Miseria bella

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M I S E R I A B E L L A

M I S E R I A  B E L L A

  Atto unico

di

PEPPINO DE FILIPPO

EDUARDO Morelli (scultore)

VITTORIO Floscio (pittore)

NICOLA Melasecca (possidente)

GIULIA De Santis (nobildonna)

PASQUALINA (portiera)


All’aprirsi del sipario Vittorio ed Eduardo sono raggomitolati nella stessa coperta. Si sente bussare insistentemente alla porta.

EDUARDO     - Chi è? Chi è?

VITTORIO      - Cosa c'è?

EDUARDO     - Bussano

VITTORIO      - Chi potrà essere... a quest'ora?

EDUARDO     - Qualche creditore certamente, vai ad aprire.

 VITT0RI0       - E perché non ci vai tu?

EDUARDO     - Ti prego, non ho voglia di alzarmi (Lamentoso)

VITTORIO      - Ma scusa, potrebbe essere qualche persona che cerca di te.

EDUARDO     - Come potrebbe essere qualche persona che cerca di te invece, e poi ho tanto bisogno di stendermi un poco. (sempre lamento­so, rigirandosi nel letto)

VITTORIO      Sia fatta la volontà di Dio! (Via per la destra va ad aprire)

PASQUALINA - Finalmente!... (guarda intorno con circospezione)

VITTORIO      - Cosa vuoi, Pasqualina? (con voce flebile)

PASQUALINA - Sapete che stavo telefonando in questura?... credevo che vi foste suicidato!

VITTORIO      - Che bello augurio a' primma mattina;

EDUARDO     - Hai bussato molto?

PASQUALINA - Tanto da temere qualche disgrazia.

VITTORIO      - Ma cara mia, non à questa l'ora di venire a disturbare.

PASQUALINA - Non è questa l'ora? Ma sapete che mezzogiorno é passato da un pezzo?

VI TTORIO     - Possibile? (guarda la sveglia) Perbacco... è vero.

EDUARDO     - Insomma che vuoi?

PASQUALINA            - Un giovanotto ha portato questo foglio, per voi e siccome mi ha detto che si trattava di una cosa seria, ho voluto portar­velo io stessa.

VITTORIO      - Non c’è che dire, sei una portiera modello. Dà qua. (prende il foglio)

PASQUALINA - Bontà vostra! Buona giornata. A proposito dimenticavo: il pa­drone di casa  ieri sera mi disse di  ricordarvi che ancora non gli avete pagato il mensile.          

VITTORIO      - Ma cosa crede che vogliamo scappare?... Invece 'e mantenè 'e prumesse…

(pausa) Devi sapere che quando discutemmo il contratto di affitto, disse, e promise, che avrebbe pensato per gli accomodi necessari, ti sembra questo un locale decente?

PASQUALINA - Non so proprio cosa dirvi!?

VITTORIO      - Del resto di che si lamenta? E' solamente un mese di fitto che gli dobbiamo.       

PASQUALINA            - Ma voi  solamente. da un mese state qui.

EDUARDO     - E non credo che ci staremo di più, ti sembra questo uno stu­dio di pittura e scultura? Bella figura con i clienti! Sai che volendo potremmo fare causa al padrone di casa?

VITTORIO      - E gliela faremo, sai!

PASUALINA   - Come voi volete. Comandate niente?  (si dirige verso destra)

VITTORIO      - Il caffè lo hai preso?

PASQUALINA - Si capisce, Stamattina alle sei e adesso è tutto pronto per la colazione.

VITTORIO      - Cosa mangiate?

PASQUALINA - Pasta e fagioli e baccalà alla marinara....

VITTORIO      - Eh! pasta e fagioli e baccalà?! Edua’, te la ricordi la pasta e fagioli? Si cucina  sempre assieme al baccalà. Come “Cavalleria” e "Pagliacci" Néh, come lo stai cucinando il baccalà?

PASQUALINA - L'ho detto alla marinara. Ne ho comprato un chilo per me e mio marito. Ho scelto la parte più polposa, l'ho fatto a pezzi e li ho messi in una teglia: un po’ di prezzemolo, aglio, olio, origano e pomodoro… e adesso sta cuocendo a fuoco len­to. Quando sarà cotto, io da una parte, e mio marito dalla altra, assieme al micio, anche lui deve vivere, ce lo man­giamo in grazia di Dio.

VITTORIO      - Cose 'e pazze, pure ‘o micio…

PASQUALINA - Permettete. (ed esce)

(Vittorio si siede e caccia il bigliet­to)

EDUARDO     - Chi è?

VITTORIO      - Un invito!

EDUARDO     - A Venezia?

VITTORIO      -No!

EDUARDO     - A Sanremo?

VITTORIO      - No, in questura! Il padrone del ristorante è ricorso in que­stura! Disperazione maledetta! Ecco cosa significa essere soli al mondo.

EDUARDO     - Soli e disgraziati! Vitto’, in questa casa si mangia solo pa­ne e veleno!

VITTORIO      - Solo veleno.... solo veleno.... Beh, facciamo la prima cola­zione.

(Siede al tavolo si mette il tovagliolo e versa dell’acqua in un bicchiere, beve a piccoli sorsi facendo scena:­ Eduardo guarda incuriosito, Vittorio ha un singulto)

EDUARDO     - Cosa c'è?

VITTORIO      - (con strana voce) L'acqua ha trovato il vuoto!

EDUARDO     - E non bere allora

VITTORIO      - Beh, hai ragione.  Però ora alzati, ché occorre tare un po’ di pulizia. Sono due giorni che non si esce di casa. (si avvi­cina al letto) 'jamme ' jà! (inciampa nel vaso da notte)

EDUARDO     - Cosa fai?

VITTORIO      - Bisogna alzarsi. (si allontana)

EDUARDO     - Per andare dove?

VITTORIO      - Non foss'altro che per prendere un poco d'aria… (nella foga fa cadere un altro bicchiere d’acqua vicino alla branda)

EDUARDO     - Fai piano, non sarà mica diventato un deposito di immondizie questa branda! La vuoi smettere? (cadono altri oggetti vari dal letto)

VITTORIO      - (infilando la roba sotto il letto) dove suoi che la metta? Poi si toglierà, per il momento....

EDUARDO     - Santo Iddio che vita! Ho una bocca amara come il fiele e non poter prendere una goccia di caffè! Hai almeno un mozzicone?

VITTORIO      - Non ho niente!

EDUARDO     - Tre giorni che non si fuma!

VITTORIO      - E non si mangia.... Si beve solamente! (pausa) Fra le altre cose sei testardo... alzati... andremo... al caffè... ve­dremo se lì troveremo un amico...

EDUARDO     - Al caffè non voglio andarci.

VITTORIO      - Perché?

EDUARDO     - Perché non voglio incontrarmi con la De Santis...

VITTORIO      - Vuoi spezzare il dolce idillio?...

EDUARDO     - Per adesso. In seguito, forse… c'è troppa differenza tra noi: essa è una signora... io... nu' pover'ommo! Poi siccome mi chiese di visitare il mio studio, non vorrei essere costret­to a farle visitare questa stalla!...

VITTORIO      - Voglio credere che tu  sia stato furbo da non darle l'indirizzo! Io le dissi tempo fa che lo studio era di stile moresco!

EDUARDO     - No, le dissi che non potevo farle visitare lo studio perché stava in rinnovazione. (Bussano)

VITTORIO      - (sussultando) ‘E carabiniere! Uh, mammamia!

EDUARDO     - (in piedi) Io non ci sono! Se cercano te t'arrangi! Ciao. (entra nel gabinetto)

VITTORIO      - Che tipo! (cerca di darsi un contegno e di aggiustarsi indi va ad aprire)

MELASECCA - E' questo lo studio di pittura e di scultura?­

VITTORIO      - Sicuro!

MELASECCA - Parlo con lo scultore Eduardo Morelli?

VITTORIO      - Parlate con il pittore Vittorio Floscio. (contegnoso)

MELASECCA - Nicola Melasecca possidente (presentandosi)

VITTORIO      - Molto lieto; accomodatevi! (prende il cappello di Melasecca e non avendo dove posarlo glielo ridà)

MELASECCA - Grazie.

VITTORIO      - (offrendogli una sedia) Sedete pure, è pulita!

MELASECCA - (passandovi sopra un fazzoletto)... sapete qualche microbo…

VITTORIO      - (con sicurezza) Non ve ne sono qui. (al proscenio) Che mangerebbero?…

MELASECCA             - Grazie, io però vorrei parlare con lo scultore Eduardo Morelli. (guardandosi intorno) E’ in casa?  

 VITTORIO     - Dipende...

MELASECCA - Da cosa?

VITTORIO      - Dipende... se é ‘n casa, perché è entrato dall’altro ingresso dello studio… dato che

abbiamo anche un’entrata principale dal parco... forse è proprio entrato da quella parte…  (gesticola con le mani) veramente… io non lo so… quello lo studio è tanto grande! Questa è la stanzetta del nostro ser­vo, di là poi ci sono i corridoi ove si accede nei grandi saloni di posa! (fa cenno verso la porta del gabinetto)

MELASECCA             - Il portiere mi  ha detto che Morelli è in casa!

VITTORIO      - Potrò assicurarmene, ma voi che cosa desiderate?

MELASECCA             - Voglio mettermi d'accordo con lui per un lavoro....

VITTORIO      - (rivolto al proscenio si frega le mani - poi dice) Cosa è? un'ordinazione?!... Ah, alloraaa…  (rimane con la bocca aperta)

MELASECCA             - Che c'è?

VITTORIO      - E’ da parecchio che le mascelle non si articolano più: occu­pati come siamo a lavorare sempre, non parliamo e non man­giamo. Diceva... un'ordinazione?

MELASECCA             - Sicuro!

VITTORIO      - Benissimo! Vado subito a chiamarlo, certamente sarà nella grande sala di posa. Attendete. Lo chiamerò subito. Eduardo, Eduardo!

(Melasecca sarà seduto in modo da non vedere Eduardo seduto sul gabinetto)

MELASECCA             - Non strillate così ché mi vibra lo stomaco! Allora c'è?

VITTORIO      - Sapete quella la sala di posa è così lontana... Andrò a chiamarlo di persona... (Entra nel camerino e ne riesce con Eduardo subito dopo) Questo signore vorrebbe parlarti... di lavoro... Prego, sediamo.

EDUARDO     - (Premuroso) Buon giorno! Sono Morelli.

MELASECCA             - Piacere, ma siete tutto impolverato!

EDUARDO     - Oh... niente.... ero di là a mettere in ordine alcuni sacchi di gesso, con le persone

di servizio. Dunque, di che si tratta?

MELASECCA             - Ecco, non vorrei essere importuno.... questa è ora di colazio­ne, posso ritornare se

volete?

EDUARDO     - No, no potete rimanere, noi non dobbiamo fare colazione!

MELASECCA             - Avete già fatto colazione?

VITTORIO      - Eh... da tanto tempo!...

MELASECCA             - Allora posso parlarvi con comodità? Dovete sapere che dopo una lunga e penosa

malattia, la mia povera Beatrice... (singhiozzando fa scena) venti giorni fa è morta...

EDUARDO     - Coraggio!

VITTORIO      - Rassegnazione! (alzando le mani) Cercate di raggiungerla al più presto…

MELASECCA             - (Singhiozza comicamente) povera Beatrice... un angelo di moglie, l'esempio della   bontà ... ah ah... (lamentandosi porta le ma­ni allo stomaco)   

EDUARDO     - Cosa c’è?

VITTORIO      - (Premuroso) Vi sentite male?          

MELASECCA             - Dovete sapere che io sono sofferente di stomaco, il dolore poi della morte di Beatrice, maggiormente ha influito sulla malattia quando mi commuovo; provo delle sofferenze atroci; ah, ah….

VITTORIO        Si more ci ‘o mangiammo!

MELASECCA    - Ah!

EDUARDO        - Ci spaventate!

MELASECCA    - Niente spavento. c'è il rimedio, siccome si tratta di catti­va digestione, non assimilo il cibo!. il medico mi ha ordinato di mangiare poco e spesso, anzi spessissimo. Difatti ba­sta che io mangi una piccola cosa, e il dolore cessa come per incanto.

EDUARDO        - Mi  spiace ma non  abbiamo niente da offrivi!

MELASECCA   - Non occorre sono provvisto del necessario. (dalla borsa e­strae del cibo, con una boccetta contenente marsala)

VITTORIO         - (indicando i pasticcini) Cosa sono?

MELASECCA    - Crocchette di pollo! me le cucina la mia cuoca.

VITTORIO         - Che buon profumo (si alza e va a bere)

MELASECCA    - Sono fatti in casa, mi sento meglio!

EDUARDO        - Bravo! (si alza e va a bere)

MELASECCA    - Stavamo dicendo? Io vi darò una fotografia della mia povera Beatrice e voi, dal quel valente artista che siete ne ri­trarrete una statuetta di marmo.

EDUARDO        - Va bene.

MELASECCA    - Quanto mi può costare? Io non bado a spese.          

EDUARDO        - Secondo, il lavoro può costare anche molto. La volete mobile?

 MELASECCA   - Mobile?

EDUARDO        - Sì, che gira gli occhi e muove la testa...

MELASECCA    - No, no! Mi farebbe impressione. Desidero un mezzo busto rigi­do.

EDUARDO        - Rigido!

VITTORIO         - Normale insomma.

EDUARDO        - La volete di marmo?

MELASECCA    - Sicuro... e non più grande di così. (fa segno con le mani)

EDUARDO        - Duemila euro.

MELASECCA    - Accetto

VITTORIO         - Accettate?

MELASECCA    - Sì!

VITTORIO         - Edua’, chisto accetta! (meravigliato)

EDUARDO        - Bene, occorre però un anticipo…

MELASECCA    - Di quanto?      

VITTORIO         - Cento euro

MELASECCA    - Come? Costa duemila euro e chiedete cento di anticipo?

EDUARDO        - No, no, si è sbagliato: un anticipo di mille euro.

MELASECCA    - Immediatamente. (cerca il portafoglio) Santo Iddio...

EDUARDO        - Che c'è ?

MELASECCA    - Ho dimenticato a casa il portafoglio con II denaro e la fo­tografia, cervello da pulcino!…

EDUARDO        - Potete ritornare, sarò in casa ad aspettarvi.

MELASECCA    - Non mi è possibile adesso debbo recarmi dal dottore poi alle quattro debbo partire per Roma per affari urgenti.

EDUARDO        - Possiamo fare così: adesso io ed il mio amico vi accompagniamo dal dottore, poi a casa ci darete la foto  e l'anticipo. E quando ritornerete da Roma troverete il lavoro ultimato!...

MELASECCA    - Non è possibile… dovendo partire la casa è chiusa, le chiavi  ce le  ha la ca­meriera che ora è in ferie. Per fortuna ho già il biglietto ferro­viario!...

EDUARDO        - E affrontate un viaggio senza denaro?

MELASECCA    - A Roma ho mio fratello; ne dovremo parlare al mio ritorno.

 EDUARDO       - E quando ritornerete?

MELASECCA    - Fra dieci giorni.

EDUARDC        - Non ci troverete più!

MELASECCA    - Partite?

VITTORIO         - Forse per sempre... Andiamo all'estero! ....

MELASECCA    - Che peccato! Vedete, alla minima contrarie±à lo stomaco ne ri­sente… Ah! Ah!

EDUARDO        - Vi prego, signor Melasecca, andate perché abbiamo da lavorare!

VITTORIO         - Andate a mangiare altrove... e buon appetito.

MELASECCA    -  Vado, vado e mille scuse. (uscendo) Ci rivedremo al ritorno.

VITTORIO         - Se ci troverete ! Sia fatta la volontà di Dio! Quello viene a mangiare proprio qui!

EDUARDO        - A rischio di farci morire per contrazioni intestinali.

VITTORIO        - Edua’, qui occorre trovare assolutamente qualcosa di commestibile, non possiamo tollerare più questa privazione... Siamo al terzo giorno di forzato digiuno, non vorremmo fare lo sciopero della fame? Io mi sento svenire...

EDUARDO        - Cosa posso farci?... solo il sacrificio di uno di noi due varrà a sfamare quello che resta....

VITTORIO         - Sei impazzito?!... (suonano alla porta) Vai ad aprire

EDUARDO        - Va’ tu, non ho la forza di muovermi…

VITTORIO         - (mentre va ad aprire) Aveva ben ragione il Conte Ugolino... (allarmato) E' la signorina De Santis... ho guardato dal bu­co della serratura!

EDUARDO        - Come mai.... Mettiamo un po’ di ordine...

VITTORIO         - Come avrà saputo l'indirizzo? So’ tutt' e stesse sti ffémmene!…

EDUARDO        - Non saprei. (Cercano di mettere ordine alla stanza; suona il campanello. Gridando) Ecco, viene subito.

(esce e ritorna con Giulia) Come mai qui?

GIULIA             -  Vi meraviglia? Semplicissimo! Passando, per caso ho visto al portone una targhetta con il vostro nome a sono salita. (con ironia) Finalmente vi si vede signor Morelli… (scorgendo Vittorio) Vittorio?!

VITTORIO         -  Signorina, scusi!… (facendo finta di alzarsi)

GIULIA             - Prego, lavorate pure. (osservando il quadro) Cos’è? 

VITTORIO         - Un quadro da restaurare.

GIULIA            - E voi, Morelli... perché non vi si vede più? (Lascia sulla sedia un cartoccio legato)

EDUARDO        - Ho avuto tanto da fare....e papà il Barone?

GIULIA             - E' a letto…                

EDUARDO        - A letto?

GIULIA             - Niente di grave, una leggera indisposizione, la solita indi­sposizione mangia troppo, troppo.

EDUARDO     - Mangia troppo… (ridendo)

GIULIA             - E come!... contro il volere del medico… ormai ha un'età.

EDUARDO        - E’ un buongustaio papà.

GIULIA            - Quando poi si ammala diventa capriccioso come un bambino!... Ma parliamo di noi.

EDUARDO        - Già parliamo di noi. Non avrei mai immaginato…

GIULIA             - (lo interrompe) …che sarei stata io a venirvi a trovare? Dimenticate troppo presto gli amici... vero?

EDUARDO        - Sono stato tanto occupato....

GIULIA            - E così, io sono venuta per visitare finalmente il vostro studio. Dov’è?          

EDUARDO        - Qui!       

GIULIA             - Qui?

EDUARDO        - Poi là....

GIULIA             - Posso andare?

VITTORIO         - (si alza di scatto)  No! Questa è la porta che dà nel corridoio dalla quale si ac­cede alla sala…di posa ma siccome siamo in rinnovazione è tutta ingombro di sacchi, modelli, cavalletti arnesi....

GIULIA             - Dove lavorate?

EDUARDO        - Qui!

GIULIA             - Qui? E non mi fate vedere qualche vostro capolavoro? Voi sape­te che adoro la scultura....

EDUARDO        - Sono spiacente, ma non ho niente da mostrarvi perché proprio stamane ho consegnato le mie ultime tre  opere.

GIULIA             - Tre statue?

EDUARDO        - Già!

GIULIA            - E Come le avete chiamate?

VITTORIO         - La fame, la peste e la carestia!

GIULIA             - Come?

EDUARDO        - Già... sicuro... tre nudi di donna che vogliono rappresentare la  fame, la peste e la carestia.

GIULIA             - Spero che vi siano riuscite bene,

EDUARDO        - Benissimo.

VITTORIO         - Specialmente quella che rappresenta la fame…

GIULIA             - Bene! Caro Morelli, ho un’oretta disponibile... e sono pronta per il bozzetto che mi prometteste. (posando) Vi piace così?

EDUARDO        - Cosa?

GIULIA             - La posa per il bozzetto…

EDUARDO        - Sicuro…Benissimo… ma…

GIULIA             - lo non pretendo un capolavoro... un bozzetto così senza importanza… per avere un vostro ricordo…

EDUARDO        - Già…ma…

GIULIA             - Non sento ragioni, se oggi non mi fate Il bozzetto me la prenderò a male.

EDUARDO        - Signorina Giulia… perché? Vi assicuro che per oggi non è possibile. Non ho un pezzetto di creta, di plastilina...

GIULIA             - Quante bugie,

EDUARDO        - Guardate voi stessa in tutto lo studio... cercate… vedrete che non troverete un oncia di creta.

GIULIA             -  Bene voglio proprio vedere.

EDUARDO        - No! Non entrate là... il passaggio è ingombro di tanta roba…

 GIULIA            - Non importa.

EDUARDO        - Vi prego aspettate...   Vittorio, Va’ di là, vedi un po’ se hanno messo in ordine e se le modelle sono andate via.  (a Giulia) Ho di là due allievi che studiano e non è lecito entrare all’improvviso. (A Vittorio) Vai, se ancora non è tut­to in ordine e gli allievi sono ancora con la modelle... me lo farai sapere…

VITTORIO         - Ho capito! Permesso, signorina. Ora vado a vedere se la signorina può entrare, se non può entrare verrò ad avvertirvi. (e si dirige verso il gabinetto)  Se non dovessi tornare, venite  voi a raggiungermi. (esce)

GIULIA             - Non immaginavo proprio che avreste trovato tante scuse per farmi un piccolo bozzetto.

 EDUARDO       - Vi sbagliate.

GIULIA             - Fate silenzio. Non vi sembra brutto rifiutarvi di modellare un bozzetto della mia testa, piuttosto carina, no? sorridente... Così tutta per voi…

EDUARDO      - E’ vero ma io posso assicurarvi…….

GIULIA             - Chissà che nascondete nella sala di posa… qualche cosa che io non posso vedere... qualche donna... voglio vedere.

EDUARDO        - Vi prego.

GIULIA             - Voglio vedere vi dico! (apre lo stipo e trova Vittorio sedu­to sul gabinetto)

EDUARDO        - Contenta adesso?

GIULIA             - Non capisco, m’avevate detto…

EDUARDO        - Vi avevo detto che... ecco, guardate, girate, osservate: questo è il mio studio... cercate la creta, la plastilina, non ve n'è... neanche l'ombra, perché se pure un'ombra ve ne fosse stata m'avreste trovato lavorando... ma non ve n'è e non ve ne sarà perché sono povero, e povero lo sono perché sono onesto... onesto! (fa finta di piangere)

GIULIA             - (mortificata) Ma io…

EDUARDO        - Vi prego, non domandatemi più niente… perdonate tutto quello che ho detto e cerchiamo invece di non vederci più... avrei vergogna di voi. E questa è Ia vita che si affaccia a coloro che vengono a scoprire il mistero di chi ama l'arte vera: tormento miseria, fame.

VITTORIO         - Fame, sì fame.

EDUARDO        - Vedete,  non ho il coraggio di guardarvi negli occhi… e quasi sono pentito d’avervi             aperto tutto me stesso… Vi prego, signorina Giulia… lasciatemi solo.

GIULIA             - (c.s.) Signor Morelli… io…

EDUARDO        Lasciatemi solo e …comprendetemi… lasciateci soli.

GIULIA             - (c.s.) Vado, vado. (esce)

EDUARDO        - (lunga pausa) Imbecille… farti trovare in quella posizione.

VITTORIO         - E come volevi che mi facessi trovare? co triccaballacche ‘nmano?

EDUARDO        - Potevi venir fuori un momento prima.

VITTORIO         - Volevo, ma non ho avuto la forza. (Scorge il cartoccio dei cioccolatini, l’apre e ne mangia alcuni. Poi a Eduardo) Edua’.

EDUARDO        - Cosa vuoi?

VITTORIO         - La signorina Giulia ha dimenticato qui un pacchetto di cioccolatini, ne vuoi?

EDUARDO        - E me lo domandi... dài a me.

VITTORIO         - Calma, calma divideremo da buoni compagni… (Divide con Eduardo i cioccolatini che mangeranno con avidità)  Come sono buoni!

PASQUALINA - (entrando) E’ permesso? Ma come lasciate la porta aperta? A riseco ‘e ve fa arrubba’?

EDUARDO        - Qua i ladri non vengono.

VITTORIO         - E che vèneno a fa’?

EDUARDO        - Ma insomma, che vuoi?

PASQUALINA   - Niente, soltanto che quella signorina che stava qua poco fa mi ha detto di prendere un pacchetto che ha lasciato.

VITTORIO         - (nascondendo il pacchetto) Qua non ci sta niente.

EDUARDO        - No, non c’è niente.

PASQUALINA   - E va’ bene, vuol dire che la signorina li compra un’altra volta.

EDUARDO        - Che cosa deve comprare?

PASQUALINA   - I cioccolatini per il padre che sta imbarazzato…

VITTORIO         - Sta imbarazzato e si mangia i cioccolatini?

PASQUALINA   - E certo… quelli purgativi…

Vittorio ed Eduardo si precipitano verso la porta del bagno.

Cala la tela