sto un impiegato! Non capisco. Beh, falla en­trare. (Adolfo via. A Susanna) Non avremo nean­che il tempo per salutarci, a quanto pare.

Adriana                         - (dal fondo, timida) Eccellenza... (A Susanna) Signora...

Lionello                         - Perché siete venuta voi? Dov'è Vaubert?

Adriana                         - Il signor Vaubert non si sentiva molto bene, e allora il Capo Divisione ha man­dato me. Batto duecentoquaranta sillabe il mi­nuto,

Lionello                         - Bene. Allora passate di là nello studio (accenna a destra), e cominciate a rico­piare tutti i fogli già preparati sulla macchina. Stasera partirete con noi per Lione. Avvertite la vostra famiglia.

Adriana                         - Quante copie, Eccellenza?

Lionello                         - Quattro. A proposito, potete scri­vere anche in treno?

Adriana                         - (con modestia) Durante le tratta­tive con l'Inghilterra, ho scritto anche in aero­plano.

Lionello                         - (sorridendo) Benissimo. Allora è proprio quello che ci vuole. (Le fa cenno di en­trare a destra. Adriana via) Sicché, eccoci pronti per il viaggio: ognuno verso una meta diffe­rente.

Susanna                         - E questo povero caminetto, rima­ne qui solo solo.

Lionello                         - Che cosa devo fare?

Susanna                         - (calcando) Che cosa avresti do­vuto fare, sarebbe più preciso. (Improvviso bru­sio nel corridoio).

Giustino                        - (dal fondo, cerca di trattenere Ro­berto che vuole entrare ad ogni costo) Fer­matevi! Qui non si può entrare!

Roberto                         - (respingendo Giustino entra precipitosamente nella stanza) Dov'è Sua Eccel­lenza?

Susanna                         - (stupita) Ma cosa avviene?

Lionello                         - (avanzandosi) Eccomi. Chi siete? Come osate entrare qui con violenza?

Roberto                         - (con fermezza) Eccellenza! Vi prego di restituirmi subito la mia fidanzata!

Lionello                         - La vostra fidanzata? Siete impaz­zito, suppongo! Giustino, caccia via quest'uo­mo!

Roberto                         - (minaccioso a Giustino) Guai a voi se mi toccate. La mia fidanzata è qui, si­gnor Presidente. Sono certo che stasera Vostra Eccellenza la condurrà a Lione.

Lionello                         - Ah, la dattilografa! (Ride) Dis­graziato! Ma siete veramente impazzito?

Roberto                         - Si tratta della mia Adriana e non ammetto scherzi in proposito.

Susanna                         - (che ha seguito con viva attenzione la scena, ironica) Sia lodato Iddio! Pare che esista ancora al mondo qualche uomo che ha un po' di sangue nelle vene!

Lionello                         - (alzando le spalle) Stupide ro­manticherie! Giustino, puoi andare. (A Roberto) Cercate di rientrare in voi stesso.

Roberto                         - (violento) Non mi lascio ingannare dalle parole! Settecento dattilografe ci sono alla Presidenza del Consiglio, e proprio la mia fi­danzata dovrebbe partire stasera per Lione? Ec­cellenza, mi chiamo Roberto Neuvìlle e sono Cancelliere alla X Divisione. Voi siete mio su­periore; ma dichiaro sulla mia parola d'onore che se un uomo osa toccare un dito alla mia Adriana, chiunque sia, lo ammazzerò come un cane.

Lionello                         - Mi renderete conto a suo tempo di queste stupide parole.

Roberto                         - Non so quello che farebbe il Pre­sidente del Consiglio dei Ministri, in un caso si­mile, ma io, modesto cancelliere, giuro di rom­pere la testa a chiunque oserà sfiorare la mia fidanzata con un pensiero meno che rispettoso. Prendete buona nota. E ora, dov'è Adriana?

Susanna                         - (intromettendosi) Un momento, prego. Signore, permettetemi di stringervi la mano.

Roberto                         - (meravigliato) Signora... (Le sten­de la mano).

Susanna                         - (stringendogliela vigorosamente) Mi congratulo.

Lionello                         - (colpito) Susanna!... (A Rober­to) Portatevi via subito la vostra fidanzata: è lì nel mio studio.

Roberto                         - (chiamando sull'uscio) Adriana! (Adriana si presenta sulla soglia).

Adriana                         - Roberto! (Si gettano uno nelle braccia dell'altro e cominciano a baciarsi).

 

Lionello                         - (dopa un momento, con impazienza) Disturbiamo, forse?

Adriana                         - Oh, Eccellenza] Chiediamo seni sa, ma ci vogliamo tanto bene...

Roberto                         - (con orgoglio) Signor Presidente... signora... (Fio entrambi dal fondo).

Susanna                         - (dopo breve pausa) Chi sa che bei figlioli avranno quei due!

Lionello                         - Quel briccone me la pagherà!

Susanna                         - Guai a te se gli fa del male, Sai a che pensavo, poco fa? Che avrei dovuto sposare un cancelliere invece di un Presidente dei Ministri. Quel briccone sa voler bene sul serio: dovresti imparare da lui.

Lionello                         - (con ironia) Ammazzare la gente come cani... rompere la testa... Siamo nel XX secolo...

Susanna                         - (ironica) All'epoca di Marghe­rita di Navarra, erano senza dubbio meno cal­mi!

Lionello                         - E le mogli, senza dubbio, noia abbandonavano i mariti.

Giustino                        - (dal fondo) Il signor Luciano! Tirlemont chiede se può presentare i suoi omaggi alla signora contessa.

Susanna                         - (stupita) Tirlemont?

Lionello                         - (con un sorriso calmissimo) Tirlemont. (A Giustino) Pregalo di attendere un momento.

Susanna                         - Ecco uno che non manca di audacia.

Lionello                         - Bisogna riceverlo. E' venuto qui per ordine mio: per ordine del Presidente dei Ministri.

Susanna                         - Mi spiegherai.

Lionello                         - Fra poco lascerai questa casa: ma prima desidero che Luciano Tirlemont ti faccia le sue scuse. (Con ironia) E' vero che non siamo all'epoca di Margherita di Navarra; ma fino a questo si può arrivare. (Con un'ele­gante voltafaccia via da destra).

Susanna                         - (esita un attimo, poi suona il cam­panello e dice a Giustino) Fate passare il signor Tirlemont. (Giustino via.. Siede accanto al I caminetto, volgendo le spalle al fondo).

Tirlemont                      - (pallido, con un braccio fasciato) Signora...

Susanna                         - (fredda, senza guardarlo) Buona sera, Tirlemont.

Tirlemont                      - (con, solennità) Sono venuto per presentarvi le mie scuse.

Susanna                         - Le accetto. C'è altro?

Tirlemont                      - Null'altro, grazie. Arrivederci. (Si avvia).

Susanna                         - (d'un tratto si accorge del braccio fasciato di Tirlemont, Sembra colpita dal ful­mine. Lo richiama con un grido) Tirlemont, cosa vi siete fatto al braccio?

Tirlemont                      - (dopo un breve silenzio) Mi hanno sparato... Mi hanno sparato come a un cane.

Susanna                         - (felice) Mio marito?

Tirlemont                      - (senza battere ciglia) No, si­gnora.

Susanna                         - (colpita) E allora chi?

Tirlemont                      - (calmo) Una donna... una don­na gelosa. A Parigi accade, qualche volta.

Susanna                         - (sospettosa) Ah sì! (All'improv­viso) Non vi credo. Perché mentire? Ditemi subito dove vi siete battuti.

Tirlemont                      - Vi assicuro che vi sbagliate. (Da destra entra Adolfo con due pistole. Si fer­ma di scatto e vuol tornare indietro).

Susanna                         - Cos'hai in mano?

Adolfo                          - Le pistole del padrone. (Tirlemont fa un movimento nervoso) Volevo rimetterle a posto.

Susanna                         - (raggiante) Sono state adoperate, vero?

Adolfo                          - Sì, signora contessa; me le ho già ripulite. Si vede che il padrone ha fatto un po' di esercizio. (Via da destra).

Susanna                         - (ride a lungo, felice) Tirlemont, continuate a negare?

Tirlemont                      - (ostinato) Nego.

Susanna                         - (ridendo) Avete ragione: è il vostro dovere. Venite qui che vi stringa la mano.

Tirlemont                      - Allora, non siete più offesa? Mi avete perdonato?

Susanna                         - Definitivamente. (Dopo breve pausa. Molto gaia) Sapete che c'è di nuovo, Tirlemont? Si è riacceso il fuoco nel caminetto.

Tirlemont                      - (guarda' scioccamente il caminet­to) Se siamo in maggio!...

Susanna                         - (ride e si mette a canticchiare una canzonetta).

Tirlemont                      - (guardandola affascinato)Susanna, se potessi parlarvi sinceramente...

Susanna                         - Sentiamo; su via, coraggio!

Tirlemont                      - (con passione) Credo che per colpa mia... ho sentito poco fa, che state per abbandonare questa casa...

Susanna                         - (divertendosi) Eh certo... un po' di colpa l'avete...

Tirlemont                      - Sono già stato punito.

Susanna                         - (ridendo) Vi hanno sparato come a un cane!

Tirlemont                      - Vorrei accomodar tutto...

Susanna                         - (incoraggiandolo) Sentiamo...

Tirlemont                      - Vi dichiaro solennemente che sono a vostra completa disposizione.

Susanna                         - (allegra) Non capisco.

Tirlemont                      - Il vostro matrimonio è finito con un triste accordo in minore...

Susanna                         - (civettuola) Ne siete convinto?

Tirlemont                      - (sempre più idiota) Lo so. Bi­sogna dunque riprendere con un accordo più al­legro: fatemi l'onore di concedermi la vostra mano.

Susanna                         - (stupita) Come?... (Ride) Tir­lemont, avete certe idee...

Tirlemont                      - Non rispondete subito. Riflet­teteci bene.

Susanna                         - Insomma, volete che vi lasci un po' di tempo per sperare? Ve lo meritate.

Giustino                        - (dal fondo) La signorina Fanny Durant.

Susanna                         - E chi è?... Ah, sì! La donnina della Presidenza. Fatela passare. (Giustino via dal fondo).

Tirlemont                      - Durant? Non la conosco.

Susanna                         - (bonaria) Quando sarete Presi­dente dei Ministri la conoscerete certamente.

Fanny                            - (entra dal fondo con una valigetta) Buona sera, signora.

Susanna                         - Buonasera, signora. (Presentan­do) Il deputato Luciano Tirlemont, la signorina Fanny Durant. E' veramente simpatico, da par      te vostra, esser venuta tanto presto a farmi vi­sita.

Fanny                            - Vogliate scusarmi se mi son subito permessa di disturbarvi; ma il mio mestiere mi consiglia di' curare le. buone relazioni. Sono rappresentante d'una fabbrica di profumi. (Apre la valigetta) Se permettete, posso farvi ve­dere le nostre ultime creazioni!

Susanna                         - Volentieri.Voi ve ne intendete, Tirlemont?

Tiklemont                      - Un pochino.

Fanny                            - (mostra a Susanna delle boccette che toglie dalla valigia) Ecco l'ultimissima crea­zione: « Margherita di Navarra ».

Tirlemont                      - E' una trovata!

Susanna                         - (osserva la boccetta e legge la carta che la involge) « Il profumo preferito delle mogli. Preparato con semplici fiori di giardino, ha, nel suo aroma, qualche cosa di strano, di speciale, oseremo dire di eterno ».

Fanny                            - (con discrezione) Le signore lo adoperano con grande successo. E' un profumo di­screto, direi quasi coniugale. Questa boccetta è sufficiente per sei mesi.

Susanna                         - Grazie, signorina; datemene cinquanta.

Fanny                            - Basteranno fino alle nozze d'ar­gento.

Tirlemont                      - (con radiosa imbecillità) Su­sanna... è per me?

Susanna                         - Pazienza, amico mio. (A entram­bi) Un coktail? Su, da bravo, Tirlemont, of­frite il braccio alla signorina e accompagnatela nel mio boudoir. (Indica la seconda porta a si­nistra) Dò gli ordini a Giustino e vi raggiungo subito.

Tirlemont                      - (offre con un inchino un po' gof­fo il braccio a Fanny e tutt'e due entrano a si­nistra).

Susanna                         - (rimasta sola, si sparge lentamente il profumo sui vestiti, poi va a picchiare all'u­scio di Lionello).

Lionello                         - (entra da destra. Con indifferenza) Ebbene?

Susanna                         - Tirlemont mi ha fatto le sue scuse.

Lionello                         - Si è trattenuto a lungo, però. (Leggermente preoccupato) Ha detto qualche cosa?

Susanna                         - (con un lieve sorriso) Nulla di interessante. Ah sì! Dice che una donnina lo ha ferito al braccio per gelosia... poco fa...

Lionello                         - (senza batter ciglio) Oh, guarda! (Annusa intorno) Ma che buon profumo!

Susanna                         - Ultima moda. (Gli porge la baccetta) Si chiama Margherita di Navarra.

Lionello                         - (prendendola) Squisito! Il primo risultato della mia assunzione al poterci (Gliela rende) Non per mandarti via, Susanna,! ma se devi partire, bisogna che ti sbrighi, altrimenti perdi il treno.

Susanna                         - Vado. (S'avvia lentamente verso la sua camera. All'improvviso) Adolfo ha ripu­lito le pistole e le ha già rimesse a posto.

Lionello                         - Come? (Si guardano fissi un mo­mento) Susanna! tu sai?

Susanna                         - (gli si avvicina, umile) Non so j nulla, Lionello. So soltanto che ti voglio tanto bene e che non me ne vado più.

Lionello                         - (l'abbraccia. Si vede che sta per commuoversi. Ma poi si riprende) E' naturale. Margherita di Navarra non potrebbe abbando­nare il suo regno. (Breve pausa. Con fermezza) Ma ora sono io che devo lasciarti. Parto per Lione.

Susanna                         - (ha uno scatto come per reagire. Ma poi si padroneggia) Sì, Lionello.

Lionello                         - Poi andrò a Marsiglia...

Susanna                         - ...e poi a Tolone: ho letto nei giornali l'itinerario del tuo viaggio.

Lionello                         - (scrutandola) E che ne dici?

Susanna                         - (allegra) Nulla. Fa' come vuoi, e come devi. Sono stata egoista, ma ora mi ver­gogno di aver voluto porre degli ostacoli alla tua carriera.

Lionello                         - Mi volevi bene, ecco la tua scu­sa. Del resto, molte volte, l'affetto di una donna dà le ali.

Susanna                         - Oh, se potessi dartele davvero! Ma vedrai, come da oggi in poi tutto sarà di­verso. Resterò accanto a te, come una vera com­pagna, e non attraverserò più la tua strada. Va bene così?

Lionello                         - E me lo domandi? Sai che il mondo è retto da tante piccole mogli simili? Pensa agli uomini che sono stati a Capo di na­zioni, di società, di opere immense; accanto ad essi, nell'ombra, c'era la moglie o l'amante che li guidava e li ispirava. Tu non sai quello che sei stata per me, in questi due mesi, Susanna! (Scherzoso, inchinandosi) Il vero Presidente del Consiglio dei Ministri!

Susanna                         - (carezzevole) Allora, ti cedo la bacchetta del comando..

Lionello                         - Grazie: questa è la mia più gran­de vittoria! Giornata memorabile! Stamani mi sono accordato con l'opposizione, ora con te. Si può dire che il Governo è veramente saldo. (In questo momento si sente piangere forte nel corridoio).

Susanna                         - (spaventata) Oh Dio, che c'è? (Chiamando) Brigida, Brigida!

Brigida                          - (appare singhiozzando dal fondo) Mi scusi, signora contessa, non ho saputo vin­cere il mio dolore!

Susanna                         - Cosa è stato?

Brigida                          - (singhiozzando) Il mio fidanzato mi ha telefonato in questo momento che neppu­re domani potrà aver luogo il nostro fidanza­mento ufficiale.

Susanna                         - E perché?

Brigida                          - (piangendo più forte) Perché è ca­duto di nuovo il Governo.

Lionello                         - (scattando) Come?

Brigida                          - E' caduto il Governo e il Presiden­te dei Ministri darà stasera le dimissioni.

Lionello                         - (stizzito) Che sciocchezza!

Brigida                          - (con ingenuità) Il signor conte non ne sa nulla?

Lionello                         - Ma no. Sono pettegolezzi stupi­di. Di' al tuo fidanzato... al mio chauffeur, di non mettere in giro notizie così idiote!

Brigida                          - (raggiante) Oh, come sono felice! M'ero spaventata perché finora il mio fidanza­to aveva avuto sempre ragione. Scusino. (Via dal fondo).

Lionello                         - (con rabbia) Quante chiacchiere stupide!

Susanna                         - Credi dunque che non sia vero?

Lionello                         - (ridendo) E come vuoi che sia vero? Non hai visto, oggi, quando ho firmato l'accordo con Tirlemont, come tutti i ministri erano solidali con me? (Con vigore) Vorrei ve­derlo, l'uomo capace di farmi cadere.

Giustino                        - (dal fondo annunzia ad alta voce) Il signor Giacomo Morell.

Lionello                         - (colpito) Morell qui? Cosa ci sarà di nuovo? (Di scatto) Fallo passare. (Giu­stino via. Lionello e Susanna attendono ansiosi guardando la porta).

Morell                           - (entra di corsa dal fondo) Buona sera, signora Susanna! Caro Lionello... sono ve­ramente dolente di doverti comunicare una triste notizia!... Sei caduto! (Gli scuote vigorosa­mente la ,mano) Ti prego di accettare le mie condoglianze!

Lionello                         - (rabbrividisce) Sono caduto! (Con improvvisa calma) Lo so.

Morell                           - (stupito) Come lo sai? .

Lionello                         - Me l'ha detto or ora la mia ca­meriera.

Morell                           - Che magnifico servizio d'informa­zioni!

Lionello                         - Com'è avvenuto?

Morell                           - Oggi non sei venuto alla Seduta...

Lionello                         - Dovevo sbrigare una faccenda molto importante.,

Morell                           - Uh duello"!

Susanna                         - (con forza) Ha fatto il suo do­vere!

Lionello                         - Ed è per il duello, forse?

Morell                           - Neanche per sogno. Su quello si poteva chiudere un occhio. Ma durante la Se­duta, qualcuno ha proposto che, dopo l'accadu­to di stamani, sarebbe stato utile un cambia­mento di persona al Governo. L'accordo è fatto, quindi si può pensare al nuovo Presidente dei Ministri.

Lionello                         - E i presenti?

Morell                           - Hanno accolto la proposta ad una­nimità.

Lionello                         - Ma chi l'ha presentata?

Morell                           - (con modestia) Io.

Lionello                         - (passandosi una mano sulla fronte) Cose inaudite!

Morell                           - Siamo sinceri: tu non sei nato per essere Presidente del Consiglio.

Lonello                          - Se, due mesi fa, proprio in que­sta stanza, hai insistito per spiegarmi che non c'ero che io, in Francia, per occupare quel posto.

Morell                           - Allora. Ci voleva un uomo che fa­cesse l'accordo: io, col mio passato, non pote­vo. L'hai concluso tu. Hai fatto il tuo dovere;" ora puoi andartene.

Lionello                         - Incredibile! Scusami, Morell; ma evidentemente sono cose troppo complicate per me. Dichiaro sinceramente che non capisco nulla. Andiamo dal Presidente della Repubbli­ca a presentare le dimissioni.

Morell                           - Ora è impossibile: stasera, alle dieci. A quest'ora il Presidente dorme sempre.

Lionello                         - Sicché, lo chauffeur aveva ra­gione! E dimmi: chi sarà il nuovo Presidente?

Morell                           - Luciano Tirlemont. (Lionello lo guarda strabiliato. Susanna scoppia a ridere for­te) Non c'è da meravigliarsene. Tirlemont è già da qualche tempo un personaggio ingombrante. Bisogna toglierselo definitivamente di torno. Lo nominiamo Presidente dei Ministri e così, in quattro e quattr'otto, ce ne liberiamo.

Lionello                         - Due mesi fa, non volevi neanche sentirne parlare.

Morell                           - Allora era il capo dell'opposizio­ne; ma con l'accordo odierno, gli abbiamo legato mani e piedi. (Ridendo) Siederà sulla pol­trona rossa come un agnellino appena nato.

Lionello                         - (sincero) Sei un genio, Morell. Mi congratulo.

Susanna                         - (suonando il campanello) Sicché Tirlemont è il nuovo Presidente dei Ministri? (A Giustino che si presenta) Pregate il signor Tirlemont di favorire qui. E' nel mio boudoir con una signorina.

Morell                           - (ridendo) Gli avete fatto fare anti­camera!

Tirlemont                      - (entra da sinistra) Oh, scusa­te... Credevo di trovare soltanto la padrona di casa.

Susanna                         - (molto allegra) Tirlemont, ho ri­pensato a quanto mi avete detto poco fa. Corag­gio! Vi autorizzo a parlare sinceramente con ' Lionello.

Tirlemont                      - Non ho nulla da nascondere. (A Lionello) Signore, dopo quanto è avvenuto stamani, ritengo mio dovere di gentiluomo di chiedervi la mano di vostra moglie.

Morell                           - Ne ho viste tante, nella mia vita, ma una cosa simile non m'era ancora capitata! (Siede su una poltrona ridendo)}

Lionello                         - La mano di mia moglie? Come osate?... (Non può trattenersi dal ridere) Hai ragione, Morell. E' inverosimile!

Tirlemont                      - (guardando l'uno e l'altro) Che cosa significa, codesta ilarità?

Susanna                         - Niente di male, caro Tirlemont. Soltanto che - e me ne rincresce assai  - non ho alcun desiderio di sposarmi di nuovo con un Presidente dei Ministri.

Tirlemont                      - Vi prendete gioco di me?

Morell                           - (alzandosi) Neanche per idea. Ca­ro Tirlemont, saluto in voi il nuovo Presidente del Consiglio.

Tirlemont                      - (barcollando) Io? Io Presiden­te?... Ma questa... questa... (D'un tratto si ri­prende. Ergendosi con tutta la dignità della sua nuova carica) Bah! Non è poi neanche tanto sorprendente! (Con eleganza) Mi rincresce, ma non posso più trattenermi qui: devo provvedere subito a formare il nuovo Gabinetto.

Fanny                            - (da sinistra) Caro Tirlemont, ma cosa fate, mi abbandonate?

Morell                           - Fanny, voi qui? Dite la verità, avete fiutato il nuovo Presidente del Consiglio?

Fanny                            - Sarebbe a dire?

Lionello                         - (indicando Tirlemont) Il mio successore!

Fanny                            - (con un sorriso affascinante) Per­mettetemi di presentarvi le mie congratulazioni! Sareste cosi gentile di accompagnarmi a Parigi con la vostra macchina?

Tirlemont                      - Ben felice! (Salutando cerimo­niosamente) Signora contessa... Morell... (Con aria di sufficienza) Ciao, D'Avencourt... (Va dal fondo, con Fanny).

Morell                           - (lo segue con lo sguardo. Poi scop­pia a ridere) Che sciocco! Prevedo già tutte le stupidaggini che farà! (A Lionello, con altro tono) Sai perché ho escogitato tutto questo? Tra qualche settimana, la Nazione si accorgerà che esiste un solo uomo che possa tenere le redini:]          - (con modestia) Giacomo Morell! Che vittorioso ritorno sarà il mio!

Lionello                         - Non t'invidio! Del resto anch'io ho creato qualche cosa che resterà. (Mostrando la boccetta) Ho dato alla Francia un nuovo profumo!

Morell                           - Quanti uomini politici non hanno dato neanche tanto! Allora arrivederci, e senza rancore, vero?

Lionello                         - (dandogli la mano) Senza ran­core!

Susanna                         - (porgendogli la mano affabilmente) Vi perdono anch'io, perché mi avete ridato mio marito.

Mókell                           - E ora, fate dei bei figliuoli, mi rac­comando: applicate il programma di Marghe­rita di Navarra. In fondo, credo che abbiate ragione voi. La politica bisogna affidarla agli scapoli impenitenti come me. Per me, tanto, non c'è altra salvazione. E sapete quale sarà la differenza fra noi? Voi darete il nome a tanti bei figliuoli; io, tutto al più, a una strada. (Via dal fondo).

Susanna                         - (felice) Se n'è andato, e con lui ; è andata via anche la politica da questa casa. Come vivremo felici nelle nostre due care pol­trone, in cui potremo stare finalmente seduti a chiacchierare con tranquillità, senza sentir squillare un telefono che ti chiami da un punto all'altro della nazione!

Lionello                         - Oh, non mi par vero di godermi il mio focolare con la mia cara mogliettina! (Fa l'atto di sedersi sulla poltrona di sinistra).

Susanna                         - (interponendosi, molto garbatamen­te) Scusa, Lionello, quello non è il tuo posto.

Lionello                         - Perché, non è lo stesso?

Susanna                         - Oh, no! Il Governo siede sempre a destra... (Lo fa sedere sulla poltrona di destra e prende posto in quella di sinistra). E a sini­stra, l'opposizione... (Indica se stessa).

FINE