Mestiere di padre

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MESTIERE DI PADRE

Commedia in tre atti

di RAFFAELE VIVIANI

PERSONAGGI

VINCENZO SANTORO – MARIA SAN­TORO

ELISA – ELENA

CLARA - PIETRUCCIO

GAETANINO – LUI­GINO

GENNARO SILVESTRI – OL­GA SILVESTRI

CAMILLO BENSO - LUCIA

PEPPINO GAGLIARDI

RAFFAELE, portinaio

NANNINA, sua moglie

UNA GUARDIA MUNI­CIPALE

ANIELLO JODICE

BIASE ROCCHIELLO

ALFONSO BALESTRI

PASQUALE SAVARESE

QUELLO CON IL VIOLINO - QUELLO CON LA CHITARRA

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Un terrazzo pensile sito al lato po­steriore della casa abitata da Vin­cenzo Santoro e dalla sua famiglia. A destra, la facciata della casa: in prima quinta, l'ingresso; in seconda quinta, una finestra a pianterreno. A sinistra, un cancello di ferro rivestito di erbe: è l'uscio di strada. In fondo un muretto basso delimita il terrazzo. Si veda il panorama: i clivi, il mare, le case di Posillipo alto. Dal muro sale, attraverso costruzioni di legno, tutta una fiorita rampicante che giun­ge fin sulla palazzina, formando un pittoresco pergolato. Sedie a sdraio, un tavolino, sediame da giardino. In fondo, a terra verso l'uscita, un gal­linaio.

(E' un dopo pranzo, d'estate. Si sente la radio suonare un ballabile. Una mano impaziente muove diverse stazioni dando all'udito quei rumo­rosi passaggi che infastidiscono. Un coro di proteste all'interno. Sono ì fa­miliari che si ribellano).

La voce di Maria           - La finisci o no?

La voce di Clara           - Voglio trovare un ballabile!

La voce di Maria           - E sotto voce!

Nannina                        - (la giunonica portinaia di casa Santoro, che fa anche da came­riera, viene dalla casa e va a portare alle galline alcuni resti del pranzo).

Pietruccio                      - (primo figlio di Vincen­zo Santoro: tipo volgare, non giova­nissimo, esce inseguendo Elisa, la prima delle figlie) A chi scrivi?

Elisa                              - (sfuggendo il fratello) No!

Pietruccio                      - Voglio vedere a chi scrivi! (Le stringe il braccio).

Elisa                              - (svincolandosi) Affari miei!

Pietruccio                      - Io sono il fratello maggiore e ho il diritto di sapere!

Elisa                              - Ed io sono la maggiore delle sorelle e non ho bisogno di tu­tori.

Pietruccio                      - (avventandosi sulla sorella, dopo una piccola colluttazione) Dammi la lettera!

Elisa                              - (difendendosi) Ti graffio?! (tenendo la lettera scappa in casa).

Nannina                        - (che ha finito di dare i resti alle galline) E finitela.

Pietruccio                      - Zitta, tu! Guarda se le galline hanno fatto l'uovo o lo tengono per domani. Devi fare la por­tinaia e non la portapollastri!

Nannina                        - Che volete dire?

Pietruccio                      - Dopo, quella lettera la porti tu?

Nannina                        - (risentita) Io?

Pietruccio                      - O tuo marito?

Nannina                        - Badate come parlate!

Pietruccio                      - Così guadagni un po' di straordinario?

Nannina i                      - i Io non voglio scher­zare così!

Pietruccio                      - Lo chiami scherzo? Io dico sul serio!

Maria                             - (dalla casa, venendo fuori) Che c'è? (e a Pietruccio) Lascia­ la stare.

Nannina                        - (risentita) Dice che noi portiamo le lettere amorose alle si­gnorine! (e si asciuga gli occhi).

Maria                             - (al figlio) E hanno biso­gno dei confidenti?

Pietruccio                      - (indispettito) Io devo vedere a chi scrive. (Rientra di corsa).

Maria                             - (a Nannina) Ma c'è d'an­dare in collera? (Indica dentro) Spa­recchia! Ah! Sta scioccona! E' pronto il caffè?

Nannina                        - (che si avvia) Lo sta preparando la signorina Elena. (En­tra).

Maria                             - (si accosta a qualche vaso dì fiori e a qualche pianta, toglien­done qualche fogliolina secca).

Vincenzo                       - (il capo di casa, in ma­nica di camicia, col panciotto abbot­tonato, abbronzato ed incisivo, in­dossa una giacca pigiama; dalla de­stra, guarda la moglie con tenerezza, e ricambiato, con voce melliflua) Finalmente soli! (Accende il sigaro).

Maria                             - (faceta, imitandolo) « Fi­nalmente soli... » e accende il si­garo!

Vincenzo                       - (sardonico) Eh già, ab­biamo sei figli!... Che devo fare? Ac­cendo il sigaro! E' ugualmente pia­cevole ed è meno costoso!

Maria                             - (che siede accanto al tavolo) Siedi, sta' un po' vicino a me!

Vincenzo                       - (scherzoso, sedendole ac­canto) Eh!... lo so... Son sempre un bell'uomo!...

Maria                             - Per me sei anche bello! E poi, io, di te vedo l'anima...

 Vincenzo                      - (smontato) La testa non la riguarda!

Maria                             - (soddisfatta, assaporando quell'attimo di tranquillità domestica) Le nozze d'argento...

Vincenzo                       - Appena faccio quelle d'oro, le vado a pignorare...

Maria                             - E perché? Che ci manca?

Vincenzo                       - La pace.

Clara                             - (l'ultima figlia, un po' in­fantile, ma graziosa, da dentro, scorgendoli) Neh, voi state facendo all'amore?

Vincenzo                       - Sì, ma basta con i figli!

Clara                             - E che fastidio vi diamo?

Maria                             - Certo... Sempre una pre­occupazione... Non tanto per i ma­schi...

Vincenzo                       - Là, il guaio lo passano i padri delle fidanzate...

Maria                             - Ma per le femmine...

Vincenzo                       - Qua, il guaio debbo passarlo io...

Clara                             - E che guaio, papà?

Maria                             - Maritare tre figlie... Non ci vuol niente?

Vincenzo                       - (fa un cenno di appro­vazione).

Maria                             - (additando il marito) E' una candela a far luce...

Vincenzo                       - Una! E già ridotta a un mozzicone! E quando poi il moz­zicone finisce... chi fa luce?

Clara                             - E non uscirà un raggio di sole?

Vincenzo                       - Il raggio di sole sono le braccia. Se no, con tutto il sole, il focolare resta allo scuro...

Maria                             - E' giusto.

Elena                             - (la seconda figlia, dalla ca­sa, portando un vassoio con le tazze ricolme di caffè) Caffè... (Posa il vas­soio sul tavolo. La seguono Pietruccio e Gaetanino, il secondo figlio, tipo vanitoso, distinto però).

Maria                             - (vedendo che tutti assaggia­no il caffè, chiede) E Luigino?

Pietruccio                      - Scrive certamente a qualche fidanzata.

Elena                             - (sorridendo) Ha voluto che gl'imprestassi dieci lire.

Vincenzo                       - (sarcastico) Che for­tuna avrà quella figlia!

Pietruccio                      - E pure Elisa scrive.

Maria                             - (ad Elena) Non sta spa­recchiando la tavola?

Elena                             - (fa un gesto come per indi­care la fretta con la quale vengono raccolti disordinatamente in una to­vaglia i resti della tavola) Ha sparecchiato...

Gaetanino                     - ...in un attimo... per dedicarsi... (fa il gesto di chi scrive circospetto).

Vincenzo                       - (che ha capito) ... all'a­nonimo?     - (Tutti ridono).

Maria                             - (forte, verso destra, con voce sarcastica) Eliiiisa... il caffè si raffredda... (E poi ad Elena) Falla usci­re fuori. (Elena rientra dando un pic­colo spintone a Gaetanino, che ri­cambia).

Vincenzo                       - (ai maschi, con accento di canzonatura) Voi pure, adesso, andate a fare all'amore?

Pietruccio                      - (con l'stessa intonazio­ne del padre) «Che fortuna avrà quella figlia!... ». (Vincenzo approva). Si capisce che avrà una fortuna!

Vincenzo                       - Con te?

Pietruccio                      - (approva) Con me. Il suocero mi ha promesso l'impiego. Quindi mi darà la figlia quando mi avrà messo a posto!

Vincenzo                       - (alla moglie) Capisci cosa deve fare un padre, oggi, per ma­ritare una figlia? Deve prima costi­tuire una posizione al futuro genero!

Pietruccio                      - Altrimenti, come spo­serei?

Vincenzo                       - Ed ha questa possi­bilità?

Pietruccio                      - (approva) Fa presto: ha la fabbrica di mattonelle... Mi as­sume nella direzione.

Vincenzo                       - E si mette un'altra mattonella sullo stomaco! (Nauseato) Auguri! (A Gaetanino) E tu?

Gaetanino                     - Mi sono pigliato tre anni di tempo!

Vincenzo                       - ...Solamente?

Gaetanino                     - E quale premura?... Sono stato ammesso regolarmente in casa!

Vincenzo                       - Con te ci debbono ri­mettere solamente il caffè?

Gaetanino                     - (magnificando) Il caffè, il gelato, spesso la cena!

Vincenzo                       - (a Maria, che strana­mente lo guarda) Qui, se non met­tiamo un ristorante, le figlie nostre non si maritano!

Maria                             - (disillusa) Come potranno trovare le nostre ragazze? (Indica le figlie).

Gaetanino                     - (a giustifica) Mi of­frono, non debbo accettare?

Maria                             - E come!

Vincenzo                       - (ironico) Chi non ac­cetta, non merita!

Gaetanino                     - (approva) Appunto.

Vincenzo                       - Fidanzati ultramo­derni!

Luigino                         - (t'ultimo figlio, che pare ancora un ragazzo, esce, e chiudendo una tetterà). Fatto. (Prende una tazza di caffè).

Vincenzo                       - (a Luigino sarcastico) A quando le nozze?

Luigino                         - Che nozze, papà? La domenica non so dove andare...

Vincenzo                       - ...e vai a fare all'a­more?

Luigino                         - Cosi, per perdere tempo!

Vincenzo                       - (amaro, alla moglie, imi­tandola) « Vince, perché queste fi­glie nostre non si maritano? ». Lo senti? Lo vedi perché? (Indica i figli che sono rimasti mortificati). E questi sono buoni, incapaci di commettere una cattiveria, perché nati qui, nostri figli. Ma, col mio esempio davanti... hanno pigliato di me? (Espressione come dire: « nemmeno per sogno ». Si alza e passeggia. Ai figli). Ed io che tengo ancora tre figlie zitelle da maritare posso stare allegro, sentendo i vostri ragionamenti? E se capitassero da parte [mia tre pretendenti come voi, per le vostre sorelle, io non li piglierei a calci tutti e tre?! (Mimica) E' agire da uomini seri questo? Voi, miei figli? L'amore, venti anni fa, si faceva come l'ho fatto io con vostra madre... da lontano... Poi, quindici giorni, e via. (E alla moglie che ap­prova) « Vince, perché queste figlie nostre non si maritano? ». Per questo!

Maria                             - Ha ragione? !

 Clara                            - E per legge di compen­sazione, noi non troviamo nessuno.

Maria                             - (rimproverando Luigino) Ma come, l'amore si fa per occupare il tempo?

Luigino                         - (a sua scusa) Ma io faccio la corte a una ragazza che sta al quinto piano, non so nemmeno chi è, come si chiama, se è vedova, zi­tella, maritata! Essa mi guarda, io la guardo, e passeggio! (Colorisce con la mimica) Non significa occupare il tempo?

Maria                             - E perché lo fai?

Vincenzo                       - Per consumare scarpe?

Luigino                         - Mi esercito!

Vincenzo                       - Fa il premilitare! (E ad Elisa che esce) E tu?

Elisa                              - (colpita) Ed io, che cosa?

Maria                             - La lettera che stavi scri­vendo...?

Elisa                              - (a Pietruccio) Hai fatto lo stupido? (Pietruccio sorride).

Vincenzo                       - Un'altra delusa. (Guarda intorno; tutti hanno un'e­spressione incerta. Indicando Elisa) Amoreggia con un fantasma?

Elisa                              - (urtata) Quale fantasma, papà? !

Vincenzo                       - E chi lo conosce? (Azione di diniego dei presenti). Nes­suno!

Maria                             - (ad Elisa) Se è una cosa seria...

Vincenzo                       - (cerimonioso) Uh, che passi... (Indica l'uscio) La porta è sempre aperta... da tutt'e due le par­ti... (allude alle due entrate della ca­sa) perché la Provvidenza non bussi nemmeno. Ma si facesse vedere! (Verso l'uscio) Avanti, favorite... (E dopo una pausa d'attesa) Dove sta? E' entrato? (Lo cerca sotto il tavolo; dalla piega dei pantaloni, e con in­tonazione da prestigiatore) E' sem­pre più piccolo, e più piccolo ancora... e ancora più piccolo... (Polverizzan­dolo nella mano, fino a farlo sparire) Ecco fatto! (Apre le mani, scorciando bene le maniche per dimostrare che non c'è niente) E lo sposo è sparito! (E girando con le mani aperte per fa­re osservare che dice la verità) E lo sposo non c'è! Prego osservare, prego osservare! (E tornando alla dura realtà) E questo è lo sposo di Elisa!! (E ritorna a sedere).

Gaetanino                     - (serio alla sorella) Ma come, si amoreggia così?

Pietruccio                      - Quali sono le sue condizioni sociali?

Luigino                         - Le sue capacità finan­ziarie... (Vincenzo lo fissa).

Gaetanino                     - Se dà garanzie di serietà?! (Vincenzo lo fissa).

Vincenzo                       - Vedi come parlano be­ne i tuoi fratelli? Dicono cose che a loro non riguardano... ma che sono giustissime!

Clara                             - (ai fratelli) Per forza, volete parlare?

Vincenzo                       - Perché non si presenta a me?

Elisa                              - E' un timido!

Vincenzo                       - E tu ti sposi a un timido? Oggi? Con i fidanzati ultra­moderni... (indica i figli) che si piaz­zano nelle case e a cui si deve anche dare da mangiare?

Luigino                         - Papà, ti prego.

Gaetanino                     - (a Luigino) L'ha con me... l'ha con me...

Elisa                              - (al padre) Ce l'ho detto tante volte di venire da te.

Maria                             - E che ha risposto?

Elisa                              - Che non si trova ancora in condizioni!

Vincenzo                       - Nemmeno di venire a parlare? Figuriamoci di sposare! (Ai figli) Questo è peggio di voi!

Gaetanino                     - (grato) Ci aduli.

Maria                             - E che età tiene?

Elisa                              - Trent'otto anni.

Vincenzo                       - E non si trova in con­dizioni?... (Guarda i figli per fare il parallelo).

Maria                             - E che arte fa?

Elisa                              - E' una guardia munici­pale?

Vincenzo                       - A trent'otto anni?! E nemmeno si presenta?... E che aspet­ta, d'andare in pensione? (/ tre fra­telli sorridono, ironici).

Elisa                              - (seccata, dà in uno scoppio di pianto. Ai fratelli) Va bene? Ho avuto il caffè! (Entra in casa).

Gaetanino                     - (gridandole dietro) Ce n'è per tutti!

Maria                             - (annuendo a Vincenzo) Guarda... una guardia municipale...

Clara                             - ...sarebbe ottima...

Maria                             - ...mesata fissa...

Vincenzo                       - ...trent'otto armi...

Gaetanino                     - (alludendo a Elisa) ...e ha scritto sulla lettera: Caro pic­colo!

Vincenzo                       - Sarà il cognome! (Si ride. Dalla via, a sinistra, appare una guardia municipale sui quarant’anni. Figura piccolina. Baffi all'in-sù. Guarda fuori per accertarsi del numero della palazzina). Il fidanzato di Elisa?

Maria                             - (animandosi) Può darsi.

La Guardia                    - (sporgendosi) Vin­cenzo Santoro?

Vincenzo                       - (sollecito) Sono io, ac­comodatevi. (Gli fa segno di passare per il cancello. Ai suoi) Sarà lui... si sarà deciso. (Ai figli) Lasciateci soli. (Tutti, meno Maria, si avviano per rincasare).

Maria                             - (tutta agitata a Nannina che è sortita) Togli quella roba dal ta­volo. (Indica le tazze. Nannina porta via tutto. A Vincenzo, alludendo alla guardia) Un bell'uomo; essa pure gli vuole bene!... Combina presto presto!

Vincenzo                       - Aspetta... Già li ha fatti sposare... Se non vediamo...

Maria                             - Per venire a parlare con te, vuol dire che sarà bene inten­zionato.

Vincenzo                       - E se non è lui?

Maria                             - Ah? Ebbene, e che vuole?

Vincenzo                       - E' quello che vedrò. Va'. (Maria a malincuore entra. Vin­cenzo va incontro alla guardia, che si sberretta) State comodo... State comodo...

La Guardia                    - Prego.

Vincenzo                       - Andiamo dentro?

La Guardia                    - Meglio qui.

Vincenzo                       - Accomodatevi. (Seg­gono).

La Guardia                    - Voi avete una figlia?

Vincenzo                       - Ne ho tre, purtroppo!

La Guardia                    - Elisa.

Vincenzo                       - Venite per Elisa? (7 familiari si sono affacciati alla finestra per curiosare. La guardia se ne accorge. Vincenzo pure). Abbiamo fatto la platea!

Maria                             - (fa al marito un cenno in­terrogativo).

Vincenzo                       - (con intenzione) Sissi­gnore... (Rivolto a tutti) E lasciateci parlare... (/ familiari si ritraggono. Vincenzo si rivolge alla guardia) E allora?

La Guardia                    - Fra i vostri fami­liari Elisa non c'era?

Vincenzo                       - E' dentro. Perché ap­punto poco fa le rimproveravo un certo suo contegno!

La Guardia                    - E' per ciò che sono venuto!

Maria                             - (ricompare alla finestra).

Vincenzo                       - (le fa una strizzatina d'occhi, come significare: « pare si tratti di una cosa buona » Capi­rete... Ha un padre... (E si dà arie).

La Guardia                    - Giusto.

Vincenzo                       - Una madre... Tre fra­telli... Voi, i figli miei, non li cono­scete?

La Guardia                    - No.

Vincenzo                       - Ah!... Ragazzi molto seri.... i quali si sono lamentati con la sorella, e con me, per la figura poco simpatica che facevano anch'essi.

La Guardia                    - Capisco. E perciò della mia presenza qui...

Vincenzo                       - Benissimo. (Fa un ge­sto di maggiore assenso a Maria. Ella rientra). E allora?

La Guardia                    - Questa cosa deve finire.

Vincenzo                       - Quale cosa?

La Guardia                    - Questa faccenda... con Elisa...

Vincenzo                       - Siete venuto per dirmi questo?

La Guardia                    - Questo!

Vincenzo                       - (seccato) E non me lo potevate dire subito? (E lo fa alzare, alzandosi anche lui).

La Guardia                    - Ma se non mi date il tempo di parlare...

Vincenzo                       - Venite a ritirare quella parola che non m'avete mai data?

La Guardia                    - (sorpreso) Io?

Vincenzo                       - No?!!

La Guardia                    - Io vengo per conto di un mio collega!

Vincenzo                       - Ah? « Caro piccolo... », non siete voi?

La Guardia                    - No.

Vincenzo                       - E accomodatevi. (I due seggono di nuovo).

La Guardia                    - Io ho il delicato incarico di far conoscere a voi, che sie­te il padre, le quotidiane scenate che vostra figlia Elisa viene a fare al mio collega al Comando. Il mio collega Camillo già ha avuto diversi richiami e teme severe sanzioni!

Vincenzo                       - E queste scenate, perché?

La Guardia                    - Mah!?

Vincenzo                       - E perché il vostro col­lega ha mandato voi?

La Guardia                    - ... trattandosi di una cosa delicata... per- evitare d'incon­trarsi...

Vincenzo                       - ...con la ragazza?

La Guardia                    - Ecco...

Vincenzo                       - Ed anche per non dare spiegazioni a me...

 La Guardia                   - E' così!

Vincenzo                       - Spiegazioni che poi mi sono indispensabili... Non vi pare?

La Guardia                    - E' logico!

Vincenzo                       - Questo signore si chia­ma Camillo?

La Guardia                    - Camillo Benso.

Vincenzo                       - Di Cavour?

La Guardia                    - No.

Vincenzo                       - Va bene. Per conto mio, adesso, interrogherò mia figlia per sapere le cose come stanno e, se necessita, questo Camillo Benso parlerà con me. Gli direte che da oggi, mia figlia, scenate non ne farà più; le farà il padre, se saranno ne­cessarie, ma non sotto il Comando, da soli a soli... Così non dica che io commetto un oltraggio ad un pubbli­co funzionario... (Sarcastico) Camillo Benso... parlerà con Peppino Gari­baldi! Potete andare.

La Guardia                    - Buongiorno. (Saluta rigidamente ed esce per il cancello).

Vincenzo                       - Buongiorno! (Quasi tra sé) E brava Elisa!! Uscite... Usci­te... (I familiari escono dalla casa).

Maria                             - (notando l'espressione an­gustiata di Vincenzo) Che c'è? Non se la piglia?

Vincenzo                       - E chi lo sa? Può darsi pure che se la debba pigliare per forza !

Maria                             - Se la debba?

Vincenzo                       - Un momento... (Fa cenno che non può parlare innanzi ai figli).

Petruccio                       - Che ha detto?

Vincenzo                       - Non era lui.

Maria                             - Ah! E che voleva?

Vincenzo                       - Un amico del fidan­zato.

Clara                             - E speriamo che sia già una cosa fatta.

Vincenzo                       - Speriamo di no!

Clara                             - Perché?

Vincenzo                       - Perché quando una cosa è fatta non la si può discutere più... mentre questa la dobbiamo di­scutere ancora... (Ai figli seccato) An­date... Andate... (A Luigino) Tu vai a fare la solita passeggiata sotto il balcone. Divertiti... ma non salire... (Luigino fa un cenno di assenso. Gaetanino e Pietruccio allungano la mano verso la madre per aver soldi). Soldi?

Pietruccio                      - Eh!... Le nozze d'ar­gento...

Gaetanino                     - ...è più che una festa!

Luigino                         - Equivale a tre dome­niche!

Maria                             - (dando a ciascuno dei figli un pezzo da dieci lire) Questa è una cosa mia.

Vincenzo                       - (sarcastico) Soldi del primo letto?

Maria                             - Che c'entra?

Vincenzo                       - E allora è una cosa mia. (Ai figli) Andate... Andate ad arricchire quelle sfortunatissime e di-sgraziatissime mie future nuore... Qui, come sempre, dovrò pensarci io... Il mio mestiere è questo...

Luigino                         - Tu sei il nocchiero. La barca è bene affidata!

Pietruccio                      - E pure se fa acqua...

Gaetanino                     - ...rimarrà sempre a galla!

 Luigino                        - La porterai sempre in porto!

Vincenzo                       - (a Maria) E' così che ci rubano i denari. (/ tre figli ab­bracciano festosamente ì genitori. Vincenzo si schermisce infastidito).

Maria                             - (mentre ì tre figli vanno via per il cancello) Ritiratevi presto!

Vincenzo                       - Che bei mariti! Mariti per famiglie che vogliono digiunare! (A Maria) Quanto hanno avuto?

Maria                             - Dieci lire ciascuno.

Vincenzo                       - Possono formarsi una famiglia.

Maria                             - Ma che vuoi... Sono gio­vani...

Vincenzo                       - ... e vogliono far gli uomini! (A Clara) Fa' venire Elisa, e tu resta in casa.

Clara                             - Io poi non ho il fidan­zato e non ho avuto le dieci lire...

Maria                             - Verranno o l'uno o le altre!

Vincenzo                       - Tanto per te o il fi­danzato o le dieci lire... Il valore è il medesimo!

Clara                             - (trovando esagerato) Ad­dirittura?

Vincenzo                       - Se hai le dieci lire, vai meglio. (Clara entra in casa).

Maria                             - (ansioso) Che è accaduto? Spiegami...

Vincenzo                       - Elisa va a fare sce­nate quotidiane al fidanzato sotto il Comando.

Maria                             - E queste scenate, perché?

Vincenzo                       - E' quello che voglio sapere. Una seria ragione ci deve es­sere. (Elisa compare sull'uscio di casa).

Maria                             - Vieni qua!

Vincenzo                       - (ad Elisa) Il fantasma s'è fatto vivo con una diffida!

Elisa                              - Una diffida?

Vincenzo               - Eh già. Per le quoti­ diane scenate che vai a fargli al Co­ mando!

Elisa                              - Ha detto?...

Vincenzo                       - Ha mandato a dire!

Maria                             - (severa) La ragione?!

Elisa                              - (esita).

Vincenzo                       - La ragione la dirai a tua madre! Semplice o grave che sia. Così mamma e figlia potrete parlare più liberamente! (A Maria) Io vado a vestirmi. (Entra in casa).

Maria                             - (prende Elisa per un brac­cio) Quali sono stati i tuoi veri rapporti col tuo fidanzato?

Elisa                              - Rapporti più che onesti!

Maria                             - E perché queste scenate?

Elisa                              - Ha una relazione!

Maria                             - E tu vai a fare delle sce­nate? Ma come, una ragazza seria fa questo? L'unico pregio della donna è la riservatezza!

Elisa                              - E riservata sono stata, mamma!

Maria                             - Facendo delle scenate? Ed hai ottenuto l'effetto contrario. Gli amori contrastati, specialmente se ir­regolari, si rinforzano. Poi, viene la ragione, la riflessione, il pentimento... Ma intanto sì rinforzano! Tanto è vero che quest'uomo, un po' per pau­ra, un po' per non essere seccato, ti ha messo in condizione di non farti muovere più! E intanto farà il co­modo suo e con maggior libertà! Perché non hai chiesto consiglio a me? La mamma perché ci sta?

Elisa                              - Ma è giusto che mentre fa l'amore con me deve continuare una relazione?

Maria                             - Non è giusto, ma è lo­gico. Al più, ha peccato di estetica, perché te l'ha fatto sapere. Non ti è ancora marito. (Riflette) Ecco perché non si trova ancora in condizio­ni... (Pausa) Come stanno adesso le cose?

Elisa                              - Mi ha promesso che smet­terà.

Maria                             - Speriamo bene! (Verso la casa) Vince... (Vincenzo compare dalla casa, vestendosi). Ha saputo che aveva una relazione.

Vincenzo                       - (rasserenato) Ebbene, figlia mia... Con la guardia bisogna stare in guardia! Anche la donna per lui è divisai

Gennaro                        - (guardia municipale, dalla via, guarda la casa come per assicu­rarsi che è quella che cerca).

Vincenzo                       - (lo ha visto) E son due! (A Elisa) E' lui?

Elisa                              - No. E' un amico suo!

Gennaro                        - Vincenzo Santoro?

Vincenzo                       - Sono io. (Gennaro si avvia per entrare dal cancello a pas­so deciso). Questa è un'altra diffida. O sarà una contravvenzione per le galline... La guardia di prima ha vi­sto il pollaio, l'ha detto a questa, e questa mi viene a fare la siringa...

Maria                             - Perché le galline non si possono tenere?

Vincenzo                       - Eh, si capisce! Per misura d'igiene. (Gennaro entra dal cancello e resta dinanzi a Vincenzo sull'attenti. Vincenzo accomiata le donne). Un momento di permesso... (Le donne rientrano. Vincenzo si vol­ge a Gennaro) In che posso...

Gennaro                        - Io sono una guardia municipale.

Vincenzo                       - Lo vedo.

Gennaro                        - Oggi. Domani sarò ser­gente!

Vincenzo                       - Auguri.

Gennaro                        - Voi avete una figlia.

Vincenzo                       - Elisa?

Gennaro                        - No, Elena.

Vincenzo                       - Elena, beh?

Gennaro                        - So che è una ragazza piena di virtù.

Vincenzo                       - Bontà vostra.

Gennaro                        - Vorrei sposarla. Ma prima di fare qualsiasi passo verso la ragazza, sento il dovere di presentar­mi a voi, che ne siete il padre e vi domando formalmente la sua mano.

Vincenzo                       - Siete pulito?

Gennaro                        - Come, pulito?

Vincenzo                       - Non avete nessuna re­lazione? Amori illeciti, illegali...

Gennaro                        - So a che volete allu­dere. Per la questione della signorina Elisa?

Vincenzo                       - Sapete?

Gennaro                        - Purtroppo. E, per as­sicurarvi che non sono come l'altro, mi presento direttamente a voi. Que­sto vi dimostri la mia serietà!

Vincenzo                       - Giusto.

Gennaro                        - (porgendo un biglietto da visita) La mia carta da visita già col grado di sergente. Potete pigliare informazioni.

 Vincenzo                      - E conoscete Elena?

Gennaro                        - Di persona, no. Ma so benissimo chi è. Me ne sono inte­ressato!

Vincenzo                       - E nemmeno Elena vi conosce?

Gennaro                        - No. Mi avrà potuto notare, così, di sfuggita. Qualche vol­ta l'ho incontrata per via e l'ho se­guita da lontano, per qualche tratto.

Maria                             - (compare dalla casa) Ma di che si tratta? Ancora per Elisa?

Gennaro                        - No.

Vincenzo                       - Per Elena.

Maria                             - (impressionata) Per Ele­na? Che ha fatto?

Vincenzo                       - Niente.

Gennaro                        - Niente, signora.

Vincenzo                       - E' venuto a chiedere la sua mano. (Maria ha un'espres­sione di disappunto). Capisco...

Maria                             - Un'altra guardia?...

Gennaro                        - Sergente...

Vincenzo                       - ...da domani.

Gennaro                        - Ho intenzioni serie.

Vincenzo                       - Sì, mi ha parlato. (E mostra il biglietto da visita).

Maria                             - E si trova in condizioni?

Gennaro                        - E come...

Vincenzo                       - Diversamente, sarebbe venuto per sposarsi?

Maria                             - No... Volevo dire... Re­lazioni... imbrogli...

Vincenzo                       - Niente relazioni ex­tra... Gliel'ho domandato.

Gennaro                        - Pulito.

Vincenzo                       - Ma che vale una di­visa quando tutte le guardie devono avere una relazione?

Maria                             - E ad Elena non ci aveva detto niente?

Vincenzo                       - Non lo sa.

Gennaro                        - Proprio.

Maria                             - (al marito) E tu, che hai deciso?

Vincenzo                       - Ho accettato il bi­glietto.

Gennaro                        - Per gentilezza, vorreste farmi conoscere la signorina?

Vincenzo                       - Biglietto e signorina tutto insieme?

Maria                             - Eh sì. Così si vede anche che impressione gli fa. (Chiama la portinaia) Nannina!

Nannina                        - (compare) Signora.

Maria                             - Fa' venire la signorina Elena. (Nannina rientra).

Gennaro                        - (a Vincenzo) Non di­tele ancora niente.

Vincenzo                       - Come volete.

Maria                             - (a Gennaro che è ansiosa­mente in attesa) Eccola. (Elena compare. Presentandola a Gennaro) Mia figlia Elena.

Gennaro                        - (dignitosamente sull'at­tenti) Gennaro Silvestri.

Vincenzo                       - (rapido) Sergente da domani. (Gennaro leggermente rin­grazia).

Elena                             - (senza scomporsi) Piacere.

Gennaro                        - Il piacere è tutto mio.

Maria                             - (dopo un attimo, durante il quale i due si scrutano, a Elena che esita, e per rompere il silenzio) Eli­sa che fa? Parla.

Elena                             - Piange. (E sorride lieve).

Vincenzo                       - (a Gennaro) Per il mio rimprovero.

Elena                             - (a Gennaro) Quel signor Camillo è compagno vostro, eh?

 Gennaro                       - (rammaricato) Già. (E leggermente sorride).

Elena                             - Mi dispiace per voi, ma è poco di buono!

Gennaro                        - Le dita della mano non sono tutte uguali. (Indica la mano).

Maria                             - Giustissimo.

Elena                             - Già, per conto mio, scu­satemi, non vi offendete, ma una guardia municipale non la sposerei mai!

Vincenzo                       - (fa per ritornare a Gen­naro il suo biglietto da visita. Gen­naro lo respinge garbatamente).

Gennaro                        - (mortificato, ad Elena) Come si può pensare...

Maria                             - (ad Elena) Ma si parla così?...

Elena                             - (alla madre, che la guarda seccata) Non me la sposerei mai per tante ragioni.

Gennaro                        - (azione e. s. del biglietto. Poi ad Elena) E sarebbero?

Elena                             - La guardia sta sempre in mezzo alla via...

Vincenzo                       - E dove dovrà fare il suo servizio? In casa?... Chiuso den­tro?

Elena                             - (con intenzione) Troppo in contatto con la cosa pubblica mentre il marito deve essere una cosa privata!

Vincenzo                       - (a Gennaro) Il fatto di...

Gennaro                        - (ad Elena) So a che volete alludere, ma non dovete ge­neralizzare. Si può badare alla cosa pubblica e rimanere una cosa pri­vata...

Vincenzo                       - E poi?

Maria                             - (ad Elena) E quali altre ragioni?

Elena                             - Ma perché lo debbo of­fendere?

Gennaro                        - (sorride amaro) Non mi offendo, dite...

Elena                             - E che devo dire?... Deb­bo farmi fare un verbale per ol­traggio?

Gennaro                        - (trovando enorme) Ad­dirittura?

Vincenzo                       - (a Gennaro, mortificato, ed a sua giustifica) Giuro che que­sta sua grande antipatia per le guar­die municipali è una cosa che imparo adesso, se no vi avrei levato subito il pensiero (e lacera il biglietto).

Elena                             - (sorpresa) E quale pen­siero?

Vincenzo                       - E' venuto a chiedermi ufficialmente la tua mano!

Maria                             - Tu gli stai facendo questa accoglienza.

Gennaro                        - (serio, a Vincenzo) La­cerate quel biglietto...

Vincenzo                       - Già fatto! (e indica ì pezzetti a terra).

Elena                             - (scoppia a ridere, poi a Gen­naro) E scusate tanto.

Gennaro                        - Lo so... Siete disillusa per il fatto spiacevole di vostra so­rella!

Maria                             - E' questa la ragione.

Gennaro                        - Ero venuto per farvi ricredere... e nella maniera più so­lenne; non pensavo che, per un caso singolo, aveste una avversione per tutta una rispettabile classe. Ma, or­mai, ogni altra giustificazione è su­perflua, giacché, per tante altre ragioni, non sposereste mai una guardia municipale!

Elena                             - (attenuando man mano la sua ostilità) Eh, sì... Uno si sposa per avere un uomo vicino... La guar­dia si mette la divisa e se ne va...

Vincenzo                       - E deve restare con la divisa in casa? Fare la sentinella alla cucina e alla camera da letto?

Maria                             - Lo deve ben fare il suo ufficio.

Elena                             - ...Se lo vedo per la stra­da, non lo posso avvicinare perché è in servizio...

Gennaro                        - E' regolamento! La di­sciplina lo impone!

Elena                             - E quando lo vedrò?

Ilaria                              - La notte!

Vincenzo                       - Non ti basta?

Elena                             - Quando piove, stando sot­to la pioggia, senza ombrello, si ri­tira a casa tutto bagnato.

Gennaro                        - (tenero) E quando, per il nostro spirito di sacrificio, torniamo a casa bagnati, dobbiamo trovare una compagna cara che ci asciughi, che ci cambi, che ci conforti con una minestra calda, con una parola buona?

Vincenzo                       - (conquiso, ad Elena che già è presa) E se la donna non avesse questa missione consolatrice nella vita, il Padreterno perché l'a­vrebbe messa al mondo?

Maria                             - (alla figlia) Eh?! Guardia era quello, e guardia è questo. Sono una stessa cosa?

Vincenzo                       - No! Questo è sergente, anche come sentimenti!

Maria                             - Con poche parole ti ha fatto capire chi è!

Gennaro                        - (sorride ad Elena che gli sorride e mettendo mano al porta­fogli, alludendo al padre) Ce lo de­vo dare un altro biglietto... a papà?

Vincenzo                       - (accettando, felice) Per conto mio non ce n'è bisogno.

Maria                             - E neanche per me!

Elena                             - (avvinta) Neppure per me! (Ride di gioia. Gennaro avanza stringendo la mano prima a Vincenzo che ricambia, poi a Maria con effu­sione, infine ad Elena baciando­gliela).

Maria                             - Era destino che una figlia nostra doveva sposare una guardia!

Vincenzo                       - (comico, richiamandola) Sergente!

Gennaro                        - (a Maria, con aria sod­disfatta) Vedete?

Elena                             - E se Camillo si riappaci­ficherà con Elisa, saranno due le guardie!

Vincenzo                       - Un'altra... (indicando Gennaro come per mostrare una guar­dia) ...la daremo a Clara... e il Corpo di guardia lo faremo qua! (Ride). La caserma!...

Maria                             - (a Gennaro) Beh!... e ac­comodatevi... State in piedi? Una taz­za di caffè?

Gennaro                        - Grazie.

Vincenzo                       - (alla moglie) Dagli una fetta di dolce... Un bicchierino di liquore...

Gennaro                        - (confuso) Ma perché disturbarvi...

Vincenzo                       - E' un dovere... non come a un agente, ma come a un fidanzato. E' una cosa che ti spetta, che ti compete di diritto. (Accorgen­dosi di essersi lasciato trasportare) Neh... io ti do del tu!...

Gennaro                        - (stringendogli la mano) E' logico!

Maria                             - (a Gennaro) Ve lo porto qui, o vogliamo andare dentro?

Gennaro                        - Per me fa lo stesso!

Maria                             - Qui fuori?

Gennaro                        - (approva) All'aperto!

Elena                             - Sotto il pergolato.

Vincenzo                       - No, simbolicamente non può rimanere fuori, deve entrare in casa. (Si ride). Restare il fidan­zato fuori della porta?

Gennaro                        - (ammirato) Giusto!

Maria                             - (alla figlia) Prepara den­tro. (Elena felice scappa dentro).

Gennaro                        - Sono commosso e lu­singato di questa entusiastica acco­glienza.

Vincenzo                       - (con un sorrisetto) E non eravamo teneri!

Maria                             - Specialmente Elena.

Gennaro                        - (conferma). Proprio.

Maria                             - Eppure... (Ed entra nella casa).

Vincenzo                       - I matrimoni cosi sono buoni. Uno si deve trovare sposato naturalmente, senza accorgersene nemmeno. Tutto deve scorrere liscio come l'acqua che scende al declivio...

Gennaro                        - (sorpreso, lietamente) Bravo!

Vincenzo                       - Questa frase non è mia. L'ho letta. (Pausa). I figli miei non li conosci?

Gennaro                        - No. Sono in casa?

[Vincenzo                     - No. Sono andati a far l'amore tutti e tre.

Gennaro                        - (sorpreso) Ah?

Vincenzo                       - Bravi ragazzi, seri. Una vera fortuna per le donne che se li sposano. (Si avviano per entrare nella casa. Gennaro si ritrae per far passare Vincenzo) No, qui sto in casa mia. Spetta a me. (Piglia la posa del metropolitano che dà la via libera ai pedoni) Via libera. (Gennaro sor­ride ed entra. Vincenzo incontra Non­nina sull'uscio di casa). Nanni, dieci gelati, subito... Mettiamoci in regola. (Entra in casa soddisfatto).

Peppino                         - (giovane, tipo di piccolo impiegato, ma non privo di una certa distinzione, avanza furtivo dietro la balaustra e ferma Nannina) Fermi!

Nannina                        - (spaventata) Madonna!

Peppino                         - Voi siete la portinaia?

Nannina                        - Sì.

Peppino                         - Vi conosco. Qui abita?

Nannina                        - La famiglia di Don Vincenzo Santoro.

Peppino                         - Ha tre figlie femmine?

Nannina                        - Sì. E tre maschi.

Peppino                         - La più piccola mi piace. Sapete se è libera?

Nannina                        - E lo volete sapere da me?

Peppino                         - Che dite? Me lo darà il consenso?

Nannina                        - Senza conoscere prima se la ragazza vi vuole?

Peppino                         - Come si chiama?

Nannina                        - Chi?

Peppino                         - La più piccola... l'inna­morata mia...

Nannina                        - Voi non ci avete parlato ancora e già la chiamate « l'in­namorata mia? ».

Peppino                         - Ed ora ci parlo e com­bino subito! Chiamatemela.

Nannina                        - Ma c'è 11 padre...

Peppino                         - Meglio. Parlerò anche con lui.

Nannina                        - Ma sapete che siete bello?

Peppino                         - Questo riguarda la ra­gazza. Fatemela uscire.

ìNannina                       - (chiamandola) Signo­rina Clara!...

Peppino                         - Clara!... Mi piace anche il nome...

Clara                             - (compare dalla casa. Peppi­no le si inchina).

Nannina                        - Questo signore vuol parlare con voi. (E va via per il cancello).

Clara                             - Con me?

Peppino                         - Clara?

Clara                             - (sorpresa) Clara.

Peppino                         - Don Vincenzo è in casa?

Clara                             - Conoscete papà?

Peppino                         - No. So che si chiama Vincenzo Santoro, che domani è l'onomastico suo, ma non ho ancora il piacere di conoscerlo... E così...

Clara                             - Volete che ve lo presenti? Venite...

Peppino                         - Aspettate... E se non parlo prima con voi...

Clara                             - Con me? E perché?

Peppino                         - Perché mi piacete e vi vorrei sposare. E se non mi dite di sì, come potrò parlare, con papà vo­stro?

Clara                             - Ma sapete che siete belio?

Peppino                         - Me l'ha detto anche la portinaia.

Clara                             - E dove mi avete vista?

Peppino                         - E' una settimana che passeggio un'ora al giorno sul mar­ciapiede dirimpetto. Per voi mi son ridotto a questo: passeggiare il marciapiede!

Clara                             - Non vi ho mai notato.

Peppino                         - E perché sono venuto da quest'altra parte? E allora?

Clara                             - Allora che?

Peppino                         - Posso parlare con vo­stro padre?

Clara                             - Ma io non so nemmeno come vi chiamate, chi siete, che arte professate: adesso vi vedo per la pri­ma volta...

Peppino                         - Mi chiamo Peppino Ga­gliardi. Sono ragioniere. Che dite?...

Clara                             - E fate passare un po' di giorni...

Peppino                         - (fermo) Domani. E' san Vincenzo, giornata di festa per lui, e dev'essere giorno di festa an­che per noi. Domani ci parlo e mi dichiaro, così ci vedremo in piena re­gola e mi levo dal marciapiedi!

Vincenzo                       - (chiama da dentro) Clara!...

Peppino                         - (vedendo Clara che si emo­ziona) Mio suocero?

Clara                             - (fa cenno di sì. Risponde alla chiamata) Papà?

Peppino                         - (con sollecitudine) Ver­rò domani. (Fa per andar via; ritorna sui suoi passi) Resti per me! (Saluta e va via in fretta. Nannina viene dal cancello e fa a Clara un cenno in­terrogativo).

Clara                             - (stupita) Nanni, uno me n'è uscito e lo trovo anche pazzo!

Vincenzo                       - (compare sull'uscio di ca­sa e rivolto a Nannina) Vengono questi gelati sì o no?

Nannina                        - Li ho ordinati. (Entra nella casa).

Luigino                         - (compare dal cancello pre­mendosi la mano su una ferita alla fronte. Vincenzo accorre spaventato).

Vincenzo                       - Luigi, che hai fatto?

Clara                             - (accostandosi anch'essa pre­murosa) Sei caduto?

Luigino                         - No.

Vincenzo                       - Hai contrastato?

Luigino                         - No.

Vincenzo                       - E questa ferita è ca­duta dal cielo?

Luigino                         - Sì, dal cielo è caduta!

Vincenzo                       - Io non ti capisco. Parla!

Luigino                         - (tremante) Sono stato a fare la solita passeggiata sotto il balcone della signora...

Vincenzo                       - (interessandosi) Beh!...

Luigino                         - E m'ha gettato un vaso!

Vincenzo                       - Essa?

Luigino                         - Il marito!

Vincenzo                       - Pure?

Luigino                         - Un vaso di fiori... Una « testa » grande così...

Clara                             - Sei sicuro che era il ma­rito?

Luigino                         - Sì, perché poi si è af­facciato e mi ha detto: « Così non passerai più».

Vincenzo                       - E queste sono le con­quiste che vai facendo tu! «

Clara                             - Ma, sono modi poi questi?

Maria                             - (compare dalla casa, vede il figlio ferito, ha uno schianto) Madonna!

Vincenzo                       - Zitta. E' niente. Non facciamo sentire... C'è una guardia dentro... (Spiegando) Lo hanno fe­rito... Il marito della signora del quarto piano... Dal quarto piano s'è infastidito di vederlo passeggiare sot­to il balcone... e gli ha gettato un vaso di fiori sulla testa!

Maria                             - Uh... Ma come? Rischian­do di ucciderlo?

Vincenzo                       - Ucciderlo!

Elena                             - (dalla casa) Mamma... (Scorge il fratello) Uh!... (e occorre).

Maria                             - Adesso lasciate il fidan­zato solo?

Elena                             - (indicando il fratello) Che gli è accaduto?

Vincenzo                       - Gl'incerti... Gl'incerti...

Clara                             - (spiega l'accaduto a Elena).

Elisa                              - (dalla casa, infastidita) Ma è educazione questa? (e indica dentro. Vede il fratello, accorre) Che si è fatto Luigino?

Gennaro                        - (esce) Ma che c'è? (.Vede il gruppo, s'avvicina) Un ferito.

Vincenzo                       - (sottovoce a Luigino) Ora vedrai le conseguenze!

Gennaro                        - Ma chi è?

Elena                             - E' mio fratello Luigino.

Vincenzo                       - Già. Mio figlio. (Pre­senta) Gennaro...

Gennaro                        - ... Silvestri.

 Vincenzo                      - E' il fidanzato di tua sorella Elena.

Luigino                         - (compiaciuto e sorpreso) Ah... piacere... (e gli dà la mano).

Gennaro                        - Ma come vi siete fe­rito?

Vincenzo                       - (al figlio che lo interroga con lo sguardo come esitare) E di­glielo... oramai... (come dire: «ha visto » ).

Luigino                         - (balbetta) Passando sot­to un balcone, mi è caduto un vaso di fiori sulla testa.

Gennaro                        - (zelante) Ah!... E in qual via? (e cerca taccuino e lapis per prendere appunti),.

Luigino                         - (per sviare) Non ri­cordo.

Gennaro                        - (sorpreso, seccato e auto­ritario) Come, non ricordo?

Vincenzo                       - (al figlio) Non fare guai... Parla, con tuo cognato non devi avere segreti.

Gennaro                        - (maggiormente urtato e investendosi della sua autorità) No, qui non c'è il cognato... (E ai fami­liari che sorpresi lo fissano) Scusate... (E con tono) Qui c'è il pubblico fun­zionario che deve compiere il proprio dovere. (E mentre fa per annotare, una gallina nera dal pollaio canta. Vincenzo si preoccupa. Gennaro si guarda dintorno).

Elena                             - (al padre, scossa) Avete visto? Vedete chi è la guardia?

Gennaro                        - (fiero) E' quella che deve essere! (fermo, in atto di pren­dere appunti).

Elena                             - Come agente, ma non come marito!

Gennaro                        - Il buon marito deve funzionare in tutto! (La gallina can­ta - c. s. Gennaro rivolto a Luigino) In quale via?

Vincenzo                       - (toglie il tappeto dal ta­volo, va a coprire il pollaio e ritorna facendo l'indiano).

Maria                             - (infastidita anch'essa per l'insistenza di Gennaro, rivolta al fi­glio) Ma sì, figlio mio, se Luigino non parla è perché avrà le sue buone ragioni!

Gennaro                        - Ed io ho le mie, mam­ma! (indicando Luigino). Lui mi tenta ad un favoreggiamento!

Vincenzo                       - (ai suoi che lo guardano perché si pronunzi) Fa bene ad agire così! (A Gennaro) Bravo! (Al figlio) Così impari a vivere!

Gennaro                        - (ammirato e indicando Vincenzo) «Ecce Homo! ».

Vincenzo                       - (approva) Proprio! Quello sono diventato per la croce che porto! (incrocia le braccia. Al figlio che resta mortificato) Uno che da un quarto piano butta una « testa » (la descrive a mimica) sulla medesima di un altro che passa disotto, con la precisa intenzione di far rompere due teste, commette un reato!

Gennaro                        - Oh!... C'è Stato tutto questo?

Vincenzo                       - (indicando Luigino con la testa ferita che piglia posa stanca) Eh!... «Ecce Homo! » (E alle donne) E nella sua qualità di agente, si può stare zitto? (Ora tutte le galline can­tano. Vincenzo parla più forte per coprire la loro voce). Si può stare zitto?

Elena                             - (sorride, convinta) No!

Gennaro                        - (affettuosamente ad Ele­na) E tanto meno come cognato. (A Luigino) La via?

Luigino                         - Poria 40.

Gennaro                        - Il nome del feritore?

 Luigino                        - Non lo so.

Gennaro                        - (scherzoso a Maria) Ha le sue ragioni?

Vincenzo                       - (a Gennaro) i No, no... veramente non lo sa.

Elisa                              - (sorridente) La ragione dell'atto la sa...

Maria                             - (facendo tacere Elisa, de­viando) Sì... ma... non sa il nome di chi ce l'ha buttata...

Gennaro                        - E noi gli stenderemo il verbale! (Fa cenno a Luigino di seguirlo; poi ad Elena) Permetti. (Elena sorride curvando la testa. Poi Gennaro rivolto agli altri). A più tar­di. i(E con passo rapido e fermo si allontana con Luigino avviandolo con la mano aperta dietro la schiena).

Vincenzo                       - (ammirato) Buono! Buono! E' un uomo energico! E' quel­lo che ci vuole! (Nannina, non vista, esce per dì dietro con bacile e len­zuolo bagnato, lo stende ad una fune per farlo asciugare. Vincenzo indica e ripete il gesto imperativo che Gennaro ha fatto a Luigino) A me l'affetto spesso mi lega le braccia, ma lui, i cognati, li fa filare! (I polli ripetu­tamente cantano. Vincenzo nel vol­tarsi scorge Nannina) Leva questo1 di qua!!! (Toglie il lenzuolo che Nan­nina aveva steso e glielo consegna). Queste sono tutte contravvenzioni!! (Va al pollaio) Niente galline!! Ce le mangiamo domani! (Ed entra por­tando via le galline, indifferente ai commenti della famiglia. Cala la tela).

fine del primo atto

ATTO SECONDO

Un caseggiato occupa per tre quarti la proprietà, facendo gomito a sini­stra. Il portone si apre in fondo. A sinistra, all'altezza dì un primo pia­no, il terrazzo di casa Santoro. A de­stra, un viottolo di campagna, dietro il quale un muretto basso limita il paesaggio lontano. E' sera tardi. La scena è illuminata da un fanale. Al­cuni uomini sono raggruppati sotto il terrazzino. Aniello canta accompagna­to da due suonatori, l'uno con la chi­tarra, l'altro con il violino. La luce del lampione illumina gli altri tre: Biase, Pasquale, Alfonso. Sono operai del­l'arsenale Uva. Biase ha un piccolo fascio di fiori tra le mani.

Aniello                          - (con voce falsa, impostata, canta) Affacciati Vincenzo al tuo balcone. Qui stiamo con chitarra e mandolino.

Quello del violino         - (interrompendo) ...e violino!

Aniello                          - (non dando importanza, ri­piglia a cantare): La voce che ti canta la canzone, è di Anelluccio, detto « Il milordino ».

Alfonso                         - (andando verso i tre, sec­cato, scosta Aniello e canta al suo posto) C'è pure Alfonso in mezzo alle persone venute a far le feste a Vincenzino.

Pasquale                        - (di sorpresa, dal suo posto)Pasquale è stato il primo e con ragione, festeggia il capo!

Biase                             - (con voce stonata): E ci sta pure Biase!

Alfonso                         - (a Biase, ripigliandolo): Devi finire in « no » !

Aniello                          - Eh!... (e poi chiude): Affacciati, gli amici... in società, t'hanno comprato i fiori e stanno qua! (Li mostra).

Pasquale                        - (mentre l'introduzione ri­comincia seccato a Biase) Ma sei un disastro!

Biase                             - Perché?

Alfonso                         - Era il caso di dire che i fiori li abbiamo comprati in società?

Biase                             - (cocciuto) Io ho speso tre lire e Vincenzo lo deve sapere!

Aniello                          - (ai compagni, indicando il terrazzo) Ma è suo il terrazzo?

Alfonso i                       - frutto il primo piano, torno torno... con la villetta alle spalle...

Pasquale                        - (fa cessare la musica con un gesto) Ma perché non aprono? Sono le undici e mezza, e già dor­mono?

Biase                             - (dubbioso) E con tante voci non hanno sentito?

Tutti                              - (si mettono a gridare alla spicciolata) Don Vince... Don Vince...

Raffaele                        - (il portinaio, dal palazzo) Ma scusate, voi, a chi cantate? Don Vincenzo è uscito oggi con tutta la famiglia. E ancora non è ritorna­to... Vedete? Le finestre sono tutte chiuse...

Aniello                          - Sentite che cantiamo da tanto tempo, e solo ora ce lo dite?

Raffaele                        - Potevo immaginare che cantavate a Don Vincenzo?

Pasquale                        - [Ma quando sarà di ri­torno?

Raffaele                        - Credo a momenti. La mattina si alza prestissimo!

Aniello                          - Ci siamo sgolati inutil­mente!

Alfonso                         - E' stata una prova ge­nerale.

Raffaele                        - Siete amici?

Aniello                          - Della maestranza d­ell’ « Uva ».

Raffaele                        - Comprendo. E siccome lui è capo reparto...

Aniello                          - ...e merita...

Pasquale                        - In occasione del suo onomastico... Raffaele . ...gli avete portata la serenata!

Biase                             - E questo mazzo di garo­fani. Abbiamo pagato tanto a testa.

Pasquale                        - (seccato) Per forza lo vuole dire! Finiscila, se no ti prendi uno schiaffone!

Raffaele                        - (a Biase) Eh!... « Ab­biamo pagato tanto a testa... ». Non sta bene!

Alfonso                         - (a Biase) Lo senti? Anche un portinaio... (fa un gesto di­spregiativo) dice che non sta bene...

Raffaele                        - (offeso) Eh... pure un portinaio...

Pasquale                        - Scusate... Non si è sa­puto esprimere...

Aniello                          - Scusate...

Raffaele                        - (dopo aver guardato a de­stra) Sta venendo don Vincenzino...

Aniello                          - Cantiamo da capo. (La musica ripiglia di nuovo) Cento di questi giorni, o Vincenzino! Gli amici tuoi dell'Jtoa con affetto...

Camillo                         - (viene da destra. Tipo roz­zo, gretto. E' nervoso. Guarda l'orolo­gio ed entra dal portone).

Aniello                          - (meravigliato) E questo era don Vincenzino? (Cessa la mu­sica).

Alfonso                         - Ma come puoi fare il portinaio se non ci vedi?

Aniello                          - (ridendo agli altri) E si è pure offeso!...

Raffaele                        - Da lontano... nell'ombra...

Aniello                          - (agli amici, seccato) Ma perché non ce ne andiamo?

Buse                              - Ormai, siamo venuti per loro...

Camillo                         - (esce dal portone).

Raffaele                        - (seguendolo con lo sguar­do) Ma chi cercate?

Camillo                         - (con sussiego) Sono una guardia in borghese... Vorrei par­lare con il portiere. (Meraviglia di tutti).

Raffaele                        - E' mezz'ora che vi se­guo. Dite.

Camillo                         - Qui abita Vincenzo San­toro?

Raffaele                        - Sissignore.

Camillo                         - Annunziatemi: Camillo Benso.

Raffaele                        - Non è ancora ritor­nato. (Indicando gli uomini) Questi pure l'attendono per fargli la sere­nata.

Camillo                         - San Vincenzo?

Raffaele                        - Già.

Camillo                         - Sono usciti?

Raffaele                        - Sì, appena mangiato.

Camillo                         - L'intera famiglia?

Raffaele                        - Ma scusate, che ha fatto?

Camillo                         - (con autorità) Al posto vostro!

Raffaele                        - Prego. (Si ritrae. Ca­millo passeggia su e giù).

Aniello                          - (a Raffaele) Ma che vuole?

Raffaele                        - (c. s.) Al posto vostro!

Pasquale                        - (dopo aver guardato) Eccoli... sono loro!

Biase                             - Guarda bene... (Osserva lui stesso) Sì... sì...

Aniello                          - (ai compagni) Da capo. (Piglia posa per cantare).

Alfonso                         - (fermandolo) Aspetta, si perde la sorpresa. (Rivolto a Raf­faele) Ospitateci per un istante. (In­dica la guardiola di Raffaele).

Raffaele                        - In casa mia? C'è mia moglie coricata!

Aniello                          - Chi la guarda! (Entra e chiama gli altri che, furtivamente, lo seguono).

 Biase                            - (entrando) Ma ci avranno visti!

Alfonso                         - (spingendo Biase) No... Stiamo allo scuro. (Ed entrano).

Raffaele                        - (seccato, rivolto alla mo­glie dentro) Copriti!

Nannina                        - (da dentro) Sono ve­stita!

Camillo                         - (ha seguito la scena. Si avanza svelto verso Raffaele e a bru­ciapelo gli domanda) La signorina Elisa è fidanzata?

Raffaele                        - (lo squadra) Al posto vostro!!! (E Camillo ritorna verso destra).

Vincenzo                       - (dalla sinistra, seguito dalla moglie, da Elisa, Elena e Clara, che, ultima, fa un vago cenno a qual­cuno di allontanarsi. Vincenzo scruta lontano, poi rivolto a Raffaele) Da lontano mi sembrava vedere qui un sacco di gente.

Raffaele                        - (sberrettandosi) Anco­ra auguri!

Vincenzo                       - (dandogli un mezzo siga­ro) Tieni, un altro mezzo sigaro.

Elisa                              - (vedendo Camillo piantonato si rivolge alla madre esclamando) Mamma!...

Maria                             - (seguendo lo sguardo della figlia) Chi è?

Elisa                              - Camillo! (E lo fissa).

Maria                             - Ah!... (Compiaciuta) E lascia che Dio faccia!

Vincenzo                       - (o Raffaele) Sono ve­nuti i bigliettini d'augurio?

Raffaele                        - No. Hanno portato la bolletta dell'immondizia! (E glie­la dà).

Vincenzo                       - (sarcastico, mettendola in tasca) Fa lo stesso! (Guarda Ca­millo che scruta Elisa, poi rivolto a Raffaele) Il signore?

Raffaele                        - Aspetta voi.

Vincenzo                       - (sorpreso) Io?

Raffaele                        - E' una guardia in bor­ghese.

Vincenzo                       - Ah... (Guarda Elisa, indi s'accosta a Camillo, che avanza anche lui) Desiderate?

Camillo                         - Voi siete Giuseppe Ga­ribaldi?

Vincenzo                       - E voi Camillo Benso di Cavour?

Camillo                         - (rettificando) Di Nola». Sono venuto per chiarire.

Maria                             - (turbata) Ma che vuole?

Vincenzo                       - (alla moglie) Pigliati la chiave, incomincia a salire.

Elisa                              - (alla madre) Ci devo stare anch'io?

Vincenzo                       - (imperativo) Andate sopra! E' venuto per chiarire.

Maria                             - (ottimista, a Elisa) E dunque?

Elena                             - E se no, che può fare?

Maria                             - (al marito) Discuti con calma, senza comprometterti.

Vincenzo                       - Se sposa, è una guar­dia semplice! Il fidanzato di questa (indica Elena) è sergente... lo faccio mettere subito a posto!

Maria                             - (entrando con le figlie, a Clara che si mantiene discosta e che insistentemente guarda a sinistra) Olà!...

Clara                             - Vengo. (E segue le altre, mentre con la mano fa segni perché Peppino aspetti. Detta mimica è co­micamente notata da Raffaele).

Raffaele                        - (resta comicamente di piantone e spesso alza la testa per vedere cosa fa sua moglie nel casotto, poi impaziente chiama) Nanni...

Nannina                        - (risponde infastidita) Sto qua. (Ed esce vestendosi).

Vincenzo                       - (a Camillo) Chiarite!

Camillo                         - E' sperabile che voi sa­rete stato un uomo!

Vincenzo                       - (scherzoso) Almeno da tutto l'assieme... (come per indicare la numerosa famiglia).

Camillo                         - Giovane... scapolo...

Vincenzo                       - Beh?

Camillo                         - E avrete fatto quello che ogni giovane fa!

Vincenzo                       - E voi quello avete fatto?

Camillo                         - E null'altro! Voi poi vi siete ammogliato, e devo ammogliarmi anch'io per diventare quella persona seria che oggi voi siete. Chiaro?

Vincenzo                       - Chiarissimo!

Camillo                         - Eallora mi devo riap­pacificare con vostra figlia, e voi do­vete fare...

Vincenzo                       - ...da mezzano?

Camillo                         - E perché no? Chi è più interessato di voi? Voi potrete fare intendere ad Elisa che quello che ho fatto da scapolo, se non è più che lo­gico, è più che naturale.

Vincenzo                       - Insomma, io devo chiu­dere il mio onomastico con una pa­terna ruffianata?

Camillo                         - E non foste voi che age­volaste il compito del mio collega Gennaro con vostra figlia Elena?

Vincenzo                       - Si è saputo?

Camillo                         - Per tutto il Comando.

Vincenzo                       - Lo sanno tutte le guardie?

Camillo                         - Le vostre parole assen­nate ebbero l'immediato successo e le stesse parole vi chiedo in mio fa­vore.

Vincenzo                       - E' il mio nuovo me­stiere?

Camillo                         - Mestiere di padre.

Vincenzo                       - Giusto!

Camillo                         - E allora andiamo sopra e accompagnatemi da Elisa.

Vincenzo                       - Un momento. Tanto per adempiere bene al mio mestiere. E quella vostra relazione da scapolo?

Camillo                         - (col gesto gli assicura che è tutto finito).

Vincenzo                       - (gli risponde con un gesto come per dire: « ma che non si ripeta più un affare simile ». Quindi lo avvia verso il portone e lo segue).

Raffaele                        - (verso gli altri che aspet­tano) Uscite, è andato di sopra!

Aniello                          - (ai compagni) Piano. (Li chiama con un cenno della mano. Tutti vengono fuori). Pigliamo posto. (Tutti si dispongono c. s.).

Clara                             - (da dentro) Rafè...

Raffaele                        - (a tutti quelli che erano usciti) Via... via... (Tutti rientrano sommessi nella guardiola).

Clara                             - (apparendo) Rafè, ha det­to papà... (e guarda fuori verso sini­stra) che quando hai fatto... (azione o. s. Raffaele mangia la foglia)... sali con tua moglie a mangiare una pasta.

 Raffaele                       - Grazie. (E vedendo che Clara fa segni a Peppino, il quale viene fuori e s'accosta ad essa) Que­sto pure l'ha detto papà? (Allude all'incontro).

Clara                             - (sorride) No.

Peppino                         - (con confidenza, a Raffae­le, come ad un vecchio amico) Per­metti? Entriamo un po' in casa tua.

Raffaele                        - Esaurito!

Clara                             - (a Raffaele perché stia in vedetta) E statti un po' qua.

Raffaele                        - (seccato, piantandosi) Sissignore. (Mimica di tenere la can­dela).

Peppino                         - Clara mia, è una vita che non posso più fare.

Clara                             - Una vita? Io, adesso, vi vedo per la seconda volta!?

Peppino                         - Ma io sono una persona seria. Mi metto scorno a fare l'amore dì nascosto per doverti seguire, tu avanti ed io indietro!

Clara                             - Ma fate almeno passare qualche mese...

Peppino                         - E se io mi svio? Perché vuoi correre questo rischio?

Raffaele                        - (a quelli che fanno capo­lino per uscire) Occupato! (Tutti rientrano).

Clara                             - E allora fate così: domani è domenica, papà va a Santa Brigida alla messa dell'una. Quando lo ve­drete uscire, mettetevi da lontano, andategli appresso, e quando papà si ritira, dategli il tempo che si svesta, e poi salirete.

Map.ia                           - (dall'interno) Clara!...

Clara                             - (risponde subito) Mamma!

Maria                             - (c. s.) Che fai, lì?

Clara                             - (dopo un attimo di indeci­sione, stringendo Raffaele come per mostrarlo, con voce di scusa) Qua Raffaele fa delle cerimonie...

Maria                             - (seccata) E non dargli retta. Sali. (Clara fa un rapido cenno a Peppino ed entra nel palazzo).

Raffaele                        - (seccato) Tu vedi il Padreterno! (A quelli che sono nella guardiola) Uscite, uscite. Libero. (Tut­ti escono fuori e si mettono in posi­zione di cantare).

Peppino                         - (a Raffaele) Chi sono?

Nannina                        - Amici di don Vincenzino.

Peppino                         - La serenata? (Raffaele fa cenno di sì). Permettete... (e si av­vicina agli operai presentandosi) Pep­pino Gagliardi... Gagliardi... Gagliar­di... (Stringe la mano a tutti senza dar tempo a commenti. Stupore degli operai e risposte fredde di convenien­za. S'interrogano per sapere se qual­cuno lo conosca. Nessuno l'ha mai visto).

Aniello                          - (a Peppino) Ma scusate, voi chi siete?

Peppino                         - Il fidanzato della signo­rina Clara.

Alfonso                         - La figlia di don Vin­cenzo? (Peppino approva). Piacere... (Le strette di mano si ripetono questa volta con fervore).

Peppino                         - (sollecitando i suonatori) Attaccate!... (Lo musica rico­mincia).

Aniello                          - Cento di questi giorni, o Vincenzfno...

 Gennaro                       - (in divisa, da destra, au­toritario) Silenzio! (Stupore di tutti).

Aniello                          - Ma noi cantiamo la se­renata ad un nostro amico...

Pasquale                        - (Festeggiamo un ono­mastico!

Biase                             - Gli abbiamo portato pure i fiori...

Gennaro                        - (ad Aniello che fa cenno ai suonatori di continuare, e questi fanno per suonare) Ho detto si­lenzio!

Alfonso                         - (grida verso la terrazza) Neh... don Vince...

Aniello                          - (c. s.) Don Vincenzo!!

Pasquale                        - (c. s.) Don Vincen­zfno! !

Gennaro                        - (che dalle intonazioni del­le varie voci ha sospettato una lieve canzonatura, toglie il taccuino) Le generalità!

Tutti                              - (protestano, trovando esage­rata l'uscita di Gennaro).

Gennaro                        - (più che mai indispettito) I vostri nomi... (Ed attende per segnarli).

Vincenzo                       - (appare sulla terrazza) Chi è? (Guarda giù). Gué... (Festoso) Ma voi mi confondete!...

Alfonso                         - (forte) Don Vince, tanti e tanti auguri...

Vincenzo                       - Ali!... Sono veramente commosso... Non pensavo di dover chiudere così felicemente la mia fe­sta... (Chiama verso l'interno) Mari... (Maria esce e si affaccia) Guarda chi ci sta! Guarda che improvvisata!

Maria                             - Ah!... Un pensiero squi­sito...

Biase                             - Signò, è dovere!

Maria                             - Gentilezza massima!

Vincenzo                       - Ci sta pure Gennaro... (Lo addita a Maria).

Maria                             - (notando l'atteggiamento freddo di Gennaro) E che fa? Una contravvenzione ?

Vincenzo                       - Parrebbe! Leva que­ste cipolle e questi agli... (E toglie le varie cose che erano sul terrazzo. Maria chiama le figlie. Fa portare tut­to dentro. Camillo è anch'egli fuori il terrazzo).

Aniello                          - C'eravamo fatti un pre­gio di portarvi la serenata... (Indica i suonatori).

Vincenzo                       - Beh!... Ho sentito.

Maria                             - Continuate.

Vincenzo                       - Perché vi siete fer­mati?

Aniello                          - (mordace, additando Gen­naro) Siamo tutti in istato di ar­resto... (Si ride).

Vincenzo                       - Addirittura?

Maria                             - (ad Elena) Io l'ho detto...

Elena                             - (alla madre) Ma che han­no fatto?

Gennaro                        - (con voce ferma ad Aniel­lo) Vi chiamate?

Vincenzo                       - Gennà, ma che c'è?

Aniello                          - E che ne so che vuole...

Vincenzo                       - (a Gennaro) Perché cantavano?

Gennaro                        - No. Per il fatto che cantavano ho semplicemente pregato di fare silenzio. E quelli, per tutta risposta, mi hanno fatto una prote­sta! Quindi, la cosa cambia, egregio papà!

Alfonso                         - (nega) Quale protesta?

 Aniello                         - (a Vincenzo) Ma è vo­stro figlio?

Vincenzo                       - E' il fidanzato di mia figlia Elena.

Aniello                          - Ah, e allora...

Alfonso                         - Canta.

Aniello                          - (ai suonatori) Da capo. (/ suonatori ricominciano a suonare).

Gennaro                        - (severo) Sstt.

Elena                             - (segue attenta ed indispet­tita Gennaro) Perché fa' così?

Gennaro                        - (ha udito) Ho le mie ragioni.

Elena                             - Ma è antipatico davvero!

Vincenzo                       - (ad Elena) Non si può cantare!

Camillo                         - E' mezzanotte!

Maria                             - E le serenate di notte sì portano...

Peppino                         - (si avvicina furtivamente a Gennaro e gli indica Camillo) Quello è il fidanzato di...?

Gennaro                        - ... Elisa...

Peppino                         - (porge la mano) Pia­cere. Io sono quello di Clara!

Gennaro                        - (stupito) Complimenti!

Pasquale                        - (con voce di preghiera) Don Vince... intervenite...

Vincenzo                       - Niente da fare... Co­nosco i miei polli... Ne ho mangiati due per mettermi in regola...

Biase                             - Ma una vostra parola...

Maria                             - Niente!

Vincenzo                       - Nemmeno con mìo fi­glio ha voluto transigere...

Alfonso                         - (a Gennaro) E ee ve lo facciamo dire dalla vostra fidanzata...

Elena                             - (che ha udito) Peggio!

Camillo                         - (si sporge) Collega... (saluta militarmente Gennaro) vi pre­go di desistere in omaggio "a papà... Sono tutti devoti a lui e il pensiero che hanno avuto merita la vostra clemenza!

Gennaro                        - (guarda Vincenzo).

Vincenzo                       - (a Gennaro) Io non c'entro... Io non mi pronuncio... Se puoi desistere, desisti. Fai tu!

Gennaro                        - (dopo un attimo di pausa, come se facesse una grande conces­sione, si rivolge a tutti) Divertitevi! (Soddisfazione generale). Vi ho ser­vito! (Camillo gli fa un cenno di rin­graziamento cordiale).

Vincenzo                       - (contento) Allora posso veramente dire di aver chiuso felice­mente la mia giornata.

Gennaro                        - (a Vincenzo, con gravità furtiva) Papà... scendete un mo­mento... Solo...

Vincenzo                       - Ma che c'è? La mia giornata non si è ancora chiusa?

Gennaro                        - Scendete. (E gli fa cenno dì non comunicare niente al­la famiglia. Vincenzo rientra in casa preoccupato).

Peppino                         - (che ha visto entrare Vin­cenzo, rapidamente si fa largo nel gruppo) Permesso... (Si avvicina a Gennaro e intimamente) Papà... il mio fidanzamento lo ignora... Io non vi co­nosco... (Fa un gesto come dire: «In­tesi? »).

Gennaro                        - Ed io nemmeno... (Pep­pino si allontana e passeggia. Gen­naro addita Peppino a Camillo) Lo conosci?

Camillo                         - No...

 Gennaro                       - (si mette a spiegare l'ac­caduto).

Clara                             - (fa cenno a Gennaro di es­sere riservato).

Maria                             - (al gruppo degli operai) Embé, e questa serenata la possiamo sentire?

Elena                             - Il sergente vi ha dato il permesso... (E sorride a Gennaro, che resta impassibile).

Aniello                          - (ai suonatori) Avanti. (La musica ripiglia).

Clara                             - (a Maria) Mamma, io vado giù... Sto vicino a Raffaele... (Maria fa un gesto d'assenso. Clara rientra in casa).

Raffaele                        - (sarcastico, a Maria) Sta vicino a me! (E guarda Peppino, che lo ringrazia da lontano stringen­dosi da sé le mani).

Nannina                        - (seccata, a Raffaele) Non  ti devi prestare...

Aniello                          - (comincia a cantare) Af­facciati, Vincenzo, al tuo balcone...

Vincenzo                       - (esce dal palazzo e si av­vicina a Gennaro).

Biase                             - (interrompendo Aniello) Vincenzo sta qua!

Aniello                        - Va bene... (come dire: « che importa? ». Il canto viene ripre­ so. Tutti gli operai sono rivolti verso Vincenzo).

Vincenzo                       - (a Gennaro, sottovoce) Ch'è successo?

Gennaro >                     - Vostro figlio Pietruccio

Vincenzo                       - Beh?

Gennaro                        - Amoreggia con la figlia di uno che ha la fabbrica di matto­nelle?

Maria                             - (dal terrazzo, vedendo che Vincenzo non ascolta la serenata, lo richiama) Vince...

Vincenzo                       - (scosso) Sto sentendo...

Gennaro                        - Il suocero ha avuto a che dire con alcuni suoi dipendenti e vostro figlio per correre in sua di­fesa, a uno gli ha rotto la testa con una sedia e a un altro gli ha dato un morso sul naso.

Vincenzo                       - (ha uno schianto) E questo per difendere il suocero?

Maria                             - (impazientita) Vince!...

Vincenzo                       - Ma sei noiosa, sai! (Ai suonatori) per favore, un mo­mento di silenzio... (Il concertino ces­sa. Vincenzo si giustifica verso la mo­glie). Sto sentendo una cosa impor­tante...

Maria                             - Che cosa?

Vincenzo                       - Nostro figlio Pietruccio

Gennaro                        - (tira Vincenzo per un braccio per non farlo parlare).

Vincenzo                       - ...presto si sposa... Si è piazzato...

Maria                             - (contenta) Veramente?

Vincenzo                       - Adesso metteremo le mattonelle a tutte le camere... (Maria si mette allegramente a parlare della novità con le figlie).

Clara                             - (è uscita dal portone e s'è avvicinata a Peppino furtivamente).

Gennaro                        - Ma ha avuto un bel co­raggio!

Vincenzo                       - Chissà come mio figlio s'è dovuto sentire esasperato! Veden­do il suocero In pericolo non ha più ragionato ed ha giuocato tutto per tutto... Eh!... Se non si fa così nella vita... non si sfonda... E quando è stato?

Gennaro                        - Un'ora fa al rione Luz-zattì...

Vincenzo                       - Appena ha lasciato noi... E tu come l'hai saputo?

Gennaro                        - Ho visto due guardie che l'accompagnavano e così ho do­mandato!

Vincenzo                       - (colpito) Allora l'han­no arrestato?! (Maria ha fatto cenno ai suonatori di ripigliare. La musica ha ricominciato. Vincenzo di scatto fa fermare) Un momento, per favore... (A Gennaro) E mio figlio dove starà adesso?

Gennaro                        - In questura...

Vincenzo                       - (ansioso) E bisognerà andarci subito...

Gennaro                        - Eh, no!... Meglio fare andar via prima i vostri amici... E' bene che non sappiano...

Vincenzo                       - Anche per le donne... (Colto da un sùbito pensiero, a Gen­naro) Silenzio... Ma guardate un po'!... (Come imprecando) Adesso avevo fi­nito di dire che la mia giornata si era chiusa jfelicemente. Ed ora s'è aperta un'altra volta... (Si volta, guar­da gli operai che sono rimasti di stucco e facendo un sorriso di conve­nienza) Bravi, veramente bravi!...

Aniello e                       - Voi non avete sentito niente. Ci avete troncato a metà...

Vincenzo                       - Quel poco mi è basta­to... (E ritorna a parlare con Gen­naro).

Maria                             - Vincenzo, la serenata non ce l'ha fatta gustare nemmeno a noi!

Elena                             - (ai suonatori) Compli­menti.

Maria                             - Beh! E che fate? Volete salire? (Gli operai tentennano).

Peppino                         - (a Clara sommessamente) Che fanno? Vanno sopra? Me ne dovrò dunque andare?

Clara                             - Per forza!

Peppino                         - (piano, agli operai, come per influenzarli) Ma no... Restiamo qua!

Alfonso                         - (a Maria) Signò, c'è questa bella serata...

Pasquale                        - Un' cielo pieno di stelle...

Beppino                        - (nella confusione) Sì, qui stiamo bene...

Vincenzo                       - (continuando il suo collo­quio con Gennaro) E questi dipen­denti che volevano?

Gennaro                        - Pare, dei migliora­menti...

Maria                             - (agli operai) E allora le paste e i bicchierini ve li scendiamo giù... (E si ritrae con 'le figlie e con Camillo).

Vincenzo                       - (di scatto, sempre parlan­do a Gennaro) Io non darei loro nemmeno un bicchiere d'acqua...

Aniello                          - (che ha udito, fraintenden­do) E lasciate stare, non v'inco­modate...

Vincenzo                       - Che cosa?

Aniello                          - Ma come? « Io non da­rei loro nemmeno un bicchiere d'ac­qua?... ».

Vincenzo                       - Per amore di Dio, noi parliamo di cose nostre...

Gennaro                        - Proprio!

Pasquale                        - Scusate.

Clara                             - (a Peppino) Allontanatevi.

Peppino                         - Perché?

Clara                             - Ora, mamma e papà of­frono le paste agli amici... E quando arriveranno a voi, che succederà?

Peppino                         - (ha un lampo) Io sono un professore. (Prende il violino dalle mani del suonatore, si abbassa il cap­pello sugli occhi e, dopo aver chiesto permesso, si frammischia agli operai. Quello col violino lo guarda con santa pazienza}.

Maria                             - (compare dal portone e sa­luta cordialmente gli operai) Neh, amici miei, grazie!... (A Raffaele) Raffaé, servi le paste... (Agli operai) Servitevi, non fate complimenti... (Clara è andata incontro alle sorelle che avanzano dal portone portando un vassoio con le paste, un altro con bieetóermi moti ed una bottiglia di rosolio).

Vincenzo                       - (a Gennaro, nervoso) Ma che cosa tragica è la convenien­za! Io, adesso, tengo un figlio arre­stato... Dovrei correre in Questura... e invece debbo stare qua perché sono il festeggiato e devo fare gli onori di casa... D'altra parte, posso licen­ziare gli amici?

Gennaro                        - No, no...

Maria                             - (si avvicina a Vincenzo) Vince, figlio mio... Sta' un po' vicino agli amici...

Vincenzo                       - (a Gennaro) A pro­posito!

Maria                             - Ti sei messo con una fac­cia di funerale. La serenata non l'hai sentita... Escono i dolci e te ne sta' in disparte... Costoro sono venuti per te...

Vincenzo                       - (urtato) Lo so...

Maria                             - Lo sai, efai loro questa fredda accoglienza?

Vincenzo                       - (dopo un attimo d'inde­cisione, fa improvvisamente una risa­ta forzata, che appare un sogghigno. Si avvicina al gruppo degli operai) Eccomi qua... (E fra lo stupore di tutti, si mette a ballare, esasperato, la tarantella).

Biase                             - E questo balletto, perché?

Vincenzo                       - Perché fino adesso la mia accoglienza è stata fredda. Ed io la riscaldo!

Maria                             - Ma guardate un po'... (e s'impazientisce).

Pasquale                        - E lasciate stare...

Biase                             - Non è il caso...

Vincenzo                       - (con rabbia) La si­gnora mia m'ha rimproverato perché mi sono messo con la faccia dì fune­rale! (A Maria) Questi sono uomini temprati che sanno capire che pure un pezzo d'acciaio rosso di fuoco, se ha una martellata, schizza!

Maria                             - E quale martellata hai avuto tu?

Elisa                              - (si avvicina al padre, con le sorelle. I suonatori non sono ancora riusciti a pigliare delle paste) Papà, di sopra eravate così allegro!... .

Vincenzo                       - E adesso sono malin­conico.

 Elena                            - Ma proprio in questo mo­mento? (E indica che c'è gente estra­nea).

Vincenzo                       - In questo momento più che mai!

Maria                             - Ma abbi un tantino di creanza!

Vincenzo                       - Ma, te lo do uno schiaffone!! !

Gennaro                        - Papà!, le mani a po­sto... (Vincenzo, seccato, si mette a passeggiare per calmare i nervi).

Aniello                          - Ma siete nervoso per la serenata?

Vincenzo                       - (con un grido) Per Pietruccio! (Agli operai) Mio figlio!!

Maria                             - Perché si sposa?

Vincenzo                       - Pietruccio, per difen­dere il suocero da due che lo minac­ciavano, a uno gli ha rotto la testa con una sedia e a un altro gli ha dato un morso sul naso... E non sap­piamo ancora la punta che fine ha fatto!! (Schianto e sorpresa genera­le). Potrò essere gaio? La faccia di funerale è più che giustificata per un padre che ha un figlio in istato di arresto! (Lo stupore sì accentua) Questi... (e mostra gli operai alla mo­glie) non sono uomini qualunque... sono amici e sanno capire che dopo la pasta ed il bicchierino se ne de­vono andare perché io debbo correre in questura per vedere le cose come stanno...

Aniello                          - Ma se è così, ce ne possiamo andare anche subito... (E guarda i compagni, che approvano).

Vincenzo                       - Eh, no... Ormai vi trovate... Un minuto di più... un mi­nuto di meno... Salvare almeno l'ap­parenza...

Biase                             - Giusto...

Vincenzo                       - (a tutti, dandosi forza) Beh!... Mangiate... pigliate... (Ma le ragazze sono rimaste lontane e taciturne) E chi aspettate?

Biase                             - E se non ce ne danno?

Vincenzo                       - (alle figlie) Ah!!!

Maria                             - (scuote le figlie) Gué... (Le ragazze si mettono a servire).

Camillo                         - (si avvicina a Vincenzo e lo conforta).

Vincenzo                       - Eh!... Mestiere di pa­dre... (Impreca) Mannaggia!!

Gennaro                        - Papà! E' proibita la bestemmia e il turpiloquio!!

Vincenzo                       - (si contiene, vorrebbe sputare, ma vedendo Gennaro, prende il fazzoletto, vi sputa dentro e poi lo mostra come dire: « Vedi? Sto in regola! »).

Gennaro                        - (giustificando la sua se­ verità) Eh!... Voi non conoscete chi vi vuol bene e chi vi vuol male...

Vincenzo                       - Giusto. Ho capito! (Piglia il vassoio coi dolci dalle ma­ ni di Clara). Ai suonatori... (Pep­ pino ha il violino fra le mani e \na- turalmente si serve. Quello col vio­lino vorrebbe servirsi anche luì, ma Vincenzo lo piglia per un intruso) Embé... E che educazione è questa? Eh! Voi stendete la mano... Ho det­ to Ai suonatori...». (A quello con la chitarra) Professò... pigliate... (Quello con la chitarra si serve. Peppino, mangiando la pasta, guarda quello col violino che (è rimasto male. Vincenzo si avvia per cercare Raffaele). Raffaé...

Quello col violino         - (sottovoce a Peppino seccato) Io Ison rimasto senza pasta!

Clara                             - No!

Quello col violino         - Come no?

Clara                             - Papà... (Vincenzo si vol­ta) Una pasta al professore qua... (Indica quello col violino).

Vincenzo                       - (sicuro) Ce l'ho data...

Clara                             - (ridendo, per aver capito l'equivoco) No...

Vincenzo                       - Ce l'ho data io... Tu li conosci i suonatori come sono... Quello vorrebbe adesso saziarsi vi­cino alle paste... (Dà un'altra pasta a Peppino) E' servito... (E si allon­tana).

Quello col violino         - (strappa il violino dalle mani di Peppino, sec­cato) (Mettete qua... Almeno mi piglio un bicchierino... (Tutti si so­no serviti e restituiscono i bicchie­rini. I due suonatori bevono il roso­lio anche loro e restituiscono i bic­chierini ad Elisa).

Raffaele                        - (piglia il vassoio dalle mani di Vincenzo) Date qua... Esce la colazione per domani...

Nannina                        - (piglia il vassoio dalle mani del marito) Me le mangio io... Tu hai il diabete... (Ed entra pel portone).

Aniello                          - (a Biase) Gué... E chi aspetti? I fiori...

Biase                             - (ricordandosi di averli in mano) Ah... (E con voce di cir­costanza, avanzandosi) Don Vince... Capisco che non sarebbe più il caso, ma li abbiamo comprati per voi, li abbiamo portati fin qua...

Vincenzo                       - Ah!... Grazie... trop­po buoni... (Li prende).

Biase                             - Una sciocchezza... Che cosa abbiamo speso? Tre lire cia­scuno.

Pasquale                        - (a Biase, seccato) Per forza!! Morivi se non glielo di­cevi...

Biase                             - (giustificandosi) Chia­rezza per chiarezza. (Vincenzo dà i fiorì a Raffaele).

Aniello                          - (dopo una pausa) Beh! E adesso non ci resta che andar­cene... (Dà la mano a Vincenzo).

Biase                             - ... senza farcelo dire... (Stringe la mano a Vincenzo).

Alfonso                         - (a Vincenzo) Volete che v'accompagni? Io conosco qual­che persona in Questura...

Vincenzo                       - Grazie... Ci sono lo­ro... (E indica Gennaro e Camillo che stanno discutendo animatamente con le ragazze e con Maria. Peppino è rimasto in disparte imbarazzato).

Biase                             - C'è pure il sergente...

Pasquale                        - Don Vince, auguri per voi e per vostro figlio.

Aniello                          - E' un alterco... La ri­solve in niente...

Vincenzo                       - (affettuosamente agli o-perai) Perdonate del contrattem­po... (Tutti fanno azioni di com­prensione). San Vincenzo lo festeg­geremo l'anno venturo...

Biase                             - (leggermente scherzoso) Ma niente serenate, eh?!

Vincenzo                       - Anche adesso... Ba­stava il pensiero... (Volgendosi alla moglie) Gli amici se ne vanno... (Maria non lo sente). Gli amici se ne vanno!!

Maria                             - (si scuote).

Vincenzo                       - E vuoi salutarli? Se no, non se ne vanno più!

Pasquale                        - Signò, scusate...

Maria                             - Anzi, scusate toì... (Strette di mano).

Vincenzo                       - (giustificando la moglie) Sta con la testa nelle nuvole...

Maria                             - Si capisce...

Vincenzo                       - E così stavo io...

Maria                             - (si asciuga una lagrima) Statevi bene...

Vincenzo                       - La faccia di funerale la tieni tu pure... La teniamo tutti quanti... E più di noi la tengono gli amici...

Aniello                          - ...di conseguenza...

Biase                             - Beh!... Cento di questi giorni...

Raffaele                        - Eh! Che dite? (Fa nascondere Peppino nel casotto).

Vincenzo                       - (a Biase) Ora vi mangio la testa... Statevi bene... (Avvia gli amici).

Alfonso                         - Ma niente... niente...

Vincenzo                       - Neh, io non faccio cerimonie!...

Aniello                          - E' inutile dirlo...

Biase                             - Non ne vale la ìpena...

Vincenzo                       - Non vi accompagno nemmeno...

Pasquale                        - Niente! Niente! Sta­te comodo... (Gli operai e i suona­tori vanno via).

Vincenzo                       - (nervosissimo) Debbo decidermi... (A Clara) Pigliami il cappello! (Peppino vorrebbe seguire Clara per le scale. Raffaele lo ri­manda nel casotto, poi riflettendo, fa uscire Nonnina e richiude di nuovo Peppino, che voleva nuovamente uscire).

Maria                             - (alle figlie) E Luigino e Gaetanino?

Elisa                              - Sono andati a ballare!

Vincenzo                       - S io pure sono in ballo e debbo ballare... Questo cap­pello viene o no?

Maria                             - Porta Pietruccio qua!

Vincenzo                       - Tu prega Dio che ri­torni io! Ormai è passata la mez­zanotte... Siamo già a domenica... Inizio in questura il mio riposo fe­stivo... Stai senza pensiero, e se fra un'ora non mi vedi arrivare, spo­gliati e coricati...

Maira                             - E chi dorme?

Vincenzo                       - E se arrestano pure me? i

Gennaro                        - (ponendosi alla sinistra di Vincenzo) Verrà con noi!

Camillo                         - (ponendosi alla destra di Vincenzo) E chi lo lascia?

Vincenzo                       - (alla moglie, meditando) Lo vedi? Sono finito già in mez­ zo alle guardie...

Camillo                         - Mamma, ci siamo noi...

Gennaro                        - Sapremo andare a fondo.

Vincenzo                       - No, voi dovete rima­nere estranei... Avete una divisa ed una parola data. E qualunque guaio deve cadere su di me!

Camillo                         - Ma voi siete nostro suocero...

Gennaro                        - Pietruccio è nostro cognato...

Vincenzo                       - Ed Elisa ed Elena vi debbono essere mogli... E m'è più caro il genero che l'agente... (Clara viene dal portone e porge il cappello al padre) Metti qua... (Se lo mette a rovescio).

Clara                             - (vuole accomodare il cap­pello) Sta storto!

Vincenzo                       - (rimette diritto il cap­pello) Lascia stare... Non va una cosa diritta, e quella pensa al cap­pello!... (A Gennaro) Tu ti trovavi di passaggio... e hai visto la scena...

Gennaro                        - Debbo dare una testi­monianza falsa?

Vincenzo                       - E allora non c'eri, e non hai visto niente... E che vieni a fare?

Gennaro                        - (si giustifica con la sua fidanzata).

Vincenzo                       - (a Camillo) Tu puoi fare qualche cosa?

Camillo                         - Relativamente...

Vincenzo                       - E non ci venire nem­meno tu!

Camillo                         - (si giustifica con Elisa).

Vincenzo                       - (a Maria) Hai capito? Il guaio è di chi lo passa! Ci vado solo!! Io sono il padre e faccio il mio mestiere... Qualunque cosa... di­fendo mio figlio!

Maria                             - Vuoi che venga anch'io? Sono la mamma... Ne ho il diritto...

Vincenzo                       - Il diritto di farlo uscire? Che vieni a fare tu? Non basta il dolore che senti? Lo devi pure dimostrare? Ne devi fare uno spettacolo? (A tutti i suoi familiari) Andate... Andate sopra... Accendete le candele a San Vincenzo... che senza serenata, ma pregato in si­lenzio, saprà essere benigno... Sul­lo porterò Pietruccio qui... (Ha un improvviso scatto. Alla moglie) Ah! se io avessi saputo che tu eri così prolifica... non ti avrei sposata!

Gennaro                        - (riprendendo severamen­te Vincenzo) Papà... E' antide­mografico...

Vincenzo                       - (scattando esasperato) Uh!... Tu, come sei pignolo!! E lasciami sfogare!! (S'avvia).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

La camera da pranzo di casa San­toro. A sinistra, la finestra, e giù, in primo piano, la porta che dà sulla terrazza. E' il giorno dopo. Sono le due del pomeriggio. Elena, seduta presso la tavola, al centro della sce­na, spezza i maccheroni grossi in un colapasta. Elisa viene da destra. .

Elena                             - Che ore sono?

Elisa                              - L'una e mezzo! (Comin­cia ad apparecchiare la tavola, togliendo l'occorrente dalla cristalliera). Ho accese le altre candele a San Vincenzo.

Elena                             - Se le è meritate. Papà disse: « Io porterò Pietruccio a casa » e lo portò! Mise in rivoluzione una questura, ma lo fece uscire!

Elisa                              - Figurati!

Elena                             - Il futuro suocero di Pie­truccio già stava là!

Elisa                              - Ne aveva l'obbligo...

Elena                             - E accompagnò Pietruccio e papà fino a casa con l'automobile. Poi stamattina alle otto è venuto a pigliare Pietruccio e lo ha invitato a pranzo...

Elisa                              - Papà lo disse: s'è piaz­zato!

Elena                             - Pietruccio sposerà prima di noi. Gli è bastato questo atto di risolutezza per decidere il suo avve­nire...

Elisa                              - E' inutile: ogni conqui­sta vuole il suo combattimento!

Elena                             - Ed ogni vittoria il suo sangue! (Le due ragazze si mettono a ridere dell'enfasi con la quale han­no pronunziato le loro massime) Sai che stamattina al Corpo di guardia, venutosi a sapere il nostro fidanzamento, tutti i compagni hanno festeg­giato Camillo e Gennaro? Hanno of­ferto il vermut ed hanno brindato alla loro e alla nostra felicità!

Elisa                              - Davvero? Figurati la pub­blicità...

Elena                             - ...e i commenti!...

Elisa                              - Noi, al Corpo di guardia, eravamo già note...

Elena                             - E specialmente tu!

Elisa                              - E come l'hai saputo?

Elena                             - Me l'ha scritto Gennaro in un bigliettino che accompagnava quel fascio di garofani... (Li indica in un vaso).

Elisa                              - (ammira i fiori) Ah!? Commovente!

Elena                             - E ora che il tuo fidan­zamento lo venga a conoscere la si­gnora di Camillo... figuriamoci...

Elisa                              - E che me ne importa? Sono cose che non durano...

Elena                             - Non sempre...

Elisa                              - Elena, senti... Camillo, per decidersi a venire da papà, vuol dire che ne è stufo...

Elena                             - (vede apparire Luigino in pigiama con la testa fasciata) Un altro martire della conquista!

Luigino                         - Ma quando si mangia?

Elisa                              - Eh, se non viene mamma e papà! Quando mai abbiamo man­giato all'una e mezzo?

Luigino                         - Io ho appetito. M'è ve­nuto pure dolor di testa!

Elena                             - Ti fa ancora male la fe­rita?

Luigino                         - Eh, si capisce! Sono tre giorni appena...

Elisa                              - (ironica) Il vaso? n vaso?

Luigino                         - Il vaso.

Elena                             - E con la ferita fresea, ieri sera sei andato a ballare?

Luigino                         - Avevo un appuntamen­to galante!

Elena                             - Galante? Con la testa fasciata?

Luigino                         - L'uomo sofferente fa maggiore presa...

Elena                             - ...perché fa pena...

Luigino                         - (che ha guardato fuori) Mamma!...

Maria                             - (viene dalla porta di entra­ta, si toglie il cappello) Papà è venuto? Elena            - Non ancora.

Maria                             - E Gaetanino?

Elena                             - Nemmeno.

Maria                             - E Clara che sta facendo?

Elisa                              - Toletta.

Elena                             - Dice che deve venire il fidanzato a parlare con papà...

Luigino                         - Se la vedeste? Salta, canta, s'accomoda. Sta da mezz'ora allo specchio.

Maria                             - Credo bene...

Elena                             - Certamente Clara deve tenerci a questo fidanzato...

Maria                             - Per farlo venire a parlare con papà l'ha dovuto incoraggiare...

Clara                             - (uscendo dalla destra come un bolide, alza la gonna di Elena, osserva le calze e strilla) Che hai fatto? Hai messo le mie calze?!

Elena                             - Non avevo di che met­termi!

Clara                             - Ma, io, la roba tua non la tocco!

Elena                             - (alterandosi) Non è vero, perché ieri ti sei messa il mio cap­pello!

Clara                             - Guardate... Per una volta!

Maria                             - Zitte! Zitte! Vergognate­vi... Siete sorelle, e vi dovreste aiu­tare l'una con l'altra!

Elena                             - E' un mese che papà mi ha promesso un paio di calze!

Maria                             - Eh, non te le ha potuto dare! Voi siete sei, con me sette, con lui otto, con la donna di servizio no­ve. E tutto il resto che ci vuole?... Si arriva a Mille e una notte... Che volete da quel povero disgraziato? Io ho un solo cappello d'estate e d'in­verno... L'inverno lo copro e l'estate lo scopro. Bisogna arrangiarsi...

Clara                             - E più che cucirci i vesti­ti da noi!...

Maria                             - (a Clara) A che ora de­ve venire questo tuo fidanzato?

Clara                             - Quando ritornerà papà!

Maria                             - Eh, gli dovevi dare un orario! Sa quando ritorna?

Clara                             - Lo sa. Ce l'ho detto.

Maria                             - Ma dove l'hai conosciuto?

Clara                             - L'altro ieri fuori della villetta, al momento che Nannina andò a prendere i gelati...

Elena                             - Quando stava Gennaro qua?

Clara                             - Si. Ieri sera, poi ci ven­ne dietro e si confuse con i suona­tori...

Maria                             - E chi era? Quell'uomo basso basso, coi fiori in mano?

Clara                             - No, mamma!

Maria                             - Per questo scendevi sem­pre giù al palazzo, eh?

Elisa                              - Ma se se n'accorgeva papà!...

Maria                             - E adesso questo fidanzato dove si farà vedere?

Clara                             - Gli ho detto che avesse aspettato papà fuori della chiesa, così: o Quando lo vedrete uscire, met­tetevi da lontano, andategli appres­so e quando papà si ritira, dategli il tempo che si svesta e poi salirete ».

Maria                             - Lo sapesse ora, quel po­veruomo, che ha il carabiniere alle calcagne! Ma come!! Vedete se è co­sa!! Tu, l'altro ieri, hai conosciuto un uomo, e oggi lo fai già venire a parlare con tuo padre!!

Clara                             - E, Gennaro, non fece presentazione e richiesta tutto as­sieme e non fu subito ammesso in casa?

Elisa                              - E lo stesso Camillo!

Elena                             - Oggi si fa così!

Maria                             - Che impressione t'ha fatto?

Clara                             - Pare tanto un buon gio­vane... Si chiama Peppino Gagliardi... Fa il ragioniere...

Maria                             - Tutto questo ve lo siete detto ieri sera? (Clara approva). Eh! Un altro po', e saresti pure partita per il viaggio di nozze, senza che noi ce ne accorgessimo!!

Elisa                              - Vedremo che dirà il papà quando arriva.

Maria                             - Speriamo che la pigli a risate...

Luigino                         - Altrimenti guastiamo il pranzo...

Vincenzo                       - (entrando dalla destra, tutto accigliato, guarda la moglie e le figlie come se avesse da dire una cosa grave).

Elena                             - Papà, ch'è stato?

Vincenzo                       - Niente...

Maria                             - Tu hai la faccia bianca!

Elisa                              - Vi è successo qualche cosa?

Vincenzo                       - No.

Clara                             - E perché state così?

Vincenzo                       - Sono stato pedinato da un ladro!

Maria                             - Veramente?

Vincenzo                       - Proprio.

Clara                             - (che pensa si tratti di Pep­pino) Papà, ma com'era?

Vincenzo                       - Una persona distinta, vestito benissimo... Da che sono usci­to dalla chiesa mi ha sempre se­guito.

Elena                             - (che ha mangiato la foglia) Ah, da che siete uscito dalla chie­sa? Ma, papà, avrete avuto una svista!

Vincenzo                       - Nooo...

Elisa                              - Pensateci bene... (E sor­ride).

Vincenzo                       - Gesù! Mi sono pure tolto l'orologio e la catena dal pan­ciotto e li ho messi nella tasca del pantalone... (Mostra) Però si è trat­tato di un dilettante... una schifezza di ladro!... Ma come? A tre passi di distanza? Pareva che lo portassi at­taccato. L'ho guardato di bieco tre o quattro volte, ma lui non s'è scom­posto. Niente! Io avanti e lui indie­tro... Non gli potevo dire niente perché mi poteva rispondere: « la via è libera; cammino dove voglio...». Ogni tanto mi abbassavo con la scusa di pigliare qualche cosa da terra e lo guardavo da frammezzo le gambe per vedere se ancora mi seguiva. Ar­rivato sotto il palazzo, l'ho guardato fisso, ma lui non ha abbassato gli occhi... « Vorreste conoscermi? » « Vi conoscerò!! » Volevo chiedere spiega­zioni... Tenevo il dolce fra le mani... Pensavo: « Se glielo scaravento in faccia... costa quattordici lire... E' meglio che ce lo mangiamo a casa...».

Maria                             - (seccata, guarda Clara, indi si rivolge ad Elena) Porta quei maccheroni in cucina... (Elena piglia il colapasta). Vince, vieni a cambiar­ti... Hai pagato il sarto di Gaetanino?

Vincenzo                       - Per Don Gaetanino?! Sì... Sai che ha fatto! Lusingato di dover impiegarsi alla banca ha ordi­nato due vestiti... A tempo, ho potuto disdire lo « smoking ». (Imitando la voce del sarto): « Io già ho taglia­to! » « E non lo potete vendere ad un cameriere? ». E voleva settecento lire... Per portarlo a cinquecento, le sole che avevo, ho dovuto sudare una camicia...

Maria                             - Povero figlio!

Vincenzo                       - No! Povero padre!!

Maria                             - E va', spogliati...

Vincenzo                       - E che mi debbo to­gliere più di dosso? Son ridotto una statua... C'è rimasta solamente la fo­glia di fico... (Ed entra con Maria a sinistra).

Elena                             - (dando in una gran risata) L'ha preso per un ladro!!

Luigino                         - Io poi di queste figure non ne ho fatte mai...

Elena                             - A questo lo feriscono so­lamente...

Elisa                              - E caspita... A tre passi di distanza...

Elena                             - Deve essere proprio un cretino... (Ed entra, spingendo Elisa che ride).

Luigino                         - Sentiremo ora quando si presenterà a papà... (Entra anche lui).

Clara                             - (corre alla finestra, si af­faccia. Come per parlare a qualcuno) Aspettate... E' presto! Non vi fate ve­dere! Di qui, no... Dalla parte del giardino... Tra Una diecina di minuti... (Si ritrae).

Maria                             - Sarà colui che cammina­va dietro a tuo padre?

Clara                             - Sì. E' abbasso.

Maria                             - E come si farà? Gli ha fatto quella cattiva impressione!...

Clara                             - Mamma... si giustifiche­rà... (Entra a sinistra).

Maria                             - (le grida dietro) Aiuta tuo padre!... (Va ad affacciarsi) Io? Favorite... (E' indubbiamente sorpre­sa). Venite, favorite qua...

Lucia                             - (donna piacente, volgare, con un cipiglio orgoglioso e freddo) Permesso?

Maria                             - Accomodatevi.

Lucia                             - La signora Santoro?

Maria                             - Proprio.

Lucia                             - Vengo per Camillo.

Maria                             - (improvvisamente rabbuia­ta) Voi siete?...

Lucia                             - Sissignore: l'amica di Camillo... (Maria va a rinchiudere la porta di sinistra). Abbiamo due figli, signora. E questo matrimonio non si potrà fare...

Maria                             - (schiantata) Due figli?

Lucia                             - Due: un maschio ed una femmina. L'uno ha quattro e l'altra sette anni! Embè, e Camillo si sposa? Io ho peccato con lui, signora... E questi sono peccati che si piangono...

Maria                             - Ma mia figlia lo sapeva di questi figli?

Lucia                             - Non lo so. Non voglio credere... Ma se essa potrà passar sopra questa cosa, voi no, certamente. Voi, madre di famiglia, potreste dare questo consenso?

Maria                             - No! !

Lucia                             - Oh, sia lodata la Madon­na! Io credevo che quest'amore fosse una cosa passeggera... che Camillo l'avesse fatto per divertirsi...

Maria                             - (risentita) ...con mia figlia?

Lucia                             - Ma oggi che ho saputo che Camillo è stato ammesso regolar­mente in casa... vi faccio sapere i fatti come stanno, e poi... giocherò tutto per tutto!..

Maria                             - (rassicurandola) Andate...

Lucia                             - Ve ne faccio uno scru­polo di coscienza... Se no, quello che vostra figlia è venuta a fare sotto il Corpo di guardia... io lo verrò a far qua!!

Maria                             - Non ce n'è bisogno. La Madonna v'accompagni.

Lucia                             - E, allora, io me ne vado. La cosa rimanga fra noi. Statevi be­ne! (Ed esce a destra rapidamente. Maria resta di stucco, schiantata).

Vincenzo                       - (da destra, in pigiama e pantofole, sbalordito alla moglie) Gesù! Quell'individuo passeggia sotto il balcone e guarda sopra... Che stia studiando il piano per vedere da che parte entrare? Meno male che ho due guardie a disposizione!... Ma non vo­gliono lavorare, sah... E' comoda l'ar­te del rubare... (Si affaccia, e si ri­trae). Che lo passino ammazzare! Quello sta squadrando anche il bal­cone... Ora scendo con una mazza e gli apro tutto questa! (e indica la fronte).

Maria                             - Non ti preoccupare. Posso gettare la pasta?

Vincenzo                       - Aspettiamo Gaeta-nino...

Maria                             - (additando la grattugia che è sulla tavola) Per favore, gratta­mi Il formaggio... (Ed entra a sini­stra, sospirando).

Vincenzo                       - (piglia la grattugia, l'a­pre, ne cava una scorretta dì for­maggio) Il formaggio? Una scor­za!... (E comincia a grattugiare, ar­malo di santa pazienza).

Olga                              - (compare da sinistra, piccola e dimessa) Il signor Santoro?

Vincenzo                       - (si volta) Venite...

Olga                              - Io sono la sorella del ser­gente Silvestri...

Vincenzo                       - Ah!... (Si alza).

Olga                              - La prima. Siamo tre. No­stra madre è paralitica, e Gennaro è l'unico nostro sostegno.

Vincenzo                       - E con questo?

Olga                              - So che Gennaro è fidanzato con una delle vostre figliuole.

Vincenzo                       - Sì, Elena...

Olga                              - Questo matrimonio, se si effettuasse, sarebbe la nostra rovina! A vostra figlia non potrà mancare una buona fortuna... Ella lascerebbe così, a noi, l'unico mezzo di sussistenza..

Vincenzo                       - Ed io?

Olga                              - Voi dovreste trovare il modo di scombinare questo matrimonio, senza farne sapere la ragione... Pa­reste un'opera di cristiana carità.

Vincenzo                       - Ma ogni uomo che si sposa lascia Ja famiglia per crearne una propria... Da secoli va così...

Olga                              - Eppure nel caso nostro si­gnificherebbe la fame... Se io m'im­piegassi, chi accudirebbe la casa? Le mie sorelle sono piccole e la mamma non può... Non abbiamo che quell'uni­co cespite...

Vincenzo                       - Ma se ha deciso di am­mogliarsi, se non sarà con mia figlia, lo sarà con un'altra... Gennaro lo fa­rà ugualmente...

Olga                              - Lo so... Ma voi lasciateci ancora un poco di respiro... Mi farete questa carità? E' un fidanzamento di due giorni... Non ci può essere.amore né per lui, né per la signorina... Vi sarà facile poter mandare la cosa a monte...

Vincenzo i                     - Certo... io non m'impe­gno... Devo interrogare Elena... Gen­naro...

Olga                              - No. Soltanto voi, che siete padre, potete capire questa necessità. Vi chiedo molto, è vero? (Vincenzo vorrebbe parlare). Non me lo dite... Non me lo dite... Permettete che vada via... (E se ne va).

Vincenzo                       - (la segue con lo sguardo, soprappensiero, poi si rimette a se­dere accanto alla tavola ed a grattare il formaggio).

Gaetanino                     - (viene da destra, già in pigiama) Papà... (Vincenzo assorto non risponde). Papà...

Vincenzo                       - A quest'ora? Ti sei mi­surato un terzo vestito?

Gaetanino                     - No. M'è arrivato il precetto... Sono stato al distretto!

Vincenzo                       - Richiamato?

Gaetanino                     - Il giorno quindici mi debbo trovare a Cagliari...

Vincenzo                       - Meglio. Il migliore col­laudo. Diventi uomo!... Ah, se potessi partire anch'io! Qui si combatte ugualmente, ma senza vittoria... grat­tando il formaggio...

Gaetanino                     - Perché parli così?

Vincenzo                       - Momenti. Tua madre non sa niente?

Gaetanino                     - Non ancora.

Vincenzo                       - E non dar retta, non dir niente. Quella donna non deve avere nessunissimo dispiacere... Pen­siamo a mangiare!..

Luigino                         - (viene dalla destra, scorge il fratello) Finalmente si mangia! (Grida verso dentro) Mamma, Gae­tanino è venuto... La pasta la puoi gettare... nella caldaia... Gettala... Buttala... (Gaetanino lo spinge den­tro ed entra con lui).

Vincenzo                       - (ironico, grida) Si mangia!!! \(Pìù nervoso) Si mangia!! (Gratta il formaggio. Sì fa male ai polpastrelli delle dita. Gratta più ner­vosamente. Pausa. Ha un sospetto. Si ricorda dell'uomo che è giù. Si alza. Va verso la finestra e si affaccia con molta cautela).

Peppino                         - (col cappello fra le mani, da sinistra, in punta di piedi, timidis­simo, si ferma sotto la porta in at­tesa di essere visto).

Vincenzo                       - (si volta, ha un balzo nel­lo scorgere Peppino) Pure qua?

Peppino                         - Zitto... zitto... Io vi devo parlare.

Vincenzo                       - Ah! Per questo ho avu­to la vigilanza speciale dalla chiesa fin sotto il palazzo?

Peppino                         - Proprio.

Vincenzo                       - E perché non mi avete parlato giù?

Peppino                         - Mi è mancato il co-1 raggio...

Vincenzo                       - Ah, è una cosa grave? Favorite...

Clara                             - (viene dalla destra) Papà... (Alza gli occhi e vede Peppino) Ah!...

Vincenzo                       - (a Clara) i  - Questo è il ] signore che mi seguiva.

Clara                             - E vi ha detto chi è?

Vincenzo                       - Non m'ha fatto ancora il suo nome. (Si volge a Peppino) Dunque? (Visto che Peppino guarda­va intensamente Clara, mentre essa furtivamente gli aveva fatto cenno di parlare, a lei rivolto) Óra s'è fissato su te... (Investendo Peppino) Chi sie­te? Che volete?

Clara                             - (dandosi coraggio) Papà, questo giovane... (Maria compare sul­la porta di destra. Clara per togliersi d'impaccio si rivolge a lei) Mamma, papà vuol sapere chi è questo gio­vane...

Maria                             - (impacciata e sfiduciata) Questo è... (Clara desidera che essa continui).

Vincenzo                       - ... il ladro...

Peppino                         - (sorpreso) Quale ladro?

Vincenzo                       - Il ladro... Dico così per far capire a mia moglie... (A Maria) ... il signore che mi seguiva.

Maria                             - E sai chi è?

Vincenzo                       - Fino a questo momento non l'ho potuto sapere!

Maria                             - (sollecitata da Clara) Que­sto è un giovane che vorrebbe sposa­re Clara...

Peppino                         - ... e sono venuto a chie­dervi la sua mano...

Vincenzo                       - E mi fate pigliare que­sta paura?

Peppino                         - Ma paura di che?

Vincenzo                       - Gesù! E dire che per la via mi son tolto pure l'orologio e la catena dal panciotto...

Peppino                         - Addirittura?

Vincenzo                       - Ed io che mi vedo pe­dinare con Insistenza!... Dunque?... Voi mi venite a chiedere la mano di Clara?

Peppino i                       - Se me ne credete degno...

Vincenzo                       - Beh! Prima di ogni al­tra cosa... il vostro stato di famiglia... Avete sorelline piccole?... Niente?

Peppemo                       - No. Siamo mio padre ed io.

Vincenzo                       - Vostro padre è infer­mo?... immobilizzato? No? (Clara e Maria guardano Vincenzo stupite).

Peppino                         - Sta benissimo. Lavora.

Maria                             - (prende la parola) E... non c'è nessuna donna che possa ac­campare diritti su di voi?... (Vincen­zo e Clara guardano stupiti Maria).

Peppino                         - Per amor del Cielo!

Vincenzo                       - Non vi meravigliate... Sono le prime cose che noi chiedia­mo... Vi chiamate?

Peppino                         - Giuseppe Gagliardi.

Vincenzo                       - Siete una guardia?

Peppino                         - No. Sono ragioniere.

Vincenzo                       - , E dove ragionate? Cioè... dove siete impiegato?

Peppino                         - Presso una ditta pri­vata. Guadagno mille e duecento lire mensili... Sono un buonissimo giova­ne... Pigliate informazioni...

Vincenzo                       - E si capisce...

Maria                             - Occorre informarsi, e be­ne. (Clara s'impressiona).

Vincenzo                       - Non sono decisioni che si possano           pigliare dall'oggi al do­mani!

Elena                             - (dalla destra, con Elisa, alla madre) Noi siamo pronte...

Elisa                              - Che si dice?

Vincenzo                       - (alle figlie indicando Pep­pino) Il ladro... vorrebbe essere un vostro cognato...

Elena                             - Vorrebbe? Vuole...

Elisa                              - Ci sono difficoltà?

Vincenzo                       - E adesso che posso sa­pere?

Elena                             - Quali difficoltà? Basta che sia un buon giovane onesto, e che le voglia bene...

Peppino                         - Ma Clara lo sa, se io le voglio bene!...

Vincenzo                       - (impressionato, a Clara) Lo sai? Ne hai avute le prove?

Clara                             - Le prove... Oh, Dio!... Così....

Vincenzo i                     - Da quanto tempo lo co­nosci?

Peppino                         - Da due giorni.

Vincenzo                       - E già mi siete venuto a chiedere la mano? (storce il naso) Non è cosa... E' un fidanzamento di due giorni... Non ci può essere amore per nessuno dei due...

Maria                             - Proprio...

Luigino                         - (esce da destra seguito da Gaetanino) Neh, ma mangiamo, si o no? (Vedendo Peppino) Ah!... (A Vincenzo) Questo è... (Guarda Clara).

Peppino                         - Il ladro... Il ladro...

Vincenzo                       - Sì, ma non è cosa...

Peppino                         - Ma perché?

Vincenzo                       - Non so... Non m'ispi­rate fiducia... Anche dal modo come vi siete presentato!... Vi mettevate paura di avvicinarmi...

Peppino                         - Io non ho mai tremato davanti a nessun pericolo, ma davanti a voi, sì!

Vincenzo                       - Perché io per voi rap­presento un pericolo massimo?

Peppino i                       - Sì, perché dovete de­cidere della mia esistenza!

Vincenzo                       - Va bene. Potete an­dare. Fate passare del tempo. Abitate?

Peppino                         - Via Duomo, 40.

Vincenzo                       - E senza passeggiare davanti a casa mia... Sono cose che non mi piacciono. Ora dobbiamo mangiare... Non vi dico: mangiate con noi, perché come amico vi spet­terebbe, ma come probabile fidanza­to, no!

Peppino                         - Ma almeno vederla qualche volta... (e mostra Clara).

Vincenzo                       - Vedete? Voi siete ra­gioniere, e adesso non ragionate... Noi,

 di famiglia, siamo un po' all'antica... E voi dovete uniformarvi all'ambiente...

Peppino                         - Aspetto.

Vincenzo                       - La vedrete quando vi dirò: « Potete venire »...

Peppino                         - Aspetto. (Saluta tutti e rapidamente esce).

Maria                             - (verso l'interno della casa) Puoi portare i maccheroni... (La famiglia si mette a sedere a tavola. Nonnina compare con una zuppiera fumante. Clara prorompe in un pian­to dirotto).

Nannina                        - Signorina, ch'è stato?

Vincenzo                       - (nervoso) Che signi­fica questo pianto?

Clara                             - (alzandosi di scatto) Voi l'avete con me!

Vincenzo                       - L'ho...?

Clara                             - Sì! A Gennaro e a Ca­millo, un mondo di cerimonie, e su­bito diceste di sì... (Entra in casa, se­guita da Nannina).

Maria                             - (le grida dietro) E fece male...

Elisa                              - (dopo un attimo di pausa) Perché papà fece male?

Maria                             - Prima di ammettere un uomo in casa si deve veder bene...

Elisa                              - Perché, mamma, Ca­millo...?

Maria                             - Ha due figli!

Vincenzo                       - (sbalordito) Due?!

Maria                             - E' venuta la sua amica qua, e me li ha messi sulla coscienza!

Vincenzo                       - Ma Camillo questo fat­to non me lo disse... (A Elisa) E tu, sapevi? (Elisa afferma). E te lo spo­savi?

Elisa                              - Papà, è forse il primo uo­mo che lascia l'amante per sposare un'altra donna?

Vincenzo                       - E con quale cuore?

Elisa                              - Ma quella non era una ragazza zitella. Io sono un'altra cosa!

Vincenzo                       - (disgustato) Tu, dav­vero, sei una cosa diversa. Sei uscita dalla famiglia. Non hai i nostri sen­timenti.

Elisa                              - (alzandosi indispettita) Papà, voi filosofate... Io penso alla mia sistemazione... (ed entra in casa, piantando in asso tutti).

Vincenzo                       - Credevo di aver fatta una sola sciocchezza... Ne ho fatto due!

Elena                             - Con Gennaro?

Vincenzo                       - Con Gennaro!

Maria                             - Ha anche lui un'amante?

Vincenzo                       - No, ma le sue condi­zioni di famiglia non gli consentono di formarne un'altra.

Elena                             - E perché?

Vincenzo                       - Ha tre sorelline piccole e la madre paralitica... Ed è il solo a provvedere...

Elena                             - E vuol dire che ci arran­geremo...

Vincenzo                       - Gennaro... con cinque persone a carico?

Maria                             - Come formerà una fa­miglia?

Vincenzo                       - Non sapete cosa costa!

Elena                             - (infastidita) Papà, voi che volete da me? Io non lo volevo... Voi me l'avete presentato... Voi avete in­sistito... Me l'avete dato... Ora me lo levate!... Fate quello che volete, voi!... Io non ci tengo... (Ed entrando escla­ma) Ha una testa enorme!!

Luigino                         - E queste discussioni sempre all'ora del pranzo...

Vincenzo                       - All'ora tua. E tu solo a questo pensi: al mangiare... Tutto il resto della casa non ti riguarda... (Luigino sbuffa e si alza andando via). E vattene tu pure, Gaetanì...

Gaetanino                     - (indispettito, togliendosi il tovagliolo) Ho capito: oggi è vi­gilia... (E segue il fratello).

Vincenzo                       - E domani voglio in­formarmi per bene chi sia il ragio­niere. (A Maria) Farò come tuo pa­dre fece con me... In questo campo bisogna ritornare all'antico...

Maria                             - E' il miglior metodo...

Vincenzo                       - Eh!... Ma intanto con le tue figlie non l'hai adottato... Ogni guardia che s'è presentata: « favori­te... accomodatevi...».

Maria                             - Per fare la loro felicità...

Vincenzo                       - Ci sembra, come l'hai fatta!... (ed indica dentro la casa).

Maria                             - E va bene, Vince... Sono giovani... La vita non è finita ancora... (Seccata, toglie il tovagliolo e lo get­ta sul tavolo. Vincenzo vorrebbe par­lare, ma Maria si allontana sgarbata­mente. Vincenzo rimane solo. Guarda la tavola. Pensa al peso, allo sbaglio di tante cose fatte. Sospira e sì mette così, in attesa, a giocherellare con i polpastrelli su un piatto vuoto).

FINE