Mia grata terra

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MIA GRATA TERRA

dramma
prologo e tre atti
di

Sergio Fedro

Personaggi del prologo: il vecchio, poi Angelo
il giovane, poi Lorenzino 


Gli altri personaggi: Francesco Tudino- un agrumicoltore
Teresa- sua moglie
Elsa-sua figlia
Giovanni Gritti-il compare
Mafalda-sua moglie
Lorenzo-suo figlio grande
Luigino-suo figlio piccolo
Filippo-un contadino
Matteo-un contadino
Ersenio-un contadino
Gaetano Carluccio-un proprietario
Dott.Frusina-il medico condotto
Maresciallo dei carabinieri
Ufficiale giudiziario
Quattro fascisti

PROLOGO

La tela è chiusa. Sul proscenio, di lato a destra, proprio davanti la tela, vi è posta una panchina metallica; una di quelle comuni che, ai nostri giorni, sono sui marciapiede o ai giardini pubblici. Un fascio di luce la illumina, mentre, dal lato opposto del palco, un vecchietto tremolante, molto avanti negli anni, con un vestito bianco e con in testa un cappello dello stesso colore, si avvicina, con incedere incerto e lento, aiutandosi con il bastone. Giunto alla panchina, vi si siede, come facendovi cadere tutto il peso dei suoi anni. Intorno, si sente il pulsare della città ed il rumore del traffico. Nel frattempo, sopraggiunge anche un giovane. Il suo aspetto è trasandato ed inquietante; infatti, veste un pantalone jeans logoro, il cui colore, in origine, poteva essere stato celeste. Sulle spalle, ha un giubbino, pure sdrucito e scolorito, sul tipo dei pantaloni, su cui, un po’ ovunque, vi sono disegni a pennarello di cattivo gusto. Tra le dita della mano, infine, ostenta una sigaretta accesa che porta in continuazione alla bocca, aspirandone nervosamente il fumo. Giunto alla panchina, si sdraia, sguaiatamente, accanto al vecchio; in apparenza, senza accorgersi di lui. Dopo un po’, voltandosi verso il vecchio, gli getta un’occhiata sprezzante.

GIOVANE – (canzonatorio) Zio…sei fregato; quanto sei vecchio: ormai non sei buono più a nulla…! (si aiuta con il pollice e l’indice, mimando l’oscenità che intende dire) –

Il vecchio si volta e lo fissa a lungo.

VECCHIO – (sorpreso e rassegnato) Hai ragione: adesso, non valgo più niente; questa, però, (indica la sua testa) è ancora buona, e…a qualche cosa può ancora servire! Giovane, lo sono stato anch’io…tanto, tanto tempo fa…! Beh, se quello che hai detto, si riferisce alle ragazze…intendiamoci, ho battuto pure io la cavallina! Sapessi quante puledre, ai miei tempi, feci trottare…! –
GIOVANE – (con lo stesso tono) Sì, ma a quei tempi, che cosa potevi fare? Le ragazze che noi abbiamo oggi, tu neanche le sognavi! –
VECCHIO – Se parli di quantità, hai ragione. Voi, però, ragazzi d’oggi, adesso le cogliete come se andaste in un campo di pomodori. Non c’è gusto in questo modo; noi di allora, invece, quando adocchiavamo una ragazza che ci piaceva, usavamo mille strategie per avvicinarla. Era tutto più…più interessante, e, se si riusciva a strappare appena un appuntamento, si aveva una gran gioia e ci si sentiva uomo veramente! Non so se hai capito! –
GIOVANE – Oggi, non vanno così le cose! Dove vivi nonnetto? Non siamo noi che cerchiamo, ora, sono le donne che scelgono! –
VECCHIO – Sì lo so; purtroppo avviene così! D’accordo: vi vedete, scherzate, state insieme, andate in discoteca, vi toccate; non è questo l’amore vero, però, quello desiderato, quello che ti fa sognare e che ti dà anche le pene al cuore fino a farti sentire male. Il vostro mi sembra più un gioco di ragazzini viziati che cambiano il giocattolo ad ogni capriccio. Noi, invece, come ho detto, in quei pochi minuti in cui riuscivamo a stare da soli con la nostra bella, avevamo in pugno il paradiso! -
GIOVANE – Eh, nonnetto, quanta fatica per una scop…! (cavando dalla tasca una minuscola bustina) Questa, però, ai vostri tempi, l’avevate? –
VECCHIO – Che cos’è? –
GIOVANE – Beh, lascia stare! (diventa serio) Zio, hai riscosso la pensione? A che cosa ti servono tutti quei soldi? Sono tanti; se tu, per esempio, volessi renderti utile, potresti incominciare a regalarmi qualcosa…! –
VECCHIO – Non…ti capisco…! –
GIOVANE – E’ chiaro, no: potresti darmi un bel biglietto da cinquanta…! –
VECCHIO – (meravigliato) Vuoi dire…cinquantamilalire? E’ una bella somma! Per che cosa ti servirebbe? –
GIOVANE – E’ semplice: compro un po’ di “roba”! –
VECCHIO – Cos’è questa “roba”? –
GIOVANE – “La roba”, no: è una…medicina che fa stare meglio, guarisce tutto e dà forza! –
VECCHIO – Perché, stai male? –
GIOVANE – No, non sto male, ma neanche troppo bene; non capisci? –

Il vecchio, stupìto, sembra avere compreso.

VECCHIO – I soldi per fare questo, potresti averli dai tuoi genitori! –
GIOVANE – (sprezzante) Sì…quelli! Non mi danno più una lira; non so a che serve avere dei genitori ricchi: i soldi se li tengono stretti nelle tasche per portarseli al cimitero! Sapessi, quante cose, invece, farei coi loro soldi: potrei comprare macchine fuoriserie, tanti vestiti, polvere quanta ne voglio e stare sempre in viaggio a fare vacanza…! –
VECCHIO – Se questo, è quello che vorresti fare, è giusto che non ti diano più una lira…! –
GIOVANE – Adesso, vecchio, ti schieri anche tu con loro? Se pensano che mi metta a fare i lavori che credono, se lo possono togliere dalla testa! –

Pausa.

VECCHIO –Se non vuoi fare quei lavori, ragazzo, è giusto che ti rifiuta di eseguirli!-
GIOVANE – (sorpreso) Adesso mi rendo conto, anche se sei vecchio, che la testa ti funziona ancora! –
VECCHIO – Lasciamo perdere…! (pausa) Che cosa vuoi fare, allora? Di che ti occupi? Hai studiato? –
GIOVANE – Studiare? A che cosa serve: coi libri non m’intendo! A lavorare, poi, per adesso, non ci penso proprio! –
VECCHIO – Non fai niente, allora! –
GIOVANE – Sarebbe tutto inutile: fatica sprecata! Aspetto e basta…! –
VECCHIO – Aspetti, che cosa? –
GIOVANE – Che…i vecchi crepino! –

Pausa.

VECCHIO – (meravigliato) Dimmi, ragazzo, sei figlio unico? –
GIOVANE – Proprio per questo, aspetto! Un giorno, sarà tutto mio: la casa, la terra e tutto il resto…! Venderò tutto e farò la bella vita! –
VECCHIO – Già, quella che mi hai descritto poco fa…! –
GIOVANE – Esattamente! –

Il tremore del vecchio, che finora è stato regolare, improvvisamente si accentua, come fosse causato da una scossa interiore. Il suo viso assume un’espressione contratta e offesa.

VECCHIO – Per favore, dimmi chi sei tu, a chi sei figlio? Forse…conosco i tuoi genitori! –
GIOVANE – (aguzzando gli occhi) Se mi dai i soldi, te lo dico! –
VECCHIO – (tentennando la testa) Va bene, farò come dici…! –
GIOVANE – (esitando) Mio padre…è Giovanni Gritti! –

Il vecchio, all’improvviso, diventa cupo e si mette a grattare la sua barba ispida. Gli occhi sono fissi nel vuoto, come stesse rovistando nella sua mente.

VECCHIO – (emozionato) Tu…sei, allora, il nipote di Lorenzo Gritti ed Elsa Tudino?-
GIOVANE – Li conosci? –
VECCHIO – Certo, certo, e molto bene anche! Meglio di quanto tu possa averli conosciuti da quando sei nato! Sono vivi, ancora? –
GIOVANE – Stanno lì, in casa; ma stanno in piedi quasi per miracolo…! –
VECCHIO – Quindi, vivono con la tua famiglia…! –
GIOVANE – Sono rompiscatole più di mio padre. Ma li dovrò sopportare ancora per poco: sono con un piede nella fossa…! –
VECCHIO – (un po’ urtato) Non dovresti parlare in questo modo! (calmo) Ho conosciuto anche il tuo bisnonno Francesco Tudino, il padre di tua nonna! Non dovrei sbagliarmi, ma sono convinto che il tuo nome è Lorenzo; non è vero? –
GIOVANE – Indovinato: i miei mi hanno messo il nome del nonno; meno male che in comune con lui, ho solo quello! –
VECCHIO – Ed Elsa Tudino è tua nonna, figlia unica di Francesco e Teresa Tudino.-
GIOVANE – Proprio così; ma, nonnetto stai rievocando la preistoria! Bella roba: se erano come i nonni e mio padre…! Accidenti, se li hai conosciuti, ciò significa che sei proprio molto vecchio: avrai cent’anni oggi, o, forse, sei un fantasma? (lo tocca) –

Il vecchio, ora, è assorto nei suoi pensieri e, sembra, non ascoltarlo.

VECCHIO – (sognante) Francesco Tudino…Teresa…Lorenzo…Giovanni…! –
GIOVANE – Cos’hai, vecchio, ti senti bene? Ho detto qualcosa che ti ha offeso? –
VECCHIO – (scuotendosi) Sto bene…sto bene…ma, hai detto bene: mi sono offeso; e lo sarebbe, a sentire parlare male dei tuoi antenati, qualsiasi altra persona che li avesse conosciuti, se fosse stata qui presente. Francesco Tudino: una roccia! Testa dura, decisa e convinta che il mondo doveva girare in un certo modo…! Benedetto ragazzo…questo che ti sta davanti, questa specie di rottame, sente ribollirsi il sangue nelle vene solo a pronunciare il suo nome! Sì, quell’uomo che lottò contro le avversità con una forza, che oggi, è impensabile, l’ho conosciuto; e sono fiero di avere avuto il privilegio e l’onore di conoscerlo, compreso i suoi amici che, come lui, ebbero lo stesso spirito. Ho vissuto anch’io quei tempi e, se accetti, vorrei raccontarti ogni cosa di loro, sperando che tu possa conoscere meglio la tua famiglia!-
GIOVANE – Se ci tieni…! –

Il fascio di luce sulla tela in dissolvenza si attenua fino a sparire: breve buio in sala. Intanto, la panchina e i due che la occupavano, scompaiono. Le luci si riaccendono, nuovamente, sulla tela che, nel frattempo, piano piano, si apre.


ATTO I°

Scena n.1 (Francesco, Teresa)

Interno di una modesta casa rurale, di notte, intorno alla seconda metà degli anni trenta. La tela, aprendosi, scopre uno stanzone male illuminato, al centro del quale vi è un tavolo molto semplice, con delle comuni sedie impagliate. Di lato, in un angolo, arde un camino. Dal lato opposto della stanza, vi è una vecchia credenza, e, più in là, una stufa a legna. Accasciato su una sedia, coi gomiti poggiati sul tavolo ed il volto tra le mani, vi è Francesco, il padrone di casa, che, assorto, fissa il fuoco del camino. Dall’unica finestra i bagliori dei lampi di un temporale che sta scatenandosi all’esterno, penetrano nella stanza con frequenza e, per un momento, la illuminano a giorno. Il fragore dei tuoni, la furia del vento, lo scroscio della pioggia, è la causa del timore e dell’apprensione, che sta condensata sul volto dell’uomo. Su una sedia, accanto al camino, siede Teresa, sua moglie. Ad un tratto la donna si alza e si dirige, con passo pesante, verso l’interruttore e spegne la luce.

TERESA – E’ inutile tenerla accesa! –
FRANCESCO – Già, bisogna fare economia! –
TERESA – Quest’anno, le piante qui intorno, erano piene d’arance, come mai lo erano state per il passato! – 
FRANCESCO – Se questo tempo continua così fino a domattina, purtroppo, perderemo almeno il dieci per cento dei frutti…! –
TERESA – Se il vento durerà solo questa notte, ma se ci sarà anche domani, di arance, ne cadranno di più, e, per noi, sarà un vero disastro! –
FRANCESCO – Speriamo proprio di no! –
TERESA – In questa situazione ti ci sei cacciato da solo, perché se avessi venduto, adesso, sarebbero stati i commercianti a preoccuparsi! –
FRANCESCO – Non è con queste condizioni che acquistano: Il rischio sarebbe stato mio lo stesso, perché, loro, valutano il quantitativo solo a raccolto avvenuto! Quindi, merce effettiva e prezzo che vogliono loro: quando il perito mi portò l’offerta, mi misi a ridere! Accettando quel prezzo non avrei recuperato neanche le spese vive, senza conteggiare tutte le nostre fatiche! –
TERESA – Qualunque fosse stato il prezzo, avresti dovuto cedere: conosci la nostra situazione…! –
FRANCESCO – Dannazione, la conosco, la conosco, ma io a quelli, le mie arance, a quel prezzo di fame, non ho voluto proprio cederle! A certi ricatti, non ci sto! -
TERESA – Quest’anno, invece, dovevi accettare: avresti dovuto per Elsa! Con il primo acconto avremmo potuto dare qualcosa ai negozianti per quello che serve per lo sposalizio! –

Pausa.

FRANCESCO – La decisione di farla sposare l’hai presa tu con tua figlia; io non ero d’accordo. Tu credi che se avessi venduto, i primi soldi li avrei…gettati così? –
TERESA – Gettati? Mi fai rabbia, se usi quella parola: in fondo, servivano per nostra figlia…!-
FRANCESCO – Va bene…ma, mi conosci come sono fatto: li avrei dati tutti in acconto al debito che abbiamo col consorzio agrario. Duecentomila lire, capisci…! Don Gaetano Carluccio è anche socio del consorzio e, da qualche tempo, ha messo gli occhi su questa terra: se ogni tanto non alleggerisco il conto togliendoci qualcosa, è capace di farci il pignoramento! -
TERESA – Allora, se avevi quest’impegno così gravoso, avresti dovuto vendere a qualsiasi prezzo…! -
FRANCESCO – Accettare oggi, significa fissare una tariffa che avrebbero imposto anche per il prossimo anno, per quest’altr’anno e così via! –

Pausa.

TERESA – Mi sa che questa figlia, Lorenzo non lo sposerà mai; quello che è stato prenotato, i mobili, il corredo, il pranzo e tutto il resto, sarò costretta a disdirlo!-
FRANCESCO – Prenotato non significa niente: una scelta senza acconto non significa acquistare! Dirai ai negozianti che abbiamo rinviato al prossimo anno! -
TERESA – Come se l’anno prossimo, possa cambiare qualcosa! –
FRANCESCO – Uhè, uhè, io, ho il mio modo di fare: se una cosa non me la posso permettere, non la compro! Si sposeranno quando sarà possibile: i ragazzi sono giovani e possono aspettare! -
TERESA – Ormai, erano infervorati per le nozze imminenti: glielo dirai tu, quindi, a tua figlia, che non è più possibile, io, non ne ho il coraggio! –
FRANCESCO – Lo dirò a Lorenzo, quando verrà in licenza: ci penserà lui a inventare una scusa a Elsa! I guai che noi abbiamo, anche suo padre Giovanni e tutti gli altri amici, li hanno! –
TERESA – Naturalmente, li hai convinti tu, a non vendere: quindi, mal comune…-
FRANCESCO – Che cosa dovevo fare? Farli divorare da quelle arpie? –
TERESA – Ti dovevi occupare dei fatti tuoi: lasciare che gli altri, decidessero per conto loro; che ognuno fosse stato padrone di accettare il prezzo che riteneva opportuno! –

Pausa.

FRANCESCO – Credi che il mio comportamento sia un capriccio? Sto correndo un rischio calcolato, perciò ho ancora la buona speranza, che tutto possa volgere in nostro favore!-
TERESA – Sarebbe a dire? –
FRANCESCO – Alcuni mesi fa, andai al consorzio come faccio sempre, ma, in quell’occasione, Giuseppe, che di solito serve il pubblico, non c’era. Evidentemente, come spesso accade, stava sul retro e mi misi a cercarlo. Spingendomi all’interno del magazzino sentivo delle voci. Giunto a debita distanza, mi fermai dietro a delle balle, e, rimanendo nascosto, riconobbi sette, otto commercianti impegnati in una discussione vivace tra loro. Erano distanti, ma sentii chiaramente quello che dicevano: la cooperativa degli esportatori, è impegnata a fornire alla Germania, per la prossima raccolta, oltre duecento vagoni d’arance. Due di loro non erano d’accordo di stiracchiare il prezzo a noi produttori. Ho controllato: hanno poche arance caparrate in giro, non potranno mai raggiungere la quantità che hanno sottoscritto d’esportare, perciò alla fine, dovranno accettare i nostri prezzi! –
TERESA – Sapevi questo, e non mi ha detto mai niente…! –
FRANCESCO – A voi donne, è meglio che si dicano poche cose! Adesso, però, tieni la bocca chiusa su questo, e prega che smetta questo tempaccio! –
TERESA – (preoccupata) Tu…vivi di speranza, io, invece, non mi sento per niente tranquilla: sono convinta che dietro a questo tira e molla sui prezzi, ci sia quella volpe di don Gaetano…! –
FRANCESCO – Anche se lui, reggesse la cordata, gli impegni ci sono e dovranno mantenerli…! –
TERESA – La terra nostra sta alta nella vallata, al sicuro dalle gelate, ed è sempre piaciuta a don Gaetano. Per ottenere il suo scopo, è capace di pensarle tutte…! –
FRANCESCO – Al consorzio devo in tutto duecentomila lire più gli interessi: se vendo le arance e pago tutto, cos’altro potrà pretendere? –

La donna s’avvicina alla finestra e, pulendo l’umidità sul vetro, cerca di scrutare all’esterno.

TERESA – La sta facendo proprio brutta…! (pausa) Su, vieni a letto. E’ tardi ed è inutile stare a pigliarsi pena. Domani, vedremo…! –
FRANCESCO – Vai tu, non pensare a me: resto ancora un po’; tanto, non dormirei…! –

L’uomo si alza e va anche lui a guardare alla finestra.

FRANCESCO – Va a letto e fa una preghiera al tuo Dio che faccia smettere questo vento! –

La donna esce, salendo i tre gradini che portano alle camere, mentre Francesco indugia a guardare il maltempo, attraverso il vetro. Dopo si avvicina alla credenza, prende un bicchiere ed un fiasco di vino e siede di nuovo al tavolo.

FRANCESCO – (tra sé) L’unico modo per riuscire a non preoccuparsi, è quello di mandar giù un buon bicchiere…! –

Versa il primo bicchiere di vino e lo beve in un sol colpo. Intanto gli vengono alla mente i pensieri più cupi. Sente freddo: si alza e va all’attaccapanni al lato dell’ingresso, stacca il pastrano e se lo butta sulle spalle. Fatto questo, torna al tavolo, si versa un altro bicchiere, e lo beve alla stessa maniera del primo. Poi, se ne versa un altro…un altro e ancora un altro. Si è fatto molto tardi e, Francesco, ormai intontito dal vino, crolla sul tavolo e si assopisce. Le luci si attenuano sulla scena.

Scena n.2 (Francesco,Teresa, Giovanni, Matteo, Filippo, Ersenio poi Luigino)

Si è fatto ormai giorno. La stanza è rischiarata da una pallida luce che filtra dalla finestra. Francesco dorme, sempre chinato sul tavolo. Il fiasco di vino ed il bicchiere sono sempre lì davanti a lui. Nel frattempo, si sentono alcune voci che si avvicinano, poi un bussare violento sulla porta d’ingresso.

VOCE – (fuori scena) Francesco, apri; siamo noi! –

Teresa esce dalla sua camera, scende i tre gradini aggiustandosi in fretta i capelli, e, vedendo il marito in quello stato, ha una stretta al cuore. Prende il fiasco, lo agita e sente che è vuoto, poi, affera anche il bicchiere e li nasconde nella credenza.

TERESA – Francesco, su svegliati: bussano alla porta! (l’uomo si scuote di colpo, e si sorprende nel vedersi in quello stato) Va in camera e datti una sistemata…! –

Francesco, come dice la moglie, esce. La donna, intanto, accende la luce, apre la porta d’ingresso e fa entrare quattro uomini.

TERESA – Buongiorno compare Giovanni! Buongiorno pure a voi Matteo, Filippo, Ersenio! Non avete dormito, stanotte per stare così di buon mattino in giro…! –
GIOVANNI – Come si può dormire con quello che sta succedendo…! Il compare è uscito? –
FRANCESCO – (entrando) Eccomi, sono qui! –
GIOVANNI – Che roba…! Venendo da te, da quel poco che ho potuto vedere, le arance sono cadute anche qui, e parecchie…! –
MATTEO – E’ poca cosa questa, in confronto, a quello che è capitato ai nostri giardini! –
FILIPPO – Ho fatto un giro a Crocette, alla Madonna della neve, a Sette badili: la terra, sotto gli alberi, non si vede quasi, per quante ce ne sono! –
ERSENIO – Io, pure, sono andato a vedere a Querceto, a Ponte largo: è un disastro! –
FRANCESCO – Eh, eh, che è? Non allarmatevi! Queste cose sono nel preventivo di tutte le stagioni! Pioggia, neve e vento ci sono stati e ci saranno sempre, non per questo bisogna disperare! Gli alberi portano tanti frutti, perché, pur frustati da così gravi eventi naturali, alla fine, le arance che giungono ad essere raccolte, sono sempre sufficienti a ripagarci! –
MATTEO – E’ un bel dire il tuo, Francesco: parli in questo modo perché, qui, sopra a Pianetto, stai alto e più riparato. Ho visto, da te sono cadute, ma non tante come da noi! –
GIOVANNI – Meno male che adesso sta solo piovendo: se il vento fosse continuato anche stamattina, non so cosa sarebbe successo in tutta la pianura! –
ERSENIO – Perciò, dico io, dobbiamo vendere! –
FRANCESCO – Ai loro prezzi? –
GIOVANNI – Ha ragione Ersenio; dobbiamo vendere, compare, e prima possibile! Dobbiamo vendere, perché non possiamo correre il rischio di perdere anche quel poco che vogliono darci…! –
FRANCESCO – Allora, tutto quello che vi ho detto è stato inutile? Bisogna tenere duro, vi ripeto! Alla fine cederanno; l’ho stretto qui in pugno! –
GIOVANNI – E’ necessario, però, che i commercianti, questa benedetta decisione, la prendano in fretta…! –
FILIPPO – Mettiamo che adesso smetta di piovere e la temperatura scenda: sai quale rischio corriamo tutti quanti? –
GIOVANNI – Che sui nostri giardini, che stanno nelle zone più basse della pianura, potrebbe scendere la gelata…! –
ERSENIO – E’ un’evenienza possibile…! –
GIOVANNI – Tu, compare, con le tue terre, stai alto, al sicuro, questo pericolo non lo corri; perciò ti è più facile pronunciare certi discorsi. Tu puoi resistere quanto vuoi, noi, però…! –
MATTEO – Se scendesse la gelata, avverrebbe un disastro! Oltre il raccolto, potrebbero gelare perfino le piante stesse che seccherebbero in breve tempo. Il nostro lavoro di tanti anni, i nostri sacrifici, sarebbero annientati in poche ore! –
ERSENIO – L’unica cosa che avremmo in abbondanza, sarebbe la legna da ardere per i nostri camini! –
FILIPPO – Su cui, però, non potremmo mettere niente per cucinare…! –
FRANCESCO – Voi, però, avete, i vostri pantani, che bene o male un po’ di granturco ve lo danno, io, invece, tutto quello che ho è questa terra e questa casetta, se perdessi questo, sarei alla fame. Però…non disperiamo: se dovesse avvenire in calamità del genere, ci sarebbe comunque un intervento…dello stato, un sussidio…!-
GIOVANNI – (scettico) Sì, l’intervento dello stato…! –
ERSENIO – Questo stato? –
GIOVANNI – Lo stato sta a Roma…! –
FILIPPO – Troppo lontano! –
GIOVANNI – Poi, anche se ci fosse quest’intervento, ci darebbero un’elemosina; e chissà quando! –
MATTEO – La burocrazia è lenta…! –
GIOVANNI – Compare lo conosci il mio conto al consorzio agrario? E’ grosso! –
FRANCESCO – Perché, il mio è piccolo: debbo duecentomila lire più gli interessi che non conosco. Don Gaetano, quanto chiede, non me l’ha mai voluto dire! -


Nel frattempo Teresa ha preparato il caffè e lo serve.

TERESA – Prendete, l’ho fatto forte: con quest’umidità è quello che ci vuole! (pausa) Compare, se Francesco vi dice di tenere duro, vuol dire che ha le sue buone ragioni. Me lo sento: qualcosa mi dice che tutto si risolverà nel migliore dei modi! –
GIOVANNI – Comare Teresa, finora abbiamo fatto come vuole Francesco, ma siamo arrivati ad un punto in cui, anche con tutta la volontà, non è più possibile andare avanti. Tutti gli agrumicultori che conosco ormai sono decisi a trattare. Il pericolo che si è profilato stanotte è serio e li ha definitivamente convinti.-
FRANCESCO – Pensate che il maltempo di stanotte abbia convinto anche i commercianti a concedere qualche aumento? Ve lo potete scordare! Conoscono la nostra situazione e rimarranno ancorati in modo ancora più rigido sul prezzo precedente! –
GIOVANNI – Conosco molti produttori decisi ad accettarlo, però! –
FRANCESCO – Concedendosi, non faranno male che a loro stessi! Con quel prezzo ci rimetteranno l’osso del collo e quest’estate non faranno che aumentare i loro debiti presso il consorzio agrario, per quanto occorre per la coltivazione, e presso il negozio di generi alimentari, per lo stretto necessario che serve per mangiare! –
GIOVANNI – Molti, non pensano di continuare a stare qui: sono stanchi d’essere sfruttati. Se riuscissero a vendere la terra, preferirebbero emigrare: hanno sentito parlare, da qualcuno che già sta lì, che in Argentina si vive molto bene! –
FRANCESCO – Non è così che si fa! Chiunque volesse acquistare la loro terra, conoscendo la sfiducia e la disperazione di chi vende, la vorrebbero a prezzo stracciato: da fame! Io, la mia terra, non la butto, neanche se mi ammazzano! Lo sapete, anch’io ho molti debiti, pure in banca, se ci tenete a saperlo, ma finché ho queste braccia che mi funzionano, la terra non la vendo! Vedrete: oggi sta andando in questo modo, ma domani…ve lo ricordo, se l’avete dimenticato: la terra è buona; un giorno, chissà, ci saprà ricompensare della fiducia che le abbiamo riposto! –
GIOVANNI – Non parlavamo per noi, compare: la terra non la vendiamo, stai tranquillo! Siamo preoccupati non soltanto per questa trattativa, ma in generale di come vanno le cose, di come siamo poco considerati da chi sta in alto. Dobbiamo sempre lottare, lottare contro la sorte e contro la cattiveria di certa gente. Tra poco più di un mese, Lorenzo avrà il congedo militare e quando torna sposerà la vostra Elsa; se penso al destino che spetta loro, sai che dico, compare: alto là, qui nessuno si sposa finché le cose non cambiano! –
FRANCESCO – Su questo mi trovi d’accordo. Avevo già deciso con Teresa: non è questo il momento che questi due ragazzi si sposino. Le nozze le rimandiamo al prossimo anno…! –
TERESA – Poveri ragazzi! Una volta per un motivo, una volta per un altro, finiranno per non volersi mai bene questi figlioli! –
GIOVANNI – Già, ma che cosa ci vuoi fare? -

Pausa.

FRANCESCO – Allora…che cosa intendete fare: volete vendere pure voi la terra? - 
GIOVANNI- Non ci pensiamo neanche, ve l’ho detto! –
FRANCESCO – Allora, fate come vi dico: aspettiamo! Vedrete, ci chiameranno: hanno bisogno delle nostre arance! –

Si sente battere alla porta. Teresa apre e compare un ragazzo, trafelato.

TERESA – Che cosa ti è successo, Luigino! –
LUIGINO – Mamma, mi ha detto dove cercarti, papà, e sono corso a chiamarti…! –
GIOVANNI – Perché mi cerchi, perché hai corso fin qui? –
LUIGINO – Stavo in piazza, e, da lontano, vedevo un capannello di commercianti che discutevano tra loro. In un primo momento non ho dato alla cosa importanza, ma, dopo, ho notato che a questi si aggiungevano degli altri. Ad un certo punto si sono trasferiti nel bar di Stefano. Mi sono incuriosito e, dopo un po’, sono entrato anch’io. Sul davanti non c’era nessuno, ma, dal locale dei biliardi, provenivano delle voci. Stefano, il proprietario, evidentemente era andato da loro a prendere le ordinazioni; non visto, allora, sono andato diritto al gabinetto che, come sapete, sta proprio a fianco dei biliardi e, da lì, ho potuto ascoltare qualcosa di quello che dicevano! –
GIOVANNI – Allora? –
LUIGINO – Uno di loro, mi sembrava la voce di don Vincenzo, affermava che non si doveva ubbidire a don Gaetano Carluccio; che era necessario pensare ai propri interessi, non quelli suoi! Un altro gli dava ragione e aggiungeva che don Gaetano, lo sapevano tutti a cosa mirava, ed aveva la sua convenienza a non mettersi d’accordo. Due o tre voci aggiunsero che di don Gaetano se ne fregavano di loro. Alcuni, e mi è parsa la maggioranza, erano disposti a trattare il prezzo delle arance, e trovare un punto d’incontro! A questo punto ho sentito Stefano il barista rientrare da loro con le bevande; perciò decisi di uscire dal mio nascondiglio e filarmela! –
FRANCESCO – Luigino, meriteresti un bacio sulla fronte, per quello che hai detto! –
TERESA – Io, invece te lo voglio proprio dare; vieni qua! (gli s’avvicina e lo bacia)-
LUIGINO – E, non è finita, perché, uscito dal bar, sono rimasto nei paraggi. Dopo un po’ i commercianti, sono usciti a loro volta, in strada. Uno di loro, e precisamente Giuseppe Triboli che mi conosce, all’improvviso, si è avvicinato e mi ha detto, a nome di tutti i colleghi, che, alle dieci di questa mattina, vi aspetta al suo magazzino per parlarvi. Ha detto, anche, di avvisare gli altri produttori, e andare tutti da loro! –
GIOVANNI – (con gioia, scherzando) Sei proprio un figlio di…! Avevi questo in animo, e hai tanto tardato a dircelo? Ti prenderei a calci nel sedere…! Comunque…sei stato bravissimo! –

Pausa.

FRANCESCO – Mi sembra una battaglia vinta, questa! –
GIOVANNI – Avevi ragione, compare! –
MATTEO – Francesco legge e certe cose le capisce…! –
FILIPPO –Se non era per te, a quest’ora, le arance le avevamo regalate…! –
GIOVANNI – (sulla porta per uscire) Finalmente ha smesso di piovere…! -
FRANCESCO – Mi pare un buon segno. E’ ancora presto, ma è meglio incamminarci: dobbiamo dividerci e passare da tutti; ognuno di voi avvisi la sua zona! Con che state? –
GIOVANNI – Abbiamo le nostre biciclette…! –
FRANCESCO – Prendo la mia e vengo…! Ci vediamo, comunque, alle dieci da Triboli! 
TERESA – Voglio venire anch’io! –

I sei uomini la fissano sorpresi in silenzio.

GIOVANNI – Sì, lasciamo che venga; dopo tutto, anche lei ha una parte di merito, se quest’incontro si fa! –
TERESA – Avviatevi, intanto, sveglio Elsa e vi seguo con la mia bicicletta!-

Gli uomini escono. Teresa, intanto, s’avvicina alla porta delle camere.

TERESA – (con dolcezza) Elsa, sbrigati a scendere; la stufa è ancora calda, scaldati il caffè, se vuoi! Io esco con tuo padre…! –

Si mette lo scialle in testa ed esce.

Scena n.3 (Elsa, poi don Gaetano Carluccio)

Dalle camere, compare una ragazza sui diciotto anni, dall’aspetto dolce e semplice. E’ poco vestita, e, siccome averte un brivido di freddo, prima di scendere le scale, stacca da dietro lo stipite della porta, una vestaglietta e la indossa. Scesa nello stanzone, va alla stufa e si mette a ravviare il fuoco. Nel frattempo, si sente bussare e va ad aprire. Sull’uscio compare un uomo sui sessant’anni, ben vestito e curato nell’aspetto: si direbbe un uomo piacente. Dal taschino interno del giubbotto, pende la catena d’oro dell’orologio, che gli conferisce importanza e opulenza.

ELSA – (sorpresa e confusa) Don Gaetano…buongiorno! –
Don GAETANO – (con sufficienza) Buondì! Tu sei Elsa, non è vero? La figlia di Francesco e Teresa. (senza attendere la risposta e posando il cappello sul tavolo, prosegue) Papà e mamma non ci sono? Mi fai entrare? -
ELSA – (con soggezione) Prego! –
DON GAETANO –Grazie! (pausa) Ah, adesso ricordo: sono andati anche loro alla riunione! (ironico) Hanno fatto bene! (pausa) Fa freddo, però, qua dentro! –
ELSA – La stufa l’ho ravvivata proprio ora; se ha freddo, accendo anche il focolare…! –
DON GAETANO – No, no, non fa niente; mi trattengo per poco! –
ELSA – (timidamente) Prego, se…vuole, si può sedere! –
DON GAETANO – No, l’ho detto; mi trattengo, giusto il tempo per dirti una cosa…!- 
ELSA – Le faccio il caffè, allora; lo stavo già preparando…! –

L’uomo la guarda a lungo.

DON GAETANO – Va bene…vada per il caffè! –
ELSA – Si sieda, allora, per aspettare!-
DON GAETANO – Mi siedo, se deciderete di non darmi più del lei…! –
ELSA – (sorpresa) Sì, sì, si parla meglio…! –

Si mette a preparare la cuccuma per fare il caffè, sotto gli occhi dell’uomo.

DON GAETANO – Sei… cresciuta dall’ultima volta che ti ho visto! Ti sei fatta una bella ragazza; ormai una donna! Se bene mi ricordo, sei fidanzata con il figlio di Giovanni Gritti, quello che sta facendo il servizio militare! –
ELSA – Lorenzo si chiama, e quando torna ci sposeremo! –
DON GAETANO – Brava! Vi sposerete…! E…quando torna questo figliolo? –
ELSA – Ci manca poco per il congedo: quasi due mesi! –
DON GAETANO – Hum! Bene…bene…bene…! –

Segue un lungo silenzio. La ragazza intanto prepara le tazze.

DON GAETANO – E’ lecito chiederti se vi volete bene? –
ELSA – (arrossendo) Siamo…siamo cresciuti insieme! –

L’uomo si alza e si fa serio.

DON GAETANO – Lo sai…cosa è successo stanotte? C’è stato maltempo, con vento e, verso stamattina, è caduta anche un po’ di grandine! Lo sai che cosa vuol dire questo? Significa che sono cadute a terra tantissime arance, e le arance cadute cambiano subito sapore e nessuno le vuole… solo i porci le mangiano! Il guaio maggiore, però, è che Francesco, tuo padre, non ha ancora venduto il raccolto; si è irrigidito su un prezzo molto alto, che né io, né altri commercianti, possiamo accettare! Meno male che dopo la grandine è continuato a piovere, perché se fosse rasserenato, con questo freddo, sarebbe caduta certamente la gelata! Questa, sarebbe stata veramente una disgrazia: si sarebbero gelate pure gli alberi, oltre che tutte le arance. Aveste perso tutto, proprio tutto! E…allora, addio…matrimonio con Lorenzo…! –

La cuccuma, intanto, sul fuoco sbuffa e la ragazza, distratta e confusa, corre a prenderla e comincia a versare il caffè nella tazza. L’uomo si siede e cambia tono.

DON GAETANO – Tu, invece, meriteresti un matrimonio grandioso, bella come sei! Un bell’abito da sposa, l’addobbo in chiesa e un pranzo come si deve ad una figlia unica! –

Intanto sorseggia il caffè.

ELSA – Mia madre, ha detto che mi farà tutto…! –
DON GAETANO – Il viaggio di nozze, ti piacerebbe farlo? A Roma, a Firenze, in gondola a Venezia? Queste cose si fanno una volta sola, nella vita: quando ci si sposa! Tutto questo, però, costa: ci vogliono parecchi quattrini…! Non so, se tuo padre…se la potrà permettere una spesa simile, oltre…i soldi che gli occorrono per…pagare quello…che già deve…in giro! –
ELSA – (confusa e afflitta) Papà venderà il raccolto, però! –
DON GAETANO – Ne dubito, testardo com’è! Vuole troppo, e, quel prezzo, le arance non lo valgono! Noi le dobbiamo esportare in Germania, molte arriveranno lì marce, e i tedeschi accettano solo quelle sane. A noi rimarrà niente se il prezzo lo paghiamo già alto in partenza!-
ELSA – Papà non vuole caro, desidera solo il prezzo giusto! –
DON GAETANO – Uhé, uhé, Non mi dire che sei come tuo padre! Allora, gli puoi riferire che continui a tenersele sugli alberi: il rischio di gelata che c’è stato stamattina, è passato per questa volta, ma, rimane sempre per i giorni prossimi! –

La ragazza, sbigottita, improvvisamente, scoppia a piangere.

DON GAETANO – (confortevole) Su, via non piangere per così poco! Dicevo…che i soldi non ci sono, ma…potrebbero esserci! Dipende da…te! Devi sapere, che da quando ho perso la mia povera moglie, e Agata, mia figlia, si è trasferita a Roma col marito, in casa non ho più nessuno. La mia casa, ora, è vuota! E’ una casa troppo grande, e mi ci vuole…qualcuno che…non me la faccia sembrare un museo. Qualcuno…che venga a servizio, mi faccia compagnia, e che, di tanto in tanto, di sua spontanea volontà, faccia…quelle…cose indispensabili…delle quali, un uomo della mia età, ancora nel vigore degli anni, non può assolutamente privarsi. Quindi, se hai capito, tutto dipende da te, ma, soprattutto, da me! Fare questo, significa ricevere dei regali e…la tua famiglia potrà trarre da ciò, la giusta ricompensa. Una cosa, ti posso garantire, che, questo, rimarrà un segreto tra te e me. Non devi dirlo, per ora, neanche ai tuoi! Deve essere una tomba chiusa, che non conoscerà mai la luce! Potrai, perciò, sposarti con Lorenzo e, solo quando ti va, potrai venire a casa mia! Solo a tuo piacimento…hai capito? Non devi decidere adesso: pensaci sopra; non fare passare, però, molto tempo, il motivo lo conosci! Se accetti, e ti conviene, vieni a casa mia, senza dire niente a nessuno: i frutti, stai tranquilla, spunteranno prima di quando tu possa immaginare! - 

Elsa, a queste parole, piange più convulsamente.

DON GAETANO – Non vedo perché debba piangere a questo modo! Sono un uomo di commercio e…ho fatto la mia proposta, che mi sembra sia anche fin troppo generosa! Una proposta che vale, per la tua famiglia, come una polizza d’assicurazione contro le eventuali gelate. Che uomo Francesco Tudino; ha proprio le spalle coperte ad avere una figlia come te! Cecchè dica la gente, Don Gaetano Carluccio, spesso, sa avere anche il cuore buono: su chi è bravo con lui, fa cadere la manna dal cielo, su chi, invece, non lo merita, è capace di richiamargli addosso il castigo; un castigo durissimo! Con questo, ti saluto e, arrivederci presto…! (esce)

SCENA n.4 (Elsa, Teresa poi Francesco, Giovanni, Matteo, Filippo, Ersenio)

La ragazza resta a piangere, poi, però, piano piano si riprende e si mette a rassettare. La porta s’apre ed entra Teresa, scura in volto. Siede al tavolo, pensierosa, si toglie lo scialle dalla testa, e si asciuga il volto bagnato dalla pioggia.

TERESA – C’è il caffè? –
ELSA – E’ finito; adesso lo rifaccio! –
TERESA – Perché, quello che avevo lasciato, l’hai preso tutto tu? –
ELSA – (esitante) E’ venuto…don Gaetano e gliel’ho offerto! –
TERESA – (sorpresa e meravigliata) Don Gaetano…qui! (incredula) E’ venuto don Gaetano Carluccio in casa nostra! E…che cosa voleva? –
ELSA – Voleva parlare con voi! –
TERESA – E tu, che cosa gli hai detto? –
ELSA – Che eravate usciti; allora lui s’è ricordato dove stavate! –
TERESA – (tre sé) Sapeva allora della riunione, e…s’è intrufolato in casa…! -

Teresa si porta lo scialle al viso e ve lo nasconde.

TERESA – (preoccupata) Che cosa avete detto? –
ELSA –Io, niente d’importante. Gli ho offerto il caffè…mentre lui…parlava, parlava!- 
TERESA – Che cosa diceva? –
ELSA – Che lui, non è cattivo. Quello che pensano di lui in paese, non è vero; sono solo cose inventate da malelingue. Diceva che ci vuole aiutare, poi…! –
TERESA – Continua! –

La ragazza, all’improvviso, si blocca. La madre, allora, l’afferra per le spalle e la scuote.

TERESA – Parla, per l’amor di Dio; cosa ha detto? –

L’altra, impaurita dal tono della madre, scoppia a piangere.

ELSA – Ha detto che ci vuole aiutare, che, se voglio, posso…andare a casa sua a servizio; è rimasto solo, dopo la morte della moglie e la partenza della figlia, e non ce la fa a mandarla avanti. Mi darà una buona paga; sa che devo sposarmi con Lorenzo e vuole che lo faccia con tutti gli onori! –
TERESA – Pazza! (le dà uno schiaffo) Tu ci credi? –

La ragazza, sconvolta, fugge in camera, sbattendo la porta.

TERESA – (da sola) Schifoso, ci vuole aiutare…come se non conoscessi a cosa vuole arrivare…! Tutto come prima…la storia è sempre la stessa! Ieri, alla madre, oggi…alla figlia! Oh, Signore, come puoi permettere queste cose? Queste umiliazioni? Chi sta in alto, non può sempre calpestare la povera gente, prenderla alla gola, usarla in questo modo! Ci vuole aiutare…(scoppia a piangere) mai…mai…! –

La porta d’ingresso si spalanca, entra un colpo di vento e Francesco con il volto stravolto. Teresa, subito, si asciuga le lacrime con lo scialle.

FRANCESCO – Mascalzoni, vigliacchi! –
TERESA – (con apprensione) Che cosa è successo? Sembravate tutti d’accordo fino a quando sono stata là presente! –
FRANCESCO – (furente) Tutti d’accordo, tranne me! –
TERESA – Che significa, parla! –
FRANCESCO – Gli altri, si sono accordati; hanno ottenuto pure un buon prezzo; quello che si voleva! Con me, invece, i commercianti, non hanno voluto nemmeno parlare; e non mi hanno dato neanche uno straccio di spiegazione di questo loro comportamento! E’ un fatto che non riesco a spiegarmi! Chiusura completa: come se non stessi là presente! Il compare, gli amici più stretti, visto questo fare dei commercianti, per solidarietà con me, non si sarebbero neanche messi a trattare, se non li avessi spinti io a farlo, conoscendo le loro necessità! –
TERESA – E Domenico, il perito, sembrava amico nostro, che cosa ha detto? –
FRANCESCO – E’ stato sempre zitto! D’altronte, che cosa poteva dire di fronte ad un simile agire? E’ un brav’uomo, ha moglie e figli, dipende da loro e sta al gioco! –
TERESA – Mio Dio, che cosa ci succederà adesso? –
FRANCESCO – A questo punto, non so proprio dove sbattere la testa…! –

Pausa.

TERESA – (si dà forza) Faremo…faremo come sempre…! Chi ci ha fatto credito, continuerà a farcelo; dovrà farlo, se non vuole perdere tutto! Non dimenticare, Francesco, che ci resta sempre la terra! -
FRANCESCO – Certo: la terra è mia e nessuno me la potrà togliere, a costo di morirci sopra! –

Si sente battere alla porta. Teresa va ad aprire e fa entrare Giovanni, Matteo, Filippo ed Ersenio.

GIOVANNI – Compare, i commercianti ti hanno fatto una vera vigliaccata! –
MATTEO – Sono stati zitti, ma è come se ti avessero detto chiaro e tondo che ti vogliono affamare! –
ERSENIO – Tu sai, Francesco, come la penso; per me, potevano anche dannarsi, ma la mia roba non l’avrei mai data loro, a costo di farla marcire sulle piante! –
FRANCESCO – Così, a morire di fame, saremmo stati in bella compagnia! –
GIOVANNI – Compare, con noi, un tozzo di pane, per modo di dire, lo avrai sempre!-
FILIPPO – Sempre a disposizione…! –
ERSENIO – Se voi foste stati d’accordo, avremmo potuto imporre ai commercianti, le nostre condizioni…! –
FILIPPO – Quali secondo te? –
ERSENIO - O tutti o nessuno! L’accordo si fa se dentro ci siamo tutti…! –
MATTEO – Che cosa vuoi dire? Che i vigliacchi siamo stati noi ? –
ERSENIO – Io, un amico, non l’avrei mai mollato! –
FRANCESCO – Piano, piano! Vogliamo anche litigare tra noi? Ma se sono stato proprio io che vi ho spinto ad accettare, perché, allora, ve ne fate una colpa? - –
GIOVANNI – E’ vero, non ci saremmo certamente accordati, se tu non l’avessi voluto! –
ERSENIO – Francesco, hai in mente di fare qualcosa? –
GIOVANNI – Tu ed il compare, con le vostre idee politiche, non vi dovete proprio muovere…! –
ERSENIO – Dici sul serio? Dopo lo scherzo che quelli gli hanno fatto? –
TERESA – Il compare ha ragione! Mio marito non può, e non deve fare niente! Qualcuno, di sicuro, sta aspettando la sua reazione! –
FILIPPO – Sapete cosa mi ha confidato di nascosto Domenico il perito? E’ stato don Gaetano a dare ai commercianti il permesso di trattare, a condizione di escluderti dall’accordo! -
GIOVANNI – E’ vero: e adesso, compare, aspetta una tua mossa sbagliata, per passare all’azione! –
ERSENIO – E allora, che cosa bisogna fare…! –
TERESA – Che la povera gente sopporti e basta! –
FRANCESCO – (pensieroso) Qualcosa, però, si dovrebbe fare. Qualcosa…che scuota l’opinione della gente. Qualcosa che smuova anche chi non è contadino come noi; che metta paura qui, e faccia rumore in alto! –
GIOVANNI – Compare, che cosa vorresti fare? –
ERSENIO – Ha ragione Francesco; dobbiamo farci sentire, e le nostre voci dovranno essere così forti, da sentirsi fino a Roma…! –
MATTEO – Roma è lontana parecchio e lì, le nostre voci, sarebbe meglio che non le sentissero; quelli là, è preferibile non infastidirli…! –
FRANCESCO – Ho già detto che voi non c’entrate; ormai siete fuori! Caso mai dovessi tentare qualcosa, la farei tutta da solo! –
TERESA – Quando parli così, mi metti paura…! –
GIOVANNI – Non fare mosse avventate, compare! Don Gaetano è amico dei fascisti, e, quelli, sapendo come la pensi, per prima, se la prenderebbero sempre con te, anche se non ti facessi scoprire! –
FRANCESCO – No, no, niente di compromettente, non preoccupatevi! Desidererei, per lo meno, far conoscere a tutto il paese, quale è la mia situazione!-
ERSENIO – Personalmente, resto dell’avviso che se si dovesse organizzare un’azione di protesta, si dovrebbe restare sempre uniti! –

Pausa.

GIOVANNI – (ironico) Sì, magari marciando con la bandiera rossa davanti a tutti…!- 
TERESA – Non scherzate con queste cose: a Francesco, non permetterò di fare niente…! –
GIOVANNI – Meglio così, comare! (pausa) Adesso noi andiamo, buonasera! –

I quattro uomini escono.

SCENA n.5 (Francesco, Teresa, Elsa poi Mafalda)

Teresa sale i tre gradini, e apre la porta delle camere.

TERESA – (con dolcezza) Elsa, prepara qualcosa da cenare; dovrebbero esserci ancora dei fagioli! –

La ragazza compare con la testa abbassata, ancora addolorata per il rimprovero della madre.

FRANCESCO – Ho un gran mal di testa! –
TERESA – Per quello che hai bevuto, ieri sera…! –
FRANCESCO – No, non è per ieri sera; piuttosto, io credo per quello che è successo oggi! –

Elsa serve a tavola la cena.

TERESA – Mangiamo qualcosa; al resto ci penseremo! Mettiti un po’ sul letto, dopo; un buon sonno ti farà bene! –

L’uomo mangia, all’improvviso, però, si alza.

FRANCESCO – Debbo uscire, mi è venuta un’idea! –
TERESA – Mamma mia, mi metti paura! –
ELSA – Papà, non uscire! –
FRANCESCO – Non preoccupatevi; devo vedere gli altri! –
TERESA – Che cosa vuoi fare? –
FRANCESCO – Vedrai! –

Stacca il pastrano dall’attaccapanni ed esce.

TERESA – Che mortificazione…! –

Di lì a poco, si sente bussare ed Elsa va ad aprire. Entra una donna sui quarant’anni.

TERESA – Comare Mafalda, entra e chiudi subito che fa freddo.-
MAFALDA – Qui fuori, ho scontrato Francesco, talmente scuro in volto, che non si riconosceva. Poco c’è mancato che neanche mi salutava…-
TERESA – Comare, è poca cosa questa, devi capirlo: sta perdendo la testa, per quello che c’è capitato? –
MAFALDA – Giovanni non mi dice mai niente, perciò, sono venuta apposta per saperlo da te.-
TERESA – Non prendertela, anche Francesco fa così: soffre dentro. Ieri sera si è ubriacato ed è rimasto a dormire appoggiato a questo tavolo. Poco fa, per esempio, senza dire niente si è alzato di scatto ed è uscito; chissà quale idea si è fatto venire…!- 
ELSA – Uscendo, ha detto appena che aveva bisogno di vedere gli altri! -
MAFALDA – Che cosa è successo, esattamente? –
TERESA – I commercianti hanno acquistato il raccolto di tutti, tranne il nostro! –
MAFALDA – E perché questo? –
ELSA – Perché c’è qualcuno che ci vuole male…! -

Pausa. 

TERESA – (guarda la figlia) Don Gaetano è venuto in casa mentre non ci stavo! –
MAFALDA - Sì?-
TERESA – C’era, però, Elsa da sola; come se avesse atteso il momento giusto!–
MAFALDA – Quello le pensa tutte…! –
TERESA – Infatti, le ha proposto di prenderla a…servizio; da quando è morta la moglie e la figlia è partita, ha bisogno di una che gli faccia le pulizie! –
MAFALDA – Non so come ha fatto finora! Mi sa, invece, che il poverino si sente solo! –
TERESA – Evidentemente; e si vorrebbe consolare con questa povera creatura! –
MAFALDA – Quello, è uno schifoso maiale! –
TERESA – Lo, so, lo so bene! –
MAFALDA – Ora, gli manca la moglie…! Quella povera signora Adele; la conoscevo bene, andavo spesso a consegnarle, a casa sua, le albicocche per la marmellata. Una volta trovai proprio lui a ricevermi, e, quel porco, subito cercò di toccarmi! Meno male che arrivò a tempo la moglie e tutto tornò normale! –
TERESA – Comare, purtroppo, tenta di fare così con tutte! –
MAFALDA – La signora Adele era una bella donna e la teneva in casa segregata, per non farla vedere a nessuno. Colse a pretesto per comportarsi così, perché, a suo dire, una volta gli aveva fatto fare una brutta figura in pubblico. Si trattava di una delle prime volte da quando l’aveva sposata. A Pasqua la portò al bar e ordinò due tazze di caffè. Raffaele, il barista, sapendo che don Gaetano, il caffè lo prendeva senza zucchero, chiese a Adele: “Signora, lei lo prende amaro?” La poverina, timida, impacciata e per niente esperta di società, rispose a mezza voce: “Per me adoce”. Don Gaetano sbiancò in viso per la vergogna. S’infuriò e comandò alla donna di andare a casa e di restarci, perché, un’ignorante non era degna di andare a spasso con un signore come lui! –
TERESA – Adesso gli manca e la invoca tanto! –
MAFALDA – Sempre succede così: le persone care non si apprezzano abbastanza, quando le hai a portata di mano, ma quando le hai perse! –

Pausa.

ELSA – (timidamente) Io, però, ci andrei da don Gaetano; quello ha il cortello dalla parte del manico, è meglio tenerselo buono. Ci provasse, però, ad alzare le mani, so io come sistemarlo! –
TERESA – Tu, che ne sai che ha il cortello dalla parte del manico? –
ELSA – Me lo ha detto lui! Diceva, anche, che farà cadere la manna su chi è bravo, ma su chi è cattivo farà scendere il castigo più duro…! –
MAFALDA – Che cosa avrà voluto dire? –
TERESA – So io che significa: gli dobbiamo parecchi soldi! E’ socio del consorzio e azionista della banca…! –
MAFALDA – Tutti gliene dobbiamo…! –
TERESA – Però voi, avete venduto! –
ELSA – Perciò è meglio che vada da lui. Se ci provasse, saprei badare a me stessa! –
TERESA – A Francesco non ho detto che don Gaetano è venuto qua; quello, sarebbe capace di ammazzarlo! –
MAFALDA – Comare, hai fatto bene. E’ meglio che il compare non sappia questa cosa, tanto, quel porco, uno di questi giorni, qualcuno penserà a sistemarlo! (si stringe lo scialle intorno alla testa) Vado via, è tardi! (esce) –

Dopo poco entra Francesco.

TERESA – Dove sei stato? –
FRANCESCO – Te l’ho detto; a vedere gli altri! –
TERESA – Allora? Che cosa avete deciso? –
FRANCESCO – Visto che i commercianti non hanno voluto il mio raccolto, e, di conseguenza, non ho di che pagare i miei debiti, domani mattina con il carro, porto un po’ d’arance al consorzio agrario, in acconto al credito che ho colà: merce pagata con altra merce, insomma! –
TERESA – (con sconforto cade su una sedia) E credi che vada tutto liscio come l’olio? –
FRANCESCO – Che cosa dovrebbe succedere? Si tratta di un’operazione legittima; di un normale scambio: tu hai dato una cosa a me, ed io te ne do un’altra…! –
ELSA – Papà, forse don Gaetano non la pensa così; io ho paura! –
FRANCESCO – Don Gaetano non è tutto il consorzio, lui è solo uno dei quattro soci…e…ho saputo che gli altri non la pensano alla stessa maniera! –
TERESA – Però, li domina e fanno quello che vuole lui…! –
FRANCESCO – Se metto gli altri soci di fronte al fatto compiuto, vedrete, che accetteranno il baratto! –
TERESA – Lo credi? Don Gaetano è capace di tutto! Non dimenticare che ha amici tra i fascisti e tu sai come quelli siano prevenuti verso di te; se fai una mossa sbagliata, te la faranno pagare cara! –
FRANCESCO – Abbiamo già deciso! Domattina presto, gli amici, mi aiuteranno a raccogliere le arance e a caricarle sul carro. Andrò da solo, però, senza clamore; se non le vogliono, senza insistere, me n’andrò. State tranquille, non succederà niente –

Pausa.

TERESA – Su, finisci di mangiare, adesso. Noi andiamo a letto, non tardare, dovrai riposare per la giornata che…ti aspetta domani; anzi, che ci aspetta, perché ho deciso che verrò con te! –
FRANCESCO –(sussultando) Tu…tu non ti azzardare…! –
TERESA – Toglitelo dalla testa, che io ti lasci andare da solo! –
ELSA – Sì, papà, verrò anch’io! –
FRANCESCO – Ma vi siete impazzite? –
TERESA – (decisa) No, tu no Elsa; per quello che c’è da fare bastiamo io e tuo padre. Tu dovrai restare a guardia di casa! (escono verso le camere) –

Francesco, finisce di cenare, beve un bicchiere di vino e va anche lui a dormire.

Scena n.6 (Elsa, Mafalda, poi Teresa, Francesco, Giovanni, Matteo, Filippo, Ersenio)

Si sente bussare. Elsa esce dalle camere, e va ad aprire. Entra Mafalda.

ELSA – Comare, Mafalda, così di buonora? –
MAFALDA – Francesco e Teresa, dove stanno? –
ELSA – Non lo sai? Sono andati al consorzio agrario a scaricare le nostre arance! –
MAFALDA – (pensierosa) Ah, questo stavano architettando; Giovanni, come il solito, mi tiene all’oscuro di tutto…! –
ELSA – Credo che siano partiti molto presto, forse era ancora scuro; non li ho sentiti uscire. Dovevano raccogliere un carro d’arance con l’aiuto del compare e degli amici, poi papà e mamma andavano da soli…! –
MAFALDA – (apprensiva) Da soli? Vuoi vedere che tutta quella gente in movimento che ho incontrato, venendo qua, si dirigeva al consorzio? Magari fossero andati da soli; tutti i contadini, sono sicura, vogliono vedere cosa avviene! –
ELSA – (preoccupata) Voglio andare pur’io a vedere! (fa per uscire) -
MAFALDA – (trattenendola) No, non andare, è pericoloso…! –
ELSA – (divincolandosi) Debbo andare…! –
MAFALDA – (decisa) Io, là non ti ci mando! –
ELSA – Perché che cosa può succedere? –
MAFALDA – Niente! Dove sta la folla, però, con questi fascisti, non si può mai sapere…! –

Improvvisamente si sente un trambusto e delle voci avvicinarsi. La porta si spalanca e, sorretto da Teresa e Giovanni, compare Francesco con la testa fasciata. Il suo aspetto è sconvolto e la giacca è imbrattata da alcune macchie di sangue. Entrano anche Matteo, Ersenio e Filippo. Elsa e Mafalda gridano per lo spavento.

MAFALDA – Compare, che cosa ti è successo? –
ELSA – Papà, papà, che hai fatto? –
TERESA – Su, siediti a questa sedia! –
FRANCESCO – Niente! Come ve lo devo dire che non ho niente?-
TERESA – Hai la testa rotta, e dici di non avere niente! –
GIOVANNI – Ero sicuro che sarebbe stato tutto inutile, ma tu dicevi che saresti stato capace di fare accettare loro, le arance in cambio del tuo credito! – 
FRANCESCO – Se non fosse arrivata tutta quella gente, forse li avrei convinti…! –
FILIPPO – Chi, quei quattro galoppini di don Gaetano? Quelli fanno solo ciò che vuole lui! –
FRANCESCO – Già m’ero illuso che avrei potuto convincerli…! -
ERSENIO – Anche se ci fossi riuscito, credi che avresti fatto rumore? Non avevi affermato, una volta, che ci sarebbe voluto qualcosa di grosso, qualcosa che si fosse sentito fino a Roma?–
FRANCESCO – E’ vero, Roma è lontana e quest’incidente ha una tale portata che arriverà fin là, grazie a voi! –
MATTEO – Grazie ad Ersenio che ne ha avuto l’idea! –
FRANCESCO – Ersenio è un vero compagno; le lotte le sa fare…! –
ERSENIO – Ma quale compagno d’Egitto; qui non è questione di politica, qui si tratta di reclamare il sacrosanto diritto d’esistere, non lo dice anche, da qualche parte, la religione cristiana? –

Pausa.

TERESA – (ad Elsa) Prepara il caffè per tutti! –
ELSA – Più che il caffè ci vorrebbe la camomilla! –
MAFALDA – Si può sapere che cosa è successo esattamente?-
GIOVANNI – Mentre il compare parlava con quelli del consorzio e tutta la gente stava lì presente, sono arrivati una mezza dozzina di fascisti.-
FILIPPO – Dicevano che stavamo facendo un’adunata se…se…-
ERSENIO Sediziosa: stavamo aizzando la gente, insomma! All’improvviso, una mano nascosta ha lanciato contro di loro un’arancia, poi, lo stesso, è stato fatto da altre mani, fino a diventare un vero e proprio tiro al bersaglio. E’ avvenuta una specie di battaglia! Loro erano in sei, noi eravamo tanti. Loro avevano i manganelli, noi avevamo la frutta e l’abbiamo lanciata con tutta la nostra forza contro di loro. Le camice dei fascisti, alla fine, anziché nere erano di colore arancio! Ad un certo punto, uno dei fascisti, pressato da tutte le parti, ha estratto la pistola ed ha sparato dei colpi in aria! –
GIOVANNI – E’ il rumore che si voleva, no? –
FRANCESCO – Quasi, quasi, sono più contento che lo cose siano andate in questo modo…! –
TERESA – I sette punti che ti hanno messo all’ospedale, non ti sono bastati? –
GIOVANNI – Va là, comare, che vuoi che sono sette punti di fronte ad una simile soddisfazione? Il compare, poi, ha la testa dura; ce ne vuole…! –

Il caffè è pronto e la ragazza lo serve.

MAFALDA – (dopo) Su, andiamocene, lasciamoli soli, adesso! –

Giovanni, Mafalda, Ersenio, Filippo e Matteo, escono. La tranquillità assoluta regna ora nella stanza. Francesco, tocca la sua testa fasciata e si lamenta per il dolore. Le sue donne gli stanno amorevolmente accanto, e, tutta la realtà della loro personale situazione familiare, si fa pressante. L’espressione del viso di Teresa diventa cupa. Elsa intuisce tutto.

ELSA – Papà, mentre non ci stavi, è venuto don Gaetano; ha detto che ci vuole aiutare…! –

TELA

ATTO II°

Scena n.1 (Francesco, don Gaetano)

Stesso interno della casa di Francesco, qualche mese dopo. Francesco legge un giornale seduto al tavolo. Ormai è guarito, non ha più la testa fasciata. Si sente bussare alla porta e si alza per andare ad aprire. Sull’uscio compare don Gaetano Carluccio.

FRANCESCO – (sorpreso) Ah, voi…don Gaetano! Quale onore avere la vostra presenza alla mia modesta casa! –
DON GAETANO – Non mi fai entrare? –
FRANCESCO – Oh, scusate, prego, accomodatevi! –
DON GAETANO – (entra) Vedo con piacere che sei guarito in fretta! –

Intanto Francesco raccoglie il giornale che stava leggendo, e lo nasconde, non visto dall’uomo, dietro un ritratto sulla credenza.

FRANCESCO – Era roba da poco…! –
DON GAETANO – Sette punti di sutura, cosa di poco conto? Allora, per levarti quelle tue velleità, debbono proprio spaccarti la testa di netto! –
FRANCESCO – La necessità le fa venire, purtroppo, certe idee! –
DON GAETANO – Ma nella tua posizione…santa Madonna, non puoi fare di testa tua…! Vedi, un mese fa, in un momento, diciamo…di slancio, promisi a me stesso di aiutarti. Dopo il rifiuto che ci fu, dei miei colleghi di accordarsi con te, avevo deciso, infatti, di metterci una parola, personalmente; e comprendi quanto una mia parola possa pesare con loro! Avevo anche esposto a tua figlia una mia necessità. Dopo la perdita di…Agata, quella santa donna, (alza gli occhi al cielo) casa mia è restata in balia di questo misero uomo che ti sta davanti, e sai benissimo quale casino noi uomini combiniamo quando restiamo soli! Ebbene, si trattava di mettere un pò d’ordine e dare una pulita ogni tanto. Lei, è venuta, infatti, e le diedi anche un’ottimo stipendio, per poche ore settimanali! Quelle promesse le feci e, Dio mi è testimone, (alza di nuovo gli occhi) le avrei anche continuato a mantenere, se, malauguratamente, non fossero intervenuti dei motivi, diciamo…spiacevoli, indipendenti dalla mia volontà, che mi consigliarono di astenermene. Mi dispiace per quella brava tua figlia, ma la colpa di questo è tua: hai rovinato tutto con quel gesto! Ti sei messo contro tutti. Non eri ben visto già prima dalle autorità, oggi sei, a maggior ragione, considerato un sovversivo, un sindacalista; ed è vero! (si avvicina alla credenza e prende il giornale) La roba clandestina che leggi, lo prova chiaramente! –
FRANCESCO – Le mie idee erano e continuano ad essere le stesse, anche dopo il fatto, ma ne farei volentieri a meno, se le cose a questo mondo procedessero in diverso modo, statene certo don Gaetano! Mi faccio i fatti miei, però! Queste idee, insomma, non m’inducono a nessun atto di violenza gratuito. Quello che sto subendo ora, però, è troppo: avevo bisogno di vendere più d’ogni altra cosa, e voi, questo, lo sapevate meglio di qualsiasi persona! In tutta onestà, ero andato al consorzio quel giorno per proporre un normale scambio, non immaginavo, nel modo più assoluto, che sarebbe venuta tutta quella gente! Gli incidenti non li feci io! –
DON GAETANO – Ma tu li provocasti! D’accordo, senza volerlo, lo sapevo, ma i fascisti conoscono te e con te se la presero! Pensi che i venti giorni che hai fatto in carcere, sarebbero stati così pochi se non mi fossi messo di mezzo a difenderti col podestà ed il partito? Ma quale diritto avevo di difenderti, dicevano, se tenevo in casa la figlia di un sovversivo? Ho rischiato io stesso di restarne coinvolto, se non fosse stato per i miei trascorsi di camerata della prima ora; perciò Elsa, non ho potuto più farla venire!- 
FRANCESCO – Capisco! Meglio che Elsa sia restata a casa: meglio per lei e meglio per il fidanzato! Riguardo al mio problema principale, niente di nuovo ci fu dopo da parte dei commercianti; del resto come potevo interessarmene, se stavo dentro…! Le mie arance, sono restate sugli alberi e quindi sono andate tutte in malora, come sapete! Per…quel mio debito al consorzio e in banca, perciò, vi chiedo di aspettare ancora…!–
DON GAETANO – Ecco…ecco: avete fatto bene a toccare questo punto, che poi, non è trascurabile! Mi risulta, infatti, che ad oggi, devi, lira più, lira meno, circa duecentomila lire al consorzio e ottantamila lire alla banca. Gli interessi, grosso modo, anche volendoti agevolare, dovrebbero aggirarsi complessivamente intorno alle centomila lire, calcolato che già l’anno scorso il debito era grosso! Se dipendesse solo da me, non esiterei a concederti qualche altra dilazione, ma il consorzio non sono io, né tanto più la banca! –
FRANCESCO – Voi, però, siete influente, se vi ci provate, potreste convincerli…!-
DON GAETANO – (riflette) Non so se ci riuscirei…! Un modo, però…ci sarebbe, in verità; non so se sta bene a te!-
FRANCESCO – Sarebbe? –
DON GAETANO – Per non avere dietro tanti…cani che ti mordono, potrei…potrei rilevare personalmente tutti i tuoi crediti, così te la vedresti direttamente soltanto con me! 
FRANCESCO – Sarebbe una bella cosa…! –
DON GAETANO – Bisogna fare, però, una valutazione: quando e in che modo, vorresti estinguere il tuo debito. Attenzione: è importante, perché, ad oggi, garanzie reali che tu possa in futuro riuscirci, non ci sono!-
FRANCESCO – Non è detto che il prossimo anno le cose vadano come adesso! –
DON GAETANO – Credi che possa cambiare qualcosa? I commercianti ed il maltempo, saranno sempre gli stessi: in queste cose c’è sempre molta incertezza, i conti scoperti invece sono una cosa certa! – 

Pausa.

FRANCESCO – (disorientato) Mettetela come vi pare, ma io ho una sola garanzia per il futuro: la mia terra, e nessuno potrà vietarmi di nutrire una piccola speranza! Al momento, però, non ho niente che possa darvi…! –
DON GAETANO – Una…cosa l’avete…! –
FRANCESCO – Che cosa? –
DON GAETANO – La terra, l’hai detto! –
FRANCESCO – (sorpreso, alzando la voce) No, no, la terra no…non si tocca! –
DON GAETANO – Sì, invece: la terra! La vostra terra di Pianetto e questa casa! La situazione si potrebbe risolvere subito, se io rilevassi i vostri debiti ed in cambio tu mi cedessi tutto! Per essere buono, potrei anche regalarti, diciamo una cinquantina di mila lire…! Beninteso, potresti rimanere qui, con l’incarico di colono! Faremmo immediatamente la voltura dei beni in modo regolare presso il notaio don Quirino, con il quale mi sono già consultato, a scanso di malintesi o vizi di forma! Che cosa ne dici? –

Il viso di Francesco, intanto, si è fatto cupo. Tanti pensieri gli turbinano nella mente, mentre lo stomaco gli si rivolta per la nausea.

FRANCESCO – E’…un’idea che vi è venuta qua, sul momento, vero? –
DON GAETANO – Precisamente! –
FRANCESCO – Tanto che avete parlato già col notaio! –
DON GAETANO – Oh, oh, che ti ha preso adesso? Nella tua situazione, non ti conviene essere insolente! –
FRANCESCO – Ho sempre saputo delle vostre mire: la mia terra non è in vendita e mai lo sarà! –
DON GAETANO – (con sufficienza) Io, non ho parlato di acquistarla, stavo solamente proponendoti, un normale scambio, pacifico e legittimo; né più, né meno identico a quello che volevi fare tu col consorzio: in cambio della somma che mi devi, tu mi dai la tua terra; se era lecito per te, lo è altrettanto per me! Se, ora, non intendete cedermela, allora la cosa, significa guerra! No, no, non fraintendetemi: voglio dire, a colpi di carta bollata! –

Francesco non riesce più a contenere la ribellione e la rabbia. Va alla porta e la spalanca.

FRANCESCO – Via, via da casa mia: e ringrazia Iddio che non ti ci mandi fuori a pedate…! –

L’uomo, s’appressa all’uscio, ma sulla soglia si gira.

DON GAETANO – (calmo e sprezzante) La questione è ormai degenerata: ti pentirai di questo…! (esce) –

Francesco sale pesantemente i tre gradini che portano alle camere e si chiude lentamente la porta alle spalle.

Scena n.2 ( Teresa, Mafalda, poi Elsa, Lorenzo, Giovanni, i fascisti, Francesco)

Dall’ingresso entrano Teresa e Mafalda.

TERESA – Francesco, da un certo tempo a questa parte, non è più lui: non sta bene! Si sente debole e non ha la forza nemmeno di alzarsi dal letto! –
MAFALDA – Eh, sì: non sono tanto le ferite che si vedono, ma quelle che si aprono nell’interno di noi che fanno più male! Per un uomo come lui, abituato a non piegarsi, è stato come se gli avessero inferto una pugnalata al cuore! –
TERESA – (piange) – Non è solo questa la causa del suo male: piuttosto, sono i fascisti, che non lo lasciano in pace! –
MAFALDA – E’ stato in carcere; cosa vogliono ancora da lui? –
TERESA – Quello dico anch’io! (si dispera) Si era ripreso bene, dopo la botta in testa, poi all’improvviso, senza un motivo, si è chiuso in sé e, da allora, regolarmente sono venuti quei maledetti…! –

Pausa. 

MAFALDA – Elsa, va sempre a servizio da don Gaetano? –
TERESA – No, non più da un pezzo! Improvvisamente le comunicò che non aveva più bisogno di lei! E sapessi quanto, quei quattro spiccioli che lui le dava in cambio, ci avrebbero fatto comodo…! Proprio da quando non va più là, le cose per noi sono andate sempre peggiorando. Non passa settimana che quei dannati fascisti non vengano a cercare Francesco. Pover’uomo non lo lasciano in pace, tormentandolo con le domande più strane. A volte, lo portano con loro in automobile e quando ritorna, è ridotto peggio di uno straccio! –
MAFALDA – Quanto mi dispiace, comare Teresa; non conoscevo questo fatto! –
TERESA – Che cosa ci vuoi fare; purtroppo chi ha i mali se li tiene…! –

Pausa. 

MAFALDA – Elsa da lui, c’è andata poco, allora! –
TERESA – Neanche un mese…! –
MAFALDA – Non è che Elsa gli ha fatto uno sgarbo, qualcosa che non gli è andata a genio? –
TERESA – Niente gli ha fatto! Elsa sta qua in camera e glielo puoi chiedere! –
MAFALDA – Se sapevi che sarebbe stato per così poco tempo, avresti fatto meglio a non mandarcela! –
TERESA – Come potevo pensarlo, dopo la sua insistenza?-
MAFALDA – Evidentemente…con lei, ci ha provato…e ha avuto il fatto suo…! –
TERESA – No, Elsa me l’avrebbe detto…! -
MAFALDA – Io, non l’avrei mandata, al posto tuo! Conoscendolo, sapevamo cosa in realtà cercava! -
TERESA - Che cosa potevo fare? Lasciata in balìa di me stessa dopo i disordini di quel giorno, Francesco in carcere, e lui che insisteva…per averla a casa, l’unica cosa che mi restò da fare era che la mandassi! Un giorno che andava a Roma dalla figlia, mi mandò perfino la chiave da un suo garzone, perché Elsa si recasse a rassettargli la casa!-
MAFALDA – Il compare forse sta così, per questo fatto: è un uomo di princìpio, lui soffre dentro; non accetta che un tipo viscido come don Gaetano, gli abbia offerto una mano! –
TERESA – Beato lui! Nella nostra situazione non ci si può irrigidire come fa lui: i debiti ci stanno strangolando, e nessuno ci fa più un soldo di credito. Intanto, don Gaetano, in quel momento, l’ho rabbonii parecchio mandando Elsa da lui e con quei pochi soldi che le dette, ho tirato avanti finora! Poi, comare, io ho completa fiducia di mia figlia e ritengo che non ha fatto niente di male, se tre o quattro volte è andata a casa sua. Il paese, la gente? Che parlino pure! Mia figlia è limpida come l’acqua benedetta! –
MAFALDA – Intanto Elsa ha dovuto dare una spiegazione a Lorenzo! –
TERESA – Credi che lei prese la decisione senza averglielo detto per lettera? Se andò da don Gaetano, significa che ebbe il suo permesso; non ti pare? –

L’ingresso s’apre ed entra Elsa.

ELSA – Ah, state qua? Buongiorno! –
TERESA – Siamo arrivate da poco. Tu prepara la tavola, intanto; il treno dovrebbe essere già alla stazione: a momenti, saranno qui! –

Mafalda, precedendo Elsa, prende dalla credenza la tovaglia e fa per apparecchiare.

TERESA – Comare, è mai possibile che non puoi stare senza fare niente? Finalmente, ospite in casa mia e figurati se ti faccio lavorare! –

Elsa prende la tovaglia dalle mani della donna.

MAFALDA – Veramente, la festa si fa perché torna Lorenzo, e, anche a me, tocca fare i preparativi! –
TERESA – Allora vieni qua e bada ai fornelli…! –

Si sentono delle voci che sopraggiungono.

MAFALDA – (apre la finestra) Eccoli, sono loro! –

L’uscio si apre ed entra Giovanni e un giovane vestito da militare. Tutti gli fanno festa.

ELSA – (con enfasi) Lorenzo! –

La ragazza gli va incontro felice e lo abbraccia, poi, si mettono da parte a chiacchierare.

GIOVANNI – Il compare come sta? E’ sveglio? –
TERESA – Poco fa dormiva; ora non so, vedi tu stesso! Prova intanto se riesci a farlo alzare…! -

Giovanni sale i tre gradini e va nelle camere.

TERESA – Non tardate a sedervi a tavola: è quasi pronto! –
GIOVANNI – (rientrando) Lorenzo, vai a salutare il compare! –
ELSA – Aspetta, t’accompagno! –

Vanno entrambi nelle camere. 

GIOVANNI – Francesco, quasi non si riconosce! -
TERESA – (con sofferenza) Purtroppo…! (pausa) Così me l’hanno ridotto! Ricordi com’era una volta, forte, impetuoso, sempre pronto a correre dove ce n’era bisogno? Per gli altri, ha dato tutto, senza compromessi, incurante di crearsi dei nemici! –

Lorenzo ed Elsa rientrano e si uniscono agli altri per pranzare.

GIOVANNI – Perciò gli vogliamo bene, perché si è sempre esposto per noi! Questa volta, però, quelli, gliela stanno facendo pagare cara…! –
TERESA – (scoppia in lacrime) Non trovo pace per questo; sembrava tutto passato, poi, all’improvviso…mi chiedo cosa sia successo che ha fatto precipitare tutto! Quelli, arrivano come falchi e me lo deridono, me lo picchiano e gli fanno ingurgitare quella maledetta mistura…! –
GIOVANNI – Stiamo vivendo brutti tempi; comare, fatti coraggio: se ne sentono in giro anche di peggio! Intanto, non avveleniamo questo pranzo con brutti pensieri! –
MAFALDA – Oggi si deve fare festa: Lorenzo è tornato! -
GIOVANNI – Già, ed il compare, adesso, si deve solo calmare e soprattutto si deve fare i fatti suoi! –
TERESA – E quello fa! Ormai, però, per ogni cosa succede, i fascisti, addossano la colpa a lui! L’ultima volta che sono venuti, ad esempio, affermavano che la scritta sul muro della camera del fascio, l’aveva fatta lui, quanto invece, non si era mosso da casa da quindici giorni! –

All’esterno si sentono schiamazzi e bestemmie, poi un canto fascista.

VOCE – Aprite! Aprite, o sfondiamo la porta! –

Lorenzo ed Elsa escono dalle camere.

VOCE – (di nuovo) Aprite, per l’ultima volta…! –

Teresa si affretta ad aprire. Entrano due fascisti in atteggiamento minaccioso, agitando i manganelli.

1° FASCISTA – E’ questa l’abitazione di…(prende un foglietto dalla tasca) di Francesco Tudino? –
TERESA – (impaurita) Sì, sì! –
2° FASCISTA – Dobbiamo perquisire…! (si mette a rovistare) –
GIOVANNI – Che cosa cercate? –
1° FASCISTA – Sei tu Francesco Tudino? –
GIOVANNI – No, sono un amico! –
1° FASCISTA – Ah, si tiene una riunione! –
GIOVANNI – No, no, nessuna riunione: questo è mio figlio; si è congedato e siamo venuti a casa della fidanzata per stare insieme! –
2° FASCISTA – Che c’è oltre quella porta? –
TERESA – C’è la camera di questa ragazza, e quella mia; a letto c’è mio marito malato! –
1° FASCISTA – (ironico) Ah, il “rosso” sta malato…! –
LORENZO – Non è il caso di usare questo tono: quel poveretto non sta in piedi per quanto è debole, e voi dovreste sapere benissimo perché è ridotto in quello stato…!-
1° FASCISTA – (interrompendolo minaccioso) Silenzio! Silenzio…insolente! Non ti hanno insegnato, sotto le armi, che ai superiori non ci si rivolge con questo tono? -
2° FASCISTA – Vado di là a prenderlo…! –

Sul pianerrottolo delle camere compare all’improvviso Francesco.

FRANCESCO – (sfinito) Non c’è bisogno, vengo da me! –

Non si regge, però, e crolla a terra. Elsa, Lorenzo e Mafalda, spaventati, lo aiutano a rialzarsi e farlo sedere ad una sedia.

TERESA – Oh, perché ti sei alzato, Francesco? –
1° FASCISTA – (canzonatorio) Oh, perché ti sei alzato? Sta male il signorino, oppure ha sonno perché la notte ha da fare? –
2° FASCISTA – Sì, ha da fare lo scrivano…! –
1° FASCISTA – A scrivere sui muri del paese! –
2° FASCISTA – Attenzione alla salute perché l’umidità della notte, fa male alle ossa, crea la ruggine alle giunture…! –
1° FASCISTA – Adesso, per eliminarla, gli daremo una bella oleata…ah, ah, ah…! –

Il fascista infila la mano nella tasca della giubba e tira fuori una bottiglia. Elsa atterrita, si mette davanti al padre.

ELSA – No, no, non potete farlo! Volete ammazzarlo? –
1° FASCISTA – Ah, ah, ah, questa…ragazzina vuole impedircelo, però…vieni qui fatti vedere un po’…! (la tira a sé per un braccio) –
ELSA – (strillando) Lasciami perdere… non mi toccare, disgraziato…! –
MAFALDA – Lasciatela stare! –
TERESA – Non vi permettete di toccarla…! –

Lorenzo, furente, sta per intervenire, ma l’altro fascista gli taglia la strada.

2° FASCISTA – Come ti chiami militare? Su, mi dici il tuo nome? (gli batte il manganello sulla spalla) –

Lorenzo, con forza, allontana da sé il manganello.

2° FASCISTA – Ti rifiuti? (gli sferra un colpo al fianco) –

Il giovane si contorce dal dolore, poi si avventa con tutta la sua mole sul fascista. I familiari, atterriti, cercano di trattenerlo. I due, pero, avvinghiati, rotolano a terra, mentre l’altro fascista, in piedi, tenta di colpire il giovane. Lorenzo, più grosso, e vigoroso, ha il sopravvento e strappa il manganello dalle mani del fascista. Questi, vistosi disarmato, estrae la pistola dalla fondina, ma Lorenzo, con prontezza, getta via il manganello e gli afferra il polso. Per pochi secondi lottano dibattendosi, poi cadono a terra. La colluttazione è violenta, tra le grida atterrite dei presenti. L’altro fascista picchia Lorenzo ogni volta che gli capita a tiro. I colpi, però, sembrano non fare effetto sul corpo robusto del giovane. Ad un certo punto si sente l’esplosione di un colpo di pistola. Il fascista, con il quale era avvinghiato Lorenzo, emette un grido di dolore. Lorenzo molla la presa e vede che l’altro perde sangue da un braccio.

2° FASCISTA – (a terra) Disgraziato, mi hai ferito! –

Il giovane lo guarda spaventato. I familiari sono atterriti. L’altro fascista, visto il campagno ferito, si precipita per le scale.

1° FASCISTA – (fuori scena per le scale, gridando) Camerati, venite su: Silvio è ferito! –

Lorenzo si rende conto, in un attimo, quanto la situazione sia critica. 

LORENZO – Fuggo! –

Elsa gli si stringe alla vita.

ELSA – No, no, non lasciarmi…! –
LORENZO – Vuoi che vada in carcere? –
GIOVANNI – Scappa, scappa Lorenzo…arrivano, fai presto! –
MAFALDA – Su, giù dalla finestra! Se ci riesci, rifugiati da mio fratello a Vallecorsa…! –

Si sente un trambusto e un baccano di voci per le scale. Lorenzo, prima che arrivino nella stanza, apre la finestra e si getta nel vuoto. Un attimo dopo, tre fascisti irrompono sulla scena con le pistole in pugno. Il loro uomo, però, è scomparso dalla parte da dove pensavano non potesse fuggire. Allora si accostano alla finestra e prendono a sparare.

1° FASCISTA – Maledizione! Basta, basta, cessate il fuoco: ormai è fuori tiro! –
3° FASCISTA – (guarda in giù dalla finestra) E’ una bella altezza: ha avuto fegato a buttarsi da qui! –
1° FASCISTA – Non fegato, paura! Se fosse restato, provati ad immaginare che cosa gli sarebbe accaduto! –
4° FASCISTA – Può darsi che si sia rotto qualche gamba: proviamo ad inseguirlo! –
1° FASCISTA – No, tra poco farà buio, non serve! Sappiamo chi è: lo prenderemo di sicuro! –
MAFALDA – (piangendo) Mio figlio non è un delinquente. E’ stata una disgrazia; lui non voleva…! –

Francesco, nel frattempo, sulla sedia, ha assistito sbigottito a tutta la scena. Il suo volto è sbiancato più di un morto, improvvisamente, nonostante Teresa lo abbia sorretto per tutto il tempo, crolla. Allora Elsa, Mafalda e Teresa, lo conducono nella sua camera.

1° FASCISTA – Quel militare, era tuo figlio?-
GIOVANNI – Sissignore! –
1° FASCISTA – Ti rendi conto della gravità di quanto è successo? Domani mattina, con tua moglie, devi venite in caserma: il federale dovrà interrogarvi…! –

Sollevano il ferito, se ne vanno schiamazzando. Elsa, Teresa e Mafalda rientrano.

TERESA – (piangendo) E’ inaudito cosa sta succedendo: stiamo all’improvviso impazzendo tutti… oppure siamo diventanti come lupi pronti a sbranare chiunque capita a tiro? Non riesco a credere che un essere umano possa fare queste cattiverie nei confronti di un proprio simile! Stiamo proprio toccando il fondo! –
GIOVANNI – Esseri umani ai quali abbiamo, purtroppo, delegato il diritto di diventare mostri! Nostra è la colpa, infatti, per aver creato loro le condizioni di spadroneggiare per affossare ogni diritto umano!-
MAFALDA – Comare, non preoccupatevi, si sistemerà ogni cosa…! –
GIOVANNI - Adesso, noi andiamo via. Tu Elsa, non stare in pensiero: Lorenzo sa il fatto suo, non gli succederà niente! –

Giovanni e Mafalda escono, mentre Teresa ed Elsa vanno verso le camere.

Scena n.3

La luce filtra dalla finestra: è giorno. La scena è vuota. Si sente bussare e Teresa esce dalle camere e va ad aprire. Sono Giovanni e Matteo.

GIOVANNI – Buongiorno, comare! –
MATTEO – Buongiorno! –
TERESA –Compare, Matteo, buongiorno a voi! –
GIOVANNI – Come sta oggi Francesco? –
TERESA – Si è lamentato per tutta la notte, ora dorme! –

Dalle camere entra pure Elsa.

ELSA – Buongiorno! Hai notizie di Lorenzo? –
GIOVANNI – Sì, sì, sta bene; tranquillizzati! Vive nascosto da mio cognato a Vallecorsa; lì, non corre alcun pericolo! –
TERESA – Sei sicuro di non esserti tradito la mattina dopo il fatto, quando il federale ti ha interrogato? –
GIOVANNI – Scherzi? Sia io che Mafalda, quando ci chiese dove potesse essersi nascosto, siamo rimasti muti! Era presente all’interrogatorio anche il maresciallo dei carabinieri, il quale mi consigliò poi, separatamente, che non si fosse fatto vedere in giro per un pezzo fino ad un suo ordine! I fascisti di quel giorno, erano venuti da Frosinone, e, andando via, neanche hanno sporto denunzia dell’accaduto. La ferita al braccio del fascista, d’altronde, era solo una ferita di striscio, uno sgraffio: poca cosa! Fecero, perciò, solo un normale rapporto al federale, il quale lo passò al maresciallo. Adesso giace in caserma sotto un mucchio di carte ed il maresciallo mi ha assicurato che dipende solo da lui mandarla avanti. –
MATTEO – Brava persona il maresciallo…! –
GIOVANNI – In questo momento, i fascisti hanno ben altro cui pensare, che non ad un piccolo incidente come quello; sembra che andremo alla guerra…in Africa! –
TERESA – Speriamo che si scordino di cercarlo; io, però, nutro sempre un po’ di diffidenza nei confronti di chi ha una divisa addosso, soprattutto quando la tiene di carriera…!

Pausa.

GIOVANNI – Siamo venuti, per parlare un po’ col compare, oltre che per vedere come sta! –
TERESA – Lasciamolo dormire, ora: tra breve dovrebbe venire il dott. Frusina, dopo gli parlerete. Una settimana fa, gli prescrisse delle punture: stamattina vuol vedere se c’è stato miglioramento! –
GIOVANNI – Intanto, quelli, sono venuti ancora? –
TERESA – Ringraziano Iddio, da quel giorno, non più…! –
MATTEO – Speriamo che lo lascino in pace una buona volta! –
GIOVANNI – Cara comare, l’altra volta era ridotto proprio male: ebbi l’impressione avesse qualcosa dentro che lo consumasse! –
TERESA – Non solo le offese e le violenze fisiche lo hanno prostrato, ma, soprattutto, vedere calpestare tutti i suoi princìpi: onestà, lealtà e giustizia! Sono riuscita a farmi dire da lui, finalmente, che cosa è avvenuto che ha fatto precipitare ogni cosa. Non è stato facile saperlo, ma era semplicissimo immaginarlo: don Gaetano sta a capo di tutte le nostre disgrazie! Un giorno, quando in casa stava Francesco da solo, venne a visitarlo e decise di rilevare personalmente tutti i nostri debiti ed in cambio pretendeva la nostra terra! Francesco lo cacciò malamente e per poco non lo prese a calci! –
GIOVANNI – E lui si vendicò cacciando Elsa da casa sua e denunziandolo come comunista ai fascisti! –
MATTEO – Gli è stato facile: è amico del podestà e del federale…! –
GIOVANNI – Se il compare avesse saputo come avrebbe reagito, quel giorno, almeno la soddisfazione di scaraventarlo a calci per queste scale se la sarebbe presa!-
TERESA – Sì, questo gli dovete dire: se solo lo avesse toccato, gli davano sicuramente un anno di carcere! Statemi a sentire: è meglio che le cose siano andate in questo modo; anche il confino gli avrebbero potuto dare con le amicizie su cui può contare don Gaetano! –
GIOVANNI – Comare, Ersenio sta vendendo tutto: vuole andarsene in Canada. Lui ha paura! Ha visto cosa è successo al compare e teme che possa accadergli la stessa cosa. Non è un segreto di come la pensa politicamente ed è convinto che se il Duce fa la guerra, i primi a partire saranno i suoi figli! Ne ha quattro lui, e teme per la loro vita…! –
MATTEO – La disgrazia di Francesco ha creato in giro una certa sfiducia, e tutti hanno paura del futuro! 
TERESA - Questi signori, si debbono mettere in testa che senza di noi produttori non possono realizzare nessun guadagno! Siamo tutti necessari, ognuno ha bisogno dell’altro! –
GIOVANNI – Comare, mi sorprendi, ora ti metti a parlare come Francesco…! –
TERESA – Sono cose sacrosante: vengono spontanee! –

Elsa. Improvvisamente, scoppia a piangere.

GIOVANNI – Che cosa ti è successo? –
ELSA – Lorenzo…lo chiameranno alla guerra…! –
TERESA – Intanto, nessuno sa dov’è, e la guerra dovranno ancora farla…! –
GIOVANNI – Su, non piangere: prima di lui, partiranno, i riservisti più anziani, quando toccherà a lui, la guerra sarà già finita! –
TERESA – Quanto mi dispiace che non possono sposarsi Lorenzo ed Elsa: avevo già scelto tutto, poi…il finimondo! (pausa) Voi, come ve la passate? –
GIOVANNI – Alla giornata: fino a che si ha qualcosa, poi si vedrà! Sono stufo di andare avanti in questo modo: venduto il raccolto e pagati i debiti, si mette da parte poco di niente, da non permettersi neanche di fare sposare i propri figli! Mi viene la voglia di cavare tutti gli alberi e cambiare coltivazione…! 
MATTEO – Ho sentito parlare di una specie di recinti coperti, dentro i quali si fa crescere quello che vuoi…! –
GIOVANNI – |Un mio amico che è stato in Francia, passando col treno verso la Liguria ha visto questi recinti, lì ci piantano i fiori, ma si è informato: dice che vi si può piantare di tutto, verdura, frutta…! -
TERESA – Pensi che così potresti andare meglio? –
GIOVANNI – Se tipi come don Gaetano non ci mettono lo zampino…! –
MATTEO – Nel peggio dei casi, potremmo mangiare quello che produciamo! –
TERESA – Così si diventa tutti vegetariani…! –

Si sente bussare. Elsa va ad aprire. Sulla porta compare il dottore.

DOTTORE – Buondì, vediamo come sta oggi questo malato! Oh, vedo che ho interrotto un bel discorsetto…! –
TERESA – Prego, dottore, buongiorno! –
GIOVANNI- Siamo venuti a vedere come sta Francesco! –
DOTTORE – Ora vedremo…! –
ELSA – Faccio, intanto, il caffè! –
DOTTORE – Non forte per me, mi raccomando! –
TERESA – Fallo per tutti: lo prendiamo anche noi! –

Il dottore e Teresa vanno nelle camere.

ELSA – Il dottore il caffè lo vuole debole e poi ci mette pure tra cucchiaini di zucchero…! –
MATTEO – E che è? Così, prende l’acqua zuccherata! –
GIOVANNI – Visita tante case d’ammalati: se prendesse un vero caffè ogni volta, a quest’ora sarebbe bello e fritto…! –

Ricompaiono Teresa ed il dottore.

DOTTORE – Molto meglio: il polso va bene, il colorito anche, lo stomaco si sta rimettendo a posto. Deve stare a letto, mi raccomando! Assoluto riposo: il cuore, è quello che un po’ mi preoccupa, capite? Troppo debilitato! (rivolgendosi ad Elsa) Questo caffè è pronto? –

La ragazza poggia il vassoio sul tavolo e bevono.

DOTTORE - Ora, vado via. Sapete…il giro…gli ammalati…! –

Va verso l’uscita, mentre Elsa gli apre la porta. Sull’uscio, però, si ferma e si gira verso Teresa.

DOTTORE – (esitante) Voglio dirti che… ieri sera in farmacia, senza volerlo… insomma ho…ascoltato un discoso che mi ha scosso particolarmente. Io voglio bene a Francesco: è un galantuomo e non approvo assolutamente certe…malvagità, che vogliono fare nei suoi confronti! –
TERESA – Che cosa c’è, dottore: parlate! –
DOTTORE – Guardatevi da don Gaetano Carluccio, ha tutto pronto per togliergli la terra: avvocati, carte bollate e quant’altro per rendere esecutivo il pignoramento! Ha tutti dalla sua parte, autorità, procuratori e fascisti: se non trovate la somma che gli dovete, sarà brutta veramente! Io…ti ho avvisato: vedi come puoi rimediare…! Mi raccomando, (si mette il dito sulla bocca) io, non ho detto niente! Arrivederci! (esce)-

Teresa si mette a rigovernare la cucina. Elsa va alla finestra e la spalanca. Una luna a falce, vi s’inquadra, nella prima ombra della sera. Teresa, intanto, mette sul fornello una pentola, mentre la ragazza accende la luce.

TERESA – Chiedi a tuo padre se vuole alzarsi per cenare.-

La ragazza va dal padre, ma ritorna quasi subito.

ELSA – No, vuole mangiare di là: non si sente d’alzarsi! –
TERESA – Ormai è un mese che sta a letto; ho l’impressione che quelle punture non gli stiano facendo nessun effetto, e la faccenda del cuore mi preoccupa…! –
ELSA – Più che le punture, so io cosa guarirebbe papà! (va con un piatto dal padre)-
TERESA – (sola) Già, qualche preoccupazione in meno e che il buon Dio si ricordasse di noi…! –

Bussano alla porta. Elsa, uscendo dalle camere, va ad aprire. Entrano Giovanni ed un maresciallo dei carabinieri.

GIOVANNI – Eccomi di nuovo, comare! –
MARESCIALLO – Buonasera signora, buonasera signorina! –
TERESA – (spaventata) A…voi maresciallo…! –
ELSA – Buonasera! –
TERESA – Maresciallo…compare, stavamo per cenare; possiamo offrire qualcosa, un caffè, un bicchiere di vino? –
MARESCIALLO – (imbarazzato) Beh, giacché sono fuori servizio, un bicchiere di vino con Giovanni, lo accetto volentieri! (si toglie il berretto) –

Teresa li fa sedere e mesce il vino, mentre Elsa va ad appendere il berretto all’attaccapanni.

GIOVANNI – Il maresciallo vuole parlarvi… –
MARESCIALLO – (interrompendolo) Sissignora, ho voluto vedervi entrambe, per dirvi che il comando fascista di Frosinone, mi ha inviato un dispaccio, in cui mi sollecita la cattura di Gritti Lorenzo, ricercato per tentato…omicidio. (tira dalla tasca il dispaccio e lo apre) Loro…prevedono che il giovane ricercato, con l’approssimarsi della Pasqua, voglia rivedere, con probabilità, i suoi genitori nonché la fidanzata…-
TERESA – Noi ci speriamo…! –
ELSA – Non lo vediamo da quel giorno e…neanche sue notizie…abbiamo ricevuto!-
MARESCIALLO – Su, su, non dite fesserie…lo so io, da estraneo, che sta bene, figuratevi voi! Conosco anche dove si è rifugiato…! –
GIOVANNI – Ma è come se non lo sapesse…-
MARESCIALLO – Infatti! (abbassando la voce) Fate sapere a Lorenzo, per il suo bene, che non si faccia vedere in giro da queste parti: che se ne stesse nascosto dov’è adesso; lì nessuno lo andrà a cercare…! –
GIOVANNI – Fidiamoci del maresciallo: sa i fatti come andarono e conosce mio figlio da che è nato! -
MARESCIALLO – In proposito, ho spedito un resoconto sui fatti di quel giorno che dovrebbe scagionare Lorenzo. Infatti, nel rapporto, espongo che il ragazzo stava festeggiando il suo congedo militare in casa della sua fidanzata e per l’occasione aveva bevuto un po’ troppo. La lite non c’è stata, perché il ragazzo è inciampato ed è caduto incidentalmente sul fascista, che, credendo d’essere aggredito, ha estratto la pistola d’ordinanza. Rotolato a terra insieme al ragazzo, dalla pistola è partito accidentalmente un colpo che lo ha ferito di striscio. Se ci fosse stata la volontà di uccidere da parte del ragazzo, parecchio più robusto dell’altro, non ci sarebbe stato scampo per il fascista. In qualsiasi dibattito giudiziario sarebbe, senza alcun dubbio, provata la più completa innocenza di Gritti Lorenzo! –
ELSA – (stupefatta) Maresciallo, siete …un angelo! (gli bacia la mano) –
TERESA – Grazie, grazie; Iddio ve ne renda merito! –
MARESCIALLO – (imbarazzato) Su, via, non fate così…! –
GIOVANNI – Il maresciallo ci conosce bene: sa che gente siamo e come la pensiamo! –
MARESCIALLO – Chi pensa che noi dell’arma, non sappiamo che guardare soltanto nella parte marcia della società, si sbaglia di grosso. L’arma ha tanti occhi e ce n’ha qualcuno anche per vedere cosa succede tra le persone oneste! –
GIOVANNI – Significa che il maresciallo è uno come noi: suo padre, nel paese da dove viene, fa anche lui il contadino e conosce bene i nostri problemi…! Poi, il maresciallo, questi bastardi neri, proprio non li digerisce! –
MARESCIALLO – Non esagerare! Io, non l’ho detto…! –
GIOVANNI – Beh, voi non l’avete detto, ma…si capisce! –
MARESCIALLO – Lasciamo stare…! –
GIOVANNI –Va bene! (finisce di bere) Adesso dobbiamo andare; s’è fatto tardi! Salutatemi il compare! –
MARESCIALLO – Anche da parte mia! –

Vanno via. Le donne si mettono a cenare.

TERESA – (alzandosi) Quando hai finito, sparecchia; non lasciare niente sul tavolo. Vado a letto, sono stanca! (va alle camere) –

La ragazza sta finendo di mangiare, quando all’improvviso sente un bisbiglio provenire dalla finestra, come un sommesso richiamo.

VOCE – (all’esterno) Elsa, sono io…! –

La voce gli è familiare e corre alla finestra.

ELSA – Lorenzo! –

Allora apre l’uscio e compare il giovane.

LORENZO – Elsa mia…! (si abbracciano) –
ELSA – Come stai? Fatti vedere…! –
LORENZO – Bene, bene, non mi vedi? Non resistevo più, però; mi sei mancata tanto! –
ELSA – Anche a me sei mancato! Fatti vedere, intanto; come ti trattano? Che gente è quella dove stai? –
LORENZO – Non potevo capitare meglio! Con Enea, il figlio di zio, siamo diventati amici. Lui è più grande di me ed è pure fidanzato…! –
ELSA – (intrigante) Che cosa fai tu, quando lui è con la sua fidanzata? –
LORENZO – Niente, sto a casa; non gli reggo mica il moccolo…! –
ELSA – (gelosa) Non è che la fidanzata d’Enea ha, che so, una sorella o un’amica con la quale tu…! –
LORENZO – (scherzando) Certo, certo, la sorella…! Ha gli occhi chiari come i tuoi, i capelli biondi come i tuoi, è alta come te e…-
ELSA – (interrompendolo) E’ proprio la mia copia! Vuoi vedere che si chiama Elsa come me? –

Scoppiano a ridere abbracciati. Teresa, intanto, compare sul pianerrottolo delle camere.

TERESA – Lorenzo, tu qui! Sentivo delle voci, non m’ero sbagliata: eri tu! Quando sei venuto? E’ pericoloso…-
LORENZO – Sto con Enea il figlio di zio. Doveva consegnare le patate proprio qui in paese. La tentazione, allora, è stata grande…non ho resistito! State tranquille: non mi ha visto nessuno, perché sono restato nascosto tra i sacchi fin qui! Lui è andato a scaricare, e tra poco ripassa col camion a riprendermi; debbo sbrigarmi! –
TERESA – (delusa) Riparti subito? E’ pericoloso, ma almeno fermati a mangiare qualcosa…! –
ELSA – Su, c’è un po’ di pasta e fagioli; è ancora calda…! –

Il giovane si siede e mangia.

TERESA – Poco fa, è venuto il maresciallo! –
LORENZO – Sì, l’ho visto, stava con papà, sono rimasto appostato qua sotto, finché sono andati via. Che cosa volevano? –
ELSA – Non è come pensi; lui ci vuole bene invece! Si è raccomandato che non ti faccia vedere da queste parti per non rovinare tutto; sta aggiustando ogni cosa coi fascisti! –
LORENZO – Francesco, come sta? –
Teresa – Non migliora, ma neanche peggiora…! E’ ancora scosso da quello che è successo! –
FRANCESCO – (fuori scena dalle camere) Teresa, che c’è? –
TERESA – Lorenzo, sta qui; porta fretta: tra breve riparte…! Lascialo stare con la fidanzata! –
FRANCESCO – Fammelo vedere un po’! Lorenzo, vieni…! –

Il giovane va nelle camere.

FRANCESCO – (sempre fuori scena) Lorenzo, ti trovo bene; ti trattano bene a quanto vedo! Bravo Lorenzo, hai fatto bene quel giorno: la testa avresti dovuto fracassare a quel fascista, non il braccio…! -
LORENZO – No, no, meglio che le cose siano andate in quel modo, altrimenti a quest’ora, chissà come me la sarei passata! Invece eccomi qui, sano e salvo e non tanto ricercato! Adesso, però, devi pensare a guarire: è necessario che tu stia tra noi, forte ed arzillo come sempre! Vado via, buonanotte! –

Il giovane ricompare dove lo aspettano le donne.

ELSA – Bevi un bicchiere di vino! –
LORENZO – (beve) Devo sbrigarmi, Enea passerà a momenti! –
TERESA – Vuoi lasciar detto qualcosa ai tuoi? Ti serve della biancheria, vestiti? –
LORENZO – Non mi serve niente: Enea mi presta tutto; ha la mia stessa taglia. Papà e mamma, abbracciateli per me: dite loro di stare tranquilli! –

Si sente il motore di un autocarro.

LORENZO – Devo andare: è lui! –

Elsa lo stringe in un tenero abbraccio. Dopo, il giovane esce e la ragazza va alla finestra a vederlo partire. Rimasta ormai sola, Elsa, chiude la finestra, sparecchia la tavola, spegne la luce e va nelle camere.

TELA 

ATTO III°

Scena n.1 ( Teresa, Elsa, Francesco, 1° e 2° voce, Giovanni, voci di folla)

Stessa scena. Casa di Francesco. Un concerto di cicale giunge attutito dall’esterno. I raggi di un sole accecante, inondano la stanza attraverso i vetri della finestra. Dalla comune, entrano Teresa ed Elsa. La ragazza si vèntila la faccia con la mano per il caldo. Va alla finestra, la spalanca e getta uno sguardo fuori. Adesso il canto delle cicale è più distinto, ed il senso dell’estate si avverte ancor più chiaramente. Teresa si siede e prende un foglio di carta che sta sul tavolo. Poi si asciuga il sudore sul petto e sulla fronte con un panno.

ELSA – Mamma, quel foglio l’hai letto almeno cento volte da che il messo giudiziario della pretura l’ha portato! Dice sempre la stessa cosa: sarà per oggi alle quindici; e verranno, non c’è scampo…verranno! –
TERESA – E’ quasi l’ora, ed ancora non si vedono, però…! –
ELSA – Verranno, verranno; non t’illudere di un loro ripensamento in estremo! La carta bollata è chiara, e, una volta firmata, solo un miracolo…-
TERESA – (con sconforto) Allora, che vengano pure: noi siamo qui! (pausa, poi decisa) Hai eseguito tutto quello che ha detto tuo padre? Hai chiuso il cancello? Il portone giù alle scale? Il cane lo hai sciolto? Quella porta, quella porta: hai dimenticato di mettere la barra alla porta! Che cosa aspetti? Sbrigati! –

La ragazza esegue.

ELSA – Mamma, basterà tutto questo? Quelli, entreranno lo stesso! –
TERESA – (dibattendo la testa, disperata) Non è giusto…non è giusto! Non è umano…! La terra è nostra, nostra da cinque generazioni. Cinque generazioni di Tudino, qui sono nati, vissuti e morti! Le bestie sono trattate meglio…! Neanche i carabinieri, però, ci riusciranno…! –

Si sente il rumore di un motore in lontananza, e la ragazza va alla finestra.

ELSA – Sono loro, mamma: vedo…una macchina che fa il viale che porta a casa! –

Subito il rumore si sente più distinto. Poi un fragore sulla ghiaia e lo stridio dei freni di una macchina sotto casa. Il cane si mette ad abbaiare. Si sentono gli sportelli dell’auto che sbattono. Intanto la porta sul pianettottolo che dà nelle camere è aperta.

FRANCESCO – (fuori scena dalle camere) Sono loro? –
ELSA – Sì, papà! –
FRANCESCO – Avete fatto come ho detto? –
ELSA – Sì, sì, papà, non preoccuparti: è tutto chiuso! –

In strada, qualcuno suona il clacson dell’auto per richiamare l’attenzione della casa, e subito appresso si sente una voce.

1° VOCE – (fuori scena, dalla strada) Signor Francesco Tudino, sono l’ufficiale giudiziario, lasciateci entrare! Come ben sapete, noi siamo soltanto degli esecutori di un atto giudiziario giunto all’estrema conseguenza dopo che ha percorso tutto l’iter procedurale della legge! A questo punto o pagate il vostro debito o saremo costretti ad eseguire…! -

Teresa ed Elsa si affacciano alla finestra.

TERESA – Mio marito, sta a letto, è molto malato…! –
1° VOCE – (dalla strada) Sì, lo sappiamo, per questo motivo, già altre volte sono state concesse varie proroghe, adesso, però, l’atto non può più essere rimandato e si deve eseguire immancabilmente! Se non pagate, si tratta, d’altro canto, di mettere una semplice firma, e potrà rimettersi a letto! –
FRANCESCO – (fuori scena, dalle camere) Chi è, chi sta parlando? Non sento…! –
ELSA – (restando alla finestra) Calmati, papà, lo sai, è l’ufficiale giudiziario!-
FRANCESCO –(sempre fuori scena) Mandalo via! –
2° VOCE – (dalla strada) Per favore, non costringeteci a ricorrere al peggio! Se non aprite, saremo costretti a chiamare i carabinieri e forse anche i fascisti! –
TERESA – Noi, da qui non ci moviamo…! –
1° VOCE – (dalla strada) L’ho detto, nessuno vi caccerà! Si tratta di mettere una sola firma e potrete continuare a vivere in questa casa e sulla terra! –
TERESA – Se mio marito firma, niente sarà più nostro: il proprietario diventerà don Gaetano Carluccio! –
2° VOCE – (dalla strada) Gli deve una somma ingente, è pur giusto che si rifaccia sui suoi beni…! –

Si sente arrivare, allo stesso modo, un’altra macchina, e si ripete lo sbattere degli sportelli.

FRANCESCO – (dalle camere) Fatemi sapere, che cosa sta succedendo! –
TERESA – E’ arrivato anche don Gaetano coi carabinieri…! –
FRANCESCO – (dalle camere) Che cosa fanno? –
TERESA – Stanno parlando con l’ufficiale giudiziario! –
1° VOCE – Signora Tudino, riferite a vostro marito, che don Gaetano è venuto personalmente ed è disposto a concedergli un’altra proroga, a patto che lo facciate entrare per poter scambiare con lui quattro parole a quattr’occhi! –
FRANCESCO – (dalle camere, con voce stentata e sofferente) Che cosa dice, che dice, fatemi sapere…! –
TERESA – (va sul pianerrottolo) Don Gaetano vuole parlare con te, da solo! –
FRANCESCO – (dalle camere) Che vorrà, sto’ fetente…! Io lo conosco…già, già, lo conosco bene questo fetente: vuole…che mi metta in ginocchio davanti a lui e gli chieda perdono per quel giorno! E’ questo che vuole: la rivincita! Ma io, io non gliela do: gli puoi dire che la sua carta se la ficchi nel…! –
TERESA – (ritornando alla finestra) Mio marito non vuole parlargli e né firma carte!- 

Detto questo, la donna va a sedersi al tavolo, spossata. In strada intanto le voci si accendono, avviene come un conciliabolo nervoso, poi, improvvisamente più niente: silenzio assoluto.

FRANCESCO – (dalle camere) Che cosa succede? Non sento più niente, fatemi sapere…! –
ELSA – Si vede, papà, in fondo allo stradone, qualcosa…non si distingue bene, (si porta la mano sulla fronte a mò di visiera) sì, sì, è della gente a piedi. Sono tante persone che vengono verso casa. Sono…sono tante, è una fila lunghissima! Ancora, ancora…quanti sono! Cento, duecento, ma…è tutto il paese…! –

Man mano che la gente arriva sotto casa, il vocio diventa clamore. Teresa raggiunge la figlia alla finestra.

TERESA – Guarda, davanti a loro ci sono i nostri amici: Giovanni, Matteo, Ersenio e Filippo! –
ELSA – (tra le lacrime) Papà, papà, sono venuti per noi…! –

Qualcuno bussa giù al portone in fondo alle scale.

VOCE – (fuori scena) Elsa, comare, siamo noi, Giovanni e Matteo, fateci salire! –

La ragazza toglie la barra e apre la porta. Scende le scale e va ad aprire il portone e poi il cancello. Rientra quasi subito con i due uomini.

GIOVANNI – (eccitato) Comare, che spettacolo: una cosa da non credersi! Tutto il paese sta qui sotto; donne, ragazzi, gente di tutte le parti, gente che neanche conosco. Con loro c’è Ersenio, Filippo, Adolfo, Gino, tutti gli amici! Dire questo, però, è poco: in questo momento, tutto il paese è vostro amico…! –

Sul pianerrottolo, all’improvviso, compare Francesco. Il suo aspetto è più vicino a quello di un fantasma. Addosso ha un pigiama a righe spiegazzato ed il suo volto è cereo e sofferente. Elsa e Teresa corrono subito a sorreggerlo e ad aiutarlo a scendere i tre gradini, e a fatica farlo sedere ad una sedia.

FRANCESCO – No, no, portatemi alla finestra; voglio vedere…! –
TERESA – Non puoi, non puoi…! –
ELSA – Papà, perché…! –
GIOVANNI – Non è proprio il caso! –
FRANCESCO – Lo è invece! Che cosa sta succedendo là fuori; fatemi vedere…! –

A fatica lo trattengono sulla sedia.

GIOVANNI – Compare, se sapessi…ti dico però tutto per ordine: nei giorni scorsi in paese si è sparsa la notizia di quello che ti sta succedendo. Tutti hanno saputo la vigliaccata che ti hanno fatto, la malvagità di don Gaetano, le violenze dei fascisti e…sono voluti venire a casa tua per starti vicino, te lo meriti! –

Francesco è ammutolito, non si dibatte più per alzarsi e non riesce a trattenere uno sbocco di lacrime.

MATTEO – Sfogati, Francesco, sfogati: piangere ti fa bene! –
FRANCESCO – (sempre più commosso) Come? Sono tutti qui sotto? Sono venuti proprio per me? –
GIOVANNI – Per chi, se non per te, compare! –
TANTE VOCI – (dalla strada) Francesco, forza, dai, non mollare, coraggio: siamo tutti con te! Evviva Francesco! –
FRANCESCO – Che cosa fanno ora gli altri? –
TERESA – (alla finestra) Le due macchine sono letteralmente circondate dalla folla. Don Gaetano e gli altri stanno intrappolati tra mille volti minacciosi ed hanno paura che possa succedere il peggio! –
FRANCESCO – Ah, ah, ah, era ora, maledetti bastardi! –
TERESA – Adesso sta venendo su Ersenio con qualcosa in mano! –
GIOVANNI – Compare, stai a vedere…! –

Ersenio compare nella stanza e, senza dire niente, si avvicina a Francesco. In mano reca un cappello che sembra contenga qualcosa, e, sempre in silenzio, ne rovescia il contenuto sul tavolo.

ERSENIO – Per te, da parte di tutti…! –

Sul tavolo si sparge una gran quantità di denaro, in monete e banconote d’ogni taglio, accartocciate, arrotolate, piegate.

GIOVANNI – Lo hanno raccolto per te: per aiutarti! –

L’uomo è stupefatto e incredulo e non riesce a parlare. Tenta di toccare il denaro come volesse accertarsi che quello che sta vedendo non fosse un miraggio.

FRANCESCO – Per me…! No, no, non posso accettare! E’ tanto denaro, non potrò mai restituirlo; ci vorrà una vita: meglio che aspetti quel fetente…! -
GIOVANNI – Non hai capito: non dovrai restituirlo! Lo hai già fatto, invece, con quello che ci stai dando…! –
FRANCESCO – Io, non sto dando un caz…! –
GIOVANNI – Non scherziamo: stai dandoci…il coraggio per continuare…! –
FRANCESCO – Di che coraggio parli? Non capisco…! –
GIOVANNI – Ma va’: hai capito benissimo…! –

Pausa.

FRANCESCO – (asciugandosi gli occhi e riacquistando tutto il suo sangue freddo) Teresa, puoi far salire adesso, il fetente…e ditegli di venire con l’ufficiale giudiziario! –
TERESA – Elsa, va’ giù a falli salire! –

La ragazza esce, ma rientra subito con i due uomini.

DON GAETANO – (intimidito e dimesso) Salute a tutti! –
FRANCESCO – (all’ufficiale) Allora, quanto debbo a questo… galantuomo? –
L’UFFICIALE – (apre un fascicolo) Cinquecentoventisettemilalire, a tutt’oggi! –
FRANCESCO – Ah! –
L’UFFICIALE – Ci sono gli interessi…le spese giudiziarie…le…-
FRANCESCO – (interrompendolo) Va bene…va bene: questo è il denaro, contate! –

L’uomo si china e, tra il silenzio generale, intraprende l’operazione che dura alcuni minuti.

L’UFFICIALE – E’ tutto: cinquecentoventisettemilalire! Ce n’è anche d’avanzo qui sopra…! –
FRANCESCO – A questo punto, spero mi rilasciate una ricevuta! –
L’UFFICIALE – Questo foglio bollato firmato dal giudice è la ricevuta di saldo! (glielo consegna) –

Giovanni, Matteo, Ersenio, Teresa ed Elsa applaudono. Don Gaetano e l’ufficiale giudiziario vanno via. Poco dopo, si sentono le macchine che mettono in moto e partire. Francesco, si alza con fatica, sorretto dagli amici e si avvicina alla finestra.

FRANCESCO – (con voce stentata e spenta) Amici, vi ringrazio tanto, di tutto cuore; per una volta, almeno, abbiamo vinto noi…! -

Improvvisamente però, le forze del pover’uomo lo tradiscono e sviene. Gli amici lo portano allora di peso nelle camere tra l’apprensione di tutti.

TELA

EPILOGO

L’ambiente è rimesso a nuovo. Un tavolo più grande di quello che c’era prima, è imbandito al centro della stanza. Sopra vi è una splendita tovaglia, i cui lembi, ricadendo all’intorno, evidenziano bellissimi ricami. Al centro del tavolo, così preparato, campeggia un grosso vaso di rose rosse e gialle, mentre altri fiori e ghirlande addobbano un po’ tutta la stanza. Il resto dell’arredamento non è cambiato, salvo un grosso ritratto di Francesco appeso ad una parete. Entra Teresa vestita con un abito di festa, e, con passo svelto, attraversa la stanza per andare verso le camere. Improvvisamente, però, si ferma come avesse dimenticato qualcosa e si avvicina al quadro del marito.

TERESA – Peccato non esserci stato, Francesco; avessi visto in chiesa com’era bella la nostra creatura vestita con l’abito da sposa! Tu, però, hai preferito fare di testa tua come sempre, e non sei venuto! (pausa) Oh scusami, forse mi sono sbagliata! Forse…no, no, ora sono sicura: sei riuscito a farti dare lassù, un permesso speciale. Come, li hai visti e…non mi dici niente? Allora non sei contento che si siano sposati! Ti dispiace che Elsa se la siano presa, non è vero? A chi lo dici…! Vieni, facciamo finta che sei qui e volessimo scambiarci due parole; è più di un anno che non lo facciamo! (si siede davanti al tavolo e mette un’altra sedia vicino a lei) Io sono stanca, mi siedo! Ah già, forse tu non vuoi: ti sei riposato abbastanza là dove sei; però, devi convenire, che stando seduti si parla meglio, siediti! I figli, Francesco, sono cose nostre finché sono piccoli. Da grandi, sono delle altre persone e non si può impedire che vadano via. Dico questo, perché da quando non ci sei più, mi sono aggrappata a questa figlia ancora più con forza, come avessi voluto compensare con lei la tua assenza. Perciò, adesso, che è giunto il momento in cui questa ragazza, va a vivere la sua vita col marito, sto soffrendo tanto, come se una parte di me se ne stesse andando! Che cosa dici? E’ la vita? E’ dura, però, la vita, ammettilo! Prove, prove, prove! Sempre prove, io e te, abbiamo dovuto sopportare! Abbiamo condiviso tristezze e gioie! Come dici? Ah sì, tu più tristezze che gioie, non c’è dubbio! Adesso, però, a me tocca anche la prova della solitudine! Vorresti dire che questi ragazzi restano pur sempre con noi? A te pare così? A me no! So che stasera rimarrò sola in casa e mi sentirò tanto triste! Così va la vita: i figli vanno via e noi vecchi siamo destinati a restare soli coi nostri acciacchi! Beato te, Francesco che non senti più niente! Che c’è adesso? Che cosa vuoi ancora? Come: speri che la nostra vita sia servita a qualcosa? Ma Francesco, soprattutto la tua vita è servita! Dici che speri abbiano lo spirito per affrontare i temporali della vita? Di che cosa parli, Francesco, i temporali ormai sono passati: sei sempre lo stesso, vedi fantasmi dappertutto! Oh scusami, che bestialità o detto: dimenticavo che quelli sono tuoi compagni, ormai; ne hai tanti intorno! Che dici ancora? Che non ti riferivi ai temporali personali, ma all’unico grosso temporale che sta attraversando la nostra epoca? Francesco, Francesco: non ti smentisci mai! Pensiamo adesso a cose più allegre, invece: prepariamoci a ricevere gli sposi; avranno finito di farsi fotografare, e a momenti credo arrivino con gli amici! Credi che il tavolo basti per tutti gli invitati? Ah, dici che l’avresti voluto talmente grande da contenere tutto il paese? Esagerato…! –

Si sentono delle voci fuori scena. Entrano allora Lorenzo ed Elsa in abiti nuziali, seguiti da Giovanni, Mafalda, Matteo, Ersenio, Filippo e tutti gli altri.

TUTTI – Evviva gli sposi…! –
GIOVANNI – Prima di sederci, voglio invitare tutti i presenti a rivolgere un pensiero al povero Francesco e sono sicuro che il primo brindisi, vogliate di tutto cuore dedicarlo a lui…! –
TERESA – (tra sé) Hai visto, Francesco: quanto affetto ti portano…! -

In questo momento le luci si attenuano e i commensali continuano in silenzio la festa, mentre un fascio di luce illumina il proscenio e si sentono i rumori della città dei nostri giorni come nel prologo. Seguiti dal fascio di luce, entrano, dalla destra, il vecchio ed il giovane.

VECCHIO – Hai capito, Lorenzino, cos’è stata la tua famiglia? Quei personaggi, li hai tutti i giorni in casa, e non li conosci. Non riesci a pensare che questi vecchi, ora curvi, deboli e cadenti, possano essere loro! Eppure essi, hanno avuto l’impegno, la caparbietà, la dedizione per lottare come ti ho detto. Tu discendi da loro: non dimenticarlo! Quelli erano paladini antichi, cavalieri che, oltre che per sé, sapevano lottare per gli altri, contro tutte le avversità! Gente onesta e con la testa dura come le pietre! -
LORENZINO – (confuso) Nonnetto, come fai a sapere tutte queste cose? E’ incredibile, per la tua età, avere una memoria così fresca per ricordare tanti particolari! Non riesco ad immaginare quanti anni tu possa avere! Come ti chiami? –
VECCHIO – Come, ragazzo mio, non l’hai capito ancora? Io sono Angelo: così mi chiama tantissima gente d’ogni parte; possibile che tu solo non mi conosca? Di anni poi…uhm…non me ne parlare: ne ho tanti, che non ricordo più quanti n’abbia! –
LORENZINO – (non più arrogante come prima) Che cosa accadde dopo nel paese? –
ANGELO – Il sacrificio del tuo antenato servì in un certo qual modo a cambiare le cose al paese. Visto la grande adesione di folla a quella vicenda, i commercianti, già l’anno seguente, presero le distanze dalla prepotenza e dall’ingordigia di don Gaetano! L’eco dei fatti drammatici di Francesco e dei suoi amici, Giovanni, Filippo, Matteo, Ersenio, che lo avevano sostenuto, si propagò anche nei paesi limitrofi, e, di lì a breve, divennero i silenziosi portabandiera di tutti i contadini angariati dai soprusi e dalle prepotenze. L’anno dopo, le terre della pianura, furono generose: gli alberi portarono alla maturazione una quantità enorme d’arance. La loro raccolta fu molto redditizia tanto per i commercianti, e altrettanto per gli agrumicultori, che finalmente poterono guardare al futuro con rinnovata speranza! –
LORENZINO – E mio nonno Lorenzo che fine fece? –
ANGELO – Il maresciallo riusci a farlo scagionare, facendo accettare per verosimile la teoria dell’incidente. L’ottimo servizio militare fatto da Lorenzo fece anche la sua parte, però! Tornò a casa subito dopo che si era chiusa la vicenda del pignoramento, e potè riabbracciare tua nonna Elsa. Purtroppo scoppiò, sei mesi dopo, la guerra e fu richiamato militare. Partirono tanti giovani, anche tre dei quattro figli di Ersenio. Fortunatamente Lorenzo tornò, ma tanti altri non lo fecero compreso due figli d’Ersenio. Quelli che tornarono, trovarono le loro terre ad aspettarli e ripresero a lavorarle e, su di queste, perpetuarono il lavoro di sempre. Oggi, lo vedi tu stesso a cosa ha portato il loro lavoro: al benessere! Al benessere e al suo rovescio: l’edonismo! Ci sono tanti soldi, le macchine veloci, i genitori permissivi, le ragazze facili da conquistare e ci sono…i giovani come te! Tanti, tanti giovani come te che cercano…la medicina che…li fa stare bene! Stai attento ragazzo: quello che ti ho raccontato, non è stata una mia invenzione; non vanificare la lotta che quegli uomini fecero per non privarsi della terra. Tienila perciò la terra, tienila: ti saprà essere grata!-

IL ragazzo è sconvolto e attanagliato da un gran rimorso.

LORENZINO – (piangendo) Grazie, grazie, signor Angelo per avermi aperto gli occhi. Se non t’avessi incontrato, mai avrei immaginato quale famiglia avevo dietro di me! Vorrei, adesso, buttare ogni cosa alle spalle, disfarmi di questa vita sbagliata che ho condotto finora; vorrei da oggi iniziare a vivere come loro. Sono pentito di come sono e di quello che ho fatto, dei guai che ho combinato, del male che mi sono fatto e delle offese rivolte a loro. Vorrei tanto, ora che ho riconosciuto i miei errori, farmi perdonare; ma come posso? Francesco, Teresa, e tutti gli altri, non ci sono più…! –
ANGELO – Lo desideri veramente? Con tutte le tue forze? –
LORENZINO – Sì, sì, fortemente…più d’ogni altra cosa! –
ANGELO – Allora, fa’ così: chiudi gli occhi e va’ verso di loro. Aprili solo quando sei tra loro, vedrai, t’ascolteranno…! –

Il giovane con aria trasognata e con un forte tumulto nel cuore, si dirige verso i commensali, tenendo le mani sugli occhi. Appena entrato, scopre gli occhi e vede la scena che s’illumina e tutti i presenti restare immobili come in una vecchia fotografia di gruppo.

LORENZINO – (agli sposi) Nonno, nonna, vi chiedo perdono…! E voi, perdonatemi, perdonatemi tutti…! – (Si aggira tra i personaggi, sfiorandoli con le mani come volesse accarezzarli) Signor Angelo chi di questi è Francesco? –
ANGELO – Non c’è? (guarda e scuote la testa) Oh scusa, è vero non c’è, che smemorato: ho commesso l’errore di non fartelo trovare! Non preoccuparti, però, glielo dirò personalmente che sei pentito…e ti perdonerà! – 

TELA