Maurice Blondel a teatro

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Maurice Blondel a teatro

MAURICE BLONDEL

A TEATRO

Atto unico

Di NATALE MISSALE

PERSONAGGI

Henri Belò (primo attore)

Silvie Sabel (prima attrice)

Melanie Lescò (attrice)

Pierre Bolé (attore)

Daniel Fabian (regista)

Pascal (suggeritore)

Maurice Blondel (filosofo)

Commedia formattata da

(Quando il sipario si apre, in scena vi è Maurice Blondel - barbetta e vestito elegante: giacca e cravatta -. Alla spicciolata arrivano gli attori di una compagnia. Osservano incuriositi l' intruso)

Henri                        - Quancuno sa dirmi perché siamo stati convocati dal grande regista? Abbiamo appena concluso la stagione teatrale con l'ultima replica proprio ieri sera, per Giove! Pensavo che un po' di riposo, male non ci facesse.

Silvie                        - Pascal, ne sai qualcosa? Tu sai sempre tutto di tutti, mi risulta.

Pascal                       - Io non so proprio niente. Fra poco verrà Daniel: vi dirà tutto lui. So solo che si tratta di una novità, di una grande novità.

Melanie                    - Uh, che bello! Un'opera moderna! L'avanguardia mi ha sempre stuzzicato.

Pierre                        - (Ironicamente) Certo, che bello. Purché non sia bello come "Il chiodo imperfetto", quella commedia, senza capo né coda, dell'anno scorso. Ma ve la ricordate? Tutta una serata a parlare di un chiodo arruginito all'interno di un manicomio. Che bello! Ma per favore!

Pascal                       - Questo è il passo inconfondibile di Daniel: fra poco sapremo tutto, e… speriamo in qualcosa di classico. Suggerire opere d'avanguardia mi stressa: non hanno senso, non hanno… (entra Daniel con in mano una borsa da scuola e la posa in un angolo) Monsieur Fabian, bon jour.

Daniel                       - Ciao, caro, ciao. Signori…(li osserva uno ad uno) Che facce! Mi sembrate preoccupati. E' così?

Henri                        - Beh, un po' sì. Siamo leggermente preoccupati. Speriamo solo non si tratti di roba d'avanguardia.

Silvie                        - Tuttavia, anche se fosse: eccoci qua, pronti ed in forma come sempre.

Daniel                       - Ma no, no! Che avete capito? Niente avanguardia. Siamo qui, per… (guarda Maurice Blondel) Ma vi siete presentati, almeno? Sapete chi è questo signore?

Malanie                    - No!

Pierre                        - No, non conosciamo questo signore.

Silvie                        - Supponiamo solo che abbia a che vederre con la nostra venuta. Ma nessuno, per discrezione, ha chiesto nulla. (Si avvicina a Maurice) Permetta di presentarmi, io sono… (Daniel la interrompe)

Daniel                       - Ma dove siamo, nel medioevo? Su, su! Qua dobbiamo lavorare insieme! Via, via quel "lei". Maurice, ti presento la mia compagnia: Lei è Silvie Sabel (a turno stringeranno la mano a Maurice), poi abbiamo Henri Belò, Melanie Lescò e Pier Bolé. Lui è Pascal, il nostro suggeritore.

Maurice                    - Signori sono lieto di fare la vostra conoscenza. Io sono Maurice, Maurice Blondel, di professione filosofo, o, se più vi garba: pensatore.

Henri                        - Pensatore? Ma tu hai sbagliato posto, Maurice. Ti assicuro che qui, pensare non è facile.

Malanie                    - Non è facile? Impossibile!, caro, impossibile!

Daniel                       - Bello spirito! Silenzio, per Bacco! Non siamo qui per giocare! Maurice, quello che doveva pensare, l'ha già pensato, e si trova qui per offrire le sue fatiche a noi. Ma chi volete prendere in giro? Questo è lavoro, signori miei, lavoro, e fra poco lo vedrete.

Henri                        - Lavoro, che vuol dire lavoro? Maurice ha scritto un'opera teatrale? Bene: presentacela e noi, gli attori, la reciteremo. (Rivolgendosi alla compagnia) E' così?

Silvie                        - Certo che è così. Noi, Maurice, faremo della tua commedia, o della tua tragedia, un grande successo.

Malanie                    - Modestamente, siamo il meglio della recitazione.

Pier                           - Sì, il meglio, modestamente (alza la mano con le dita a calice, mimando bravura).

Daniel                       - Ma sentiteli: il meglio… un grande successo… modestamente…Alla faccia della modestia! Ma non l'avete ancora capito che il successo di un'opera non appartiene agli attori, ma al pubblico. Gli unici giudici di un'opera, nel breve periodo, sono gli spettatori, nel lungo periodo sarà la storia. Quanto a voi, mi corre obbligo dirvi che il meglio deve ancora nascere. Mediocrità! Ecco cosa vedo fra le tavole di palcoscenico del mondo: mediocrità. Se non fosse per il regista, il burattinaio, voi tutti sareste dei pupi appesi al chiodo. Siamo noi i modellatori dell'arte teatrale. Creta: ecco cosa siete: creta!

Silvie                        - Se la tua è una sfida,Daniel, siamo pronti a raccogliere il guanto.

Maurice                    - dai la tua opera a noi, e senza regista la metteremo in scena, rivestendola di bellezza.

Daniel                       - Vorrei proprio vedervi. Litighereste dalla mattina alla sera, senza cavare un ragno dal buco.

Henri                        - Mettici alla prova e vedrai.

Daniel                       - Io non metto alla prova un fico secco. Il regista sono io, e comanderò io. Chi non ci sta, può anche cambiare aria. Attori migliori di voi, e soprattutto più modesti di voi, ne trovo quanti ne voglio. Quella è la porta: chi non ci stà - aria!

Maurice                    - Ma signori, vi prego! Se la colpa di tutto questo è mia, sono pronto a scomparire subito. Ecco, vado (scende le scalette del proscenio)

Daniel                       - Tu non vai da nessuna parte: rimani qua e portiamo avanti il lavoro che ci eravamo proposto.

Henri                        - Giusto, tu non vai da nessuna parte. Questo è teatro, amico mio, e già puoi considerare lavoro teatrale questa piccola disputa. E' così, Silvie?

Silvie                        - Certo che è così. Tu sei il benvenuto, Maurice, ma ti avverto che, se non tirerai fuori il tuo progetto, di queste pseudo liti ne vedrai parecchie. Quassù la recita è un obbligo, caro, e tutto quella che vi accade è recitazione, anche il piantar chiodi di un addetto alle scene, tutto.

Pier                           - E' proprio così, Maurice. Sai, anche tu hai partecipato a questa immodesta recita.

Pascal                       - Ma c'è un copione? Se non ne ho una copia, che ci sto a fare qui?

Daniel                       - Perdonali, Maurice, sono come i bambini, ma vedrai che fra poco te li rimetto a posto. (Gridando) Tutti seduti! E silenzio! Perché il nostro amico deve dirci qualcosa, ma se continuate a parlare non può comunicarcela (Porta l'indice sulle labbra per indicare silenzio. Siedono tutti, tranne Maurice, che un po' intimidito passeggia fra il gruppo)

Maurice                    - Io, signori, qualche tempo fa ho scritto un libro, il cui titolo è L'Azione.

Henri                        - (Applaudendo dapprima lentamente e poi velocemente ed invitrando gli altri a fare lo stesso) Bravo. Bravo!

Tutti                         - (Applaudendo. Daniel sta in silenzio) Bravo! Bravo!

Daniel                       - (Battendo le mani lentamente e ironicamente) Ma bravi, bravi (Tutti smettono piano piano di battere le mani. Si fa silenzio). Ecco a cosa serve un regista,

Maurice                    - il silenzio è tuo.

Maurice                    - Se poco fa vi ho detto che ho scritto un libro, signori, non l'ho fatto per vanteria, né voglio promuovere il mio pensiero, che peraltro è già molto conosciuto. Volevo solo arrivare al dunque, al progetto che mi vuole qui.

Henri                        - Finalmente! (Alla compagnia) Signori, abbiamo un progetto (Applaudono tutti divertiti)

Silvie                        - Noi siamo fatti così,

Maurice                    - amiamo divertirci. Non vogliamo mica prenderti in giro, sai.

Daniel                       - Voi siete fatti male. Ma lasciamo perdere, va! Sai che ti dico,

Maurice                    - lasciamo… perdere. Questa è gente poco seria che non ama affatto il teatro.

Melanie                    - Adesso sei ingiusto, Daniel. Ci stai accusando di essere poco seri, e sai bene che ciò non è vero.

Pier                           - Come puoi dubitare del nostro amore per il teatro? Sono anni che lavoriamo su queste tavole, facendo sacrifici enormi per conto di quest'arte sublime.

Pascal                       - Se devo essere sincero, credo che la compagnia con cui ho lavorato per anni sia abbastanza seria e che ami il teatro davvero.

Henri                        - Signori, seduti tutti e ascoltiamo in religioso silenzio quello che ha da dirci Maurice. (Siedono)

Daniel                       - Che ti dicevo, Maurice? - Bambini, sono come i bambini: abbiamo perso un'ora di tempo per discutere di che cosa? Di niente! Ma adesso, ti garantisco - perché questa ciurma la conosco bene come le mie tasche - che non fiateranno più. Dicci quello che devi.

Maurice                    - Ebbene, signori, il libro di cui vi parlavo, pur essendo un trattato di filosofia ruotante tutto attorno all' Azione, in molte sue parti potrebbe essere pure letto come un trattato di recitazione. E' stato Daniel il primo ad avere scorto fra le righe di tale libro, la possibilità di leggerlo come un insieme di regole per una, non solo corretta, ma vera recitazione.

Daniel                       - E allora ci siamo detti: perché non discuterne con la compagnia e, approfondendo la cosa, mettere addirittura su uno spettacolo teatrale imperniato sui principi filosofici che tale libro contiene? Ed eccoci qua.

Henri                        - Ma questo diventerebbe un laboratorio, diciamo così, creativo: non si approfondisce, non si amplifica un testo teatrale, ma…

Silvie                        - … Ma lo si crea insieme. E' così?

Maurice                    - E' così, signori. L'intento è questo: creare insieme un'opera teatrale che non sia solo espositiva dei contenuti filosofici, a volte noiosi, del testo - per questo basterebbe leggerlo. No. Si tratta di creare insieme un metodo di recitazione vivo, basato appunto sull' Azione.

Pascal                       - Ma allora io non servo!

Maurice                    - No, no, tu servi, e molto, Pascal. Tu farai parte dello spettacolo più o meno come il famoso suggeritore dei Sei personaggi di Pirandello, ti ricordi, vero?

Pascal                       - La mia figura non so se si presta per una recita.

Daniel                       - Si presta, si presta, Pascal. Ora basta con le chiacchiere, e cominciamo. Dovete sapere innanzitutto il punto di partenza della teoria blondelliana, e questo lo si può riscontrare immediatamente all'inizio del suo libro. Ma…aspettate un momento (va verso il luogo dove aveva posto la borsa e ne tira fuori due libri). Queste sono due copie del libro di Maurice. Uno lo terrà l'autore (glielo passa), l'altro lo diamo a Pascal (glielo dà).

Pascal                       - E che ci faccio con un libro? Io sono abituato ai fogli volanti del copione coi bei caratteri grossi leggibili anche al buio.

Henri                        - Vuol dire che metterai gli occhiali.

Pier                           - Certo, gli occhiali, così eviterai di suggerire pan per focaccia.

Pascal                       - Ma io ho sempre suggerito le parole giuste.

Melanie                    - Ah, ma allora non solo non ci vedi bene senza occhiali, sei anche corto di memoria! Non ti ricordi l'anno scorso alla commedia di Shakespeare, allorché m'hai suggerito "cocco bello" anziché "molto bello"?

Daniel                       - Guardate che se lasciate perdere è meglio, perché ho perso il numero di tutte quelle volte che anziché dire la battuta giustamente suggerita, ve ne siete usciti con frasi marziane e ridicole. Pascal, vuoi per favore aprire il libro di Maurice e leggerne l'inizio dell'introduzione?

Pascal                       - (Apre il libro e legge fra se) La frase è molto bella e stimolante, e credo che come inizio della commedia, per il nostro pubblico sarebbe il massimo: lo proietteremmo ai blocchi di partenza del pensiero, lo inviteremmo a filosofare in maniera perentoria.

Silvie                        - Daniel, perché non ce lo hai comunicato? Hai promosso Pascal da suggeritore a filosofo e non ce lo hai ancora detto?

Daniel                       - E smettetela, per Giove! Qui stiamo perdendo solo tempo.

Pier                           - Scusate, mi è venuta un'idea.

Henri                        - A Pier è venuta un'idea, silenzio.

Pier                           - Che fai lo spiritoso?

Daniel                       - Ecco che si ricomincia. Ripeto che questo è un laboratorio teatrale particolare: stiamo - costruendo - una - commedia-filosofica. Capito? Sentiamo l'idea di Pier.

Pier                           - Per non buttare all'aria tutto il tempo che abbiamo perso fin qui, perché non inseriamo nella commedia anche tutte queste chiacchiere? Cioè, perché non cominciarla proprio con il nostro ingresso sul palco, l'estraneo che incuriosisce, dico Maurice, e poi l'arrivo di Daniel ecc. ecc.?

Maurice                    - Daniel, non ti sembra un'eccellente idea?

Daniel                       - Certo che lo è: il tuo libro parla di azione? Ebbene, che cos'è tutto quello che finora abbiamo fatto se non azione?

Henri                        - Pascal, dimmi, a occhio e croce, quante pagine si riempiono con le chiacchiere fatte fino ad ora? Una e mezza? Due?

Pascal                       - Non meno di tre pagine: è la mia pratica che me lo suggerisce.

Daniel                       - D’accordo. Abbiamo già tre pagine di commedia, però non penserete mica di continuare a ciarlare per riempire pagine su pagine, vero? Pascal, la vuoi leggere questa benedetta frase d'inizio, o no?

Pascal                       - Ecco… lascerei l'onore dell'inizio a Maurice che è l'autore. Non so se…

Daniel                       - E va bene. Maurice, vorresti per favore leggere questo strabenedetto inizio d'introduzione? (Maurice va al proscenio e legge)

Maurice                    - "La vita umana ha o non ha un senso? E l'uomo ha un destino?… (lo interrompe Pascal)

Pascal                       - Ecco, ora continuo io, se no che ci sto a fare? (Apre il libro e legge senza intonazione) Dunque, dicevamo: "La vita umana ha o non ha un senso? E l'uomo ha un destino? Io agisco, ma senza neanche sapere che cos'è l'azione, senza aver desiderato di vivere, senza conoscere esattamente né chi sono né addirittura se sono"

Henri                        - Qui si deve fare chiarezza su questi punti importantissimi.

Maurice                    - Che strano! E' proprio quello che stava per leggere Pascal, vero amico mio?

Pascal                       - (Leggendo senza intonazione) "Verrò a sapere, forse, se questo fantasma che sono per me stesso, con questo universo che porto nel mio sguardo, con la scienza e la sua magia, con lo strano sogno della coscienza, ha qualche solidità o meno. Scoprirò senza dubbio ciò che si nasconde nei miei atti, in questo fondo ultimo in cui, senza di me, malgrado me, io subisco l'essere e mi ci abbarbico".

Henri                        - Ma queste parole sono all'altezza di Shakespeare, di Holderlin, di Goethe, di Dante, Rilke, Tagore, Quasimodo, Borges, Eschilo, … (Applaude e viene seguito da tutti) Questi sono applausi sinceri, Maurice, il tuo non è solo un lavoro filosofico, ma soprattutto teatrale: è parola in azione (Applausi).

Melanie                    - Propongo che quanto detto da Henri venga trascritto da Pascal, che oltre che il suggeritore dovrà pure trascrivere, anzi stenografare. Che belle parole, Maurice, belle davvero! Un uomo potrebbe starci sopra tutta una vita.

Daniel                       - Certo, Melanie, e magari alla fine ci scriverebbe sopra un bel libro intitolato "L'Azione". Comunque la proposta è buona: Pascal stenograferà.

Pascal                       - Ma se leggo, come posso nello stesso tempo scrivere?

Silvie                        - E mica ci leggerai tutto quel mattone, Pascal! Scriverai quando non leggi.

Pascal                       - Ma qui si vuol scimmiottare i Sei Personaggi di Pirandello!

Daniel                       - No, Pascal, qui stiamo cercando di andare una buona volta oltre il grande scrittore agrigentino, perché negli ultimi ottant'anni, non se ne fa altro che pessima imitazione. Noi andremo oltre, e tutto questo grazie all'Azione di Blondel.

Henri                        - Posso leggere con più bellezza il brano appena letto. Sono stato davvero colpito (Daniel fa cenno di sì ed Henri prende il libro di Pascal e legge) "La vita umana ha o non ha un senso? E l'uomo ha un destino? Io agisco, ma senza neache sapere che cos'è l'azione, senza aver desiderato di vivere, senza conoscere esattamente né chi sono né (si ferma un attimo) addirittura se sono…Verrò a sapere, forse, se questo fantasma che sono per me stesso, con questo universo che porto nel mio sguardo, con la scienza e la sua magia, con lo strano sogno della coscienza, ha qualche solidità o meno. Scoprirò senza dubbio ciò che si nasconde nei miei atti, in questo fondo ultimo in cui, senza di me, malgrado me, io subisco l'essere e mi ci abbarbico". Ah! Sublime, sublime teatro! Vedere agire queste parole nell'animo mio e nell'aria e sentirle risuonare nei vostri cuori… sì, anche il tuo cuore, Maurice, mi riempie di universalità, come se una strana reazione teatrale a catena facesse esplodere la… teatralità, l'essenza stessa del teatro. (Si avvicina a Maurice) Qua la mano, amico, faremo de l'Azione un teatro puro. Beh, scusate lo sfogo, ma dovevo. Quelle domande iniziali di Maurice sono incalzanti: da esse l'azione del pensiero si dipana quasi automatica. Esse sono come cibo per la mente e lo spirito che corrono immediatamente alla ricerca di geometrie, di traiettorie, che cercano di autoaffermarsi attraverso il veicolo dei sentimenti. Ed ecco come, chi viene bersagliato da tali domande, si veda costretto ad esplorare spazio e tempo, fisica e metafisica, per cercare le giuste risposte ad esse.

Pier                           - Tutto questo è molto bello, ma come faremo noi a sfruttare appieno la filosofia di un libro, per fare teatro? Voglio dire: come far rivivere in azione i concetti, le teorie - sia pure filosofiche - dell' Azione?

Maurice                    - E' molto giusta la tua osservazione, Pier. In effetti voi siete attori navigati, però mi chiedo e vi chiedo: avete mai fatto caso che, se non agite, dico nella vita, c'è qualcosa in voi o fuori di voi che agisce senza di voi?, e che se non mettete a disposizione dell'agire, testa, cuore e braccia, essi vi verranno presi? Ed ancora: vi siete mai accorti di come una mera conoscenza non è mai sufficiente a metterci in azione, perché essa non ci afferra interamente. Sapete perché? Perche in ogni atto c'è un atto di fede. Ed infine: avete mai notato come tra quello che sapete, quello che volete e quello che fate c'è sempre una sproporzione inspiegabile e sconcertante? Ebbene, io tutte queste cose le ho notate, sviscerate, studiate, vissute e agite, ed ho concluso che "alla scaturigine dei miei atti, nell'uso e dopo l'esercizio di ciò che chiamo la mia libertà, mi sembra di sentire tutto il peso della necessità".

Daniel                       - Pensate per un momento alla nostra professione di attori, anzi alla nostra missione teatrale. Noi gente di teatro abbiamo una sola materia prima: noi stessi. "Oltre noi stessi non abbiamo altro". E' la nostra carne, la nostra anima, il nostro spirito che si fanno azione, e quando essi diventano atto, il lavoro alchemico che accade qui sull'atanor-palcoscenico, è possibile perché gettiamo nel crogiolo reso incandescente dal fuoco di quest'arte l'uomo intero che portiamo in noi stessi. Siamo scienziati noi attori, e la materia che trattiamo è la nostra completa umanità.

Henri                        - Sì, giustissimo! E l'Azione ci dà quella competenza che, sola, può fare di noi dei veri conoscitori di noi stessi. Nessun artificio dialettico può surrogare tale comprensione.

Maurice                    - Leggi, Pascal, leggi cosa dico a pagina 69 della mia introduzione (Pascal cerca la pagina)

Pascal                       - "Sono comici tutti quei teorici della prassi che osservano, deducono, legiferano su quello che non fanno".

Silvie                        - Credo che la cosa si potrebbe allargare così: ora stiamo costruendo una commedia, ma nel momento in cui avremo lì in sala un pubblico vasto e attento, il nostro agire altro non deve fare che celebrare la vita, ma per poterlo fare occorre "rubare", per così dire, ad ogni coscienza che ci sta davanti il segreto e la legge della vita, carpire l'orientamento più intimo dei cuori.

Melanie                    - E a questo punto rappresenteremo l' Uomo, ovvero la vera umanità. "Si tratta di tutto l'uomo; quindi non lo si deve cercare solo nel pensiero. Bisogna trasferire nell'azione il centro della filosofia, perché là si trova anche il centro della vita".

Pascal                       - ed ecco che io, attore, cioè colui che agisce, perché la parola attore vuol dire proprio questo, divento un filosofo (Si alza, prende in mano il libro come Amleto il teschio del morto, e comincia a declamare) "Essere o non essere. Questo è il problema: se sia più nobile all'anima sopportare le percosse e gli strali di una fortuna oltraggiosa o levarsi in armi contro il cumulo degli affanni e risolutamente finirli" (Traduzione di…?). Tutti applaudono)

Tutti                         - Bravo, bene, bis!

Maurice                    - E' proprio questo che io intendo, caro

Pascal                       - "Con la storia, essere di tutti i tempi e di tutte le razze; con la filosofia, diventare teatro dell'interminabile battaglia tra i sistemi… e pascersi della carneficina delle idee;" ed eccoci al tuo gustoso scherzo teatrale: "con l'arte, iniziarsi alla divina grazia delle frivolezze serie". Oh, signori! La vostra arte è davvero divina e fa gustare il piacere di essere! "Che amena facezia, affermare che il nulla è! E come si deve essere allegri, quando si sa che l'essere non è, e che non essere costituisce il bene sommo!" Loro, i nichilisti, "chiamano divino egoismo il desiderio e una sorta di speranza del nulla". Ma "non volere nulla significa rifiutarsi a qualsiasi oggetto… " Da parte di costoro "si vuole che l'essere non sia, e si gusta il piacere di essere per negarlo: egoismo radicale che distruggerebbe tutto per rimanere solo come un dio". Siamo davanti ad una sorta di panteismo soggettivo che ha dato vita ad una dottrina sofisticata, e, da non credere, il tutto è basato sul nulla! Perdonate lo sfogo, ma mi sento già meglio.

Daniel                       - Nulla da perdonare, Maurice. Questa strana gente, questi adoratori del niente, paradossalmente, godono del fenomeno, per provare il nulla delle cose, e per esaltarsi nel nulla di sé agiscono "con la voluttà di una specie di ateismo mistico".

Maurice                    - Costoro affermano il nulla, ponendo in esso la speranza vana e vaga di un rifugio.

Henri                        - Ma oltre alle persone che fanno l'apologia del nulla, vi sono anche quelle che del nulla hanno paura. Non credete che sia le une che le altre rendano ugualmente omaggio a questo paradossale oggetto inesistente che si chiama nulla?

Maurice                    - La vostra arte, signori, deve essere una danza pura, azione, energia traboccante. Per nessun motivo su questa tavole di palcoscenico va cantato "l'inno metafisico del nulla": lasciate il pessimismo fuori dalle vostre anime, perché se diviene una disposizione d'animo, prima o poi intonerà quel canto. Che la vostra azione sia "un intervallo fra ciò che siete e ciò che volete essere".

Melanie                    - Quasi quasi, proporrei di leggere il libro di Maurice. Esso è talmente lirico, profondo, vivo…

Pier                           - Anch'io sono di questa idea: leggiamo il libro.

Silvie                        - Siete proprio due falchi. Ma ve l'immaginate un pubblico seduto lì in sala mentre voi leggete questo libro?

Daniel                       - Da escludere, però la vostra proposta farà parte della commedia. Pascal, stai scrivendo?

Pascal                       - (Leggendo) Silvie: Siete proprio due falchi. Ma ve l'immaginate un pubblico seduto lì in sala mentre voi leggete questo libro?

 

Daniel                       - Da escludere, però la vostra proposta farà parte della commedia. Pascal, stai scrivendo?

Daniel                       - Va bene, va bene. Vedo serpeggiare un po' di stanchezza. Che ne direste di una pausa?

Tutti                         - Pausa, pausa!

Daniel                       - Con questo caldo, una bella bevuta non ci starebbe male. Chi va di là a prendere delle bibite?

Pier                           - Vado io (Va).

Henri                        - Fino ad ora, quello che abbiamo scritto sembra una vera commedia, ma…(Si blocca)

Tutti                         - Maaa!

Henri                        - Ma qualcosa non va. Non sembra anche a te, Daniel?

Daniel                       - Vero. Qualcosa non va, e sai che cosa?

Henri                        - Di preciso non lo so, ma ho come una sensazione di staticità.

Daniel                       - Giusto. Stiamo celebrando L'Azione di Maurice Blondel, ma ci si sta muovendo poco, ed un teatro senza movimento è la tomba di ogni rappresentazione. Dobbiamo movimentare la scena.

Maurice                    - Le vostre osservazioni sono corrette. Bisogna far danzare ogni cellula grigia degli spettatori; occorre innaffiare ogni poro della loro pelle e della loro anima con azione vitale; è necessario soffiare sul fuoco della Vita che tutto anima, con il vento della stessa Vita presente in noi sotto forma di Senso. Ecco, bisogna dare senso all'esser noi qui e loro, il pubblico, lì. Dobbiamo far sì che su questo palcoscenico accada, si formi un piccolo mondo, che come uno specchio rifletta la grande varietà dell'universo, del grande mondo.

Daniel                       - Ma certo! L'universo deve radunare qui i suoi raggi ed ognuno di voi, di noi, ma anche di loro, il pubblico, dico, si faccia davvero microcosmo. La vita soggettiva di ogni uomo presente in questo teatro deve essere una sintesi.

Maurice                    - Pascal, saresti così gentile da leggere quanto dico a pagina 114 del mio libro?

Pascal                       - (Cerca la pagina e legge senza modulare la voce, piattamente) L'azione è questa sintesi del volere, del conoscere e dell'essere… (Silvie gli toglie il libro)

Silvie                        - Non avertene a male, caro, ma è meglio che leggo io (Legge): "L'azione è questa sintesi del volere, del conoscere e dell'essere, questo legame del composto umano…essa è il punto preciso in cui convergono il mondo del pensiero, quello morale e il mondo della scienza; e se questi non si uniscono tutto è perduto. Qualsiasi dottrina per la quale la metafisica, la scienza e la morale rimangono estranee o diventano ostili, rende l'essere cattivo…incerto. Se esse non sono solidali, non c'è nulla".

Daniel                       - Insomma, per dirla con una parola: dobbiamo essere buoni, e per esserlo, come un'antenna parabolica, dobbiamo esser capaci di accogliere segnali da ogni luogo e da ogni tempo.

Maurice                    - Per chiudere il cerchio, possiamo dire che "le energie diffuse hanno bisogno di essere raccolte in una sintesi mentale, e rappresentate sotto la forma unica di un fine da realizzare".

Melanie                    - Dovremmo, cioè, formare un corpo unico dotato di un senso?

Maurice                    - Precisamente. Ma per fare tutto questo, l'idea deve passare attraverso il sentimento, se no rimane lettera morta.

Daniel                       - Mi pare che sia giunta l'ora di darci un taglio netto: basta chiacchiere: è impellente passare all'azione, Pascal stai scrivendo?

Pascal                       - …Passare all'azione.

Daniel                       - Sì, e lo faremo con l'azione muta: la mimata. Preparatevi a dare voce al corpo, alla mente e allo spirito. Mimeremo alcuni archetipi, e vediamo un po' cosa ne salta fuori. Siamo tutti d’accordo?

Tutti                         - D’accordo! (Rientra Pier con delle bevande e dei bicchieri)

Pier                           - Ecco qua: aranciata, acqua fresca, thé. Servitevi. (Bevono e a coppie chiacchierano. Brusio per un po')

Daniel                       - Quando siete pronti me lo fate sapere, perché (guarda l'orologio) sono già le dodici e la mattinata è finita.

Henri                        - Io sono pronto (si guarda intorno) e credo cho lo siano tutti.

Daniel                       - (A voce sostenuta) E allora, cominciamo?

Tutti                         - Pronti!

Daniel                       - Dicevamo di provare con delle mimate, per smuovere un po' la rappresentazione. C'è qualcosa che Maurice vuole suggerire alla compagnia e che ovviamente fa parte di quel meraviglioso libro di cui si parla?

Maurice                    - Sì, qualcosa c'è.

Daniel                       - Vai dunque, e poi cominciamo. Ma se hai da dire qualcosa a proposito dell'azione-mimata, puoi intervenire quando vuoi.

Maurice                    - Volevo solo dire questo: il senso da imprimere ad ogni azione deve essere netto.

Pier                           - Non capisco cosa voglia dire.

Melanie                    - Idem. Che vuol dire?

Maurice                    - Mi spiego meglio. "Nel momento in cui il concepimento di un atto è accompagnato da concepimenti contrari, e in cui, grazie all'antagonismo di queste forze rivali, è comparsa la riflessione, la semplicità dell'automatismo primitivo è perduta."

Henri                        - Questo vuol dire, per esempio nel caso di una mimata, lasciare al corpo il compito di agire istintivamente?

Maurice                    - No. Senza idea, senza concepimento dell'atto non si va da nessuna parte. Se hai davanti dieci bersagli e non scegli fin dall'inizio quale di essi vuoi colpire, alla fine punterai l'arco e scaglierai la freccia su uno di essi senza la spontaneità del tiro. Il senso deve essere chiaro. Ma serve ancora una cosa. Agire "significa inserire e aggiungere qualcosa di sé nell'immensità delle cose che avvolgono ovunque e sempre un infinito attuale", ma per far questo occorre che colui che agisce creda di essere qualcuno o qualcosa. In sostanza, prima di agire ognuno deve sapersi, e quando uno si conosce, si sa, è libero, spontaneo. Ma cos'è infine la libertà?

Daniel                       - Bella domanda, ma si potrebbe rispondere ad essa in mille modi.

Maurice                    - Certo. Ma tu conosci già il mio pensiero, quindi sai cosa essa sia per me.

Daniel                       - Se non ho capito male tu dici questo: Nei nostri atti c'è una specie di sovranità creatrice, e nel momento in cui siamo ragionevoli e coscienti di noi stessi, la percepiamo. Questa sovranità creatrice è infinita, e dunque in ognuno di noi l'infinito è presente. Ora, per agire bisogna partecipare a questa potenza infinita. "Per avere coscienza di agire bisogna avere l'idea di questo potere infinito. Ed è nell'atto razionale che c'è sintesi tra la potenza e l'idea di infinito. Questa sintesi è ciò che si chiama libertà". Ho detto bene?

Maurice                    - Hai detto benissimo. Ma adesso basta con le chiacchiere. Mimiamo?

Daniel                       - Silvie, cominciamo con te. Che ne diresti di rappresentarci l'archetipo della Madre?

Silvie                        - Ma io non sono mai stata una mamma.

Pier                           - Bugia, Silvie, bugia. Non hai mai partorito un'idea, un sogno, un sentimento, un progetto? Ognuno di noi è madre, padre, figlio. Ognuno di noi è tutto.

Daniel                       - Ben detto Pier. Dài, Silvie, facci vedere qualcosa… (Silvie mima la maternità…)

Maurice                    - Efficace, Silvie, molto efficace davvero la tua mimata. Tuttavia ho avuto la sensazione che essa avesse solo passato e niente futuro. Vedi, Silvie, "chiunque è nato per l'azione, guarda davanti a sé; oppure se cerca da dove viene, lo fa soltanto per meglio sapere dove va, senza mai rinchiudersi nella tomba di un passato morto." Ecco perché la tua mimata aveva un buco in direzione futuro, era insomma priva di senso.

Silvie                        - Beh, posso far meglio, ne sono sicura.

Daniel                       - Certo che puoi far maglio. Dimmi se il tuo pensiero è ben espresso, Maurice. Vedi, Silvie, "l'azione volontaria è un infinito ammassato in un punto… Per muovere di mia iniziativa il dito mignolo, è necessario che scuota l'intero sistema dei fenomeni. Nell'istante in cui ne subisco l'impressione, bisogna che sia più forte di tutto ciò che mi è noto: io cammino sotto il peso dell'infinito". Il fine dell'azione deve quindi essere trascendente: essa deve andare oltre ogni cosa, ed avere un'intenzione morale capace di penetrare nelle nostre membra, di far battere il nostro cuore e di far scorrere la sua vita nelle nostre vene.

Maurice                    - Ben detto, Daniel, ma vedo che Silvie è già pronta per far meglio (Altra mimata di Silvie con sottofondo musicale). Perfetta, Silvie, sei stata semplicemente perfetta. Tutti applaudono).

Daniel                       - Adesso Henri ci rappresenterà il Padre, la paternità.

Henri                        - Posso scegliere io l'archetipo da mimare? Il Padre non mi ispira.

Daniel                       - Non sarebbe giusto nei confronti di Silvie: lei non ha avuto facoltà di scegliere.

Silvie                        - Ah, per me può mimare quel che gli pare, quindi non pensate a me. Va tutto bene.

Melanie                    - Siamo curiosi di conoscere quest'archetipo.

Pier                           - Non evocherai mica la Morte, vero?

Henri                        - E perché no? E' un archetipo stimolante. La Morte. Sì, mimerò la Morte, Pier, grazie del suggerimento.

Daniel                       - Stiamo aspettando da mezz'ora, Henri. Che ti serve, una mascera, un mantello, un teschio. Tutte e tre le cose, stanno di là, dentro un armadio a muro.

Henri                        - Vado e torno (Esce e rientra subito dopo con indosso un mantello scuro, una maschera in volto ed un teschio. Inizia la mimata. Alla fine si toglie la maschera e il mantello, posa il teschio)

Henri                        - Che ve ne pare?

Maurice                    - Evidentemente conosci bene l'Archetipo, Henri. Posso chiederti come mai?

Henri                        - Ho riflettuto molto sulla morte, ed ho visto tanta gente morire. Inoltre l'ho sentita tante volte sfiorarmi. Ho realizzato che essa non è l'opposto della vita, ne è solo l'assenza. La morte è un non ente, quindi non ha essere. E' una mancanza. Un attimo prima c'era una persona in questa stanza, e l'attimo dopo ne è uscita: la persona esiste ancora, ma nella stanza non c'è più. Quel teschio lì altro non è che il simbolo del vuoto di questa stanza.

Maurice                    - Ora capisco perché hai interpretato così bene. "Noi sappiamo bene solo ciò che abbiamo fatto. Infatti portiamo la luce là dove agiamo". Tu hai fatto molta meditazione sulla morte, e poco fa hai portato luce su questo palcoscenico. Per quelle meditazioni hai faticato molto, e quella fatica, poco fa, si è trasmutata in passione nella tua azione.

Daniel                       - Condivido pienamente. Ma voglio sottolineare come dal tuo corpo traspariva anche una vita psicologica. Voglio dire che il tuo corpo, e non solo la tua anima, ha masticato il frutto delle tue meditazioni. Efficace, molto efficace il tuo lavoro. Complimenti.

Pascal                       - Beh, non per niente è il nostro primo attore.

Daniel                       - Scrivi, scrivi la tua battuta, ed anche questa mia. E scrivi.

Pascal                       - (scrivendo)

Pascal                       - Beh, non per niente è il nostro primo attore.

 

Daniel                       - Scrivi, scrivi la tua battuta, ed anche questa mia. E scrivi.

Pier                           - Dimmi, Pascal, quante pagine hai scritto?

Pascal                       - Siamo a metà di pagina nove. Ancora un po' di pagine ed avremo un atto unico eccezionale.

Maurice                    - Come è grande il teatro! Su queste tavole la Vita esplode in tutta la sua potenza. Il palcoscenico è come una banca che non può mai fallire. Ed allora mi chiedo e vi chiedo: perché la vita, fuori da queste tavole magiche è così totalmente priva di valore assoluto? Perché è così povera? "E da dove deriva che ci abituiamo, senza farci caso, a questa perenne bancarotta della vita?" La vera Bellezza è nei teatri, e la Vita vera pulsa in essi. L'azione teatrale "fa partecipare l'organismo materiale all'intenzione che l'anima". L'azione è "una concentrazione sistematica della vita diffusa in noi, è una presa di possesso di sé". Possiamo dire che "la sostanza dell'uomo è l'azione" ed ogni azione ha ondulazioni infinite che si estendono aldilà del fine cui sembravano tenere. Con l'azione ci espandiamo e scopriamo che l'atmosfera della nostra individualità è illimitata. Un'ultima cosa, e finisco. Tenete bene a mente questo. L'atto teatrale, la vostra azione teatrale, per quanto intima, non è solo un fatto vostro. "Un gesto, una parola sono possibili solo grazie al contesto in cui si manifestano". Per agire bisogna adattarsi all'ambiente. Abbiate quindi il massimo rispetto per il pubblico, per queste mura, (batte il piede sulle tavole del palcoscenico) per queste vecchie tavole. L'azione è pure loro. Scusate.

Pascal                       - Scusate un corno. Io sono ammirato. Non avevo mai sentito tante cose belle sul mestiere che esercito da cinquant'anni. Mi par di capire che l' Azione sia davvero il fondamento del teatro. Il centro, il cuore pulsante di esso. Credo di aver capito che l'individuo non è mai isolato, e che i suoi atti sono la terra in cui affonderanno le radici altre opere. Ma allora il teatro è docenza, concime, un ordito pronto ad accogliere la trama di tutto ciò che dovrà accadere nel mondo!

Melanie                    - Le ali filosofiche del nosto Pascal rischiano di trasformare il nostro vecchio suggeritore in un novello Icaro. Torna a terra, amico mio, o ti bruci le ali.

Maurice                    - No, no, perché? Ha ragione

Pascal                       - far buon teatro significa compiere un servizio pubblico. Un'azione fatta bene che parta da queste tavole "si offre a tutte le sensibilità, si dispensa in comunione all'universo, e vi diffonde all'infinito il suo seme fecondante: è l'organo della riproduzione spirituale… L'influsso della vostra azione è virtualmente infinito". Voi non ci crederete, ma pensare a Dio è un'azione. Se agite sotto l'impulso dell'idea del trascendente, l'azione stessa assume carattere trascendente. Ma ci stiamo allontanando troppo. Stiamo entrando su un terreno minato, quello della fede. Mi occupo di essa nell'ultima parte del mio libro, ma non mi pare questa la sede adatta per approfondirla.

Daniel                       - Giusto. Non ci allontaniamo dal nostro tema: l'azione nel teatro, ovvero: Maurice Blondel a teatro. E' venuto il momento di Pier e Melanie. Di quale archetipo volete occuparvi?

Melanie                    - Marte, la disputa, la lotta.

Pier                           - Sì, la guerra. Vorrei tanto estirpare dalla faccia della terra questo seme della discordia, ma la storia ci insegna che ciò è quasi impossibile: finché Marte è presente all'interno di ognuno di noi, la guerra è inevitabile. Melanie, cosa ci serve?

Melanie                    - credo che con due spade e due mantelli rosso fuoco ce la caveremo alla grande (vanno a prendere il necessario e rispuntano con due mantelli rossi e due spade impugnate).

Maurice                    - Prima che Pier e Melanie comincino la loro danza, volevo ricordare a tutti noi un principio fondamentale dell'azione. Dove c'è azione c'è Verità. E' con l'azione che La si cerca, non col pensiero. Poco fa ho detto che pensare a Dio, alla Verità è un'azione, perché Egli non è mai laddove ci siamo fermati, ma sempre oltre. L'azione è un perenne divenire, perché tormentata dall'aspirazione di una crescita infinita. Ed il pensiero deve fare altrettanto: non deve mai fermarsi, ma essere sempre dinamico. La vostra azione qui, su questo palcoscenico non deve mai concludersi, ma lasciare un'apertura verso l'ulteriore. Che la vostra azione, la vostra mimata sia solo un'apertura di porta, senza pretese di definitività: essa deve tracciare un sentiero, più che ultimare un percorso. La vita si espande nel dinamismo, mai nella staticità.

Daniel                       - Grazie, Maurice. Se mi permetti vorrei suggerire un tuo pensiero a questi nostri attori. Sappiate che "l'azione non ricade sotto la legge della durata". L'azione non va rinchiusa nel tempo, quindi quello che accade quassù in palcoscenico non va fatto perché il tempo trascorra, ma nonostante il tempo trascorra: l'eternità è tutta ad ogni istante. Ma soprattutto ricordatevi che "ogni atto è come un testamento" e che il palcoscenico è una sala parto: non è sufficiente che la volontà sia incinta di un'idea d'azione, occorre partorirla in assoluta assenza, perché "laddove siamo meno presenti, il bene è padrone". Dal teatro devono partire solo raggi di bene e di bello: bontà e bellezza. La "spazzatura" va sì tirata fuori, ma non mostrata ad ogni angolo di strada o spacciata per arte. Essa va riciclata, usata come concime, per crescere. E allora, Pier e Melanie, siete pronti?

Melanie                    - Dopo tanti bei concetti sarà difficile partorire un'azione degna di essi. Ma ci proveremo (impugna la spada e si prepara per la mimata).

Pier                           - Siamo pronti, Daniel, ma non credi che si potrebbe chiudere in bellezza coinvolgendo gli altri due archetipi, la Madre e la Morte, in questa guerra? Non pensi che laddove ci sia una guerra la morte dei figli coinvolga le madri, o che il ritorno dal fronte dei figli ridia vita alle madri?

Daniel                       - Hai scritto tutto, Pascal?

Pascal                       - … il ritorno dal fronte dei figli ridia vita alle madri?

Daniel                       - Bravo, Pascal. Scrivi queste ultime parole, e poi lasciamo concludere questa strana commedia dalla mimata dei nostri attori (mimata finale generale). Maurice, vuoi regalarci un ultimo spunto di riflessione?

Maurice                    - "Ogni uomo che non avverta più il bisogno di rinnovarsi e di superarsi non possiede la vita. Abbarbicarsi alle forme anguste del proprio pensiero significa essere già morti". L'azione è la via della conoscenza.

 

FINE