MASCHIO
Commedia in un atto
Di ENRICO BASSANO
PERSONAGGI
ACHILLE 50 ANNI
MICHELE 40 ANNI
ANNA, cognata di Achille
SORA ANGELA
CONCETTA
CATERINA, figlia di Concetta
MADDALENA
MARIA
FILOMENA
Commedia formattata da
Una camera di passaggio nell'abitazione del sor Achille, collettore del lotto.
Comune al centro, usci a destra e sinistra. Un tavolo tondo al centro con tappeto fino a terra, un divano, sedie. A sinistra della comune, una finestra che si apre sul cortile. Una chitarra alla parete.
All’aprirsi del velario la scena è vuota. Giungono, attraverso la porta socchiusa della camera a sinistra, i gemiti di Rosa, la moglie del sor Achille: sono le doglie del parto. Ad un tratto la porta si spalanca, ne esce Anna, la sorella di Rosa, che si precipita alla finestra, la apre, strilla a perdifiato.
Anna - Sora Concetta, sora Maddalena!
Una voce - Che volete?
Anna - Ci risiamo. Son tornati i dolori forti. Venite giù che sono sola in casa.
Una voce - Va bene, state tranquilla, adesso veniamo. (Anna lascia la finestra e rientra in camera mentre giungono più acuti i gemiti della partoriente).
Un silenzio, poi si bussa all'uscio. Anna corre ad aprire, entrano le due comari: Concetta e Maddalena.
Anna - Stavolta ci siamo: ne sono sicura.
Concetta - E che siete, la levatrice?
Anna - Io no, ma a forza di veder donne che fanno figli, mi par d'esserlo diventata: l'anno scorso mia sorella Peppina; poi Filomena, sapete, la mia cugina, che ha fatto i gemelli. Poi una comare, che ci aveva il marito all'ospedale e me la sono guardata io, per procura... Adesso questa...
Maddalena - Fuori programma!
Anna - Figuratevi: dopo quindici anni di matrimonio: ci si sono pensati, questi due!...
Concetta - È l'aria: a restare senza figli non c'è più nessuno che sia capace (Ad Anna) Solo voi...
Anna - Bella forza : se nessuno mi vuole pigliare per moglie: o che volete, che faccia un figlio lo stesso?
Concetta - Non si sa mai : se ne vedono tanti di miracoli come questo! (Giungono i gemiti di Rosa).
Maddalena - (facendosi sulla porta) Ci siamo, sora Rosa?
Voce di Rosa - Mamma mia, mi sento morire!
Maddalena - Su, su, coraggio: a far figlioli ci si riesce sempre: adesso mandiamo a chiamare la signora.
Voce di Rosa - Avvertite anche mio marito, lo voglio qui, lo voglio qui.
Anna - Sì, sì, stai tranquilla lo mandiamo a chiamare subito.
Concetta - Aspettate, mando mia figlia. (Va alla finestra) Caterina, Caterina.
Voce - Che c'è?
Concetta - Vai subito dalla levatrice, e dille di venire dalla sora Rosa, che ci ha i dolori forti. E poi passa dalla bottega, a chiamare il sor Achille, che sua moglie lo vuol vedere.
Voce - Vado, vado subito.
Maddalena - Se fa un maschio, il sor Achille ci diventa matto: già non sta più nella pelle: si è messo a camminare che pare un bersagliere.
Concetta - Io, per me, vi assicuro che non ci capisco proprio più niente. Ma come si fa, dico io, a starsene per quindici anni difilati senza combinare mai niente... Poi, quando è arrivata l'età di mettersi a riposo, eccoli lì che si preparano a far la covata...
Anna - Ci si son pensati ben bene, ecco tutto. Eppoi Rosa avrà fatto un voto, avrà pregato tanto la Madonna...
Maddalena - Il sor Achille, però, i numeri buoni del terno ha da farli saltar fuori davvero, questa volta!
Concetta - Io non m'accontento se non mi fa guadagnare almeno un paio di fogli da mille : due, larghi così. Uno vicino all'altro, non l'ho visti mai...
Voce di Rosa - Anna, Annina... Sto tanto male.. .(Gemiti).
Anna - (accorrendo) Son qui, son qui. (Via).
Concetta - (affacciandosi alla finestra) Se la signora non arriva, tocca a noi a rimboccarci le maniche...
Maddalena - Fosse la prima volta!
Concetta - (chiamando alla finestra) Caterina! Caterina!
Voce di Caterina - Sono rientrata adesso. La signora ha detto che verrà subito, subito, e il sor Achille sbriga un po' di gente e poi chiude il banco. Pare scemo: di numeri buoni oggi non ne dà certamente...
Altra voce - Sora Concetta, ci siamo?
Concetta - Mi pare di sì.
Stessa voce - Adesso scendo anch'io!
Altra voce - Io pure: vi serve niente?
Concetta - (voltandosi ed ammiccando con Maddalena) La sora Maria, la sentite? «Vi serve niente»? Sì, una lingua bugiarda e lunga come la sua! (Atta finestra) Niente, tante grazie: e non v'incomodate, per carità...
Voce di Maria - No, no, scendo anch'io, in caso ci fosse bisogno d'un aiuto.
Concetta - (lasciando il davanzale) Accidenti a te! Quella, dove tocca brucia. Se ci avessi mia figlia, di là (accenna alla camera di Rosa) e questa fosse casa mia, quella malignacela non farebbe un passo, qui dentro.
Maddalena - È diventata così da quando il marito la piantò. Da santa a diavolo. Ha già messo a male tanta gente con quella sua linguaccia maledetta... Io, per me, in casa mia non entrerebbe neppure in ginocchio...
Concetta - Figuratevi io, con quel po' po' di marito che ci ho! (Si bussa alla porta d'ingresso. Concetta va ad aprire. Entrano Caterina, Maria e Filomena: saluti, domande: « Embè, come va? Siamo vicini? È venuta la signora? »).
Anna - (uscendo dalla camera di Rosa; saluti con la nuova venuta) E la signora ? e Achille ?
Caterina - La signora ha detto che viene subito, e il sor Achille sbriga un paio di clienti ' ritardatari e corre qui.
Voce di Rosa - Anna, Anna, non mi lasciare. ..
Anna - La sentite: non fa che chiamarmi: non la posso lasciare sola un minuto.
Maria - (facendosi sull'uscio) Su, su, ci siamo passate tutte: è un gioco da ragazzi.
Filomena - (sottovoce alle altre) Eh! sì: lei lo ha fatto quando era alle elementari!
(Maria - Io ne ho avuto tre di figlioli, ma mi sono morti tutti i poveretti!
Filomena - (facendo le corna imitata dalle altre) Pure la jettatura, porta, adesso: mamma mia, che non avesse a mandare tutto a gambe all'aria! (Suono di campanello. Anna corre ad aprire).
La signora Angela - (è la levatrice « tipo » : tonda, indaffarata, con la valigetta di cuoio fra le mani, e un cappelluccio tignoso sulle ventitré) Oh! ne avete delle scale, qui. I bambini, per conto mio, dovrebbero nascere sempre al primo piano!
Anna - Sedetevi, riposatevi un poco. Volete qualche cosa da bere? Una limonata? Un dito di vino?...
Signora Angela - Niente, niente, grazie.
Voce di Rosa - Annina, Anni! ...
Signora Angela - È lei?
Anna - Sì, di là.
Signora Angela - Andiamo. (Via con Anna. Concetta, Maddalena, Caterina, Maria e Filomena rimangono aggruppate innanzi alla porta della camera).
Concetta - Quanto è brava la sora Angela: a me mi ha salvato questo bel mobile (indica la figlia Caterina).
Caterina - Bell'impresa: io non glielo domandai di sicuro.
Filomena - E non bestemmiare, scema che sei!
Maria - A me, invece, me ne ha lasciato morire due, me ne ha lasciato!
Maddalena - E dai! (Scongiuri).
Voce di Rosa - Gesù, Gesù! Ohi, ohi!
Signora Angela - (esce dalla camera di Rosa in tutta fretta, ha già indossato un grembiule bianco, ha rimboccato le maniche) La cucina?
Caterina - (indicando) Eccola.
Maria - Vi serve niente?
Signora Angela - Che vi leviate di mezzo: ho da passare e non voglio gente tra i piedi. (Via. Gira una chiave nella toppa. Le comari ammiccano: «.È il sor Achille! ». La porta si schiude, fa capolino Achille).
Achille - (sporgendo appena il capo, guarda di qua e di là. Vede le comari, chiede) Maschio ?
Concetta - (ridendo) Eh! quanta furia che ci avete!
Maria - Ancora niente; ma siamo lì!
Achille - (entrando con aria spavalda) È maschio: io già lo so. Maschio, tutto maschio, come suo padre.
Maddalena - Adesso mi sembrate il gallo nel pollaio!
Achille - Ah! sì, davvero? Adesso soltanto? E prima che figura ci facevo? Del cappone?
Maddalena - Del cappone, proprio, no; ma tutto gallo nemmeno.
Achille - Ma adesso ci ho la patente, vero? Un bel patentone da mettere sotto gli occhi di tutti, da sbattere sotto il naso di quelli che mi credevano... (Fa, con le dita, l'atto di aprire e chiudere le forbici). Bene. Meglio tardi che mai. Adesso mi sento a posto: posso guardare il mondo in faccia. Sono uomo... uomo. E quella santa di là è donna... donna. Siamo a posto. (Si odono strilli di Rosa. La levatrice accorre uscendo dalla cucina).
Sora Angela - Non fate chiasso voialtre. (Al sor Achille) Siete qui anche voi?
Achille - Presente. Sono venuto a veder l'opera mia. Posso entrare?
Sora Angela - (sbarrandogli il passo) Niente. Non voglio fastidi. Vi chiamerò.
Achille - Lasciatemela vedere un momento. Un momento solo.
Sora Angela - (trattenendolo sulla soglia) Non mi ci fate perdere le forze!
Achille - (chiamando sommesso) Rosa, Rosi! (La guarda, con tenerezza) Su, coraggio, coraggio! E ricordatene: voglio un maschio: se no, tu già lo sai, ricominciamo da capo! (Le comari sbottano in una gran risata. A Rosa) Coraggio! (Le fa « Ciao ciao » con la mano, teneramente, mentre la levatrice chiude la porta).
Maria - Sicché è detta: sarà un maschio...
Achille - Certo. E se, caso mai, non me lo fa lei (accenna alla camera), il maschione lo faccio con una di voialtre! (Si avvicina al gruppo, camminando di fianco come fanno i galli quando si avvicinano alle pollastre. Alza il capo e lancia il richiamo) Chicchirichì!
Concetta - Para! Para!
Maddalena - Sciò! Sciò! (Fa con le braccia levate il gesto delle massaie che scacciano le galline. Risa, urli. Achille fa l'atto di brancicare).
Concetta - (strappando via la figlia Caterina) Madonna, mettiamo in salvo questa innocente!
Achille - Brava! e mi lasciate le galline vecchie!
Maddalena - Per fare buon brodo...
Achille - ... lungo! E a me piace quello di pollastrella...
Maria - Ci vogliono buoni denti.
Achille - Ce l'ho, amorone. Guardate qui! (Apre la bocca). E’ qui (Si tasta i muscoli delle braccia). Quando penso che varò un figlio mi sento tornare a vent'anni. Mi si gonfia il petto. Mi viene voglia di fare come King-Kong, l'avete visto al cinema?, quando dall'alto della roccia guarda intorno e si batte il petto forte, come un tamburo, così (Imita King-Kong che digrigna i denti e si percuote il petto coi pugni chiusi) Un figlio, mio! mio! Mi sento più intelligente, ci credete? Un altro. Una forza. Se l'avessi avuto quindici anni fa, sento che sarei diventato qualche cosa. Non mi sarei lasciato montare addosso da tutti, passeggiare sulla testa, gettare a terra. Sarei diventato qualcuno. Una delle prime cose che voglio insegnare a mio figlio è questa: andare alla finestra e mettersi a sputare sulle teste di quelli che passano di sotto. E il primo che fiata, cazzotti che fulminano!
Maria - (tirando per una manica Maddalena, sottovoce) Questo figlio, mi pare, gli fa nascere le pigne nel cervello! E fossero soltanto pigne!...
Maddalena - Che dite?
Maria - (con aria circospetta) Lo so io, quel che voglio dire.
Maddalena - (crolla le spalle e le dà una guardataccia. Dalla camera arrivano adesso, acuti e terribili, strilli e gemiti della partoriente).
Achille - (allibito) Santo cielo! Ma qui che ci si può fare?
Filomena - Niente, caro il mio gallo! Si aspetta. Gli uomini non sanno fare che questo. Aspettare. Con le mani sulla pancia. Mentre noi... (Accenna alla camera).
Achille - (sbottando) E mica lo posso fare io!
Maria - (canzonatrice) Provatevici.
Achille - Provate voi, se ci avete tutto l'occorrente!
Maria - Bello mio! A me ne cresce.
Achille - Anche a me.
Maria - Chissà...
Achille - Oh! dico: vi mostro i documenti...
Maddalena - E finitela, svergognato!
Concetta - (alla figlia Caterina) Vattene, torna a casa, non ti ci voglio più, qui dentro...
Caterina - (nicchiando) Lasciatemi stare.
Concetta - (spingendola fuori dell'uscio di casa) Via, via, a casa. Quando è nato ti chiamo.
Achille - (facendo l'atto di agguantare Concetta) Chicchirichì!
Concetta - Matto che siete. E svergognato. Mai più l'avrei creduto che diventando padre sareste finito così.
Achille - (dandole un ganascino) Chicchirichì! (Risa).
Filomena - (accennando alla camera di Rosa) Non ci siamo ancora. Io faccio un salto fino a casa, a metter su la pentola.
Concetta - Vengo anch'io.
Achille - Mi lasciate solo... Per carità. Da solo ho paura...
Maria - (a Maddalena) Rimaniamo noi. Non è vero?
Maddalena - Sì, sì. Andate pure. (Saluti, arrivederci; escono Concetta e Filomena).
Anna - (uscendo dalla porta della camera) Adesso è più calma; ma donna Angela dice che siamo vicini.
Maddalena - (facendosi sulla porta) Possiamo entrare un momento solo, a farle coraggio?
Achille - Anch'io: un minuto solo. (Entrano tutti; un silenzio; poi uno, due strilli di Rosa. La porta si spalanca, Achille esce come spinto da una molla. E la porta si richiude. Rimasto solo, mentre gli strilli giungono più forte, Achille si guarda intorno, disperato. Prova a turarsi le orecchie. Niente. Congiunge le mani, in atto di preghiera. Poi, per non udire, va alla parete, stacca la chitarra e si mette a sedere accanto al tavolo che è al centro e canta sottovoce: improvvisa una canzone della quale giungono distinte le parole: Figlio mio, figlietto bello, sano e forte ti voglio vede. E come gli urli e i gemiti giungono più forte, Achille innalza il tono del canto. Poi, disperato, getta la chitarra sul tavolo, si rannicchia per terra, mette la testa sulla sedia e si stringe il capo fra le mani. Si apre la porta, escono Maddalena e Maria, vengono fino al tavolo. Achille rimane nascosto dietro il tappeto).
Maddalena - Fa pena, poveretta.
Maria - Eh! ognuno le fa, poi le paga. E quel poveretto... (Accenna ad Achille che crede entrato in cucina).
Maddalena - Ma che volete dire?
Maria - Voglio dire che io, se fossi al suo posto, non farei tanto chicchirichì, non alzerei tanto la cresta.
Maddalena - E perché ? È la gioia...
Maria - Sì. Ma ci può fare anche una di quelle figure...
Maddalena - Oh! adesso...
Maria - Proprio adesso è il momento buono... Sapete che cosa vi dico? che c'è un altro gallo nel pollaio: il sor Michele!
Maddalena - Ma chi? Il pigionante? Quell'omone?...
Maria - Giusto lui! 0 da quanto è che gli hanno affittata una camera? Giusto un anno: e il conto torna.
Maddalena - Gesù mio! Ma ne siete certa?
Maria - Come son certa che fu lui (accenna alla cucina) ad avvertire mio marito di quella birbonata del fornaio: e la mia era tutta una calunnia! Ma lui: poveretto! (Achille ha udito tutto. Una mazzata sul capo, tremenda. È rimasto con gli occhi sbarrati, le mani strette alla gola, il viso contratto in una smorfia di dolore: una maschera allucinante).
Anna - (aprendo la porta e chiamando, mentre si riodono gemiti soffocati) Sora Maddalena, sora Maria, veniteci ad aiutare un momento! (Le due comari entrano sollecite nella camera di Rosa).
Achille - (s'alza a stento, si rimette in piedi barcollando come un ubriaco. Mormora) No, no, non può essere! (Guarda intorno per la camera, come intontito. Poi ha uno scatto subitaneo, va alla porta che lo divide dalla moglie, sembra voglia abbatterla con i pugni alzati. Si ferma: ha udito altri gemiti. Si stringe le mani al petto, sul cuore, come a comprimerne i battiti. Ritorna al centro della camera. Un silenzio).
Anna - (aprendo la porta: è raggiante) Achille! Achille! Un maschio, un bel maschiotto!
Achille - (la guarda inebetito).
Anna - Hai capito? Un maschio!
Achille - Ho capito.
Anna - Non dici nulla?
Achille - E che devo dire? Un maschio. Bè, ho capito.
Anna - Che razza d'uomo! Si direbbe che già te ne ha regalato una dozzina, di figli.
Achille - (bruscamente, afferrandola per un braccio) Michele, dov'è?
Anna - E che ne posso sapere io! C'è altro da pensare che a Michele, adesso. (Accennando alla camera) Di', lo vuoi vedere?
Achille - Chi?
Anna - Ma il bambino, il tuo bambino!
Achille - Dopo.
Anna - Sei troppo commosso?
Achille - Ecco. Dopo.
Anna - Te lo dirò io, quando sarà pronto. Adesso torno di là. Se ci fosse bisogno di qualche cosa, ti chiamo. (Via).
Achille - (si stringe le mani alle tempie) Non può essere, non può essere! Maledetti! Maledetti tutti quanti! E quella faccia da morto annegato! Ah! la vedremo: fò un macello. Un macello. (Giunge dalla camera accanto il pianto del piccolo. Achille dà un balzo. Poi si ferma. Cade a sedere sulla sedia. Le lacrime gli fanno nodo alla gola. Non riesce a trattenerle. Scoppia in un pianto secco e disperato. Ad un tratto sente lo stridio di una chiave che gira nella toppa: è il sor Michele, il pensionante, che torna a casa. Achille balza in piedi: è mutato; ringoiate le lacrime, il suo viso si raggela tutto in una maschera che esprime desiderio di vendetta, decisione fermissima di strappare a Michele la confessione).
Michele - (è una figura complessa, dal viso stinto, dalle vesti dimesse: il vero ritratto del piccolo, grigio, anonimo travet. Entra cauto. Appena vede Achille spalanca le braccia in atto di gioia) Novità?
Achille - (con un soffio) Sì.
Michele - Buone?
Achille - Ottime.
Michele - Un maschio!
Achille - Un maschione. Grosso così.
Michele - (accorrendo afferrandogli le mani) Ci ho gusto! sono contento, tanto, tanto contento...
Achille - Anch'io! Quanto! (Pausa) Ma tu, scusa, che c'entri?
Michele - (sinceramente stupito) Come, che c'entro? E perché non dovrei essere contento? Per te, scusa!
Achille - Ah! per me. Già.
Michele - Per la tua gioia. Prendo parte.
Achille - Prendi parte... Fai bene. Prendi parte alla festa, mi abbracci, aspetti che ti proponga di fare da padrino al battesimo... Sei di famiglia, ecco. Troppo giusto.
Michele - (rannicchiandosi) Se me lo permetti, s'intende. Se non ti dà noia ch'io senta anche un po' mia la tua gioia...
Achille - (facendo l'atto di buttarglisi addosso, ma ricomponendosi con uno sforzo di volontà) Ma sì, caro, altro che. Dovere. Anzi: tante grazie. Più ci siamo, più ci si diverte, no? Eh! sei un buon uomo, tu, un vero amico! Un vero amico di famiglia, no? (Battendogli una mano sulla spalla) Sei un amicone, tu! E bravo, il mio Michele! Ci faremo una spanciata di confetti, al battesimo di nostro figlio. Andremo insieme in chiesa, a braccetto, no? Caro! (Gli stringe una guancia tra le dita).
Michele - Mi dai una gioia...
Achille - E a me? Mi sento scoppiare. (Pausa) Però, senti, prima di continuare, vieni qui, voglio dirti una cosa. Da amico. Da uomo a uomo. Ma mi devi promettere d'essere sincero.
Michele - Lo sono sempre stato.
Achille - (guardandolo fisso) Lo so, lo so. Vieni qui. (Porta due sedie vicino al tavolo in primissimo piano. Fa sedere Michele di fronte a se, gli mette le mani sulle ginocchia. Gli pianta gli occhi negli occhi). Me lo vuoi dire che ci stai a fare qui, tu? Perché mi guardi con quegli occhi di uomo che ci ha gusto della gioia di un altro? Perché mi dici con tanta tranquillità che sei contento che di là quella... creatura mi abbia regalato un figlio? Me lo sai dire il perché , tu?
Michele - (intontito, si rannicchia ancor più, risponde con voce tremante, a scatti, balbettando) Ma che ti piglia? Perché mi parli in questo modo? Mi spaventi... Che cosa ti ho fatto di male? Ti sono amico, te lo giuro...
Achille - Non ce ne hai mai avuto, tu, degli amici che siano diventati padri a cinquant'anni? Ti pare buffo, eh!
Michele - Ma che dici? Sei impazzito?
Achille - Rispondi, rispondi a me...
Michele - Vuoi proprio saperlo, il perché ? Perché t'invidio! Perché , vicino a te, vicino a quella creatura innocente che è nata da poco, di là, mi pare di potermi sentire anch'io un po'... padre, ecco!
Achille - (frenandosi a stento) Ah! sì, vero ?
Michele - Sì. Un po' padre. Anch'io. Lo avrei desiderato tanto un figlio mio, una casa mia, una donna mia...
Achille - E non potendo avere la donna tua, eh! (Gli si fa addosso, minaccioso, stringendo i pugni)... ti pigli quelle degli altri!...
Michele - (balzando in piedi, sbarrando gli occhi) Ma che dici? Sei impazzito?...
Achille - (costringendolo) Mettiti a sedere, che non voglio scene. Rispondimi. Guardami negli occhi. Da uomo.
Michele - (con amarezza) Anche questo debbo sentire! Un'accusa come questa, a me, proprio a me... Che dolore che mi dai. (È incerto: si stringe le mani alla bocca, come a volersi impedire di parlare). Che cosa mi costringi a dire, in un momento come questo, a te, che sei nel giorno più bello della tua vita. Mi strappi un segreto di qui. (Pausa). La guerra, lo sai tu?, che strazio ha fatto del mio corpo?... Io non sono... (In un soffio) Io non potrò mai essere padre... (Si batte i pugni sulle labbra).
Achille - (incredulo) Anche questa, adesso!
Michele - (con un grido) Non credi?
Achille - Mi vuoi scappare dalle mani.
Michele - Ti ho detto la verità: guardami in faccia. Quando un uomo confessa ad un altro uomo un segreto come quello che ti ho detto, se io strappa di qui! (accenna al petto). Eppoi, sai, ci sono le carte, i certificati (Tira fuori dal portafogli un libretto, una carta che spiega sotto gli occhi di Achille).
Achille - (dopo aver letto) In guerra?
Michele - Una bomba. Una medaglia. (Pausa). Ed eccomi qui. Adesso sai...
Achille - Tu, tu..
Michele - Io. Come mi vedi. (Una pausa. Con amarezza) Vuoi sapere altro di me?
Achille - (balzando in piedi gli afferra il capo, le mani, lo bacia) Ti domando perdono. Mi inginocchio, davanti a te. Mi ha fatto perdere la testa. Ah! brutta strega!
Michele - Perché ? Ma perché ?...
Achille - Tu non sai, non puoi sapere. Sai, basta una parola, che ti giunga quando meno l'aspetti. Una parola sola, nei momenti più difficili della vita. Si crede a tutto. Ti si scavano abissi, qui. Crolla tutto. Ah! le vedremo. (Va alla porta di Rosa, chiama) Sora Maria!
Maria - (uscendo) Non venite a vedere vostro figlio?
Achille - Adesso vado. Ma prima... Stai bene a sentire quello che ti dico. (L'afferra per un braccio, la trascina lontano da Michele) Ho sentito quello che hai detto dianzi: ero lì; ho sentito tutto: di me, di quella disgraziata di là, di lui. Guarda: quel sant'uomo lì, lo vedi, è come fosse mio fratello. È un sant'uomo. E guardami in faccia: quello che tu hai insinuato è una sporca calunnia. So quello che mi dico. Se non mi fidassi, se non conoscessi lui e... lei, ho prove in mano quante bastano per far tranquillo anche il più sospettoso degli uomini. Guardami bene, e capiscimi (la scrolla): sono io il padre di quella creatura, sono io. Guarda con che sicurezza te lo dico. E la sicurezza, vedi, non bastasse altro, mi viene proprio da lui. È un minorato di guera, lo sai? È un sant'uomo, un eroe. Buttati in ginocchio, lingua d'inferno! (La fa cadere in ginocchio innanzi a Michele, poi la tira su, come un cencio). E adesso via, via di qui. E sentimi: se ancora ti esce una parola di bocca, ti spacco il grugno, guarda!
Maria - Non parlerò, non parlerò mai più!
Achille - Sei sincera?
Maria - Ve lo giuro!
Achille - Via, via di qui. (La spinge fuori della porta).
Michele - Che cosa hai fatto...
Achille - Non saprà mai nulla nessuno. Perdonami. Non era per me. Ma per quella creatura di là, che è nata adesso, senza colpa. Mio figlio, mio figlio. (Alza Michele, lo stringe). Non l'ho ancora visto. Andiamo a vederlo. Se vuoi, sai, gli vorremo bene insieme... (Entrano nella camera di Rosa).