Monolocale per due

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Commedia in tre atti

di ROBERTO ZAGO

Personaggi:

Cesare

Nadia

Antonia, madre di Nadia

Mordacci

Sartorio

e Cesarino: 

il pesce di casa, amico di Cesare Fortunati

A Milano, o altrove. Oggi.


PRESENTAZIONE DELLA COMMEDIA

Perché «Monolocale per due »? Per diversi motivi che mi sono sembrati uno più convincente dell'altro. Innan­zi tutto per divertimento. « Monolocale per due » è una commedia brillante il cui scopo principale è fare allegra la gente. Ma non è una farsa e il ridere a tutti i costi non è il fine ultimo e unico.

Con questa commedia ho cercato di dire qualcosa sen­za paura: ho penetrato un argomento e un ambiente in­consueti, ho « ingaggiato » quale protagonista una don­na di vita e l'ho fatta incontrare con un uomo tutto diverso, semplice ed ingenuo. E lei, esperta d'uomini, soccombe dinnanzi al candore di lui che non sa d'es­sere tanto forte; la forza dei puri.

La comicità scaturisce, in gran parte, da questo impat­to di nature così differenti e nasce l'amore. « Monolocale per due » è anche una commedia d'amore. Un senti­mento che diventa necessario a lei come il profumo del­la pulizia che fa parere insopportabile lo sporco di prima.

Non ho voluto prediche o sermoni per fare arrivare a Nadia il bene di cui è inconsapevole portatore il ban­cario ragionier Cesare Fortunati che glielo trasmette con la semplicità che gli è abituale anche in ufficio, tra i colleghi che lo motteggiano tacciandolo come l'Eremo di Camaldoli.

Simbolo, poi, di una solitudine tanto attuale, il ragio­niere ha per unico compagno un pesce al quale rivolge i propri soliloqui e ne è ripagato con l'affetto ch'egli desidera avere e che immagina che il pesce gli doni.

Affetto e compagnia che gli darà, invece, Nadia, an­ch'essa sola nonostante gli squallidi incontri dei mar­ciapiedi  che frequenta  per  «tradizione  di  famiglia».

Ho cercato che nella commedia spiccasse il rapporto fra due creature d'oggi che sono vittime non soltanto di se stesse e del proprio destino, ma anche della società che li ha prodotti e che li abbandona senza pietà.

« Monolocale per due » non è però un lavoro pateti­co: ribadisco che è una commedia divertente perché se la realtà può essere vista in tanti modi, specie la più cruda, qui è angolata ottimisticamente.

Sono convinto che si deve avere fiducia nella natura degli uomini, specie se ha ricevuto il correttivo di una educazione di saldi valori, come in Cesare.

Inoltre, ho voluto bene ai miei personaggi e non mi sono sentito di giudicarli; anzi, ho fatto in modo di aiu­tarli un po' affinché potessero incontrarsi e scoprirsi fatti l'uno per l'altra.

Essi vanno accostati senza prevenzioni; facendosi ospitare nel loro monolocale è bene stare al gioco della finzione matrimoniale, pretesto per approcci più sostan­ziosi e duraturi.

Accadrà, forse, che il condominio dei nostri senti­menti si svuoti di parecchi pregiudizi e, sorridendo, sco­priremo pure che il vicino di casa che non conosciamo è un magazzino intatto di cose belle pronte per esserci offerte.

La commedia è stata rappresentata per la prima volta dalla Compagnia dei Giovani di Milano al Teatro Stella di via Pezzotti, durante il carnevale '77. Il pubblico l'ha gradita moltissimo e ci si è divertito: era quello che volevo. Adesso viene affidata agli Amici filodrammatici e a chi vuole metterla in scena. È facile, scorrevole; ne­cessita di essere servita con una recitazione puntuale e non troppo caricata, gli attori devono divertirsi per pri­mi, questo è il segreto per renderla.

A tutti, comunque, auguro un lieto soggiorno nel « monolocale per due », in compagnia dì Nadia e di Cesare dove dimora il buon divertimento.

L'autore


LA SCENA

Una stanza di appartamento composto da un locale più servizi e ripostiglio. Lo abita uno scapolo e lo si vede. Manca totalmente quello che è grazia femminile, cura dei particolari e dei ninnoli.

È strutturato in modo semplice: una porta sul fondo, dalla quale si entra; un'uscita a sinistra mena nel pic­colo cucinino cuoci vivande; a destra, un'altra uscita da sul ripostiglio.

Di fianco al cucinino, la porta del bagno.

I mobili sono moderni, senza pretese di eleganza par­ticolare; c'è un divano letto con libreria incorporata; una poltrona che può diventare un letto; un tavolo e delle sedie; un paio di mobili contenitori di abiti e arnesi vari; un mobiletto in un angolo con sopra la sfera piena d'acqua nella quale naviga un pesce rosso. Il telefono nella zona del divano; alcuni quadri alle pareti scelti senza particolari tendenze artistiche.

Agli allestitori, secondo il loro gusto e le loro possi­bilità, è lasciata la cura delle disposizioni dei mobili ed anche del monolocale.

Avvertenza. La commedia è stata allestita per la pri­ma volta dalla Compagnia dei Giovani di Milano, al Teatro Stella di via Pezzotti, durante il carnevale }77. Il regista, che è l'autore del lavoro, ha avuto l'idea di far « vivere » il pesce mediante un accompagnamento musicale con il pianoforte. In questo modo è risultato un « personaggio » in più che « dialoga » con gli attori. Tale accorgimento è consigliabile a coloro che volessero mettere in scena « Monolocale per due ».


ATTO PRIMO

(Buio. È un pomeriggio alquanto inoltrato di mezza stagione. Qualche attimo di scena vuota ed entra Cesare, un uomo sopra la trentina. Scapolo, tradisce la propria caratteristica per piccoli particolari quali l'abito non per­fetto anzi un poco stazzonato e fuori moda, le scarpe non esattamente lucide, la camicia di due giorni, ecc. Ha un fare candido e ancora un poco fanciullesco pervaso da un entusiasmo che gli fa percepire in ritardo quanto gli sta accadendo; una bontà innata e niente affatto stu­pida, insomma non è quel che si definisce un « dritto ». Cesare accende la luce, si toglie giacca e scarpe e calza le ciabatte che attendono all'ingresso. In seguito, duran­te il monologo, si toglierà pure cravatta e calzoni che piegherà con cura e andrà in bagno a mettersi il pigiama e una vestaglia da camera. Si avvicina al pesce e lo sa­luta affettuosamente).

Cesare       Ciao, Cesarino! Tutto bene, oggi? Raccontami come te la sei passata. Mio caro, io ho avuto un sacco di rogne... Vuoi saperla l'ultima? Dopo l'ultimo au­mento dei telefoni, ci è stato proibito di comunicare con l'esterno senza il permesso del centralino. Bella roba... Adesso ci toccherà fare le telefonate da casa... Immaginati gli strilli dell'ufficio... A proposito, ha telefonato qualcuno, oggi? (si china sul pesce e lo guarda attentamente) No, nessuno. Come al solito, meglio così... E le pratiche? Amico mio, non ti dico le pratiche! Sono un fastidio peggio dei sindacati, il che è tutto dire! Non fare meraviglie, Cesarino, mi stanno tutti addosso che sembro una metropolitana piena!

E vuoi saperne un'altra? Ieri sera ci siamo fatti quel pasticcio che ci piace tanto... Bé, lo sai che ogni volta è la stessa cosa: mi tocca correre per via della colite... (avvicinandosi e guardando dentro) Anche a te ha fatto effetto? Non più del normale... Bene, mi hanno messo il tassametro all'uscita della toilette e stasera mi è stato presentato il conto... (va a frugare nella tasca della giacca e ne cava un bigliettino) Tremila trecento ottantacinque lire per assenze plurime ingiu­stificate! Hanno pure il tempo di conteggiare i biso­gni intimi dei colleghi... Ingiustificate poi, le chiama­no... Li vorrei vedere alle prese con... E come se non potessi anch'io presentare una lista tipo conto del ri­storante! Prendi per esempio le colleghe! Quelle sem­brano nate tutte di domenica e qualcuna pure duran­te uno sciopero; e si vede! Se tu potessi venire con me in banca le vedresti perennemente col naso den­tro ai depliants turistici: sono sempre a sud di Vidigulfo! O a nord di Sesto San Giovanni! Stoccolma! Bangkok! Tokio... E quando rimpatriano eccole po­steggiare dalla sarta per il vestitino e dal parrucchie­re per il colore delle mèches... I colleghi, invece, sono sempre allo stadio: in ritiro con le proprie squadre. E meno male che si limitano allo sport! Quando at­taccano a parlare di donne bisogna esporre il cartel­lo: « vietato ai minori ». Se passano alla politica vo­lano le macchine da scrivere... E io?, ti chiederai tu Cesarino... (dà da mangiare al pesce attingendo da una bustina posta vicino alla sfera d'acqua) Io taccio sempre, taccio e inghiotto, anzi no!, mastico chewing-gum per tenere impegnata la bocca e non dire fes­serie! Perché il ragionier Fortunati, è noto, fesserie cerca di non dirne mai! Il tuo Cesare ha dignità... E tu, che hai da dirmi? Guardami negli occhi (lo guar­da): ho capito tutto: ti senti solo, come me; taci e sopporti, come me; non hai nessuno, come me... E hai fame, come me... Santo cielo! I fiori! Cesarino nel nostro egoismo ci stavamo dimenticando dei fiori, gli amici silenziosi...

(corre in cucina e ritorna con un piccolo annaffiatoio e bagna i diversi vasetti che stazionano in giro)

Vi siete fatti compagnia, oggi? Che cosa vi ha rac­contato Cesarino? E voi, piccoli boy-scouts dalla co­stante buona azione quotidiana, lo avete ripagato del­la sua solitudine?

(suono di campanello alla porta d'ingresso)

To', suonano! Chi è? (va ad aprire)

  

Nadia        (appare sul riquadro con una scodella e un cuc­chiaio in mano. È una giovane piacente, dal trucco un po' pesante ma dal viso furbo e buono. Ha un sorriso accattivante e così si presenta a Cesare)  Buona sera. Sono la sua vicina di casa, signor Fortunati. Posso disturbarla?

Cesare       (timidamente e imbarazzato con l'annaffiatoio in mano)  Bé, sì... Buona sera... Mi scusi, sono in un arnese... poco presentabile.

Nadia        Non fa niente, si figuri. La maionese non mi viene e mi occorrerebbe dell'olio. Lei ne ha?

Cesare       (mentre cerca di nascondere da qualche parte l'annaffiatoio)  Olio?

Nadia        Sono rimasta senza. E a quest'ora i negozi chiudono.

Cesare       D'oliva?

Nadia        Sì.

Cesare       Bé, posso vedere. Attenda, per piacere. (va in cucina e ritorna con una bottiglia) Ecco. Quanto glie­ne occorre?

Nadia        Sa come sono le maionesi...

Cesare       Sì, le compero.

Nadia        Non le fa? (versa nella scodella. E intanto lo guarda un po'  provocante)

Cesare       Tutto in scatola. Pratico, economico... eccetera.

Nadia        A me non piace l'eccetera, così me la faccio. (versa e mena)

Cesare       Quanto!

Nadia        Poi glielo pago.

Cesare       No, non per questo, si immagini! Ma come bisogna sbattere!

Nadia        Altrimenti impazza.

Cesare       Ho sentito dire. Però lei è brava, vedo.

Nadia        Mi piace. Me ne versa  ancora un poco, per piacere?

Cesare       Certo. La prego, non faccia complimenti.

Nadia        Grazie.  Se mi capitasse l'avvertirei. Ma non mi capita mai. Sa come sono fatte le donne...

Cesare       Circa.

Nadia        Sono come la maionese:   se si limitano a fare complimenti vuol dire che stanno impazzendo.

Cesare       Ah, ah!  Che forza che ha lei! (come per na­scondere il proprio imbarazzo)

Nadia        Le piace?

Cesare       La sua forza?

Nadia        Già.

Cesare       (imbarazzato)  Non so... Immagino che avrà sempre la casa pulita.

Nadia        Che c'entra?

Cesare       Con quell'energia... Io faccio tanta fatica per tenere pulita la mia: mi costa un gas.

Nadia        Le costa che?

Cesare       Un gas... Un sacco di problemi, di sforzi vo­glio dire... Sa, io vivo solo, mi faccio tutto.

Nadia        Lo so.

Cesare       Ah, lo sa!

Nadia        Certo. La sento partire al mattino e tornare alla sera. Di giorno: silenzio. Adesso può mettere via l'olio. Grazie.

Cesare       Prego. Allora, non le do fastidio.

Nadia        Un gas! (con intenzione)

Cesare       Come ?

Nadia        Intendo... no. Salvo il sabato quando lei si alza presto e si agita.

Cesare       Ah, sì. Il sabato pulizia generale: mi rifaccio il letto e sbatto le lenzuola e i tappeti, quando non le cambio le lenzuola... Cioè, di solito le cambio, ma non sempre, allora quando non le cambio le sbatto... (va al divano e lo mette a posto, come per far qual­cosa)

Nadia        Con i tappeti, appunto.

Cesare       Se le do noia cambio giorno. Qual è il suo?

Nadia        Tutti... e nessuno. I tappeti vanno sbattuti. (accenna alla maionese) Ne vuole un po'?

Cesare       Vorrei dirle di sì, ma lei poi rimane senza.

Nadia        Quando ce n'è per due... E mia madre man­gia poco.

Cesare       Ha una madre? (intanto va a mettersi le scar­pe e la cravatta che farà uno strano effetto con il pi­giama)

Nadia        È inevitabile. Abita con me. Non se n'è accor­to? Mi dia una tazza.

Cesare       (esegue)  Subito. No, non me ne sono accorto. Io vado e vengo, vengo e vado. Però, quando sono in casa fuori di qui è come se ci fosse il deserto.

Nadia        E invece, fuori dalla sua porta c'è mia madre, io... e un mucchio di cose belle.

Cesare       Ne ho piacere. Io la mangio con il pane. Posso?

Nadia        Come no? Se me ne da un pezzetto le faccio compagnia.

Cesare       Altroché! (esce e torna con il pane) Sola con la mamma?

Nadia        Sì. Solo senza mamma?

Cesare       Sì. Mi basto. Mammina è al paese... Io la chiamo mammina, a lei piace. (sta assaggiando) Mam­mina, che buona! È senz'altro migliore di quella spray, quella dei flaconi, voglio dire.

Nadia        (a sua volta)  Sì. È riuscita. Merito del suo olio. (smorfie per il sapore della maionese che ha assag­giato)

Cesare       Io la compro dal droghiere in fondo alla via. Costa un po' di più ma in effetti rende meglio.

Nadia        (ha una faccia schifata in contrasto con quella di Cesare che è soddisfatta. Adocchiando la stanza) Che bella casa.

Cesare       Trova? Sporca, piccola, disaccogliente... ma mia! Mi ha fatto un prestito la mia banca: io lavoro in banca.

Nadia        Fortunato lei.

Cesare       Prefinanziamento; mutuo agevolato; cambiali semestrali. Tutto stabilito. E lei? (comincia a darsi un contegno)

Nadia        Contanti. Sull'unghia.

Cesare       Complimenti! Monolocale con servizi e solaio?

Nadia        No. Doppi servizi, quattro locali, cantina e box.

Cesare       Però! Io, millesimi cinquantadue e cinquan­tadue. E lei?

Nadia        Che cosa sono?

Cesare       I millesimi di proprietà condominiale.

Nadia        Non mi chieda di queste cose, non ci capisco un'acca. Chissà quanto vale, adesso.

Cesare       Aumento del sessantasei e quarantaquattro per cento dalla stesura del rogito.

Nadia        Bella. Veramente bella. Il bagno?

Cesare       Sì. E di fianco il cucinino, piccolo ma godibile. Là, il ripostiglio.

Nadia        Arredata bene.

Cesare       Idee di « Stefania », la consulente della rivi­sta « fatelo da voi »,

Nadia        S'è fatto i mobili?

Cesare       No, che dice? « Stefania » mi ha consigliato dove rivolgermi. Io non ho fatto che andare e ordi­nare. Nessun merito oltre a quello di firmare l'assegno. (suono di campanello) To', suonano. Mi consen­ta, (si reca ad aprire)

Nadia        Faccia pure.

Antonia      (si presenta. Una donna dal viso truccato pe­santemente e vestita di una vistosa toilette da camera. Volgare ma tutto sommato simpatica)  Buona sera. C'è mia figlia?

Cesare       Ah, lei è...

Antonia      La mamma, sì. Piacere.

Cesare       Onorato, signora.

Nadia        Che cosa vieni a rompere, mamma?

Antonia (entra)  La maionese, cavoli!

Nadia        To', prendi.

Antonia      (abbassando la voce)  Fatto?

Nadia        Solo la maionese.

Antonia      Sbrigati. Aspettano.

Nadia        Non è come fare questa porcheria...

Antonia      (a Cesare)  Vado. Gliela lascio tutta volentieri.

Cesare       L'ho già assaggiata. (segna la scodella sul ta­volo)

Antonia      (insinuante)  Mia figlia, voglio dire. (si avvia) E' migliore della maionese. Provi. (esce)

Cesare       Grazie, signora. Ha sentito?

Nadia        Sì, ma non le dia retta.

Cesare       Bé, è simpatica sua madre.

Nadia        Quanto le devo?

Cesare       Di cosa?

Nadia        Dell'olio.

Cesare       La prego... Non lo dica neppure per scherzo, è stato un piacere.

Nadia        Che cosa prepara per cena?

Cesare       Io? Ecco, adesso ho la maionese... e il contorno è fatto. Una bistecca, e uno yogurt alla frutta come primo piatto.

Nadia        Frugale come menù. Mi permette di darle una mano a preparare la cena?

Cesare       (non crede ai suoi orecchi)  Lei?! Vuole...? Perché ?

Nadia        Devo sdebitarmi.

Cesare       Ma  è  troppo!   Non  le  ho  dato  che  un  po' d'olio.

Nadia        E io ricambio con un po' di mano d'opera.

Cesare       Ah, bé...! Io... io sono contento... Che cosa devo fare?

Nadia        Non lo so. E io?

Cesare       Lei segga. Faccio tutto io!

Nadia        Allora non vale.

Cesare       Eggià... non vale. Bé, se non vale... facciamo come vuole lei. Sa tagliare la carne?

Nadia        Certo.

Cesare       Nel frigorifero c'è la fetta grossa. Io faccio la spesa al lunedì, dal macellaio qui sotto, tante bistec­che giuste giuste sino al venerdì sera, meno uno: per­ché mi faccio il pasticcio una volta alla settimana... Al sabato mattina, terminati i mestieri, corro da mam­mina al paese.

Nadia        (dal cucinino)  La fetta grossa, dice?

Cesare       Faccio in modo che non avanzi. Sì, è quella.

Nadia        E se avanza?

Cesare       Non è mai successo.

Nadia        L'insalata la vuole?

Cesare       Non so, faccia lei, a me la danno i contadini...

Nadia        Se invece dello yogurt lei mangiasse un bel ri­sotto?

Cesare       Sarebbe meglio. Ma chi lo fa?

Nadia        Io.

Cesare       Lei! No no no... E' troppo...

Nadia        Perché? Metto l'acqua a bollire. Il riso ce l'ha?

Cesare       Sì. Qualche volta me lo faccio: riso in bianco, per la colite... Mobiletto bianco pensile a sinistra, ter­zo scomparto. Ma è troppo...

Nadia        Bene. (sparisce in cucinino)

Cesare       (felice, al pesce)  Mi fa il risotto... Hai visto, Cesarino, che sorpresa? Una bella sorpresa, stasera, proprio bella.

Nadia        Come dice?

Cesare       Sto parlando a Cesarino, il mio pesce; è il mio interlocutore abituale, ci intendiamo.

Nadia        Ah! E a chi altro parla, di solito?

Cesare       Alle piante e ai fiori. Non ci crederà, ma sia Cesarino che i fiori e le piante sono sensibili ed han­no piacere quando io mi rivolgo a loro.

Nadia        Con qualche donna parla mai?

Cesare       Sì. Le colleghe. Ma sono insensibili come scri­vanie, oppure assenti, per motivi personali.

Nadia        E qui dentro, in casa?

Cesare       No, mai. Una volta è venuta la signora Rossinini a trovarmi, era con il marito: una pizza! E se mi invitano, non vado... Cioè, non andrei, perché non mi invitano mai.

Nadia        Le piacerebbe?

Cesare       Chi lo sa? Dipende.. Se fosse la signorina Scudelli a farlo, sì... Ma se fosse la signorina Ortensia o qualche altra, tutte le altre... Con questo voglio che non pensi che io sia antifemminista o misogino.

Nadia        Lo è?

Cesare       A me piacciono le donne!

Nadia        Ah, sì?

Cesare       Non si direbbe, secondo lei?

Nadia        Bé, ancora non la conosco, come faccio a espri­mere un giudizio? Com'è la signorina Scudelli?

Cesare       (infervorato)  Non è di questi tempi, o almeno non pare... È bella, brava, gentile... È una di quelle che sta a casa meno... Ma è fidanzata, e lui deve es­sere una frana, pesante... Ha una faccia così! (fa una smorfia)

Nadia        Perciò lei ci spera.

Cesare       Un po', sì... Ma è inutile. La signorina Scu­delli è l'Everest dell'ufficio.

Nadia        Everest?

Cesare       Irraggiungibile. Invece la Silvana è un Polo Nord, vale a dire di ghiaccio. E il ragioniere capo è una Cina, per via che non si capisce mai niente di quello che dice né di quello che vuole... Mi spiego, in ufficio ci qualifichiamo tutti con un riferimento geografico...

Nadia        Ah!

Cesare       Così, la signora Rossinini è un golfo degli Aranci, per via della scollatura; la signorina Ortensia è il Tavoliere della Puglia...

Nadia        Sempre in seguito alla scollatura, immagino.

Cesare       ... sì, e del resto che non esiste.

Nadia        E lei, come viene chiamato?

Cesare       (tace imbarazzato)

Nadia        Non importa.

Cesare       L'Eremo di Camaldoli.

Nadia        (ride)  Perché?

Cesare       Perché vivo solo.

Nadia        Non le piace?

Cesare       È un gas!

Nadia        Mangia qui o in cucinino?

Cesare       Solitamente in cucinino, sulla mensola, ma sta­sera mi preparo di qui. Faccio io, lasci. Ecco, la tovaglietta e i piatti... Sa, di solito uso piatti di carta e bevo nei bicchieri di plastica, così evito di lavare.

Nadia        Pratico. (gli va vicino) Ma il tovagliolo non è di carta. (lo toglie dal mobile dove lui sta armeg­giando )

Cesare       È un tovagliolo di tela pregiata. Vede, ci sono anche le mie iniziali ricamate. È un ricordo della nonna. L'anello per tenerlo lo regalarono a mammina il giorno che mi battezzarono: argento puro!

Nadia        È chic!

Cesare       Sì, è molto bello. Mi fa compagnia mentre mangio, sembra una cosa viva.

Nadia        Che effetto le fa, stasera, mangiare con una donna?

Cesare       (trasecola)   Mang...?!

Nadia        Naturalmente se lei mi invita.

Cesare       Oh, sì sì... Volentieri...

Nadia        Non è contento?

Cesare       Sì sì sì... Certamente! Ma non so se ho tutto.

Nadia        Io dico di sì.

Cesare       In cucina, intendo.

Nadia        Ho già visto: c'è tutto.

Cesare       Bene. Allora preparo per due... (stacco) E sua madre?

Nadia        Sì?

Cesare       Non sa nulla.

Nadia        Lei dice tutto a mammina?

Cesare       Quasi. Però, le cose che potrebbero dispia­cerle le taccio. Ha un po' di arteriosclerosi.

Nadia        Presumo che anche la mia ne soffra. In com­penso ha tanta esperienza. Ma io sono indipendente e me ne frego.

Cesare       Lei se ne frega di sua madre?!

Nadia        Nella misura che le serve per restare tranquilla. Più o meno quello che lei fa con mammina, quan­do le tace le cose brutte.

Cesare       Eggià.

Nadia        È sempre deciso per il riso in bianco?

Cesare       Sì. E lei?

Nadia        Ha della salsa o del ragù?

Cesare       No.

Nadia        Allora sono decisa.

Cesare       Che gas! È la prima volta che in casa mia ci mangia una donna... Mammina a parte. (prepara per due la tavola)

Nadia        Doveva pur avvenire, no?

Cesare       Eh, sì. Ma se lo avessi previsto mi sarei pre­parato, avrei comprato qualcosa di buono e di bello, non so...

Nadia        Non trova che così è più sorprendente, improv­visato...

Cesare       Certo, lei è sorprendente. Ma la cosa più in­teressante è che lei ne è consapevole, direi che si trova a suo agio in questa situazione... Io, invece... mi scusi, mi sento così confuso...

Nadia        Lo sono perché conosco gli uomini. Non ha fatto caso a quanti uomini vengono in questa casa?

Cesare       Sa, io vado e vengo. Non so, può darsi...

Nadia        Glielo dico io: qui ci vengono tanti uomini, tutti belli e ricchi.

Cesare       Ah, sì? E perché? Ci sta un aperitivo?

Nadia        Ci sta. Forse perché ci trovano qualcosa di mol­to interessante.

Cesare       C'è forse una palestra nel seminterrato? (pre­para un aperitivo)

Nadia        Non una palestra. Qualcosa di meno sportivo e più... affascinante.

Cesare       Un parrucchiere?

Nadia        Qualcosa di più intimo.

Cesare       Ma! (gli aperitivi sono pronti e lui la serve) Cin cin!

Nadia        Cin cin! Davvero non riesce ad indovinare? Cesare No. A meno che lei non mi aiuti.

Nadia        Vediamo... Se fossimo nel suo ufficio, questo luogo sarebbe probabilmente definito... Pigalle!

Cesare       Parigi! Nadia Esatto.

Cesare       Ci sono stato con il nostro CRAL! Magnifico! Che favolosa città! La Tour Eiffel e il Louvre! L'Ope­ra e i Campi Elisi...

Nadia        E Pigalle!

Cesare       Sì, c'è un metrò che porta da quelle parti, l'ho visto sui cartelli, ricordo. Che giorni affascinanti! In­dimenticabili!

Nadia        A fare?

Cesare       Come, a fare?

Nadia        Il metrò che ci va a fare a Pigalle?

Cesare       È un quartiere di Parigi, ci abita della gente; forse ci sarà pure qualcosa di storico e di interessan­te, così il metrò ci arriva.

Nadia        Infatti, c'è qualcosa di interessante.

Cesare       Ah, ma allora lei c'è stata, la conosce!

Nadia        Sì. E lei, purtroppo, no.

Cesare       Forse ci sarò passato senza accorgermi. Non me ne faccia una colpa. Lei conosce tutto di Milano?

Nadia        Sì.

Cesare       Non ci credo. Sa dov'è... (stacco) Un mo­mento... Perché casa nostra sarebbe definita come Pa­rigi, nel mio ufficio?

Nadia        Non come Parigi: soltanto come Pigalle. In quanto qui si fanno, più o meno, le cose che si fan­no là... Ovvero, il fine è il medesimo.

Cesare       Che fanno a Pigalle, signorina?

Nadia        Oh, beata innocenza! Mammina non le ha det­to niente quando ha smesso di portare i calzoncini corti?

Cesare       Non ricordo. Però non capisco che cosa c'en­tri mammina, Pigalle, il mio ufficio e casa nostra. C'è un nesso?

Nadia        Eccome! Ma lei naviga ancora nell'acqua di co­lonia del bagnetto di sua madre.

Cesare       Adagio! Qui non si naviga un bel niente! Che cosa c'è a casa nostra che io non so: una tipografia clandestina, forse, di quelle dove si stampano le ri­viste sconce?

Nadia        No.

Cesare       Monete false?

Nadia        No.

Cesare       C'è di peggio?

Nadia        Sì.

Cesare       Droga?

Nadia        No.

Cesare       Contrabbando?

Nadia        Nemmeno.

Cesare       Donne?

Nadia        Finalmente! Sì!

Cesare       Donne... Non casalinghe, immagino.

Nadia        Immagina esattamente.

Cesare       Ho capito. Che gas!

Nadia        Non mi dirà che le dispiace.

Cesare       E lei non mi dirà che è una bella cosa!

Nadia        Dipende dai punti di vista. I clienti sono con­vinti di sì. Il riso è pronto.

Cesare       Allora mettiamoci a tavola... (realizza) I clien­ti!  Puah! Mi scusi, lei dice che Pigalle... cioè, casa nostra è come Pigalle:  vuol dire che non è casa sua ad essere come Pigalle.

Nadia        Tutta la casa! Il mio appartamento compreso.

Cesare       Eh!!!

Nadia        A me pare cotto a puntino. Deve essere buono.

Cesare       A me no!

Nadia        Il riso.

Cesare       Ma è pazzesco! Tutta la casa!

Nadia        Dodici appartamenti su tredici.

Cesare       Dodi...

Nadia        ... ci! Meno il suo.

Cesare       Ci mancherebbe altro!

Nadia        Formaggio?

Cesare       Mi va tutto di traverso. Grazie, sì.

Nadia        (lo serve)  Ecco, va bene così? E io sono venuta a dirle di far tredici.

Cesare       Cos'è? Il totocalcio?

Nadia        Qualcosa del genere. Lei ci guadagna, infatti.

Cesare       Signorina, si rende conto di quello che dice?!

Nadia        Come no? Sono venuta apposta da lei. Ha vi­sto che maionese? A lei è piaciuta immensamente. Bene, a me riesce tutto così.

Cesare       La maionese...

Nadia        Mi ascolti, la proposta è questa: lei se ne va e noi facciamo tredici...

Cesare       Noi, chi?

Nadia        La nostra organizzazione, un trust di cervelli che ha in mano la situazione di tutta la casa.

Cesare       Anche sua madre è un cervello?

Nadia        Sì, e anch'io. Ma non è il caso di analizzare. Oppure, lei rimane e diventa un cervello a parità di diritti e di guadagni. Cede questo monolocale con servizi durante le ore di assenza e quando ritorna dalla banca ne gode pure gratis gli usufrutti, cioè:  io!

Cesare       Che cosa?!

Nadia        Io! Le sembro un buon usufrutto?

Cesare       Non mangio più.

Nadia        Non mi dirà che vuol incominciare subito ad usufruire...

Cesare       Per favore, vada via da casa mia!

Nadia        Che esagerato! (suono di campanello alla porta)

Nadia        To' suonano. Vada ad aprire, già che è in piedi.

Cesare       Mammina mia... Chi è? (apre) Antonia (appare) Finito di mangiare, gioiette?

Cesare       No! E se ne vada! (chiude la porta bruscamen­te) Il cervello! Quella megera... Vieni via, Cesarino, non guardare le cose brutte. (nasconde il pesce)

Nadia        Che modi...

Cesare       Signorina. Si può sapere come si chiama?

Nadia        Nadia. E lei?

Cesare       Cesare.

Nadia        Ragionier Fortunati, come da targhetta sulla porta.

Cesare       Signorina Nadia, io non la voglio in casa mia!

Nadia        Reazione prevista. Onesto borghese scapolo, scandalizzato dalla rivelazione che la casa che abita è un bordello.

Cesare       Casa mia, no!

Nadia        Lo diventerà: è fatale. Lo sono ormai nove­centocinquanta millesimi circa della comproprietà.

Cesare       Ma come ho potuto cadere in questo... gas! Per non dire altro.

Nadia        È anche quello che ci siamo chiesti noi un muc­chio di volte.

Cesare       Io vi denuncio alla questura!

Nadia        Ci hanno già provato altri: gli è sempre anda­ta male per diversi motivi. Se lei vuoi mettersi in lizza, si accomodi.

Cesare       Senta! Lei ha coscienza del mestiere che eser­cita?

Nadia        È il più antico del mondo. Sembra che la prima umana occupazione redditizia sia stata appunto que­sto mestiere.

Cesare       Il male e lo schifo non la soffocano?

Nadia        Respiro benissimo.

Cesare       E la vergogna?

Nadia        Cos'è?

Cesare       Ma non sente il richiamo dell'onestà e della pulizia?

Nadia        Certo. Mi lavo tutti i giorni. (stacco) Deve es­sere stato un errore dell'Immobiliare. Si saranno cer­tamente confusi scambiandolo per uno dei nostri.

Cesare       Non cambi discorso!

Nadia        Nemmeno lei! O solca da qui o si rassegna, non ci son santi! Questo è un palazzo di gente tutta d'un pezzo!

Cesare       Meno male che non ha detto: per bene.

Nadia        Lo è! Noi applichiamo tariffe concorrenziali e offriamo prodotti di prima qualità! Vada in giro a con­trollare se le sembra che dica una balla! Questa è una casa di classe: moquette e citofoni dappertutto! E poi la smetta di fare il moralista! Se non provvedes­simo noi a certe istanze, ci sarebbero di sicuro degli altri a farlo. Il mercato è quello che è e la domanda sopravanza di gran lunga l'offerta: da sempre! Se la prenda con chi ha costruito gli uomini con determi­nati bisogni!

Cesare       Me la prendo con lei, con me, con tutti!  E io che l'amavo come me stesso...

Nadia        Di già? Grazie, sono lusingata.

Cesare       Questa casa!  La  prego,  signorina Nadia, io non sono un moralista e mi ascolti! So per esperien­za... no, quello no... Ma so con certezza, questo sì, che gli uomini sono migliori di quanto appaia e che un buon marito non ha bisogno di... persone e di case come la sua!

Nadia        Dica la nostra. E in quanto ai mariti si sbaglia come le previsioni del tempo. Ad un certo punto qua­lunque marito si accorge di guardare le altre donne con occhio diverso da come, sino allora, ha visto la propria signora. Se le mostrassi l'elenco dei clienti, troverebbe una sfilza di nomi tra i più irreprensibili cui è venuta la vista lunga!

Cesare       Non ci credo!

Nadia        No?! Poveretto, lei! Inoltre non tutti gli uo­mini sono sposati! Lei, per esempio, non lo è.

Cesare       Io non sono mai entrato in certi posti! Nadia L'Eremo di Camaldoli...

Cesare       Ha poco da prendere in giro: io sono fatto così!

Nadia        Che gas!

Cesare       E tutto questo per il denaro... Il maledetto sterco del diavolo!

Nadia        Che il cielo gli mandasse una diarrea eterna che io mi metto sotto a prenderla...

Cesare       Nadia... senta... La chiamo Nadia, se permet­te... Nadia, ha mai pensato ad una vita bella, con un marito e dei bambini che la fanno gioiosamente im­pazzire?

Nadia        No. E lei?

Cesare       Sì, sempre! Ci provi a vedersi qui, in questa piccola casa, magari: lei e un uomo che ha sposato per amore.

Nadia        Un uomo solo?

Cesare       Sì.

Nadia        Che carestia...

Cesare       (con commovente insistenza)  Giorno dopo giorno la vostra esistenza scorre serena e si dipana, fin­ché viene allietata dalla nascita di un marmocchio paffuto e biondo...

Nadia        Ma lei legge « Intimità »!

Cesare       No. Ma se fosse? Non le pare bellissimo ve­derlo crescere poco a poco, sentirlo parlare...

Nadia        Non dicono altro che parolacce oggi, i bam­bini.

Cesare       ... e lei lo porterebbe a passeggio, poi, alla do­menica uscireste tutti e tre e andreste in centro..

Nadia        A guardare le vetrine chiuse e a leggere i car­tellini dei prezzi sulla merce che non si può comprare perché in cassa mancano i quattrini.

Cesare       ... in seguito ne verrebbe un altro di bimbo e, forse, un altro ancora.

Nadia        E dove li mettiamo, scusi, qui dentro?

Cesare       (colpito, ma prontissimo)  Potremo cambiare casa.

Nadia        Potremo?! Ehi, ragioniere, non penserà di aver­mi già sposato?

Cesare       Ebbene... perché no?

Nadia        Che cosa?!

Cesare       (preso dal suo stesso gioco verbale)  Sì,sì, io e lei, siamo sposati! Nadia, faccia conto che sia così!

Nadia Ma che dice?

Cesare       Io e... te, tesoro, fingiamo che siamo marito e moglie! Io sono il tuo unico uomo e tu l'adorabile mia signora Fortunati!

Nadia        (impressionata)  Un momento, pazzo...

Cesare       (in esaltazione)  Pazzo, sì! Pazzo di te, che sei più pazza di me a venirmi a chiedere casa mia e ad offrirti come... usufrutto, per fare del mio alloggio un bordello! Sì, ti prendo, ma non come usufrutto: ti prendo tutta e per sempre!

Nadia        Mio Dio! Ma lei sta dando i numeri! La pianti o chiamo aiuto!

Cesare       Ascolta! Ora te la faccio io una proposta, bella adescatrice della porta accanto! Ti cederò la casa dopo che tu avrai fatto la parte di mia moglie per... ecco, per un mese, un mese soltanto...

Nadia        Che?! Ehi, ehi...!

Cesare       (incalzante)  Tu sarai la perfetta consorte d'un ragioniere di banca con tutti gli accessori connessi; fedeltà, disponibilità assoluta, servizio di cucina e di spesa quotidiana, affettuosità e difficoltà di sopporta­zione, eccetera... Se in capo a un mese, mi chiederai ancora questa casa ti prometto di sloggiare e di la­sciarti padrona del campo! Accetti di fare questa scommessa?

Nadia        (lo guarda, poi come a sfida)  Ci sto!

Cesare       A due condizioni: che tu dimentichi tua ma­dre e la tua professione per tutto il tempo che reste­rai con me.

Nadia        (un momento di riflessione)  Va bene! (una pau­sa. Cesare pare rendersi conto della situazione che si è venuta creando)

Cesare       Forse sono davvero diventato matto... Ma ti voglio provare che, con un marito al fianco, la vita è tutta un'altra cosa da quella che conosci tu. (ripren­de con decisione, non credendo a se stesso)

Nadia        E io sono più matta di te ad accettare, ma ti voglio provare che sei un bischero a farti chiamare l'Eremo di Camaldoli dai tuoi fetentissimi colleghi!

Cesare       Okay! Da questo momento sei mia moglie!

Nadia        E tu sei mio marito! (stretta di mano quasi rabbiosa)

Cesare       Allora lava i piatti! E io, finalmente, mi leggo in pace il giornale! (corre a riprendere il pesce) Cesarino, siamo diventati tre, Cesarino! (con aria estre­mamente felice, mentre Nadia è quanto mai perples­sa e rimane a guardarlo come si guarda un feno­meno),

FINE DEL PRIMO ATTO


ATTO SECONDO

(È sera. Nel monolocale sono presenti Sartorio, Mor­dacci, Antonia e Nadia. Stanno consultando una pianta della città. Sartorio e Mordacci sono due « cervelli » dell'organizzazione, secondo la definizione di Nadia. I due sono attempati, elegantissimi, veri magnaccia del­la prostituzione. Appaiono, però, simpatici perché non vi è in loro la cattiveria della professione, ma solo la ironia accentuata, per altro, dal dialetto. A questo pro­posito, si precisa che i due si esprimono in veneto ed in emiliano, ma è lasciata alla possibilità degli attori gio­care sulla preferenza dialettale dei personaggi: non è vin­colante nessun dialetto in linea di massima).

Sartorio     Mi ve digo che qua la situassion la se mette meio che mai:  gavemo tutta la zona sotto control!

Mordaci     Fin che non possiederemo sta stallazza di appartamento, non avremo un sanformeint sotto controllo.

Antonia      Questo monolocale è già nostro, Nadia se lo sta guadagnando muro per muro. Vero, Nadia?

Nadia        (sta aggiustando un paio dì calze di lui)  Vero.

Sartorio     Alora, mettemo zò la mappa definitiva. (se­gna sopra la cartina) Qua, dal numero otto al nume­ro ventiquattro della via, sie batterie; sul canton, altre tre.

Mordacci   Mo che canton e canton! Oi ben! Cerchia­mo di non invadere le pertinenze di compare Bonafé che di impertinenze non ne tollera brisa!

Sartorio     A Bonafé ghe penso mi. Ghe mandemo An­tonia per ammansirlo.

Antonia      Ci vuoi mandare me, Sartorio?

Mordacci   Corpo d'un cane! Quello appena se la vede spuntare si sfarfuglia.

Antonia      (risentita)  Non si sfarfuglia un bel niente! Può darsi che il mio indice di gradimento sia forse un po' in ribasso...

I due          Sì! Mo scì!

Antonia      Ho detto forse e può darsi, e se non è di buon gusto saprò difendermi, ma Bonafé... me lo sfarfuglio eccome!

Mordacci  Sorbole alla piadina!

Antonia      E l'angolo è nostro in ogni caso.

Sartorio     Bon! Dato per accaparrà el canton, gavemo de sistemar la piassa...

Mordacci   Mo senti, dal terzo tombino in avanti ci piazziamo una bateria per negozio, quindi sono: una, due, tre, quattro, cinque e sei. Facciamo un dieci metri di zona franca perché c'è il bar a rompere le uova, e dopo...

Sartorio     (salta dentro)  Altro canton!

Antonia      E tutta la via è nostra! Ci siamo procurati la licenza di esercizio e gli altri comparì sono d'accordo.

Mordacci   Ei, mi sta zampillando un dubbio: non vor­rei che il comparaggio barasse...

Sartorio     I xe tutti de le to bande.

Mordacci   Appunto! Sapete come sono conformati sti bolognesi: infingardi, egoisti e bugiardi... Bà, come non detto... Io sono di Gattatico: tutta un'altra par­rocchia...

Sartorio     Come te voi. Adesso se tratta de rimpolpar le batterie. Mi gò beldà scritto in paese.

Mordacci  E pure io l'ho fatto: ragazzole serie e one­ste ci abbisognano.

Sartorio     No massa.

Mordacci   Serie e oneste nella professione, oi ben!

Sartorio     Bon! Qua ghe xé el libro mastro: entrade e usside, spese generali, oblazioni e regalie e paghe va­rie. Se la cooperativa la vol controllar?

Nadia        Sì, me lo lasci.

Sartorio     (sorpreso)  Ti, Nadia?

Nadia        Sono un socio della cooperativa. E adesso so­no a pregarvi di uscire perché tra poco mio marito rincasa. L'ho fatto andare all'altro capo della città con una scusa.

Mordacci   (divertito)  Ah, ah... Marito! Quel l'ha più corni che un castel merli.

Nadia        Mordacci, la prego di non offendere la mia fa­miglia.

Mordacci   Mo' debon?!

Antonia      Che ci vuoi fare, Mordacci, lei se la prende quando glielo strapazzano.

Mordacci   Ch'el coion là?! Mo senti senti...

Nadia        Mamma, non disturbarci come tuo solito.

Antonia      E che vi faccio? Vengo soltanto a chiedere il pane quando resto senza.

Mordacci   La fa la mantegnuda.

Sartorio     Xé un'abitudine contrada dalla nassita.

Antonia      Vi proibisco di offendere la mia reputazione. Io mi sono sempre mantenuta...

Mordacci   (interrompe) ... in aria.

Sartorio     Con la zavorra che la gh'ha davanti e... de drio, xe un affar...

Antonia      Quello che voi chiamate zavorra, mandava in crisi il traffico sulla circonvallazione: che tampona­menti, ragazzi...

Mordacci   Mo beati i carrossieri, allora.

Sartorio     Sarà stada una serata de nebbia. (risata) Andemo, andemo, Mordacci, lassemo in pase... i sposi.

Antonia      Nadia, quando scade il tuo contratto con lui?

Nadia        Tra pochi giorni.

Antonia      Mi domando se era proprio necessario fare una scommessa tanto assurda.

Nadia        Me lo domando sempre anch'io...

Mordacci   Una buona salute ai matrimoniati...

Sartorio     Se vedemo, Nadia.

Mordaci     Oi ben, mo posso baciarle la mano, signora Fortunati? (le bacia comicamente la mano) Che ragazzola superextrafina, sembra pasciuta col parmigia­no reggiano, quel formaggio divino che fa la goccia... O è il matrimonio a conferirle la cera che fa esclamar: mo quanto sei bella?

Antonia      Gente, l'ho fatta io, datemi il diritto d'autore.

Sartorio     Xe sta un error de stampa... Andemo andemo... Antonia Ti lascio un bacetto, tesoro...

Sartorio     (cedendole il passo)  Ostrega, Antonia, ti gà ancora un bel andar de corpo...

Antonia      Dici, amico mio? Grazie del complimento...

(sono usciti)

Nadia        (rimette in ordine l'ambiente. Dopo poco suona il campanello d'ingresso, lei va ad aprire ed entra Ce­sare molto bagnato come d'uno che sia passato sotto un acquazzone)

Cesare       Ciao, cara.

Nadia        Mio Dio, come sei bagnato!

Cesare       Tutta colpa mia. Non avrei dovuto andare a quell'appuntamento.

Nadia        Togliti le scarpe.

Cesare       Credo che dovrò togliermi tutto. Che acqua! Mammina mia.

Nadia        La colpa è solo mia. Non dovevo insistere per­ché tu uscissi, stasera. E senza ombrello!

Cesare       Amore, tu non hai fatto altro che quello che dovevi: convincermi e spronarmi da quella brava mo­glie che sei. (intanto si spoglia)

Nadia        È stata interessante la riunione?

Cesare       Non c'è stata nessuna riunione.

Nadia        No?! Ma che cosa dici?!

Cesare       Ti racconto tutto, tesoro. Arrivo al quartiere Torretta e scendo dall'autobus nel momento esatto in cui incomincia a piovere. Non si vede in giro nessuno e non so dove dirigermi. Grazie. (alludendo ad un capo di vestiario porto da lei, mentre lui si toglie ì pantaloni). Finalmente, passa un tizio in motorino. Lo fermo. Gli chiedo dove tengono la riunione dei bancari aderenti al fondo di solidarietà per quando saranno pensionati anziani. Risponde che non lo sa, anche se lui è un bancario come me. Forse in parroc­chia, dice, o al centro sociale e mi indica entrambe le sedi. Intanto gli chiedo perché se ne va in giro in motorino con quel tempo. Ho la macchina al coper­to, risponde, e non voglio bagnarla. E se ne va chis­sà dove. Ma! Allora mi dirigo alla parrocchia... Le calze, grazie, Nadia... C'è una riunione di condomini e una di Comunione e Liberazione o giù di lì... Etcì! (starnuta)

Nadia        Salute.

Cesare       Grazie.

Nadia        Piove?

Cesare       Che Dio la manda! A questo punto riattra­verso il quartiere e vado al centro sociale. Buio. Nep­pure un'anima per domandare notizie più dettaglia­te... (parentesi) Hai dato da mangiare a Cesarino?

Nadia        Sì.

Cesare       Beato lui che non soffre l'umido... (al pesce) Ciao, Cesarino!

Nadia        Allora che hai fatto?

Cesare       Allora mi decido a tornare a casa perché ca­pisco che non c'è alcuna riunione. Salgo sull'autobus ma mi accorgo che non ho biglietti; scendo, entro in un bar aperto ma ne sono sprovvisti... Ritorno sul­l'autobus fermo al capolinea e mi giustifico con il conducente. Risponde che se ne frega: lui non è il controllore, se lo fosse mi avrebbe già multato. Grazie...

Nadia        Prego.

Cesare       Non a te, al conducente. Quindi, decido di ri­schiare. Ad ogni fermata sbircio se sale il controllare: niente... Le calze, per favore. Infine, quello che te­mevo si verifica: i controllori, perché sono in due, salgono tronfi come direttori di agenzia, ma io rapido come un'anguilla accenno a scendere... Uno di quei due, pareva Mennea, mi rincorre e mi blocca sul mar­ciapiede. Biglietto? Chiede. Cerco di spiegarmi e di mostrare almeno la mia buona fede: inutile! Devo pa­gare, ed è quello che faccio... Mi porti per favore il pigiama? La prima multa della mia vita... Il control-lore se ne va e io sono sempre senza biglietto. Cerco di bloccare un taxi, ma quello non mi vede neppure... Rischiare un'altra multa sul tram? Mi rifiuto, per di­gnità! Perciò che fare a questo punto?

Nadia        Sì?

Cesare       Torno a casa a piedi sfruttando i cornicioni.

Nadia        E l'hai fatto?

Cesare       Perché non s'è visto? Ma Milano è scarsa di cornicioni... Però, ero felice e cantavo « Singing in the rain »...

Nadia        Che cosa?

Cesare       Cantavo sotto la pioggia, perché ero sicuro che tu mi aspettavi al caldo e all'asciutto. (canta al­legramente la famosa canzone americana)

Nadia        Sicché, la riunione era... fasulla.

Cesare       Appunto. Uno scherzo di qualche buontem­pone... Riunione dei bancari aderenti al fondo di so­lidarietà per quando saranno pensionati anziani... Che cretino! E ci ho creduto... Etcì!

Nadia        Salute. Tutta colpa mia, Cesare.

Cesare       Ti prego, amore, non fartene un cruccio... Per­ché dovresti fartene? Domani, in ufficio non dirò nep­pure una parola! Zitto e mosca con tutti! Non gliela voglio dare... etcì!... a quelli la soddisfazione di avermi fregato. Quando mi chiederanno della riunione, poiché me lo chiederanno, risponderò: ah, sì?, quale riunione? Faccio bene, cara?

Nadia        Fai benissimo.

Cesare       Grazie. Metto i fiori sul balcone, così usufrui­scono pure loro della pioggia...

Nadia        Lascia, faccio io.

Cesare       Sei gentile. Nadia, devi scusarmi di non aver­ti portato niente.

Nadia        Come?

Cesare       Bé... da quando siamo sposati... questa è stata la prima volta che sono uscito di sera, e dovevo al­meno rientrare con un souvenir per dimostrarti che non ti ho dimenticata.

Nadia        Grazie, Cesare, questo tuo pensiero è molto bello. Però, noi non siamo sposati, ricordalo.

Cesare       Eggià. (pausa) Io continuo a crederlo che lo siamo. C'è tutto per confermare la nostra relazione in modo concreto: io ti voglio bene, tu dimostri di volermene...

Nadia        Tutto no, Cesare.

Cesare       Manca qualcosa. Nadia?

Nadia        Direi di sì.

Cesare       Non capisco.

Nadia        È chiaro che cosa manca tra noi due per con­fermare la nostra relazione, come dici tu.

Cesare       Tu alludi a noi due...?

Nadia        Esattamente.

Cesare       Bé, io lo sai come la penso...

Nadia        Lo so. Ma se non c'è « quello », come può esi­stere la conferma?

Cesare       Dici? Etcì!

Nadia        Dico. Salute.

Cesare       Bé, i patti che abbiamo fatto contemplavano un matrimonio bianco non... colorato.

Nadia        Colorato! Roba da fine del mondo... e dintor­ni! Ma come fai ad essere così! Tu sei diverso da tut­ti gli uomini che ho conosciuto, sei... sei... (una pau­sa, poi come a se stessa) Forse è proprio per questo che mi piaci... (poi con forza, sotto il naso di lui, co­me una ribellione) Ma se non c'è « quello » non può esistere nessuna conferma!

Cesare       (candido)  Ma tu ne senti la mancanza, Nadia?

Nadia        (presa in contropiede. Una pausa)  Mi pare di essere in ferie...

Cesare       Ah, perché voi in ferie non... Nadia Tu quando sei in ferie lavori, Cesare?

Cesare       No!!! Eh, ci mancherebbe altro! Però, non pensavo che voi... Una volta ho visto un film, si in­titolava « Mai di domenica »... E infatti, quella di domenica mai, ma tutti gli altri giorni... senza ferie... Etcì!

Nadia        Salute! Senti, Cesare. Ho il conto della spesa, ti senti di guardarlo?

Cesare       Certo.

Nadia        (glielo porge).

Cesare       (lo legge)  Carne, burro, salsiccia, prosciutto, lar­do... (si ferma) Abbiamo mangiato la salsiccia, Nadia?

Nadia        Altroché. Ti piace tanto.

Cesare       Ah, sì... È vero... (seguita a leggere) Dadi, olio, stuzzicadenti, carta igienica, patate, insalata... (c.s.) Ma quanta carta igienica!

Nadia        Siamo in due, e poi tu... hai sempre la colite.

Cesare       D'accordo... Però io ti porto a casa tutte le sere il giornale.

Nadia        Che c'entra?

Cesare       Va bene, va bene... Domani farò un prelievo. Orca, se costa una famiglia!

Nadia        Vuoi qualcosa che ti corrobori?

Cesare       Ti pare che ne abbia bisogno?

Nadia        Mi sembri depresso.

Cesare       No no, sto bene... Etcì! Se ti fa piacere...

Nadia        Fernet?

Cesare       Mi fa digerire la pioggia o il conto della spesa?

Nadia        Allora, brandy.

Cesare       Quello che vuoi, Nadia. Grazie. (lei glielo por­ta) Ha telefonato mammina?

Nadia        Sì. Credeva di aver sbagliato numero. Gliel'ho lasciato credere. Sarebbe stato troppo complicato spie­garle la nostra situazione.

Cesare       Hai fatto bene. Andrò da lei la settimana ven­tura e le parlerò. Etcì!

Nadia        Salute.

Cesare       Grazie. Ti secca se vado a letto? Ho un po' freddo.

Nadia        Te lo preparo subito. (prepara il letto ricavato da un divano)

Cesare       Come sei buona, tu. Come una moglie... vera. (fa un separé con le sedie coperte da un grande telo)

Nadia        È un bellissimo complimento.

Cesare       Ti piace... fare la moglie? È bello, vero Nadia?

Nadia        Non cercare di influenzarmi.

Cesare       Figurati! Dico così, perché a me piace fare tuo marito. Lo farei per sempre... Etcì!

Nadia        Ti spiace se tralascio di dirti ancora salute? Or­mai, con il raffreddore che ti sei preso, ne verrebbe un'inflazione...

Cesare       Certo, cara... Anch'io non ti risponderò sem­pre grazie.

Nadia        (dopo una pausa, mentre termina di preparargli il letto) Hai già pensato dove trasferirti?

Cesare       (non realizza subito)  Che? Ah, già... Non voglio pensarci.

Nadia        Ecco, il tuo letto è pronto. (pausa) Noi paghia­mo in contanti. Così potrai estinguere il mutuo per questo monolocale e accenderne un altro, magari per due locali...

Cesare       (non gli piace il discorso)  Io non voglio accen­dere niente! (pausa) Vedi, piuttosto, di spegnere pre­sto la luce. Etcì!

Nadia        Come vuoi. Vado a prepararmi per venire a letto... scusa, per andare a letto. (va in bagno)

Cesare       Cesarino, Cesarino! Perché non mi hai avver­tito che saremmo caduti tanto in basso? Mi pare di vedere il cielo da una buca stretta e liscia e non so come risalire. Etcì! Sei scusato anche tu dal dirmi salute... Eppure, è bello sai, tornare a casa e trovare una donna che ti aspetta. L'avevo provato con mam­mina, ma ora... con lei... è diverso, (sospensione) pen­si che mi stia innamorando? Sarebbe come ammalar­si... Poi, chi mi guarisce? (suono di campanello) Chi può mai essere a quest'ora? (va ad aprire)

Antonia      (entra. È in vestaglia da camera ed ha in mano un cruciverba)  Buona sera.

Cesare       Mia suocera! Deludente visione!

Antonia      Fingiamo di non avere sentito, caro genero!

Cesare       Facciamo finta di non fare finta, signora! Etcì!

Antonia      Salute.

Cesare       È esentata anche lei... Mi dica, che cosa de­sidera?

Antonia      Mia figlia.

Cesare       Non c'è.

Antonia      È uscita? Eppure non doveva entrare in ser­vizio durante il matrimonio...

Cesare       Cerchi di non essere volgare, se le riesce: sta parlando di mia moglie.

Antonia      Pochi giorni, caro genero, pochi giorni an­cora, poi tutto ritorna normale, anzi, migliore.

Cesare       Posso esserle utile io? Così toglie immediata­mente il disturbo.

Antonia      Ah, perché il mio sarebbe...

Cesare       È, un disturbo! Anzi, una rottura!

Antonia      Villano!

Cesare       Molto bene benissimo.

Nadia        (Appare in tenuta da notte)  Che vuoi, mamma?

Antonia      Questo bel tomo...

Nadia        Mio marito. (si prepara il suo letto ricavandolo da un altro divano)

Antonia      D'accordo! (un sospirone) Nadia, sono in un'impasse... (cruciverba) Una parola di tre lettere: incomincia per A e non riesco a trovarla.

Nadia        Capitale dell'Olanda?

Antonia      (sorpresa)  Sì! Come fai a saperlo?

Cesare       Dobbiamo dirglielo o le facciamo fare la not­te in bianco?

Nadia        Aia.

Antonia      Ti sei fatta male?

Nadia        È la parola che cerchi. Adesso, vai mamma. Cesare non sta bene e deve riposare in pace.

Antonia      Per sempre? (scrive) Aia. Giusto. Che bra­va! Grazie, Nadia. Buona notte, ragazzi. (vede il se­paré tra i due letti) Chissà quante volte lo scavalca quel separé, e quante cose avrà da dire...

(Nadia le da un'occhiataccia)

Cesare       Etcì!

Antonia      (sta per uscire, si volta)  Salute.

Cesare       Da lei no! (chiude violentemente la porta) Viva il divorzio!

Nadia        Ah, sì?

Cesare       Con una suocera come tua madre: abbasso il matrimonio! (si infila nel letto. Poi si rizza subito) Buona notte, Cesarino.

Nadia        (spegne la luce e si mette a letto)  Buona notte, Cesare.

Cesare       Buona notte, Nadia. (dopo una pausa) In no­me del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Vi ado­ro mio Dio, Vi amo con tutto il cuore e Vi ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e conservato in que­sto giorn...

Nadia        Cesare, vuoi dirle mentalmente le tue pre­ghiere?

Cesare       Ma tu mi accompagni.

Nadia        E perché? Credi che qualcuno l'ascolti un tipo come me?

Cesare       Non te lo posso garantire. Nadia Vedi?

Cesare       Ma neppure escludere. (una certa pausa di si­lenzio. Poi) Nadia!

Nadia        Cosa vuoi?

Cesare       Non te l'ho mai chiesto... Perché fai il lavoro che fai?

Nadia        Ma... Forse perché mi hanno obbligato.

Cesare       È stata tua madre?

Nadia        Più o meno... Tradizione di famiglia.

Cesare       Ti piace?

Nadia        Non me lo ricordo più.

Cesare       Allora vuol dire che sono stato io a fartelo di­menticare.

Nadia        Non ho detto questo!

Cesare       Ah! Pensi di farlo per sempre?

Nadia        Cesare! Lasciami dormire... È tardi.

Cesare       D'accordo. (pausa di silenzio. Quindi piagnu­coloso) Nadia... Ho freddo.

Nadia        (premurosa) Vuoi che venga da te?

Cesare       Se vu... (si corregge subito) Puoi farmi una boulle d'acqua calda?

Nadia        Certo, tesoro. (accende la luce, si alza e va nel cucinino. Cesare starnuta infagottato sotto le coperte. Lei ritorna e siede sul letto) Cesare...

Cesare       Sì? Ma tu non hai freddo, Nadia?

Nadia        No, sto bene... Cioè, sto male... Cesare, sono stata io a farti telefonare stasera per quella riunione che non c'era.

Cesare       (silenzio. Poi, gelido)  Dovevo saperlo da un pezzo di essere un irrecuperabile idiota.

Nadia        (sincera)  Adesso mi dispiace. (pausa) Ma che ne sapevo che sarebbe venuto a piovere e che tu eri senza biglietti per l'autobus! (pausa) Almeno per questo... perdonami.

Cesare       (dopo un poco)  Perché l'hai fatto? Etcì!

Nadia        Dovevamo riunirci qui.

Cesare       I cervelli dell'organizzazione?

Nadia        Sì.

Cesare       E io ero di troppo. Naturale.

Nadia        Ma puoi sempre diventare un cervello-socio anche tu.

Cesare       Dammi la boulle, per favore, e ritorna a letto. Nadia (mortificata esce)  Sì.

Cesare       Per fortuna che tu sei muto, Cesarino, altri­menti chissà che cosa uscirebbe dalla tua bocca nei miei riguardi.

Nadia        (rientra con la boulle)  Hai detto qualcosa, caro?

Cesare       A Cesarino. L'unico che mi capisce e che, buon per me, non può dire niente. Etcì! Grazie. (la boulle scotta) Ahi!

Nadia        (premurosa)  È molto calda? Ti porto un asciu­gamano per avvolgerla.

Cesare       Sono già scottato sufficientemente.

Nadia        (torna con un asciugamano avvolto attorno alla boulle)  Ecco. Va bene?

Cesare       Benissimo, grazie. Etcì!

Nadia        Sai... Cioè, buona notte, Cesare.

Cesare       Difficile.

Nadia        (ritorna a letto e spegne la luce. Dopo una pausa)  Cesare...

Cesare       Sì?

Nadia        Dormi?

Cesare       Etcì! Come posso se tu mi chiami? E poi non riesco a prendere sonno.

Nadia        Ti fa sollievo la boulle?

Cesare       Mi fa caldo.

Nadia        (come prima)  Cesare...

Cesare       Sì?

Nadia        Posso sperare che mi perdoni?

Cesare       Vuoi dormire, Nadia?

Nadia        Non posso... Sono afflitta dal rimorso...

Cesare       Per così poco?

Nadia        Non è poco. Tu ti sei ammalato, forse hai an­che la febbre.

Cesare       Domani starò meglio.

Nadia        Vuoi che ti cuocia il vin brulé? Noi lo bevia­mo spesso durante la notte... voglio dire che fa bene per le affezioni broncopolmonari.

Cesare       (apprensivo)  Pensi che abbia la broncopolmo­nite? Etcì!

Nadia        Forse... Anche se spero di no. Però, la febbre l'hai di certo. Dimmi, che cosa vuoi che ti faccia?

Cesare       Lasciarmi dormire. Domani dovrò andare in ufficio.

Nadia        Non potrai andare in ufficio, caro.

Cesare       Andrò! Devo conservare il mio record: non un'assenza e nemmeno un ritardo! Sono l'unico di tutto l'istituto: filiali, dipendenze, agenzie e succur­sali comprese! Centoquarantatre sportelli!

Nadia        Ti danno un premio?

Cesare       (silenzio)  Mi danno del deficiente. Ma io sono orgoglioso! E adesso, ciao!

Nadia        Ciao, Cesare.

(Silenzio. Poi, suono di campanello)

Cesare       (si rizza sul letto)  Dammi un coltello! Stavolta la trapasso!

Nadia        Va via, mamma! Ce lo dirai domani! (campa­nello insistente) Basta, mamma!

(Ma il campanello è sempre i più insistente).

Cesare       (esasperato si alza tenendo la boulle sul petto) -Oh, insomma! (accende la luce e va ad aprire impre­cando) Si può saper chi le dà il diritto di rompere le...

(Apre la porta e si trova davanti Sartorio e Mordacci che irrompono nella stanza e vanno da Nadia)

Sartorio     Nadia! Nadia! Iuteghe!

Mordacci   Bambolona nostra, siamo disperati!

Cesare       (esterrefatto)  Ma chi sono costoro?!

Sartorio     Dopo ghe spieghemo! Nadia, levate su e corri fora! Xe una notte tremenda!

Mordacci   Mò c'abbiamo tutte le batterie con l'influensa: brisa una in postazione!

Cesare e

Nadia        Cosa?

Sartorio     Seguro, un desastro! Mandemo fora anca to mare, adesso!

Nadia        No!

Cesare       Sì!

I due          (a Cesare)  Grazie!

Sartorio     Daghe una man, coccola, altrimenti semo fregadi!

Nadia        Ma... Sartorio, è... è una cosa impossibile...

Sartorio     Ghe xe par strada un via vai da notte de car-neval...

Mordacci   Mò facci un piacere, bambinona...

Sartorio     Te lo domandemo con cor de fradei! Xe vero, Mordacci?

Mordacci   Mò vacca, sì!

Cesare       (sempre tenendo la boulle al petto mentre batte i denti dal freddo)  Ehi, scusi...

(Sartorio e poi Mordacci  corrono a stringerli la mano come per liquidarlo e scuotendolo al pari di uno strac­cio)

Sartorio     Piasser! Ettore Sartorio, socio de so mugier!

Mordacci   Attilio Mordacci di Gattatico, frassion Pratsell. che vuol dire Praticello! Socio di sua suo­cera.

Sartorio     (tornando da Nadia, sempre a letto)  Ghemo dimandà aiuto anca a Bonafé e ai altri, ma anca lori no i sta meio de noaltri...

Cesare       (gridando)  Ho detto:  scusi!!!

Sartorio     Gh'ho sentio!

Mordacci   Gattona, mo dove tieni i vestiti da lavoro?

Cesare       Sono due dei cervelli?

Nadia        (si alza e sta cercando gli abiti) -Sì, Cesare.

Cesare       Nadia, se esci perdi il monolocale!

Sartorio     E noaltri perdemo tutto, movete tosa!

Mordacci   Bonafé ti fa valere i suoi diritti di perti­nenza e piombiamo nella poltiglia color marrone...

Nadia        (una titubanza, guarda Cesare, poi)  Vengo su­bito.

Cesare       Non andare, Nadia! Etcì!

Sartorio     Salute!

Nadia        Devo, Cesare!

Cesare       I patti che abbiamo fatto, ricordi?

Nadia        (mentre si sposta e Cesare la rincorre)  Perfet­tamente. Ma questa è causa di forza maggiore, io non posso abbandonare nei guai l'organizzazione!

Cesare       È un'organizzazione di disgraziati! Sartorio Ciò, attento a come ch'el parla! Mordacci Siamo tutti rispettabili professionisti!

Cesare       (voltandosi dalla loro parte)- Zitti, voi, prosse­neti!

Sartorio     Cossa che vol dir? Ti lo sa ti, Mordacci?

Mordacci   Mò sarà una parola difficile... Consulteremo il Zanichelli del mio paese che sa tutto...

Cesare       Nadia! Non ti ho mai chiesto niente per me, ma adesso ti domando di non andare!

Nadia        (è entrata in bagno a cambiarsi)  Non posso, Ce­sare! Cerca di capire, io sono una di loro!

Cesare       (dall'esterno)  Se non vai non sei più una di loro e io ti sposo per davvero...

Sartorio     Non lassarte far su dalle lingue sacrileghe, Nadia!

Mordacci   Ti vogliono imbuccare! Ti vogliono menare alla rovina!

Cesare       Rovina? Certo, è una rovina per te, tesoro! (va dai due) Voi siete la... etcì!... la sua rovina! (ha starnutito loro in faccia) Salvati, Nadia sal...

(Viene interrotto dall'apparizione della suocera, incredibilmente bardata e pronta per uscire, che viene avanti con fare trionfante)

 Antonia     o sono pronta, figliola! Scendiamo ancora una volta nell'agone: la strada ci attende! Chi pensava mai che l'organizzazione avreb­be avuto ancora bisogno delle mie carni vizze... (si batte i fianchi con orgoglio) Bé, non sono poi tanto vizze, anzi!

Cesare       (è andato a prendere la coperta dal letto e se la mette addosso)  Ma che tipo di madre è lei?

Antonia      Perché, di quanti tipi ce ne sono? Vi pre­sento mio genero, ragazzi.

Sartorio e

Mordacci  Piasser! Piacere!

Cesare       (scatenato)  Specie di arpia dal becco ricurvo e dagli artigli insanguinati!

Antonia      Questa è nuova! Scrivetemela, ragazzi! Sei pronta, Nadia?

Nadia        (dal bagno)  Vengo, mamma.

Cesare       (incalzante, la rincorre salendo sul letto)  Ma chi le ha dato il diritto di essere madre?!

Antonia      Chi se lo ricorda più? Sono passati diciamo... troppi anni...

Cesare       Buttare un fiore nel pantano del vizio.

Antonia      Scrivetemi anche questa...

Cesare       (tra uno starnuto e l'altro)  La prego, signora... No,ma che prego! A una disgraziata come lei si im­pone, sì!, si impone di rispettare la virtù di una ra­gazza!

Antonia      Virtù? Conosci questa parola, Sartorio?

Sartorio     Me par de recordarla quando gh'ho fatto la cresema... Ma adesso no la gh'ho gnanca in cantina. E ti, Mordacci?

Mordacci   Mò il mio Zanichelli non la contempla brisa.

Nadia        (appare vistosamente vestita)  Andiamo.

Cesare       (le corre incontro accorato)  No, Nadia, no! Pen­sa, sto male...

Nadia        Lo so, Cesare. E domani perderai il tuo record.

Cesare       Nadia... Aspetta! Fuori piove, guarda.

Antonia      (un urlo) Viva la strada bagnata! (e si avvia sottobraccio ai due cervelli)

Cesare       Se ne vada, megera!

Sartorio     Sbrighemosse, Nadia!

Cesare       Se ne vada anche lei, non le mancheranno certo i clienti... (sorprendendosi per quello che ha det­to) Dio mio! Cosa mi sento dire. Mi pare di essere in banca.

Sartorio     Cossa?! Sto qua el me offende! Mi ghe spac­co la crapa!

Mordacci   (trattenendolo) Lassialo perder! Se ci dai uno smataflone ti rimane incinto! (a fatica lo calma)

Cesare       (intanto)  Nadia, quanto faresti se... mammina mia, come fare a dirlo? Se tu lavorassi tutta la notte?

Antonia      Senti senti...

Nadia        (sorpresa)  Che cosa stai pensando, Cesare?

Antonia      Dipende. Se trova Gianni Agnelli anche la Fiat.

Nadia        Mamma!

Antonia      Si fa per parlare.

Mordacci   Appunto. Una volta la nostra Antonia tro­vò un arabo, purtroppo era prima della scoperta del petrolio.

Nadia        Cesare, tu vuoi?

Cesare       Sì, voglio. Ti voglio tutta e soltanto per me. In esclusiva!

Sartorio     Sto qua el xe tocco dove ch'el se pettena.

Antonia      Quarant'anni di professione e non m'è mai capitato niente di simile!

Cesare       (è corso a prendere dalla propria giacca il libret­to degli assegni e una penna)  Ecco, scrivici la cifra che vuoi.

Antonia      (si avvicina con gli altri due)

Cesare       Ferma, altrimenti inquinate l'assegno!

Nadia        (titubante)  Davvero, Cesare?

Cesare       Sì, Nadia!

Nadia        (lo guarda un attimo, poi prende la penna e scri­ve)  È il massimo. (glielo mostra)

Cesare       (legge e sbianca)  Non importa... Cioè, farò un altro mutuo. (lo firma)

Nadia        (dopo averlo staccato lo allunga a Sartorio)  La mia nottata.

Sartorio     (un fischio di meraviglia)  Ostrega, che sbrego! Nò xe niente mal!

Mordacci   (glielo porta via dalle mani)  Porca vacca! Mò perché non trovano clienti sempre così pollastrosi le nostre batterie...

Antonia      (schiatta)  Fammi vedere. Caspiterina! Ehi, ge­nero, ne firmi uno anche a me?

Cesare       (è andato a sedersi sul letto)  Fuori adesso, tut­ti! Fuori!

Sartorio     Ti, Mordacci, ghe salta fora qualcossa anca par noaltri.

Mordacci   Ci facciamo tre giorni di stravaccate dalle mie parti, Sartorio! Tre giorni a visitar stalle e bir­rerie! Mò vedrai... (si avviano)

Antonia      Che figlia! Che figlia! Suo padre non po­teva che essere un magnate degli affari! Ehi, ragazzi, aspettatemi, che vengo anch'io a stravaccare in Padania...

Cesare       (si mette sotto le coperte starnutando)  Tesoro, appena puoi spegni la luce.

Nadia        Sì, Cesare. (spegne la luce e siede sul suo letto)

FINE DEL SECONDO ATTO


ATTO TERZO

PRIMO QUADRO

(Mattino. Cesare sta preparando la tavola per la cola­zione. Si muove lentamente e compreso e l'operazione risulta « importante », quasi un rito svolto con la ba­nalità delle azioni più comuni. La tavola quando è pronta appare simile a un altare adornato: fiori e una candela accesa stazionano tra le tazze e i piattini. Poi prende un foglio protocollo battuto a macchina e lo nasconde sot­to i piatti preparati per Nadia, poi, siederà. Come egli ha terminato di approntare siede e attende con aria com­punta. Dopo qualche attimo appare Nadia sulla porta del bagno e rimane stupita dalla tavola così adornata).

Nadia        Che cosa hai fatto, Cesare? (segna la tavola)

Cesare       Ho preparato per la colazione. Sei pronta?

Nadia        Sì.

Cesare       Puoi sedere al tuo solito posto.

Nadia        Perché non hai voluto fare come le altre mat­tine quando io ti portavo il caffè a letto?

Cesare       Perché non è più come le altre mattine.

Nadia        (siede)  Anche i fiori, Cesare...

Cesare       Quando si seppellisce qualcuno, i fiori non mancano mai.

Nadia        (anche lei è strana)  Già. (sospensione) Mangiamo. (fa per alzarsi)

Cesare       Rimani. (si alza, va nel cucinino e ritorna con due recipienti contenenti il caffè e il latte. Lei atten­de con aria malinconica) Caffè o latte, Nadia?

Nadia        Caffè, grazie.

Cesare       (glielo versa adagio e le porge lo zucchero, quin­di se lo versa nella propria tazza e lei glielo zucchera. Cesare siede. 1 cucchiaini scorrono lenti nelle tazzine e gli sguardi dei due sono assenti ed evitanti)  Se...

Nadia        (smette di colpo di mescolare)  Sì?

Cesare       Se… dicevo, cioè volevo dire, non è abbastan­za caldo...

Nadia        No, no... È perfetto. (ma non lo assaggia)

Cesare       Altrimenti lo rifacevo... (beve)

Nadia        È...

Cesare       (smette di bere)  Sì, Nadia?

Nadia        È zuccherato sufficientemente?

Cesare       È... giusto, anche se non avverto niente di dol­ce, stamane. (pausa) Ci sono i biscotti e i crackers.

Nadia        Vedo.

Cesare       Non hai fame?

Nadia        Sì sì... (per compiacerlo prende un biscotto elo  sbocconcella) E tu?

Cesare       No. (si alza e va a sedersi altrove, spalle a lei) Nadia Forse è tardi... Devi andare in ufficio. Cesare Già.

Nadia        (dopo una pausa) Cesare... è il nostro ultimo mattino:  mi spiace.

Cesare       Grazie. Anche a me.

Nadia        (si accorge di qualcosa sotto i piatti, li sposta e vi trova l'atto in carta bollata. Lo legge)

Cesare       È l'atto di cessione del mio monolocale. La scommessa l'hai vinta tu.

Nadia        (vi mette dentro il viso)

Cesare       Ti prego di non dire niente. Mi sono già detto tutto da solo.

(Campanello. Nessuno dei due si muove, Il  suono insiste)

Cesare       Grazie per non andare ad aprire, Nadia. (pau­sa) Se andassi io butterei chiunque fosse dalle scale.

(Campanello)

Nadia        È mia madre.

Cesare       Appunto.

Nadia        Mi daresti ancora un po' di caffè?

Cesare       Sì, cara.

(Si alza a servirla. Il campanello insi­ste ripetutamente. Allora, in un gesto di stizza trat­tenuta, lascia cadere il recipiente del caffè e rimane immobile, sorpreso dal suo gesto, come inebetito)

Nadia        (lo guarda sorpresa, poi osserva la macchia sul pavimento, fatta dal residuo di caffè che si è trava­sato)  Stai attento, Cesare! È così ben pulito il pa­vimento!

(Si china a terra e con l'atto di carta bol­lata si mette ad asciugare il caffè. Finalmente il cam­panello non suona più. Poi si alza e si reca nel cuci­nino tenendo in mano l'atto accartocciato e il reci­piente)

(Cesare si riscuote e si approssima al vaso del pesce)

Nadia        (È rientrata e sparecchia in silenzio; poi prende la borsetta e si avvia all'ingresso. Si ferma e si volta verso di lui) Ciao, Cesare.

Cesare       (si blocca)  Ciao, Nadia.

Nadia        È stato tutto molto bello... quasi.

Cesare       Anche per me... senza quasi. (le porge un fiore che toglie dal vasetto in mezzo al tavolo)

Nadia        Grazie. Avevi ragione tu.

Cesare       Io lo sapevo.

(Nadia esce)

Cesare       (si volta e va al telefono dove compone un nu­mero)  Ufficio personale, prego. (un attimo) Pronto, signora Lavoli, sono il ragionier Fortunati... Vuole, per favore prendere nota che stamane non vengo in ufficio... Sì, sì, è la prima volta, lo so. Non sto bene!, è forse proibito non star bene? (Posa il ricevitore e siede. Si vedono i suoi sforzi per trattenere le lacrime e il risultato è piuttosto comico, ma dura poco per­ché si mette a piangere senza ritegno).

FINE DEL PRIMO QUADRO


SECONDO QUADRO

(È sera. Cesare indossa la vestaglia da camera. La ta­vola è apparecchiata. Al posto occupato prima da Nadia ora c'è il pesce e anche i fiori sono intorno al ta­volo. Mano nella mano si rivolge a Cesarino).

Cesare       Cesarino... te la puoi scordare l'acqua pulita senza una caccola dentro... Io dovrò abbandonarti nuo­vamente dal mattino alla sera... Abbiamo sognato un bel sogno in compagnia e non riusciamo a buttar giù i piedi dal letto perché vorremmo che continuasse... Tra un po' ci trasferiremo, non so ancora dove, non chiedermelo... Domani presenterò domanda di trasfe­rimento, cambieremo quartiere, forse città... Chiede­rò che mi assegnino alla filiale più periferica, in mon­tagna o tra le risaie... Dove non si bada all'orario e i funzionari prendono nota, degli impiegati che si alza­no per uscire al suono del campanello del finis... Forse a te spiacerà, ma io sento la necessità di andare via. Scusa se mi commuovo, non ho ritegno a confessarti che le ho voluto bene, più bene che a te... e più bene che a mammina! Forse per la prima volta mi sono in­namorato di una donna... e che donna! Appunto, che donna? Dovrei vergognarmi di avere avuto dei senti­menti per una donna così, una... (l'indignazione si tramuta in sentimento) Una bella e buona creatura tanto sfortunata, la cui unica colpa è quella di essere figlia di una strega! Un cervello... bacato! Quella un cervello! Cesarino, ricordi quando mi portò la boulle dell'acqua calda? Come scottava... dolcemente... E le sue pastasciutte? I suoi risottini? Ci metteva dentro l'amore con i funghi... No, solo i funghi! L'amore re­stava sigillato nelle bustine... e là è rimasto per sem­pre! Eppure, neanche da bambino, con mammina, mi sono sentito altrettanto felice... Mangia, Cesarino, mangia amico mio... Il Padre Eterno ci promette la Gerusalemme Celeste ma noi ci accontentiamo di un monolocale per due, quaggiù... Poi, ci viene a man­care anche questo. Ma! Come ho potuto illudermi di convincerla? Lei, è così, io sono così... l'Eremo di Camaldoli, come dicono in banca... E facciamo l'Ere­mo... (va nel cucinino e ritorna con una scodella di latte) Vedi, mi voglio distruggere: bevo il latte, il mio veleno, abbasso la colite!

(suono del campanello telefonico)

Pronto. Buona sera, signora Rossinini. Sto sempre male, grazie. È stata... è stata un'affezione, ecco. Co­sì... Vi sono mancato? È gentile. Certo, certo... Na­turale che ne abbia parlato tutta la banca. È la prima volta che il Fortunati si infortuna... Ha fatto benis­simo a non svolgere il mio lavoro, ci mancherebbe altro... Domattina? Sì, credo che domani verrò in uf­ficio... Non si preoccupi, lei dorma tranquilla, prov­vederò tutto io... Grazie, grazie del suo interessa­mento. Buona sera. (posa) Figurarsi che colpo deve essere stato per loro trovarsi senza lo schiavetto ne­gro. Il latte! A me!

(Ritorna a tavola e fa per sorbirsi il latte ma suona il campanello dell'ingresso. Sì blocca. Ancora il campa­nello)

Che faccio, Cesarino? Vado ad aprire? Sì? Che sia... Vietato illudersi, ragioniere, sarà un collega preoccu­pato per il suo stato di salute. (si alza e apre la porta) Oh, mio Dio!

(Appaiono Antonia, Sartorio e Mordacci)

Antonia      Baucette! Eccoci qua!

Cesare       Che volete?

Antonia      Proviamo ad indovinare?

Mordacci   Mò il ragioniere forse è anche intelligente e capisse senza fallare.

Sartorio     Me par  superfluo  dimandar permesso  dato che semo in casa nostra.

Cesare       In casa vostra?

Mordacci   Si deve arguire che non è intelligente, il ra­gazzo. Puvrein...

Antonia      Forse  gli  piacciono  gli  indovinelli.  Gliene facciamo uno facile facile; che giorno è, oggi?

Mordacci   Giovedì, ventiquattro maggio. Antonia Mordacci, non suggerire!

Sartorio     Qua ghe xé de sbarracar fora tutto... Vie ste anticaglie...

Cesare       Oh, insomma!

Antonia      Non ce la fa, il poverino. Risposta: oggi sca­de il mese pattuito con la signorina Nadia: la scom­messa è stata persa e con la scommessa la casa!

Mordacci   Sorbole alla piadina.

Cesare       Ah, questo è il motivo...

Sartorio     Quando se trasloca?

Cesare       Chi?

Mordacci   Ha il battacchio fermo, sto susinone!

Cesare       Ah, sarei io quello che... (siede al tavolo e beve dalla tazza) Volete favorire? (ha acquistato sicurezza)

Antonia      Gli piace il latte. Dove sono le verze?

Cesare       Lei dovrebbe saperlo, è venuta per un mese intero a svaligiarmi la dispensa.

Sartorio     Ciò, basta coi schersi! Qua ghe xé el con­tratto de firmar.

Cesare       Ah, sì? Accomodatevi. Mi dà fastidio la gen­te in piedi.

Antonia      Che cosa vogliamo fare? Cesare E voi? Mordacci Pendiamo dalla scodella.

Cesare       Per me è semplice. Questa è casa mia e lo ri­mane.

Antonia      Era, casa sua!

Cesare       Il contratto l'ho dato stamattina a sua figlia.

Antonia      A Nadia?

Cesare       E non l'ha voluto.

Sartorio     Dov'elo?

Cesare       In spazzatura.

Mordacci   Mò, non siamo venuti a farci prendere per i fondelli.

Cesare       Badi che io quelle cose lì non le faccio mica!

Antonia      Attenzione che potrebbe pentirsi, caro ex genero!

Cesare       Ma no!

Mordacci   Mò sì!

Cesare       Cioè, potreste usare anche i modi bruschi?

Sartorio     A malincuor.

Cesare       Allora è un gas. (va alla spazzatura del cuci­nino e torna con il sacchetto dell'immondizia) Alla visura, signori!

(I tre si buttano a rovistare, finché trovano il con­tratto)

Cesare       Mi spiego subito. Se non ve ne andate entro cinque minuti vi dirò che il legale della mia banca è in possesso di tutta la contabilità della banda.

Antonia      Banda?

Cesare       Perché, vi considerate una confraternita di ca­rità?

Mordacci   Smolla el botton!

Cesare       Aspetta che mi pulisca la bocca... Sai, queste sono le mie orge... Allora, vi ricordate il libro mastro che avete lasciato a Nadia? Sì. Bé, sapete com'è, è più facile fare le somme con la calcolatrice, così mi sono offerto di collaborare e ho portato in ufficio il bel mastro... Io ho un'elettrocontabile che funziona così... (schiocco di dita) Uno scherzo! E, proprio di fianco, ho a disposizione anche una macchina foto­copie. In tal modo, quasi per passatempo, mi sono divertito a tirarne una mezza dozzina di esemplari. Uno per il legale, uno per la finanza, uno per l'am­ministrazione fiscale... e gli altri di scorta...

Mordacci   Brutt mus de brigant!

Cesare       Al Capone, ai suoi tempi, lo condannarono per frodi fiscali non per i cadaveri che aveva seminato. Sono più importanti le tasse dei morti. Non lo sa­pevate?

Sartorio     Semo fregadi!

Cesare       Vero? Ma!

I Tre          Ma?!

Cesare       Vi resta una possibilità: lo starter non ha ab­bassato ancora la bandierina...

Antonia      Parla, delinquente!

Cesare       Che frasario per una damazza di marciapiede come lei... Eh, eh... Cedere i 947,48 millesimi della proprietà a gente onesta: gli altri 52,52 non gradi­scono vivere in un bordello.

Mordacci   Brutt...

Cesare        ... mus de briganti Già detto.

Mordacci   Quest... el svidi e el sbuderni!

Antonia      Ma lei è vigliacco! Si rende conto che po­trebbe accaderle qualcosa di orribile?

Cesare       Anche a voi, cervelli, se non provvedete in tempo.

Sartorio     Quando?

Cesare       Il necessario... (ammicca) Facciamo che se en­tro un mese non saranno stati collocati i dodici ap­partamenti, il tredicesimo darà il via all'operazione. Va bene?

Sartorio     (tra i denti)  Va ben!

Mordacci   Mò s'te vegnù in ment?

Sartorio     Xé meio cussi! Tasi e mosca.

Mordacci   Boia d' mond ledar! (a Cesare) Ledar!

Antonia      Pensare che sta specie di residuato bellico, avrebbe potuto diventare mio genero: che rischio!

Cesare       L'unico a rischiare sarei stato io con una suo­cera come lei... (va alla porta e la apre) Se adesso vo gliono favorire? Il 24 maggio è diventato il 4 novem­bre, anzi il due... per voi.

Mordacci   Guardes le spalle: brutt secc de merda! Guardes semper le spalle d'ora in qua! (via)

Cesare       Senz'altro! Quando sentirò un odore mi vol­terò e troverò lei...

Antonia      Genero! Fortunata mia figlia! (via)

Cesare       Siamo in due, signora. (a Sartorio) E lei, qua­le souvenir mi lascia?

Sartorio     (lo guarda)  Xé la prima volta che resto fre­gà... Ma quel che me despiase da un travet de banca: i più stupidi! (esce)

Cesare       Centro perfetto! Capita a tutti di imbroccarla una volta... Addio! (torna in mezzo alla stanza, si fer­ma e si frega le mani soddisfatto, ma subito si blocca e tristemente) Sì, ma questo che cosa cambia per me? (sbaracca il tavolo, poi mette il pesce al suo posto) A nanna, Cesarino! Ci vengo anch'io... Nel mio letto di sempre...

(Mette in posizione il proprio divano letto e si accinge a rincalzare le coperte. Brevissimo suono di campanello. Cesare solleva la testa, poi in punta di piedi si reca alla porta e origlia. Un altro breve suono lo fa sobbalzare)

Chi è?

(Silenzio. Altro brevissimo suono. Apre la porta adagio adagio. Allo­ra appare Nadia, vestita, diciamo, da lavoro e pesan­temente truccata)

Nadia! Ciao... (un sorriso grosso così)

Nadia        (a testa bassa)  Ciao, Cesare... Posso entrare un momento?

Cesare       Certamente. (Pausa. Lei avanza timida) Co­me va?

Nadia        Bene... (sospensione) Non è cambiato niente... qui.

Cesare       Già... (c.s.) Fa freddo, fuori...?

Nadia        No, si sta bene... È maggio...

Cesare       Eggià! È maggio...

Nadia        Anzi... è una bella sera...

Cesare       Sono contento, così tu non soffrirai... (si cor­regge subito) Posso offrirti qualcosa?

Nadia        Se vuoi...

Cesare       (sempre guardandola va a prendere una bottiglia e i bicchieri)  Fernet o brandy?

Nadia        Quello che ti piace di più...

Cesare       Brandy! (versa senza staccarle gli occhi di dosso)

Nadia        (Bevono all'unisono. Poi)  Cesare... Cesare Sì, Nadia!

Nadia        Non ce la faccio più! Non ce la faccio più... (e scoppia a piangere con effetto comico perché in lei c'è la rabbia, la gioia di dirlo e lo sfogo)

Cesare       (non capisce e solidarizza) -Sì, cara, sì... Devi farcela...

Nadia        È un gas! È più forte di me...

Cesare       (c.s.)  Certo, cara, certo... Ma è tuo dovere, mi pare...

Nadia        Andare per le strade... (nuovo scoppio di pianto)

Cesare       (finalmente realizza)  Cosa?!

Nadia        Dopo che sono stata qui un mese a fare tua moglie, non mi riesce più di andare per le strade...

Cesare       No... cioè, sì... Tu intendi dire che...?

Nadia        (gli si butta addosso e lo abbraccia)  Tienimi con te, Cesare! Tienimi con te... (e piange di gioia)

Cesare       (un'esplosione di gioia) Nadia! Nadia! Nadia! (mentre la stringe a sé irrefrenabilmente).

FINE DELLA COMMEDIA

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