Mistero buffo

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Mistero buffo certamente il pi noto, in Italia e all'estero, tra gli spettacoli di Dario Fo, ed anche il pi significat

Mistero buffo

DI DARIO FO

Giullarata popolare

attore Mistero il termine usato gi nel II, III secolo dopo Cristo per indicare uno spettacolo, una rappresentazione sacra.

Ancora oggi, durante la messa, sentiamo il sacerdote che declama: Nel primo mistero glorioso... nel secondo mistero..., e via dicendo. Mistero vuol dire dunque: rappresentazione sacra; mistero buffo vuol dire: spettacolo grottesco.

Chi ha inventato il mistero buffo stato il popolo.

Fin dai primi secoli dopo Cristo il popolo si divertiva, e non era solo un divertimento, a muovere, a giocare, come si diceva, spettacoli in forma ironico-grottesca, proprio perch per il popolo, il teatro, specie il teatro grottesco, sempre stato il mezzo primo d'espressione, di comunicazione, ma anche di provocazione e di agitazione delle idee. Il teatro era il giornale parlato e drammatizzato del popolo,

ROSA FRESCA AULENTISSIMA

Per quanto riguarda la nostra storia, o meglio la storia del nostro popolo, uno dei testi primi del teatro comico-grottesco, satirico, Rosa fresca aulentissima di Ciullo (o Cielo) d'Alcamo.

Ebbene, perch noi vogliamo parlare di questo testo? Perch il testo pi mistificato che si conosca nella storia della nostra letteratura, in quanto mistificato sempre stato il modo di presentarcelo.

Al liceo, al ginnasio, quando ci propongono quest'opera, ci fanno la pi grossa truffa che si sia mai messa in opera in tutta la storia della scuola.

Prima di tutto ci fanno credere che sia un testo scritto da un autore aristocratico, che, pur usando il volgare, ha voluto dimostrare d'essere talmente dotato da tramutare il fango in oro. riuscito cio a scrivere un'opera d'arte: grazie alla grazia di cui solo un poeta aristocratico come lui poteva essere intriso. Tanto da far giungere un tema cos triviale, cosi rozzo come un dialogo d'amore carnale, a livelli straordinari di poesia culta, propria della classe superiore!

Ecco, dentro questo sforzo di farci passare quest'opera come momento ispirato di un autore aristocratico, ci capitato dentro quasi tutto, diciamo tutte le capriole e i salti mortali dei sacri autori borghesi dei testi scolastici, dal De Sanctis al D'Ovidio. Dir che il primo a fare un gioco di truffa stato Dante Alighieri. Infatti, pi o meno esplicitamente, nel suo De Vulgari Eloquentia, dice con una certa sufficienza che ... d'accordo, c' pure qualche crudezza in questo "contrasto", qualche rozzezza, ma certamente l'autore un erudito, un colto.

Non parliamo poi di cosa hanno detto gli studiosi verso il Settecento e l'Ottocento a proposito dell'origine culta di questo testo; il massimo successo naturalmente sotto il fascismo, ma anche poco prima non si scherzava. Lo stesso Croce, Benedetto Croce, il filosofo liberale, dice che indubbiamente si tratta di un autore aristocratico poich la poesia del popolo un fatto meccanico, cio a dire un fatto di ripetizione pedestre. Il popolo, si sa, non capace di creare, di elevarsi al di sopra di quello che la banalit, la brutalit, il volgare, e quindi riesce al massimo a copiare meccanicamente; da qui il senso di meccanico. Solo l'autore aristocratico, colto e evoluto, ha la possibilit di sviluppare artisticamente un tema qualsivoglia. Il popolo, bue e becero, al massimo riesce a fare delle imitazioni. Basta, tutto li.

A buttare all'aria tutta questa bella impostazione sono arrivati due mascalzoni, nel senso cordiale naturalmente della parola, mascalzoni per la cultura borghese e aristocratica; un certo Toschi e un altro che si chiama De Bartholomaeis, due cattolici, per l'esattezza. Costoro hanno combinato una vera e propria carognata, cio hanno dimostrato che il contrasto in questione un testo straordinario, ma opera indiscutibilmente del popolo.

Come? Ecco qua, basta farne l'esame. Cominciamo col decifrare per bene cosa dice questa giullarata (poich quello che parla giullare). Dice: rosa fresca aulentissima

ch'apari inver' la state [rosa fresca e profumata che appari verso l'estate]. Chi declama questo verso un gabelliere, pi precisamente uno che come lavoro si preoccupa di ritirare le gabelle nei mercati. Oggi in Sicilia si chiamano bavaresi perch pare che l'ultima concessione fosse data da un re borbonico ai bavaresi; ma anticamente questi personaggi, che oggi si chiamano, magari, vigili urbani, si chiamavano in un modo abbastanza fantasioso; esattamente gru o grue. Perch? Perch avevano un libro, un registro, attaccato ad una coscia con una cinghia e quando dovevano ritirare i soldi per segnare l'introito e il nome e il cognome di quello che aveva versato il denaro spettante al padrone per la terra data in affitto, si mettevano in questa posizione abbastanza comoda per scrivere, cio, appoggiavano il piede destro al ginocchio sinistro restando in piedi su di una gamba sola, appunto come le gru o gli aironi. Ora questo gru o grue si trova a fare dichiarazione d'amore ad una ragazza. E come il ragazzo, nascondendosi il libro che ha sulla coscia con una falda del mantello o con la sottana, si fa credere nobile e ricco, cos anche la ragazza, che affacciata ad una finestra, si fa passare per la figlia del padrone, del proprietario della casa. In verit si tratta di una donna di servizio, forse di una sguattera. Da cosa lo si capisce? Da un'ironia che fa proprio il ragazzo, che ad un certo punto dice: di canno [da quando] ti vististi lo maiuto [vestita di maiuto, vestita di saio] bella, da quello jorno so' feruto [ferito] . Il saio era proprio quello dei frati e anche delle suore, ma qui, in verit, il termine canzonatorio: si allude ad una specie di grembiulone, una pazienza appunto, senza maniche, che, essendo naturalmente apprettata, evitava alle lavandaie di bagnarsi quando andavano alla roggia.

Ora, si sa benissimo in quale posizione si mettano le lavandaie... Oddio, lo sanno le persone che le hanno viste, le lavandaie. Oggi ci sono le lavatrici, cosi una delle cose pi belle della natura non si vede pi. Alludo a quelle rotondit oscillanti in moto che le lavandaie offrivano ai passanti.

Ecco perch il giullare, carogna, dice: quando ti vidi nella posizione del lavare... quando avevi addosso il saio, di te m'innamorai.

S'innamor, come dice Brecht, di quello che il padreterno cre con grazia maestosa, io credo, nel settimo giorno, quello di riposo: giacch gli occorreva tutta la concentrazione possibile per fabbricare tanta perfezione dinamica: il perno di tutto il creato. Dunque: del tuo perno mi innamorai.

Ora conosciamo l'origine sociale dei due personaggi: la ragazza che millanta la propria posizione aristocratica e il ragazzo che fa altrettanto.

Il ragazzo declama; rosa fresca aulentissima ch'apari...: un linguaggio aulico, raffinato, proprio di chi vuol farsi passare per nobile. Egli ne fa una caricatura, ma non fine a se stessa, vedremo poi la vera ragione.

Rosa fresca aulentissima ch'apari inver' la state, | le donne ti disiano, pulzell' e maritate. Cio, sei talmente bella che anche le donne, pulzelle e maritate, vorrebbero fare l'amore con te. Per non parlare delle vedove! va beh... quelle risaputo, normale.

Ma dico, una pazzia! Ma pensate voi, a scuola, il povero professore che dovesse spiegare le cose cosi come sono dette... normale, ragazzi,... nel Medioevo le donne s'accoppiavano sovente . Gli arriva un pernacchio che non finisce mai... di risate maltrattenute... viene mandato via, cacciato da tutte le scuole del regno ( proprio il caso di dire che siamo ancora un regno), e basta, finito!

Ecco perch il povero insegnante, che fra l'altro tiene famiglia, costretto a mentire. Notate che questa preoccupazione di correggere la verit nasce gi al momento di decifrare il soprannome dell'autore; infatti viene quasi sempre citato nei testi di scuola non come Ciullo d'Alcamo, ma come Cielo d'Alcamo.

Attenzione, i lombardi sanno cosa significhi il termine ciullo; senza voler fare della scurrilit, ciullo il sesso maschile. E notate che anche in Sicilia m' capitato, ad Alcamo, di chiedere il significato di ciullo... ah ah ah... gi tutti a ridere! Ad ogni modo, tornando alla scuola, vi rendete conto che questo termine deve essere subito modificato, medicato, portato via, e naturalmente il professore dice; C' un errore.

Infatti noti ricercatori hanno fatto carte false per indicare un'altra lettura. Non potevano accettare un soprannome del genere, altrimenti si tratterebbe indubbiamente di un giullare, in quanto quasi tutti i giullari hanno soprannomi piuttosto pesantucci. Per quanto riguarda il Ruzante, per esempio, che a nostro avviso si pu ben definire l'ultimo dei giullari, il suo soprannome viene da ruzzare.

Qualcuno che di Padova, o delle vicinanze, sa che ruzzare significa andare con gli animali; non a spasso, ma unirsi con gli animali, nelle feste e nei periodi adatti, preferiti dai medesimi, naturalmente.

Dunque, non si pu dire ciullo. Non si pu, in una scuola come la nostra, dove l'ipocrisia e la morbosit cominciano fin da quando vai all'asilo. Io sono stato all'asilo, da piccolo s'intende, e mi ricordo che quando succedeva che una bambina vedeva un bambino che faceva pip diceva: Oh, guarda!... suora... cos'ha quel bambino l? Una brutta malattia, - rispondeva la maestra, - non guardare... via, via, fatti il segno della croce! la nostra scuola. E dobbiamo capire il dramma degli insegnanti.

Ora, rosa fresca aulentissima ch'apari inver' la state le donne ti disiano, pulzell' e maritate. Come lo risolviamo? Notate che ancora un modo di dire, in Sicilia. A Sciacca, per fare un complimento ad una ragazza si dice: Bedda tu si, fighiuzza, che anco altri fighiuzze a tia vurria 'mbrazzari, anche le altre ragazze vorrebbero abbracciare te, tanto sei bella. Lo dicono senza nessuna malignit, ma nella nostra scuola non si pu! E allora che cosa s'inventa? Subito una virata di sessanta gradi, per poter aggiustare la faccenda. Il professore insegna (e guardate che queste sono didascalie che trovate in ogni testo) : non bisogna prendere la forma cosi, tout court, bisogna cercare d'individuarla. Cio: sei talmente bella che anche le altre donne, pulzelle e maritate, vorrebbero a te assomigliare. Non vorrebbero te, ma vorrebbero apparire quale tu sei, bella, elevata in mezzo a tutte le altre donne. Cos, subito, il ragazzo o la ragazza imparano l'ipocrisia e in casa dicono: Mamma, desidererei una mela... no, non desidererei nel senso di volerla mangiare, ma vorrei apparire come la mela, rotonda e rossa da mordere.

Ora, andando avanti, si scopre ancora un altro gioco abbastanza brutale del modulo. Continua il testo: trgemi d'este focora, se t'este a bolontate... fammi uscire da questo fuoco, se ne hai volont, ragazza, la prega il giovane. E si sa benissimo come riescano le ragazze a far uscire dal fuoco e dal desiderio i ragazzi, quando ne abbiano volont: ma qui, non si dice niente... sono cose che non interessano, e si va avanti. C' subito la risposta della ragazza, che va gi un pochettino a piedi giunti e scopre proprio poca eleganza di modi, infatti si esprime pi o meno cosi: Puoi

andare ad arare il mare e a seminare al vento, con me a fare all'amore non ci arriverai mai. Tutti i soldi, tutti i tesori di questa terra puoi raccogliere, ma non ci sar niente da fare con me. Anzi, ti dir di pi, che se tu insisti, io, piuttosto di accettare di fare l'amore con te, li cavelli m'aritonno, mi faccio radere i capelli, vado suora, e cos non ti vedo pi... ah, come star bene! E il ragazzo risponde: ah si? tu ti vai a aritonnere i cavelli? E allora anch'io mi faccio tondere il cranio... vado frate... vengo nel tuo convento, ti confesso... e al momento buono... sgnacchete'. Lo sgnacchete l'ho aggiunto io, ma implicito.

La ragazza impallidisce e urla: Ma sei un anticristo, sei un essere vergognoso... ma come ti permetteresti?... Piuttosto di accettare la tua violenza io mi butto nel mare e mi annego.

Ti anneghi? Anch'io... no, non mi annego; mi butto nel mare anch'io, ti vengo a prendere laggi, nel fondo, ti trascino sulla riva, ti stendo sulla spiaggia e, annegata come sei, sgnacchete! faccio all'amore.

Con me, annegata?

Si!

Oheau! - esclama la ragazza, con molto candore: - ma non si prova nessun piacere a fare l'amore con le annegate!

Sa gi tutto, naturalmente. Una sua cugina era annegata, passato uno di l, s' guardato intorno, Io ci provo... Ha provato... Donnacore! che schifezza... meglio il pescespada!

Ad ogni modo la ragazza profondamente si scandalizza e lo minaccia: Senti, se tu ti provi soltanto a farmi violenza, io mi metto ad urlare, arrivano i miei parenti e ti ammazzeranno di legnate!

E il ragazzo risponde sbruffone (non dobbiamo dimenticare che sta recitando il personaggio del ricco aristocratico): Se i tuoi parenti trovanmi che ti ho appena violentata o che ti sto facendo violenza, e che mi posson fare? Una defensa mttoci di dumili' agostari (duemila augustari).

Cosa vuol dire? L'augustario era la moneta di Augusto, inteso Federico II. Infatti siamo nel 1231-32, proprio al tempo in cui in Sicilia governava Federico II di Svevia. Duemila augustari equivalevano, pi o meno, a settantacinquemila lire odierne.

E che cosa questa defensa? Fa parte di un gruppo di

leggi promulgate a vantaggio dei nobili, dei ricchi, dette leggi melfitane, volute proprio da Federico II, per permettere un privilegio meraviglioso a difesa della persona degli altolocati.

Cos, un ricco poteva violentare tranquillamente una ragazza; bastava che nel momento in cui il marito o i parenti scoprivano la cosa, il violentatore estraesse duemila augustari, li stendesse vicino al corpo della ragazza violentata, alzasse le braccia e declamasse: Viva lo 'mperadore, grazi' a Deo! Questo era sufficiente a salvarlo. Era come avesse detto: Arimorta! Attenti a voi! Chi mi tocca verr subito impiccato.

Infatti chi toccava l'altolocato che aveva pagato la defensa veniva immediatamente impiccato, sul posto, o un po' pi in l.

Ecco che la potete immaginare da voi tutta la scena.

Grande vantaggio per il violentatore medievale era dato dal fatto che, allora, le tasche non facevano parte dei pantaloni. Erano staccate; erano delle borse che si appendevano alla cintola, il che poteva permettere una condizione vantaggiosissima dell'amatore: nudo, ma per con la borsa. Perch, nel caso: Ah! mio marito! trac... defensa... op... Arimorta! Ecco i quattrini! Naturalmente bisognava avere i soldi contati, logico, non si pu: Scusi, aspetti un attimo... gli spiccioli!... Ha da cambiarmi per favore? Subito, subito, l, veloci! Le madri che s'interessavano della salute dei propri figlioli, una madre nobile naturalmente, e ricca, diceva sempre: Esci? Hai preso la defensa? No no, vado con gli amici... Non si sa mai, magari incontri...

Ah, perch la defensa valeva anche per la violenza a base di coltello. Uno dava una coltellata a un contadino... zac... defensa! Che naturalmente era minore, centocinquanta massimo. Se poi ammazzava l'asino insieme al contadino, allora si faceva cifra tonda.

Ad ogni modo questo vi fa capire quale fosse la chiave della legge del padrone: la brutalit di una tassa che permetteva di uscire indenni da ogni violenza compiuta da quelli che detenevano il potere. Ecco perch non ce lo spiegano mai questo pezzo a scuola.

Mi ricordo che sul mio libro di testo al liceo tutta questa strofa non esisteva, era stata censurata. Su altri testi c'era, ma non veniva mai spiegata. Perch? logico! Per una ra-

gione molto semplice; attraverso questo pezzo si scopre chi ha scritto il testo. Non poteva essere altro che il popolo.

Il giullare che si presentava sulla piazza scopriva al popolo quale fosse la sua condizione, condizione di cornuto e mazziato, come dicono ancora a Napoli: cio bastonato, oltre che cornuto. Perch questa legge gli imponeva proprio lo sberleffo, oltre che il capestro.

Ed altre ce ne erano di queste leggi bastarde. Quindi il giullare era qualcuno che, nel Medioevo, era parte del popolo; come dice il Muratori, il giullare nasceva dal popolo e dal popolo prendeva la rabbia per ridarla ancora al popolo mediata dal grottesco, dalla ragione, perch il popolo prendesse coscienza della propria condizione.

Ed per questo che nel Medioevo ne ammazzavano con tanta abbondanza di giullari, li scuoiavano, gli tagliavano la lingua, per non dire di altri ornamenti. Ma torniamo al mistero buffo vero e proprio.

Foto I. Sequenza di buffonata.

Ecco, questa una sequenza di buffonata, cio una specie di preparazione agli spettacoli ironico-grotteschi ai quali partecipava anche il popolo, truccato e travestito.

Questi erano popolani... li vedete... questo camuffato addirittura da mammuttones. Cos' il mammuttnes? un'antichissima maschera mezzo capro mezzo diavolo. In Sardegna ancora oggi i contadini durante certe feste si vestono con queste pelli strane, si mettono queste campanelle

e vanno intorno con maschere molto simili a quelle che si notano nella immagine. Vedete che sono quasi tutti diavoli. Ecco, questo un giullare, questo il personaggio del Jolly, il matto (allegoria del popolo) e questo un altro diavolo... un altro ancora... ecco un'altra sequenza.

Foto 2. Sequenza di buffonata.

Diavoli, streghe e un frate decorativo di passaggio. Notate un altro particolare: tutti hanno strumenti per far rumore, perch il gioco del fracasso, del frastuono, era essenziale in queste feste. (Indicando un personaggio della lastrina) Questo ha addirittura un ciucciu, o altri nomi che dnno a Napoli; sono delle membrane di cuoio che, schiacciate e tirate, emettono dei pernacchi spaventosi. (Indica un altro personaggio) Qui c' un altro con la gamba alzata, che non ha bisogno di strumenti: questo lo fa da s, il rumore, un naturalista... Questi altri emettono altri suoni. Questi personaggi mascherati si riunivano tutti quanti nella piazza e incominciavano a fare una specie di processo finto ai nobili, ai potenti, ai ricchi, ai padroni in genere. Fra i quali c'erano mercanti, imperatori, strozzini, banchieri... che poi la stessa cosa. C'erano anche dei vescovi e dei cardinali.

Non ho mai capito perch, nel Medioevo, mettessero vescovi

e cardinali insieme ai potenti e ai padroni: sono atteggiamenti del tutto particolari che non siamo andati a verificare. Naturalmente erano falsi vescovi, falsi ricchi. Chiss perch, i ricchi veri non accettavano di giocare con il popolo. Era gente del popolo che si travestiva; si organizzava una specie di processo, abbastanza violento, a base di accuse precise. Hai fatto questo, hai sfruttato, hai rubato, hai ammazzato... Ma il momento avvincente era il finale. Era una specie d'inferno nel quale venivano precipitati, con finte pentole piene di finto olio bollente, con massacri, con scuoiamenti, tutti questi ricchi, questi signori.

I ricchi, quelli veri, se ne stavano in casa in quei giorni, perch magari passavano per la strada e... Ahiddame! Oh scusi, credevo che fosse uno finto. Quindi, per evitare di essere presi per ricchi finti, se ne stavano in casa asserragliati. Anzi, si dice, lo dice malignamente un grosso storico, Bloch, che quel francese alsaziano ammazzato dai nazisti in quanto comunista, asserisce Bloch che certamente le persiane con le imposte sono state inventate in quel periodo per permettere ai ricchi di poter guardare in piazza queste manifestazioni, senza essere visti da gi.

Tutta questa gente, questi giullari, questi buffoni, alla fine della festa entravano in chiesa. La chiesa nel Medioevo rispettava il significato originale di ecclesia: cio, luogo di assemblea. Ebbene, entravano in quel luogo d'assemblea alla fine degli otto o undici giorni, tempo di durata di questa buffonata che si svolgeva di dicembre e proseguiva la tradizione delle feste Fescennine romane, il carnevale dei Romani. Entravano dunque, e ad aspettarli in fondo alla chiesa, sul transetto, c'era il vescovo. Il vescovo si spogliava di tutti i paramenti e li offriva al capo dei giullari; il capo dei giullari saliva sul pulpito e incominciava a tenere una omelia, una predica, nella chiave esatta delle prediche del vescovo: cio, ne faceva l'imitazione. Non soltanto l'imitazione dei tic, dei moduli, ma di tutto il discorso di fondo: scopriva cio tutto il gioco della mistificazione, dell'ipocrisia: il gioco del potere.

Ed erano talmente bravi a rifare il verso e soprattutto l'imitazione dei moduli d'ipocrisia e di paternalismo, che si racconta che san Zeno da Verona, che era una persona dabbene, fra l'altro, fu talmente fregato da un giullare, fu talmente imitato bene che per sei mesi, ogni volta che tentava di salire sul pulpito per tenere le proprie prediche, non riusciva a terminarle; dopo le prime tre o quattro battute, balbettava e se ne andava.

Succedeva che cominciasse: Miei cari fedeli, io qui, umile pastore vi por... e gi tutti a sghignazzare. La pecorella... Beee!! , e il poveraccio, confuso, doveva andarsene.

Foto 3. Milites, Mosaico absidale (secolo XIII

Basilica di Sant'Ambrogio, Milano.

Ora qui, in quest'altra lastrina, ci sono due personaggi. Sono due milites. la riproduzione di un mosaico che si trova in Sant'Ambrogio di Milano, un pezzo del mosaico

pavimentale di Sant'Ambrogio e neanch'io, che mi ci sono trovato sotto a fare i rilievi quando facevo architettura, non mi ero accorto di questo stupendo pezzo di mosaico. Sono due giullari, due giullari travestiti da milites, e lo si capisce dalla caratterizzazione teatrale dei loro gesti.

I milites venivano presi di mira abbastanza frequentemente anche perch erano quelli pi odiati dal popolo.

Ai milites appartenevano quei professionisti dell'ordine costituito che noi chiamiamo oggi questori, commissari. Se con un po' di fantasia riuscite a togliere gli abiti medievali e li sostituite con un abito moderno, vedrete che hanno certe espressioni abbastanza significative.

Alla vostra sinistra c' una costruzione: ebbene, non fa parte dell'impianto scenico, fa parte di un'altra scena. Infatti tutta questa nostra scena inscritta dentro l'arco. Perch dico questo? Perch evidentemente la costruzione fuori dell'arco composta da diversi piani: sono quattro, cinque, sei piani. Ecco, abbiamo verificato, abbiamo fatto dei sondaggi, delle verifiche storiche: nel Medioevo, le questure e i commissariati erano tutti ad un piano solo. Questo per evitare la dipsonomia, una malattia che colpisce molte volte i questori e i commissari: quella facilit, durante un interrogatorio, di sbagliare nel dare indicazioni. Sono talmente presi dal movimento agitato, dal gesto, che la sinistra diventa la destra, la destra la sinistra, per cui dicono: Esca pure, quella la porta, e indicano le finestra. Questo s verificato parecchie volte... nel Medioevo!

A proposito dello scherzare su cose molto serie, drammatiche, un compagno, ieri, un avvocato, mi ha scritto dicendo che queste allusioni a fatti avvenuti ultimamente, risolti con una risata, gli avevano fatto male. Ebbene, proprio quello che volevamo. Cio, far capire che quanto permette e permetteva ( nella tradizione del giullare) all'attore del popolo, di scalfire le coscienze, di far rimanere qualcosa di amaro e di bruciato. L'allusione ai roghi del tutto casuale.

Se io mi limitassi a raccontare le angherie usando della chiave tragica con una posizione di retorica o di malinconia o di dramma (quella tradizionale, per intenderci), muoverei solo all'indignazione e tutto, immancabilmente, scivolerebbe come acqua sulla schiena delle oche, e non rimarrebbe niente.

Mi sono permesso questo inciso perch, spesso, torna dentro il discorso risentito del perch ridere di cose tanto serie.

proprio il popolo che ce lo ha insegnato: ricordiamo, a proposito del popolo, quello che Mao Tse-tung dice a proposito della satira. Egli dice che la satira l'arma pi efficace che il popolo ha avuto tra le mani per far capire a se stesso, dentro la propria cultura, quelle che sono tutte le storture e le prevaricazioni dei padroni.

Andando avanti con le lastrine, questa immagine ci fa vedere un'altra rappresentazione sacra, questa volta drammatica e grottesca insieme.

Foto 4. Comici ambulanti del secolo xIv. Cambral, Bibliothque Municipale,

una rappresentazione nelle Fiandre, intorno al 1360 (la data segnata sul disegno). Osservate, qui c' una donna con un agnello in braccio. Ve lo faccio notare perch verr di proposito durante un pezzo della rappresentazione della Strage degli innocenti.

Andiamo avanti: qui c' un'altra immagine abbastanza importante, ed Anversa 1465, esattamente l'anno prima dell'editto di Toledo (foto 5).

Quello di Toledo l'editto che viet definitivamente al popolo di rappresentare i misteri buffi. E lo capirete gi da questa immagine, il perch di questa censura. Guardate: qui c' Ges Cristo, un attore che rappresenta Ges Cristo, qui due sgherri. Qui c' un banditore, un altro attore s'intende, e il popolo, sotto, che reagisce, replica alla battuta del banditore.

E cosa dice il banditore? Urla: Chi volete sulla croce?

Foto 5. Rappresentazione comico-grottesca nella piazza municipale di Anversa (1463).

Ges Cristo o Barabba? E sotto tutto il popolo risponde urlando: Jean Gloughert!!, che era il sindaco della citt. Capirete che una simile ironia un po' pesante, cosi diretta, non faceva piacere al sindaco e agli amici suoi... Ecco perch si incominci a pensare: Ma non sarebbe meglio vietarle? Una rappresentazione del genere, anzi, un pochettino pi violenta, se vogliamo, questa (foto 6):

Parigi, qui siamo nella piazza del Louvre, sempre intorno allo stesso periodo. Guardate, c', in questo teatrino, Ges Cristo, un attore che recita la parte di Ges Cristo, e altri attori. Qui c' Ponzio Pilato con la bacinella gi pronta, per permettergli di lavarsi le mani, e qui ci sono due vescovi, notate, sono due vescovi cattolici. Dovrebbero avere un costume almeno ebraico, no? con degli elementi completamente diversi: cappelloni a tonda, torciglioni, abiti d'un'altra epoca, completamente diversi, che la gente conosceva.

Foto 6. Una Passione rappresentata nella Piazza del Louvre, a Parigi (secolo xv),

Invece il popolo, fingendo di non saperne niente di costumi, ci ha piazzato l i due vescovi, quasi veri e nostrani. Cio a dire: D'accordo, il fatto successo in Palestina, come non detto, d'accordo, non c'erano ancora i cristiani, quegli altri erano ebrei, quindi non c'entra niente, erano vescovi ebrei e, soprattutto, erano di un'altra religione, un'altra realt! S, ma sempre due vescovi erano, quelli che hanno insistito tanto perch fosse mandato in croce Ges Cristo. Il fatto che sempre, in tutti i tempi e in tutte le epoche, i vescovi stanno dalla parte dei padroni per mettere in croce i poveri cristi!

E naturalmente questi discorsi non piacevano ai vescovi, ai cardinali e neanche al papa, tanto che decisero di riunirsi a Toledo e dissero: Basta! Non dobbiamo pi permettere che il popolo approfitti di questo gioco scenico, che parte dal sacro, per poi far cadere tutto in burla e in ironia.

E cosi vietarono non soltanto di prendere come pretesto il Vangelo, ma anche la Bibbia.

Foto 7. La sbornia di Davide (da un codice miniato dell'Alto Medioevo).

Ecco un giullare legato alla strumentalizzazione dei racconti biblici. la rappresentazione della famosa sbronza di Davide. Nella Bibbia si racconta che Davide si becc una

sbronza che dur sette giorni, spaventosa! Durante questa sbronza se la prese un po' con tutti: cominci ad insultare suo padre, la madre, il padreterno, ma soprattutto se la prese con i propri sudditi, cio il popolo. Diceva pi o meno: Popolo becero, disgraziato e anche un po' coglione, ma perch credi a tutte queste storie? E il giullare riprendeva grottescamente quel personaggio urlando al pubblico: Ma davvero credi che il padreterno sia sceso in terra con tutte le sue carabattole e abbia detto: "Beh, adesso basta con queste discussioni sulla divisione dei beni e dei terreni, faccio io, faccio da me. Ecco, vieni qua tu, hai la barba, mi piaci, prendi questa corona: tu fai il re. Tu, vieni qua. tua moglie? Sei simpatica, fai la regina. Che faccia da delinquente che hai tu, tieni... fai l'imperatore. E quello... che faccia da furbo che ha... Vieni, vieni, to', fai il vescovo, vai! A te, guarda, faccio fare il commerciante. A te, vieni, vieni... guarda, tutto questo spazio, tutta quella terra che va fno a quel fiume tutta roba tua... mi sei simpatico... e tientela stretta eh!!... Non mollarla mai agli altri, e falla lavorare per bene... E anche a te, prendi questa terra... tuo parente? Bene! cos la roba si tiene unita. Ed ora vediamo un po'... a te dar tutta la parte sul mare. Il diritto di pesca, invece, per te. E voi... laggi... miseri e striminziti... te e te e te e te, e anche le vostre mogli, lavorerete per lui, per lui e per lui, e anche per lui, e se vi lamenterete vi sbatto all'inferno, come vero che sono Dio! E lo sono, per Dio!"

Ecco, rappresentazioni di questo genere non piacevano a quelli che la roba l'avevano per davvero: quindi si decise, o meglio lo decisero i vescovi, che qualora un giullare si fosse permesso di recitare ancora simili obbrobri in mezzo al popolo, sarebbe stato bruciato immediatamente.

Tuttavia ci fu un tale, un certo Hans Holden (foto 8), famoso giullare tedesco, bravissimo in questo gioco dell'ubriacatura di Davide, che si permise di recitare ancora dopo l'editto: lo misero al rogo. Il poveraccio credeva che i vescovi scherzassero con la loro minaccia: Figurati se mi mettono al rogo! Ma si sbagliava, i vescovi sono gente seria, non scherzano mai! Infatti l'hanno bruciato vivo. Finito l.

C'era anche un modo di fare battage pubblicitario, diciamo, agli spettacoli sacri, usato nel Medioevo. Ancora oggi, in Puglia, durante i festeggiamenti per San Nicola da Bari, un santo che veniva dall'Oriente, famoso vescovo, santo, negro, si celebrano processioni.

negro, si celebrano processioni. Ebbene, oggi questa festa si ridotta a una sfilata cos, generica, con cartelloni che nel Medioevo servivano ad indicare i pezzi, le scene che sarebbero state rappresentate la sera stessa. Dietro c?erano dei ?battuti?. Ovvero dei flagellanti o flagellati, che andando intorno si davano delle pacche della madonna? Non per niente si trattava di uno spettacolo sacro.

Non solo, ma finito il giro di pubblicit per le strade e per le piazze della citt, si mettevano intorno al palco dove si svolgeva la rappresentazione e sottolineavano, indicavano cantando, urlando, lamentandosi e respirando perfino coralmente. I tempi drammatici e grotteschi della rappresentazione. Insisto su questo particolare perch sentirete intervenire ogni tanto nelle mie esibizioni indicazioni di forma di canto corale. Il canto pi o meno era questo, per esempio:

LAUDA DEI BATTUTI

Prototipi: Pordenone, Brescia, Campagna mantovana

Ohioihi battete, battetevi! Ehiaieehie!

Compagni, mettetevi in schiera (fila),

battetevi forte e volentieri,

non abbiate doglia (non lamentatevi) di queste botte: battetevi!

Non tremate d'esser nudi,

non tremate (non abbiate paura) delle frustate che vescicano (fanno vesciche, piaghe),

carni rotte e disgiunte (dalle ossa).

Ohioihi battete, battetevi! Ehiaieehie!

Chi vuol prendersi salvezza

che si batta col flagello con il flagello

facendolo schioccare,

non fingete di darvi botte: battetevi!

ch il Signore onnipotente

fu battuto veramente.

Ohioihi battete, battetevi! Ehiaieehie!

Se volete prendere (fare) penitenza

e scontare la grande sentenza

che prossima ad arrivare

che nessuno potr scampare: battetevi!

che verr addosso a noi,

ohi battiamoci con dolore.

Ohioihi battete, battetevi! Ehiaieehie!

Per salvarci dal peccato

Ges Cristo fu picchiato,

sulla croce fu inchiodato,

sulla faccia gli fu sputato: battetevi!

e l'aceto gli fu dato a bere

e non c'era li San Pietro,

Ohioihi battete, battetevi! Ehiaieehie:

E voi signori dell'usura,

voi ne avrete malaventura,

voi che avete sputato a Cristo

LAUDA DEI BATTUTI

Prototipi: Pordenone, Brescia, Campagna mantovana

Ohiohioh bati', bative! Ehiaiehieh!

(E) compagnon, metf in scera,

batf forte e volentera,

n'avi' doja d'sti bti: bative!

no trambt de ves isbiot(i),

no trambt le visigade,

carne rote e disciuncade.

Ohiohioh bati', bative! Ehiaiehieh!

Chi vol torse salvasion

c'ol se bata de rscon

col fragel a batascioch,

no fi' mostra de daf bot: bative!

c'ol Segnor onniputent(e)

foe batd veritament(e).

Ohiohioh bati', bative! Ehiaiehieh!

Se vorsi' tor penitensa

a scunt la gran sentensa

c' la se proxima a rivare

che niun podr scampare: bative!

che gnir de contra a noj,

ohj batemose cunt doj.

Ohiohioh bati', bative! Ehiaiehieh!

Par salvarghe d'ol pecat

Jesus Xristo foe picat,

'nsu la croze foe 'nciudat,

su la facia g' foe spdat: bative!

e l'ased g' foe dait a bevar

e no gh'era l ol sant Pedar.

Ohiohioh bati', bative! Ehiaiehieh!

E vui segnori de l'sura,

vui n'avrit malaventra,

vui c'havit spat a Xristo

arricchendovi col malacquisto: battetevi!

voi che avete torchiato come (si torchia) l'uva

i denari a quelli che sudano.

Ohioihi battete, battetevi! Ehiaieehie!

col sciorirve al mal acquisto: bative!

vui c'havit turciat 'm l'uga

i danari a qui(e) che sda.

Ohiohioh bati', bative! Ehiaiehieh!

Qualche anno fa si tenuta presso Milano, all'abbazia di Chiaravalle, una straordinaria mostra di macchine teatrali. Si trattava di splendide statue in cui tutti gli arti erano mobili, articolati, esattamente come nei burattini o nelle bambole. Il movimento era regolato da una serie di leve e di ganci che venivano manovrati da un burattinaio nascosto nell'incavo dietro la statua, che non era a tutto tondo, ma costruita solo per la met anteriore. C'era per esempio una stupenda Madonna col bambino del 1100 in cui entrambi i personaggi si muovevano, braccia, tronco, gomiti e perfino gli occhi, giocando anche sul trucco del ds equilibro dei burattinai fiamminghi: per esempio, nell'avambraccio, a bilanciere, a snodo dentro la mano, c'era un perno, per cui qualsiasi colpo, anche piccolo, faceva roteare la mano sul polso, prima che ritrovasse il proprio equilibrio stabile. Qualsiasi piccolo colpo faceva in modo che le mani, o un'altra parte del corpo, si muovessero con una grazia straordinaria. Il che dava l'impressione di qualcosa di vivo.

Con lo stesso principio stato costruito un altro pezzo famoso, il Cristo d'Aquileia: non lo si vede perch vestito di una tunica che gli ricopre tutto il corpo, ma, a nudo, tutto articolato, fino al collo.

Perch il popolo ricorreva a queste macchine per rappresentare la divinit, quando metteva in scena i propri spettacoli? Forse aveva timore di fare atto di blasfemia, di intaccare la sacralit del personaggio divino? No! Niente affatto, ci avveniva perch l'attore, il comico, voleva che l'interesse del pubblico fosse accentrato non tanto verso il divino, ma verso l'uomo: se un attore fosse entrato prima nel costume di Ges Cristo si sarebbe presa tutta l'attenzione, mentre una statua era soltanto indicativa, emblematica, e l'attore aveva agio di sviluppare la drammaticit della condizione umana, sottolinearla maggiormente: la disperazione, la fame, il dolore.

Ho fatto questo discorso sulle macchine teatrali perch il pezzo che reciter ora ne prevede l'impiego, appunto l'impiego di una macchina che raffigura la Madonna col bambino in braccio. Con lei abbiamo in scena una donna che tiene in braccio un agnello, una pazza: ecco perch vi ho fatto notare prima quell'immagine delle Fiandre in cui si vede una donna con un agnello in braccio. una donna alla quale hanno ammazzato il bambino durante la strage degli innocenti e ha trovato in un ovile un agnello, se l' preso in braccio e, convinta, va a dire a tutti che quello il proprio figlio. L'allegoria chiara; l'agnello l'Agnus Dei, il figlio di Dio, quindi questa donna anche la Madonna.

Questo doppio gioco del personaggio donna-Madonna molto antico, viene addirittura dai greci; la donna pu permettersi di dire delle cose che una Madonna vera, un'attrice che facesse la Madonna, o meglio un attore truccato da Madonna, come si usava allora, non avrebbe mai potuto dire. Questa donna bestemmia addirittura contro Dio, con una violenza incredibile. Si mette a urlare con quest'agnello in braccio: ... potevi tenertelo presso di te tuo figlio, se doveva costarci tanto patimento, tanto dolore! Verrai a comprendere il dolore degli uomini, tu che hai voluto subito un cambio a tuo vantaggio, per una tazzina di sangue tuo hai voluto un fiume di sangue, mille bambini per uno tuo. Potevi tenerlo presso di te tuo figlio, se doveva costarci tanto patimento, tanto dolore! Verrai a capire anche tu il dolore, la pena degli uomini, la disperazione, il giorno che verr a morirti tuo figlio in croce. In quel giorno capirai quale tremendo castigo hai imposto a tutti gli uomini, per un peccato, per un errore! Ebbene, sulla terra, nessun padre, per quanto malvagio, avrebbe avuto il coraggio di imporlo al proprio figliolo. Per quanto fosse carogna, questo padre!

certo la pi grande bestemmia mai udita! come dire: Padre, padreterno, sei la zozza della zozza! Nessun padre tanto carogna quanto te. E perch tanto odio da parte del popolo verso il padreterno? L'abbiamo visto prima. Perch il padreterno rappresentativo di quello che i padroni hanno insegnato al popolo, quello che ha fatto le divisioni, che ha dato terre, poteri, privilegi a un certo gruppo di persone, e invece fastidi, disperazione, sottomissione, umiliazione, mortificazione all'altra parte del popolo. Ecco perch Dio odiato, perch rappresenta i padroni, quello che d le corone, i privilegi; mentre amato Ges Cristo, che quello che viene sulla terra a cercare di ridare la primavera. E, soprattutto, la dignit. Il discorso della dignit , in queste storie del popolo, ripetuto quasi a tormentone, con un'insistenza incredibile. La dignit.

Andremo ora alla rappresentazione della Strage degli innocenti. Devo indicarvi soltanto un particolare: il linguaggio. Il linguaggio, il dialetto, sarebbe meglio dire una lingua, perch il padano dei secoli XIII-XV, ma recitato da un attore, il quale si trovava costretto a cambiare paese ogni giorno. Oggi era a Brescia, domani a Verona, a Bergamo ecc. ecc., quindi si trovava a dover recitare in dialetti completamente diversi l'uno dall'altro. Erano centinaia i dialetti, e c'era una grandissima differenziazione, maggiore che quella attuale, fra un paese e l'altro, per cui il giullare avrebbe dovuto conoscere centinaia di dialetti. E allora, che cosa faceva? Ne inventava uno proprio. Un linguaggio formato da tanti dialetti, con la possibilit di sostituire parole in determinati momenti, e quando si trovava nell'impaccio di non sapere quale parola scegliere, per far capire qualche cosa, ecco che subito metteva tre, quattro, cinque sinonimi. C' un esempio straordinario: un giullare di Bologna racconta di una ragazza che si trova ad abbracciare un uomo che ama. Ma di colpo ne ha paura. Ha voluto ad ogni costo far l'amore con lui, ma quando si trova nel momento delicato, ecco che subito lo allontana e dice: Non me tocar a mi, che mi a son zovina, son fiola, tosa son e garsonetta. Ha detto tutto: sono ragazza, sono ragazza, sono ragazza e anche ragazza. Cosi ognuno si pu scegliere il termine che meglio comprende. Queste iterazioni le sentirete in questo spettacolo molte volte, ma sono usate anche ad altro scopo: raddoppiare il momento poetico e, soprattutto, nel ritmo, ingigantire la drammaticit. E questa una cosa sola, unica, del giullare, del teatro del popolo, cio, la possibilit di poter scegliere i suoni pi adatti al momento. Per cui si sente croz, cros, crosge ed sempre croce, presa da diversi dialetti, per rendere il momento pi adatto al valore scenico. La rappresentazione eseguita da un solo personaggio e poi vi spiegher il perch. Non soltanto un fatto di esibizione, ma c' una ragione reale di fondo. Ci sar il gioco delle statue mobili, come vi ho gi detto, il coro dei battuti, quello che inizia il canto e a un certo punto, vedrete, c' un soldato che viene scannato e muore, e il coro dei battuti indica l'andamento funebre di un canto.

STRAGE DEGLI INNOCENTI

CORO DEI BATTUTI

Ohiohi battete, battetevi!

Eheiaiehieh!

Con dolori e con lamenti

per la strage degli innocenti,

innocenti mille bambini

li hanno scannati come agnellini,

dalle mamme stralunate

re Erode li ha strappati.

Ohiohi battete, battetevi! Ehiaiehieh!

donna Assassino... porco... non toccare il mio bambino.

primo soldato Lascialo andare... molla 'sto bambino o ti taglio le mani... ti do un calcio nella pancia... molla!

donna Nooo! Ammazza me piuttosto... (Il soldato le strappa il bambino e glielo uccide). Ahia... ahaa... me lo hai ammazzato, accoppato.

secondo soldato Oh, eccone qui un'altra... Fermati dove sei, donna... O v'infilzo tutte due... te e il tuo bambino.

madre Infilzaci pure, che io preferisco...

secondo soldato Non far la matta... sei ancora giovane tu e hai il tempo di sfornarne un'altra dozzina di bambini... Dammi qui quello... fa' la brava.

madre No... gi queste zampacce da dosso.

secondo soldato Ahia... mordi eh... e allora prendi questo (schiaffo), e lascia 'sto fagotto!

madre Piet, ti prego... non uccidermelo... ti do tutto quello che ho.

Il soldato strappa il fardello alla madre e si ritrova fra le mani un agnello.

STRAGE DEGLI INNOCENTI

CORO DEI BATTUTI

Ohioihi bari', bative!

Ehiaiehieh!

Cont duluri e cont lamenti

par la straze d'innozenti,

innozent mila fiolit

i han scan 'me pegurit,

da le marne stralnade

ol Re Erode i ha scarpadi.

Ohioihi bati', bative! Ehiaiehieh!

DONNA - Sasn... porch... no toc ol me fiol.

PRIMO SOLDATO - Lasl and... mola sto fiol o at taj le mane... at dag na pesciada in la panza... mola!

DONNA - Nooo! Amsum a mi pitst... (Il soldato le strappa il bambino e glielo uccide). Ahia... ahaa... at m'l'hait amast, cuptt.

PRIMO SOLDATO - Oh, t'en chi n'oltr... Frmet doa at seit, dona... a v'infilzi a tti e doi... ti e ol bambin.

MADRE - Infilzegh pura, che mi a preferzo...

SECONDO SOLDATO - No far la mata... at seit anc'mo zina ti e at hait ol temp de sfurnn 'n'altra dunzena de bambin... Dam chi quel... fa' la brava...

MADRE - No... gi sti sciampasc de doss.

SECONDO SOLDATO - Ahio... a te sgagni eh... e alora cata quest... (schiaffo) e mola stu fagtt!

MADRE - Pit, at pregi... no'l me masl... at dag tilt quel che a g'ho...

Il soldato strappa il fardello alla MADRE - e si ritrova fra le mani un agnello.

SECONDO SOLDATO - Oh, ma cos' questo? Un pecorino, un agnello...?

MADRE - Oh s, non un bambino, un pecorino... io non ho mai avuto dei bambini... non sono capace, io. Oh ti prego, soldato, non uccidermi questo agnello... che non ancora Pasqua... e faresti un grande peccato se me lo ammazzi!

SECONDO SOLDATO - Oh, DONNA - ! Mi vuoi prendere per il didietro... o forse sei matta?

MADRE - Io matta? No che non sono matta!

Sopraggiunge un altro soldato.

SECONDO SOLDATO - Vieni via, lasciale l'agnello... che quella una alla quale si rovesciato (stravolto) il cervello... dal dolore che le abbiamo ucciso il figlio. Cosa ti prende... muoviti, che ne abbiamo ancora un grande mucchio da scannare.

PRIMO SOLDATO - Aspetta... che mi viene da vomitare...

SECONDO SOLDATO - Bella forza! Mangi come una vacca: cipolle, montone salato e poi... vieni qui all'angolo, c' un'osteria... ti far bere un bel grappotto.

PRIMO SOLDATO - No, non per il mangiare! per questo macello, questa carneficina di bambini che abbiamo messo in piedi, che mi si rovesciato lo stomaco.

SECONDO SOLDATO - Se sapevi di essere cos delicato, non dovevi venir a fare questo mestiere del soldato.

PRIMO SOLDATO - Io ero venuto soldato per uccidere uomini nemici...

SECONDO SOLDATO - E magari anche per sbattere riversa anche qualche bella DONNA - sul pagliaio... eh?

PRIMO SOLDATO - Beh, se capitava... ma sempre DONNA - di nemici...

SECONDO SOLDATO - E scannargli il bestiame...

PRIMO SOLDATO - Dei nemici.

SECONDO SOLDATO - Bruciargli le case... uccidergli i vecchi... le galline e i bambini... Bambini sempre di nemici.

PRIMO SOLDATO - S, anche i bambini... ma in guerra! In guerra non disonore: ci sono le trombe che suonano, i tamburi che rullano e canzoni di battaglia e le belle parole dei capitani alla fine!

SECONDO SOLDATO - Oh, anche per questo macello avrai delle belle parole dai capitani.

PRIMO SOLDATO - Ma qui, si ammazzan degli innocenti...

SECONDO SOLDATO - E perch, in guerra non sono tutti

SECONDO SOLDATO - Ohj, ma se l' quest? Un pegurin', un berin...?

MADRE - Oh s, non l' un bambin, a l' un bern... mi ne g'ho gimai adi de bambin... no so capaz, mi. Oh, te pregi, soldat, no masarme sto berin... che non l' Pasqua... e at faret gram pecat se at m'lo masi!

SECONDO SOLDATO - Oh, dona! Ti me vol (voj) tor par ol de-drio... o ti mata de cuntra?

MADRE - Mi mata? Non che no'l sont mata.

Sopraggiunge un altro soldato.

SECONDO SOLDATO - Vegn oltra, lsegh ol berin... che quela la a l' vna che ol s'ha ruers ol cervel... par ol dulor che gh'em cup ol fioln. 'S'te cata... moevete, che a' n'em anc'm una gran mgia de scan(n).

PRIMO SOLDATO - Pecia... ch'am vegn de tra s...

SECONDO SOLDATO - Bela forza! At magnet me na vaca: scigul, muntun saladi e poe... vegn chi al cantun, gh' 'n'osteria... at fagar bevar un bel grapot(o).

PRIMO SOLDATO - No, no l' par ol mangi! a l' par stu macel, sta becaria de fiult ch'em trait in pie, che ol me s' ruers el stomegh.

SECONDO SOLDATO - Se ol savevet d'es insci delicat, no te dovevet gn a f stu mest d'ol suldat.

PRIMO SOLDATO - Mi eri gnd suldat par masar omeni nemisi...

SECONDO SOLDATO - E magari per sbatasci anca quai dona ruersa sul paion... eh?

PRIMO SOLDATO - Bon, se la capitava... ma semper dona di nemisi...

SECONDO SOLDATO - E scanag ol bestiam...

PRIMO SOLDATO - Ai nemisi.

SECONDO SOLDATO - Brsagh le case... copagh i vegi... le gane... e i fiult. Fiult sempar di nemisi.

PRIMO SOLDATO - S, anca i fiult... ma in guera! In guera non l' desunor: ag son le trombe che e sona, i tamburi che i pica e canson de bataja e i bei paroli d'i capitani a la fin!

SECONDO SOLDATO - Oh, anca par sto macel ti g'avr d'i bei paroli d'i capitani.

PRIMO SOLDATO - Ma ch, as masa d'i inozenti...

SECONDO SOLDATO - E perch, in guera no i sont tti inozenti? innocenti? Cosa ti hanno fatto a te, quelli? T'hanno fatto qualche cosa quei poveracci che uccidi e scanni col suono delle trombe? (Sul fondo passa la macchina raffigurante la MaDONNA - col bambino). Che mi si possano accecare gli occhi se quella non la Vergine Maria col suo bambino che stiamo cercando! Andiamole appresso, prima che ci scappi... muoviti, che questa volta raccogliamo il premio, che grosso.

PRIMO SOLDATO - Non lo voglio questo premio schifoso sporco...

SECONDO SOLDATO - Bene, lo raccoglier (prender) da solo.

PRIMO SOLDATO - No, neanche tu lo prenderai... (Gli sbarra la strada).

SECONDO SOLDATO - Ma sei diventato matto? Lasciami passare, che abbiamo l'ordine di ammazzare il suo figlio alla Vergine...

PRIMO SOLDATO - Ci cago sull'ordine io... non muoverti da li o ti stronco...

SECONDO SOLDATO - Disgraziato... non hai ancora capito che se quel bambino rester in vita, diventer lui il re di Galilea al posto di Erode... che gliel'ha detto la profezia, quello!

PRIMO SOLDATO - Cago anche su l'Erode e la profezia, io!

SECONDO SOLDATO - Hai bisogno di andar di corpo, tu, mica di stomaco, allora... Vai in un prato e lasciami passare... che io non voglio perdere il premio, io!

PRIMO SOLDATO - No, ne ho abbastanza di veder ammazzare bambini!

SECONDO SOLDATO - Allora sar peggio per te! (Lo trafigge con la spada).

PRIMO SOLDATO - Ahia... che mi hai ucciso... disgraziato... mi hai sfondato le budella...

SECONDO SOLDATO - Mi rincresce... sei stato proprio un tarlocco (stupido)... io non volevo...

PRIMO SOLDATO - Mi piscia il sangue da per tutto... oh mamma... mamma... dove sei, mamma... viene buio... ho freddo, mamma... mamma... (Muore).

SECONDO SOLDATO - Non l'ho ucciso io, questo era gi cadavere nel momento in cui ha cominciato ad avere piet. Soldato che sente piet gi bello e morto ammazzato, lo dice anche il proverbio! E intanto mi ha fatto perdere l'occasione di prendere la Vergine col bambino.I battuti cantano una litania funebre. Il soldato esce trascinandosi via il cadavere del compagno. En tra la MaDONNA - , o meglio, il manichino della MaDONNA - . Alle sue spalle entra la pazza. Cosa t'han fait a ti, quei? T'han fait quajcosa sti poveraz che at copett e at scan col sonar de trombe? (Sul fondo passa la macchina raffigurante la MaDONNA - col bambino). Ch'am s'debia sguerciar i gi se quela no a l' la Verzen Maria col so bambin che sem oltra a cerca! 'Ndmegh a press, inanz che la ghe scapa... moevete che sta volta ag cateremo ol premi, ch'a l' groso.

PRIMO SOLDATO - No al voj sto premi sgaroso, sporcelento...

SECONDO SOLDATO - Bon, al catar mi ad zolo.

PRIMO SOLDATO - No, ne manco ti ol catart... (Gli sbarra la strada).

SECONDO SOLDATO - Ma ti gndo mato? Lsame pasar, che gh'em l'orden de masarghe ol so fiol a la Verzen...

PRIMO SOLDATO - Ag caghi su l'rden mi... no bogiarte de l loga che at s'ciunchi...

SECONDO SOLDATO - Disgrasiad... no t' an 'mo capit che se a quel bambin ol rester in vita, ol gnir l ol re de Galilea, al post d'ol'Erode... che gl' l'hait dit la profezia, quel!

PRIMO SOLDATO - Ag caghi anco s l'Erode e la profezia, a mi!

SECONDO SOLDATO - At gh'hait besogn de 'nd de corpo, miga de stomeg te, alora... Fate in d'un prat e lseme pasar(e).., che mi no voi perd ol premi, a mi!

PRIMO SOLDATO - No, gh'n'hait abasta de vid amazar fiult!

SECONDO SOLDATO - Alora ol sar pejor par ti! (Lo trafigge con la spada).

PRIMO SOLDATO - Ohia... ch'at m'hait cupat... disgraziat... at m'hait sfondade le bele.

SECONDO SOLDATO - Am rincress... at set stait impropi un tarloch... mi no vorsevi miga...

PRIMO SOLDATO - Am pisa ol sangu da part tt... oh marna... marna... indua at sett, mama... ol vegn scr... hait frec, mama... marna... (Muore).

SECONDO SOLDATO - No l'ho cupat mi, quest a l'era gi cadaver in d'ol mument che l'ha scomenz a 'vegh pit. Suldat ch'ol sent pit a l' gi bela mort cup, ol dis anca ol proverbio! E 'ntant ol m'ha fait perd l'ocasion de cat la Verzen col bambin.I battuti cantano una litania funebre. Il soldato esce trascinandosi via il cadavere del compagno. Entra la MaDONNA - , o meglio il manichino della MaDONNA - . Alle sue spalle entra la pazza.

MADRE - Non scappate, MaDONNA - ... non abbiate paura che io non sono un soldato... sono una DONNA - ... una mamma anch'io... col mio bambino... Nascondetevi tranquilla, che i soldati sono andati via... sedetevi, povera DONNA - , che ne avete fatto di correre... Fatemi guardare il vostro bambino. Oh! com' bello e colorito! Quanto tempo ha? Bello, bello... come allegro... ride... bello, bello... deve avere giusto il tempo del mio... Come ha nome? Ges? un bel nome: Ges! Bello, bello... Gesulino... ha gi due dentini... ohi che simpatico... il mio non li ha ancora tutti i denti... stato un po' malato il mese scorso, ma adesso sta bene... qui che dorme proprio come un angioletto... (Lo chiama) Marco! Si chiama Marco... dorme proprio di gusto... Oh caro, come sei bello! Sei bello anche tu... Marcolino... anche vero che noialtre mamme siamo fatte in una maniera che il nostro bambino ci sembra il pi bello di tutti... pu avere anche qualche difetto, ma noi non lo vediamo. Gli voglio tanto di quel bene a questo bestiolino, che se me lo portassero via diventerei matta! Se penso al grande spavento che ho avuto questa mattina, quando sono andata alla culla e l'ho trovata vuota, piena di sangue e il mio bambino non c'era pi... Per fortuna che non era vero niente... che era solo un sogno, ma io non sapevo che era un sogno, tanto che di li a poco mi sono svegliata ancora sotto l'impressione del sogno, e tutta disperata che sembravo una matta! Sono andata fuori nella corte e ho cominciato a bestemmiare contro il Signore: Dio tremendo e spietato, - gli gridavo, - l'hai comandato tu 'sto ammazzamento... l'hai voluto tu questo sacrificio in cambio di far venir gi tuo figlio: mille bambini scannati per uno di te (uno tuo), un fiume di sangue per una tazzina! Potevi ben tenerlo vicino a te 'sto figlio, se doveva costarci tanto sacrificio a noi poveri cristi... Oh, verrai a capire alla fine anche tu cosa vuol dire crepare di dolore nel giorno che verr a morirti il figlio. Arriverai anche a capire alla fine che stato ben grande e tremendo castigo che hai imposto agli uomini in eterno... che nessun padre sulla terra non avrebbe giammai avuto il cuore d'imporre ci a un suo figlio, per quanto fosse malvagio!

MADRE - No scapt, Madona... no catf pagra che mi no sont un soldat... sont una dona... una mama anch mi... col me bambin... Scondv chi loga tranquila, che i suldat i sont andat via... sentve, pora dona, che n'avit fait d'ol curir... Fime vard ol vostro fiol. Oh! me l' bel et culort! Quant temp ol g'ha? Belo, belo... me l' alegher... ol rid... bel, belo... ol dev averghe giusta ol temp d'ol me... Me ol g'ha nom? Jesus? L' un bel nom: Jesus! Belo belo... Jesuln... ol g'ha gi doi denct... ohi che simpatech... ol me n'ol g'ha an'mo fait i denci... l' stait un poch malad ol mes pasat, ma ades ol sta ben... l' ch che ol dorma propi me un angiulin... (Lo chiama) Marco! Ol g'ha nom Marco... ol dorma propi de gst... Oh cara, me t'set bel! Set bel anca ti... Marcolin... L' anca vera che nojaltre mame a s'em fait in d'una manera che ol noster fioln ol ghe pare ol pi belo de tti... ol pol averghe anch quai difet, ma nnc no 1' videm miga. Ag voj tanto de quel ben a sto bestiol, che se m'al purtsen via a gnira mata! Se ag pensi al grand stremizi che g'ho t stamatina, quand che sont andada a la cna e la g'ho truvada svoeja, piena de sangu e ol me fiuln ol gh'era pi... Par fortna che no l'era vera nagot... che a l'era dm un sogn, ma mi n'ol savevi miga che a l'era un sogn, tant che de l a poch me sont desvegiada an'mo sota l'impresiun d'ol sognament, e tta desesperada che parevi 'na mata! Sunt andada de fra in d'la cort e g'ho scomens a biastem contra al Segnur. Deo tremend e spiett, - ag criavi, - at l'hait comandat ti sto 'mazament... a t'hait vorsd ti sto sacrifizi in scambi de fag gni gi ol to fiol: mla fiolt scanat par vn de ti, un fim de sangu par 'na tasina! T'ol podevet ben tegnl in presa a ti sto fiol, se ag dueva costarghe tanto sacrifizi a nn pover crist... Oh, at gnir a cumprend in fin anca ti se ol voer di' crepar de dulor in t'ol d che gnir a murit ol fio. At gnir anca a comprend infina co l' stait ben grand tremend castigo che t'hait picat a i omeni in eterno... che niuno patre in su la tera no g'avara gimai t ol cor de 'mporghe a un so fiol, (per) quant c'ol fdess malvaz! Ero l nel cortile che gridavo queste bestemmie, come vi ho detto, quando, di colpo, ho voltato l gli occhi e, dentro l'ovile, in mezzo alle pecore, ho scoperto il mio bambino che piangeva... subito l'ho riconosciuto... l'ho preso nelle braccia... e ho cominciato a piangere di consolazione. Ti domando perdono, Signore misericordioso, per queste brutte parole che ti ho gridato, che io non le pensavo... che stato il diavolo s, stato il diavolo a suggerirmele! Tu sei tanto buono, Signore, che mi hai salvato il figlio di me!... e hai fatto in modo che tutti lo prendono per un agnello-pecorino, vero. E anche i soldati non se ne accorgono, e me lo lasciano campare... Dovr giusto stare attenta in campagna il giorno che verr la Pasqua, che quello il tempo che si ammazzano agnelli uguale che oggi i bambini. Verranno i macellai a cercarmelo... ma io gli metter una cuffietta in testa e lo fascer tutto con le pezze... che si convincano che un bambino. Ma appresso, subito, guarder bene che non lo debbano riconoscere mai pi per un bambino... anzi, lo porter a pascolare e gli far imparare a mangiare l'erba in modo che sembrer assomiglier (sar) per tutti un pecorino... Perch sar pi facile, a questo mio figlio, campare da pecora, che non da uomo, in questo mondo infame! Oh, si svegliato... ride! Guardate, MaDONNA - , se non bello da cogliere (cogliere come fosse un fiore) il mio Marcolino... (La DONNA - scosta lo scialle e mostra alla MaDONNA - la pecorella. La MaDONNA - ha un malore). Oh, MaDONNA - , vi sentite male? Fatevi forza, non piangete... che il peggio passato... Andr. tutto a finir bene, vedrete... Basta avere fiducia nella Provvidenza che ci aiuta tutti!

CORO - Signore, che sei tanto misericordioso da far venire la follia a quelli che non sono capaci di tirarsi fuori il dolore...

MADRE - (cullando l'agnello canta)

Nanna, nanna,

bel bambino della tua mamma.

La MaDONNA - cullava

intanto che gli angeli cantavano,

San Giuseppe in piedi dormiva,

il Ges bambino rideva

e l'Erode bestemmiava,

mille bambini in cielo volavano,

nanna, nanna!

A s'eri l-lo in dela corte che criavi ste biasteme, come v'ho dit, quand, de bot, ho volt l i gi e, denter al uvl, in mez a i pegur, ho descovr ol me bambin che ol piagneva... de sbet ag l'ho recognosd... l'hait catat in ti brazi... e ho scomens a piangere de consolazio(n)... At domandi pardon, Segnor misericurdis, par sti brti paroli che t'hait criati, che mi no le penzva miga... che o l' stait ol diavul, s, ol stait ol diavul, a sugerimei! Ti tant bon, Segnor, che ti m'hait salvad ol fiol de mi!... e ti g'ha fait de manera che toti ol ciapa par on pegurin-bern veraz. E anco i soldat no se n'incorge miga e am lo lseno campare... Dovar gista stag atenta in campana in t'ol d che gnir la Pasqua, che quel a l' ol temp che as masa pegurit-bern compagn che incoe bambin.

A gnirn i becari a cercamel... ma mi ag metar na scfieta in testa e ol faser tiito de pesa... che as convinze che a l' un bambin. Ma a pres, de sbet, a varder ben che n'ol debian recognosar gimai pi par un bambin... anze, ol menar a pascolare e ag fagar 'mparare a magnar l'erba in manera che ol sembrer somejer par tti un pegurin... Imparch ol vegnir pl fazile, a sto me fiol, campar de pegura che non d'omo, in sto mundo infamat!

Oh, ol s' desvegi... ol ride! Vardt, Madona, se no l' bel de cat ol me Marcolin... (La DONNA - scosta lo scialle e mostra alla MaDONNA - la pecorella. La MaDONNA - ha un malore). Oh, Madona, av sent mal? Fiv forza, no piagni... che ol pejor a l' pasat... Ol andr tto a forn ben, vedar... L' abasta aveg fidcia in la Providenza che ghe ada a toti!

CORO - Segnor che ti tanto misericordis de fag 'gni la fola a quei che non sont capaz de tras foera ol dolor...

MADRE - (cullando l'agnello canta)

Nana, nana,

bel bambin de la tua mama.

La Madona la ninava

'tant che i angiuli cantava,

San Giusep in pie ol dormiva,

ol Ges barnbin rideva

e l'Erode ol biastemava,

mila fiolt in zel volava,

nana nana.

Sempre legata al tema della dignit la Moralit del cieco e dello storpio. uno dei temi pi famosi e diffusi nel teatro medievale di tutta Europa; se ne conoscono versioni un po' dappertutto: pi di una in Francia (foto 9), nello Hainaut belga. In Italia una versione celebre, di Andrea della Vigna, della fine del Quattrocento.

Ebbene, a un certo punto il cieco dice: Non dignit avere le gambe dritte, avere gli occhi che vedono, dignit non avere un padrone che ti sottomette. La libert vera quella di non aver padroni, non soltanto io, ma vivere in un mondo dove anche gli altri non abbiano padroni. E questo, pensate!, intorno al 1200-1300.

Naturalmente, queste sono cose che a scuola non ci insegnano, perch far sapere ai ragazzini che gi nel Medioevo i poveracci avevano capito certe dimensioni, il significato dell'essere sfruttato, molto pericoloso!

MORALIT DEL CIECO E DELLO STORPIO

CIECO - Aiutatemi, buona gente... fatemi la carit, a me che sono povero e disgraziato, orbo di due occhi, cos che, per fortuna, non posso guardarmi, che io avrei tanta compassione e verrei disperato (mi dispererei) da ammattirmi.

STORPIO - Oh gente di cuore, abbiate piet di me che sono conciato in modo tale che nel guardarmi mi sento prendere da tale spavento che vorrei scappare a gambe levate, se non fosse che sono storpiato da non muovermi se non col carretto.

CIECO - Ahi che non posso andare intorno che picchio e ripicchio (a ripetizione) la testa contro tutte le colonne e nei cantoni... aiutatemi qualcuno.

STORPIO - Ohi che non sono pi capace di venir via (uscire fuori) da questa carreggiata, che mi si son rotte le ruote del carrettino, e finir col crepare di fame in questo luogo, se non mi aiuta qualcuno.

CIECO - Avevo un cos bravo cagnaccio che mi accompagnava... mi scappato dietro a una cagna in fregola... almeno io credo che sia stata femmina questa cagna, che non ci vedo io e non posso esser sicuro... che potrebbe anche essere stato un cane porcello vizioso, o un gatto smorfioso che me l'ha fatto innamorare, il mio cane.

STORPIO - Aiuto, aiuto... non c' nessuno che abbia quattro ruote nuove da imprestarmi per il mio carrettino? Dio Signore, fammi la grazia di avere quattro ruote!

CIECO - Chi che si lamenta che vuole le ruote di Dio?

STORPIO - Sono io quello, lo sciancato storpiato con le ruote rotte.

CIECO - Vieni vicino a me, da quest'altra parte della strada, che vedr di aiutarti... No che non potr vedere... a meno d'un miracolo... Beh, vedremo, va'!

STORPIO - Non posso venire l... Dio maledica tutte le ruote del mondo e le faccia divenire quadrate che non possano pi andare in giro a rotolare.

MORALIT DEL CIECO - E DELLO STORPIO -

CIECO - Aidme, bona zente... fitme la carit, a mi che son povareto e desgrasi, orbo de doj ogi, che, o meno male, no me podo vardarme, che m' gavara gran compassion e vegnara disperat a amatirme.

STORPIO - Ohj zente de core, ahibt pit de mi che sont consciat in la manera che an dol vardarme am senti catar de tanto spavent che varara scapar de tte gambe, se no fusse che sont storpiat de no moverme se no cnt ol caret.

CIECO - Ohj che no podi and intorna che pichi a rebatn con la crapa in tti i culoni e in di cant... aidme quajcun.

STORPIO - Ohj che no sont p capaze de gnir via de sta caregiada, che i me sont s'cepade le rode del careti(n), a gnir a crepare ch loga de fame, se no m'ada quajcun.

CIECO - Gh' avevi un s bravo cagnaso che ol me scumpagnava... ol m' scapad arenta a una cagna in fregula... amanch mi credi che la sia stada femena sta cagna, che ag vedi miga mi e no podi es seguro... ch'ol podria anch'ess stad un can sporcel viziuso, o un gato smorbioso che am l'ha fait inamurat, ol me can.

STORPIO - Ada, ada... no gh' njuno che g'abia quatro rode nove da imprestame pol me caret? Deo Segnor, fame la grazia d'averghe quatro rode!

CIECO - Chi che s'lamenta che ol vole le rode de Deo?

STORPIO - Sont mi quel, ol sciancat instorpiat coi rodi s'cepadi.

CIECO - Vegna arenta de mi, da sta oltra banda d'la strada, che vedar d'aidat... No che no podar vedar... almanch d'on miracolo... Ma ben, vedarem!

STORPIO - A no podo miga gn lil... Deo malediga toeti i rodi del mundo e a faga gn quadrade che i no podan p and intorno a rudul.

CIECO - Oh se potessi fare in modo di venire io dritto fino a te... stai sicuro, guarda, che ci starei fino (perfino) a caricarti sulle mie spalle tutto intero, salvo (meno) le ruote e il carrettino! Ci trasformeremmo in una creatura sola da due che siamo... e avremmo soddisfazione entrambi. Io andrei in giro con i tuoi occhi di te e tu con le mie gambe di me.

STORPIO - Oh che pensata! Devi avere un gran cervello tu, pieno di ruote e rotelle. Oh che il Signore Iddio m'ha fatto la grazia di imprestarmi le ruote del tuo cervello per farmi andare intorno di nuovo a domandare la carit!

CIECO - Seguita a parlare che mi orizzonto... vado bene in questa direzione?

STORPIO - S, vieni tranquillo che sei sulla rotta giusta.

CIECO - Per non inciampare meglio che mi metta a gattoni (a quattro zampe). Ehil, vado sempre dritto?

STORPIO - Appoggia un po' a sinistra... no, esagerato! Quella una virata... Getta l'ancora e torna indietro... bene... fuori i remi, su le vele... raddrizza, raddrizza... bene, vieni sicuro adesso.

CIECO - Mi hai preso per un galeone? Allungami una mano quando ti sono appresso (vicino).

STORPIO - Ma te le allungo tutt'e due le mani! Vieni, vieni, bel bambino della tua mamma, che ci sei... No! sacramento... non andare via di deriva... raddrizza a destra... Oh, il mio barcone di salvataggio...

CIECO - Ti ho preso? Sei tu, proprio tu?

STORPIO - Sono io quello, o bel guercione dorato... fatti abbracciare!

CIECO - Non sto pi nella pelle per la contentezza, caro il mio storpiato! Vieni che ti carico... montami sulle spalle...

STORPIO - Ci monto s... rivoltati all'incontrario (di spalle)... stai basso con la schiena... Issa! Ci sono!

CIECO - Ohi, non picchiarmi (piantarmi) i ginocchi nelle reni... che mi spezzi.

STORPIO - Perdonami... la prima volta che monto a cavallo, non ci sono abituato. Ohi tu, fai attenzione a non sbattermi (farmi rotolare) di sotto, mi raccomando.

CIECO - Stai sicuro che ti terr caro, compagno (uguale) se tu fossi un sacco di rape rosse. Tu fammi la guida pulito (bene) piuttosto... da non mandarmi a pestare lo sterco delle vacche.

STORPIO - Far attenzione, va' schiacciato (rilassato, tranquillo): piuttosto, non hai un ferro da cacciarti in bocca che faccia da morso e un paio di cinghie

CIECO - Oh se as poderose far de manera de gn mi de drisada infna a ti... stat seguro, varda, che ag stara fin a cargarte in sora a e spale de mi tuto intrego, salvo le rode e ol careti! Agh strasfurmarem in t'una criatura sola de doj che semo... e g'avariem satisfasion intramboli. Mi andara intorna co i to ogi de ti e ti co i me gambi de mi.

STORPIO - Ohj che pensada! Dei d'averghe on gran zervelo ti, pign de rode e rodele. Ohj che el Segnur Deo m'ha fait la grazia de 'mprestarme le rode del to zervelo per farme andare inturna de novo a dimandar la carit!

CIECO - Sigta a parl che me orisunti... vag ben in sta diresiun?

STORPIO - S, vegn tranquill che at siet sora la rota giusta.

CIECO - Par no topigar a l' mejor che am bti gatoni. L, a vag semper de drita?

STORPIO - Pogia un poc de manca... no, esagerat! Quela a l' una virada... Bta lancura e torna in drio(dr)... bon... fra i remi, su le vele... driza, driza... ben, vegn siguro ades.

CIECO - At m'hait catat per un galeon? Slungame una man quando at sont apres.

STORPIO - Ma te 'e slonghi tote e doie e mane! Vegn, vegn, bel fiol de la toa mama... ch'ag set... No!... cramentu... no andar via de deriva... driza a la drita... Oh, ol me barcon de salvatagio...

CIECO - A t'hait catat? A t se' ti, proprio ti?

STORPIO - A sont mi quel, o bel sguercion dori'... fat imbras!

CIECO - Ag stait p in d'la pel d'la contentesa, caro ol me sturpiat! Vegn che te carego... montame su e spale...

STORPIO - Ag monti s... rivoltes a l'incontrari... sta' bas con la s'cena... Issa! Ag son.

CIECO - Ohj, no picarme i ginogi in le reni... co ti me s'cionchi...

STORPIO - Perdoname... o l' la prema voelta co munti a cavalo, no gh' sont abitat. Ohj ti, fag atension a no sbortolame de soto, me aricomando.

CIECO - Stat seguro che at tegnir caro, compagn ch'ai fdeset on sach de rape rose. Ti fame da guida polito pitost... de ne mandarme a pest i buagne di vacch.

STORPIO - Fagar atensi, va' schiscio: pitosto, no ti g'ha un fero de casciarte in boca a fag de morso e un para de da attaccarti al collo? Mi sarebbe pi facile menarti (portarti) intorno.

CIECO - Oh bene: mi hai preso per un asino? Ohim come pesi! Come va che sei cos pesante?

STORPIO - Cammina... non consumare il fiato... ahrii! Trotta, mio bel sguerciotto, e fai attenzione che quando ti tiro l'orecchio di sinistra, tu dovrai girare a sinistra... e quando tiro...

CIECO - Ho capito! Ho capito... non sono mica un asino. Oh! Boia, bestia, sei troppo pesante!

STORPIO - Pesante io?... Ma sono una piuma... una farfalla!

CIECO - Una farfalla di piombo, che se ti lasci cadere per terra fai un buco da trovare l'acqua sorgiva... sangue di Dio! Hai mangiato un'incudine di ferro per colazione?

STORPIO - Sei matto, sono due giorni che non mangio.

CIECO - Bene, ma saranno pure due mesi che non caghi.

STORPIO - Oh che spiritosaggine: Dio mi venga testimone... sono sei giorni appena che non vado di corpo.

CIECO - Sei giorni? Due pasti almeno al giorno fanno dodici coperti. San Gerolamo protettore dei facchini, sono dietro a portarmi intorno (sto portandomi in giro) un magazzino di scorte per un anno di carestia. Mi dispiace ma io ti scarico qui e tu fai il sacrosanto piacere di andare a scaricare l'immagazzinamento illegale!

STORPIO - Fermati, non senti questo fracasso?

CIECO - S, mi sembra di gente che grida e che bestemmia! Contro chi che gridano?

STORPIO - Fatti un po' pi indietro che cercher di guardare... appoggia qui... Bene, adesso lo vedo... ce l'hanno con lui... povero Cristo.

CIECO - Povero Cristo a chi?

STORPIO - A lui, Cristo nella persona (in persona)... Ges, figlio di Dio!

CIECO - Figlio di Dio? Quale?

STORPIO - Come: quale? L'unico figlio, ignorante! Un figlio santissimo... e dicono che fa cose mirabili, meravigliose: guarisce le malattie, le peggiori e tremende che ci sono al mondo, a chi le sopporta con anima gioiosa. Dunque meglio che sbaracchiamo da questa contrada.

CIECO - Sbaraccare? E per quale ragione?

STORPIO - Perch non posso accettare questa condizione con allegria. Dicono che se questo figlio di Dio venisse a passare da questa parte, io verrei miracolato di colpo... e tu anche, nella stessa maniera... Pensaci un po', se davvero ci capita a tutti e due la cinghie de tacarte al colo? Am saria pi(pi) fazile a me-narte intorna.

CIECO - Oh ben: ti m'hait catat par un asin? Ojam come te peset! Come ol va che et cos pesantu?

STORPIO - Camina... scunsma miga ol fiat... ahrii! Trota, me bel sguerciot, e fag atension che quand te tiri l'oregia de manca, ti te duart voltar de manca... e quando tiri...

CIECO - Hait capit ! Hait capit... sont miga un asen. Ohj'. Boia, bestia, at set trop pesantu!

STORPIO - Pesantu mi?... Ma sont 'na pluma... una parpaja.

CIECO - Una parpaja de piombo, che se al lasi burlat par tera at fait un buso de trovarghe l'acqua sorgiva... sanguededio! T'hait magn un incuden de fero a colasion?

STORPIO - A ti se mato, a son doj giorni che no magno.

CIECO - Bon, ma i saran puranco doj mesi che no ti caghi.

STORPIO - Ohj che sberlsciadi: Deo me vegna a testimoni... ai sont sie die a pena che no i vag de corpo.

CIECO - Sie die? Doi pasti almanco al giorno ai fano dodese coverti. San Gerolamo protetor de i fachini, e son drio a portarme intorna un magaseno de scorta par un ano de carestia. Am despiase ma mi at scarego chi loga e ti am fet ol sacrosanto piaser d'andarte a scarigar ol magasinamento inlegale!

STORPIO - Fermate, no'l senti sto fracaso?

CIECO - S, ol me pare de zente che cria e biastema! Contra a chi l' che i vosa?

STORPIO - Fait un poc p in drio che 'ag sciaro de vardarghe... lil pogia... Bon, adeso ol vedi... ag l'han con l... povaro Cristo.

CIECO - Povaro Cristo a chi?

STORPIO - A l, Cristo in la persona... Jesus, fiol de Deo!

CIECO - Fiol de Deo? Lo qual?

STORPIO - Come: lo qual? Lo unigo fiol, gniurantu! Un fiol santisim... e i ghe dise che ol fa robe mirabil, meravegiose: ol guarise e maladie, le pejor tremende co gh' al mundo, a chi e soporta con l'anema zoiosa. Donca a l' mejor che sbaracheme de sta contrada.

CIECO - Sbaracar? E par qual reson?

STORPIO - Parch mi no podo tor sta condision con alegresa. I dise che se sto fiol de Deo ol gnise a pasar de chi loga, mi gnera miracolat d'un boto... e ti anca, a la misma manera... Pensaghe un poc, se davero ghe cata a disgrazia di essere liberati dalle nostre disgrazie! Di colpo ci troveremmo nella condizione d'essere obbligati a prenderci un mestiere per poter campare.

CIECO - Io direi di andare incontro a questo santo, che ci tiri fuori da questa disgrazia maledetta.

STORPIO - Dici davvero? Verrai miracolato, bene, e ti toccher crcpare di fame... che tutti ti grideranno: Vai a lavorare!...

CIECO - Ohi che mi vengono i sudori freddi nel pensarci...

STORPIO - Vai a lavorare, vagabondo, - ti diranno, - braccia rubate alla galera... E perderemmo il grande privilegio che abbiamo uguale ai signori, ai padroni, di prendere la gabella: loro allungando (ingrandendo) i trucchi della legge, noi con la piet. I (tutti e) due a gabbare (imbrogliare) coglioni!

CIECO - Andiamo, scappiamo via da questo incontro con il santo, che io voglio piuttosto morire. Ohi mamma di me (mia)... andiamo... andiamo di volata al galoppo... attaccati alle orecchie, (in modo) da guidarmi il pi lontano che tu puoi da questa citt! Andremo fuori anche dalla Lombardia... Andremo in Francia o in un sito (luogo) dove non potr arrivare giammai questo Ges figlio di Dio... Andremo a Roma!...

STORPIO - Stai fermo, fermo, spiritato ammattito, che mi cadi in terra...

CIECO - Ohi, ti prego, salvami!

STORPIO - Stai buono... che ci salveremo tutti e due in compagnia... non c' ancora pericolo, che la processione che mena (accompagna) il santo non si ancora mossa.

CIECO - Cosa fanno?

STORPIO - L'hanno legato a una colonna... e sono dietro a picchiarlo (stanno picchiandolo). Ohi come picchiano, 'sti scalmanati!...

CIECO - Oh povero figlio... perch lo picchiano? Cosa gli ha fatto a loro... 'sti scalmanati?

STORPIO - venuto a parlargli di essere tutti amorosi, uguale a (come) tanti fratelli. Ma tu guarda bene di non lasciarti prendere da compassione per lui, che il pi gran pericolo di (per) essere miracolati.

CIECO - No, no, non ho compassione... che per me non nessuno, quel Cristo... che non l'ho mai conosciuto io... Ma dimmi cosa gli fanno adesso...

STORPIO - Gli sputano addosso... schifosi maiali, in faccia gli sputano...

CIECO - E lui cosa fa... cosa dice, 'sto poveraccio santo figlio di Dio? tu ti e doj la desgrazia de ves liberadi di nostri desgrazi! D'un boto ag s'trovaram in la cundision d'es obligat a tor via un mestier per impoder campare.

CIECO - Mi a digaria d'andarghe in contra a sto santo, che ol ghe traga fora de sta sventura malarbeta.

STORPIO - At dighi de bon? At gnirat miracolat, bon, e at tocher crepar de fame... che toeti i te criaran: Vagj a lavorar!...

CIECO - Ohj che me cata i sudori fregi in del pensarghe...

STORPIO - Vagj a lavorar, vagabondo, - i te diser, - brasce robade a la galera... E a perderesmio ol gran previlez che g'avemo in pari ai siori, ai paroni, de tor gabela: lori col slongar i truchi de la lege, nojaltri con la pit. Li doi a gabar cojoni!

CIECO - Andemo, scapemo via de sto incontro col santo, che mi a vi pitosto morir. Ohj mama de mi... 'ndern... 'ndem de vulada al galop... tachete a e orege, da guidarme pi lontan che ti poli de sta cit! Andarem fora anch de Lombardia... Andarem in Franza o in un sito dove no podar rivar gimai sto Jesus fiol de Deo... Andaremo a Roma!...

STORPIO - Sta' calmo, calmo, spiritat matido, che ti me sgropi in tera...

CIECO - Ohi, te pregi, salvame!

STORPIO - State bon... che ag salveremo tot doj in compagnia... no gh' anc 'mo pericolo, co la procesion che mena ol santo no la s' anc'mo movda.

CIECO - Ag fan cos'?

STORPIO - L'han ligat a una colona... e i dre' a pical. Ohj come i pica, sti scalmanat!...

CIECO - Oh poer fiol... perch ol pichen? Cos ol g'ha fait a lori... sti scalmanat?

STORPIO - L' gn a parlag de ves tti amorosi, compagn de tanti fradeli. Ma ti varda ben de no lasarte miga catar de cumpassion par l, che o l' ol p gran pericol de ves miraculat.

CIECO - No, no... no g'ho compasion... che par mi no l' nisn quel Crist... che no ghe l'ho gimai cognosdo mi... Ma dime cosa ag fan adeso...

STORPIO - Ag spen adoso... sgarusi purscel, in facia ag spen...

CIECO - E l, cosa ol fa... cosa ol dise, sto poraso santo fiol de Deo?

STORPIO - Non dice, non parla, non si ribella... e non li guarda neanche da arrabbiato, quegli scalmanati...

CIECO - E come li guarda?

STORPIO - Li guarda con malinconia.

CIECO - Oh caro figlio... non dirmi pi niente di quello che va succedendo che mi sento stringere lo stomaco... e freddo al cuore, che ho paura che debba essere qualcosa che assomiglia alla compassione.

STORPIO - Anch'io sento il fiato che mi si ferma in gola e i brividi alle braccia... Andiamo, andiamo via da qui.

CIECO - S, andiamo a chiuderci in uno di quei luoghi dove si possa fare a meno di venire a conoscere questi fatti dolorosi. Io conosco un'osteria...

STORPIO - Ascolta!

CIECO - Cosa?

STORPIO - Questo gran fracasso... qui vicino.

CIECO - Non sar mica il santo figlio che arriva?

STORPIO - Oh, Dio grazia (per grazia di Dio), non mi far spaventare che saremmo perduti... l attorno alla colonna non c' pi nessuno...

CIECO - Nemmeno Ges figlio di Dio? Dove si sono cacciati?

STORPIO - Sono qua... eccoli che arrivano tutti in processione... siamo rovinati!

CIECO - C' qui anche il santo?

STORPIO - S, nel mezzo... e l'hanno caricato di una croce pesante, poveretto!...

CIECO - Non stare a perderti in compassione... sbrigati piuttosto a guidarmi in qualche luogo dove possiamo nasconderei ai suoi occhi...

STORPIO - S, andiamo... appoggia a destra... corri, corri, prima che ci possa guardare, questo santo miracoloso...

CIECO - Ohi, mi sono azzoppato a una caviglia... (tanto) che non sono pi capace di muovermi.

STORPIO - Ti venga un cancro, proprio adesso?... non potevi guardare dove mettevi i piedi?

CIECO - Eh no che non potevo guardare... che io sono CIECO - e non mi posso vedere i piedi! Come non posso? S che li posso vedere... me li vedo! Mi vedo i piedi... o che bei due piedi che ho! Santi belli... con tutte le dita... quante dita? Cinque per piede... e con le unghie grossette e piccoline degradanti in fila... Oh, vi voglio baciare tutte, una per una.

STORPIO - Matto... statti (stai) buono che mi rovesci.

STORPIO - No dise... no '1 parla... no '1 se rebela... e no i varda miga d'inrabt, a quei scalmanat...

CIECO - E come i varda?

STORPIO - I varda con malencunia...

CIECO - O car fiol no me dighi p nagota de quel che va a sced che mi am senti sgrisc ol stomego... e freg al core, che g'ho pagra che abia ves quajcos che somegia a la compasion.

STORPIO - Anch mi am senti ol fiat che am sgiungia al gargaroz e i sgrisci in d'i brasci... Andem, andem via de chi loga.

CIECO - S, 'ndem a serarse in quai lgu dua as poda fa' a men de gn a cugnusar di sti robi dulurusi. Mi cognoso una hosteria...

STORPIO - 'Scolta!

CIECO - Cosa?

STORPIO - Sto gran frecas... chi a renta.

CIECO - No sar miga ol santo fiol che ariva?

STORPIO - Oh, Deo grazia, no me farme stremire che saresimo perdj... l intorna a la culona non gh' p niuno...

CIECO - Ne manco ol Jesus fiol de Deo? Dove i se son casciadi?

STORPIO - I son qua... ecoi che i riva toeti in procesion... a semo ruinadi!

CIECO - A gh' ch anco ol santo?

STORPIO - S, a l' in d'ol meso... e l'han cargado d'una crose pesanta, ol poareto!...

CIECO - No stat a perderte in compasione... desbregate pitosto a guidarme in quai lgu indoe ghe podemo nascondere ai so ogi...

STORPIO - S, andemo... pogia de drita... cori, cori, prima che ol ghe poda vard, sto santo miracoloso.

CIECO - Ohj che me sont inzupad in d'una cavegia... che no sont pi capaz de moverme!

STORPIO - Te vegna un cancaro, improprio adeso?... no ti podevi guardare in do te metevi i pie?

CIECO - Eh no che no podevo vardare... che mi sont sguercio e no me podo vedar i pie! Come no i podo? S che i podo vedar... me i vedo! Me vedo i pie... o che bei doj pie che g'ho! Santi bei... con tuti i didi... quanti didi? Cinco par pie... e coi ongi grosete e picinine disgradante in fila... Oh, voi basarve toti, a un par uno.

STORPIO - Mato... staite bon che ti me stravachi. Ohj... Ohi... che mi hai accoppato... disgraziato... se potessi prenderti a pedate... tieni! (gli d una pedata).

CIECO - Oh meraviglia... vedo anche il cielo... e gli alberi... e le donne! (Come se le vedesse passare) Che belle le donne!... Non tutte!

STORPIO - Ma sono stato proprio io che ti ho dato la pedata? Fammi provare di nuovo: s... s... Che sia maledetto questo giorno... sono rovinato!

CIECO - Sia benedetto questo figlio santo che mi ha guarito! Vedo quello che non ho mai visto in vita mia... ero stato (una) grama bestia a volermene scappare da lui, che non c' cosa pi dolce e gioiosa al mondo che valga la luce.

STORPIO - Il diavolo abbia a portarselo via e con lui, assieme, quelli che gli sono riconoscenti... Dovevo proprio essere tanto maledetto sfortunato da essere guardato da quell'innamorato (uomo pieno d'amore)? Sono disperato! Mi toccher morire di budelle vuote... mi mangerei queste gambe risanate belle crude, per il dispetto!

CIECO - Matto ero io, adesso lo vedo bene, a scappare dal buon cammino per tenermi su quello oscuro... che non sapevo io 'sto gran premio che fosse il vederci! Oh belli i colori colorati... gli occhi delle donne... le labbra e il resto... belle le formiche e le mosche... e il sole... non ne posso pi che venga notte per vedere le stelle e andare all'osteria a scoprire il colore del vino! Deo gratias, figlio di Dio!

STORPIO - Ohim (Povero me)... che mi toccher andare sotto a un padrone a sudar sangue per mangiare... Oh mala sventura sventurata e porca... Dovr andare intorno a cercarmi un altro santo che mi faccia la grazia di storpiarmi di nuovo i garretti...

CIECO - Figlio di Dio meraviglioso... non ci sono parole n in volgare n in latino che possano dire come sia un fiume in piena, la tua piet! Schiacciato sotto una croce, hai ancora in aggiunta tanto amore da pensare perfino alle disgrazie di noialtri disgraziati!... che ti m'ha copad... disgrasio... at podesi tor a pesciadi... toi! (gli d una pedata).

CIECO - Ohj maravegia... ag vedi anca ol ciel... e i arbori... e le done! (Come se le vedesse passare) Bele, le done!... Miga tute!

STORPIO - Ma sont stait propi mi che t'ho molat la pesciada? Fame provar de novo: s... s... C'ol sia malarbeto sto giorno... a sont roinat!

CIECO - Ol sia benedeto sto fiol santo che ol m'ha guarit! A vedi quel che no g'ho gimai vedo in vida mia... e geri stat grama bestia a vorseme scapar de l, che no gh' roba pi dolza e zoiosa al mondo co valga la luz.

STORPIO - Ol diavol g'habia a menarselo via e con l, insema, lo quei ch'ag sont recognisenti... Dueva propi es tant malarbo sfortuna! de ves vardat da quel inamoros? A son desesperat! Am tocher morir de buele svoie... am magnera ste giambe rinsanide bele cre, p'ol despet!

CIECO - Mato a gero mi, mo ol veghi ben, a scapare del bon camino par tegnirme su quelo scuro... che non saveva mi sto gran premio co fuse ol vederghe! Oh beli i colori coloradi... i ogi de e done... i lavri e ol rest... beli i formighi e e mosche... e ol sole... ag podi p che vegna note par vedeg i stele e gni a l'ostaria a descovrir ol color del vin! Deo grazia, fiol de Deo!

STORPIO - Ohj me mi... che 'm tocar andar de sota a un padron a sdar sangu per magnar... Ohi mala sventura sventurada sporscela... dovar 'ndarme intorna a cerciarme un altro santo che ol me faga la grazia de storpiarme de novo i gareti...

CIECO - Fiol de Deo maraviglioso... no gh' parole n in volgar n in latino che poden di' co l' un fium in piena, la tua pit! Schisciad sota una crose, ti g'ha anc'mo de giunta tanto amor de pensarghe pur anco e a desgrasi de noj alteri disgrasiat!... lo vedete, il personaggio sotto le frasche, e tutt'intorno il popolo festante -; Bacco; e infine la discesa di Dioniso all'inferno. Dioniso una divinit greca, di origine tessalico-minoica, di quindici secoli avanti Cristo. Di lui si racconta che era talmente preso d'amore per gli uomini che, quando un demonio venne sulla terra e rub la primavera per portarsela all'inferno e godersela tutta per s, si sacrific per gli uomini: sal in groppa a un mulo, scese all'inferno e pag di persona, con la propria vita, pur di permettere agli uomini di riavere la primavera.Ebbene, anche Ges Cristo, quindici secoli dopo, quel Dio che viene sulla terra per cercar di ridare la primavera agli uomini. La primavera, come ho detto prima, la dignit: lo stesso tema di un altro pezzo che vedremo dopo. In mezzo c' Bacco, il dio dell'allegrezza, dell'ebbrezza addirittura, dell'andare in sgangherataggine ed essere felici.Questo incastrare le divinit l'una dentro l'altra, notate, non casuale: una tradizione continua, nella storia delle religioni di tutti i popoli.A raccontare questa storia, dunque, abbiamo il personaggio dell'ubriacone, personaggio-guida di questa giullarata. Il personaggio racconta come, andato ad una festa nuziale, si sia ubriacato con il vino fabbricato, inventato espressamente da Ges Cristo. Ges Cristo, dunque, che diventa Bacco: e che ad un certo punto viene rappresentato in piedi, sopra un tavolo, mentre urla a tutti i commensali: Imbriaghive, gente, feite alegreza, inciuchive, feit debon. Siate felici, questo che conta: non aspettate il paradiso dopo, il paradiso anche qua sulla terra. Proprio il contrario di quello che ci insegnano a dottrina, da ragazzini, quando ci spiegano che, insomma, bisogna pur sopportare... siamo in una valle di lacrime... non tutti possono essere ricchi, c' chi va bene e chi va male, ma poi tutto viene compensato dall'altra parte, quando saremo in cielo... state tranquilli, state buoni e non rompete le scatole. Questo, pi o meno. Ora, invece, questo Ges Cristo della giullarata dice: Rompete pure le scatole e state in allegria. Due sono i personaggi legati a questa rappresentazione: l'ubriaco e l'angelo. L'angelo, meglio un arcangelo, vorrebbe raccontare il prologo di uno spettacolo sacro, dentro i canoni tradizionali; l'ubriaco, carogna, gli vuol rovinare tutto quanto per raccontare la sbronza che s' presa durante le nozze di Cana. L'angelo parla un veneto aristocratico, elegante, forbito; l'altro in un dialetto campagnolo, becero, pesante, e fortemente colorito. Eseguo il pezzo da solo, e non per un eccesso di esibizionismo: abbiamo provato a recitarlo in due attori, e abbiamo scoperto che non stava in piedi. Perch quasi tutti questi testi sono stati scritti per essere eseguiti da uno solo. I giullari lavoravano quasi sempre da soli: ce ne rendiamo conto dal fatto che, nel testo, tutto alluso attraverso sdoppiamenti, indicazioni. Cosicch, attraverso questo gioco dell'immaginazione, tutta la carica di poesia e di comicit viene raddoppiata. Proprio come succede davanti al televisore, dove, per evitare che tu faccia fatica, ti dnno tutti i particolari; e tu te ne stai li, un po' beota, ti puoi addormentare, digerire, fare i ruttini rotondi... e il giorno dopo sei pronto per andare a lavorare, libero di testa e pronto a farti sfruttare di nuovo. Qui, invece, bisogna far la fatica di immaginare. Allora, quando sar da questa parte della scena (indica a sinistra), sar l'angelo, aristocratico, con bei gesti; quando sar di l (indica a destra), sar l'ubriaco.

(fino a quando il personaggio dell'angelo rimarr in scena, ne verr proiettata sul fondo l'immagine:foto 11).

Foto 11. Un Angelo, di Cimabue. Assisi, Triforio di San Francesco (fine secolo XIII).

LE NOZZE DI CANA

ANGELO - (al pubblico) Fate attenzione, brava gente, che io voglio parlarvi di una storia vera, una storia che cominciata...

UBRIACO - Anch'io vi voglio raccontare di una sbronza... di una ubriacatura...

ANGELO - Ubriacone!...

UBRIACO - Vorrei parlarvi...

ANGELO - Zitto... non parlare!

UBRIACO - Ma io...

ANGELO - Zitto... devo sprologare io, che sono il prologo! (Al pubblico) Buona gente, tutto quello che vi andremo a raccontare sar tutto vero, tutto incomincia dai libri e dai vangeli. Tutto quello che sortito non di fantasia...

UBRIACO - Anch'io vi voglio raccontare, non di fantasia: mi sono presa una ubriacatura cosi dolce, una ubriacatura bellissima che non voglio pi ubriacarmi al mondo per non dimenticarmi di questa ubriacatura bellissima che ho addosso adesso. Che una ubriacatura...

ANGELO - Ubriacone !...

UBRIACO - Vorrei raccontare...

ANGELO - No! Tu non racconti... eh?!

UBRIACO - Eh... ma io...

ANGELO - SSSSS!...

UBRIACO - Ma io... no?

ANGELO - Buona gente... Tutto quello che andremo a raccontarvi sar tutto vero, tutto sortito dai libri e dai vangeli. Quel poco che ci abbiamo aggiunto di fantasia...

UBRIACO - (piattissimo) Dopo vi racconto di una ubriacatura bellissima...

ANGELO - Oh! UBRIACO - ne...

UBRIACO - Non facevo niente... solo col dito.

LE NOZZE DI CANA

ANGELO - (al pubblico) Feite atenzion, brava zente, che mi voi parlarve de una storia vera, una storia che l' cominzada...

UBRIACO - Anco mi ve voi contare de ona cioca... de un'imbriagadura...

ANGELO - 'Briagon!...

UBRIACO - Vora parlarve...

ANGELO - Cito... no parlare!

UBRIACO - Ma mi...

ANGELO - Cito... debio sprologare mi, che son lo sprologo! (Al pubblico) Bona zente, tutto quello che andremo a contare ol sar tuto vero, tuto recomenzao dai libri o dai vanzeli. Tuto quelo che l' sorto non elo de fantasia...

UBRIACO - Anco mi voi contar, no de fantasia: me son catat un'imbriagadura s dolza, una cioca belisima che non me vogio catar gimai pi cioche al mondo per non desmentegarme de questa cioca belisima che g'ho adoso adesso... Che l' una cioca,..

ANGELO - 'Briagon!...

UBRIACO - Vorria contare...

ANGELO - No! Ti non te conti... eh?!

UBRIACO - Eh... ma mi...

ANGELO - SSSSS!...

UBRIACO - Ma mi... no?...

ANGELO - Bona zente... Tuto quelo che andaremo a contarve ol sar tuto vero, tuto o l' sorto dei libri o dei vanzeli. Quel poco che gh'em tacat de fantasia...

UBRIACO - (piattissimo) Dopo ve racconto de una cioca belisima...

ANGELO - Oh! imbriagon...

UBRIACO - Non fazeva niente... solamente col dido!

ANGELO - Neanche col dito.

UBRIACO - Ma non faccio rumore col dito!

ANGELO - Fai rumore... rrrr...

UBRIACO - Faccio rumore col dito?!... Beh, lo far col cervello... Io penso... penso... penso... e con gli occhi... e loro capiscono!

ANGELO - No!

UBRIACO - Ma non faccio rumore col cervello...

ANGELO - Fai rumore!

UBRIACO - Faccio rumore col cervello? Boia!... Sono ubriaco davvero... Maria Vergine!

ANGELO - Non fiatare!

UBRIACO - Come? Non posso fiatare? Nemmeno col naso?... Scoppier! E...

ANGELO - Scoppia!

UBRIACO - Ah... ma... se scoppio far rumore, eh!

ANGELO - Sssss!

UBRIACO - Ma... io...

ANGELO - Di tutto quello che andremo a raccontare sar tutto vero, tutto sortito dai libri, dai vangeli: quel poco che vi abbiamo aggiunto di fantasia...

L'UBRIACO - si avvicina all'angelo e gli strappa una piuma.

UBRIACO - (pianissimo, mimando di far volare la piuma) Oh, che bella piuma colorata...

ANGELO - Ubriacone!...

UBRIACO - (sussulta e mima di ingoiare la piuma, tossisce) Eh... ma...

ANGELO - Sssss...

UBRIACO - Eh, ma io... non...

ANGELO - Tutto quello che andremo a raccontare sar tutto vero, tutto sortito dai libri, dai vangeli... (L'UBRIACO - torna vicino all'ANGELO - e gli strappa delle altre piume, mima l'ammirazione per le medesime, si fa vento e si pavoneggia. Langelo se ne accorge) Ubriacone!...

UBRIACO - Eh?... (Buttando in alto le piume) Nevica...

ANGELO - Ma vuoi sortire da questo palco?!...

UBRIACO - Io sortirei volentieri, se tu mi accompagni, che io non sono capace di tirare (buttare) avanti un piede... che casco, vado a sbattere il grugno per terra... Se tu sei tanto buono da accompagnarmi, poi io ti racconto di questa ubriacatura bellissima...

ANGELO - Nemanco col dido.

UBRIACO - Eh, ma non fago rumor col dido!

ANGELO - Ti fa'rumor... rrrrr...

UBRIACO - Fago rumor col dido?... Lo fagar col servelo... Mi ghe penso... penso... penso... e coi ogi... e loro i capise!

ANGELO - No!

UBRIACO - Ma non fago rumor col servelo...

ANGELO - Ti fa' rumor!

UBRIACO - Fago rumor col servelo? Boia!... Son imbriago da vero... Maria Vergine!

ANGELO - No fiadar!

UBRIACO - Come? Non podo fiadar?... Manco col naso?... A s'ciopar! E

ANGELO - S'ciopa!

UBRIACO - Ah... ma... se a s'ciopar a fagar rumor, ah!

ANGELO - Sssss!

UBRIACO - Ma... mi...

ANGELO - De tuto quelo che andaremo a contar el sar tuto vero, tuto o l' sorto dai libri, dai vanzeli: quel poc che gh'em tacat de fantasia...

L'UBRIACO - si avvicina all'angelo e gli strappa una piuma

UBRIACO - (pianissimo, mimando di far volare la piuma) Uhi, che bela pluma colorada...

ANGELO - 'Briagon!...

UBRIACO - (sussulta e mima di ingoiare la piuma, tossisce) Eh... ma...

ANGELO - Sssss!

UBRIACO - Eh, ma mi... non...

ANGELO - Tuto quelo che andaremo a contar el sar tuto vero, tuto o l' sorto dai libri, dai vanzeli... (l'ubriaco torna vicino all'angelo e gli strappa delle altre piume, mima l'ammirazione per le medesime, si fa vento e si pavoneggia. l'angelo se ne accorge) 'briagon!...

UBRIACO - Eh?... (Buttando in alto le piume) Nevega...

ANGELO - Ma ti vol sortir da sto palco? !...

UBRIACO - Mi sortara volentera se ti me t'accompagni, che mi no son capaz de tra' avanti un pie... ca me stravaco, a me ribalto an grugnarme par tera... Se ti et tanto bon de compagnarme, dopo mi te conto de sta cioca belissima...

ANGELO - Non mi interessa di questa ubriacatura... Fuori!... Fuori!... Ti caccio fuori a pedate veh!...

UBRIACO - Ah! mi cacci a pedate?

ANGELO - S, a pedate... Fuori!...

UBRIACO - Gente!... Avete ascoltato? Un ANGELO - che mi vuol buttare fuori a pedate... a me! Un Angelo - ... (Aggressivo rivolto verso langelo ) Vieni... vieni, angiolone... vieni a buttarmi fuori a pedate, a me! Che io ti strappo le penne come a una gallina... ti strappo le penne a una a una, anche dal culo... dal di dietro... Vieni, gallinone... Vieni!

ANGELO - Aiuto... Non toccarmi... Aiuto... Assassino... (Fugge).

UBRIACO - Assassino a me?!... Avete ascoltato?... Mi ha detto assassino... Io che sono cos buono che mi esce bont anche dalle orecchie... che mi si rovescia per terra, da scivolarci sopra... E come potrei non essere buono con questa sbronza bellissima che ho preso? Che io non immaginavo che sarebbe finita cos bene questa giornata, che era cominciata in modo maledetto, disgraziato... Io ero invitato a un matrimonio, uno sposalizio, in un luogo qui vicino, che chiamano Cana... Cana... che apposta, dopo, gli diranno: nozze di Cana. Io ero invitato... dico... sono arrivato... c'era gi tutto Il banchetto (tavolo) per lo sposalizio pronto, con la roba da mangiare sopra... e nessuno degli invitati che fosse seduto a mangiare. Erano tutti in piedi che davano pedate per terra... che bestemmiavano. C'era il padre della sposa, davanti ad un muro, che dava testate... a ripetizione, cattivo!... Ma cosa successo? chiedo io... Oh, disgrazia... scappato lo sposo?... Lo sposo quello che bestemmia pi di tutti. E cosa successo allora? Oh disgrazia... abbiamo scoperto che una botte intera di vino, un tino di vino preparato per il banchetto di matrimonio, si mutato in aceto. Oh... oh... tutto il vino in aceto?... Oh, che disgrazia... sposa bagnata fortunata, ma bagnata nell'aceto disgraziata da schiacciare... da cacciare via!... E tutti che piangevano, bestemmiavano, la MADRE - della sposa si stracciava (strappava) i capelli, la sposa piangeva, il padre della sposa dava testate a ripetizione nel muro. In quel mentre arriva dentro un giovane, un certo Ges, uno che gli dicono... figlio di Dio, di soprannome. Non era solo, no, era accompagnato dalla sua mamma, una che le dicono (la chiamano) la MaDONNA - . Gran bella DONNA - !!! Erano invitati di riguardo che arrivavano giusto

ANGELO - No me interesa de questa cioca... Fora!... Fora!... Te descsso fora a pesciade, veh!,..

UBRIACO - Ah! me scasci a pesciade?

ANGELO - S, a pesciade.., Fora!..,

UBRIACO - Zente!... Av ascultat? Un anzol ch'el me vol trar fora a pesciade... a mi! Un anzol!... (Aggressivo rivolto verso langelo ) Vegne vegne, anzelon vegne a trarme fora a pesciade, a mi! Che mi te strapeno 'me 'na gana at strapo i plume a una a una, anco dal cul... dal di drio... Vegne, galinon... Vegne!

ANGELO - Ada... No tocarme... Ada... Sassinoo... (Fugge).

UBRIACO - Sasino a mi?!,.. Av scultat?.,. M'ha dit asasino... Mi che sont insc bon che me sorte bont fin'anco dale oregie... che me se spantega par tera, svisegarghe soravia... E come podara non eser bon con sta cioca belisima c'hoi catat? Che mi non imazinava mia che se sara finida si ben sta zornada, ca o l'era cominzada in una mana malarbeta, desgrasiada... Mi s'eri invitado in un matrimonio, un spusalisio, in un loegu ch tacat arent, che s'ciamen Cana... Cana... che aposta, dopo, ghe digarano: nozze di Cana. Mi s'eri invitato... digo... sono arivato... gh'era gi ttu ol banchet per ol spusalizio impruntat, cun la roba de magnar sorava... e gh'era nisn de invitati che fssen sentat a magnare. Geren tti in pie ch'oi deveno pesciadi par tera... ch'oi biastemava... O gh'era ol patre de la sposa, davanti a un muro, col dava testunade... a rebatn, cativo!... Ma cossa sccess cosa? dumandi m... Oh, disgrassia... A l' scapat ul sposu?... Ul sposu l' quelu col biastema pi de tti. E cosa l' sccessu cus'? Oh, disgrassia... emo discoverto che una botte intera de vin, un tinasso de vin impruntat per ul banchet de matrimoni, ul s' reversat in aset... Oh... oh... ttt el vin in aset?... Oh, che disgrassia... spusa bagnada a l' furtnada, ma bagnada in t'ul aset l' disgrassiada de schisciare... de casciare via!... E tti che piagneva, biastemava, la matre de la sposa la se trasciava i cavej, la sposa la piagneva, ul patre de la spusa dava testunade a rebatn sll muro. In quel mentre riva dent un giine, un zvine, un Certo Jesus, vn de ghe digono... fiol de Deo de sovranome. No lera sulengo, a no, lera incumpagnat de la sua mama, vna che ghe dighen Madona. Gran bela dona!! Eveno invitati de riguardo, che rivaven con un po' di ritardo. Appena questa signora MaDONNA - venuta a sapere di questo pasticcio che c'era in piedi (questo fatto) che si era mutato il vino in aceto, andata vicino al suo Ges, figlio di Dio e anche della MaDONNA - , e gli ha detto: Tu che sei tanto buono, giovane caro, che fai delle cose meravigliose per tutti, guarda se hai il piacere di tirar fuori da questo pasticcio che ha imbarazzato (messo nell'imbarazzo) questa povera gente. Appena che ha parlato cos la MaDONNA - , tutti, subito, hanno visto spuntargli, fiorirgli sulle labbra di Ges un sorriso cos dolce, ma cos dolce su 'ste labbra, che se non stavi attento, per la commozione, ti si staccavano le rotelle (rotule) dalle ginocchia e tombolavano (cadevano) sui ditoni (alluci) dei piedi. Dolce 'sto sorriso!... Appena ha finito di parlare, questo giovane ha dato un bacettino sul naso alla sua mamma e ha detto: Bene, gente, potrei avere dodici secchie piene di acqua chiara e pulita? stato un fulmine, tracchete, dodici secchie sono arrivate l davanti, piene d'acqua, che io, a vedere tutta quell'acqua in un colpo solo, mi sono sentito perfino male, mi sembrava di annegare... boia!... S' fatto un silenzio che sembrava di essere in chiesa al Santus, e questo Ges si stropicciato un po' le mani, dando di schiocco (schioccando le dita), e poi ha alzato una mano, con tre dita solamente, che le altre due le teneva schiacciate (contro il palmo), e ha cominciato a fare dei segni sopra l'acqua... dei segni che fanno solamente i figli di Dio. Io, che ero un po' in l, che (come) ho detto (prima) l'acqua mi fa impressione a guardarla, non guardavo, ero appoggiato sopra li (in disparte), rattristato, e di colpo mi sento arrivare dentro i buchi del naso un profumo come di uva schiacciata, non ci si poteva confondere... era vino. Boia, che vino! Me n'hanno passata una brocca, ho appoggiato le labbra, ne ho mandato gi un goccio, boia!... Oh... Oh... beati del purgatorio che vino!... Abboccato appena, amarognolo nel fondo, un poco frizzantino, salatino nel mezzo, che mandava luccichii (rosso) di garanza, bagliori dappertutto, senza fiori n bave, tre anni di stagionatura almeno, annata d'oro! Che andava gi scivolando per il gargarozzo a gorgogliare fin nello stomaco, si sparpagliava un pochettino, restava l di rimpiazzo, poi, gnoch, dava un colpo, tornava indietro a rotoloni gi per il gargarozzo, arrivava fino ai buchi del naso, si spargeva fuori tutto il profumo... che se passava uno anche a cavallo, di corsa, gniuu... bll... primavera! gridava. Che vino!... E tutti che applaudivano Ges, Bravo Ges, sei divino! E la MaDONNA - !... la giusta un pu de ritard. Apena questa sciura Madona l' vegnda a saver de sto impiastro burdeleri che o gh'era in pie per sto fatto che s'era roversat el vin en aset, la gh' andada visn al so Jesus, fiol de Deo, e anca de la Madona, g'ha dit: Ti che ti tanto bon, zovin caro, che te fa' de robe meravigliose par tti, varda se te ha el plaser de traj foera de impiaster burdeleri che i ha infesciat sta povera zent. Apena che l'ha parlat insc la Madona, tti, sbit, han vist spuntag, fiorirghe sui laver del Jesus, un suriso inz dolzu, ma inz dolzu in su sti lver, che se nu te stavet atentu, par la cumusiun, te se stacava i rudeli di gencc e tumburlaven si didn dei pie. Dolze stu surisu!... Apena l'ha fin de parl, stu zovin el g'ha d un bazutin sul nas a la sua mama e l'ha dit: Bon, zente, podra verghe dodeze sidele impiendide de aqua ciara e neta? L' stat un flmin, trachete, dodeze sidele son riv li davanti, impiendide d'acqua, che mi, vede tuta quel'acqua in un colp sol, me sont senti infin male, me pareva de negare... boja!... S' fai un silensio che pareva de vesser in gesa al Santus, e stu Jesus l'ha insciuscic un po' cui man, dando de s'cioch, de tiron cui dit, a s'cioch, e p l'ha valz su una man, cun tri dit sulamente, chi i alter dii i e tegneva schisciat, e l'ha cuminzat a far di segni suravia a l'acqua... di segni che fan solament i fiol de Deo. Mi, che eri soravia, che ho dit, l'acqua me fa impression vardarla, e non vardava, s'eri pugi sora l, un p tristans, e son l, d'un boto me senti riv de dent i bcc del nas un parfm cume de uva schisciada, nun pudeva cunfunderse... a l'era vin. Boja, che vin! Me n'han pasat una broca, g'ho pugi i lavre, hu manda gi un gut, boja!... Oh... Oh... beati del purgatorio che vin!... Bucat apena, amareul in tul funt,'un frizzich frizzantin, saladin in tul mezz, c'ol mandava straluzz de garanza, di barbaj da par tt, senza fiur n bave, tri an de stagiunadra al manco, anata d'ora! C'ul andava gi sluzigando par ul gargozz a gorgnu fin in dul stomighi, ul s' spenelava un pochetin, ul restava l do rimpiaz, peu, gnoch, ol dava un ribasn, turnava indr a rutuln gi par ol gargozz, ol rivava fina ai bcc del nas, ol se spantegava in feura ttt el parfm... che se pasava vn anca a cavalo, de cursa, gniuu... bll... A l' primavera! el vusava! Che vin!... E tti che aplaudiva al Jesu, Bravo Jesus, at sei divino! E

MADONNA - , la sua mamma di lui, andava in estasi per la soddisfazione, l'orgoglio di trovarsi un figlio cosi bravo a tirar fuori (ottenere) dall'acqua il vino. Di l a un po' eravamo tutti ubriachi. C'era la MADRE - della sposa che ballava, la sposa era giuliva, lo sposo saltava, il padre della sposa, davanti a un muro, dava testate a ripetizione, cattivo... che nessuno lo aveva avvertito!... Ges era montato in cima a un tavolo, in piedi, e mesceva vino per tutti: Bevete gente, fate allegrezza (siate allegri), ubriacatevi, non aspettate dopo, allegria!... E dopo, di colpo si accorto della sua mamma: Oh sacra DONNA - ! oh MaDONNA - ! mamma! mi sono dimenticato, scusatemi, tenete un goccio anche voi, bevetene un goccio. No, no, figliolo, grazie, ti ringrazio, ma io non posso bere, che io non sono abituata al vino, mi fa girar la testa... e dopo dico le stupidaggini. Ma no, mamma, non ti pu far male, ti porter solamente un po' di allegria! Non ti pu far male, questo vino, vino schietto questo, vino buono... l'ho fatto io!.., E poi, ci sono ancora delle canaglie, maledette, che vanno in giro a raccontare che il vino un'invenzione del diavolo, ed peccato, che un'invenzione del diavolo satanasso... Ma ti parrebbe che se il vino fosse un'invenzione del diavolo satanasso, Ges l'avrebbe dato da bere alla sua mamma? Alla sua mamma di lui? Che lui preso da tanto amore per lei, che io non ho per tutta la grappa di questo mondo! Io sono sicuro che se il Dio Padre in persona, invece di insegnarglielo al No, tanto tempo dopo, questo trucco meraviglioso di schiacciare l'uva, di tirar fuori il vino, glielo avesse insegnato subito, fino dal principio, all'Adamo, subito, prima dell'Eva, subito!... non saremmo in questo mondo maledetto, saremmo tutti in paradiso, salute! Perch sarebbe bastato che quel giorno maledetto che appresso all'Adamo arrivato il serpentone canaglia con in bocca la mela e diceva: Mangia la mela, Adamo!... dolci, buone, dolci, rosse, buone le mele!, sarebbe bastato che in quel momento l'Adamo avesse avuto vicino un bicchierotto di vino, uht: avrebbe preso a pedate tutte le mele della terra, e noi saremmo tutti salvi in paradiso! stato l il gramo peccato, che i frutti non erano stati creati per essere mangiati, ma per essere pestati, schiacciati; che con le mele schiacciate si fa il buon sidro, la Madona!... la Madona, la sua mama de l, l'andava in strambula par la sudisfaziun, l'urguglianza de trovarse un fiolo insc bravo a tra' foeura de l'aqua el vin. De l un poco sevum tti inciuchit, imbriagati. O gh'era la matri de la sposa che la balava, la sposa o l'era ciultai, ol spos ch'ul saltava, ol patri de la sposa, davanti a un muro, c'ul dava testunade a ribatn, cativo... che nessun ol gaveva vertido!... Ol Jesus a l'era montat in copa a un taulo, in pie, ul masceva vin par tti. Beve' gente, feit alegria, inchiuchive, imbriaghive, no aspeti dopo, alegria!... E dopo, in d'un colpo el s' incurgi' dela sua mama: Oh sacra dona! oh MaDONNA - ! mama!- me sun smentegat, scserne, tegnevine un goto anca vui, bevetne un goto. No, no, fiol, grasie, at ringrasi, ma mi non podi bever, che mi non sono abitada al vino, me fa turn la testa... che dopo disi i stupidadi. Ma no, mama, no te p far mal, te menar solamente un po' de alegria! No te p far mal, sto vino, a l' vin s'ceto questo, a l' vin bon... a l'hu fai me!... E peu, a ghe son am di canaja, malarbeti, che va intorna a racontare che ol vino a l' un'invension del diaol, e l' pecato, l' un'invension del diaol satanazzo... Ma te paresse che se ol vin ol fdesse un'invension del diaol satanazz, ol Jesus ghe l'avaria dato de bever a la sua mama? A la sua mama de l? Che l l' ciapat de tanto arnor par le, che mi no g'ho par tta la sgnapa de sto mundo! Mi son sicuro che se el Deo Padre in la persona, invece de impararghelo al No, tanto tempo dopo, sto truco rneravigioso de schisciare l'ga, de trar foeura el vino, ol ghe l'avesse insegnat subito, fin dal prinzipio, all'Adamo, subito, prima dell'Eva, subito!... non saresmo in sto mundo rnalarbeto, saresmo tuti in paradiso, salt! Parch a l'era a basta che in tul zorno malarbeto che atacato, a renta a l'Adamo, a l' arivato el serpentun canaja cont in boca la poma e ol diseva: Magna la poma, Adamo!... dolze, bone, dolze, rosse, bone le pome!, basta ca in quel momento ul Adamo ul gh'aves vt tacat, arenta, un bicerot de vin..., uht: l'avra catat a pesciadi tti i pomi de la terra, e nm seresmo tti salvi in paradiso! O l' stai l ol gramo pecat, che i frti no i era stati creadi par esser magnadi, ma par eser intorcicadi, schisciadi: che co le pome schisciade se fa ol bon sidro, coi con le ciliege schiacciate si fanno le buone grappe dolci, e l'uva... un peccato mortale mangiarla! con quella si deve fare il vino! E io sono sicuro che per quelli che sono stati onesti e savi in vita, in cielo, sar tutto di vino! Bestemmio? No che non bestemmio no! Io mi sono trovato in sogno, morto. Mi sono sognato una notte di essere morto, e mi sono sognato che mi venivano a prendere, mi portavano fuori in un luogo tremendo dove c'erano tanti bacili fondi e dentro a ogni bacile c'era un dannato, poveretto! Immerso dentro, in piedi, in un'acquaccia rossa che sembrava sangue, in piedi! E io ho cominciato a piangere, Oh Dio!.., son capitato all'inferno! maledetto che ho fatto peccati! E intanto che piangevo, mi stracciavano di dosso tutti i vestiti e incominciavano a lavarmi, strofinarmi, a pulirmi in una maniera che cos pulito, con l'acqua bollente, fredda, che nemmeno di Pasqua mi era mai capitato di essere tanto pulito! Una volta che ero (che sono stato) ben pulito, mi hanno calato dentro a un'acquaccia rossa, in un gran bacile... gi... gi.., gi... in questa acquaccia rossa che montava (saliva) fino alle labbra. Io ho chiuso le labbra, ma un'onda, a ridosso, arrivata e... troc... m' andata dentro... dentro nei buchi del naso... uff... mi andato gi un... golone (gran sorso)... ero in paradiso!... Era vino! Boia! E subito ho capito che meravigliosa invenzione era stata quella del Dio Padre, per i beati, che erano tutti beati l dentro, che per non fargli far fatica ai poveri beati ad alzare ogni volta il gomito col bicchiere col vino e riempire, aspettare di riempirselo di nuovo... li aveva immersi, tutti i beati, dentro fino alle orecchie in bicchieroni di vino, in piedi, fino alla bocca, che bastava alzare su senza fatica... alzare il labbro per dire: Buongiorno, signori! e gluch... e io ho cominciato a cantare: La mia morosa vorrebbe essere vogliosa, glug... glug... Aiuto, annego... glug... che bell'annegare! Glug... glug... gaio... ga... l... glam... glo... glo... scirese schisciade s'fai le bone sgnape dolze, e l'uva... l' un pecat mortale magnarla! con quela s'dev fa' el vino! E mi a son sicuro che per quei che son stati onesti e savi in vita, in cielo, ol sar tto de vin! Biastemio? No che no biastemio mia! Mi me sont truvat in un insognamento, morto. Me sunt insugnat una nott de vesser morto, e me sunt insugnat che me vegneven a cat, me purtaven foeravia in un lgu tremendu dove gh'eren tanti basloti fundi e dentar a ogni basloto gh'era un danat, poverazzo! Incalcao dentar, in pie, in una rugiassa rusa, un'acquascia rusa che la pareva sangue, in pie! E mi ho cuminz a pianser. O Deo!... sunt capitat a l'inferno! maledetto che ho fai pecat! E intanto che mi piangeva, me strasciaven foera tti i pagn de dosso e incuminziava a lavarme, a sgrarme, a netarme d'una manera che cuss pulito, coll'acqua sboienta, freda, che ne manco de Pasqua ne m'era gimai capitat de esser tanto pulito! 'Na volta ca era ben netat, m'han calat de denter a un rugias russ, un baslot... gl... gl... gl... in st'acquascia rusa ca muntava fina ai lavri. Mi ho ser i lavri, ma una onda, a rebatn, a l' rivada e... troc... m' 'nd dentar,., dentar in di bcc del nas... uf... a me 'ndai gi un... gulun... a s'eri in tul paradis!... A l'era vino! Boia! E de subito ho capit che meravigiosa invensiun o l'era staita quela del Deo Padre, per i beati, che erano tti beati l dentro, che per non farghe fa' fadiga ai poveri beati a valz ogni volta el gumbit, col bicer col vino a impienir, e speci de impienisel de novo... i aveva incarcai, tti i beati, dentar, fina ai oregi, in biceroni de vino, in pie, fino a la boca, ca l'era basta valz s senza fadiga... valz ul laver par di'; Buond, sciuri e gluch... e mi ho cuminz a cant: La mia morosa vora ves voliosa, glug... glug... Ada, aneghi, glug che bel negare! Glug... glug... gal... ga... l... glam... glo... glo...Baviera. una testimonianza di quanto fossero importanti gli spettacoli e la figura del giullare: come vedete, erano dipinti addirittura sui muri delle chiese.Vi reciter ora un pezzo nuovo che ho recitato solo due volte, ieri e l'altro ieri. Ma mi fa sempre un po' d'emozione il riprenderlo, perch un pezzo di una difficolt estrema. Si tratta della Nascita del giullare. un pezzo che legato, nella propria origine, all'Oriente, ma che noi conosciamo in una versione di origine siciliana. La Sicilia era legata all'Oriente, non soltanto da motivi economici e commerciali, ma anche da ragioni geografico-politiche, e quindi culturalmente. Specialmente in quel periodo, 1200, periodo in cui in Italia si comincia a ritrovare qualche documento di questo pezzo che io sto per recitare. Per ce n' un altro, piuttosto antico, del quale non si conosce con esattezza la datazione, che delle nostre parti, pi esattamente bresciano-cremonese. Il testo ritrovato non era nemmeno intiero, ma a frammenti. Avevo l'intenzione di ricostruirlo, ma non avevo il coraggio di impostarlo. Sono andato in Sicilia proprio l'anno scorso e abbiamo trovato, nella biblioteca di Ragusa, grazie a un compagno che ci ha portato, l'intiero testo in siciliano, straordinario! Di una violenza incredibile, l'ho anche imparato in siciliano: una lingua che ci suonerebbe per arcaica, incomprensibile. Ne ho fatto una traduzione lombarda, che capirete senz'altro meglio. Che cosa racconta questa giullarata? Ci troviamo davanti a un giullare il quale racconta che prima di diventare giullare era un contadino e che fu Cristo a renderlo giullare. Come mai gli ha imposto questo nuovo mestiere? Aveva della terra, ma un padrone voleva portargliela via. Ma io non aggiunger altro perch ho notato che tutto quel che dico oltre a questo discorso inutile, lo capirete da voi soli. Non vi preoccupate se all'inizio non capirete alcune frasi, alcune parole: il senso, i gesti, il suono vi aiuteranno. Attraverso i gesti e i suoni potrete indovinare il significato che va correndo dentro questa storia.

NASCITA DEL GIULLARE

- Oh, gente, venite qui che c' il giullare! Giullare son io, che salta e piroetta e che vi fa ridere, che prende in giro i potenti e vi fa vedere come sono tronfi e gonfi i palloni che vanno in giro a far guerre dove noi siamo gli scannati, e ve li faccio sfigurare, gli tolgo il tappo e... pfis... si sgonfiano. Venite qui che l'ora e il luogo che io faccia da pagliaccio, che vi insegni. Faccio il saltino, faccio la cantatina, faccio i giochetti! Guarda la lingua come gira! Sembra un coltello, cerca di ricordartelo. Ma io non sono stato sempre... e questo che vi voglio raccontare, come sono nato. Non che io non sono nato giullare, non sono venuto con un soffio dal cielo e, op! sono arrivato qui: Buongiorno, buonasera. No! Io sono il frutto di un miracolo! Un miracolo che stato fatto su di me! Volete credermi? cosi! Io sono nato villano. Villano, contadino proprio. Ero triste, allegro, non avevo terra, no! Ero arrivato a lavorare, come tutti in queste valli, dappertutto. E un giorno sono andato vicino a una montagna, ma di pietra. Non era di nessuno: io l'ho saputo. Ho chiesto: No! Nessuno vuole questa montagna! Allora io sono andato fino in cima ho grattato con le unghie e ho visto che c'era un po' di terra, e ho visto che c'era un filino d'acqua che scendeva, e allora ho cominciato a grattare. Sono andato in riva al fiume, ho schiantato queste braccia, ho portato la terra (alla montagna), c'erano i miei bambini, mia moglie. dolce mia moglie, bianca che , ha due seni tondi, e l'andamento morbido che ha, che sembra una giovenca quando si muove. Oh! bella! Le voglio bene io e voglio parlarne. La terra ho portato su con le braccia e l'erba (cresceva velocemente) faceva: pff... e veniva su di tutto. E di che era bello, era terra d'oro! Piantavo la zappa e... pff... nasceva un albero. Meraviglia era, quella terra! Era un miracolo! C'erano pioppi, roveri e alberi dappertutto. Li seminavo con la luna giusta, io conoscevo (io sapevo), e cresceva roba da mangiare, dolce, bella, buona. C'era cicorino, cardi, fagioli,

NASCITA DEL GIULLARE

- Ahh... gent... vegn ch che gh' '1 giular! Giular ca son mi... che fa i salt e ca '1 trmbula e che... oh... oh... a u fai rider, ca foi coi alt e fai vedar com'a sont groli e grosi i balon che vai d'intorna a far guere son sfigrat, o trai via el pileo e... pffs... soi sengobr. Vegn ch ca ora e lgu ca'l fa '1 pajasso ttt inturna, mi a v'insegni, vegna... vegna... Ul fa el saltin, ul fa el cantin, ul fa i gighetti! Va' la lengua 'me la gira! Ah... ah... a l' un cultell... boja sta' a recurdat... Ma mi no a l'era sempar... quest ca voi contar, come sunt naso. Che mi non son naso giular, non son vegn d'un fiat dal zielo, e, op! e son riv chi: Bond, bonasera. No! Mi a son el frai d'on miracol! Un miracol es fait s d' me! Vuri' credem? U l' fait! Mi son nast vilan. Vilan, cuntaden propi. U s'eri tristo, alegro, no g'avevi tera, no! U s'eri rivado a 'nd a lavurar, pari a tti in de sti vaj, da parttt. E un zorno u jtat vesen 'na muntagna, ma de piera. U l'era de nissn, u l'hai sado. U dimandat: No! Nissn veul sta muntagna! E mi sunt andai fin su... sun 'dait rasp cuj ung e hu vist che gh'era un po' de tera, e hu vist che gh'era un filolin di aqua co l'andeva da gi de basso, e alora hu scumins a gratare. Son andai a tacat al fim, hu sbrancat insc ste brasce, hu te portat la tera, u gh'era i me fjulit, la mia mujer. U l' dolza la mia mujer, bianca c'u l', u l'ha d zine tunde, e l'andar morbido cu l'hai... cu la par 'na giunca ca meuvasse. Oh... l' bela! A'g voj ben mi, e voj parlarne. La tera u purt su coi brasci! e l'erba, che fasevet: pfut... e te vegneva s ttu, E di ca l'era belo, l'era tera d'ora! U ciapeva la sapa, u te la meteva e... zu... te nasseva un arbero. Meravegia, u l'era sta tera: u l'era un meracol! U andava piopi, u andava tti i arbori, a roveri, andava da perttu. I andava a semenar 'n la lna gista, mi cunusseva! E vegniva roba de magnar dulza, bela, bona. U

rape, c'era di tutto. Per me, per noi! Oh, ero contento! Si ballava, e poi pioveva sempre per dei giorni e il sole scottava e io andavo, venivo, le lune erano giuste e non c'era mai troppo vento o troppa nebbia. Era bello! bello! Era terra nostra. Bello era questo gradinone. Ogni giorno ne facevo uno, sembrava la torre di Babele, bella con queste terrazze. Era il paradiso, il paradiso terrestre! Lo giuro. E tutti i contadini passando dicevano:

- Che culo che hai, boia, guarda: da una pietraia l'hai tirata fuori! Me disgraziato che non l'ho pensato!

E avevano invidia. Un giorno passato il padrone di tutta la valle, ha guardato e ha detto:

- Da dove nata questa torre? Di chi questa terra?

- Mia, - gli ho detto, - l'ho fatta io con queste mani, non era di nessuno.

- Nessuno? una parola che non c', nessuno, mia!

- No! non la tua! Sono andato anche dal notaio, non era di nessuno, Ho chiesto al prete, era di nessuno e io l'ho fatta, pezzo per pezzo.

- mia, e tu me l'hai a dare.

- Non posso dartela, padrone... io non posso andare sotto gli altri a lavorare.

- Io te la pago! ti do denaro, dimmi quanto vuoi.

- No! No, non voglio denaro, perch, se mi di i soldi, poi non posso comprare altra terra coi soldi che mi di e devo andare ancora a lavorare sotto agli altri. Non voglio io, non voglio!

- Dammela!

- No!

Allora lui ha fatto una risata ed andato. Il giorno appresso venuto il prete a domandare.

- del padrone... fai il bravo, molla, non fare i capricci, guarda che quello tremendo, cattivo, molla questa terra. In Deo Domino fai il bravo!

- No! no! - gli ho detto, - non voglio, - e gli ho fatto anche un brutto gesto con la mano.

venuto il notaio, arrivato anche lui, sudava, boia, per venire su a trovarmi.

- Fai il bravo, c' la legge, stai attento che non puoi, che tu non...

- No! No! - e ho fatto anche a lui (un brutto gesto con la mano), andato via bestemmiando. Il padrone

gh'era zicurn, u gh'era crodi, u gh'era fazoj, rave, u gh'era tto! Par mi, par nm. O era cuntentu! O se balava, e p el piueva sempar par di d e ol sol el brsava e mi andava, vegniva, e i lne ereno gisti, ne gh'era gi mai tropo vento o tropa gruma. U l'era bel! bel! U l'era tera nostra! Bela u l'era, stu gradn. E ogni d, u ne fazeva ni... la pareva la torre de Babele... bela cun sti gradi, u l'era ol paradis, ol paradis terestre. Ol giri. E tti i pasava i cuntaden e i diseva:

- Che c ca ghet... boja, varda!Da na muntagna u l'ha tir feura!... Me disgrassi ca nun hai pensat!

E invidia i g'aveva e un die l' pasat ul padron. Ul padron de tta la vale, u la vard e l'ha dit:

- Du' l' ca l' nassda sta torre? De chi l' sta tera?

- Me, - a g'ho dit, - a l'ho faja me con sti mani, u l'era de nissn.

- De nissn?L' na parola ca nu gh', nissun, a l' la mea.

- No! nun la tua! A sunt anda anca in dal nutar, varda, nu gh'era. U dumand al prevete, u l'era de nissn e mi l'ho faita, toco par toco.

- L' mea, te me l'hai a darme.

- Non poit dar, padron... mi no poi and sota i altri a trabajar.

- Mi t'hai paghi! at do denar, dime quanto vo'.

- No! No, non voj denar, no, parch, s' te me di denar, dopo a no podo comprar altra tera col dinar che te me di e devo andar a lavorar, a trabajar ancora soto i altri. Non vi me, no vi!

- Damela!

- No!

Alura l l'ha fait una rigulada e l' 'ndai. El d appresso a l' vegn el prevete a dumandar.

- L' del padrun... fa' el bravo, mola, nun te stai a far de caprissi, varda che quelo l' tremendo, l' cativu, mola sta tera! In Deo Domini fa' el bun...

- No! no! - g'ho di', - no voi, - e g'ho f anca un brt muviment cun la man.

A l' vegn el nodaro, u l' vegn anca l, ul sdava, boja, par vegn s a truarme:

- Fa' el bravo, gh' la lege, sta' atento che ti nun ti pode, che ti no...

- No! No! - e g'ho fai anca a l... u l' and via biastemando.

non ha mollato, no! Ha cominciato ad andare a caccia, faceva passare tutte le lepri dalla parte della mia terra! Andava continuamente avanti e indietro con i cavalli e gli amici a schiacciarmi le siepi. E un giorno mi ha bruciato tutto... Era estate... era seccato. Lui ha dato fuoco a tutta la montagna e mi ha bruciato tutto, anche le bestie bruciate, la casa bruciata, ma non sono andato via! Ho aspettato... cominciato a piovere la notte, e dopo (la pioggia) ho cominciato a pulire, a ripiantare pali, a sistemare pietre, a riportare terra, a far scendere acqua dappertutto, perch di li, boia, non mi voglio muovere! E non mi sono mosso! Solo che un giorno arrivato lui, aveva appresso tutti i suoi soldati e rideva, noi eravamo nei campi coi bambini, mia moglie e io; stavamo lavorando. venuto, sceso da cavallo, si tolto i calzoni, venuto vicino a mia moglie, l'ha presa, l'ha buttata per terra, le ha strappato le gonne... Io volevo muovermi, ma i soldati mi tenevano, e lui le saltato addosso, l'ha fatta come fosse una vacca. Che io e i bambini con gli occhi sbarrati, che guardavano, e io mi muovevo (con uno strattone) mi sono liberato, ho preso una zappa e ho detto:

- Disgraziati!

- Fermati, - mi ha detto mia moglie, - non lo fare, non aspettano altro, aspettano proprio questo: che tu alzi il tuo bastone, per poi ammazzarti. Non hai capito? Vogliono ammazzarti e portarti via la terra, non aspettano altro, lui deve pur difendersi, non vale mettersi contro di loro, che tu non hai onore, tu sei povero, sei contadino, villano, non puoi pensare a onore e dignit, quella roba per i signori, i nobili! Che poi si arrabbiano se gli fanno la figlia, se gli fanno la DONNA - , la moglie, ma tu no! Lascia fare. Vale pi la terra che l'onore di te, di me, pi di tutto. Manza sono io, manza per amore di te. E io a piangere... piangere su questo affare, ho guardato tutto e i bambini che piangevano. E loro, col padrone, di colpo sono andati via ridendo contenti, soddisfatti. Era un piangere tremendo (il nostro)! Non riuscivamo a guardarci in viso l'un l'altro. S'andava in paese, ti prendevano a sassate, a pietre. Gridavano:

- Oh bue! che non hai la forza di difendere il tuo onore perch non ne hai, bestia che sei, tua moglie l'ha montata il padrone e tu sei stato tranquillo per un mucchio di terra, disgraziato!

E mia moglie andava in giro:

Ul padron non l'ha mia mol, no! U l'ha cominz and a cacia, ul faseva pas tti i lguri da la parte de la mia tera! El 'ndava a dre con tti i cavali e i amisi e '1 me schisciava i sciesi. E in un d sulamente el m'ha brsat tt... u l'era estat... u l'era secat. E l l'ha dait feug a tta la muntagna e '1 m'ha brs tt, anca i besti brs, la ca' brsada, ma nun sunt andaj via! Hu aspeciat... e l' vegn a pieuver de note, e apreso hu scumens a netar, a polir, a rimpiantar pal, a remeter roba, repurtar la tera, a sestemar le piere, a f gnir gi l'acqua dapartt, perch de l, boja, no me voj movar! E no me son movdo!

Solo che un di a l' rivado l, g'aveva a pres tti i so suldat; ul rideva, nm erum nei campi cui fiulit, la mia mujera e mi; s'erum a lavurar, a trabajar, l. U l' vegn, l' descend da cavalo, ul s' cav le braghe, u l' vegn tacat a la mia mujer, u l'hai catada, u l'hai sbatda par tera, e g'ha strasciat i sochi... Mi a vureva meuves, ma i me tegneva i suldat, e '1 g'ha salta' a dos, u l'ha faita, u l'ha faita cume fdess una vaca. Ca mi e i fiulit cui gi sbarat, che i vardava e mi a me mueva, me sunt liberat, hu catait 'na sapa, hu dit:

- Disgrassi!

- Frmat, - m'ha dit me' mujer, - nol fa', no i specian oltre, i specian propi quelo, che te valset el to baston, par p coparte. No te hai capit? I veur coparte e trar via la tera, no i specia altri, l el debia pr difenderse, no valse meterse a sbragar con loro. Ca ti no t'hait onore, ti set povero, set contadin, vilan, non puoi pensar dignitat, onore, quela roba par quei che inn sciuri! ai nobli! Che p vegn a inrabirse se ghe fan la tosa, se ghe fan la dona, la mujer, ma ti no! Lassa far. Valse pi tera che l'onor de ti, de mi, che tti. Manza son mi, manza per amor de ti.

E mi, a splanger. Caragn in s st'afari, l'hu vard tt, e i fiulit che piagneva... E lori peu i son and rigulando content feuravia... u l'era un planger tremendo! Num se pudeva vardarse a presso vn cu l'alter, nun se vardava... s'andava per i paes, u te ciapaven a buciade, a sasade, a piere. Vusaven:

- Oh... beu...! No g'hai la forza de far feura onor che nu te g'hai, bestia che te set, la tua mujera a l'ha incalcada el padron e ti te se' stait tranquilo par un mcc de tera, desgrasi!

E la mia mujer l'andava inturna:

- Puttana, vacca! - le dicevano e scappavano. Neanche in chiesa la lasciavano entrare. Nessuno!

I bambini non potevano andare in giro, tutti erano li, e non ci guardava pi nessuno. Mia moglie scappata! Io non l'ho pi vista; io non so dove andata. I bambini non mi guardano: sono venuti ammalati e manco piangevano. Sono morti! Io sono rimasto solo. Solo con questa terra! Non sapevo cosa fare. Una sera ho preso un pezzo di corda l'ho buttato su una trave, me la sono messa intorno al collo, ho detto:

- Bene, mi lascio andare, adesso!

Faccio per lasciarmi andare, impiccato, quando mi sento battere una mano sulla spalla, mi volto, c' uno (e vedo uno) con una faccia pallida, con gli occhi grandi che mi dice;

- Mi di un po' da bere?

- Ma ti sembra il momento di venire a chiedere da bere a uno che si sta impiccando? Boia!

Lo guardo e (vedo che) ci aveva una faccia da povero cristo anche lui, poi guardo e (vedo che) ce n'erano altri due, anche loro con una faccia patita.

- Va bene, vi dar da bere e poi mi impicco. Vado a prendere da bere, li guardo bene:

- Pi che bere voialtri avete bisogno di mangiare! Ma io sono tanti giorni che non faccio da mangiare... C' da farlo, se volete.

Ho preso un tegame e ho messo sul fuoco a scaldare delle fave e gliel'ho date, una ciotola ciascuno, e mangiavano, mangiavano! Io non avevo voglia di mangiare... Aspetto che mangino e poi mi impicco, E intanto che mangiava, quello con gli occhi pi grandi, che sembrava proprio un povero cristo, sorrideva e diceva:

- Brutta storia questa che vuoi impiccarti! Io so bene perch lo vuoi fare. Hai perso tutto, la moglie, i bambini e ti rimasta solo la terra, bene, io so bene! Se fossi in te non lo vorrei fare (lo farei).

E mangiava! mangiava! Poi alla fine ha appoggiato tutto e ha detto:

- Tu sai chi sono io?

- No, ma ho avuto il dubbio che tu sei Ges Cristo.

- Bene! Hai indovinato. Questo Pietro, e il Marco quello l.

- Piacere. E cosa fate qua?

- Tu mi hai dato da mangiare e io ti do da parlare.

- Da parlare? Cos' questa cosa?

- Disgraziato! Giusto che hai tenuto la terra, giusto che non vuoi padroni, giusto che hai avuto la forza

- Ptana, vaca! - u ghe disevan, e i scarpavan. Nanca in giesa la lassaven pasar. Nissn!

E i fiulit no i podeva 'ndare intorna, tti eremo l e no ghe guardava p nissn. La mia mujer a l' scapada! Mi l'hai p vida; mi no so indue l' 'ndada, e i fiulit nu me vardava: maladi son vignit, ne manco i plangeva, E son morti! E mi son restai sol. Sol cun sta tera! Nun saveva cossa che fare. Una sera hu ciapai un toc de corda, hu bt su una trave, me la son metda inturna al colo, hu dit:

- Bon, me lassi and, adess!

Fo per lassam and impicatt, u me senti pugi una manada, a me volti, a gh' vn co 'na facia smorta, cui ogi grosi che '1 me dis:

- Me dj un po' de bevar?

- Ma te par el mument de vegn a dumand de bevar a vn che fa l'impicatt? Boja!

Ul vardi e '1 g'aveva una facia de pover crist anca l e vardi e ghe n'era altri doi, anca lor con una facia patida.

- Va ben, ve dar da bevar, dopo me impichi.

A vo' a teu par bevar, i vardi ben:

- P che bevar, vialtri av besogn de magnar! Ma mi l' tanti d che nun fai de magnare... U gh' de farlo, se vur.

Hu ciapat un baslot, hu metd in sul feug, a g'ho fait scaldare de le fave, e gh'i ho dai, un baslot per n, e i magnava! I magnava! Mi no g'aveva voia de magnar... Speci che adess i magna e peu me impichi. E intanto ch'el magnava, quel cui g pl grandi che'l pareva propi un pover crist ul surideva e ul diseva:

- Brta storia l' ti che te vret impicass! Mi so ben ul perch t'ol vi fare. T' perd tt, la mujera, i fiulit e te g'ha sojament una tera, bon, mi savie ben! Se fsse in ti no lo vorria fare.

E '1 magnava! E '1 magnava! E peu a la fin l'ha metd gi tt e l'ha dit:

- Ti sai chi son me?

- No! Ma g'ho avt un dbi che ti te set Jesus Cristo,

- Bon! T' induinat. Quest l' Pietro, e'1 Marco l' quel l,

- Piazer. E cussa fait qua?

- Ti te m'hait dait de magnar e mi te do de parlare.

- De parlare? Cussa l' sta roba?

- Disgrassi, gista che t'hai tegnit la tera, gista che non te vi de padron, gista che t'hai t la forsa de no molar, gista

di non mollare, giusto... Ti voglio bene, sei forte, buono! Ma ti manca qualche cosa che giusto che tu devi avere (abbia): qua e qua (fa segno alla fronte e alla bocca). Non rimanere qui attaccato a questa terra, vai in giro e a quelli che ti tirano le pietre digli, fagli comprendere, e fai in modo che questa vescica gonfia che il padrone tu la buchi (possa bucare) con la lingua, e fai uscire il siero e l'acqua a sbrodolare marcio. Tu devi schiacciare questi padroni e i preti e tutti quelli che gli stanno intorno: i notai, gli avvocati, eccetera. Non per il bene tuo, per la tua terra, ma per quelli come te che non hanno terra, che non hanno niente e che devono soffrire solamente e che non hanno dignit da vantare. (Insegna loro a) Campare di cervello e non di piedi !

- Ma non capisci? Io non sono capace, io ho una lingua che non si muove di dentro (dentro la bocca), mi intoppo ad ogni parola e non ho stile (dottrina) e ho il cervello fiacco e molle. Come faccio a fare le cose che tu dici, e andare in giro a parlare con gli altri?

- Non preoccuparti che il miracolo viene adesso. Mi ha preso per la testa, mi ha tirato vicino e poi mi ha detto:

- Ges Cristo sono io, che vengo a te a darti la parola. E questa lingua bucher e andr a schiacciare come una lama vesciche dappertutto e a dar contro ai padroni, e schiacciarli, perch gli altri capiscano, perch gli altri apprendano, perch gli altri possano ridere (riderci sopra, sfotterli). Che non che col ridere che il padrone si fa sbracare, che se si ride contro i padroni, il padrone da montagna che diviene collina, e poi pi niente. Tieni! Ti do un bacio che ti far parlare.

Mi ha baciato sulla bocca, a lungo mi ha baciato, E di colpo ho sentito la lingua che guizzava dappertutto, e il cervello che si muoveva e tutte le gambe che andavano da sole, e sono andato in mezzo alla piazza del paese a gridare:

- Venite gente! Venite qui! C' qui il giullare! Vi faccio far satira, giostrare col padrone, che vescica grande e io con la lingua la voglio bucare. E vi racconto di tutto, come viene e come va, e come Dio non quello che ruba! il rubare impunito e le leggi sui libri che sono loro... parlare, parlare. Ehi gente! Il padrone si va a schiacciare! Schiacciare! da schiacciare!..,

At voi ben, aite forte, bon! ma t' manca un qui cos che t'ha d'aver: qua e qua! (fa segno alla fronte e alla bocca). No star l atch in s la tera, vai d'intorna e a quei che te tira piere, ti parla e dighe, faig comprender, e fai de manera che sta vesciga sgiunfiada ca l' ol to padron, ti sbsa cun la tua lengua e fa' andar feura l'acqua e ul sier ca vegn feura a sbrodar marscio. Ti devi schisciare sti padrun, e i previti e tti quei che va inturna, i nodari, i avogador, quei che va d'intorna. No par ben de ti, par la tua tera, ma par quei che come ti, ca non han tera e che non han gnente e che han de soffregare sojamente, e che non han dignit da vantare. Campar de servelo, e no de pie!

- Ma noi comprende? Mi non son capaze. Mi g'ho 'na lengua che non se move de rentra, embiscigo de par tto e intopigo a ogni parlar... e no g'ho de stil e g'ho el servelo che u l' fioco, molo! Come fabia a far le robe che te diset, and intorna a parlar co i altri?

- No arpanza, che ol miracol 'gne adess.

Ul m'ha catat per la crapa, ul m'ha catat visin e peu '1 m'ha dit:

- Jesus Cristo a soi mi che t' vegna a ti a dat parlar. E sta lengua u la beuciar e 'ndr a schisciar 'me 'na lama da partto vescighe a far sbrogare, a da' contra i padroni e li far schisciare parch i altri i capissa, parch i altri imprenda e parch i altri i poda rigolar. Che no che col ridare ch'ol padron ul s' fa sbragare, che se i ride contra i padron, ol padron, da montagna ca l' dijen colina e peu niente ca se move, Tegne! A t' do un baso che at far parlare.

El m'ha basao s la. boca, lungo el m'ha basao. E de bot ho sentit la lengua ca sbissava da partto, e un zervei c'al se mueva, e tti i jambi che s'andava in dar par lori, e sunt and in mess a la piassa del paes a vus:

- Gnl Zente! Vegn ch! Giulare'. Ai fao giugar, giostrare col padron, vesciga granda o l' e mi de lengua i vo' sbsare! E ve raconto de tto, come '1 vien, come '1 vaga e come el Deo nu l' quelo che '1 roba! '1 rubar che pregne e i legi si libri che son lor... parlare, parlare. Ehi gente! Ol padron se va a schisciare! Schisciare! O l' de schisciare!...

Foto 13.La nascita del villano (da un manoscritto del Trecento).

Si tratta di un'immagine tratta da una miniatura. la rappresentazione di un pezzo di un famoso giullare; Matazone da Caligano, Matazone un soprannome che vuol dire mattacchione (questa volta non scurrile, come vedete ci sono delle eccezioni); Caligano, Carignano, un paese vicino a Pavia. Il linguaggio, un dialetto dell'allora territorio di Pavia, chiarissimo per noi lombardi; e, dico la verit, ho provato ad eseguirlo anche in Sicilia, ed arrivavano a capire tutto. Vedete: lass c' un ANGELO - , qui il padrone, il signore, il signore delle terre, e qui c' il contadino, o meglio il villano.

Che cosa succede in questa rappresentazione? il momento della consegna, al padrone, del primo villano creato dal padreterno.

La giullarata racconta dell'uomo che, stanco di lavorare la terra, dopo sette generazioni, va dal padreterno e gli dice: Senti, io non ce la faccio pi a soffrire la fatica in questa maniera, devi alleviare la mia fatica. Mi avevi promesso che avresti rimediato in qualche modo! Come non ho rimediato? ! - dice il padreterno, - ti ho dato l'asino, il mulo, il cavallo, il bue... Eh si, ma sempre io devo spingere dietro l'aratro, - dice l'uomo, - sempre io devo andare a remondare la stalla, sempre io devo fare i lavori pi bassi, come mettere lo sterco nei campi, mungere, ammazzare il

maiale... Io vorrei che tu mi creassi qualcuno che mi aiutasse in tutto e per tutto, che mi sostituisse anzi, e io potrei finalmente riposare! Ah, ma tu vorresti un villano! E chi ? proprio uno di quelli che vorresti tu... D'altra parte non lo puoi conoscere, non l'ho ancora creato! Vieni, andiamo a crearlo adesso... E vanno da Adamo. Appena Adamo vede arrivare il padreterno assieme ad un uomo, zac! si mette le mani intorno al torace e urla: No, basta, io di costole non ne mollo pi! Ecco, va be', hai ragione anche tu, - dice il padreterno, - ma cosa posso fare? In quel momento passa un asino, e al padreterno viene un'idea: fa un gesto con le dita, e l'asino si gonfia. Rimane incinto.

Ecco: da questo momento seguo il testo originale. Matazone da Caligano che parla. Esiste un testo stampato in una forma un po' diversa da questa, che stata ricostruita mettendo insieme vari frammenti, per dare maggiore continuit e logica al testo.

LA NASCITA DEL VILLANO

Si racconta in un libro ormai dimenticato che, passate sette volte sette generazioni dal gramo giorno della cacciata dal paradiso, l'uomo, stufo, disperato per tanta fatica che gli toccava (fare) per campare, andato alla presenza di Dio in persona e ha cominciato a piangere e a implorarlo che gli mandasse qualcuno a dargli una mano a fare i lavori della terra che lui da solo non ce la faceva pi.

Ma non hai forse gli asini e i buoi per quello?, gli ha risposto Dio.

Hai ragione, Signore Padre Nostro... ma sopra l'aratro ci dobbiamo stare noialtri uomini a spingere come i dannati, e gli asini non sono capaci di potare vigne e non riescono a imparare a mungere le vacche per quanto gli insegni. Cosi che innanzitempo veniamo vecchi noialtri per fatica e le nostre donne sfioriscono, che a vent'anni sono gi appassite.

Dio, che tanto buono, a sentire queste cose si fatto prendere dalla compassione e ha detto in un sospiro: Bene, vedr di crearvi sui due piedi una creatura che possa venire gi a scaricarvi da questa pena.

Poi andato di corsa dall'Adamo; Senti, Adamo, fammi un piacere, alza la camicia che ho da tirarti fuori una costola che (ne) ho bisogno per un esperimento.

Ma l'Adamo a sentire questa novit scoppiato a piangere:

Signore, piet che me ne hai gi tolta una di costola per far nascere la mia sposa, l'va traditora... Se adesso mi privi di un'altra costola ancora non ne avr abbastanza per ingabbiarmi lo stomaco, e mi usciranno fuori tutte le frattaglie come (a) un cappone scannato,

Hai ragione anche tu, - ha biascicato il Signore grattandosi la testa, - cosa devo fare?

In quel mentre passava di li un asino e al Signore gli fulminata un'idea: che, per quello, lui un vulcano!

LA NASCITA DEL VILLANO

As reconta int'un liber ormai desmenteg, che pasadi set volt set generasiun del gramo d de la descasciada d'ol paradis, l'omo, stfo desper per tanta fatiga che ghe tucava per camp, l' 'ndait in la presenza de Deo, in la persona, e l'ha scomens a piagn e 'mplural che ghe mandase quajcuno a darghe una man, a f i lavur d'la tera che l, de par l solengo, no ghe la faseva p.

Ma no ti g'ha sforse i aseni e boj, par quel? g'ha respundit Deo.

Ti g'ha reson, Segnor Pater Noster... ma sora a l'aratro ghe dobiemo starghe noi altri omeni a sping 'me i danati. E i aseni no i capaz de podar vigne e no i riese a imprend a mng i vache per tanto che gh'insegni. Insc che innanz ol temp, vegnum veci noialtri per fatiga e le nostre done sfiorisen, che a vent'ani le son de gi paside.

Deo, che l' tanto bon, a sent sti robi ol s' fait tor de cumpasion e la dit in un sospir; Bon... vardar de crearve si do pie una creatura che av poda 'gni gi a scargarve de sta pena.

Daspo' l' andait de corsa de l'Adamo: Sent, Adamo, fam un plager, valza su la camisa che g'ho de trat foera 'na costula che g'ho besogn par un speriment.

Ma l'Adamo, a sent sta noeva, s'ciupad a caragn:

Segnur, piet che te m'n' gi tolta veuna de costula per f nass la mia sposa, l'va traditora... Se adess t'am privet d'un'altra costula anc'mo no g'n'avr as par ingabiarme ol stomego, a me sboteran foera toti i frataj 'me on capon scanat!

Ti g'ha reson anc ti, - l'ha biaseg ol Segnor gratandose in testa, - as g'ho de f?

In quel menter pasava de liloga un aseno e al Segnur g'hait flmen un'idea; che par quel, l l' un vulcan! L'ha

cano! Ha fatto un segno verso l'asino e quello di colpo si gonfiato. Passati i nove mesi, la pancia della bestia era ingrossata da scoppiare... si sente un gran fracasso, l'asino tira una scoreggia tremenda e con quella, salta fuori il villano puzzolente. Oh che bella nativit!

Zitto tu. In quel (mentre) viene avanti un temporale diluvio e gi acqua a rovescio sul figlio dell'asino e poi grandine e tormenta e fulmini e tutti, sul corpaccione del villano, perch si faccia subito coscienza della vita che gli si presenta.

Una volta che ben pulito, arriva gi l'angelo del Signore, chiama l'uomo e gli dice:

Per ordine del Signore, tu da questo momento sarai

padrone e maggiore e, lui, villano minore.

Ora stabilito e scritto

che questo villano debba aver per vitto

pane di crusca con la cipolla cruda,

fagioli, fava lessa e sputo.

Che debba dormire sopra un pagliericcio

Ch del suo stato si faccia ben ragione.

Dal momento che lui nato nudo

dategli un pezzo di canovaccio crudo

di quelli che si adoperano per insaccare saracche

perch si faccia un bel paio di braghe.

Braghe spaccate nel mezzo e slacciate

che non debba perdere troppo tempo nel pisciare.

fait un segn invers a l'aseno e quel de bota ol s sgiunf. Pas i noev mesi, la panza de la bestia l'era ingrusida de s'ciup... se sent un gran frecas, l'asen ol tr una slofa tremenda e con quela salta foera ol vilan spsento.

Ohi che bela nativit!

Cito ti! In de quel vegn oltra un tempural dilvi e gi acqua reversa a el fiol de l'asino e poe grandina e tormenta e flmeni e tti sul curpason del vilan, parch ol se faga de sbit coscienza de la vita che ghe se presenta.

'Na volta che l' ben netad, riva gi l'angel dol Signur, ol ciama l'omo e ol ghe dise:

Par ordine del Segnur, ti, da sto momento, ti ser

patron e magior e lu vilan minor,

Mo est stabilicto et scripto

che sto vilan debia aver par victo

pan de crusca con la scigola crda

faxoj, fava alesa e spda.

C'ol debia dormir sora a un pajon

che d'ol so stato as faga ben rasn,

Da po' che l l' nato snudo

deighe un toco d' canovazo crudo

de quei c'as dopra a insacar sarache

parch ol se faga un bel par de brache,

Brache spac in d'ol mezo e dislas

che n'ol debia perd trop ol temp in d'ol pis.

Sembra proprio di ritrovarci con i padroni di adesso! Andando in giro per l'Italia, ci capita continuamente di incontrarci con la realt di fatto. Per esempio, siamo arrivati a Verona, e cerano delle ragazze in teatro con dei manifesti che avevano anche appeso ai muri, erano in sciopero. Erano in sciopero perch il padrone aveva proibito di andare al gabinetto. Cio, una sentiva il bisogno... Scusi, posso? No... e no! Dovevano andare tutte al gabinetto alle 11,25: driiiin, e pipi. E chi non aveva bisogno, basta, turno dopo. Erano in sciopero per ottenere il privilegio di fare pipi quando ne sentivano impellenza. Non so come sia andata a finire la questione. Per, il massimo del grottesco rimane il fatto avvenuto alla Ducati di Bologna, una fabbrica molto grande, di grande importanza, classe internazionale. Ebbene, che cosa successo? I proprietari, li non c' il padrone, ma i padroni, hanno deciso di tagliare corto col tempo concesso per andare al gabinetto. Chi ci stava sette minuti, chi quattro, no, basta! Hanno litigato anche con i sindacati, c' stata una lotta tremenda, a un certo punto hanno deciso. Proprio un colpo secco: Due minuti e trentacinque secondi sono pi che sufficienti per fare i propri bisogni... in totale. Ora, detto cosi, sembra normale, poi uno pensa: Beh, avranno fatto degli studi, si saranno consultati con dei tecnici... Invece, vi assicuro, credete alla mia parola, un record! Due minuti e trentacinque secondi: un record! Tanto vero che gli operai mica vanno cos... Si allenano a casa! Se voi non credete che sia un record provate personalmente, prendete dei libri interessanti, aspettate una giornata buona, prendete qualche disco hawaiano, ve lo consiglio: guiahmun! Aiuta molto, Ebbene, vedrete, impossibile! impossibile, soprattutto quando tu hai la psicosi del toc... toc... toc... Si, perch in ogni gabinetto della Ducati c' un orologio. Come uno entra, subito toc... toc... toc... Ora il tremendo, il grottesco della situazione che uno pensa: Come verr stabilito il tempo? Quando scatter? S'immagina naturalmente che l'operaio entri nel gabinetto e (mima l'entrata) to... ta... tata... prende un bel fiato, aaah... come quando uno si butta nell'acqua gelata e poi... (mima) toc... toc toc toc (fischio) uhjj... gni... No! neanche per idea: perch, logico, se scatta il congegno vuol dire che c' un pulsante sotto l'asse, no? e quindi, se uno s'appoggia all'asse schiaccer il pulsante e far scattare l'orologio marcatempo. Ma il padrone sa che l'operaio furbo, svelto, sa che non si appoggerebbe mai all'asse, ma che se ne star sulle punte... e non tocca!... resiste delle ore senza toccare. Eh no, allora io ti frego. Lo scatto non sar sotto l'asse, ma sulla maniglia! E appena l'operaio appoggia la mano sulla maniglia, scatta il congegno elettrico, toc... toc... toc... toc... maledette bretelle che non... orco giuda... la carta... (fischio, poi, rivolto alla tazza); Scusi per il disturbo. Allora ecco dove sta il problema dell'allenamento: bisogna arrivare sciolti nei movimenti, liberi al massimo... Quindi per prima cosa: via i pantaloni. I pantaloni gi piegati sulla spalla... stanno anche bene... sembra una mantellina, no? liberi! la camicia alla bajadera ( tutto mimato), se non ci si imbraga, e soprattutto non incominciare a dire: Oh Dio... (cerca di coprirsi davanti). Bisogna fregarsene, senza questioni di pudore cretino.

C' un grosso studioso tedesco, Otto Weininger, che ha fatto degli studi straordinari su questo problema: ebbene, hanno scoperto che l'atteggiamento pudico che determina negli altri la consapevolezza che uno nudo. logico, uno va in giro cosi (mima uno che si copre con le mani i genitali e il sedere) e subito viene segnato a dito: Oheu... uno nudo! ! Mamma guarda, uno nudo! Ma se uno si libera di questa pudicizia idiota e se ne sta tranquillo, chi se ne frega! Nudo, bello, tranquillo, sparato... la gente dice: Oh, guarda, un conte!

Ecco allora che l'operaio deve diventare conte, quando va al gabinetto; e deve imparare anche, oltre ai ritmi del cottimo, quello del gabinetto. Sono ben diversi, ma fondamentali (mima saltellando l'operaio che entra nel gabinetto e s siede) un... due... tre... Una danza!

Ma torniamo alla storia del villano e sentiamo che cosa consiglia langelo al padrone del villano nel momento che glielo consegna.

Ad insegna del suo casato gentile

mettigli in spalla vanga e badile.

Fallo andare intorno sempre a piedi nudi

che tanto nessuno dir niente.

Di gennaio dagli un forcone in spalla

e caccialo a ripulire la stalla.

Di febbraio fai che sudi nei campi a franger le zolle

ma non darti pena se avr le fiacche al collo,

se verr pieno di piaghe e calli,

ne avr vantaggio il tuo cavallo

liberato dalle mosche e dai tafani

che tutti verranno a star di casa dal villano.

Ponigli una gabella (tassa) su ogni cosa faccia,

mettigli una gabella persino a (su) quel che caca.

Di carnevale lascialo pur ballare

e pur cantare che s'abbia da rallegrare,

ma poco, che non si debba dimenticare

che a 'sto mondo per faticare.

Anche di marzo fallo andare scalzo.

Fagli potare la vigna,

che si prenda la tigna.

Nel mese di aprile

che stia all'ovile

con le pecore a dormire,

a dormire svegliato (da sveglio),

che il lupo affamato!

Se l'affamato lupo vuol prendersi qualche armento

si prenda pure il villano che io non mi lamento.

Mandalo a tagliar l'erba

di maggio con le viole

ma guarda che non si perda (distragga)

rincorrendo le belle figliole.

Le belle figliole sane,

non importa se villane,

falle ballar distese

con te per tutto il mese.

Quando poi ti verr a noia

Par insegna d'ol so casat zentil

metighe in spala vanga e badil.

Fal' and intorna semper a pie biot

che tanto nin ol te dir nagot.

De zenaro daghe un furcun in spala e

cascialo a remund la stala.

De febraro fa' che ol sda nei campi a franger i zol

ma no fat pena se ol g'ha i fiac al col,

se ol 'gnir impiegnid de piaghi e cal,

ag n'avr vantagio ol to caval

liberat di moschi e di tafan

che toti 'gnirn a st de casa d'ol vilan.

Ponighe 'na gabela su omnia roba ol faga,

metighe 'na gabela infine a quel che caga,

De carnoval laselo pur balar

e pur cantar che ol s'abia de legrar,

ma poc, che no s' debia smentegare

co l' a sto mundo par fatigare.

Anco de marzo falo andar descalzo.

Faghe podar la vigna

c'ol se cati la tigna.

Del mese d'avrile

c'ol stia in d'el ovile

co' e pegore a dormir,

dormire desvegiato

che ol luvo el s' afamato.

Se l'afamato luvo vol torse qualche armento

as' tolga ol vilan pure che mi no me lamento.

Mandalo a ranzar l'erba

de majo con le viole

ma varda che no se perda

corendo le bele fiole.

Le bele fiole sane,

n'importa se vilane,

fale balar distese

con ti par tutto ol mese.

Das po' che at 'gnir noiosa

dlla al villano in sposa,

in sposa gi piena (incinta)

che non debba far fatica.

Di giugno a prender ciliege fai che il villano vada,

sugli alberi di prugne, di pesche e di albicocche,

ma prima, perch non debba mangiarsi le pi belle,

fagli mangiar la crusca che gli stoppi (chiuda) le budelle.

Di luglio e d'agosto,

col caldo che ti manda arrosto,

per fargli passar la sete

dagli da bere l'aceto

e, se bestemmia arrabbiato,

non ti preoccupare dei suoi peccati:

che il villano sia buono o malnato (cattivo)

sempre all'inferno destinato.

Nel mese di settembre,

per farlo ben distendere,

mandalo a vendemmiare

ma prima fagli ben pigiare

affinch non si possa ubriacare.

D'ottobre bello, fagli ammazzare il maiale

e a lui per premio lasciagli le budelle

ma non lasciargliele proprio tutte, che vengono buone (possono servire)

per insaccare salsicce.

Al villano lasciagli i sanguinacci

che sono velenosi e intossicanti.

I buoni prosciutti sodi

lascia a quei villani,

lasciaglieli da salare,

e poi falli portare

alla casa di te (tua), che sar un gran bel mangiare.

Di novembre e ancor dicembre

affinch il freddo non lo debba offendere,

per farlo riscaldare

mandalo a camminare,

mandalo a tagliar legna

e fa' che spesso venga (torni),

che venga caricato

daghela al vilan in sposa,

in sposa gi impregnida

che no '1 debia far fadiga.

De zugno a tor scirese fait che ol vilan vaghi,

su i arbori de brugne, de peschi e de mugnaghi,

ma innanz parch no debia sbafarse le pi bele

faghe magnar la crusca che 'ag stopi le budele.

De lulio e de l'agosto,

col caldo che at manda a rosto,

per farghe pasar la set

daghe de bvar l'azet

e, s'ol biastema d'inrabiat,

no te casciar de so pecat:

che ol vilan sia bon o malnat

sempr a l'inferno l' destinat.

D'ol mese de setembre,

par farlo ben destendre,

mandelo a vendemiare

ma innanz fale ben schisciare

che no'l se poda imbriagare.

D'otuber bel, faghe maz ol purscel

e a l par premio lasighe i bdel

ma non lasarghe proprio tte che vien bone

par sacar salsize.

Al vilan laseghe i sanguinazi

che i venenusi e intosigazi.

I bon parsuti stagni

lasighe a quei vilani

lasegheli da salare,

da po' fali menare

a la casa de ti, che ol sar un gran bel magnare.

De novembre e ancor dezembre

c'ol fredo no deba ofendre,

par farlo descaldare

mandelo a caminare,

mandelo a taiar legna

e fa' che speso vegna,

ch'ol vegna carigado

che (cosi) non verr raffreddato (non si raffredder),

e quando si avvicina al fuoco

caccialo in un altro luogo,

caccialo fuori dall'uscio,

che il fuoco lo rimbambisce.

Se fuori piove a dirotto

digli che vada a messa,

in chiesa riparato

e potr anche pregare,

pregare per passatempo,

che tanto non gli viene niente (non ne avr profitto),

che tanto non ne avr salvamento,

che l'anima non ce l'ha

e Dio non lo pu ascoltare.

E come potrebbe avere l'anima questo villano becco (cornuto)

se venuto fuori da un asino con una scoreggia?

che no '1 gnir infregiado,

e quando as presa al fog

casalo in altro lgu,

casalo fora de l's

che ol fogo ol rimbambis.

Se fora ol piov de spesa

digh' che vaga a mesa,

in gesa l' ripar

e ol podr anc preg

preg per pasatemp

che tanto ghe vegn nient,

che tant no gh'n'avr salvamnt,

che l'anema no ghe l'ha

e ol Deo nol p scult.

E come podria aveg l'anema sto vilan bec

se l' 'gn foera d'un aseno cun t'un pet?

Voglio velocemente soffermarmi su un particolare; la storia dell'anima. Dice Matazone; Tu, villano, non puoi avere un'anima in quanto sei stato partorito da un asino. Ebbene, quasi un consiglio ad accettare questa condizione, a non accettare l'anima: poich l'anima costituisce il pretesto per il pi grosso ricatto che si possa fare. quanto sostiene Bonvesin de la Riva nel Rispetto tra l'anima e il corpo: Ringrazia Dio, anima, di non avere il sedere, perch te lo riempirei di pedate: tu sei il mio piombo, io non posso volare perch mi pesi addosso. Perch, questo rifiuto dell'anima? Perch il pi grosso ricatto cui il padrone possa ricorrere contro di noi. Nel momento della disperazione uno potrebbe anche dire: Ma che me ne frega, un minimo di dignit, io la coltellata gliela do a questo padronebastardo! E allora il padrone, o il padrone attraverso il prete: No! Ferma! Ti vuoi rovinare? Hai sofferto tutta la vita e adesso che hai la possibilit, tra poco crepi, di andare in paradiso, perch Ges Cristo te l'ha detto, tu sei l'ultimo degli uomini e avrai il regno dei cieli... Ebbene, vuoi rovinare tutto? Calmati, stai tranquillo, non ribellarti!.., e aspetta dopo. Io si, perdio, sono rovinato! Io sono il padrone, per la miseria! E cosa mi ha detto Ges Cristo? "Tu non entrerai mai nel regno dei cieli, tu sei come il cammello (o meglio il cameo, che la fune delle navi), che non passer mai attraverso la cruna di un ago..." L'hai capita la fregatura? Per forza devo farmelo qui, un piccolo paradiso. Ed per questo che mi do da fare a tenerti sotto, a schiacciarti, a derubarti: ti porto via anche l'anima, certo! Io voglio il mio piccolo paradiso, piccolo ma tutto per me, subito, per il tempo che sto al mondo. Beato te che ce l'avrai tutto quanto, il paradiso! Dopo, vero, ma per l'eternit!...

Foto 14. La Resurrezione di Lazzaro (disegno di Dario Fo, da una sinopia rinvenuta nel camposanto di Pisa).

Passiamo ora al miracolo di Lazzaro.

Questo testo un cavallo di battaglia da virtuosi, perch il giullare si trova a dover eseguire qualcosa come quindici-sedici personaggi di seguito, senza indicarne gli spostamenti se non con il corpo: nemmeno variando la voce, con gli atteggiamenti soltanto. Quindi uno di quei testi che costringe chi lo esegue ad andare un po' a soggetto, regolandosi sul ritmo delle risate, dei tempi e dei silenzi del pubblico. , in pratica, un canovaccio sul quale dovr improvvisare di volta in volta. Motivo dominante del testo la satira a tutto ci che costituisce il momento mistico, attraverso l'esposizione di ci che il popolo intende normalmente per miracolo. La satira si rivolge contro l'esibizione

del miracolistico, della magia, dello stregonesco, che una costante di molte religioni, compresa la cattolica; il fatto cio di esibire il miracolo come un evento soprannaturale, allo scopo di indicare che, indubbiamente, Dio che l'ha eseguito: laddove, all'origine del racconto del miracolo, predomina il significato di amore e di attaccamento della divinit al popolo, all'uomo.

Qui, il miracolo raccontato dal punto di vista del popolo: tutto visto e raccontato in funzione di uno spettacolo eseguito da un grande prestigiatore, un mago, qualcuno che riesce a fare cose straordinarie e immensamente divertenti. Nessun accenno a quello che si pretende ci sia dietro.

In una sinopia del camposanto di Pisa raffigurata la resurrezione di Lazzaro. (Sinopia l'abbozzo che precede l'esecuzione dell'affresco: strappato l'affresco per un restauro, venuto alla luce l'abbozzo, ben conservato). Lazzaro non appare neanche: l'attenzione tutta concentrata, come in teatro, su una folla di personaggiattoniti, che esprimono col gesto la meraviglia per il miracolo. Un elemento grottesco, come grottesca la rappresentazione, quasi che teatro e rappresentazione figurativa vadano di pari passo: c' anche un personaggio che infila le dita nella borsa di uno spettatore che gli sta vicino. Approfitta della meraviglia, dello stupore, del miracolo, per fregargli i quattrini.

RESURREZIONE DI LAZZARO

- Scusi! questo il cimitero, camposanto, dove vanno a fare il resuscitamento (resurrezione) del Lazzaro?

- S, questo.

- Ah bene.

- Un momento, dieci soldi per entrare.

- Dieci soldi?

- Facciamo due.

- Due soldi?! Boia, e perch?

- Perch io sono il guardiano del cimitero e voialtri venite dentro a schiacciarmi tutto, a rovinarmi le siepi e a schiacciarmi l'erba, e io devo essere ricompensato di tutti i fastidi e i danni che mi impiantate. Due soldi o non si vede il miracolo.

- Bene! Sei bene un bel furbacchione anche tu, va' l!

- Due soldi anche voialtri, e non m'importa se avete i bambini, non mi importa, anche loro guardano. S, d'accordo: mezzo soldo. Vai gi, disgraziato, dal muro. Vuol vedere il miracolo gratis, il furbastro! Si paga, no?! Due soldi... no, non hai pagato. Due soldi, anche voi due soldi per venire dentro.

- Un bel furbo quello! Fa i soldi con i miracoli, Adesso bisogna vedere dov' il Lazzaro... Ci sar il nome sulla tomba! L'altra volta sono venuto a vedere il miracolo di un altro, sono stato mezza giornata ad aspettare e poi il miracolo me l'hanno fatto in fondo l! Sono stato qui come un cretino a guardare. Ma questa volta che so il nome, mi sono interessato, trovo il nome sulla tomba, sono il primo! Lazzaro?!... (cercando) mi metto... Lazzaro?! mi metto davanti alla tomba, e voglio veder tutto dall'inizio. Guarda! Lazzaro?! E anche se trovo la tomba con scritto Lazzaro, che non sono capace di leggere? Va beh! Indovino! Sto qui. M' andata male l'altra volta, speriamo adesso (che vada meglio). Chi sta venendo avanti? No, non

RESURREZIONE DI LAZZARO

- Oh scus! Oh l' questo ol simiteri, campusanto, du che vai a f ol sscitamento d'ul Lassaro?

- Si, l' quest.

- Ah bon,

- On mument, des palanche par entrar.

- Des palanche?

- Fasemo do.

- Doi palanche? ! Boja, e parch?

- Parch mi a sont ol guardian d'ol simiteri e vialtri a vegnit dentar a impiascicam ttu, a rinam i sciesi e a schisciarme l'erba, e mi ho da ves cumpensat de tti i fastidi e i scruseri che me impianti. Doi palanche o no 's vede ol miracol.

- Bon! As ben un bel furbasso anca te, va'!

- Doi palanche anca vi altri, e no me importa se av i fiolit, a non m'importa, anca quei varden, S, d'acord: mesa palanca. Vai gi disgrassiat dal mr. Al vol vede ol miracol a gratis, ol frbaso! As paga, no?! Doi palanche... no, non hait pagat. Doi palanche, anca vui doi palanche par 'gn dentar.

- On bel furbasso quelo! Ol fa i dan coi miracoli. Ades bisogna ved 'ndua l' ol Lassaro... Ag sar ol nom s la tomba! L'altra volta son gnit a vede ol miracol d'un altro, sont stai mezza giurnada a speciare e p ol miracolo a me l'hait fait in funda l! Sunt stait ch cume un babie, un baltroc, a vardag. Ma sta volta ca so al nom, me sont interesat, a treuvi ol nom in su la tumba, a sunt ol primo! Lassaro?!... (cercando) me meti... Lassaro?! me meti davanti a la tumba, a veuri vede tt dal prinzipi. Varda! Lassaro?! E anca se treuvi la tumba cun scrit Lassaro, ca non son capaze a lezar? Bon! A beh! Induini! Sto chi. M' 'ndai mal l'oltra volta, sperom adesso. Chi ariva intorna? No, non

cominciamo a spingere! Sono arrivato io prima, e voglio stare davanti! Non m'importa se tu sei piccolo! Quelli piccoli vengono la mattina presto a prendersi il posto. Furbo, eh! piccolo e viene davanti! Facciamo la scaletta? I piccoli davanti, quelli lunghi di dietro! E poi il piccolo arriva dopo ed come se fosse arrivato prima! Non spingere, mi fai andare dentro la tomba! Boia! Non mi importa, state indietro. Eh? Ah! Le donne, anche loro spingono, adesso!

- Non arriva? Non ora per 'sto miracolo?

- Non c' qualcuno che conosca questo Ges Cristo, che possa andare a chiamarlo, che noi siamo arrivati, no? Non si pu aspettare sempre per i miracoli, no?

- Mettete un orario e rispettatelo, no?

- Seggiole! Chi vuole seggiole? Donne! Prendetevi una seggiola! Due soldi una sedia! Prendete una sedia per sedervi, donne! Che quando c' il miracolo e il santo fa venir fuori il Lazzaro in piedi, che parla, canta, si muove, vi prendete uno spavento quando gli luccicheranno gli occhi (vivi) che andrete a sbattere di dietro e a picchiare per terra su un sasso con la testa e resterete ammazzate! Morte! E il santo ne fa uno solo di miracolo in un giorno. Prendetevi una sedia! Due soldi!

- Ohi, pensa proprio solo a fare soldi, eh!

- Allora, non c' nessuno che vada...?

- Non spingere! Non m'interessa!

- Non salire sulle sedie! Ah furbo! Avete visto? Il piccolo si piazza (in piedi) sulle sedie!

- E non (ti) appoggiare che c' la tomba (davanti) che...

- Arriva? Non arriva!

- Sardelle! Dolci le sardelle! Due soldi le sardelle! Dolci! Abbrustolite! Buone! Buone le sardelle! Che fanno resuscitare i morti! Due soldi!

- (Chiamando) Sardelle, sardelle... danne un cartoccio al Lazzaro che si prepara lo stomaco!

- Zitto, blasfemo!

- Buoni!

- Arriva! Arriva! qui!

- Chi ? qual ?

- Ges!

- Qual ?

- Quello nero? Uh, che occhio cattivo!

- Ma no! Quello il Marco!

- Quello dietro?

cominzum a spigner! A sont rivai mi prem, e voi st davanti! No m'importa se ti sie piccolo! Queli piccoli vien la matina presto a torse el posto. Furbo eh! A l' picolo e el vegn davanti! A fem la scaleta? I piccoli davanti, quei lunghi de drio! E peu el piccolo el riva dopo e l' cuma s'el fss riv prima! Non spigner, me fait andar dentar la tumba! Boja! No m'interessa, sti indrio! Eh?! Ah! Le done, anca lor i spigne adesso!

- No ariva? No ora de sto miracolamento?

- No gh' un quai vgn ca conoss stu Jesus Cristo, che ol p and a ciamarlo, che nm sem arivadi, no? 'N se p aspeciare sempre pai miracoli, no?

- O dit un urari, o rivare, no?

- Cadreghe! Chi vole cadreghe?! Done! Cateve 'na cadrega! Doi bajochi 'na cadrega! Cat 'na cadrega par insetarve, done! Che quando gh' ol miracolamento e ol santo el fa vegn feura ul Lassaro in pie, c'ul parla, ul canta, ul se move, ve cat un tal stremizio, quant de li a renta, par de dre, andar dentra a picar par tera su una bocia, un sas, cu' la testa, e restet cupadi! Morti! E ul santo ne fa n solamente de miracolamento, int un ziorno, eh! Cateve! Cateve la cadrega! Doi bajochi!

- Ohi, nol pense propri che a f dan, eh!

- Alora, a gh' nisn che o vaga...?

- No spigner! No m'interessa!

- No muntar s le cadreghe! Ah furbo! L'hai vist? Ol pculu as piassa s le cadreghe !

- E non appogiare, eh! cu gh' la tumba che...

- Ariva? Non ariva!

- Sardele! Dolze le sardele! Doi bajochi le sardele! Dolze! Brustolide! Bone! Bone le sardele! Che fa suscitare i morti! Bone! Doi palanche!

- Sardele, sardele, daghen un cartocio al Lazzaro, ca'l se prepara ul stomego!

- Cito, blasfemo!

- Boni!

- Ul riva! Ul riva! L' chi!

- Chi l'? cu l'?

- Jsus!

- Qual'?

- Quelo negru? Uh, che ogio cativu!

- Ma no! Quelu l' ol Marco!

- Quelo de drio?

- Qual ? Quello alto?

- No, quello piccolo.

- Quel ragazzino?

- Quello l con la barbetta.

- Oh, ma sembra un ragazzino, boia!

- Guarda! Ci sono dietro tutti!

- Ohe il Giovanni! Lo conosco io il Giovanni. (Chiamando) Giovanni! Ges! Che simpatico che Ges!

- Oh! Guarda! C' anche la MaDONNA - ! C' tutta la parentela! Ma va sempre in giro con tutta... (sta gente)? Oheu!...

- Non lo lasciano andare in giro solo, perch un po' matto!

- (Chiamando) Ges! Simpatico! M'ha schiacciato l'occhio!

- Ges! Ges, facci il miracolo dei pesci e dei pani come l'altra volta che erano cosi buoni!

- Zitto! Blasfemo, sta' buono!

- Silenzio! In ginocchio, ha fatto segno di mettersi in ginocchio, bisogna pregare.

- Dov' la tomba?

- Eh... quella l.

- Oh! Guarda! Ha detto di tirare su il tombone (la pietra tombale).

- Oh, la pietra!

- Zitto!

- In ginocchio, in ginocchio, su, gi tutti in ginocchio!

- Io no! Io non mi metto in ginocchio, perch non ci credo. Oh bella!

- Zitto!

- Fammi vedere.

- No! Gi di l, gi dalla sedia.

- No! Lasciatemi salire che voglio vedere!

- Boia! Guarda! Hanno alzato la pietra, c' il morto, dentro boia, () il Lazzaro che puzza! Cos' 'sto tanfo?

- Boia!

- Cos'?

- Zitto!

- Lasciatemi guardare!

- pieno di vermi, di tafani! Oheu! Sar almeno un mese che morto quello, s' disfatto! Oh, che carognata che gli hanno fatto! Uh che scherzo! Non ce la fa 'sta volta, poveretto!

- Di sicuro non ce la fa, non ci riesce! Impossibile che sia buono di (che riesca a) tirarlo fuori (resuscitarlo)! marcito! Che scherzo! Oh disgraziati! Gli

- Qual'? Quelo alto?

- No, quel picolin.

- Quel fiulin?

- Quelo l cun la barbeta.

- Oh ma '1 par un fiulin, boja!

- Varda! Gh' de dre tti!

- Oh! Giuvanni! Cugnussi mi el Giuvanni. Giuvanni! Jesus! Che simpatic co l' ol Jesus!

- Oh! Guarda! Gh' anca la Madona, gh' tta la parentela! Ma '1 v in turno sempar con tta...? O l!...

- No '1 lasseno and in turno solengo, parch a l' un po' mato!

- Jesus! Sempatego! M'ha schisci l'giu!

- Jesus! Jesus, fag ol miracolamento dei pessi e dei pani come l'altra vlta, che i era 's boni!

- Cito, blasfemo, sta' bon!

- Silenzio! In gengio, l'ha fait segn de 'nd in gengio, besogna preg.

- 'Ndue l' la tumba?

- Eh... l' quela l.

- Ohia! Varda! L'ha dit de tir s ol tumbun!

- Oh, la piera!

- Cittu!

- In gengio, in gengio, s, gi tti in gengio, va!

- Ma mi no, no va in gengio parch no ghe credo! O bella!

- Cittu!

- Fam ved.

- No, gi de li, gi de la cadrega.

- No, lassme montar che voi vedar!

- Boja! Ohi guarda! L'ha tir su ol tombon, o gh' 'ol morto, ol gh' dentro! Boja, ol Lassaro, euh che spssa, s'o l' stu tanfo?

- Boja!

- Cus'?

- Cittu!

- Lassm guard!

- O l' impienit de vermini, de tafani. Euh! Ol sar almanco un mese che l' morto quelo, ul s' disfat! Uh, la carugnada co g'han fai! Uhia che schers! No ghe la fa stavolta, povaretto!

- De seguro non ghe la fa, non ghe riesse! Imposibil ca l' bon a tirar fora! O l' marscio! Che scherso, ohh di-

hanno detto tre giorni che era morto! un mese almeno! Che figura! Povero Ges!

- Io dico che capace ugualmente! Quello un santo che fa il miracolo anche dopo un mese che marcito!

- Io dico che non capace!

- Vuoi far scommessa?

- E facciamo scommessa!

- S! Due soldi! Tre soldi! Dieci soldi! Quello che vuoi scommettere!

- Li tengo io? Ti fidi? Si fida! Ci fidiamo tutti? D'accordo, li tengo io questi soldi!

- Buoni, ecco, fate attenzione! Tutti in ginocchio; silenzio!

- Cosa fa?

- li che prega.

- Zitto eh!

- Ohia! Alzati, Lazzaro!

- Oh! Glielo pu dire e anche cantare, solo i vermi di cui pieno vengono fuori!,,. Alzarsi?,,.

- Zitto! Si montato (alzato, messo) in ginocchio!

- Chi? Ges?

- No! Lazzaro! Boia, guarda!

- Ma va', impossibile!

- Fammi vedere!

- Oh, guarda! Va, va, in piedi, va, va, cade! Va, va su, in piedi!..,

- Miracolo! Oh! Miracolamento. Oh Ges, dolce creatura che sei, che io non credevo!

- Bravo Ges!

- Ho vinto la scommessa, di qui, Uehi! non fare il furbacchione!

- Ges, bravo!

- La mia borsa! Me l'hanno rubata! Ladro!

- Bravo Ges!

- Ladro!

- Ges, bravo! Ges! Bravo!... Ladro...

sgrassi! G'han dit tri d co l'era morto! O l' un mese almanco! Che figura! Por Jesus!

- Mi digo che l' capaz eguale! Quel l' un santo c'ol fa ol miracolamento anca dopo un mese che l' marscio!

- Mi digo che non capaze!

- Vi far scomessa?

- E femo scomessa!

- Deh! Doi baiocchi! Tre baiocchi! Diese baiocchi! Quel che te vol scometer.

- I tegno mi? Ti te fidi? Se fida! Se fidemo tti? D'accordo, i tegno mi sti bajochi!

- Bon, ecco, fet atension! Tuti in genogio, silensio!

- Ul cossa '1 fa?

-U l''li ch'el prega!

-Cittu! Eh?!

- Ohia! Alzati, Lassaro!

- Oh! Ghe p dire e anco cantare, sojamente i vermini che o l' impienido ven fora!... Alsarse?.,.

- Cittu! U s' munt in genogio!

- Chi? Jesus?

- No, Lassaro. Boja, varda!

- Ma va', impusibil!

- Fa' ved!

- Oh varda! ol va, ol va, l' in pie, ol va, ol va, ol borla, ol va, ol va, su, su, ol va, ol va, l' in pi!.,.

- Miracolo! Oeh! Miracolamento! Oh Jesus, dolze che ti set creatura, ca mi non credeva miga!

- Bravo Jesus!

- Ho vinci la scumessa, da' ch. Uehi! Fa' mia ul frbasso!

- Jesus, bravo!

- La mia borsa! Me l'han robada! Lader!

- Bravo Jesus !

- Lader!

- Jesus, bravo! Jesus! Bravo!... Lader...

E arriviamo a Bonifacio VIII, il papa del tempo di Dante. Dante lo conosceva bene: lo odiava al punto che lo mise all'inferno prima ancora che fosse morto. Un altro che lo odiava, ma in maniera un po' diversa, era il frate francescano Jacopone da Todi, pauperista evangelico, un estremista, diremmo oggi. Era legato a tutto il movimento dei contadini poveri, soprattutto della sua zona, al punto che, in spregio alle leggi di prevaricazione imposte da Bonifacio VIIl, che era una bella razza di rapinatore, aveva gridato in un suo canto: Ah! Bonifax, che come putta hai traito la Ecclesia! Ahi Bonifacio, che hai ridotto la Chiesa come una puttana! Bonifacio se la leg al dito: quando finalmente riusc a mettere le mani su Jacopone, che era fra l'altro uno straordinario uomo di teatro, lo sbatt in galera, seduto, costretto a rimanere in questa posizione (indica), mani larghe e piedi legati, per cinque anni, incatenato sulle proprie feci. E si racconta che dopo cinque anni, quando usci grazie alla sopravvenuta morte del papa, questo povero frate, ancora giovanissimo, non riusciva pi a camminare: era costretto a trascinarsi in giro piegato in due.

Quando, un anno e mezzo dopo, mori, cercarono di stenderlo nella cassa da morto; non ce la facevano; ogni volta che lo stendevano... gniiii!, tornava alla posizione originale. Alla fine si sono stufati e lo hanno sepolto seduto.

Non era comunque il solo ad avere in odio il papa: gi Gioacchino da Fiore, vissuto ancor prima di san Francesco, che pu esser considerato un po' il padre di tutti i movimenti ereticali, aveva detto pi o meno: Se vogliamo dare dignit alla chiesa di Cristo, dobbiamo distruggere la chiesa. La grande bestia di Roma, la bestia tremenda di Roma. E per distruggere la chiesa non ci basta far crollare le mura, i tetti, i campanili: dobbiamo distruggere chi la governa, il papa, i vescovi, i cardinali. Un po' radicale, come atteggiamento. Fatto sta che il papa del tempo gli mand subito in visita un centinaio di armati che lo cercarono per le montagne dove viveva, individuarono grazie ad una spia la grotta in cui abitava, ma, loro sfortuna, lo trovarono morto: ancora caldo, ma morto. Era morto due minuti prima che arrivassero: non si sa se per lo spavento d'aver visto i soldati che arrivavano, o perch era un po' carogna e voleva fargli dispetto. Io credo che sia cosi: Gioacchino da Fiore era un maligno, molto maligno.

Ecco un'immagine di Bonifacio VIII (foto 15), molto realistica: lo vediamo usare come sedile il frate Segalello da Parma. Segalello da Parma era dell'ordine degli insaccati, cosi detti perch vestivano di sacco: un altro estremista, tanto per rimanere all'interno del linguaggio di questi giorni,

che sentiamo cosi spesso parlare di estremismi di ambo le parti, di opposti estremismi...

L'estremista che fa da sedile, dunque, era di quelli che pretendevano che il papa e la chiesa fossero poveri, estremamente poveri, che tutto venisse consegnato nelle mani della gente pi umile: che la dignit della chiesa, - diceva Segalello, - si fondasse sulla dignit dei poveri.

Quando tu chiesa hai al tuo interno un povero disgraziato che muore di fame, sei una chiesa che non pu gloriarsi di essere viva. A proposito del soprannome (il popolo lo chiamava Segarello): Segalello era di quelli che predicavano la castit assoluta, e gli derivava evidentemente dal fatto che non lo vedessero mai andare a donne. Ebbene, questo frate dal soprannome quasi da giullare se ne andava in giro a provocare i contadini: Ehi, voi, ma che fate? Giocate? Ah no! Vangate .la terra? Lavorate! E di chi la terra? Vostra, immagino! No? Non vostra? Ma come! Voi lavorate la terra e... Ma ne avete un profitto? ! Che profitto? Ah... una percentuale cosi bassa? E come, tutto il resto se lo tiene il padrone? Il padrone di che cosa! Della terra? Ah ah ah! C' un padrone della terra? Voi credete davvero che sulla Bibbia il tal appezzamento di terra sia assegnato al tal dei tali... Cretini! Deficienti! La terra vostra: loro se la sono fregata, e poi l'han data da lavorare a voi. La terra di chi la lavora: chiaro? !

Pensate, nel Medioevo andare in giro a dire certe cose: la terra di chi la lavora! da pazzi incoscienti dirlo oggi, figuratevi nel Medioevo! Intatti l'hanno subito preso e messo sul rogo, lui e tutta la sua banda di insaccati.

Scamp uno solo. Si chiamava fra' Dolcino, e si ritir dalle sue parti, dalle parti di Vercelli: ma invece di starsene a casa in pace e in silenzio, visto il rischio che aveva corso, nossignori, and intorno ancora a provocare i contadini, a fare il giullare. Andava e cominciava: Ehi contadino!... la terra tua, tientela, cretino deficiente, la terra di chi la lavora... E i contadini del vercellese, forse per il fatto che lui parlava il dialetto del luogo e lo capivano bene, lo guardavano e dicevano: Eh eh... che pazzo quel fra' Dolcino! Per mica dice delle cose sceme! Sai, io quasi quasi la terra me la tengo... No, anzi, la terra la lascio al padrone, io mi tengo il raccolto! E da quel giorno, ogni volta che arrivavano i dimandati, li prendevano a sassate. E cominciarono a strappare anche il contratto, che si chiamava angheria. S, il contratto che nel Medioevo univa i contadini al padrone si chiamava angheria. Allora aveva il solo significato di contratto; poi la gente ha cominciato a capire, e si arricchito di sfumature ; Ah, un'angheria?...: cio, un contratto tra contadino e padrone. Bene, stracciavano questo contratto: ma, sapendo di non poter resistere da soli, si univano, si associavano l'un con l'altro: tutti i contadini della zona. Non solo, ma comprendendo che bisognava allargare l'unione, perch avesse pi forza, si univano con gli artigiani minori, con i salariati, che nel Medioevo cominciavano ad esistere in gran numero. Fu cos che giunsero all'organizzazione di una comunit straordinaria. Fra di loro si chiamavano comunitardi.

Sono i primi comunitardi della storia che conosciamo: come centro di organizzazione, avevano la credenza. La credenza oggi in tutta Italia, dalla Sicilia al Veneto, quell'armadio che teniamo in casa per riporvi la roba da mangiare. Il sostantivo deriva evidentemente dal verbo credere: credere in qualcosa. Credenza: credere nella comunit, quindi; e queste forme di comunit avevano cominciato ad esistere dal VI secolo. La prima credenza di cui abbiamo notizia la credenza nella comunit di Sant'Ambrogio; un armadio enorme, immenso, tutto fatto a stive, con tanti sportelli di legno particolari, nei quali si conservavano i generi alimentari della comunit, il grano dall'umidit, tutto quanto potesse servire alla comunit nei periodi di carestia.

L a Vercelli, invece, per la divisione, dei beni comuni non si aspettava la carestia: si radunava tutto quanto e lo si distribuiva a ciascuno secondo il bisogno. Secondo il bisogno, notate bene, non secondo il lavoro che ciascuno aveva prodotto.

Questo modo di autogovernarsi aveva dato molto fastidio ai padroni: soprattutto a quelli che si sentivano derubati della terra. Uno in particolare, il conte del Monferrato, organizz una spedizione punitiva, part con i suoi sbirri, acchiapp un centinaio di comunitardi e tagli loro mani e piedi. Era un vezzo di allora: in Bretagna, duecento anni prima, i signori avevano fatto lo stesso con i propri contadini. Mani e piedi tagliati, furono messi a cavalcioni di asini, e spinti verso la citt di Vercelli ; perch i comunitardi si rendessero conto di quel che capitava ad agire con troppa libert e presunzione.

Quando i comunitardi videro i propri fratelli ridotti e malconci in questa maniera non si misero a piangere. Partirono la notte stessa ed arrivarono a Novara all'improvviso, entrarono in citt e fecero un vero e proprio massacro degli sgherri, dei boia massacratori; non solo, riuscirono a convincere la popolazione a rendersi libera e ad organizzarsi a sua volta in comunit. Con una rapidit incredibile Oleggio, Pombia, Castelletto Ticino, Arona, tutta la parte a nord del Lago Maggiore, Domodossola, la zona verso il Monte Rosa, tutto il Lago d'Otra, la Valsesia, Varallo, la Val Mastallone, Ivrea, Biella, Alessandria... insomma, mezza Lombardia e mezzo Piemonte si ribellarono. Non sapendo pi dove metter le mani, duchi e conti mandarono a Roma un messo che arriv urlando al papa: Aiuto, aiuto... aiutaci tu, per Dio! Davanti al per Dio, che pu fare il papa? Per la miseria, per Dio, devo aiutarli... Per sua fortuna, e per fortuna dei signori del nord, stava per imbarcarsi a Brindisi la quarta crociata (quella di cui noi non sappiamo niente, perch ci viene passata del tutto sotto silenzio, e per quarta crociata ci contrabbandano quella che in realt fu la quinta). E allora fece dire ai crociati dal messo: Fermi tutti, scusate, ho sbagliato: gli infedeli non stanno dall'altra parte del mare, stanno lass, in Lombardia, travestiti da contadini ribelli. Via subito! A marce forzate ottomila uomini, quasi tutti tedeschi, arrivarono in Lombardia, si unirono alle truppe del duca Visconti, dei Modrone, dei Torriani, dei Borromeo, del conte del Monferrato c'erano anche due nuovi personaggi, i Savoia, che proprio allora cominciavano a farsi strada e diedero luogo ad un massacro ferocissimo. Riuscirono a rinchiudere in un monte presso Biella tremila comunitardi, uomini, donne, bambini: in un colpo solo li massacrarono tutti, li bruciarono, li scannarono...

Di questa storia che vi ho cosi sommariamente raccontato, sui libri di testo in uso nelle scuole non si fa cenno. Ed giusto, d'altra parte: chi organizza la cultura? Chi decide cosa insegnare? Chi ha l'interesse a non dare certe informazioni? Il padrone, la borghesia. Fin che glielo permetteremo, naturale che continuino a fare quello che ritengono giusto. Vi immaginate che questi qui, impazziti, si mettano a raccontare che nel Trecento, in Lombardia e in Piemonte, ci fu una vera e propria rivoluzione, durante la quale, nel nome di Cristo, si riusci a costituire una comunit in cui tutti erano uguali, si volevano bene, non si sfruttavano l'un l'altro? C' la possibilit che i ragazzini si esaltino e gridino: Viva fra' Dolcino! Abbasso il papa! E non si pu, perdio, non si pu!

Esagero, naturalmente, per amore di polemica; perch, per la verit, in qualche libro di testo un po' pi avanzato, in qualche scuola di grande tradizione (il Berchet per esempio, la scuola che frequenta mio figlio), la notizia si trova. Magari in una nota a pie' di pagina, che suona cosi (la cito a memoria); Fra' Dolcino, eretico, nel 1306 fu bruciato vivo insieme alla sua amica. Capito? Cosi i ragazzi imparano che fra' Dolcino era eretico in quanto aveva un'amica!

Eseguo adesso la giullarata di Bonifacio VIII. Inizia con un canto extraliturgico antichissimo, catalano, esattamente della zona dei Pirenei: durante il canto il papa si veste per una cerimonia importante. Va ricordato un vezzo che aveva Bonifacio VIII; quello di far inchiodare per la lingua dei frati, ai portoni dei nobili di certe citt. Poich questi frati pauperisti e legati ai catari, ad altri movimenti ereticali, avevano la cattiva abitudine di andare in giro a parlar male dei signori: allora il papa li prendeva e zac... (mima l'atto di inchiodare per la lingua). Non lui personalmente, che anzi aveva orrore del sangue: aveva degli uomini apposta per questo... Non era un accentratore.

Un altro episodio che si ricorda di lui, tanto per dare un'idea di che tipo fosse, l'orgia che organizz il venerd santo del 1301. Tra le tante processioni che avevano luogo a Roma quel giorno ce n'era una di catari, che approfittavano dei canti liturgici per insultare, con battute sottobanco, proprio il papa. Dicevano: Ges Cristo era un povero cristo che se ne andava in giro senza neanche il mantello: c' invece qualcuno che il mantello ce l'ha, e pieno di pietre preziose. C' qualcuno che se ne sta in cima a un trono tutto d'oro, mentre Cristo camminava a piedi nudi. Cristo, che era Dio, Padreterno, per essere uomo era sceso in terra: c' qualcuno che non nemmeno uomo, e fa tanto il padreterno, per essere dio si fa portare in giro su portantine...

Per la miseria! Bonifacio, che era piuttosto sveglio, pens: Vuoi vedere che ce l'hanno con me? Ah si? E io gli faccio lo sfregio! Organizz un'orgia proprio di venerd santo: chiam aJcune prostitute, alcune signore di buona famiglia, che spesso la stessa cosa, vescovi e cardinali, e pare che tutti assieme abbiano fatto delle cose proprio turpi e ignobili. Tanto che tutte le corti d'Europa si scandalizzarono, anche quella di Enrico III d'Inghilterra che, secondo i cronisti del tempo, era un re piuttosto grossier.

Dicono infatti che, per far divertire i suoi baroni durante i banchetti, spegnesse una candela con un rutto, a tre metri di distanza! Qualcuno aggiunge addirittura - ma io non ci credo - che riuscisse a spegnerle addirittura di carambola, cio facendo il rutto verso il muro... di sponda... (mima) tac-tac... umorismo inglese, di cui non siamo in grado di cogliere tutte le sottigliezze, naturalmente; dobbiamo accontentarci, come il cricket.

BONIFACIO VIII

Il giullare recita il personaggio di papa Bonifacio VIII. Mima il gesto di pregare e canta

IL GIORNO DEL GIUDIZIO

APPARIR COLUI CHE HA CREATO TUTTO

VERR UN RE ETERNO

VESTITO DI NOSTRA CARNE MORTALE

VERR DAL CIELO CERTAMENTE

IL GIORNO...

S'interrompe e si rivolge ad un immaginario chierico dal quale si fa consegnare la mitria. Riprende a cantare

COSI QUEL GIUDIZIO NON SAR

UN GRAN SEGNO SI MOSTRER...

(Mima di togliersi la mitria dal capo) Oh! se pesante questo! No, andiamo... devo andare a camminare, io... (finge di afferrare un altro copricapo) Eh, questo va bene... (Se lo caccia in capo e riprende a cantare)

IL GIORNO DEL GIUDIZIO...

(S'interrompe) Lo specchio... (Mima di rimirarsi allo specchio) storto, eh!... Il guanto! (Riprende a cantare mimando di infilarsi il guanto. Canta)

COSI QUEL GIUDIZIO NON SAR

UN GRAN SEGNO SI MOSTRER...

l'altro... un guanto solo? ho due mani, no? non ho una mano sola... vuoi che me la tagli? (Canta)

IL SOLE PERDER LO SPLENDORE

la terra tremer di paura...

(Ordina) II mantello... il mantellone. (Mima di afferrare un largo, pesante mantello)

IL GIORNO DEL GIUDIZIO

APPARIR COLUI CHE...

BONIFACIO VIII

II giullare recita il personaggio di papa Bonifacio Vili. Mima il gesto di pregare e canta

AL JORN DEL JUDICI PARR QUI AVR FET SERVICI UN REY VINDR PERPETUAL VESTIT DE NOSTRA CARN MORTAL DEL CEL VINDR TOT CERTAMENT AL JORN...

S'interrompe e si rivolge ad un immaginario chierico dal quale si fa consegnare la mitria. Riprende a cantare

ANS QUEL JUDICI NO SERA UN GRAN SENAL SA MONSTRAR...

(Mima di togliersi la mitria dal capo) Oh! se ol pesan-to questo! No, andemo... devo andare a caminare mi... (Finge di afferrare un altro copricapo) Eh, questo ol bon... (Se lo caccia in capo e riprende a cantare)

AL JORN DEL JUDICI...

(S'interrompe) 01 spegio... (Mima di rimirarsi allo specchio) l' storto, eh!... 01 guanto! (Riprende a cantare mimando di infilarsi il guanto. Canta)

ANS QUEL JUDICI NO SERA UN GRAN SENAL SA MONSTRAR...

L'olter... un guanto doma? g'ho do mani, no? no g'ho 'na mano sola... vi eh'me la taie? (Canta)

LU SOL PERDR LU RESPLANDOR LA TERRA TREMER DE POR...

(Ordina) 01 mantelo!... ol mantelon. (Mima di afferrare un largo, pesante mantello)

AL IORN DEL JUDICI PARR QUI AVR...

Ohi se pesante questo!... (Cerca di caricarselo in spalla. Chiede aiuto ai chierici)

APPARIR COLUI CHE HA CREATO TUTTO

Spingete insieme, andiamo... (Canto rallentato) Ehi! Volete spingere, voialtri?... Cantatela anche! Devo far tutto da me?... cantare, spingere, portare il mantello, portare il cappello... andiamo! Fermi e ricominciamo! (Sempre rivolgendosi a chierici immaginari) E tu, canta: la prima voce! (Canta fingendo di impostare il canto al chierico)

... CREATO TUTTO-O-O

(Riprende dirigendo col capo)

VERR UN RE ETERNO

Seconda voce. (Indica un altro chierico)

VESTITO DI NOSTRA CARNE MORTALE

Terza (Torna ad indicare il primo chierico)

VERR DAL CIELO CERTAMENTE

(S'interrompe scoraggiato) Sei stonato, eh!!! Mettiamoci a spingere insieme. (Canta salendo in acuto e blocca di scatto)

PER FARE IL GIUDIZIO FINALE

Chi montato coi piedi sul mantello?! (Si gira imbestialito) Sei tu, eh?! stonato! Ti faccio tirar su per la lingua, io! disgraziato... non canta e non spinge!... Andiamo... All'alleluiatico parti. (S'interrompe incredulo) Non sa neanche cos' l'alleluiatico?... L'alleluiatico quel ricciolo che si fa con la voce... Andiamo...

IL GIORNO DEL GIUDIZIO

APPARIR COLUI CHE HA CREATO TUTTO

(Gorgheggia e tira il manto. Si arresta esausto) Ohi che mestiere da boia fare il papa! (D un ultimo strappo per caricarsi il manto)

VERR UN RE ETERNO

VESTITO DI NOSTRA CARNE MORTALE...

(Di nuovo rivolto a un chierico) L'anello! (Alza il tono della voce) L'anello! (Sempre cantando s'infila l'anello. Lo rimira e dopo averci alitato sopra nel gorgheggio) Oh come luccica! (Ordina) L'altro... grande questo, per il pollice. (Infila l'anello nel pollice, continua a cantare)

VERR DAL CIELO CERTAMENTE...

Il bastone! (Gridando) II bastone... non quello per picchiare, andiamo! quello col torciglione. (Indica la spirale. Riprende il canto)

Ohi s'o l' pesante questo!... (Cerca di caricarselo in spalla. Chiede aiuto ai chierici)

parr qui avr fet servici

Spign ansembio, andemo... (Canto rallentato) Uhei! volet spignere voialtri?... cantela anco! A debio far tto da me?... cantare, spignere, port ol mantelo, port ol capelo... andemo! Fermo e recomensemo! (Sempre rivolgendosi a chierici immaginari) E ti, canta: la prima vose! (Canta fingendo di impostare il canto del chierico)

fet serviciii

(Riprende dirigendo col capo)

un rey vindr perpetual

Secunda vox. (Indica un altro chierico)

vestit de nostra carn mortal

Terza. (Torna ad indicare il primo chierico)

del cel vindr tot certament

[S'interrompe scoraggiato) A seit stonat, eh!!! Demo a spignere ansembia. (Canta salendo in acuto e blocca di scatto)

per fer del setgle jugiament

Chi l' che monta coi pie sul mantelo?! (Si gira imbestialito) A te se te, eh? stunat! At faghe tirar s per la lengua mi! disgrasi... no caNte e no spigne!... 'demo... All'alleluiatico te parti. (S'interrompe incredulo) No '1 sa nemanco cosa l' l'alleluiatico?... l'alleluiatico l' quel rssul ch'as fa con la vose... 'demo...

al jorn del judici

parr qui avr fet servici

(Gorgheggia e tira il manto. Si arresta esausto) Ohi che mest de boja fa lu papie! (D un ultimo strappo per caricarsi il manto)

un rey vindr perpetual

vestit de nostra carn mortal...

(Di nuovo rivolto a un chierico) L'anelo! (Alza il tono della voce) L'anelo! (Sempre cantando s'infila l'anello. Lo rimira e dopo averci alitato sopra nel gorgheggio) Oh come el sbarluscia! (Ordina) L'oltr... a l' grandu questo, a l' par ul didon. (Infila l'anello nel pollice, continua a cantare)

del cel vindr tot certament...

Ol bastoni (Gridando) Ol baston... No quel par pic, andemo... quel col turcicn. (Indica la spirale. Riprende il canto)

VERR DAL CIELO CERTAMENTE...

Siamo pronti? Partiamo, eh? Andiamo insieme. Non stare a spingere di colpo, disgraziato: vuoi vedermi stravaccato col muso nel fango? Attento a te, stonato! Facciamo bilancia, avanti: due colpi di bilancia prima di partire: un, due, su l'alleluiatico! [Canta)

I BAMBINI CHE NATI NON SARANNO

DENTRO LE LORO MADRI GRIDERANNO

DIRANNO TUTTI PIANGENDO

AIUTACI O DIO ONNIPOTENTE

Come canto bene! Dove andate, voialtri? Dove partite?,.. dove va tutta 'sta gente?... Mi piantate qui da solo? Sono il papa Bonifacio, io! Non sono mica un carrettiere...

Chi ? Chi?... chi quello con la croce... Ges?... Ah, Cristo! Ges Cristo...

Guarda guarda... orco... com' conciato... disgraziato! Adesso capisco perch lo chiamano povero cristo... oh boia... ohi come va in giro... Maledizione! andiamo che mi fa impressione guardare queste cose... (Finge di rispondere a un chierico che di diverso avviso) Dici che meglio che gli vada vicino?... che mi faccia vedere dalla gente che sono buono, che mi faccia vedere ad aiutarlo a portar la croce... Magari poi tutti mi applaudono, dicono: Che buono che , questo Bonifacio... Ma s, facciamoli contenti 'sti minchioni... andiamo. (finge di spogliarsi) Di, tieniti il mantello... tenetelo... il bastone... meglio che adesso vada. Non ci crederai, mi tremano le gambe... Ges, come va?... Ges, non mi conosci? Sono Bonifacio... Bonifacio, il papa... Come, chi il papa! Andiamo... il pastore, quello che viene da Pietro, con tutti gli altri di fila... non mi riconosci? Ah, per il cappellone... Era perch piove... Magari... (Rivolto al chierico) Vieni a levarmi via tutto... l'anello!... non far vedere che ho gli anelli... (Mima di farsi spogliare di ogni orpello) Non far vedere roba che luccica... un fissato tremendo, quello! un originalone... Fuori, levami le scarpe... fuori! Vuol vedere la gente a piedi nudi... andiamo, fuori! Dammi qualcosa per sporcarmi... la terra, in faccia. (Si strofina il viso con il fango) Di, sporcami tutto: vuol vedere cosi! Cosa vuoi, matto! (Si rivolge a Cristo) Mi riconosci adesso? Sono tuo figlio... Umile, che lo so che faccio piet. Ges... guarda, io m'inginocchio

DEL CEL VINDR TOT CERTAMENT...

A semo pronti? a partsomo eh? Ansembia andemo. No star a spignere de boto, disgrasi: te me voi vedar stra-vasciado col mson in la mota? Atento ti... Stunat! A femo balansa, avanti: do colpi de balansa avanti de partir: on, doi, su l'alleluiatico! (Canta)

LOS INFANTS QUI NATS NO SERAN

DINTRE SES MARES CRIDARAN

DIRAN TOT PLOROSAMENT

AJUDANS DEUS OMNIPOTENT

Come canto ben! Dove and voialtre... dove part?... dove va tta sta zente?... a me impiant chi da par mi solengo?... el papie a son! Bonifax me! mia son un careter...

Chi elo? Chi?... chi quelo co' la crose... Jes?... ah Cristu!... Jesus Cristo...

Guarda guarda... orcu... com a l' cunzad... desgrasi! Adess cumprendi parch ol ciamen pover cristu... oh boja... ohi come el va inturnu... Malerbtta!... andemo che mi fa impression a guardar ste robe... (Finge di rispondere a un chierico che di diverso avviso) At dseto che l' mejor che mi ghe vago a preso... che me faga vedar par la zente che mi son bon, che me fago vedar ad ajudarlo a portar la croze... magari che tti me plaudeno, che dicon Ca bon ca l' sto Bonifazio... Ma s, fasemo contenti sti mincioni... andemo. (Finge di spogliarsi) Di, toite el mantelon... teinitelo... ol baston... l' mejor che adeso vago... Non te creder... a g'ho i trembor... Jesus, cum vala?... Jesus, non te me cognose? a sun Bonifax... Bonifacio, ol papie... Come chi lu papie! Andemo... lu pastor... quelo co lo vien da Pietro, co i lteri in fila... a no te me ricognose?... Ah, l' por ol capelon... l'era parch ol piove... magara... (Rivolto al chierico) 'Egna torme fora tuto... l'anelo!... No far vedere che g'ho i aneli. (Mima di farsi spogliare di ogni orpello) No far veda roba che sbarlussega... oh a l' gotico tremendo quelo! A l' un originalum... fora le scarpe... fora! El vol vedar zente a pie bioti, 'demo, fora! !... dame quai cossa da sbordegar... la tera in facia. (Si strofina il viso con il fango) Di, sbordegame tuto: el vor vedar cosi! Cosa vo', l' mato! (Si rivolge a Cristo) A te me ricognoset adess? A sont ol fol de ti... umile che mi ol so che fai piet... Jesus... varda, mi me inginci

davanti a te... Io che non mi sono mai inginocchiato, che tutti mi fanno i... Ges... Ges... Ma dammi retta un momento, orco! Ma come, io ti parlo e tu non mi di ascolto? Benedetto, un po' di creanza, ecco! Ti dicevo... (Si arresta come se Cristo l'avesse interrotto) Io?... io... Che hai detto? Che io ho ammazzato i frati?... io? Che ho fatto del male? Non vero! Sono cattiverie, sono tutte bugie che mettono in giro le malelingue, per gelosia che... (Additandolo con foga) Anche di .te, m'han detto delle cose! Caro! Ma io non ci credo mica! Benedetto, sono cattivi lo sai... (S'inginocchia disperato) Ges! Ges, guardami negli occhi, che io ti voglio bene... che ai frati? ma no, che gli voglio bene, io ho sempre voluto bene ai frati, io... (Rivolto all'immaginario chierico) Manda a prendermi un frate, svelto! (Al Cristo) Io gli voglio bene... (Al chierico) Dove vai a trovarli, i frati? Ma in galera, che piena!... (Al Cristo) Ges, io... Ges, guarda un frate, guarda che bello... (Mima l'abbraccio e il bacio, volta il viso disgustato) Che puzza! (Al Cristo) Ges, fatti aiutare da me a portar la croce, che io sono forte, tu ti affatichi... io sono abituato... sono un bue, io... porto certi mantelloni! lasciami... Cireneo, fuori dai coglioni!...

(Mima scacciare il Cireneo e prendere il suo posto) Io ti aiuto.,, no, non faccio fatica... no... non spingere! Ges, buono... (Viene scaraventato lontano da una terribile pedata) Cristo! ! Una pedata a me?! Bonifacio! Il Principe! Ah, bene... canaglia... malnato... Oh se lo sapesse tuo padre... disgraziato! Capo degli asini! Senti, non ho paura a dirtelo che mi fa piacere vederti inchiodato: che oggi giusto mi voglio ubriacare, voglio togliermi il piacere di ballare... ballare! Andare a puttane! Perch sono Bonifacio, io... Principe, sono! Mantellone, cappello, bastone, anelli... tutti! Guarda come luccicano... canaglia... Bonifacio, sono! Cantare! (Se ne va tronfio e impettito cantando a tutta voce)

IL GIORNO DEL GIUDIZIO

APPARIR COLUI CHE HA CREATO TUTTO

VERR UN RE ETERNO

VESTITODI NOSTRA CARNE MORTALE

VERR DAL CIELO CERTAMENTE

devanti a ti... che mi sunt gimai ingenugiat, che tti me fa i... Jesus... Jesus... dame a tra' un mument, orco! Ma come, mi at parlo, e ti no me dait ascolto? Benedeto, un po' de creanza, ecco! Mi at disevo... (Si arresta come se Cristo l'avesse interrotto) Mi?... mi... Co hait dito? che mi ho amazait i fraite?... mi? che ho fait de mal? No vera!... I de robe cative... i so de le busie che trae intorna i malelengue par gelosia... che... (Additandolo con foga) Anca de ti m'han dito de robe... caro! Ma mi no ghe credo miga! Benedeto, a i cativi, ti sa... (S'inginocchia disperato) Jesus! Jesus, vardame nei ogi, che mi te vojo ben...che ai fraite? ma no, che ghe vojo ben, mi g'ho sempre vorsudo ben ai fraiti. (Rivolto all'immaginario chierico) Manda a torme un fraite, svelto! (Al Cristo) Mi ghe vojo ben... (Al chierico) Dove ti va a trovarli i fraiti? Ma in preson, che gh' impiegnide!... (Al Cristo) Jesus, mi... Jesus, guarda un fraite, guarda che bel. (Mima l'abbraccio e il bacio, volta il viso disgustato) Che spussa!,.. (Al Cristo) Jesus, faite ajdare de mi a portar la crose, che mi son forte, che ti te fait fadiga... che mi sont abituat... sont un boeu mi... a porto certi mantelon... laseme... Ciraneo... fora de le bale... (Mima scacciare il Cireneo e prendere il suo posto) Mi te ajdi... no, no fag fadiga... no... no spignere! Jesus, bon... (Viene scaraventato lontano da una terribile pedata) Cristu!! Una pesciada a mi?! Bonifax!! Lo Prense! ah bon... canaja... malnato... Ah, s'ol savese to padre... disgrasi! Cap de' aseni!... Sente, no g'ho pagra da ditel che me fa el piazer de vederte inciud, ca incoo giusta am voj ciucare, a voj torme lo plaser de balare... balare! and de ptane! parch sunt Bonifax a mi... prence son! Mantelon, capelo, baston, aneli... tuti!!! Va', 'me sbarlscen... canaja,.. Bonifax sun! Cantare! (Se ne va tronfio e impettito cantando a tutta voce)

al jorn del judici

parr qui avr fet servici

un rey vindr perpetual

vestit de nostra carn mortal

del ciel vindr tot certament

Testi della Passione

IL MATTO E LA MORTE

In una locanda alcuni sfaccendati giocano a carte con il matto.

MATTO - Il cavallo su l'asino, la vergine sul vizioso e mi porto a casa tutto. Ah ah. Avete sempre avuto la convinzione che io fossi un pollo da spennare, eh? E adesso, come la mettete? (Distribuisce le carte).

I GIOCATORE - Non ancora finita la partita... aspetta un po' a (prima di) cantare!

MATTO - No, che io invece canto... e ballo... Oh che belle carte. Buona sera maest, signor re, vi dispiace andarmi a prendere la CORO - na di quel bastardaccio del mio amico? (Sbatte una carta sul tavolo).

II GIOCATORE - Ah ah... ci sei caduto col re, perch io ci sbatto (sopra) l'imperatore!

MATTO - Ohi ohi, guarda cosa mi fa l'imperatore: ci picchio (ci sbatto sopra) questo (si volta di schiena appoggiando il sedere sul tavolo) e poi per giunta quest'assassino che ti ammazza l'imperatore come un maiale.

I GIOCATORE - E io ti fermo (arresto) l'assassino col capitano...

MATTO - E io ti faccio venir la guerra, cos il capitano deve partire.

II GIOCATORE - E io la carestia, il colera e la peste che fanno terminare la guerra.

MATTO - E tu allora prendi l'ombrello che sputo tempesta, sputo questo temporale... sputo pioggia e diluvio... (Ha bevuto dalla brocca e spruzza tutti quanti).

I GIOCATORE - Ohi disgraziato d'un Matazone, sei MATTO - ?.,.

MATTO - Eh si che sono MATTO - , ah... se mi chiamate Matazone, sono MATTO - ... e io vinco la partita a tarocchi con il diluvio che fa far fagotto ad ogni pestilenza.

IL MATTO - E LA MORTE

In una locanda alcuni sfaccendati giocano a carte con il MATTO - .

MATTO - Ol caval su l'asen, la verzen sora al vizius e am porti a casa tto. Ah, ah. Avit sempre t la cunvinzion ca mi fs un polastro de spen vu, eh? E mo', com' la metu? (Distribuisce le carte).

I GIOCATORE - No a l' finida anc'mo la partida... pecia un bot a cant!

MATTO - No, che mi a canto de contra... e a balo.,, Ohi che bele carte. Bona sira maiest, segnor regio, av despise andarme a catar la CORO - na de quel bastardasc d'ol me amig? (Sbatte una carta sul tavolo).

II GIOCATORE - Ah ah... at set tumburn col regio ca mi ghe pichi l'imperadur!

MATTO - Ohi ohi, varda a ti cosa ol me cascia st'imperadur: ag pichi l quest (si volta di schiena appoggiando il sedere sul tavolo) e poe de ginta st'asasin che at copa l'imperadur 'me un porscel,

I GIOCATORE - E mi at stopi l'asasin col capitani...

MATTO - E mi at fag vegnir la guera che ol capitani ol dev partir.

II GIOCATORE - E mi la carestia e ol culera e la peste che le guere a fan furn.

MATTO - E ti alora t l'umbrela che spti tempesta, spti st' tempuraj... spti piova e delugi... (Ha bevuto dalla brocca e spruzza tutti quanti).

I GIOCATORE - Ohi desgrasiad d'un Matazon, at si mat?..,

MATTO - Eh s che a son mato ah... se a me ciamit Matazon, son mato... e a me vincio 'e partide de tarochi cont al delgi che a omni pestilenza fa f ol fagot.

OSTESSA - Smettetela per favore di far bordello (fracasso), perch c' gente nello stanzone che sta per mettersi a tavola.

MATTO - Chi sono?

OSTESSA - Non lo so... non li ho mai visti qui a Emmaus quelli l, nella mia locanda. Li chiamano gli apostoli...

II GIOCATORE - Ah! Sono quei dodici che vanno dietro al Nazareno.

MATTO - S: il Ges, che sarebbe quello che sta in mezzo, guardalo l... che a me tanto simpatico! Oh, Ges Nazareno, ti saluto! Buon appetito! Hai visto? mi ha schiacciato l'occhio... com' simpatico!

III GIOCATORE - Dodici e uno tredici... oh, si mettono a tavola in tredici, che porta cos male!

MATTO - Oh, ma se sono matti! Aspetta che gli faccio una scaramanzia per scacciargli via il malocchio. (Canta) Tredici a cena scalogna non porta, malocchio resta tranquillo che io tocco queste chiappe! (Palpa il sedere all'OSTESSA - ),

OSTESSA - Stai buono, Matazone, che mi fai rovesciare l'acqua bollente!

I GIOCATORE - L'acqua bollente! Cosa se ne fanno quelli?

OSTESSA - Credo che vogliano lavarsi i piedi.

II GIOCATORE - Lavarsi i piedi prima di mangiare? Ohi! Sono proprio matti! Matazone, dovresti andare con loro che quelli sono i compagni fatti apposta per te.

MATTO - L'hai detto, hai ragione: vinco 'sta partita e con i soldi che mi pagherete vado di l nello stanzone a bermeli tutti con loro... e voi non venite, voi non potete stare con i matti perch siete figli di puttana e di ladroni.

Gli cambiano le carte.

III GIOCATORE - Gioca, gioca che voglio proprio godermela, questa tua vincita.

MATTO - A proposito di ladroni: dove andato a finire il MATTO - che avevo fra le mie carte?

II GIOCATORE - Dategli subito uno specchio, che si possa ammirare: troverai subito la faccia del tuo MATTO - ...

OSTESSA - Deighe on taj par piazer de f sto burdeleri, che gho zente in d'ol stanzon ch'i renta andar a tabola.

MATTO - Chi a sont?

OSTESSA - No 1' sag mi... che no i g'avevi gimai vedi chilo' a Emmaus queili, in la mea locanda. I ghe dise i apostoli...

II GIOCATORE - Ah, i sont quei dodes che ag van intorno al Nazareno.

MATTO - S: ol Ges, che ol seria queilo che ol sta in del mez, vardalo l... ch'ol m' tant sempatich a mi. Oh, Ges Nazaren, at saldi! Bon apetit! Hait vist, ol m'ha schisciad l'oegio... com' a l' sempatich!

III GIOCATORE - Dodes e vn tredes... o i 's met a tabola in tredes, che ag mena s tanto gram!

MATTO - Oh, ma se i sont matochi! Pecia che ag fag 'na scaramanza par scasciarghe via ol maloegio. (Canta)

Tredes a cena scalogna nol

mena maloegio st quac che at tochi sti ciapp!

(Palpa il sedere all'OSTESSA - ).

OSTESSA - Staite bon, Matazon, che am fait reversare l'acqua bujenta!

I GIOCATORE - L'acqua bujenta, cosa an fan cos' a queili?

OSTESSA - A credi che i se vol lavase i pie.

II GIOCATORE - Lavarse i pie inanze de magnar? Ohi chi 'mpropi mati! Matazon, ti at dobiareset andarghe cont lori che a queili a sont i compagnon fadi a bela posta par ti.

MATTO - A tl'hait dit, ti g'ha rezon: am vencio sta partida e cont i palanchi che am pagaret vag de l in d'ol stanzon a bevarmei tti cont lori... e vui no vegn miga, che vui no podit star coi mati e matazoni, che a sit fiol de putane e de ladroni.

Gli cambiano le carte.

III GIOCATORE - Gioega, gioega, che am voi propi goed sta tua vincida.

MATTO - A sproposit de ladroni; 'ndua l' 'ndad a furn ol mat che g'l'avevi in mez a i me carti?

II GIOCATORE - Deighe un spec che ol se poda mirar: at truaret de sbet la facia d'ol to mat...

I GIOCATORE - Gioca e non perdere tempo... (gioca) cavaliere con lo spadone.

II GIOCATORE - Regina col bastone,

MATTO - Strega col caprone.

III GIOCATORE - Il bambino innocente,

I GIOCATORE - Il Dio onnipotente.

MATTO - La giustizia e la ragione.

II GIOCATORE - Il furbo e l'avvocato.

III GIOCATORE - Il boia e l'impiccato.

MATTO - Il papa e la papessa.

I GIOCATORE - Il prete che fa la messa.

II GIOCATORE - La vita bella e allegra.

III GIOCATORE - La morte bianca e negra.

II GIOCATORE - Di carte non ne hai pi: caro il mio MATTO - , hai gi perso.

MATTO - Possibile! Ma come ho fatto a perdere?

I GIOCATORE - Come hai fatto? Non sei capace di giocare, caro il mio Matazone coglione. Adesso paga, fuori questi soldi!

MATTO - M'avete pelato completamente, boia d'un gobbo... E dire che a pensarci mi sembrava proprio di averla io questa carta della morte, mi ricordo che ce l'avevo qui nel mezzo.

Sul fondo appare la Morte; una DONNA - bianca con gli occhi cerchiati di nero.

II GIOCATORE - Ohi mamma... chi quella?

Il MATTO - volta le spalle alla Morte. intento a contare i soldi.

III GIOCATORE - La strega... la morte! Fuggono tutti meno il MATTO - .

MATTO - S, la morte! Proprio... ce l'avevo io! Oh che freddo... dove vi siete cacciati tutti? Ho il freddo che mi arriva alle ossa. Chiudete quella porta... [Sbircia appena la Morte) Buon giorno. tutto chiuso, da dove viene questo freddo boia? [Vede la Morte) Buon giorno, buona sera... buona notte, madama, con permesso. (Si alza per andarsene) Siccome i miei amici sono andati... (Ha dimenticato i soldi sulla tavola) Cercate qualcuno? La padrona

I GIOCATORE - Gioega e no st perd 'ol temp... (gioca) cavajer col spadon

II GIOCATORE - Rejna col baston.

MATTO - Strolega col cavron.

III GIOCATORE - Ol bambin innozente.

I GIOCATORE - Ol Deo 'nipotente.

MATTO - La justizia e la rezon.

II GIOCATORE - Ol furbaso e l'avocat.

III GIOCATORE - Ol boja e l'impicat.

MATTO - Ol papa e la papesa.

I GIOCATORE - Ol preite che fa mesa.

II GIOCATORE - La vita bela e alegra.

III GIOCATORE - La morte bianca e negra.

II GIOCATORE - De carte a gh' n'et p: caro ol me mat ti gh'a perd.

MATTO - Pusibil! Ma come ho fait a perdre?

I GIOCATORE - Com' l'ha fait? ! No ti bon de ziogar, ol me car Matazon cojon. Paga mo', foera ste palanche!

MATTO - M'avit pelat al cumplet, boia d'un goebo... E di' che a pensag me pareva d'averghela mi, de seguro, sta carta de la morte... am regordi che ag l'avevi chi in d'ol mez.

Sul fondo appare la Morte: una DONNA - bianca con gli occhi cerchiati di nero.

II GIOCATORE - Ohi marna... chi a l' quela?

Il MATTO - volta le spalle alla Morte. intento a contare i soldi.

III GIOCATORE - La stria... la morte!

Fuggono tutti meno il MATTO - .

MATTO - S, la morte, impropi... g'l'aveva mi! Ohi che frio... 'ndua av sit casciadi tti? gh' ol frio ch'a'm riva in d'i osi. Sarit sta porta... (Sbircia appena la Morte) Bon d. Gh' tto serad... d'in dove ol vegne sto infregiamento boia? (Vede la Morte) Bon d, bona sira... bona note, madama, cont permes. (Si alza per andarsene) Sicome i me amisi a sont andatt... (Ha dimenticato i soldi sulla tavola) Scerch quaidn? La padrona l' de l di l nello stanzone a servire in tavola gli apostoli e la catinella per lavarsi i piedi: se volete andarci, non fate dei complimenti. Oh che batto i denti!

MORTE - No, vi ringrazio, ma io preferisco aspettare qui.

MATTO - Bene, se vuol sedersi si prenda questa sedia, ancora calda, l'ho scaldata io! Mi scusi, signora, ma adesso che la guardo pi da vicino mi sembra d'averla gi conosciuta un'altra volta.

MORTE - impossibile, che io sono una che si conosce una volta sola.

MATTO - Ah s? Una volta sola? E ha una parlata forestiera, che mi sembra toscana. Non lo ? ferrarese? Romana? Trevigiana? Di Sicilia? Nemmeno di Cremona? Che quelli l sono i pi forestieri di tutti, pi forestieri dei lodigiani, che sono forestieri persino dentro Lodi! Ad ogni modo, signora, mi permetta di dirle che la trovo un po' gi di carreggiata, un po' pallida, dall'ultima volta che non l'ho conosciuta.

MORTE - Dici che sono pallida?

MATTO - S, non vi offendete, spero?

MORTE - No, io sono eternamente stata pallida. Il pallore il mio (colore) naturale.

MATTO - Pallida naturale? Ah, ecco a chi assomigliate! Voi assomigliate sputata a questa figura dipinta sulla carta!

MORTE - Infatti, sono la MORTE - .

MATTO - La MORTE - ? Ah, siete la MORTE - , voi? Oh guarda che combinazione! la MORTE - ! Bene... piacere... io sono Matazone.

MORTE - Ti faccio paura, eh?

MATTO - Paura a me? No, io sono MATTO - e lo sanno tutti anche nel gioco dei tarocchi, che il MATTO - non ha paura della MORTE - . Anzi, al contrario, la va cercando per far coppia maritata, che insieme vincono ogni carta, persino quella d'amore!

MORTE - Se non hai paura, com' che ti trema questa gamba?

MATTO - La gamba? perch questa gamba non mia. La mia vera l'ho persa in un campo a guerreggiare... e allora ne ho presa una di un capitano che era morto, e la sua gamba si muoveva ancora viva come fosse stata la coda di una lucertola ammazzata. E dunque gli ho tagliato questa gamba e me la sono in d'ol stanzun a servig in tavola a i apostul ol baslot de lavas i pie: se a vors andag, no fit di cumplimenti. Ohi che barbeli!

MORTE - No, av rengrazio, ma preferzo de spedare quinve.

MATTO - Bon... se la vol sentarse, la s'toga sta cadrega... l' anc'mo calda, che g'l'ho scaldada mi! Ca scsa, madama... ma indes che la vardi pl de renta am somegia d'aveg'la reconosda n'altra voelta.

MORTE - El sta imposible, ch'eo me sont una ch'as conose una volta mas solamente.

MATTO - Ahi s? una volta mas...? E la g'ha una parlada de foresta... che la me par toscania... no la ? La feraresa? Romana? Trevigiana? De Cicilia? Ne manco de Cremona? Che i sont i pl foresti de tti quei, plus foresti de i lodigiani che i son foresti infine derento a Lodi! Abomni manera, madama, am permet de dirve che av truvi un poc gi de caregiada, un poc smortina, de l'ltema voelta che no ve g'ho cognosda.

MORTE - At dit smorta?

MATTO - Si, no ve ofendit, a spero?

MORTE - No, che eo a sont in sempiterna stada smorta. Che smorto e gli el meo naturale.

MATTO - Smorto al naturale? Ah, eco a chi a ghe somegia! Vu che someg spada a sta figura ch' pintrada s sta carta!

MORTE - Enfacti, ch'eo sont la MORTE - .

MATTO - La MORTE - ? A sit la MORTE - , a vu? Oh ti varda la combinasiu'! a l' la MORTE - ! Bon... piazere... mi a sont Matazon...

MORTE - Te fago pagra, eh?

MATTO - Pagra a mi? No, che mi a son mato matazone, e ol san tti che anco in d'ol ziogo de i tarochi ol mato no ol g'ha pagra de la MORTE - . Anze, de contra la va zercando par far copia maridada, che insema i venze omnia carta: infin quela d'amore!

MORTE - Se no ti g'hai pagra, come l' che ti tremba sta giamba?

MATTO - La giamba? A l' perch a no l' mia, sta giamba chi! Che la mia vera de mi me la g'ho perdda in d'ol campo a guerezare... e alora ne g'ho catada una d'un capitano... che l a l'era morto e la soa giamba la svisigava anc'mo viva como la fuese una coa d'una luzertula cupada. E donca g'l'hait taiada, sta giamba e m'ia sont tacata attaccata da solo, con lo sputo; che, guardate, si capisce bene che non pu essere la mia... pi lunga di una spanna e mi fa andare zoppo. Ohi! Sta' buona (gamba del capitano), che non si deve avere paura davanti a una signora maDONNA - illustrissima cos... andiamo, appoggia!

MORTE - Sei ben gentile a chiamarmi illustrissima e maDONNA - .

MATTO - Oh, non lo faccio per cerimonie, credetemi, che per me, lo giuro, voi siete illustrissima e anche simpatica. E ho piacere che voi siate venuta a trovarmi, che voi mi piacete, tanto che vi voglio pagare da bere, se me lo permettete!

MORTE - Ben volentieri! Hai detto che ti piaccio?

MATTO - Certo! Tutto mi piace di voi, il profumo di crisantemi che avete addosso, e il pallore smorto della faccia, che da noi si dice: DONNA - di carne fina dal colore della biacca, DONNA - che a far l'amore mai non si stanca.

MORTE - Oh, mi fai diventare vergognosa, MATTO - che non sei altro, nessuno mi aveva mai fatto arrossire in questo modo.

MATTO - Arrossite perch voi siete DONNA - vergine e purissima: vero che parecchi uomini voi avete abbracciato, ma per una volta sola... ch nessuno di quelli meritava di venire a dormire stretto a voi, che nessuno vi porta amore sincero n stima.

MORTE - vero, nessuno mi stima!

MATTO - Perch voi siete troppo modesta e non fate suonare corni, n battere tamburi ad annunciare la vostra venuta, con tutto che siete Regina... Regina del mondo! Alla vostra salute, Regina!

MORTE - Salute della MORTE - ? Non indovino se sei pi MATTO - o pi poeta.

MATTO - Tutti e due, perch ogni poeta MATTO - , e viceversa. Bevete, pallidina, che vi dar un po' di colore questo vino.

MORTE - Oh come buono!

MATTO - E come non potrebbe essere buono? lo stesso che sta bevendo il Nazareno, nello stanzone di l, e quello se ne intende eccome di vino! Gran conoscitore egli !

MORTE - Qual il Nazareno fra quelli?

MATTO - II giovane seduto nel mezzo, quello con gli occhi grandi e chiari.

MORTE - Oh, un gran bell'uomo, e dolce. a mi con la spa... che, vardit, ol se comprend ben che no la p ess la mia... a l' pl longa de ona spana che la me fa 'nd zopo de strambola, a mi! Ohi, gra, che no as deve trembar de fifa d'enanze a una segnora madona lustrisema compagna... 'dem, pogia!

MORTE - At set bon zentile a nomarme lustrisema e madona.

MATTO - Oh, n'el fag per zerimonia, credime... ca par mi, a v'al giri, vu s'et lustrisima e infin simpatiga... e mi g'hait plazer che vui sit gnda a trovarme a mi, che vui me piaziu, tant che av voi pagar de bevar, se am permeti!

MORTE - Ben volentera... Hai dit ch' eo at plazi a ti?

MATTO - Segra! Tto am piaze de vui: ol parfm de grizantemi che gh'i' indoso, e ol palor smorto de la facia, che de noialtri as dise; Dona de carna fina d'ol color d'la biaca, dona che in d'ol far l'amor no l' mai straca.

MORTE - Oh che 'm fait gnire svergognosa, mato che no seit artro. Niuno me aveva gimai fata rosire in sta manera.

MATTO - Rust imparch vui sit dona verzine et purisima: che a l' vera che pareci omeni vui avit imbrasad, ma par una voelta sojamente... che niuno de quei ol meritava de 'gni a dorm con vui, strengida, che niuno av porta amor sinzer ni stima.

MORTE - A l' vera, niuno me stima.

MATTO - Imparch vui set trop modesta e no fet sonar corni, ni bater tambori a nunziar la vostra vegniuda, con tt che sit Rejna... Rejna d'ol mundo! A la vostra sanit, Rejna!

MORTE - Sanit de la MORTE - ? No' 'ndivino si ti pl mato o pl poeta.

MATTO - Tuti li d: imperoch omni poeta a l' mato, e al roerso. 'Evt, smortina, che ol ve dar un poc d'colur sto vin.

MORTE - Oh ch' l' bon!

MATTO - E come n'ol podaria es bon... a l' isteso che l' renta a bef ol Nazareno, in d'ol stanzun de l... e quel as n'intende e come ad vin... gran cognosidur l', quel!

MORTE - Lo qual' ol Nazareno in fra quei?

MATTO - Ol zovin sentad ind'ol mez, quel cont i ogi grandi e ciari.

MORTE - Oh gli un gran bel'omo, e dolze.

MATTO - S, un bell'uomo, ma non vorrete ingelosirmi? Non mi vorrete fare il dispetto di lasciarmi solo per andare con loro?... ch mi verrebbe da piangere disperato!

MORTE - Mi vuoi lusingare, eh, furbacchione?! (Si toglie il velo nero).

MATTO - Io lusingare? Lusingare una dama che non si lascia mettere in soggezione n da papi, n da imperatori? (La MORTE - appare con i capelli biondi). Oh! Che bella che sei con questi capelli, che io volentieri coglierei tutti i fiori della terra per buttarteli addosso da coprirti tutta sotto un gran mucchio, e poi mi butterei anch'io a cercarti sotto quel mucchio, e ti spoglierei dei fiori... e di tutto!

MORTE - Mi fai venire un gran caldo con queste parole, caro il mio MATTO - , e mi spiace, ch volentieri sarei rimasta in tua compagnia e ti avrei portato con me.

MATTO - Non sei venuta per quello? Per portarmi via con te? Ah! Non sei venuta per me... Ah, ah... E io che credevo... Oh, molto ridicolo 'sto fatto, bene! Mi fa proprio piacere 'sto scambio, sono proprio contento... Ah, ah.

MORTE - Ora vedo che tu eri falso e bugiardo e che fingevi di amarmi per tenermi buona, per paura della MORTE - ... che sono io, quella.

MATTO - Non hai capito, pallidina, io sono contento perch non sei venuta da me per interesse, non sei rimasta in mia compagnia per il tuo mestiere di tirarmi fuori l'ultimo respiro, ma solamente perch io sono simpatico a voi, non vero? Vi sono simpatico io, pallidina? Ditemi, cosa vi succede? ch vi gocciolano fuori le lacrime dagli occhi? Oh, questa grossa, la MORTE - che piange! Vi ho fatto offesa io?

MORTE - No, tu non mi hai offeso, tu mi hai addolcito il cuore solamente, io piango per malinconia di quel figlio Ges (che ) cos dolce, che lui quello che mi tocca portarmi via a morire.

MATTO - Ah, per lui sei venuta? Per il Cristo! Bene, mi spiace proprio, povero giovane, con la faccia cosi da buono che ha. E per quale accidente lo porterai via? Malattia di stomaco? Di cuore? O di polmoni?

MORTE - Malattia della croce...

MATTO - Della croce? Finir inchiodato? Oh povero Cristo, che non poteva avere un altro nome pi

MATTO - Si, a l' un bel orno, ma no me vorsar far 'gnir gialuso... no me vorsar far ol despet de lasarme de par mi zol par andarghe in compagnia de lori... che am vegnara de planger desesperat!

MORTE - Ti me vol luzingare oh, furbaso?! (Si toglie il velo nero).

MATTO - Mi luzingar? Luzingar 'na dama che ne manco de imperador, nemanco de papa no se lasa menar in sogezion? (La MORTE - appare con i capelli biondi). Ohi che bela che ti co' sti cavei, che mi volentera a cataria toti i fior de la tera per butarteli indoso de covrirte tuta soto un gran mucio, e po' am butara anc mi a scercarte sota a quel mucio e a spoiarte de i fior... e de tuto!

MORTE - At m' fait gnir gran calor con ste parole, el meo mato, e am rincresce caro, che volentera avria vorsudo starte in compagnia e portarte seco a mi.

MATTO - No ti gnda par quel, par portarme via con ti? Ah ah, no set gnda. par mi... ah ah... e mi che am figurava... ohj che a l' gran ridiculaso sto fato... bon, am fa major plazer sto scambio, a sont propi content... ah ah!

MORTE - Mo a vego ben che ti eri falzo... bosiardo... che ti fazevi mostra de amarme par tegnerme bona, per pagura de la MORTE - ... che a sont eo, quela.

MATTO - No, no ti g'ha capit, smortina... a mi sont content imperch vu no v'et gnda de mi par interese... no v'et restada in compagnia de mi par ol mest de tram foera l'ltem sospir... ma sojamente imparch mi a ve sont sempatec a vui... a l' vera? av sont sempatic me... smortina? Dime. Se l' ch'av suced? Che av gota foera i lagroem da i ogi? Oh sta l' grosa: la mort che la piang... a v'ait purtat ofesa, a mi?

MORTE - No, ti ne me g'hai ofesa... ti m'hai molcido ol cor sojamente... eo plango par malenconia de quel fiolo Jesus s dolze... che elo quel ne tocher de tollerme a morir.

MATTO - Ah, par l at set gnda... Par ol Crist! Ben, a me rencres anc a mi... por zovin, cont la facia insc de bon c'ol g'ha. E par quale azident t'ol menaret via: maladia de stomec, de cor o curedela?

MORTE - Maladia de la croze...

MATTO - De la croz? Ol fornir inciudad? Oh pover Crist... che n'ol podeva veg n'alter nom pl sventurat? Sent, sventurato. Senti, pallidina, fammi un piacere, lascia che io vada ad avvisarlo che si prepari a questo supplizio tremendo.

MORTE - inutile che tu lo avvisi, perch lui lo sa gi, lo sa da quando nato che domani dovr allungarsi in croce.

MATTO - Lo sa e resta l tranquillo a raccontarla su, e a sorridere beato coi suoi compagni? Oh, che MATTO - anche lui peggio di me!

MORTE - L'hai detto... e come non potrebbe essere MATTO - uno che ama di tanto amore gli uomini, persino quelli che lo porteranno in croce, persino Giuda che lo tradir?

MATTO - Ah, sar il Giuda? Quello l che sta in un angolo della tavola, che gli far il servizio? L'avrei scommesso! Con quella faccia da giuda! Aspetta che vado di l a dargli un paio di schiaffoni a 'sto malnato e poi gli sputo in un occhio.

MORTE - Lascia correre, non vale la pena, ch a tutti dovresti sputargli negli occhi, che tutti gli volteranno le spalle, quando verr il momento,

MATTO - Tutti? Anche il san Pietro?

MORTE - Lui per primo e tre volte di seguito. Vieni, non stiamoci a pensare pi, vieni a versarmi del vino che mi voglio ubriacare, allontanare da 'sta tristezza.

MATTO - Hai ragione, meglio avere la MORTE - allegra. Dunque: beviamo e scacciamo il magone. Bella pallidina, vieni che stiamo allegri. Slacciati questo mantello che voglio vedere queste braccia sode del color della luna... Oh, come sono belle! E slacciati anche il giubbetto davanti che voglio vedere e lucidarmi gli occhi con questi due pomi d'argento che sembrano le stelle Diane.

MORTE - No, ti prego, MATTO - , che io sono signorina e ragazzina (vergine) e mi vergogno tutta, che nessun uomo mi ha mai toccata nuda!

MATTO - Ma io non sono un uomo, io sono MATTO - e la MORTE - non far peccato a fare l'amore con un MATTO - , con un folle pazzo come sono io. Non aver paura, ch io spegner tutti i lumi e ne lascer uno solo, e andremo a ballare (balleremo) dei bei passetti che ti voglio insegnare e ti voglio far cantare di sospiri e di lamenti amorosi. smortina: fam un piaser, lasa che mi ag vaga a visal... c'ol se prepara a sto splizi tremend.

MORTE - Gli inutil che t' l'avisi, imparch s '1 conose.,. el sape ben de quand nasco al mundo che diman e dobiar slongarse in croze.

MATTO - Ol sape... ol cognos e, de giunta, ol resta li loga tranquil a cuntarla s e ghe surid beat ai so compagnon? Oh che a l' mat anc l pegior de mi, quel!

MORTE - Te l'hait dito... e como no el podaria es mato, un che l'ama de tanto amor i omeni, imperfno quei che el meneranno a la croze... imperfino '1 Giuda che l'ander a trajrlo?

MATTO - Ah, ol sar ol Gida? Quel l che e sta in un cantun a la tabola, che ag far ol servizi? Ag-varia scumetd... Sta facia de giuda! Specia che ag vag l a darghe un para de sgiafuni a stu malnat... e ag spdi in t'un ogio.

MORTE - Lasa corir... n'ol val la pena... che a tuti ad dovarajghe spudarghe in l'ogi, che tuti ag volterano le spalle quand le vegner el momento.

MATTO - Tti? Anc ol sant Pedar...?

MORTE - Lo quel par el primo, e tre volte de retorno. Vien, no stamoce a pensare pl... 'egni! a versarme el vino che me voio imbriacare... slontanar de sta trestizia.

MATTO - At g'hait rezon... ol meior averghe la MORTE - alegra. Donca: bevemo a scaciamagon! Bela smortina,.. vegn in alegreza: slazate sto mantel che at voi vedar ste braze stagne d'ol color d'la luna... ohi che e son bele... e slazet anc ol gibot d'inanz che at voi lustrarme i ogi con sti to doi pomi d'arzento che par le stele Diane...

MORTE - No, a te pregi, mato... che eo a mi sont donzela, o garzoneta e me svergogno tuta... che niuno omo el ma gimai tocata snuda!

MATTO - Ma mi no sont omo... mi a sont mato... e no ghe sar pecat par la MORTE - far l'amor con un foll balengo che a song mi quel... no t'g'abia pagura che mi a smorzer tti i lumi... e a un solengo an lasar... o andaremo a balar... di bei paseti che at voi 'nsegnar... at voi far cantar de sospiri e de lamenti inamorosi,

MARIA VIENE A CONOSCERE DELLA CONDANNA IMPOSTA AL FIGLIO

Maria sta in compagnia di Giovanna e per strada incontra Amelia.

AMELIA - Buon giorno Maria... buon giorno Giovanna...

MARIA - Buond AMELIA - , state andando a fare la spesa?

AMELIA - No, l'ho gi fatta questa mattina... devo dirvi una cosa, Giovanna.

GIOVANNA - Ditemi; con permesso, MARIA - ...

Si appartano e parlano concitate.

MARIA - Dove va tutta questa gente? Cosa sta succedendo l in fondo?

GIOVANNA - Sar qualche sposalizio di sicuro...

AMELIA - Si, uno sposalizio... vengo di l proprio adesso.

MARIA - Oh, andiamo a vedere, GIOVANNA - , che a me piacciono tanto i matrimoni. giovane la sposa? E lo sposo chi ?

GIOVANNA - Io non lo so... credo che debba essere uno di fuori,

AMELIA - Andiamo MARIA - , non state a perdere tempo con i matrimoni... andiamo a casa, che dobbiamo ancora mettere l'acqua sul fuoco per la minestra.

MARIA - Aspettate, ascoltate. Stanno bestemmiando!

GIOVANNA - Oh, bestemmieranno per allegria e contentezza...

MARIA - No, che mi sembra che lo facciano con rabbia; stregone! , hanno gridato... si, ho inteso bene... ascoltate che vanno a ripetere. Con chi ce l'hanno?

GIOVANNA - Oh, adesso che mi viene in mente, non per uno sposalizio che gridano, ma contro uno che hanno scoperto questa notte che ballava con un caprone, che poi era il diavolo.

MARIA - VIENE A CONOSCERE DELLA CONDANNA IMPOSTA AL FIGLIO

MARIA - sta in compagnia di Zoana e per strada incontra Melia.

MELIA - Bon di MARIA - .. bon di Zoana.

MARIA - Bon di MELIA - , sit 'dr andar a far spesa?

MELIA - No, ag l'ho d' gi fatta sta matina... av g'ho de dive un rob, Zoana. zoana Disme. Cunt parmes, MARIA - ...

Si appartano e parlano concitate.

MARIA - In doe la va tta sta zente? cosa l' 'dr a sced l in funda?

ZOANA - Ol sar quai sponsalizi de seguro...

MELIA - S, a l' on sponsalizi... vegni de l improprio ades.

MARIA - Oh 'ndem a vedar, ZOANA - , che a me piasen tanto i sponsalizi, a mi. A l' zovina la sposa? E ol sposo chi a l?

ZOANA - No sag mi... a credi col debia es un de foera...

MELIA - 'Dem, MARIA - , no stit a perd ol tempo co' i matrimoni... 'ndemo a casa che g'avem anc'mo de metarghe l'acqua al fogo per la menestra.

MARIA - Specit, 'scult. A i 'dr a biastem!

ZOANA - O i biastemer par 'legra e contentesa!

MARIA - No, che me someia... col fagan con rabia: stregonaso, g'han criad... si g'ho intendo ben... 'scult co i va a rept. Contra a chi e g'l'han?

ZOANA - Oh, 'des che me 'egn in mente... no l' per un sponsalizio, che i vosa, ma contra a n che l'han descoverto sta note che ol balava con un cavron che p a l'era on diavulo.

MARIA - Ah, per quello gli dicono stregone?

GIOVANNA - S, sar per quello... ma non facciamo tardi, MARIA - , andiamo a casa che non sono cose da vedere quelle, che pu succedere di prendersi il malocchio.

MARIA - C' una croce che spunta sopra le teste della gente! E altre due croci che spuntano adesso!

GIOVANNA - S, queste altre sono di due ladroni...

MARIA - Povera gente... vanno a crocifiggerli tutti e tre... chiss la loro mamma! E magari lei, povera DONNA - non sa neanche che stanno ammazzando suo figlio.

Sopraggiunge correndo la Maddalena.

MADDALENA - MARIA - !Oh, MARIA - ... vostro figlio Jesus...

GIOVANNA - Ma s, ma s, lo sa di gi lei... (A parte) Stai zitta disgraziata.

MARIA - Cosa che so gi io? Cosa capitato a mio figlio?

GIOVANNA - Niente... cosa dovrebbe essergli capitato, o santa DONNA - ? C' solo che... ah, non te lo avevo detto? Oh, che smemorata che sono... mi era uscito dalla testa di avvisarti che lui, tuo figlio, mi aveva detto che non verr a casa a mangiare a mezzogiorno perch deve andare sulla montagna a raccontare parabole.

MARIA - questo che sei venuta a dirmi pure tu?

MADDALENA - S, questo, MaDONNA - .

MARIA - Che sia ringraziato il Signore... eri arrivata tanto di corsa, cara figlia, che io mi ero presa una paura di quelle... mi ero gi figurata non so mica quale disgrazia... Come siamo stupide alle volte, noi altre mamme! Ci preoccupiamo per niente!

GIOVANNA - S, ma anche lei, questa matta, che arriva correndo accaldata per venire a darti l'annuncio di queste stupidaggini.

MARIA - Buona, GIOVANNA - ... non stare a sgridarla adesso... infine venuta per farmi il piacere di una commissione. Ti ringrazio, figliola... come ti chiami tu, che mi sembra di conoscerli?

MADDALENA - Io sono la MADDALENA - ...

MARIA - MADDALENA - ? Quale? Quella...

GIOVANNA - S, lei... la cortigiana. Andiamo via, MARIA - , andiamo a casa, che meglio che non ci facciamo vedere con gente simile, che non sta bene.

MADDALENA - Ma io non faccio pi il mestiere.

MARIA - Ah, par quel ag disen: stregonaso?

ZOANA - S, par quel... ma no femo tardi, MARIA - ... 'ndem a casa che no le son robe da vedar quele, che ag pod scedegh de catarse ol malogio.

MARIA - A gh' una crose che la sponta de sora e teste de la zente! E altre doe crose che spunta adeso!

ZOANA - S, st'altre a son de doe ladroni...

MARIA - Povra zente... i vano a 'ncrosare tti e trie... Chi ol sa la mama de lori! E magara le, pora dona, no lo sa gnanca che i drie a masarghe ol so fiol de le.

Sopraggiunge correndo la MADDALENA - .

MADDALENA - MARIA - ! Oh MARIA - ... ol vostro fiol Jesus...

ZOANA - Ma s, ma s, ol gh'sa de gi le... (A parte) State cito... 'sgrasiada.

MARIA - Cos' l' che so de gi mi?... 's l' capitat al me fiol?

ZOANA - Nagota... cos'ag dovaria eserghe capitat, o santa dona? A gh' dum che... Ah, no t'avevi dit? Ohj che 'smentegada che sont... m'era gnid via d'la testa de 'visarte che l, ol to fiol, m'aveva dit che no el vegnar a casa a magnar a mezd, che ol g'ha de 'ndare s la montagna a cuntar parabule.

MARIA - A l' quest che set gnda a dirme anc'ti?

MADDALENA - S, quest, Madona.

MARIA - Oh, ol sia rengraziad ol Segnore... ti eri rivada tanto de corsa... cara fiola... che mi n'evi catat un stremizi de quei... me s'evi gi figrat no so miga quale desgrazia... Come semo stpide de volte noaltre mame! Ag femo preoccupade par nagota!

ZOANA - S, ma anco le, sta balenga, che la 'riva correndo scalmanada par 'gni a darte ol nunzi de ste bagatele...

MARIA - Bona, ZOANA - ... no starghe a criar adeso... a l'infine l' gniuda par farme un plazer d'una comission... At rengrazi, fiola... come ad ciamat ti, che mi am pare de cognosarte?

MADDALENA - Mi sont la Madalena...

MARIA - Madalena? La qual? Quela...

ZOANA - S, a l' le... la cortizana. 'Ndern via, MARIA - , 'ndem a casa... co l' mejor, che no ghe femo vedar con zente compagn... no '1 sta ben.

MADDALENA - Ma mi no fago p ol mester.

GIOVANNA - Sar perch non trovi pi sporcaccioni d prendere ma va' via, svergognata.

MARIA - No, non cacciarla, povera figliola... se il mio caro Ges se la tiene in tanta fiducia da mandarla a me per farmi delle commissioni segno che adesso ha messo giudizio, vero?

MADDALENA - S, faccio giudizio adesso.

GIOVANNA - Vai a crederle... la questione che tuo figlio troppo buono, si lascia prender dalla compassione e lo fregano tutti! Ha sempre attorno un mucchio di poltroni, gente senza lavoro n arte, morti di fame, disgraziati e puttane... uguali a quella!

MARIA - Parli da cattiva tu, GIOVANNA - ! Lui, il mio figlio, dice sempre che per loro, sopra ogni cosa per loro, sbandati e sperduti, che venuto a questo mondo, per dargli la speranza.

GIOVANNA - D'accordo, ma non capisci che in questa maniera non fa un bel vedere? Si fa parlar dietro... con tutta la gente bene allevata che c' in citt: i cavalieri e le loro dame, i dottori, i signori... che lui con il suo fare gentile, sapiente ed erudito, si troverebbe subito nella loro manica e avrebbe onori, farsi aiutare se ne avesse bisogno. No, sacripante: va a mettersi con i pidocchiosi villani! E contro a quelli!

MARIA - Ascoltate come gridano, e ridono... ma non si vedono le croci.

GIOVANNA - A parte che potrebbe fare a meno di sparlar sempre dei preti e dei prelati... quelli non la perdonano a nessuno!

MARIA - Ecco di nuovo le tre croci...

GIOVANNA - Quelli, un giorno gliela faranno pagare... gli faranno del male!

MARIA - Far del male a mio figlio? E perch, che cosi buono... non fa che del bene a tutti, anche a quelli che non glielo domandano! E tutti gli vogliono bene! Sentite... stanno sghignazzando di nuovo... uno di quelli deve essere caduto per terra... Tutti vogliono bene a mio figlio non vero?

MADDALENA - S, anch'io gli voglio tanto bene!

GIOVANNA - Oh lo conosciamo tutti, che ispirato bene gli vuoi tu, al suo figlio della MARIA - !

MADDALENA - Io non ho un amore uguale che per un fratello, per lui! Adesso...

GIOVANNA - Adesso... perch prima, dunque...?

MARIA - GIOVANNA - , smettila infine di tormentarla, questa figliola... Cosa ti ha fatto?... Non vedi com' mortificata? Com' che gridano tanto? E anche se fosse che lei, questa giovane, abbia a tenere un

ZOANA - Ol sar perch no ti trovi pi smorbiosi de catar... Va', desvergognada.

MARIA - No, no descasarla... povra fiola... se ol me car Jesus s'la tegne in tanta fiducia de mandam'la a mi a fam di cumision, l' segn che ades la fa giudizi... vera?

MADDALENA - S, a fag gidizi ades.

ZOANA - Vag a crederghe... la question l' che ol to fiol de ti a l' tropo bono, as lasa catare d' la compasion e ol freghen toeti! Ol g'ha sempre d'intorna un mgio de poltro'... zente senza laoro ni arte, morti de fame; desgrasi e putane, compagn a quela!

MARIA - At parlet de cativa ti, ZOANA - ... l, ol me fiol, ol dise sempre co l' par loro, sovra 'gni cosa par lori, sbandati e sperdi, che o l' gnudo a sto mundo a darghe la speranza.

ZOANA - D'acordi, ma at cumprendi che a sta manera no ol fa un bel vard... ol se fa parlar a dre'... Con tuta la zente de bonlevada co gh' in cit; i cavajeri e soi dame, i dotori e i siori... che l cont'ol so fare zentile savente e 'rudito a s'truaria de sbet in t'la manega e averghe onori, farse aidare se ol g'avese besogn. No, cripante: ol va a meterse co i piogiat vilan! E de contra a quei!

MARIA - Scolti come i vosa, e i ride... ma no se vede e crose!

ZOANA - A parte che ol podria farghe a men de sparlarghe sempre a dre' ai prevet e a i prelat... che quei no gh'ia perdonano a niuno.

MARIA - Eco de novo e tre crose...

ZOANA - Quei un d a g'la faran pagare! Ag faran d'ol male!

MARIA - Fag d'ol male al me fiol? E parch, co l' s bon... no ol fa che d'ol ben a tti, anco a quei che no ghe domanda! E tti i ghe vol ben! Sentit... i son dre' a sghignasar de novo... un de quei ol dua es borlad per tera... Tti ghe vol ben al me fiol... no a l' vera?

MADDALENA - S, anco mi ag vol tanto ben!

ZOANA - O, ol sconoscemo tti che spirato ben at voi ti al so fiol de la MARIA - !

MADDALENA - Mi ne g'ho un amore compagn che par on fradel par l! Adeso...

ZOANA - Adeso... parch prima donca... ?

MARIA - ZOANA - , daghe un taio infina de intormentarla sta fiola... cos'l'ha t'ha fait... no ti vedi co l' smortificada... com l' che cria tanto... E anco ol fdese che l, sta zoina, amore per lui, di quello che le donne normali hanno per gli uomini che gli piacciono... Bene? non forse un uomo mio figlio, oltre che essere Dio? Da uomo ha gli occhi, le mani, i piedi... e tutto da uomo, finanche i dolori e l'allegria! Dunque toccher a lui, a mio figlio, decidere... che sapr bene lui cosa fare, quando verr il suo momento, se lui vorr prendersela una sposa. Per me, quella che lui sceglier, io le vorr bene come se fosse una mia figliola. E ci spero tanto che venga presto, quel giorno... che ormai ha compiuto trentatre anni, ed ora che metta su famiglia... Oh che brutto gridare che fanno l in fondo... E come nera, questa croce! Tanto mi piacerebbe averci per casa dei bambini suoi di lui... da far giocare, cullarli... che io ne conosco tante di canzoni da culla... e dar loro i vizi... e raccontar loro favole, di quelle belle favole che finiscono sempre bene, e in giocondit!

GIOVANNA - S, ma adesso basta di stare a sognare, MARIA - ... Andiamo, che di questo passo non mangiamo pi nemmeno a sera.

MARIA - Non ho fame, io... non ne scopro la ragione... Ma mi venuta addosso una stretta di stomaco... Bisogna proprio che vada a vedere cos' che succede, l in fondo.

GIOVANNA - No, non vai!... che sono cose, quelle, che fanno tristezza. Ti porteranno uno strappacuore per tutto il giorno. Tuo figlio non sar contento. Pu essere che, in questo momento, lui sia gi in casa e che ci aspetti... che lui ha fame.

MARIA - Ma se mi ha mandato a dire che lui non verr!

GIOVANNA - Lui pu avere avuto un ripensamento. Lo sai come sono i figli. Quando li aspetti a casa non tornano... e ritornano quando non li aspetti mica! E bisogna essere sempre pronte, col mangiare sul fuoco.

MARIA - S, hai ragione... andiamo. Vuoi venire anche tu, MADDALENA - , a mangiare una scodella?

MADDALENA - Ben volentieri, se non vi do fastidio...

Sul fondo passa la Veronica.

MARIA - Cos' capitato a quella DONNA - , che ha un tovagliolo tutto insanguinato? Oh buona DONNA - , vi siete fatta male?

VERONICA - No, mica io... ma uno di quei condannati che hanno messo sotto la croce, quello al quale gridano stregone... e che non stregone, ma santo!... la aga a tegner un amor par l de quei che e done de normale a gh'han par i omeni, che ghe piase... bon? No a l' omo sforse ol m' fiol, oltra che ves Deo? De omo ol g'ha i ogi, le man, i pie... e tto de omo... financo i dulori e l'alegresa! Donca ag tocher a l, ol me fiol, a decid... co ol savr ben l se fa, quando gnir ol so mument, se ol vorer torsela una sposa. Par mi, quela che l ol scemer, mi ag vurar ben 'me fdes la mia fiola... E ag speri tanto ca vegna prest quel d... che ormai ol g'ha compit trentatri ani... e l' ora che ol meta s famegia... Oh che brt cri che fan l in funda... e com l' nera sta croze. Tanto me plazera averghe per casa di bambin so' de l, de far ziogare, ninar... che mi ne so tante canzon de cuna... e darghe i vizi... e contarghe fabole, de quele bele fabole che i finisce sempre bene... e in zocondia!

ZOANA - S, ma adeso basta de starte a insognare, MARIA - ... andemo che da sta banda, no magnemo p nemanco a sira...

MARIA - No g'ho fame a mi... no ghe descovro la reson... ma m' gnit a doso un strencio de stomego... bisogna proprio che vaghi a vedar cos' l' ca va, a l in funda.

ZOANA - No, no te vaghi!... che a sont robe quele co e fano intrestizia e at menaran un s'ciopamagon par tto ol ziorno. Ol to fiol no ol sar contento... p es che in stu momento ol sebia gi in la casa e che a te specia... che ol g'ha fame.

MARIA - Ma se ol m'ha mand a dire che no '1 vegnar!

ZOANA - O1 p averghe ut on respensamente. At set com' i fioli. Quando te i speci a casa no i torna... e i retorna quando no i speci miga! E bisogna ves sempre a pronta cont ol magnar al fogo.

MARIA - S, ti g'ha reson... andemo... At voret 'gni anco ti Madalena, a magnarne una scudela?

MADDALENA - Bon voluntera, se no v' dag infesciament...

Sul fondo passa la VERONICA - .

MARIA - Cos' l' capitat a quela dona... co la g'ha un mantin tto insenguinat? Ohj bona dona... av set fada male?

VERONICA - - No, miga mi... ma un de quei cundanat che - g'han meto de soto a la crose, lo quelo co a ghe crieno stregonaso... e che no l' stregon, ma santo!... Santo de Santo di sicuro, che lo si capisce dagli occhi dolci che tiene... gli ho asciugato la faccia insanguinata...

MARIA - Oh DONNA - pietosa...

VERONICA - - ... con questo tovagliolo, e ne sortito un miracolo... lui mi ha lasciato l'impronta della sua figura, che sembra un ritratto.

MARIA - Fammelo vedere.

GIOVANNA - Non essere curiosa, MARIA - , che non sta bene.

MARIA - Non sono curiosa... sento che devo vederlo.

VERONICA - - D'accordo, te lo faccio vedere, ma prima segnati col segno della croce... ecco, il figlio di Dio!

MARIA - II mio figlio! Oh, il mio figlio, di me! (Corre disperata verso l'esterno).

GIOVANNA - Cosa hai fatto... benedetta DONNA - !

VERONICA - - Ma io non credevo che fosse la sua mamma... di quello! seguro, che ol se capisce da i ogi dolzi ch'ol tene. A g'ho sugad la facia insanguagnenta...

MARIA - Oh dona pitosa...

VERONICA - - ... con sto mantin e gh' n' sortit on miracol... ol m'ha lasad l'emprunta d'la soa figura, che ol pare un ritrat.

MARIA - Fam'io vedar.

ZOANA - No ves curiosa, MARIA - , che n'ol sta ben.

MARIA - No sont curiosa... a sent ch'ol devi vedel.

VERONICA - - D'acordi, at lo fago vedar, ma in prima segnat con-t'ol segn de la crose... eco, a l' ol fiol de Deo!

MARIA - Ol me fiol... ah... a l' me fiol de mi! (Corre disperata verso l'esterno).

ZOANA - Co t' fat... benedeta dona!

VERONICA - - Ma mi no credevi ch'a fs la sua mama... de quel!

GIOCO DEL MATTO - SOTTO LA CROCE

In scena il MATTO - , soldati e quattro crociatori. Si stende un lenzuolo dietro al quale Ges viene fatto spogliare.

MATTO - Donne! Ehi donne innamorate di Cristo, venite a lucidarvi gli occhi... venite a vederlo bello nudo che si spoglia, il vostro innamorato... due palanche per un'occhiata, venite donne! Oh, cosi bello da comprarlo! Dicono che era il figlio di Dio: a me sembra che sia uguale a un altro uomo, uguale in tutto!... Due palanche, donne, per guardarlo! Non c' nessuna che ha voglia di prendersi questa soddisfazione per due palanche? Bene, giorno di festa oggi... mi voglio rovinare... Vieni qui tu, che te lo far vedere gratis... o che smorfiosa... vieni qua! Non perdere questa occasione... non sei tu quella, la MADDALENA - tanto innamorata di lui che, non trovando n mantello n salvietta per asciugargli i piedi, glieli ha asciugati con i capelli? Bene, peggio per voi: che adesso, per legge, dovremo coprirlo, coprirlo sul posto del peccato... con un grembiulino, da farlo assomigliare a una ballerina! pronto il capo dei comici? Tira su il telone che andremo ad incominciare lo spettacolo! Scena prima: il figlio di Dio, gran cavaliere con la CORO - na, monta a cavallo... un bel cavallo di legno, per andare intorno in giostra! E per fare che non cada a terra l'inchioderemo sulla sella... mani e piedi!

CAPO DEI CROCIATORI - Smettila di fare il pagliaccio e vieni qui a darci una mano... attaccagli una corda ai polsi, una per parte, cosi si allunga per bene... ma lasciatemi libere le palme, che si possano infilzargli i chiodi. Io ci picchier su questa di destra, e...

PRIMO CROCIATORE - E io quest'altra. Buttatemi un chiodo che il martello ce l'ho di mio (io).

GIOCO DEL MATTO - SOTTO LA CROCE

In scena il MATTO - , soldati e quattro crociatori. Si stende un lenzuolo dietro al quale Ges viene fatto spogliare.

MATTO - Done! Ehj done inamorate d'ol Crist, gnit a lustrarve i ogi... gnit a videl belo snudo ch'ol se sbiota, ol vostro moroso... doi palanchi par sguardada, ehnit done... Oh che l' belo de cat! A disu che a l'era ol fiol de Deo: mi am pares col sebia igual a un altro omo, par tto cumpagn!.,. Doi palanchi, done, par sguardal! Ag n' niuna ch'as voia tor sto sfizi par doi palanchi? Bon, l' d de festa incoe... am voi ruinarme... Vegn chi te, ch'at ol fagar vid a gratis... ohi che smorbia... vegn sci! No perd st'ocasion... no ti ti quela, la Madalena tanto inamorusa de l che, no truand mantin ni salvieta par sugarghe i pie, ti g' li ha sugad con i to cavei? Bon, peg par vui: che ades, par lege, a duarem cuarcial coverto in s'ul pecat... con t'un scusarin c'ol somegiar a 'na balerina! L' a l'ordin ol cap di comichi? Tira su ol telun che andarem a incomenzare ol spectacol: scena prima: ol fiol de Deo, gran cavajer cont la CORO - na, ol monta a cavalo... un bel cavalot de legn par and a torneo in giostra. E, par f che n'ol borla in tera, a l'inciodarem sora la sela... man e pie!

CAPO DEI CROCIATORI - - Mchela de f ol paiaso e egn chi a dag 'na man... tachghe 'na corda ai pols, vn par part, c'ol se slonga de polito... ma laseme sgumbrat e palme, ch'as poda filzaghe i ciodi. Mi ag picar in questa de drita, e...

PRIMO CROCIATORE - - E mi in 'st'oltra. Bteme un ciodo, che ol martel a g'l'ho del me.

SECONDO CROCIATORE - Oh che chiodaccio! Scommettiamo che in sette martellate lo picchio dentro tutto?

PRIMO CROCIATORE - - E io ce la farei in sei, vuoi scommettere?

SECONDO CROCIATORE - D'accordo. Forza, allargatevi voi due che mettiamo le ali a questo angioletto (cos) che possa volare come Icaro in cielo.

TERZO CROCIATORE - Tiriamo insieme... insieme, ho detto... me lo rovesciate, piano che deve restare in mezzo alla sella, il cavaliere... un po' verso di me... bene, sono sul segno, proprio sul buco.

SECONDO CROCIATORE - Io non ci sono mica, hai fatto i buchi troppo distanti... tira tu... forza... hai mangiato il formaggio a mezzogiorno? Forza!

PRIMO CROCIATORE - - S, forza, ma va a finire che gli romperemo i legamenti delle spalle e dei gomiti.

TERZO CROCIATORE - - Non ti preoccupare, non sono mica i tuoi i legamenti, tira! Eh! Eh forza!

Lamento di Ges, contrappunto lamentoso delle donne.

PRIMO CROCIATORE - - Ohi, avete sentito lo schianto?

SECONDO CROCIATORE - S, non stato bello... stato uno schiocco che mi fa scricchiolare le ossa... in cambio, si giusto allungato di misura; adesso ci sono anch'io sopra il buco.

PRIMO CROCIATORE - - Bene, tenete in tiro la corda; e tu alza il martello, che partiamo insieme.

SECONDO CROCIATORE - Stai attento a non picchiarti le dita.

Risate degli altri.

TERZO CROCIATORE - - Allarga questo zampino che non ti faccio il solletico, te l'assicuro... oh, tu guarda questa mano, come ha segnata la linea della vita; un segno tanto lungo che sembrerebbe che avesse il destino di campare ancora cinquant'anni almeno, questo cavaliere! Vai a credere alle balle delle streghe tu!

SECONDO CROCIATORE - Ferma la lingua e alza il martello,

PRIMO CROCIATORE - - Io sono pronto.

TERZO CROCIATORE - - Dagli allora... diamogli il primo colpo... (Tonfo). Ohioa ahh! a bucare le palme!

CAPO DEI CROCIATORI - - (contrappunto dell'urlo di Cristo) Ohoo, trema dappertutto. State calmi! Dagli col secondo tempo... Ohaoioaohh! Ad allargare le ossa!

SECONDO CROCIATORE - - Ohi che ciodasc! A scumeti che in sete martelade ol pichi dentar tuto?

PRIMO CROCIATORE - - E mi an far in sese, at voi scumet?

SECONDO CROCIATORE - D'acordi. Forza, slarghive vui doi che ag' metum le ale a st'angiuloto, ch'al g'abia a volar 'me l'Icaro in d'ol ziel.

TERZO CROCIATORE - - Trajem insema... insema ho dit... a m'lo stravachi pian c'ol dev rest in d'ol mez d'la sela, ol cavajer... un poc ps a mi... bon, ag son al segn... propi in d'ol boegio.

SECONDO CROCIATORE - Mi no ag son miga, hait fait i boegi trop destanti... rsa ti... forza... t' magn la furmagela a sto mesd? Sforza!

PRIMO CROCIATORE - - S, sforza, va a forni che ag sciuncarem i ligaduri de e spale e d'li gumbet.

TERZO CROCIATORE - - Ti no te casciare, che no e miga toe le ligadure! Rsa! Eh eh, sforza!

Lamento di Ges, contrappunto lamentoso delle donne.

PRIMO CROCIATORE - - Ohj, hait sentit ol s'cepp?

SECONDO CROCIATORE - S, no l' stait bel... a l' un s'ciocc col me fa sgrign i osi... de contra, ol s' giusta slongad de misura: ades ag sont anc mi sora al boegio.

PRIMO CROCIATORE - - Bon, tegnit in tir la corda; e ti valza ol martel che a partisum insembia.

SECONDO CROCIATORE - Stag atento a mica picarte i didi!

Risata degli altri.

TERZO CROCIATORE - - Slarga sto sciampin che no te fag galitigo, at seguri!... oh ti varda sta man, come la g'ha impruntat ol rigo de la vita!... a l' un segn tant longo che ol parese eghe ol destin de campar anc'mo sinquant'ani almanco, sto cavajer! Vag a crederghe a le bagole de 'e strolighe, a ti!

SECONDO CROCIATORE - Stopa sta lengua e valza ol martel

PRIMO CROCIATORE - - Son prunt a mi.

TERZO CROCIATORE - - Daighe alora... Daaighee d'ol prem bot... (Tonfo). Ohioa ahh! che a sbusa i palmi!

CAPO DEI CROCIATORI - - (contrappunto dell'urlo di Cristo) Ohoo, ol tremba da par tt. St calmi. Daaghee d'ol segund bot... ohaoioaohh! a slarga i osi!

Ohoh e gli sputa sangue a fiotti.

Dagli il terzo colpo, ohahiohoh

questo chiodo t'ha sverginato.

Ohoh e le donne non le ha mai forzate,

II quarto te lo regalano i soldati ohahiohoh

che gli hai detto di non ammazzare ohahiohoh

e i nemici come fratelli dovrebbero amare.

Il quinto te lo mandano i vescovi della sinagoga ohahiohoh

che gli hai detto che son falsi e maledetti ohahiohoh

e che i tuoi saranno tutti umili e poveretti. ohahiohoh

Il sesto il regalo dei signori ohahiohoh

che gli hai detto che non andranno in cielo ohahiohoh

e gli hai fatto l'esempio del cammello.

Il settimo te lo picchian gli impostori ohahiohoh

che gli hai detto che non conta niente se pregano ohahiohoh

che sono buoni di fregare i minchioni in terra

ma il Signore, quello non lo si frega.

PRIMO CROCIATORE - - Ho vinto io. Dovrai pagarmi da bere, ricordatelo.

SECONDO CROCIATORE - Berremo alla salute di questo cavaliere, e alla sua sfortuna! Come vi trovate, maest? Ve lo sentite ben saldo nelle mani questo destriere? Bene, allora adesso andremo in giostra, senza lancia e senza scudo!

CAPO DEI CROCIATORI - - Avete slacciato la corda dai polsi? Bravi i miei baroni... stringete ben chiusa questa cinghia attorno alle spalle, che non debba caderci addosso nel tirarlo in piedi, questo campione! Appresso, una volta inchiodati i piedi, glielo toglieremo...

SECONDO CROCIATORE - Venite tutti qui... sputatevi sulle mani che abbiamo da raddrizzare l'albero della cuccagna! Voi venite avanti con le corde e fatele passare sopra l'asse trasversale... vieni qui anche tu, Matazone: sali in cima alla scala, pronto a tenerlo.

MATTO - Mi dispiace ma io non posso aiutarvi: non mi ha fatto niente, quello,

SECONDO CROCIATORE - O balengo... ma nemmeno a noialtri non ha fatto niente: l'abbiamo giusto crocifisso per passatempo, ah, ah, e ci hanno dato perdipi dieci palanche a testa per il disturbo... Di,

Ohoh ag spuda ol sangu a gnochi.

Daighe ol terzo boto, ohahiohoh

sto ciod t'ha sverzenat.

Ohoh che e done no ti g'ha dimai sforzat.

El quarto t'ol regala i soldat ohahiohoh

che ti g'hait dit de no masare ohahiohoh

e i nemisi 'me fradeli i dovara amare.

Ol quinto t'ol manda i vescovi d'la senagoga ohahiohoh

che ti g'hait dit che i sont falzi e malarbeti, ohahiohoh

che i toi vescovi i sar tti umili e povareti.

Ol sesto l' ol regalo de i segnori ohahiohoh

che ti g'hait dit che i no anderan in zielo ohahiohoh

e ti g'hait fait l'exemplo del camelo.

Ol setemo t'ol pica i 'mpostori ohahiohoh

che ti g'hait dit che n'ol cunta nagot se i prega ohahiohoh

che i boni a fregar mincioni in tera

ma ol Segnor, quel no'l se frega.

PRIMO CROCIATORE - - Hait vencid me. At duaret pagam de bevar, recordes.

SECONDO CROCIATORE - Ag bevaremo a la santit do sto cavajer e a la soa sfortna! Come av trouvit, majst? Av sentit ben saldo in d'l mani, sto destrer? Bon, alora adeso andaremo in giostra, sanza lanza e sanza scudo!

CAPO DEI CROCIATORI - - G'hait slazade le corde dai polzi? Bravi i me baroni... strenzeghe ben sarada sta coreza intorna a e spale, che nol debia borlaghe a doso in d'ol tirarlo in pie, sto campion! Dasp, na volta inciodad i pie a g'la toiaremo...

SECONDO CROCIATORE - 'Gni chi toeti... speve in t'i mani che a gh'em de 'ndrisar l'arbor de la cucagna! Vialtri 'gni inanze co e corde e fele pasar de soravia a la traversa de tranzet... Vegn sci anca ti, Matazon: monta in co' a la scala, pront a tegnil.

MATTO - Me dispiase ma mi no podi aidarve: che n'ol me g'ha fait nagot a mi, quelo...

SECONDO CROCIATORE - O balengo! ma nemanco a nojaltri ol ne g'ha fait nagot... a l'em giusta incrusat par pasatem, ah ah, e g'han dait de ginta dese palanche a testa

dacci una mano, che dopo ti faremo l'onore di giocare una partita a dadi con te.

MATTO - A beh, se per una partita non mi tiro mica indietro! Sono gi sulla scala, guarda... potete incominciare!

PRIMO CROCIATORE - - Bravo! Siamo a posto tutti? Andiamo allora... Tiriamo insieme, mi raccomando, uno strappo lungo alla volta: vi do il tempo.

Ohi issiamo Ehiee

questo pennone di nave ohoho

per far da bandiera ohoho

gli abbiamo attaccato un MATTO, ohoho

Ohi issiamo Ehiee

questo palo da festa ohoho

cuccagna grossa ohoho

Ges Cristo in coffa, ohoho

Ohi che cuccagna Ahaaa

che buca il cielo ohoho

ci piove sangue ohoho

il padre nostro piange, ohoho

Rallegratevi, rallegratevi oheee

che abbiamo trovato quel bravo ohoho

che si fatto schiavo ohoho

per vestirci di nuovo, ohoho

Alt, abbastanza: mi sembra che sia ben saldo. Bene, tira fuori i dadi che facciamo una giocata.

Il MATTO - giocando a dadi e a tarocchi ha vinto la tunica di Cristo e la paga dei crociatori.

MATTO - Se volete indietro tutti i vostri soldi io ve li lascio volentieri, compresa la collana, gli orecchini, l'anello... e guarda, ci aggiungo anche questo.

PRIMO CROCIATORE - - E per tutta questa roba cosa vorresti in cambio?

MATTO - Quello l...

SECONDO CROCIATORE - Il Cristo?

MATTO - S, voglio che me lo lasciate staccare dalla croce.

CAPO DEI CROCIATORI - - Bene: aspetta che muoia ed tuo...

MATTO - No, lo voglio adesso che ancora vivo.

PRIMO CROCIATORE - - Oh MATTO - di tutti i matti... vorresti che per giunta finissimo tutti noi quattro al suo posto?

MATTO - No, non aver paura che non vi capiter niente

par ol desturbo... di, daghe una man che aprs at fem l'onur de gigarghe 'na partida a dadi cun ti...

MATTO - Ah bon, se a l' par 'na partida no me tiri miga indr! Sont gi su la scala, varda... a pod scomenz!

PRIMO CROCIATORE - - Brao! Sem a l'orden toti...? 'ndem alora, rzem insema, me aricomandi... un strep longo a la volta, Av dag ol temp:

Ohj izaremo Ehiee

sto penon de nave ohoho

par fag de drapo ohoho

gh'em tacad un mato. ohoho

Ohj izaremo Ehiee

sto palon de festa ohoho

cucagna grosa ohoho

Ges Cristo in cofa. ohoho

Ohi che cucagna Ahaa

che la sbusa ol cielo ohoho

ag piove sangue ohoho

patre nostro ol plange, ohoho

Legrive, legrive Ehee

ch'em trovat chelo bravo ohoho

c'ol s' fat s'ciavo ohoho

par vestirghe da novo. ohoho

Loeu, a l' as; me par che ol stevia ben franco, Bon... alora tra' foera i dadi che fem sta ziogada.

Il MATTO - giocando ai dadi e a tarocchi ha vinto la tunica di Cristo e le paghe dei crociatori.

MATTO - Oh se vorst toti indr i vost palanchi, mi a ve i lasi de voluntera, cumpres la culana i uregit, l'anelo... e varda, ag tachi anc'mo quest.

PRIMO CROCIATORE - - E par tta sta roba cus te vorareset in scambi?

MATTO - Quel l...

SECONDO CROCIATORE - Ol Cristo?

MATTO - S, voeri che m'ol lasi stacal via de la crose.

CAPO DEI CROCIATORI - - Bon: pecia c'ol meura e a l' to...

MATTO - No, mi ol voeri ades che l' anc'mo vivo.

PRIMO CROCIATORE - - Oh mat de tti i mati... at voreste che de contra a gh'abium de sfurn inciodat tuti nnc e quatar al so rempiaz?

MATTO - No, no averghe pagura, che no av capitar nagota a voi: baster che attacchiamo un altro al suo posto, uno della sua misura, e vedrete che non si accorger nessuno dello scambio... tanto sulla croce ci assomigliamo tutti.

PRIMO CROCIATORE - - Questo anche vero... scorticato in questa maniera poi, che sembra un pesce in graticola...

CAPO DEI CROCIATORI - - Sar anche vero, ma io non ci sto. E poi chi avresti in mente di attaccarci al suo posto?

MATTO - Il Giuda!

CAPO DEI CROCIATORI - - Il Giuda? Quello...

MATTO - S, quel suo apostolo traditore che si impiccato per disperazione al fico dietro la siepe, cinquanta passi da qui.

CAPO DEI CROCIATORI - - Muovetevi, di corsa, andiamo a spogliarlo che avr ancora in saccoccia i trenta denari del servizio.

MATTO - No, non state a disturbarvi... che tanto quelli li ha buttati via subito in mezzo a un rovo di spini.

CAPO DEI CROCIATORI - - Come hai fatto a saperlo tu?

MATTO - Lo so perch li ho presi io quei denari, uno per uno. Guardate qui che braccia graffiate che mi sono conciato.

CAPO DEI CROCIATORI - - Non m'interessano le braccia, facci vedere questi denari. Ohi, ohi, e tutti d'argento... guarda che belli... come pesano... come suonano...

MATTO - Bene, teneteveli, sono vostri anche quelli, se ci si mette d'accordo per lo scambio. Per me io sono d'accordo...

CAPO DEI CROCIATORI - - Anche noialtri.

MATTO - Bene, allora andate a prendervi subito il Giuda impiccato, che ci penso io a tirar gi il Cristo.

PRIMO CROCIATORE - - E se arriva il centurione e ti trova nel bel mezzo dello scrociamento?

MATTO - Gli dirai che stata una mia pensata, che tanto sono un MATTO - . E che voi non avete nessuna colpa. Ma non state qui a perdere tempo, andate...

CAPO DEI CROCIATORI - - S, s... andiamo, e speriamo che non ci portino sfortuna, questi trenta danari.

MATTO - Bene, fatta. Non mi par neanche vero! sono cosi contento... Ges, tieni duro, che arrivata la salvezza... prendo le tenaglie, eccole. Tu non lo avresti detto, eh Ges, che sarebbe venuto a salvarti proprio un MATTO - ... Ah, ah... aspetta che prima ti legher con questa cinghia, far in un momento... non aver paura che non ti far male, ti far venir gi dolce come una sposa e poi ti caricher a vui: abastar che ag picum su un'olter al so post, vn de la sua taja, e at vedaret che no s'incorger nin d'ol scambi... che intanto s la crose a se insomegen turi.

PRIMO CROCIATORE - - Quest l' anco vera... inscurtegat in sta manera poe, che ol par un pess in gratiroela...

CAPO DEI CROCIATORI - - Ol sar vera, ma mi no ghe stago. E poe, chi ti g'avariat in ment de tacaghe d'ol rempiaz?

MATTO - Ol Giuda!

CAPO DEI CROCIATORI - - Ol Giuda? Quel...

MATTO - S, quel so apostul traditor che ol s' impicat pendt per disperaziun al figo de drio a la sces, sinquanta pas de chi.

CAPO DEI CROCIATORI - - Mueves, de corsa, andem a sbiutal che ol g'avar anc'mo in sacocia i trenta denari d'ol servisi...

MATTO - No, no stt a distrbav... che intant quei i ha btad via de sbet in mez a un rosc de spin.

CAPO DEI CROCIATORI - - 'Me fait a savel ti?

MATTO - Ol sago, imparch i g'ho catat mi quei dinari, vn par vn. Vard chi che brasi sgurbiat che am sunt cunsciat...

CAPO DEI CROCIATORI - - No m'interesa i brazi... faghe ved sti dinari. Ohi ohi, e tti d'arzenti... va' beli... me i pesa, e i sona...

MATTO - Bon, tegnivei, i i voster anca queli, se 'gnit d'acordi d'ol scambi. Par mi... mi ag sont d'acordi.

CAPO DEI CROCIATORI - - Anca nujartri...

MATTO - Bon, alora andit de prescia a torve ol Giuda impicat pendt, che mi ag pensi a tir de baso ol Crist...

PRIMO CROCIATORE - - E se ariva ol zentrion e at cata in d'ol scrusamento?

MATTO - Ag dir che a l' stat una penzada de mi... che poe sont un mato. E che vui non gh'avet colpa niuna. Ma no stit chi a perd ol tempo, andit...

CAPO DEI CROCIATORI - - S, s... andem, e a sperem che no ghe porten rogna, sti trenta dinari.

MATTO - Bon, a l' fada. Ohi, me par gnanca vera: sunt insc cuntento... Ges, tegn dur, che a l' rivad ol salvament... ti e tenaie... ecoe. Ti no l'avareset gimai dit, ah Ges, che ol sarese 'gnd a salvarte impropri un mato... ah ah... pecia che imprima at ligar con sta coreza, ag fagar in un mument... no eghe pagura che no te fagar mal, at fagar 'gnir gi dolze 'me na sposa e poe sulle spalle, che io sono forte come un bue... e via di volata! Ti porter gi al fiume: l ho una barchetta e con quattro palate attraverso il fiume. E prima che faccia chiaro ci troveremo belli come il sole a casa di un mio amico stregone che ti medicher e ti far guarire in tre giorni. Non vuoi? Non vuoi lo stregone?! Bene, andremo dal medico degli unguenti, che un mio amico fidato anche quello. Niente: non vuoi che ti schiodi? Ho capito... hai la convinzione che con questi buchi nelle mani e nei piedi, tutto schiantato nelle legature come t'hanno conciato, tu non sarai pi capace di andare in giro n di imboccarti da solo. Non vuoi stare al mondo a dipendere dagli altri come un disgraziato? Ho indovinato? Non neanche per quello? Oh accidenti... e per quale ragione? Per il sacrificio? Cosa dici? Cosa? Il salvamento? La redenzione... Che cosa straparli? Cosa? Oh poveraccio... sfido io... hai la febbre... senti come scotti... bene, ma adesso ti tiro gi, ti copro bene con la tunica... adesso scusami, se permetti sei un bel testone... non vuoi essere salvato? Vuoi proprio morire su questa croce? S? Per la salvezza degli uomini... Oh, questa da non crederci... e poi dicono che il MATTO - sono io, ma tu mi batti di mille pertiche di lunghezza, caro il mio figlio Ges! Ed io che sono stato a scannarmi giocando alle carte tutta la notte per poi avere questa gran bella soddisfazione... ma sacramento, tu sei il figlio di Dio, no? Io lo so bene, correggimi se sbaglio; bene, dal momento che tu sei Dio, tu lo sai bene il risultato che avr il tuo sacrificio di crepare crocifsso... Io non sono Dio e neppure profeta; ma me l'ha raccontato la smortina questa notte, tra le lacrime, come andr a finire. Dapprima ti faranno diventare tutto dorato, tutto d'oro, dalla testa fino ai piedi, poi questi chiodi di ferro te li faranno tutti d'argento, le lacrime diventeranno pezzetti lucenti di diamante, il sangue che ti sgocciola dappertutto lo scambieranno con una sfilza di rubini luccicanti e tutto questo a te, che ti sei sgolato a parlar loro della povert. Per giunta questa tua croce dolorosa la pianteranno dappertutto: sopra gli scudi, sulle bandiere da guerra, sulle spade, per uccidere gente come fossero vitelli, uccidere nel tuo nome, tu che hai gridato che siamo tutti fratelli, che non si deve ammazzare. Hai gi avuto un Giuda? Bene, ne avrai tanti come at cargar in le spale, che a mi a sont fort me un boe... e via de vulada! At porter gi al fim, che l a g'ho un barchet, e cont quater paladi ol traversum ol fim... E prima che vegna ciaro as truerem beli me ol zol a casa d'un me amiso stregon c'ol te medegar e at fagar guar in tri die. No ti voeret? No ti voeret ol stregon...? Bon, andarem da ol medego onguentari, co a l' un me amigo fidat anca quelo de mi. Ne manco quelo? Se te voeret alora? Nagot... no at voeret miga che at s'ciodi?Ho capit... at g'hait la convinziun che con sti bocci in di mani e in di pie, tt ins'cinc 'n di ligadr 'me t'han cunsciat, no ti ser p capaz de and intorna, ni de imbucat de par zol. No ti vol star al mundo a dipend da i olter 'me un disgraziad? G'ho indovinat? No l' nemanco par quelo? O sacrabiot... e par qual razon donca! P'ol sacrifizi? Se te diset cos'? Ol salvamento? La redenzion... cos te straparlet cosa? O poveraz!.,. asfido mi at g'hait la fever... sent 'me te bujet... Bon, ma ades at tiri gi, at quarci ben con la tonega... ch, perdonam se am permeti, ma at set un bel teston... a vores miga es sarvat? At voeret propri murir su ste trave? s...? Par ol salvament di omeni... Oh, questa a l' de no credarghe!... e poe a i disen che ol mato a son mi... ma ti am bati de mila pertighe a vantagio, caro ol me fol Ges! E mi che a sont stait a scanam a ziogar a e carte tta la note par poe averghe sta gran bela satisfazion! Ma sacragnon, ti at set ol fiol de Deo, no? Mi al cognosci ben, fam la corezion se a sgaro; ben, donca, d'ol mument che ti Deo t'ol savaret ben ol resultat che ol gavar dasp sto to sacrifizi de crepare incrusat... Mi no son deo e nemanco profeta: ma m'l'ha cuntad la smortina sta note, in fra i lagrem, 'me ol 'gnir a furn. In prima at fagarano 'gnir tto indurat, tto d'oro, dal co fino ai pie, dasp sti ciodi de fero i t'ei fagarano tti d'arzento, i lagrem egnarano tocheti sluzenti de diamante, ol sangu che at gota de par tto ol s'ciambierano cont una sfilza di rubini sbarlscenti, e tto quest a ti, che t'hait sgulat a parlag d'la povert. De ginta sta tua croze dulurusa e la picheran in da par tto: sora ai scudi, s e bandere de guera... s e spade a copar zente, 'me i fudes videli... a copare parfin in d'ol nome de ti... ti, che t'hait criat che a semo toti fradeli, che a no se deve masare. Ti g'hait t un Gida giam? me formiche di Giuda, a tradirti, ad adoperarti per incastrare i coglioni! Dammi retta, non vale la pena... Eh? Non saranno tutti traditori? Bene, fammi qualche nome: Francesco il beato... e poi il Nicola... san Michele taglia mantello... Domenico... Caterina e Chiara... e poi... d'accordo, mettiamoci anche questi: ma saranno sempre quattro gatti in confronto al numero dei malnati... e anche quei quattro gatti li tratteranno un'altra volta nello stesso modo che hanno fatto con te, dopo che li hanno perseguitati da vivi. Ripeti, scusa, che questa non l'ho capita. Anche se ce ne fosse uno solo... s, anche un uomo soltanto in tutta la terra degno di essere salvato, perch un giusto, il tuo sacrificio non sar fatto per niente... Oh no: allora sei proprio il capo dei matti... sei un manicomio completo! La sola volta che mi sei piaciuto, Ges, stata la volta che sei arrivato in chiesa mentre facevano mercato e hai cominciato a menare tutti col bastone. Ohi che bel vedere... quello era il tuo mestiere... mica crepare in croce per la salvezza! Oh Signore Signore... mi viene da piangere... ma non crederci, piango d'arrabbiato.

CAPO DEI CROCIATORI - - O Matazone, disgraziato... non l'hai ancora tirato gi quello? Cosa hai fatto fin adesso, hai dormito?

MATTO - No che non ho dormito, ho avuto solo un ripensamento... non voglio schiodarlo pi questo Cristo, meglio che resti in croce.

CAPO DEI CROCIATORI - - Oh bravo! e magari adesso vorresti indietro tutti gli ori e i denari... Ohi che furbastro! Ci hai mandati a fare i facchini, a prenderti questo Giuda impiccato, soltanto per farti una risata? No, caro Matazone! Se tu vuoi indietro la tua roba, te la dovrai vincere di nuovo ai tarocchi! Solo a questa condizione.

MATTO - No, io non ho voglia di giocare, tenetevi pure tutto... denari, ori, orecchini, perch io non giocher mai pi in questa vita. Ho vinto per la prima volta questa notte, e mi bastato... Anche per un uomo solo che ne sia degno vale la pena di morire in croce! Oh se MATTO - ... MATTO - , il figlio di Dio! Bastonare, bastonare tutti, tutti quelli che fanno mercato in chiesa, ladri, truffoni, impostori e furbacchioni. Fuori, bastonare! Bastonare! Bon, ti n'agar tanti 'me furmighe,de Gida, a trarte e a duvrarte par impagnut i cojoni! Dam a tra'.., no vai la pena... Eh? No saran tti traiuri? Bon, fam inqualche nom: Franzesco ol beat... e poe ol Nicola... san Michel taja mantel... Domenic... Catarina e Clara... e poe... d'acordo, metmeg anca questi: ma i saran semper quater gatt in cunfrunta al nmer di malnat... e anco quei quater gatt i se trovaran n'altra voelta compagni che i t'han fait a ti, dopo che i g'avaran schischiadi de vivi. Ripet, scusa, che questa no la g'ho capida... Anca se an fdese vn zol... si anca un omo dum in tuta la tera degn d'es salvad imparch ol un giusto, ol to sacrifizi n'ol sar stait fait par nagot... Oh no: no, alora no gh' pi speranza, at zet impropi ol cap di mat... at set un manicomi intrego! La zola voelta che ti me g'ha piazdo, Jesus, l' stait la voelta che set rivat in gesa che i fasevan mercat e t' scomenz a sfrunt tti col bastun. Ohi che bel ved... quel l'era ol to mest... Miga ol crep in crose par ol salvamento! Oh Segnor Segnor... am vegn de piang... a no crderghe, a piangi d'inrabit...

CAPO DEI CROCIATORI - - Ohi Matazon, disgraziat! No tl'hait anc'mo tir a baso a quel? S't'hait fait cos' infina adeso, a t'hait dormit?

MATTO - No che no g'ho dormit... g'ho t dum un ripenzament... A no vojo s'ciodarlo pl sto Cristo... a l' mejor ch'ol resta in crose.

CAPO DEI CROCIATORI - - Oh bravo, e magara adeso at vorareste indrio tta la cavagna di ori e di dinari... ohi che furbaso! ti g'ha mandadi a fare i fachini a torte sto Gida impicat sojamente par farte 'na ridada? No, caro Matazon! Se ti voi indrio la tua roba, at la duart venzer de novo a i tarochi! Justa... a sta zola condizion.

MATTO - No, mi no g'ho voia de ziogar. Tegneve 'mpure tto... dinari, ori, oregini, che mi no ziogar gimai pl in sta vita... Ho vinzut par la prema voelta sta note, e me g'ha bastat... Anco par un omo zol col sebia degno ol val la pena de morir in croze! O se l' mato... l' mato, ol fiol de Deo! Pic, pic tti, l'era ol to mest, tti quei che fan mercat in gesa: lader, balos, impustur e frbacioni: foera, pic, pic!

PASSIONE MARIA - ALLA CROCE

DONNA - Andate a fermarla, sta arrivando la sua mamma di lui, la beata MARIA - , non fateglielo vedere incrociato com' che sembra un capretto scorticato che cola sangue a fontanella dappertutto come una montagna di neve in primavera, per questi gran chiodi che gli hanno piantato nelle carni delle mani e dei piedi, in mezzo alle ossa forate.

CORO - Non fateglielo vedere! Lei non si vuole fermare... arriva correndo disperata sul sentiero che in quattro non la possiamo tenere.

UOMO - Se in quattro non la tenete, provate in cinque e in sei... lei non pu venire, non pu guardare questo figlio intorcigliato come una radice di olivo mangiata dalle formiche.

altra DONNA - Nascondetegli, copritegli almeno la faccia al figlio di Dio, che non possa riconoscerlo la sua mamma... le diremo che il crocefisso un altro, un forestiero... che non suo figlio di lei.

DONNA - Io credo che anche se lo facciamo coprire tutto con un lenzuolo bianco il figlio di Dio, la sua mamma lo riconoscer... basta che gli spunti fuori un dito di un piede o un ricciolo dei capelli, perch glieli ha fatti lei, la sua mamma, quelli.

UOMO - Viene... gi qui la beata MARIA - ... le farebbe meno dolore ammazzarla col coltello, piuttosto che lasciarle vedere il figlio! Datemi un sasso per tramortirla di colpo, che si rovesci per terra (cos) che non possa guardare...

altro UOMO - State quieti, fatevi in l... o povera DONNA - , che la chiamate beata... e come pu essere beata con questa decorazione di quattro chiodi che gli hanno conficcato nella carne dolorosa, e ribattuto che uguale non si farebbe a una lucertola velenosa o ad un pipistrello?

DONNA - State quieti, trattenete il fiato che adesso questa DONNA - l'ascolterete gridare a tutta voce, come

PASSIONE MARIA ALLA CROCE

DONNA - And a fermarla... l' rent a 'gn la soa mama de l, la beata MARIA - , no faghel vard incrusat 'me l' che ol pare un cavrett inscortegat che cola sangui a fontanela par ttt 'me na muntagna de nev in primavera per sti gran ciodi che g'han picat in ti carni di man e di pie intrames a i osi sfur...

CORO - No feghel vard! E no la se vol ferm... a la vegne corendo desesperada in sl senti che in quatro no la podemo tegnir...

UOMO - Se in quatro non la tegn, prov in sinque e in sie... ei no la pol vegn, no la pol vard sto fiol intorseg cumpagn 'me 'na radis d'oliva magnada di furmighi...

ALTRA DONNA - Quarceghe, covrighe almanco la facia al fiol de Deo, che no 1' posa arecugnosarlo la soa mama... ag dirm che l'incrusat l' un oltar, un foresto... che no l' ol so fiol de l!

DONNA - Mi a creo che puranco al femo quarci ttt con un linzol bianco, al fiol de Deo, la soa mama ol recognuser... abasta che ghe sponta de fora un dit d'un pie o un rizzul dei cavej, imperch la g'l'hait fait le, la sua mama, quei.

UOMO - La vegn... l' ch loga la beata MARIA - ... ag faria men dulor masala de cultel, pitost che lasag ved ol fioll! Dem un sass de trasmurtila d'un bott, che la se ruersa per tera, che no la poss vard...

ALTRO UOMO - Stet quacc, fev in l... oh povra dona che la ciamit beata... e cum la pol es beata con sta decurasion de quatro ciodi che g'han picat in de la carna dolorosa a rabatun, cumpagn che a no s'faria a una lserta venenusa o a un scurbatt?

DONNA - Sti quacc... mantegni ol fiat che adess sta dona la scoltar cri de toeta vos, compagn s'l'aves squartada se l'avesse squartata il dolore, sgraziata: dolore di sette coltellate da spaccarle il cuore.

UOMO - Sta l ferma, non dice niente... fate che pianga almeno un po'! Fatela gridare, che debba scoppiare questo gran magone che le soffoca la gola!

ALTRA DONNA - Ascoltate questo silenzio, che gran fracasso che porta; e non serve coprirsi le orecchie. Parla, parla, di' qualche cosa MARIA - ... oh, ti prego!

MARIA - Datemi una scala... voglio salire vicino al mio bene. Mio bene... oh, mio bello smorto figlio di me (mio), stai tranquillo mio bene, che adesso arriva la tua mamma! Come ti hanno combinato questi assassini, macellai: maledetti, porci rognosi! Venirmi a conciare il figlio in questa maniera! Cosa vi aveva fatto questo mio tontolone, d'averlo cosi in odio, da (essere) farvi tanto canaglie con lui... ma mi cadrete nelle mani: a uno a uno! Oh, me la pagherete, anche se dovessi venirvi a cercare in capo al mondo. Animali bestie disgraziati!

CRISTO - Mamma, non stare a gridare, mamma.

MARIA - S, s, hai ragione... perdonami mio bene, questo baccano che ho fatto e queste parole da arrabbiata che ho detto, che stato questo stretto dolore di trovarti imbrattato di sangue, spezzato qui, su questa trave, denudato, di botte pestato... bucato nelle mie belle mani cosi delicate, e i piedi... oh, i piedi, che gocciolano sangue, goccia a goccia... oh, dev'essere un gran male!

CRISTO - No mamma, non stare a preoccuparti... adesso, te lo giuro non sento pi male... mi passato... non sento pi niente, va' a casa mamma, ti prego, va' a casa...

MARIA - S, s, andremo a casa insieme, vengo su, a tirarti gi da queste travi, cavarti fuori i chiodi piano, piano. Datemi una tenaglia... venite a darmi una mano... aiutatemi qualcuno...!

SOLDATO - Ehi, DONNA - , cosa fai lass sopra alla scala? Chi ve l'ha dato il permesso?

MARIA - mio figlio di me che avete incrociato (crocefisso)... voglio schiodarlo, portarlo con me, a casa...

SOLDATO - A casa? Ohi che premura, non ancora frollo abbastanza, o santa DONNA - , non ancora ben stagionato! Bene, appena tira gli ultimi vi faccio un fischietto, e venite a prenderlo bello che impacchettato il vostro caro giovane... Contenta? Venite gi adesso...

MARIA - No che non vengo! Non lascer passare qui, in questo luogo la notte a mio figlio, da solo, tutto solo a morirmi. E voi non potete farmi questa prepotenza, ch io sono la sua mamma di lui, sono la sua mamma, io! ol dulor, 'sgrasiada; dulor de sete culteladi a spacag ol cor...

UOMO - La est li ferma, la dis nagot... Fit che la piangia almanco un poc! Fila criar, ch'el s'abia de s'ciopar sto gran magon che ghe sufga ol goz.

ALTRA DONNA - 'Ntendiu, stu silensi che gran frecass ghe mena; e nol val cuerciase i uregi. Parla, parla: dig quai coss, MARIA - ... ohi te pregit.

MARIA - Dime 'na scala... a voi montarghe a rema al me nann... Nan, oh '1 me belo smorto fiol de mi, stait seguro, me ben, che 'des la riva la toa mama... Come i t'han combinat sti assasit becari. Maleditt purscel rugnusi! 'Gnim a cunsciam ol fiol de sta manera! Cosa ol 'veva fait, sto me tarloch, de vghel insc a scann de fav tanto canaja con l... Ma am burleri in ti mani; a vn a vn! Oh m'la pagar, anc' duarisi 'gniv in cerca in capp al mund, 'nimal besti sgrasi!

CRISTO - Mama, no stat a criar, mama.

MARIA - S, s, at gh'et rason... pardnam, ol me nan, sto burdeleri c'ho fait e sti parol d'inrabit che hu dit, ch'l' stait stu strench dulur de truvate impatacat de sangu, s'ciuncat ch loga s ste trave, sbiutat, de bott pest... sbus in de' i me bej man si delicat, e i pie... oh i pie, che gota sangu, gota a gota... ohj che dua es gran mal!

CRISTO - No mama, no sta' a casciat... des, t'el giri, no senti p mal... ol m'ha pasat. No senti p nagota, va' a ca' mama, te pregi... va' a ca'!

MARIA - S, s anderem a ca' insema, 'egni s, a tirat gi de ste trave... cavarte fora i ciodi piano pian... dm un tenaj... 'gnirn a dam 'na man... aidm quaicn...

SOLDATO - Ehi dona, o s'te fait l loga de sorava a sta scala? chi v'l'ha dait ol parmes?

MARIA - A l' ol me fiol de mi ch'avit incrusad... al voi s'ciodal, purtal cun mi a ca'...

SOLDATO - A ca'? Ohj che premura, no l' anc'mo froll as, o santa dona, no l' anc'mo ben stagionat. Boj, 'pena che ol tira i ltem, av fo un fs'cet e gni a teul bela che impachet, ol vos car zovin... cuntent? 'Gni' gi 'des.

MARIA - No che no' vegni, no' lasar pas ch loga la nott ol me fiol de per l suleng a murime! E vui no podi miga fam sta preputensa, che mi a son la sua mama de l, son la sua mama, mi!

SOLDATO - Bene. Adesso me le hai gonfiate a sufficienza, cara la mia mamma di lui: faremo come quando si scrollano le mele, volete vedere? Dar una bella scrollata a questa scala: e verrete gi a tonfo come una bella pera matura.

CRISTO - No! Oh, ti prego, soldato, che sei buono e caro! Fai a me quello che vuoi: scrolla la croce fino a lacerarmi le carni delle mani e le ossa, ma alla mia mamma... ti prego, non farle male.

SOLDATO - Avete sentito, cara mia padrona, quante sono le ore? Cosa devo fare? Per me lo stesso lavoro: o scendete voi, e in fretta da questa scala, oppure io scrollo la croce.

MARIA - No, no... per carit... aspettate che sono gi gi... guardate, sono qui ai piedi della scala.

SOLDATO - Oh, l'avete capita alla fine questa ballata, o DONNA - benedetta... e non guardatemi con questi occhi da bruciarmi: io non ho colpa alcuna, se il giovane si presa questa posizione scomoda di stare con le braccia allargate... oh che non ho pena di voi? che non conosco io, il luccichio di lacrime sanguinanti che vi sudano gi dagli occhi? ben questo un dolore di MADRE - ! Ma non ci posso far niente, che io sono comandato che vada fino all'ordine questa condanna, sono condannato a farvi morire il figlio, o bene altrimenti, lass, me attaccheranno, con gli stessi suoi chiodi.

MARIA - O buon SOLDATO - cortese, tenete, vi faccio un presente di questo anello d'argento, e di questi orecchini d'oro... tenete, in cambio di un piacere che mi potete concedere.

SOLDATO - Quale sarebbe questo piacere?

MARIA - Di lasciarmi pulir via il sangue, a mio figlio, con un po' d'acqua e uno straccio, di dargliene un po' per inumidirgli le labbra spaccate dalla sete...

SOLDATO - Niente di pi di queste sciocchezze?

MARIA - Vorrei anche che prendiate questo scialle e andiate sopra la scala a metterglielo attorno alle spalle, di sotto le braccia, per aiutarlo un po' a restare attaccato alla croce...

SOLDATO - O DONNA - , gli volete male al vostro giovane dunque, se lo volete mantenere pi a lungo in vita a farlo soffrire di questi tremendi dolori. Nei vostri panni, farei in modo che morisse subito al pi presto, io!

MARIA - Morire? Dovr giusto venire morto questo caro mio dolce? MORTE - le mani, morta la bocca e gli occhi... morti i capelli?... Ohi, che mi hanno tradita... Oh Gabriele, giovane dalla dolce figura, con la tua voce da viola innamorante, per primo tu, tu mi hai tradito da truffatore: sei venuto a dirmi che

SOLDATO - Bon! 'Des me t'l'hait sgionfade a sufficit, ohj cara la mia mama de l: agh farem com quand a's croda i pomi, voj vedar? agh' dar na bela scurlada a sta scala, e 'gnir gi de stnfete 'me un bel perot margu.

CRISTO - No, oh te pregi, soldat, che ti bon e caro! Fame a mi quel che ti vol: scorla la crose de me scarparme i carni e le man e i osi, ma a la mia mama... te pregi, no farghe mal!

SOLDATO - Hait sentit, la mia patrona, quant inn i ur? As g'ho de f? Per mi l' ol stess laoro: o sciabat vui, e de presia, de sta scala, o mi scorli la cruse...

MARIA - No, no... per carit... pec che son gi gi... vard son ch abas la scala.

SOLDATO - Oh! l'intendu al termin sta balada, o dona benedetta... E no' vardi a mi, cun sti ogi a brsatm, che mi no ghe n'ho colpa niuna se ol zovin ol s'ha catat sta posision iscomuda de stag coi brasc slargadi... ohj che no g'ho pena de vui? che no cognosi mi, l'isbarlusci di lagreme sanguagnenti ch'av sda gi di ogi? Sa l'ha estu on dulor de madri! Ma ag podi fag nagot... che mi sont comandat che vaga fina a l'orden sta cundana, sont condanat a fav muri ol fioll, o ben, de cuntra, l loga, me picheran su mi co' i stes so ciodi.

MARIA - O bon suldat curtes, tegni, av fo un presenti de quest'anel d'argenti, e de sti uregiti d'ori... tegn, in cambi d'un plager ch'am podit cunced.

SOLDATO - Ol saria stu plager?

MARIA - De lasm netg via ol sangu, al me fiol, cont un poc d'acqua e un strasc, de daghen un poc de 'nbiasegass i lavri s'cepat d'la set...

SOLDATO - Nagot de p che sti cialadi?

MARIA - Vuraria anc'mo che cati stu scial e andit de suravla a la scala a metighel inturna a i spale de sota a i brasc, de aidi un poc a st tacat a la cruse...

SOLDATO - O dona, ag vurst mal de cuntra al vost zovin donca, s'ol vurst guarnal p loga in vita a fal sgran di sti tremend duluri. Al pagn de vui, faria mest ch'ol moera sbet al pi presti, mi!

MARIA - Muri? Ol duvr gista 'gn morto sto car me dolce? MORTE - le man, morta la boca e i ogi... morti i cavej?... Ohj, che m'han tradit... Ohj Gabriel, zovin de dulza figura, con la toa vose de viola inamorosa p'ol prim ti, ti m'hait tradit de malorgnon: te set 'gn a dime che sarei diventata Regina io... e beata, felice, in testa a tutte le donne! Guardami, guardami qui come sono a pezzi e sfottuta, l'ultima DONNA - al mondo mi sono scoperta! E tu... tu lo sapevi nel portarmi l'annuncio che fa sciogliere dalla commozione, di farmi fiorire nel ventre il figlio, che sarei diventata di questo bel trono Regina! Regina con il figlio gentile e cavaliere con due speroni fatti con due gran chiodi piantati nei piedi! Perch non me lo hai detto prima del sogno? Oh, io, stai sicuro, io non avrei voluto essere riempita, no, giammai a questa condizione, anche se fosse venuto il Dio padre in persona e non il piccione colombo suo spirito beato a maritarmi...

CRISTO - Mamma, o che il dolore ti ha fatto diventar matta che bestemmi? Che dici cose senza cognizione? Portatela a casa, fratelli, prima che abbia a rovesciarsi l, riversa e stravolta.

UOMO - Andiamo MARIA - , fate consolato (contento) il figlio di voi, lasciatelo in pace.

MARIA - No che non voglio! Perdonatemi... lasciatemi stare qui vicino a lui, che non dir pi neanche una parola contro suo Padre, contro nessuno. Lasciatemi... oh, fate i buoni!

CRISTO - Ho da morire, mamma, e faccio fatica! Ho da lasciarmi andare, mamma, consumare il fiato che mi mantiene (in vita)... ma con te qui vicino che ti strazi non sono capace, mamma... e faccio pi fatica...

MARIA - Ti voglio aiutare, mio bene, oh, non cacciarmi via! Fa' che ci soffochino insieme, MADRE - e figlio, che ci mettano abbracciati tutti e due in una tomba sola!

SOLDATO - Ve l'ho detto, sacra DONNA - ! Non c' che un mezzo se volete farlo contento: ammazzarlo di colpo!,.. Voi prendete svelta quella lancia laggi appoggiata, noi soldati faremo finta di non starci con gli occhi (di non guardare), andate di corsa sotto la croce e piantategli con tutta forza, di punta, la lancia nel costato, a fondo nel gozzo, e, di l a un momento, vedrete, si schianta il CRISTO - e va a morire. (La MaDONNA - cade a terra). Cosa vi succede? Com' che svenuta se non l'ho neanche toccata?

UOMO - Allungatela l... fate piano... e andate via d'attorno, che abbia a prender fiato...

DONNA - Qualche cosa per coprirla, che ha i tremiti del freddo...

ALTRO UOMO - Io ho dimenticato il mio mantello...

UOMO - Fatevi in l, aiutatemi ad allungarla...

ALTRO UOMO - E adesso state quieti e lasciatela riposare. saria gn Rejna mi... e beata, jucunda a cap de toeti i doni. Vrdum, vrdeme ch loga me sont a tochi e sberlsciada, l'ultima dona al mundo me sont discoverta! E ti... ti ol savevi in del purtame ol nnzi deslinguent de fam fiur in t'el ventar ol fiol, col sares gn a sto bel tron Rejna! Rejna col fol zentil e cavajer con doj speroni fait con doj gran ciodi impiantat ai pie! Perch no te m'l'hait dit avante ol sogn? Oh mi, te sta' seguro, mi no avaria vorsdo ves pregnida, no gimai a sta cundision, teut-anc fss gn el Deo patre in t' la persona, e no el piviun colombo so spirito beat a maridame...

CRISTO - Mama, o che ol dulur ol t'hait trat fra mata che ti biasterni? Che diset robe senza cognizion?... Menila a ca', fradeli, prima che l'abia a rabatarse l ruersa e strepenada.

UOMO - 'Ndem MARIA - , fait consulat ol fiol de vuj, lasel in pase.

MARIA - No, che no voj! Perdoneme... lasme ist ch loga arenta de l, che no dir p nanca na parola incontra de so patre, incontra de njuno. Lasme... oh feite bon!

CRISTO - Hoi de muri, mama... e fag fadiga. Hoi de lasarme andar, mama, sconsurnar ol fiat che me mantegne... ma con ti ch loga a pres ch'at strazii, no son capaze, mama... e fo p gran fadiga...

MARIA - Te voj aidar, me ben, oh no casarme via! Fait che ne sofega insema matri e fiol e che ne mett imbrasat toecc e doj in una tomba sola.

SOLDATO - V'l'ho dit, oh sacra dona! Ghe n' che un mezi, se ol vurs fai contentu: rnasl de bota. Vuj: cateve in prescia quela lanza l loga impugiada, nnc suldat a farem mostra de miga stag co' i ogi... 'ndit de corsa sota via la crose e pichghe a tt pic de punta cun la lanza in del custat a fund in dol gozz, e de l a un mument, vedrt, se s'ciunca el Crist, e ol va a murir. (La MaDONNA - cade a terra) O s' ve pasa? O s'l' svegnuda che no l'ho gnanc tucada?...

UOMO - Slonghela lil... fait pian... e 'nde via d'intorna che la g'abia a tor fiat...

DONNA - Quajcosa de recuvrirla... ch'la g'ha i tremuri del frecc...

ALTRO UOMO - Mi g'ho desmentegat la mia gabana.

UOMO - Fev in l, aidme e slungala.

ALTRO UOMO - E adess stiv quacc, lasela repus,

MARIA - (come in sogno) Chi sei laggi, bel giovane, che mi sembra di riconoscerti? Cos' che vuoi da me?

DONNA - Va sonnambula (parla nel sonno), DONNA - smarrita... ha le visioni...

GABRIELE - GABRIELE - , l'ANGELO - di Dio, sono io quello, vergine, il nunzio del tuo solitario e delicato amore.

MARIA - Torna ad allargare le ali, GABRIELE - , torna indietro al tuo bel cielo gioioso, che non hai niente da fare in questa schifosa terra, in questo tormentato mondo. Vai, che non ti si sporchino le ali dalle piume colorate di gentili colori... non vedi fango e sangue, sterco di vacca, tutto una cloaca? Vai, che non ti si spacchino le orecchie tanto delicate con questo gridare disperato e i pianti e l'implorare che cresce da ogni parte. Vai, che non ti si consumino gli occhi luminosi nel rimirare piaghe, croste e bubboni, e mosche e vermi fuori dai morti squarciati. Tu non sei abituato, che in paradiso non ci sono rumori n pianti, n guerre, n prigioni, n uomini impiccati, n donne violate? Non c' n fame, n carestia, nessuno che suda (per il lavoro) a stancarsi le braccia, n bambini senza sorrisi, n madri smarrite e scure (per il dolore), nessuno che peni per pagare il peccato (originale) vai, Gabriel, vai...

GABRIELE - - DONNA - addolorata... che perfino nel ventre t'ha strappato il patimento, oh, io lo conosco chiaramente questo tormento che ti ha preso guardando il Signore giovane Dio inchiodato... In questo momento vengo a conoscerlo anch'io (al) pari di te.

MARIA - Lo conosci al pari mio, pari a me? L'hai avuto tu, GABRIELE - , nel ventre ingrossato, il mio figlio? Hai morso tu le labbra per non gridare di dolore nel partorirlo? L'hai nutrito tu? Dato il latte dalla mammella tu, GABRIELE - ? Hai sofferto tu, quando stato ammalato con la febbre, le macchie della rosolia e le notti in piedi a ninnarlo (quando) che piangeva per i primi denti? No, GABRIELE - ? Se non hai provato queste bagatelle, non puoi parlare d'avere il mio dolore in questo momento...

GABRIELE - - Hai ragione, MARIA - ... perdonami questa presunzione, che me l'ha dettata lo strappacuore che ho dentro (tanto) che mi figuravo di essere in cima ad ogni patimento. Ma io vengo a ricordarti che sar proprio questa tua canzone, pianta senza

MARIA - (come in sogno) Chi set lil, bel zovin, ch'am par aricugnuset? Cos l' che at voit de mi?

DONNA - La va in strambula, dona smarida... La g'ha i visiun...

GABRIELE - - Gabriel, l'angiol de Deo, sont mi quelo, vergen, ol nnzi d'ol to solengo e delicat amor.

MARIA - Torna a slargat i ali, Gabriel, torna indr al to bel ciel zojoso che no ti g'ha niente a far ch loga in sta sgarosa tera, in stu turmento mundo. Vaj che no te se sburdga i ali de piume culurade 'e zentil culuri... no ti vedi fango e sangu e buagna, mest e la spsenta d'partto? Vaj, che no te ne sbreghi i oregi tant delicat co sto criar desasperato e i plangi e ol plorar che crese in omnia parte. Vaj, che ne te se sconsuma i ogi lminosi a remerar piaghe e croste e bugnoni, e mosche e i vermeni fora dai morti squarciadi. Ti no t' abituat, che in d'ol paradis no g'hai rumor ni plangi, n guere, ni preson, ni omeni impicadi ni done violade!... No gh' ni fam, ni carestia, njuno che sda a stracabrasci ni fiol sanza surisi, ni madri smaride e scurade, njun che pena per pag ol pecat! Vaj, Gabriel, vaj...

GABRIELE - - Dona indulurada... che fin 'n'd'ol venter t'ha scarpada ol patiment, oh, mi ol cognosi ciaro sto turment che t'hait catat mirand ol segnor zvin deo inciudat... in sto mument 'egni a cognusel anc mi, de pariment.

MARIA - Ol cognoset de pariment... de pariment a mi? Ah l'hait ti, Gabriel, in dol venter gros, al me fiol? At n' sgagniat ti i labri par no criar di dulri 'nd'ol parturl? At l'hait nutregat ti? Dait de teta ol latt, ti, Gabriel? Hait soffreg ti, quand l' stait malad con la fever, i macc de la rosolia e i noti in pie a ninl c'ol piangeva pei prem denci? No. Gabriel, si no hait scuntat ste bagatele, no podet parla d'aveg ol me dolori in sto mument.

GABRIELE - - At gh'hait reson, MARIA - ... perdoname sta presonzion, che m'l'ha g'ha detat ol strapacore che g'ho in de dentro, che m' figrava ves in punta o omnia patiment. Ma mi egni recurdat che ol sar propi sta tua canzon voce, questo lamento intonato senza singhiozzi, questo sacrificio tuo e del caro figlio di te che far squarciare il cielo, che possano gli uomini riversarsi per la prima volta in paradiso! plangida sanza vose, sto lamento intonat sanza singlti, sto sacrifizi to e del caro fiol de ti c'ol far squarciarse ol ciel, che poda i omeni reversarse par la prema volta in paradis!

FINE

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