Missione da i’ paradiso

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" MISSIONE DA I’PARADISO "

MISSIONE DA I’PARADISO

COMMEDIA BRILLANTISSIMA IN TRE ATTI

 DI

ANTONELLA ZUCCHINI

  La commedia

“Missione da i’ Paradiso”

di

Antonella Zucchini

ha vinto il 1° Premio

  della  XXIV Edizione del Premio Firenze per testi teatrali.

La commedia verrà pubblicata e sarà inserita nell’archivio

della Biblioteca “Spadoni” del Teatro della Pergola.

©Antonella Zucchini – Tutti i diritti riservati


PERSONAGGI

GIOACCHINO CAMMELLI, DEFUNTO

ARMIDA CAMMELLI, sua moglie

ORESTE, suo figlio

CESIRA, contadina

TOSCA, sua figlia

ADELMO CIANCHI

PIA, commessa di bottega

ANGIOLINO, zio di Pia

SUCCHIELLO, contadino

GIULIA, contadina

ROSETTA, contadina

Sinossi

Nella Firenze dei primi del Novecento vive Armida Cammelli, vedova di agiata famiglia che prende a servizio la contadina Cesira e sua figlia. E' proprio Cesira che, dotata di poteri paranormali, sventerà i piani dell'astuto Adelmo di sposare la ricca vedova. L'aiuto alla Cesira verrà nientemeno che .....dalla buonanima del defunto marito sceso appositamente dal Paradiso.

       

PRIMO ATTO


Il sipario si apre su un salotto ben arredato. Si vedono un bel tavolo coperto da una tovaglia di pizzo, tre sedie, una vetrina con tazzine, bicchierini e un grande portaritratto con una cornice d’argento raffigurante il defunto Gioacchino Cammelli. In scena vi sono Cesira, una contadina vestita modestamente e sua figlia Tosca. La prima regge una vecchia valigia, la seconda un fagotto legato.

Cesira :(guardandosi intorno)  Uh che bella casa!  Un lo credevo mica che la sora  Armida la stesse così bene! Guarda che tovaglia fine Tosca! Sembra qui  cencio che si teneva noi sulla tavola!

Tosca :(aprendo la vetrina) Mamma la guardi quanti bicchieri.... o quanti sono in questa casa?

Cesira: Chiudi, chiudi pena poco. Che ci si deve far riconoscere subito che siamo di campagna? Un tu lo sai? Nelle case dei signori tengono i’bicchiere pe’ l’acqua, quello per il vino,  quello per il liquore....

Tosca :(richiudendo) Accidenti che scialo....ma...o quella biondina scipita indò l’è andata?

Cesira: Chetati! Accidenti a te e alla tu’ linguaccia! Che ti voi fare subito pigliare a noia? L’è ita a chiamare la sora Armida. Un lo so mica chi l’è,  la sarà una parente.

Tosca: (prendendo il portaritratti in mano) O questo, con questi occhi a pazzo, chi l’è?

Cesira (togliendole di mano la foto)  T’ho detto sta’ ferma! Che lo vuoi rompere? E poi un tu lo riconosci? Questo gli è i’poero so’Cammelli. (soffia sul vetro e poi lo ripulisce con la manica) Poer’omo, lavora,  lavora,  lavora... hai visto che fine gli ha fatto? Gli è andato a far cavolini anche lui!  Eh! (sospira)

Tosca (stizzita) Io un ci volevo venire a Firenze, ovvia!  Io volevo restare ni’ mi’ campo!

(Entrano Armida e seguita da  Pia che guarda dall’alto in basso le nuove arrivate)

Armida: (correndo loro incontro e abbracciando la contadina) Cesira! Come tu stai? Abbi pazienza se t’ho fatto aspettare ma siamo tornate ora dalla bottega e s’era a mangiare un boccone. (indicando la Pia)  Questa l’è la Pia,  la mi’ commessa.  La m’aiuta in bottega perché un c’è nessuno che l’ abbia gusto come lei in fatto di stoffe!

Pia:  Via sora Armida la un esageri!

Armida: (scorgendo Tosca immusonita in un angolo)  E questa la sarebbe la Toschina? Noooo! Fatti vedere.... o se tu sei diventata una ragazza!  (le fa due forti pizzicotti sulle guance).....Bellina tu sei!

Tosca:  Ohi!

Armida: Mettetevi a sedere. V’aspettavo sapete, v’aspettavo a gloria. Da quando la mi’ domestica l’è ita a stare a Livorno, un n’ho avuto più un minuto di requie. Tu mi capisci Cesira: la bottega, la casa, il figliolo...che te ne ricordi di Oreste, Toschina? Eppure v’avete tanto giocato insieme quando si venìa in campagna. Tu vedessi che giovanottone anche lui! (dandole due pizzicotti sulle guance) Ma come tu ti sei fatta grande eh?

Tosca: (piano alla madre) Se la me lo rifà gli lascio andare i’ fagotto su’ i’capo!

Cesira: Se’bona! (poi rivolta ad Armida) La senta sora Armida, quando Succhiello mi disse che v’avevi bisogno....

Armida: (interrompendola) Ah, Succhiello! Se un avessi lui, Cesira mia, come avrei a fare? Mi porta certa roba genuina! A partire dall’ova fresche. Me ne va via quattro o cinque i’giorno per i’mi’Oreste e per i’sor Adelmo

Cesira: I’ sor Adelmo?

Armida: (imbarazzata) Ehm..si...un caro..... amico di famiglia.... ma se ne parla dopo!

Cesira: (riprendendo il discorso) Insomma  dicevo sora Armida, che quando Succhiello mi disse che v’avevi bisogno di qualcuno a servizio, io un so stata a pensarci du’ volte: ho accettato subito, perché a lavorare in campagna, ora come ora un ci si rileva di che campare.

Tosca: Un è vero! Io campavo proprio bene ni’ mi’ campo!

Armida: T’hai fatto la scelta giusta Cesira. Un tu te n’avrai a pentire! La paga te la do bona sai?

Cesira: (con semplicità) Io qualche cosuccia la so fare in casa e la Toschina...

Armida: Qualche cosuccia! Via Cesira, tu vuoi scherzare! Brave come te ce n’è poche! (rivolgendosi a Pia) Sai Pia, avevo da poco avuto Oreste e i’mi’poero Gioacchino, pace all’anima sua, per facci cambiare aria ci portava in campagna ni’ Mugello e lì si conobbe la Cesira che allora l’avea la Tosca piccina...o quant’anni l’avrà avuto?

Cesira: L’avrà avuto tre o quattr’anni...

Tosca: (secca) Ce n’aveo sei . Fu quando presi i pidocchi e gli attaccai anche a i’ su’ figliolo!

Armida: Già, gli è vero! Però che be’ ricordi!  Pe’ forza vu ve gli attaccasti....vu stavi sempre insieme!

Pia: (allarmata) Gli stavan sempre insieme?

Tosca: Sicuro! S’andava a pescare, s’andava ni’ bosco...gli ho imparato io a salire sugli alberi!

Pia: La grammatica però un tu l’hai imparata!

Armida: Senti Pia, fammi i’piacere,  accompagna la Toschina su a posare i bagagli.

Pia: Bagagli? L’avranno tre cenci in tutto!

Armida: Pia! Che modi son questi?

Pia: (riprendendosi) No, voleo dire...che i’bagaglio siccome l’è poco,  lo posso portare anche da me, su.

Armida: No, no. Viene anche la Tosca, così la vedrà la stanza. (rivolgendosi a Cesira)  V’ho preparato una bella camerina a due lettini, con l’armadio e i’cassettone...

Cesira: Troppo, troppo!

Armida: Io spero che la vi piaccia.  Ah, su’ i’ letto v’ho messo un be’coltrone per uno, ma se vi pare troppo peso,  ve lo cambio con una copertina leggera....

Tosca: No, no,  l’ha fatto bene.  Noi a letto si metteva sempre i’ trabiccolo...che vole ci s’ha sempre certi piedi marmati,  vero mamma?

Pia: (pungente)  Ma qui a Firenze, nelle case, un fa mica freddo come nei fienili, sai?

Tosca: Io un ho mica detto che dormivo n’i’ fienile...dormivo sopra la stalla figurati, c’era un carduccino!

Pia: E chissà i’profumo eh?

Cesira: (con severità a Tosca) Tosca! Un rispondere eh?

Tosca: Questa la mi stuzzica!

Cesira: Qui siamo in casa d’altri. Un t’avrò insegnato altro, ma l’educazione quella si!

Armida: Suvvia Pia! Andate su...per benino...oh,  vu dovete diventare amiche eh?

Tosca:: (prendendo la valigia,  mette in malo modo fra le braccia di Pia il sacco) Un tu n’avevi detto di volermi aiutare? Ecco,  questo piglialo te!

(Le due ragazze escono guardandosi in cagnesco)

Cesira: L’abbia pazienza sora Armida ma la mi’ figliola la unn’è mica cattiva, sa! L’è un po’ a maschiaccio,  l’ha bisogno di essere un po’ sgrezzata!

Armida: Io un lo so icchè l’hanno addosso queste ragazze d’oggi. Anche la Pia brava eh, bona, accorta, onesta, la n’ha di tutte...però...da un pezzo in qua la un mi si leva più di casa..

Cesira: Oh perché?

Armida: (con aria furba) Eh sai, come le vanno queste cose Cesira...Oreste l’è un bel giovane...lei l’è una bella figliola..Lo sai come dicono? Indo’ c’è delle ragazze innamorate l’è inutile tener porte serrate! Ma veniamo a noi ora...

Cesira:(ammiccando alla fotografia) Ma lo sa che ancora un ci posso credere che i so’Cammelli sia morto eh? Mi par sempre di vedello apparire con quegli occhi vispi, con qui viso ridente...

Armida: Viso ridente... viso ridente...quando le un gli giravano, sennò facea paura!

Cesira: O quanto gli è che gli è morto?

Armida: (sospirando) Eh son du’ anni tra poco. Come passa i’tempo!

Cesira: Che fece a un tratto?

Armida: Tu lo sai, gli è sempre piaciuto mangiare. Quella sera avevo fatto i topini a sugo perché sapevo che n’era goloso. Ne mangiò tanti e poi tanti...che tirò i’carzino in un fiatte, senza dire nè ahi, nè bai, così alla tavola. (sospirando) Mah, icchè s’ ha a fare, tiriamo innanzi! (cambia repentinamente discorso) Senti Cesira, io vo a bottega verso le nove sicchè c’è da rifare i letti, rimettere un p’ la cucina e poi c’è un po’ di spesa...

Cesira: (interrompendola) La scusi se gli entro ni’ mezzo ma...lei la un ci crederà sora Armida...gli è più di un anno che m’ appare in sogno!

Armida: Chie?

Cesira: I’ poero sor Cammelli!

Armida: Sie, icchè tu dici!

Cesira: Perdie se gli è vero! Sogno che mi dice di stare vicino a lei...che lei l’ha bisogno...

Armida:(alzandosi di scatto) Ma allora l’è vero che tu hai dei poteri come dicevano in campagna....

Cesira: No, sie! I mi’ poteri gli arrivano fino a leggere ne’ fondi di’ caffè, fino a segnare i bachi e lì si fermano per carità!

Armida: In campagna dicevano che tu senti le cose, che tu avverti icchè deve succedere...

Cesira: Tutte chiacchiere di paese sa’! Ora, perché so’ nata settimina, il settimo giorno di settimo mese alle sette...

Armida:Un tu sarai mica un pò strega eh? Un m’incantare eh?

Cesira: No, sora Armida, glielo ho detto: io incanto solo i bachi. A digli la verità però, quando Succhiello mi disse di lei...mi so’ sentita... come spinta ad accettare questo incarico perché in qualche modo i’ poero sor Cammelli mi faceva sapere che lei l’aveva bisogno...

Armida: Se ho bisogno Cesira? Io so’ stanca di sgobbare a più non posso. Te l’ho belle detto: la casa, la bottega, i’figliolo! I’ mi’ Oreste l’è abituato poi ad avere sempre la pappa belle scodellata, figurati! (sospirando) Eh a avere un figliolo solo l’è come dire: quattrini venite che le voglie un mancano!

Cesira: Prima la m’ha accennato a un certo...Alberto...dico bene?

Armida: Adelmo si chiama... Adelmo Cianchi. (sospira) Eh,guardami Cesira, icchè tu vedi?

Cesira: Indò?

Armida: Qui, icchè tu vedi?

Cesira: .... Vedo lei!

Armida: No, te tu vedi una donna sola, sola e sempre sola! E la solitudine l’è brutta....Uh come l’è brutta, Cesira!

Cesira: (sospirando) Eh, a chi la lo dice. Gli è diciassett’ anni che gli è morto i’ mi’ Eufemio. La Toschina l’era piccina così!

Armida: (continuando imperterita) ….e siccome la solitudine l’è tanto brutta, un be’ giorno mi so’ detta: Armida lo sai  icchè? Morto un papa se ne fa un altro! Conobbi i’ sor Adelmo e…

Cesira: (facendo il segno di unire le due dita) ...e vu....

Armida: No icchè tu pensi! Lui però vien sempre qui...mi vole sposare sai?

Cesira: Bah, icchè gli ho a dire! Lei l’è sempre giovane...

Armida: L’è quello i’ fatto Cesira! Ho sempre degli impeti, tu mi capisci.…

(da fuori si sente Oreste chiamare))

Oreste: Mamma, mamma!

Armida: (alzandosi) Uh, questo gli è i’ mi Oreste. Per l’amor di Dio, cambiamo discorso...(andando verso la porta e vociando) Vien su!

Oreste: (sempre da fuori)Mamma un salgo,  gli volevo solo dire che vo con Gigi a giocare a stecca!

Armida: No, t’ho detto vien su!

Oreste: O mamma!

Armida: Pena poco c’è gente! (rivolta a Cesira) Che lo vedi? Manca un omo in questa casa!

(Entra Oreste tutto contrariato)

Oreste: Chi c’è?

Armida: Che la riconosci?

Oreste: (squadrandola da capo a piedi) Perbacco, se la riconosco..l’è la Cesira!

Cesira: (abbracciandolo) Bello, bello tu ti sei fatto. Guarda qui che petto e che spalle, tutto i’ritratto di tu’ poero babbo!

Oreste: Ma...come mai qui a Firenze?

Armida: Oh Oreste! O un te lo dissi che incaricai Succhiello di cercarmi una domestica? Ecco, me n’ha trovate due!

Oreste: Due?

Cesira: C’è anche la figliola, la Tosca, te ne rammenti?

Oreste: (sorridendo) Se me ne rammento? Con quelle treccine striminzite, quella frusca su’i’ viso...

(entra Tosca seguita a ruota da Pia)

Tosca:Ora so’un po’ cambiata però!

Oreste: (restando allibito) Accidenti, se tu sei cambiata! Tosca  o che sei te davvero? (guardandola bene) Un ci posso credere ….tu c’hai più la frusca ma  le treccine tu l’hai sempre!

Tosca: Eh, si! La mi’ mamma la un vole che mi tiri su i capelli ancora…

Pia: (stizzita a Oreste)) Ovvia, ora che tu l’hai guardata per bene, che m’accompagneresti a casa? Ho detto allo zio che tornavo dopo desinare sennò gli sta in pensiero.

Oreste Veramente, Pia, avevo fissato con Gigi di andare a giocare a stecca!

Tosca: (rivolgendosi a Oreste) Che sta lontano?

Oreste: Chie?

Tosca: (indicando Pia) Lei. Che sta lontano?
Pia:Sto tre portoni più in giù, perché?

Tosca: E allora icchè tu hai bisogno di farti accompagnare? Vacci da sola, tanto non ti piglia mica nessuno, sai!

Cesira: Chetati Tosca!

Oreste: (ridendo)L’è proprio la Tosca che conoscevo io!

(si odono vari squilli di campanello)

Oreste:E ora chi c’è?

Armida: Da i’sono mi pare Succhiello, bada!

Succhiello: (vociando da fuori) Che si pole?

Armida: Gli è proprio lui, quando s’attacca a i’campanello, pare lo voglia staccare! Oreste vai a aprirlo!

(Oreste esce)

Cesira:Bene , così si saluta, eh Tosca?(Tosca fa spallucce) (poi piano ad Armida) Sa, lui c’ha una simpatia per la mi’ Toschina!

Armida: E lei?

Cesira: Lei mica tanto!

(Entra Oreste seguito da Succhiello, un contadinaccio malvestito e grezzo che porta con sé un paniere con uova e cesti d’insalata)

Succhiello: Bongiorno e quattr’ova!

Tosca: Uh, quando dice così l’ammazzerei!

Succhiello: (vedendo le due contadine )Guarda chi si rivede, toh! O che siete belle arrivate?

Cesira: Si, gli è poco e ti si ringrazia un altra volta di’ tu’ interessamento. Se un era per te, Succhiello, a quest’ora s’era sempre ni’ Mugello!

Tosca: Ecco l’è tutta colpa sua!

Armida: (rivolta a Succhiello)Mettiti a sedere, che lo vuoi un gocciolino di vino?

Succhiello: (sedendosi) Noe... noe...mi so’ fermato dianzi a comprare un pò di stiacciata e siccome a me un mi piace di murare a secco, mi so’ fermato anche da i’vinaio e lì ho bevuto.

Armida:  Icchè tu c’hai portato di bono?

Succhiello: Perintanto v’ho portato l’ova. Le son carde carde. L’ho levate stamani da i’culo della gallina....

Pia: (storcendo il naso) Come gli è fine!

Succhiello: Perché, icchè ho detto di male? Se le lo facessin dalla bocca gnene leverei di lì, ma le lo fanno da i’...

Armida: (interrompendolo) T’hai ragione Succhiello, va’ avanti....

Succhiello: Bevetele l’ova perché le fanno tanto bene! Io una volta n’ho bevute mezza serqua tutte insieme, che ci pensi Tosca? Ma senti che muscoli, senti..senti (si alza per mostrare a Tosca) Si faceva a gara, s’era: io, Pettinaringhe, il Lalle e Sculaccianguille...il Lalle però si sentì male...gli si sciorse i’corpo...

Pia: Sempre più fine!

Tosca: (annoiata) La conosco già questa storia.Tu me l’avrai raccontata almeno cento volte!

Armida: Via via, tagliamo corto. Icchè tu c’hai portato da i’campo? Che c’era qualcosa? No, perché qui a Firenze un n‘ha fatto che piovere!

Succhiello: State zitti, state zitti! Gli è vero che  volevo piovesse perché sennò mi si sciupava tutti i cavoli....ma mica un diluvio a qui’ modo!!

Armida: Sicchè via, cavoli nulla!

Succhiello: Eh no!

Cesira: E allora icchè t’hai levato?

Succhiello: (mimando la grossezza)Nell’orto c’ho certe cipolle, vu vedessi...le paian..cipolle! E poi c’ho certe zucche...vu vedessi...le paian...

Oreste: Zucche eh?

Succhiello: Bravo! Perintanto v’ho portato l’insalata: l’è bella, fresca, tenera che uguale un vu la trovate nemmeno su i’ S. Ambrogio.

Cesira: E quanto tu la fai questa roba?(ammiccando ad Armida) La stia attenta perché lui gli è un furbone!

Succhiello: E via si fa un taccio, giù! (rivolgendosi a Tosca) Toschina, ma come tu sei bellina!

Cesira: Tu sei proprio una sagoma! A parte i’chiasso, sora Armida, Succhiello gli è proprio un bravo ragazzo, uno che si dà da fare...

Succhiello: (tirando fuori il petto)  Si, io modestia a parte, so’ un lavoratore. (guardando Oreste) Un mi piace stare sull’albero a cantare, a me!

Oreste:  (minaccioso) A chi tu la vorresti cantare?

Cesira:: (intervenendo per calmare le acque) A proposito di cantare, lo sa sora Armida che Succhiello gli ha una voce portentosa?

Armida: Che è vero?

Cesira: Accidenti, canta bene a caso! Succhiello, facci sentire qualcosa....

Succhiello: (vergognoso) Noe...noe..un mi viene in mente nulla...

Cesira: Gnamo, Succhiello fallo per la Toschina! (rivolta ad Armida) A dirgli così canta vai!

Succhiello: Via...allora..(si schiarisce la voce e poi intona sull’aria del Trescone)

 “ I’figlio di                                                                  Bironcolo di Palle,

                                                                                             s’innamorò della bella Giannina

                                                                                             L’avea grosso i’petto e anche le spalle,

                                                                                             l’era un’appetitosa contadina,

                                                                           ....e l’aveva un mappamondo così    

                              bello e così tondo....”

Oreste: Ora l’ho capito perché ni’ Mugello un fa altro che piovere!

Armida: (intervenendo scandalizzata) Basta...basta così, Succhiello c’è le bambine...Senti che ritorni in giù in settimana?

Succhiello: Diamine! Vi porto le patate. C’ho certe patate nell’orto vu vedessi (mima la grossezza) certe patate.... le sembran....

Oreste: Patate!

Succhiello: Bravo!

Armida: Ovvia, quando tu torni si fa il conto tutto insieme, eh?

Succhiello: C’è da fare i’conto anche della settimana passata....

Armida: (fingendo di cadere dalle nuvole) Ah si?

Succhiello: (ridendo) Ah si, la dice? (dandole una sonora pacca sulla spalla)  Sora Armida come l’è simpatica! Gli venisse icchè gli viense alla Rosa.

Armida: Icchè?

Succhiello: Un frignolo in qui posto e poi la fu sposa!

Armida: Vai vai Succhiello! Ora vò a pigliatti i soldi sennò un tu mi fai dormire stanotte, guarda!

Succhiello: (fermandola) No, facevo pe’ chiasso! Tanto c’è i’caso che domandassera sia qui un’altra volta...se non altro pe’ vedere la Toschina...

Tosca: (mentre Cesira e Armida si tirano gomitate ammiccando, Tosca prende da parte Succhiello) Senti Succhiello, te lo dissi in mezzo a i’ campo e te lo ripeto ora: disfai i’pensiero perché con me un se ne fa di nulla.

Succhiello: Ma io Toschina spero.....spero sempre...

Tosca:Spera, spera.....

Succhiello: Via, ora vo via davvero. (riprendendo il paniere vuoto e salutando) Sora Armida, gente, alla rivista!

(esce)

Cesira: Gli è una sagoma davvero quello!

Pia: (sdegnosa) Ma icchè sono tutti così, da voi?

Tosca: Quello l’è i’meglio!

Cesira: Chetati Tosca. La senta sora Armida, io ora andrei su. Mi do una rinfrescatina perché sa, i’ viaggio l’è stato un po’ lungo...poi mi metto i’ grembiale e mi metto all’opera. Tosca vieni a farmi strada, vieni!

Oreste: (a Tosca) Allora ci si vede dopo eh?

Tosca: Va bene!

(Esce insieme alla madre)

Oreste: Che tipo quella Tosca! Se la unn’è cambiata ce n’é da farsene di risate!

Pia: Un t’allargare tanto!

Armida: (sedendo) So’ di già stanca...l’è un po’ che sono all’erta e mi voglio riposare un pochinino. Trappoco l’è ora di riaprire bottega un’altra volta! Te Oreste icchè tu fai? Che vieni a dammi una mano?

Pia: (speranzosa) Sono arrivati tutti quegli scatoloni di stoffe, o chi li sposta sora Armida?(accarezzando il braccio ad Oreste) Ci vorrebbe uno che gli ha i muscoli!

Oreste: Sie,  ho belle capito, cantala chiara! Io mamma glie l’ho sempre detto: stare a bottega a vendere stoffe unn’è proprio i’mi desiderio!

Armida: (alzandosi) Ah no? E allora quale sarebbe i’tu desiderio, sentiamo!Te lo dico io:

alzarti  tutte le mattine tardi, fare i’tu comodo tutto i’giorno e tornare la sera a buio. Che    sbaglio?

Oreste: Via mamma, lei la fa sempre l’esagerata!

Armida: (piagnucolando) No invece! Lo sa Iddio i sacrifici che fo per te, ti fo da babbo e da mamma...

Oreste: Vai, ora l’ha aperto i’rubinetto!

Armida: Ma va via costì, vergognoso!

Pia: (conciliante) Via ora un v’arrabbiate...vorrà dire che Oreste prima gli andrà a giocare un pò a stecca e dopo verrà a sistemare gli scatoloni eh? (avvicinandosi a lui) Via su, fa i’bravo!

Oreste: E sia. Però mamma c’è un problema…. sarei un po’ a corto di spiccioli.....

Armida: O un lo sapevo io! (alzandosi per andare a prendere i soldi) Ma…..ora che mi ribolle i’cipollino...un t’ho dato dieci lire anche ieri?

Oreste:La senta, un la tiriamo tanto per le lunghe. Se la me le vole dare, la me le dà e   sennò.....(tendendo lo stesso la mano)

Armida (andando alla cassetta della vetrina) Tieni, tieni facciamola finita tanto te un tu leggi che a i’tu’libro e ora vai, ambula!

Pia: Ora vo via anch’io, sennò lo zio.....

Armida: Ecco nina, allora vai. Sennò viene a cercarti qui e dopo un me lo spiccico più. Un te n’avere a male ma quando gli attacca bottone lui!

Pia:(sorridendo) L’ha ragione sora Armida, lo zio Angiolino l’è un bon’omo ma l’è un po’ uggioso. D’altronde io un ho che lui a’i’ mondo...finchè (guardando Oreste con intenzione) un ci sarà qualcuno che si piglierà cura di me...

Oreste: (infastidito) Gnamo, gnamo l’è tardi! Ci si vede a bottega, mamma!

(I due escono)

Armida: (sospirando) Ah, che pazienza mi ci vole! Ohi ohi come so’ stracca! (togliendosi una scarpa) A stare tutto i’ giorno in piedi mi pare di averci gli aghi, guarda! (guardando il ritratto del marito) Ah Gioacchino, tu mi guardi eh? Ma se davvero tu vedessi la fatica che fo per tirare avanti, tu mi aiuteresti, tu mi daresti un segno.....

(Si ode battere forte due volte)

Armida: (sussultando) Ah!

(si sente da fuori la voce di Adelmo)

Adelmo: Sora Armida, sora Armida! C’è l’uscio accostato, che entro?

Armida:Oddio che paura! Oreste un chiude mai quel capocchione! (si rimette alla svelta la scarpa, si ritocca i capelli, rimette a posto le sedie poi si adagia su una di queste con fare languido) La venga sor Adelmo.

 (entra Adelmo con vestito elegantemente e con i capelli impomatati)

Adelmo: Bongiorno, che do noia? Che era in desabillè? Sa, sputacaso passavo di qui e so’ venuto a vedere come la stava....

Armida: (tutta vezzosa) L’ha fatto bene Adelmo...la si segga...la si segga...

Adelmo: (sedendo) No, vo via subito...la sarà stanca...

Armida: Chie io? So’ fresca come una rosa!

Adelmo: Questo lo veggo, lo veggo...

Armida:Che gli posso offrire qualcosa...un so...un rosolio...un archemus...un ovino sbattuto...me l’ha portate Succhiello fresche, fresche...

Adelmo: No, la un s’incomodi. So’ piuttosto venuto a parlare con lei di un affare delicato..

Armida: (maliziosa) Delicato, delicato?

Adelmo: Che se ne ricorda l’altro giorno s’era parlato di mette’ su una botteghina di bottoni?

Armida: (un po’ dispiaciuta) Ah, l’era per quello? Si, certo me ne rammento. Allora c’ha pensato?

Adelmo: La senta, di quell’affare un se ne fa mica nulla, sa! Ci vuole troppa svanzica, e mi rincresce a dillo, ma io ora come ora un ce l’ho. Sputacaso...dico sputacaso la va male a icchè ci s’attacca?

Armida: Ma via sor Adelmo icchè la dice? Se l’è quistion di svanzica ci posso pensare io. Gli fo un prestito e poi....o perché l’ha a andare male? Io c’ho fiducia in lei, lo so che i mi’ quattrini sarebbero ben riposti: le clienti, prima le verrebbero da me per le  stoffe, poi le manderei da lei per i bottoni. O la un è pensata bene? Ora vo a prendigli un acconto...

Adelmo: No, no un lo posso accettare.....

Armida: Via, via la un faccia  i’ timido. Ho detto che glieli presto volentieri...

Adelmo:: (tutto mieloso) Lei l’è proprio una gran donna di animo e di cuore!

Armida: Eh lo so, lo so! La senta sor Adelmo, che rimane a cena qui stasera?

Adelmo: No, no non posso approfittare....

Armida: (dolcemente) La stia zitto! La senta che programmino: prima si cena, e poi si chiacchiera dei nostri affari eh?

Adelmo:  (prendendole le mani) E se sputacaso, dico sputacaso, ni’chiacchierare , siccome l’omo non è di legno, mi vien qualche ideuccia eh, come la si mette?

Armida: (vezzosa) Via sor Adelmo, o che son cose da dirsi?

Adelmo: Signore Iddio o icchè ho fatto per meritarmi questa donna? (rivolgendosi alla foto)  Anche te, poero Gioacchino, nella tu’ breve vita un tu n’avrai fatto nulla di particolare....ma per lo meno tu ti sei beato di lei!

Armida: (ormai in estasi) Uh come gli è poetico! Via la mi fa diventare tutta rossa….vo e torno.

(Esce e Adelmo cambia subito tono ed espressione)

Adelmo:    Bottoni? Va via, va via.....metto su la bottega dei bottoni! Figurati, io dico sempre: voglia di lavorare saltami addosso e fammi lavorare meno che posso! Con quei soldi ci gioco ma ai cavalli, altroché! (rigirandosi tra le mani il ritratto) E te vecchio bischero? T’eri un ceppicone di nulla....o come la fece a sposarti? (lo rimette a posto) Oh icchè t’hai da guardarmi male? Ognuno fa il suo! Lo sai icchè fo eh? Ti rigiro così un tu mi guardi più! (capovolge il portaritratto)

(Entrano Tosca e Cesira che indossano già i grembiuli da cameriera. Tosca ha uno spiumaccino in mano)

Cesira: Oh bongiorno!

Adelmo: (attratto subito da Tosca) Ma che bel visino....chi vu siete?

Cesira: Siamo le domestiche della sora Armida....

Tosca: E lei chi l’è?

Cesira: (con voce di rimprovero) Tosca!

Adelmo: (dolce) La un la brontoli. I’ mi’nome l’è Adelmo Cianchi, per servirvi! (s’inchina tutto  cerimonioso)

Tosca: Ah, icchè fa i’servo a noi?

Cesira: Oh che ti cheti?

Adelmo: (ridendo) No, no..sono...diciamo così...un caro amico di famiglia!

Cesira (piano) Le stesse parole di lei…un caro amico...........

(Rientra Armida con la busta dei soldi in mano)

Armida: Ecco i quattrini...Oh Adelmo gli voglio presentare la Cesira e la Tosca. Le vengono dalla campagna e da oggi le stanno a servizio qui. Le son brave! La Cesira poi l’è una cuoca che un ce n’é!

Adelmo: Bene, bene!

Armida: La tenga, questo l’è quanto s’era fissato. Se poi per la caparra un bastassero, la me lo fa sapere...Oh, sor Adelmo, che mi dice l’ora che trappoco ho da tornare a bottega?

Adelmo: (imbarazzato) L’ora? Un la so mica…

Armida: Come la un la sa? (tirandolo da una parte) O l’altro giorno un gli ho prestato l’orologio d’oro di povero Gioacchino, perché i’ suo la l’aveva perso?

Adelmo: Io ..veramente....sa.....

Armida: (allarmata) Che ha perso anche quello?

Adelmo (imbarazzato) Ecco sora Armida...io glielo volevo dire anche prima ma...

Armida:(accasciandosi su una sedia) Oddio! Un orologio d’oro...pesava un so quanto...un ricordo di povero Gioacchino.....

Adelmo: Sora Armida so’ dolente......

Tosca: No, lui gli è demente! Perdere un orologio d’oro!

Cesira: Chetati Tosca!

Adelmo: (giocando la sua ultima carta si mette a poetare) Oh me meschino, me tapino! Come ho potuto rattristare gli occhi e il cuore di così tanta beltade?

Tosca:    Ma icchè dice? Io un intendo nulla!

Armida: (già più dolce) Sor Adelmo...la mi scusi se mi sono lasciata andare così alla disperazione, ma capirà....un orologio bono...d’oro! Oh come l’ha fatto a perdilo?

Adelmo: L’ha ragione ma se me ne fossi accorto...un l’avrei perso! Sora Armida, appena posso glielo ricompro!

Armida: (dispiaciuta) Eguale la non lo ritrova!

Adelmo: Glielo ricompro più bello!

Armida: Ma gli era l’orologio di povero Gioacchino!

Adelmo: Io penso un se n’avrà a male, l’è stata una disgrazia eh Gioacchino? Oh che l’avete messo a bocconi?

Cesira:   Povero sor Cammelli! Oh chi l’ha rigirato i’ ritratto? (a Tosca) Sei stata te?

Tosca:  Io?

Adelmo: Ci vuole un po’ di rispetto per questo poer’omo!

Armida: Chi volete che l’abbia rigirato? Sarà cascato da sé!

Adelmo: (offrendole il braccio) La un ci pensi, sora Armida. Venga l’accompagno a bottega....

Armida: Si via,  sennò fo tardi. Gli è capace che la Pia la sia digià ad aspettarmi fuori....

Adelmo: (alle domestiche) Arrivederle!

(Si avvia con Armida)

Armida: (sulla porta)  Ah Cesira! Stasera rimane a cena anche i’sor Adelmo, sicchè apparecchia per tre. E ricordati che Oreste vuole le patate mascè.

Cesira: Va bene, ho capito!

(I due escono parlando ancora dell’orologio)

Cesira: Uhm, a me quell’omo un mi garba punto!

Tosca: Nemmeno a me! Gli ha una faccia a bischero!

Cesira: Accidenti alla tu’ linguaccia! Che ti cheti!

Tosca: Lei la lo pole dire e io no?

Cesira:Vai in cucina, vai. C’è da mondare un monte di patate. Hai sentito? Oreste gli ha detto che vuole le patate mascè?

Tosca: Poerino, perché un ha denti?

Cesira: Passa là, passa là! (mentre Tosca esce) Bisognerebbe baciargli i piedi a questa gente perché ci hanno preso e lei fa la spiritosa! Un si raccattava una lira che l’era una lira ni’ Mugello e qui invece, mangiare, bere, dormire e la paga. Eppoi, via, l’è tutto un altro ambiente. La Toschina la un vuole capire ma...tempo pochi mesi, la mi diventa una signorina di città e chissà che qualche giovanotto di buona famiglia un me la pigli, perché quella l’è proprio un accidente! Via, vediamo se si spolvera qualcosa intanto (si avvicina alla vetrina e prende il ritratto del defunto) Ah, povero so’Cammelli, mi sa tanto che la su’ vedova la si faccia abbindolare da qui’damerino. Quello, a essersi messo a fare l’amore con la sora Armida, gli ha trovato la vigna di Cristo, glelo dico io! (improvvisamente si abbassano le luci)) Oddio che freddo s’é fatto tutto a un tratto...sembra tiri vento...brrrr...c’è qualcosa d’aperto? Oddio, questi occhi sembrano vivi, come mi guardano!Sembra che mi voglin dire......(si vede uscire del fumo bianco)

(entra il fantasma del sor Cammelli, tutto vestito di bianco e cereo in viso)

Cesira: Questi occhi, sembra mi voglin dire......

Gioacchino: (con voce d’oltretomba) So’ qui!

Cesira:  (urlando)  Ah! I’morto! Ah (sviene)

Cala la tela

SECONDO ATTO

Il sipario si apre sul medesimo salotto. Tosca sta sparecchiando la tavola. Angiolino, lo zio vecchio e malaticcio di Pia, è seduto su una poltrona.

Angiolino: (spazientito) Allora nina, icchè la fa la tu mamma? La un viene? Che glielo hai detto che la volevo vedere?

Tosca:      Glielo ho detto si! Ma la un si sente bene, l’è da ieri che la un è tanto per la quale.

Angiolino: Vai, anche lei! Io poi, oggi un so icchè mi sia saltato addosso. Come sto!

Tosca:      Eh! La vedo, e non la vedo, si! L’ha visuccio, sor Angiolino!

Angiolino: Tu dici, nina? Che m’avrà fatto male qualcosa? Si, perché ieri andai a un rinfresco....tu vedessi...tutto sciabà! Una bardoria, uno sperperio di luci! S’era sposato la figliola della Bardotti, tu vedessi  icchè un c’era da bere e da mangiare. Pareva una festa in Boboli! Io dico che m’ha fatto male la zuppa inglese....ne mangiai un bel po’, la m’ha stomacato quasi!

Tosca:       Oh sor Angiolino, alla sua età un fa mica bene abbuffarsi a rinfreschi, sa’!

Angiolino: Tu dici, nina? Va’  a chiamare la tu’ mamma, fammi i’piacere! Va a chiamarla! Io, nella mi’ vita, ho finito le scale per andare dallo speziale e da i’dottore ma un m’ha mai giovato a nulla. La sora Armida la m’ha detto che la tu’ mamma la cura con le erbe: la fa i decotti, gli impiastri...chi lo sa che lei la un possa risolvere tutti i mi’ mali....lesta, nina va a chiamarla...o che sei sempre costì?

Tosca:     (sbuffando) E vo, vo! Maremma che mignatta l’è questo! Accidenti a chi ce l’ha portato!

(Esce)

Angiolino: (parlando fra sé e sé)Ma come sono questi giovani d’oggi! Un pensan mica a chi sta male! Pensano a divertirsi, a svagarsi, a fare i’chiasso....come la Pia.,la mi’ nipote, vedi! A volte gli dico: Pia, fammi i massaggi co i’ borotalco a questo braccio...oppure: Pia, preparami i pannicelli cardi per questa gamba...e lei? La struffia! La dice che l’ha d’andare fori, che l’aspettano, che l’ha fissato! La un pensa mica a i’su’ zio che ha fatto tanti sacrifici per lei! Tanto egoismo c’è ni’mondo....ora questa Cesira icchè la pensa? Se qualcuno la manda a chiamare l’ha a sbrigassi a venire, no?

(Entrano Tosca e Cesira. Quest’ultima ha l’aria sconvolta e si tampona di tanto in tanto la fronte con un fazzoletto)

Cesira: Sor Angiolino, che mi voleva?

Angiolino: Diamine, gli è un ora che aspetto!

Tosca:     Sie, gli è cinque minuti che l’è qui! E gli è anche troppo! M’ha fatto un capo....

Cesira:    Chetati Tosca! L’abbia pazienza sor Angiolino, mi metto a sedere perché mi trema un po’ le gambe.

Angiolino: Anche a me! La sapesse, mi levo la mattina da i’ letto, vo per pigliare l’orinale per fare un po’ d’acqua e mi sento tutti i tremori alle gambe...se unne sto attento la fo di fori, da come trinquello. O icchè sarà, icchè sarà?

Tosca: (mentre Cesira si tampona le tempie con un fazzoletto) Ma icchè l’ha mamma? La mi fa paura, un l’ho mai vista così!

Angiolino: (piano) Vai, so’ venuto pe’fammi curare e questa l’è più malata di me!

Cesira:      Nulla, nulla sor Angiolino, l’altro giorno ho avuto un abbasimento qui, ni’salotto, e ora so’ un po’ debole ha capito!

Angiolino: Ho capito, ho capito! O io tempo fa un avevo preso a svenirmi. E battevo certe zuccate in terra da rimanerci. I’ dottore mi disse che avevo la pressione alta,  m’ordinò dei be’salassi, e un mi so’ abbasito più.

Tosca:       Ma questo unn’è mica un omo, l’è un ospedale ambulante!

Cesira:     Tosca, chetati! Dammi piuttosto un bicchier d’acqua...lei sor Angiolino che vole qualcosa?

Angiolino: Sie brava, l’ha detto bene. (A Tosca) Nina, nella vetrina c’ha a essere una bottiglina di liquore. Dammene un gocciolino vai!

Tosca:      Guardalo bellino, pare a casa sua!

Angiolino: (che ha sentito) Che vole sora Cesira, gli è tanto che pratico questa famiglia  che ormai conosco tutto di questa casa. So’ come di famiglia e poi la Pia e Oreste sono quasi fidanzati, sicchè....

(Tosca sentendo queste parole rimane allibita e fa cadere il bicchiere a terra)

Cesira:    O Tosca!

Tosca:     O come l’ha fatto a cascarmi? Aspettate...vo a pigliare un cencio...o come ho fatto? (esce)

Angiolino: Allora, per tornare a noi sora Cesira...la senta io ho un gran malessere addosso...dolori da tutte le parti...un digerisco bene, ho sempre aria in pancia, un dormo nè notte nè giorno...la mi tasti, che avrò la febbre?

Cesira: (toccandolo) Ma, un po’ carduccino l’ è.

Angiolino: Madonnina degli angeli rosa!

Cesira:      Macchè, un è mica nulla. La vada a letto a riposarsi e la faccia un infuso con la malva e la verbena. La vedrà che tra qualche giorno la si sentirà un altro!

Angiolino: La dice?

(rientra Tosca)

Tosca: (mentre pulisce, tra sé e sé) Io vorrei sapere indò ho i’capo! O come ho fatto a buttarlo in terra?

Angiolino: Io la ringrazio tanto (alzandosi) Uh, come mi gira i’capo!....Che me la manderebbe la su’ figliola a accompagnarmi, un abbia a cascare pe’la strada...

Cesira:     Oddio, rimango sola!..(indugiando) Mah, veramente s’ha un monte da fare!

Tosca:    Mamma la mi mandi! Ho proprio bisogno di una boccata d’aria! Mi pare d’essere un uccello chiuso in gabbia!

Cesira:   (angosciata) E se ritorna?

Tosca:    Chie?

Cesira:    ...la sora Armida...se la ritorna...

Tosca:    E se la torna, nulla! Gli è tutto a posto. In cucina ho belle fatto! La mi mandi!

Angiolino: (a Tosca) Ascolta, nina, che mi ci scappi te a quella bottega su’ i’ S.Lorenzo a pigliarmi la malva e la verbena?

Tosca:   Ci posso anche scappare ma intendiamoci…. io a ufo un fo nulla.

Cesira:   Tosca!

Angiolino: Ti ricompenso si! Icchè t’hai paura! E son di pe’ridere questi giovani d’oggi!

Cesira:    (sempre tamponandosi la faccia con un fazzoletto) Allora ascolta Tosca, se tu vai a quella bottega ...piglia anche un po’ d’erba da paura.

Tosca:    Erba da paura, pe’ fanne icchè?

Cesira:    L’è pe’ una signora...qui vicino.

Angiolino: (curioso) Chi l’è? Chi l’è? Che è la moglie di’ macellaio? I’marito l’altro giorno la rincorse con un coltello da bottega...

Cesira:    Ora la ne vole sapere un po’ troppe! La vada, la vada e te Tosca pena poco. Che tu sia qui tra dieci minuti.

Tosca:    (tra sé) Si, si. Dieci minuti un mi bastan davvero! Andiamo sor Angiolino la mi s’appoggi! Oh, la un mi butti in terra anche me però! Leggero, la deve stare su…..

(Escono)

(Cesira rimane sola, si tampona la fronte con un fazzoletto e si guarda intorno. Poi alza lentamente la tovaglia di pizzo che copre il tavolo e guarda sotto)

Cesira:  (parlando a se stessa) Eppure bisogna che mi scota, un posso mica continuare così. Bisogna che mi convinca che l’altro giorno un ho visto nè sentito nulla. Mi so’ trovata distesa su i’ tappeto e basta. (si alza, fa per rimettere la brocca dell’acqua a posto) Sarà stata la stanchezza, i’ viaggio..però...un mi son mica rimessa tanto bene.....seguita a farmi freddo.

(Le luci riabbassano, esce del fumo bianco dalla comune, entra Gioacchino vestito di bianco)

Gioacchino: (con voce spettrale) Cesiraaaaa!

Cesira: (le cade la brocca in mille pezzi) Ah! Oddìo! Un altra volta....i’sor Cammelli, aiuto! (si copre la faccia con le mani per non vedere)

Gioacchino: (sempre con voce spettrale) Cesira! Un aver pauraaaaaa!

Cesira: Oddio, sento che mi piglia un accidente, ora! Perché mi succede di aver queste visioni? Oddio, mi manca la terra sotto i piedi....

Gioacchino: Cesira!

Cesira: (sempre coprendosi gli occhi) Va’ via, va’ via! Gesummio misericordia aiutami...c’è gli spiriti!

Gioacchino: (con voce normale) Senti Cesira, ora tu m’hai belle stufato! Dopo tutta la fatica che ho fatto pe’ venì quaggiù, abbi almeno la compiacenza di starmi a sentire!.

(Cesira lo guarda stupita a bocca aperta)

Gioacchino: (prosegue stizzito) Un tu mi fai chiacchierare! L’altro giorno unn’ ero nemmen finito d’entrare, che …paffete, tu mi sei cascata in terra come una pera cotta!

Cesira: Ma, unn’è un sogno...io vedo...i’ so’Cammelli!

Gioacchino: Se si fosse in un altro momento ti direi in carne e ossa ma ora un ti posso che dire in anima e spirito!

Cesira: Gesummio misericordia (facendosi il segno della croce) Ma lei l’è morto!

Gioacchino: Morto e sotterrato! Però, siccome avevo una faccendina da sistemare...

Cesira: L’è tornato in giù!

Gioacchino: Un aver paura Cesira...un ti fo nulla. Te tu hai a avere paura de’ vivi, no dei morti. Mettiamoci a sedere!

Cesira: (tremando) La un mi farà nulla, vero?

Gioacchino: (scocciato) Ma tu sei dura, eh? T’ho detto di no! Io mi seggo, eh! Tu m’hai fatto straccare di nulla! In un primo tempo avevo preso a apparirti in sogno la ni’Mugello, ma poi visto che s’andava pe’ le lunghe...mi so’ fatto dare i’ permesso e so’ venuto di persona...

Cesira: (strabiliata) La s’è fatta dare i’ permesso?

Gioacchino: (gongolandosi) Sì, intendiamoci un lo danno mica a tutti, eh? Sai a me mi trattan bene, co’ i’fatto che so’ stato fratello nella venerabile Misericordia...

Cesira: Ho belle capito!  Bisogna ave’ gli accosti anche lassù!

Gioacchino: Ora ascoltami bene Cesira, perché un ho tanto tempo: m’hanno dato sette giorni. Uno tu me l’hai belle fatto perdere.

Cesira: La ragiona bene lei sor Cammelli. Io però un so’ abituata a chiacchierare co’ morti....

Gioacchino: E ora tu ti ci abitui. Tu mi devi aiutare Cesira.... lo sai no come dicano? Una mano lava l’altra....

Cesira: …e tutte e due le lavano i’ viso.

Gioacchino: Brava! Se te t’aiuti me... io dopo aiuto te! Didilà mi so’ fatto un po’ d’amicizie.... Quando sarà i’ tu’ momento le chiuderanno un occhio... sì perché garbata garbata un tu sei nemmen te, intendiamoci!

Cesira: Mah... ma aiutarla come sor Cammelli?... Icchè dovrei fare?

Gioacchino: Ora te lo spiego. Te tu la conosci la mi’ moglie, l’Armida. Gran donna, lavoratora, brava... però dacchè son morto mi sembra che l’abbia perso un po’ i’ capo.

Cesira: Icchè la intende dire?

Gioacchino: Mi ricordo i primi tempi, la venìa tutti i giorni a i’ cimitero con certi mazzi di fiori!  Anche troppo sperperio, dicevo, pe’ fanne icchè tutti i giorni di un mazzo novo.  La si metteva lì a bocconi e la lustrava tutta la tomba. Poi la cominciò a rallentare. La veniva ogni quindici giorni, poi una vorta a i’ mese. Ora c’è certe erbacce da vergognassi! Tu cercavi la malva? Tu vedessi quanta ce n’è laggiù. Gli è proprio vero: a’ santi vecchi un gli si dà più incenso!

Cesira:  Ma sor Cammelli, icché la vole che gli dica... la sora Armida l’è ancora giovane... glielo dicevo anch’io l’altro giorno ni’ parlare...

Gioacchino:  E v’ho sentito, lo so... Lei l’ha ancora degli impeti! Ma io non sono certo egoista da impedirgli di rifarsi una vita, anzi l’avrò caro ma ... no con quell’Adelmo!

Cesira:  Perché?

Gioacchino:  Perché? L’è andata a farsi abbindolare dalla peggio specie.  Da uno che gli piace spendere e spandere alla grande, un giocatore di cavalli, uno che diceva d’essermi amico e invece un mira che a  mi’ sordi. Gli ha fatto un monte di buchi, e ora pe’ tapparli si vuole accomodare con la mi’ vedova. E lei la pensa d’esse’ presa perché l’è bella!

Cesira:  Ma icché la dice!

Gioacchino:  La gli ha dato perfino i’ mi’ orologio d’oro...

Cesira:   Ah, quello che gli ha perso?

Gioacchino:  L’ha,  ma venduto a giocare a cavalli! All’Armida gli ha detto che l’ha perso...

Cesira: Davvero?

Gioacchino: Lui? Gli è un astore di per ridere. Ruberebbe per infino i’ fumo alle candele e io, in questa faccenda, sentivo odor di bruciaticcio fin da lassù.

Cesira: Sor Cammelli, però un ho capito una cosa: come mai l’è apparso a me e la un appare alla su’ moglie invece? L’ha a discorrere con lei di questi affari intimi. Io, icché la vole che c’entri... io so’ una povera contadina...

Gioacchino:  Cesira so’ apparso a te perché te... diciamo tu c’hai ... predisposizione per queste cose... tu hai certi poteri che lei l’ha un c’ha... e anzi, se l’arrivasse ora la un mi vedrebbe nemmeno... nessuno mi vedrebbe... solo a te t’è concesso.         

Cesira: (pensandoci un po’ su) Sicché via, io dovrei fare da intermediaria fra lei e la sora Armida...

Gioacchino: ... Senti icché si fa: prima tu cerchi di persuadella  che i’sor Adelmo unn’è per lei, poi se questo un valesse nulla... ci penso io!

Cesira: Icché l’ha in mente sor Cammelli?

Gioacchino: Qualche cosa invento... intanto io da ora un mi smovo di qui.(si siede incrociando le braccia con fare risoluto)

Cesira: (facendosi il segno della croce) Gesummio misericordia! (dopo una pausa) Via sor Cammelli, io ora avrei da preparare la cena...

Gioacchino: Tu eri tanto brava a fare da mangiare! Icchè tu gli prepari stasera?

Cesira: Gli fo la trippa alla fiorentina...

Gioacchino: Uh, la trippa! E come tu la fai eh?

Cesira Eddie, ci vole dimorto! La taglio a striscioline e ci metto burro e cacio a scialo. O sennò la  si condisce con olio, pepe e sale e un po’ di cipolline fresche. L’è appetitosa anche a qui’ modo!

Gioacchino: Sta’ zitta, sta’ zitta! C’ho lo spirito che mi si rivolta da i’ languorino. Si, perché vedi, lassù come stare si sta bene... serviti e riveriti ,pare d’essere a i’Grand Hotel, ma in quanto a mangiare danno certe sbobe...

(Entra Tosca con l’erba da paura in mano, seguita da Pia e Oreste)

Tosca: O mamma, che parla da sola?

Cesira: Io?...io...io...no!

Oreste Come no? Dall’andito si sentiva dire...trippa... cipolline

Cesira: Ah si! Dicevo tra me e me che stasera per cena c’è trippa e cipolline.

Oreste: Che ceni qui Pia?

Pia: Bone le cipolline! Però si puzza dopo…

Tosca: Ohi, ohi la sora marchesa! Tanto un tu n’hai mica da baciare nessuno, sai?

Pia: (guardando Oreste con amore) Codesto tu lo dici te !

Gioacchino (soddisfatto) Guarda i’mi’ Oreste! Alto, bello, con le donne sempre

Dietro,  tutto so’ pà!

Cesira: (a Gioacchino) Ah, perché anche lei?

Oreste: Lei chi?

Cesira: (imbarazzata) Lei...lei intendevo dire...perché anche la Pia la rimane qui?

Oreste: Ma Cesira, o un s’è detto di sì...ma che ti senti bene? (a Tosca) Guarda la tu’ mamma, la mi sembra un po’ svagata.

Cesira: ...Via,  vo in cucina...so’ rimasta un po’ indietro...sennò stasera un si mangia!

Gioacchino: Io resto qui a sorvegliare la faccenda...siamo intesi?

Cesira: Mah, si starà a vedere...

(esce)

Oreste: (sconcertato) Si starà a vedere icchè?

Tosca: Guarda, la un s’è ricordata nemmeno dell’erba da paura...ora gliela porto di là...mamma, mamma!

(esce)

Oreste: (seguendola con lo sguardo) Già, ora che ci penso....ho d’andare di là anch’io. Intanto te mettiti comoda, Pia. Trappoco torna anche la mamma.

 (esce)

Gioacchino: Sarà! Ma per me gli tira più la mora della bionda!

(Pia rimane sola – si fa per dire – e si siede tutta stizzita)

Pia: Quella li un la sopporto! Con quell’aria da ingenua la sembra un santino appiccicato a i’muro. E Oreste, da quando l’ha rivista?

Gioacchino: La bionda l’è gelosa!

Pia: (giungendo le mani) Ah Signore, te che vedi tutto, guarda anche me che so’ tanto bella e nessuno se n’accorge!....Quelli che se ne accorgano un ci voglian credere perché sono invidiosi, astiosi e gelosi...

Gioacchino: E questa la vorrebbe sposare i’mi Oreste! Poer’a noi!

(Entra Adelmo)

Adelmo: Che è permesso, si pole?

Gioacchino: Eccolo, guarda! Ora sì che ci si diverte!

Adelmo: ( si avvicina a Pia con fare sornione) Oh Pia, tutta sola sola!

Gioacchino: No, proprio sola la unn’ è!

Adelmo: Sa, sputacaso passavo di qui...cioè proprio sputacaso no perché la sora Armida la m’ha invitato a cena...

Pia: Sono invitata anch’io!

Adelmo: So’ contento! (avvicinandosi a le ancora di più) Ah, Pia quando la guardo mi viene in mente...oh un salotto con le tendine a crocè...la pendola nell’angolo, penne di pavone infilate in alti vasi e una fanciulla bionda accanto alla finestra con un delicato ricamo tra le mani. Icchè l’è filucchio, giornino o punto in croce?

Gioacchino: Se ne intende però per essere un omo! Un sarà mica un po’...

Adelmo: (avvicinandosi mentre Pia indietreggia) Pia, nome tenero e piccino...Pia, come qui’ passo della Divina Commedia...

Gioacchino: Però, la chiacchiera la un gli manca!

Adelmo: Pia de’Tolomei...bella come lei....Pia!

Gioacchino: Figlio d’un cane! Questo la barzella, altrochè!

Pia:       (vezzosa) Via sor Adelmo...se la sentisse la sora Armida...

Adelmo:   La sora Armida..già qui’ baule!

Gioacchino: (sdegnato) Baule la mi Armida!

Pia: (imbarazzata) Ma icchè fa Oreste? La scusi sor Adelmo ma vo a cercarlo di là.

Adelmo: Che scappa subito?

Pia: Si, ma torno...

Gioacchino: Sta’ a vedere che la ci starebbe anche lei!

(Pia esce)

Adelmo: (sedendosi in poltrona) Ah! Questa si che l’è vita! E trappoco, quando entrerò in questa casa...allora sì che ci sarà da divertirsi...la Pia, la Tosca,e perché no? Anche la Cesira! L’è bella appannatotta! Un colpo anche a lei!

Gioacchino: (girandogli minacciosamente intorno) E quella grullerella della mi’ moglie la si rammaricava di me?

Adelmo: (ragionando tra sé e sé) Quando sarò il marito dell’Armida, mi voglio rifare tutto i’guardaroba. Entrerò ni’ cancello delle Cascine, alle corse, che sembrerò un milorde...quarcosina comprerò anche all’Armida perchè la un mi faccia sfigurare...perché io so essere bono e generoso!

Gioacchino: Chi, te? Per pigliare tu daresti i’core!

Adelmo: (si avvicina alla vetrina e prende il ritratto del defunto in mano) E quando sarò entrato qui tu sparisci anche te! Caro mio, icchè tu ci voi fare, la t’è andata così!

Gioacchino: (minaccioso) Un ti provare a rigirare il ritratto sai?

Adelmo: (capovolgendo il ritratto) Va’ a letto, vai!

Gioacchino: (facendo occhi di fuoco) L’ha rigirato! (mostra i pugni)

Adelmo: (rabbrividendo) Però....brrr che freddo...m’è venuto fori tutti i bordoni...o che hanno lasciato la finestra aperta?

(Entra Tosca visibilmente acccigliata)

Tosca:    (parlando da sola) Accidenti a quella lì! Ero a discorrere con Oreste, si stava proprio bene, eccoti lei! Stavo in pensiero! Quando c’è da rompere le ova ni’ paniere quella l’è l’asso!

Adelmo:  Toschina, che c’è qualcosa d’aperto? Gli è entrata una sizza....

Gioacchino: Te la do io la sizza a te!

Tosca: (scontrosa) Bonasera, sor Adelmo.

Adelmo: (avvicinandosi mieloso) Icchè t’hai fatto Toschina, tu sei tutta imbronciata....

Tosca: Nulla ho fatto! (e siccome Adelmo la guarda incantato) L’è inutile che la stia lì a guardarmi imbambolato!

Adelmo: (con tono enfatico e poetico) Ti guardo Tosca, e vedo...oh, una cucina campagnola, e fuori sullo scalino, dentro vecchie pentole di smalto rossiccio e scortecciato, vedo i’basilico, la salvia, i’pepolino...

Tosca: A guardar me la vede i’pepolino?

Gioacchino : Uh, come gli è sonato!

Adelmo: (continuando imperterrito) Oh, una resta d’agli e un mazzo di cipolle che pendono da un arpione....oh, le pentole di rame e la mezzina per prendere l’acqua....una fanciulla scalza...(si avvicina)

Tosca: La un s’avvicini perché sennò...(si guarda attorno come per cercare qualcosa da tirargli in testa e afferra il ritratto di Gioacchino) perché sennò gli tiro questo!

Gioacchino: Oh, metti giù i’mi’ ritratto!

Adelmo: Se’ bona, se’ bona! Un ti fo mica nulla...anzi se tu ti comporti bene ti fo un regalino...che la vuoi una bella camicina nova coi pizzi, invece di codesta tutta stinta che tu c’hai?

Gioacchino: Ma sentite che delinquente gli è quello!

Tosca: La camicina nova coi pizzi  a me me la comprerà i’mi’damo! Lei semmai la si compri le scarpe di lana e la papalina e la vada a letto, vecchio cucco!(mette il ritratto a posto ed esce)

Gioacchino: Bene, brava, la l’ha messo a posto!

Adelmo: (capovolgendo di nuovo il ritratto) Vai, vai, anche tu ci cascherai nella rete!

Gioacchino: Oh guardate se un l’ha rigirato un altra volta!(gli misura uno scapaccione)

(Entra Armida)

Armida: Adelmo che sorpresa! Oh che è di già qui!

Gioacchino: Eccola va, la vedova inconsolabile! Ora siamo a i’completo!

Adelmo: Eh, un so’ potuto stare! Ho fatto prima di previsto e mi so detto: vediamo se, sputacaso...se sputacaso..(nel dire queste parole si trova proprio davanti a Gioacchino)

Gioacchino: Te tu sputi su’ i’ viso, altro che su’ i’caso!

Adelmo: ...se la sora Armida l’è digià a casa! Che ho fatto bene?

Armida: L’ha fatto benone, che si domanda! Per l’appunto stasera ho fatto più tardi..icchè la ci vuole fare, sor Adelmo, il lavoro gli è lavoro....

Gioacchino: E sai, lui lo sa!

Armida: La senta Adelmo, dell’orologio poi...che ha guardato per bene in casa sua?

Adelmo: Ho guardato e riguardato, ma un lo trovo, via!

Gioacchino: Un lo trova no! A quest’ora l’ha a i’polso quello delle scommesse alle Cascine!

Adelmo:Mi sembrava d’averlo appoggiato su’i’cassettone...

Armida: Via Adelmo, la guardi se la se lo fa venire in mente....

Adelmo: Mi sforzo!

Gioacchino: Un ti sforzare troppo,un tu te l’abbia a fare addosso!

Adelmo: Con questa storia dell’orologio, sora Armida ...la mi fa sentire in colpa…così un ho il coraggio di chiedergli...

Armida: Icchè?

Adelmo: Vidi tempo fa. per la casa...no via...so’ troppo imbarazzato....

Armida: (avvicinandosi) Via su Adelmo, oh che gli metto soggezione?

Adelmo: (mettendosi di fronte a lei) La un mi guardi con quegli occhioni languidi sora Armida, perché sennò....

(Gioacchino si mette in mezzo a loro minaccioso)

Armida: (rabbrividendo e staccandosi da lui) Brrr....oh che freddo s’è fatto tutto a un tratto?

Adelmo: Già, mi pare ci sia un po’ di spifferi in questa casa...

Armida: Ma veramente, no. Via allora, icchè la mi volea chiedere?

Adelmo: Tempo fa vidi per la casa un bel bastone co’ i’ pomo d’argento, o almeno così mi pareva...

Gioacchino Gli è d’argento, zuccone! Gli era i’mi bastone da passeggio!

Armida: Ah, bello vero? Gli era i’bastone da passeggio di’ povero Gioacchino...(si volta verso il ritratto) O come mai l’è sempre rigirato questo ritratto?

Adelmo: (ridendo) Davvero sa? O icchè c’è gli spiriti in questa casa?

Gioacchino: Fallo, fallo lo spiritoso! Ora t’accomodo io! (gli tira una pacca sulla testa, poi voltandosi al cielo) Quando la ci vole, la ci vole!

Adelmo: O icchè m’è cascato?

Armida: Indò?

Adelmo: In capo. Ho sentito una botta come se qualcuno m’avesse tirato una zuppa, sa’?

Armida: Sie, allora via, tornando a qui’ bastone....

Adelmo: Ecco...allora...dato che i’ mio s’è rotto...pensavo...se la me lo potesse imprestare sputacaso per un giorno o due...

Armida: (sorridendo) Ho belle capito...però sor Adelmo...intendiamoci. Io glielo impresto però la si ricordi che si chiama Pietro...la un faccia come l’orologio, eh?

Gioacchino: (disperato si accascia su una sedia) Vai, un rivede più sole!

Adelmo: Grazie, grazie, Armida...lei l’andrà in Paradiso!

Gioacchino: Se la continua di questo passo, la un ci va, vai!

Armida: So’ sicura che anche i’ mi povero Gioacchino sarebbe contento, la guardi, se ora m’apparisse davanti un mi farebbe punto spago. Gli direi: vero Gioacchino, tu sei contento se presto i’ tu bastone a i’sor Adelmo?

Gioacchino: Eh!!

Armida:  Sicchè via si pole fare, la un sia più imbarazzato. Brrr..(vociando) Cesira, chiudete un po’ le finestre. Che avete i calori?

Cesira:  Finestre? Le son tutte chiuse. (vede Gioacchino e le cade il piatto per terra) Ah!

Armida: Icchè c’è, Cesira?

Gioacchino: Sta attenta Cesira, eh? Tra te e la tu figliola un vu fate che rompe’ roba, icchè v’avete le mani di burro?

Cesira: Scusate, ma ancora un c’ho fatto l’abitudine...

Armida: L’abitudine? A icchè?

Cesira: (imbarazzata) Ehm..l’abitudine....cioè un mi ricordavo più...

Armida: Un ti ricordavi più icchè?

Cesira: (sempre più imbarazzata)...che i sor Adelmo l’era a cena qui!

Armida: Cesira, un tu mi dirai mica che un tu hai preparato qualcosa in più?

Adelmo: Un fa nulla, tanto io...sbelluzzico, sa....

Gioacchino: Sie, sbelluzzica lui. E m’ha votato la dispensa, m’ha votato!

Armida (sovvenendosi)Uh, giusto, avevo da fare un’ambasciata alla Pia. Chiamala Cesira!

(Entra Pia seguita da Tosca e Oreste che non fanno che sorridresi e guardarsi)

Cesira: Un importa, eccoli tutti e tre: son diventati inseparabili!

Tosca: (piano) Per forza, la ci sta  sempre attaccata peggio di una mignatta!

Armida: Pia, abbi pazienza, m’è venuto in mente ora: i’tu’ zio ti vuole a casa subito!

Pia: (struffiando) Uh, ecco ci risiamo! Icchè vole quell’uggioso?

Armida: (prendendola da una parte) Mi ha detto che gli ha bevuto l’infuso della Cesira. Meglio gli sta, ma...un fa che andare su i’ vaso. Gli è meglio che tu vada!

Pia: Uh, sai che godio? (dispiaciuta) Allora via, sarà per un altra volta...Oreste che m’accompagni?

Oreste: (cercando una scusa) Mah, veramente m’è entrato un male a i’capo!

Gioacchino: (mimando il verso delle corna) Trappoco mi sa che l’ha lei i’male ai’capo!

Pia: (mettendo il broncio) Una volta un ti pareva i’ vero di venirmi a accompagnare....

Armida: Via Pia che discorsi son codesti! Se si sente male un c’è da forzarlo, vero Oreste?

Oreste: (candidamente) Eh già!

Armida: La sapete icchè si fa sor Adelmo? La s’accompagna noi la bambina. L’è buio, l’ha ragione, gli potrebbero dare noia!

Adelmo: E si fa du’ passi, vai. Gli stuzzicano l’appetito!

Gioacchino: E un c’è bisogno di stuzzicartelo a te, vai!

Armida: Via Pia, allora si va.

(Pia, molto contrariata, esce seguita da Armida e Adelmo)

Tosca:  Accidenti come la s’è impermalita!

Cesira: Chetati Tosca! (rivolta a Gioacchino) E lei la un va con loro?

Tosca: Lei chi?

Cesira: (ripete imbarazzata) Lei chi?

Tosca:  Che lo so! La l’ha detto lei!

Gioacchino: O Cesira, tu fai certe figure!

Tosca: Ma che è sicura mamma di sentirsi bene?

Cesira: Si, si, sta tranquilla. Torno in cucina.

Gioacchino: Via libera, vai, vai, che sto io a vegliarli.

(Si siede e Cesira esce)

Tosca:     A me quella donna la mi preoccupa. Qundo la si ritrovò sdraiata su i’ tappeto, l’aveva perso persin la parola. La un faceva che tremare. E bada ben che la mi’ mamma l’è una che la un ha paura nemmeno di’ diavolo! (e siccome Oreste la guarda intensamente) Oh, ma icchè tu mi guardi?

Oreste:   (dopo averla guardata a lungo, sorridendo) Ma lo sai che un tu sei punto cambiata?

Tosca:   Ah no?

Oreste:   Cioè, voglio dire..di fuori, sì, tu sei cambiata...tu sei più..(mima le forme della ragazza)..più…ma dentro..dentro un tu sei cambiata, dentro tu sei la Tosca che ho conosciuto quand’ero bambino.

Tosca: (dandogli una sonora pacca sulle spalle) O Oreste, che te ne ricordi quando d’estate tu venivi in campagna...e si faceva i salti ni’ fienile?

Oreste: Già! E poi si metteva i piedi nell’acqua e co’ i’ retino si chiappava i pesci. Te t’eri brava...tu ne chiappavi più di me..tu mi facevi una rabbia!

Gioacchino: (intromettendosi) Un pò broccolino tu sei sempre stato, eh? La colpa però l’è di to’ ma’!

Tosca:      Sì, me ne ero accorta che tu eri un po’ geloso. Io ti chiamavo i’ signorino, perché ti mandavan fori sempre vestito a festa ma un tu m’hai mai dato soggezione..anzi, mi divertivo più con te che con le mi’ amiche di sempre, la Giulia e la Rosetta.

Oreste:     Pe’ forza! Oh che eri una femmina te! Te t’eri un maschiaccio! Sempre pe’campi a piedi scalzi...

Tosca: (facendosi rossa e guardando in terra) Sì...ma ora so’ cresciuta...

Oreste: (si avvicina lentamente) Tosca...io...

Gioacchino: Vai, ci siamo! Addio Pia!

(In quel mentre si sentono da fuori delle risate, poi Armida e Adelmo entrano)

Armida: (ridendo esageratamente) Uh, sor Adelmo! La mi fa pisciare addosso!

Gioacchino: La meglio l’è codesta!

Adelmo:   L’è vero sa, successe a un mi’ amico di Settignano...

Armida:  (vedendo i due giovani imbarazzati si ferma interdetta) Oh ragazzi icchè vu fate?...Tosca che è pronta la cena?

Tosca: La cena? Che cena? Ah la cena!

 (Esce correndo))

Armida: (a Oreste) Icchè tu gli hai fatto?

Oreste: (sorridendo) Icchè gli ho fatto io? Icchè l’ha fatto lei a me!

(esce)

Armida: Va a capirla questa benedetta gioventù!

Gioacchino: E grulli come te un ce n’è più! A tempo sono arrivati!

Armida: Lo sa icchè fo Adelmo? Mentre s’aspetta vo a pigliargli i’ bastone.

Adelmo: Salgo con lei!

Gioacchino: E allora vengo su anch’io! (al pubblico) Soli un li lascio, e se fa una mossa falsa...(misurando uno scapaccione)...le son pacchine!

(Esce al seguito dei due)

Cala la tela

Terzo atto

La scena si svolge nello stesso salotto. Sedute intorno alla tavola ci sono Tosca e le sue amiche Giulia e Rosetta, venute dalla campagna a trovarla.Le due ragazze sono vestite con abiti semplici e con i fazzoletti in testa, Tosca invece ha ormai assunto un’aria più raffinata.

Rosetta: (guardandosi intorno) E così, vu vi siete sistemate proprio bene! Bella casa davvero! Elegante, di lusso, o che ti ci ritrovi eh?

Tosca:   Mah, a dirti la verità, i primi giorni l’è stata dura ma ora comincio a farci l’abitudine.....

Giulia:  (alzandosi e andando verso la vetrina) Guarda che bella vetrage, Rosetta. (apre l’anta)

              Guarda quanti bicchieri!   

Tosca:   (intervenendo) Chiudi! Che ti vuoi far riconoscere subito che tu vieni dalla campagna?

Giulia:   (accennando al ritratto) E quello gli è i’povero sor Cammelli, eh? Mi ricordo che quando comprava i’gelato a Oreste, lo comprava sempre anche a noi.

Rosetta:   E come lavoro, icchè tu fai eh? Icchè tu fai?

Tosca:     Mentre la mamma la sta in cucina, fo le faccende. C’è da rimettere a posto i’salotto, la sala da pranzo....

Giulia:     Ah perché, un mangiano in cucina?

Tosca:      Ignorantona, o da dove tu vieni? C’hanno la sala da pranzo, bah! ....E poi c’è da rifare le camere: fo certe stracanate a rifare quella della sora Armida! Su i’letto la tiene un affare di coperte che nemmeno, su i’cassettone l’ha un monte d’ammennicoli! A sporverarli tutti ti ci voglio!

Rosetta:   O icchè la ci tiene?

Tosca:    Uhm, boccette, boccettine, statuine! Ogni tanto qualcheduna la mi va in terra.....

Giulia:    E un ti brontolano?

Tosca:    Loro no. Semmai l’è la mi’ mamma che la m’allunga un nocchino.

Giulia:    Te tu se’ sempre stata affortunata!

Rosetta:  (curiosa) O dimmi d’Oreste?

Tosca:   (sorridendo) Eh Oreste s’è fatto proprio un be’giovanotto!

Rosetta: (ammiccando all’amica) Guarda che faccia l’ha fatto, oh! Icchè tu dici Giulia? Io dico che gli piace!

Tosca: (risentita) A chi? A me, sie! E poi ce l’ha di già la dama.

Giulia: Davvero? E come l’è, come l’è?

Tosca:   Oh quante vu ne volete sapere! L’è una tutta schiribillosa...

Rosetta:   Scommetto che tu c’ avevi fatto un pensierino.....

Tosca:   E ni’capo tu ce n’hai pochino! (tristemente) E poi....lei la un è come me.....l’è tutta elegante...istruita....io un vo nemmeno a scola!

(Entra Cesira col vassoio del caffe sente le parole della figlia)

Cesira:   Un te la prendere Toschina: ricordati che i’più delle volte, vale più la pratica della grammatica!

Rosetta:   L’ha detto bene! Oh che c’ha fatto i’caffè, sora Cesira?

Cesira:    Di certo! (scherzando) Sennò vu tornate ni’Mugello e vu mi portate per bocca. Vu dite: la sora Cesira l’ha messo su la boria, la un c’ha offerto nemmeno un veleno. (servendo il caffè a Rosetta) Tieni nini! Lo zucchero gli è lì....metticene a scialo, un fare a miccino. (a Giulia) E te Giulia? L’hai trovato i’damo?

Giulia:   Macchè sora Cesira...anzi se quando s’è preso i’caffè la mi dà una guardatina ni’ fondo della tazza....

Tosca:    (scettica) O icchè tu credi a queste cose?

Cesira:  La mi’ figliola l’è refrattaria. La un vo’ sentire parlare d’incantare i bachi, segnare i’malocchio né dei fondi di caffè.

Rosetta: Un mi dire che te Tosca un tu sei curiosa?

Tosca:   Curiosa so di certo! Ma io credo a icchè vedo!

Giulia: (che ha già finito di bere, porge la tazzina) Su, sora Cesira, la legga a me....

(tutte fanno capannello intorno a Cesira)

Cesira: (scrutando la tazzina e  facendola oscillare) Uhm...vedo...vedo un giovanotto...

Giulia:  Distinto?

Cesira:  No, veramente pare un frate zoccolone....

Giulia: (dispiaciuta) E poi....

Cesira: E poi basta! Un è mica i’cinematografo! Qui si vede uno così e via!

Rosetta: (porgendo la sua tazza) E nella mia?

Cesira: Nella tua...nella tua...mi pare di vedere un campo...

Rosetta: (delusa) Un campo?

Cesira: :....santo!

Rosetta: Un camposanto?

Giulia: (dando una gomitata a Rosetta) E te tu mi volevi dare a intendere che un era vero nulla di te e di’becchino di Ronta....

Rosetta: Ma sta zitta!

(Si sente suonare ripetutamente il campanello))

Succhiello: (da fuori) Che si pole?

Cesira: Vai! Questo gli è Succhiello.

Rosetta: Succhiello? Questa l’è una sorpresa davvero!

Tosca: Mica tanto! Ogni pochino l’è qui!(va ad aprire la porta)

(Entra Succhiello portando in spalla un ballino di patate)

Succhiello  Bongiorno e quattr’ova!

Tosca: Vai, ritonfa!

Succhiello: Bada chi c’è! O voi icchè vu ci fate?

Giulia: Siamo venute a far visita alla Tosca, e te?

Succhiello: Io so’ venuto a portare le patate… e un regalino alla Tosca (estrae un cartoccio dalla giacca) Stiacciata unta alla lombarda, chi la vole l’è carda carda!

Tosca:    (schifata) E la stiacciata unta tu la tenevi dentro la giacca?

Cesira:   Grazie Succhiello, ma un tu ti dovevi disturbare...ringrazialo su, Tosca!

Tosca:    (di malavoglia) .....azie!

Succhiello: Ora scappo perchè ho da consegnare altri ballini di patate, però prima di ripigliare i’ barroccio e ire via , torno a salutarti, Tosca!

Tosca:   Un ti disturbare!

Cesira: Chetati Tosca! Diamine,  anzi gli fa piacere. A dopo, Succhiello.

Succhiello: (guardando Giulia come se la vedesse la prima volta) O Giulia, gli era un pezzo che non ti vedevo....ma lo sai che tu sei rimbelloccita?

Giulia: (pavoneggiandosi) Si?...anche te però ti vedo bene!

Tosca: Sta’ a vedere che i’ frate zoccolone gli è lui!

Rosetta: Via, si va via anche noi. (alzandosi) S’è avuto tanto piacere di vederti Tosca, davvero. (baciandola) E se tu senti dire che cercano qualcuno a servizio, ricordati di noi.

Tosca: State tranquille!

Cesira: Tosca, o perché un tu vai a accompagnarle per un pezzo di strada?

Tosca: (felice) Davvero? Davvero posso andare mamma? Vi porto a vedere la bottega della sora Armida: l’ha certe stoffe, vu vedessi! Oggi la non sta tanto bene, sicchè c’è Oreste a i’banco...

Cesira: Eccoci all’acqua!

Rosetta: Andiamo via allora, peniamo poco.

Giulia: Succhiello, che vieni anche te?

Rosetta: Uh, ora perché gli ha detto che l’è rimbelloccita, vanesia...

Succhiello: Vengo se prima vu mi date una mano a consegnare le patate!

Giulia:  Eddie, ci farà spago, eh Rosetta?

 (Escono ridendo)

Cesira: (rimasta sola) Ah,  bella cosa esse’ giovani!(sospirando)...Oggi ancora i’sor Cammelli un s’è fatto vivo..cioè morto...oh, insomma un si sa mai come parlare con lui. Eppure...bisogna trovi i’ coraggio e parli con la sora Armida, perché qui, i giorni passano e quello gli ha furia di tornare da dove gli è venuto. Una settimana gli hanno dato: questa l’è la settimana di passione! Ve lo dico io! Però a raccontarlo un è credibile!

(Entra Armida con l’aria molto stanca)

Armida: (tenendosi una mano sulla fronte) Uhm, questo tempo ragna! Ho una capaccina oggi da non stare ritta, guarda. Meno male che gli è ito Oreste a bottega , sennò la Pia da sola come la faceva? (guardandosi intorno) Che son ite via l’amiche della Tosca?

Cesira:  Si, le son sortite ora.

Armida: (sedendosi) Che c’è rimasto un gocciolino di caffè?

Cesira:   Si. Che lo vole?

Armida: (ripensandoci) No,vai. C’ho lo stomaco tutto sottosopra...stanotte un ho fatto che razzolare, porta via ogni cosa.

(Dalla comune esce del fumo bianco ed entra Gioacchino col viso cereo e vestito di bianco)

Cesira:  Ahhhh!(le cadono le tazze)

Armida: Oh Cesira, ma che stai bene?

Cesira: (raccogliendo i cocci) Si.....si...

Gioacchino: (a Cesira) Vai, la un ha rifatto i cocci! Che glielo hai detto?

Cesira: (scuote la testa per dire di no)

Gioacchino: (con un moto di stizza) E icchè t’aspetti, nini. Siamo alle porte co’ sassi eh? Un c’è  

                        tempo da perdere…

Cesira:   Ora glielo dico...

Armida:  Come t’hai detto?

Cesira:   No...dicevo...nulla

(Gioacchino fa un gesto d’impazienza)

Armida: Ah, cara la mi’Cesira! Ci vole tanto coraggio a stare a questo mondo! Io a volte invece lo perdo e mi butto giù.....

Cesira:   Perché, icchè l’ha fatto?

Armida: Icchè ho fatto, icchè ho fatto....si sta male quando ci s’ha tutta la baracca sulle spalle.

Cesira:  Suvvia sora Armida, e bisogna aver fede....

Armida: Fede? L’è l’unica cosa che ho...dico sempre: Gesummio, “se” vu ci siete, salvatemi quest’anima “se” ce l’ho e mandatela in paradiso...”se” c’è!

Gioacchino: (spingendo Cesira) Vai ora, vai....

Cesira:   Ecco...sora Armida..a proposito di’ paradiso....io l’altro giorno...io insomma …(Gioacchino le fa cenno di andare avanti) io ho visto....ho visto i’sor Cammelli!

Gioacchino: Oh finalmente tu l’hai detto! (sedendosi come dopo una gran fatica)

Armida: (guardandola allibita) Chi tu hai visto?

Cesira:  (scandendo bene le parole) Ho visto i’sor Gioacchino Cammelli!

Armida: (dopo una pausa in cui pensa di tutto, si alza di scatto e fa per andare alla porta)

Cesira:  Indò la va?

Armida: Vo a chiamare i’ dottore.Gli è un po’ di giorni che un tu stai tanto bene. Ma che ti fo lavorare troppo pe’ caso? No, dillo, un ti voglio mica fare ammalare!

Cesira: (correndo alla porta per trattenerla) No, la si fermi sora Armida....gli è vero...la mi faccia spiegare...

Armida: (proseguendo verso la porta) No, no! Ti da una curettina per i nervi, tu vedrai dopo come tu stai bene.

Cesira: (parandosi davanti a lei) La m’ascolti sora Armida...

Armida: (un po’ stizzita)  Senti Cesira, se un tu hai altri moccoli tu vai a letto a i’ buio....O non starò a sentire queste bischerate?

Cesira: La mi lasci parlare e dopo la farà come la crede: io l’ho visto!

Armida: (spazientita) Ma sentite icchè si deve senti’ dire: portateceli morti meglio, sennò si rizzano!

Gioacchino: Tu hai proprio ragione!

Armida: Ma ti rendi conto d’icchè tu dici? Per me tu vagelli, eh?

Cesira: L’ho visto...l’ho visto gli dico....mamma mia come gli era bianco!

Armida: Senti Cesira, te tu incanterai i bachi ma a me un tu m’incanti. Icchè l’è questa storia?

Cesira: Ecco brava. La si metta a sedere che glielo spiego.

(Armida fa per mettersi sulla sedia dove è seduto Gioacchino)

Gioacchino: (spalancando le braccia) Vieni Armidona, in collo!
Armida: (cambiando idea e rabbrividendo) Brrrr, no, mi voglio mettere qua. Lì c’è un freddo....

Cesira: L’altro giorno quando so’ abbasita, l’è perché m’era apparso lui. Ebbi una di quelle paure! A dir la verità tutte le volte che viene mi piglia paura!

Gioacchino: L’ha frantumato tutti i serviti!

Armida:  (ironica) Ah,perché lui va e viene?

Cesira: (sottovoce, facendole segno di fare silenzio) Ssss, la faccia finta di nulla ma… la bonanima l’è qui!Uh, mi vien tutti i bordoni!

Armida: L’è qui? E come mai io un lo vedo?

Cesira: Questo l’è il punto. Lo vedo solo io perché dice c’ho dei poteri.

Armida: (ironica) Va’via, va’via Cesira! Te tu dovevi fare la commediante!

Cesira: Gli è vero icchè dico, la faccia conto che sia vangelo...(vistasi al perso si rivolge a Gioacchino) Oh sor Cammelli, la c’entri lei, perché a me la un mi crede!

Armida: (sempre ironica) Ma come l’è convinta eh?

Gioacchino: (alzandosi) Ora gli fo vedere io! (avvicinandosi a Cesira) Digli che quando s’andò in viaggio di nozze...(le parla nell’orecchio raccontando dei particolari) Diglielo vai!

Cesira: M’ ha detto di digli... che quando vu andasti a Livorno pe’ i’viaggio di nozze...(le bisbiglia il fatto nell’orecchio)

Armida: (alzandosi sconvolta) Co...come tu fai a sapere certe cose?

Cesira: Me l’ha detto lui ora!

Gioacchino: (proseguendo) E digli anche che una volta che Oreste gli era piccino e gli andò in gita      co i’prete, noi si rimase soli e...(le bisbiglia nell’orecchio)

Cesira: (scandalizzata)...Oh sor Cammelli!

Gioacchino: Diglielo, diglielo, sennò la un ci crede!

Cesira: Dice che una volta, da piccino Oreste, gli andò in gita co’ i prete...

Armida: Di certo alla Verna...

Cesira: Preciso! Voi vu rimanesti soli e...(le bisbiglia all’orecchio)

Armida (accasciandosi sulla sedia) Gesummìo misericordia! Chi... chi te l’ha detto?

Cesira: E dai! I’ su’ marito, i’ sor Cammelli, i’ defunto! Ora, in questo momento me l’ha detto!

Armida: (guardandosi intorno sconvolta) Unn’ è possibile...unn’ è vero...gli è uno scherzo...

Cesira:   Sie, uno scherzo! O come avrei fatto a sapere certi particolari intimi, secondo lei?

Armida: (tremando) Ma... ma...allora (si volta verso un angolo della stanza) Gioacchino...Gioacchino...

Cesira: Ma indò la guarda!( indicando dove è seduto Gioacchino) Gli è di là!

Armida: (sventolandosi con la mano) Oddio, mi viene una cardana!

Cesira: Via sora Armida, la un s’abbasisca anche lei ora... unn’ è mica nulla sa... gli è lì... a sedere bono bono.

Armida: (riavendosi un po’) No, io un ci posso credere...un è vero...se’ bona Cesira...

Gioacchino: Cesira! Digli se la si ricorda icchè successe in quella pensione...(le bisbiglia il fatto nell’orecchio)

Cesira: (rivolta a Gioacchino) Sor Cammelli, la mi stupisce! L’era ma un bel lazzerone, sa!

Gioacchino: (rivolto ad Cesira) E a te l’ha t’ha detto che ero morto sui topini a sugo? Ora tu lo sai indò son morto!

Cesira: (rivolta ad Armida) Dice qui la bonanima, che se ne ricorda in quella pensioncina all’Abetone, quando la  lo chiamava pucci pucci?

Armida: (diventando di mille colori) Zitta... zitta... anche questo! O allora... gli è vero?... O icché vole? (girandosi a destra e a sinistra) Icché tu vuoi Gioacchino?

Gioacchino: Vai, siamo a ’i’ conquibusse! Spiegaglielo!

Cesira: (dispiaciuta) Peccato, C’avevo preso gusto a sapere tutte queste confidenze! (mettendosi anche lei seduta) Allora, i’ fatto gli è che... la bonanima l’è venuta a sapere di lei... e di’ sor Adelmo...

Armida: Di’ sor Adelmo? (vergognandosi) Sie, nulla sai Gioacchino, gli è uno così... che viene ogni tanto...

Cesira: Guardi, l’è inutile che la cerchi di ricoprissi. La bonanima  sa ogni cosa.

Armida: Sa ogni cosa?

Cesira:   Sì, che lei l’è sola, la c’ha degl’impeti e tutto il resto. Ma di questo un gliene importerebbe un granchè. L’è solo che un vole che la si rovini con uno come lui.

Armida: Rovinarsi... e perché?

Cesira:    Perché i’ sor Adelmo l’è un mezzo delinquente, un truffatore, uno che gli spende tutti i soldi alle corse dei cavalli, un bighellone... gli ha venduto persino l’orologio d’oro di’ sor Cammelli! Per giocare!

Armida: Codesto poi un lo credo! L’ha perso!

Cesira:    L’ha raccontato a lei! Ora lo porta a i’ polso uno delle Cascine!

Gioacchino: E poi digli che gli è un donnaiolo, che gli ha dato noia perfino alla Pia...

Cesira:    (riferendo) Gli piace le donne, gli ha molestato perfino la Pia...

Gioacchino: ... e la Toschina! (si mette dall’altro lato della stanza)

Cesira:   (ripetendo) E la Toschina! (poi ripensandoci) La Toschina? La mi’ figliola?... Brutto cane fetente che un è altro... ora tu vedi... ne fo salsiccia...

Armida: (accasciandosi sulla sedia e piangendo) Nooo... un è possibile... i’ sor Adelmo... capace di questo...

Cesira : E poi un è per nulla vero che voleva metter su la botteghina dei bottoni. I soldi della caparra se gli è sperperati tutti alle corse e con le donne. I’ sor Gioacchino gli ha inteso avvertirla... pe’ i’ su’ bene!

Armida: (piangendo) Oddio, oddio come m’ha preso in giro... o come ho a fare? (si volta dove prima era seduto Gioacchino) Gioacchino... Pucci Pucci... Perdonami!

Cesira  : E gli è di là, ora. La bonanima l’ha pensato di ricomprare l’orologio da quello delle scommesse e poi sbattiglielo su’ i’ muso a’ i’ sor Adelmo e scacciarlo via come un cane...

Armida: (asciugandosi le lacrime) Si, tu di’ bene. Ma chi va ora alle Cascine?

Cesira:  E vo’ io! La mi dà un po’ di contante e vo a ricomprare questo benedetto orologio.

Armida: Sì, tieni. (va alla cassetta della vetrina, tira fuori i soldi, poi ci ripensa) Cesira, vien qua. (sottovoce) Indò gli è ora?

Cesira: (ironica) Pucci Pucci? (indicando) Gli è là!

Armida: (sottovoce) Io ho paura a stare sola con lui... un m’abbia a fare qualcosa. Vengo con te! (con tono normale) E vo’ anch’io Gioacchino! Questa povera donna un la posso mica mandare da sola a quest’ora alle Cascine. Aspettaci... Si va e si torna in un fiatte. (minacciosa) E se davvero l’orologio ce l’ha un altro a’ i’ polso!!! (poi tutta gentile) Te accomodati pure, piglia qualcosa, fa’ come tu fossi a casa tua... via, noi si va via!!

(le due donne escono)

Gioacchino: (sedendo soddisfatto) Vai, l’è fatta! Ora un vorrei essere in lui! (annusa l’aria circostante)  Ah, che odorino viene dalla cucina! Questa l’è  minestra di pane a i’ foco. Ah, brodo di fagioli, cavolo bianco e cavolo nero... (si avvia a occhi chiusi trasognato verso la cucina) bietola...patate...vo’ a razzolare i’ tegame sennò gli s’attacca ogni cosa (esce)

 (entrano dalla comune Tosca e Oreste)

Oreste: Che vieni allora?

Tosca: (ridendo) Ma indò?

Oreste: Con me, allo scoppio di’ carro!

Tosca: E icché l’è?

Oreste: Come, un tu lo sai? I’ sabato santo a mezzogiorno, mentre tutte le chiese di Firenze le scampanano a festa, vien dato foco alla colombina...

Tosca:    A una maschera?

Oreste:   Ma tu sei proprio di campagna, sai? La colombina l’è un petardo a forma di colomba che da i’ Domo, correndo su un filo di metallo, la va a appiccare i’ foco a i’ carro, che da noi a Firenze chiamano i’ Brindellone. Quante cose avrò da insegnarti!

Tosca:  Insegnagliele alla Pia!

Oreste: Lei la le sa di già! Mi preme d’insegnarle a te!

Tosca: (facendo finta di mettere il broncio) Un so’ mica più una bambina sai?

Oreste: Lo so, lo so... Me ne so’ avvisto... (avvicinandosi) Senti Tosca...io ti volevo dire…

Tosca: (trepidante) Sì?

Oreste: Io...

(Si sente una voce che chiama da fuori: è la Pia)

Pia: Oreste, Oreste! Apri!

Tosca: Eccola, ti pareva!

Oreste: (va ad aprire un po’ infastidito) Icché c’è Pia?

Pia:   (entrando) O come icché c’è? Tu sei scappato via senza chiudere nulla! Lascia almeno che ti riporti la chiave di bottega. Come la sta la tu’ mamma?

Oreste: Veramente un lo so. Un c’è nessuno in casa, son sortiti tutti.

Pia: (sospettosa) Icché vu siete soli?

Tosca: Davvero!

(Pia si guarda nervosamente intorno poi di scatto si mette a sedere)

Oreste:  Icché tu fai?

Pia: Aspetto la sora Armida: gli ho da dire una cosa.

Oreste: E un tu poi aspettare a digliela dopo?

PIA: No, preferisco aspettarla ora. Un ti dispiace mica vero Oreste?

Oreste: (al contrario molto dispiaciuto) No, no, figurati! Via...(imbarazzato) io vo di là un momento... vi lascio sole...

(Oreste esce )

Pia: Un aver paura, un la mangio! (e siccome Tosca continua a guardarla insistentemente) Icché t’hai da guardare?

Tosca: Perché? Un si pole?

Pia:    No un si pole!

Tosca: Si guarda l’oro che gli è sciccheria, posso guardare te che tu sei una porcheria.

Pia:    (alzandosi di scatto) Icché t’hai detto brutta contadina?... Certo di meglio un tu puoi dire, te che tu sei sempre stata tra i boscaioli, mietitori e barrocciai. E sta’ bene attenta a icché ti dico: fatti in là nina, perché Oreste piace a me intesi?

Tosca: Su’ gusti un ci si sputa. Bisogna vedere se tu piaci a lui!

Pia: Te un ti preoccupare. Ognuno da qui avanti farà bene a tirare l’acqua a i’ su mulino: si starà a vedere chi la vince!

 (Le due ragazze si mettono una a destra e una a sinistra dandosi le spalle, a braccia conserte.

Rientra Oreste  che, vedendo che aria tira, non sa come smorzare la tensione.)

Oreste: Sentite figliole, una di queste sere s’ha andare a i’ teatro?

Tosca: A i’ teatro?

Oreste: Sì, alla Pergola!

Pia: (sarcastica) Sie, la sa assai lei di’ teatro della Pergola. A i’ massimo la conosce la pergola... dell’uva! (poi tutta gentile) Lo sai Oreste, la prossima domenica fanno la Pia de’ Tolomei...  Ni’ quinto canto di’ Purgatorio c’è un celebre verso che dice: (s’avvicina a Oreste e gli sussurra) ricordati di me che son la Pia...

Tosca: ... la donna più ignorante che ci sia...

Pia :       (noncurante) ... Ricordati di me che son la Pia. Siena mi fe’, disfecemi Maremma. Salsi colui che inanellata e pria, disposando m’avea con la sua gemma... (vorrebbe cingere le spalle di lui ma Oreste si svincola)

Tosca:   Un tu vedi che tu gli fai uggia!

Oreste   (tergiversando) ... Sennò si potrebbe andare a ballare!

Tosca:   Io un ci so’ pe’ balli moderni... so ballare solo i’ trescone.

Pia:     (ironica) Eddie, sull’aia icché tu vuoi che l’abbia imparato, i’ tango e la polca?

Tosca: (fraintendendo e avvicinandosi minacciosa) Porca? All’altro te lo dicevo, guarda!

Pia :    (andandole incontro con le mani alzate) Icché tu credi di farmi paura?  Sì, perché lei la ci gode a scatenare un vespaio, sai?

Oreste: (ripigliandola) Sta’ ferma te, vien qua!

Pia:     No Oreste, io un la sopporto! Con tutto questo ficcare i’ becco, la mi fa uscire fori da’ gangheri quella lì.

Tosca: Ficcare i’ becco? Ma icché tu vuoi cosina, m’ha invitato lui!

PIA:   E allora bisogna sternarsi bene Oreste, perché co’ i’ piede su du’ staffe un si pole stare. Se... se ti piace lei... un c’è problemi... tu lo dici chiaro e tondo, un si fa mica tragedie... io mi ritiro per benino ni’ mi’ guscio.

Oreste: Ma a fare icché tu lo vuoi sapere?

Pia:    (risentita) Così, per ghiribizzo mio, per sfizio, va bene?

Oreste: (avvicinandosi imbarazzato) Ecco..vedi Pia...io da quando ho rivisto la Tosca...un lo so icchè mi sia successo...lei l’è così naturale…genuina…

Pia: (in un crescendo d’ira) Ah, allora gli è vero! E io un volevo credere ai mi’ occhi! Lei, lei, quella li l’ha fatto come la gatta di Masino, vedi!

Tosca: La gatta di Masino?

Pia:    Si, quella gatta che la faceva finta di dormire e appena la poteva, zitta zitta, la faceva man bassa di tutto icchè c’era. (sul viso a Tosca)Tu me l’ha preso, ma sai icchè ti dico? Ti faccia fogo, anzi che faccia fogo a tutte e due! (va verso la porta, poi torna indietro) E un ti credere bellino, tanto genuina la unn’è, la se lo dà anche lei i’cinabrese alle gote!

(esce come una furia)

Tosca: Accidenti, meno male la si ritirava per benino ni’su guscio....la pareva morsa dalla tarantola!

(Esce il fumo bianco e contemporaneamente entra Gioacchino)

Gioacchino: O icchè gli era qui’ vocìo? (vedendo i due che si guardano teneramente) Ah, ho capito, la deve essere stata la bionda!(fa il verso delle corna)

Oreste: (guardandola teneramente negli occhi) Un me ne importa nulla! Ora ho capito che voglio bene solo a te!

Gioacchino: Oh, tanto tonò che piovve! Finalmente tu gliel’ hai detto!

Tosca: Senti, se tu credi di pigliarmi in giro, t’hai sbagliato uscio!

Oretse: Sta’ zitta, sta’ zitta. (attirandola a se’) Vien qua....

Gioacchino: (guardandoli) Ovvia, ci siamo!

(Si sente una voce che chiama da fuori: è Angiolino, lo zio di Pia)

Angiolino: Sora Cesira, sora Cesira!

Oreste:   (infastidito) Maremma cane, chi c’è ora?

Angiolino: So’Angiolino, lo zio della Pia!

Gioacchino: Ma questa casa l’è diventata un porto di mare.....

(Oreste, tutto contrariato, va ad aprire)

Angiolino: Icchè l’ha fatto la mi’ nipote? L’ho incontrata alla cantonata,la piangeva come una vite tagliata e la correva come i’ vento, manca poco la mi butta in terra....

Oreste:  (imbarazzato) Ecco sor Angiolino....gli è successo...

Tosca: (intervenendo)...Gli è successo che alla su’ nipote gli s’è sciorto i’corpo e la se l’è fatta addosso. La piangeva perché la s’era imbrattata tutta....

Oreste: Tosca!

Angiolino: Vai, lo dicevo io! Per me c’ha fatto male quelle rape che si mangiò ier sera. Anch’io un vo punto normale( avvicinandosi a Oreste) Sa’, nini..la fo...un po’...

Oreste: (infastidito) La vada in là con codesti discorsi!

Gioacchino: Guarda che articolo gli è anche questo!

Angiolino No, facevo pe’ dirgli icchè e  i’come. La un c’è la Cesira?

Tosca:    No, l’è fori. (invitandolo a uscire) Sicchè se la vole tornare dopo….

Angiolino: (sedendosi) Bambini mia, come sto oggi!Gli volevo giusto dire che con quell’infuso che la m’aveva ordinato, so’ stato un po’ meglio...e ora volevo sentire se la c’aveva qualcosa per qui (indicandosi la schiena) perché ho un dolo a’ pormoni, che mi leva i’respiro. Un posso nemmen fiatare!

Oreste: Codesto un si direbbe, la un s’è chetato un minuto!

Angiolino: O come potrei fare? (rivolto a Tosca)Te nina, un tu mi sai dire nulla?

Tosca:    (come colpita da un’illuminazione) Diamine! So’ la figliola della Cesira: qualcosa ho imparato anch’io. La si riposi un po’ e la un vada tanto in giro per le case a chiacchierare, ’nteso, perché più la chiacchiera più gli entra aria in bocca e dalla bocca la gli fa tutto un giro e la va a finire a’ pormoni. (gli tira una gran pacca dietro) E dopo per forza gli fanno male!

Angiolino: Tu dici, nina?

Tosca: Bah, o la un lo sa? La dia retta a me e la stia alle regole. La vedrà come si sta meglio tutti, dopo.

Angiolino: Allora nina, vo eh?

Tosca:    La vada, la vada...e la gli strizzi un po’ di limoni alla su’ nipote....

Angiolino: Si vah, tu di’ bene!

(Esce)

Gioacchino:  Vai, l’ha liquidato anche i’zio! Certo vah, lui e un clistere di semelli duri l’è tutt’uno!

Oreste: (guardandola con amore) Ma lo sai che la un si ritrova un’ altra come te neanche a cercarla co’i’ lanternino...tu sei più unica che rara....

Tosca: (ridendo) Ungi meno! Ungi meno!

Si sente improvvisamente un grande strepitìo: donne che urlano e una voce di uomo che grida aiuto. Entrano Cesira e Armida trascinando Adelmo tutto spettinato, con un livido intorno all’occhio e grondante sangue dal naso. Armida brandisce il bastone con il pomo d’argento)

Gioacchino: Le devono aver trovato l’orologio e il truffatore!

Armida: (urlando) Delinquente, assassino!

Cesira: Sudiciume che unn’è altro!

Armida: Ecco,  ora che n’ha buscate pe’i’ verso, che l’hanno visto tutti nella via...

Adelmo: (balbettando) Ma icchè v’ho fatto? Armida, tesoro..

Armida: (tirandogli una bastonata in testa) Tesoro un corno!

Oreste: (cercando di levarle il bastone di mano ) O mamma, o che è impazzita?

Tosca:   (a Cesira) Mamma, ma icchè vu fate?

Cesira: Si disfà con le nostre mani stasera, guarda! Così gli impara a darti noia!

Oreste:  (fuori di sé) Icchè? Dar noia alla mi’Tosca? (lo  agguanta per il collo e lo sbatacchia)

Gioacchino: Dagliele sode!

Armida: Fermo, fermo ! Lo voglio massacrare da me!(gli vanno tutti sopra per picchiarlo)

Gioacchino: (che osserva soddisfatto la scena) Se continuano così, mi tocca farlo insieme a lui i’viaggio di ritorno lassù....

Tosca: (urlando) Basta, basta vu l’ammazzate!(tutti si fermano) Ma mi dite icchè gli ha fatto una bona volta?

Armida: (ansante per la lotta estrae dal petto l’orologio) Guarda, un l’aveva perso...

Tosca:   (che non capisce) E se un l’ha perso vu lo picchiate?

Armida: (continuando a sbatacchiarlo) I’signorino l’aveva venduto per giocare a cavalli...e la caparra per la botteghina ha fatto la stessa fine...lui un voleva me...voleva i mi’soldi, quest’infame!

Cesira: E poi se si riprova a dar noia alle ragazzine a questo vecchio bischero gli strappo tutti i capelli che gli ha in capo!

Adelmo: (ansimando) Ma...ma...come avete fatto a sapere...certe cose...sputacaso...

Armida:  Per fortuna c’è stato qualcuno, diciamo un angelo, che c’ha voluto bene e c’ha avvertito....

Gioacchino: (gongolando) Accidenti! Ora so’ diventato un angelo, addirittura!

Armida: E ora via, fora da questa casa e che la un mi capiti più a tiro sennò dalle manate gli trasformo i connotati!

(Adelmo si alza lentamente, barcolla, poi ricade a terra; in quel mentre entra Succhiello)

Succhiello: Si pole? C’è l’uscio aperto (vedendo Adelmo) Uh, i’sor Adelmo! Icchè gli ha avuto, un cascamento?

Gioacchino: Si, gli è cascato in un nugolo di cazzotti!

Succhiello: A guardar bene come s’è conciato, par che  sia infilato sotto a un treno..

Armida: Succhiello, chi ti manda? Ti manda Iddio! Te t’hai forza, piglialo come  un ballino di patate e portalo giù!

Succhiello: Ma...ma...

Armida: Via, fammi questo piacere. Caricalo su i’ barroccio e portalo a casa sua.

Cesira:  Pena poco, via. T’aiuta anche Oreste. (voltandosi verso il giovane vede che tiene la sua mano in quella di Tosca) O....o codeste mani?

Oreste: Dopo glielo spiego. (si accinge ad aiutare Succhiello)

Gioacchino: O Cesira, mi pare ci sia poco da spiegare (fa il segno di unire le dita) Ora si diventa anche con suoceri!

Tosca: V’aiuto anch’io...vai piglialo così...

Succhiello: (voltandosi verso Tosca e lasciando andare Adelmo che ricade malamente a terra) Ah Toschina...ti volevo dire che nei prossimi giorni un torno...perché ho fissato d’accompagnare la Giulia da una signora per un lavoro...e sicchè...sai com’è....

Tosca: (ridendo) Ho capito, ho capito. Sta’ a vedere che mi toccherà crederci davvero ne’fondi di’ caffè.

(Escono tutti e tre sollevando Adelmo, seguiti da Armida)

Armida: Aspettate, guardo che un ci sia nessuno per la strada!

 (esce)

Gioacchino: (rimasto solo con Cesira e sospirando) Eh! E ora la mi’ missione l’è finita....

Cesira: Che va via di già, sor Cammelli?

Gioacchino: Eh si!

Cesira:   Ma lo sa che dopo tutta la paura che la m’ha fatto pigliare, quasi quasi mi dispiace...

Gioacchino: Eh via, può darsi che fra un pochino ci si riveda.

Cesira: (sgomenta fa gli scongiuri) Per l’amor di Dio!

Gioacchino: No, icchè t’hai capito...dico che se l’Armida la si rificca in qualche altro guaio, mi fo dare un altro permessino e vengo giù...

Cesira: (timidamente fa per dargli la mano poi la ritira)Via, allora...alla rivista...

Gioacchino: Ah Cesira, toglimi una curiosità…

Cesira: La dica...

Gioacchino: Icchè tu gli fai domani da mangiare?

Cesira: Gli fo la panzanella. La la potesse portar via gliela metterei in un tegamino....

Gioacchino: (con aria trasognata) La panzanella! Me la sogno giorno e notte!(mentre si avvia a uscire) I’ pane a rinvenire, cipolle, pomodori,cetrioli, basilico, tutto condito con olio e aceto...(si ferma sulla porta e si volta)....Cesira?

Cesira: Si?

Gioacchino: (sorridendole) Grazie, grazie davvero!

(esce accompagnato da sbuffi di fumo bianco)

Cesira: (seguendolo con lo sguardo) Eppure mi vien da piangere...

(Rientra Armida tutta trafelata)

Armida: (sottovoce) Che è sempre qui?

Cesira: (fingendo) Ah si, eccolo là!

Armida: E icchè dice, icchè dice?

Cesira: (inventando lì per lì) Dice che gli è contento ma vole che lei la vada subito a comprare un mazzo di fiori freschi per la tomba...

Armida: (impaurita) Si...si...

Cesira: ....che la ripulisca da tutte le erbacce che c’è cresciuto...

Armida: Si...si...

Cesira: .....e come ultima cosa...che la dia l’aumento alla Cesira perché....(rivolta al pubblico) la se lo merita, no?

CALA LA TELA