Molto rumore per nulla

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La COMPAGNIA DEGLI INSONNI

WILLIAM SHAKESPEARE

MOLTO RUMORE PER NULLA

dalla sceneggiatura del film di Kenneth Branagh


PERSONAGGI

DON PEDRO, principe d'Aragona                                                             

DON GIOVANNI, suo fratello bastardo                                                  

CLAUDIO, giovane nobile di Firenze                                                        

ERO, figlia di Leonato                                                                                

BENEDETTO, giovane nobile di Padova                                                  

BEATRICE, cugina di Ero, nipote di Leonato                                           

LEONATO, governatore di Messina                                                          

BALDASSARRE, musico al servizio di Don Pedro                       ______           

BORRACIO                                                                                               

CORRADO                                                                                                

FRATE FRANCESCO                                                                               

CORNIOLA, Capitano di Giustizia                                                           

VERGA, poliziotto                                                                                     

MARGHERITA, dama di compagnia di Ero                                             


ATTO PRIMO

SCENA I - Messina, davanti alla casa di Leonato.

(Tutti in scena, Voce fuori campo)

Perché sospirare, donne?

Perché sospirare?

Da sempre

L’uomo non fa che ingannare

Di questa o di quella

Infido amante,

A nulla rimane costante.

Cessate, dunque il pianto e il sospiro

E l’uomo con gioia lasciate fuggire.

Siate felici,

Lamenti e sospiri mutando sempre

                                                                      in allegri raggiri.             

(La scena di anima.

Don Pedro è appena arrivato a Messina e Leonato lo accoglie con gioia nella sua casa.

Arrivano con lui, Giovanni, Borracio e Corrado)

                                                                                                                        

DON PEDRO - Mio caro ser Leonato! Ma perché vi prendete tanto incomodo? Il mondo cerca di evitar le spese, e voi vi prodigate a dispensarle.

LEONATO - In casa non venne mai incomodo nelle sembianze dalla grazia vostra.

DON PEDRO - Voi accettate la mia permanenza in casa vostra con troppo buona grazia...

LEONATO – Quanti uomini avete perduto nella battaglia?

DON PEDRO - Pochi nel complesso, direi, e nessuno di rango elevato.

LEONATO - È due volte vittoria, quando chi vince si riporta a casa quasi del tutto intatte le sue forze. Ma ho sentito, Principe, che avete profuso anche una quantità di elogi a un giovane fiorentino, un certo Claudio.

(Entra Claudio tra gli applausi generali. Don Pedro gli cinge le spalle con un braccio)

DON PEDRO - Assai ben meritati, del resto, perché questo giovanotto s'è dimostrato assai miglior

soldato di quanto promettesse l'età sua, combattendo davvero da leone nonostante potesse dapprima sembrare un mite agnello.

BEATRICE - E, di grazia, c'è un tal Signor Sbruffone, fra i reduci di questa spedizione?

DON PEDRO - Non conosco nessuno di tal nome, nei ranghi del mio esercito.

LEONATO - Di chi gli chiedi notizia, nipote?

ERO - Eh, lo so io chi intende mia cugina: il signor Benedetto, il padovano.

CLAUDIO - Oh, sì, lui è tornato!... E, sempre lo stesso, sempre con i suoi modi spregiudicati.

BEATRICE - Figuriamoci, il solito sbruffone! Di grazia, quanti nemici ha uccisi in questa

guerra? Quanti n'ha ammazzati in totale? Perché m'ero impegnata a mangiar tutte le prede ch'egli avesse ucciso.

CLAUDIO - S'è comportato da valoroso. Ha reso un ottimo servizio, signora.

BEATRICE - E come no! Forse ha reso un ottimo servizio a una signora!

DON PEDRO - È un buon soldato, in fede mia.

CLAUDIO - Un gentiluomo con i gentiluomini ed un uomo con gli uomini, signora, farcito delle più

degne virtù.

BEATRICE - Ecco, "farcito": avete detto bene. Perché è soltanto un fantoccio ben farcito.... di boria e  arroganza!

LEONATO - (a DON PEDRO) Non dovete fraintender mia nipote, Principe; fra Ser Benedetto e lei

c'è una sorta di guerra permanente a base di garbate scaramucce; mai che s’incontrino senza che tra loro nasca un battibecco o una baruffa di parole.

BEATRICE - Dalla quale lui esce sempre sconfitto. E, ditemi, chi è, al momento, il suo fratello

d'armi? Perché ne cambia, a turno, uno al mese, giurando a tutti fratellanza eterna.

CLAUDIO - Com'è possibile?

BEATRICE - Possibilissimo: cambia fede con la facilità con cui cambia i calzini alla mattina.

DON PEDRO - Si fa vedere spesso in compagnia del conte Claudio.

BEATRICE - Oh, per amore del cielo! Dio v'assista nobile Claudio! Se vi attacca la "benedettite",  perderete di botto tutti gli onori guadagnati in guerra.

DON PEDRO - Farò in modo, signora, di conservarmi la vostra amicizia.

BEATRICE – Voi, Principe non correte alcun rischio.

LEONATO - Tu una buona moglie non lo diventerai di certo, nipote.

BEATRICE - No, di certo, fin quando non nevichi in agosto.

DON PEDRO: (Indicando Ero) Vostra figlia?

LEONATO - Così m'ha giurato più volte sua madre.

BENEDETTO (entrando) - Avevate, signore, qualche dubbio, perché vostra moglie ve lo debba

giurare?

LEONATO - No, signor Benedetto. Perché, grazie al cielo, all'epoca della sua nascita voi eravate

ancora un lattante.

DON PEDRO - Toccato, Benedetto... (Volgendosi di nuovo a Ero) Ma questa giovane è tutta suo padre! Felicitatevi, madamigella, di somigliare ad un sì degno uomo.

(Si apparta a discutere con Leonato, mentre Claudio si apparta con Ero)

BENEDETTO (ignorato) - Sia pur suo padre il signor Leonato, lei non vorrebbe avere sulle spalle

sicuramente la testa di lui per tutte le ricchezze di Messina.

BEATRICE - Mi meraviglio, Benedetto, che parliate ancora. Qui nessuno v'ascolta.

BENEDETTO - Oh, la mia cara Lady Disprezzo! Com'è, siete ancora viva?

BEATRICE - Come potrebbe morire il Disprezzo quando ha tal cibo per alimentarsi quale Ser Benedetto? La stessa Cortesia, in sua presenza, si fa Disprezzo.

BENEDETTO – Allora la Cortesia è un’ipocrita. Eppure è certo che a me vogliono bene tutte le donne, voi soltanto no; e mi piacerebbe tanto ritrovarmi in petto un cuore meno duro, perché con quello che ho, non ne amo nessuna.

BEATRICE - Una fortuna, per tutte le donne! Altrimenti, chi sa le seccature con un corteggiatore così importuno! Io, grazie a Dio ed al mio sangue freddo, in questo sono uguale a voi: preferisco i latrati del mio cane quando vede volare una cornacchia. Piuttosto che i giuramenti d'amore d'un uomo

BENEDETTO - Dio vi conservi in tale stato d'animo, così che almeno a qualche gentiluomo sfugga al destino di girare con la faccia graffiata.

BEATRICE - I graffi non farebbero danni se sotto vi fosse una faccia come la vostra.

BENEDETTO - Bene, siete bravissima a parlare a vanvera.

BEATRICE – E’ meglio saper parlare a vanvera che dover girare con una faccia come la vostra..

BENEDETTO - Vorrei che il mio pappagallo avesse la scioltezza della vostra lingua.

Ma seguitate pure, se Dio vuole. Io ho finito.

BEATRICE - E voi finite sempre gracchiando come un pappagallo. Vi conosco da un pezzo…

DON PEDRO - (Venendo di nuovo avanti con Leonato) Pienamente d'accordo, Leonato.

Beh, signor Claudio e signor Benedetto, il nostro amico ci vuole suoi ospiti. Gli ho detto che ci fermeremo qui almeno un mese; ed egli mi ha risposto che spera che succeda un imprevisto che ci costringa a rimaner più a lungo. Posso giurarvi che non ce lo dice per mera cortesia, ma di gran cuore.

LEONATO - Potete sì giurarlo, monsignore, non sarete spergiuro.

(A Don Giovanni) E benvenuto pure a voi, signore;essendovi riconciliato con il Signor Principe vostro fratello,io debbo anche a voi ogni riguardo.

DON GIOVANNI - Grazie. Non sono di molte parole. Vi dico grazie e basta. (si stringono la mano)

LEONATO - (A Don Pedro, indicandogli la porta di casa) Vostra grazia si degni di precedermi.

DON PEDRO - Qua la mano, Leonato. Entriamo insieme.

(Escono entrando in casa di Leonato, tutti meno Claudio e Benedetto)

CLAUDIO - Hai notato la figlia di Leonato?

BENEDETTO – Notato? Beh, diciamo, l'ho guardata.

CLAUDIO - Non t'è parsa una giovane virtuosa?

BENEDETTO - Me lo chiedi così, per avere un giudizio spassionato, o vuoi ch'io ti risponda secondo mio costume, da tiranno e nemico giurato del suo sesso?

CLAUDIO - Ti chiedo solo un tuo schietto parere.

BENEDETTO -Mah, ti dirò, in coscienza: m'è sembrata troppo bassa per una lode alta, troppo scura

per una chiara lode, troppo piccola per una grande lode. Quello che posso dirti in suo favore è che s'ella non fosse quel che è, sarebbe invero assai poco graziosa; e che, per contro, essendo quel che è, non mi piace affatto

CLAUDIO - Credi che te lo chieda per gioco? Sul serio, dimmelo: ti piace o no?

BENEDETTO - Eh, che interesse! Te la vuoi comprare?

CLAUDIO - Comprare!... E basterebbe il mondo intero per pagare un gioiello come lei?

BENEDETTO - E con tanto di astuccio! Ma perché la vostra fronte s’increspa?

CLAUDIO - Ai miei occhi è la dama più soave ch'essi abbiano mai visto.

BENEDETTO - Io ci vedo ancor bene senza occhiali, ma non riesco a scorgere tutta questa grazia.

C'è invece sua cugina Beatrice, che, se non fosse come posseduta da un demone la supererebbe in bellezza come il primo di maggio supera il trentun dicembre. Non avrai mica in testa di ammogliarti!

CLAUDIO - Se pure avessi fatto solenne giuramento di non prender mai moglie, ora lo rinnegherei se

Ero accettasse d'essere la mia.

BENEDETTO - Eh, siamo dunque a tanto?... Santo cielo! Riuscirò mai a vedere uno scapolo

sessantenne?

(Rientra Don P.)

DON PEDRO - Signori, quale affare privato v'ha trattenuti qui, voi due, visto che non ci avere seguito

da Leonato?

                                        

BENEDETTO - Se vostra grazia insiste che glielo dica...

DON PEDRO - Te l'ordino, in qualità di tuo signore!

BENEDETTO – Conte Claudio, hai udito bene: io so esser muto come… un muto, ma qui si tira in

ballo la mia lealtà di suddito...

(A Don Pedro)

Ebbene, questo qui è innamorato. Di chi? - vorrà sapere vostra grazia. Notate com'è breve la risposta:di Ero, la "breve" figlia di Leonato.

DON PEDRO - Amen, se l'ami: ché la fanciulla n'è del tutto degna.

CLAUDIO - Dite così, signore, per scoprire quali sono i miei veri sentimenti?

DON PEDRO - In fede mia, dico quello che penso.

CLAUDIO - Ed anche  io, in fede mia, ho detto quello che penso.

BENEDETTO - Ed io, in doppia fede, mia e vostra, gli ho spiattellato quello che penso IO!

CLAUDIO - Sento di amarla.

DON PEDRO - Ed io so, ti ripeto, che n'è degna.

BENEDETTO - In quanto a me, che io non concepisca che la si possa amare, e non comprenda

quanto ne sia degna, è convinzione che mi porto addosso così dura e incrostata, che nemmeno un incendio potrebbe sciogliere;

DON PEDRO - Tu, sei sempre un eretico ostinato quando si tratta di riconoscere la bellezza

  femminile.

BENEDETTO - Che una donna mi abbia concepito, le rendo grazie; che m'abbia allevato,

parimenti i miei umili ringraziamenti; ma ch'io mi debba poi vedere la mia libertà di uomo ingabbiata in un corsetto o in un reggicalze no. Voglio vivere da scapolo.

DON PEDRO – Voglio vederti prima di morire, impallidire d'amore!

BENEDETTO - Di rabbia, forse, o di qualche malanno, oppur di fame, ma d'amore, no.

DON PEDRO - Bene, vedremo. Il tempo è galantuomo: "Col tempo s'aggiogò il Toro Selvaggio".

BENEDETTO - Perché era toro, e per di più selvaggio. Ma se un giorno vedrete Benedetto,

animale pensante, sotto il giogo, sradicate le corna in testa al toro, e conficcatele sulla mia fronte; e fate fare di me caricature vili e infamanti, e ci si scriva sotto, a grandi lettere quali si vedono su certe insegne, come per esempio, Qui si noleggiano buoni cavalli", "Qui potete vedere Benedetto, l'uomo che prese moglie."

 

DON PEDRO - Benedetto, dite a Leonato che non mancherò alla sua cena, perché davvero ha fatto

grandi cose nel prepararla.

BENEDETTO – (a Claudio) fatevi un po' d'esame di coscienza.

 E con ciò vi saluto.

(Benedetto esce – ad un certo punto del dialogo tra Claudio e Don Pedro entreranno Borracio e Corrado. Non visti)

DON PEDRO – Leonato non ha altri figli all'infuori di Ero; ella è l'unica erede. Tu ne sei davvero innamorato, Claudio?

CLAUDIO - Oh, mio signore! Quando partimmo per quest’ultima guerra, la riguardai già, ma con

occhi di soldato, e mi piacque; sebbene avessi per le mani un’impresa troppo rude per cambiare l’affetto in amore.

Ma ora sono tornato, e i pensieri di guerra mi hanno abbandonato. Al loro posto si affollano dolci pensieri che mi vanno sussurrando sempre in coro quanto sia bella Ero, e rammentandomi quanto innamorato ne fossi prima di partire in guerra.

DON PEDRO - Splendido dunque, se ami la bella Ero, corteggiala; io parlerò di te a lei ed a suo

padre; e l'otterrai.

CLAUDIO – Io corteggiarla? Non potrei. Sono solo un rude soldato. E se ella ridesse di me e mi

rifiutasse?

DON PEDRO - So che stasera in casa di Leonato avrà luogo una festa mascherata; io ci andrò

mascherato in qualche foggia che mi permetta fingermi te.

Dirò alla bella Ero che son Claudio e terrò prigioniere le sue orecchie con la forza e l'assalto irresistibile del mio parlar d'amore. Dopo di che m'aprirò con suo padre e, a conclusione, Ero sarà tua. Mettiamo subito mano al progetto.

(Claudio abbraccia Don Pedro ed escono- Borracio fa un cenno d’intesa a Corrado che sgattaiola via, poi si fa avanti, incrociando Don Giovanni che sta entrando in quel momento)                   


SCENA II - Stanza in casa di Leonato

(Entrano Don Giovanni e Borracio)

BORRACIO - Monsignore, che cosa vi succede? Vi vedo triste fuor d'ogni misura.

DON GIOVANNI – Non c’è misura nella sorgente da cui questa tristezza scaturisce, perciò la mia

tristezza è senza limiti.

BORRACIO – Non volete ascoltare la ragione.

DON GIOVANNI - E quand'anche l’ascoltassi? Quali vantaggi porterebbe? Non so nascondere quello

che sono.

Devo esser triste quando ne ho motivo e non sorridere agli scherzi di nessuno. devo mangiar quando ne ho voglia, senza aspettare i comodi degli altri; dormire quando ho sonno, senza occuparmi delle faccende di nessuno; ridere quando sono allegro, e non piegarmi all'umore di nessuno.

BORRACIO – Già, ma non dovete mostrarlo così apertamente finché non siete voi il padrone.

Ultimamente vi siete urtato con vostro fratello; e per fortuna siete stato riammesso,

nelle sue grazie, dove tuttavia non riuscirete a mettere radici, se non sarete così furbo da scegliervi la stagione adeguata, per il vostro raccolto.

DON GIOVANNI – Preferisco essere un rovo selvatico, piuttosto che una rosa nel giardino delle sue

grazie!

Così, anche se perderò la fama di onesto adulatore, nessuno mi potrà negare il merito d'esser un furfante fiero della sua natura.

Ci si fida di me, quando ho la museruola e ceppi ai piedi;

Ma se potessi usar la bocca, morderei; avessi liberi i piedi da muovermi,

vorrei andare dove più mi piace. Intanto mi si lasci esser me stesso, e nessuno pretenda di cambiarmi.

BORRACIO – (facendo un inchino)Lasciate perdere per un poco questi tetri pensieri, mio Signore, e

seguitemi di là, a casa di Leonato. E’ in pieno svolgimento un sontuoso banchetto.

CORRADO – (entrando) Stanotte il principe vostro fratello è ospite d'onore da Leonato,

BORRACIO -e posso dirvi riservatamente che si sta combinando un matrimonio.

DON GIOVANNI – Interessante. E questa notizia non potrebbe servirci da progetto per fabbricarci sopra un qualche intrigo? Chi si sposa?

CORRADO – Il braccio destro di vostro fratello.

DON GIOVANNI - Chi? Quello sdolcinato conte Claudio?

BORRACIO - Proprio lui.

DON GIOVANNI - E lei chi è? Su chi ha posato l'occhio?

CORRADO – Ero, la figlia di Leonato

DON GIOVANNI -E come l’hai saputo?

BORRACIO - Prima che incontrassi voi vedo arrivare parlottando a braccetto Don Pedro e il conte

Claudio. Sguscio, vado a nascondermi furtivo dietro un arazzo, e lì, senz'esser visto, ascolto i due che s'accordano in questo: il principe avrebbe chiesto ad Ero la mano, per se stesso, e, una volta ottenutone il consenso, l'avrebbe poi passata al conte Claudio.

DON GIOVANNI - Andiamo, andiamo, seguitemi dentro; questo può rivelarsi un nutrimento

per la mia scontentezza; quel pivello trae vantaggio dalla mia disgrazia;

se posso attraversargli la strada, il piacere attraverserà anche me. Posso contare in ciò sul vostro aiuto? Non mi abbandonerete?

BORRACIO - Con voi fino alla morte, monsignore.

CORRADO - Agli ordini di Sua Signorìa.

DON GIOVANNI - Andiamo allora a questo gran festino.

CORRADO – Credo che non ce ne sarà bisogno. Ecco il festino che viene da noi!


ATTO SECONDO

SCENA I - Stanza in casa di Leonato

(Entrano MARGHERITA, LEONATO, ERO e BEATRICE. Incrociano D. G. e BORRACIO che escono.)

BEATRICE - Però che faccia acida, quel gentiluomo! Non posso guardarlo, senza sentirmi i bruciori

di stomaco.

ERO - Ha un temperamento così malinconico.

BEATRICE – Un uomo ideale sarebbe colui che avesse preso metà da Benedetto

E metà da Giovanni: l'uno un’immagine austera e scolpita che non dice mai niente; e l'altro è il cocco di mamma, che non sa mai tener la lingua a posto.

ERO - Potremmo allora metterla così: a Don Giovanni metà della lingua del signor Benedetto;

e al signor Benedetto la metà della malinconia di Don Giovanni...

BEATRICE - . e belle spalle, ed un bel sedere, zio, e molto oro in tasca: uno così sarebbe proprio il

tipo capace d'espugnare facilmente la resistenza di qualsiasi donna... a condizione che le andasse a genio.

LEONATO - Ho paura che tu, nipote mia, un marito non lo troverai mai, se non freni la tua

linguaccia.

BEATRICE - Oh, Signore, un marito magari con la barba, francamente non lo sopporterei: preferirei

dormire in mezzo alla paglia o tra lenzuola di stoppa.

ERO - Potresti trovarti un marito senza barba!

BEATRICE - Per che farne? Dovrei vestirlo con la mia roba per poterlo usare come dama di

compagnia? Macché! Uomo con barba è più che giovane, e uomo senza barba è men che uomo: il più che giovane non fa per me, al men che uomo… non faccio io per lui!

LEONATO – Che modo di esprimersi per una fanciulla! Non vorrai andare all’Inferno?

BEATRICE - Solo fino alla soglia, dove verrà a incontrarmi messer Satana, cornuto in testa come un

vecchio forcone, e dirà: "Vattene in cielo, Beatrice, vattene in cielo, questo non è luogo per voi fanciulle vergini". E io allora me ne salirò in cielo da San Pietro che mi indicherà dove sono gli scapoli, e là bisboccia per tutta l’eternità.

LEONATO - (A Ero) Tu invece, nipote, spero bene, ti lascerai guidare da tuo padre.

BEATRICE - Oh, lei sì; La natura di mia cugina è quella di stare alle regole, fare un inchino e dire:

"Padre mio, come a voi piace..."

(A Ero)

Che almeno ti presentino, cugina, un bel ragazzo, se no, un altro inchino,

e di' "Padre mio, come piace a me".

LEONATO - (A Ero) Figliola, allora tieni bene a mentequanto t'ho detto: qualora Don Pedro

ti solleciti in quel senso, tu sai come rispondergli.

LEONATO - (A Beatrice) E tu, Beatrice. Spero tuttavia di vedere anche te, un giorno o l'altro,

accasata con un fior di marito.

BEATRICE - No, fintanto che Dio non faccia gli uomini di un diverso materiale dalla creta.

LEONATO - Che rara perspicacia, nipote mia!

BEATRICE - E che occhio pronto, zio: riesco perfino a riconoscere una chiesa in pieno giorno.

(Musica)

LEONATO - Stanno entrando gli invitati!

(Entrano, mascherati, DON PEDRO, CLAUDIO, BENEDETTO, BORRACIO e DON GIOVANNI)

DON PEDRO - (Avvicinandosi a Ero) Madamigella, concedete un giro a questo vostro amico?

(Si fanno avanti MARGARET e BORRACIO)

BORRACIO - Certo, sarei contento di piacervi.

MARGARET - Io no, per contro, e per il vostro bene: sono una donna piena di difetti.

BORRACIO - Uno, ad esempio?

MARGARET - Prego ad alta voce.

BORRACIO - Tanto più mi piacete: chi vi ascolta vi può gridare: "Amen!"

(Si allontanano. Si fanno avanti BEATRICE e BENEDETTO)

BEATRICE - Dunque, non mi volete proprio dire chi ve l'ha detto?

BENEDETTO - No, non posso.

BEATRICE - Né mi volete dir chi siete voi?

BENEDETTO - Non adesso.

BEATRICE – Ho un pessimo carattere e sicura che a dirvi ch'io sarei una scorbutica.

Solo il Signor Benedetto può essere stato a dirlo

BENEDETTO - Chi è costui?

BEATRICE - Son certa che lo conoscete, e anche troppo bene.

BENEDETTO - No, credetemi.

BEATRICE - Non v'ha mai fatto ridere?

BENEDETTO - Può darsi; ma chi è?

BEATRICE - Il buffone del principe, un giullare il cui solo talento è d'inventare calunnie

inverosimili; è lo spasso di quattro libertini come lui, ed il suo forte, non che il vero spirito, sono l'insulto e la trivialità perché riesce sempre a divertire e ad irritare insieme chi lo sente, sicché la gente ride e lo bastona. Son sicura che stasera naviga da queste parti, e vorrei tanto che m'abbordasse.

BENEDETTO - Se lo conoscerò, questo signore, gli dirò quello che m'avete detto.

BEATRICE – Fatelo!(Musica di danza)

Ora dobbiamo seguire la danza.

BENEDETTO – Dopo di voi Madonna.

(Danzano tutti, tranne Don Pedro, ed ERO, che parlottano e CLAUDIO che li osserva. D.G., BORRACIO e CORRADO di avvicinano a CLAUDIO.)

DON GIOVANNI - (Avvicinandosi a Claudio) Il signor Benedetto, vero?

CLAUDIO - Lui. M'avete subito riconosciuto.

DON GIOVANNI - Signore, voi che siete assai vicino a mio fratello, so che vi vuol bene....

Ebbene, s'è innamorato di Ero... Vi prego, se potete, dissuadetelo; ella gli è troppo inferiore per nascita.

CLAUDIO - Come sapete che n'è innamorato?

DON GIOVANNI - L'ho sentito io stesso che le giurava amore.

BORRACIO – E’ così. Disse che voleva sposarla stasera stessa.

DON GIOVANNI - (A Borracio e Corrado) Su, andiamo al rinfresco a ristorarci.

(Escono Don Giovanni Borracio e Corrado)

CLAUDIO – (togliendosi la maschera) Già... gli ho risposto come Benedetto, ma la brutta notizia l'ho

udita con le orecchie di Claudio... Dunque è certo: Don Pedro la vuole per se stesso,

L'amicizia conosce la costanza e la lealtà in tutte le altre cose eccetto che negli affari d'amore. Questa è cosa antica, dalla quale non mi sono ben guardato.

Perciò, Ero, addio.

(Entra BENEDETTO)

BENEDETTO - Conte Claudio?

CLAUDIO - In persona.

BENEDETTO – Allora volete venire con me?

CLAUDIO – E perché?

BENEDETTO – Per cose che vi riguardano! Il Principe ha imbrigliato la vostra Ero.

CLAUDIO - Non posso che augurargli di godersela.

BENEDETTO - Ma come potete penare che il Principe vi avrebbe giocato un simile scherzo?

CLAUDIO - Va', ti prego, lasciami.

(Esce)

BENEDETTO - Ah, come volete. Guarda tu che testa dura.

Ma che la mia Beatrice debba conoscermi e non riconoscermi.

"Il buffone del Principe..." Tze! Non è così che mi vedono.

E’ Beatrice che nella sua natura aspra e meschina vede tutti simili a lei e li mette in cattiva luce.

Ah, ma mi vendicherò meglio che posso.

(Rientrano DON PEDRO ed ERO)

                                

DON PEDRO -(A Benedetto) Ebbene, dov'è il conte? Non l'hai visto?

BENEDETTO - In verità, Signore l’ho trovato immusonito e sconsolato come un capanno

abbandonato in un campo di caccia. Gli ho detto - e credo avergli detto il vero - che vostra grazia s'era conquistato le simpatie di quella damigella; dopo di che gli ho fatto la proposta d'accompagnarlo al più vicino salice. (fa per andarsene)

DON PEDRO - Madonna Beatrice vuol fare i conti con voi: quel tale gentiluomo che le ha fatto da

cavaliere al ballo le ha riferito che sparli di lei.

BENEDETTO - Come! Se è lei che m'ha dato più colpi di quanti possa sopportare un ceppo!

M'ha detto, ignara che fossi io, ch'ero il buffone del Principe; ch'ero più noioso d'un lungo disgelo, accumulando su di me una quantità di scherni che mi sembrava di essere diventato un bersaglio, con un intero esercito intento a spararmi.

La sua lingua è un pugnale: ogni parola è una ferita; se il suo alito fosse micidiale come i suoi insulti, , non resterebbe più anima viva, intorno a lei: appesterebbe infetterebbe anche la Stella Polare.

(Entrano LEONATO e BEATRICE)

DON PEDRO - Guarda, eccola appunto.

BENEDETTO - Non avrebbe per caso vostra grazia da assegnarmi una qualche incombenza che mi

spedisca ai confini del mondo? Son pronto a farmi mandare agli antipodi per sbrigare il più futile servizio che vi saltasse in testa di affidarmi: che so, a cercarvi uno stuzzicadenti nel più remoto angolino dell'Asia; che so, o andare a procurarvi un pelo della barba del Gran Kan; o farvi un'ambasciata dai Pigmei... piuttosto che scambiare tre parole con quest'arpia. Possibile, signore, che non abbiate nulla da ordinarmi?

DON PEDRO – (ridendo) Sì, di restare qui e di allietarmi con la tua compagnia.

BENEDETTO - Santo cielo, signore! Questo è un piatto che non riesco proprio a mandar giù.

Questa madamigella Malalingua io proprio non riesco a digerirla.

(Esce)

DON PEDRO - (A Beatrice) Madamigella, venite, venite; avete perso il cuor di Benedetto.

BEATRICE - La verità, signore, è lui me l'aveva solo dato in prestito per poco tempo. Ed io, come

interesse gliel'ho restituito spezzato a metà;

Senza contare che prima aveva vinto il mio con dadi truccati.

Sicché vostra grazia può ben dire che io l'ho perduto.

DON PEDRO – L’avete annientato, madamigella, l’avete messo proprio spalle a terra!

BEATRICE - Cosa che non vorrei che lui facesse a me, signore… per non partorire tanti sciocchi

simili a lui.

Ho portato il conte Claudio, come m’avevate chiesto.

DON PEDRO - Ebbene, conte, perché così triste?

CLAUDIO - Non sono affatto triste , monsignore.

DON PEDRO - Malato, allora?

CLAUDIO - Nemmeno, signore.

BEATRICE – Non è triste il conte Claudio, né malato, né allegro, né in salute: è solo aspro,

aspro come un limone acerbo e giallo come la gelosia.

DON PEDRO – In fede mia credo che abbiate ragione.

Ma se è così, sono pronto a giurare che quel che pensa è del tutto sbagliato.

Ascolta, Claudio: io l'ho corteggiata in tuo nome, e l'ho conquistata a te.

Ho anche già parlato con suo padre ed avuto il suo pieno beneplacito.

Stabilisci tu il giorno delle nozze, e basta, e Dio ti dia felicità.

LEONATO - (Prendendo per mano la figlia e conducendola a Claudio) Conte, ricevi da me questa

figlia e con lei tutto quello che possiedo.

Sua Grazia il Principe ha propiziato questa unione, e Dio, con la Sua Grazia, dica "Amen".

BEATRICE - (A Claudio) Parlate, Conte, adesso tocca a voi.

CLAUDIO - Il silenzio è l'araldo più perfetto della felicità; e quella mia sarebbe una felicità da nulla

se si potesse esprimere a parole. Signora: come voi siete mia, io sono vostro.

BEATRICE - (A Ero) Parla cugina mia, e se proprio non sai che cosa dirgli, chiudigli la

bocca con un bacio, e riducilo al silenzio.

(Si baciano)

DON PEDRO - Avete un cuore allegro, madamigella, eh?

BEATRICE - Sì, signore, e sono grata, a questo povero cuore mattacchione, di resistere a tutte le

burrasche.

(Additando Ero che dice qualcosa a Claudio)

Ecco, guardate: mia cugina già gli sussurra all'orecchio dolci cose.

CLAUDIO - Proprio così, cugina.

BEATRICE - Signore Iddio, anche questa è fatta.

Così fan tutti trovano il loro posto, mentre io resto impalata a seccarmi al sole,

e posso andarmi a sedere in un angolo a dire a tutti: "Fate la carità, un marito!".

DON PEDRO – Cara Beatrice, ve ne procuro uno io.

BEATRICE – Ne preferirei uno creato da vostro padre. Non avete  mica un fratello che vi assomigli?

Vostro signor padre ha procreato eccellenti mariti... se solo ci si potesse arrivare.

DON PEDRO – Volete prendere me?

BEATRICE – (esitante) No, signore. Poi dovrei prenderne un alto da indossare nei giorni lavorativi.

Vostra grazia è un vestito troppo caro per potersi indossare tutti i giorni...

Ma dico solo inezie, perdonatemi: sono nata per mettere in fila parole senza senso

DON PEDRO – Il vostro silenzio mi offenderebbe. A voi si addice di più la letizia. l'umore allegro;

ché sicuramente voi siete nata in un'ora gioiosa.

BEATRICE - Eh, no, mia madre urlava, monsignore; ma poi una stella cominciò a danzare, ed è sotto

quel segno ch'io son nata.

(A Ero e Claudio)

Cugini, Dio vi dia felicità!

(Esce)

DON PEDRO - in fede mia un gran bel carattere!

LEONATO – La malinconia non trova in lei facile albergo. Non sta mai seria, salvo quando dorme;

ed anche allora non è che sia triste, perché ho sentito dire da mia figlia che spesso ha fatto sogni paurosi e s'è ugualmente svegliata ridendo.

DON PEDRO – Purché non le si parli di prendere marito.

LEONATO - Oh, assolutamente no!

DON PEDRO - Penso sarebbe una moglie eccellente per Benedetto.

LEONATO - Oh, Dio, signore mio! Basterebbe una settimana insieme per farli uscir di senno tutti e

due, a forza di beccarsi l'un con l'altro.

DON PEDRO – (pensoso) Conte Claudio, quand'è che intendi di recarti in chiesa?

CLAUDIO - Domani stesso, direi, monsignore.

LEONATO - Eh, non prima di lunedì, figliolo, ovverossia sette giorni da oggi; e il tempo sarebbe

comunque breve per permettermi di fare tutto quello che ho in testa.

                                                                                                                        

DON PEDRO – Hai la mia parola, Claudio che questo intervallo non sarà sprecato. Nel frattempo

voglio intraprendere un'impresa degna d'Ercole: riversare su Beatrice e Benedetto una tale quantità di affetto reciproco, da ricoprirli tutti. Non ti dico quanto sarei felice di poter combinare questa unione;

e non dubito di poterlo fare, se voi tre siete pronti ad aiutarmi secondo le istruzioni che darò.

LEONATO - Contate pure su di me, signore, dovessi stare dieci notti sveglio.

CLAUDIO - E lo stesso vale per me.

DON PEDRO – E voi, graziosa Ero?

ERO - Farò tutto che posso, monsignore, al fine di aiutare mia cugina a trovare l’amore.

DON PEDRO - Se riusciamo a tanto, tutti insieme, Cupido non sarà più il grande arciere

perché gli avremo tolto il suo arco e le sue frecce: saremo stati noi gli unici dèi ad aver dispensato quell'amore. Seguitemi e vi espongo il mio progetto.

(Escono tutti)


SCENA II - La stessa

(In scena DON GIOVANNI, BORRACIO e CORRADO)

DON GIOVANNI – E così... il conte Claudio sposerà la figlia di Leonato?

BORRACIO – Si mio Signore, ma posso impedirglielo.

DON GIOVANNI – Qualsiasi barriera, qualsiasi ostacolo, qualsiasi impedimento sarebbe buona

medicina per me. Sono malato di rancore per lui, e tutto quello che può contrariare i suoi affetti sol per questo l'accorda ai miei. Come pensi di ostacolare queste nozze?

BORRACIO – Non in modo onesto mio Signore, ma in modo così coperto che la disonestà non

apparirà a nessuno.

DON GIOVANNI - Spiegami brevemente come.

BORRACIO – Credo di aver detto a Vossignoria, circa un anno fa, quanto io sia nei favori di

Margherita, la dama di compagnia di ero.

DON GIOVANNI - Sì mi ricordo.

BORRACIO – Posso, a qualunque ora indebita della notte, farla affacciare dal balcone della sua

Signora.

DON GIOVANNI – E dov'è il veleno che possa far appassire questo matrimonio?

BORRACIO – Tocca a voi preparare la pozione mortale mio signore.


SCENA III – Giardino di casa di Leonato

(In scena BENEDETTO che passeggia da solo)

BENEDETTO - Molto mi meraviglio che un uomo, vedendo quanto sia pazzo un altro a dedicarsi

anima e corpo all’amore possa, dopo aver riso delle vane follie degli altri, diventare egli stesso oggetto di medesimo scherno dichiarandosi innamorato.

E così è Claudio. L’ho conosciuto quando l’unica musica ad interessarlo era quella dei tamburi e dei fucili. Ora invece preferisce flauti e arpe.

L’ho conosciuto quando avrebbe camminato dieci leghe per ammirare una bella armatura. Ora camminerebbe dieci leghe per andare nel negozio più alla moda a comprare nastri alla sua bella.

Il suo linguaggio era stretto e stringato, così come s’addice a un gentiluomo e a un soldato. Ora mi si fa… frivolo e melenso.

Potrei anche io convertirmi così e guardare con occhi simili? Non saprei. Credo di no. Non giurerei che l’amore non possa trasformarmi in una ?meravigliosa ostrica?

Ma giurerei che prima di avermi trasformato in ostrica non arriverebbe mai a trasformarmi in imbecille.

Una donna è bella? Tanto meglio!

Un’altra è saggia? Tanto meglio!

Un’altra e virtuosa? Tanto meglio!

Ma se una sola non riunirà in se tutte queste grazie, nessuna donna entrerà nelle mie grazie.

Ricca dovrebbe essere, questo è certo. Saggia, o tiro avanti. Proba, o nemmeno mi impegno.

Bella, o non la guardo nemmeno. Dolce, o non la voglio vicino. Di bella conversazione e musicista eccellente. E per il colore dei capelli, beh… lasciamo fare a Dio.

(Entrano DON PEDRO, LEONATO, CLAUDIO, BALDASSARRE e alcuni altri)

Ah, il Principe e Monsieur l’Amour. Mi nasconderò

DON PEDRO – Avete visto dove si è nascosto Benedetto?

CLAUDIO - Benissimo mio Signore.

DON PEDRO -Andiamo Baldassarre, facci sentire questa nuova canzone.

BENEDETTO - O musica aria divina! Così la sua anima è rapita. Non è ben strano che le budella

d'una pecora, arrotolate in una corda, possano estrarre l'anima dal corpo degli uomini?

MARGH/URSULA - (Canta)

DON PEDRO – Per l'anima mia, gran bella canzone.

MARGH/URSULA – Con delle pessime esecutrici.

DON PEDRO – No...no! Davvero, canti abbastanza bene.

BENEDETTO - (da lontano) Se fosse stato un cane ad ululare così sarebbe stato impiccato.

DON PEDRO - Allora, Baldassarre, siamo intesi? Procurateci buoni musicanti, perché domani notte

li condurremo a far la serenata alla finestra di Madonna Ero.

MARGH/URSULA - Faremo tutto il nostro meglio, Signore.

(Escono MARGH/URSULA)

DON PEDRO - Va bene, bravo. A più tardi. (poi con voce volutamente alta) Avvicinatevi Leonato,

cosa mi dicevate stamattina, che vostra nipote Beatrice era innamorata del signor Benedetto?

CLAUDIO – Non avrei mai creduto che si sarebbe innamorata di un uomo.

LEONATO – No, nemmeno io, ma la cosa più straordinaria è che ella sia presa da autentica passione

per Benedetto, che stando almeno alle apparenze sembrava il più odiato.

(Benedetto, interessato ascolta non visto la conversazione)

                         

BENEDETTO – E' mai possibile?

DON PEDRO – Può ella fingere a tal punto?

CLAUDIO – Si, possibilissimo!

LEONATO – Oddio....fingere? Non ci fu mai finzione d'amore tanto vicina ad una vera passione

d'amore, come in questo caso.

DON PEDRO – Perché, quali segni si sono manifestati?

CLAUDIO – (a bassa voce) Innescate l'amo a dovere il pesciolino abbocca.

LEONATO – Quali segni monsignore?? Ehm.......anche a voi mia figlia ha detto quali.

CLAUDIO – Si certo è vero.

DON PEDRO – Quali, ve ne prego!!

(Leonato avvicina a se Don Pedro e Claudio sussurrandogli qualcosa)

DON PEDRO – Voi mi colmate di stupore!

BENEDETTO – Potrei pensare ad un tranello, se non fosse stato quel barbabianca ad averlo detto.

DON PEDRO – Ha manifestato la sua passione a Benedetto?

LEONATO – No, e ha giurato di non farlo, mai! Questo è il suo tormento. È capace di alzarsi venti

volte a notte e di restarsene seduta davanti al tavolino finché non ha riempito di parole un foglio intero.

CLAUDIO – E' a questo punto che cade in ginocchio, piange, singhiozza e si batte il petto, si strappa i

capelli, supplica “Oh! Benedetto mio caro. Dio donami la pazienza!”

LEONATO – Lo fa veramente. Così mia figlia dice, e ha aggiunto che qualche volta, ha paura che

possa commettere qualche atto insensato. E’ proprio così.

DON PEDRO – Sarebbe bene che Benedetto lo sapesse.

CLAUDIO – E a quale scopo? Egli lo prenderebbe come un divertimento e tormenterebbe ancor più

la poverina.

LEONATO - Mi dispiace.

DON PEDRO – Vi prego, informate Benedetto e sappiatemi dire quel che pensa.

LEONATO – Credete sia opportuno?

CLAUDIO – Ero crede che ella ne morrà, poiché afferma che morrà se egli non l'ama, che morrà se

egli viene a conoscenza del suo amore e morrà anche se viene a corteggiarla.

DON PEDRO – Che se ella manifestasse il suo amore, lui sarebbe il primo a farsene beffe, perché

l'uomo lo conosciamo tutti, è incline al disprezzo ad ogni costo.

BENEDETTO – Oh! (Gli altri si girano incuriositi. Lui fa il verso di un animale)

DON PEDRO - Io voglio bene a Benedetto, e spero che guardi dentro di se con estrema umiltà per vedere quanto è indegno di una così cara fanciulla.

LEONATO - Mio Signore, volete accompagnarmi? La cena è pronta.

(Si allontanano tutti, e Claudio, sotto voce)

CLAUDIO –Se non si innamora di lei all'istante non voglio più fidarmi di me stesso.

DON PEDRO – (sempre a bassa voce) Vostra figlia e la sua damigella tendano per lei una medesima

rete, intanto mandiamo Beatrice per invitarlo a cena.

(Escono)

BENEDETTO - (Venendo fuori dal nascondiglio) Questo non può essere uno scherzo. La

conversazione aveva un tono serio. La conferma di questa verità viene da Ero. Ah..ah, amare me! Perché?

Deve essere ricompensata. Ho sentito come mi giudicavano: dicono che farò lo sdegnoso se sarà lei a fare il primo passo. Dicono anche che lei preferisce morire piuttosto che mostrarmi un segno d'affetto. Io non ho mai pensato d'accasarmi.

Ma non devo mostrarmi superbo, beati coloro che ascoltano le critiche dei loro denigratori e se ne giovano per migliorarsi.

Dicono che la ragazza è bella, questo è vero, lo posso testimoniare. E' virtuosa, è così, non posso negarlo. E' saggia se non fosse perché mi ama, in verità non è un elogio al suo buon senso, ma non è neanche una prova di leggerezza perché sarei capace di innamorarmene tremendamente. Posso attirarmi qualche motteggio, qualche sberleffo, mi scaricheranno addosso qualche frecciata perché ho ringhiato tanto contro il matrimonio, ma... non si mutano i gusti col tempo? Un uomo in gioventù ama la carne che poi con l'età diventa dura da digerire.

Possono stoccate, massime, proiettili di carta nel cervello cambiare lo sviluppo del suo carattere? NO! Il mondo deve essere popolato! Quando ho detto che volevo morire scapolo, non pensavo di dover vivere fino al giorno del matrimonio.

Ahhh...ecco che arriva Beatrice, per la luce del giorno è proprio bella!!! Voglio scoprire qualche segno d'amore in lei.

(Entra Beatrice tenendo tra le mani un annaffiatoio)

BEATRICE – Sono stata costretta, contro mia volontà, ad invitarvi a cena.

BENEDETTO – Mia bella Beatrice… vi ringrazio, per la pena che vi costa.

BEATRICE – Non m'è costato ottenere questo ringraziamento più di quanto non sia costato a voi

doverlo esprimere. Se mi fosse costato non sarei venuta.

BENEDETTO – Allora vi ha fatto piacere questa ambasciata.

BEATRICE – Sì, quanta ne può dare la punta affilata di un coltello. Ma forse non avete appetito

signore? Statemi bene!

(Si allontana per annaffiare dei fiori)

BENEDETTO – Sono stata costretta, contro mia volontà, ad invitarvi a cena. C'è un doppio

significato in questo.

(BENEDETTO esce)


ATTO TERZO

SCENA I - Il giardino della casa di Leonato

(Entrano ERO, MARGARET e URSULA che fingono di non vedere BEATRICE)

URSULA – Ma siete sicura che Benedetto ami Beatrice così tanto?

ERO – Così hanno detto il Principe e il mio nuovo Signore.

URSULA – E vi hanno detto di dirlo a lei mia Signora?

ERO – Loro mi hanno pregata di farglielo sapere, ma io li ho persuasi, per l'amore che hanno per

Benedetto, di portarlo a soffocare il suo sentimento e non farlo mai conoscere a Beatrice.

URSULA – Perché? Non merita questo gentiluomo un letto fortunato quanto quello su cui giace

Beatrice??

ERO – Oh, santo cielo. Io so che lui merita tutto quanto può essere concesso a un uomo. Ma la natura

non ha fuso mai cuore di donna più fiero di quanto non sia quello di Beatrice, disdegno e spregio scintillano in quegli occhi, e disprezzano tutto quello che vedono, e ha una tale concezione del suo valore che tutto il resto diventa di poco prezzo. Non è capace di amare.

URSULA – Sicuro, lo credo anch'io. Ma fareste bene a dirglielo e sentire quello che dice lei.

ERO – No! Piuttosto andrò da Benedetto e gli consiglierò di combattere la sua passione.

URSULA – Non fate a vostra cugina un tale torto, non può essere così priva di giudizio dal momento

che passa per essere tanto intelligente e piena di spirito, da rifiutare un gentiluomo ricco di meriti quanto il signor Benedetto.

ERO – E' l'unico uomo che c'è in Italia, sempre che s'eccettui il mio adorato Claudio.

URSULA – Quand'è che andrete in sposa?

ERO – Quando? Ogni giorno a partire da domani!

URSULA – (a bassa voce, alle altre) E' nella rete, credetemi l'abbiamo intrappolata!!

ERO – Se è così, l'amore non è privo d'arguzia, cupido colpisce o con la freccia o con l'astuzia!!

(Escono)

BEATRICE – (Uscendo dal nascondiglio) Cosa sentono le mie orecchie. Può essere vero questo? Il mio orgoglio e il mio disprezzo mi sarebbero dunque fatali? Allora addio sdegno, orgoglio di fanciulla adieu! Non vi è gloria alcuna in questa mia durezza, e tu Benedetto amami!! Ricambierò piegando il mio cuore selvaggio alla carezza della tua mano, se è vero che m'ami la mia dolcezza ti persuaderà a legare i nostri amori nel santo vincolo del matrimonio, da altri sento che tu ne sei degno io lo credo da me e rinuncio a ogni sdegno!

(Esce)

SCENA III - Stanza in casa di Leonato

(in scena DON PEDRO, CLAUDIO, BENEDETTO e LEONATO)

BENEDETTO – Signori miei!! Non sono più quello di una volta.

LEONATO – Così mi pare, mi sembrate più triste.

BENEDETTO - Vecchio amico fate due passi con me, mi sono preparato una mezza dozzina di savie

parole da dirvi che questi perdigiorno non devono sentire, per la mia vita!

(BENEDETTO e LEONATO si allontanano)

DON PEDRO – (a Claudio) Che possa morire se non va a parlargli di Beatrice.

(Entra Don Giovanni)

DON GIOVANNI – Mio Signore e fratello, iddio vi protegga!

DON PEDRO – Salute a te fratello.

DON GIOVANNI - Se non vi scomoda vorrei dirvi due parole.

DON PEDRO – In privato?

DON GIOVANNI – No, il conte Claudio può sentire perché quello che devo dirvi riguarda lui.

DON PEDRO – Di che si tratta?

DON GIOVANNI – Voi pensate pure che io non vi ami, ma quello che sto per dirvi vi farà cambiare idea su di me perché tutto sarà più chiaro. (A Claudio) Dicono che volete sposarvi domani?

DON PEDRO - Lo sai, è cosa fatta!

DON GIOVANNI – Non so se sarà così quando saprà quel che so io. Seguitemi.

(I tre escono fuori e vedono due figure alla finestra in atteggiamenti equivoci, CLAUDIO e DON PEDRO, forviati dalle parole di DON GIOVANNI, credono si tratti si ERO)

DON GIOVANNI – La ragazza è infedele, se le volete bene sposatela domani, ma sarebbe più

confacente alla vostra dignità cambiare idea.

(Escono)

SCENA IV - Messina, una strada. Notte.

(In scena CORNIOLA e VERGA)

CORNIOLA –Faremo da guardia stanotte, al Principe. Questa è la nostra consegna, dobbiamo

fermare ogni uomo che si muove, in nome del principe.

 

VERGA – E Come facciamo se non si fermano?.

CORNIOLA – Se non si ferma quando glielo si intima, vuol dire che non è un suddito del Principe.

VERGA – Vero!! E non ci si deve occupare d'altri che dei sudditi, del Principe. Dovremo anche

rispettare il silenzio nelle strade. E' meglio dormire che parlare.

CORNIOLA – Parli proprio da vecchia guardia e persona pacifica come sei, perché non capisco a

dormire si fa offesa a qualcuno? Se ci si imbatte in un ladro, si può aspettarlo per il compito che avete da svolgere e di non essere un galantuomo.. ma con questa razza di gente, meno ci si immischia o hai da farci e meglio è anche per il proprio decoro.

VERGA – Hanno sempre detto che siete un uomo compassionevole...collega:

CORNIOLA – Per me non impiccherei nemmeno un cane, soprattutto un uomo che ha uno spizzico di onestà in se!

VERGA – Parole sante!!

CORNIOLA – Bene bel signore, buonanotte e....se non succede niente che è importante, chiamami!!

VERGA – Conosco la consegna, mi metto qui a sedere fino alle due, e poi ce ne andiamo a letto.

CORNIOLA – Ancora una parola onesto vicinato....fai buona guardia davanti alla porta del signor Leonato che per esser fissate le nozze domani, c'è un gran da fare..stanotte!! Adieu...occhi assenti e sale in coda!!

(CORNIOLA esce, VERGA si fa da parte. Entra BORRACIO ubriaco.)

BORRACIO – Corradooooo....allora Corrado, Corrado dico.... Oh, eccoti qui. Ti ricordavo più basso.

(Borracio scambia Verga per Corrado. Nel frattempo Corrado entra in scena e si accorge del malinteso. Cerca di fare dei segni all’amico senza farsi vedere da Verga.)

BORRACIO - Vieni amico.Sediamoci qui, ho da raccontarti qualcosa da scompisicarsi dalle risate.

Stanotte ho fatto la corte a Margherita, la dama di Ero, chiamandola col nome della sua padrona. Dovrei per primo dirti che il principe e il conte Claudio impalati in giardino, portati lì dal mio padrone Don Giovanni ed hanno assistito a questo... incontro amoroso.

VERGA– Convinti che Margherita fosse Ero?

BORRACIO – Sìì e Claudio se ne andò su tutte le furie....giurando che........

CORRADO – (saltando fuori dal nascondiglio) Basta, non dirgli più niente!!

VERGA – In nome del principe fermi là!! Vado dritto a svegliare il connestabile, abbiamo qui allo scoperto i più pericolosi pezzi di ruffianeria che mai siano stati dentro i confini del regno!!

BORRACIO– Mah, Corrado!

VERGA – Corrado un corno. Vieni con me, furfante! Ed Anche tu.

(Escono. BUIO.)


SCENA V – Davanti a casa di Leonato

(Entrano LEONATO, CORNIOLA e VERGA)

LEONATO – In che posso servirvi, onesti vicini?

VERGA – Per la Vergine signore! La nostra ronda stanotte, eccetto la presenza di vossignoria, ha agganciato dei canaglioni che non ce n'è di più spericolati in tutta Messina.

CORNIOLA – (spingendo indietro Verga) E' un bravo vecchio signore, apre e da fiato....come si dice:

“Quando la vecchiaia avanza il senno arretra”. Avete detto bene compare Verga, iddio è grande e pensa a tutto, e se due vogliono stare sullo stesso cavallo uno ha da star dietro. Gli uomini posso essere pari o dispari compare.

LEONATO – In vero buon vicino egli non ha la vostra… statura.

CORNIOLA – Doni che dio da’!

LEONATO – Vicini, voi siete noiosi.

CORNIOLA – Vossignoria si compiace di dire così, ma noi siamo al massimo le guardie del povero

duca. In verità per quanto mi riguarda, se fossi noioso quanto re....con tutto il mio cuore lo metterei a carico di vossignoria.

LEONATO - Tutta la tua noia addosso a me? Mi piacerebbe molto sapere cosa avete da dirmi signori.

CORNIOLA – Oh, Il nostro Verga ha con vantaggio arrestato due bei furtofanti e stamattina, volevamo indrogarli davanti vossignoria.

LEONATO – Raccogliete voi la deposizione, e portatemela, ho grandi cose in programma come potete ben vedere. Bevete un po' di vino prima di andare.

CORNIOLA – Adesso noi andiamo a inseminare quei due, accompagnami alla prigione!!

(Escono galoppando su un cavallo inesistente)


ATTO QUARTO

SCENA I – Giardino di Leonato

(In scena DON PEDRO, DON GIOVANNI, LEONATO, FRATE FRANCESCO, CLAUDIO, BENEDETTO, ERO, BEATRICE)

FRATE FRANCESCO – (A Claudio) Voi siete qui signore per sposare questa Signora?

CLAUDIO - No!

LEONATO – Per prenderla in sposa, a sposarli dovete essere voi.

FRATE FRANCESCO – Signora, volete sposare il qui presente conte Claudio?

ERO - Sì.

FRATE FRANCESCO – Se uno dei due coniugi ha qualche impedimento nascosto è bene lo dichiari

subito, vi faccio obbligo per la salvezza dell'anima.

CLAUDIO - Ne conoscete qualcuno Ero?

ERO - No, mio Signore.

FRATE FRANCESCO - E voi, Conte?

LEONATO - Oso rispondere io per lui: no.

CLAUDIO – Allontanati frate, padre mio col vostro permesso volete voi dal più profondo dell'anima

darmi questa fanciulla vostra figlia?

LEONATO – Con tutto il mio amore, come dio l'ha data a me.

CLAUDIO – E cosa dovrò darvi io in contraccambio, per far da contrappeso a questo ricco e prezioso

dono.

 

DON PEDRO – Nulla, furoché restituire lei stessa!

CLAUDIO – Principe gentile mi insegnate la più alta forma di gratitudine. Io ve la rendo!

Riprendetela! Non date questa arancia marcia al vostro amico! Essa non è che ombra e

sembianza del suo onore! Ma guardatela: arrossisce come una vergine adesso. Non giurereste signori tutti voi, riuniti qui, che ella sia pura, a giudicare da queste forme esteriori, ma non lo è! Conosce il calore dei letti di lussuria bestiale.

LEONATO - Che intendete mio signore?

CLAUDIO - Non certo sposarla! Non voglio legare la mia anima a quella di una famigerata

baldracca!

LEONATO – Signore vi prego, se voi ne avete la prova, avendo vinto la resistenza della sua giovane

età, guastando il candore della sua verginità....

CLAUDIO – No, Leonato. Non l'ho mai tentata con una parola scabrosa.

Ma come un fratello a una sorella, con il più sincero e verecondo amore.

ERO - E vi è sembrato che io mi conducessi diversamente?

CLAUDIO - A me sembravate diana nella sua sfera di luce, ma in realtà il vostro sangue è più

intemperante di quello di venere....

BEATRICE – Andatevene!

CLAUDIO – O di quegli animali ormai sazi, che si infoiano di sfrenata lussuria!

ERO - Si sente bene il mio Signore che parla così a sproposito?

LEONATO – Mio buon Principe perché non dite niente.

DON PEDRO – Che potrei dire? Mi sento disonorato io per primo, per aver legato un mio amico a

una comune meretrice.

BEATRICE – Noo!

CLAUDIO - Chi era quell'uomo che parlava con te la notte scorsa,  al tuo balcone tra la mezzanotte e

l'una?

ERO - Io non parlavo con nessuno a quell'ora mio signore!

DON PEDRO – Ecco, e allora vuol dire che non siete vergine.

Leonato, mi dispiace dovervelo dire, sul mio onore, io stesso, mio fratello e questo addolorato conte l'abbiamo veduta, sentita, a quella tarda ora della notte, parlare con un ruffiano al balcone della sua camera e senza troppi riguardi, da vero furfante egli ha confessato ignominiosi incontri avuti con lei mille volte in segreto!

BEATRICE - Cugina che succede?

DON GIOVANNI – (Rivolto a Claudio) Signore vi prego, certe miserie venute alla luce le hanno

strappato l'anima.

BEATRICE – Sviene, sviene aiutatela! Muore!

(Escono Claudio, Don Pedro e Don Giovanni)

LEONATO  - C'è qui un qualche pugnale che abbia una punta per me?

(Rivolto ad Ero) aaahh!!!

Non vivere Ero! Non riaprire quegli occhi!

FRATE FRANCESCO - Calmati Leonato!

LEONATO -  Una disgrazia averne solo una? Anche una, è una di troppo, perché mai sembrasti degna

d'amore ai miei occhi?

BEATRICE- Frena la tua ira, fermo, fermo!

FRATE FRANCESCO - Deve essere soltanto una calunnia.

LEONATO – E' precipitata in un pozzo d'inchiostro!!

BENEDETTO – Signore, signore abbiate pazienza, per conto mio sono ancora sbalordito, non so che

dire.

BEATRICE - Giuro sull'anima mia che mia cugina è stata calunniata!

BENEDETTO – Signora eravate in camera con lei la scorsa notte?

BEANTRICE – No, a dire il vero la scorsa notte no. Ma per dodici mesi abbiamo sempre dormito

insieme!!

LEONATO – Tutto questo conferma la colpa. Potrebbero i due principi mentire?

Anche Claudio mentiva? Via da lei, tutti! Lasciatela morire!

FRATE FRANCESCO - Leonato fermati, è tua figlia!! Ascoltate un po' anche me. Figliola, chi è

l'uomo a motivo del quale siete accusata?

ERO - Coloro che mi accusano lo sanno, io non so niente!

FRATE FRANCESCO – I principi sono vittime di qualche strano equivoco.

BENEDETTO – Due di loro hanno uno squisito senso dell'onore, e se la buona fede in questo fu

carpita in questo vedo l'opera Don Giovanni il bastardo!

LEONATO - Se è stata calunniata nel suo onore, il più superbo di loro ne porterà il segno.

FRATE FRANCESCO - Calmatevi un momento e lasciatevi dare un giusto consiglio in questo

frangente. I principi hanno lasciato qui per morta vostra figlia, tenetela per qualche tempo segretamente nascosta, e annunciate ufficialmente la sua morte.

LEONATO - E a che scopo tutto questo?

FRATE FRANCESCO - Morendo ella, come bisogna far credere, nel momento che veniva accusata

sarà rimpianta, compianta e scusata da quanti lo sapranno, e così farà anche Claudio.

Quando egli saprà che è morta a causa delle sue parole, il pensiero di lei viva si insinuerà dolce nell'officina delle sue meditazioni e ogni bell'aspetto di lei viva si ripresenterà a lui con un abito ancora più prezioso di quando lei era in vita. Egli allora, la piangerà desidererà di non averla mai accusata.

BENEDETTO - Signor Leonato accogliete il consiglio del frate.

LEONATO – Il dolore mi trascina alla deriva a tal punto, che anche il filo più tenue può condurmi.

FRATE FRANCESCO – Fa bene ad acconsentire, mettiamoci all'opera. Suvvia figliola, morite per

vivere. Il giorno delle vostre nozze forse è solo rimandato, ci vuole pazienza e sopportazione.

(Escono FRATE FRANCESCO, LEONATO ed ERO)

BENEDETTO - Madonna Beatrice, avete pianto tutto questo tempo?

BEATRICE - Si e seguiterò a piangere ancora.

BENEDETTO - Preferirei che voi non lo faceste.

BEATRICE - Non vedo perché, lo faccio spontaneamente-

BENEDETTO - Sono sicuro che alla vostra bella cugina è stato fatto un torto.

BEATRICE - Di quanta gratitudine sarebbe degno l'uomo che le facesse giustizia?

BENEDETTO E c'è un modo per dimostrare una tale amicizia?

BEATRICE - Un modo forse c'è, ma non c'è un tale amico.

BENEDETTO - Ma un uomo può farlo?

BEATRICE - E' un compito da uomini, ma non siete voi quello.

BENEDETTO - Non c'è nulla al mondo che io ami più di voi, non è strano questo?

BEATRICE - Strano quanto tutto quello che non so. Potrei benissimo anch'io dire che non c'è nulla

che amo più di voi, ma non dovete credermi anche se non sto mentendo. Non confesso nulla e non nego nulla. Sono solo triste per mia cugina

BENEDETTO Per la mia spada Beatrice tu mi ami!

BEATRICE - Non giurate, rimangiatelo.

BENEDETTO - Giuro per la mia spada che voi mi amate e la farò mangiare a chi dirà che non vi

amo!

BEATRICE – Ebbene, Dio abbi pietà di me

BENEDETTO - E per quale peccato dolce Beatrice?

BEATRICE - Mi avete fermata appena in tempo, anch'io stavo per rivelare il mio amore per voi.

BENEDETTO - E dillo allora, con tutto il cuore!

BEATRICE - Vi amo talmente, con tutto il cuore che non me ne resta per dirvelo 

(BACIO)

BENEDETTO - Avanti, chiedimi di fare per te qualunque cosa!

BEATRICE - Uccidi Claudio.

BENEDETTO – No, per niente al mondo!

BEATRICE - Tu uccidi me rifiutando. Ora basta, io vado.

BENEDETTO – Fermatevi, dolce Beatrice.

BEATRICE - Sono già lì, anche se sono ancora qui. Non c'è nessun amore in voi.

Ora vi prego lasciatemi andare, VI PREGO! VOGLIO ANDAR VIA!!

BENEDETTO - Dobbiamo tornare amici.

BEATRICE - Certo è più comodo essere mio amico che affrontare il nemico.

BENEDETTO - Claudio è un tuo nemico?

BEATRICE - Non ha dato prova d'essere il più spregevole quando ha calunniato, vilipeso,

disonorato mia cugina? Ah se io fossi un uomo....ma come?

Prima porta mia cugina in palmo di mano e al momento di unirle per sempre la accusa pubblicamente, calunniando senza motivo con rancore da bestia?

ODDIO, se io fossi un uomo gli mangerei il cuore sulla piazza del mercato.

BENEDETTO - Ascoltami Beatrice

BEATRICE - Parlare con un uomo al balcone, che prodigiosa invenzione!

BENEDETTO - Ma Beatrice..

BEATRICE - Dolce Ero, insultata, calunniata… Rovinata!!

BENEDETTO - Beatrice

BEATRICE - Oggi è più valoroso di un Ercole chi è capace di mentire e spergiurare. Non posso

diventare un uomo solo volendolo e allora morirò dunque donna, per disperazione

BENEDETTO - Su questa mano, giuro che ti amo.

BEATRICE - Allora adoperala per amor mio, in qualcos'altro che non sia giurare.

BENEDETTO - Credete in coscienza che il conte Claudio abbia calunniato Ero?

BEATRICE - Sì, quanto sono sicura di saper pensare o di avere un anima.

BENEDETTO - Mi basta, vado a sfidarlo, mi prendo il pegno.. va’, consola tua cugina, si deve dire

che è morta

BEATRICE – (annuisce)

BENEDETTO - Va bene. Addio mia signora.

(Buio. Escono tutti.)


SCENA II - Una prigione

CORNIOLA - E' tutta riunita qui l'assemblea?

VERGA - OH OH SI!!!!!

CORNIOLA - Chi sono i malfattori?

VERGA - Quelli siamo IO...Io e il mio compare

CORNIOLA - Ma chi sono gli imputati da incolpare?

VERGA – (indica Borracio e Corrado)

CORNIOLA - Quale nome ti hanno dato uomo?

BORRACIO - Borraccio

CORNIOLA - Sborra...Scrivi dai “Sborraccio”. E voi pezzo d'uomo?

CORRADO - Io sono un gentiluomo signore

CORNIOLA/VERGA - UHHHH

CORRDAO - Il mio nome è Corrado

CORNIOLA - Allora scrivi, Maestro Don Gentiluomo Corrado. Signori abbiamo la prova che questi

due sono tre volte bugiardieri, cosa avete da ridire a vostra discolpita?

CORRADO - Mio Dio signore, noi non siamo colpevoli.

CORNIOLA - E tu?

BORRACIO - Signore vi ho già detto di no

CORNIOLA - Hai già scritto 'Forse si, forse no'?

VERGA - Maestro connestabile non è questo il modo di fare le interrogazioni, dovete prima chiamare

la ronda. Sarà lei a fare le accuse.

CORNIOLA - Fate apparire la ronda...

VERGA – (posa il taccuino, esce e rientra con fare militare)

CORNIOLA – Compagno, in nome del Principe ti ordino di essere accusativo a questo malfattore.

VERGA - Quest'uomo ha detto, signore, che Don Giovanni, il fratello del principe, era un

frattaglione.

CORNIOLA - Sia scritto..il principe Juan, frattaglione

BORRACIO - Maestro connestabile...

CORNIOLA - Prego ragazzo silenzio, perché la tua faccia non mi sfagiola per niente. Che altro gli

avete sentito dire?

VERGA -Beh, diceva d'aver avuto in premioda Don Giovanni un migliaio di scudiper aver

calunniato Monna Ero.

.

CORNIOLA - Mai visto un furto più gigantile.

VERGA - Sììì, è davvero gentile

CORNIOLA - Cos'altro?

VERGA - Che il conte Claudio stando alle sue parole ha voluto svergognare la madonna Ero a

confronto a tutti e non prenderla più per sposa

CORNIOLA - Sarai condannato a eterna redenzione per sempre. E cos'altro?

VERGA - Punto e quanto

CORNIOLA - Il principe Giovanni stamane è partito senza far bagagli proprio secondo

disposizione. Madonna Ero fu accusata anzi fu precisamente ripudiata e per questo dolore immenso alla fine morta... Mastro Verga, questi uomini siano condotti da mastro Leonato. Avanti che siano inceppati!

VERGA - Ammanettatiamoli di ceppi

BORRACIO - Fila via cialtrone

VERGA - Per Dio santissimo, dov'è il cancelliere? Che scriva che l'ufficiale del principe è 'ciatrone'!

CORNIOLA - avanti legatelo Sir Ciatrone!

BORRACIO - Sparisci somaro, non sei altro che un somaro

CORNIOLA - Non porti sospetto neanche alla mia alta posizione? Non porti sospetto neanche alla

mia età? Ah se ci fosse quello che scrive che sono un somaro, signori miei ricordate: (sempre al pubblico) sono un somaro. Anche se non è stata presa nota ricordate che non sono, sono un somaro.

(Buio. Escono)


ATTO QUINTO

SCENA I - Davanti alla casa di Leonato

(In scena LEONATO, DON PEDRO, CLAUDIO, BENEDETTO, BORRACIO, CORNIOLA, VERGA)

LEONATO - Il mio animo mi dice che Hero è stata calunniata e questo Claudio deve saperlo e così

anche il principe e tutti coloro che l'hanno offesa. Ma ecco di gran fretta il principe e Claudio

DON PEDRO - Buon giorno.

CLAUDIO - Buon giorno a tutti e due.

LEONATO - Ascoltate miei signori.

DON PEDRO - Non abbiamo tempo.

LEONATO - Niente tempo signore? Bene e allora addio signore. Andate così di fretta? Bene , non

cambia niente.

DON PEDRO Non provate ad attaccar briga buon uomo.

LEONATO - Se potesse farsi giustizia così uno di noi sarebbe già steso a terra.

CLAUDIO - Chi gli fa offesa?

LEONATO - Per Dio, tu. Sei tu che mi offendi. Tu, ipocrita e non condurre la tua mano alla spada,

perché io non ti temo.

CLAUDIO - Sia maledetta la mia mano se mai dovesse dare alla vostra età motivo di temere. In

fede mia mi corse senza intenzione alla spada

LEONATO – Andiamo, andiamo ragazzo. Non scherzare, non deridermi, non parlo come un

vecchio pazzo, tu hai diffamato ingiustamente mia figlia

DON PEDRO –Vecchio, per me siete fuori strada.

LEONATO -Mio signore, mio signore lo proverò sul suo stesso corpo.

CLAUDIO - Non voglio aver niente a che fare con voi

LEONATO - Credi di cavartela così con me? Tu hai ucciso la mia bambina. Se uccidi me, ragazzo

tu avrai in vero ucciso un uomo. Ti farò passare la voglia a furia di frustate per quanto è vero che sono un gentiluomo

DON PEDRO – Leonato…

LEONATO -  Dio sa quanto amavo mia figlia. E ora è morta, calunniata a morte da dei furfanti

scellerati boriosi e vogliosi di attaccar briga che mentono, imbrogliano sbeffeggiano vituperano e infamano

DON PEDRO -  Signore ascoltate, non vogliamo provocare la vostra pazienza. Il mio cuore è triste

per la morte di vostra figlia, ma sul mio onore non venne accusata se non a ragione con imputazioni comprovate in pieno.

LEONATO - Mio signore, mio signore...

DON PEDRO - Non voglio sentire nulla

(Entra Benedetto)

Guarda chi arriva, giusto quello che cercavamo

CLAUDIO - Allora signore che notizie?

BENDETTO - Buon giorno, mio Signore.

DON PEDRO - Benvenuto signore, siete arrivato quasi in tempo a spartire una mezza baruffa.

CLAUDIO - Siamo arrivati a un pelo dal far romperci il naso da due vecchi sdentati.

BENEDETTO – (A Claudio) Posso dirvi una parola all'orecchio? (Lo porta di forza da una parte)

Vigliacco! Non scherzo, e sono pronto a provarlo dove come e quando avrai il coraggio di farti avanti! Dammi soddisfazione o dovrò proclamare la tua vigliaccheria. Hai ucciso una dolce creatura, e la sua morte cadrà con tutto il suo peso su di te. Per ora addio ragazzo, conosci le mie intenzioni...

Mio Signore, vi ringrazio per tutti i vostri favori e nondimeno lascio la vostra compagnia. Vostro fratello, il bastardo, è fuggito da Messina, voi due avete ucciso un amorevole innocente fanciulla. Quanto a monsignor 'guance lisce'... ci rincontreremo, fino ad allora se ne vada pure in pace.

DON PEDRO - Fa sul serio.

CLAUDIO - Fa veramente sul serio.

DON PEDRO - Ti ha lanciato una sfida.

CLAUDIO - Molto apertamente…

(Arrivano CORNIOLA, VERGA e BORRACIO ammanettato)

DON PEDRO - Guardie, quali colpe hanno commesso costoro?

CORNIOLA - Per Dio Signore, hanno commesso un calunniamento oltre di che hanno affermato cose

che non sono vere, in seconda sono degli infamatori, sesto e ultimo hanno smacchiato una signora, in terzo luogo hanno detto cose s-fondate e per la conclusione...sono due saltatrappole

DON PEDRO - Cosa avete commesso che siete qui a rispondere in ceppi? Questo illustre

connestabile è… troppo profondo per farsi capire.

BORRACIO - Ho ingannato la vostra nobile vista, quello che il vostro acume non ha scoperto è

stato portato alla luce da queste teste perse che nella notte mi hanno sentito confessare a quest'uomo che Don Giovanni, vostro fratello, mi aveva istigato a calunniare madonna Ero. Voi mi avete visto corteggiare Margherita, mentre Ero veniva coperta di disonore anziché essere sposata. Ora la fanciulla è morta a causa delle false accuse mosse da me e dal mio padrone.

CLAUDIO – Oh, cosa ho fatto?

CORNIOLA - Andiamo, si portino via le parti illese, a quest'ora il cancelliere deve aver trasformato il padre intorno alla questione , e signori non dimenticate al momento opportuno di specificare che...io sono un somaro

VERGA – Guarda, Guarda. Il signor Leonato se ne viene qui.

LEONATO - Dov'è lo scellerato? Dio veda i suoi occhi

BORRACIO - Se volete conoscere chi vi ha offeso, guardate me.

LEONATO -Sei tu il vigliacco che con il suo fiato ha ucciso la mia figlia innocente?

BORRACIO – Sì, sono stato io solo.

LEONATO - No, non è così furfante, ti accusi ingiustamente. Ti hanno tenuto la mano una coppia

di compari, e il terzo che ce la mise anche lui è fuggito.

Vi ringrazio, Principi, per la morte di mia figlia. Segnatela fra le vostre più nobili imprese. Fu un vero atto di coraggio a considerarlo bene.

CLAUDIO - Non so come scongiurarvi di darmi ascolto, eppure devo parlarvi. Scegliete voi stesso

la vostra vendetta, stabilite voi la pena che la vostra immaginazione riterrà più opportuna, anche se fu per errore e non una colpa.

DON PEDRO - Anch'io ho commesso lo stesso errore

LEONATO - Non posso imporvi di imporre a mia figlia di rivivere, che sarebbe impossibile. Ma vi

prego di fare informare il popolo. Di proclamare per tutta Messina che Ero è morta innocente. E se il tuo amore ti ispirerà pensieri solenni, appendi un epitaffio sulla sua tomba e cantalo alle sue ceneri. Cantalo stanotte.

Domattina, poi, verrai alla mia casa e poiché non hai potuto essere mio genero sii almeno mio nipote. Mio fratello ha una figlia, l'esatta copia della mia che è morta, ella è l'unica erede di entrambi, siano dati a lei i diritti che avresti dovuto dare a sua cugina cosicché si plachi la mia vendetta.

CLAUDIO - Oh nobile signore l'eccesso della vostra bontà mi strappa le lacrime...

Accetto la vostra offerta. E disponete in ogni cosa del povero Claudio.

LEONATO – Domani, intanto, verrai a trovarmi. Quanto a stasera, lasciatevi andare...

Questo essere abbietto sarà messo a confronto con Margherita che credo sia stata complice in questo maleficio.

BORRACIO – No, sull'anima mia. Lei non c'entra, non sapeva niente di quello che stava

accadendo realmente, per quanto posso saperne è sempre stata donna onesta e virtuosa.

CORNIOLA – Oltraggio, oh Signore che sulla cosa non fu messo bianco su nero, la parte illesa qui,

l'amputato insomma m'ha chiamato somaro, vi prego di ricordarvene al momento di pulirlo

LEONATO - Ti ringrazio per le cure e i fastidi che ti sei preso

CORNIOLA - Vossia parla come il più grato reverendo giovinotto e sia resa lode a Dio

LEONATO - Prendi questo per il disturbo (gli porge dei soldi)

CORNIOLA - Oh Dio, Dio salvi la fondazione

LEONATO - Va, ti esento dalla guardia al prigioniero e ti ringrazio

CORNIOLA - Lascio con vossignoria un indimenticabile scannasassi che io vi prego di volermi

correggere ella stessa dall'ammaestramento d'altri... Iddio conservi la signoria vostra, umilmente vi concedo di congedarmi e se questo lieto incontro si può ripetere, Iddio ce ne scampi e liberi...Andiamo compare.

(VERGA e CORNIOLA escono galoppando su cavalli inesistenti)

LEONATO – (a Don Pedro) Addio, vi aspetto domattina signore, non mancate

DON PEDRO - Non mancheremo

CLAUDIO - Stanotte piangerò sulla tomba di Ero


SCENA II – SEPOLCRO DI ERO

(Immagino la luce che si spegna di botto, un corteo di persone incappucciate che portano candele ed un cartiglio che porgono a CLAUDIO. La luce si fa leggermente soffusa, come in un mausoleo. Claudio si inginocchia e legge le parole accompagnato da una musica struggente)

CLAUDIO - Uccisa da calunniosa lingua accesa, quella che fu la giusta Hero qui giace morta a

causa dell'ingiusta offesa. Fiamma eterna rende a lei questa pace, una vita spenta nel disonore. gli venne la morte con gloria fama e onore.... (piange)

(BUIO)


SCENA III – GIARDINO DI LEONATO

(In scena BENEDETTO e BEATRICE. Bendetto canticchia una poesia che ha composto per Beatrice.)

BENDETTO - Il dio d'amor che in alto siede..ogni or sa che meritevol son di pietà…

Per quanto riguarda il cantare, ma in amore… Leandro il grande nuotatore, Troilo il primo a impiegare i ruffiani e tutta una schiera di cameriere: spaventa come costoro, i cui nomi corrono ancora lisci sulle strade maestre del verso sciolto, nessuno di loro è mai stato voltato e rivoltato da questo povero me stesso innamorato...

Per Dio riuscissi a metterlo in rima. Sì, ho tentato, ma non ho saputo rimare che fanciulla...con culla, una rima innocente o corno per scorno, una rima un po' aspra, scolaro con somaro, una rima un po' debole. Versi di cattivo augurio. No non sono nato sotto il segno del rimar e non so far la corte con parole vestite a festa...

(Entra Beatrice)

Soave Beatrice, così pronta dunque alla mia chiamata?

BEATRICE - Sì signore, e ad andarmene, quando lo vorrete.

BENEDETTO – Ah, resta almeno fino ad allora!

BEATRICE - Allora avete detto? Addio me ne andrò allora

BENDETTO .  (ride)

BEATRICE - E' sicuro me ne vado subito, ma non prima di dirvi perché sono venuta: voglio sapere

cosa è successo tra voi e Claudio.

BENEDETTO - Solamente cattive parole e adesso voglio baciarvi.

BEATRICE - Cattive parole hanno cattivo fiato e cattivo fiato porta cattivo alito e cattivo alito una

cosa sgradevole, quindi partirò senza baci.

BENDETTO - Tu hai stravolto la mia parola fino a farla uscire dalla via giusta, tanta è la forza nel

tuo spirito. Ciò non di meno ho da dirti che Claudio ha ricevuto la mia sfida e o avrò sue notizie o lo proclamerò un vigliacco. Ma per favore, ti prego dimmi per quale dei miei difetti avete provato il primo sentimento d'amore per me?

BEATRICE - Per tutti in blocco

BENDETTO - (Ride sorpreso)

BEATRICE - Ti hanno costituito una così diabolica amministrazione da non permettere a nessuna

buona qualità di infiltrarsi di loro. Ma di quale delle mie qualità tu hai cominciato a soffrir d'amore per me?

BENDETTO - Soffrir d'amore? Mi piace, infatti l'amore io lo soffro davvero perché ti amo contro

la mia volontà

BEATRICE - A dispetto del vostro cuore credo , oh povero cuore, se lo tormentate per amor mio io

lo tormenterò per amor vostro perché non amerò mai colui che il mio uomo non ama

BENDETTO - Siamo troppo saggi per corteggiarci in pace cara Beatrice, e ora dimmi come sta tua cugina?

BEATRICE - Molto male

BENDETTO - E tu come stai?

BEATRICE -Molto male anch'io

BENDETTO - Servi iddio, ama me e guarisci

(stanno per baciarsi, ma entra URSULA di corsa)

URSULA - Signora!

BENDETTO - Proprio in questo momento?

URSULA -Dovete subito venire da vostro zio, c'è gran confusione in casa... s'è provato che

madamigella Ero è stata accusata ingiustamente e che il principe e il conte Claudio sono stati gravemente ingannati e che Don Giovanni è l'autore del misfatto, per questo se l'è data a gambe...Volete venire per favore? Subito!

BEATRICE -Verrete anche voi a sentire queste notizie?

BENDETTO - Io vivrò nel tuo cuore, morirò sul tuo grembo e sarò seppellito nei tuoi occhi e varrò

anche con te da tuo zio


SCENA IV -CASA DI LEONATO

(In scena PADRE FRANCESCO, LEONATO, MARGHERITA, BENDETTO, BEATRICE, CLAUDIO, DON PEDRO)

FRATE FRANCESCO - Non ve l'avevo detto che era innocente?

LEONATO - E anche il principe e Claudio che l'avevano accusata per l'equivoco di cui avete

sentito, (a Margherita) Margherita tuttavia un po' di colpa l'ha avuta

(a Ero) Adesso figliola e voi tutte gentildonne ritiratevi e quando vi manderò a chiamare tornate mascherate. Il principe e Claudio hanno promesso ed è quasi l'ora di venire da me...

BENDETTO - Padre, dovrei darvi una seccatura credo

FRATE FRANCESCO - Per che cosa signore?

BENDETTO – (evidentemente imbarazzato)Per legarmi o disfarmi, una delle due, signor Leonato

la verità è ,mio buon signore, che vostra nipote ora mi guarda con un occhio di riguardo

LEONATO - La vista la riaveste credo da me, da Claudio e dal Principe, ma che intenzioni avete?

BENDETTO - La vostra risposta signore è enigmatica, però quanto alle mie intenzioni sono che la

vostra buona intenzione collimi con la nostra di essere oggi… congiunti in legittimo matrimonio e che per questo padre santo avrò bisogno del vostro aiuto

LEONATO - Il mio cuore sta con il vostro desiderio

FRATE FRANCESCO - E anche il mio

(Benedetto esulta)

LEONATO - Sono arrivati il Principe e Claudio

DON PEDRO - Buongiorno a questa bella compagnia

LEONATO - Buon giorno principe, buongiorno Claudio. Vi stavamo aspettando. Siete sempre

deciso a sposare la figlia di mio fratello?

CLAUDIO - (annuisce)

LEONATO - Allora chiamatela, il frate è già qui pronto

CLAUDIO - Dov'è la fanciulla che dovrà essere mia?

(Entra ERO con BEATRICE, MARGHERITA e URSULA)

LEONATO – Ecco mia nipote, è questa e io ve la affido

CLAUDIO - Lasciatemi guardare il vostro volto

LEONTATO - No, assolutamente no, finché non prenderete la sua mano davanti a questo frate e

non vi legherete in matrimonio

CLAUDIO - Datemi la mano davanti a questo frate di Dio, sono il vostro sposo se volete essere

mia sposa.

(Ero si toglie il velo)

DON PEDRO - La Hero che sapevo morta

LEONATO - E' rimasta morta fino a quando è rimasta viva la calunnia

ERO - E quando ero in vita ero l'altra tua sposa e quando tu amavi eri l'altro mio sposo. Una Ero è

morta disonorata ma io vivo e come è vero che sono viva sono pura.

(Hero e Claudio si abbracciano)

FRATE FRANCESCO - E io vi spiegherò questo mistero quando saranno finite le sacre cerimonie

e allora vi racconterò nei particolari la morte della bella Ero.

(Tutti fanno per andarsene, ma Benedetto li blocca)

BENDETTO - Un momento....Piano piano padre, qual è Beatrice?

BEATRICE - Io rispondo a questo nome, che comandate?

BENEDETTO - Voi non mi amate?

BEATRICE - Io no, non più di quanto è ragionevole…

BENDETTO - Allora vuol dire che vostro zio, il principe e Claudio si sono ingannati giurandomi

che mi amate.

BEATRICE - Voi non mi amate?

BENDETTO - Io no, non più di quanto è ragionevole

BEATRICE - Allora vuol dire che mia cugina, Margherita e Ursula si sono ingannate perché anche

loro giuravano che mi amate.

BENDETTO - Quelli giurarono che eravate pazza di me.

BEATRICE - E quelle giurarono che eravate morto di me.

BENDETTO - Va bene lasciamo perdere, e allora? Mi amate o non mi amate?

BEATRICE -  No...ma una certa amicizia in contraccambio, forse…

LEONATO - Suvvia nipote, sono sicuro che amate questo gentiluomo

CLAUDIO - E io sono pronto a giurare che l'ama davvero per via di questo foglio scritto di sua

mano, un sonetto un po' zoppo ma tutta farina del suo sacco. Scritto per Beatrice.

ERO - Ed eccone un altro tutto di pugno di mia cugina, gliel'abbiamo rubato di tasca. Contiene solo

amore per Benedetto.

(BENEDETTO e BEATRICE leggono le reciproche dediche)

BENEDETTO - Un miracolo, le nostre mani contro i nostri teneri cuori...cara, ti prendo in moglie

ma per questa luce giuro che ti sposo per pietà.

BEATRICE - E io giuro, non rifiuto, ma per questo bel giorno accetto solo per le tue insistenze e

un po' anche per salvarti la vita, perché mi hanno detto che ti stava prendendo il mal sottile....

BENDETTO - Basta, basta bisogna chiuderti la bocca (Bacio)

DON PEDRO - Come ti senti adesso Benedetto? L'uomo sposato.

BENDETTO - Voglio proprio dirvelo Principe. Un intero reggimento di sputasentenze non

riuscirebbe a mutarmi d'umore. Cosa potrebbe farmi una satira o un epigramma?

No, poiché ho preso la decisione di sposarmi, non mi fanno né caldo né freddo gli spropositi della gente in materia. E perciò niente male farsi beffe di me, per quanto ho detto anch'io un tempo.

L'uomo è un essere volubile, questa è la mia conclusione (Bacio).

Quanto a voi Claudio, pensavo di darvi una bella lezione, ma visto che stiamo per diventare parenti andate pur sano e amate mia cugina…

Allegri, allegri! Siamo amici, facciamo una bella danza prima di maritarci, per alleggerire i nostri cuori e i calcagni delle nostre spose.

LEONATO - Miei cari signori danzeremo dopo

BENDETTO - No, prima in fede mia dunque cominciamo con la musica. Principe siete

malinconico? Prendete moglie

CORNIOLA - Monsignore, vostro fratello Don Giovanni è stato arrestato. Una scorta armata lo ha

ricondotto a Messina.

BENDETTO - Non pensiamoci fino a domani, vi troverò io più tardi il giusto castigo...

Suonate flauti, venite Principe

(COREOGRAFIA finale)

FINE