Mi sono sposato

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MI SONO SPOSATO

Commedia in tre atti di Guglielmo Zorzi

PERSONAGGI

RINA                   ANNI 22

DAISY                 ANNI 25

TERESA              ANNI 60

LISETTA             ANNI 17

GUIDO                ANNI 28

SANDRO             ANNI 30

PIERO                  ANNI 28

LELLO                 ANNI 31

VINCENZO         ANNI 40

A Roma. Oggi.


ATTO PRIMO

La scena.

Salotto moderno nella casa di Guido. A destra una porta, a sinistra la comune e una finestra. La parete di fondo presenta la solita larga apertura che mette nella stanza da pranzo, dove si immagina a de­stra un'altra porta. Sulla scena pochi mo­bili, ma non comodi. Tardo pomeriggio.

Guido, Rina, Teresa, Vincenzo.

Guido                -(ventottoanni, simpatico, elegante. Sta levando dall'involucro tre bottiglie di liquori diversi, che pone su un vassoio).

Rina                   -(ventidue anni, vestita da passeggio, dispone dei fiori in alcuni vasi. Accennando a un vaso già pronto) Teresa?

Teresa                -(è la vecchia nutrice di Guido) Signora?

Rina                   - Per favore vuoi metterlo su quel tavolino?

Teresa                -(eseguendo) Vi porto l'altro.

Rina                   - Si... grazie, Teresa.

Guido                -(a Vincenzo) Il levatappi.

Rina                   -(a Guido) Li lasci così, nelle bot­tiglie?

Guido                - Si capisce.

Rina                   - C'è quel bel servizio che ci ha re­galato lo zio Tommaso... poi quegli al­tri due dei parenti di Torino...

Guido                - Si, ma oggi i servizi da liquori non servono.

Teresa                -(fra sé) Magnifico!

Rina                   - Così regalano della roba che non serve?

Guido                - Già.

Teresa                - E allora cosa ne fate di quelle tre casse piene di regali che avete messo in cantina?

Rina                   - Davvero!

Guido                - Cosa ne facciamo? Ogni volta che si sposa un amico, andiamo a frugare nelle casse...

Rina                   - Guido, non dir sciocchezze.

Guido                - ... poi i nuovi sposi li regalano ad altri e così via...

Rina                   - Ma noo...

Guido                - Ma siii... Be', ora vieni qua che ti insegno.

Rina                   - Bravo. E poi vado a cambiarmi.

Guido                - Dunque... (accennando a una del­le bottiglie di liquori) Questo è Gin e lo lasci stare. Oh... (accennando a un bic­chiere) Qui metti un pezzo di ghiaccio... (cercando) Il cucchiaio... (Al domestico) Vincenzo, un cucchiaio.

Teresa                - (fra sé) Quel veleno!

Guido                - ... e vi metti secondo le persone...

Rina                   - Cinque.

Guido                - Ecco, brava... due dita di cognac, tre dita di Cointreau, appena, appena di limone... e il resto, fin qui, vermout.

Rina                   - È un po' complicato.

Guido                - Sta' attenta: due dita...

Rina                   - Ho capito, ma... (ordinando le bottiglie) Aspetta che le metta in fila, se no mi sbaglio. Dunque... questo è Gin e lo lascio stare. Oh... dunque: due dita di cognac, tre dita di Cointreau, appena appena di limone e fin qui ver­mout.

Guido                - Ma che brava la mia mogliettina! (La bacia).

Rina                   - Sta fermo!

Guido                - Già: c'è la nutrice, che non deve vedere... (La bacia ancora).

Rina                   - Ma andiamo. Guido!

Teresa                - La signora ha ragione: tante stu­pidaggini in pubblico!

Guido                - E il pubblico saresti tu?

Teresa                - Come no? Quando fai della mu­sica nuova e la fai sentire a me e Vin­cenzo, non dici che siamo il tuo pub­blico?

Guido                - (a Rina) La vedi? Vuol sempre aver ragione.

Teresa                - Quando ho ragione, si capisce.

Rina                   - Andiamo avanti!

Guido                - Si, andiamo avanti... Prendi il cucchiaio e mescoli... o meglio agiti, sbatti... Così. (Eseguisce) ... per tre, quattro minuti.

Rina                   - Tanto tempo?

Guido                - Eh, deve ghiacciarsi!

Teresa                - (fra sé) Guarda lì!

Guido                - Poi versi nei bicchieri. Ecco tutto.

Rina                   - A proposito! Abbiamo fra i regali quel recipiente che si chiude, poi si agi­ta: non è per i cocktails?

Guido                -Si; ma tu la vedi una signora scuotere il recipiente? Quella è roba da uomini; ma una signora è più graziosa col cucchiaio: così. (Fa l'atto) Tac, tac, tac...

Rina                   - Va bene, ma...

Guido                - E bada che dovrai farlo con non­curanza... quasi distratta.

Rina                   - Distratta?

Guido                - Eh, si, distratta. Hai mai visto le dive nei film americani? (Facendo atto di sbattere, cammina dondolandosi fra le poltrone) Chiacchierano del più e del meno con gli amici... fumano la siga­retta... e intanto tac, tac, tac...

Rina                   - Ma se schizza?

Guido                - Schizza?

Rina                   - Eh, se chiacchiero può...

Guido                - Ma non deve.

Rina                   - Ma, caro, tu fai presto a dirlo: tu non fai niente...

Teresa                - Ecco!

Guido                - Non faccio niente? T'insegno. E dici poco? Lo sai che i cocktails sono la mia specialità?

Teresa                - Fosse solo quella roba lì la tua specialità !

Guido                - (a Teresa) Che cos'hai, che cosa hai tu, che brontoli come una caffet­tiera?

Teresa                - Ho che quel genere d'amici non dovevi farglieli conoscere a tua moglie...

Guido                - Oh, non ricominciamo!... (A Ri­na) Dei professionisti, bravissimi...

Teresa                - Già... bravissimi a farne di tutti i colori... concreto... si volatizzano che è una bel­lezza.

Rina                   - Strano.

Daisy                 - Finirò per farmi prestare il tuo costume da bagno. (Ridono).

Rina                   - (improvvisamente) A proposito!

Daisy                 - Che cosa?

Rina                   - Vuoi scommettere che te lo trovo io il marito?

Daisy                 - Davvero? tu? come? Dimmi, dim­mi... Oh, che bellezza!

Rina                   - Calmati, cara.

Daisy                 - Calmarmi? Mi parli di marito e vuoi che mi calmi? E allora?

Rina                   - Fra poco saranno qua questi suoi amici...

Daisy                 - Ah...

Rina                   - Sono tre: vuoi che fra tre non si trovi quello che ti va?

Daisy                 - Ma chi sono?

Rina                   - Uno si chiama Sandro... Sarpi, mi sembra: ha studiato archeologia...

Daisy                 - Ricco?

Rina                   - No.

Daisy                 - Male.

Rina                   - Guido però mi ha detto che ha uno zio pieno di milioni...

Daisy                 - Ah!

Rina                   - Ottantenne...

Daisy                 - Bene.

Rina                   - ... e lui è l'unico erede.

Daisy                 - Ma che bravo ragazzo!

Rina                   - Veramente fa l'archeologo per com­piacere lo zio: sai... l'eredità...

Daisy                 - Fa il suo dovere, povero figliolo.

Rina                   - Il secondo è architetto, credo molto bravo; anche lui figlio di papà; così l'ar­chitettura, mi capisci, la fa per modo di dire.

Daisy                 - Si chiama?

Rina                   - Piero; il cognome non lo ricordo. Il terzo è Lello... Lello Ferrini, chirurgo, aiuto del professor Salustri al Poli­clinico: una promessa. Questo è il più serio di tutti, forse perché è povero.

Daisy                 - Nomi simpatici per dei mariti.

Rina                   - È vero? Sandro, Piero, Lello...

Daisy                 - Sandro qua, Piero là, Lello su: si prestano.

Rina                   - (ride) Più bello Guido però. Be', appena sono qua, li vedi e ne scegli uno.

Daisy                 - Va bene sceglierlo; ma come fac­cio a... (gesto della mano come dire «acciuffarlo ») ... mi capisci...

Rina                   - Ma ci sono io!

Daisy                 - Speriamo. Che vuoi? Sono così scoraggiata...

Rina                   - Ma vedrai che con me il coraggio ti verrà.

Daisy                 - Se sapessi qui alla capitale come è strana la gioventù... Smaliziata, distratta... E poi con tutto questo sport, tutte queste automobili..

Rina                   - Che c'entrano le automobili?

Daisy                 - Che c'entrano? C'entrano, mia cara, altroché! Ho la mia esperienza su questo, triste esperienza purtroppo! Da voi, per esempio, usa andare in auto coi giovanotti?

Rina                   - Ma certo: quante volte con papà e mamma...

Daisy                 - Ah no: voglio dire da sole.

Rina                   - Da sole? Ma ti pare? In automobile da sola con un giovine?

Daisy                 - (con malinconia) Ecco, vedi? Qui invece usa.

Rina                   - Ma davvero? E... scusa, anche lon­tano?... fuori porta?

Daisy                 - Ah, si capisce! Anzi! sempre fuori porta.

Rina                   - Oh... ma è una cosa che non va.

Daisy                 - Lo so che non va, ma ci si va lo stesso. E allora tu capisci... conosci uno; comincia a farti la corte; credi che tutto vada per il meglio... poi si va in auto... e dopo, non so come sia, di ma­trimonio non si parla più. È così: non so come sia...

Rina                   - Daisy... guardami un po' in fac­cia. Non sai proprio come sia?

Daisy                 - Oh Dio, un poco lo so.

Rina                   - Ah... E di' un po': molte?

Daisy                 - Che cosa molte?

Rina                   - Si, insomma... molte corse?

Daisy                 - Eh, abbastanza.

Rina                   - E molte macchine? voglio dire... diverse?

Daisy                 - Che vuoi... è l'uso...

Rina                   - (subito allarmata) E scommetto che anche Guido, lui che l'ha proprio a due posti... figurati!

Daisy                 - Saresti gelosa?

Rina                   - Gelosa? Ma... non so... finora non ne ho motivo.

Daisy                 - Però lo saresti.

Rina                   - Che vuoi... dacché sono qua, sen­to dire tante cose... (si alza).

Daisy                 - Quali cose?

Rina                   - Ma si!... la nutrice, una vecchia donna che l'ha visto nascere e ogni tan­to si lascia sfuggire delle allusioni... Poi tu che mi parli delle corse in auto; lui che mi porta a casa questi amici, com­pagni di bagordi... di avventure...

Daisy                 - Che te li porta a fare?

Rina                   - Mah! vuole che mi vedano; pare che se non c'è la loro approvazione il matrimonio non sia valido...

Daisy                 - Ah, ah...

Rina                   - Verranno qua, mi scruteranno... io naturalmente diventerò una stupida...

Daisy                 - Ma nooo...

Rina                   - Ti ricordi, quando davamo gli esa­mi, quei professori, tre anche allora, che ti guardavano negli occhi con quel­le faccie piene di cattiveria?

Daisy                 - Hai ragione, orribili!

Rina                   - Be' finivi per impappinarti e non sapere come andare avanti. Sai come sarebbero più intelligenti gli scolari se non ci fossero i professori?... Vedrai, vedrai... Mi sembrerà di stare sulla spiaggia col costumino di mammà...

Daisy                 - Ah! Ah!

Rina                   - (ode un rumore) Oh Dio! son qua e non sono vestita. Vieni che mi cam­bio, presto! (Trascinandosi Daisy) Che noiose queste presentazioni! (Via).

Guido                - (entrando seguito da Sandro, Piero, Lello) Era qua ora con una amica... Saranno di là, aspettate. (Si avvia).

Sandro               - Non c'è fretta, lascia...

Guido                - La chiamo. (Esce da destra).

Sandro               - Pover'uomo! tutto agitato, sban­dato... come un pipistrello di giorno... ut noctua in luce.

Piero                  - Come se farci conoscere sua mo glie fosse un grande avvenimento.

 Lello                 - Per lui lo è.

Piero                  - Si, ma converrai che ridursi a sembrare un fissato, un monomane...

Sandro               - Non pensa ad altro ormai...

Piero                  - (osservando) Meno male che ci sono dei liquori: dev'essere un pensiero di lui.

Sandro               - (osservando) Ai fiori invece deve aver pensato lei: i tulipani, i fiori che le ragazze di provincia ricamano al telaio, sul raso azzurro...

Lello                  - Quando saranno qua però, non continuate a essere così ostili.

Piero                  - Ostili noi?

Lello                  - Eh! Poco fa in auto vi parlava di sua moglie e voi zitti, cogli occhi fuori del finestrino; non una parola di con­senso, niente...

Sandro               - Ammetterai che era seccante quella sua felicità da ragazzino.

Piero                  - Ah, si, puerile!

Lello                  - Ma no: era né più, né meno che l'entusiasmo di ogni marito novello...

Piero                  - Pollo novello!... Mi pare ancora di sentirlo: « Vedrete, è intelligente, poi è colta... suona il piano... ».

Sandro               - Già, il piano! In provincia le ragazze suonano il pianoforte. (Imitan­do Guido): « È un po' timida, ma si sa, per lei tutto è così nuovo... Questa vita in una grande città... ».

Piero                  - Ne abbiamo colpa noi se è nata in provincia?

Sandro               - Io mi domando che cosa può averlo indotto... Guido poi, il tipo più antimatrimoniale di... dell'Urbe.

Piero                  - Mistero!

Lello                  - Mistero? Dna donna.

Sandro               - Oh, « mistero, una donna »! Parli come un romanziere del 1841!

Piero                  - Di' piuttosto « una moglie » che se anche è una donnetta qualunque, per il solo fatto di chiamarsi moglie, eser­cita una suggestione a priori.

Sandro               - Per gli imbecilli.

Lello                  - Be', non affrettatevi a fare delle diagnosi prima di conoscerla: potrebbe essere una donna interessante...

Sandro               - Peggio! Quando le donne sono interessanti, si sa quello che succede Inter geminas pingantur cornua frontes. E Tibullo non era un cretino.

Piero                  - Comunque, Guido è un amico per­duto.

Lello                  - Perduto poi...

Piero                  - Perduto, perduto...

Sandro               - E che amico! Dite un po' chi ci organizzava le serate più belle?

Piero                  - Già.

Sandro               - Chi avvertiva come lui la selvag­gina di passaggio? Vi ricordate quella sera che ci portò alla Taverna del Qui­rinale semplicemente perché giù a piaz­za del Popolo, a tre chilometri, dico tre, fiutando l'aria... così... (fiuta in­torno) aveva sentito che la Taverna do­veva essere piena d'ogni ben di Dio?

Piero                  - Va là, era fantastico!

Sandro               - E adesso eccolo qua paralizza­to... mutilo, fra le pareti domestiche... in catenis et vinculis... E poi per la sua arte! Vi pare che possa comporre della musica bella, originale nel tran tran della vita matrimoniale? L'arte, miei cari, ha bisogno di disordine, di scosse: è allora, che i nervi si strappano e danno l'ispirazione...

Lello                  - Veramente finora ha prodotto co­sì poco...

Piero                  - Poco, ma bene.

Sandro               - E poi un'altra cosa, una cosa che mi atterrisce: la vita dello scapolo lo rendeva distratto... non so... simpati­camente inconsiderato: gli domandavo mille lire, me le dava subito. (Si ride).

Teresa                - (entra dal fondo portando una cio­tola con del ghiaccio).

Piero                  - Oh, Teresa!

Sandro               - La nostra Teresina! Come va?

Teresa                - (accigliata) Buongiorno, buon­giorno...

Sandro               - Brava, hai portato il ghiaccio?

Teresa                - Eh già! perché pare che certe usanze continuino! (Ridono) Ma vi av­verto però che d'ora in avanti qua ci sarà più ordine.

Sandro               - Teresina?...

Teresa                - ... più regola! Si filerà dritti qua, se Dio vuole! Eh, si! diritti! (Avviandosi verso il fondo) Stiamo diven­tando seri! Era ora! (Esce).

Piero                  - Non vi pare una Teresa più auto­revole?

Lello                  - Già, è più energica.

Sandro               - Pare un caporale promosso ser­gente.

Guido                - (entrando tutto in orgasmo) Viene subito... È di là con una amica: si sta cambiando. Era uscita e...

Lello                  - Poteva restare com'era.

Piero                  - Per noi...

Guido                - Vi pare? Vestita da passeggio?... Era uscita per prendere dei fiori: quelli.

Sandro               - Ah, i tulipani! La mia passione!

Guido                - Sedetevi. Be' come va, cari?

Lello                  - Bene.

Guido                - (a Lello) Il tuo lavoro?

Lello                  - Cresce: due appendiciti la setti­mana.

Guido                - Bravo, perbacco! (A Piero) E le tue case?

Piero                  - Ne ho in mente una, che è un ca­polavoro.

Guido                - E si fa?

Piero                  - Si fa, si fa... di capolavori, mio caro, se ne fa uno ogni cinquant'anni: aspetta cinquant'anni...

Guido                - (ridendo) Ah, ah... (A Sandro) E i ruderi?

Sandro               - Sta buono! Sono come le appen­diciti di Lello: spuntano dappertutto. Tanto che appena avrò ereditato dallo zio, li farò estirpare... tutti! (Si ride) Ma il male è che lo zio è eterno più dei ruderi.

Piero                  - Già.

Sandro               - È là, vegeto, fresco: un mughet­to. (Si ride. A Guido, tutto compunto) Anzi, a proposito, caro amico, volevo chiederti un favore...

Guido                - (alzandosi nervoso) Non so perché ritardi... non capisco... (Si avvia per andare a chiamare Rina).

Lello                  - (a Guido) Ma lasciala in pace!

Guido                - Volevo solamente... era pronta...

Piero                  - Bada che potresti diventare un marito seccante.

Lello                  - Non ti conviene.

Guido                - Avete ragione: ma è per voi: farvi aspettare...

Piero                  - E aspetteremo.

Sandro               - Ti agiti troppo, mio caro.

Guido                - Io mi agito?

Piero                  - Un po'!

Guido                - Già, forse; ma... che volete... l'idea di farvi conoscere mia moglie...

Sandro               - Ti turba?

Guido                - Macché « turba »! Tuttavia...

Sandro               - Se è così semplice! Lei entra, tu dici: « I miei amici Tizio, Caio, Sem­pronio ». Noi ci inchiniamo, le baciamo la mano, rispondiamo: «Onorato, pia­cere, lietissimo... ». « Oh, prego. Acco­modatevi ». Che c'è di straordinario?

Guido                - Ah, niente!

Piero                  - Non è un fatto tanto eccezionale da far perdere la calma.

Guido                - No, ma...

Sandro               - Quidquid accidet amice, fortiter sapienterque feramus. Cirerone ad At­tico

Guido                - (vedendo aprirsi la porta) Ah, ecco...

Rina                   - (entrando seguita da Daisy) Mi vorrete scusare...

Guido                - Rina, i miei amici: Sandro Sarpi...

Rina                   - Piacere...

Sandro               - (baciandole la mano) Onorato...

Rina                   - (a Guido) L'archeologo?

Guido                - Appunto. Piero Comi...

Piero                  - Piacere...

Rina                   - Il chirurgo?

Piero                  - Per carità!

Rina                   - Ah, già, Piero: si, si: Piero è l'in­gegnere.

Guido                - E Lello Ferrini...

Rina                   - Ecco, questo è il chirurgo. (Indi­cando) Molto bene: Sandro, Piero, Lello...

Piero                  - No, Lello è lui.

Rina                   - Ah, benissimo. Allora Sandro, Pie­ro, Lello: va bene così?...

Sandro               - Esatto.

Rina                   -... la mia amica Daisy di Albaredo. (Scambio di convenevoli).

Rina                   - Accomodatevi.

Guido                - (dopo un silenzio d'imbarazzo) -Li ho trovati a Piazza Colonna.

Lello                  - Già.

Piero                  - (pausa) A Piazza Colonna, sicuro.

Sandro               - (pausa) A destra... (siccome nes­suno ha compreso) guardando la galleria a destra. (Si ride).

Rina                   - Puntuali, insomma.

Guido                - Puntuali.

Rina                   - (un silenzio, a Guido) Tu forse li avrai fatti aspettare.

Lello                  - No, no, pochi minuti.

Piero                  - Tre o quattro al più.

Sandro               - (dopo un silenzio) Cinque.

Guido                - Che cosa?

Sandro               - Minuti, minuti: abbiamo aspet­tato cinque minuti.

Rina                   - (li guarda, poi guarda suo marito, sorride).

Piero                  - Poi siamo saliti in macchina...

Sandro               - Ah, già! Che memoria hai! È vero! siamo saliti in macchina.

Piero                  - Come? Non ti ricordi? Abbiamo percorso il Tritone, Piazza Barberini...

Sandro               - Aspetta, aspetta che penso... an­che corso d'Italia!

 Piero                 - Già! Anche corso d'Italia!

Sandro               - Che fatica questo viaggio a me­moria! (Si ride).

Lello                  - Ed eccoci, finalmente in casa del­l'amico.

Daisy                 - ...dove, a quanto pare, state per­dendo il filo del discorso. (Si ride).

Piero                  -Esatto.

Lello                  - È vero!

Sandro               - Ma è naturale: se il filo si tro­vasse, non ci sarebbe più quel detto che si è perduto il filo. (Si ride).

Piero                  - No, è che il filo si è spezzato.

Sandro               - Come, come?

Piero                  - Noi siamo il passato della vita di Guido...

Sandro               - Ah, già!

Piero                  - ... e la signora è l'avvenire.

Sandro               - Giustissimo: la Parca ha tagliato nelle nostre mani il filo della tua vita di scapolo, e ora Imene tesse in quelle del­la sposa lo stame di una vita nuova novae stamen vitae sponsae in manibus Himen ducit. (Si ride un pò male).

Rina                   - (dopo un altro silenzio) Sai, Guido, ho fatto vedere a Daisy la casa.

Guido                - Ah, sì?

Sandro               - Ecco che intanto la sposa ha tro­vato il suo filo: la casa.

Rina                   - Forse poco interessante per voi; ma visto che non ne troviamo uno mi­gliore...

Lello                  - Del resto, la casa è sempre un ar­gomento d'interesse.

Sandro               - Perbacco! è il reclusorio, il Por-tolongone del matrimonio. (Si ride).

Daisy                 - (a Guido) Be', se è così, vi dirò che il reclusorio mi piace.

Guido                - Meno male.

Daisy                 - Ma però Rina...

Sandro               - II carceriere?

Daisy                 - Appunto... faceva delle osserva­zioni giustissime.

Guido                - Osservazioni?

Sandro               - Le porte che non chiudono?

Rina                   - No, il bagno...                                                                                 

Sandro               - Penale?

Lello                  - (fra le proteste) Ma finiscila!

Guido                - Che cos'ha il bagno?

Rina                   - Ha che l'apparecchio a gas...

Guido                - Non va?

Rina                   - È pericoloso e d'estate dà calore all'ambiente...

Daisy                 - Non è simpatico, ha ragione.

Guido                - Lo cambieremo.

Rina                   - Ci sarebbe quello elettrico, como­dissimo.

Guido                - Prenderemo l'elettrico.

Piero                  - Mille lire, ti avverto.

Guido                - Ah!...

Rina                   - Poi la cucina...

Guido                - Anche la cucina?...

Daisy                 - È bellissima, ma non bastano le maioliche...

Sandro               - ... blu, per le mosche.

Daisy                 - Come lo sapete?

Sandro               - Me l'hanno detto le mosche: sod­disfattissime. (Si ride).

Rina                   - No, è la macchina a gas che...

Guido                - Non va nemmeno quella?

Daisy                 - È vecchia, poco pratica...

Rina                   - Poi consuma troppo.

Guido                - (con un principio d'insofferenza) E cambieremo la macchina. Va bene?

 Rina                  - Oggi ce ne sono a carbone...

Lello                  - Carbone? Non è antiquato?

Sandro               - Lo dici tu: oggi vanno a carbone anche le automobili...

Piero                  - Gli autobus...

Rina                   - Nel catalogo ce n'è una che consu­ma sei chilogrammi di coke al giorno.

Piero                  - Settemila.

Rina                   - Ma no: sei chilogrammi.

Piero                  - (a Guido) Settemila lire costa, ti avverto.

Rina                   - Del resto consuma così poco che ci si rifa della spesa in un momento.

Sandro               - Ammirevole il senso amministra­tivo della signora.

Piero                  - Già: comincia a farti spendere dei soldi.

Rina                   - Ma in cose utili.

Sandro               - Appunto! E io penso ai pranzetti che saprete preparare al vostro Guido... con la cucina a carbone... (A Guido) E i buoni pranzi, bada, sono la palla al piede del carcerato! (Tutti ridono).

Guido                - (un po' seccato) E va bene, pren­deremo la cucina a carbone! Così spero non mancherà più nulla...

Daisy                 - Veramente manca ancora...

Guido                - (con leggera impazienza) Ancora?

Rina                   - ... qualche cosa qui...

Guido                - E sentiamo che cosa manca qui. Ma poi spero che potremo cambiare di­scorso, ti sembra?

Rina                   - (comprendendo a un tratto l'inop­portunità dell' argomento, agli amici) -Oh scusate! parlavo di cose...

Sandro               - Perché? Interessantissime!

Piero                  - Molto!

Sandro               - E divertenti: è un tuffo salutare nei doveri della perfetta massaia. Dun­que sentiamo che cosa manca qui.

Rina                   - No, no, ne parlerò poi a Guido, da soli.

Daisy                 - E perché? parlane subito.

Sandro               - Ma si: dobbiamo essere messi a parte anche noi dei cambiamenti che si faranno qua ad opera del Genius loci.

Piero                  - Coraggio, signora.

Rina                   - (a Guido) ... Ma... Permetti?

Guido                - Parla, parla, purché facciamo presto.

Rina                   - ... Ecco mi sembra che qua, ci vor­rebbe qualche poltrona più comoda...

Sandro               - Ahi, ahi! ti siedi e non ti muovi più: fai la pancia... (Si ride).

Daisy                 - Poi un tavolino per il bridge...

Rina                   - ... e quest'angoletto, non so...

Daisy                 - Già, sia più intimo, più acco­gliente...

Rina                   - Per esempio un abat-jour...

Daisy                 - ... un tavolinetto per tenerci le sigarette, i bombons...

Sandro               - Fritto... La pancia, la pancia.

Daisy                 - L'avete anche coi bombons?

Rina                   - Non sono mica per voi.

Sandro               - Per lui; peggio! L'amico Guido è ghiottissimo. E poi vedo, vedo: la poltrona comoda, l'angoletto intimo... i bombons, il giornale... la fronte corrugata sul cruciverba... (Imitando chi ri­solve un cruciverba) Dove il sole si leva all'orizzonte... I Romani l'usavano al mattino... Daisy Ma, caro signore, questa, se non sapete, è stata sempre la casa di uno che non ci stava mai: ora deve diven­tare la casa...

Sandro               - Di uno che deve starci sempre.

Daisy                 - No « che deve » che dovrebbe sentire il desiderio di starci.

Piero\                 - La reggia di Circe, insomma.

Sandro               - (subito accennando al cestino da lavoro) Ah, si! guardate: ecco qua gl'incantesimi, i filtri della maga! (Fruga nel cestino).

Rina                   - Non mi mettete del disordine!

Sandro               - Il ditale, l'agoraio, le cifrette per i calzini...

Guido                - (per sviare la conversazione) Rina?

Rina                   - Vuoi?

Guido                - Non ci offri niente?

Rina                   - Ah, scusa! dimenticavo. Mi aiuti Daisy? (Si avvia verso il fondo per pre­parare i cocktails).

Daisy                 - (seguendo Rina) Subito, cara...

Sandro               - (subito) Oh, a proposito, ragazzi, ho qua quella risposta... (Fruga in tasca).

Piero                  - Ah si?

Lello                  - Bravo, fa vedere.

Sandro               - Ci son certe cosette... (Leva dal portafogli una lettera azzurra e la rileg­ge insieme a Piero e Lello, commen­tandola con sorrisi).

Guido                - (avvicinandosi) Che cos'è?

Sandro               - No, no, caro: segreti di famiglia!

Guido                - Anche per me?

Piero                  - Tu non sei più della lega, mio caro.

Guido                - Eh già. (a Piero) Sentite, che cosa dicono di me le donne. (Leggendo).

Sandro               - Al ricordo dei tuoi baci...

Piero                  - ... mi sento fremere.

Sandro               - Nelle radici dell'essere. (Gli amici ridono).

Sandro               - Il nostro caro Guidone! Che c'è? Hai l'aria triste.

Guido                - Io? Affatto! Pensavo a Rina lag­giù alle prese coi cocktails...

Sandro               - Perché non li sa fare?

Guido                - (riprendendosi) Tutt'altro! È pra­ticissima; ma, siccome è una ricetta mia...

Piero                  - Non ci avvelenerai mica, spero.

Guido                - No, non temete!

Sandro               - (osservando Rina) Vedo che la­vora con impegno, si dà da fare.

Guido                - Vi sarà sembrata un po' impac­ciata, immagino.

Piero                  - Chi?

Guido                - Rina, mia moglie.

Sandro               - Impacciata?

Piero                  - E perché?

Lello                  - È carina.

Guido                - (sperando in un giudizio migliore in­terroga collo sguardo, Piero e Sandro).

Piero                  - Carina.

Sandro               - Carina, carina, carina.

Guido                - Che volete... la prima volta... da­vanti a gente nuova...

Lello                  - Ah be', questo si capisce.

Piero                  - Manca la confidenza.

Sandro               - Ecco! Era un po'... come... non so... perplessa.

Guido                - (a Sandro) Sempre allegro tu.

Sandro               - Ah si, allegro e senza perples­sità.

Guido                - Ah ah... (Breve disagio) Be', spe­ro, ora che c'è una padrona di casa. verrete qualche volta a passare da noi la serata.

Lello                  - Ma certo!

Piero                  - Senz'altro!

Guido                - Per esempio, vi andrebbe una par­tita a Bridge?... se credete un paio di giorni la settimana. Che ne dite? si po­trebbe fin da ora stabilire il martedì e il sabato.

Sandro               - Due giorni?

Guido                - Perché? Sono pochi?

Sandro               - Pochi?!

Guido                - Troppi allora... dite voi.

Piero                  - Ma è che... vedi... noi... Tu, caro, conosci la nostra vita: è sempre così piena d'imprevisto che mettere proprio due giorni fissi...

Sandro               - ... e il sabato di giunta che tu sai è il più redditizio.

Guido                - Già. Ma non vorrei, vedete, che a poco a poco...

Lello                  - Che cosa?

Guido                - Non so... le abitudini... la vita diversa, ci allontanassero.

Lello                  - Allontanarci? E perché?

Sandro               - Non ci potremo vedere come pri­ma, si sa...

Piero                  - Naturalmente: le abitudini non sa­ranno più le stesse...

Sandro               - Ma resteremo sempre i buoni amici di un tempo, che diamine! se non vicini, sempre fedeli, se pur non casti: parlo di noi. (Si ride).

Lello                  - Ci vedremo anche troppo, non dubitare.

Guido                - Speriamo.

Piero                  - (riavvicinandosi a Sandro) E hai risposto?

Sandro                     - A chi ?

Piero                  - (accennando alla lettera) A quel­la lì.

Sandro               - Ah, sì! e nello stesso tono.

Lello                  - (unendosi ai due) Tienci al cor­rente, mi raccomando!

Sandro               - Si capisce.

Guido                - (che è rimasto di nuovo isolalo, avvicinandosi) Stasera, per esempio, avete impegni?

Lello                  - Dicevi?

Guido                - Dicevo se stasera avete impegni, perché si potrebbe andare tutti al ci­nema.

Piero                  - Al cinema?

Guido                - C'è un bel film al Barberini.

Sandro               - Andare insieme?

Guido                - Sì. (Vedendoli incerti) Perché, non...?

Sandro               - È che... (Agli amici) Sarà meglio dirglielo. (a Guido) Stasera, mio caro, purtroppo... occupatissimi!

Guido                - (cercando essere disinvolto) Ah...

Lello                  - Ma si... una combinazione...

Sandro               - Jugoslavia.

Guido                - Nientemeno!

Piero                  - Tre, una meglio dell'altra.

Sandro               - Occhi verdi.

Guido                - Perbacco! E di passaggio?

Piero                  - Si fermano due settimane.

Guido                - (con intenzione) E...???

Sandro               - Che cosa? (Comprende) Ah... (Con un gesto come per dire « Altro­ché ») Oh!!!

Guido                - Bravi, perdiana!

Lello                  - Mah!

Guido                - E... davvero carine?

Piero                  - Carine? (Gesto come per dire « fantastiche ») Caro mio!...

Sandro               - (a conferma) Jugoslavia.

Lello                  - Certo molta razza.

Piero                  - E, bada, ce n'era una quarta.

Guido                - (con voluta indifferenza) Ah, si?

Lello                  - Cugine, due a due.

Piero                  - Un amore: e puoi immaginare se non abbiamo pensato ai bei tempi in cui il quarto non mancava.

Lello                  - Be', adesso non statelo a tentare.

Guido                - Oh, tentare! che cosa c'entra « tentare »?

Lello                  - No, dicevo così, accademicamente.

Guido                - (sorridendo appena) Io ormai so­no fuori combattimento.

Piero                  - Ah certo: il tuo passato è chiuso ormai.

Sandro               - Ma non devi rimpiangerlo amico mio.

Guido                - E chi lo rimpiange?

Sandro               - Infandum, regina, jubes reno-vare dolorem!

Piero                  - Del resto, non si può aver tutto: qua tu hai la pace, la famiglia...

Sandro               - ...la cucina a carbone... (Si ride).

Lello                  - Del resto, scherzi a parte, noi po­veri randagi, col correre continuamente da un'avventura all'altra, alla fine che cosa si trova?

Sandro               - La coppa! la coppa del piacere che nel fondo ha il tosco.

Guido                - Io poi, che volete, mi sono per­suaso che, a furia di cambiare, tutte le donne si assomigliano.

Lello                  - Ma certo!

Sandro               - Esatto. Però, però, per me, quando arriva la sera e calano le ombre sulla metropoli e i desideri s'accendono con le stelle... l'avventura, l'imprevisto, il caso che possa recarti emozioni... nuo­ve, diverse...

Lello                  - Be', non starlo a turbare...

Guido                - Turbarmi?

Sandro               - Ti turbo?

Guido                - Ma affatto! mi prendete per un ragazzino?

Sandro               - (continuando) Non so... al ca­dere delle ombre mi pare di ritornare bambino, quando appendevo la calza sotto la cappa per la Befana. Illusione, eterna illusione! fugacissima imago.

Piero                  - Certo, dobbiamo confessare che la tua mancanza la sentiamo, molto la sentiamo.

Sandro               - Ah, questo sì: molto!

Guido                - Vi ringrazio.

Sandro               - Lo dicevo anche poco fa: tu eri l'asso di briscola, mio caro.

Piero                  - E quello che combinavamo con te, forse sarà difficile combinarlo ancora.

Guido                - Eh! andiamo, non esagerate!

Sandro               - No, no, il tuo spirito d'organiz­zazione, il tuo intuito, il tuo fiuto... Mah! pazienza: toni passe, tout casse, tout lasse...

Piero                  - Però non riesco a immaginare che sensazione si prova.

Guido                - A far che?

Piero                  - A sposarsi: un cambiamento così radicale, così improvviso anche: perché ormai niente più cambia: ogni giorno la stessa cosa. Deve essere come se la vita si fermasse.

Guido                - Miei cari, quando si vuol bene...

Sandro               - Ah, questo sì: si sopporta tutto.

Guido                - Eh?...! (Gli altri ridono).

Sandro               - Un momento: voglio dire che si affronta, ecco... si affronta. Il frate, per esempio, il trappista... come si spieghe­rebbe? Amore mistico. Così il marito: si chiude nella casa, affronta la vita uguale, monotona, eroica... del fedele compagno; amore... già... Quale amore?

Piero                  - Coniugale.

Sandro               - Ah, è vero! c'è anche quello! Amore coniugalel

Guido                - (costretto ad accettare lo scherzo) -Senti, se seguiti, ti mollo un diretto...

Sandro               - Ma se ho appena incominciato!

Guido                - Ah si? sta a vedere allora. (Si alza e in posizione di attacco gli va contro).

Sandro               - Ahi, ahi! (Si allontana) Non lo farò più!

Lello e Piero      - (sì intromettono scherzan­do) Fermo! Lo rovini!

Rina                   - (intanto avanzando col vassoio dei cocktails) Sono pronta!

Guido                - (a Sandro) Devo crederti?

Sandro               - Giuro!

Guido                - (resta a guardarlo comicamente in­certo, col pugno alzato).

Sandro               - (sotto la minaccia, quasi senza fiato) 0 Dio, o Dio... me le dà...

Daisy                 - (intanto a Rina) Qual'è quello che ha lo zio coi milioni?

Rina                   - Quello che le piglia, l'archeologo.

Daisy                 - Allora dà qua. (Prende un bic­chiere e si dirige verso Sandro) Vuol prender animo?

Sandro               - (accennando a Guido) Se lui me lo permette.

Guido                - Oh, brave! (Va verso Rina, se­guito da Lello e Piero).

Sandro               - (a Daisy) Grazie, mia salvatrice!

Piero                  - (a Rina) Siete arrivata in tempo.

Lello                  - Avete impedito una strage.

Rina                   - Meno male.

Daisy                 - (a Sandro) Siete voi che fate l'ar­cheologo ?

Sandro               - Per servirvi.

(Sandro, Piero e Lello assaggiano la bevanda e cominciano a fare smorfie).

Daisy                 - Dev'essere molto interessante sco­prire i ruderi.

Sandro               - (tossendo) Ah, sì, interes... san­tissimo... (a Guido) Scusa, che roba è?

Guido                - Il sidecar, ma con un'innovazio­ne mia.

Rina                   - Non va bene?

Sandro               - (c. s.) Caro, questo non è un sidecar: è un camion, un autotreno...

Lello                  - Brucia un po' troppo, infatti.

Guido                - (intanto ha assaggiato) Ma che cosa ci hai messo?

Rina                   - Oh Dio! scusate: invece del ver-mout ci ho messo il gin!

Guido                - Ma Rina!

Rina                   - Te l'ho detto, non sono pratica...

Guido                - Pratica, pratica... che c'entra la pratica? È così semplice!

Lello                  - Niente paura, signora: si beve.

Piero                  - È un po' energico, ma si beve.

Sandro               - Forse preferivo i tuoi pugni, ma...

 Rina                  - Come sono mortificata!

Sandro               - Scherzo, signora: guardi. (Beve d'un fiato) Ahi!

(Entra Teresa portando la tovaglia e senza cerimonie comincia a stenderla per il pranzo).

Guido                - (intanto a Rina) Se ti avevo tanto raccomandato...

Rina                   - Hai ragione, ma è la prima volta che...

Guido                - Ma si presta attenzione!

Lello                  - Lasciala tranquilla.

Guido                - (affrettandosi verso il fondo) -Aspettate, ci penso io.

Sandro               - No! per carità!

Piero                  - Questo ammetterai che vale per dieci.

Sandro               - Sono un vulcano.

Rina                   - Mi dispiace.

Teresa                - (a Rina) Contentona dev'essere!

Guido                - (a Teresa) Cosa?

Teresa                - (continuando ad apparecchiare) Magari bruciasse il doppio!

Guido                - Teresa?

Sandro               - Teresina?

Guido                - Cosa c'entri tu?

Piero                  - Ho capito: Teresa non ci vuol più bene.

Teresa                - Ve ne vorrò del bene se starete un po' più alla larga.

Guido                - Di', vuoi smetterla?

Lello                  - Infatti vedo che ci mandi via.

Teresa                - Sono le otto e nelle case come si deve alle otto si va a tavola.

Rina                   - Scusatela.

Sandro               - Anelila male ancillans...

Guido                - (a Teresa vivamente) Potevi aspettare gli ordini della signora, no?

Teresa                - Sono ben gli ordini della signora.

Guido                - (a Rina) Ah, tu le hai detto d'ap­parecchiare quando c'è gente?

Rina                   - Io no...

Teresa                - Mi ha detto che quando sono le otto si va a tavola.

Guido                - Mi pare che sia un po' diverso. Di' piuttosto che sei tu che vuoi fare sempre di tua testa.

Teresa                - Ti piace il riso lungo? no. E allo­ra si va a tavola puntuali.

Guido                - Spero che non vorrai continuare su questo tono.

Rina                   - (a Guido) Abbi pazienza.

Sandro               - No, no, Teresina ha ragione.

Lello                  - Infatti sono le otto e due minuti.

Piero                  - Vorrà dire, Teresa, che torneremo presto.

Teresa                - Purtroppo!

Rina                   - (a Piero e Lello) Come mi di­spiace!

Lello                  - Perché, signora? È l'ora anche per noi.

Guido                - (andando con Rina, Lello e Piero verso la comune) È così, è così: quan­do si dà corda ai domestici... La vede­te? E più diventa vecchia e peggio è... (Escono chiacchierando).

Daisy                 - (che è rimasta sulla soglia a Sandro) Dev'esser bello però, veder i ruderi con uno che se ne intende.

Sandro               - Ma io posso farvi da guida pa­tentata. Dove state di casa?

Daisy                 - Piazza Indipendenza ventisei.

Sandro               - Benissimo: domani alle quattro sarò lì colla macchina.

Daisy                 - Gentile...

Sandro               - Andremo per la campagna roma­na, deserta, fra boschetti di lauri e di sugheri; io vi spiegherò i miti della stir­pe primigenia, mentre la macchina filerà lenta e silenziosa per i clivi...

Daisy                 - (a un tratto) Ah!...

Sandro               - Che c'è?

Daisy                 - Niente, niente.

Sandro               - Il sidecar che brucia?

Daisy                 - No, l'automobile. -(Escono). (Teresa finisce di apparecchiare).

Rina                   - (entrando) Teresa cara, non ti sem­bra d'aver fatto male a trattarli così?

Teresa                - Male? Se non li mandavo via, chissà a che ora si pranzava. Eh... un po' più d'ordine farà bene a tutti!...

Guido                - (entrando infuriato) Ma tu intanto farai meglio a cambiare!

Teresa                - Cambiare?

Guido                - Sicuro! cambiare: questa non è più la casa di uno scapolo dove tu po­tevi fare e dire quello che volevi: oggi è la casa di una signora che deve poter ricevere gli ospiti come si deve.

Teresa                - Gli ospiti quelli?

Guido                - Di più! gli amici!

Teresa                - Sì! begli amici!...

Guido                - E ti prego di non discutere! perché... perché... appunto qua in casa, d'ora in avanti, si cambia! E più di­scussioni!

Rina                   - Guido...

Teresa                - E va bene! Però dovrai aver pa­zienza se non potrò cambiarmi tutto a un tratto: sono vecchia e le cose in fu­ria non le so fare... nemmeno i cambia­menti. (Esce).

Rina                   - Perché l'hai gridata a quel modo?

Guido                - Impari a stare al suo posto.

Rina                   - Cosa vuoi, è vecchia, è della casa, ti ha fatto quasi da madre.

Guido                - Va bene, ma questo non deve dar­le il diritto di interloquire ad ogni mi­nuto, di comandare, di insolentire come fa. Ma che roba è?

Rina                   - Scherzava.

Guido                - Ah, scherzava? Non la conosci: se cominci a lasciarti mettere i piedi sul collo, vedrai il bel rispetto che avrà an­che per te.

Rina                   - Ti vuol molto bene.

Guido                - Che mi voglia bene non dubito; ma deve persuadersi che di padroni di casa qua ce n'è uno solo. Anzi d'ora in avanti c'è una padrona; e bisogna adattarsi alla nuova situazione. Da quando in qua si deve vedere una per­sona di servizio comportarsi a quel mo­do? Roba... roba... basta!

Rina                   - Bada che sei più arrabbiato del necessario.

Guido                - Si capisce che sono arrabbiato! e ho ragione! (Prende il giornale e si met­te a leggere).

Rina                   - (un silenzio) Di, Guido...

Guido                - Eh?

Rina                   - L'avresti forse un po' anche con me?

Guido                - (c. s.) Con te? Perché dovrei averla con te?

Rina                   - Ma... non so... sento d'esser stata così stupida coi tuoi amici...

Guido                - (c. s.) Stupida? Non mi sembra.

Rina                   - Si, si, stupida. Del resto anche loro hanno un certo modo di fare... (Un breve silenzio) Che cosa t'hanno detto?

Guido                - (c. s.) Di che?

Rina                   - Di me.

Guido                - (c. s.) Ah...

Rina                   - Ebbe'?

Guido                - (c. s.) Niente: che sei carina.

Rina                   - (delusa) Eh, già...

Guido                - Non ti basta? cosa dovevano dire?

Rina                   - Hai ragione... C'è stato poi anche quell'incidente dei cocktails... (Un silenzio. Fra sé ridendo) Ah, ah...

Guido                - (c. s.) Ridi?

Rina                   - Figurati che avevo pensato di dar­ne uno a Daisy per marito!

Guido                - (con rabbiosa ironia) Marito? Ah, ah, questa vedi è proprio una bella idea! Magnifica! Un'idea felice! Riuscir­vi, però!

Rina                   - Perché? Non è simpatica Daisy?

Guido                - (c. s.) Ah si, molto!

Rina                   - E allora perché non dovrei riusci­re? Come tu hai sposato me... (Un si­lenzio) Spiritoso quel... quello .lei rude­ri: Sandro.

Guido                - Si... uno spirito, forse in certi mo­menti inopportuno.

Rina                   - Già: pareva l'avesse col matrimo­nio.

Guido                - (c. s.) Ma si! E gli altri a tenergli mano... Stupidi!

Rina                   - Scherzavano.

Guido                - Ah, lo credo che scherzavano! Ma in ogni modo, la prima volta che ti vedono... Potevano avere un po' più di discrezione. Per la bella vita poi che fanno loro!... La Taverna, la Lucciola, il Colibry, e ogni sera lo stesso. (Tormen­tando il giornale) Quelli là, vedi, la vita vera, con uno scopo... costruttiva in­somma, non sanno nemmeno dove stia di casa! Basta che si divertano, che be­vano... che corrano in macchina con delle donne... E ogni sera, bada, la stes­sa cosa, ogni sera! Per loro sì, che è sempre la stessa cosa! Come si possa continuare a vivere così non so. E cre­dono, stupidi, di possedere il senso, il segreto della felicità. Poveri scemi!! Idioti che non siete altro! Si, si, la cop­pa! La coppa del piacere! Bevete, be­vete!

Rina                   - Ma perché continui ad arrabbiarti?

Guido                - Io? no... Arrabbiato io? Per ca­rità!

Rina                   - Ognuno può far quel che crede, non ti sembra?

Guido                - Ah, certo! Padronissimi! Faccia­no, facciano!

Rina                   - Tu, per esempio, ti sei persuaso di cambiar vita e l'hai cambiata.

(Entra Vincenzo e porta la zuppiera).

Guido                - (quasi con rancore) Si. E sono contento d'averla cambiata! Contentis­simo! Arcicontentone!

Rina                   - Ma che cos'hai?

Guido                - Niente ho! (Piega malamente il giornale) Che cosa vuoi che abbia?

Teresa                - È in tavola.

Rina                   - Oh, brava Teresa! -(A Guido) T'ho preparato un pranzetto, che credo ti pia­cerà, e sarà la mia riabilitazione.

Guido                - (senza entusiasmo) Brava!

Rina                   - (spegnendo le luci nell’avanscena) -Riso in brodo, arrosto di vitello, insalata cotta... e dopo... dopo un dolcetto per il signorino che anche gli amici di­cono che è molto ghiotto. Va bene?

Guido                - (c. s.) Molto bene.

Teresa                - Vincenzo, il pane.

(Vincenzo esce).

(Rina e Guido vanno a sedersi alla tavola e cominciano a mangiare).

(È rimasto acceso solo il lume sulla tavola da pranzo formando un breve cerchio di luce sui due commensali nella grande ombra della scena).

Teresa                - (vorrebbe uscire, ma si ferma. A Guido) Come va il riso?

Guido                - (serio a voce bassa) Bene.

Teresa                - Meno male... Sa, signora? Quan­do era piccolo, diceva (imitando il fare dei bambini) « Sempre riso! La solita minestra! » (Non osa fargli la carezza che vorrebbe) E va adagio, che a man­giare in fretta ti rovini la salute. Non ho ragione, signora?

Rina                   - Hai ragione, si.

Teresa                - (avviandosi per uscire) E che Dio vi benedica; e la vostra vita continui sempre così... sempre uguale, in pace. (Esce).

Rina                   - (dopo un silenzio) Non ti pare in­sipida?

Guido                - (sussultando) Eh? Che cosa?

Rina                   - La minestra.

Guido                - Ah, si, infatti...

Rina                   - Vuoi il sale?

Guido                - No, no: tanto... (Mangiano in si­lenzio) .

 

CALA LA TELA

ATTO SECONDO

 La scena del primo atto. Il mobilio è più elegante: in un angolo un tavolino per il bridge; a destra una lampada ad abat-jour un tavolinetto presso un divano e tre co­mode poltrone, formano un insieme più accogliente e più intimo. In fondo un pia­noforte. Le quattro del pomeriggio. All'alzarsi della tela Rina sta seduta sul divano e lavora all'uncinetto; ogni tanto sorride a Guido, che, seduto al pianofor­te, cerca con gran stento la via per espri­mere le sue idee.

Rina                   - (dopo che Guido avrà tentato più volte una frase) Non sei contento?

Guido                - (continuando a provare la stessa frase) Mah...

Rina                   - La trovo molto carina, molto... (Si interrompe) Bada...

Guido                - Che cosa?

Rina                   - Ora mi pare che diventi la Bohème.

Guido                - Già... (Riprova la frase) È vero, aspetta. (Tenta più volte di modificare la frase).

Rina                   - Eh, no...

Guido                - Ancora la Bohème?

Rina                   - Adesso mi pare l'Aida.

Guido                - (lasciando il piano) È inutile, è inutile, non ci riesco.

Rina                   - Ci riuscirai, vedrai...

Guido                - Non vibro: sono atono, vuoto...

Rina                   - Del resto, non si può aver sempre l'ispirazione, ti sembra?

Guido                - Lo so, ma è che questo stato d'im­becillità dura da troppo tempo: oggi la Bohème e l'Aida, ieri il Nabucco...: se andiamo avanti di questo passo, faccio risuscitare tutti i morti.

Rina                   - Sai che cosa devi fare?

Guido                - Che cosa?

Rina                   - Cerca di non pensare...

Guido                - Non pensare?

Rina                   - Ho sempre sentito dire che quando uno non pensa, gli vengono le idee.

Guido                - Questo lo dicono gli imbecilli: quando uno non pensa, cara mia, non pensa. (Si siede).

Rina                   - (un silenzio) Vuoi che usciamo?

Guido                - Uscire?

Rina                   - Si: facciamo un bel giro con la macchina per i castelli.

Guido                - Ma, tesoro mio, cerca d'avere un po' più d'immaginazione: dacché t'ho sposata e non riesco a lavorare, tu mi consigli il giro dei castelli. E credi che rifacendo ogni giorno la stessa strada mi vengono le idee?

Rina                   - Cambiamo strada: dove hai la car­ta del Touring?

Guido                - Ma è proprio una fissazione! Do­vrei diventare intelligente a furia di far­mi sballottolare in auto vicino a te!

Rina                   - Io posso restare a casa: vai solo...

Guido                - Ma nooo, bimba, non fraintender­mi! Che c'entra che tu ci sia o non ci sia?

Rina                   - Hai detto che stare in macchina con me...

Guido                - Oh, adesso sragioni! Non ci sto sempre con te? E per questo dovrei esser diventato un idiota? Non metterti queste malinconie per la testa, per l'a­mor di Dio!

Rina                   - Pure alle volte ci penso.

Guido                - A che?

Rina                   - Ma... che per gli artisti una mo­glie...

Guido                - Ah be', ora mi fai ridere. Come se Verdi, Wagner, Rossini, Puccini non avessero avuto moglie. Avevano mo­glie! altroché! E che mogli!

Rina                   - Ecco.

Guido                - Che cosa « ecco? »

Rina                   - Avranno avuto delle mogli specia­li, non delle donnette insipide come me.

Guido                - Vuoi finirla? Cos'hai deciso? di tormentarmi? E poi ti pare che sia il caso di guastare con delle parole stupide tutto il bene che ci vogliamo? (L'accarezza a lungo) Eh?... le dirai più queste idiozie? (La bacia) No, eh?

Rina                   - (gli si stringe addosso).

Guido                - (un silenzio) Sai cos'è invece? Io credo d'aver capito cos'è.

Teresa                - (entra per mettere a posto delle stoviglie).

Rina                   - Che cosa?

Guido                - Che quando un artista, vedi, la­vora... trovarsi sempre sotto gli occhi quel foglio di carta... la carta da musica poi, con quelle cinque maledettissime righe, sempre quelle!... aver sempre da­vanti il pianoforte con quelle sette note!... sempre quelle: doremifasollasi, doremifasollasi... diventa, mia cara, un martirio cui non si resiste. La monoto­nia, ecco, la monotonia. E se ti prende l'ossessione della monotonia, è finita. È il supplizio della stesse cosa. C'è, sai, il supplizio della stessa cosa. Altroché! Anche nei reclusori, per rendere più du­ro il castigo, non obbligano i carcerati... (Si interrompe).

Rina                   - Dicevi?

Guido                - Niente, niente.

Teresa                - Perché non provi a fare una cosa ?

Guido                - Sentiamo.

Teresa                - A non pensare: è quando uno non pensa che gli vengono le idee.

Guido                - Anche tu? No, eh? Ne ho abba­stanza di questi consigli stupidi!

Teresa                - (uscendo) Nervi!

Guido                - Anche lei, ora, anche la serva! (Dopo un silenzio) Hai del caffè?

Rina                   - Subito. (Suona per il domestico).

Guido                - Alle volte il caffè...

Vincenzo           - (s'affaccia).

Rina                   - Un caffè per il signore.

Vincenzo           - (esce).

Guido                - Balzac non scriveva i suoi roman­zi a furia di caffè? (Improvvisamente) Ah!... (Corre alla tastiera e ripete, modi­fica la frase di prima e la arricchisce con bell'impeto d'arpeggi) Ecco, se Dio vuole! Ecco!

Daisy                 - (sulla porta) Ah, deliziosa! deli­ziosa!

Guido                - Davvero?

Daisy                 - Io sono entusiasta di Catalani.

 Guido               - Eh?

Daisy                 - Perché? Non è la Wally?

Rina                   - (subito) Si, si, è la Wally, è vero Guido? Ma con qualche variazione di tua fantasia...

Guido                - Già! Fantasia! Ne ho di fantasia!
Molta! -(Si accascia sulla poltrona la te­sta fra le mani).

Daisy                 - Che c'è?

Rina                   - (le fa cenno di non insistere).

Vincenzo           - (entra col caffè e sì avvicina a Guido) Signore...

Guido                - Eh?

Vincenzo           - Il caffè.

Guido                - Ma si! portalo a Balzac...

Rina                   - (a Vincenzo che è rimasto incerto, il vassoio fra le mani)Si, portaglielo Vincenzo.

Vincenzo           - (guardando attorno) Ma... il signor Balzac?...

Rina                   - No, a lui. Mettilo lì. (Indica il ta­volino).

Vincenzo           - (lascia il vassoio ed esce senza aver capito).

Daisy                 - Ma che succede, amici?

Rina                   - Non è in vena per lavorare e...

Daisy                 - E s'arrabbia per questo?

Guido                - Capirete, son vari giorni che spre­mo, spremo questa povera testa...

Daisy                 - Volete un mio consiglio? Non ci pensate: è quando uno non pensa...

Guido                - (si alza) Arirvederci! (Esce).

Daisy                 - Ebbe'?

Rina                   - Lo vedi? Da un po' di tempo, o per una ragione o per l'altra, si fa pren­dere i nervi...

Daisy                 - E naturalmente chi ci va di mezzo sei tu.

Rina                   - Del resto, è il destino di noi mogli: siamo sempre lì, davanti a loro... sem­pre uguali, sempre quelle... la stessa co­sa ogni giorno... e così, mi capisci...

Daisy                 - Ah, no! Non perdere la fiducia in te stessa, mia cara, che allora sarebbe veramente un disastro. Ricordati che la fiducia è la forza migliore: Fides unica vis.

Rina                   - Parli latino?

Daisy                 - Si, da qualche giorno...

Rina                   - Del resto, vedi, quando ci si sposa bisogna essere preparate anche a questo.

Daisy                 - Una bella prospettiva per chi ha voglia di sposarsi.

Rina                   - Mah!... (Un silenzio) Dimmi di te piuttosto: come vanno le cose tue?

Daisy                 - Come vanno?... Me l'aspettavo questa domanda.

Rina                   - Ebbene?

Daisy                 - Male, mia cara: le cose vanno ma­le, malissimo.

Rina                   - Davvero? Se mi pareva che tutto fosse avviato così bene!

Daisy                 - Ah, si! avviato! Ma è stato dopo, dopo l'avviamento... lungo la strada...

Rina                   - Che è successo?

Daisy                 - Conosci il bosco di Nemi?

Rina                   - Il bosco?

Daisy                 - Si, il lucus nemorensis, dove c'era una chiesa con un sacerdote etrusco...

Rina                   - Io no.

Daisy                 - Be', devi sapere che tremila anni fa, dalle parti di Nemi, c'era un bosco...

Rina                   - Ma che c'entra?

Daisy                 - Aspetta... dove c'era un sacerdo­te etrusco, che doveva star sempre lon­tano dalla sua chiesa e nascondersi per paura che l'ammazzassero.

Rina                   - Be'?

Daisy                 - Due settimane fa mi dice: « Si­gnorina, domani vado al bosco di Nemi per delle ricerche: volete venire anche voi? » - « Perché no? » dico io. E il giorno dopo si parte.

Rina                   - In automobile?

Daisy                 - Eh già: non potevamo mica an­dare a piedi.

Rina                   - Oh, Dio, Dio...

Daisy                 - Quando siamo là, discendiamo...

Rina                   - (rinfrancata) Ah...

Daisy                 - Un posto incantevole, magnifico... tutt'alberi secolari, nemmeno una casa... un silenzio!...

Rina                   - Be', va avanti.

Daisy                 - A un certo momento mi dice: « Vogliamo andare a vedere, signorina, dove si nasconde il sacerdote? » « An­diamo pure» dico io. Ci inoltriamo nel bosco... andiamo avanti un po'... poi un altro po'... sempre più nel fitto, sempre più nel fitto...

Rina                   - (terrorizzata) Ma scusa, se il sacer­dote era morto tremila anni fa, che cosa andavate a cercare?

Daisy                 - È quello che dico anch'io; ma mi tirava per un braccio... E così a furia di andare avanti, sempre più avanti...

Rina                   - Oh, Daisy mia!...

Daisy                 - Intanto, capisci, mi spiegava il mito...

Rina                   - (si copre la faccia) Ah!

Daisy                 - Dopo, si capisce, le visite ai ruderi si son fatte più rare, sempre più rare... Basta... da più di una settimana non lo vedo. Non mi è rimasta che qualche sentenza latina.

Rina                   - Ma è terribile!

Daisy                 - Eh, lo so che è terribile!

Rina                   - E me lo dici così, con tanta disin­voltura?

Daisy                 - Cosa vuoi farci? Ormai...

Rina                   - E pensare che sarebbe andato tan­to bene: simpatico...

Daisy                 - ... lo zio ricco!

Rina                   - E adesso che farai?

Daisy                 - Mah, non lo so... (Un silenzio) Dimmi, piuttosto: quel Piero, l'archi­tetto, che tipo è?

Rina                   - Perché? Vorresti forse?...

Daisy                 - Eh, bisognerà pure che me lo tro­vi questo marito! Com'è Piero?

Rina                   - Ma... bravo mi sembra.

Daisy                 - Clienti?

Rina                   - Clienti?

Daisy                 - Si, insomma, se lavora, se guada­gna.

Rina                   - Ma... Guido dice che col tempo fi­nirà col lavorare e farsi un nome.

Daisy                 - E allora, scusa, non potrei prova­re con lui?

Rina                   - Eh, ma se continui ad andare in au­tomobile, nei boschi...

Daisy                 - Ah no, basta! Non mi ci prendo­no più. A un certo momento, che diamine, si fa la propria esperienza: Homo sapiens si expertus.

Teresa                - (entrando dalla comune e traver­sando la scena) Signora...

Rina                   - Che c'è?

Teresa                - (accennando dietro col pollice) -L'astrologo: sta levandosi il paletot.

Rina                   - L'astrologo?

Teresa                - Ma si... quello che scava i mo­numenti!... (Esce a sinistra).

Rina                   - (a Daisy) Oh, Dio, che non ti veda!

Daisy                 - (senza scomporsi) Ah, senti; or­mai... mi ha già vista.

Sandro               - (entrando) Signora... (vedendo Daisy) Oh, la signorina Daisy! (Dopo aver baciata la mano a Rina, volgen­dosi a Daisy) Sapete, signorina, la set­timana scorsa pensavo proprio a voi!

Daisy                 - Ma guarda!

Sandro               - Ispezionavo il Bosco Sacro... sa­pete, dove la Ninfa Egeria si confidava con Numa Pompilio e pensavo... « Se la signorina Daisy vedesse questo bel bosco! ».

Daisy                 - Ah no, sa: ne ho abbastanza di boschi!

Sandro               - (perplesso) Perché, non...?

Rina                   - (subito a Sandro) Voi volevate Guido?

Sandro               - Si...

Rina                   - (alzandosi e prendendo Daisy per la mano) Vado a chiamarlo.

Sandro               - Grazie.

Rina                   - Andiamo, Daisy. (Trascina con sé Daisy a destra).

Sandro               - (riflette con maggiore perplessità).

Guido                - (entrando dalla comune ad alta vo­ce) Oh, ciao! Come da queste parti? (Accennando a Sandro di alzare la voce).

Sandro               - Passavo di qua, sono salito...

Guido                - (a bassa voce guardando le porte) -Dove sono andate?

Sandro               - Di là...

Guido                - (ad alta voce) E che buon vento ti porta?

Sandro               - Un vento che le ha fatto scap­pare.

Guido                - Parla forte.

Sandro               - (forte) Scappare.

Guido                - (piano) Ma sei matto?

Sandro               - (piano) Insomma, forte o piano?

Guido                - (piano) Ma se strilli come una gaz­za. (Forte) E gli amici stanno bene?

Sandro               - (piano) Se credi di fare il furbo con questo pianoforte...

Guido                - Aspetta... (Va a schiudere l'uscio di destra, guarda fuori e lo richiude) Sono di là, in camera; possiamo parlare.

Sandro               - Alle nove e mezza saremo con le macchine qua sotto, all'angolo della via Salaria: e poi si va al Topo Giallo. E là tutto è combinato: tavolo per otto al mezzanino. Vedrai che roba!

Guido                - (turbato) Hai detto alle nove e mezza?...

Sandro               - Si, perché? (Come Guido non risponde) C'è qualcosa che non va?

Guido                - No, no, ma...

Sandro               - Ma che cosa?

Guido                - È che, vedi, andarmene subito, appena finito di pranzare...

Sandro               - Guido, tu tentenni!

Guido                - Macché tentenno! Solamente non vorrei che questa uscita così... Tu sai che quando la sera esco, la porto sem­pre con me...

Sandro               - Non pretenderai mica di portar­la anche stasera?

Guido                - Chi dice questo?

Sandro               - Allora che si fa?

Guido                - Aspetta un momento che pensi.

Sandro               - Ho capito: la solita incertezza. Come il ballerino d'Alessandria: Huc feri pedes et illuc...

Guido                - È inutile: quando si prendono delle decisioni di questo genere, biso­gnerebbe prima pensar bene a tutto.

Sandro               - Pensare a che?

Guido                - Una scusa: non posso mica uscire di casa così, senza una scusa.

Sandro               - (forte) E trovala la scusa!

Guido                - Parla piano . Trovarla, trovarla...

Sandro               - Hai avuto quindici giorni per pensarci, mica uno!

Guido                - Ma non capisci che in sei mesi è la prima volta che la lascio sola?

Sandro               - Altra malattia del secolo! Ora i mariti e le mogli non sanno staccarsi l'uno dall'altro: vi accoppiate come dei piccioni.

Guido                - Macché piccioni!

Sandro               - Una volta, mio caro, i mariti, ed erano mariti, si vantavano di essere liberi: uscivano quando volevano, e le mogli le lasciavano a casa. Come vi sia­te lasciati mettere i piedi sul collo a questo modo... io non capisco. E allora che cosa vuoi fare?

Guido                - Fare, fare... si capisce, voglio uscire.

Sandro               - Oh, meno male!

Guido                - Ci abbiamo messo tanto tempo a combinare questa faccenda, sarebbe bel­la che ora... (Definitivo) E poi conti­nuare a fare questa vita, mio caro, non posso, ecco, non posso! Lo capisci che non posso? (Quasi investendolo) Sempre la stessa cosa, le ore regolate allo stesso modo: bagno, caffè, lavoro, colazione, pisolino, caffè, lavoro, poi passeggiata di famiglia, poi pranzo...

Sandro               - ... altro caffè...

Guido                - Lo capisci che c'è d'andar dritti al manicomio?

Sandro               - E te la prendi con me? Non ti ho mica obbligato io a prender moglie.

Guido                - Come sei gentile! Eccoli gli amici!

Sandro               - Gli amici mi pare che pensino ai casi tuoi e te lo dimostrino coi fatti: un programma fantastico quello di stase­ra!...

Guido                - Tuttavia, tanto per intenderci, io non sono affatto pentito d'aver preso moglie...

Sandro               - Si vede!

Guido                - E sono disposto a prendere a schiaffi chiunque lo mettesse in dubbio.

Sandro               - Insomma vuoi o non vuoi tagliar la corda?

Guido                - Si che voglio!

Sandro               - Ma sei vigliacco e hai paura. E dire che ci hai messo in croce per delle settimane perché ti aiutassimo...

Guido                - Io vi ho messo in croce? Ah sen­ti! non dir bestialità.

Sandro               - Come no? Smaniavi dalla vo­glia di evadere...

169

 Guido               - Evadere?

Sandro               - Ma si! Una parola della quale oggi si abusa.

Guido                - Ma se siete stati voi che m'avete istillato goccia a goccia questo veleno!

Sandro               - Noi, il veleno?

Guido                - Si, voi, voi! Fin dal primo gior­no. Credete che non ricordi? Bruciava­te dall'invidia, nel vedermi felice.

Sandro               - Oh, adesso non farti delle illu­sioni! La tua felicità non è di quelle che si invidiano.

Guido                - (ironico) Si!!!

Sandro               - Ci vuol poco a procurarsela: ci si sposa!

Guido                - Già!... ma trovarla una donna co­me la mia, trovarla! Una creatura per­fetta, adorabile... una donna, vedi, che bisognerebbe baciare dove mette i pie­di... un tesoro!

Sandro               - Che farabutto! Stai per fare quello che... sappiamo e la lodi. Sai cos'è? Mi fai schifo! (Avviandosi alla comune) Via, via, via!

Guido                - Dove vai?

Sandro               - A farmi passare la nausea...

Guido                - Ma non fare lo stupido, vieni qua. (Un silenzio. Sandro ritorna) È vero: in questo momento che sto per... le vo­glio più bene. Come spieghi questa contraddizione?

Sandro               - Forse perché molte volte per non contraddirsi, si è costretti a contraddir­si: la coerenza, mio caro, resterà sempre la più diffìcile delle discipline.

Guido                - Sarà così.

Sandro               - Per essere fedeli bisogna ogni tanto tradire: sembra un assurdo ed è un assioma.

Guido                - Però che brutta bestia è l'uomo.

Sandro               - Ah, questo si. Mala bestia et turpis. Io però direi di lasciare le ri­flessioni filosofiche e far presto a cercare questa benedetta scusa.

Guido                - Già. Ma quale? Siamo lì.

Sandro               - Aspetta! (Riflette) Ah!... Tro­vata!

Guido                - Parla piano.

Sandro               - La camicia.

Guido                - La camicia?

Sandro               - Si: vai per cambiarti la camicia, trovi che è stirata da cane, fai una sce­na, prendi il cappello e via.

Guido                - In camicia?

Sandro               - Non fare lo stupido: ti rivesti...

Guido                - Ma scusa, rifletti un po': debbo cambiarmi la camicia per poi avere il pretesto d'arrabbiarmi e uscire...

Sandro               - Ebbe'?

Guido                - Se dopo cena vado a cambiarmi la camicia, è segno che ho già deciso di uscire.

Sandro               - Ah, già: Nihil nisi causa. Giu­stissimo! C'è inversione fra causa ed ef­fetto. Un momento!... Si, si! La mi­nestra!

Guido                - La minestra?

Sandro               - Si, la minestra: insipida!

Guido                - Ci metto il sale.

Sandro               - Salata, salata: la minestra che è salata: fai una scena, prendi il cap­pello e via.

Guido                - E non mangio.

 Sandro              - Ma, santo Dio, mangi dopo con noi a mezzanotte!

Guido                - Già! Quando non sto più in piedi: grazie tante!

Sandro               - Oh, come sei delicato! (Un'idea) Ah!...

Guido                - Be'?

Sandro               - Il caffè: quando prendi iì caffè hai mangiato, no?

Guido                - Va bene; ma il caffè?...

Sandro               - Fatto male, imbevibile...

Guido                - Ma se lo fanno benissimo! È il vanto di Teresa.

Sandro               - La qualità: trovi che la qualità è pessima...

Guido                - Moka e Portorico?

Sandro               - Accidenti!... La miscela sublime.

Guido                - No, caro, se i pretesti che mi tro­vi sono questi, non riesco a muovermi di casa. Bisogna inventare qualche cosa di logico, di verosimile...

Sandro               - Bravo! Ecco l'errore! La logica, la verosimiglianza! Se sei logico, tua mo­glie ti dà subito ragione; e allora come attacchi? Come trovi il pretesto per ar­rabbiarti? Se invece sei illogico, assur­do, lei ti dice: « Ma scusa amore, sei il­logico, assurdo » « Io illogico, assur­do? )« Ma si, dici delle bestialità! » (Come? Bestialità io? Bada come par­li! » E così nasce una bella scena, piena vigorosa, magari vola... (Fa il gesto).

Guido                - Che cosa?

Sandro               - Ma si, un piccolo schiaffo, un ceffoncino... prendi il cappello e via.

Guido                - Ah, che animale che sei! Andar­mene dopo averla schiaffeggiata! E cre­di che avrei il coraggio di divertirmi, magari... si, mi capisci... quando la avessi lasciata a casa fra le lagrime? Ma va! Hai un bel cuore tu! Mi fai ribrezzo!

Sandro               - Oh, mio caro, non so proprio più che cosa dirti. Tu vuoi tutto, tutto vuoi! Vuoi uscire di casa, andarti a di­vertire, magari tradirla...

Guido                - Parla piano...

Sandro               - ... e pretendi d'aver un cuore.

Guido                - Sta zitto.

(Durante le parole che seguono la scena si oscura fino a diventar buia).

Sandro               - In quanto poi al caffè, ti ripeto che è un pretesto ottimo, magnifico! In tutte le case, se c'è una questione in fin di tavola, è sempre per il caffè: il caffè che è, si può dire, la pietra di paragone dell'economia domestica, il punto sul quale finalmente si trovano d'accordo le padrone e le serve nel mettere acqua, acqua, sempre più acqua!...

(La scena ad un tratto s'illumina. Sandro è scomparso. In fondo, a tavola, seg­gono Guido e Rina. Teresa li serve; Rina è triste, contrariata. Teresa pure).

Guido                - (sorseggiando sospettoso il caffè) Questo caffè è acqua.

Rina                   - Trovi?

Guido                - Acqua.

Rina                   - (a Teresa) Ci hai messo la stessa quantità?

Teresa                - Ma si, la stessa; e il caffè è buo­nissimo.

Guido                - No, cara, il caffè è pessimo; e non sarai tu con le tue chiacchiere a farmelo trovar buono!

Rina                   - Scusa, ma a me non pare poi così cattivo...

Guido                - Pessimo è! Se credete di farmi passare per un imbecille, vi sbagliate!

Rina                   - (a Teresa) Forse non era bol­lente. ..

Teresa                - Che cosa?

Rina                   - L'acqua.

Guido                - Ecco! l'acqua! (Con forza) Perché se c'è un punto dove finalmente le padrone e le serve si trovano d'accordo, è nel mettere acqua nel caffè! Vi pare di non essere abbastanza economiche se non annacquate il caffè!...

Teresa                - E la minestra? Hai detto che era salata...

Guido                - Sicuro che era salata!

Teresa                - ... e ne hai preso due volte; l'ar­rosto era bruciato e in cucina dovremo farci delle uova...

Guido                - Sfido! avevo fame: dai qualun­que porcheria a un affamato e vedrai che te la mangia.

Teresa                - Si, si, una bella scusa anche questa!

Guido                - « Scusa », che cosa vuoi dire con questa parola?

Teresa                - Eh, lo so io che cosa voglio direi Non sono mica nata ieri, caro mio! (Esce portando via le stoviglie).

Guido                - Che cosa le piglia?

Rina                   - Non lo so.

Guido                - Si, non lo sai! Chi ti credesse!

Rina                   - Ma che cos'hai?

Guido                - Che cosa ho? Ho che fra voi due c'è una lega, una intesa.

Rina                   - Noi una lega? Ma Guido, tu sra­gioni...

Guido                - Ah, sragiono?

Rina                   - Ma ti pare che io posso mettermi in lega con le persone di servizio? E poi per qual motivo? (Si alza e va al di­vano).

Guido                - Ah, per conto mio, dei motivi non te ne ho dati: ho la coscienza tranquilla io! Non ho niente da rimproverarmi! (Va al pianoforte).

Teresa                - (che è rientrata alle parole di Gui­do) Eh, già, tu non hai niente da rimproverarti!

Guido                - Ascolti anche dietro le porte?

Teresa                - No, caro, dietro le porte io non ci sto: i sotterfugi li lascio agli altri, io!

Guido                - Sotterfugi? Che cosa vuoi dire con sotterfugi?

Teresa                - Io? Niente! Che cosa vuoi che dica? Eppoi ti pare che una serva come me abbia il diritto di parlare?

Guido                - Insomma, qui c'è qualche cosa che non si riesce a capire: c'è del mi­stero.

Teresa                - Ecco, hai ragione: c'è proprio del mistero... c'è proprio qualche cosa che non si riesce a capire.

Guido                - E allora parla, andiamo! Parla chiaro! Le insinuazioni non mi piaccio­no. Fuori! Che cosa c'è? Non vuoi par­lare? Adesso bada che esigo, capisci, esigo, che tu parli!

Rina                   - Ma insomma, che cos'hai? Tutt'a un tratto... (con le lagrime) Io non capisco, non capisco... (Si alza e viene a sedersi avanti piangendo).

Teresa                - (raccogliendo le stoviglie per uscire) Eh, lo credo che tu non capisca. Ma capisco io!... (A Guido) Non per niente t'assomigli tutto a tuo padre... E ne ho viste in questa casa, quando c'era la povera signora, delle scene co­me questa! E so come andavano a fi­nire! Va là, va là, che sono pratica! (Esce).

Rina                   - (piange in silenzio) Ho sempre fat­to di tutto per accontentarti... non ho avuto altro pensiero... Poi me lo dicevi anche tu che tutto qui andava così be­ne... Adesso a un tratto non va più be­ne niente... più niente... Se si comincia così, dove si va a finire?... Dove si va... Piange).

Guido                - (resta turbato. Un silenzio).

Rina                   - L'arrosto, avevo detto a Teresa: « facciamo quell'arrosto che piace tanto a Guido... » E a me, non so, sembrava che fosse uguale a quello delle altre vol­te... Anche il caffè... è sempre della stessa qualità: mezzo chilo preso ieri in via Propaganda... proprio da me: ero andata a posta... E pioveva anche!... (Piangendo in silenzio) Dacché ci siamo sposati non ho avuto che un pensiero, uno solo... farti contento... Non ho nes­sun merito lo so, è il mio dovere... ma se adesso non ci riesco più... se non ti contento più... (Scoppia in pianto di­rotto).

Guido                - (intenerito) Andiamo, su, non piangere... (Sedendosi vicino a lei e cin­gendola con un braccio) Vieni qua... qua... Non posso veder piangere! E te poi!... (La stringe fra le braccia e la bacia) Sono uno stupido... uno stupido, e un cattivo!...

Rina                   - No, no, sono io che si vede... non so più, ecco...

Guido                - No, tu sei brava... Ti ripeto, l'im­becille sono io... peggio d'un imbecille!

Rina                   - No, la colpa è mia... che non so mandare avanti una casa...

Guido                - Ma non è vero! La casa va avan­ti benissimo... anche troppo. (Stringen­dola a sé) Sta qua, sta qua, calmati... (In uno slancio di sincerità) E poi è inu­tile: non posso, non posso mentire! Sa­rei più cattivo di quello che sono se mentissi! (Determinato a dire) Rina in­somma... bisogna che ti dica.

Rina                   - Che cosa?

Guido                - Ecco... quei miei amici... bravi, sai, dei bravi ragazzi, devi crederlo, ma... Io, vedi, sposando te ho guada­gnato un tesoro... un tesoro grande... immenso... insomma, ho guadagnato te che sei tutto. (Imbarazzato) Ma tu non sai... che cosa ho perduto. E loro lo sanno, oh se lo sanno! E pare si diver­tano a venirmi a tormentare!... Sono buoni e mi vogliono bene e ne vogliono anche a te e ti rispettano, ma... (Si in­terrompe) Mi capisci?... No, tu non mi capisci. (Riprendendosi) Aspetta... La vita, vedi, che facevo prima di conoscer­ti era quella che loro continuano a fare: quando veniva la sera, via con le mac­chine... Niente di male, ma... qualche caffè... qualche ritrovo... una vita stu­pida, insomma, idiota, che non vorrei ricominciare. Ma quando me li vedo davanti e pare facciano apposta a ricor­dare a rievocare... Sai cosa succede quando si comincia a pensare a una cosa che non si può più avere? Anche se è una cosa stupida, cretina?... Che nasce dentro di sé la voglia... non so... (Conclusivo) La libertà, ecco; la libertà. Guai se si comincia a pensare alla liber­tà. E proprio questa sera... ti ripeto niente di male, ma avevamo combina­to... E io, vigliacco, che per levarmi una voglia stupida, t'ho fatto piangere! (Breve silenzio) Sai perché sbraitavo po­co fa?... Mi vergogno a dirtelo: per avere il pretesto d'uscire e lasciarti qua sola. E m'attaccavo alla minestra, al­l'arrosto, al caffè!... Bell'idiota! (Ab­bracciandola) Va là, va là, piccola, per­donami e non pensiamoci più. (Comin­cia a baciarla lievemente. A un tratto un suono di clakson giù nella strada. La lascia) M'hai capito?

Rina                   - Si, si, ho capito...

Guido                - (rinfrancato, convinto, entusiasta) -Ma tutto è passato? Tutto, tutto, tutto! (L'abbraccia ancora, mentre lei passiva lo lascia fare. Sorridendo sicuro) Vedi, io sono fatto così; mi pento, ho la fortu­na che mi pento. (Stringendola ancora) Uhm... tesoro mio! (La tiene ancora fra le braccia. Un silenzio) Dì: vuoi che usciamo insieme? (Alzandosi trasforma' to) Aspetta: vediamo cosa fanno a tea­tro (prende il giornale, lo scorre) Ve­diamo... al Reale... // Trovatore; op­pure al Quirino: c'è la Galli che fa Biraghin, al Moderno c'è un film colla Gramatica... (lasciando il giornale e an­dando verso di lei per incitarla) Su, svelta, vatti a vestire: sono le nove e mezza...

Rina                   - (fa un lieve gesto di diniego col capo).

Guido                - Perché? Non ti va?

Rina                   - No, ma è tardi.

Guido                - Macché tardi: al cinema l'ultimo spettacolo è alle dieci... Dunque, su...

Rina                   - No, guarda, non ne ho voglia...

Guido                - Ma la voglia viene. E poi mi fai contento; e l'hai detto anche tu che far­mi contento... Su vatti a vestire.

Rina                   - Senti, Guido...

Guido                - Che cosa?

Rina                   - Guarda... io credo che sarebbe meglio tu uscissi cogli amici.

Guido                - Cogli amici? Ma sei matta? Nem­meno per sogno! Se tu sapessi come sto bene, ora che ti ho detto tutto, come mi sento più sollevato: mi sento forte, leg­gero... Non mi credi?... Già, è così: tu non mi credi.

Rina                   - Ma si, ti credo, ma è che... No, no, tu faresti bene a andare cogli amici.

Guido                - Ma impazzisci?

Rina                   - No, no, ragiono...

Guido                - (sospettoso, quasi severo) Insom­ma, Rina, cosa c'è?

Rina                   - Non arrabbiarti. Vedi... ora che rifletto, penso che prima ero una stu­pida...

Guido                - Una stupida?

Rina                   - Ma si: dovevo capire che ogni tan­to anche per te un po' di libertà ci vuole...

Guido                - Libertà? Ma cosa vuoi che me ne faccia della libertà?

Rina                   - Lo so, anzi sono sicura che non te ne farai niente; ma vedi... Ecco... come dirti?... Io sono certa che se tu restassi qua oppure uscissimo insieme come ogni sera... allora potrebbe succedere vera­mente qualche cosa di serio fra noi; e io finirei per passare dalla parte del torto.

Guido                - Torto?

Rina                   - Ma si... avrei l'aria di tenerti le­gato... diventerei senza volerlo il tuo carceriere...

Guido                - Oh, che idee!

Rina                   - Del resto lo dicono anche i tuoi amici...

Guido                - Be', lascia stare gli amici.

Rina                   - ... e allora si volterebbe tutto a mio danno: invece, se tu esci, cosa giu­sta del resto, non ci sarebbe più quella cosa dell'obbligo... della catena... (bre­ve silenzio) Ti persuadi?

Guido                - (freddo) No, non mi persuado af­fatto.

Rina                   - Come, non trovi ragionevole quel­lo che dico?

Guido                - Sarà ragionevole, ma non in que­sto momento. Non vuoi uscire? E va bene, non usciremo; ma io non mi muo­vo: resto con te. (Un silenzio; si ode an­cora il clakson) Ma si, suonate, imbe­cilli!

Rina                   - Sono loro?

Guido                - Si, loro.

Rina                   - Avevate appuntamento proprio qua sotto?

Guido                - (clakson) Ma non c'è un metro­politano che li metta in contravven­zione?

Rina                   - Va là, esci, Guido.

Guido                - No cara, non esco.

Rina                   - Ma si, esci, mi fai contenta.

Guido                - Ma non sono contento io!

Rina                   - Ascoltami, Guido...

Guido                - (scattando) Oh, insomma! Potrò ben fare a modo mio!

Rina                   - (intimidita, fredda) Come vuoi. (Un silenzio. Si ode ancora il clakson) Ma vedrai che accadrà quello che ti ho detto: che il torto sarà mio.

Guido                - E va bene, sarà tuo.

Rina                   - (con vivacità) Ah vedi, che comin­ci già?

Guido                - Sicuro che comincio! Perché mi accorgo che in tutto questo c'è del cal­colo...

Rina                   - Calcolo?

Guido                - Si, calcolo! « Esci, esci, caro, lasciami qua, resterò a casa tutta sola ad aspettarti! »... La vittima, la vittima che sorride: parte bellissima per una moglie! E se io dico: « No, non voglio uscire, voglio restare con te, non mi muovo », ecco subito la paura di pas­sare dalla parte del torto, di far la figura del carceriere. Calcolo, calcolo!

Rina                   - Ah, senti, non giudicarmi così, che allora mi offendi!...

Guido                - Scusa, non è la verità? Prova a dirmi il contrario.

Rina                   - Io ti dico semplicemente che devi uscire!

Guido                - E io non esco!

Rina                   - E vi avverto che ora i cocktails li so fare (alzandosi) Ma temo per il ghiac­cio... aspettate... (Va per suonare).

Sandro               - Non vi disturbate.

Rina                   - Che ci vuole? (Subito ritraendo la mano dal campanello) Oppure... Avrete cenato da poco, immagino...

Piero                  - Infatti...

Rina                   - E allora se invece di un cocktail, vi dessi una buona tazza di caffè, vi andrebbe?

Lello                  - Volentieri.

Piero                  - Grazie.

Rina                   - Anche a Sandro?

Sandro               - Ma si, vada per il caffè.

Rina                   - (suonando per il domestico) Vi av­verto però che Guido l'ha trovato pessimo.

Sandro               - L'ha trovato pessimo?

Rina                   - (ritornando a sedere sul divano) Ma si. Non so perché trovava tutto pessimo stasera. (Prende il cestino da lavoro e comincia a ordinarlo) Ma non è vero: il caffè è buonissimo.

Piero                  - Lo credo.

Vincenzo           - (si affaccia).

Rina                   - Porta del caffè.

Vincenzo           - (esce).

Rina                   - Poi mi sembra che per questo mio angoletto il caffè sia più intonato. Che ne dite?

Sandro               - Giusto: qui infatti si respira aria antica.

Piero                  - Aria ottocento.

Rina                   - Che va forse poco d'accordo con lo stile del nostro architetto...

Piero                  - Perché dite questo? È molto gra­zioso il vostro angoletto.

Rina                   - (lavorando all'uncinetto a un ginoc­chiate di lana) Anzi, Piero?

Piero                  - Signora...

Rina                   - Oserei troppo se uno di questi gior­ni vi pregassi di farmi vedere le vostre case?

Piero                  - Come? Vi interessate di architet­tura?

Rina                   - Perché? Io trovo che tutte le don­ne dovrebbero interessarsi d'architettu­ra: le case infatti non sono più per noi che per voi, che non ci state mai?

Lello                  - Giustissimo.

Rina                   - E mi sono persuasa che lo stile mo­derno ha delle cose molto simpatiche.

Piero                  - Davvero?

Rina                   - Per esempio, tante comodità stu­diate bene: poi quel senso di pulizia, di chiaro, di nuovo…

Lello                  - Giustissimo.

Rina                   - Solamente ho stentato a capire perché facciate le finestre sdraiate.

Piero                  - (interessandosi) Sdraiate?

Rina                   - Si, voglio dire... prima erano dei rettangoli in piedi, ora sono dei rettan­goli adagiati. Ma poi la ragione l'ho tro­vata.

Piero                  - Ah, c'è una ragione?

Rina                   - Come? Voi che le costruite non lo sapete?

Piero                  - Io no.

Sandro               - Bei razionali!

Piero                  - Veramente..

Lello                  - Sentiamo intanto il perché della signora.

Rina                   - Prima di trovarlo ci ho pensato molto. Ma perché, mi domandavo, quel­le finestre di traverso? Per dar luce? Eh, no: la luce migliore è quella che viene dall'alto. Per cambiare aria più presto? Nemmeno: l'aria sana entra dal basso per le porte e quella viziata esce dal­l'alto per le finestre.

Piero                  - (avvicinandosi) Interessante.

Rina                   - Per fare il contrario di quello che si è sempre fatto? Ho riflettuto molto su questo; ma poi ho convenuto che non poteva essere.

Piero                  - E perché?

Rina                   - Eh no, Piero! Gli uomini in gene­re sono ragionevoli; e fare il contrario per il contrario non è ragionevole, vi sembra?

Sandro               - È un po' maligno, ma è vero.

Piero                  - E allora? (Si siede).

Rina                   - Finalmente... ho trovato!

Piero                  - E che cosa?

Lello                  - Sentiamo.

Rina                   - Che alle finestre di ieri ci si affac­ciava in due, mentre a quelle d'oggi ci si affaccia in quattro.

(Tutti ridono. Entra Vincenzo col caffè. Rina, sempre seduta, comincia a ver­sarlo e porgerlo agli amici, mentre Vin­cenzo fa il giro con la zuccheriera).

Lello                  - (intanto) Magnifico!

Sandro               - Già! Passa una processione, una parata, tutta la famiglia è alla finestra...

Piero                  - I genitori e la prole...

Lello                  - I fidanzati e ai lati le madri in servizio di vigilanza.

Rina                   - Ecco, vedete quanti vantaggi?

Sandro               - La cuoca con l'autista, la came­riera col signorino...

Rina                   - Sandro, non andate troppo in là!

Sandro               - Che volete? ho l'abitudine di sca­vare, scavare in profondità, sempre...

Rina                   - A proposito di scavi, Sandro, ho saputo che state facendo delle nuove ricerche... mi sembra nel bosco di Nemi.

Sandro               - (imbarazzato) Ah già, si...

Rina                   - Dev'essere molto interessante quel bosco.

Sandro               - Si, infatti...

Rina                   - Vi pregherò poi un giorno d'accom-pagnarmici.

Sandro               - (rinfrancato, audace avvicinando­si) Felicissimo: andiamo in macchina...

Rina                   - Grazie, ci verrò...

Sandro               - Bene!

Rina                   - ... con mio marito...

Sandro               - Ah be... benissimo, giustissimo:(allontanandosi) Unico gaudens mulier marito. Orazio 3, 14, 5.

Rina                   - E che cosa è questa storia del bosco di Nemi?

Sandro               - (riavvicinandosi) Oh, una storia interessantissima...

Rina                   - Ma è proprio vero che il sacerdote veniva ucciso e l'assassino gli succedeva?

Sandro               - Verissimo.

Rina                   - Che crudeltà!

Sandro               - Il mito.

Rina                   - Il mito?

Sandro               - Si, il mito silvestre del rinnovarsi delle stagioni: la vita di domani che uccide quella d'oggi. Dramma terribile che ha per teatro la foresta.

Rina                   - Bello però.

 Sandro              - Oh bellissimo! Ma vi sono tanti miti, se sapeste, interessantissimi. Per esempio, quello della semina, il mito di Persefone, lo conoscete?

Rina                   - No, ditemi: m'interessa molto.

Sandro               - Dovete sapere... (Si siede).

Rina                   - (lavorando) E due.

Sandro               - « Due » che cosa?

Rina                   - Oh, scusate, contavo i giri di que­sto ginocchiale...

Lello                  - (interessandosi) Un ginocchiale?

Rina                   - Si, per mia madre che soffre d'ar­trite.

Lello                  - A un ginocchio?

Rina                   - Si: a un tratto le si gonfia e dura delle settimane: dolori terribili...

Lello                  - (avvicinandosi) Sorvegli la dieta: carni bianche, verdura...

Rina                   - Già, carni bianche, verdura, niente vino, niente caffè...

Lello                  - Ecco.

Rina                   - .... e intanto i dolori continuano.

Lello                  - (allontanandosi) Eh, lo so, sono rose noiose.

Rina                   - Infatti è quello che dite voi medici: « sono cose noiose, tenetevele ».

Lello                  - E che si può fare?

Rina                   - Che si può fare? Ma si cerca il ri­medio!

Lello                  - E credete che non lo si cerchi?

Rina                   - No, non lo cercate. Voi medici prendete sul serio solo le malattie che fanno morire: alle altre non pensate.

Piero                  - È vero.

Rina                   - Bisogna avere la polmonite, il tifo, il colera, perché vi occupiate di noi. Per i mali che mandano al creatore li tro­vate i rimedi.

Sandro               - Per spedirci più presto. (Si ride).

Lello                  - (interessandosi) Però c'è un fondo di vero in quello che dite.

Rina                   - Altro! che c'è un fondo di vero! Io, vedete, se fossi medico mi dedicherei invece alle malattie che danno soltanto noia.

Lello                  - (avvicinandosi) Potrebbe essere un affare.

Rina                   - Ma certo che sarebbe un affare! La gente è rassegnata a morire, mica a sop­portare i piccoli fastidi. Pensateci, dot­tore: vi assicuro che avreste molti clienti.

Lello                  - (sedendosi) Ma sapete che mi date un'idea?

Rina                   - (continuando a lavorare) E tre. Ecco fatto. La mamma sarà contenta.

Lello                  - Finito? Che brava figliola siete!

Rina                   - Lo credete proprio che sia una bra­va figliola?

Piero                  - Brava la figliola, ottimo il caffè.

Sandro               - Eccellente, infatti.

Rina                   - Se lo dice Sandro che il caffè è buo­no, lo credo.

Lello                  - E anche queste poltrone sono mol­to comode* (Vi si accomoda con compiacenza).

Rina                   - È vero? ci si sta bene?

Piero                  - (provandone le molle) Ottima­mente.

Rina                   - E vi siete accorti?

Sandro               - Di che?

Rina                   - (accennando alle poltrone) Sono tre... come gli amici di Guido.

Sandro               - Ah... questo è molto carino da parte vostra.

Rina                   - E vi aspettavano da molto tempo quelle poltrone.

Piero                  - Siete gentile a pensarlo, ma lo siete anche più a dircelo in questo mo­mento. (Un silenzio, i tre amici restano sdraiati con un senso di piacere).

Lello                  - Come sono soffici!...

Piero                  - Già...

Sandro               - Davvero: una delizia!

Rina                   - (dopo un silenzio) A proposito, San­dro, dovevate dirmi del mito di Persetene...

Sandro               - (senza muoversi, gli occhi al sof­fitto, con aria supplichevole) Oh no, signora!... Anzi vorrei domandarvi un piccolo piacere.

Rina                   - Un piacere?

Sandro               - Si... piccolo, piccolo: non sarò Iroppo educato, ma...

 Rina                  - Dite.

Sandro               - Lasciarci per un momento così... senza parlare...

Rina                   - Come volete. (Continua a lavorare come se fosse sola).

Piero                  - (dopo un silenzio, sdraiato, gli occhi al soffitto) Sandro?

Sandro               - Eh?

Piero                  - Ma senti che calma. Sandro -(come Piero) ... Già... questosilenzio.

Lello                  - (come Piero e Sandro) Sembra una cosa nuova.

Piero                  - Da quanto tempo... non sentiva­mo intorno a noi... tutta questa quiete.

Guido                - (dopo un silenzio entrando tutto elegante, rumoroso) Eccomi pronto! Ho tardato? mi sono cambiato da capo a piedi...

Sandro               - (più col gesto che con le parole) Sta zitto!...

 Piero                 - (c. s.) Taci...

Guido                - Che succede?

Sandro               - Mettiti a sedere.

Guido                - (non comprende, ma come domifiato va a sedersi sul divano, vicino a sua moglie) Ebbe'?... Ma che avete?

Sandro               - (sonnolento) Niente... Si è preso un buon caffè...

Guido                - Buono?

Sandro               - Ottimo. Si son fatte quattro chiacchiere con un'amabile signora... e ora si tace. (Un silenzio) Alma in domo quies ut custodiat te...

Guido                - Chi è?

Sandro               - Salomone, ignorante: Proverbi 7-5-

(Restano così: gli amici sdraiati, gli oc­chi al soffitto; Rina la testa china sul la­voro. Guido con un mezzo sorriso sem­bra interrogare la moglie e osserva in giro gli amici).

CALA LA TELA

ATTO   TERZO

La stessa scena degli atti precedenti.

Lisetta               - (diciassette anni, ingenua e Umi­da, sta scegliendo dei vasi per metterci dei fiori).

Teresa                - (verso il fondo, chiamando) Vin­cenzo?

Vincenzo           - Volete?

Teresa                - Porta quei fiori che sono al fresco nella secchia. (A Lisetta) Così, mentre tu li metti a posto, noi finiamo di prepa­rare qua.

Vincenzo           - (entra coi fiori).

Teresa                - Dalli alla signorina.

Lisetta               - (prendendo i fiori) Per favore, Vincenzo, mettete dell'acqua in questo e in quello.

Vincenzo           - (esce coi vasi).

Teresa                - (improvvisamente lasciando la ta­vola e dirigendosi a sinistra) Oh, la torta! che non si bruci...

Lisetta               - Per carità, Teresa...

Daisy                 - (affacciandosi alla comune) Li­setta?

Lisetta               - Daisy?

Daisy                 - (dandole la mano) Tua sorella?

Lisetta               - È fuori per commissioni: è usci­ta alle tre.

Daisy                 - Nientemeno!

Lisetta               - È andata anche dalla modista...

Daisy                 - Un cappellino?

Lisetta               - Sì, per me: un amore: Rina se ne intende e...

Daisy                 - Perché? tu non te ne intendi?

Lisetta               - Che vuoi, a casa c'è mamma che fa tutto e non vuole si discuta; così, capisci, io dell'iniziativa non ne ho.

Daisy                 - Meglio cara, meglio! conservati sempre così; perché quando le ragazze cominciano con l'iniziativa, non si sa mai dove vanno a finire.

Vincenzo           - (entra portando i due vasi).

Lisetta               - Grazie. Metteteli qua. (Indica un tavolino).

Vincenzo           - Volete che vi aiuti?

Lisetta               - No, no, faccio io.

Vincenzo           - (va verso il fondo e prepara la tavola).

Daisy                 - Belli quei fiori.

Lisetta               - Un regalo di Sandro a Rina: oggi è sant'Alessandro...

Daisy                 - E i fiori li regala lui?

Lisetta               - Si, ha scritto un biglietto così buffo...

Daisy                 - Già, sempre buffo quell'uomo!

Lisetta               - Però è simpatico...

Daisy                 - (a denti stretti) Oh, simpaticis­simo!

Lisetta               - (accennando a uno dei vasi già pieno di fiori) Vuoi metterlo lassù? Tuttavia a me, se debbo dirti, è più simpatico Piero, l'ingegnere.

Daisy                 - Ah... ti è più simpatico l'inge­gnere?

Lisetta               - Non dirlo mica a Rina: mi gri­derebbe.

Vincenzo           - (è uscito).

Daisy                 - Che male c'è? Alla tua età, mia cara, si può dir forte che un uomo è simpatico. Poi lo dirai più piano, poi non lo dirai più affatto. E allora comin­ceranno i guai.

Lisetta               - I guai?

Daisy                 - Si. E se vuoi un consiglio da una donna di una certa esperienza, sta bene attenta con gli uomini! Gli uomini, vedi, sono come quelle bottigliette dei farma­cisti, dove è scritto sopra « veleno ».

Lisetta               - « Uso esterno ».

Daisy                 - (la guarda incerta) Vedo che sarà meglio ti dia degli esempi pratici. Vedi... mettiamo che una ragazza vada per la strada e incontri un giovanotto di sua conoscenza, che l'accompagni...

Lisetta               - È male?

Daisy                 - No, non è male. Ma può accadere che questo giovanotto a un certo mo­mento le dica: « Signorina, vogliamo fa­re una bella corsa in automobile? » E allora tu, subito, ve'! senza un momento d'indecisione, pronta: «Cosa dite? in automobile? Io vado a piedi, guarda un po'... ». Oppure se lì vicino c'è un bo­sco e lui ti dica: « Signorina, vogliam fare un bel giretto nel bosco? » « Macché bosco! nel bosco andateci voi se vo­lete prendere il fresco! ». Hai capito?

Lisetta               - Ho capito, si...

Daisy                 - Mica per niente, ma gli incidenti d'auto oggi sono all'ordine del giorno... e i boschi poi... pieni di sterpi, di spine, di vipere...

Lisetta               - Ho capito, ho capito.

Daisy                 - In quanto poi agli ingegneri ar­chitetti... stai attenta, figliola! perché quelli hanno la benedetta manìa di farti vedere le loro case in costruzione... Certi grattaceli che non finiscono d'an­dare in alto... con delle scale fatte di ta­vole malferme e senza parapetto che a guardar giù ti vengon le vertigini... E poi ti ci portan sempre quando gli operai hanno staccato il lavoro. E allora anche lì, pronta: a Cosa dice? nel grattacelo? Andateci voi nel grattacelo! Io lo vedo dalla strada, oh, guarda un po'! >> Ca­pito? E non dimenticare questi consigli che sono santi.

Lisetta               - Ma scusa, oltre l'auto, i boschi, i grattaceli, vi possono essere altri posti dove si può andare con un giovane...

Daisy                 - (subito) Ah, già. (Riflette) Be' col tempo ti metterò in guardia anche sul resto.

Guido                - (entra da destra con un foglio di carta da musica sul quale prende appun­ti solfeggiando) Si... sisi... si...

Daisy                 - Guido?

Guido                - Buongiorno Daisy. (a Lisetta) E Rina?

Lisetta               - Non è ancora tornata.

Guido                - Accidenti! è dalle tre che è fuori.

Daisy                 - Come mai è uscita alle tre?

Guido                - Mah!...

Lisetta               - Aveva delle commissioni...

Guido                - Sono le cinque; e dalle tre alle cinque se ne fanno di commissioni. (Sempre prendendo appuntì ripete la frase con una certa asprezza) Si!... Si!... Si!...

 Teresa               - (entra reggendo un piatto su cui è una torta dolce) Signorina?

Lisetta               - Ah, vediamo... (Va verso Te­resa) Bellissima! È proprio come quelle che fa mamma.

Daisy                 - Una torta?

Lisetta               - Si, per Sandro. (A Teresa) So­lamente dovresti spolverarla con lo zuc­chero.

Teresa                - Ah, già! che zuccona! Ora la ri­porto di là...

Lisetta               - (prendendole il piatto dalle mani) Dalla a me, faccio io. Vieni, Daisy? Daisy       - Subito, cara. (Esce con Lisetta). Guido (a Teresa) Che cosa è quella roba? Teresa           - (sottovoce beata) Una torta che mi ha insegnato la signorina: oggi è sant'Alessandro, e la signora ha pensato di fargli un'improvvisata.

Guido                - Ah, sant'Alessandro? Ma guarda! E allora ci vuole la torta!

Teresa                - (subito ostile) Avresti qualche cosa da dire?

Guido                - Io? Ma ti pare?

Teresa                - Oh, bravo! perché sarebbe bella che non si potesse fare un po' di festa al signor Sandro per il suo giorno...

Guido                - Già... poi ci sarà una torta per il giorno del signor Piero, un'altra per quello del signor Lello...

Teresa                - ... e una per il tuo.

Guido                - Di mandorle amare quella!

Teresa                - Certo, se continui a brontolare!

Guido                - Io, però, non capisco una cosa: prima non li potevi soffrire, e adesso quando si tratta di loro, vai in brodo di giuggiole.

Teresa                - Sicuro! perché non sono più quei manigoldi di prima: son diventati dei bravi giovani: seri, casalinghi...

Guido                - Ecco, casalinghi! hai detto pro­prio bene!

Teresa                - No, forse? Dopo il lavoro - perché adesso lavorano, se Dio vuole - vengono qua, allegri, senza cerimonie...

Guido                - Be', tu sei contenta?

Teresa                - Io? contentona!

Guido_______ - E allora va bene: contenta tu, contenti tutti. Almeno non ti sentirò più brontolare per casa come prima. (Continuando a prendere appunti, ripete la frase con sempre maggiore asprezza) Siii!... Siii!... Siii!__________ (cantando) No! No!

Rina                   - (entrando vestita da passeggio con una quantità di pacchi e pacchetti portati da Vincenzo) Eccomi qua!

Teresa                - Oh, brava signora!

Rina                   - Ciao, Guidone!

Guido                - Addio.

Rina                   - (togliendosi il cappello, a Teresa) -Aiuta a liberar Vincenzo da tutta quella roba.

Teresa                - Ne hai fatte di commissioni!

Rina                   - Sono morta: via del Tritone, il Corso, poi, giù fino all'Argentina...

Guido                - Potevi prendere la macchina.

Rina                   - Credevo servisse a te.

Guido                - Come se non sapessi che a que­st'ora non l'adopero mai.

 Rina                  - Ma, caro, non è stato un guaio: ne ha guadagnato la salute. Al ritorno poi ho preso un tassì. (Dirigendosi verso il fondo) Vediamo la tavola.

Teresa                - Non abbiamo ancora finito.

Rina                   - Oh, no, no il servizio di tutti i giorni: quello più bello!

Vincenzo           - Non va bene?

Rina                   - Meglio quello di Faenza: non si può mica trattare il signor Sandro come al solito, oggi che è la sua festa.

Guido                - (solfeggiando con un continuo cre­scendo di rabbia) Tààà... tàà... Tata...

Vincenzo           - (intanto) Lo cambio subito. M'aiutate Teresa?

Teresa                - Eccomi. (Levano un altro servi­zio da tè per sostituirlo).

Rina                   - E la torta?

Teresa                - Bella, bella: tua sorella la sta spolverando con lo zucchero.

Rida                  - E i panini?

Teresa                - Pronti.

Rina                   - In quelli all'acciuga avete messo il cetriolino?

Teresa                - Si, tagliato a fettine per il lungo.

Rina                   - Brava, perché a Sandro piace tanto il cetriolino.

Guido                - (fra sé e. e.) Tàààà.... tààààà!!!

Rina                   - (a un tratto sovvenendosi) Ah, le due cestine d'argento! (A Teresa) Ho preso dei cioccolatini per Piero e dei marroni canditi che piacciono a Lello. (Mentre Teresa e Vincenzo compongo­no i cioccolatini e i marroni nelle cesti-ne, svolgendo un pacchetto e levando un pezzetto di stoffa) Guarda Guido,, se ti va per una veste da camera.

Guido                - Io, in marrone?

Rina                   - Non è mica per te, è per Lello.

Guido                - Ah, per Lello?

Rina                   - Una commissione... Credo che coi rivolti amaranto...

Guido                - Oh, roba da lord Brummel!

Rina                   - Oh, povero Lello, lord Brummel! (Subito) E poi qua. (Va per prendere un altro pacchetto, urta la sua borsetta che cade) Oh...

Guido                - Che succede?

Rina                   - (in fretta raccoglie la borsetta, ne leva un orologio da polso, lo accosta all' orecchio) No, no, va. Che paura! va ancora. È l'orologio di Piero: s'era fermato: l'avevo portato io dall'orolo­giaio col mio che s'era rotto anche quel­lo. (Prendendo un altro pacchetto). Vo­levo farti vedere... (Venendo avanti) Sono campioni di camicie per i ra­gazzi. (Svolge l'involto, leva delle car­telle di campioni. Facendoli vedere a Guido) Carini i disegni, ti sembra? Me­glio di quelli di seta che portai l'altra settimana. Ne potresti scegliere anche tu, perché ne hai bisogno di camicie.

Guido                - Già... visto che li hai portati per i ragazzi...

Rina                   - Ah, aspetta... voglio farti vedere... (Prende un altro pacco più voluminoso) Roba per Sandro. (Comincia a svolgere).

Teresa                - (intanto a Vincenzo accennando a due piatti grandi che ha levato dalla cre­denza) Dici che bastano?

Vincenzo           - Altro, che bastano!

Teresa                - Allora andiamo. (Escono).

Rina                   - (ha levato dal pacco un berretto da montagna, una sciarpa di lana a colori e due guanti) Guarda. Credi che San­dro sarà contento?

Guido                - Cosa va, in maschera?

Rina                   - Macché maschera! un archeologo in maschera! Va sulle Alpi!

Guido                - A far cosa, a sciare?

Rina                   - Ma nooo: va a fare delle ricerche.

Guido                - Sulle Alpi?

Rina                   - Si, deve vedere per dove passò An­nibale quando venne in Italia; e sicco­me sulle Alpi fa freddo...

Guido                - Così tu gli regali...

Rina                   - Regalo? Ma ti pare? Regalare que­sta roba?

Guido                - Non è il suo giorno?

Rina                   - Per il suo giorno, caro, ho qualcosa di meglio da regalargli.

Guido                - Ah, hai qualcosa di meglio?

Rina                   - Certo. Bada che è un segreto: l'ho di là, nascosto nell'armadio a specchio.

Guido                - Cos'è, un sacco da montagna?

Rina                   - Macché sacco! un libro.

Guido                - Un libro?

Rina                   - Si, d'un norvegese, dello Swend-sen: figurati, sulla virtù delle Vestali.

Guido                - Perbacco!

Rina                   - Perché, sai, pare che le Vestali in quanto a virtù passino un brutto quarto d'ora.

Guido                - Ah, si?

Rina                   - Almeno così dice Sandro.

Guido                - Un'illusione di meno.

Rina                   - Un libro che qui non si trovava. Ma io sono andata all'Ambasciata di Germania...

Guido                - Sei andata a scomodare l'amba­sciatore per un libro?

Rina                   - Ma nooo, cosa dici? « Scomodare l'ambasciatore » ti pare? È stato il dot­tor Keller, un amico di Daisy, che con lei in passato sembra sia stato molto gentile. Infatti l'ho avuto in una setti­mana. Ma adesso non starlo a dire a Sandro: dev'essere una improvvisata.

Guido                - Ah, un'improvvisata?

Rina                   - Perché? non è una cosa carina? Di­sperava d'averlo, a un tratto se lo trova sotto gli occhi...

Guido                - Si, si, una cosa carina: ricordo in­fatti quando le improvvisate le facevi anche a me.

Rina                   - (stringendosi a lui) E te ne farò ancora, tesoro, tesoro bello... caro!...

Guido                - Proprio? proprio caro?

Rina                   - Ne dubiti? (Accorgendosi del foglio che Guido ha nelle mani) Musica?

Guido                - (rabbonito) Si, il finale della sin­fonia in do maggiore.

Rina                   - Ah... finita?

Guido                - Finita, se Dio vuole!

Rina                   - Che bravo! Quando me la farai sen­tire?

Guido                - (animandosi) Anche subito.

Rina                   - (perplessa) Subito? ma...

Guido                - Perché? Non puoi?

Rina                   - Veramente in questo momento...

Guido                - (secco, breve) Va bene, va bene.

Rina                   - No, lascia che ti spieghi...

Guido                - Cosa vuoi spiegare?

Rina                   - Stasera a tavola siamo in sette, c'è anche Daisy: debbo mettere fuori con Vincenzo l'argenteria bella, il vecchio Ginori, i bicchieri di Murano: e poi bisogna che guardi anche per i vini...

Guido                - E va bene! chi ti dice niente?

Rina                   - Caro, sembri seccato...

Guido                - Io seccato?

Rina                   - (carezzosa) Si, un pochino, con­fessalo: hai una faccia...

Guido                - Ebbe', se vuoi saperlo un po' lo sono.

Rina                   - Ma perché, tesoro?

Guido                - E me lo domandi? Compongo una pagina di musica che mi soddisfa, sono contento, voglio fartela sentire e... mi trovo davanti l'argenteria, il vecchio Ginori, i bicchieri...

Rina                   - Ma si tratta dei tuoi amici.

Guido                - Ecco! gli amici! perché qui non si fa che pensare agli amici, che occu­parsi degli amici: tutte le ore della gior­nata sono piene degli amici...

Rina                   - Sei seccato per questo? Ma io cre­devo ti facesse piacere.

Guido                - Ah, proprio no!

Rina                   - Non capisco.

Guido                - Oggi, per esempio, dopo colazio­ne, caso nuovo, sei scappata fuori a correre qua e là per gli amici: le camicie per i ragazzi, il berretto, la sciarpa per quell'altro là... per Annibale... fin dal­l'orologiaio! perché se non ci andavi tu, secondo te, l'orologio non camminava...

Rina                   - (che lo ha osservato con un senso di intima gioia) Eh... chi lo sa?...

Guido                - Cosa mi prendi, in giro?

Rina                   - Quasi, quasi ne avrei voglia.

Guido                - T'avverto che non è il caso.

Rina                   - Ma andiamo. Guidone! t'arrabbi perché ho fatto qualche commissione per (mei poveri figlioli? Non hanno nessuno: Lello senza famiglia, Sandro con lo zio vecchio, Piero con sua madre che ha i reumi...

Guido                - Ma si, un ospedale addirittura!

Rina                   - E poi, quando domandano un pia­cere, lo fanno con tanto garbo, in un modo così gentile...

Guido                - Già! che non si resiste!

Rina                   - Io almeno non resisto.

Guido                - Ah, lo vedo! Anzi sei tu a insi­stere, a incoraggiare: « penso io, faccio io, lasciate fare a me »...

Rina                   - Ma, scusa, allora quando mi do­mandi tu qualche cosa...

Guido                - (trasalendo) Ah! benissimo! così mi metti addirittura con loro! come loro! come faresti le commissioni per me, le fai per loro! Sai cosa debbo dirti? che qui non c'è più un marito, ce ne sono quattro.

Rina                   - Tanti?

Guido                - Anzi! meglio! tu sei una moglie divisa in quattro!

Rina                   - (con un tono di raccapriccio) Ah, che orrore!

Guido                - Si, scherza, scherza! Quest'inva­denza con un crescendo d'ogni giorno, d'ogni momento, che ti leva il respiro... Appena lasciano il lavoro, eccoli qua: tè e chiacchiere fino all'ora del pranzo. E mangiano, mangiano! come mangia­no! Seduti qua (indica le poltrone) che, anche quando non ci sono, mi par sem­pre di vederceli: poltrone numerate in prima fila: Sandro, Piero, Lello: paci nei, beati! E tu più beata di loro a ve­derteli davanti...

Rina                   - Senti, io li trovo molto cari.

Guido                - Ah, si! cari, carissimi! tanto cari che se la sera si esce, si deve uscire in­sieme; se si va a teatro, insieme; al ci­nema insieme. E sono sei mesi! sei mesi che dura questa storia, sei mesi!!!

Rina                   - Be', adesso calmati e ragioniamo: chi me li ha portati a casa? tu.

Guido                - Per farteli conoscere: potevo non fare conoscere a mia moglie i miei amici? Ma c'era poi bisogno di colmarli di ri­guardi di..., di ridicole premure perché ci prendessero gusto e s'insediassero da padroni?

Rina                   - Guido, sei ingiusto: rimproveri a una signora d'esser stata gentile, carina, cogli amici di suo marito...

Guido                - Troppo « carina », troppo!

Rina                   - Tanto più che questi amici, ne con­vieni anche tu, sono cambiati, sono diventati bravi, ammodo...

Guido                - Ma anche io son diventato bravo, ammodo, e mia moglie la voglio per me solo!

Rina                   - Oh, Guido, anche quando t'arrabbi sei un tesoro, un tesoro!

Guido                - (esaltato, eccitato prendendola per le braccia) Rina?

Rina                   - (impaurita) Oh, Dio...

Guido                - Andiamo via, facciamo un viag­gio. Te lo ricordi il bel progetto di qual­che mese fa? Capri, la Calabria, la Si­cilia...

Rina                   - (chiude gli occhi) Se me lo ricordo!

Guido                - Ho bisogno di star solo, con te, solo, dalla mattina alla sera. Solo! ca­pisci? Solo!

Rina                   - Non parlarmene!

Guido                - (baciandola di scatto) Brava. Al­lora facciamo subito le valigie e via, subito via!

Rina                   - (aprendo gli occhi) Come «subito»?

Guido                - Perché? Non siamo liberi? non possiamo andarcene quando vogliamo? (vedendola incerta) Rina, non tirarmi fuori delle storie!

Rina                   - Caro, non sono storie.

Guido                - Cosa c'è?

Rina                   - Eh, sai che il dieci...

Guido                - Il dieci?

Rina                   - ... è la prima conferenza di Lello alla Lancisiana.

Guido                - E che m'importa?...

Rina                   - Abbi pazienza: la prima conferenza è un grande avvenimento nella vita di un uomo. Ci saranno tutti gli amici: dobbiamo proprio mancare noi? Sai quanto ha faticato per prepararsi a quel­la conferenza: si tratta della sindrome addominale destra, mica una sciocchez­za... (A uno scatto di Guido) Ammettia­mo che si desse un concerto di musica tua e uno dei tuoi amici partisse per un viaggio di piacere, cosa diresti tu, come lo giudicheresti? L'amicizia, caro, è un sentimento nobilissimo che non si discu­te: io almeno per mio conto non lo discuto.

Guido                - E va bene! (Breve pausa) Allora partiremo l'undici. Va bene, l'undici?

Rina                   - (a un tratto sovvenendosi) Ah!...

Guido                - Cosa c'è? C'è qualche cos'altro?

 Rina                  - O Dio, Dio... adesso sono sicura che strepiti. Ma come fare? giudica tu: come fare?

Guido                - Cosa, « come fare »? cosa c'è? Fuori! metti fuori!

Rina                   - ... Sandro.

Guido                - Sandro.

Rina                   - ... il museo.

Guido                - Senti, Rina, non farmi perdere la pazienza: il museo cosa? cosa il museo?

Rina                   - Il museo etrusco, il nuovo braccio ad oriente. L'inaugurazione è il venti: come si fa a partire nove giorni prima? Sandro ci tiene tanto che ci siamo anche noi. Figurati che !o sta mettendo in ordine lui quel braccio. E tu l'hai sentito come parla degli Etruschi, con che pas­sione, povero figliolo! con quel suo stile pittoresco! ... gli Etruschi dal sorriso enigmatico, indecifrabile!... i giocolieri del sorriso!... (A uno scatto di Guido) Il ventuno, partiamo, il ventuno.

Guido                - Ma finiscila!

Rina                   - Rifletti: cosa sono poi nove giorni?

Guido                - Sai cos'è? tu non vuoi partire.

Rina                   - Io non voglio?

Guido                - No, no, tu non vuoi.

Rina                   - E per quale ragione? L'inaugura­zione del palazzo di Piero...

Guido                - (ossessionato) Ah, lo dicevo! c'è anche un palazzo!

Rina                   - Ma è a gennaio; e di qui a gen­naio...

Guido                - Magnifico, magnifico! Così se a gennaio siamo in Sicilia a goderci un po' di quiete, dobbiamo piantar tutto per il palazzo di Piero.

Rina                   - Eh, d'altronde come si fa? l'amici­zia... mio caro!

Guido                - Ah, no, no! ti sbagli! Bada, Rina, una volta in Sicilia si resta! Basta con le inaugurazioni, coi palazzi, coi musei, colle operazioni addominali! A Roma si ritorna quando parrà a me! E non se ne parli più!

Rina                   - E allora credo che sarà meglio non andare.

Guido                - Rina!

Rina                   - Perché non dobbiamo trattare Pie­ro come gli altri? si sta qua per Lello e per Sandro: si ritorna per Piero.

Guido                - Guardami in faccia, Rina, guar­dami in faccia. Bada che io vedo, vedo più in là di quello che tu creda. Ho una seconda vista io! C'è uno qua, che non viene per far solo delle chiacchiere: viene per dei fatti quello! è un uomo d'azione il signore! È un pezzo che l'os­servo, che lo guardo darsi delle arie da uomo fatale!... Che lo vedo sorridere di un sorriso, vedi, che non è poi tanto indecifrabile come lui crede! Ah, fa l'e­trusco lui! Ma io, vedi faccio il romano! E lo sai come andò a finire fra i Ro­mani e gli Etruschi? lo sai?

Rina                   - Finì male?

Guido                - Rina?!

Rina                   - Ma, caro, che cosa posso fare se Sandro mi fa la corte?

Guido                - Metterlo a posto.

Rina                   - Ci sta a posto: (indica le poltrone) è sempre lì seduto, cogli altri...

Guido                - (ha un gesto di disperazione).

 Rina                  - Hanno suonato, sono loro.

Guido                - Ah, benissimo.

Rina                   - T'avverto che è il giorno di Sandro, del tuo amico d'infanzia...

Guido                - Me ne infischio dell'infanzia!

Rina                   - Bada, Guido, che un marito fa presto a diventare ridicolo... bada! (Sandro, Piero e Lello s'affacciano al­la comune).

Sandro               - Amici!

Rina                   - Oh, finalmente!

Piero                  - Eccoci qua.

Rina                   - Come mai tanto ritardo? (Offre la mano a Sandro e a Piero) Sono quasi le sei.

Lello                  - (accennando a Sandro) La colpa è sua che s'è fatto aspettare.

Sandro               - (intanto) Il nostro Guidone!...

Piero                  - Come va?

Guido                - (moderandosi, ma con una certa rabbia) Bene, bene.

Piero                  - Signora, siamo affamati.

Guido                - (fra se) Ecco: mangiano.

Rina                   - Subito! (Corre a premere il cam­panello).

Lello                  - Ho operato fino a cinque minuti fa con un solo cappuccino.

Piero                  - E io? tutto il giorno su le terrazze di quel casone!...

Sandro               - Io, dalle tre sino adesso al mu­seo, coi muri ancora umidi...

Rina                   - (intanto a Vincenzo) Il tè.

Piero                  - Sicché i tuoi Etruschi tremeranno dal freddo.

Rina                   - (ritornando) Oh, Sandro?

Sandro               - Signora?

Rina                   - Che smemorata! Auguri!

Sandro               - Grazie.

Piero                  - Sono stanco. (Va a sedersi su una poltrona).

Rina                   - Che quest'anno vi porti tante sod­disfazioni, e che il museo riesca degno di voi.

Sandro               - Grazie anche per gli Etruschi.

Rina                   - Come si portano? Bene?

Sandro               - Benissimo: sono là, tutti in fila, nelle loro custodie...

Guido                - Sorridono?

Sandro               - Oh, tutto il giorno! di quel riso...

Guido                - Enigmatico, eh?

Sandro               - Ermetico, dirai!

Guido                - Più allegri di noi insomma!

Rina                   - (subito) Guido, non hai fatto gli auguri al tuo amico.

Guido                - (esagerando) Ah, già! scusa! augu­ri! cento di questi giorni!

Sandro               - (con un mezzo abbraccio) Grazie.

Lello                  - ( che è andato per sedersi, a Piero) È la mia poltrona: alzati.

Piero                  - (alzandosi e mettendosi a sedere in un'altra poltrona) Noioso!

Sandro               - (sempre trattenendo Guido) È il primo anno, sapete, che ricevo degli auguri in un ambiente così onesto e in modo così garbato.

Rina                   - Perché, prima non eravate garbati?

Sandro               - Non parliamone, signora: figu­ratevi che andavamo a finire in qualche osteria di campagna: e lì certe bevute! Qua invece tutto è per bene, gentile, a posto... (Sembra commosso).

Guido                - Hai ragione: proprio tutto a po­sto...

Sandro               - Merito di tua moglie.

Guido                - Ah, certo! merito di mia moglie: infatti vedi...

Rina                   - (subito) Oh, ragazzi, ho i campioncini, per le camicie! (Corre a prenderli).

Piero                  - Davvero?

Lello                  - Vediamoli.

Rina                   - Eccoli qua.

Sandro               - Scelgo io ch'è il mio giorno!

Piero                  - Ebbe?

Lello                  - Che centra il tuo giorno?

Sandro               - Come che centra?

Rina                   - No, no, Sandro ha ragione: a lui la preferenza. (Dando le cartelle dei campioni a Sandro) Queste sono da di­ciassette e cinquanta e queste da quindici.

Piero                  - (guardando sulle spalle di Sandro) Belli i disegni.

Lello                  - (come Piero) Ha buon gusto la nostra signora Rina.

Rina                   - Meno male...

Sandro               - Ho già scelto. Dov'è un lapis?

Rina                   - Subito (corre a prendere un lapis).

Piero                  - Naturalmente, prenderai le mi­gliori.

Sandro               - (cantilena) È il mio giornooo!...

Lello                  - Ma non è una ragione.

Rina                   - (ritornando col lapis) Vi mettete a litigare come dei bambini?

Sandro               - (prendendo il lapis) Grazie. Ecco qua: questo... questo...

Rina                   - Nooo!... a voi il verde?

Sandro               - Perché? Non mi dona?

Piero                  - Sei verde tu.

Sandro               - lo verde? se sono rosa!

Lello                  - Allora per me il verde!

Rina                   - Ecco, a Lello sta meglio.

Sandro               - Quattro: ci ho messo una S.

Piero                  - Ora a me.

Lello                  - Eh, ma così prendete tutto voi!...

Piero                  - (scegliendo) Hai quella verde: non ti basta?

Lello                  - (a Rina) Che egoisti gli amici!

Rina                   - Ah, si, caro Lello, molto!

Lello                  - Egoisti e prepotenti.

Sandro               - A proposito! e tu Guidone?

Piero                  - (andando verso Guido) Ah, già, anche tu!

Lello                  - (jra sé al colmo della pazienza) -Anche lui! (Va a sedersi sconsolato).

Guido                - (a Lello) No, no, consolati, Lel­lo: io non scelgo niente.

Rina                   - Perché, caro? Ne hai bisogno.

Piero                  - Sono bellissimi.

Sandro               - (mostrandogli mia cartella) Que­sto color fragoletta: saresti un incanto.

Guido                - Ma lasciatemi stare!

Sandro               - Be'?

Piero                  - Che cos'hai?

Guido                - Ho che le camicie le scelgo da me: non ho bisogno di mandare le don­ne a scegliermi le camicie.

Sandro               - (perplesso, sorridendo) Guidone?

Rina                   - (subilo forzando di vincere la per­plessità degli amici) Oh, Piero, ho il vostro orologio! (Corre a prenderlo).

Piero                  - Accomodato?

Rina                   - Si, si, cammina, cammina.

Piero                  - Non so come ringraziarvi. E il mio debito?

Rina                   - Trenta; ma non c'è fretta.

Piero                  - Prego... (Leva del denaro).

Rina                   - Pensate che poco fa m'era caduta la borsetta: ho avuta una paura!

Piero                  - (deponendo trenta lire sul tavolino) Paura?

Rina                   - Temevo si fosse tornato a rom­pere.

Piero                  - Poco male.

Rina                   - Come poco male?

Guido                - (con vivacità) Ha ragione lui! Al più avresti dovuto fare un'altra corsa per riportarlo all'orologiaio.

Piero                  - Con questo mi fai riflettere che ho abusato della cortesia di tua moglie.

Rina                   - (A Piero) Ma cosa dite ? Guido scherza: è vero, Guido?

Guido                - E poi lei è felice, beata di far com­missioni: si può anzi dire che mia mo­glie ha il bernoccolo delle commissioni. È vero, Rina?

Piero                  - Sei un po' acido oggi.

Sandro               - Si, sei acidulo, Guidone.

Guido                - Credete?

Rina                   - (sempre in ansia) Nooo; è che ha lavorato tutt'oggi, è stanco...

Lello                  - Alla sinfonia?

Rina                   - Si, finita.

Sandro               - Allora ce la farai sentire.

Guido                - Altroché! figuratevi! tanto più che è in do maggiore (fa con la mano l'atto di percuotere). (Tutti ridono). (Preceduti da Daisy entrano Lisetta reggendo la torta. Teresa con altri due piatti, Vincenzo con la teiera).

Daisy                 - Eccoci qua! (Accoglienza festosa, scambio di saluti).

Lello                  - Brave le nostre signorine!

Piero                  - Ih, quanta grazia di Dio!

Lello                  - Che bella torta!

Lise ita              - È in onore del signor Sandro!

Sandro               - Noo! Ma perché? Troppo!

Piero                  - Magnifica!

Lello                  - E che odorino!

Lisetta               - E cento di questi giorni!

Sandro               - Grazie!

Daisy                 - Auguri anche da me!

Sandro               - Commosso!

Teresa                - E anche da questa vecchia: che Dio ti benedica!

Sandro               - Permettete che baci la nutrice?

Rina                   - Fate, fate.

Teresa                - (schermendosi) Oh, adesso non fare lo stupido!

(Durante le battute che precedono, tut­ti, meno Daisy, si dirigono verso il fondo).

Piero                  - Si può averlo un pezzetto, su­bito?

Lello                  - Anche a me!

Sandro               - Prima a me, che è il mio giorno!

Rina                   - Uh! che impazienti!

Lisetta               - Un coltello, Vincenzo!

Lello                  - Per me il più grande!

Teresa                - Goloso!

Rina                   - Ma lasciatemi un po' di posto! Come faccio a versare?

Daisy                 - (a Guido) E il vostro giorno quando viene?

Guido                - Credete che venga anche il mio giorno?

Daisy                 - Nel calendario c'è: san Guido martire...

Guido                - Ah, se è martire vien di sicuro!

Piero                  - (avanza mangiando una fetta di torta) Signorina Daisy?

Daisy                 - Volete?

 Piero                 - Sapete che abbiamo già incomin­ciato a dar l'intonaco alle pareti?

Daisy                 - Ah, si? guarda!

Guido                - (intanto ha preso una rivista e si è seduto in disparte).

Piero                  - È una festa quella casa!

Daisy                 - Immagino.

Piero                  - (più intimo) Poi c'è l'ascensore.

Daisy                 - Anche l'ascensore?

Piero                  - In un lampo si è alle terrazze.

Daisy                 - Davvero?

Sandro               - (nel fondo) Si mangia anche que­sto fiocco?

Piero                  - (abbassando la voce) Perché non ci andiamo domani, dopo le cinque, quando gli operai hanno staccato?

Daisy                 - (a bassa voce) Sai cosa sei?

Piero                  - Cosa?

Lello                  - (avanzando con una tazza di tè e un piattino dov'è una fetta di torta) -Sei un bell'animale!

Daisy                 - (subito a Piero) Ecco!

Piero                  - (a Lello) Io?

Lello                  - Stai mangiando quella roba pre­libata davanti alla signorina e non glie­ne offri.

Piero                  - Già... ma è che... stavo appun­to... offrendo...

Daisy                 - (ha uno scatto di insofferenza).

Lello                  - (porgendo a Daisy tazza e piatti­no) Io invece ci ho pensato.

Daisy                 - (subito in orgasmo) Oh, dottore! grazie! gentile!

Lisetta               - (che intanto era scesa con un'al­tra tazza) Piero?

Piero                  - (collo stesso tono di Daisy) Oh, signorina, grazie! gentile!

Lisetta               - Prego (a Piero e Lello) E il vostro giorno quando viene?

Piero                  - Il mio il ventitré maggio.

Lello                  - Il mio il quattro luglio.

Lisetta               - Che peccato! non ci sarò; al­trimenti il dolce lo facevo io.

Vincenzo           - (intanto porta il tè a Guido) Signore...

Guido                - Metti lì (accenna al tavolino).

Daisy                 - (contemporaneamente) No, no, al dottore lo farò io il dolce.

Lello                  - Come? voi v'intendete di cu­cina?

Daisy                 - Ma caro, non lo sapete? la cu­cina è uno dei primi doveri della donna.

Lello                  - Giusto!

Daisy                 - E una ragazza d'oggi, che voglia prepararsi degnamente al matrimonio, non deve avere paura di stare davanti ai fornelli...

Lello                  - Giustissimo...

Daisy                 - ...col suo bravo grembiale, il suo bravo mestolo in mano...

Sandro               - (ha scoperto sul pianoforte il ber­retto, la sciarpa, i guanti) Cosa vedo! Ma questa è roba mia! (Tutti si rivoltano alle esclamazioni di Sandro).

Rina                   - È vero, dimenticavo, Sandro!...

Sandro               - Che cara signora! con le vostre premure siete commovente.

Guido                - (fra sé) Io piango.

Piero                  - Che roba è?

Sandro               - La mia attrezzatura per le Al­pi: avevo pregato la signora...

Rina                   - (alludendo alla sciarpa che Sandro sta osservando) Come vi sembra?

 Sandro              - Bellissima. Aspettate (prova la sciarpa e il berretto).

Lisetta               - Che bella sciarpa!

Daisy                 - (a Guido) Va sulle Alpi?

Guido                - (soprapensiero) Si, con Annibale.

Daisy                 - Un suo amico?

Guido                - Si.

Daisy                 - Non lo conosco.

Guido                - Fatevi presentare.

Sandro               - Come sto?

Lisetta               - Benissimo!

Lello                  - Un figurino!

Piero                  - Stupendo!

Sandro               - No, non scherzate!

Guido                - (guardandolo fra sé ironico, stiz­zito) Bello, bellissimo.

Rina                   - Però, il verde della sciarpa...

Sandro               - Il verde?

Piero                  - Già, verde con verde...

Lello                  - Infatti, è come la camicia.

Rina                   - Posso cambiarla.

Guido                - (fra sé come sopra) Eccola! pron­ta, lei! subito!

Daisy                 - (guarda Guido stupita).

Sandro               - No, no, no: mi piace così: il verde è la speranza!

Guido                - (fra sé e. s.) Stupido... idiota...

Sandro               - E armato di speranza valicherò con Annibale le Alpi e scenderò con lui fino a Canne!

Daisy                 - (a Guido) Canne?

Guido                - Si, canne da pesca!

Sandro               - (bacia la mano a Rina) E il mio debito?

Rina                   - Eh, c'è tempo!

Sandro               - Il debito mercatorio, perché quello della riconoscenza non potrò mai saldarlo, mai!

Rina                   - Troppo buono...

Guido                - (perdendo il controllo) E di', Ri­na? l'improvvisata non gliela fai?

Rina                   - (sovvenendosi) Ah!...

Piero                  - Improvvisata?

Guido                - Ma come? dimenticavi?

Sandro               - Un'improvvisata?

Guido                - Che cosa sono gli auguri, i « cen­to di questi giorni », le chiacchiere; se manca la grande sorpresa, il tesoro che nascondi nell'armadio a specchio?

Piero                  - Un tesoro?

Sandro               - Nell'armadio a specchio?

Lello                  - Che tesoro?

Rina                   - Ma nooo... Guido è allegro, scher­za, è una cosa da niente...

Guido                - Come da niente? figuratevi che ha messo sossopra fin l'ambasciata di Germania per procurarglielo.

Lello                  - L'ambasciata?

Daisy                 - (con voce più alta di tutti) Ah, ho capito! il libro delle Vestali!

Sandro               - Le Vestali?

Rina                   - Lo cercavate...

Sandro               - Lo Swendsen?

Rina                   - Quello.

Sandro               - (al colmo della meraviglia e della gioia) Oh, ma signora! Ma cosa debbo dirvi? come dimostrarvi... Ma come avete fatto ad averlo?

Rina                   - Mi sono rivolta...

Daisy                 - Merito anche mio!

Guido                - Già anche suo il merito, anche di Daisy! Perché vedi, Sandro? ap­prezza, apprezza il gesto! mia moglie per procurarti un libro che mette in dubbio le virtù di quelle austere ver­gini non ha esitato ad allearsi questa fanciulla...

Daisy                 - Fanciulla?

Guido                - ...che può ben rappresentare il severo costume delle generazioni mo­derne!

Daisy                 - L'ha anche con me?

Guido                - Vai, vai, Rina, vai a prendere il libro, vai...

Rina                   - (fra il silenzio di tutti) No, caro, io non vado: vai tu. È nell'armadio a specchio, legato con un nastro... Vai tu, invece d'alzar tanto la voce.

Guido                - (rabbioso, ma dominato, avvian­dosi) E va bene! (Esce).

Piero                  - Ma che succede?

Lello                  - Che è stato?

Rina                   - Ma niente! ve l'ho detto, è ner­voso.

Daisy                 - Anche poco fa si agitava, si con­torceva su quella sedia... poi ha comin­ciato a dire «< bello! bellissimo! stupido! scemo! ».

Sandro               - A chi?

Daisy                 - A voi.

Sandro               - A me?! Oggi, che è il mio giorno?

Daisy                 - Poi se l'è presa anche con me. Cosa c'entro io con le fanciulle... col costume severo?

Rina                   - Be', senti cara... vai un momento con Lisetta in giardino.

Daisy                 - In giardino?

Rina                   - Ma si, a raccogliere dei fiori. Vai.

Daisy                 - Ah, ho capito. (Con comica gra­vità) Lisetta? Con me.

Lisetta               - Le forbici, aspetta (prende un paio di forbici poi esce con Daisy). (/ tre amici senza una parola vanno a sedersi sulle loro poltrone; Rina sul di­vano).

Piero                  - Strano: tutt'a un tratto...

Lello                  - Io m'ero accorto che era ner­voso.

Sandro               - Io direi matto.

Piero                  - Sarà stanco, esaurito...

Lello                  - Se ha lavorato tanto...

Rina                   - Infatti, in poco più di una setti­mana ha finito la sinfonia...

Sandro               - (ripetendo l'atto di Guido) ...in dò maggiore.

Rina                   - (dopo una breve esitazione) E poi, vedete... c'è... una cosa...

Piero                  - Che c'è?

Rina                   - Avevo anzi allontanato Daisy con Lisetta per questo...

Lello                  - Ebbene?

Rina                   - Non vorrei darvi un dispiacere... non lo meritate; siete dei così cari amici che...

Lello                  - Ma che c'è? Dite...

Piero                  - Appunto perché siamo degli ami­ci non ci dovete nasconder nulla.

Rina                   - Ecco... m'è parso... può essere una mia idea, ma m'è parso che la ra­gione del suo stato sia la vostra fre­quenza qui... non so... questo vostro continuo venir per casa...

Piero                  - Venir per casa?

Lello                  - ...Guido sarebbe stanco di noi?

Rina                   - No « stanco », non è la parola... diciamo piuttosto... insofferente: insofferente di questa specie... di... diciamolo, di penetrazione pacifica... di... invasione, simpatica senza dubbio, ma...

Lello                  - Oh... cosa ci dite...

Rina                   - Vi ripeto che è una mia supposi­zione.

Piero                  - Ma allora da che cosa l'arguite?

Rina                   - Oh, Dio, arguire... Del resto ba­sterebbe provaste a cambiar punto di vista; mettetevi dalla sua parte. Se uno di voi, per esempio, avesse moglie e i suoi amici venissero per casa ogni giorno...

Piero                  - Che male ci sarebbe?

Rina                   - Nessun male, lo so...

Lello                  - Si passava di qua, ci si fermava un pochetto...

Rina                   - Ah, bè, in quanto al « pochetto » mettiamo le cose a posto. Alzatevi. (Gli amici si alzano senza capire). Voltatevi. Guardate la stoffa di quelle poltrone: sei mesi fa era nuova.

Piero                  - Oh... ma come? Così ridotta?

Rina                   - Eh, già, così ridotta.

Lello                  - ...Ma, scusate, era stoffa buona?

Rina                   - Ottima.

(Gli amici si seggono ancora).

Piero                  - (un silenzio) Già.

Lello                  - Ma, che volete, è stato a poco a poco, senza che noi ce ne accorges­simo...

Rina                   - Lo credo...

Piero                  - S'è presa l'abitudine...

Rina                   - Se debbo confessarlo, è stato così anche per me: a poco a poco, senz'ac­corgermene... ho preso l'abitudine, la cara abitudine di vedervi qua ogni giorno. Voi, ecco... vedete, eravate la sim­patica variante della giornata...

Lello                  - Grazie, signora.

Piero                  - Siete molto cara a dir questo.

Rina                   - Ed è triste pensare che ora per forza... perché per la salute di Guido tutto si deve fare, tutto.

Piero                  - Già, ma che si fa?

Lello                  - Ecco: che si fa?

Piero                  - Diteci voi: noi siamo pronti...

Rina                   - Io, vedete, ho riflettuto molto su questo; e penso che forse il rimedio ci sarebbe...

Piero                  - Quale?

Lello                  - Sentiamo.

Rina                   - Levarlo di qui, isolarlo, farlo viaggiare...

Lello                  - Viaggiare?

Rina                   - Eh, si, viaggiare: i viaggi sono sempre stati un gran rimedio per i nevrastenici! E i primi tempi del matrimo­nio, Guido l'idea d'un viaggio l'aveva...

Lello                  - Già, forse è vero, un viaggetto...

Rina                   - Non c'è altro, credete.

Piero                  - E dove andreste?

Rina                   - Oh, il progetto di Guido era bel­lo! Prima di tutto un paio di settimane a Capri; poi, siccome partiremmo in auto e lasceremmo la macchina a Na­poli, dopo Capri s'andrebbe giù in Ca­labria...

Lello                  - Ah...

Piero                  - A far che in Calabria?

Rina                   - Sulla Sila: dicono che è bellissi­ma. Lì affitteremmo una villetta... e ci fermeremmo buona parte dell'estate...

Sandro               - ...a prendere il fresco.

Rina                   - Infatti c'è un clima delizioso las­sù. Poi si ridiscende, si traversa lo stretto...

Piero                  - Lo stretto?

Rina                   - ...e a tappe si fa il periplo della Sicilia. Poi...

Lello                  - Ce n'è ancora?

Piero                  - Ancora?

Rina                   - Ecco... questa sarebbe un'appen­dice... una specie di corollario, di... di codicillo, che dipende dalle circostanze. Dopo la Sicilia, pensate... la Libia.

Lello                  - La Libia?

Piero                  - Continuate, continuate a portarci a spasso!

Rina                   - Oh, Piero, non siate cattivo! por­tarvi a spasso? magari! ma purtroppo dovremo andar soli... E con un uomo malato di nervi... Basta: non pensia­moci.

Piero                  - Ma intanto chi ci rimette siamo noi.

Rina                   - Come, noi?

Lello                  - Eh, finiremo per non vederci più.

Rina                   - Che idee! Al massimo staremo via dieci mesi... un anno...

Piero                  - E dite poco un anno?

Rina                   - Ma che cos'è un anno? niente.

Sandro               - Oh, un soffio!

Piero                  -(un silenzio) Io mi domando intan­to cosa faremo noi per un anno intiero qua, soli, senza questa casa...

Lello                  - Questa casa che era diventata la nostra...

Piero                  - Dopo il lavoro si veniva qua a cercar riposo... davanti alla nostra cara amica, sempre cordiale, piena di atten­zioni, di premure...

Rina                   - Dite piuttosto sempre uguale, sem­pre quella donna un po' insipida...

Piero                  - Voi!?

Rina                   - ...che ogni giorno vi diceva le stes­se cose, sempre le stesse...

Lello                  - Ma non è vero!

Rina                   - ...vi domandava come state, come va il lavoro... se il tè è forte... se lo zucchero basta...

Piero                  - Andiamo, andiamo!

Sandro               - Ma si! secondo voi questa è una casa qualunque, voi una donna qualun­ue... tutto qualunque, insomma.

Rina                   - Proprio.

Piero                  - Non diciamo sciocchezze!

Lello                  - Ecco! non diciamo sciocchezze.

Rina                   - Oh Dio... certo che se a un dato momento prendete una casa qualunque e una donna qualunque e le mettete in­sieme... ne può uscir fuori qualche co­sa... che non è più una cosa qualunque.

Piero                  - Ecco!

Lello                  - È questo!

Rina                   - Io, per esempio, prima di sposar­mi ero... guardate; ...tal quale mia so­rella Lisetta: un'ochetta come lei.     (Va verso il fondo voltando le spalle agli amici).

Piero                  -( un silenzio) Beh, in quanto a Lisetta, non è vero che sia quella che dite.

Lello                  - Io la trovo anzi una ragazza a posto, allevata bene...

Sandro               - Fa dei dolci... (Si bacia la punta delle dita).

Rina                   - Oh, certo che la sua educazione è stata indirizzata a farne una brava massaia. (Rassetta verso il fondo).

Lello                  - (dopo un silenzio) Ma anche quel­la Daisy è simpatica.

Piero                  - (stupito, guarda Lello).

Rina                   - (volgendosi) Daisy? Simpaticis­sima!

Sandro               - E poi, è... pieghevole... dut­tile...

Rina                   - (avanzando, con autorità e convin­zione) E sono le donne duttili, caro Sandro, che, se trovano un uomo che sappia guidarle, fanno un'ottima riuscita. (Un silenzio. Prende dal piano-forte un foglio di musica e fa atto di leggerlo attentamente. Pare che attenda non si sa che).

Piero                  - (dopo un lungo silenzio, si alza e con un certo imbarazzo, un certo pu­dore, mascherati di indifferenza, va ver­so il fondo e guardando in direzione d'una finestra) Guardate là.

Lello                  - Dove? (Si alza anche lui e s'av­vicina).

Piero                  - Vicino alla serra.

Rina                   - Raccoglieranno certo delle rose: ve ne sono di bellissime.

Piero                  - Ah, si?

Rina                   - Ce n'è una fioritura...!

Piero                  - (a Lello) Andiamo a vedere le rose?

Rina                   - (subito) Un momento, dottore?

Lello                  - Signora...

Rina                   - Voi, avete l'automobile?

Lello                  - No, ma siccome i clienti aumen­tano, così pensavo...

Rina                   - (subito interrompendolo) No...

Lello                  - Che cosa?

Rina                   - Non prendetela ora: aspettate: prima prendete moglie, poi, il giorno del matrimonio, ne fate un bel regalo alla vostra signora. Va bene?

Lello                  - (sorridendo) Non capisco il con­siglio, ma siccome voi date sempre dei buoni consigli, lo seguirò.

Rina                   - Bravo.

Lello                  - Permettete?

Rina                   - Prego!

(Lello è uscito con Piero).

Rina                   - (dopo un breve silenzio) E voi Sandro, non mi dite niente?

Sandro               - Eh... io... io avrei voluti dirvi tante cose; ma ora m'accorgo che non erano che delle sciocchezze.

Rina                   - Ecco, Sandro, avete detto bene: non erano che delle sciocchezze.

Guido                - (entra improvvisamente e a passi rapidi va al pianoforte a cercarvi dei fogli di carta da musica. Ha il libro nelle mani, ma non si preoccupa di conse­gnarlo a Sandro) Scusate... Volevo prendere qua... (cerca sul pianoforte. Un silenzio. Continuando a cercare). Parlate, parlate: non sarà mica la mia presenza che vi fa ammutulire. (Silen­zio). Ho capito: s'è perduto il filo.

Sandro               - Già, hai ragione: s'è perduto il filo. (A Rina). Ma, per ritrovarlo, io penso, cara amica, che alla Sicilia, alla Libia dovreste aggiungere l'Egitto.

Guido                - (si volta di scatto interrogando).

Sandro               - (a Guido) Eh, si... perché l'E­gitto, vedi, con i suoi geroglifici, le mummie, le formule magiche... può es­sere un luogo di cura indicatissimo per i nevrastenici...

Guido                - L'Egitto, i nevrastenici... cosa vuoi dire?

Rina                   - (subito) Sai... avevo accennato agli amici il nostro progetto per un viaggio...

Guido                - Viaggio?

Rina                   - Si... Anzi bisognerebbe che ci sbri­gassimo, perché poi arriva la stagione calda e...

Sandro               - Già, e se vi vien voglia di fare anche un giretto nel deserto di Sahara.

Rina                   - Dovresti telefonare subito a Ca­pri, al « Quisisana », per vedere se vi sono delle camere...

Guido                - Perché, vorresti partir subito?

Rina                   - Non c'è che da far le valigie.

Guido                - (a Sandro) La senti?

Sandro               - Eh, la sento.

Guido                - È poco cara questa mia mo­glietta?

Sandro               - Carissima.

Guido                - Permetti che l'abbracci?

Sandro               - Abbraccia, abbraccia.

Guido                - (abbracciando la moglie) Rina, sono felice, felice!...

Sandro               - (fra se) Guarito.

Guido                - Ah! scusa Sandro! (prende il li­bro, glielo consegna). L'improvvisata di mia moglie.

Sandro               - Grazie.

Guido                - E perdonami se prima sono stato un villano.

Sandro               - Sai Guido?... In questo libro si tenta di demolire la virtù di quelle ope­rose custodi del fuoco che erano le Ve­stali. E io pensavo di unirmi all'autore in quest'opera di denigrazione. Ma ora mi sono accorto che facevo male: non appoggerò più le idee di questo signo­re: le combatterò, le combatterò con fede, con entusiasmo... E unirò in un solo pensiero quelle vetuste vergini e le nostre donne, gelose custodi anch'esse del focolare: sarà un modesto, ma con­vinto tributo alla poesia della famiglia.

Rina                   - (stendendogli la mano) Grazie, Sandro.

Sandro               - (bacia la mano a Rina poi subito a Guido)Gran donna tua moglie!

Guido                - Comincio a crederlo.

Sandro               - (alzando il dito a modo di sen­tenza e di minaccia) Eh!... cave Venerem temerare maritum!

Guido                - Cosa vuol dire?

Sandro               - Mah, « fra moglie e marito... non mettere il dito ».(Si ritira con un saluto comicamente cordiale).

FINE DELLA COMMEDIA