di Harold PINTER
Traduzione di Elio Nissim e Laura Del Bono
Giulio Einaudi Editore - Torino - 1985
Personaggi
Un uomo
Un uomo solo, seduto su una sedia. Parla, rivolto a un'altra sedia, vuota.
L'uomo Credo che farò una scappata giù in palestra. Per sgranchirmi le gambe. Per una partita a ping-pong. E tu? Ti va una partita? Che ne diresti di buscarle una volta per tutte? Sono pronto ad accettare qualsiasi sfida, qualsiasi scommessa, a raccogliere qualsiasi guanto tu voglia gettarmi. A proposito, che ne hai fatto dei tuoi guanti? E, già che ci siamo, che ne hai fatto della tua motocicletta? (Pausa).
Avevi un'aria spavalda, tutto in nero. L'unica cosa che non mi andava di te era il tuo viso, troppo bianco, incastrato tra quel casco nero e quei capelli neri e quella giacca nera da motociclista, come atterrito, chiaramente vulnerabile, quasi da far pietà. Di sicuro, non eri tagliato per essere un motociclista, era contro la tua natura, non ho mai capito a cosa tendevi. Comunque, è certo che non ha funzionato, non mi ha mai convinto, non ti ha mai innalzato ai miei occhi. Avresti dovuto essere nero, avresti dovuto avere una faccia nera, allora saresti riuscito, saresti realmente arrivato a qualcosa. (Pausa).
Sovente avevo la sensazione... che... voi due, in realtà, foste fratello e sorella, che qualcosa vi legasse, una specie di identica luce, nel più profondo del vostro carattere, la sensazione, nulla più, che da piccoli aveste diviso lo stesso va-sino. Ma lei, naturalmente, era nera. Nera come l'asso di picche. E, oltretutto, innamorata della vita. (Pausa).
Cionondimeno, tu ed io, persino allora, senza preoccuparci del clima - non è vero? - eravamo sempre pronti, senza preavviso, per una partita a tennis, o per fare due passi e chiacchierare nel parco, o per un paio di buche a golf prima di colazione, se la stagione era appena passabile, e noi due senza impegni importanti. (Pausa).
La cosa che mi piace, che mi piace enormemente voglio dire, è questo genere di conversazione, questo scambio, questo tipo di ricordi in comune. (Pausa).
A volte penso che tu abbia dimenticato la ragazza nera, la negra. A volte penso che tu mi abbia dimenticato. (Pausa).
Tu non mi hai dimenticato. Chi era il tuo compagno migliore, chi era il tuo compagno più fedele? Tu mi hai fatto conoscere Webster e Tourneur, lo ammetto, ma chi ti ha spinto verso Tristan Tzara, Breton, Giacometti e tutti loro? Per non parlare di Louis-Ferdinand Celine, ora in ribasso. E di John Dos. Chi comprava, per voi due, quei barattoli di crema dolce a metà prezzo? Dico, per tutti e due. Ero il migliore amico che ciascuno di voi due avesse mai avuto e sono pronto a provarlo, sono ancora pronto a strozzare con le mie mani chicchessia, in vostra difesa. (Pausa).
Adesso mi dirai che tu amavi la sua anima e io il suo corpo. Tirerai fuori questa vecchia storia. Lo so che eri molto più bello di me, molto più aquilino, questo lo so, te lo concedo, eri più etereo, più riflessivo, astuto, mentre io stavo con i miei due piedi ben piantati per terra. Ma ora ti dirò una cosa che non sai. Lei amava la mia anima. Era la mia anima che lei amava. (Pausa).
Tu, ora, non dici mai per che cosa sei disponibile. Non sei nemmeno disponibile per una partita a ping-pong. Sei incapace di dire di cosa sei capace, cosa ti fa piacere, in cosa sei forte, di cosa sei entusiasta, perché non sei capace... mai... capace di agire credendo più incisivamente e intensamente alle effervescenti possibilità delle tue effervescenti cellule cerebrali. Spesso, voglio essere sincero, agisci come se tu fossi morto, come se Balls Pond Road e la bella ragazza negra non fossero mai esistite, come se la pioggia che luccica sul selciato all'imbrunire non fosse mai esistita, come se la nostra vita sportiva e intellettuale non ci fosse mai stata. (Pausa).
Lei era stanca. Si mise a sedere. Era stanca. Il viaggio. L'ora di punta. Il tempo, così imprevedibile. Si era messa un abito di lana perché la mattina era fresca, ma la giornata cambiò, totalmente, cambiò totalmente. Si mise a piangere. Tu balzasti in piedi come... come uno di quei così, mi sfugge il nome, come quei pupazzetti a molla, Jack in a box, le tenesti la mano, le preparasti un tè, un vero slancio. Forse il cambiamento del tempo ti aveva dato alla testa. (Pausa).
Ero innamorato del suo corpo. Detto tra noi, non che avesse tanta importanza se lo ero o no. I miei fremiti potevano essere i tuoi fremiti. Chi può dirlo? A chi importa? (Pausa).
Be'... lei... può... avrebbe potuto... (Pausa).
Camminavamo insieme, a braccetto, nell'erba alta, oltre il ponte, e sedemmo fuori dal pub, al sole, vicino al fiume, il pub era chiuso. (Pausa).
Qualcuno si accorse di noi? Vedesti nessuno che ci guardava? (Pausa).
Tocca il mio corpo, ti disse lei. Tu lo facesti. Certo che lo facesti. Saresti stato un perfetto imbecille se non lo avessi fatto. Saresti stato un perfetto imbecille a non farlo. Era la cosa più normale. (Pausa).
Accadde dietro il muretto. (Pausa).
La portai a farti visita, dopo che tu te ne andasti fuori dai piedi, a vivere a Notting Hill Gate. Naturalmente. Finiscono poi tutti là. Io non andrò mai a finire là, non andrò mai a finire da quel lato del parco. (Pausa).
Seduto davanti al tuo giradischi, cominciavi a perdere i capelli, Beethoven, cacao, gatti. Questo si che lo rende dotato. Il cacao lo rende dotato. Il pericolo stava in quel tuo distacco. Lo sapevo, era chiaro come il sole. Quel tuo distacco era la tela di ragno che ammaliava, irretiva il mio adorato amore nero, la mia falena nera. Sbatté le ali smarrita in quella luce, da quella tua luce vagamente cupa, impenetrabile, mortalmente pericolosa. Ma la vita è fatta cosi. Chi tace ha sempre la meglio. (Pausa).
Per quel che mi riguarda, ho sempre preferito scene d'amore semplici, tradizionali, il tenero... il tenero... il tenero addio alla stazione di Paddington. Il mio bavero tirato su. Le sue morbide guance. In piedi, stretta a me, le sue gambe sotto l'impermeabile, il marciapiede, le sue guance, le sue mani, niente come il fischio del vapore della locomotiva per mantener caldo l'amore, per mantenerlo tenero, per fartelo salire in gola, il mio amore nero, mi sorride, la toccai. (Pausa).
Soffro per te. Anche se tu non soffri affatto... per me. Soffro per te, vecchio mio. (Pausa).
Mantengo attiva la mente, ecco perché sono ancora brillante, mi capisci? Ho cento volte più energia adesso di quanta non ne avessi a ventidue anni. A ventidue anni dormivo ventiquattro ore al giorno. E ventidue ore a ventiquattro anni. Fa un po' tu i conti! Ma adesso sono brillante, sono al massimo, qui dentro, duemila giri al secondo, ogni ora del giorno e della notte. Sono sempre in testa a tutti. La mia parola d'ordine è: all'erta! Mi sono lasciato alle spalle tutte le mitologie, le ho lasciate tutte dietro di me, il cacao, il sonno, Beethoven, i gatti, la pioggia, ragazze nere, amici del cuore, la letteratura, la crema dolce. Tu dirai che non ho parlato d'altro tutta la notte, ma non capisci, pezzo d'imbecille, che io me lo posso permettere, non riesci ad apprezzare l'ironia? Anche se sei troppo ottuso per afferrare l'ironia delle parole stesse, le parole che io stesso ho scelto, scrupolosamente, intenzionalmente, non può sfuggirti l'ironia del tono di voce! (Pausa).
Tu in realtà sei testimone di una liberazione. L'ho fatta finita coi sacri cerimoniali. Finiamola con tutte quelle balle. (Silenzio).
Avresti dovuto avere una faccia nera, questo è stato il tuo errore. Avresti potuto trarne grandi vantaggi, avresti potuto segnare qualche punto, avresti potuto avere due bambini neri. (Pausa).
Avrei dato la vita per loro. (Pausa).
Sarei stato il loro zio. (Pausa).
Sono il loro zio. (Pausa).
Sono lo zio dei tuoi bambini. (Pausa).
Li porterò a spasso, gli racconterò delle storie. (Pausa).
Voglio bene ai tuoi bambini.