Mentre ballavamo

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Commedia in due quadri

di NOEL   COWARD

Versione italiana di Mario Beltramo1

LE PERSONE

LUISA CHARTERIS

HUBEBT CHARTERIS

CARLO SANDYS

CLARA BETHEL

GIORGIO DAVIES

EVA BLAKE

IL MAGGIOBE BLAKE

IPPAGA

Due o tre soci del club di campagna.

EPOCA   ATTUALE

QUADRO PRIMO

La veranda del club di campagna di Samolo. A destra una sala, in cui ogni sabato sera si balla. In tali occa­sioni un'orchestra da ballo viene in volo da Pendarla su un aereo delle aviolinee imperiali nazionali. L'or­chestra arriva nel pomeriggio, suona tutta la notte e parte la domenica presto per Abbachi. Qui assolve lo stesso compito per il pubblico del luogo, tornando stanca il lunedì al Grand Hotel di Pendarla, dove, durante la settimana, suona per gli ospiti. All'alzarsi del sipario, la veranda è deserta. La luna piena splende sul mare e, da lontano, sopra il chiacchiericcio e la musica della sala da ballo, giunge a intervalli il lamento della musica indigena, che si leva dalle strade affollate, nei pressi del porto. Ippaga, servo samolese, traversa da destra a sinistra la veranda, portando un vassoio di bibite. Ha la pelle di colore giallo bruno e, come la maggior parie dei samolesi, è piuttosto alto. Porta un fez scarlatto, un sarong di colore verde, porpora e mostarda, scarpe di pelle nera, orecchini d'argento e tre braccialetti di legno. Mentre egli esce a sinistra, la musica da ballo si arresta e si ode il rumore degli applausi. Giorgio Davies ed Eva Blake entrano dalla sala da ballo. Giorgio Davies è un giovanotto robusto, senza caratteristiche particolari, vestito col solito giac­chetto bianco, pantaloni neri da sera e una fascia intorno alla vita. Eva, anch'essa tipo normale, indossa un vestitino di taffetà a sbuffi, un nastro rosa nei capelli, scarpe rosa e calze che non legano troppo con il resto. Porta una borsa da sera diamantée e un fazzoletto di chiffon azzurro al polso. Ha pure una collana di perle minute e un pendentif.

(La musica riprende. Eva guarda furtivamente indietro. Giorgio entra per primo, va fino alla ringhiera e chiama) :

Giorgio - Eva! Eva!

Eva - Va tutto bene, stanno suonando un bis.

Giorgio - Vieni, allora.

Eva - Dov'è la macchina?

Giorgio - L'ho lasciata in fondo al giardino, alla svolta della strada. Ci bada il servo.

Eva - Non dirà niente, no?

Giorgio - Naturalmente! È al mio servizio da anni.

Eva - Oh,  Giorgio!

Giorgio   (con   impazienza)   -   Va   tutto   bene... Vieni via...

Eva - Dove andiamo?

Giorgio - Alla spiaggia di Manica: non ci  capita mai  un'anima.

Eva - Oh, Giorgio!

Giorgio (prendendole la mano) - Vieni... (Escono a destra).

L'orchestra suona un valzer e la scena resta vuota per un momento. Luisa Charteris e Carlo Sandys, entrano da sinistra, ballando sono entrambi sui trenta anni, curati e ben vestiti e ballano quasi fossero stati sempre uniti dalla nascita come fratelli siamesi. Fanno, ballando, tre volte il giro del palcoscenico e finiscono al centro, con un lungo bacio. La musica finisce. Rumore di applausi. Entrano due donne e un uomo. Si fermano di colpo scorgendo Luisa e Carlo, bisbiglia/no fra loro per un istante e quindi ritornano nella sala da ballo. Luisa e Carlo restano stretti nell'abbraccio, dimentichi di ogni cosa. La musica riprende. Hubert Charteris e Clara Bethel entrano dalla sala da ballo. Clara è una bella donna sui quaranta, dai capelli brizzolati. Suo fratello Hubert è circa della stessa età. Ha l'aspetto dignitoso e riservato di un inglese intelligente. Si fer­mano entrambi per un momento, guardando Carlo e Luisa, che, ancora rapiti nell'estasi del bacio, non si sono neppure accorti di loro).

Hubert (calmo) - Luisa!

Luisa (sussultando) - Oh!

Clara (in tono di rimprovero) - Ma Luisa! (Luisa e Carlo si staccano di qualche passo).

Luisa (con disinvolta compitezza) - Questo è mio marito. (Ha un momento di esitazione e si volge a Carlo) Temo di non avere afferrato il suo nome...

Carlo - Carlo. Carlo Sandys. (A Hubert e Clara) Molto lieto.

Hubert (padroneggiandosi perfettamente) - La mac­china è qui. Penso che sarebbe meglio andare, se sei pronta.

Luisa - Io non sono pronta.

Clara (avvicinandosi a lei) - Vieni via, Luisa.

Luisa - Non posso venire, non posso davvero.

Hubert - La situazione è già imbarazzante.  Ti prego di non renderla peggiore.

Luisa - Mi dispiace,  Hubert.  Comprendo che è molto difficile...

Carlo - Temo che la colpa sia stata mia, in parte.

Hubert (ignorandolo) - Ti prego di venire a casa, Luisa.

Luisa (con dolcezza) - No, Hubert.

Hubert - Temo di dover insistere.

Luisa - Ci siamo innamorati.

Carlo - Perdutamente.

Hubert - Preferirei non discutere l'argomento con lei, signore.

Luisa - Non essere sciocco, Hubert.

Hubert (con durezza) - Ti prego di venir via.

Luisa - Te l'ho detto, non posso.

Carlo - Vogliono bere qualcosa?

Hubert  (con irritazione) - Santo   cielo!

Luisa - Questa è una buona idea, Hubert. Beviamo tutti  qualcosa.

Carlo - Potremmo anche   sederci.

Clara - Senti, Luisa, non puoi agire così. È ridicolo.

Luisa - Ma è vero, non capisci? È vero.

Clara - Che cosa è vero? Non dire sciocchezze.

Carlo - Siamo innamorati, ecco che cosa è vero. Sul serio, signore... signora...

Luisa - Bethel. La sorella di mio marito, signora Bethel...

Carlo - Molto lieto.

Clara - Mi appello a lei, signor... signor...

Carlo - Sandys.

Clara - Signor Sandys... se ne vada, la prego. Se ne vada subito.

Carlo - È assolutamente impossibile.

Hubert - Detesto le scene e trovo questa molto spiacevole. Non so chi lei sia, né di dove venga; ma se ha un minimo senso di educazione, deve compren­dere che questa situazione è intollerabile. Vuole avere la cortesia di lasciare immediatamente il club e di non rivolgere mai più la parola a mia moglie, per nessunissimo motivo?

Luisa - Ma è una cosa più seria di quanto credi, Hubert... Davvero.

Carlo - È il fatto più importante che mi sia accaduto in tutta la vita, signor... signor...

Luisa - Charteris.

Carlo - Signor Charteris.

Hubert - Ancora una volta, Luisa, ed è l'ultima, vuoi venire a casa?

Luisa - No... Non posso.

Hubert - Benissimo. Andiamo, Clara. (Si volta per uscire. Luisa lo afferra per il braccio). Luisa - Non puoi andartene neanche tu. So che aborri   le   scene e cerchi di essere il più dignitoso possibile, e che io, apparentemente mi sto com­portando molto male. Ma è vero, quello che è acca­duto. Voglio dire... ci siamo innamorati.

Hubert - Lasciami il braccio, Luisa, ti prego e non essere ridicola.

Luisa - Guardami. Guardami da vicino... Sono tua moglie da tredici anni. Sei un uomo intelligente e di criterio e mi conosci bene... Guardami!

Clara  (con ansia) - Se ne  vada, signor Sandys, per favore.

Carlo (scuotendo la testa) - No.

Hubert (a Luisa) - Ti sto guardando.

Luisa (conemozione) - Dunque... non vedi! (Hubert guarda  rapidamente  Clara, poi Carlo e quindi di nuovo Luisa).

Hubert - Sì... vedo.

Clara  -  Hubert!   (Il  maggiore Blake  entra  dalla sala da ballo. È un uomo anziano, dalla faccia rossa).

Maggiore Blake - Dico, avete visto Eva?

Hubert - Come?

Maggiore Blake - Non riesco a trovare Eva.

Clara - Credo che sia andata a casa.

Maggiore Blake - È impossibile. La macchina è lì fuori.

Clara - Mi ha detto che sarebbe tornata in macchina con i Bailey.

Maggiore Blake - Ah, davvero?

Clara - L'ha detto a quasi tutti, qui nel club, che sarebbe tornata in macchina con i Bailey. Mi sorprende che non l'abbia accennato anche a lei.

Maggiore Blake - Oh, allora è in buone mani... Grazie, mille grazie.

Clara (dopo una pausa) - Potrà passare a prenderla lungo la via del ritorno.

Maggiore Blake - Non è esattamente sulla via del ritorno. Significa dover fare tutto il giro per la via di Woo Ching.

Hubert - Perché non le telefona?

Maggiore Blake - Non saranno ancora arrivati, ci vuole un'ora.

Clara - Perché non aspetta che arrivino?

Maggiore Blake - Sì, credo che sarà meglio. Nessuno gradisce uno Stengah?

Hubert - No, grazie.

Maggiore Blake (a Carlo) - Lei, signore?

Carlo - No, grazie.

Maggiore Blake - Bene... Tornerò al bar.

Carlo - Arnvederci.

Maggiore Blake - Grazie infinite. (Esce a destra).

Carlo - Chi è Eva?

Clara - La moglie.

Carlo - E chi sono i Bailey?

Clara   (con  irritazione) - É un particolare così importante?

Carlo - Non so.

Luisa - Abitano in quella grande casa rossastra in cima alla collina.

Carlo - Non sono mai stato in cima alla collina.

Clara - Buonanotte, signor Sandys.

Carlo - Buonanotte.

Clara (con tono di voce esageratamente normale) -Andiamo, Luisa.

Luisa - Non dire sciocchezze, Clara.

Clara - Non dico sciocchezze. Mi sento profonda­mente a disagio. Ti stai comportando in modo abo­minevole e metti Hubert in una posizione insoppor­tabile. Per amor del cielo, cerca di tornare in te e sii ragionevole. Questa storia dell'innamoramento è assurda. Com'è materialmente possibile che vi siate innamorati così, tutt'a un tratto?

Carlo - È così.

Clara - La prego di star calmo e di lasciarmi parlare.

Luisa - Hubert, fai star zitta Clara.

Clara - Devi essere ammattita.

Hubert-Stai zitta, Clara.

Clara - E anche tu devi essere matto. Mi vergogno di te, Hubert.

Luisa - È  inutile insolentire e strepitare,  Clara. Hubert è molto più giudizioso di te. Si sta mante­nendo calmo e sta cercando di comprendere, ed io gliene sono profondamente grata...

Clara - Bella gratitudine!

Luisa - Sì, se agisse come vorresti tu, non farebbe che peggiorare di gran lunga le cose. Suppongo che il tuo desiderio è che Hubert prenda a pugni sulla mascella il signor... (A Carlo) Come ti chiami, di nome?

Carlo - Carlo.

Luisa - ...Carlo, non è vero?

Clara - Non desidero niente di simile. Voglio che affronti la situazione come dovrebbe essere affron­tata, come nient'altro che uno scherzo, uno stupido scherzo di pessimo gusto.

Luisa - È più di uno scherzo, Clara, e tu lo sai: ecco perché hai paura.

Clara - Io non ho affatto paura.

Hubert - È   meglio  che  lasci  trattare  a  me  la questione, Clara, a modo mio.

Clara - A volte è pericoloso esser troppo equili­brati, troppo comprensivi.

Luisa - Di solito sei molto intelligente anche tu, Clara. Non riesco a capire che cosa ti sia successo. Questo fatto nuovo è qui... adesso... tra Carlo e me. È inutile fingere che non ci sia, o tentare di eliminarlo come uno scherzo, ed è altrettanto inutile assumere un'aria combattiva al riguardo. Sa Iddio se io stessa non ne sono turbata... addirittura esterrefatta, ma so che è vero, troppo vero per essere annullato con atteggiamenti convenzionali...

Clara - Che cos'è vero? Di che cosa stai parlando?

Carlo - Dell'amore, signora Bethel. Noi ci siamo innamorati.

Clara - Stupidaggini!

Luisa - Non sono stupidaggini! Non sono scioc-chezze. Chetati!

Hubert (a Luisa) - Che cosa vuoi che faccia?

Luisa (guardando Carlo) - Non so.

Carlo - Posso farle una domanda?

Hubert (rigido) - Di che si tratta?

Carlo - Lei ama Luisa?

Clara - Beh, questo è il colmo!

Hubert - Sono profondamente affezionato a Luisa. Siamo sposati da tanti anni.

Carlo - Le ho chiesto se l'ama.

Hubert - Le voglio bene.

Luisa - Non cercare di eludere la domanda, Hubert. Sai benissimo  quello che intende dire. Hubert - Certo che lo so. (A Carlo) Le risponderò con assoluta franchezza. Non amo Luisa nel modo in cui lei crede di amarla...

Carlo - Io l'adoro.

Hubert - Se non sa niente di lei!

Carlo - So che improvvisamente, mentre ballavamo, un incantesimo mi avvolse. Un incantesimo che non ho mai conosciuto prima d'ora e che non conoscerò mai più. È ovvio che lei mi creda matto e creda matta anche Luisa. Il nostro modo d'agire, parrà idiota, meschino, tutto quel che volete; ma è vero, questo incantesimo, così vero che ogni altra cosa, tutte le normali regole di condotta appaiono scadute e ir­reali, a paragone... Il cuore mi martella, tremo come uno sciocco. Perfino adesso che sto cercando cosi deliberatamente, con tanta disperata risoluzione di essere calmo e di spiegarle tutto con chiarezza, io non oso guardarla. Se lo facessi, i miei occhi si riem­pirebbero di stupide lagrime e piangerei come un bimbo...

Luisa (facendo un passo verso di lui) - Oh, tesoro...

Carlo - No, non parlare... Lascia parlare lui, lascia che dica lui che cosa bisogna fare. (Carlo si stacca dai tre. Va alla ringhiera della veranda e guarda fuori sul mare).

Clara - Non sapevi nemmeno come si chiama.

Luisa - Oh, Clara, che diavolo importa?

Clara (passeggiando su e giù) - È veramente troppo fantastico... Passa i limiti del credibile... È...

Luisa (con dolcezza) - Stammi a sentire. So che sei tremendamente preoccupata per Hubert ed anche per me; ma è inutile soffiare come un gatto e farsi prendere le convulsioni. Ci troviamo di fronte a un avvenimento terribilmente vero... grande come la vita... più grande della vita, ed è meglio per tutti affrontarlo con la maggiore lucidità e ragionevolezza possibili.

Hubert  -  Tu  vai  a casa Clara. Puoi  rimandare la macchina a prendermi.

Clara - Nemmeno per sogno.

Luisa (affrettatamente, a   Hubert) - È meglio che ce ne andiamo, io e lui... al più presto. Hubert - E  dove? Luisa - Non so... Dovunque...

Hubert - Per amor di Dio, sii ragionevole. Come puoi farlo?  Come posso permettertelo?

Luisa - Quanto te ne importa?... Sii sincero.

Hubert - Questo, evidentemente, non c'entra.

Luisa - Voglio saperlo.

Hubert - Vorrei saperlo anch'io. Non mi è proprio possibile dirlo. Voi l'avete creato, questo incantesimo, di cui egli parlava; l'avete evocato dall'aria ed ora si è diffuso sopra ogni cosa... anche sopra di me. Sembra tutto irreale, ma bisogna agire come se non lo fosse. Mi chiedi, quanto me ne importa... Vuoi anche questo, non è vero, oltre al tuo nuovo amore?

Luisa - Voglio che cosa? Che intendi dire?

Hubert (quasi perdendo il controllo) - Vuoi che soffra... Non è vero?

Luisa - Oh, Hubert... Ti prego, non fare così.

Hubert - Tu vuoi tutto, ogni cosa al mondo. È sempre stato così.

Luisa - Tu stai compiangendo te stesso.  Com'è disgustosa e spregevole, questa tua debolezza!

Clara - Luisa!

Luisa - Ti sono stata fedele per tutti questi anni, ma sono secoli che non ci amiamo più... Siamo dive­nuti   un'abitudine...   una   ordinata,   comoda   abitu­dine sociale. Mi sei stato fedele quanto lo sono stata io!

Carlo - Questo non ha niente a che vedere con noi... A che scopo discutere? (Si riunisce al gruppo).

Luisa -  Rispondimi! Mi sei stato fedele?

Hubert - No.

Clara - Hubert!

Luisa - Quello che è giusto è giusto!

Clara - Hubert, Luisa!

Luisa - Smettila di ripetere « Hubert e Luisa », Clara. C'è da impazzire.

Carlo - Che è questa storia? Non sapete attenervi all'argomento, voi due? Che importa se ti sia stato fedele o no, e se tu lo sia stata a lui? Voi non vi amate più, questo è chiaro, e anche se vi amaste, questo fulmine biforcato che ha colpito Luisa e me manderebbe in frantumi il vostro amore, lo incene­rirebbe...

Clara (ironicamente) - Sì, proprio fulmine biforcato!

Carlo - Terremoto, allora, tromba marina, cataclisma!

Hubert -Io non ho mai cessato di volerti bene, Luisa.

Luisa (con irritazione) - Lo so benissimo. Anch'io ti sono profondamente affezionata. Detestavo quei tuoi antipatici amorucci di contrabbando...

Hubert - Col cuore?

Luisa - Ma no, naturalmente. Non essere così maledettamente sentimentale. Da anni non sei nel mio  cuore.

Clara - Se Hubert non ti prende a schiaffi subito, lo farò io. (Ippaga entra dalla sala da ballo con un vassoio vuoto).

Carlo - Kagazzo, porta quattro whisky e soda.

Ippaga - Sì, signore.

Luisa - Li chiamano Stengah, qui.

Carlo - Quattro  Stengah,  allora.

Clara - Io preferirei una limonata.

Carlo - Lei ha una spiccata tendenza a complicare ogni cosa. (A Ippaga) Quattro Stengah.

Ippaga - Sissignore. (Esce).

Luisa - Carlo, a che punto eravamo?

Hubert - A nessuno!  (Volta le spalle).

Carlo (a Hubert) - Senta,  Charteris... So che lei non mi crederà e che non gliene importerà un fico. Ma sono davvero terribilmente addolorato di tutto questo. Non di essermi innamorato, non è cosa di cui ci si possa addolorare, ma che sia capitato proprio con sua moglie.

Hubert - Chi è lei? Da dove viene?

Carlo  - Mi  chiamo   Carlo   Sandys.   Vengo  dallo Hampshire. Mio padre è l'ammiraglio Sandys...

Luisa - Amore mio, se fosse anche l'ultimo mozzo, non me ne importerebbe niente.

Carlo - Lo so, tesoro. Ma debbo spiegare a tuo marito...

Clara - Che tu abbia la sfacciataggine di fare la svenevole in un momento come questo, Luisa... Luisa - Non c'è mai stato un momento come questo, mai prima d'ora nella storia del mondo... Sono in delirio.

Hubert (a Carlo) -Continui, la prego.

Carlo - Fui in marina anch'io, ma nel 1924 mi fecero fuori.

Luisa - Come sarebbe a dire?

Carlo - Mi cacciarono.

Luisa - Oh, caro, perché mai?

Hubert - Lascia andare, io ho capito. Continui.

Carlo - Ora m'interesso di linee mercantili, rap­presento la L.I.M.C.

Luisa - Che diavolo è la L.I.M.C?

Hubert - Linee Imperiali Malesia Cina.

Carlo - Passeggeri e merci.

Hubert - Lo so.

Carlo - Vengo da Singapore. Sono stato a confe­rire coi nostri agenti di Pendarla...

Hubert - Giovannino Thurston e Compagni?

Carlo - Giovannino Thurston e Compagni.

Luisa (a Clara) - Giovannino Thurston e Compagni.

Carlo - Sono venuto con l'aereo di stamane, perché volevo dare un'occhiata a  queste   parti,   prima   di imbarcarmi, mercoledì.

Luisa - Mercoledì!

Hubert- È sposato?

Carlo - Lo ero, ma divorziammo nel 1927.

Luisa - Oh, Carlo! L'amavi?

Carlo - Certo che l'amavo.

Luisa - Il bel momento è passato... Non sono più in   delirio.   Non  posso  pensare  che  tu  abbia  mai amato un'altra...

Hubert - È ricco?

Carlo - Non molto... Quanto basta.

Luisa - Come si chiamava?

Carlo - Ayleen.                             

Luisa - Vuoi dire Eileen.

Carlo - No, voglio dire Ayleen... A-y-1-e-e-n.

Luisa - Che nome lezioso.

Carlo - Sei tu che amo, più di ogni altra al mondo, passata o futura.

Luisa - Oh, Carlo!

Hubert (seccamente) - Un momento, per favore... tutti e due!

Carlo - Mi scusi. Sono stato sconveniente.

Hubert - Sto cercando di essere il più obiettivo possibile.   Non è facile.

Luisa - Lo so, è disgustoso per te. Me ne rendo conto.

Clara - Siete tutti pieni di gentilezza, da dar la nausea.

Luisa - Mia cara Clara, per il semplice fatto che il tuo povero marito aveva qualche vago rapporto con l'Armata dell'India, non c'è motivo che tu sia così assetata di sangue...

Clara - Io non lo sono affatto, se permetti.

Luisa - Non sei molto diversa da una  tricoteuse.

Carlo - Che cos'è una  tricoteuse?

Luisa - Una di quelle orribile vecchie della rivo­luzione francese, coi ferri da calza.

Hubert - Tutto questo è fuori argomento.

Luisa - Sono anni che Clara è fuori argomento.

Carlo - Cara, ho tanto desiderio di te!

Luisa - Oh, Carlo!                                           

Clara - È disgustoso...

Hubert - Sarebbe molto meglio che andassi a casa, Clara.

Clara - Te l'ho già detto, nemmeno per sogno. Sono l'unica che abbia conservato un filo di senno. Resterò qui fin quando resti tu, Hubert.

Carlo - Cara signora Bethel!

Clara - Prego?

Carlo - Ho detto, « cara signora Bethel », perché ammiro enormemente la sua rettitudine e spero sin­ceramente che quando tutta questa storia sarà finita, saremo buoni amici.

Clara - Penso che lei sia un maleducato di prima forza, signor Sandys.

Luisa - Hai detto finita? Oh, Carlo!

Carlo - Cara, non dicevo in quel senso.

Hubert - Ho qualcosa da dirti, Luisa. Volete per cortesia tacere tutti un momento?

Clara - Hubert, penso con tutta sincerità...

Luisa - È proprio quello che non fai.

Hubert - Quest'uomo, che tu ami così d'improv­viso, parte mercoledì.

Carlo - Sull'« Euripide ».

Luisa- Ma l'« Euripide» va in Australia, lo so perché ci viaggiano i MacVities.

Carlo - Non posso farne a meno, debbo incontrarmi coi nostri agenti di Sydney...

Luisa - Dovremo partire su un'altra nave.  Non posso fare il viaggio coi MacVities, così nel peccato.

Hubert - Vuoi davvero andartene con lui!

Luisa - Sì, Hubert.

Clara - Voi siete matti da legare, tutti quanti. Hubert, per amor del cielo...

Hubeet - Scusami... (con dolcezza) Luisa, ne sei proprio sicura?

Luisa - Oh, Hubert, non essere così gentile.

Hubert - Ne varrà la pena?

Luisa - Oh sì, certo... deve valerne la pena.

Hubert - Che cosa è accaduto, con esattezza?... Come fai ad esserne tanto sicura, in così breve tempo?

        CANZONE   «NOI BALLAVAMO»

Luisa -

Prima strofa

Pensa al mio turbamento,

Quando tu con squisita educazione

Chiedi una spiegazione:

D'ogni scusa banal l'assurdo sento.

Senza dormire,

Un sogno i nostri cuori ha liberato,

Non era preordinato,

Cercate di capire.

Ritornello

Noi ballavamo,

Sorrisero gli dèi lassù nel cielo

E un gran velo

Stesero sull'affanno e sul dolore

Che ognuno ha in cuore.

Noi ballavamo,

La musica e le luci, a poco a poco,

Aumentavano il nostro desiderio.

Il mondo prese fuoco,

E noi due ballavamo.

Carlo -

Seconda strofa

Nessuno ci aveva avvisato,

L'amor ci attendeva in agguato

E volse il corso del fato.

Invano la coscienza ci parlava,

Il tempo si arrestò,

Mentre un brivido arcano ci afferrava.

Il destino,

Guidava il nostro cammino,

E il male sembrava bene

Nella notte d'incanto.

È inutile tentare

Questo oscuro mistero di spiegare:

Noi sappiamo soltanto...

Luisa e Carlo -

Ritornello Che ballavamo,

Sorrisero gli dèi, ecc.

Luisa - Ballavamo... Qualcuno ci presentò, non ricordo chi: non sentimmo nemmeno i nostri nomi... Era un valzer... e a un tratto ci guardammo... poco fa egli ha detto che fu come un fulmine, un terremoto, una tromba marina, un cataclisma, ma fu più di tutto questo... molto di più... Il mio cuore si fermò, e con esso anche il mondo si fermò... e non c'era più terra, né mare, né cielo, non c'era più nemmeno la musica... Vidi nei suoi occhi l'infinito... vidi soltanto lui e me insieme per sempre, sempre... e... sempre... (Sviene. Carlo la prende nelle braccia. Ippaga entra portando un vassoio con dei bicchieri).

Ippaga - Gli Stengah, signore.

Carlo - Portali qui, svelto. (Carlo depone con dol­cezza Luisa su una poltrona e si inginocchia al suo fianco, sostenendole la testa col braccio. Hubert si inginocchia dall'altra parte. Clara si inginocchia davanti a Luisa e si ingegna di farle inghiottire un po' di whisky. Dopo un istante le palpebre di Luisa si socchiudono. Muove la testa. L'orchestra da ballo che ha suonato a intervalli, per tutta la durata del quadro, finisce l'ultimo pezzo. Rumore di applausi. Quindi l'orchestra attacca l'inno nazionale inglese).

Luisa (debolmente) - Buon Dio! Dio salvi il re! (Si alza traballando, sorretta da Carlo. Anche gli altri si alzano e si mettono tutti sull'attenti, mentre le luci si spengono lentamente).

QUADRO SECONDO

La stessa scena. Il mattino seguente. (All'alzarsi delle luci, Clara, Hubert, Luisa e Carlo sono tutti seduti in atteggiamento di estrema stanchezza. Vicino ad essi una tavola con i resti di uova al pro­sciutto e sandwiches. Ippaga è sdraiato sul pavimento, a destra, profondamente addormentato. Spunta l'alba e la scena si illuminerà gradatamente col progredire dell'azione. Luisa, disfatta dalla stanchezza, si sta aggiustando il viso, guardandosi nello specchio della borsetta, che Hubert le tiene sollevato davanti).

Luisa (con insistenza) - ...Ma senza dubbio, potresti incontrarti con i vostri agenti di Sydney in altra occasione.

Carlo - Non capisco perché dovrei sconvolgere tutti i miei piani per il futuro, solo per la bella faccia dei MacVities.

Luisa - Non si tratta solo dei MacVities : è l'Australia.

Carlo - Che hai da ridire sull'Australia?

Luisa - Non so, ed è proprio questo che mi preoccupa.

Hubert - Non avete dei rappresentanti in qualche altra parte?

Carlo - Ci sarebbero Hawermeyer, Turner e Price a Johannesburg, ma li ho già visitati. Luisa - Potresti visitarli di nuovo, no? Non mi sembra di chiederti troppo.

Carlo - Se comincio a cedere fin da adesso, cara, non avremo un momento di pace, insieme. Clara - Bene, vorrei proprio che decideste dove e quando ve ne andrete. È tardissimo, e sono stanca.

Luisa - Siete stati tutti e due di una pazienza ammi­revole... Sono stanca anch'io.

Hubert - Gradisci un altro sandwich, cara? Ne sono rimasti tre.

Luisa (battendogli affettuosamente sulla mano) - No, grazie, Hubert. Sono una porcheria. Carlo - Vorrei dirle anch'io la mia gratitudine. Lei è stato così comprensivo, sincero ed assolutamente superiore in tutta questa faccenda...

Hubert - Voglio un gran bene a Luisa; gliene ho sempre voluto.

Clara - Per fortuna Hubert sta per andare in ferie, così ci risparmieremo una situazione spiacevole di fronte alla colonia.

Hubert - A che ora parte il suo aeroplano?

Carlo (guardando l'orologio) - Alle sette e mezzo... Manca un quarto alle sei...

Luisa - Prenderò il treno di stasera e ti raggiungerò a Pendarla domattina.

Hubert - Mi mancherai terribilmente, Luisa.

Luisa - Anche tu mi mancherai.

Carlo  (a Hubert) - Temo che sentirò anch'io la sua mancanza.

Luisa - Oh, caro, vorrei proprio che non si trattasse dell'Australia!

Carlo - Via! Luisa!

Clara - In certe parti dell'Australia si può anche stare magnificamente.

Luisa - Sì, ma se poi non sarà così?

Clara - C'è sempre la Nuova Zelanda.

Carlo - Non ho rappresentanti in Nuova Zelanda.

Luisa - Dovrò  scrivere alla mamma e spiegarle tutto. Ho paura che resterà completamente intontita.

Hubert - Ci ho gusto.

Luisa - Hubert, non è da te, essere così poco caval­leresco verso la mamma.

Hubert - Adesso che mi lasci, la situazione è mutata.

Luisa - Sì, hai ragione. Vedo la differenza.

Hubert - Non voglio ferirti, Luisa, ma desidererei cogliere questa occasione per dirti che tua madre manca di fascino in notevole misura.

Luisa - È buffo, non ti sembra, se si pensa che papa era tanto simpatico?

Carlo - Questo sembra il momento ideale per una descrizione particolareggiata dei luoghi cari alla tua infanzia.

Luisa - Spero proprio che non scoprirai un carat­terino insofferente.

Clara - Non badarci. Vieni, Hubert, non possiamo trattenerci oltre; i Venwick arriveranno a momenti per la partita di golf.

Hubert  (a Luisa) - Vuoi venir via adesso  o ti trattieni fino alla partenza dell'aeroplano? Luisa - Resta qui ancora un po', rimandami la macchina.

Hubert (a Carlo) - Vuol venire a casa a fare un bagno?

Carlo - No, grazie, lo farò qui.

Hubert - Allora non la rivedrò.

Carlo - No, a meno che non venga a salutarci alla partenza della nave.

Hubert - Mercoledì non posso. Debbo andare nell'interno.

Carlo - Bene, arrivederci, allora.

Hubert -• Arrivederci. (Si stringono la mano) Cerchi di renderla felice, la prego.

Carlo - Farò del mio meglio.

Hubert - Clara...

Clara (a Carlo) - Arrivederla.

Carlo - Arrivederla.

Clara - Vorrei che fosse vivo mio marito.

Carlo - Perché?

Clara - Perché la concerebbe per le feste e, tricoteuse o no, lo spettacolo mi piacerebbe un mondo.

Carlo  -  Grazie  infinite.   (Escono  Clara  e Hubert. Luisa si alza e va alla balaustra della veranda. Ci si appoggia e guarda fuori, sul mare).

Luisa - Mi sento le ossa rotte.

Carlo (andandole vicino) - Tesoro!

Luisa - No.

Carlo - No che cosa?

Luisa - Non chiamarmi tesoro, per un momento.

Carlo - Ti amo tanto.

Luisa - Dovremmo poter vedere Sumatra a questa ora del mattino.

Carlo - Io non ho nessuna voglia di vedere Sumatra.

Luisa - Credo che, a conti fatti, prenderò un altro sandwich.

Carlo - Benissimo.  (Si staccano dalla ringhiera  e prendono pensosamente un sandwich ciascuno).

Luisa - Sei felice?

Carlo - Immensamente. E tu?

Luisa - Caro Carlo!

Carlo - Che c'è!

Luisa - Fai la parte a meraviglia.

Carlo  - Non parlare così, amore: non è gentile.

Luisa - Ayleen sarebbe orgogliosa di te.

Carlo - Questo, è ancora meno gentile.

Luisa - Dov'è andato a finire, il nostro bel momento?

Carlo (con tristezza) - Capisco.

Luisa - Chissà se capisci davvero.

Carlo - Balla con me, un istante.

Luisa - Bene. (A gran distanza si ode il suono di un piffero indigeno).

Carlo - Ecco la musica che vo­levamo.

Luisa - Non è il genere di mu­sica adatto.

Carlo - Vorrei che finissi quel sandwich.

Luisa - Ho finito.

Carlo - Baciami.

Luisa -  Caro... (Si baciamo).

Carlo - Il ridicolo ci avvolge.

Luisa - È stato un bello scherzo, finché è durato.

Carlo - Non siamo mai stati nemmeno amanti.

Luisa   -   Io   non  lo desidero, adesso. E tu!

Carlo - Non troppo.

Luisa - Ci siamo lasciati sfug­gire   l'occasione...

Carlo - Non parlare così, è demo­ralizzante... (Si voltano le spalle).

Luisa - Come si chiamano i tuoi rappresentanti di Sydney?

Carlo   -    Eldrich,   Lincoln   e Barrett.

Luisa - Salutali tanto da parte mia. (Esce rapidamente).

Eva - Quanta luce!

Giorgio - Non c'è nessuno in giro.

Eva  -  Oh, Giorgio, sei mera­viglioso!,

Giorgio - Ssst! (Si baciano rapi­damente) Credi che possiamo star tranquilli coi Bayley?

Eva - Sì,   Marion ha promesso che non dirà nulla.

Giorgio - Non ti accompagno fin su a casa,  ti faccio scendere in fondo al giardino...

Eva - Oh, Giorgio, pensi a tutto, tu...

Carlo - Mi scusi, si chiama Eva, lei?

Eva - Sì.

Carlo - Le faccio le mie con­gratulazioni! (Eva e Giorgio escono. Carlo viene avanti e prende delicata­mente a calci Ippaga) Svegliati... svegliati! È giorno. (Ippaga si stira).

FINE DELLA COMMEDIA

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1 Pubblicata su IL DRAMMA – 26° Anno – Nuova Serie– n. 113 – 15 luglio 1950