WILLIAM SHAKESPEARE
MOLTO RUMORE PER NULLA
Commedia in 5 atti
Traduzione e note di Goffredo Raponi
Titolo originale: "MUCH ADO ABOUT NOTHING"
NOTE PRELIMINARI
1. Il testo inglese adottato per la traduzione quello dell'edizione dell'opera completa di Shakespeare curata dal prof. Peter Alexander (William Shakespeare - "The Complete Works", Collins, London & Glasgow, 1960, pp. XXXII-1370), con qualche variante suggerita da altri testi, in particolare quello della pi recente edizione dell'"Oxford Shakespeare" curata da G. Welles & G. Taylor per la Clarendon Press, New York, U.S.A., 1994, pp. XLXIX-1274; quest'ultima comprende anche "I due nobili cugini" ("The Two Noble Kinsmen") che manca nell'Alexander.
2. Alcune didascalie sono state aggiunte dal traduttore di sua iniziativa per rendere pi agevole la comprensione dell'azione scenica alla lettura, cui questa traduzione essenzialmente ordinata ed intesa, il traduttore essendo convinto della irrappresentabilit del teatro di Shakespeare sulle moderne ribalte. Si lasciata comunque invariata, all'inizio e alla fine della scena o all'entrata ed uscita dei personaggi nel corso della stessa scena, la rituale indicazione "Entra"/"Entrano" ("Enter") e "Esce"/"Escono" ("Exit"/"Exeunt"), avvertendo peraltro che non sempre essa indica movimenti di entrata/uscita, potendosi dare che i personaggi cui si riferisce si trovino gi in scena all'apertura, o vi restino alla chiusura di questa.
3. Il metro l'endecasillabo sciolto, intercalato da settenari, come l'abbia richiesto al traduttore lo scorrere delle verseggiatura. Altro metro si usato per rendere citazioni, proverbi, canzoni, cabalette o altro, quando sia stato richiesto, in accordo col testo, uno stacco di stile.
4. I nomi dei personaggi sono resi nella forma italiana, quando ne esista il corrispondente: cos Don John reso in Don Giovanni, Balthasar in Baldassarre, Francis in Francesco, Conrad in Corrado, Borracho in Borracio, Hero in Ero. I nomi di Dogberry e Verges, resi rispettivamente in Corniola e Verga, sono del genere dei nomi-appellativi "coloriti" che Shakespeare si diverte ad affibbiare ad alcuni suoi personaggi minori per sottolinearne un qualche tratto caratteristico, fisico o morale; cos anche il paggio del gentiluomo spagnolo Don Adriano si chiama "Mote", che vuol dire "particella di polvere", "bruscolo"; cos il capoguardie si chiama "Dull", che vuol dire "pigro" o anche "ottuso", "tardo a capire"; il villico si chiama "Costard" che il nome di una mela di grandi dimensioni, detto figurativamente di una testa nel senso spregiativo di "zucca".
5. Nel titolo, sembrato pi proprio al traduttore rendere "Ado" per "trambusto", invece che per "rumore" o, peggio "strepito", con il quale questa commedia passata etichettata in Italia per secoli: una commedia che di "rumore" e "strepito" non ha assolutamente nulla, costruita com' tutta su un gioco di duelli verbali, di equivoci, cio da un'agitazione e una confusione pi interna dei personaggi che esterna delle cose.
6. Il traduttore riconosce di essersi avvalso di traduzioni precedenti, dalle quali ha preso in prestito, oltre alla interpretazione di passi controversi, intere frasi e costrutti, dandone opportuno credito in nota.
PERSONAGGI
DON PEDRO, principe d'Aragona
DON GIOVANNI, suo fratello bastardo
CLAUDIO, giovane nobile di Firenze
BENEDETTO, giovane nobile di Padova
LEONATO, governatore di Messina
ANTONIO, suo fratello
Un figlio di Antonio
BALDASSARRE, musico al servizio di Don Pedro
BORRACIO
uomini al servizio di Don Giovanni
CORRADO
FRATE FRANCESCO
CORNIOLA, bargello
VERGA, poliziotto
PRIMA GUARDIA
SECONDA GUARDIA
LO SCRIVANO DELLA CITT
UN SACRESTANO
UN SIGNORE
ERO, figlia di Leonato
BEATRICE, sua cugina, nipote di Leonato
URSULA
cameriere di Ero
MARGARET
Musici - Guardie - Gentiluomini - Servi - Persone del seguito
SCENA: Messina, al tempo della dominazione spagnola.
ATTO PRIMO
SCENA I - Messina, davanti alla casa di Leonato.
Entrano LEONATO, ERO e BEATRICE; viene loro incontro un MESSAGGERO che consegna un plico a Leonato.
LEONATO -
(Leggendo)
Questo messaggio annuncia che Don Pedro
sar a Messina questa sera stessa.
MESSAGGERO -
Non dovrebb'essere molto distante:
era a tre leghe quando l'ho lasciato.
LEONATO -
Quali perdite d'uomini di rango
avete sopportato, in quest'azione?
MESSAGGERO -
Poche in complesso, direi, e nessuna
di uomini di massimo rilievo.
LEONATO -
due volte vittoria,
quando chi vince si riporta a casa
quasi del tutto intatte le sue forze.
Leggo anche qui che il principe, Don Pedro,
ha profuso anche una quantit di elogi
a un giovin fiorentino, un certo Claudio.
MESSAGGERO -
Assai ben meritati,
del resto, e da Don Pedro giustamente
dispensati, perch quel giovanotto
s' dimostrato assai miglior soldato
di quanto promettesse l'et sua,
combattendo davvero da leone
nell'apparente sua veste d'agnello;
anche al disopra, a dir la verit,
del meglio che di lui si possa dire.
LEONATO -
Ha uno zio qui a Messina,
che, son sicuro, sar felicissimo
di tutto questo.
MESSAGGERO -
Oh, sicuramente.
Gli ho gi recapitato una sua lettera,
e la gioia, nel leggerla, in quell'uomo
fu cos traboccante,
che, quasi per scusarsi d'esser troppa,
sembrava non trovare, per effondersi,
altro segno esteriore che l'amaro.
LEONATO -
Perch, s' messo a piangere?
MESSAGGERO -
Un torrente di lacrime, signore!
LEONATO -
Gentile traboccare
della piena d'umani sentimenti!
Credo che non ci sia volto pi schietto
di quello che cos si sa lavare.
E quanto meglio piangere di gioia
che gioire a veder piangere gli altri!
BEATRICE -
(Al messaggero)
E, di grazia, c' un tal Signor Gradasso,
fra i reduci di questa spedizione?
MESSAGGERO -
Non conosco nessuno di tal nome,
nei ranghi dell'esercito, in coscienza.
LEONATO -
Di chi gli chiedi notizia, nipote?
ERO -
Eh, lo so io chi intende mia cugina:
il signor Benedetto, il padovano.
MESSAGGERO -
Oh, s, quello tornato!... E, sempre lui,
sempre della sua vena scanzonata.
BEATRICE -
Figuriamoci, il solito smargiasso!
giunto a far affiggere in citt
degli avvisi di sfida per Cupido
a chi sapesse tirar meglio d'arco;
e in risposta, il buffone di mio zio,
s' firmato "Cupido" e l'ha sfidato
al tiro della freccia a punta tonda.(1)
Di grazia, quanti n'ha uccisi e mangiati
in questa guerra? Quanti n'ha ammazzati
in totale? Perch m'ero impegnata
a mangiar tutto ch'egli avesse ucciso.(2)
LEONATO -
Evvia, nipote, ti fai troppo scherno
del signor Benedetto!... Ma sta' attenta,
ch non il tipo quello da incassarlo
s facilmente, e ti risponde a tono.
MESSAGGERO -
S' comportato bene in questa guerra,
devo dire, signora.
BEATRICE -
E come no!
Le vostre vettovaglie
minacciavano di deteriorarsi,
e lui v'ha dato mano a consumarle.
Oh, quanto a stomaco non c' che dire:
egli una validissima mascella!
MESSAGGERO -
un buon soldato, in fede mia, signora.
BEATRICE -
S, buono, in fede vostra... per signora;
ma che, se si trattasse d'un signore?(3)
MESSAGGERO -
Un gentiluomo con i gentiluomini
ed un uomo con gli uomini, signora,
farcito delle pi degne virt.
BEATRICE -
Ecco, "farcito": avete detto bene.
Perch soltanto un tipo ben farcito....
Quanto alla farcia... beh, lasciamo andare!...
Siamo tutti dei miseri mortali.
LEONATO -
(Al messaggero)
Non dovete fraintender mia nipote,
amico; fra ser Benedetto e lei
c' una sorta di guerra permanente
a base di garbate scaramucce;
mai che tra loro, quando son di fronte,
non nasca una schermaglia di parole.
BEATRICE -
Dalla quale lui esce sempre in perdita.
L'ultima volta che ci siam scontrati,
delle sue cinque facolt sensorie
quattro gli s'incepparono del tutto;
e adesso si ritrova governato
per tutta la persona da una sola;
sicch se spirito ancora gli resta
per mantenersi caldo,
dovr esibirlo la prossima volta,
se vuol differenziarsi, in faccia agli altri,
dal suo cavallo, ch al di l di quello
non gli resta pi niente a rivelarlo
un essere pensante. E chi , al momento,
il suo fratello d'armi?
Perch ne cambia, a turno, uno al mese,
giurando a tutti fratellanza eterna.
MESSAGGERO -
Com' possibile?
BEATRICE -
Possibilissimo:
cambia fede con la facilit
con cui cambia la foggia del cappello.
Sempre all'ultima moda.(4)
MESSAGGERO -
Vedo bene, signora,
che il gentiluomo di cui si discorre
non nei vostri libri.(5)
BEATRICE -
Certo, no;
e se lo fosse, brucerei il mio studio.
Ma, di grazia, chi per il momento
il suo compagno? Non c' in mezzo ai vostri
un qualche giovanotto attaccabrighe(6)
che voglia andare al diavolo con lui?(7)
MESSAGGERO -
Si fa vedere spesso in compagnia
del conte Claudio.
BEATRICE -
Oh, Signore Iddio!
Gli si attaccher addosso come un male,
ch contagioso pi della pellagra,
e chi n' preso esce subito matto.
Ah, Dio l'assista quel nobile Claudio!
Se gli si attacca la "benedettite",(8)
gli coster un migliaio di sterline
prima che possa uscirne risanato.
MESSAGGERO -
Far in modo, signora,
di conservarmi la vostra amicizia.(9)
BEATRICE -
Fate un po' voi, amico.
(Esce il messaggero)
LEONATO -
Tu matta non diventerai di certo,
nipote.
BEATRICE -
No, di certo,
fin quando non far caldo a gennaio.(10)
Entrano DON PEDRO, CLAUDO, BENEDETTO
e DON GIOVANNI
LEONATO -
Oh, Don Pedro!
DON PEDRO -
Mio caro ser Leonato!
Ma perch vi prendete tanto incomodo?
Il mondo cerca di evitar le spese,
e voi vi prodigate a dispensarle.
LEONATO -
In casa non venne mai incomodo
nelle sembianze dalla grazia vostra;
l'incomodo, una volta che sia tolto,
si lascia sempre dietro un gran sollievo:
quando partite voi, in casa mia
se ne va anche tutta la lietezza,
e dietro non si lascia che rammarico.
DON PEDRO -
Voi accettate questo vostro peso
con troppo buona grazia...
(Indicando Ero)
Vostra figlia?
LEONATO -
Cos m'ha detto pi volte sua madre.
BENEDETTO -
Avevate, signore, qualche dubbio,
per domandarlo a lei?
LEONATO -
No, signor Benedetto, perch all'epoca
voi eravate ancora un fanciullino.
DON PEDRO -
Toccato, Benedetto...
Ma da questo possiamo indovinare
quello ora che sei, da uomo fatto...
(Volgendosi di nuovo a Ero)
Ma questa giovane tutta suo padre!
Felicitatevi, madamigella,
di somigliare ad un s degno padre.
(Si apparta a discutere con Leonato, mentre Claudio si apparta con Ero)
BENEDETTO -
Sia pur suo padre il signor Leonato,
lei non vorrebbe avere sulle spalle
sicuramente la testa di lui
per tutte le ricchezze di Messina.
BEATRICE -
Mi meraviglio, signor Benedetto,
che abbiate tanta voglia di parlare:
qui nessuno v'ascolta.
BENEDETTO -
Oh, la mia cara madonna Disdegno!
Com', madonna, siete ancora viva?
BEATRICE -
Come potrebbe morire il Disdegno
quando ha tal cibo per alimentarsi
quale ser Benedetto?
La stessa Cortesia, in sua presenza,
si fa disdegno, obbligatoriamente.
BENEDETTO -
Sar una cortesia voltagabbana.
Eppure certo che a me voglion bene
tutte le donne, voi soltanto no;
e vorrei tanto ritrovarmi in petto
un cuore meno duro,
perch con quello che mi porto dentro,
non ne amo nessuna, in verit.
BEATRICE -
Una fortuna, per tutte le donne!
Altrimenti, chi sa le seccature
con un corteggiatore s importuno!
Io, grazie a Dio ed al mio sangue freddo,
in questo sento proprio come voi:
ai giuramenti d'amore d'un uomo
preferisco i latrati del mio cane
quando vede volare una cornacchia.
BENEDETTO -
Dio vi conservi in tale stato d'animo,
cos che almeno a qualche gentiluomo
riesca di scampar la mala sorte
d'aver coperta di graffi la faccia.
BEATRICE -
I graffi non farebbero una faccia
peggiore di com' gi quella vostra.
BENEDETTO -
Bene, siete bravissima
a insegnare a parlare ai pappagalli.
BEATRICE -
Meglio un volatile con la mia lingua
che un quattro zampe con la lingua vostra.
BENEDETTO -
Vorrei che il mio cavallo
avesse lena di polmoni e passo
come la vostra lingua.
Ma seguitate pure, se Dio vuole,
a coltivar le vostre inclinazioni.
Io ho finito.
BEATRICE -
E voi finite sempre
con uno scarto da cavallo bolso.(11)
Vi conosco da un pezzo!
DON PEDRO -
(Venendo di nuovo avanti con Leonato)
Pienamente d'accordo, Leonato.
Beh, signor Claudio e signor Benedetto,
il nostro amico ci vuole suoi ospiti.
Gli ho detto che ci fermeremo qui
almeno un mese; ed egli mi ha risposto
che spera che succeda un imprevisto
che ci costringa a rimaner pi a lungo.
Posso giurarvi che non ce lo dice
per mera cortesia, ma di gran cuore.
LEONATO -
Potete s giurarlo, monsignore,
non sarete spergiuro.
(A Don Giovanni)
E benvenuto pure a voi, signore;
dappoich siete ritornato in pace
col signor principe vostro fratello,
io debbo anche a voi ogni riguardo.
DON GIOVANNI -
Grazie. Son uomo di poche parole.
Vi dico grazie e basta.
LEONATO -
(A Don Pedro, indicandogli la porta di casa)
Vostra grazia si degni di precedermi.
DON PEDRO -
Qua la mano, Leonato. Entriamo insieme.
(Escono entrando in casa di Leonato,
tutti meno Claudio e Benedetto)
CLAUDIO -
Hai notato la figlia di Leonato?
BENEDETTO -
Notato... beh, diciamo, l'ho guardata.
CLAUDIO -
Non t' parsa una giovane virtuosa?
BENEDETTO -
Me lo chiedi, cos, da galantuomo
per avere un giudizio spassionato,
o vuoi ch'io ti risponda a mio talento,
da nemico giurato del suo sesso?
CLAUDIO -
Ti chiedo solo un tuo schietto parere.
BENEDETTO -
Mah, ti dir, in coscienza: m' sembrata
troppo bassa per una lode alta,
troppo scura per una lode chiara,
troppo piccola per una gran lode.
Quello che posso dirti in suo favore
che s'ella non fosse quel che ,
sarebbe invero assai poco graziosa;
e che, all'incontro, essendo quel che ,
non mi piace.
CLAUDIO -
Va' l, non sto giocando.
Sul serio, dimmelo: ti piace o no?
BENEDETTO -
Eh, che interesse! Te la vuoi comprare?
CLAUDIO -
Comprare!... E basterebbe il mondo intero
per pagare un gioiello come lei?
BENEDETTO -
E con tanto di astuccio di custodia!
Ma mi parli sul serio,
o mi stai recitando la commedia
d'un qualunque burlone gabbamondo
che mi vuol dare a credere
che Cupido un segugio scovalepri
e Vulcano un famoso falegname?
Su che chiave si deve modulare
per intonarsi con la tua canzone?
CLAUDIO -
Ai miei occhi la dama pi soave
ch'essi abbiano mai visto.
BENEDETTO -
Io ci vedo ancor bene senza occhiali,
ma non riesco a scorger tanta stoffa.
C' invece la cugina Beatrice,
che, se non fosse sempre posseduta
da quella sua stizzosit sfrenata,
la sopravanzerebbe in venust
come il Calendimaggio
al paragone del trentun dicembre.
Non avrai mica in testa di ammogliarti!
CLAUDIO -
Se pur avessi fatto giuramento
di non prender mai moglie,
ora sarei restio a mantenerlo,
s'ella accettasse d'essere mia moglie.
BENEDETTO -
Eh, siamo dunque a tanto?... Santo cielo!
Ma davvero non c' pi uomo al mondo
che ricusi di mettersi il cappello
pel sospetto d'aver qualcosa sotto?(12)
Non trover pi mai un uomo scapolo
di sessant'anni? Vacci, vacci pure,
e se proprio non ne puoi fare a meno
di piegare il tuo collo sotto il giogo,
portane addosso il marchio,
e passa le domeniche in sospiri.
Guarda, Don Pedro sta tornando indietro
credo in cerca di te.
Rientra DON PEDRO
DON PEDRO -
Qual segreto v'ha trattenuti qui,
voi due, per non seguirci da Leonato?
BENEDETTO -
Se vostra grazia vuol che glielo dica...
DON PEDRO -
Te l'obbligo, per debito di suddito.
BENEDETTO -
Conte Claudio, hai udito bene:
io so esser segreto come un muto,
ma qui si tira in ballo - l'hai notato -
la mia lealt di suddito...
(A Don Pedro)
Ebbene, questo qui innamorato.
Di chi? - vorr sapere vostra grazia.
Notate com' breve la risposta:
d'Ero, la "breve" figlia di Leonato.(13)
CLAUDIO -
Se cos fosse, segreto svelato.
BENEDETTO -
Eh, questa vecchia favola, signore:
"Cos non ... cos non fu... Davvero?
Dio voglia non che sia..."
CLAUDIO -
... che non sia altrimenti che cos,
se decretato che la mia passione
non muti troppo presto.
DON PEDRO -
Amen, se l'ami:
ch la fanciulla n' del tutto degna.
CLAUDIO -
Dite cos, signore, per scoprire
quali sono i miei veri sentimenti?
DON PEDRO -
In fede mia, t'ho detto il mio pensiero.
CLAUDIO -
Ed io, in fede mia, v'ho detto il mio.
BENEDETTO -
Ed io, in doppia fede, mia e vostra,
gli ho spifferato il mio.
CLAUDIO -
Sento di amarla.
DON PEDRO -
Ed io so, ti ripeto, che n' degna.
BENEDETTO -
In quanto a me, che io non concepisca
che la si possa amare,
e non intenda quanto ne sia degna,
convinzione che mi porto addosso
cos dura e incrostata,
che nessun fuoco potrebbe squagliarla;
ci potrei morir dentro anche sul rogo.
DON PEDRO -
Tu, contro la bellezza femminile.
sei sempre stato eretico ostinato.
CLAUDIO -
Mai, per, da saper tenere il punto
senza far forza alla sua volont.
BENEDETTO -
Che una donna mi abbia concepito,
le rendo grazie; che m'abbia allevato,
parimenti le mie umili grazie;
ma ch'io mi debba poi vedere in fronte
un bel corno da caccia da soffiare,
o immaginar di portarmelo addosso
appeso ad una invisibile soga,(14)
questo tutte le donne, con licenza,
dovranno perdonarmi, no, giammai.
E, dato che non voglio far lor torto
con non fidarmi solo di qualcuna,
mi voglio riconoscere il diritto
di non far fede a nessuna di loro.
E il fine - per il quale potr dire
d'essere un uomo meglio "rifinito" -(15)
vivere la mia vita da scapolo.
DON PEDRO -
Eppure, Benedetto, ti vedr,
prima ch'io muoia, impallidir d'amore!
BENEDETTO -
Di rabbia, forse, o di qualche malanno,
oppur di fame, ma d'amore, no.
Provatemi che io abbia per amore
mai perso sangue pi di quanto m'abbia
rimesso in corpo una buona bevuta;
e io mi lascer forare gli occhi
dalla penna del primo poetastro
autore di ballate, e far appendere
a mo' d'insegna di Cupido cieco
sulla porta del primo lupanare.(16)
DON PEDRO -
Bene, se verrai meno a questa fede
sar davvero un ottimo argomento
da ricavarci sopra una ballata.
BENEDETTO -
Se mai succeder,
mettetemi in un cesto, come un gatto,
appiccato a mezz'aria,
e tirateci su, come a un bersaglio;
e a chi sar s bravo da colpirmi
date una bella pacca sulla spalla
e proclamatelo novello Adamo.(17)
DON PEDRO -
Bene, vedremo. Il tempo galantuomo:
"Col tempo s'aggiog Toro Selvaggio".(18)
BENEDETTO -
Perch era toro, e per di pi selvaggio.
Ma se un giorno vedrete Benedetto,
animale pensante, sotto il giogo,
sradicate le corna in testa al toro,
e conficcatele in fronte a me;
e si faccian di me caricature
vili e infamanti, e ci si scriva sotto,
a grandi lettere quali si vedono
su certe insegne, come per esempio,
"Qui si noleggiano buoni cavalli",
"Qui potete vedere Benedetto,
"l'uomo che prese moglie."
CLAUDIO -
Se questo avesse mai ad avverarsi,
ti vorremmo veder matto-incornato.(19)
DON PEDRO -
Oh, se Cupido non ha sperperato
tutte le frecce della sua faretra
a Venezia, vedrai che un giorno o l'altro
verr anche per te la tremarella.
BENEDETTO -
Venga anche il terremoto, io l'aspetto.
DON PEDRO -
Bene, lo aspetteremo all'ora sua.
Intanto, caro signor Benedetto,
fa' un passo per mio conto da Leonato,
portagli il mio saluto ed assicuralo
che non vorr mancare alla sua cena,
perch davvero ha fatto grandi cose
nel prepararla.
BENEDETTO -
Ho buon motivo anch'io
per compiere una tale ambasceria.
Vi saluto, perci, e vi raccomando...
CLAUDIO -
"... alla cura di Dio... Dalla mia casa
(se n'avessi una).
DON PEDRO -
"Questo d 6 luglio.
Il vostro affezionato Benedetto."(20)
BENEDETTO -
E sfottete, sfottete!
Il vostro motteggiar su certe cose
come un corpo infioccato di fronzoli
malamente imbastiti, che non tengono.
Prima di dare fiato, un'altra volta,
a vecchie formulette chiudi-lettera,
fatevi un po' d'esame di coscienza.
E con ci vi saluto.
(Esce)
CLAUDIO -
Mio sovrano e signore, vostra altezza
potrebbe rendermi oggi un servigio?
DON PEDRO -
Il mio affetto per te tuo discepolo:
non hai che a dirgli ci che deve fare,
ed pronto a imparare la lezione,
quando si tratti di darti una mano
in ogni circostanza, anche difficile.
CLAUDIO -
Leonato ha figli maschi, mio signore?
DON PEDRO -
Non ha altri figli all'infuori di Ero;
ella l'unica erede.
Te ne sei forse innamorato, Claudio?
CLAUDIO -
Oh, mio signore! Quando voi moveste
per questa spedizione ora conclusa,
la riguardai con occhi di soldato,
e mi colp; ma avevo da badare
in quel momento a troppo greve compito
per pensar d'innalzar fino ad amore
quello ch'era soltanto un piacimento.
Ora che son tornato, e dalla mente
mi son passati i pensieri di guerra,
son venuti a occupare il loro spazio
ed in gran folla, dolci desideri
che mi van sussurrando sempre in coro
quanto sia bella Ero,
rammentandomi quanto innamorato
ne fossi prima di partire in guerra.
DON PEDRO -
E, innamorato, sei adesso qui
a stancar con un libro di parole
chi t'ascolta. Se ami la bella Ero,
corteggiala; io parler di te
a lei ed a suo padre; e l'otterrai.
Non era a questo scopo
che avevi incominciato poco fa
a srotolarmi una s bella storia?
CLAUDIO -
Ah, vedo, mio signore,
con quale delicata comprensione
voi venite in soccorso dell'amore!
Questo vuol dir davvero saper leggere
dell'altrui animo l'interna pena!
Per timore che questo mio trasporto
vi potesse apparir troppo improvviso,
mi disponevo a tirarla pi a lungo,
prima di dirvelo... Invece voi....
DON PEDRO -
Invece io... E che bisogno c'
di fare il ponte pi largo del fiume?
Basta fare l'onesto necessario.
Bada sol che s'adatti alla bisogna
quanto ti pu servire, e farlo subito.
La cosa pi importante che tu l'ami,
e io ti trover il rimedio adatto.
So che stasera in casa di Leonato
avr luogo una festa mascherata;(21)
io ci andr mascherato in qualche foggia
che mi permetta di far la tua parte.
Dir alla bella Ero che son Claudio
e terr prigioniere le sue orecchie
con la forza e l'assalto irresistibile
del mio parlar d'amore.
Dopo di che m'aprir con suo padre
e, a conclusione, Ero sar tua.
Mettiamo subito mano al progetto.
(Escono)
SCENA II - Stanza in casa di Leonato
Entrano LEONATO e ANTONIO, incontrandosi
LEONATO -
Ehil, fratello! Dov' mio nipote,
tuo figlio? Ha provveduto per i musici?
ANTONIO -
Si sta appunto adoprando per trovarli.
Ma, fratello, ho da darti una notizia
piuttosto strana, che nemmeno sogni.
LEONATO -
Buona?
ANTONIO -
Secondo che la stampi il tempo;
ma di fuori ha una bella copertina.
Ecco, nel mio giardino,
stavano passeggiando in un viale
il principe Don Pedro e il conte Claudio,
ed un mio servo s' trovato a udire,
non visto, quello ch'essi si dicevano:
ed il principe confessava a Claudio
di amare mia nipote, Ero, tua figlia,
e di avere intenzione, questa sera,
di dichiararsi a lei durante il ballo;
e, s'ella fosse stata consenziente,
di profittare della circostanza
per venirtene subito a parlare.
LEONATO -
Ha un grano di cervello
il servo che t'ha riferito questo?
ANTONIO -
Un ragazzo assennato, molto sveglio.
Te lo faccio chiamare, se tu vuoi,
cos gli puoi parlare di persona.
LEONATO -
No, no; facciamo conto, sul momento,
che sia un sogno, fin che prenda corpo.
Devo comunque informare mia figlia
perch sia preparata a una risposta,
nel caso che la cosa fosse vera.
Anzi, va' tu da lei, diglielo tu.
(Esce Antonio)
Entra il figlio di Antonio con un musico e altri
Nipote, tu sai gi quel ch'hai da fare.
(Al musico)
Oh, amico, prego, vogliate scusarmi,
favorite con me:
avr bisogno della vostra arte.
(Al figlio di Antonio)
Nipote, bada a fare del tuo meglio!
(Escono)
SCENA III - Altra stanza in casa di Leonato
Entrano DON GIOVANNI e CORRADO
CORRADO -
Monsignore, che cosa vi succede?
Vi vedo triste fuor d'ogni misura.
DON GIOVANNI -
Perch fuor di misura la sorgente
da cui questa tristezza scaturisce,
s che si pu ben dire
ch'essa fuor d'ogni umana proporzione.
CORRADO -
Eppur dovreste farvene ragione.
DON GIOVANNI -
E quand'anche? A che pro?
Qual rimedio pu darmi la ragione?
CORRADO -
Se non proprio un rimedio radicale,
almeno una paziente tolleranza.
DON GIOVANNI -
Mi stupisce che uno come te,
nato sotto l'influsso di Saturno,
come tu dici, voglia propinare
un farmaco del tutto spirituale
ad un male che mi corrode il fisico.(22)
Io non so mascherare quel che sono:
devo esser triste quando ne ho motivo,
devo mangiar quando mi vien voglia,
senza aspettare i comodi degli altri;
dormire quando ho voglia di dormire,
senza intrigarmi nelle altrui faccende;
voglio ridere quando sono in vena,
senza scrupolo di poter turbare
l'umore di nessuno.
CORRADO -
Non vi conviene per farne mostra
agli occhi altrui; come ultimamente
vi siete urtato con vostro fratello;
siete stato riammesso, per fortuna,
nelle sue grazie, dove tuttavia
riuscirete male a radicarvi
se non sarete voi stesso ad oprare
per cercar di schiarire l'atmosfera.
DON GIOVANNI -
Meglio rosa canina in mezzo a un rovo,
che rosa maggiolina in grazia a lui!
E meglio si conforma alla mia indole
esser scansato e sdegnato da tutti,
che finger questo o quell'atteggiamento
per cercar di carpir qualche favore.
Perci seppur di me non si pu dire
che sono un bravo, onesto adulatore,
nessuno mi potr negare il merito
d'esser furfante e di mostrare d'esserlo.
Ci si fida di me,
quando ho la museruola e ceppi ai piedi;
e mi si fa quel tanto di franchigia,
a condizione ch'io sopporti i ceppi.
Ma sono ben deciso d'ora innanzi
a smetterla di gorgheggiare in gabbia;
potessi usar la bocca, morderei;
avessi liberi i piedi da muovermi,
vorrei andare dove pi mi piace.
Intanto mi si lasci esser me stesso,
e nessuno pretenda di cambiarmi.
CORRADO -
Che vantaggio vi potr mai venire
da questa vostra grande scontentezza?
DON GIOVANNI -
Il massimo vantaggio,
perch la sola cosa che ho di mio.
Ma chi viene?
Entra BORRACIO
Che novit, Borracio?
BORRACIO -
Vengo da dove in pieno svolgimento
un sontuoso banchetto.
Stanotte il principe vostro fratello
ospite d'onore da Leonato,
e posso dirvi riservatamente
che si sta combinando un matrimonio.
DON GIOVANNI -
Non potrebbe servirci da progetto
per fabbricarci sopra un qualche intrigo?
Chi quello sventato
che vuol votarsi alla tribolazione?
BORRACIO -
Il braccio destro di vostro fratello.
DON GIOVANNI -
Chi? Quello sdolcinato conte Claudio?
BORRACIO -
Proprio lui.
DON GIOVANNI -
Un perfetto cavaliere.
E lei chi ? Su chi ha posato l'occhio?
BORRACIO -
Ero, la figlia-erede di Leonato.
DON GIOVANNI -
Precoce pollastrella marzolina.
E come l'hai saputo tutto questo?
BORRACIO -
Ero occupato a profumar l'ambiente
e ad incensare una stanza ammuffita,
quando vedo arrivare parlottando
a braccetto Don Pedro e il conte Claudio.
Sguscio, vado a nascondermi furtivo
dietro un arazzo, e l, senz'esser visto,
ascolto i due che s'accordano in questo:
il principe avrebbe chiesto ad Ero
la mano, per se stesso,
e, una volta ottenutone il consenso,
l'avrebbe poi passata al conte Claudio.
DON GIOVANNI -
Andiamo, andiamo, seguitemi dentro;
questo pu rivelarsi un nutrimento
per la mia scontentezza; quel pivello
riuscito a sfruttare a suo vantaggio
tutto il merito della mia disgrazia;
se posso seminargli degli intralci
sulla sua strada, me ne andr in sollucchero.
Posso contare in ci sul vostro aiuto?
CORRADO -
Con voi fino alla morte, monsignore.
DON GIOVANNI -
Andiamo allora a questo gran festino.
Costoro sono tanto pi contenti
quanto pi sottomesso mi dimostro.
Ah, se il cuoco che gli prepara i piatti
la pensasse come la penso io!....
Si va a vedere quel che si pu fare?
BORRACIO -
Agli ordini di vostra signoria.
(Escono)
ATTO SECONDO
SCENA I - Stanza in casa di Leonato
Entrano LEONATO, ANTONIO, ERO e BEATRICE
LEONATO -
C'era al banchetto il conte Don Giovanni?
ANTONIO -
Non l'ho visto.
BEATRICE -
Per che faccia acida,
quel gentiluomo! Non posso vederlo,
senza sentirmi i bruciori di stomaco
per tutt'un'ora.
ERO -
Ha addosso un certo umore
che sembra di malinconia congenita.
BEATRICE -
L'uomo che fosse fatto
mezzo di lui, mezzo di Benedetto
sarebbe l'individuo perfetto:
l'uno somiglia troppo a un mammalucco
e non dice mai niente;
e l'altro il coccobello di mamm,
che non sa mai tener la lingua a posto.
LEONATO -
Potremmo allora metterla cos:
a Don Giovanni met della lingua
del signor Benedetto;
e al signor Benedetto la met
della malinconia di Don Giovanni...
BEATRICE -
... ed un paio di gambe ben tornite,
ed un bel piede, zio, e oro in tasca:
uno cos sarebbe proprio il tipo
capace d'espugnare facilmente
la resistenza di qualsiasi donna...
a condizione che le andasse a genio.
LEONATO -
Ho paura che tu, nipote mia,
un marito non lo troverai mai,
se non freni codesta tua linguaccia.
ANTONIO -
Eh, s, in coscienza, un po' troppo scorbutica.
BEATRICE -
"Troppo" scorbutica e "pi che" scorbutica:
vuol dire che il buon Dio mi esimer
da certi suoi regali sulla testa;
perch sta scritto: "Alla vacca scorbutica
il Signore mand le corna corte";
onde, a maggior ragione, a quella vacca
ch' pi scorbutica di tutte l'altre,
le corna, Dio, non gliele manda affatto.
LEONATO -
Sicch il Signore a te, troppo scorbutica,
non manderebbe corna?
BEATRICE -
Eh, gi, perch non mi manda un marito.
Per avere la qual benedizione
io lo prego in ginocchio notte e giorno.
Oh, Signore, un marito con la barba,
francamente non lo sopporterei:(23)
preferirei dormire tra la lana.
LEONATO -
E trvati un marito senza barba!
BEATRICE -
Per che farne? Per poi rimpannucciarlo
nelle mie gonne, per poterlo usare
come dama di compagnia?... Macch!
Uomo con barba pi che uomo giovane,
e uomo senza barba men che uomo:
il pi che giovane non fa per me,
al men che uomo non faccio io per lui.
Perci non mi rimane, a questo punto,
che farmi dar sei soldi in pagamento
da quell'ometto che imbonisce gli orsi
e portargli all'inferno le sue scimmie.(24)
LEONATO -
Che! All'inferno te ne vuoi andare?
BEATRICE -
Solo fino alla soglia,
dove verr a incontrarmi messer diavolo,
cornuto in testa come un vecchio becco,
e dir: "Vattene in cielo, Beatrice,
vattene in cielo, questo non luogo
per voi fanciulle vergini".
E l io gli deposito le scimmie
e me ne salgo in cielo da San Pietro
che mi dir dove sono gli scapoli,
e l bisboccia quant' lungo il giorno.
ANTONIO -
(A Ero)
Tu invece, nipote, spero bene,
ti lascerai guidare da tuo padre.
BEATRICE -
Oh, lei s, mia cugina; suo dovere
stare alle regole, fare un inchino
e dire: "Padre mio, come a voi piace..."
(A Ero)
Che almeno ti presentino, cugina,
un bell'uomo, se no, un altro inchino,
e di' a tuo padre: "Come piace a me".
LEONATO -
(A Beatrice)
Brava nipote. Spero tuttavia
di vedere anche te, un giorno o l'altro,
accasata con un fior di marito.
BEATRICE -
No, fintanto che Dio non faccia gli uomini
di un diverso metallo dalla creta.
Non vi sembra penoso per la donna
esser spadroneggiata tutto il tempo
da un ammasso di valorosa polvere,
rendere conto della propria vita
ad un tocco di capricciosa argilla?
No, zio, niente marito per Beatrice!
I discendenti maschili di Adamo
son tutti miei fratelli,
e, in coscienza, considero peccato
unirmi in matrimonio a miei parenti.
LEONATO -
(A Ero)
Figliola, allora tieni bene a mente
quanto t'ho detto: qualora Don Pedro
ti solleciti in quel certo tenore,
tu sai come rispondergli.
BEATRICE -
Se poi nessuno ti cortegger
a tempo giusto, colpa della musica.
E se il principe stringe troppo il tempo(25)
digli che c' misura in ogni cosa,
e la risposta gliela di danzando.(26)
Perch ascoltami, Ero:
far l'amore, sposarsi e poi pentirsi
si succedono come si ballasse
prima una giga, poi una pavana,
poi un trescone; il primo movimento
una giga vivace e fantasiosa;
il secondo, le nozze,
una pavana, andante moderato,
pieno di sussiegosa compunzione;
poi viene (terzo tempo) il pentimento,
e allora ci si butta a saltellare
con le gambe malcerte il gran trescone
ad un ritmo vivace indiavolato,
finch non si stramazza nella tomba.
LEONATO -
Che rara perspicacia, mia nipote!
BEATRICE -
E che occhio pronto, zio:
alla luce del giorno.
(Musica)
LEONATO -
Fratello, stanno entrando gli invitati.
Facciamo loro posto.
Entrano, mascherati, DON PEDRO, CLAUDIO, BENEDETTO, BALDASSARRE, BORRACIO, MARGARET, URSULA e altri(27)
DON PEDRO -
(Avvicinandosi a Ero)
Madamigella, concedete un giro
a questo vostro amico?
ERO -
A patto che giriate con bel garbo,
e mi guardiate con molta dolcezza,
e non diciate niente, son con voi,
specie allorch girer per andarmene...
DON PEDRO -
Andarvene con me?
ERO -
Ve lo dir quando mi piacer.
DON PEDRO -
E quand' che vi piacer, bellezza?
ERO -
Quando mi piacer la vostra faccia....
sperando che il liuto - Dio non voglia -
non si riveli simile al suo fodero.
DON PEDRO -
La mia maschera il tetto di Filemone:
dentro casa c' Giove.(28)
ERO -
In questo caso quella vostra maschera
dovrebb'essere di paglia.
DON PEDRO -
Se parlate d'amor, parlate piano,
(La conduce da parte)
Si fanno avanti MARGARET e BORRACIO(29)
BORRACIO -
Certo, sarei contento di piacervi.
MARGARET -
Io no, per contro, e per il vostro bene:
sono una donna piena di difetti.
BORRACIO -
Uno, ad esempio?
MARGARET -
Prego ad alta voce.
BORRACIO -
Tanto pi mi piacete:
chi vi ascolta vi pu gridare: "Amen!"
MARGARET -
O Dio Signore, fammi fare coppia
con un buon ballerino.
BORRACIO -
Amen, amen.
MARGARET -
E fallo scomparir dalla mia vista,
finito il ballo... Rispondete, chierico.
BORRACIO -
Non ci sono parole;
la sua risposta il chierico l'ha avuta.
(Si allontanano)
Si fanno avanti URSULA e ANTONIO
URSULA -
Penso d'avervi gi riconosciuto:
siete il signor Antonio.
ANTONIO -
No, parola.
URSULA -
Vi riconosco al dondolar del capo.
ANTONIO -
Vi dir in confidenza: quella mossa
la faccio apposta per imitar lui.
URSULA -
Non potreste mai farlo cos bene,
se non foste lui stesso...
(Gli prende una mano)
E questa mano,
arida sopra e sotto, la sua mano.
Siete lui, non c' dubbio. Siete lui.
ANTONIO -
No, no, parola mia!
URSULA -
Andiamo, andiamo,
credete che non sappia riconoscere
quel certo vostro spirito brillante?
La virt, quando c', si pu nascondere?
Suvvia, non pi parole: siete lui.
Le qualit si rivelano, e basta.
(Si allontanano)
Si fanno avanti BEATRICE e BENEDETTO
BEATRICE -
Dunque, non mi volete proprio dire
chi ve l'ha detto?
BENEDETTO -
No, vi chiedo scusa.
BEATRICE -
N mi volete dir chi siete voi?
BENEDETTO -
Non ora.
BEATRICE -
Son sicura
che a dirvi ch'io sarei una scorbutica
e che ho copiato tutta la mia arguzia
dal libro delle "Cento storie allegre"(30)
stato il signorino Benedetto.
BENEDETTO -
Chi ?
BEATRICE -
Son certa che lo conoscete,
e anche troppo bene.
BENEDETTO -
No, credetemi.
BEATRICE -
Non v'ha mai fatto ridere?
BENEDETTO -
Pu darsi; ma chi ?
BEATRICE -
Il buffone del principe,
uno scimunitissimo individuo
il cui solo talento d'inventare
calunnie inverosimili; lo spasso
di quattro libertini come lui,
ed il suo forte, non che il vero spirito,
sono l'insulto e la trivialit
perch riesce sempre a divertire
e ad irritare insieme chi lo sente,
sicch la gente ride e lo bastona.
Son sicura che naviga stasera
da queste parti, e vorrei m'abbordasse.
BENEDETTO -
Se lo conoscer, questo signore,
gli dir quello che m'avete detto.
BEATRICE -
S, s; v'imbastir, di punto in bianco,
un paio di giudizi su di me,
e se per avventura mancherete
di farci caso e di riderci sopra,
ci lo far di colpo tanto triste
che, v'assicuro, quella sera, a cena,
avanzer una coscia di pernice,
perch lo sciocco non toccher cibo.
(Musica di danza)
Ora dobbiam seguire
i signori che menano la danza.
BENEDETTO -
Sempre che menino ad ogni buon fine.
BEATRICE -
Ah, s, se menano ad un fine malo,
li pianto al primo giro.
(Danzano)
Terminata la musica, escono tutti, tranne DON GIOVANNI, BORRACIO e CLAUDIO, che si tiene per in disparte
DON GIOVANNI -
(A parte, a Borracio)
Sicuramente allora mio fratello
innamorato d'Ero;
e s' appartato col padre di lei
per trattare con lui della faccenda.
Le dame sono uscite insieme a lei
e qui non rimasta che una maschera.
BORRACIO -
Claudio, lo ravviso al portamento.
DON GIOVANNI -
(Avvicinandosi a Claudio)
Il signor Benedetto, vero?
CLAUDIO -
Lui.
M'avete subito riconosciuto.
DON GIOVANNI -
Signore, voi che siete assai vicino
a mio fratello, so che vi vuol bene....
S' innamorato d'Ero...
Vi prego, se potete, dissuadetelo;
ella gli troppo inferiore per nascita.
Potete fare veramente un'opera
verso di lui da vero galantuomo.
CLAUDIO -
Come sapete che n' innamorato?
DON GIOVANNI -
L'ho sentito io stesso
che le giurava amore.
BORRACIO -
E cos io,
e che voleva sposarla stasera.
DON GIOVANNI -
(A Borracio)
Su, andiamo al rinfresco a ristorarci.(31)
(Escono Don Giovanni e Borracio)
CLAUDIO -
Gi... gli ho risposto come Benedetto,
ma la brutta notizia
l'ho udita con le orecchie mie, di Claudio...
Dunque certo: Don Pedro,
l'amico, la vagheggia per se stesso,
L'amicizia conosce la costanza
e la lealt in tutte le altre cose
eccetto che negli affari d'amore.
Perci gli uomini, quando s'innamorano
faranno bene a usar la propria lingua
senza fidarsi d'altri intermediari.
La bellezza una maga
al cui incantesimo la lealt
si scioglie come neve
nell'ardore del sangue. storia antica
che ritrova ogni giorno la conferma;
io l'ho ignorata. Perci, Ero, addio.
Entra BENEDETTO
BENEDETTO -
Conte Claudio?
CLAUDIO -
In persona.
BENEDETTO -
Vieni ora con me.
CLAUDIO -
Per andar dove?
BENEDETTO -
Al pi vicino salice:
affari tuoi, mio caro signor conte.(32)
Come la vuoi portare la ghirlanda:
avvolta intorno al collo, alla maniera
che portan la catena gli usurai,
o di traverso al corpo,
come una bandoliera da ufficiale?
In qualche modo l'hai pur da portare,
ch il Principe s' preso la tua Ero.
CLAUDIO -
Non posso che augurargli di godersela.
BENEDETTO -
Ah, s? Questo parlar da onesto buttero:
cos si vendono i tori al mercato!
Ma ti saresti aspettato dal Principe
un tal servizio?
CLAUDIO -
Va', ti prego, lasciami.
BENEDETTO -
Ah, ora meni a vuoto,
come il cieco cui rubano il mangiare
i ragazzini, e lui bastona il palo.
CLAUDIO -
Lasciami, te ne prego!
Se non mi lasci tu, ti lascio io.
(Esce)
BENEDETTO -
Povero passero ferito, ahim!
Ora andr a rintanarsi in mezzo ai giunchi...
Per che Beatrice debba dire
quello di me: conoscermi e no!
"Il buffone del Principe..." Eh, gi,
forse m'hanno appioppato un tale epiteto
per la mia fama di spirito allegro...
Ma no, mi faccio torto: in verit,
non cos ch'io sono reputato;
Beatrice, con il suo carattere
amaro e dispettoso, la sua smania
di credersi d'avere il mondo in corpo,
a mettermi in cos cattiva luce.
Beh, mi vendicher come mi cpita.
Rientrano DON PEDRO, ERO e LEONATO
DON PEDRO -
(A Benedetto)
Ebbene, dov' il conte? Non l'hai visto?
BENEDETTO -
In verit, signore, ho recitato
con lui la parte di Madama Fama.(33)
L'ho visto sconsolato, malinconico
come un capanno in un campo di caccia.
Gli ho detto - e credo avergli detto il vero -
che vostra grazia s'era conquistato
le simpatie di quella damigella;
dopo di che gli ho fatto la proposta
d'accompagnarlo al pi vicino salice
perch se ne intrecciasse una ghirlanda
come fanno gli amanti abbandonati,
o ne legasse un po' di rami a frusta,
perch si merita d'esser frustato.
DON PEDRO -
Frustarlo? E perch mai? Per quale colpa?
BENEDETTO -
La dabbenaggine del fanciulletto
che, contento d'aver scoperto un nido,
lo va a mostrare, tutto trionfante
al compagno, che glielo porta via.
DON PEDRO -
Per te colpa un atto di fiducia?
Se mai la colpa del compagno ladro.
BENEDETTO -
Comunque avrebbero ben fatto al caso
ugualmente la frusta e la ghirlanda:
la ghirlanda per lui
e la frusta per voi - che, se ho capito -
siete il compagno ladro
che gli ha rubato il nido di uccellini.
DON PEDRO -
Solo per insegnar loro a cantare
e poi restituirli al possessore.
BENEDETTO -
Se il lor cantare corrisponder
a questo vostro dire, in verit,
voi parlate da vero galantuomo.
DON PEDRO -
Madonna Beatrice ha mille diavoli
contro di te: quel tale gentiluomo
che le ha fatto da cavaliere al ballo
le ha riferito che sparli di lei.
BENEDETTO -
Come! Se lei che m'ha dato pi colpi
di quanti possa sopportare un ceppo!
L'avrebbe rimbeccata anche una quercia
cui non fosse rimasta che una foglia!
Perfino la mia maschera di carta
sembrava che volesse prender vita
per starle a fronte e risponderle a tono.
M'ha detto, ignara che il suo cavaliere
fossi io, ch'ero il buffone del Principe;
ch'ero pi ottuso d'un lungo disgelo,
bersagliandomi poi, beffa su beffa,
con una s incredibile destrezza,
che mi pareva d'essere ridotto
nient'altro che una sagoma dipinta
presa a bersaglio da un intero esercito.
Parla pugnali: ogni parola infilza;
avesse il fiato cos micidiale
come lo son gli epiteti che sforna,
non resterebbe pi forma di vita
intorno a lei: appesterebbe l'aria
da contagiar fin la Stella Polare.
Non la vorrei per moglie,
nemmeno se portasse come dote
tutti i doni che possedeva Adamo
prima d'avere trasgredito a Dio.
Quella sarebbe stata capacissima
di metter Ercole a girar lo spiedo
in cucina; che dico, addirittura
avrebbe fatto a pezzi la sua clava
per accenderci il fuoco... Non parliamone!
Osservatela bene: Ate infernale
in veste di ragazza di famiglia.(34)
Renderei grazie a Dio
se facesse che un qualche negromante
potesse trarle il diavolo ch'ha in corpo,
perch finch'ella sta su questa terra
all'inferno si pu viver tranquilli
come in un santuario, s che gli uomini
faccian peccato apposta per andarci,
ch, in verit, dov'ella posa i piedi
sono orrori, sconquassi, turbamenti.
Entrano CLAUDIO e BEATRICE
DON PEDRO -
Guarda, eccola appunto.
BENEDETTO -
Non avrebbe per caso vostra grazia
da confidarmi una qualche incombenza
che mi spedisca ai confini del mondo?
Son pronto a farmi mandare agli antipodi
per sbrigare il pi futile servizio
che vi saltasse in testa di affidarmi:
che so, a cercarvi uno stuzzicadenti
nel pi remoto angolino dell'Asia;(35)
che so, ad andare dal Prete Giovanni(36)
a prender la misura del suo piede
e portarvela; o andare a procurarvi
un pelo della barba del Gran Kan;
o farvi un'ambasciata dai Pigmei...
piuttosto che scambiare tre parole
con quest'arpia. Possibile, signore,
che non abbiate nulla da ordinarmi?
DON PEDRO -
S, di restare qui in mia compagnia.
BENEDETTO -
Santo cielo, signore! Questo un piatto
che non riesco proprio a mandar gi.
Questa madamigella Tuttalingua
io proprio non riesco a digerirla.
(Esce)
DON PEDRO -
(A Beatrice)
Madamigella, venite, venite;
avete perso il cuor di Benedetto.
BEATRICE -
In verit, signore,
lui me l'aveva solo dato in prestito
a termine, ed io come interesse
glien'ho restituiti due per uno;
ma uno me lo ha vinto gi una volta
ai dadi falsi, sicch vostra grazia
pu ben dire che quello l'ho perduto.
DON PEDRO -
Ora l'avete messo spalle a terra,
madamigella, proprio spalle a terra!(37)
BEATRICE -
Cosa che non vorrei per nulla al mondo
che fosse fatta a me da lui, signore;
ch'io non avessi a ritrovarmi un giorno
generatrice di rimbecilliti.
Vi ho condotto, signore, il conte Claudio
che m'avevate mandato a cercare.
DON PEDRO -
Ebbene, conte, perch cos triste?
CLAUDIO -
Triste non sono affatto, monsignore.
DON PEDRO -
Malato, allora?
CLAUDIO -
Nemmeno, signore.
BEATRICE -
N triste n malato, il conte Claudio;
non lieto n in salute: solo giallo,
giallo come un'arancia di Siviglia,
un po' il colore della gelosia.(38)
DON PEDRO -
Credo, madamigella,
che il vostro panegirico sia vero;
ma se cos, sono pronto a giurare
che quel che pensa del tutto sbagliato.
Ascolta, Claudio: io l'ho corteggiata
in tuo nome, e l'ho conquistata a te.
Ho anche gi parlato con suo padre
ed avuto il suo pieno beneplacito.
Stabilisci tu il giorno delle nozze,
e basta, e Dio ti dia felicit.
LEONATO -
(Prendendo per mano la figlia e conducendola a Claudio)
Conte, ricevi da me questa figlia
e con lei tutto quello che possiedo.
Sua grazia ha propiziato questa unione,
e Dio, con la Sua Grazia, dica "Amen".
BEATRICE -
(A Claudio)
Parlate, Conte, adesso tocca a voi.
CLAUDIO -
Il silenzio l'araldo pi perfetto
della felicit; e quella mia
sarebbe una felicit da nulla
se si potesse esprimere a parole.
BEATRICE -
(A Ero)
Parlagli allora tu, cugina mia,
e se proprio non sai che cosa dirgli,
suggellagli la bocca con un bacio,
cos ch'egli non possa dir pi niente.
DON PEDRO -
Avete un cuore allegro, in fede mia,
madamigella, eh?
BEATRICE -
Ah questo s, signore, e sono grata,
a questo povero cuore mattoide,
di resistere al vento degli affanni.
(Additando Ero che dice qualcosa a Claudio)
Ecco, guardate: mia cugina gi
gli sussurra all'orecchio dolci cose.
CLAUDIO -
Proprio cos, cugina.
BEATRICE -
Signore Iddio, un altro parentado!(39)
Cos fan tutte al mondo,
io sola resto a disseccarmi al sole,
e posso andarmi a sedere in un angolo
urlando a tutti: "Datemi un marito".
DON PEDRO -
Ve ne procuro uno io, Beatrice.
BEATRICE -
Preferirei che fosse allora uno
della paterna vostra procreazione.
Vostra grazia non ha mica un fratello
che le assomigli? Il vostro signor padre
ha procreato eccellenti mariti...
sempre che una ragazza del mio stato
possa ottenere di arrivare a loro.
DON PEDRO -
Me, per esempio?
BEATRICE -
Eh, voi no, signore,
salvo che non potessi averne un altro
da indossare nei giorni di lavoro!
Vostra grazia un vestito troppo caro
per potersi indossare tutti i giorni...
Ma, vostra grazia, vogliate scusarmi:
sono nata per dire lepidezze,
e non son buona a parlare da senno.
DON PEDRO -
il tacere che in voi assai sgradito,
non il parlare; meglio vi si addice
l'umore allegro; ch sicuramente
voi siete nata in un'ora gioiosa.
BEATRICE -
Eh, no, mia madre urlava, monsignore;
ma in cielo era una stella ballerina,
ed sotto quel segno ch'io son nata.
(A Ero e Claudio)
Cugini, Dio vi dia felicit!
LEONATO -
Nipote, vuoi pensare finalmente
ad occuparti di quel che t'ho detto?
BEATRICE -
Oh, s. Scusate, zio. Ma che sventata!
(A Don Pedro)
Con licenza, signore.
(Esce)
DON PEDRO -
Un bello spirito, in fede mia!
LEONATO -
Ah, s, c' poco in lei dell'elemento
che presiede all'umore malinconico.(40)
Non sta mai seria, salvo quando dorme;
ed anche allora non che sia triste,
perch ho sentito dire da mia figlia
che spesso ha fatto sogni paurosi
e s' ugualmente svegliata ridendo.(41)
DON PEDRO -
L'unica cosa che la manda in bestia
parlarle di prendere marito.
LEONATO -
Oh, questo s! Dei suoi corteggiatori
fa sdegno con tal aria di fastidio
da lasciarli l freddi ed avviliti.
DON PEDRO -
Penso sarebbe una moglie eccellente
per Benedetto.
LEONATO -
Oh, Dio, signore mio!
Basterebbe una settimana insieme
per farli uscir di senno tutti e due,
a forza di beccarsi l'un con l'altro.
DON PEDRO -
Allora, conte Claudio,
quand' che intendi di recarti in chiesa?
CLAUDIO -
Domani stesso, direi, monsignore.
Il tempo passa lento(42) per chi aspetta
di coronare i suoi voti d'amore.
LEONATO -
Eh, non prima di luned, figliolo,
ovverossia sette giorni da oggi;
e il termine mi sembra ancora breve
perch'io possa trovare una risposta
a tutto quello che mi bolle in testa.
DON PEDRO -
(A Claudio)
Dunque, che ? Vedo che scuoti il capo
all'idea di dover tirare il fiato
cos a lungo; ma posso garantirti
che non staremo in ozio nell'attesa.
Ho in mente infatti, da qui a luned,
di por mano a un'impresa degna d'Ercole:
portare Beatrice e Benedetto
al punto di volersi l'uno all'altro
un bene grande come una montagna.
Non ti dico quanto sarei felice
di poter combinare questa unione;
e non dubito di poterlo fare,
se voi tre siete pronti ad aiutarmi
secondo le istruzioni che dar.
LEONATO -
Contate pure su di me, signore,
dovessi stare dieci notti sveglio.
CLAUDIO -
E lo stesso vi dico io per me.
DON PEDRO -
Ed anche su di voi, graziosa Ero?
ERO -
Far tutto che posso, monsignore,
al fine di aiutare mia cugina
a trovare per s un buon marito.
DON PEDRO -
Non poi un partito disperato
Benedetto, tra quanti io ne conosca.
Di lui non posso dir altro che bene.
Oltre ad esser di nobili natali,
uomo di coraggio a tutta prova
e di convalidata rettitudine.
Vi dir io come dovete agire
con la vostra cugina Beatrice
per farla innamorar del nostro amico.
E, con l'aiuto di voialtri tutti,
cercher poi di far che Benedetto,
a dispetto del suo spirito mobile
e di quel suo palato schifiltoso,
s'innamori a sua volta di Beatrice.
Se riusciamo a tanto, tutti insieme,
Cupido non sar pi il grande arciere
perch gli avremo tolta la sua aureola:
saremo stati noi gli unici di
ad aver dispensato quell'amore.
Seguitemi e vi espongo il mio progetto.
(Escono tutti)
SCENA II - La stessa
Entrano DON GIOVANNI e BORRACIO
DON GIOVANNI -
Cos stanno le cose: il conte Claudio
sposa dunque la figlia di Leonato.
BORRACIO -
S, cos, monsignore,
ma io mi sento in grado d'impedirlo.
DON GIOVANNI -
Qualunque impedimento, intralcio, ostacolo,
sar per me una buona medicina:
io son malato di livor represso
contro quel signorino,
e qualsivoglia insidia ai suoi propositi
s'accorda esattamente con i miei.
Ma come pensi tu
di ostacolare questo matrimonio?
BORRACIO -
Non certo, monsignore, col ricorso
a mezzi onesti; ma s accortamente
da stornare da me qualsiasi dubbio
d'aver agito in modo disonesto.
DON GIOVANNI -
Avanti, dimmi come, brevemente.
BORRACIO -
Credo d'avervi detto, or sar un anno,
quanto favore io goda presso Margaret,
la cameriera di madonna Ero.
DON GIOVANNI -
Mi ricordo di questo.
BORRACIO -
Io, in qualsiasi ora della notte,
per quanto indebita, posso far s
ch'ella venga per me alla veranda
della camera della sua padrona.
DON GIOVANNI -
E che c' in tutto questo
che possa ostacolare quelle nozze?(43)
BORRACIO -
Sta a voi di metterci il veleno dentro:
andar dal Principe vostro fratello
e dirgli secco secco, senza scrupoli,
il danno che con le sue stesse mani
egli s' fatto a combinar le nozze
d'un giovane bennato come Claudio
- e qui farete lodi sperticate
delle virt di questo giovinotto -
con una tal bagascia svergognata
qual Ero.
DON GIOVANNI -
E che prove avr di questo?
BORRACIO -
Tante, che basteranno ad ingannare
il Principe, a tormentare Claudio,
a rovinare Ero,
e a far morire di crepacuore il padre.
Che dite? Avete voi miglior progetto?
DON GIOVANNI -
Pur di far lor dispetto,
sono disposto a tutto.
BORRACIO -
E allora avanti:
scegliete voi il momento propizio
per parlare a quattr'occhi con Don Pedro
e poi con Claudio, separatamente;
direte loro di saper per certo
che Ero se la intende con Borracio;
e, simulando un generoso zelo
quasi a voler proteggere l'onore
del primo, essendo stato lui l'artefice
di questo matrimonio,
e la reputazione del secondo,
perch sta per cadere nell'inganno
di ritenere una fanciulla vergine
una che l' soltanto in apparenza,
dite che avete scoperto la tresca.
Sul principio, esiteranno a credervi,
senza prove, e allora voi la prova
gliela offrirete: n pi e n meno
che quella di veder con gli occhi loro
la mia persona alla veranda di Ero
e udire la mia voce
chiamare Margaret col nome di Ero,
e Margaret chiamare me, Borracio.(44)
Menateli a vedere questa scena
la notte precedente al matrimonio
(io, nel frattempo, avr trovato il modo
di far che Ero sia rimasta assente),
e allora il tradimento di costei
apparir cos vicino al vero,
che il sospetto diventer certezza,
e tutto l'apparato delle nozze
se n'andr di sicuro a gambe all'aria.
DON GIOVANNI -
Bene. Che tutto vada per il peggio.
Io non mi tiro indietro.
Tu bada a far le cose con criterio,
e avrai mille ducati di compenso.
BORRACIO -
A voi d'esser costante nell'accusa;
ed il mio inganno avr ben funzionato.
DON GIOVANNI -
Vado a informarmi subito
del giorno stabilito per le nozze.
(Escono)
SCENA III - Il giardino della casa di Leonato
BENEDETTO sta passeggiando, solo.
BENEDETTO -
(Chiamando)
Ragazzo!
Entra un SERVO
SERVO -
S, signore?
BENEDETTO -
Va' di sopra:
sul davanzale della mia finestra
c' un libro; portamelo qui in giardino.
(Esce il servo)(45)
Non riesco a capire come un uomo,
vedendo quanto sciocco sia un altr'uomo
che agisce imbambolato dall'amore;
e avendo egli coperto di ridicolo
tante vane scempiaggini negli altri,
s'induca a diventar lui stesso mira
della sua derisione, innamorandosi.
E tale Claudio. Io l'ho conosciuto
che non c'era per lui null'altra musica
che quella di tamburi e di zampogne,(46)
e adesso non vorrebbe sentir altro
che musica di flauti e tamburelli.
L'ho conosciuto che avrebbe voluto
percorrere anche dieci miglia a piedi
per ammirare una bella armatura;
ora starebbe sveglio dieci notti
per ritagliarsi un corsetto alla moda.
Parlava chiaro, semplice, alla buona;
ora s' dato al parlar ricercato,
con parole che sembrano un banchetto
di piatti i pi fantasiosi e strani.
Potr cos capitare anche a me
di convertirmi alla stessa maniera,
e di guardare il mondo con quegli occhi?
Non posso dirlo, ma credo di no.
Non oser giurare che l'amore
non possa convertirmi in un mollusco;
ma una cosa mi sento di giurare:
che prima di ridurmi come gli altri
a tale stato d'imbecillit
dovr riuscire a far di me un'ostrica.
Una donna graziosa? Mi sta bene.
Un'altra saggia? Mi sta pure bene.
Una terza virtuosa? Mi sta bene.
Ma fino a quando tutte queste doti
non siano riunite in una sola,
nessuna donna otterr le mie grazie.
Ricca ha da essere: questo scontato;
intelligente, o nemmeno a parlarne;
virtuosa, o non ammetto compromessi;
bella, se no nemmeno mi ci volto;
dolce, o vicino a me non ce la voglio;
nobile, o non ci spendo un solo angelo;(47)
che sappia parlar bene e suonar meglio,
e coi capelli... bah, quanto ai capelli,
siano pur del colore che Dio vuole!
Ma ecco il Principe e monsieur Amore...
Vado a nascondermi sotto la pergola.
Entrano DON PEDRO, LEONATO, CLAUDIO, BALDASSARRE e alcuni altri
DON PEDRO -
(A Baldassarre)
Bene, ci fate allora un po' di musica?
CLAUDIO -
(c.s.)
Oh, s, signore! La serata calma,
come se tutto voglia, col silenzio,
gustare meglio l'armonia dei suoni.
DON PEDRO -
(A parte a Claudio)
Hai visto Benedetto? l nascosto.
CLAUDIO -
L'ho visto, s. E, a musica finita,
giocheremo con lui a rimpiattino,
faremo uscir la volpe dalla tana
e ci dovr pagar la penitenza.(48)
DON PEDRO -
Su, Baldassarre, fateci sentire
di nuovo quella vostra canzonetta.
BALDASSARRE -
Oh, mio dolce signore,
risparmiate a una voce cos fessa
d'offendere la musica due volte.
DON PEDRO -
una civetteria professionale
ammantare la propria maestria
d'uno strano velame di modestia.
Cantate, Baldassarre, su, vi prego,
senza farvi pi oltre corteggiare.
BALDASSARRE -
Poich parlate di corteggiamento,
m'inducete a cantare,
ch molti che corteggiano una donna,
e le giurano amore sempiterno,
pensano in fondo che non ne sia degna.
DON PEDRO -
Bando alle ubbie; cantate, ve ne prego;
o, se proprio volete dissertare,
fatelo con le note.
BALDASSARRE -
Oh, le mie note...
Notate questo, prima di ascoltarle:
non c' una nota in tutte le mie note
che sia degna di nota.
DON PEDRO -
Eh, quante note!
Questo parla a bisticci di parole!(49)
Che siano note, perbacco, e nient'altro!
BENEDETTO -
(A parte, dal suo nascondiglio, mentre Baldassarre arpeggia i primi accordi sul liuto)(50)
O divino potere della musica!
La sua anima gi rapita in estasi.
Non meraviglioso
veder che le budella d'una pecora
possano estrarre l'anima dal corpo?
Bah, per me, quando altro non mi resti,
meglio comprarmi un corno che un liuto.
BENEDETTO -
(A parte, dal suo nascondiglio, mentre Baldassarre arpeggia i primi accordi sul liuto)(51)
BENEDETTO -
O divino potere della musica!
La sua anima gi rapita in estasi.
Non meraviglioso
veder che le budella d'una pecora
possano estrarre l'anima dal corpo?
Bah, per me, quando altro non mi resti,
meglio comprarmi un corno che un liuto.
BALDASSARRE -
(Canta)
"Dame gentili/ non pi sospiri;
"tutti gli amanti / sono incostanti;
"un piede in terra / un altro in mare,
"non sospirate, / fateli andare.
"E in ogni guisa / fra giochi e risa
"mutate l'intimo / vostro rovello
"in un ironico / bel ritornello.
"Trallerallera, trallalall.
"Canzoni languide / non pi cantate;
"sempre dagli uomini / foste ingannate:
"essi nutrirono / le stesse voglie
"dal primo giorno / che mise foglie
"la dolce estate. Non sospirate!"
DON PEDRO -
Una bella canzone, in fede mia.
BALDASSARRE -
E un pessimo cantore, signor mio.
DON PEDRO -
No, anzi, in verit, fin troppo bene
per una cantatina improvvisata.
BENEDETTO -
(A parte.)
Se fosse stato un cane
ad abbaiare in quello sconcio modo
l'avrebbero impiccato. Dio non voglia
che quella voce fessa porti male;
se no, male per male, al posto suo
avrei meglio ascoltato una civetta
gracchiare nella notte.
DON PEDRO -
Allora, Baldassarre, siamo intesi?
Procurateci buoni musicanti,
perch domani notte
li condurremo a far la serenata
alla finestra di Madonna Ero.
BALDASSARRE -
Far tutto il mio meglio, signora.
DON PEDRO -
Va bene. Bravo. Addio.
(Esce Baldassarre)
Leonato, allora, che mi dicevate
oggi di vostra nipote Beatrice...
ch'era segretamente innamorata
del signor Benedetto?
CLAUDIO -
Oh, s, vero.
(Sottovoce a Don Pedro)
Sotto, sotto, che il merlo s' posato!...
(Forte)
Non avrei mai creduto quella donna
capace di poter amare un uomo.
LEONATO -
No, neanch'io; ma il pi stupefacente
che doveva proprio innamorarsi
di una persona come Benedetto,
che sembrava, da tutti i segni esterni,
quella sempre da lei mal sopportata.
BENEDETTO -
(A parte)
Possibile?... Che proprio da quell'angolo
abbia a spirare il vento?
LEONATO -
In coscienza, signore, vi confesso
che non so che pensare
se non che ad un furioso ed improvviso
attacco di passione in lei: e questo
passa i limiti d'ogni congettura.
DON PEDRO -
Che finga solamente?
CLAUDIO -
E perch no? abbastanza probabile.
LEONATO -
Fingere, oh Dio!... Non ci fu mai passione,
allora, cos finta e cos vera
come quella che si palesa in lei.
DON PEDRO -
Perch, che segni mostra esternamente?
CLAUDIO -
(Sottovoce a Leonato)
Innescate la lenza, il pesce abbocca.
LEONATO -
I segni, monsignore?
capace di stare l seduta...(52)
(A Claudio)
E mia figlia v'ha detto come, vero?
CLAUDIO -
S, certo.
DON PEDRO -
Come, come? Mi stupite.
M'ero fatta una certa convinzione
che il suo spirito fosse refrattario
agli assalti d'amore.
LEONATO -
Anch'io l'avrei giurato, monsignore,
e specialmente contro Benedetto.
BENEDETTO -
(c.s.)
Penserei che si tratti di un tranello,
se a parlare cos
non fosse quello con la barba bianca.
Sicuramente la furfanteria
non pu nascondersi sotto un aspetto
s grave e venerando.
CLAUDIO -
(Sottovoce ai due)
S' contagiato, forza, non mollate!
DON PEDRO -
Ma ella ha rivelato a Benedetto
i propri sentimenti?
LEONATO -
Ah, no, mai pi.
Giura, anzi, che non lo far mai.
E qui sta infatti tutto il suo tormento.
CLAUDIO -
Proprio cos. Lo dice vostra figlia.
"E sar io - Beatrice che parla -
che l'ho sempre trattato con disdegno,
a scrivergli che l'amo? Non sia mai!"
LEONATO -
E ripete cos, la stessa antifona,
ogni volta che si dispone a scrivergli;
perch capace d'alzarsi dal letto
venti volte durante tutta notte,
e restar l seduta ed in camicia,
finch non ha riempito di suo scritto
un gran foglio di carta.
mia figlia che ci racconta tutto.
CLAUDIO -
Ora che dite di un foglio di carta,
mi viene in mente quell'amena storia
che appunto ci ha narrato vostra figlia.
LEONATO -
Gi, quella volta che scrisse una lettera
e s'accorse, nel ripiegare il foglio,
che i nomi di Beatrice e Benedetto
combaciavano, l'uno sopra all'altro.(53)
CLAUDIO -
Oh, fece in mille pezzi quella lettera
e non finiva di rimproverarsi
d'esser tanto sfacciata a presuntuosa
da mandare una lettera a qualcuno
che sapeva le avrebbe riso in faccia.
"Io lo misuro col mio stesso metro
- dice - perch se lui scrivesse a me,
farei cos con lui... anche se l'amo."
CLAUDIO -
E l cade in ginocchio
ed incomincia a singhiozzare e a piangere,
ed a battersi il petto disperata,
e a strapparsi i capelli ed a gridare,
non si sa se pregando od invocando:
"Benedetto mio caro... Dio Signore,
dammi la forza di non dirgli niente!"
LEONATO -
Cos, cos... cos dice mia figlia.
E la passione l'ha tanto stravolta
che mia figlia ha paura un giorno o l'altro,
non faccia qualche gesto disperato
contro se stessa. Vero, sacrosanto.
DON PEDRO -
Sarebbe bene farglielo sapere
a Benedetto; ma da qualcun altro,
se lei non glielo vuole confessare.
LEONATO -
A che pro? Lui la prenderebbe a gabbo,
che sarebbe tormento ancor peggiore
per quella poveretta.
DON PEDRO -
Se lo facesse, metterlo alla forca
sarebbe un'opera di carit.
una dama incantevole, perfetta,
e virtuosa al di l d'ogni sospetto.
CLAUDIO -
E saggia come ce ne sono poche.
DON PEDRO -
vero, saggia in tutto,
salvo che nell'amare Benedetto.
LEONATO -
Eh, signor mio, quando saggezza e sangue
sono in conflitto in un fragile corpo,
ci scommetterei dieci contro uno
che sar sempre il sangue a prevalere.
Mi dispiace per lei, per due ragioni:
perch sono suo zio e suo tutore.
DON PEDRO -
Se avesse posto sulla mia persona
questa passione, avrei messo da parte
ogni altro scrupolo di convenienza,
e avrei fatto di lei la mia met.
Ma parlatene voi a Benedetto,
vi prego, e udite quello che vi dice.
LEONATO -
Credete proprio che sia bene dirglielo?
CLAUDIO -
Ero sicura, almeno cos dice,
che Beatrice se ne morir;
perch la sente dir sempre a se stessa
che morir se lui non la ricambia;
ma che vorrebbe piuttosto morire
che rivelargli l'amor suo per lui;
e s'egli si mettesse a corteggiarla,
preferirebbe egualmente morire
piuttosto che alleviare d'un capello
la sua sostenutezza abituale.
DON PEDRO -
In coscienza, non posso darle torto;
ch s'ella si mostrasse innamorata,
assai probabile che Benedetto
se ne farebbe bellamente gioco;
perch l'uomo - lo conosciamo tutti -
ha uno spirito facile al disprezzo.
CLAUDIO -
Per, diciamolo, un gran bell'uomo.
DON PEDRO -
Oh, s, d'aspetto si presenta bene.
CLAUDIO -
Eccme! Ed dotato, a mio giudizio,
anche d'una vivace intelligenza.
DON PEDRO -
Qualche sprazzo d'ingegno, s, ce l'ha.
CLAUDIO -
E lo ritengo un uomo di coraggio.
DON PEDRO -
Oh, quanto a questo un Ettore,
lo posso garantire; e tuttavia
se si trova implicato in qualche lite,
non manca di una saggia posatezza,
perch o l'evita discretamente
o vi s'impegna a fondo per sedarla
con cristianissimo timor di Dio.
LEONATO -
Allora, se davvero teme Dio,
deve per forza amar di stare in pace;
e se rompe la pace
dovrebbe indursi a entrare in una lite
con un certo timore e smarrimento.
DON PEDRO -
cos, infatti; ch timor di Dio
l'uomo ce n'ha, se pur sembri il contrario
da certi suoi scherzucci un po' profani.
Bah, mi dispiace per vostra nipote.
Si va dunque a cercarlo,
e a dirgli dell'amore di Beatrice?
CLAUDIO -
Mai e poi mai, signore!
Lasciamo che si tolga ella la spina
dal cuore dopo maturo consiglio.
LEONATO -
No, impossibile. Si far strappare
prima il cuore dal petto.
DON PEDRO -
Bene, ce ne dir di pi la vostra figlia.
Lasciamo intanto raffreddare un poco
la faccenda. Io voglio molto bene
a Benedetto, e vorrei che facesse,
in umilt, un esame di coscienza,
per vedere quant'egli immeritevole
d'una s bella e deliziosa dama.
LEONATO -
Monsignore, venite, il pranzo pronto.
CLAUDIO -
(A parte)
Se, dopo tutto questo,
quello non s'innamora di Beatrice,
non voglio pi far credito a me stesso!
DON PEDRO -
(A Leonato, sottovoce)
La stessa rete va ora tesa a lei;
e questo compito di vostra figlia
e delle gentildonne del suo seguito.
Il bello sar quanto tutti e due
si crederanno innamorati pazzi
l'uno dell'altro, e invece non vero.
Questa scena vorrei proprio godermela:
sar un vero dialogo fra sordi.
Come inizio, spediamo lei da lui,
che lo vada a invitare per il pranzo.
(Escono Don Pedro, Claudio e Leonato)
BENEDETTO -
(Venendo fuori dal nascondiglio)
Uno scherzo non , non possibile:
parlavano con troppa seriet;
eppoi citavano, a conferma, Ero.
Tutti sono per lei, a quanto pare;
tutti ad aver piet della ragazza,
che sembra proprio in preda a una passione
senza pi freni... Lei amare me!...
Beh, questo merita una ricompensa.
Ho udito che concetto hanno di me:
dicono che mi gonfierei d'orgoglio
se m'accorgessi ch' lei ad amarmi;
e ch'ella, dicono, piuttosto morta
prima di darmene il minimo segno.
Io non ho mai pensato ad ammogliarmi,
ma non devo far mostra di vantarmene.
Beati quelli che sanno ascoltare
le critiche che a loro fanno gli altri
e se ne san giovare per correggersi.
Dicono ch'ella bella; verit,
ne posso dar testimonianza io stesso.
Virtuosa: certo, chi dice di no?
Saggia: s, se non fosse che ama me,
ci che, in coscienza, non aggiunge molto
ad un giudizio sulla sua saggezza,
ma che non nemmeno buon motivo
per farla giudicare dissennata;
perch pu ben succedere che anch'io
m'innamori di lei tremendamente...
Potr attirarmi addosso, gi lo so,
chi sa quali sberleffi e strani frizzi
a rinfacciarmi d'aver sbraitato
per tanto tempo contro il matrimonio.
Ma i gusti non si mutano col tempo?
Da giovane pu andarti un certo cibo
che da vecchio non puoi pi tollerare.
Eppoi, diciamolo, posson bastare
quattro frizzi e battute licenziose,
proiettili di carta del cervello,
a frenare in un uomo lo sviluppo
del suo carattere? Dico di no;
il mondo deve esser popolato.
Quando dicevo di morire scapolo
non pensavo di viver fino a tanto
che fosse giunta l'ora di accasarmi.
Ma ecco Beatrice.
Entra BEATRICE
proprio bella!..
Voglio spiarle in volto,
se mai vedessi balenarvi appena
un qualche segno d'innamoramento.
BEATRICE -
Contro mia volont, son qui inviata
per dirvi di venire dentro a pranzo.
BENEDETTO -
Bella Beatrice, grazie del disturbo.
BEATRICE -
Non son costati a me maggior disturbo
questi ringraziamenti,
di quanto sia costato a voi di farmeli.
Fosse stato un disturbo,
mi sarei ben guardata dal venire.
BENEDETTO -
Allora avete fatto con piacere
quest'ambasciata?
BEATRICE -
S, con un piacere
non pi grande di quello che pu dare
la punta d'un coltello conficcata
sul collo d'una taccola.
Voi non avete appetito, signore,
e perci vi saluto. State bene.
(Esce)
BENEDETTO -
"Contro mia volont, son qui inviata
per dirvi di venire dentro a pranzo..."
Ah, qui c' nascosto un doppio senso.
"Non sono costati a me maggior disturbo
questi ringraziamenti,
di quanto sia costato a voi di farmeli...":
il che equivale a dire, e non sbaglio:
"Ogni disturbo che prendo per te
m' grato come il tuo ringraziamento..."
Se non sento piet per questa donna,
sono davvero un fior di farabutto!
Ed un giudeo, se non me ne innamoro.
Bisogna ch'io ne scopra il vero volto.(54)
(Esce)
ATTO TERZO
SCENA I - Il giardino della casa di Leonato
Entrano ERO, MARGARET e URSULA
ERO -
Margaret, cara, va', corri in salotto;
ci troverai mia cugina Beatrice
a colloquio col Principe e con Claudio;
chiamala a parte, dille in un orecchio
che io ed Ursula siam qui in giardino
a far pettegolezzi su di lei;
ch'hai ascoltato quello che diciamo,
e s'anche lei lo volesse sentire,
si vada a mettere, furtivamente,
sotto il frascame di quel pergolato
dove gi il caprifoglio rampicante
cresciuto rigoglioso con il sole,
vieta al sole di penetrarvi dentro,
simile in questo a certi cortigiani
che, insuperbiti del favor del principe,
levano poi la loro presunzione
contro il potere che li ha sostentati.
L si terr nascosta
per ascoltare quello che diciamo.
Questo il tuo compito; fallo per bene,
e lascia fare tutto il resto a noi.
MARGARET -
Ve la faccio venire, ed all'istante,
potete star sicura.
(Esce)
ERO -
Allora, Ursula, il resto questo:
quando Beatrice sar qui venuta,
noi, passeggiando su e gi pel viale,
discorreremo, come unico tema,
del signor Benedetto.
La tua parte sar di far le lodi
di lui, quanto pi alte;
la mia sar di far sapere a te
quanto egli spasimi per Beatrice.
La maliziosa freccia di Cupido
fatta in modo che ferisce subito,
per una parolina udita a caso.
Entra furtivamente, alle loro spalle, BEATRICE, e si va ad acquattare sotto la pergola
Comincia pure, ch Beatrice, hai visto,
se n' venuta piano, quatta quatta,
saltellando come una pavoncella,
ad ascoltare quello che diciamo.
URSULA -
Quando si pesca, il momento pi bello
quello in cui vediamo il pesciolino
remigare, con le pinnucce d'oro,
per l'argentea corrente
a divorare ingordamente l'esca
ingannatrice. Cos noi Beatrice,
che proprio adesso sgusciata a nascondersi
dietro il fogliame di quel caprifoglio.
Sapr far la mia parte, non temete.
ERO -
Allora andiamole un po' pi vicino,
ch'ella non perda una sola parola
dell'esca saporita e traditrice
che stiamo per gettarle...
(S'avvicinano alla pergola)
(Forte)
No, Ursula, davvero; mia cugina,
io la conosco, troppo disdegnosa;
e so quanto sia ruvida e selvatica,
peggio d'uno sparviero di montagna.
URSULA -
Ma siete certa, poi, che Benedetto
ne sia cos perdutamente preso?
ERO -
Cos ho sentito dire da Don Pedro
e dal mio fidanzato, il conte Claudio.
URSULA -
E v'han detto di far ch'ella lo sappia?
ERO -
S, m'han pregato che fossi io a dirglielo;
per son riuscita a persuaderli,
se volevano bene a Benedetto,
di lasciarlo combattere da solo
contro questa amorosa infatuazione,
e che Beatrice mai venga a saperlo.
URSULA -
E perch? Non degno il gentiluomo
d'una vita s piena e fortunata
qual quella che gli pu dar Beatrice?(55)
ERO -
O Dio d'amore! So ch'egli si merita
tutto quanto pu essere concesso
a un uomo da una donna;
ma Natura mai fece cuor di donna
d'un impasto pi fiero ed ostinato
di quello di Beatrice. Nei suoi occhi
cavalcan sfavillando sprezzo e sdegno,
e spregian tutto ci su cui si posano;
ha un tal concetto del proprio talento,
che tutto il resto per lei non val niente;
ed piena di s fino a tal segno
da non esser capace di nutrire
sentimenti d'affetto per nessuno.
URSULA -
Sicuro, anch'io lo penso;
e certamente meglio che non sappia
dell'amore di lui,
se non vogliamo che lo prenda a scherno.
ERO -
Dici giusto. Non ho mai visto un uomo
per quanto giovane, nobile, saggio,
per quanto ben formato nell'aspetto,
che non sia stato da lei giudicato
del tutto alla rovescia: s'era biondo
e paffuto, era l pronta a giurare
che il giovanotto avrebbe tutt'al pi
potuto essere la sua sorella;
se bruno e segaligno, che natura,
intenta a disegnare un ghirigoro,
avea fatto una macchia sul foglio;
se alto, ch'era una lancia spuntata;
s'era basso, un cammeo tagliato male;
se verboso, un galletto giravento;
se taciturno, un paracarro inerte.
E cos, rivoltando ogni persona
per il verso sbagliato, mai non riconosce
il lor valore a verit e virt.
URSULA -
Certo, questo dir mal di tutto e tutti,
in Beatrice non commendevole.
ERO -
Sicuramente no, certo. N lo pu essere
quel suo modo incivile e stravagante
di comportarsi. Ma chi pu arrischiarsi
per una volta a farglielo notare?
S'io le parlassi, so gi come andrebbe:
mi farebbe tacere, motteggiandomi;
non finirebbe di prendermi in giro,
mi schiaccerebbe sotto i suoi sarcasmi.
Perci si strugga pure Benedetto
per suo conto, un sospiro dopo l'altro,
come fuoco coperto dalla cenere:
sar sempre una morte preferibile
al restar soffocato dal ridicolo,
ch' peggio del morire di solletico.
URSULA -
Comunque penso che fareste bene
a diglielo, e veder come la prende.
ERO -
No. Preferisco andar da Benedetto
e consigliarlo a lottar da lui stesso
contro la sua passione;
avrei quasi intenzione d'inventargli,
anzi, una qualche onesta maldicenza
che metta mia cugina in mala luce.
Non si pu immaginare qual potere
abbia una parolina un po' maligna
di gettare il veleno su un affetto.
URSULA -
Oh, non fate un tal torto a Beatrice!
Non poi tanto priva di giudizio,
con quello spirito pronto e vivace
ch' da tutti ammirato, dopo tutto,
da rifiutar la mano a un gentiluomo
s raro come il signor Benedetto.
ERO -
S, e non ce n' un altro in tutta Italia,
tranne, s'intende, il mio diletto Claudio.
URSULA -
Eh, no, signora, non me ne vogliate,
se vi dico quel che mi viene in mente:
ma il signor Benedetto per aspetto,
valore, intelligenza e portamento
in tutta Italia ritenuto il primo.
ERO -
Ah, certo, gode di un nome eccellente.
URSULA -
stata appunto la sua eccellenza
a procuraglielo... Ma voi, signora,
quando sarete sposa?
ERO -
Tutti i giorni a partire da domani.
Ma ora rientriamo. Vieni dentro,
che ti voglio mostrar qualche vestito
e sentire da te, quale, a tuo genio,
potrei meglio indossare per domani.
URSULA -
(A bassa voce)
presa nella pania. Garantito.
L'abbiamo catturata, ormai, signora.
ERO -
Se cos , vuol dire che l'amore
procede a vanvera, e Cupido uccide
chi con la freccia, chi con la tagliola.
(Escono)
BEATRICE -
(Uscendo dal nascondiglio)
Ah, che vampe di fuoco negli orecchi!
E pu essere vero?... Condannata
fino a tal punto per il mio orgoglio
e per il mio disprezzo?... Sdegno, addio!
Addio, orgoglio virginale! Gloria
di voi non vive pi alle vostre spalle!(56)
Oh, Benedetto, seguita ad amarmi:
te ne compenser, addomesticando
il mio cuore selvaggio alla carezza
della tua mano. Se vero che m'ami,
la mia dolcezza ti convincer
a legare uno all'altro in sacro nodo
i nostri cuori. Che tu ne sia degno
lo sento dir dagli altri,
ma io lo voglio credere da me,
senza sentirlo dire.
(Esce)
SCENA II - Stanza in casa di Leonato
Entrano DON PEDRO, CLAUDIO, BENEDETTO e LEONATO
DON PEDRO -
(A Claudio)
Rester qui fino al tuo matrimonio.
Poi torno in Aragona.
CLAUDIO -
V'accompagner l,
se vorrete accordarmelo, signore.
DON PEDRO -
Ah, questo no! Sarebbe una gran macchia
sul fresco smalto del tuo matrimonio;
come mostrare il vestitino nuovo
a un fanciullo e vietargli d'indossarlo.
Mi far ardito solo nel richiedere
a Benedetto la sua compagnia;
ch dalla cima dei capelli ai piedi
egli tutto allegria e buon umore.
Ha spezzato gi la corda dell'arco
due-tre volte a Cupido,
e il piccolo carnefice di cuori
pi non ardisce prenderlo di mira.
Ha il cuore sano come una campana,
e la lingua il battaglio
che ripercuote quel che dice quello.
BENEDETTO -
Un tempo, amici. Non son pi lo stesso.
LEONATO -
Pare anche a me. Vi vedo alquanto triste.
CLAUDIO -
Mi sa ch' innamorato.
DON PEDRO -
Innamorato, lui? Manco a pensarlo!
Non c' una sola goccia del suo sangue
che possa esser toccata dall'amore.
Se triste, sar a corto di quattrini.
BENEDETTO -
Ho male a un dente.
DON PEDRO -
Fattelo cavare.
BENEDETTO -
Lo appiccherei, piuttosto!
CLAUDIO -
Prima devi appiccarlo, e poi tirarlo.(57)
DON PEDRO -
E che! Sospiri per un mal di denti?
LEONATO -
Che poi sar soltanto una flussione
o una semplice carie.
BENEDETTO -
Eh, s, tutti son buoni a farsi forti
al dolore degli altri,
eccetto chi lo deve sopportare.
CLAUDIO -
Eppure come dico: innamorato.
DON PEDRO -
Non c' alcun segno in lui
che faccia crederlo incapricciato,
salvo che non si tratti del capriccio
ch'egli ha per certe mode stravaganti,
per cui un giorno veste alla francese,
un altro all'olandese, un altro ancora
alla foggia di due paesi insieme,
come ad esempio: braghe alla tedesca
dalla cintola in gi, e alla spagnola
dal busto in su, e senza giustacuore.
Ma al di fuori di queste stravaganze
a cui par bene ch'egli s'appassioni,
non s sciocco da invaghirsi d'altro,
come voi lo vorreste dare a credere.
CLAUDIO -
Eppure se non fosse innamorato
non ci sarebbe pi da prestar fede
a quelli che di questo stato d'animo
furon i segni da che mondo mondo:
per esempio, si spazzola il cappello
ogni mattina. Che pu voler dire?
DON PEDRO -
Forse alcuno l'ha visto dal barbiere?
CLAUDIO -
No, ma qualcuno ha visto andar a lui
il giovane aiutante del barbiere,
e l'antico ornamento del suo mento
se n' partito a far l'imbottitura
delle palle da tennis.(58)
LEONATO -
C' da dire,
per, che senza barba ci guadagna,
ha pi giovane l'aspetto.
DON PEDRO -
E si profuma pure di zibetto.
Non annusate niente in tutto questo?
CLAUDIO -
quanto basta a dir, n pi n meno.
che il nostro sbarbatello innamorato.
DON PEDRO -
E il segno pi sicuro
n' appunto la sua malinconia.
CLAUDIO -
E il lavarsi la faccia: quando mai
se l' lavata tanto, prima d'ora?
DON PEDRO -
Gi, e addirittura imbellettarsi,
a stare a credere a quanto si dice.
CLAUDIO -
Senza dire del suo spirito arguto,
un tempo sempre pronto a motteggiare,
ed ora tutto rannicchiato in s
come dentro a una corda di liuto
per esser governato a piacimento
dalla mano che scorre la tastiera.
DON PEDRO -
Eh, certo, tutto ci la dice lunga
sul suo stato... Insomma, innamorato!
CLAUDIO -
Ed io so anche di quale "colei".
DON PEDRO -
Sarei curioso di saperlo anch'io:
qualcuna, certo, che non lo conosce.
CLAUDIO -
Oh, s, e conosce pure i suoi difetti,
e, nonostante tutto, se ne muore.
DON PEDRO -
Dovranno seppellirla a faccia in su.(59)
BENEDETTO -
Tutto questo per serve ben poco
per il mio mal di denti.
(A Leonato)
Vecchio amico,
venite a fare due passi con me?
Ho per voi, che mi giran per la mente,
otto-nove pesate paroline
che non vorrei far giungere all'orecchio
di questi ridanciani sfottitori.
(Si allontana con Leonato)
DON PEDRO -
Giuro sulla mia vita,
che si apre con lui su Beatrice.
CLAUDIO -
Lo penso anch'io. E intanto Ero e Margaret
han fatto con Beatrice la lor parte;
sicch questi due orsi
quando si troveranno faccia a faccia
non avverr che si prendano a morsi.
Entra DON GIOVANNI
DON GIOVANNI -
Mio signore e fratello, Dio ti salvi!
DON PEDRO -
Buona sera, fratello.
DON GIOVANNI -
Quando ti accomoda, vorrei parlarti.
DON PEDRO -
Da solo a solo?
DON GIOVANNI -
S, se non ti spiace.
Ma anche il conte Claudio pu ascoltare,
perch quel che ho da dirti lo riguarda.
CLAUDIO -
Perch? Di che si tratta, Don Giovanni?
DON GIOVANNI -
Vossignoria vuol sposarsi domani?
DON PEDRO -
Sai bene che lo vuole.
DON GIOVANNI -
S, ma non so se ancora lo vorr
quando sapr qualcosa che so io.
CLAUDIO -
Se mai vi fosse qualche impedimento,
vi prego rivelarmelo, signore.
DON GIOVANNI -
Penserete che io vi sia nemico.
Ma lasciamo questo giudizio al tempo:
ve ne farete certo uno migliore
dopo quanto vi sto per rivelare.
In quanto a mio fratello,
penso ch'egli vi voglia molto bene,
e v'abbia dato mano a pieno cuore
a combinare questo matrimonio:
una corte, purtroppo, mal rivolta
e una fatica malamente spesa...
DON PEDRO -
E perch, che successo?
DON GIOVANNI -
Son qui appunto per dirvelo, ad entrambi.
E in due parole, perch di parole
se ne son dette in giro gi fin troppe:
la ragazza infedele.
CLAUDIO -
Chi? Lei? Ero?
DON GIOVANNI -
Proprio lei, la Ero di Leonato,
la vostra Ero, la Ero di tutti.
CLAUDIO -
Lei, infedele?
DON GIOVANNI -
"Infedele", signore,
parola davvero troppo blanda
a dipinger la sua mala condotta.
Potrei dire qualcosa d'assai peggio;
trovate voi un pi grave aggettivo
ed io vi prover che le si attaglia.
Aspettate comunque a sbalordirvi,
fino ad aver la prova: baster
che venite stanotte insieme a me,
e potrete osservare da voi stesso
come riesca agevole a qualcuno
l'accesso dal balcone alla sua camera,
anche la notte prima delle nozze.
Se, dopo questo, l'amerete ancora,
sposatevela pure, domattina.
ma meglio converrebbe al vostro onore
se mutaste proposito.
CLAUDIO -
Pu essere?
DON PEDRO -
Non posso proprio crederlo.
DON GIOVANNI -
Se non osate credere
a quel che vedono i vostri occhi,
non parlate a nessuno
di quello che vedrete questa notte.
Seguitemi, ed io vi mostrer
quanto basta. Se poi avrete visto
e udito anche di pi di quanto basta,
regolatevi voi di conseguenza.
CLAUDIO -
Se questa notte io fossi testimone
di qualcosa per cui fossi costretto
domani a ricusare di sposarla,
l, nella stessa chiesa,
in piena cerimonia delle nozze,
io la svergogner davanti a tutti!
DON PEDRO -
Ed io, cos come l'ho corteggiata
per conquistarla a te,
m'unir a te nel coprirla d'infamia.
DON GIOVANNI -
Non voglio dilungarmi a dirne male
finch non vi avr avuto testimoni.
DON PEDRO -
O giorno vlto a male!
CLAUDIO -
O tranello d'una maligna sorte!
DON GIOVANNI -
O gran disgrazia scongiurata in tempo!
Cos direte quando avrete visto
tutto quello che sta per accadere.
(Escono)
SCENA III - Messina, una strada. Notte.
Entrano CORNIOLA e VERGA, con le GUARDIE della ronda di notte.
CORNIOLA -
Uomini! Tutti fidati e per bene?
VERGA -
Eh, s, se no sarebbe gran peccato
dovessero soffrir la salvazione,
corpo e anima.(60)
CORNIOLA -
No, la salvazione
sarebbe punizione troppo buona
per loro, se li avessero prescelti
facendo loro troppo affidamento,
per far la guardia notturna del principe.
VERGA -
Bene, date pur loro le consegne,
superiore Corniola.
CORNIOLA -
Primo: chi ritenete in mezzo a voi
il pi immeritevole di tutti
per fare il caporale?
PRIMA GUARDIA -
Ugo Focaccia, oppur Giorgio Carbone,(61)
perch sanno di leggere e di scrivere.
CORNIOLA -
Bene. Carbone, allora vieni qui;
Dio t'ha fatto la grazia d'un bel nome:
essere un uomo ben proporzionato
un dono di fortuna;
ma quello di saper leggere e scrivere
un dono di natura.
SECONDA GUARDIA -
I quali entrambi, signor Connestabile...
CORNIOLA -
... tu possiedi. Sapevo la risposta.
Bene, compare, quanto alla tua faccia,
rendine grazie a Dio, ma non vantartene;
e quanto al tuo saper leggere e scrivere,
lascia che venga fuori
quando non ci sar bisogno alcuno
d'una tal vanteria. Siamo d'accordo?
Tu sei qui ritenuto il pi insensato
e perci stesso il meglio abilitato
a fare il caporale della ronda.
Laonde tu porterai la lanterna.
La consegna per tutti la seguente:
andare rastrellando i vagabondi
e intimar loro, nel nome del principe,
di fermarsi.
SECONDA GUARDIA -
E se quello non si ferma?
CORNIOLA -
Allora... allora, far finta di niente
e lasciare che vada dove vuole;
subito dopo radunar la guardia
e tutti insieme ringraziare Iddio
d'avervi liberati da un furfante.
VERGA -
semplice: se quello non si ferma,
quando gli si comanda di fermarsi,
vuol dir che non suddito del principe.
CORNIOLA -
Giusto: solo dei sudditi del principe
vi dovete occupare, e nessun altro.
Inoltre non dovete far schiamazzi
per le strade, per via che, per la guardia,
far chiacchiere e schiamazzi per le strade,
cosa sommamente tollerabile(62)
e tale che non si pu sopportare.
SECONDA GUARDIA -
Piuttosto che parlare, noi dormiamo;
lo conosciamo bene, superiore,
il dovere di guardie della ronda.
CORNIOLA -
Bravo, tu parli come un veterano,
da guardia navigata e senza grilli,
perch non vedo che ci sia di male
nel dormire. Soltanto state attenti
che non vi portino via le alabarde.
Beh, vi toccher entrare nelle bettole
e ordinare a coloro che son sbronzi
che vadano a dormire.
SECONDA GUARDIA -
E se non vogliono?
CORNIOLA -
Allora l'unica lasciarli in pace
finch non hanno smaltito la sbornia.
Se poi non vogliono sentir ragione,
potrete sempre dire, a vostra scusa,
che non erano loro le persone
delle quali la ronda andava in cerca.
SECONDA GUARDIA -
Bene, signore.
CORNIOLA -
Se tu incontri un ladro,
puoi sospettare, a causa del tuo ufficio,
che quello non sia proprio un galantuomo;
per con quella specie d'individui
meno t'impicci e meglio n'esci fuori,
e tanto meglio per la tua onest.
SECONDA GUARDIA -
Ma se lo conosciamo come ladro,
possiamo mettergli le mani addosso?
CORNIOLA -
Potreste, s, in virt del vostro ufficio;
ma penso che chi va a toccar la pece
non pu evitar di sporcarsi le mani;
laonde la miglior cosa per voi,
se vi piace di rimanere in pace,
quando v'accada d'incontrare un ladro
lasciar che si mostri quel che ,
rubandosi da s agli occhi vostri.
VERGA -
Eh, superiore, me l'han sempre detto
che siete un uomo assai compassionevole!
CORNIOLA -
Per me, se devo proprio parlar franco,
non sarei buono ad impiccare un cane,
figuratevi un povero cristiano
che ci abbia solo un poco d'onest.
VERGA -
E se sentite pianger nella notte
un bambino, svegliate la sua balia
ed ordinate a questa di zittirlo.
SECONDA GUARDIA -
E se la balia dorme e non ci sente?
CORNIOLA -
Beh, ve n'andrete per i fatti vostri,
senza far troppo chiasso,
lasciandola svegliare dal bambino;
perch la pecora che resta sorda
a belar d'agnellino destinata
a non sentire muggito di bue.
VERGA -
Verit sacrosanta!
CORNIOLA -
Queste son dunque le vostre consegne.
(A Verga)
Tu, capoguardia, devi ricordarti
che rappresenti il principe in persona,
e se t'accade d'incontrare il principe
nel cuore della notte, puoi fermarlo.
VERGA -
Ah, no, per la Madonna, questo no,
credo davvero che non posso farlo!
CORNIOLA -
(A tutti)
Cinque scellini a uno,
scommetto, con qualsiasi uomo pratico
delle disposizioni statutarie,
ch'egli lo pu benissimo fermare
(sempre che il principe, questo s'intende,
non si rifiuti; eh, s, perch la guardia
non deve offendere; ed un'offesa
fermar qualcuno contro il suo volere).
VERGA -
Per la Vergine santa, credo proprio
che sia come voi dite!
CORNIOLA -
(Ridendo)
Ah, ah, ah!
Ebbene, mastri, allora buona notte;
se capita qualcosa d'importante,
venitemi a chiamare. Sono a casa.
Ma ciascuno si tenga bene in mente
i pensamenti propri e dei compagni,
e buona notte.
(A Verga)
Andiamo vicinante.
(Escono)
SECONDA GUARDIA -
Bene, mastri, ciascuno ha udito bene
qual la sua consegna.
Ora sediamoci su quella panca
fino alle due, l, davanti alla chiesa;
e poi andiamo a letto.
CORNIOLA -
(Tornando indietro)
Ancora una parola, vicinanti:
vi raccomando di far buona guardia
davanti all'uscio del signor Leonato,
perch l, con le nozze di domani,
stanotte ci sar gran bailamme.
Addio. Vi prego, siate vigilanti.
(Esce. Le guardie si fanno da parte)
Entrano BORRACIO e CORRADO senza accorgersi della ronda
BORRACIO -
Ehi, Corrado!
PRIMA GUARDIA -
(Ai compagni)
Silenzio, non muovetevi!
BORRACIO -
Corrado, dove sei?
CORRADO -
Son qua, al tuo gomito.
BORRACIO -
Eh, perbacco, me lo sentivo prudere,
infatti; ma credevo fosse rogna.
CORRADO -
A questo ti rispondo dopo. Avanti,
ora prosegui con il tuo racconto.
BORRACIO -
Allora fatti un poco pi vicino,
sotto questa tettoia,
perch comincia a piovere,
e cos io, da autentico "borracio",(63)
ti racconter tutta la faccenda.
PRIMA GUARDIA -
(c.s.)
Aria di tradimento, camerati.
State raccolti e non v'allontanate.
BORRACIO -
Ordunque sappi che da Don Giovanni
mi son buscato mille bei ducati.
CORRADO -
Possibile che le ribalderie
siano pagate a cos caro prezzo?
BORRACIO -
Dovresti chiederti com' possibile
che ci siano ribalderie s ricche;
perch al momento che i ribaldi ricchi
hanno bisogno dei ribaldi poveri,
spetta a questi ultimi fissare il prezzo.
CORRADO -
Mi sento veramente sbalordito.
BORRACIO -
Questo mostra che sei un novellino.
Tu sai che a fare un uomo
non la foggia del suo giustacuore
o del cappello o della palandrana.
CORRADO -
Infatti, questi son solo vestiti.
BORRACIO -
Voglio intendere che non la moda.
CORRADO -
Bah, la moda la moda.
BORRACIO -
Che scoperta!
come s'io dicessi che un baggiano
sempre baggiano . Ma non t'accorgi
di che ladro deforme mai la moda?
PRIMA GUARDIA -
(c.s.)
Questo Deforme io devo conoscerlo:
un ladro, e va rubando da sette anni
ben vestito, che pare un gentiluomo.
Ricordo il nome.
BORRACIO -
(A Corrado)
Senti?... C' qualcuno.
CORRADO -
No, il rumore della banderuola
sul tetto della chiesa.(64)
BORRACIO -
Ma non t'accorgi - ti stavo dicendo -
quale ladro deforme questa moda?
Com'essa fa girare come trottole
tutte le teste calde
dai quattordici ai trentacinqu'anni?
Ora li manda in giro camuffati
da soldati del grande Faraone,
come si vedono raffigurati
su certe tele unte e affumicate;
ora li veste come certi preti
del dio Bal che son sulle vetrate
d'una antica parrocchia; un'altra volta
come quell'Ercole sbarbificato
di certi arazzi rosi dalle tarme,
che mostra sul davanti un genitale
duro e massiccio quanto la sua clava.
CORRADO -
Tutto questo lo vedo, e vedo pure
che la moda consuma pi vestiti
d'un uomo. Ma non che pure a te
la moda ha fatto girare la testa,
visto che per discorrere di lei
mi sei uscito fuor dal seminato?
BORRACIO -
Macch, macch! Stavo appunto per dirti
che stanotte son stato a far la corte
a Margaret, la cameriera di Ero;
e l'ho chiamata "Ero", e s' affacciata
alla veranda della sua padrona,
dandomi mille volte "buonanotte".
Ma m'accorgo che te lo dico male...
Prima dovevo dirti il come e il quando
il principe Don Pedro e il conte Claudio,
e il mio padrone, piantati e appostati
cos come istruiti da quest'ultimo,
fossero testimoni,
a debita distanza nel giardino,
di questo mio amoroso colloquio.
CORRADO -
E si sono creduti che fosse Ero
la Margaret?
BORRACIO -
I due l'hanno creduto,
voglio dire Don Pedro e il conte Claudio;
mentre quel diavolo del mio padrone
ben sapeva che era invece Margaret;
e cos un po' per via dei giuramenti
coi quali lui li aveva messi su,
un po' per via del buio della notte
che ingannava la vista,
ma soprattutto per la messa in scena
messa su dalla mia ribalderia,
che confermava tutte le calunnie
di Don Giovanni sopra la ragazza,
Claudio se n' fuggito furibondo,
giurando a Dio che domani mattina
sarebbe andato in chiesa per sposarla,
secondo ch'era stato stabilito,
ma l stesso l'avrebbe svergognata
avanti a tutti, popolo e comune,
rinfacciandole quanto aveva visto
stanotte, e rispedita a casa sua
senza marito...
PRIMA GUARDIA -
(Venendo avanti)
Nel nome del principe,
v'ordino di fermarvi l, voi due!
SECONDA GUARDIA -
Va' diritto a chiamare il superiore;
qui si tratta che abbiamo ricoperto
il pi pericoloso trattamento(65)
mai visto e conosciuto in tutto il regno.
PRIMA GUARDIA -
E un di loro quel tale Deforme:
lo riconosco da quel suo ciuffetto
che porta sulla fronte...
CORRADO -
Ma signori....
PRIMA GUARDIA -
Lo faremo uscir fuori quel Deforme,
garantito!
CORRADO -
Signori...
PRIMA GUARDIA -
Poche chiacchiere!
Vi dichiaro in arresto tutti e due.
Vi obbediamo(66) di venir via con noi.
BORRACIO -
(A parte a Corrado)
Vuol dir che siamo merce di valore,
se questi uomini-picche
si dan tanto da fare a trattenerci.(67)
CORRADO -
Merce in contestazione, t'assicuro.(68)
(Alle guardie)
Andiamo, vi obbediamo.
(Escono)
SCENA IV - L'appartamento di Ero. Mattino.
Entrano ERO, MARGARET e URSULA
ERO -
Ursula, per favore, va' di l
a svegliare Beatrice mia cugina
e pregala di alzarsi.
URSULA -
S, signora.
ERO -
E dille di venire qui.
URSULA -
Va bene.
(Esce)
MARGARET -
(Mentre le abbottona la gorgiera)
Per, in coscienza, l'altro soggoletto
penso che vi stia meglio.
ERO -
No, scusa, cara Meg, mi metto questo.
MARGARET -
Eppure non bello come l'altro.
Vostra cugina vi dir lo stesso.
ERO -
Mia cugina una sciocca, e tu altrettanto.
Voglio indossare questo, e nessun altro.
MARGARET -
Mi piace assai la nuova acconciatura,
e andrebbe molto bene se i capelli
fossero di colore un po' pi scuro;
e l'abito una vera rarit.
Quello della Duchessa di Milano,
s lodato da tutti, io l'ho veduto.
ERO -
Oh, dicono che eccede ogni confronto.
MARGARET -
A confronto del vostro, francamente,
direi ch' poco pi d'una vestaglia.
Oh, s, trapunto tutto quanto d'oro,
e traforato e bordato d'argento
con bottoni di vera madreperla
e con il basso e l'alto della manica
completamente rifiniti in giro
con dei nastrini di broccato azzurro;
ma il vostro per finezza ed eleganza,
per grazia e perfezione di modello
dieci volte almeno pi pregiato.
ERO -
Che Dio mi dia la gioia d'indossarlo,
perch sento una tal gravezza in cuore...
MARGARET -
Presto la sentirete anche pi grave,
sotto il peso di un uomo.
ERO -
Eh, che sfacciata!
Non hai vergogna?
MARGARET -
Vergogna di che?
Di parlarvi di cose tanto oneste?
Il matrimonio non cosa onesta,
anche tra poveracci?
E colui che sar il vostro sposo
non resta sempre una persona onesta
anche senza sposarsi?... Gi, ho capito:
forse avreste voluto ch'io dicessi,
parlando con rispetto,
"pi grave sotto il peso di un marito".
Ma se a dire le cose come sono
non c' malizia, che peccato ho fatto?
Voglio dire: che c' di sconvenevole
a parlare del "peso d'un marito"?
Nulla, secondo me, se quel marito
il legittimo sposo della moglie.
Altrimenti sarebbe non "un peso",
bens "una leggerezza" bella e buona.
Chiedetelo, se no, alla mia signora
monna Beatrice; eccola che viene.
Entra BEATRICE
ERO -
Buongiorno, cuginetta, ben alzata!
BEATRICE -
Buongiorno, cara Ero...
ERO -
Che succede?
Perch mi parli in quel tono minore?
BEATRICE -
il solo che mi sia rimasto, penso.(69)
MARGARET -
Intonate in tal caso "Amor leggero",
che si pu far senza accompagnamento:
voi cantate e io ballo.
BEATRICE -
Eh, tu d'amor leggero
ne sai qualcosa con quei tuoi calcagni!(70)
Se tuo marito avr abbastanza stalle
vedrai che non gli mancher il foraggio.(71)
MARGARET -
Oh, ingiusta suspicione!
Me ne schernisco con i miei calcagni.(72)
BEATRICE -
Ero, cugina, son quasi le cinque;
ora che cominci a prepararti.
(A Margaret)
Ah, che mi sento troppo male... oh!
MARGARET -
Per colpa di che cosa?
Per un falcone, un cavallo, un marito?
BEATRICE -
Per la lettera acca,
ch' l'iniziale delle tre parole.(73)
MARGARET -
Beh, se non siete convertita voi,
vuol dire che non si pu pi fidare
nella Stella polare, a navigare.(74)
BEATRICE -
(A Ero)
Che vuole intendere questa sciocchina?
MARGARET -
Io, niente; solo che il Signore Iddio
mandi a ciascuno quello che desidera
nel segreto del cuore.
ERO -
Senti che buon profumo questi guanti,
me la ha mandati il Conte.
BEATRICE -
Ho le narici intasate, cugina,
e non sento gli odori.
MARGARET -
Vergine ed intasata...
Questa s ch' una bella infreddatura!
BEATRICE -
Oh, ma sentila un po'! Da quando in qua
costei s' messa a far la spiritosa?
MARGARET -
Da quando avete smesso voi, signora.
Perch, non mi si addice un po' di spirito?
BEATRICE -
Non mi pare abbastanza appariscente;
lo dovresti portare sul cappello
come un pennacchio... Ohi, ohi, sto proprio male!
MARGARET -
Posso prescrivervi una medicina:
distillato di cardus benedictus,(75)
spalmatene sul cuore qualche goccia:
un rimedio sovrano per la nausea.
ERO -
Eh, adesso, la pungi come un cardo.
BEATRICE -
Benedictus... Che c'entra benedictus?
Vorresti forse insinuar qualcosa
con questo benedictus?
MARGARET -
Dio mi guardi!
Ohib non voglio insinuare nulla;
volevo dire "cardo benedetto";
Penserete ch'io voglia insinuare
che siete innamorata... Niente affatto;
non sono tanto sciocca, per la Vergine,
da pensar tutto quello che mi piace,
cos come mi piace non pensare
a tutto quello che mi piacerebbe;
ma non posso tenermi dal pensare
che siete innamorata, o lo sarete,
o potete comunque diventarlo.
Benedetto, anche lui era diverso,
prima di ora, un uomo come gli altri;
giurava di non prendere mai moglie,
ed ecco che, a dispetto del suo cuore,
mangia quella minestra, buono buono.
Se pure voi vi siete convertita,
non posso dire; ma pur si direbbe
che adesso gli occhi servono anche a voi
per discernere, come l'altre donne.
BEATRICE -
Hai una lingua che va di buon passo.
Che passo ?
MARGARET -
Il galoppo, al naturale.
Rientra URSULA
URSULA -
Signora, presto, presto, preparatevi.
Don Pedro, il conte Claudio, Don Giovanni,
con tutti i cavalieri sono qui
per prelevarvi e accompagnarvi in chiesa.
ERO -
Presto, presto, cugina, Ursula, Meg,
seguitemi, aiutatemi a vestirmi.
(Escono)
SCENA IV - Altra stanza in casa di Leonato
Entrano LEONATO, CORNIOLA e VERGA
LEONATO -
Che posso far per voi, onesto amico?
CORNIOLA -
Eh, perbacco, signore,
avrei bisogno di dirvi in privato
cosa che vi discerne da vicino.(76)
LEONATO -
Va bene, ma alla svelta, per favore.
Vedete come sono indaffarato.
CORNIOLA -
Eh, s, lo vedo eccome, per la Vergine!
VERGA -
Anch'io lo vedo eccome, signoria.
LEONATO -
Dunque, di che si tratta, buoni amici?
CORNIOLA -
Questo brav'uomo di Verga, signore,
parla sempre un po' fuor del seminato.
vecchio, e non ha pi la mente ottusa(77)
com'io vorrei, con l'aiuto di Dio;
per, posso giurarlo, un uomo onesto
come la pelle delle sopracciglia.(78)
VERGA -
S, ringraziando il cielo, sono onesto
come qualunque uomo che sia vivo
e non pi vecchio e pi onesto di me.
CORNIOLA -
I paragoni, vicinante Verga,
sono odorosi,(79) son solo palabras.(80)
LEONATO -
Vicinanti, mi siete fastidiosi.
CORNIOLA -
Vossignoria si degna dir cos,
ma noi siamo ufficiali patentati
al servizio del Duca, poveretto,(81)
e, in verit, per quel che mi riguarda
se fossi fastidioso quanto un re,
troverei nel mio cuore tanto slancio
da darlo tutto a vostra signoria.
LEONATO -
Ah, bravo, mi scaricheresti addosso,
tutta quanta la tua fastidiosaggine?
CORNIOLA -
Come no, signoria?
Fosse pure pesante mille libre
di pi di quel che ! Potete credermi.
Perch sul conto di vossignoria
io sento in giro tante esclamazioni(82)
quante su nessun altro personaggio
altolocato di questa citt;
ed io, da pover'uomo quale sono,
son contentissimo d'averle udite.
VERGA -
E io lo stesso, vostra signoria.
LEONATO -
Gi, ma mi piacerebbe di sapere
quel che avete da dirmi. Fuori, su.
VERGA -
Ecco, la nostra ronda questa notte,
senza offesa di vostra signoria,
ha catturato un paio di mariuoli
dei peggio che si trovano a Messina.
CORNIOLA -
Scusatelo, signore: un gran brav'uomo,
ma vecchio, ed apre bocca e le d fiato;
come dice quel detto popolare:
"Quando vecchiaia giunta,
"la mente ormai munta."
Dio ci salvi, che tristo mondo questo!
Hai detto bene, vicinante Verga.
Eh, Dio galantuomo!...
E se due vanno in groppa ad un cavallo,
uno dei due ha da sedere dietro.
Ma vi giuro, signore, ch' un brav'uomo,
se mai al mondo ce ne siano stati
fra tutti quelli che spezzano il pane.
Solo che gli uomini, sia lode a Dio,
non son purtroppo tutti eguali, ahim...
LEONATO -
E gi, rispetto a voi troppo basso.
CORNIOLA -
Eh, che volete, son doni di Dio.
LEONATO -
Ora debbo lasciarvi, ho molta fretta.
CORNIOLA -
Una parola sola, signoria:
la nostra ronda stanotte ha arrestato
due persone piuttosto circospette(83)
e stamane vogliamo sottoporle
ad interrogatorio, voi presente.
LEONATO -
No, fateglielo voi, senza di me,
e portatemi le deposizioni;
ora ho un mucchio di cose da sbrigare,
come vedete.
CORNIOLA -
Sar sufficiente.(84)
LEONATO -
Prima di andare, fatevi un bicchiere.
Io vi saluto intanto. State bene.
Entra un SERVO
SERVO -
Monsignore, son tutti l che aspettano
che diate vostra figlia a suo marito.
LEONATO -
Stavo appunto in attesa. Sono pronto.
(Esce con il servo)
CORNIOLA -
Collega, va' da Francesco Carbone,
digli che ci raggiunga alla prigione
con penna e inchiostro: dobbiamo procedere
all'interrogatorio di quei due.
VERGA -
E lo dobbiamo fare con cervello.
CORNIOLA -
Il cervello ce lo mettiamo tutto,
senza risparmio, te lo garantisco.
(Toccandosi in fronte)
Qui dentro ci sta tutto quel che basta
per mettere alle strette quei furfanti;
tu bada solo che il dotto scrivano
stenda la nostra scomunicazione(85)
e mi raggiungi al carcere con lui.
(Escono)
ATTO QUARTO
SCENA I - L'interno di una chiesa
Entrano DON PEDRO, DON GIOVANNI, LEONATO, FRATE FRANCESCO, CLAUDIO, BENEDETTO, ERO, BEATRICE e altri.
LEONATO -
Ors, Frate Francesco, siate breve:
il sacro offizio delle nozze e basta;
rimanderete ad un secondo tempo
i reciproci loro adempimenti.
FRATE FRANCESCO -
(A Claudio)
Signor Conte, siete venuto qui
per sposare questa fanciulla?
CLAUDIO -
No!
LEONATO -
"Per essere sposato a lei" - fratello!
Siete voi, frate, che dovete unirli.
FRATE FRANCESCO -
Madamigella, siete qui venuta
per essere sposata a questo conte?
ERO -
S.
FRATE FRANCESCO -
Se mai l'uno o l'altro di voi due
conosca alcun segreto impedimento
per cui voi non possiate esser congiunti,
v'impongo, in nome delle vostre anime,
di renderlo palese, qui, "in praesentia".
Ero, ne conoscete?
ERO -
No, signore.
FRATE FRANCESCO -
E voi, ne conoscete, signor conte?
LEONATO -
Oso risponder io per lui: nessuno.
CLAUDIO -
Ohib, di che non son capaci gli uomini!
incredibile quel che sanno fare,
e che fanno ogni giorno,
senza saper che fanno!...
BENEDETTO -
Che succede?
Che sono queste tue esclamazioni?
Se non ne puoi comunque fare a meno,
siano almeno di gioia...
(Ridendo)
Ah, ah, ah!
CLAUDIO -
Frate, un momento.
(A Leonato)
Padre, con licenza:
con animo veramente libero
e scevro da qualsiasi costrizione
che mi volete dar questa ragazza,
vostra figlia?
LEONATO -
Liberamente, s,
figliolo, come Dio l'ha data a me.
CLAUDIO -
E io che posso darvi in contraccambio
che possa dirsi eguagliare in valore
un dono s pregiato e s prezioso?
DON PEDRO -
Nulla, se non che dargli indietro lei!
CLAUDIO -
Nobile forma di ringraziamento
mi suggerite, mio amato principe.
Ecco, perci, Leonato: riprendetela!
Non potete affibbiare ad un amico
una mela marcita come questa.
Costei non che la sembianza esterna,
la forma, il simulacro del suo onore.
Guardatela: si tinge di rossore
come una verginella... Ah, com' scaltro
il peccato a coprirsi di sussiego
e di finzione di vera innocenza!
Quel sangue che le sale per le gote
non vuol sembrare forse di venirle
a segno di virtuosa verecondia?
Non giurereste tutti, qui presenti,
a vederla da questi segni esterni
ch'ella vergine e pura?... E invece no!
Costei conosce il soffice calore
d'un letto di lussuria; e quel rossore
che le vedete imporporar le guance
non pudore, ma colpevolezza!
LEONATO -
Che vuol dir tutto questo, mio signore?
CLAUDIO -
Semplice: che non voglio pi sposarla;
che non voglio annodare la mia anima
con quella di una nota prostituta.
LEONATO -
Se mai fosse successo, signor mio,
che voi stesso, per metterla alla prova,
aveste vinto la ritrosit
del giovin suo pudore, innanzi tempo
privandola della verginit....
CLAUDIO -
Ah, capisco dove volete tendere:
se, a scusabil peccato d'impazienza,
io l'abbia "conosciuta",
e s'ella m'abbia stretto fra le braccia
come e qualmente fossi suo marito...
No, Leonato: mi son sempre guardato
dal tentarla con frasi licenziose;
le ho dimostrato sempre amor sincero
ed un rispetto pieno di pudore,
da fratello a sorella, posso dire.
ERO -
E io ti sono apparsa esser diversa?
CLAUDIO -
La tua "apparenza"?... Via, non ne parliamo.
Quello che appari non si mette in dubbio:
tu sembri Diana dentro la sua sfera,
soffusa di divina castit
come un bocciolo in fiore; ma il tuo sangue
pi corrotto di quello di Venere.
Tu sei simile ad una bestia sazia,
sempre in foja sfrenata.
ERO -
O santo cielo!
proprio il mio signore quel che odo
parlare in modo s volgare e sconcio?
LEONATO -
(A Don Pedro)
Caro principe, e voi non dite nulla?
DON PEDRO -
Che volete che dica, Leonato?
Mi ritengo disonorato io stesso
per essermi prestato di persona
a unire un caro amico a una sgualdrina.
LEONATO -
Ma sto sognando, oppure le mie orecchie
stanno udendo davvero quel che dite?
DON PEDRO -
Quello che udite detto "veramente",
signore, ed la pura verit.
BENEDETTO -
Questo tutt'altro che uno sposalizio!
ERO -
"La pura verit..." Oh, Dio, soccorrimi!
CLAUDIO -
Leonato, son io Claudio,
in piedi innanzi a Voi? questo il principe?
questo suo fratello? questa Ero?
E questi occhi, son proprio gli occhi nostri?
LEONATO -
S, certo, tutto come dite voi,
signore. Ma perch queste domande?
CLAUDIO -
Lasciate ch'io rivolga a vostra figlia
una domanda, una domanda sola;
e voi, con la paterna autorit
che per natura avete su di lei,
ditele che risponda lealmente.
LEONATO -
Ero, se sei mia figlia,
fa' come lui ti chiede. Te lo impongo.
ERO -
(A parte)
O Dio, difendimi, sono assediata!
(A Claudio)
A quale specie d'interrogatorio
avete in animo di sottopormi?
CLAUDIO -
Voglio che tu risponda esattamente
al nome tuo.
ERO -
Perch, non pi Ero?
E chi mi pu macchiare questo nome
con accuse di qualche fondamento?
CLAUDIO -
Ero stessa pu farlo, per la Vergine!
Con il suo stesso nome pu macchiare
Ero la sua virt: chi era l'uomo
che parlava con te la notte scorsa,
fra mezzanotte e l'una, alla veranda?
Ecco, se veramente tu sei vergine,
rispondi a questo.
ERO -
A quell'ora, signore,
non parlavo con nessun uomo. certo!
DON PEDRO -
Ebbene, allora vergine non siete!
Leonato, sono molto dispiaciuto
di dovervelo dire, ma vi giuro
sul mio onore che io e mio fratello
e questo molto contristato conte
l'abbiamo vista, l'abbiamo ascoltata
proprio a quell'ora della scorsa notte
a colloquio con un certo individuo,
il quale poi, da ignobile balordo,
ha confessato i mille turpi incontri
che hanno avuto in segreto.
DON GIOVANNI -
Che vergogna!
Basta, signore: vano enumerarli,
e servirebbe a poco. Non parliamone.
Il parlarne, per quanto contenuto,
non farebbe che offendere chi ascolta.
Graziosa damigella, assai mi duole
di questa vostra ignobile condotta.
CLAUDIO -
Oh, Ero, Ero, che saresti stata
se avessi messo solo la met
delle grazie che mostri esteriormente
nei pensieri e nei moti del mio cuore!
Addio, dunque, bruttissima belt!
Addio, pura empiet, empia purezza!
Per causa tua, chiuder per sempre
le porte del mio cuore ad ogni amore,
e sui miei occhi graver per sempre
il sospetto ch'ogni belt di donna
un rischio da evitare,
spogliandola cos d'ogni attrattiva.
LEONATO -
Un pugnale! Non c' un pugnale qui,
per me, ch'abbia la punta pi affilata?
(Ero cade svenuta)
BEATRICE -
Mio Dio, cugina! Oh, che ti succede?...
svenuta.
DON GIOVANNI -
(A Don Pedro e Claudio)
Venite, andiamo via.
Queste cose, cos balzate in luce,
le soffocano l'anima ad udirle.
(Escono Don Pedro, Don Giovanni e Claudio)
BENEDETTO -
Come sta?
BEATRICE -
Pare morta... Aiuto, zio!
(Cerca di sollevare Ero da terra)
Ero, Ero, su, su... Zio, aiutatemi!
Su, signor Benedetto, frate, aiuto!
LEONATO -
Destino, non ritrarre la tua mano
da lei: la morte la pi bella coltre
da augurarle, a coprir la sua vergogna.
BEATRICE -
Ero! Cugina! Su...
(Ero rinviene)
FRATE FRANCESCO -
Su, su, fatevi animo, signora.
LEONATO -
Riapri gli occhi?
FRATE FRANCESCO -
E perch non dovrebbe?
LEONATO -
Perch... Tutte le cose della terra
non gridan forse su di lei vergogna?
Potrebb'ella negar l'immonda storia
ch' qui stampata nel suo stesso sangue?
No, non vivere, Ero, non riaprire
quegli occhi! Perch s'io dovessi credere
che non sei tu a cercar subita morte,
e pensassi che il tuo vitale istinto
dovesse vincere la tua vergogna,
sarei io stesso a toglierti la vita
come ultimo rincalzo ai miei rimproveri.(86)
E io, che mi son dato tanta pena
d'aver avuto soltanto una figlia!
E ne rimproveravo la Natura,
troppo avara nutrice. E tu, quell'una,
mi dovevi riuscire anche di troppo!
Perch averla, quell'una?
Perch mi fosti sempre tanta cara
alla vista? Perch con man pietosa
non raccolsi piuttosto qualche prole
di mendicante alla porta di casa?
Ch almeno, quando si fosse macchiata
di tanta infamia, avrei potuto dire:
"Non parte di me: questa ignominia
viene da ignoti lombi a me stranieri".
Ma tu eri mia, e come mia t'ho amata,
come mia t'ho lodata; era ben mia
quella cosa di cui andavo fiero;
e mia s fortemente la sentivo,
da non appartenere pi a me stesso
con altrettanta forza, tanto in alto
stata sempre lei nella mia stima.
Ed caduta in tal pozzo d'inchiostro,
che l'oceano non ha gocce abbastanza
per lavarla, n sufficiente sale
per conservar la sua carne corrotta.
BENEDETTO -
Eh, signore, signore, fate appello
alla vostra pazienza. Per mio conto,
sono cos sorpreso e sbalordito,
che non so cosa dire.
BEATRICE -
Ah, mia cugina stata calunniata!
Potrei giurarlo sull'anima mia.
BENEDETTO -
Non eravate a dormire con lei
la scorsa notte?
BEATRICE -
A dire il vero, no;
anche se abbiam dormito sempre insieme
fino a stanotte, per tutto quest'anno.
LEONATO -
Ah, questa la conferma!
La conferma che viene a rafforzare
quel ch'era gi del resto ribadito
dentro cerchi di ferro! Era possibile
che i due principi avessero mentito?
Ed anche Claudio, che l'ha tanto amata,
e che, parlando della sua vergogna,
sembrava quasi volesse lavarla
con le sue lacrime?... Via tutti da lei;
lasciatela morire!
FRATE FRANCESCO -
Ora per ascoltate un po' anche me.
Son rimasto finora qui in silenzio,
lasciando andar le cose come andavano,
perch ero tutto preso ad osservarla;
ed ho visto apparire sul suo volto
migliaia di rossori e, a volta a volta,
migliaia d'innocenti verecondie
che, vestite d'angelico candore,
cercavan di scacciare quei rossori;
e dagli occhi le balenava un fuoco
che sembrava volesse incenerire
tutti gli insulti espressi da quei principi.
Ditemi pure stolto, se volete;
non fate credito alle mie letture
e ai miei giudizi che, sotto il sigillo
dell'esperienza dovrebbero bene
avvalorare le mie impressioni;
negate fede anche alla mia et,
alla sacralit del mio ufficio,
e alla mia cultura teologica(87)
se non vero che questa fanciulla
giace qui immune da qualsiasi colpa,
vittima solo d'un mordace equivoco.(88)
LEONATO -
Non pu essere, frate. Tu lo vedi:
la sola grazia che le resta ancora
il non voler aggiunger lo spergiuro
alla sua dannazione:
perch nulla di quanto la si accusa
ella nega. Perch vuoi dunque tu
ricoprire con questa tua difesa
quello che appare nudo all'evidenza?
FRATE FRANCESCO -
Figliola, dite: chi sarebbe l'uomo
a cagione del quale vi si accusa?
ERO -
Lo sanno loro, quelli che mi accusano,
io certo no. Se d'un sol uomo al mondo
io conosca di pi che non consenta
pudicizia di vergine fanciulla,
non incontrino pi misericordia
innanzi al cielo tutti i miei peccati.
Oh, padre mio, provatemi che un uomo
si sia trovato mai in ora illecita
a colloquio con me,
o ch'io la scorsa notte abbia scambiato
una sola parola con chiunque,
e allora ripudiatemi per figlia,
torturatemi a morte, detestatemi!
FRATE FRANCESCO -
Per conto mio quei principi
sono caduti in qualche strano inganno.
BENEDETTO -
In verit, di due si pu ben dire
che son la quintessenza dell'onore,
e se la lor saggezza, in questo caso
sia stata in qualche modo fuorviata,
non pu trattarsi che d'una manovra
di quell'altro, il bastardo Don Giovanni,
la cui mente non fa che arrovellarsi
a concepire oscene nefandezze.
LEONATO -
Allora non so pi cosa pensare.
Se quel dicono di lei vero,
queste mie mani la faranno a pezzi;
ma s'essi fanno offesa all'onor suo,
anche il pi presuntuoso tra di loro,
giuro su Dio me ne dovr rispondere.
Il tempo non m'ha ancora inaridito
il sangue, n l'et m'ha roso il senno,
n la Fortuna ha fatto ancora strame
dei miei beni, n il mio viver civile
stato fino ad oggi s cattivo
da alienarmi il favore degli amici
e da far s che in me questi signori
non abbiano a trovar vigili e deste
forza di membra e vigoria di spirito,
efficacia di mezzi ed amicizie
bastanti a regolar con loro il conto.
FRATE FRANCESCO -
Cercate di riprendere la calma
e fatevi guidar dal mio consiglio
in questa infelicissima vicenda.
Quei principi si sono allontanati
lasciando vostra figlia qui per terra,
e credendola morta.
Voi, per un po', la terrete nascosta
e annuncerete a tutti ch'ella morta,
mostrandovi pubblicamente in lutto;
farete appender tanto di epitaffio
sul vostro antico avello di famiglia
e adempirete a tutti i sacri riti
inerenti all'ufficio dei defunti.
LEONATO -
E tutto questo dove andr a parare?
Che pu seguirne?
FRATE FRANCESCO -
Per la Santa Vergine!
Se la cosa sar condotta bene,
intanto avr l'effetto, a suo vantaggio,
di mutare in rimorso la calunnia.
E questo gi qualcosa.
Ma non quel ch'io penso di raggiungere
con un siffatto strano stratagemma;
bens m'aspetto che da tanto affanno
scaturisca ben pi felice frutto.
La sua morte avvenuta all'improvviso,
- come bisogner che tutti credano -,
nell'atto stesso in cui era coperta
da tante accuse, la far compiangere,
commiserare e infine anche scusare
da quanti ne verranno a conoscenza;
perch cos succede sempre al mondo:
non s'apprezza il valore delle cose
che possediamo finch le godiamo;
se le perdiamo e ne restiamo privi,
allora ne esaltiamo tutti i pregi
e vi scopriamo tutti quei valori
che il possesso non seppe rivelarci
finch quel bene stato in mani nostre.
Cos sar di Claudio, senza dubbio:
quando questi sapr che la ragazza
morta ad ascoltar le sue parole,
l'immagine di lei, di Ero viva,
s'insinuer pian piano, con dolcezza,
nel suo rimeditare l'accaduto,
ed ogni vago aspetto di lei viva
si ripresenter davanti a lui,
nell'intima visione del suo animo,
in veste pi preziosa e pi toccante,
pi palpitante di grazia vitale
di quanto ella era viva e respirava;
ed egli allora la rimpianger,
se mai amore gli tocc le viscere,
e vorr non averla mai accusata,
anche se quell'accusa
gli apparisca ancor vera e ben fondata.
Fate come vi dico, e siate certo
che il seguito modeller gli eventi
in miglior forma ch'io possa dar loro
raffigurandoli come probabili.
Che se poi tutto questo mio disegno
avesse a dimostrarsi negativo,
il pensiero che la fanciulla morta
raffredder da solo nelle menti
la sbigottita idea della sua infamia;
e, finalmente, se tutte le cose
non andassero per il loro verso,
potrete sempre aver l'alternativa
di tenere occultata vostra figlia
nella maniera che s'addica meglio
alla infamata sua reputazione:
mandandola, ad esempio, in un convento
in clausura ed in pia comunit,
via dagli sguardi e dalle male lingue,
dai cattivi giudizi e dagli insulti.
BENEDETTO -
Signor Leonato,(89) date retta al frate,
seguite il suo consiglio.
Voi sapete di che profondo affetto
io sia legato al principe ed a Claudio;
ma vi posso giurare sul mio onore
che mi vorr portare in questo affare
con tanta segretezza e discrezione
quanto ne adoprerebbe la vostra anima
a occuparsi del vostro stesso corpo.
LEONATO -
Mi trovo in tale oceano di dolore,
che m'aggrappo alla minima pagliuzza.(90)
FRATE FRANCESCO -
Saggio consenso. Quindi avanti, all'opera!
A mali estremi, estremi rimedii.
(A Ero)
Ors, dunque, figliola:
sarete morta, ma solo per vivere.
Forse per voi il giorno delle nozze
solo rinviato. Per intanto
siate solo paziente e rassegnata.
(Escono Frate Francesco, Leonato ed Ero)
BENEDETTO -
E voi, Beatrice, a piangere
per tutto questo tempo?
BEATRICE -
E pianger, per molto tempo ancora.
BENEDETTO -
Spero tanto che non dobbiate farlo.
BEATRICE -
Non avete ragione di sperarlo:
se piango per mio libero volere.
BENEDETTO -
Alla cugina vostra, son sicuro,
stato fatto un maledetto torto.
BEATRICE -
Oh quale merito s'acquisterebbe
con me quell'uomo che lo vendicasse!
BENEDETTO -
E in che modo dovrebbe comportarsi
per acquistarsi una tale amicizia?
BEATRICE -
Il modo c'; sol che manca l'amico.
BENEDETTO -
Il modo: cosa che pu fare un uomo?
BEATRICE -
Sicuramente, compito da uomo,
ma non siete voi quello...
BENEDETTO -
E tuttavia nessuna cosa al mondo
m' cara pi di voi. Non vi par strano?
BEATRICE -
Strano come ogni cosa che non so.
Avrei potuto anch'io potervi dire
di non amare nulla pi di voi;
ma non credeteci, per carit...
anche se non mentisco a dichiararvelo.
Insomma, nulla affermo e nulla nego..
Povera mia cugina!...
BENEDETTO -
Per la mia spada,(91) Beatrice, tu m'ami!
BEATRICE -
Per carit, non fate giuramenti!
E questo rimangiatevelo subito.
BENEDETTO -
Giuro su questa spada che tu m'ami,
e ricaccer in gola la parola
a chiunque ti dica che non t'amo!
BEATRICE -
Ohim, Dio mi perdoni!...
BENEDETTO -
Di qual peccato, Beatrice cara?
BEATRICE -
Eh, m'avete interrotta proprio in punto...
in punto ch'ero anch'io per dirvi: io v'amo.
BENEDETTO -
E dimmelo, Beatrice, a pieno cuore!
BEATRICE -
Ahim, tanto il cuore con cui t'amo,
che non me ne rimane pi per dirtelo.
BENEDETTO -
Comandami di far qualunque cosa,
io la far per te.
BEATRICE -
Uccidi Claudio!
BENEDETTO -
Ah, questo proprio no, per tutto il mondo!
BEATRICE -
Se ti rifiuti, uccidi me. Addio.
(Fa per andarsene)
BENEDETTO -
No, resta qui, Beatrice mia dolcissima.
BEATRICE -
Se pur restassi, da te son gi via;
d'amore in te non c' nemmeno l'ombra.
Lasciami andare, dunque.
BENEDETTO -
Ma, Beatrice...
BEATRICE -
Parlo sul serio, me ne voglio andare.
BENEDETTO -
Prima dobbiam far pace.
BEATRICE -
Sei pi eroe nel dirmi di far pace
che nel batterti contro un mio nemico.
BENEDETTO -
tuo nemico Claudio?
BEATRICE -
Nemicissimo!
Non s' mostrato, forse, quel signore,
un farabutto della peggior risma
nel calunniare, nel disonorare,
nel coprire d'ingiurie mia cugina?
Ah, fossi io un uomo!...
L'ha corteggiata, l'ha portata in giro
fino al momento di condurla a nozze,
e l, davanti a tutti, all'improvviso,
gettarle addosso calunniose accuse
con spietato rancore... Ah, fossi un uomo!
Il cuore in piazza gli divorerei.
BENEDETTO -
Ascoltami, Beatrice...
BEATRICE -
Lei, di notte,
parlare con un uomo alla veranda!
Che stupenda trovata!...
BENEDETTO -
Beatrice...
BEATRICE -
Povera dolce Ero! Calunniata,
insultata, per sempre rovinata....
BENEDETTO -
Beatri...
BEATRICE -
Principi e conti...
Una testimonianza principesca!
Un bravo conte, un fior di zerbinotto,
conte Confetto...(92) Un uomo vorrei essere,
soltanto per vedermela con lui!
Avessi almeno a fianco a me un amico
che facesse da uomo in vece mia.
Ma la virilit, da queste parti,
s' ingaglioffita in coccole, in inchini;
il coraggio si perde in baciamani,
gli uomini son ridotti tutta lingua,
anche i pi preparati fra di loro,
ed tenuto eroico quanto un Ercole
chi bravo appena a dire una bugia
e a farci sopra grandi giuramenti.
Ma io cangiarmi in uomo, ahim, non posso
solo col dire di desiderarlo.
Perci morir donna, e indispettita!
(Fa di nuovo per andarsene)
BENEDETTO -
Beatrice, aspetta; per questa mia mano,
giuro che t'amo.
BEATRICE -
E allora quella mano,
se m'ami, vedi di usarla altrimenti
che non a farci sopra giuramenti.
BENEDETTO -
Dimmi, in coscienza: sei proprio convinta
che Claudio abbia voluto ingiustamente
far torto a Ero?
BEATRICE -
Ne sono sicura
come d'avere in me una mente e un'anima.
BENEDETTO -
Basta questo. Ritienimi impegnato
a sfidarlo ed a battermi con lui.
Ora ti bacio la mano e ti lascio.
(Le prende la destra, la bacia e la trattiene)
Ecco, per questa mano il signor Claudio
dovr rendermi un conto assai salato.
Giudicherai di me da quel che udrai.
Va' ora a confortare tua cugina.
Devo dire che morta. Bene. Addio.
(Escono da parti opposte)
SCENA II - Una prigione
Entrano CORNIOLA, VERGA, lo SCRIVANO della citt, il SACRESTANO, entrambi con le toghe del loro uffizio; quindi gli uomini della ronda che conducono in manette BORRACIO e CORRADO
CORNIOLA -
al completo la nostra dissemblea?(93)
VERGA -
Portate uno sgabello da sedere
ed un cuscino per il sagrestano.(94)
(Un uomo della ronda porta uno sgabello e un cuscino, il sagrestano vi siede. Lo scrivano siede ad un tavolo)
SCRIVANO -
Chi sono allora questi malfattori?
CORNIOLA -
Per la Vergine, quelli siamo noi,
il sottoscritto col collega Verga.(95)
VERGA -
Proprio cos, sicuro: spetta a noi
d'esaminar le loro esibizioni.(96)
SAGRESTANO -
Va bene, ma chi sono i malfattori
da esaminare? Si facciano avanti,
vengano innanzi al nostro Connestabile.
CORNIOLA -
S, che vengano qui, davanti a me.
(I due vengono spinti avanti)
(A Borracio)
Messere, tu com' che fai di nome?
BORRACIO -
Borracio.
CORNIOLA -
(Allo scrivano)
Prego scrivere: "Borracio".
(A Corrado)
E tu canaglia?
CORRADO -
Io faccio Corrado,
e sono un gentiluomo.
CORNIOLA -
(Allo scrivano)
Prego scrivere:
"Signor mastro Corrado Gentiluomo".
Mastri, siete voi servi del Signore?
I DUE -
S, signore, e speriamo di servirlo.
CORNIOLA -
Scrivete: "Sperano servire Dio".
Ma attento a scriver "Dio" avanti a tutto,
ch - Dio ne guardi - solamente Dio
pu stare avanti a certi criminali!
Signori miei, abbiamo gi la prova
che siete due furfanti traditori,
o poco meno, e manca proprio poco
che tali siate ritenuti entrambi.
Che avete da rispondere a discolpa?
CORRADO -
Che non lo siamo, diamine, signore!
CORNIOLA -
Spiritoso il compare! Bella roba!
Ma con te voglio andare fino in fondo.
Avvicinati, pezzo da galera,
una parola all'orecchio, compare:
ti dico che si pensa che voi due
siete dei malfattori traditori.
BORRACIO -
Ed io vi nego che noi siamo tali.
CORNIOLA -
Bene, adesso, scostatevi da qui.
(A parte allo scrivano)
Si son messi d'accordo, giuraddio,
a dir che non lo sono.
Avete scritto che non sono tali?
SAGRESTANO -
Questa per non la giusta via
per l'istruttoria, mastro Connestabile.
Dovete prima far venir la ronda:
sono loro che devono accusarli.
CORNIOLA -
Gi, quella la via pi sbrigativa.(97)
Venga avanti la ronda.
(Gli uomini della ronda si fanno avanti)
Signori, v'ordino in nome del principe
d'accusare questi uomini.
PRIMA GUARDIA -
Io, signore, ho sentito che quest'uomo
(Indica Borracio)
diceva a quello l che Don Giovanni,
il fratello del principe, un furfante.
CORNIOLA -
Sagrestano, si scriva: "Don Giovanni,
il fratello del principe, un furfante."
Beh, questo uno spergiuro bello e buono
chiamar furfante il fratello del principe.
BORRACIO -
Ma, signor Connestabile...
CORNIOLA -
Silenzio!
Quella tua faccia non mi piace affatto,
te lo prometto io!
SAGRESTANO -
(Alla seconda guardia)
E che altro hai sentito che diceva?
SECONDA GUARDIA -
Beh, diceva d'aver avuto in premio
da Don Giovanni un migliaio di scudi
per aver calunniato Monna Ero.
CORNIOLA -
Truffa flagrante, se mai se n' viste!
VERGA -
Eh, s, flagrante, per la santa messa!
SAGRESTANO -
(Alla prima guardia)
E tu, che altro udisti che diceva?
PRIMA GUARDIA -
Che il conte Claudio, dopo aver udito
le parole che lui gli aveva detto,
si propose di svergognare Ero
avanti a tutti, e non sposarla pi.
CORNIOLA -
Oh, massimo furfante!
Questo ti frutter, n pi n meno,
la condanna alla redenzione eterna!(98)
SAGRESTANO -
Che altro?
PRIMA GUARDIA -
tutto.
SAGRESTANO -
(Ai due)
Ebbene, miei signori,
pi di quanto possiate negare.
Il principe Giovanni stamattina
se l' svignata in tutta segretezza.
Ed Ero fu accusata e ripudiata
proprio nei modi e nelle circostanze
che sono state dette da costoro;
ed stato il dolore
per tutto ci ad ucciderla all'istante.
Che questi uomini, mastro Connestabile,
siano legati e tradotti senz'altro
in casa di Leonato.
Io vi precedo per fargli vedere
il verbale dell'interrogatorio.
(Esce)
CORNIOLA -
Avanti, ammanettateli!
VERGA -
Alle mani!
Le manette si mettono alle mani.
CORRADO -
Sta' lontano, babbione!
CORNIOLA -
Dio m'aiuti! Dov' il sagrestano?
S'ha da annotare, qua, nero su bianco:
"Funzionario del principe, babbione".
Legateli.
(Fa per ammanettare Corrado, ma questo lo respinge)
CORRADO -
Via, pezzo d'asino! Sei proprio un asino!
CORNIOLA -
Tu non sospetti(99) dunque la mia carica?
Non sospetti i miei anni?... Ah, il sagrestano,
se fosse qui a mettere a verbale
"pezzo d'asino"! Per voi, signori,
ricordatelo bene: io sono un asino.
Anche se non scritto nel verbale,
ch'io sono un asino, non lo scordate.
(A Corrado)
No, vile manigoldo,
tu respiri piet da tutti i pori,(100)
come si prover contro di te
da bravi testimoni. Io, per tua regola,
sono un cervello fino;
e per di pi un pubblico uffiziale,
e per di pi sono un capofamiglia
benestante, e, quello che pi conta,
un buon tocco di carne battezzata,
s'altri ce n' a Messina; e sono uno
che conosce, va' l, bene la legge,
e, va' l, anche ricco a sufficienza;
va' l, e anche uno
che n'ha passate tante, ed ha due toghe
e tanta bella roba intorno a s.
(Alle guardie della ronda)
Su, portateli via!
(Tra s)
Oh, fosse risultato scritto agli atti
ch'io sono un asino....
(Escono tutti)
ATTO QUINTO
SCENA I - Davanti alla casa di Leonato
Entrano LEONATO e ANTONIO
ANTONIO -
Se continui cos, andr a finire
che ci perdi la vita; non saggio
da parte tua assecondar cos
contro te stesso questa tua ambascia.
LEONATO -
Fratello mio, ti prego,
risparmiati di darmi altri consigli;
che m'entran nelle orecchie
con lo stesso profitto di tant'acqua
versata in un setaccio. Io consigli
non ne voglio ricever da nessuno;
e nessuno, che non sia tribolato
come son io, mi venga a deliziare
le orecchie con parole di conforto.
Conducimi qui un padre
che amasse come me la sua creatura
e si veda distrutte in questo modo
tutta la gioia e la felicit
in lei riposte, e digli che sia lui
a consigliarmi la rassegnazione;
misura il suo dolore con il mio,
s che in intensit come in durata
pena risponda a pena, fitta a fitta,
sotto ogni tratto, aspetto, lineamento:
se vedrai che un tal uomo sia capace
di sorridere o di lisciarsi il mento,
o irridere al dolore con un "ehm!",
quando invece dovrebbe urlare e gemere;
o che cerchi di rattoppar l'angoscia
con l'antica saggezza dei proverbi,
e ubriacare la sua malasorte
con nottate passate sopra i libri
e relativo spreco di candele....
quest'uomo allora portalo da me
e io apprender da lui il segreto
di sopportare con rassegnazione.
Ma un tal uomo non c': perch, fratello,
tutti noi siamo bravi a dar consigli
e dispensar parole di conforto
per i dolori altrui; se siamo noi
a provarli, d'un subito i consigli
si mutano in passione disperata;
e siam gli stessi che al dolore altrui
pretendevamo offrir la medicina
delle assennate nostre prescrizioni,
e incatenare con un fil di seta
la furia scatenata dell'ambascia,
e mitigar la ferita con l'aria
e l'agonia con le belle parole.
No, no: parlare di rassegnazione
a chi si trova oppresso dal dolore
pu essere un impulso naturale,
ma non c' uomo di tanta virt
da predicare la rassegnazione
il giorno che dovesse esser colpito
esso stesso da ugual tribolazione.
Perci niente consigli: il mio dolore
ha tale voce da gridar pi forte
di qualunque consiglio o insegnamento.
ANTONIO -
Com' vero che gli uomini
in certe cose sono sempre bambini!
LEONATO -
Ti prego, basta adesso: questo sono,
e questo voglio rimanere, tutto,
carne e sangue; giacch nessun filosofo
seppe mai sopportare stoicamente
nemmeno il pi banale mal di denti,
anche se tutti ne han potuto scrivere
in uno stile degno degli di
ed abbiano guardato con sussiego
ai casi ed ai malanni della vita.
ANTONIO -
Non caricare per tutto il male
sulle tue spalle, fallo scaricare
anche su quelli che l'han provocato.
LEONATO -
In questo tu hai ragione,
ed io cos far: la mia coscienza
mi dice che Ero stata calunniata;
e questo Claudio lo dovr sapere,
e cos il principe e tutti gli altri
che si sono associati ad infamarla.
ANTONIO -
Eccoli, il principe Don Pedro e Claudio,
che passano di qua, assai di fretta.
Entrano, senza fermarsi, DON PEDRO e CLAUDIO
DON PEDRO -
Salve, salve!
CLAUDIO -
Buona giornata a entrambi.
LEONATO -
(Rincorrendoli)
Signori, una parola...
DON PEDRO -
Abbiam fretta, Leonato, molta fretta!
LEONATO -
Fretta, eh, mio signore!... Molta fretta!
E allora, addio!... Ah, tanta fretta, eh?....
Bah, per me fa lo stesso!
DON PEDRO -
(Fermandosi)
Evvia, buon vecchio,
non vorrete attaccar briga con noi.
ANTONIO -
S'egli attaccando briga,
potesse farsi giustizia da s,
qualcuno qui starebbe steso a terra.
CLAUDIO -
Chi gli fa offesa?
LEONATO -
Tu mi fai offesa,
per la Vergine, tu, impostore, tu!
... e non mettere mano alla tua spada,
che non mi fai paura!
CLAUDIO -
Che questa mano mi si rinsecchisca
se debba esser causa di paura
alla vostra vecchiaia.
In fede mia, m' corsa sulla spada
senza alcuna intenzione.
LEONATO -
Giovanotto,
non scherzare o pensare di schernirmi.
Non parlo come un pazzo o un rimbambito
che dietro il privilegio dell'et
si metta qui a vantarsi inutilmente
di tutto quel che ha fatto in giovent,
o che farebbe, se non fosse vecchio.
Sappilo, Claudio, te lo dico in faccia:
hai recato una tale atroce offesa
all'innocente mia figliola e a me,
ch'io mi vedo costretto a non far conto
dell'et rispettabile che porto
e, nonostante i miei capelli grigi
e gli acciacchi di tante primavere,
a sfidarti in duello. Io qui dichiaro
che tu coscientemente hai calunniato
l'innocente mia figlia,
e che stata l'infame tua calunnia
a trapassarle fino in fondo il cuore,
s ch'ella si giace ora sottoterra
insieme coi suoi avi, in un sepolcro
dove non pos mai nessuno scandalo
tranne questo, di cui ella fu vittima,
montato dalla tua scelleratezza.
CLAUDIO -
La mia scelleratezza?...
LEONATO -
Hai ben capito, Claudio, s, la tua.
DON PEDRO -
Vecchio, tu parli a torto.
LEONATO -
Dico il vero,
e son pronto a provarlo sul mio corpo,
signore, s'egli ha il fegato di battersi,
senza minimamente preoccuparmi
del suo talento nel tirar di spada,
del suo costante esercizio di esso,
della sua giovent, del suo vigore.
CLAUDIO -
Eh, via, con voi non voglio aver querela!
LEONATO -
Ah, cos che cerchi di cavartela?
Hai ucciso mia figlia: uccidi me,
ragazzo, avrai almeno ucciso un uomo!
ANTONIO -
(Interponendosi tra Claudio e Leonato,
spada in pugno)
Non uno solo, due ne uccider,
ma uomini. Ma ora basta uno:
che si misuri con me, e mi vinca.
Avanti, seguimi, ragazzo, vieni,
avanti, signorino, appresso a me:
ti toglier la voglia degli affondi,
ti fruster con la tua stessa lama,
quant' vero che sono un gentiluomo!
LEONATO -
Fratello...
ANTONIO -
Tu sta' buono, statti l,
calmo e tranquillo. Dio soltanto sa
quanto mi fosse cara mia nipote.
Ed ella morta, ed ella non c' pi!
E ad ucciderla stata la calunnia
montata da furfanti scellerati
che hanno tanto coraggio di rispondere
ad una sfida qui, da uomo a uomo,
quanto n'ho io di prendere un serpente
con la lingua: mocciosi scimmiottoni,
spacconcelli vigliacchi e smidollati.
LEONATO -
Fratello Antonio...
ANTONIO -
Tu sta' calmo, ho detto,
ch'io questa gente la conosco bene;
so per filo e per segno quanto pesano:
scimmie alla moda, mentitori, bari,
beffeggiano, disprezzano, calunniano,
si pavoneggiano grottescamente
mostrando a tutti una faccia spavalda,
e con poche parole da sbruffoni
son capaci di dirti come e quando
sapranno dare una buona lezione
ai lor nemici... avendone il coraggio...
ma questo tutto...
LEONATO -
Ma fratello Antonio...
ANTONIO -
Tu lascia fare a me, non t'immischiare.
Me la voglio vedere io da solo.
DON PEDRO -
Signori, lungi da noi l'intenzione
di provocare la vostra pazienza.
Sono sinceramente addolorato
che vostra figlia sia morta, Leonato;
ma, sul mio onore, non c' stata accusa
di quante furon fatte su di lei
che non fosse verissima e provata.
LEONATO -
Mio signore...
DON PEDRO -
Non voglio sentir nulla!
LEONATO -
Ah, no? Vieni, fratello, andiamo via.
Sapr ben io come farmi sentire!
ANTONIO -
E lo devi, o qualcuno pagher!
(Esce con Leonato)
Entra BENEDETTO
DON PEDRO -
Guarda, guarda chi arriva!
L'uomo che appunto andavamo cercando.
CLAUDIO -
(A Benedetto)
Ebbene, signor mio, che novit?
BENEDETTO -
(Ostentatamente senza badargli, al principe)
Salute a voi, signore!
DON PEDRO -
E ben trovato a voi, mio caro amico.
Arrivi giusto in tempo
per separare una mezza baruffa.
CLAUDIO -
S, stavamo per essere azzannati
pel naso da due vecchi senza denti...
DON PEDRO -
... Leonato e suo fratello. Che ne pensi?
Se fossimo arrivati ad azzuffarci,
non so davvero se, di fronte a loro,
ci saremmo mostrati troppo giovani.
BENEDETTO -
Non c' valore in una lite ingiusta.
Ero in cerca di voi.
CLAUDIO -
E noi di te,
che t'abbiamo cercato dappertutto,
per via che ci sentiamo, tutti e due,
un maledetto umore malinconico
e vorremmo scrollarcelo di dosso.
Vuoi sollevarci tu, con il tuo spirito?
BENEDETTO -
Sta nel fodero, devo trarlo fuori?
DON PEDRO -
Non te lo porti mica appeso al fianco,
il tuo spirito, eh?
CLAUDIO -
Cos non s' mai visto prima d'ora,
anche se molti l'hanno per traverso.(101)
Ma io ti chiedo di tirarlo fuori
come si chiederebbe a un menestrello
di trarre dal suo fodero il liuto.
Tiralo fuori e rallegraci un po'.
DON PEDRO -
Parola d'onest'uomo, ha il viso pallido.
Ti senti poco bene? Sei arrabbiato?
CLAUDIO -
Coraggio, giovanotto! Il malumore
si dice che abbia ucciso pure i gatti,(102)
ma tu ti porti in corpo tanto spirito
da uccidere qualunque malumore.
BENEDETTO -
Signore, se vuoi fare dello spirito
sopra di me, partendo lancia in resta,
mi trovi pronto a respinger la carica.
Scegliti un altro tema, per favore.
CLAUDIO -
Beh, forniamogli allora un'altra lancia,
visto che questa gli si rotta in mano.
DON PEDRO -
Ma vedo che si fa sempre pi scuro.
Per la luce del giorno,
arrabbiato sul serio questa volta!
CLAUDIO -
S' davvero arrabbiato,
lui sa come girarsi la cintura.(103)
BENEDETTO -
Posso dirti all'orecchio una parola?
CLAUDIO -
Cos', una sfida? Me ne guardi Iddio!
BENEDETTO -
Tu sei un gran balordo!
Non scherzo, bada, e son pronto a provartelo
come vorrai, con l'arma che vorrai,
quando vorrai. Dammi soddisfazione,
o proclamo che sei un gran vigliacco.
Hai ucciso una dolce creatura,
e la sua morte ricadr su te,
pesantemente. Aspetto una risposta.
CLAUDIO -
Io son pronto a incontrarti quando vuoi,
purch ci sia da stare in allegria...
DON PEDRO -
Di che si tratta? Una festa? Un banchetto?
CLAUDIO -
Infatti, e devo proprio ringraziarlo:
m'ha invitato a una tavola imbandita
con cappone e testina di vitello;
se non mi riuscisse di scalcarlo,
dite pure che il mio coltello bolso.
E non ci sar pure un beccaccino?
BENEDETTO -
Che spirito, messere! Va al buon trotto,
si vede ch' di facile andatura.
DON PEDRO -
Ti dir allora come Beatrice
l'altro giorno lodasse quello tuo.
Io le dicevo appunto, compiacendomi,
di che spirito fine sei dotato,
ed ella: "Vero - disse - tanto fine
che non si vede." "No - ribatto io -
un grosso spirito". "S, s - fa lei -
tanto grosso da esser grossolano".
"Ma no - le insisto - uno spirito buono".
"Infatti ha un tale spirito - fa lei -
incapace di far male a nessuno".
Ed io: "Insomma, un saggio gentiluomo".
"Saggio, s, la saggezza dell'allocco".(104)
"Eppoi - dico - possiede molte lingue".(105)
"Ah, questo s, lo credo - mi risponde -
figuratevi che luned sera
m'ha giurato una cosa, e l'indomani,
marted, gi se l'era rimangiata!
Questo vuol dire avere doppia lingua,
cio due lingue..." E cos via di seguito,
per circa un'ora, sempre a travisare,
ironizzando, le tue qualit,
per concludere, con un sospirone,
che sei l'uomo migliore in tutta Italia.
CLAUDIO -
E l scoppiata a piangere,
dicendo tra le lacrime che in fondo
di te non le importava proprio niente.
DON PEDRO -
... Ma soggiungendo che, malgrado tutto,
se non ti detestasse mortalmente,
t'amerebbe, appassionatamente...
La figliola del vecchio Leonato
ci aveva detto tutto.
CLAUDIO -
Tutto, tutto.
E per di pi, l'occhio di Dio l'ha visto
quando andato a nascondersi in giardino.
DON PEDRO -
Ma quando pianteremo sulla fronte
sensitiva del saggio Benedetto
due belle corna di toro selvatico?
CLAUDIO -
Gi, e con sotto il cartello:
"Questo di Benedetto,
"uomo ammogliato il tetto"?
BENEDETTO -
Addio, ragazzo, t'ho detto il mio animo.
Vi lascio ai vostri umori da pettegole.
Voi svolazzate in aria i vostri frizzi
come le loro spade gli smargiassi,
che non fanno alcun male, grazie a Dio,
(A Don Pedro)
Signore, delle vostre cortesie
vi resto grato, ma sono costretto
a lasciare la vostra compagnia.
Vostro fratello bastardo fuggito
da Messina stanotte; tutti e tre,
voi due insieme a lui, avete ucciso
una fanciulla dolce ed innocente.
In quanto al nostro conte sbarbatello,
(Indica Claudio)
ce la vedremo dopo, tra noi due.
Fino allora, se ne stia pure in pace.
(Esce)
DON PEDRO -
Perbacco, fa sul serio.
CLAUDIO -
S, quanto pi sul serio, e tutto questo
per amor di Beatrice, garantito.
DON PEDRO -
E t'ha sfidato a batterti con lui.
CLAUDIO -
Con tutto il fegato e tutte le regole.
DON PEDRO -
Che bella cosa l'uomo,
quando se n'esce in braghe e giustacuore
da casa, e lascia l tutto il giudizio.
CLAUDIO -
Un gigante rispetto ad una scimmia,
diventa allora; solo che la scimmia
rispetto a un uomo simile, un dottore.
DON PEDRO -
Ma basta adesso. Ritorniamo a noi.
Cuor mio, sta' saldo, e andiamo ad occuparci
di pi serie faccende: non ha detto
che mio fratello fuggito stanotte?
Entrano CORNIOLA, VERGA e gli uomini della ronda recando in ceppi CORRADIO e BORRACIO
CORNIOLA -
(A Borracio)
Vieni avanti, compare, vieni avanti.
Se la giustizia non sapr domarti,
vuol dire proprio che sulla bilancia
non le rimasto un grano di ragione!
Tu sei un maledetto maldicente,
per cui si dovr ben tenerti d'occhio.
DON PEDRO -
Come! Due uomini di mio fratello,
in arresto? E Borracio uno di loro?
CLAUDIO -
Fatevi dire che colpa han commesso.
DON PEDRO -
Guardie, che cosa han fatto questi due
per essere arrestati?
CORNIOLA -
Eh, monsignore,
hanno commesso falsa diceria,
e in pi hanno detto false verit;
secondo, sono dei calunniatori;
sesto ed ultimo - se li porti il diavolo! -
hanno macchiato il nome di una dama;
terzo, hanno fatto creder d'esser vere
cose che invece erano falsissime;
e insomma son furfanti mentitori.
DON PEDRO -
Primo, ti chiedo che cosa hanno fatto;
terzo, quale reato hanno commesso;
sesto ed ultimo, perch sono in ceppi.
E, in conclusione, di che li si accusa.
CLAUDIO -
Ben ragionato, e nell'ordine logico
dello stesso suo filo, in fede mia!
Un quesito sotto diverse facce.
DON PEDRO -
(A Borracio e Corrado)
Messeri, ditemi chi avete offeso
per esser stati costretti a risponderne
in quest'arnese; ditemelo voi,
perch questo erudito Connestabile
troppo bravo perch'io lo capisca.
Insomma, di che colpa vi si accusa?
BORRACIO -
Magnanimo signore,
dopo che avr finito di rispondervi,
ch'io non viva un sol attimo di pi.
Ascoltate di qual nero misfatto,
io sono reo e questo signore Conte
subito dopo sia pronto ad uccidermi.
Quel che ho fatto vedere agli occhi vostri
era tutto un inganno: la realt,
ch'era stata celata ai vostri sensi,
stata poi portata in piena luce
da queste teste vuote di babbei
(Indica gli uomini della ronda)
che stavano origliando nella notte
mentre dicevo a questo mio collega
(Indica Corrado)
come e qualmente il principe Giovanni,
vostro fratello, m'avesse coinvolto
nel suo disegno di coprir d'infamia
madonna Ero, e come entrambi voi
foste da lui condotti a bella posta
nel giardino, perch vedeste me
far l'amore con Margaret,
abbigliata con gli abiti di Ero;
(Rivolto a Claudio)
e come voi l'aveste svergognata
avanti a tutti, invece di sposarla.
Se non fosse che questo mio delitto
consacrato in pubblico verbale,
ci avrei messo il suggello del silenzio
con la mia stessa morte,
piuttosto che doverlo raccontare
a mia cocente ed infinita infamia!
Perch fu a causa delle false accuse
montate su da me e dal mio padrone
che la fanciulla morta. A farla breve,
io null'altro desidero da voi
che la paga dovuta a un malfattore.
DON PEDRO -
(A Claudio)
Questi accenti non t'entrano nel sangue
come la fredda lama d'un pugnale?
CLAUDIO -
Ho inghiottito veleno ad ogni lettera.
DON PEDRO -
(A Borracio)
E ad istigarti a ci fu mio fratello?
BORRACIO -
E me n'ha ben assai remunerato.
DON PEDRO -
Quell'uomo un vero impasto di perfidia.
E dopo il suo misfatto, s' squagliato....
CLAUDIO -
Oh, dolcissima Ero! La tua immagine
mi ricompare nella sua sembianza
rara e soave, che per prima ho amato!
CORNIOLA -
I querelanti(106) sian portati via!
Il sagrestano avr gi riformato(107)
della faccenda il padre della giovane.
E voi, signori, non dimenticate,
a tempo e luogo quando servir,
di dichiarare che io sono un asino.
VERGA -
Ecco il signor Leonato e il sagrestano.
Entrano LEONATO, ANTONIO e il SAGRESTANO
LEONATO -
Dov' l'infame? Ch'io lo veda in faccia,
cos che se ne incontro un altro simile,
possa scansarlo. Chi, di questi due?
BORRACIO -
Guardate me, se volete vederlo.
LEONATO -
Tu sei dunque il vilissimo ribaldo
ch'ha ucciso l'innocente mia creatura
col suo fiato?
BORRACIO -
Son io, ed io soltanto.
LEONATO -
No, sciagurato, tu menti a te stesso!
Ci sono qui due fior di galantuomini
(ce n'era un terzo, ma s' dileguato)
che han messo mano anch'essi a questo crimine.
Principi, per la morte di mia figlia
io vi ringrazio: potete vantarla
tra le pi alte e degne vostra gesta!
Fu davvero un bell'atto d'eroismo
da parte vostra, a ripensarci bene!
CLAUDIO -
Non so in che modo chiedervi perdono.
Non mi viene da dirvi altro che questo:
scegliete la vendetta che volete,
imponetemi quella penitenza
che avrete giudicato la pi adatta
per me ad espiar questo peccato,
anche se frutto d'un tragico inganno.
DON PEDRO -
Cos, come, vi giuro, stato il mio.
E tuttavia, per dar soddisfazione
a questo venerabile vegliardo,
son pronto a prender su di me ogni peso
ch'ei volesse decidere d'impormi.
LEONATO -
Non posso certo pensare d'imporvi
di far tornare a vivere mia figlia:
ci sarebbe impossibile;
posso pregare, tuttavia, entrambi
di proclamare in pubblico, a Messina,
ch'ella morta innocente e immacolata;
e se l'amore possa mai ispirarvi
qualche forma ufficiale di compianto,
recatevi stanotte alla sua tomba,
e lasciatevi appeso un epitaffio,
accompagnandone i versi col canto.
Domani poi venite di buon'ora
a casa mia. Se vero che la sorte
non ha voluto che foste mio genero,
potreste diventare mio nipote:
Antonio, mio fratello, ha una figliola
quasi una sosia di mia figlia morta,
unica e sola erede di noi due.
Se a lei darete il nome ed i diritti
che avreste dato a sua cugina Ero,
sar sopita in me ogni vendetta.
CLAUDIO -
Signore nobilissimo,
l'eccesso della vostra cortesia
mi commuove alle lacrime.
Di cuore accetto questa vostra offerta.
Disponete di me d'ora in avanti
e d'ogni cosa di mia pertinenza.
LEONATO -
Bene, v'aspetto domattina a casa.
Per questa notte, devo congedarmi.
Questo bieco individuo
(Indica Borracio)
sar messo a confronto con la Margaret,
che ha pur essa, credo, la sua parte
in questa scellerata messa in scena,
anche se al soldo del fratello vostro.
BORRACIO -
No, sull'anima mia, ella non c'entra!
Non v'ebbe alcuna parte, ve lo giuro,
nel parlare con me dalla veranda.
stata sempre, per quanto ne sappia,
una ragazza virtuosa ed onesta.(108)
CORNIOLA -
E per di pi, signore,
anche se non risulta registrato,
nero su bianco, questo querelante,
o reo confesso, m'ha chiamato asino.
E prego che di questo sia menzione
nella sentenza; ed anche che la ronda
li sent nominare un tal Deforme,
uno che porta una chiave all'orecchio
ed una treccia di capelli appesa,
come dicono, e chiede soldi in prestito
"nel nome del Signore" - la qual cosa
fa da gran tempo - senza mai ridarli,
s che alla gente s' indurito il cuore
e nessuno vuol pi prestar danaro
a Messina, "nel nome del Signore".
Vi prego di indagarlo su tal punto
quando gli fate l'interrogatorio.
LEONATO -
Ti ringrazio per la tua diligenza
e per le coscienziose tue premure.
CORNIOLA -
Vossignoria favella come un giovane
molto riconoscente e reverente,
e prego Dio che voglia benedirvi.
LEONATO -
(Dandogli del denaro)
Toh, prendi questo per il tuo disturbo.
CORNIOLA -
Che Dio protegga la pia fondazione!(109)
LEONATO -
Va' pure, penso io al prigioniero.
CORNIOLA -
Vi lascio tra le mani, signoria,
un furfante della peggiore risma
il quale prego vostra signoria
che cerchi di correggersi da s(110)
per dare esempio agli altri come lui.
Che Dio conservi vostra signoria
con ogni benefizio ed in salute.
Vi do umilmente licenza di andarmene
con l'augurio - che Dio ne scampi e liberi -
d'un altro lieto incontro come questo.
Collega Verga, noi possiamo andare.
(Esce con Verga)
LEONATO -
Signori, ci vediamo domattina.
ANTONIO -
Arrivederci, signori. A domani.
DON PEDRO -
Non mancheremo.
CLAUDIO -
Ed io stanotte stessa
far il compianto alla tomba di Ero.
(Escono Don Pedro e Claudio)
LEONATO -
(Agli uomini della ronda)
Conducete con voi questi furfanti.
Noi andiamo a sentire ora da Margaret
dove e come ella ha fatto conoscenza
con questo scellerato delinquente.
(Escono tutti)
SCENA II - Stanza nella casa di Leonato
Entrano BENEDETTO e MARGARET, incontrandosi
BENEDETTO -
Sii gentile, ti prego, monna Margaret,
fammi il pi meritorio dei favori:
aiutami a incontrare Beatrice.
MARGARET -
Mi scriverete, in cambio, un bel sonetto
in lode e gloria della mia bellezza?
BENEDETTO -
Oh, s! E d'uno stile s elevato,(111)
che nessun uomo sapr scavalcarlo,
perch ad onor del vero te lo meriti.
MARGARET -
Nessun uomo sapr montarmi sopra?
Son dunque condannata
a restare per sempre al piano-terra?
BENEDETTO -
Il tuo spirito coglie tutto a volo
come la bocca d'un cane levriero.
MARGARET -
Il vostro invece piuttosto spuntato
come la punta d'un'arma da scherma
che dove tocca non lascia ferita.
BENEDETTO -
Uno spirito veramente maschio
non far mai ferita a donna, Margaret.
Perci, ti prego, chiamami Beatrice,
e ti rendo gli scudi.(112)
MARGARET -
Rendeteci le spade, ch di scudi
ci abbiamo quelli nostri.
BENEDETTO -
Se li usate, per, badate, Margaret,
ad avvitarci al centro uno spunzone,
perch son armi assai pericolose
per le ragazze vergini.
MARGARET -
Va bene, andr a chiamarvi Beatrice,
che penso ha buone gambe...
BENEDETTO -
Ed io l'aspetto.
(Esce Margaret)
(Canticchiando solo)
"Il dio dell'amore
"che lass in alto sta,
"ben lo sa, ben lo sa
"ch'io merito piet..."
... nell'udirmi cantare, voglio dire,
perch quanto all'amore, n Leandro,
il leggendario bravo nuotatore,(113)
n Troilo, il primo ad impiegar ruffiani,(114)
n tutta l'infinita litania
di questi cavalieri da salotto,(115)
i cui nomi ancor oggi filan dolci
sulle spianate vie del verso sciolto,(116)
nessuno, dico, di tutti costoro,
mai stato voltato e rivoltato
tanto in amore quanto me meschino.
Purtroppo non son buono a dirlo in rima.
Ci ho provato, ma per rimare "donna",
non m' venuto in mente altro che "gonna",
una rima sciapita, senza sale;
oppure "corno" rimato con "scorno",
ch' rima veramente troppo dura;
"scuola" con "fola", una rima infantile;
e tutte quante che menano gramo.
No, francamente, per parlare in versi
io non son nato sotto buona stella;
n sono buono a corteggiar le donne
col parlare azzimato della festa.
Entra BEATRICE
Dolce Beatrice, tu cos sollecita
dunque alla mia chiamata?
BEATRICE -
E alla partenza,
anche, signore, quando tu vorrai.
BENEDETTO -
Oh, e allora rimani fino allora!
BEATRICE -
S' "fino allora", allora l'hai gi detto.
E quindi me ne vado, adesso subito.
Ma non farmi partire
senza ch'io porti, andando via, con me,
la risposta per cui ero venuta:
com' andata fra te e il conte Claudio?
BENEDETTO -
Solo male parole, niente pi....
per cui mi viene voglia di baciarti.
BEATRICE -
Male parole son cattivo fiato,
cattivo fiato alito cattivo,
e l'alito cattivo assai sgradevole;
e perci ti saluto senza bacio.
BENEDETTO -
Tu con questo tuo spirito
mi terrorizzi tanto la parola
da farla uscire fuor dal senso giusto:
Ma devo riferirti chiaro e tondo
che Claudio ha accettato la mia sfida;
e adesso, o si fa vivo quanto prima,
o lo sputtano come un gran vigliacco.
Ma ora, dimmi tu altrettanto chiaro:
quale dei numerosi miei difetti
t'ha fatto innamorar di me per primo?
BEATRICE -
Direi che sono stati tutti insieme:
perch tutti mantengon su di te
tale compagine di malgoverno
da impedire alle buone qualit
di potersi far strada in mezzo a loro.
E tu, per quale delle mie virt
hai languito d'amore avanti a tutte?
BENEDETTO -
"Languir d'amore"... Una bella espressione,
e calzante! Perch per me l'amore
un languire, una vera sofferenza,
in quanto t'amo contro il mio volere.
BEATRICE -
Vale a dire a dispetto del tuo cuore,
se non m'inganno... Ahim, povero cuore!
Se tu gli fai dispetto a causa mia,
io gli faccio dispetto a causa tua,
perch giammai mi sentir di amare
quello che odia il mio innamorato.(117)
BENEDETTO -
Siamo troppo sagaci, tu ed io,
per far l'amore in un modo pacifico.
BEATRICE -
Tu, non lo sembri, da quello che dici:
non c' uomo dotato di sagacia
che si lodi da s come fai tu.
BENEDETTO -
Un vecchio adagio, questo, Beatrice,
vecchio di quando al mondo tutti gli uomini,
erano tutti buoni. Nella nostra et
se un uomo prima di venire a morte
non s'erige da s il suo mausoleo,
non resta altro vestigio
che possa prolungare il suo ricordo
al di l d'un rintocco di campana
e d'un pianto di vedova all'esequie.
BEATRICE -
Cio per quanto tempo, a tuo giudizio?
BENEDETTO -
Bella domanda: beh, vediamo un po':
un'oretta nelle lamentazioni
e un quarticello nel soffiarsi il naso.
Per cui l'uomo che ha un grano di sagacia
- se messer Tarlo, la propria coscienza,
non abbia nulla da rimproverargli -,
bene che si metta, finch vivo,
a strombazzar le proprie qualit,
n pi n meno come faccio io.
Ma basta, adesso, di lodar me stesso;
anche se quelle lodi, quel me stesso,
posso testimoniarlo, se le merita.
E adesso dimmi un po':
come sta tua cugina?
BEATRICE -
Molto male.
BENEDETTO -
E tu, come?
BEATRICE -
Sto molto male anch'io.
BENEDETTO -
Servi Iddio, ama me, e guarirai.
E qui ti lascio anch'io,
perch vedo venir qualcuno in fretta.
Entra URSULA, correndo
URSULA -
Signora subito da vostro zio,
correte! In casa son tutti in subbuglio:
ci son le prove che madonna Ero
era stata accusata falsamente;
che il principe Don Pedro e il conte Claudio
eran caduti in un mostruoso inganno,
e che l'autore di tutto l'imbroglio
stato Don Giovanni, che fuggito.
Che fate, non venite? Su, vi prego!
BEATRICE -
(A Benedetto)
Non vuoi venire con me anche tu,
a sentir tutte queste novit?
BENEDETTO -
Io quel che voglio viver sul tuo cuore,
morire sul tuo seno, seppellito
nella profondit degli occhi tuoi;
puoi figrarti perci se non voglio
venir con te a casa di tuo zio.
(Escono)
SCENA III - L'interno d'una chiesa
Entrano CLAUDIO, DON PEDRO, BALDASSARRE e altri tre o quattro con ceri accesi. Notte
CLAUDIO -
(A uno del seguito)
qui il sepolcro dei Leonati?
UNO DEL SEGUITO -
S.
CLAUDIO -
(Leggendo un cartiglio che reca con s)
"Uccisa fu da lingua calunniosa,
"Ero che qui riposa;
"Morte, a rimedio delle ingiuste offese,
"fama immortale di virt le rese.
"Cos, la vita dall'infamia offesa
"vive in morte gloriosa.
(Appendendo il cartiglio al sepolcro)
"Tu, qui appeso, per sempre resterai;
"me muto, le sue lodi canterai.
(A Baldassarre)
Ed ora, musici, intonate voi
il vostro cantico, con voci e suoni.
BALDASSARRE -
(Cantando)
"Dea della notte,(118) perdona clemente
"chi uccise la tua vergine innocente.
"Alla sua tomba, con il cuor contrito
"sono essi venuti, in mesto rito.
"Notte, ricopri del tuo nero velo
"i sospiri del nostro cuore anelo.
"Tombe, le vostre meste fauci aprite,
"e i vostri morti offrite
"al pianto di queste anime pentite".
CLAUDIO -
Riposin le tue ossa senza affanno,
compir questo rito d'anno in anno.
DON PEDRO -
(Ai musici)
Buongiorno a voi, signori.
Potete spegnere i vostri ceri.
I lupi hanno finito di predare
e all'orizzonte gi l'Aurora appare
innanzi al carro di Febo lucente
tingendo tutto il sonnacchioso oriente
di grigie macchioline variegate.
Grazie a voi tutti. Andate.
CLAUDIO -
Grazie alla vostra cortese masnada,
se ne vada ciascun per la sua strada.
(Escono tutti meno Don Pedro e Claudio)
DON PEDRO -
Su, andiamo; ci cambiamo di vestito,
e poi andiamo a casa di Leonato.
CLAUDIO -
E che Imene(119) ci assista, questa volta,
facendoci incontrar pi lieta sorte
di quella per cui siamo qui venuti
a celebrar questo funebre rito.
(Escono)
SCENA IV - Salone in casa di Leonato
Entrano LEONATO, ANTONIO, BENEDETTO, BEATRICE, MARGARET, URSULA, FRATE FRANCESCO e ERO
FRATE FRANCESCO -
(A Leonato)
Ve l'avevo pur detto: era innocente!
LEONATO -
E tali sono pure Claudio e il principe,
che l'accusarono sotto l'inganno
di cui avete udito. Ma una colpa
in tutto questo l'ha avuta anche Margaret,
sebbene contro le sue intenzioni,
secondo quanto emerso dalle indagini.
ANTONIO -
Bene, sono contento
che tutto si concluda cos bene.
BENEDETTO -
E cos lo son io; perch altrimenti
avrei dovuto, sotto giuramento,
chiamare Claudio a rendermi ragione
di quel che aveva fatto.
LEONATO -
Bene, figliola, e voi, mie gentildonne,
ritiratevi nelle vostre stanze
donde uscirete tutte mascherate
soltanto quando vi far chiamare.
(Escono Ero, Beatrice, Ursula e Margaret)
Don Pedro e Claudio m'hanno assicurato
che sarebbero giunti qui a quest'ora.
Tu sai, fratello, quel che devi fare:
devi far finta d'essere tu il padre
della figlia di questo tuo fratello,
e la darai in sposa al conte Claudio.
ANTONIO -
Il che far senza tradirmi in nulla.
BENEDETTO -
(A Frate Francesco)
Frate, sar costretto a disturbarvi
anche per me...
FRATE FRANCESCO -
E per che fare, amico?
BENEDETTO -
Per legarmi o disfarmi... l'uno o l'altro...
Signor Leonato, non vero forse,
mio buon signore, che vostra nipote
adesso mi riguarda di buon occhio?
LEONATO -
Vero, ed anche vero che quell'occhio
glielo prest la cugina, mia figlia.
BENEDETTO -
E con occhio d'amore io la ricambio.
LEONATO -
La cui vista egualmente aveste in prestito,
penso, da me, da Claudio e da Don Pedro.
Ma perch tal domanda? Che volete?
BENEDETTO -
una risposta piuttosto enigmatica
la vostra, signor mio... Che cosa voglio:
nient'altro che le mie buone intenzioni
s'accordino a dovere con le vostre,
s che possiam congiungerci oggi stesso
in legittimo vincolo nuziale.
(A Frate Francesco)
A benedire il quale, mio buon frate,
richiedo il vostro sacro ministero.
LEONATO -
Il mio cuore col vostro desiderio.
FRATE FRANCESCO -
E cos la divina mia assistenza.
Ma ecco il principe Don Pedro e Claudio.
Entrano DON PEDRO, CLAUDIO e altri gentiluomini
DON PEDRO -
Buongiorno a questa bella compagnia!
LEONATO -
Buongiorno, principe! Buongiorno Claudio!
Vi stavamo aspettando.
(A Claudio)
Siete voi sempre fermo alla promessa
di sposare stamane la figliola
di questo mio fratello?
CLAUDIO -
S, signore,
con la pi ferma delle mie intenzioni,
fosse pure un'etiope la ragazza.(120)
LEONATO -
Fratello, allora, falla pur venire.
Il frate pronto a celebrare il rito.
(Esce Antonio)
DON PEDRO -
Buongiorno, Benedetto. Ma che hai?
Che cos' quella faccia da febbraio,
gelida, nuvolosa, tempestosa?
CLAUDIO -
Forse il pensiero del "toro selvatico"...
Suvvia, niente paura, giovanotto!
Collocheremo in cima alle tue corna
una capsula d'oro rilucente,
s che tutta l'Europa ti si goda,
come d'Europa un tempo si god
l'ardente ed impetuoso padre Giove
il d che gli pass pel capo l'uzzolo
di trasformarsi in quella nobil bestia.(121)
BENEDETTO -
Il toro-Giove, amico,
aveva un soavissimo muggito;
e un qualche strano toro del suo genere
dev'esser stato senza dubbio quello
che ha montato la vacca di tuo padre
e generato in quella nobil gesta
un vitello che molto ti somiglia,
perch tu beli alla stessa maniera.
Rientra ANTONIO con le dame in maschera
CLAUDIO -
Questa, perbacco, te la metto in conto.
Ma ecco qua altri conti da saldare.
(Ad Antonio)
Qual la dama che mi devo prendere?
ANTONIO -
(Indicando Ero)
Questa, signore, ed io ve la concedo.
CLAUDIO -
Va bene, me la prendo. Allora mia.
Carina, fa' vedere la tua faccia.
LEONATO -
Non prima che, davanti a questo frate,
l'abbiate presa mano nella mano
e giurato di farla vostra sposa.
CLAUDIO -
(A Ero)
Al cospetto di questo santo frate,
dammi la mano.
(Ero gli d la mano)
Da questo momento
io sono tuo marito, se tu vuoi.
ERO -
(Togliendosi la mascherina)
Ed io quella che fu, quand'era in vita,
l'altra tua sposa. E tu l'altro mio sposo,
al tempo che m'amavi.
CLAUDIO -
Un'altra Ero!...
ERO -
Viva e palpabile, come nient'altro.
Un'Ero morta uccisa da calunnia;
io vivo, e come vero che son viva,
son vergine fanciulla.
DON PEDRO -
La prima Ero! L'Ero che era morta!
LEONATO -
Ella morta, signore, solo il tempo
ch' stata viva su lei la calunnia.
FRATE FRANCESCO -
Sar io a chiarirvi questo enigma,
appena celebrato il sacro rito.
Vi dir allora, dettagliatamente,
della morte della graziosa Ero.
Considerate intanto un tal miracolo
come cosa del tutto naturale
e affrettiamoci insieme alla cappella.
BENEDETTO -
Frate, un momento.
(Alle altre tre dame ancora in maschera)
Beatrice qual ?
BEATRICE -
Son io con questo nome. Che volete?
BENEDETTO -
Domandarti se m'ami.
BEATRICE -
Ebbene, no,
non pi di quanto mi detti ragione.
BENEDETTO -
Allora devo dire che costoro,
tuo zio Antonio, e il principe e Claudio
sono stati ingannati...
perch m'hanno giurato che m'amavi.
BEATRICE -
E tu, tu m'ami forse?
BENEDETTO -
Certo, no,
non pi di quanto mi detti ragione.
BEATRICE -
Allora devo dire, da mia parte,
che mia cugina, e Margaret e Ursula
sono state ingannate della grossa,
perch giuravano che tu m'amavi.
BENEDETTO -
A me quelli han giurato che per me
t'eri quasi ammalata...
BEATRICE -
E a me quell'altre
che per me stavi quasi per morire.
BENEDETTO -
Non era vero niente.
E quindi tu non m'ami?
BEATRICE -
No, di certo;
se non per contraccambio d'amicizia.
LEONATO -
Andiamo, via, nipote: son sicuro
che tu l'ami codesto gentiluomo.
CLAUDIO -
Ed io giuro che lui l'ama a sua volta;
ecco qui un foglio tutto di suo pugno:
un sonetto dal verso alquanto zoppo
uscito autentico dal suo cervello,
tagliato su misura per Beatrice.
ERO -
Ed eccone qua un altro,
di mia cugina, scritto di sua mano,
e traboccante amor per Benedetto.
BENEDETTO -
Miracolo! Le nostre mani unite
ed in conflitto con i nostri cuori...
Su, che ti sposo; ma, per questa luce,
lo faccio solamente per piet.
BEATRICE -
E io non mi rifiuto.
Ma per la luce di questo bel giorno,
lo faccio solo perch tutti qui
hanno tanto insistito, ed anche un po'
per salvarti la vita, ch m'han detto
che te ne stavi andando in consunzione.
BENEDETTO -
Basta, ti devo chiudere la bocca!
(La bacia)
DON PEDRO -
E come ti senti ora, Benedetto,
"uomo che prese moglie"?
BENEDETTO -
Come mi sento? Vi dir, Don Pedro:
un'intera accademia di satirici
che mi coprisse di frizzi e sberleffi
non riuscirebbe a mutarmi d'umore.
Ma credete davvero che m'importi,
ora una satira o un epigramma?
No, a lasciarsi schiacciare dalle beffe
si finisce con non mettersi pi
niente di bello indosso. A farla breve,
una volta deciso di sposarmi,
non mi passa nemmeno per il capo
quello che il mondo potr dire contro.
Perci farete una fatica inutile
a irridermi per quello che in passato
abbia potuto dir sul matrimonio.
L'uomo volubile per sua natura:
questa la conclusione cui son giunto.
Quanto a te, Claudio, ti tenevo in serbo
una bastonatura memorabile;
ma stai per diventare mio parente:
va' pur tranquillo, e sposa mia cugina.
CLAUDIO -
Io m'aspettavo invece
che avessi rifiutato Beatrice,
per poterti spaccar con un fendente
in due, e dar cos una compagnia
alla squallida tua vita di scapolo;
quale tu certamente resterai,
se mia cugina non ti terr d'occhio.(122)
BENEDETTO -
Andiamo, andiamo, ormai siamo parenti!
E prima di sposarci,
facciamo quattro salti tutti insieme,
a rendere pi leggeri i nostri cuori
e i tacchi delle rispettive mogli.
LEONATO -
Per le danze, ci sar tempo dopo.
BENEDETTO -
No, meglio prima. Musici, attaccate!
Principe, mi sembrate gi di tono.
Prendete moglie, date retta a me,
prendete moglie: non esiste al mondo
pi pregiato bastone di comando
di quello ch'abbia un manico di corno.
Entra un SERVO
SERVO -
Signore, vostro fratello Giovanni
stato catturato nella fuga
e tradotto a Messina sotto scorta.
BENEDETTO -
Non pensateci, adesso, mio signore.
Domattina m'ingegner io stesso
a trovarvi il castigo che si merita.
Su, pifferi, suonate!
(Musica e danze)
FINE
NOTE:
(1) "... at the bird-bolt": "bird-bolt" la freccia a punta arrotondata usata per cacciare gli uccelli.
(2) "For, indeed, I promised to eat all his killing": un modo di dire, per Beatrice, per mostrare la sua incredulit alle prodezze di guerra di Benedetto.
(3) Nel testo c' un bisticcio impossibile, basato sull'assonanza di "too", "anche", e "to", preposizione. Il messaggero dice: "And a good soldier too, lady"; Beatrice finge di ignorare la virgola prima di "too", di prendere quel "too" per "to" (nella recitazione il suono identico, come se il messaggero avesse detto: "And a good soldier to (a) lady".
(4) "He wears his faith but as the fashion of his hat; it ever changes with the next block": letteralm.: "Porta addosso la sua fede come la foggia del suo cappello; questo cambia con la forma della prossima cupola"; "block" la forma di legno che i cappellai usano per foggiare le cupole dei cappelli; ma nel "block" di Beatrice c' anche un arguto ammiccamento alla "testa di legno". (Cfr. nello stesso senso in "Re Lear", IV, 6, 184: "This a good block", "Questa una buona forma per cappelli...").
(5) "Is not in your books": "to be in a person's (good or bad) book" frase idiomatica che vale "essere in grazia (o in disgrazia) di una persona".
(6) "Is there no young squarer": "squarer" forma arcaica di "quareller", "uno che cerca briga".
(7) Intendi: che sia disposto ad andare al diavolo con lui tutte le volte che ce lo mander io.
(8) "If he have caught the Benedick": "benedettite", malattia contagiosa da Benedetto, termine inventato da Cesare Vico Lodovici dalla cui traduzione (Einaudi, Torino, 1960) tolto in prestito da questo traduttore.
(9) Il messaggero, di fronte alla violenta reazione di Beatrice, si sente responsabile di averle recato una notizia sgradita, ed come se volesse chiederle scusa.
(10) "Not till a hot January": perifrasi per dire "mai".
(11) "... with a jades trick": Beatrice continua la metafora del cavallo introdotta da Benedetto.
(12) Cio le corna in testa; il ragionamento di Benedetto che tutti gli uomini ammogliati devono sospettare di essere cornuti, ed in questo sospetto sono restii a coprirsi il capo, per paura che il cappello ne sia impedito dalle corna; e pensa di essere rimasto solo al mondo ad essere immune da un tal sospetto.
(13) Benedetto gioca sulla brevit del nome "Ero".
(14) Cio: ch'io debba essere un marito reso becco, palesemente (corno in fronte), o segretamente (corno appeso ad una cintura invisibile), no. "Soga" per "cintura", "bandoliera" ("baldrick") in Dante, Inf., XXXI, 73:
"Crcati al collo e troverai la soga
"che il tien legato..."
(15) "And the fine is - for which I may go the finer...": il testo gioca sul triplice significato di "fine" sostantivo, "fine, termine"; "fine" sostantivo "compenso"; e "fine" aggettivo, "bello", "fine", "raffinato".
(16) L'immagine di Cupido bendato sulla porta e il piatto di prugne bollite sui davanzali erano le insegne dei bordelli.
(17) Allusione all'arciere Adam Bell, personaggio assai popolare per la sua bravura e celebrato in leggende e ballate popolari (Cfr. anche in "Romeo e Giulietta", II, 1, 13: "Young Adam Cupid").
(18) "In time the savage bull doth bear the yoke": un verso tratto dal dramma di Thomas Kyd: "La tragedia spagnola" ("The Spanish Tragedy"), molto rappresentato al tempo di Shakespeare.
(19) "If this should ever happen, thou wouldst be horn-mad": "horn-mad" "pazzo furioso", ma nel dire "pazzo furioso" Claudio vuol sottolineare il termine "horn" "corno", con un'allusione purtroppo intraducibile (il Lodovici, (cit.) con toscana acrobazia semantica crea "corniterrificante").
(20) la formula di chiusura di una lettera. I due continuano, celiando, il saluto di Benedetto che esce.
(21) Il ballo mascherato alla fine del banchetto era d'uso nell'Inghilterra elisabettiana. Le maschere, abbigliate nelle fogge pi varie e stravaganti, entravano in sala e partecipavano alle danze insieme con i convitati del banchetto. Di queste mascherate la scena shakespeariana ne ha pi d'una: in "Romeo e Giulietta" e nel "Mercante di Venezia". vero che qui e negli altri due lavori la scena in Italia; ma Shakespeare non si fa scrupolo di trasportare usi e costumi e gusti inglesi del tempo dovunque ponga l'azione del dramma; perfino nella Roma dei Cesari ("Giulio Cesare") e nella Grecia di Pericle ("Timone di Atene").
(22) Saturno era il simbolo dell'afflizione fisica e dell'ira repressa, rappresentato, nell'iconografia classica, come un vecchio incatenato, per ricordare la lunga prigionia in cui l'aveva tenuto Giove prima di scacciarlo dal cielo.
Il linguaggio astrologico e l'attribuzione ai personaggi dell'antica credenza circa l'influsso, sulla vita, sul carattere e sul destino degli uomini, del pianeta sotto il segno del quale sono nati, una costante nel teatro di Shakespeare (Cfr. in "Romeo e Giulietta", Prologo, 6: "... a pair of star-crossed lovers": "... una coppia di amanti / da una maligna stella contrastati"; e in "Re Lear", I, 1, 103-105: "... by all the operation of the orbs / From whom we do exist and cease to be...": "... per i moti delle celesti sfere / per cui viviamo o cessiamo di esistere").
(23) Beatrice pensa, evidentemente, a Benedetto, che ha la barba, e che se la far radere per piacerle, come si sapr, per bocca di Claudio, alla seconda scena del III atto. il secondo accenno della ragazza a un tratto fisico dell'uomo, dopo quello del "paio di gambe ben tornite" di poco prima. La lingua batte...
(24) Questa si diceva fosse la sorte delle zitelle: "To lead apes in hell", "condurre scimmie all'inferno". Saltimbanchi e imbonitori di orsi erano frequenti nelle strade di Londra.
(25) "If the be too important": "important" qui nel senso di "urgent", "pressing", e il traslato dello "stringere il tempo" in accordo con tutto il linguaggio musicale usato da Beatrice.
(26) "... tell him there is a measure in everything, and so dance out the answer": Beatrice bisticcia sul doppio significato di "measure" che vale "misura" e "tempo musicale" e anche "passo di danza".
(27) In realt, Margaret e Ursula non sono mascherate, come non lo sono Ero e Beatrice che sono gi in scena: secondo il costume di questi trattenimenti di famiglia, soltanto gli uomini erano mascherati.
(28) Allusione alla leggenda di Filemone e Bauci, cantata da Ovidio nelle "Metamorfosi"(VII, 612 e segg.): i due vecchi accolsero nella loro capanna, coperta di paglia, Giove e Mercurio travestiti da pellegrini. La capanna rimase indenne dal diluvio che i due numi mandarono alla Frigia e divenne un tempio di cui Filemone e Bauci divennero i sacerdoti, ottenendo da Giove che non li facesse morire l'uno senza l'altro. Giove li trasform in alberi.
(29) In molti testi, compreso l'"Oxford Shakespeare" (che, peraltro, lo mette dubbiosamente tra parentesi), l'interlocutore mascherato di Margaret non Borracio ma Baldassarre. Non si capisce perch: Baldassarre un personaggio del tutto secondario, la cui unica funzione quella del musico-cantore, del tutto ininfluente ai fini del "plot"; laddove Borracio , in un certo senso, l'uomo-chiave della malefatta architettata da Don Giovanni, e la sua asserita tresca con Margaret essenziale alla plausibilit del coinvolgimento di costei. Il Baldini (BUR Rizzoli, Milano, 1987) non ha esitazioni, per lui Borracio; come per questo traduttore.
(30) "Hundred Merry Tales": il titolo di una raccolta di novellette, di rozza comicit, in voga tra il popolino all'epoca di Shakespeare.
(31) "Come, let us to the banquet": , a quanto sembra, uno dei tranelli dell'inglese shakespeariano in cui son caduti tutti; perch trovo tradotto ovunque: "Suvvia, andiamo al banchetto". Nessuno s' domandato a quale banchetto debba andare Don Giovanni col suo Borracio, quello di casa Leonato essendo ormai finito e chiuso con la mascherata. "Banquet" non soltanto "banchetto" - tavolata con diverse portate, vini e discorsi -, ma anche "spuntino", "rinfresco", "merenda", "a slight repas between meals" ("Oxford Dictionary"), detto anche "running banquet", come in "Enrico VIII", V, 4, 69. "... besides the running banquet of two beadles":
"... oltre ad una merenda di frustate
"da un paio di nerbuti carcerieri".
Era uso, dopo il ballo mascherato, andarsi a rifocillare un po' con un "banquet". In "Romeo e Giulietta" il vecchio Capuleto ai convitati mascherati che se ne stanno andando dice: "Nay, gentlemen, prepare not to be gone./ We have a trifling foolish banquet towards":
"No, no, signori miei, non ve ne andate!
"Abbiamo preparato uno spuntino
"per stare ancora un poco in allegria..."
(32) "Even to the next willow, about your business...": il salice, albero che piange, il simbolo dell'amore infelice e sempre, in Shakespeare, il "leit-motiv" degli amori sfortunati (Cos in "Amleto", IV, 7, 167: "There is a willow grows aslant the brook...":
"C' un salice che cresce di traverso
"ad un ruscello...";
cos in "La dodicesima notte", I, 5, 253: "Make me a willow cabin at your gate...":
"Mi farei costruire una garitta
"di rametti di salice intrecciati
cos in "Otello", IV, 3, 40 e segg., la "Canzone del salice" di Desdemona; cos nel "Mercante di Venezia", V, 1, 6: "In such a night / Stood Dido with a willow in her hand..."
"Didone, in una notte come questa,
"stette alla riva del selvaggio mare
"e con un rame di salice in mano
"disperata grid all'amore suo...."
(33) Cio, gli ho dovuto dare una brutta notizia. Nella iconografia mitologica la Fama rappresentata come una fanciulla munita di due trombe, una delle quali annuncia agli uomini la verit, l'altra la bugia. Cos appariva anche nelle rappresentazioni dei "mistery plays" medioevali.
(34) "... the infernal Ate in good apparel": Ate, la dea pagana della discordia, era considerata dagli scrittori del Rinascimento come il dmone della distruzione della terra.
(35) "... from the furthest inch of Asia": letteralm.: "... dal pi remoto centimetro quadrato dell'Asia".
(36) "Prester John": "Prete Giovanni" era il nome dato nel medioevo ad un presunto prete-re che si credeva in origine avesse regnato in estremo oriente, in seguito identificato generalmente come re d'Etiopia.
(37) "You have put him down": l'immagine tratta dalla lotta, in cui l'atleta perde la gara se messo dall'avversario a terra con la schiena; ma Beatrice, nella sua risposta, identifica quella posizione con ben altro genere di sconfitta.
(38) "... but civil count,... civil as an orange, and something of that jealous complexion": Beatrice gioca sull'omofonia di "civil", "civile", "nobile", e "seville", "Siviglia" come gli inglesi chiamavano le arance, importate normalmente dalla Spagna. L'attore pronunciava "civil" e "seville" alla stessa maniera, e il bisticcio si prestava all'arguzia. strano per che Shakespeare dia qui alla gelosia il color giallo, quando chiama la grande gelosia, quella del suo Otello, "... il mostro verde-occhiuto / che si beffa del cibo onde si pasce" ("... the green-eyed monster which doth moch / The meat it feeds on...", III, 3, 170-171).
(39) "Good Lord, for alliance!": perch Claudio l'ha chiamata "cugina".
(40) "There is little of the melancholy element in her": secondo la fisiologia umana del medioevo il comportamento dell'uomo regolato dalla pi o meno cospicua presenza nel suo organismo degli elementi ("general wits") che vi presiedono: la passionalit, la malinconia, la collera e la flemma. Essi corrispondono ai quattro elementi della teoria ippocratica della materia: acqua, terra, aria, fuoco. Il riferimento a questi "general wits" ricorre spesso in Shakespeare.
(41) Le due cugine, come sar detto pi sotto, sono "compagne di letto".
(42) "Time goes on crutches till love have all his rites": letteralm.: "Il tempo va sulle grucce finch amore non abbia avuto i suoi riti". Il costrutto italiano del Lodovici.
(43) "What life in in that, to the death of that marriage?": letteralm.: "Che c' di vivente in questo, da procurar la morte di quel matrimonio?"
(44) Il testo qui molto controverso: se si tratti di Borracio o di Claudio. L'in-folio ha infatti: "udire me chiamare Margaret Ero, udire Margaret chiamare me Claudio" ("... hear me call Margaret Hero, hear Margaret call me Claudio"). L'Alexander, su cui si basa la presente traduzione, sembra aver seguito l'ipotesi dei molti curatori che, col Theobald in testa, ritengono che il nome Claudio sia una svista del copione, perch il filo dell'azione vuole che sia Borracio, e che pertanto questo sia da intendere al posto di Claudio. Altri, compreso l'"Oxford Shakespeare", mantengono la lezione "Claudio", argomentando che un inganno come quello che si vorrebbe architettato da Borracio sarebbe in contrasto con il carattere di Margaret, definito pi sotto "giusto e virtuoso"; e che questa si sia solo lasciata convincere da Borracio a fingere insieme con lui una scena d'amore fra Ero e Claudio; che , come si vede, ipotesi del tutto incoerente, se deve fornir la prova proprio della infedelt di Ero nei confronti di Claudio.
(45) Il testo ha qui due battute che non si ritenuto di tradurre, perch melense e pleonastiche, e verosimilmente interpolate. Il servo dice: "Sono gi qui", e Benedetto gli risponde: "Lo so, ma vorrei fossi gi di ritorno".
(46) "... the drum and the fife": erano gli strumenti che accompagnavano le marce e le sfilate militari.
(47) "Noble, or not I for an angel": alcuni testi hanno qui: "Noble, or not for a noble" per mantenere il bisticcio "noble"/ "noble" che nel primo senso vale "nobile" nel secondo la moneta chiamata "noble", coniata da Edoardo III e del valore di 10 scellini; ma anche l'"angel" era una moneta di pari valore (tanto che si chiam "angel-noble"), ed era cos chiamata perch recava sul verso l'immagine dell'arcangelo Michele che uccide il drago.
(48) "We'll fit the kid-fox with a pennyworth": "faremo pagare alla piccola volpe la penitenza di un soldo". La frase si riferisce al noto gioco infantile del rimpiattino (detto a Roma "nascondarella") in cui un giocatore deve cercare gli altri che son nascosti, e quello, o quelli di cui abbia scovato il nascondiglio debbono pagare una penale, che qui Claudio quantifica in un penny. "Kid-fox" voce arcaica per "kit-fox", "piccola volpe".
(49) "These are very crockets that he speaks": bisticcio sul doppio significato di "crockets" che vale "crome" (ottave musicali) e "cifre", "enigmi", "ghiribizzi".
(50) Il liuto non indicato nella didascalia, ma che si tratti di uno strumento a corde (e se tale, non pu essere che un liuto) la successiva battuta di Benedetto che accenna alle "budella d'una pecora"; le corde del liuto era fatte appunto con le budella di pecora.
(51) Il liuto non indicato nella didascalia, ma che si tratti di uno strumento a corde (e se tale, non pu essere che un liuto) la successiva battuta di Benedetto che accenna alle "budella d'una pecora"; le corde del liuto era fatte appunto con le budella di pecora.
(52) "She will sit you...": non , come intendono molti: "Ella vi metter a sedere" - che non significa nulla - ma: "Ella resta seduta...", e dice dopo come e perch: seduta alla scrivania, anche tutta la notte, per scrivere lettere d'amore a Benedetto e poi stracciarle.
(53) "She found "Benedikt" and "Beatrice" between the sheets": "sheets" "fogli", ma anche "lenzuola"; sicch come dire: "Trov Beatrice e Benedetto fra le lenzuola"; dove chiaro il malizioso ammiccamento di Leonato.
(54) "I will go get her picture": ecco un altro dei tranelli dell'inglese di Shakespeare. Ci sono caduti tutti quelli che hanno tradotto, maccheronicamente: "Vado a procurarmi il suo ritratto"; senza chiedersi, pare, dove Benedetto possa andare a procurarsi un tal ritratto, e a che cosa gli serva. In seguito, di ritratto non si parla pi. Questo traduttore non crede che Shakespeare abbia voluto far dire questo a Benedetto; "picture" non pu stare qui che in senso figurato di "immagine", come nella frase: "He looks the picture of the health", " l'immagine (o il ritratto) della salute"; e "I will go" sta nel senso di "mi adoprer per". Benedetto vuol scoprire il "ritratto" del sentimento di Beatrice verso di lui, del quale crede di aver visto solo un primo abbozzo.
(55) La traduzione a senso. Il testo pi involuto e artificioso: "... Doth not the gentleman / Deserve as full as fortunate a bed / As ever Beatrice shall couch upon?", letteralm.: "... Non merita forse il gentiluomo un letto pieno e fortunato quale quello su cui giace Beatrice?"
(56) "No glory lives behind the back of such": disdegno e orgoglio virginale (dignit di fanciulla vergine) sono considerate non gi un merito, ma qualit negative in una donna e sono condannate da tutti, basta che essa volga loro le spalle. Beatrice, nel suo puntiglio, si rammarica che le due donne abbiano giudicato male quelle che essa ritiene sue virt, lo sdegno e l'orgoglio virginale; ma c' chi legge diversamente e vede nel doppio "addio" una volontaria rinuncia di Beatrice, innamorata, a questi suoi sentimenti e atteggiamenti. Scelga il lettore.
(57) Gioco di parole: Benedetto ha detto: "Hang it!", espressione che vale "Accidenti a lui (il dente)!"; ma "hang" impiccare - e l'espressione stessa letteralmente: "Lo impicchino!" - quindi "appiccare", Claudio gioca sull'immagine del dente che i barbieri-cavadenti del tempo cavavano strappandolo dopo averlo "appiccato" ad un filo.
(58) Le palle da tennis erano imbottite, normalmente, con crini di cavallo.
(59) "She shall be buried with her face upwards": frase di senso oscuro. Nessuno ci ha capito niente. Don Pedro, al "se ne muore per lui" di Claudio risponde: "Se muore, sia seppellita con la faccia in su". Ma che significa? Tutti sono seppelliti con la faccia in su. I pi leggono: "Sia seppellita fra le braccia di lui, sotto il suo corpo"; implicando una cosa che Shakespeare non ha detto: che cio debba morire insieme a lei anche Benedetto. una di quelle congetture - non rare del resto in Shakespeare - per le quali, nota il Lodovici, "tutto probabile e niente sicuro".
(60) "... or else it were pity but they should suffer salvation, body and soul": "salvation" sta, evidentemente, per "damnation". Le battute di questi due personaggi (per i nomi, v. la nota preliminare n. 4) e delle guardie della ronda notturna sono volutamente cervellotiche, a volte sgrammaticate e prive di senso. Shakespeare si diverte con loro a fare una satira della polizia della sua epoca, e la fa a cominciare dagli stessi nomi: "dogberry" il nome inglese della corniola, l'arbusto dal legno durissimo, simbolo dell'uomo dalla dura cervice ma anche dotato di una fondamentale rozza bonomia (la corniola ha frutti rossi a forma di oliva, commestibili e piacevoli al gusto). Qui Shakespeare ne fa il ritratto del funzionario di polizia ignorante, per quanto consequenziale nella sua balordaggine. L'altro si chiama Verges, nome che una evidente deformazione di "verger", "colui che regge la verga", ossia il bastone o altro oggetto simbolo di comando: Verga il reggibastone di Corniola, al quale fa pedissequamente eco, ripetendone le frasi.
I due personaggi essendo, come si detto, sgrammaticati, i loro discorsi, per evidente vizio lessicale, non hanno spesso alcun senso; usano parole in senso contrario al lor significato (come qui "salvazione" per "dannazione"). Le pi evidenti sono in corsivo.
Da alcune indicazioni apparse nella prima edizione a stampa di questa commedia (1600) si pu arguire che Shakespeare, nello scrivere la parte di Dogberry, avesse in mente l'attore comico della compagnia dei "Chamberlain's Men", Will Kemp; e siccome questi mor nel 1599, si pu parimenti arguire sia stato scritto poco prima, in un'epoca a cavallo tra il 1598 e il 1599.
(61) "Hugh Oatcake"..."George Seacoal", due nomi che hanno un preciso riferimento semantico in italiano, e sembrano fatti apposta per essere tradotti nei loro corrispondenti "Ugo Focaccia" e "Giorgio Carbone".
(62) "... is most tolerable": Corniola vuol dire, chiaramente, il contrario:"... most intolerable".
(63) "... and I will, like a true dunkard...": letteralm.: "... ed io, come un autentico ubriaco...", cio restando fedele al mio nome: "borracio" in spagnolo significa "ubriacone", e si dice che chi in preda ai fumi del vino snocciola tutto ("in vino veritas").
(64) Sui campanili delle chiese (e le guardie sono sedute, come s' visto, davanti a una chiesa) si usava installare banderuole di ferro, su perni, mobili ai venti. Talvolta non era una banderuola ma un segnale a forma di galletto (si ricorda "questo bel gallettino giravento", "this pretty weathercock", come Ford chiama il paggio di Falstaff, Robin, nelle "Gaie mogli di Windsor", III, 2, 27).
(65) Testo: "We have recovered (strafalcione per "discovered", "scoperto") the most dangerous piece of lechery (strafalcione per "treachery", "tradimento"; "lechery" "lussuria", "oscenit").
(66) "Let us obey you to go with us": altro strafalcione della guardia che dice "obey you" per "bid you".
(67) "We are like to prove a goodly commodity, being taken up of these men's bills": frase variamente intesa. C' chi ci vede un gioco di doppi sensi sul termine "bills" che vale "picche" ma anche "avvisi di promessa di taglia a chi cattura un ricercato dalla polizia"; sicch la frase pu essere anche intesa: "per essere ricercati da questi uomini sotto promessa di taglia". C' invece chi intende che Borracio dica, ironicamente: "Bell'affare hanno fatto con noi queste picche, a catturarci!"
(68) "A commodity in question, I warrant you": altra frase oscura; Corrado vuole intendere: "Siamo comunque una merce da sottoporre ad accertamento", pensando alla protezione di Don Giovanni?
(69) "I am out of all other tune": Beatrice prosegue la metafora del "tono minore" e dice, letteralm.: "Perch mi sento estranea a ogni altro tono"; "tune" usato nel suo triplo significato di "tono" ("tonalit"), "umore" e "motivo di canzone", ci che spiega la successiva battuta di Margaret: "Intonate "Leggerezza d'amore" ("Clap's into "Light o' Love")" che doveva essere il titolo di una canzone in voga, che Margaret dice - giocando su un altro doppio senso - che si poteva cantare anche "without burden"; dove "burden" insieme "peso" (poich s'era parlato del peso dell'uomo) ma anche, come termine musicale riferito a canzone, "bordone", che l'accompagnamento del basso continuo.
Da qui in poi il dialogo tra le due tutto uno scoppiettio di allusioni e di doppi sensi.
(70) "Ye light o' love you with your heels!": la frase ha un malizioso sottinteso che - questo traduttore non si stancher di ripeterlo - il pubblico difficilmente poteva cogliere a volo dalla fugace battuta dell'attore; Beatrice, rispondendo a Margaret che dice di voler ballare mentre lei canta, e riferendosi alla "leggerezza d'amore", le dice che quanto a ballo e leggerezza lei, Margaret, non ha niente da imparare "con quei suoi calcagni": e qui sta l'arguzia, perch i calcagni si alzano s per la danza, ma anche per essere donnine leggere (le prostitute a Londra portavano i tacchi alti).
(71) "If your husband have stables enough, you'll see he shall lack non barn": intricatissimo, ermetico gioco di doppi sensi che gioca sui doppi significati, infilati uno dentro l'altro, di "husband", "stables" e "barns". Vediamo di districarlo almeno alla lettura: "husband" "marito", ma anche "fattore", "massaro", "allevatore di animali domestici"; "stables" "stalle", "rimesse di animali", ma anche "stalloni"; "barns" "fieno", "paglia", "foraggio", ma anche omofono di "bairnes", "figli", "rampolli". Sicch interpretato fuor di metafora, il senso della battuta di Beatrice : "Perci se tuo marito sar un buono stallone, vedrai che non mancherai di figli".
(72) "I scorn that with my heels": proseguendo la metafora dei calcagni, Margaret risponde schernendosi: "I miei calcagni, che a te paiono cos leggeri, sanno all'occorrenza tirare calci".
(73) "For the letter that begins them all, H": le tre parole inglesi dette da Margaret sono "hawk", "falcone", "horse", "cavallo", e "husband", "marito", che cominciano tutte con la lettera H; ma lo spirito della battuta stava tutto, evidentemente, nella pronuncia dell'attore, perch al tempo di Shakespeare la lettera "H" (pronuncia eitch) aveva lo stesso suono di "ache", "male", "malanno", che ora si pronuncia eick (come in "headache", "mal di testa"). Cio come se Beatrice dicesse: mi sento male perch mi sento male".
(74) "Well, and you not turned Turk, there is no more sailing by the star": letteralm.: "Bene, se non siete diventata turca, non c' pi navigazione con la Stella polare". una parafrasi ampollosa e retorica per dire: "Se non vero che vi siete innamorata (convertita all'amore, come un cristiano che si converte in maomettano), come traspare da questi sintomi (la vostra mancanza della solita allegria ed arguzia), allora al mondo non c' pi nulla di certo (la Stella polare il punto del cielo pi certo per i naviganti).
(75) "Get you some of this distilled cardus benedictus": che cosa offra Margaret a Beatrice per dirle "this", che sta a indicare qualcosa che ella ha in mano, non si sa. Perci si tralasciato. Cardus benedictus il nome botanico del carciofo. evidente l'allusione al nome "Benedetto".
(76) Corniola vuole dire "concerne" ("concerns") e dice "decerns".
(77) Corniola vuol dire, evidentemente, "acuta".
(78) "... honest as the skin between his brows": come per dire: "se l'onest si legge in faccia, in faccia a lui si legge".
(79) Corniola dice "odorous" per "odious", "odiosi".
(80) "Palabras" espressione spagnola per dire, in senso spregiativo, "nient'altro che parole". Ma forse, con questa parola - come intendono molti - Corniola vuol zittire il suo inferiore con l'altra frase spagnola "pocas palabras", "poche parole".
(81) "... we are the poor Duke's officers": Corniola dice "poor" del duca, per intendere il contrario, "magnifico", "potente" o altro.
(82) Corniola dice "exclamations" per "acclamations".
(83) Corniola dice "aspicious" per "suspicious".
(84) "It shall be suffigance": "suffigance" termine inventato da Corniola per "sufficient": "Faremo lo stesso senza di voi".
(85) Corniola dice "excommunication" per "communication": il verbale della deposizione.
(86) "... on the rearward of reproaches": "nella retroguardia dei rimproveri"; ma "rearward" ha anche il senso di "ultima difesa" (la morte come ultima difesa dai rimorsi).
(87) "... my divinity": "divinity" qui "scienza teologica", come in "Enrico V", I, 1, 38: "Hear him but reason in divinity", "e a sentirlo parlar di teologia..."
(88) "... under some biting error": "error" non mai "errore" in Shakespeare, ma "equivoco", "qui pro quo", come nel titolo della commedia "The Comedy of Errors", che tutti si sono sempre accaniti a tradurre, chi sa perch, "La commedia degli errori".
(89) "Signior Leonato" nel testo.
(90) "... the smallest twine may lead me", letteralm.: "... che il pi tenue filo pu guidarmi"; ma abbiamo voluto serbare il traslato della "pagliuzza in mare" introdotto dal precedente "I flow in grief", "Io navigo nel dolore".
(91) "By my sword...": si giurava sulla spada come davanti a Dio, perch la spada dei cavalieri cristiani aveva l'elsa fatta a forma di croce latina.
(92) "Count Confect": "confect", parola di conio shakespeariano, forse dispregiativo e ironico per "comfit", "confettura" e tutto ci che zuccheroso in genere.
(93) Corniola dice "dissemblea" ("dissembly") per "assemblea" ("assembly").
(94) "... a cushion for the sexton": il corrispondente italiano di "sexton" "sacrestano", "sacrista" (dal latino "sacristanus", corrottosi successivamente in "secristeyn", "sexteyn", "sexten", "sexton", ed era, al tempo di Shakespeare, il funzionario della parrocchia che accanto alla custodia delle cose sacre aveva le mansioni di impiegato amministrativo della parrocchia stessa; questa, nell'Inghilterra del sec. XVI non era solo l'unit territoriale compresa nella giurisdizione di una autorit religiosa, ma anche una unit civile e amministrativa, con competenze che andavano dalla polizia urbana alla manutenzione dei registri dello stato civile. Il "sexton" era perci, nell'ambito, una autorit. A capo della polizia era un "Constable" (una specie di Bargello del nostro medioevo, ma c'era anche il "Connestabile "), e tale il nostro Dogberry/Corniola.
(95) Corniola interpreta la parola "malfattori" ("offenders") come quelli che s'accingono a "far male" ai due furfanti catturati: quindi loro stessi, lui e Verga.
(96) Verga dice "exibition" per dire "deposition".
(97) Corniola dice "eftist" per "aptiest", come se in italiano dicesse "pi sbrighevole".
(98) Corniola dice "redenzione" ("redemption") per "dannazione ("damnation").
(99) Corniola dice "non sospetti" ("thou not suspect") per "rispetti" ("thou not respect").
(100) Corniola dice "pieno di piet" ("full of piety") per "pieno di empiet" ("full of empiety").
(101) "... though very many have been beside their wit": "to be beside (e anche "out of") his own wit" frase idiomatica che vale "esser fuori di s", nel senso di chi si trova in stato di confusione mentale.
(102) Allusione al noto proverbio inglese: "Care killed a cat", "La preoccupazione ha ucciso anche un gatto", animale notoriamente dotato di sette vite.
(103) "... he knows how to turn his girdle": cio sa dov' il suo pugnale per impugnarlo. I nobili portavano intorno alla vita una cintura di cuoio che aveva la doppia funzione di tenere attillato il giustacuore e di portare appesa un'arma corta o un borsello. Nel mettere mano all'arma, si doveva girare la cintura in avanti (in "Romeo e Giulietta", V, 3, il pugnale con il quale Giulietta si uccide nella cintura del corpo di Romeo che giace bocconi a terra).
(104) "Certain... a wise gentleman": "wise" ha qui il significato ironico del contrario di "saggio", "giudizioso", ossia "sempliciotto", "sciocco", come nella frase "I saggi uomini di Gotham" ("The wise men of Gotham"), Gotham essendo un villaggio proverbiale per la grulleria dei suoi abitanti. (Cfr. il francese "bonhomme").
(105) "Nay - say I - he hat the tongues": qui c' un bisticcio addirittura sottinteso, lasciato all'intelligenza dello spettatore, che deve conoscere il doppio senso della parola "tongues", quando viene adoprato nella frase idiomatica: "He hath the tongues", che si diceva al tempo di Shakespeare di ogni oggetto atto a produrre prurito o irritazione della pelle. Sicch Don Pedro dice che Benedetto "possiede molte lingue", e Beatrice risponde come se le avesse detto che Benedetto una persona irritante.
(106) Corniola dice "the plaintiffs", "i querelanti", invece di dire "the caitiffs", "i prigionieri".
(107) Corniola dice "reformed", "riformato" in luogo di "informed", "informato".
(108) Queste parole di Borracio scagionerebbero, secondo alcuni curatori, Margaret dalla cosciente partecipazione all'ingannevole pantomima; ella avrebbe, cio, vestita nei panni di Ero, chiamato Borracio ignara di essere lo strumento dell'inganno. Ma sono le parole di un delinquente, sia pure pentito. Se cos, infatti, che bisogno aveva di vestirsi come Ero? Dell'incongruit obiettiva di questa tesi abbiamo gia detto (v. sopra la nota 44).
(109) "God save the foundation!": era la formula pronunciata dai mendicanti che chiedevano l'elemosina alla porta delle chiese, nell'atto di riceverla.
(110) il massimo della comicit che Shakespeare fa raggiungere al suo personaggio, che - forse per la mancia ricevuta alla quale l'uomo sensibile (s' vantato alla scena finale dell'atto precedente di essere un "agiato benestante") - si profonde in frasi del tutto prive di senso o di senso rovesciato. il suo addio alla scena, il personaggio non comparir pi.
(111) "In so high style... that no man living shall come over it": la frase in italiano non significa niente; in inglese un elegante bisticcio tra "style", "stile" (di scrittura, di composizione) e l'omofono "stile", "siepe". Si scavalca una siepe, un recinto, ed questo che intende Benedetto, giocando sulla suddetta omofonia. Margaret, a sua volta, interpreta lo "scavalcare" Benedetto come un "montar sopra ("come over"), nel senso della copula sessuale, e d inizio a tutto un botta e risposta di allusioni licenziose il cui senso non ha bisogno di essere evidenziato. Cos, proseguendo la metafora del "montar sopra" ella domanda: "Shall I always keep below the stairs?", dove l'espressione idiomatica "to keep below the stairs" l'opposto del precedente "to come over".
(112) "I give thee the bucklers": "to give the bucklers" frase idiomatica per "arrendersi": "il mio spirito si arrende al tuo".
(113) "Leander, the good swimmer": Leandro, il giovinetto greco che si gettava tutte le notti nel mare dell'Ellesponto per andare a trovare la sua Ero, sacerdotessa di Venere, finch affog a causa di una tempesta suscitata dalla dea, il cui amore il giovane aveva rifiutato.
(114) "Troylus, the first employer of pandars": Troilo, l'ultimo figlio di Priamo di Troia, innamorato di Cressida (Criseide) figlia del sacerdote Calcante, incontrava l'amante nella casa dello zio di lei, Pandaro, il cui nome divenuto perci sinonimo di "ruffiano". Di questi due celebri amanti del mito greco, sulla cui vicenda Shakespeare scriver la commedia "Troilo e Cressida", lo stesso Shakespeare si divertir a imbastire una satira per bocca di Rosalinda in "Come vi piaccia" (IV, 1, 82 e segg.) e nel duetto fra Gessica e Lorenzo nel "Mercante di Venezia", V, 1, 10 e segg.).
(115) "... and the whole bookful ot these quondam carpet-mongers": "carpet-mongers" sono quelli che nel '700 saranno chiamati "cicisbei" o "cavalier serventi"; ma i due termini erano ignoti all'epoca di Shakespeare.
(116) "... whose names yet run smoothly in the even road of blank verse": il "blank verse" il verso sciolto, il metro della poesia epico-drammatico-amorosa (con la cadenza di un pentametro giambico) che Shakespeare port alle pi alte vette della perfezione poetica.
(117) "... for I will never love that which my friend hates": senso: "Se tu fai torto al tuo cuore a causa mia, ed esso di me innamorato, vuol dire che gli sei nemico; e io non posso amare un nemico del mio innamorato".
(118) L'invocazione a Diana, dea della notte (Ecate) e della castit femminile: un impasto di cristiano e di pagano.
(119) La divinit pagana che presiedeva alle nozze.
(120) "... were she an Ethiope.": la carnagione scura - come quella delle etiopi o delle africane in genere - era considerata nella donna segno di massima bruttezza, il bianco incarnato essendo l'ideale della bellezza per le dame inglesi dell'epoca (cfr. l'accenno alla "Indian beauty" nel "Mercante di Venezia", III, 2, 99).
(121) Allusione al mito di Giove che, per rapire Europa, la sorella di Cadmo re di Tebe, si trasform in un bianco giovenco. Dalla loro unione nacquero Minosse, Radamante e Sarpedonte.
(122) Il costrutto, a senso, di questa battuta di Claudio del Lodovici, che l'unico, mi pare, ad averla decifrata. Gli altri, purtroppo, non ci hanno capito niente!
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