‘Na casa cu’ ‘na stanza ‘e cchiù

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‘Na casa cu’ ‘na stanza ‘e cchiù

di Vincenzo Rosario PERRELLA ESPOSITO

(detto Ezio)

15/11/2003

Personaggi:   10

Raffaele Mostaccioli

Pasquale Mostaccioli

Miriam

Rosa

Alberto Faccioluovo

Maria Bidetti

Vanessa Zanini

Bruno Perculo                       

il Notaio Carmine Pane

Rocco

Napoli, anno 2003. Luigi Mostaccioli è propritario di una casa contenente cinque stanze. Negli ultimi giorni di vita e d’accordo col notaio Carmine Pane, egli decide di lasciare per testamento la casa ai suoi due figli Pasquale (commissario di polizia) e Raffaele (medico generico), purché essi la suddividano in modo equo e la utilizzino per espletare le proprie attività lavorative. Tuttavia la convivenza tra i due, mai troppo pacifica, diventa maggiormente difficile anche a cusa dei rispettivi lavori, che convoglieranno di volta in volta in casa, personaggi di dubbia affidabilità. Pasquale ha anche alle spalle un matrimonio fallito con Rosa, da cui è nata Miriam, figlia ribelle. Ogni tanto, Pasquale dovrà recuperare sua figlia, cercando di levarla dai guai, soprattutto quando ella conosce Rocco, figlio scapestrato di un politico di un certo livello. Ne succederanno a iosa.

Numero posizione SIAE 233047

Per contatti Ezio Perrella 3485514070 ezioperrella@libero.it

 

            Casa Mostaccioli, sala da pranzo. Vi si accede da un’entrata comune al centro (che dà alla porta di ingresso). Ai due lati della stanza ci sono altrettante porte che conducono ad altre stanze. In mezzo c’è un tavolo e quattro sedie. La stanza è completata da qualche mobile e qualche quadro alle pareti, e uno specchio adagiato su un mobile (a destra).

ATTO PRIMO

1. [Il notaio Carmine Pane, Pasquale e Raffaele Mostaccioli]

                  Seduti al tavolo ci sono: al centro, il notaio Carmine Pane (in abito scuro). Alla

                  sua sinistra è seduto Pasquale, il primogenito. Alla sua destra è seduto Raffaele

                  (fratello di Pasquale). Il notaio sta per leggere i dettami scritti in un testamento.

Carmine: Oggi, addì 23 maggio corrente anno, il sottoscritto notaio, dottor Carmine Pane si

                  accinge a leggere quanto segue in questo testamento: “Io, sottoscritto Luigi

                  Mostaccioli, fu Gennaro, vedovo di Maria Di Napoli, nelle mie piene facoltà

                  mentali, lascio ai miei due figli, Pasquale e Raffaele, tutti i miei averi in denaro e

                  la casa divisa in sei stanze più un salone centrale...”, ossia dove ci troviamo

                  adesso. E ora, attenzione a questa clausola: “I beneficiari potranno avere l’eredità

                  soltanto se divideranno la casa in modo equo e la sfrutteranno anche per le loro

                  attività lavorative. Infine, da parte, lascio i soldi necessari al pagamento del

                  notaio. Questa è la mia volontà”. Ate visto? Aggio avuto pur’io ‘nu poco ‘e

                  eredità! (Posa il testamento nella ventiquattrore sul tavolo) Signori, siate fieri di

                  vostro padre. Io lo conoscevo bene. Bene, mi farò vivo quanto prima. Buonasera. 

                  Si alza e va via. Dopo un attimo di silenzio, Pasquale (un po’ a stento) irrompe.

Pasquale: Rafé, he’ ‘ntiso? Una casa di sette stanze tutta nostra.

Raffaele:  Pascà, ma nun sarranne troppe, sette stanze? In fondo noi siamo solo due.

Pasquale: Veramente siamo in tre, pecché ce sta pure mia figlia Miriam. E io so’ separato

                  in attesa ‘e divorzio. E si me sposo ‘n’ata vota, simme addirittura quatte. E si me

                  venesse ‘ncapa ‘e fa’ ‘n’atu figlio, addiventasseme cinche...!

Raffaele:  Aeh, Pascà, ‘a staje dignenno tutta quanta tu, ‘sta casa!

Pasquale: E nun he’ ‘ntiso che dice ‘o testamento? La casa deve essere divisa equamente.

Raffaele:  Sì, ma comme se fanne a spartere sette stanze? Sono dispari.

Pasquale: Rafé, e che ci vuole? Ci prendiamo tre stanze a testa e questa qua la dividiamo,

                  poi si vedrà come. Allora nun he’ ascoltato ‘o testamento?

Raffaele:  E già, nun c’’eva penzato.

Pasquale: Del resto, io sono un commissario di polizia e tu un medico. E qui viene il bello.

Raffaele:  Cioè? Spiegati meglio.

Pasquale: Ecco: io mi prendo la parte di casa alla mia sinistra per me e Miriam e la metà di

                  questa stanza che trasformo nel mio ufficio di polizia. Tu invece ti prendi la parte

                  destra della casa e l’altra metà di questa stanza, che utilizzi a uso studio medico.

Raffaele:  Pascà, ‘a penzata me pare bona. Però po’ a me nun m’abbastene tre stanze e ‘a                 

                  mmità ‘e chesta ccà. E io addò ‘e mmette ‘e pazienti?

Pasquale: Rafé, aggio ditto a uso studio, no a uso spitale! Invece, qualche stanza in più può

                  servire a me per viverci e per farci pure il mio lavoro di commissario.

Raffaele:  Eh, ‘a succursale d’’a centrale ‘e polizia!

Pasquale: E vabbuò, po’ vedimmo.

Raffaele:  E già. Intanto, beato te che tieni una figlia. A te penserà lei, ti farà compagnia. Io

                  invece resterò solo. E sì, perché io già lo so, tu un giorno te ne andrai da qui.

Pasquale: No, nun te prioccupà, Rafé, io nun me ne vaco. Ma non lo faccio per la casa, lo

                  faccio per te, per farti compagnia.

Raffaele:  Ma no, Pascà, se vuoi andartene, non fare complimenti, la casa me la prendo io! 

Pasquale: Ma nun te prioccupà, io devo... anzi, voglio restare! Piuttosto, tu, se caso mai

                  decidi di farti una vita per conto tuo, io domani scendo e ti trovo un’ altra casa!

Raffaele:  No, Pascà, te la trovo io...!

Pasquale: Ma perché? Te la trovo io...!

Raffaele:  No, io...

Pasquale: No, io...

Raffaele:  (Si alza in piedi) Vabbuò, vabbuò, nun ce ‘a truvamme nisciuno ‘e tutt’e dduje.

Pasquale: (Si alza in piedi) Appunto! La nostra casa è questa qua!

                  E se ne va via a sinistra imprecando fra sé e sé e scuotendo la testa.

Raffaele:  Te piacesse, eh, ‘e te tené ‘a casa tutta pe’ te! Ma io la farò diventare il mio

                  ambultatorio privato. Altro che Policlinico! Alla carica!

                  E va via a destra.

2. [Miriam. Poi Raffaele, poi Pasquale e Bruno Perculo]

                  Da destra entra Miriam, figlia di Pasquale. E’ vestita di tutto punto.

Miriam:   Che bello, ora ci andiamo a fare questo grande casting per lo stilista Pallenzogna.

                  Speriamo che mi prendano, così facciamo carriera nella moda.  

                  Da destra torna Raffaele con indosso un camice bianco. Si guarda allo specchio.               

Raffaele:  Eh, io, le cose, o le faccio bene, o niente! Ora gli faccio vedere io a Pasquale chi  

                  è il dottor Raffaele Mostaccioli. Gli mostrerò il potere della medicina! Mi serve

                  solo un bel po’ di pazienti. La mia idea geniale è telefonarli a casa loro e farli  

                  venire qua! C’è giusto un mio vecchio paziente, Bruno Perculo: è ipocondriaco.

                  In altre parole, è ‘nu passaguaje! Fammi muovere, va’... e si salvi chi può!

                  Ed esce a destra. Da sinistra, entra Pasquale che ha indossato un impermeabile

                  color beige. Si guarda allo specchio per vedere come gli sta.

Pasquale: Tié tié, ‘e ch’ommo! Ora gli faccio vedere io a Raffaele chi è il commissario

                  Pasquale Mostaccioli! Gli mostrerò il potere del distintivo e della pistola! Anzi,

                  ora devo fare pure la lista delle altre cose che mi servono. (Si siede al tavolo) 

                  Dalla tasca estrae un block-notes e una penna e comincia a scrivere. Intanto

                  arriva Bruno Percolo, un tipo ipocondriaco (vestito casual e con giacca).

Bruno:      Uff, finalmente songo arrivato. Nun ce ‘a faccio cchiù. Me fa male tutto cose: ‘a

                  capa, ‘a schiena, ‘a panza, ‘o ginocchio... e dulcis in fundo, m’esce ‘o sango p’’o

                  naso! (Nota Pasquale) Ma… ma ‘o duttore sarrà isso? Io nun m’’o ricordo cchiù.

                  E pe’ forza, io vaco addù tutt’’e miereche ‘e Napule! Nun m’’e ppozzo rricurdà a

                  tutte quante. (Sofferente) Ah, ‘a panza! Embé, chiste, invece ‘e me curà, me

                  stanne accedenno! (Seccato) Ma ‘nu juorno ‘e chiste... faccio ‘n’omicidio!

                  E Pasquale, sentite quelle parole, smette di scrivere, si alza e addita Bruno.

Pasquale: Ti ho scoperto, tu sei un assassino! (Va da lui, gli afferra il bavero della giacca)

Bruno:     (Spaventato) Chi, io? Ma quando mai? Lassateme sta’, che me fa male ‘a panza!

Pasquale: No, perché il tuo mal di pancia è sospetto!

Bruno:     Ma mò avessa essere arrestato pe’ ‘nu malo ‘e panza?

Pasquale: Poche storie. Dimmi come ti chiami.

Bruno:      Bruno Perculo.

Pasquale: E che ce faje ccà?

Bruno:      Sono venuto, perché io voglio parlare, voglio dire tutto.

Pasquale: (Gli lascia il bavero della giacca).Tutto di che? Tieni delle accuse da fare?

Bruno:      Uff...! Chello ch’accuse io, nun l’accusa nisciuno!

Pasquale: (Gioioso) Ma bene... E allora, vieni, siediti al tavolo con me e raccontami tutto.

                  I due si siedono: Bruno è confuso, mentre Pasquale sembra raggiante.

                  (Mò me faccio fa’ ‘nu paro ‘e nomme pesante, accussì mannamme a ‘nu poco ‘e

                  ggente ‘a dinto!) Ehm... io prendo nota, dici, dici. Voglio sentire la tua accusa.

Bruno:      Dunque: io accuso cervicale...

Pasquale: (Ah, chisto ha da essere ‘nu boss!)... (E comincia a scrivere)

Bruno:      Dopodiché, accuso nausea e vomito...

Pasquale: (Bene, a ‘sti duje ‘e schifo proprio!). (E continua a scrivere)

Bruno:      E poi delle botte di diarrea!

Pasquale: (Ah, he’ capito? ‘Stu signor Diarrea spara ‘e bbotte!). (E continua a scrivere)

Bruno:      E poi ernia del disco!

Pasquale: (Ernia Del Disco? He’ capì, ce sta pure ‘na femmena!). (E continua a scrivere)

Bruno:      E poi il ginocchio che pare una mitraglietta...!

Pasquale: (Ancora? E ccà ce vo’ ‘nu cellulare p’arrestà a tutte ‘sti ggente!)...

Bruno:      E infine sangue... tanto sangue...!

Pasquale: (Uh, mamma mia! Ma allora questi sono proprio degli assassini!).

Bruno:      Scusate, ma poi per il sangue c’è rimedio? Cioè, si arresta?

Pasquale: Uff, ate voglia ‘e arrestà! E adesso ditemi il posto esatto dove sta questo sangue.

Bruno:      E che ce vo’? ‘O naso!

Pasquale: (‘O naso? E addò se trova ‘stu posto? Sarrà ‘nu vascio. E già: quartiere “’O naso”

                  di Napoli! Embé, mò vulesse vedé ‘a faccia ‘e Rafele!). (Riprende a scrivere)

                  E da destra entra proprio Raffaele che nota la scena. Bruno intanto séguita.

Bruno:      Duttò, scusate, ma me state screvenno ‘a medicina?

Pasquale: (Smette di scrivere e resta sorpreso) Quala medicina?

Raffaele:  Néh, uhé, ma che sta succedenno ccà?

Pasquale: Fatti i fatti tuoi, tu! Il signore è venuto qua per farmi arrestare dei terroristi!

Bruno:      (Sorpreso) Che?

Raffaele:  Pascà, ma stattu zitto.

Pasquale: Non ci credi? Allora ti dico i nomi. Fra poco in manette finiranno: il boss

                  Cervicale, il duo Nausea e Vomito, l’artificiere Diarrea, la signorina Ernia Del

                  Disco e un certo Ginocchio con la mitraglietta!

Raffaele:  Ma no. Il signore è un mio paziente, è venuto qua per me. Io sono il suo medico. 

Bruno:     Ah, ma allora site vuje ‘o dottor Raffaele Mostaccioli. E chisto chi è?

Pasquale: Songo ‘nu commissario ‘e polizia!

Bruno:      ‘O vero? E allora nun me servite.

Pasquale: Néh, ma allora chi so’ ‘sti ggente che m’he’ denunciato?

Bruno:      Ma nun so’ nisciuno... Sono le mie “patologie”!

Pasquale: E vattenne! He’ capito? Io me penzave che cacchio me steva cuntanno!

Raffaele:  Uhé, non trattare così il mio paziente!

Bruno:      Ma va’ te spare tu e isso!... Chillo sta accussì ‘nguajato, ma che campa a ffa’...?!

                  Si alza e se ne va a sinistra blaterando. Raffaele parla con Bruno.

Raffaele:  Beh, scusate per l’equivoco. Prego, accomodatevi.

Bruno:      E io già sto’ assettato.

Raffaele:  Ah, già... allora m’aggia assettà io! (Si siede) Allora, ditemi che vi sentite.

Bruno:      Duttò, io tengo ‘a diarrea.

Raffaele:  Ah, vi fa male la pancia?

Bruno:      No, me fa male ‘a capa.

Raffaele:  No, non ho capito.

Bruno:      Duttò, io tengo ‘a diarrea.

Raffaele:  E allora vi fa male la pancia.

Bruno:      No, me fa male ‘a capa!

Raffaele:  Ma se po’ ssapé? Tenite ‘a diarrea o ve male ‘a capa?

Bruno:      Duttò, io tengo ‘a diarrea ‘ncapa!

Raffaele:  (Sorpreso) ‘A diarrea ‘ncapa? Ma nun esiste ‘a diarrea ‘ncapa!

Bruno:      E comme, io sto’ sempe a m’asciuttà ‘o naso. Chillo me scorre ogni mumento!

                  (Prende un fazzoletto, si soffia il naso e gli scappa di mano. Poi lo raccoglie) Raffaele:  Ma chillo è sulo ‘nu fetente ‘e raffreddore! Aspettate, mò vi prescrivo qualcosa

                  per questo. (Si siede al tavolo e scrive)

Bruno:      Duttò, ma che state screvenno?

Raffaele:  Questa è la ricetta che dovete esibire al farmacista. (Riprende a scrivere)           

Bruno:      Ah, e scevite buono, pecché si io vaco add’’o farmacista, e nun è bona ‘sta

                  ricetta,chillo m’arricetta a me e ‘a ricetta!

Raffaele:  Ecco, la ricetta è pronta. (La tira via dal blocchetto, si alza e gliela consegna)

                  Vi ho prescritto qualche farmaco.

Bruno:      (Leggendo la ricetta) Qualche farmaco? Vuje m’ate dato sulo supposte: supposte

                  p’’a cervicale, supposte p’’a nausea e ‘o vomito, supposte p’’a diarrea, supposte

                  pe’ l’ernia e supposte p’’o ginocchio!     

Raffaele:  E che volete? Voi chi chiamate Perculo? E allora vi dovete mettere le supposte!

Bruno:      E menu male ca nun me chiamme Perbocca!

Raffaele:  A proposito, le supposte vanno messe tutte e cinque in contemporanea. Chiaro?

Bruno:      Pure?

Raffaele:  Questa è la cura. C’è altro?

Bruno:      Sì, sì. Dottò, ci sarebbe un altro problema: io perdo spesso sangue dal naso.

Raffaele:  Ah, questo non mi piace.

Bruno:      E vuje sapite pecché io perdo assaje sango? Pecché io nun tengo ‘e ppiastrelle!

Raffaele:  Eh, ‘e mmattunelle!

Bruno:      (Ripete) ‘E mmattunelle!

Raffaele:  Ma quali piastrelle e mattunelle? Si chiamano piastrine. Sono le piastrine del

                  sangue. Aspettate, vi scrivo una cura per questo problema. (Così fa) Ecco fatto.

Bruno:      (Prende la ricetta) E che mi avete dato per il sangue dal naso?

Raffaele:  Vi ho dato due supposte!

Bruno:      Ancora? (Si indica il sedere) Duttò, lloco bascio è fernuto ‘o spazio!

Raffaele:  E ce ‘o facite ascì, ‘stu spazio! Tanto, ‘na supposta ‘e cchiù, una ‘e meno...!

Bruno:      Ma chillo, ‘o spazio, è ‘o mio!

Raffaele:  Allora volete che vi prescrivo due siringhe? Però vi avverto: o supposte, o

                  siringhe, sempe lloco jamme a fernì! Che volete fare?

Bruno:      Vabbuò, ja’, me tengo ‘e ssupposte! Grazie, dottò. Quando devo tornare?

Raffaele:  Appena so’ fernute ‘e supposte!

Bruno:      Povero a me! Stateve buono. Ah, e grazie delle supposte!

                  Bruno va via di casa, dubbioso.

Raffaele:  Tombola! He’ visto? La canzone dice: “Basta un poco di zucchero e la pillola va

                  giù...!”. Invece ccà abbastene doje supposte!

                  Così esce via a destra.

3. [Rosa, Pasquale e Miriam]

                  Dalla comune (al centro) entra Rosa. Si guarda intorno, sorridente. 

Rosa:        Non è cambiato niente, è tutto uguale a prima. (Si siede) Sono cinque anni che ci

                  manco da questa casa. Sai Pasquale, quando mi vede, che faccia che fa! Però ho

                  sbagliato a lasciarlo per un altro uomo. E che vuoi farci? Io ho perso la testa per

                  Carmine. Quello è pure ricco: è un notaio. Ma quel traditore tiene una amante, e

                  così ho preso e l’ho lasciato. Beh, ora sono emozionata, perché devo incontrare a

                  Pasquale. Adesso vado in bagno a darmi una sistemata.

                  Dalla borsa estrae una bottiglia di profumo e ne cosparge un po’ addosso. Poi

                  va destra. Da sinistra torna Pasquale che sente quel profumo e si ferma.

Pasquale: Ma che d’è ‘stu prufumo? Non mi è nuovo. Sarrà ‘e Miriam. Forse sarrà turnata.

                  E famm’’a cercà, l’aggia dicere ch’’o bagno nuosto nun sta cchiù allà, ma accà.

                  (Indica a sinistra) ‘Essa invadere ‘o territorio ‘e Rafele? Chillo è ‘nu passaguaje!

                  E torna a sinistra. Frattanto, rientra a casa proprio Miriam, un po’ contrariata.

Miriam:    Ma pe’ chi m’ha pigliata, chillu stilista? M’ha proposto’e fa’ ‘a prostituta. A me.

                  Io voglio fare la modella, e al massimo, per riuscirci, sono disposta a scendere a

                  compromessi, ma la prostituta proprio no! Nun è cosa pe’ me!

                  Torna Pasquale notato da Miriam.

Pasquale: Ma addò sta Miriam?

Miriam:   Uhé, papà.

Pasquale: Ah, staje ccà? Senti, ti volevo dire una cosa importante: prima di tutto, il nostro

                  bagno non sta più di là, ma dall’altra parte.

Miriam:   E perché?

Pasquale: Perché da oggi in poi la nostra parte di casa sarà quella là. L’altra parte è di zio

                  Raffaele. Così ci sta scritto sul testamento del nonno.

Miriam:   Uh, che bello! Dalla nostra parte ci sono due bagni, e io posso usarli tutti e due!

Pasquale: Nenné, ma ccà ce stongo pur’io! E lassamminne uno pure a me! E ppo’, siente,

                  nun t’’o mmettere cchiù ‘stu profumo. Comm’è brutto! Ma addò l’he’ pigliato?

Miriam:   Qualu profumo?... (Lo sente pure lei) Ah, sì, lo sento. Papà, ma mica è mio?

Pasquale: E allora sarrà ‘e zi’ Rafele!

Miriam:   Ma no, questo profumo è femminile. Sembra quello preferito di mamma...

                  E torna Rosa.

Rosa:        Ah, e adesso voglio incontrare a...

                  I tre si notano e restano sorpresi.

                  Pasquale... e tu sei mia figlia. Ma fatemi vedere come state. Sì, vi vedo proprio

                  bene! Ah, a proposito, Pasquà, ho saputo che sei diventato commissario, allora

                  adesso guadagni di più. Che bello! Embé, e ora che mi hai visto, non dici niente?

Pasquale: (Freddo) Ah, staje ccà? Te si’ scurdata coccosa? Pigliatella e vattenne.

Rosa:        Uhé, ma comme si’ scuntruso! Pare che non hai voglia di vedermi!

Pasquale: E a me me pare che he’ capito buono!

Rosa:        (Ironica) E grazie tante! (Poi a Miriam) E dimmi, tu... aspetta, come ti chiami?

                  Ah, già, Margherita! No, no... Miriam! Non sei felice di vedere la tua mamma?

Miriam:   (Fredda) Mia mamma se n’è andata cinque anni fa.

Rosa:        Aeh, ‘e che bella accoglienza m’ate fatto tutt’e dduje!

Pasquale: Uhé, e mò che c’he’ visto, si’ cuntenta? E mò te ne può pur’ì.

Rosa:        E vabbé, ma che modi sono questi? Voi state sbagliando a trattarmi così.

Pasquale: Siente chi parla! Cinch’anne fa, bell’e buono, te ne iste, e nun aggio maje saputo

                  cu’ chi. Me lassaste meza lettera e nun t’he’ fatta sentì manco pe’ me da’ ‘o

                  divorzio. E non me lo vogliono riconoscere per colpa di un capello burocratico!

Miriam:   Si dice cavillo!

Pasquale: Sì, vabbuò... E tu mò staje ccà ‘n’ata vota? E pe’ ffà che?

Rosa:        Pasquale, io non ti ho mai detto chi è l’uomo per il quale ti ho lasciato, perché

                  non posso. Può sulo sapé che t’aggio tradita pe’ cinch’anne.

Pasquale: E già, m’he’ fatto cinch’anne ‘e corne!

Rosa:        Sì, ma adesso quell’uomo l’ho lasciato, e sono qui per riparare.

Pasquale: (Sorpreso) Che?

Miriam:   He’ ‘ntiso, papà? Primma nun ire nisciuno e se ne gghiuta. Mò ha saputo che si’

                  addiventato commissario e è turnata. Pé me se ne po’ gghì ‘n’ata vota!

Rosa:        Uhé, a te, puorteme rispetto, io te so’ mamma.

Miriam:   ‘O vero? Vuò ‘o rispetto pecché me si’ mamma? E te sbaglie, pecché ‘na mamma

                  nun s’’o scorda ‘o nomme ‘e ‘na figlia...

                  E se ne scappa via a sinistra piangendo.

Pasquale: Siente, Rosa, io nun voglio sapé pecché cinch’anne fa te ne iste e cu’ chi te ne

                  iste. Ma mò lasseme ‘npace, a me e a mia figlia. Io nun ‘a voglio vedé triste.

                  Si volta e va a sinistra. Una volta restata sola, Rosa parla a sé stessa, amara.

Rosa:        Lo sapevo che non mi avrebbero perdonata. Forse questa cosa verrà col tempo...

                  o forse mai più. E io farò di tutto per riconquistare mio marito... e mia figlia.

                  Esce di casa. Da sinistra, tornano Pasquale e Miriam, che si asciuga le lacrime.

Pasquale: Asciugati gli occhi, a papà, non vale la pena di piangere per colpa di tua madre.

Miriam:   Mia madre? Chella s’è scurdata pure ‘o nomme mio.

Pasquale: E chella è stata sempe accussì, se scorda ‘e ccose. Pienze, ‘o juorno che c’’evema

                  spusà, se scurdaje, se ne jette a ffa’ ‘a spesa! E io ‘eva voglia d’aspettà ‘int’’a

                  chiesa! Beh, veramente, pur’io me scurdaje ‘na cosa: ‘e me mettere ‘e scarpe. E

                  accussì m’appresentaje ‘int’’a chiesa cu ‘e scarpune ‘o pero!

Miriam:   (Ride) Ma comme, t’iste a spusà cu’ ‘e scarpune ‘o pede?

Pasquale: E chella fuje l’emozione. Vabbuò, è meglio che lassamme sta’. Chiuttosto, tu che

                  me dice? Hai finito la scuola per modelle?

Miriam:   Sì, adesso mi devo dar da fare, così finalmente si avvererà il mio sogno.

Pasquale: Ah, e brava a chella Miriam. Sei la mia migliore figlia.

Miriam:   E pe’ forza, io so’ figlia unica!

Pasquale: Ma si pure avesse tenuto duricie ‘e figlie, tu ire ‘o stesso ‘a meglia!

Miriam:   Grazie, papà...

                  E lo abbraccia. Dalla comune (al centro) arriva il notaio Carmine Pane.

Carmine: E’ permesso?

                  I due si staccano in fretta dall’abbraccio.

Pasquale: Ah, prego, entrate.

Carmine: Scusate se vi ho interrotto.

Pasquale: Ma che? Chella è mia figlia!

Carmine: Lo so, lo so. Non stavo pensando nulla di male.

Pasquale: Embé, allora che volete?

Carmine: Signor Mostaccioli, io sono tornato qua per parlarvi.

Pasquale: Ah, immagino. Ehm, Miriam, a papà...

Miriam:   Ho capito, vi lascio da soli. Vado a vedere un po’ di televisione. Con permesso.

Carmine: Prego.

                  Si avvia a destra (dunque dalla parte sbagliata) e Pasquale la ferma.

Pasquale: Addò vaje? Allà nun se va cchiù. Nuje stamme allà!

Miriam:   Ah, già. E che vuoi, io mi debbo ancora abituare!

                 Va via a sinistra e Carmine la guarda incantato. Pasquale se ne accorge e...

Pasquale: (Gridando) Signor notaio!

Carmine: (Si spaventa) Uh, scusate, distrazione! Però, è molto carina vostra figlia.

Pasquale: Sì, lo so. Ma mò penzamme a nuje. Allora, mi cercate come notaio o come altro?

Carmine: Il mio compito di notaio è finito. Ma ora ne comincia un altro: io e vostro padre

                  ci conoscevamo già dai tempi dell’università, e so che persona era e quanto ha           

                  fatto per la vostra educazione. Ed io mi sento in dovere di controllarvi. Ma a dire

                  il vero, signor Pasquale, non voi siete integerrimo nei comportamenti.

Pasquale: Scusate, a me già non mi sta bene che voi vigilate su di noi, ma io questo lo

                  rispetto. Però come fate a dire che io non sono come dite voi?

Carmine: Io ve lo dico, però deve restare fra noi.

Pasquale: Affare fatto!

Carmine: Ho parlato con vostro fratello, il dottor Raffaele.

Pasquale: (Interessato) Aspettate, aspettate... e che ha detto?

Carmine: Sì, ma voi però non fate reazioni sbagliate.

Pasquale: No, non vi preoccupate. Io gli parlo solamente... gli parlo, e ppo’ ‘o sparo!

Carmine: Lui mi ha detto che per colpa vostra, ogni giorno, in questa casa... gatta ci cova!

Pasquale: ‘Int’’a ‘sta casa ‘a jatta fa ll’ove?! E che significa?

Carmine: Per farvi capire, lui ha detto che voi siete affamato e fasullo!

Pasquale: Io songo affamato ‘e fasule?! E che d’è, ‘nu difietto, chisto?

Carmine: E non è finita qui: ha detto pure che siete logorroico!

Pasquale: E che ce ne ‘mporta a isso che tengo l’emorroidi?! Ah, Rafele chesto penza ‘e

                  me? Mò ‘o faccio avvedé io!

Carmine: Ecco, questo volevo sentirvi dire. Anzi, io avrei qualche suggerimento da darvi.

Pasquale: Sentite, ccà nun putimme parlà, jamme ‘int’’a cucina. Se aspettate un momento,

                  vado a chiudere la porta della stanza di mia figlia e poi ci appartiamo.

Carmine: Fate con comodo.

                  Pasquale va via a sinistra. Carmine sorride di soddisfazione e trama qualcosa.

                  Ma che ingenuo, l’ha bevuta. Non è vero niente di quel che gli ho raccontato. E’

                  solo che io voglio seminare zizzania tra questi due fratelli. E sì, non se ne

                  devono vedere bene della loro eredità. Io e il loro padre, Luigi Mostaccioli, non

                  siamo mai stati amici, ma rivali, tanto all’università quanto nella vita. E lui è

                  sempre riuscito a fare molte più cose di me, e meglio. Ma io gliela faccio pagare.

                  Sghignazza un po’. Torna Pasquale che lo nota ridere.

Pasquale: (Ma che d’è, pecché ride chisto? Boh!). Signor notaio...

Carmine: (Si ricompone) Ah, ehm... dite, dite...

Pasquale: Venite, venite... possiamo andare.

Carmine: Va bene, fatemi strada.

                  I due vanno a sinistra confabulando fra loro.

4. [Rocco e Miriam. Poi Pasquale e Carmine]

                 Dalla comune (al centro) entra Rocco Scaldabagno, un tipo presuntuoso e

                 farfallone (ben vestito: in abito scuro e cravatta). Si guarda intorno.

Rocco:     Ma che bella casa! Quasi degna della mia villa a Posillipo... quanno papà m’’a

                 accatta! Strano, come fa a comprarsi una casa del genere una prostutita? Boh! (Va

                 a sedersi) Ma addò sta, chesta? Eppure il notaio Carmine Pane mi ha detto che la

                 trovavo qua, perché lei lavora pure a domicilio. Si chiama Miriam. E mò le faccio

                 avvedé che cavallo ‘e razza che songo! (Prende una sigaretta e se l’accende)

                 Da sinistra entra Miriam (in vestaglia e pantofole). Pensa di parlare a Pasquale.

Miriam:  (Entrando) Volete del caffè?

                 I due si notano. Lui si alza (ed entra in azione il latin lover!) e le si avvicina.

Rocco:     (Voce impostata) No, grazie... Guarda, che il caffè lo prendiamo alla fine!

Miriam:  Prego?

Rocco:     (La squadra dalla testa ai piedi) E tu saresti Miriam?            

Miriam:  Sì, sono io.

Rocco:     E cominci male, cara mia. E sì, perché davanti a un uomo non ci si mostra mai

                 così vestita. Toglie tutto il fascino, la verve... l’eccitazione del momento! 

Miriam:  Scusate, ma voi chi siete?

Rocco:     Chiamami Rocco e dammi del tu. Sono l’uomo che ti farà volare! E non su un

                 banale letto, elemento ormai sorpassato. Ma su quella tavola!

Miriam:  (Comincia a spazientirsi) Néh, ma che staje dicenno?

Rocco:     Non ti piace? Ho capito, tu preferisci l’effetto lavatrice. E vada per la lavatrice!

                 Spegne la sigaretta in un posacenere sul tavolo e comincia a togliersi la giacca.

Miriam:  (Lo blocca) Oh, ma che vvuo’ fa’? Ma inzomma, se po’ ssapé?

Rocco:     Ehi, bimba, devo aspettare ancora? Guarda che io non resisto. Ti avverto che mi

                 sono preso sei pasticche di “eccitanti”... e nun capisco cchiù niente! Tengo ‘na

                 strana nebbia annanzo all’uocchie!

Miriam:  Senti, scusa, Rocco, mi dispiace, ma c’è un equivoco. Io sono Miriam, ma non

                 sono una di Quelle donne lì. Forse ti hanno fatto uno scherzo.

Rocco:     Non sei una prostituta? 

Miriam:  No. Io faccio la modella.

Rocco:     (Sorpreso) Veramente? (La squadra da capo a piedi) Una modella?

Miriam:  Beh, a dire la verità, quasi. Sono alle prime armi, anche se sono un po’ in ritardo.

                 Mi sono appena diplomata alla scuola per modelle “New Walking”!

Rocco:     Ah, che coincidenza. Quella, la New Walking, è mia.  

Miriam:    (Si interessa) Davvero?

Rocco:       Sì, quando me la regala papà. (Infido) E… volendo, io potrei portarti in alto.

Miriam:    E tu faresti questo per me? Ma grazie.

Rocco:       Aspié, che grazie?! E tu spiere ‘e t’’a cavà accussì? Cara mia, qua non si fa

                   niente per niente...! Capito il concetto? 

Miriam:    (Le viene un’idea) Va bene... Affare fatto!

Rocco:       E allora vatti a preparare, che andiamo alla mia agenzia, che si chiama come la

                   scuola, e telefoniamo a qualche stilista di grido, così ti faccio subito sfilare.

Miriam:    (Dalla felicità, abbraccia per un momento Rocco) Grande! Allora aspettami qui,

                   io torno subito.

                   E corre via a sinistra. Rocco si eccita.

Rocco:       Mamma bella! Chella m’abbraccia. Io tengo ‘o testosterone che va accà e allà!   

                  E si accascia sul tavolo. Da sinistra torna Pasquale.

Pasquale: Ma Miriam è asciuta? (Nota Rocco) E chi è chisto? Scusate, vi sentite male?

Rocco:      (Si volta con gli occhi di fuori e parla con voce eccitata) Sì, male d’amore...!

                  E bacia le mani a Pasquale (che resta sorpreso).

Pasquale: Uhé, che d’è?

Rocco:      (Si accorge dell’errore) Aaah... Ehm... scusate tanto...

Pasquale: No, prego, prego. Ma voi per caso siete un pentito?

Rocco:      No.

Pasquale: E te pareva!

Rocco:      Veramente, sono qui per aspettare Miriam. Non lo dite a nessuno: io ero venuto

                  qua per portarla a fare un salto in Paradiso... a letto!

Pasquale: (Si sorprende) Comme?...

Rocco:      Poi mi sono accorto che non è una di quelle, allora ho dovuto cambiare idea.

Pasquale: Ah, mi pensavo.

Rocco:      Ma la mia è solo una ritirata strategica! Più tardi lei sarà mia!

                  Pasquale, non notato da Rocco, gli fa un gesto di minaccia. Lui invece prosegue.

                  Sentite, faccio una scommessa con voi: io a quella ragazza me la spupazzo!

Pasquale: ‘O vero? E mò ‘a faccio io ‘na scummessa cu’ te: vulimme scummettere che te

                  dongo ‘nu cavicio addò saje tu, te ‘mparo a balla ‘o Cha cha cha?!

                  E lo afferra per il bavero della giacca.

                  Io songo ‘o pato ‘e Miriam.

Rocco:      (Sorpreso) Che...?

Pasquale: E mò che ffaje?

Rocco:      (Impaurito) Ehm... guardate, che io scherzavo. Mi credete?

Pasquale: No.

Rocco:      Ma io dicevo quelle cose, però non le pensavo. Sono cose che si dicono. Anzi, le

                  mie vere intenzioni sono alre. Se mi lasciate ve le dico. Accettate?! 

Pasquale: (Lo lascia) Famme sentì...

Rocco:      Ho saputo che Miriam ha fatto la scuola per modelle, quella è mia. Ma io non le

                  faccio perdere tempo. La porto alla mia agenzia e le faccio far carriera.

Pasquale: Guarde, attiento a te a chello che ffaje. Pecché si sgarre, povero a te. He’ capì?

Rocco:      (Intimorito) Sì, sì, state tranquillo.

Pasquale: E mò addò sta mia figlia?

                  Torna Miriam: ha una mini mozzafiato e scarpe con tacco alto.

Miriam:   Eccomi qua. Ciao, papà.

                  I due la guardano esterrefatti.

Pasquale: Uhé, addò vaje accussì vestuta?

Rocco:      (Non capisce più nulla) E levateve ‘a nanzo, faciteme vedé a chesta!

Pasquale: Uhé, statte calmo, a te.

Miriam:   Ehm... Rocco, lui è mio padre.

Rocco:      Sì, ci siamo già scontrati… cioè, conosciuti. E’ un uomo molto... convincente!

Miriam:   Beh, allora andiamo?

                  Pasquale mostra il pugno sotto il naso a Rocco.

Rocco:      (Intimorito) Sì, andiamo. Però soltanto all’agenzia, poi torniamo subito qua, eh!

Miriam:   Va bene. Ciao, papà.

Rocco:      (Intimorito) Arrivederci.

                  I due escono via.

Pasquale: Si chisto sgarra cu’ Miriam, io ‘o faccio addiventà ‘nu tappeto pe’ dint’’o bagno!

                  Da sinistra, torna Carmine (con la ventiquattrore) va vicino a Pasquale.

Carmine: Signor Pasquale, ma che fine avete fatto?

Pasquale: No, niente, stavo salutando a mia figlia.

Carmine: Sì, ho visto, stava uscendo con quel ragazzo. Eh, che peccato, è già fidanzata.

Pasquale: No, quale fidanzata? Quello è uno di un’agenzia di modelle.

Carmine: Ah, perché, vostra figlia è una modella?

Pasquale: Sì.

Carmine: Ho capito. E adesso quello lì accompagna vostra figlia a sfilare.

Pasquale: (Non ha capito) Che fa mia figlia?

Carmine: Vostra figlia deve sfilare.

Pasquale: Ha da sfilà… ‘e portafoglie? Ah, chesto ‘eva fa’? Pe’ mezza ‘e chillu disgraziato!

Carmine: No, non avete capito...

Pasquale: E invece aggio capito buono. Chella è ‘a figlia ‘e ‘nu poliziotto!

Carmine: No, ma...

Pasquale: Ma io l’aggia acchiappà...

Carmine: Aspettate...

                  Pasquale esce via, rincorso da Carmine (che lascia la ventiquattrore sul tavolo).

5. [Raffaele e Rosa]

                  Da destra ecco entrare Raffaele che ha sentito tutto il caos di poco prima.

Raffaele:  Néh, ma che sta succedenno ccà ffora? Ma ccà nun ce sta nisciuno. Forse Miriam 

                  sta vedenno ‘a televisione a alta voce. Ora le dico di abbassare il volume.

                  Va a sinistra. Dalla comune al centro, entra Rosa in abito da sera, ben truccata.

Rosa:        Eccomi qua, pronta per riconquistare il mio Pasquale. (Si guarda il vestito) Tié

                  tié, vide comme m’aggio cumbinata bella. Ma sì, ogni mezzo è lecito. Sento che

                  in questa casa c’è qualcosa di grosso, e io scoprirò cosa.   

                  Torna Raffaele.

Raffaele:  Ma comm’è, dinto nun ce sta nisciuno e ‘a televisione sta stutata. Boh...

                  Va per andare verso destra e i due si notano.

Rosa:        (Sorpresa) Ma... ma tu si’ Rafele?

Raffaele:  (Sorpreso) E tu si’ Rosa.

Rosa:        (Fa finta di niente) Uhé, tutto a posto?

Raffaele:  Rosa, ‘a faccia e comme staje elegante! Addò he’ ‘a ì, a ‘nu matrimonio?

Rosa:       (E che ce dico mò? Nun ce pozzo dicere che sto’ ccà pe’ Pascale...). Ehm... no, io

                 sto qua perché ho bisogno di essere visitato da te.

Raffaele: E tu te vieste accussì pe’ gghì add’’o miereco?!

Rosa:       (Rassegnata) No, Rafé, non sono qua per questo. La verità è che sento una cosa

                 alla bocca dello stomaco. Mi è venuta quando prima ho incontrato una persona.

Raffaele: Rosa, doje supposte e te passa tutto cose!

Rosa:       Ma che ce azzecchene ‘e supposte? Per questa cosa, non servono supposte.

Raffaele: E allora vuò ‘nu poco ‘e sceruppo?

Rosa:       Ma no, aspié, famme parlà. Io non sto parlando di malattie. Rafé, tu lo sai, io ho

                 fatto una brutta azione a Pasquale. Ma ora mi sono pentita di quello che ho fatto.

Raffaele: E intanto, a mio fratello gli è venuta la depressione. Meno male che l’ho curato io.

Rosa:       E pure io lo voglio curare.

Raffaele: Ce vuo’ mettere pure tu ‘e supposte?

Rosa:       Néh, ma te piacesse ‘a forma d’’a supposta, a te? Io voglio curarlo in altri modi.

                 Dopo cinque anni lontana da lui, ho capito tante cose. E poco fa, quando l’ho

                 incontrato, ho sentito qualcosa, come quando l’ho visto la prima volta. Capisci?   

Raffaele: Ho capito: tu vuoi tornare con Pasquale. E fai male. Lui non vuole più saperne di

                 te. E ha ragione. Faresti un tentativo inutile. Tu, tutto questo, l’hai supposto?!

Rosa:       Ancora cu’ ‘sti supposte?

Raffaele: No, volevo dire, l’hai pensato?

Rosa:       Sì, Rafé, l’ho pensato. E pe’ chello ch’aggio fatto, me sento piccerella piccerella.

                 E va a sedersi al tavolo affranta (vi posa la borsa sopra), con gli occhi giù.

Raffaele: (Aspié, me sta venenno ‘na bella idea: si chesta fa pace cu’ Pascale, po’ essere

                 che se ne vanne ‘a ccà! E famme vedé ‘nu poco.) Ehm... Rosa, ma poi, una volta

                 fatto pace con Pasquale... quali sono le tue intenzioni?

Rosa:       (Alza lo sguardo) Voglio andare a vivere insieme a lui e a Miriam in una bella

                 casa nuova a Posillipo. Naturalmente, comprata da lui! (Torna con gli occhi giù)

Raffaele: (Ah, he’ capito? E allora non glielo spiego il fatto del testamento, o si no chesta

                 cagna idea! Debbo ridestare un’altra volta l’amore fra Pasquale e Rosa. Mò vi’

                 che te cumbino!). Rosa, ascolta bene. E se io ti aiutassi a riconquistare Pasquale?

Rosa:       (Scatta in piedi) Overamente?

Raffaele: Sì, ti dò dei suggerimenti giusti giusti per riuscire a riportarlo a te.

Rosa:       Sì, sì, mi interessa.

Raffaele: Però qua non possiamo parlare. Se Pasquale si trova a passare, scopre tutto.

Rosa:       Va bene, va bene, andiamo di là...

                 Si avvia a sinistra (quindi dalla parte sbagliata), ma Raffaele la ferma.

Raffaele: Addò vaje? Dobbiamo andare di là.

Rosa:       ‘O vero? E pecché allà?

Raffaele: Ehm... perché c’è il mio studio. Così ti prescrivo pure qualche supposta!

                 E vanno via a destra.

6. [Miriam e Rocco, Raffaele e Rosa. Infine Pasquale]

                 Dal centro tornano Miriam e Rocco.

Rocco:     Allora, Miriam, hai visto? Due stilisti ti hanno già segnata per le loro prossime

                 sfilate. Eh, io quando dico una cosa, mantengo sempre la promessa.

Miriam:  E già, è proprio vero. E ora che cosa posso fare per ringraziarti?

Rocco:     Beh, ora devi venire con me. Ti vorrei portare sul mio panfilo attraccato al molo

                 Beverello... quanno m’’o regala papà! Perciò, siccome non ce l’ho ancora, vado a

                 casa, poso la macchina, prendo il mio motorino e ti porto a fare un giro!

Miriam:  Niente di meno, si’ passato d’’o panfilo ‘o motorino!

Rocco:     Senti, insomma c’è sempre quella cosa che non abbiamo fatto prima. Ricordati

                 che in questo momento, davanti a te, hai un uomo intorpidito dal desiderio!

Miriam:  E fattillo passà, ‘stu desiderio. Ti ho detto che non sono una di quelle. E poi ti sei

                 scordato di papà?

Rocco:      (Desiste) M’è passato ‘o genio! Cara Miriam, tu hai un potere afrodisiaco...

                  invece tuo padre ha un potere “afflosciatorio”! (Si siede al tavolo, nota la

                  ventiquattrore) Ma... ma chesta è ‘a vintiquattore d’’o notaio Pane.

Miriam:   E a te che ti interessa?

Rocco:      E’ stato lui che mi ha parlato di te.

Miriam:   (Nota la borsa di Rosa) Ma questa è la borsa di mia mad… cioè, di una signora.

Rocco:      Ah, il notaio ha cambiato donna? Prima stava con una certa Rosa.

Miriam:   Ma allora... quella tizia ha portato il notaio qua da me per fare un dispetto a mio

                  padre... e ora staranno dentro facendo... sì, insomma, staranno facendo...

Rocco:      Chello ch’’essema avuta fa’ io e te!

Miriam:   Dobbiamo fermarli.

Rocco:      No, Miriam, non possiamo.

Miriam:   E perché?

Rocco:      E nun sta bene a fermà a doje perzone ‘int’a ‘sti mumente!

Miriam:   Ma stai zitto. E poi se torna mio padre... ce scanna a tutte quante!

Rocco:      (Cambia idea) Jamme a fermà a chilli duje lloco dinto!

                  Prende Miriam per mano e la porta a sinistra. Da destra riecco Rosa e Raffaele.

Raffaele:  Allora, hai capito tutto, Rosa?

Rosa:        Ho capito: devo presentarmi nella sua stanza con modi e abbigliamento sexy!

Raffaele:  Brava.

Rosa:        E mi debbo riempire col mio profumo che gli piace tanto.

Raffaele:  Esatto. Allora ti raccomando, presentati qui domani mattina, mentre lui dorme, e

                  lo svegli. Ti raccomando, chianu chiano!

Rosa:        Siente, Rafé, io però t’aggia dicere ‘na cosa: Pasquale sa che cinque anni fa l’ho

                  lasciato, ma non gli ho mai detto con chi. Sa solo che si tratta di un notaio.

Raffaele:  Cosa? Non gliel’hai mai detto? E perché?

Rosa:        Eh, ‘o ssacc’io! (Alché si siede. Nel farlo, però, riconosce la ventiquattrore sul

                  tavolo) Aspiette, Rafé... (E scatta subito in piedi)

Raffaele:  Ch’è stato? Te fa male ‘a supposta che t’aggio miso?

Rosa:        Ma quala supposta? Quella è la ventiquattrore del notaio. (La prende)

Raffaele:  ‘Sta vintiquattore nun m’è nova?

Rosa:        Allora questo vuol dire che sta qua. Devo cercarlo assolutamente.

Raffaele:  Aspiette, che te ne ‘mporta a te? Tu he’ ‘a turnà cu’ Pascale?

Rosa:        Sì, ma si coccosa va stuorto, io po’ perdo a Filippo e ‘o panaro?! No, io aggia ì a

                  vedé... (Posa la borsa sul tavolo)

Raffaele:  Aspié, mò vengo pur’io.

                  I due vanno a sinistra. Poco dopo torna... Pasquale!

Pasquale: Nun ll’aggie truvate, a chilli duje. Ma mò che torna Miriam ‘a casa, amma parlà

                  ‘nu poco. In quanto a chill’ato, è meglio che se va a suicidà... tanto, more ‘o

                  stesso, pecché io ‘o sparo! E mò famm’ì a cagnà, stongo ‘na zuppa ‘e sudore!

                  Va via a sinistra. Dopo qualche secondo si sentono spari, così escono di corsa e

                  vanno via di casa, gridando dallo spavento: Raffaele e Rosa, Miriam e Rocco.

                  Poco dopo esce Pasquale arrabbiato (con una pistola in mano).

                  Uhé, ate scagnato ‘a casa mia p’’a succursale d’’a Domiziana? Venite ccà...!

                  Esce di casa di corsa, come per cercare di raggiungerli.

FINE ATTO PRIMO

            Due giorni dopo. In stanza non c’è più il tavolo con sedie. Sul lato sinistro e sul lato destro c’è una scrivania con due sedie. Sulla parete destra c’è il poster di uno scheletro umano; su quella sinistra, il poster dello stesso scheletro con le manette ai polsi!

ATTO SECONDO

1. [L’agente Alberto Faccioluovo, Pasquale e Vanessa Zanini]

                  Seduto sulla scrivania (a sinistra), c’è l’agente Alberto Faccioluovo (nella sua

                  divisa da poliziotto), impegnato in un cruciverba. E’ un tipo un po’ stralunato.

Alberto:   12 orizzontale: “Quella della vendetta è sommaria”... Nove lettere, comincia per

                  G: gazzimma! No, ma nun esiste ‘a gazzimma sommaria! Jamme annanzo. 15

                  orizzontale: “Scambio di colpi d’arma da sparo”... dieci lettere, comincia per S:

                  sputazzata! No, nun ce azzecca. 20 verticale: “Così è chiamato colui che tradisce,

                  il marrano che scappa via”... Sette lettere, comincia per F: fetente! No, no. 22

                  orizzontale: “Una fuga senza speranza, si dice senza...?”. Sei lettere, comincia

                  per S: scarpe! No, ma ‘e scarpe ce vonno! 30 orizzontale: “Luogo in cui vengono

                  custoditi i ladri”... sette lettere, comincia per C: camposanto! No, so’ diece

                  lettere! Ma ‘stu cruciverba è difficile! Passamme appriesso, va’: 37 orizzontale:

                  “Mangia i figli suoi e poi piange”: cannibale! No, ma chillo ‘o cannibale è

                  cuntento quanno magna! E allora chi è che se magna ‘e figli e ppo’ chiagne? 

                  Dalla comune (al centro), entra Pasquale (i due non si notano). Posa la giacca.

Pasquale: (Ha sentito la domanda e risponde) Deve essere il serial killer!  

Alberto:   (Conta le caselle) No, nun ce va! (Nota che è Pasquale e nasconde il cruciverba 

                  sulla sedia e scatta in piedi sugli attenti) Agente Faccioluovo, agli ordini!   

Pasquale: Già, come ai bei tempi. Comodo, comodo.

                  Faccioluovo si siede, nascondendo sulla sedia il cruciverba. Pasquale gli parla.

                  Vedi, agente Faccioluovo, io ti ho convocato qui, per aiutarmi nel mio lavoro. E

                  questo perché la gente non si faccia “giustizia” sommaria.

Alberto:   (Prende il cruciverba e conta le caselle) Giustizia sommaria, ce trase! (E scrive)

Pasquale: In giro, ogni giorno, c’è uno scambio di colpi d’arma da fuoco: una “sparatoria”.

Alberto:   (Controlla se ci va) Sparatoria, ce trase! (E scrive)

Pasquale: E attenzione a colui che tradisce, il marrano, detto anche: “fellone”!

Alberto:   (Controlla) Fellone, ce trase!... Va’ accussì, nun te fermà! (E scrive)

Pasquale: E non puoi scappare, se no la tua fuga è senza speranza... senza “scampo”!

Alberto:   (Controlla) Ce trase pure scampo! Uh, Marò, stongo ascenno pazzo! (E scrive)

Pasquale: Faccioluò, noi dobbiamo portare tutti i criminali, sai dove? In “carcere”!

Alberto:   (Controlla) Carcere, ce trase! E vaaai! (E scrive)

Pasquale: (Si ferma e guarda Faccioluovo) Hai capito, Faccioluovo?

Alberto:   (Nasconde il cruciverba) Uff, benissimo! Solo che mò mi manca una risposta.

Pasquale: Una risposta di vita? E te la dò io. Noi viviamo in una società dove un uomo

                  ammazza pure i figli, e poi alla fine sai che fa? Piange... come fa il coccodrillo!

                  E va via a sinistra, mentre Faccioluovo controla le caselle del cruciverba.

Alberto:   Coccodrillo, ci va!... (Gioisce e poi scrive)

                  Dalla comune, entra Vanessa Zanini, guardiana dello zoo di Napoli (in divisa).

Vanessa:  (Attenzione: è una che ha l’alito pesantissimo!) E’ permesso?

Alberto:   (Posa in fretta il cruciverba nella tasca della giacca) Ehm... prego. Venite.

Vanessa:  (Gli si avvicina e gli parla in faccia) Scusate, voi siete il commissario?

Alberto:   (Mamma bella, e che s’ha magnato chesta, ‘na bombola ‘e gas? Tene ‘nu ciato!).

Vanessa:  Scusate, ma fusseve surdo? Vi ho chiesto se voi siete il commissario.

Alberto:   No, non sono io. (Indietreggia lento verso la scrivania di Pasquale) Assettateve!

Vanessa:  Oh, e tanto ce vuleva? (Si siede sulla sedia davanti alla scrivania) Scusate, songo

                  ‘nu poco stanca. (Fa uno sbadiglio proprio contro Faccioluovo)   

Alberto:   Aiuto!

                  L’agente fugge al centro della stanza. Torna Pasquale con una tazza di latte.

Pasquale: Allora, Faccioluovo, tutto a posto? (Posa la tazza sulla scrivania)

Alberto:   (Sofferente) Sì, ce sta sulamente ‘sta signora che ve vo’ parlà.

Pasquale: Buongiorno. Scusate, se mi bevo un po’ di latte. Sto facendo colazione.

Vanessa:  Ma scherzate? Prego, fate pure.

Alberto:   Commissà, vi devo dire una cosa che riguarda la signora.

Pasquale:(Posando la tazza di latte sulla scrivania) Dopo, dopo.

Vanessa:  (Si alza e gli parla in faccia) Commissà, accomodatevi! (E si siede, occhi giù)

Pasquale: (Ha sentito l’alito pesante di Vanessa) Signora, scusate un attimo. (Si porta

                  Faccioluovo in disparte) Faccioluò, ma ‘stu fieto ‘e munnezza è chesta?

Alberto:   Commissà, io ho cercato di avvertirvi, ma vuje nun m’’ite fatto parlà.

Pasquale: Ah, e io che ne sapeve? E allora cercamme ‘e ce ‘a levà ‘a tuorno, a chesta!  

                  E ritornano da Vanessa: Pasquale si siede di fornte a lui e Faccioluovo di lato.

                  Va bene, signora, allora vi promettiamo di risolvere il vostro caso. Arrivederci!

Vanessa:  Ma si io ancora aggia dicere niente!

Pasquale: Ma noi già ce lo immaginiamo!

Vanessa:  E sì, e già, vuje dicite accussì pe’ me ne fà ì...

                  Si alza, si appoggia sulla scrivania e parla ai due che si coprono il naso.

                  Ma io nun so’ scema! (Poi si risiede)

Pasquale: (Rassegnato) E vabbé, raccontateci la vostra storia. Faccioluò, scrivi a macchina.

Alberto:   Commissà, non posso. ‘A machina nun ce sta!

Pasquale: E allora scrivi a mano. Un poco di organizzazione! E a voi, potete cominciare.

                  Faccioluovo prende carta e penna sulla scrivania e scrive ciò che dice Vanessa.

Vanessa:  Dunque: io sono uno dei guardiani dello zoo di Napoli.

Pasquale: E allora?

Vanessa:  S’hanne arrubbato l’ippopotamo.

Pasquale: ‘O vero? E chi ve l’ha ditto?

Vanessa:  (Si arrabbia e alita verso loro) Néh, ma vuje m’’isseve pigliato pe’ scema, a me?

Alberto:   Commissà, e nun ‘a facite ‘ncazzà, a chesta!

Pasquale: No, io dicevo: come vi siete accorto, che nella sua vasca, l’animale era assente?

Vanessa:  Perché io, stamattina, come tutte le mattine, del resto, sono andata a svegliarlo:

                 “Ciccillo, svegliati, c’è la mamma! Devo lavarti i denti”!

Alberto:   Sentite, ma vuje ‘e diente ce ‘e llavate all’ippopotamo?

Pasquale: Stattu zitto! No, lui scherza! E sentite, come fate a sapere che se lo sono rubato?

Vanessa:  (Si alza e si appoggia sulla scrivania) Pecché ‘o ssaccio e basta!

                  E tossisce verso i due che si riparano come possono. Poi si siede e racconta.

                  Chillo è ‘n’esemplare unico. Penzate, che tene ‘o Pede ‘e Rita!

Pasquale: Eh, tene ‘o pede ‘e Cuncettina! Si dice “Pedigree”! Sentite, voi avete detto che ve

                  l’hanno rubato. Secondo voi chi può essere stato?

Vanessa:  Pe’ me è stato ‘o titolare ‘e ‘nu circo ch’’o vuleva afforza. Commissà arrestatelo!

Pasquale: Un momento, calmatevi. Ma voi tenete le prove che è stato lui?

Vanessa:  Ehm... veramente, no.

Pasquale: (Si spazientisce) Embé, e comme ‘o ‘rrestamme a chisto senza ‘e pprove?

Vanessa:  Ma pecché, so’ importante?

Pasquale: E se capisce. (Senza volere mette le mani nella tazza di latte) Noi, a quello, se è

                  stato lui, lo metteremo con le spalle al muro, con due piedi in una scarpa…

Vanessa:  (Nota che Pasquale ha le mani nella tazza) Cu’ ‘e mmane ‘int’’o llatte...!

Pasquale: (Ripete) Cu’ ‘e mmane ‘int’’o llatte...!

Vanessa:  No, vuje state cu’ ‘e mmane ‘int’’o latte!

Pasquale: (Se ne accorge e tira via le mani dalla tazza) Mannaggia ‘a capa vosta, me state

                  ‘ngrippanno! (Estrae un fazzoletto dalla tasca e si pulisce le mani)

Vanessa:  Commissà, comunque voi dovete risolvere l’“Ippocaso”!

Pasquale: E che d’è st’Ippocaso?

Vanessa:  E’ ‘o caso ‘e l’ippopotamo mio!... Vuje me l’ata truvà... (E piange) Uuuh...!

                 Piangendo, alita verso i due che si coprono il naso. Poi Vanessa racconta:

                 Chillo è ‘n’essere accussì delicato. (Si alza, si appoggia sulla scrivania e parla

                 con vigore) Ma si acchiappo a chillo che se l’ha pigliato, io ‘o squaglio!

                 I due, sofferenti, si riparano con tutto ciò che gli capita a tiro.

                 L’aggia fa’ magnà d’’o lione, pe’ puté dicere: “Ah... ah... ah... ‘a faccia toja”!

                 Faccioluovo e Pasquale non ne possono più: si alzano di scatto e scappano dalla

                 parte opposta della stanza, mentre Vanessa si siede, mani sul viso.

Alberto:   Aria, aria! Commissà, nun ce ‘a faccio cchiù!... Nuje ce amma sbarazzà ‘e chesta.

Pasquale: Ora ci penso io. Tu vai in giro a fare una ronda di controllo.

Alberto:   Menu male, me ce vo’ proprio!

                 E esce di casa facendosi vento con le mani. E Pasquale torna da Vanessa.

Pasquale: E mò a noi due!... Sentite, l’ippopotamo ve lo trovo io, però vi avverto: qua il

                  caso non è facile.  

Vanessa:  (Si alza e gli parla in faccia) Commissà, sono disposta a tutto!

Pasquale: (Spazientito) E mò basta, jamme a parlà fora ‘o barcone, perché all’aria fresca si

                  ragiona meglio! E non parlate nemmeno. Parlo sul’io. Va bene? Andiamo.

                  Se la prende sottobraccio e la porta via con sé a sinistra.

2. [Raffaele e Rosa]

                  Poco dopo, da destra, entra Raffaele.

Raffaele:  Bene, anche oggi ho finito le mie visite. Beh, quando il dottore è bravo! E ora ci

                  vuole il colpo di classe. Pasquale si è preso un collaboratore? E io mi trovo una

                  infermiera. Però devo trovarla presto, perché io da solo… nun ce ‘a faccio cchiù!

                  Dalla comune arriva Rosa mezza sconvolta.

Rosa:        Marò, sto’ ‘nguajata, voglio murì, voglio murì... (E si abbatte sul divanetto)

Raffaele:  (Marò, vi’ chi è trasuta! Invece di ricevere belle ragazze, io ricevo solo questi

                  casi clinici!)... E allora, Rosa, che cosa ti è successo?

Rosa:        Rafé, sto in crisi. Crisi nera. L’altro giorno è successo quel pasticcio per colpa di

                  un equivoco. E così ho perduto a “Filippo e al paniere”!

Raffaele:  Rosa, parle comme saje parlà!

Rosa:       Aggio perzo a Filippo e ‘o panaro! E io ‘o ssapeve che ferneva accussì...! E la

                 conseguenza sai qual è? Mò sto’ ‘nmiezo ‘a ‘na via. ‘O padrone ‘e casa m’ha

                 cacciata, pecché io nun pavave. ‘O guajo è che mò aggio perzo pure ‘o lavoro.

Raffaele: Pure? E come mai?

Rosa:       Me l’aveva procurato il notaio Pane. E per dispetto, me l’ha fatto perdere. Lui

                 non lo sa che io e Pasquale siamo stati marito e moglie. E quando ieri ha saputo

                 che stavo qua, si pensava che io lo volessi tradire.

Raffaele: Embé, e adesso che cosa intendi fare?

Rosa:       Rafé, io ho perso la testa per Pasquale. No, nun me guardà accussì. E’ ‘o vero.

                 Ma dopo quello che è successo l’altro giorno... ! Rafé, pe’ piacere, aiuteme.

Raffaele: (Ha un’idea) Certo! Però una mano lava l’altra. Rosa, nun è che tu sapisse fa’

                 l’infermiera? Ccà nun se ne trova una! (E a ‘stu punto, ogni purtuso è puorto!).

Rosa:       Rafé, lasseme sta’, io accomme veco ‘nu poco ‘e sango, vaco a faccia ‘nterra!

Raffaele: Come non detto! Bene, vieni con me, che ti spiego una tattica infallibile...

                 I due si alzano e imboccano la porta a destra.

3. [Vanessa Zanini, Faccioluovo e Mario Bidetti. Poi Pasquale]

                 Da sinistra torna Vanessa... lei da sola! Sembra esterrefatta per qualcosa.

Vanessa:  Cose ‘e pazze! Io e ‘o commissario steveme parlanno fora ‘o barcone, al che, isso

                 m’ha prumiso che me trova a Ciccillo. E io p’’a felicità ce aggio ditto: (Con

                 vigore) “Ah, grazie!”... embé, è svenuto ‘o commissario! Chi sa pecché?! 

                 Si siede alla scrivania di Pasquale. Torna Faccioluovo che ha arrestato Mario  

                 Bidetti, pescivendolo, che protesta (è un tipo polemico).

Mario:     Uhé, lasseme sta’, he’ capì?

Alberto:   No, perché sei in arresto. Mò vide ‘e te calmà e vatte a assettà.

Vanessa:  (Si alza e si avvicina) Signori, signori, calma...

Alberto:   (Si allontana più a destra, spaventato) (Marò, sta ancora ccà, chesta?!).

Mario:      Néh, e tu chi si’? Comme te permiette? E si io nun me calmo, tu che me faje?

Vanessa:  (Minaccioso) Vuo’ avvedé?...                

                  Alza il braccio per dargli un pugno, ma Mario sviene (per il suo alito).

                  Ma si io nun l’aggio manco tuccato! Vuje avite visto che nun l’aggio tuccato?

Alberto:   (Trema) Cu ‘e mmane no... ma a vuje nun ve servene!

Vanessa:  E vabbuò. Comunque, ‘o capo vuosto sta fora ‘o barone.

Alberto:   E che sta facenno?

Vanessa:  Sta durmenno! Che dite, lo aspetto?

Alberto:   No, turnatavenne ‘o zoo... cioè, ‘a casa vosta. L’ippopotamo ve lo troviamo noi.

Vanessa:  Ah, grazie. Mi posso avvicinare a voi per ringraziarvi?

Alberto:   (Allarmato) No, ringraziateme ‘a luntano!

Vanessa:  E vabbé, grazie ancora. E vi raccomando, eh, rivoglio Ciccillo! Arrivederci.

                 E se ne esce di casa. Frattanto Mario rinviene. Si alza e addita Faccioluovo.

Mario:     Ah, per fermarmi, ti sei dato alle armi batteriologiche!

Alberto:   Ma statu zitto e assiettete.

Mario:      Ma io nun voglio parlà cu’ te, voglio parlà cu’ uno cchiù imporante. Addò sta?

                  E torna Pasquale tutto frastornato.

Pasquale: Mamma mia... ma che d’è tutto ‘stu burdello ccà ddinto?

Alberto:   Commissà, ho acchiappato a questo tizio davanti a una pescheria. Stava con un

                  altro tizio, che però è scappato.

Pasquale: ‘O vero? E fammille vedé. (Si ridesta) Ah, ti abbiamo preso! Stai a cuccia!

Mario:      Néh, ma chi è ‘stu scemo?

Pasquale: Come osi? Io sono il commissario Mostaccioli.

Mario:      Sentite, Roccocò...!

Pasquale: Mostaccioli.

Mario:      Sì, vabbuò. Io mi chiamo Mario Bidetti.

Pasquale: E che ci fai qua, Bidet?!

Mario:      Bidetti. E che ne saccio? Chillo m’ha purtato chisto...

Pasquale: Faccioluovo.

Mario:      Eh, m’ha purtato Coccodé.

Alberto:   Mi chiamo Faccioluovo.

Pasquale: Inzomma, Bidet, pecché staje ccà?

Mario:      Roccocò, ‘o ssape Coccodé!

Pasquale: Coccodé, pecché ‘o Bidet sta ccà?

Alberto:   Pecché l’aggio purtato add’’o Roccocò!

Pasquale: (Spazientito) Ma insomma basta! Io vi sbatto a tutti e due dentro!

Alberto:   Commissà, ma io sono un poliziotto.

Pasquale: E nun me ne ‘mporta niente! (A Mario) E a te, rispondi: perché stavi fuori alla

                  pescheria con un altro tizio? Chi sei tu, un ladro?

Mario:      No, io…  

Pasquale: (Interrompe) Ecco qua, ti abbiamo preso. Faccioluò, piglia le manette e arrestalo!  

Mario:      Ma no, ch’ate capito..?

Pasquale: Silenzio, tu hai detto che sei un ladro. E chi è quello che è scappato? Il palo?

Mario:      Ma no. Chill’era ‘o marjuolo, chill’ato, no io! 

Pasquale: (Sorpreso) Uhé... come sarebbe? E allora perché stavi davanti alla pescheria?

Mario:      Chella è ‘a mia, io faccio ‘o pisciavinnele! Io ho messo pure un’insegna grande

                  grande fuori. Ci sta scritto: Mario Bidetti “fish”!

Pasquale: ‘O vero?

Mario:      Commissà, chistu ccà, Coccodé...

Alberto:   Mi chiamo Faccioluovo.

Mario:      Insomma il vostro socio... ha preso un rangio fellone!

Pasquale: Faccioluò, t’he’ pigliato ‘nu rangio fellone ‘a coppa ‘a bancarella soja?

Alberto:   Io? Ma io nun m’aggio pigliato niente, v’’o giuro!

Pasquale: Puose mommò ‘o rangio fellone! Vergognati!

Mario:      No, commissà, ch’ate capito? Lui ha preso un rangio fellone, cioè, si è sbagliato.

                  Mò v’’o spiego io: ‘nu tizio se steva arrubbanno ‘nu chilo ‘e pesce ‘a coppa ‘a

                  bancarella mia. Io l’aggio acchiappato p’’o fa’ ‘na paliata, quanno è venuto ‘o

                  cullega vuosto e aggio fernuto ‘e fa’!

Pasquale: Faccioluò, mi vergogno di te. Tu hai permesso un furto. Adesso esci e rintraccia

                  il ladro... chillo ‘o vero, però! E a voi, signor Bidetti, vi porgo umili scuse.

Mario:      Ma nun ce penzate cchiù. Io non sono proprio il tipo che se la prende. Sì, parlo

                  un poco “pescivendolesco”, ma per il sono un tipo affamabile! Stateve buono!

                  E va via. Pasquale comincia guardare storto Faccioluovo, mortificato

Pasquale: Va’, Faccioluò, accumpagna a chisto. E vide ‘e apparà ‘sta figura ‘e niente!

Alberto:   (Preplesso) Agli ordini.             

                  E va via anche lui.

Pasquale: Ah, stongo ancora stunato. Pe’ mezzo ‘e chillo ‘e primma: ‘o fetaciato. E m’ha

                  lassato pure ‘a scia pe’ dint’’a casa! Famm’ittà ‘nu poco ‘e deodorante, va’!

                 Va via a sinistra ancora un po’ frastornato.

4. [Raffaele e Rosa. Poi Miriam e Rocco. Poi Pasquale]

                  Da destra tornano Raffaele e Rosa.

Rosa:        Allora, Rafé, vide si aggio capito buono chello ch’aggia fa’: mi devo far trovare

                  nel suo letto con la stessa vestaglia della nostra prima notte. E’ così?

Raffaele:  Perfetto.

Rosa:        Ma chella mò nun me va manco cchiù. Doppo tant’anne!

Raffaele:  E t’’a miette stretta e bona! Accussì te fa paré ‘e “bbocce” cchiù grosse!

Rosa:        Si ‘o ddice tu. E quando devo cominciare?

Raffaele:  Ma che d’è, ‘nu lavoro? Devi farlo subito, anche adesso. Io ti faccio trovare la

                  porta della  stanza da letto socchiusa. Così tu entri e ti introduci nel suo letto.

Rosa:        E sotto la vestaglia che ci metto? Un bel pigiamino coi fiori?

Raffaele:  (Ironico) No, miettete chillo cu’ ll’orsacchiotto! Sotto, devi restare nuda. Vabbé?

Rosa:        Hai ragione tu. Ora vado a prepararmi. Speriamo solo che non finisce male.

Raffaele:  Rosa, chesta è ‘a ll’urdima possibilità che tiene! Picciò, nun te puo’ sbaglià.

Rosa:        No, no, non fallirò. Sarò così sexy, che t’hanna ascì ll’uocchie ‘a fora pure a te!

                  Ed esce di casa.

Raffaele:  Mi sa che da qua sopra non se ne va più Pascale… me ne vaco io! Vabbé, adesso 

                  è ora di dedicarmi alla mia infermiera. (Chiama) Rocco, puoi entrare!

                  Da destra entra Rocco vestito da infermiera: con camice bianco, cuffietta con  

                  croce rossa, parrucca bionda, un po’ di trucco e seni finti. E’ timoroso.

                  Non ci sta nessuno?

Raffaele:  No, mio fratello e sua figlia non ci stanno. Allora, posso sapere che è successo,

                  ieri? Io ti ho salvato la vita da mio fratello. Perché?

Rocco:      Perché ho fatto credere a Miriam e a suo padre di farle fare strada come modella.

Raffaele:  (A Rocco) Ma in realtà era tutta una scusa per portarla a letto? E’ così?

Rocco:      Sì, cioè no. Però vostra nipote m’ha fatto credere che vuleva fa’ coccosa cu’ me!

Raffaele:  Va bene, è stata una bravata che hai fatto. Lo prometti che non lo farai mai più?

Rocco:      A chi? Io accomme veco a ‘na femmena, tengo ‘a molla che me scatta!

Raffaele:  Ah, sì? E allora ti faccio parlare col padre di Miram?

Rocco:      No, no, va bene! Appendo i miei attributi al chiodo! (Pe’ mò!). (Si inginocchia)

                  Signor Raffaele, chiedetemi tutto ciò che volete. Anzi, quasi tutto! Io esaudirò!

Raffaele:  Lo stai già facendo: mi serviva un’infermiera donna. E ne ho trovata una… così!

                  Va bene, aspettami un secondo qua. Appena ti chiamo, vieni dentro. 

Rocco:      D’accordo.

                  Raffaele esce a destra. Rocco si osserva in quell’abbigliamento.

                  Però songo bellillo vestuto ‘a femmena!

                  Da sinistra entra Miriam in accappatoio e ciabatte.

Miriam:    Finalmente mi faccio una bella doccia! (Lo nota) E tu chi sei?

Rocco:      (La osserva e si eccita) Mamma ‘e ll’Arco, e comme staje bella! No, cioè…

                  (Voce femminile) Io sono la nuova assistente del dottor Raffaele Mostaccioli.

Miriam:    Però hai un viso conosciuto. Beh, in bocca al lupo! Anzi, ora approfitto che sei

                   qui: dopo la doccia, mi osservi il fondo schiena? Ho un dolorino fastidioso. 

Rocco:       Mamma mia, io me facesse ‘a doccia ‘nzieme a te! Cioè… va benissimo, cara!

Miriam:    Bene, allora ci vediamo dopo. Con permesso.

                  Esce via a sinistra e lui la segue per un po’, ma si ritrova Pasquale che esce da                   

                  sinistra con uno spray deodorante in mano.

Pasquale: Beh?

Rocco:      No, niente. Salve,io sono la nuova infermiera del dottor Raffaele Mostaccioli.

Pasquale: ‘A faccia d’’o baccalà, e quanto si’ brutta! Mò nun me fa’ perdere ‘o tiempo.

                  (Srpuzza un po’ di deodorante in stanza) Aggia disinfettà ccà ddinto. Pochi

                  minuti fa, ‘na fetaciato ha inquinato ll’aria! (Poi la osserva bene) Ma tu… tu…

Rocco:      No, non mi conoscete. Perciò, non mi potete uccidere!

Pasquale: Ma tu tieni un fratello ch’è ‘n’ommo ‘e niente?

Rocco:      Non ho fratelli a parte me stesso!

Pasquale: (Sente il profumo di Rocco) Che bruttu profumo che tiene! (Gli spruzza addosso)

                  E se vedi a mio fratello, digli che tiene brutti gusti in fatto di infermiere!

                  Esce via a sinistra. Rocco si rilassa.

Rocco:      Mamma bella, nun m’hanne risconosciuto.

                  Da destra torna Raffaele.

Raffaele:  Uhé, si’ pronto?

Rocco:      (Istintivo) Salve,io sono la nuova infermiera del dottor Raffaele Mostaccioli.

Raffaele:  Cretino, ‘o ssaccio! Ce mancava sulo l’infermiera scema!

                  E Raffaele prende Rocco e lo spinge via a destra. Poi sistema la scrivania.

5. [Raffaele e il notaio Carmine Pane. Poi Vanessa Zanini e Rocco]

                  Raffaele riordina la scrivania, mentre intanto entra Carmine Pane dal centro.

Carmine: E’ permesso?

Raffaele:  Uhé, carissimo notaio Pane.

Carmine: (Sembra sorpreso di vedere Raffaele) Ah, dottore amabile. E voi che ci fate qua?

Raffaele:  Comm’è, che ce faccio? Io, ccà, ce stongo ‘e casa!

Carmine: Sì, certo, certo. Scusatemi per la domanda inutile.

Raffaele:  Ci mancherebbe. Ma accomodatevi.

                  Si siedono alla scrivania di Raffaele. Carmine è perplesso, Raffaele incuriosito.

                  E a che devo la vostra visita?

Carmine: Beh, se ricordate, io ho notificato il testamento di vostro padre. E lì è finito il mio

                  compito di notaio. Ma adesso, come suo migliore amico, so quanto lui ci teneva

                  a avere due figli integerrimi. E così devo controllare che voi e vostro fratello

                  siate come voleva lui. Ma per la verità, caro dottor, non mi sembrate così pulito. 

Raffaele:  Scusate, ma perché, che faccio di male?

Carmine: Vedete, io ho parlato con don Pasquale, vostro fratello. E se mi promettete che

                  non gli dite niente, io vi rivelo cosa mi ha detto.

Raffaele:  Ma vi pare? Noi siamo due uomini adulti. (Incuriosito) Coraggio, parlate!

Carmine: Ha detto che voi siete un tipo poco trasparente.

Raffaele:  Poco trasparente?

Carmine: Sì, ha detto che in voi non si vede come siete fatto dentro.

Raffaele:  Come sono fatto dentro? E che va truvanno, ‘na radiografia mia?

Carmine: E poi mi ha fatto capire che l’erba del vicino è sempre più verde.

Raffaele:  ‘O vicino ‘e casa? Tene ll’erba cchiù verde d’’a nosta? E se capisce, chillu

                  cretino‘e frateme ce presta sempe ‘o fertilizzante nuosto! Chillo è ‘na putenza!

Carmine:  Ma no. Praticamente, lui non è troppo contento di dover dividere la casa con voi.

Raffaele:  Ah, pecché io po’ fosse cuntento?! Chillo tene duje bagne e io unu sulo!

Carmine: E non è tutto: ha detto che siete un ostacolo per lui.

Raffaele:  He’ capito a chillu disgraziato che penza ‘e me? E ‘o vva pure dicenno in giro!

Carmine: E allora adesso che cosa intendete fare?

Raffaele:  E ch’aggia fà? Signor notaio, chillo è mio fratello.

Carmine: Oh, ma ciò non toglie che vi potete prendere una soddisfazione: una vendetta.

Raffaele:  Una vendetta?

Carmine: Certo: “Occhio per occhio...?!”.

Raffaele:  Comme?

Carmine: “Occhio per occhio...?!”.

Raffaele:  Sentite, a me m’avota ‘a capa e vuje ve mettite a ffa’ ‘e mmoltiplicazione?!

Carmine: Ma no, io dicevo: “Occhio per occhio... dente per dente”!

Raffaele:  Chi ‘e pperde?

Carmine: Che cosa?

Raffaele:  ‘E diente.

Carmine: Ma nisciuno. Io mi riferivo al proverbio: “Occhio per occhio… dente per dente”.

Raffaele:  Ah, e dicitele buono. Vuje ‘o ddicite a ‘nu poco ‘a vota!

Carmine: Insomma, in pratica, noi dobbiamo incastrare vostro fratello.

Raffaele:  No, no, pe’ carità! Volete rendere “eunuco” mio fratello?!

Carmine: Io ho detto incastrare, no castrare!

Raffaele:  Ah, incastrare? E in che modo?

Carmine: Qua non ve lo posso spiegare.

Raffaele:  Allora andiamo nel mio studio, di là. Anzi, avviatevi voi, io vi raggiungo subito.

Carmine: Va bene. Venite presto, però. Perché ho un piano che è una favola.

                  Si alza e va via a destra. Si alza pure Raffaele che va alcentro della stanza.              

Raffaele:  E bravo a Pasquale. Bel fratello! Meno male che mi ha avvisato il notaio Pane              

                  che è una brava persona. Che peccato che nun è isso frateme! Ora vado da lui.

                  E invece entra Vanessa Zanini. Ha uno sguardo perplesso.

Vanessa:   E’ permesso?

Raffaele:  (E io ‘o ssapeve. Ma propio mò ha da venì chesta?). Ehm... sì, entrate. Ho capito,         

                  non dite niente: ora vi prescrivo due supposte per voi e per la vostra famiglia!  

Vanessa:   No, quali supposte? Nun cercate ‘e m’arrunzà, una cosa!

Raffaele:  (Si accorge del suo alito) (Uh, mamma mia! E’ arrivato ‘o frato d’’o Metano!).

                  Ehm... dite, dite. (E si tiene una mano poco distante dal naso per proteggersi)              

Vanessa:   Dunque: io sono uno dei guardiani dello zoo di Napoli.

Raffaele:  ‘O zoo? Ma io sono un medico, non un veterinario. Perciò, arrivederci!

Vanessa:   No, che arrivederci? Io sto qua per me. Permettete, Vanessa Zanini.

Raffaele:   Piacere, dottor Raffaele Mostaccioli.

Vanessa:   Ah, e bravo! (Il suo alito pesantissimo investe il povero Raffaele)  

Raffaele:   (Mamma bella, chisto tene ‘nu tubbo ‘e scappamento ‘o posto d’’a vocca!).

Vanessa:   E ora ascoltatemi. Dunque, a causa del furto di un ippopotamo che ho subito, mi

                   è venuta la depressione! (Con vigore verso lui) Duttò, io nun pozzo sta’ accussì!

Raffaele:   (Non resiste al suo alito e lo stoppa) Vabbuò, basta accussì, nun parlate cchiù!

Vanessa:   Duttò, e si io nun parlo cchiù, comme v’’o spiego ‘o fatto?

Raffaele:   Nun è che m’’o pputisseve scrivere ‘ncoppa a ‘nu piezzo ‘e carta?

Vanessa:   Néh, ma vuje me vulisseve sfottere?

Raffaele:   (Rassegnato) E vabbé, spiegatemi il fatto, però parlate piano piano.

Vanessa:   E va bene. Dunque, duttò, a me me gira spisso ‘a capa! (Sbuffa verso di lui) Uff!

Raffaele:   (Investito da quel nuovo colpo d’alito, si allontana un po’ più a destra) Basta!

Vanessa:   Duttò, addò jate? Voi mi dovete guardare la lingua!

Raffaele:   (Rassegnato) Uh, Marò, ancora?! E facitammella guardà!

                  Raffaele si avvicina, Vanessa gli spalanca la bocca davanti e lui scappa ancora.

                  Basta così! Ho già sentito troppo. Allora, per prima cosa, vi prescrivo dieci

                  lavate di denti al giorno!

Vanessa:   E a che servono?

Raffaele:  Per i giramenti di testa… però, quelli degli altri! E ora misuriamo la pressione.

                  Però questa ve la faccio misurare dalla mia infermiera. (Chiama) Ermenegilda!

Rocco:      Dottore, dicéte!

Raffaele:   Senti, Ermenegilda, pensa tu a misurare la pressione al signore.

Rocco:      (Si spaventa) Chi, io?

Raffaele:   E si capisce. (Bisbiglia) (T’he’ scurdato ‘o fatto ‘e Miriam?!).

Rocco:      Ma certo, io sono tanto contenta... di misurare la pressione alla signora!

Vanessa:   E io m’’essa fa’ misurà ‘a pressione ‘a chesta?

Raffaele:   Ma quella é bravissima.

Vanessa:   E vabbuò, m’’a mmesura ‘a signurina.

Raffaele:   Ermenegilda, il necessario per misurare la pressione sta nella mia scrivania. E ti

                   raccomando, resisti! Con permesso.

                   E va via celermente a destra. Rocco è imbarazzatissimo.

Rocco:       (Ah, e mò comm’’a metto nomme?!).

Vanessa:   Signurì, ‘a mmesuramme ‘sta pressione, o no?

Rocco:       Ehm... calma, calma. Prima di tutto, voglio vedere la lingua. Aprite la bocca.

                   Vanessa gli spalanca la bocca davanti e Rocco si pente della richiesta fatta!

                   Lassamme sta’, chiudite ‘n’ata vota! E ora accomodatevi sul divanetto.

Vanessa:   Mò ce vaco, signurì, però... v’aggia dicere primma ‘na cosa.

                  Prende sottobraccio Rocco (che fa una pessima faccia) e gli raccomanda...

                  V’arraccummanno, io me metto ‘int’’e mmane voste. Faciteme sta’ bona!

                  Rocco non ne può più e si sgancia da Vanessa.

Rocco:      Va bene, ci penso io. Però jateve a assettà. Cercamme ‘e sta’ luntane, io e vuje!  

Vanessa:   E vabbé, fate voi.

                  E va a sedersi sul divanetto, mentre Rocco emette qualche lunga respirazione.

Rocco:      (San Ciro mio, e che ne faje ‘a Solfatara ‘e Pozzuoli?! M’aggia levà a chesta ‘a

                  tuorno!). Bene, adesso, adesso misuriamo la pressione! Un attimo, che prendo

                  tutto il necessario. (Va alla scrivania) Voi, intanto, restate dove siete, in silenzio!

                  Ma dal cassetto estrae... un compressore per gonfiare le gomme della bicicletta!

                  (Lo mostra) Ecco qua!

Vanessa:   (Balza in piedi spaventato) E che d’è ‘stu coso?               

Rocco:      (Va da lui) La macchinetta per misurare la pressione!

Vanessa:   Ma chillo è ‘nu compressore pé gunfià ‘e rrote d’’a bicicletta!

Rocco:      E che fa, chella è ‘a stessa cosa!

Vanessa:   E che songhe ‘na bicicletta, io?

Rocco:      Sentite, nun facite ‘o difficile, mò!

Vanessa:   No, no, mò vaco add’’a polizia.

Rocco:      Ma quala polizia? Stateve qujeto!

                  Gli prende il braccio e lui si scosta.

Vanessa:   E lieveme ‘e mmane ‘a cuollo! Io ccà nun ce vengo maje cchiù. He’ capito?

                  Gli alita in faccia e se ne va offeso. Rocco riprende fiato.

Rocco:      Marò, aria, aria!... Basta, me n’aggia fujì, primma che torna don Rafele... (Posa il

                  compressore sulla scrivania e poi si guarda allo specchio) E comme me n’aesco

                  accussì cumbinato? M’aggia levà subito ‘sta robba ‘a cuollo. In camera da letto!

                  E va via a sinistra.

7. [Rosa, Bruno, poi Miriam. Infine Pasquale, Raffaele e Rocco]

                 Dalla comune (al centro) entra Rosa con occhiali da sole e cappotto.

Rosa:       Bene, nun ce sta nisciuno. E’ iniziata l’operazione “Recupero Pasquale”! M’aggio

                 purtato ‘a vestaglia e ‘e ppantofole cu’ ‘o piumino! Sta tutto cose dint’a ‘sta

                 busta. Mò me vaco a priparà ‘int’’o bagno ‘e Rafele. Famme movere, va’...

                 Esce a destra. Poco dopo entra Bruno Percolo con gambe divaricate e sofferente.

Bruno:     Troppe supposte, troppe supposte! ‘O popò mio fa pietà! Io non mi posso sedere

                  più. Cinche supposte ‘a vota, so’ troppe! E allora il dottore mi deve fre lo sconto!

                 Va a destra sofferente. Da sinistra, torna Pasquale. Sembra schifato.

Pasquale: Chilli pisce che ha pigliato Faccioluovo facevene schifo! Chella frittura m’ha

                  sulo ‘ntuppato ‘o stommeche! Famme piglià ‘nu poco d’aria, va’!  

                  Esce di casa. Torna Rosa che ha tolto il cappotto. Indossa vestaglia e pantofole.

Rosa:        Ecco qua, sono pronta per la serata di follìe con Pasquale. Ora vado a mettermi

                  sul letto e aspetto che lui entra. Solo che sono indecisa sui movimenti da fare: la

                  coscia la devo mettere così o così? (Prova delle pose) E devo esporre la destra, o

                  la sinistra?! Vabbuò, che me ne ‘mporta? Tanto, chillo nun è che ne capisce!  

                  Esce a sinistra con camminata sexy ridicola. Da destra riecco Raffaele e Bruno.

Bruno:      (Piagnucola) Duttò, nun m’abbandunate accussì. ‘E supposte me fanne male!

Raffaele:  Basta! Si nun ve ne jate, vaco a chiammà a mio fratello ‘o commissario.

Bruno:      No, aspettate! Me ne vaco, me ne vaco. Ve puozz’ì ‘na supposta pe’ traverso!

                  Esce via di casa. Da sinistra entra Miriam, ancora in accappatoio.

Miriam:    Zio, mi stavo per fare la doccia, ma è mancata l’acqua.

Bruno:      E ch’è colpa mia? Tu staje ‘e casa lloco e io stongo ‘e casa ‘a chell’ata parte!

Miriam:    E che ce azzecca? Nun è sempe ‘a stessa casa?

Bruno:      Ah, già. Allora vediamo la chiave terrestre fuori al balcone della camera da letto.

                  I due escono a sinistra. Dal centro torna Pasquale.

Pasquale: Niente, tengo ancora ‘o malo è stommeche. Mò me metto ‘ncoppa ‘o lietto. E sì.

                  Esce a sinistra. Poco dopo, esce spaventata Rosa.

Rosa:        (Correndo) Aiuto, Pascale me vo’ accidere!

                  Esce di casa. Poi ecco Rocco (vestito da donna), Raffaele e Miriam, spaventati.

Rocco:      Chiovene mazzateee...!

Miriam:   Disgraziato...

Raffaele:  Vieni ccà...

                  E escono di casa. E tutti sono inseguiti da Pasquale (con una pistola in mano).

Pasquale: E mò basta! M’’ite dutto ‘e scatole! V’aggia sparà a tutte quante! Geronimooo!

                  Ed esce via sparando in aria.

FINE ATTO SECONDO

Salone di casa Mostaccioli: tre giorni dopo. Ci sono due nuovi elemento nella stanza: un divanetto dalla parte di Raffaele ed il telefono sulla scrivania di Pasquale.

ATTO TERZO

1. [Faccioluovo e Pasquale]

                  Faccioluovo è seduto sul divanetto. Sbuffa. Poi guarda l’orologio.

Alberto:   E’ ora: mò accummencia ‘a partita d’’o Napule. Ma pecché se fatica pure ‘a             

                  dummeneca? E allora, aggia fa’ fesso ‘o commissario!  (Dalla tasca destra della

                  giacca estrae un auricolare, lo mette all’orecchio, poi estrae la radiolina) Ecco

                  qua la mia radiolina! (La accende e la nasconde) Zitto, zitto, è accuminciata!

                  Posa la radio e resta in silenzio. Da sinistra entra Pasquale un po’ contrariato...

                  (Faccioluovo, troppo concentrato, non si accorgerà proprio di Pasquale).

Pasquale: Ma che m’ha pigliato pe’ scemo, Rafele? Io aggio capito: chillo se vo’ piglià

                  tutta ‘a casa. Ma si ‘o veco, saje che c’aggia dicere?

Alberto:   (Nell’ardore della partita) Cornuto!                  

Pasquale: (Si volta, lo nota) Bravo, Faccioluò, gli dirò proprio così! E intanto, ultimamente,  

                  pure mia figlia Miriam, me sta facenno schiattà. Sta frequentando quel mondo

                  perduto della moda e sta facendo pure strada. Chi sa come ha fatto?

Alberto:   (Preso dalla partita) ‘O tunnel... ha araputo ‘e ccosce!

Pasquale: Faccioluò, stattu zitto! Nun me ce fa’ penzà. Chella m’ha purtato ‘int’’a casa a  

                  chillu Rocco. Me pare ‘nu rattuso! Ma si ‘o veco, a chillo, ‘o ssaje che ce dico?

Alberto:   (Preso dalla partita) Ma faje proprio schifo!

Pasquale: Ecco, gli dirò proprio così. Ma che tizio assurdo. Aiére s’è vestuto pure ‘a

                  femmena. Ma nun è che ffa ‘o travestito?

Alberto:   (Preso dalla partita) Puh...! E penzà che ‘na vota ce jeva tutte ‘e dummeneche!

Pasquale: Tu ive tutte ‘e dummeneche cu’ isso?  

Alberto:   Io ce aggio purtato ‘e meglie denare a ‘sta schifezza!... M’aggio fatto pure

                 abbunamento in tribuna!

Pasquale: (Sorpreso) Pure abbunamento in tribuna, t’he’ fatto? Faccioluò, ma che staje

                  dicenno? Sono scandalizzato! Quello poi è pure il figlio di due politici

                  importanti. E che gli vuoi dire, a quelli?

Alberto:   (Preso dalla prtita, canta:) “Andate a lavorare... a lavorare!”...

Pasquale: Bravo, bravissimo!... Ma a me chella che me fa ì cchiù ‘nfreva è l’ex mia moglie

                  Rosa. Doppo cinch’anne, vo’ turnà cu’ me. Ma ch’aggia fa’ cu’ essa?

Alberto:   (Preso dalla partita) Aiza ‘stu coso e dancillo!  

Pasquale: Faccioluò, ma tu fusse scemo? Ma chi ‘a vo’ cchiù, a chella? E quel ruffiano di

                  mio fratello, la sta pure aiutando. Ma tu che gli diresti, a quello? 

Alberto:   (Preso dalla partita) Punizione, punizione!

Pasquale: Bravo, ‘o mettesse proprio in punizione! Vedo che sei un ragazzo attento e

                  intelligente! E goditi questa domenica, come vedi oggi è tranquilla! Menu male!

                  E all’improvviso squilla il telefono.

                  Aggio pazziato! (Va a rispondere) Pronto... Sì?... C’è una rapina?... Pronto...

                  pronto... Hanne attaccato. Ah, e mò comme faccio a sapé addò sta ‘a rapina?  

Alberto:   (Preso dalla partita) Vulite sapé addò ata ì?!        

Pasquale: Ah, ma pecché, tu ‘o ssaje? E bravo a chillu Faccioluovo. Dimmello.

Alberto:   (Preso dalla partita) Jate ‘o mercato d’’o pesce a Via Marina!

Pasquale: ‘O mercato d’’o pesce? E muòvete, jammece tutt’e dduje.

Alberto:   (Preso dalla partita) No, uno solo, uno solo là in mezzo...

Pasquale: Hai ragione. Tu aspetta qua, che dopo ti chiamo io.

Alberto:   (Preso dalla partita) Rovescia, rovescia!

Pasquale: E mò nun tengo genio ‘e rovescià!

Alberto:   (Preso dalla partita) Fatti sotto, fatti sotto!

Pasquale: M’aggia fa’ sotto? Subito! (Piega le gambe come se fosse sul gabinetto)

Alberto:   (Preso dalla partita) Nooo, sulla destra, sulla destra...

Pasquale: Me n’aggia ì sotto sotto ‘o muro?! Allora io vaco. Cià, cià...!

                  Se ne va radente radente il muro... e così esce di casa. Una volta uscito...  

Alberto:   Palo! (Dà un pugno sulla parte della giacca dove ha la radiolina) Mannaggia a

                  me, aggio scassato ‘a radio! N’aggia ì a piglià subito ‘n’ata. (Si alza) Pistaaa!

                  E fugge via a sinistra.

2. [Miriam e Rocco. Infine Faccioluovo]

                 Dalla comune (al centro) entra Rocco, in giacca su una maglia col nome dello   

                 stilista “Dolce Abbanana” (che sfoggia allargandosi la giacca).

Rocco:     ‘O pato ‘e Miriam se n’è asciuto! Via libera! Poco fa ho chiamato il mio amico,

                 lo stilista napoletano Dolce Abbanana! Ieri gli ho presentato Miriam e lui ne è

                 rimasto colpito. Così ci ha invitati nella sua villa per una festa a base di sesso,

                 droga, modelle e prostitute! (Guarda che ora è) A proposito, ma è pronta chesta? 

                 Gironzola nervosamente. Da sinistra entra Miriam: in abito da sera mozzafiato,

                 ben truccata e con tachi a spillo. Nota Rocco e richiama la sua attenzione.

Miriam:   Eccomi qua. Ti piaccio? (Fa una piroetta per mostrarsi)

Rocco:     (Non capisce più niente) Oh, mamma! (Si dà due schiaffi, poi ha un mancamento)

Miriam:   (Avvicinandoglisi) Rocco, ti senti male?

Rocco:     (Rinviene) Mamma d’’o Carmene! Addò stongo? (Si rialza) Ma tu sei Miriam?              

Miriam:   Certo che sono io. Non mi hai fatto ancora nessun complimento sul mio vestito.

Rocco:      E io nun t’’o pozzo fa’, o si no tu me faje ‘na paliata!

Miriam:   A proposito, che cosa ti ha detto il tuo amico stilista di me, quando mi ha vista?

Rocco:      Ha avuto la mia stessa reazione.

Miriam:   E’ rimasto contento?

Rocco:      No, è svenuto!

Miriam:   Comunque, sono contenta che ci ha invitati nella sua villa. Ma che tipo di festa è?

Rocco:      Beh... è una festa a base di stupefacenti...! (Poi si tappa la bocca)

Miriam:   Stupefacenti? Droga?

Rocco:      No, volevo dire: pieno di cose stupefacenti!

Miriam:   Uh, che bello! E poi?

Rocco:      E poi un sacco di prostitu... cioè, un sacco di pasticcini mignott!

Miriam:   Si chiamano “mignon”!... E poi che ci sta più?

Rocco:      E poi... e poi ci sono tante sorprese, ma non voglio anticipartele.

Miriam:   E secondo te il mio look è adatto per questa festa?

Rocco:      Comme, no? (Incomincia a sudare) Nun vide che sto’ sudanno friddo?

Miriam:   Che c’è, qualcosa non va?

Rocco:     No, no, anzi... (Poi diventa serio) Senti, Miriam, debbo dirti una cosa. Io ho perso

                 la testa dalla prima volta che ti ho vista...! (Ci pensa) No, dalla seconda volta...!

                 (Ci pensa) Anzi, no, dalla terza! Ormai, non penso ad altro che a te. Ti faccio un

                 esempio: se mi mangio il melone, mi vengono in mente le tue... (Guarda il seno,

                 poi alza lo sguardo) ...le tue labbra! Insomma, sei la mia fissazione. Che ne dici?  

Miriam:  Beato te che sei sempre così spiritoso. Tu tiene proprio ‘a capa fresca!

Rocco:     ‘A capa fresca? E che ne saje tu? Da quando sono nato, ho visto solo una rigida

                 educazione, e soldi, soldi... tanti, troppi soldi.

Miriam:  Biato a te!

Rocco:     E che sono i soldi, Miriam? La mia vita è monotona: lavoro, viaggi, avventure... e

                 poi femmine con la pala!

Miriam:  Embé, e ti lamenti? Tu hai un sacco di donne che ti vogliono.

Rocco:     No, nun he’ capito. Io dicevo: femmine con la pala in mano che me vonno

                 vattere! Invece io cerco una persona sola da pensare. Come te, Miriam.

Miriam:  Rocco, riparliamone più in avanti. Ora ho solo voglia di andare alla festa.

Rocco:     (Si rassegna) E vabbé.

Miriam:  A proposito, voglio ringraziarti, perché grazie a te, il mio sogno si sta avverando.

Rocco:     Miriam, non mi devi ringraziare. Io sono solo il tuo agente. Hai capito? E ora

                 andiamo. La festa ci aspetta. E pure le mignott… cioè, i pasticcini mignott!

Miriam:  Wow, speriamo di divertirci tanto. Non vedo l’oraaa!

                 Prende per mano Rocco e corrono via di casa. Da sinistra, torna Faccioluovo.

Alberto:  (Felice, grida saltando e gioiendo come un pazzo) Goool...! E vaiii...!

                 Squilla il telefono e lui si placa.

                 E chi è mò? (Va a rispondere) Polizia! Sì? Una rapina a Piazza Garibaldi?... Uhé,

                 e ch’alluccate a ffa’? Vuje ate chiamato ccà mez’ora fa, ma nun è venuto ancora

                 nisciuno? Ma nun dicite palle! E dite ai rapinatori che aspettano, mò arrivo io!

                 Posa il telefono e esce celermente di casa.

3. [Raffaele, Rosa e Bruno Perculo]

 

                 Da destra, entra Raffaele.

Raffaele: Insomma, non tengo più la mia infermiera. Quell’infame di Rocco se n’è andato

                 senza pagare il suo debito. Embé, ‘a prossima vota, l’aggia fa’ sbranà ‘a Pascale!

                 E torna via a destra. Dalla comune entra Rosa. Pare disperata.

Rosa:       Ecco, ‘o ssapevo. Pure Rafele m’ha abbandunato. E mò comme faccio? Comme?

                 Si siede sul divanetto imbronciata. Dalla comune entra Bruno Perculo che

                 cammina con le gambe divaricate perché è dolorante al sedere.

Bruno:     Quatte supposte so’ troppe! Me ce ne vonno tre. Mò ce ‘o ddico ‘o duttore.   

                 (Nota Rosa) Ah, oggie ce sta ggente. (Grida) Chi è l’ultimo?

                 Rosa lo guarda, poi si volta dall’altra parte e non risponde.

                 E vabbé, sarrà ‘sta signora. (Si avvicina al divanetto) Scusate, posso sedermi?

                 Rosa si sposta un po’ più a destra e lui si siede accanto a lei.

                 Grazie. (Qualche secondo dopo) Scusate, state aspettando da parecchio?

Rosa:       Sì, da tre giorni!

Bruno:     Azz, tene tutte ‘sti ggente ‘o duttore?! E l’ultimo che è entrato sta da parecchio?

Rosa:       (Arrogante) Non lo so, a me degli altri non me ne frega niente!

Bruno:     Speriamo solo che non ci sta il rappresentante... o si no nun ce ne jamme cchiù!  

Rosa:       Per carità. Io devo incontrare subito il dottore. Ormai sto ai limiti    

                 dell’esaurimento nervoso, perciò se non mi riceve... (Grida) Io lo ammazzo!  

Bruno:     (Marò, chesta ha da sta’ proprio ‘nguajata!)... E meno male che me l’avete detto.

                 Pensate, stavo pensando di chiedervi se potevo entrare prima di voi!

Rosa:       E ci mancava pure!  

Bruno:     E scusate, non per sapere i fatti vostri. Ma come mai dovete incontrare il dottore?

Rosa:       Problemi di cuore. Lui mi ha promesso di risolverli, ma poi mi ha abbandonata.

Bruno:     Mi meraviglio. Lui è bravissimo. Quello basta che vi guarda soltanto e vi trova la

                 migliore soluzione. Anche se poi sceglie sempre la stessa! (‘E ssupposte!).

Rosa:       E pure voi avete problemi di cuore?

Bruno:     No, io ho problemi di dietro! Lui mi ha fatto un sedere così! (Mima con le mani)

Rosa:       (Stupita) Che? Il dottore vi ha fatto un sedere così? Ma veramente fa queste cose?

Bruno:     E certo. Allora devo dirgli che non deve più abusare, perché a tutto c’è un limite.

Rosa:       (Ma è proprio ‘nu rattuso, Rafele! E chi s’’o ‘spettava?! Pe’ curà a ‘stu puveriello,

                 vedite che turmiente che le dà!). Embé, e dopo tutto questo, voi ci venite ancora?

Bruno:     E ch’aggia fa’? Ormai me songo abituato!

Rosa:       No, ma mò che viene, glielo dico io. Non vi preoccupate. Fate fare a me!

                 E intanto, da destra, trona Raffaele che nota i due e chiama ad alta voce:

Raffaele: Avanti un altro! (E si mette ad aspettare sulla soglia della porta)

Rosa:       Ah, sì, tu staje ccà?  

                 Si alza, arrabbiata, e va vicino a Raffaele che la guarda sorpreso.

                 Mò aggio capito pecché nun me vuo’ aiutà cchiù: tu non fai niente per niente.

                 Pervertito, ‘a prossima vota t’aggia fa’ ‘na faccia tanta! Porco!

                 Gli dà uno schiaffo e se ne va via di casa. Raffaele la guarda stranito.

Raffaele: ‘E chi schifo ‘e jurnata! (Poi chiama) Avanti un altro!

Bruno:     (Si guarda intorno) Scusate, ma ccà ce stongo sul’io!

Raffaele: Ah, don Bruno. Venite, accomodatevi alla mia scrivania.

                 Raffaele si siede alla scrivania. Bruno si alza e, dolorante, va a sedersi pure lui.

                 Allora, caro don Bruno, come state? Lo perdete ancora il sangue dal naso?

Bruno:     Sì, anche se ho fatto come avete detto voi: sono andato all’ospedale. Ho chiesto

                 un poco di sangue da bere. Embé, chille se so’ mise a rirere. Chi sa pecché, duttò? 

Raffaele: Ma pecché, vuje overamente ce site juto?

Bruno:     E certamente! 

Raffaele: (Uh, Giesù, ma chisto è scemo ‘o vero!). Ma vuje ate pigliato ‘o sango p’’o vino?

Bruno:     E vabbé, lasciate stare. Adesso sto qua per farvi vedere gli occhi.

Raffaele: Sentite, non è cosa mia. Io sono un medico generico. A voi vi serve un oculista.

Bruno:     Ma io so’ venuto pe’ ll’uocchie, no pe’ lloco bbascio! (Si indica il sedere)

Raffaele: (Ma chi me l’ha mannato, a chisto?). Vabbé, forza, dite a me. Qual è il problema?

Bruno:     Duttò, io tengo ll’uocchie sfaticate!

Raffaele: Volete dire gli occhi pigri. Basta mettere del collirio per tenerli svegli.

Bruno:     No, io ce aggio miso ‘n’ata cosa cchiù efficiente p’’e ttené scetate: ‘o ccafé!

Raffaele: ‘O ccafé? V’ate miso ‘o ccafé ‘int’all’uocchie?

Bruno:     Sì, fresco! E vedite ccà: aggio fatto infezione ‘ncoppa ‘a pellecchia ‘e ll’uocchie!

Raffaele: ‘A pellecchia ‘e ll’uocchie? Volete dire le palpebre. Ma sarà un banale orzaiolo.

Bruno:     Ah, ecco, tengo l’orzobimbo ‘into all’uocchio! Duttò, e p’’o diabete ch’aggia fa’!

Raffaele: Pure? Sentite, ve lo dico tutti i giorni e ve lo dico anche oggi: andate a comprarvi

                 del buon pesce, che fa tanto bene... anche se costa così tanto che si deve rubare!

Bruno:     Duttò, io ‘o ppiglio ‘o mercato d’’o pesce. Ogni giorno, come dite voi. E ce

                  vuless’ì pure mò, ma nun pozzo cammenà pecché me fanne male ‘e ssupposte!

Raffaele: Quanne ve ne state mettenno?

Bruno:     Quatte! Una p’’a cervicale, una p’’a diarrea, una p’’a nausea e una pe’ ll’ernia!

Raffaele: No, basta supposte. Ora vi prescrivo delle pillole. (Scrive una ricetta)

Bruno:     Delle pillole? Ah, finalmente mi date qualcosa che si prende per bocca!

Raffaele: Ma qua’ per bocca? Ve l’ata mettere ‘o posto d’’e supposte!

Bruno:     (Sorpreso) Overamente?

Raffaele: E certo. (Stacca la ricetta dal blocchetto) Ecco a voi.

                 Gliela consegna. Bruno la guarda in controluce, come si fa con le banconote.

                 (Eh, sta vedenno si è fàveza!...). (Si alza in piedi) Allora, don Bruno, ci si rivede?

Bruno:     (Si alza in piedi) Sicuramente. Duttò, ma chi m’accide a me?! Stateve buono!

                 E va via (camminando a gambe divaricate).

Raffaele: (Scuotendo il capo) ‘E ‘cchiappo a tutte quant’io!

                 E va via a destra.

4. [Pasquale, Facciluovo, Mario Bidetti e Bruno Perculo]

                  Dalla comune (al centro) torna col viso dubbioso.                       

Alberto:   Troppo tardi. Quando sono arrivato io, la rapina già era finita. Hanno detto che ci 

                  hanno telefonato per avvisarci, ma io non ho sentito niente, eppure stavo qua! E

                  intanto il commissario è sparito. Ma addò sta, chisto? Io nun ‘o veco d’aiére!

                  Intanto arriva Pasquale, scuro in volto. Nota Faccioluovo e gli va vicino.

Pasquale: Ah, tu staje ccà?

Alberto:   Commissario, c’è stata una rapina in Piazza Garibaldi. Voi non ci stavate, e così

                  ci sono andato io da solo.    

Pasquale: E se capisce che nun ce steve! So’ gghiuto a Via Marina, ‘o mercato d’’o pesce.

Alberto:   ‘O vero? E che stiveve a ffa’ lloco?

Pasquale: Faccioluò, ma tu me stisse sfuttenno? T’he’ scurdato ‘a telefonata ‘e primma? Ce

                  steva ‘na rapina, però nun m’hanne ditto l’indirizzo, accussì me l’he’ ditto tu.

Alberto:   (Non capisce) Io v’aggio ditto addò steva ‘a rapina? E comm’’o ssapeve?

Pasquale: E chi ‘o ssape? Io nun ce sto’ capenno cchiù niente!

                  I due restano lì a riflettere. Dalla comune, entra Mario Bidetti, arrabbiato.

Mario:      Ah, commissà, vuje state ccà? ‘E che bellu pasticcio ch’ate cumbinato! 

Alberto:   Ma pecché, ch’è succieso?

Pasquale: (Fa finta di niente) No, vabbuò, niente!

Mario:      Aspit’oh, niente? Vuje site venuto fora ‘a pescheria mia, a Via Marina. V’ate  

                  miso a sparà ‘e n’aria, alluccanno: “Venite fuori con le mani in alto!”. Embé,

                  avìte spaventato a me, ‘e cliente e pure ‘e pisce!

Pasquale: (Vergognato) Sì, è andata pressappoco così. E mi dovete scusare, ma c’è stata

                  una piccola incomprensione!... Faccioluò, aroppo facimme ‘e cunte!

Mario:      E vabbuò, commissà, lassamme sta’. Chello ch’è stato, è stato.

Pasquale: Ma sì, domani passate di qua e vi risarcisco io dei danni che vi ho causato.

Alberto:   Arrivederci.

Mario:      Che d’è, te ne vaje, Coccodé?

Alberto:   Io me chiammo Faccioluovo.

Pasquale: Vabbé, se non avete nient’altro da dire, allora ci salutiamo.

Mario:      Veramente, c’è un’altra cosa. Però questa ve la debbo far vedere. Aspettate.

                  Esce un attimo di casa, torna con Bruno che ha i polsi legati con nastro adesivo.                

                  Eccolo qua, l’ho preso qua fuori.

Pasquale: (Sorpreso) A chi ate pigliato?

Mario:      Chisto è ‘o marjuolo che s’arrobba ‘o pesce ‘a coppa ‘a bancarella mia!

Bruno:      Io? Ma io nun aggio fatto niente.

Mario:      Ah, no? Commissà, chisto è ‘o stesso tipo ch’aggio acchiappato pure ll’atu

                  juorno, ma se n’è fujuto pe’ colpa d’’o cumpare vuosto, lloco: Coccodé!

Alberto:   ‘N’ata vota mò? Faccioluovo.

Pasquale: E chisto fosse ‘nu marjuolo? Ma ‘o vedite, chillo a stiento se mantene allerto!

Mario:      Ma io l’aggio riconosciuto.  

Pasquale: E va bene, ora lo interroghiamo. (A Bruno) E a vuje, assettateve lloco ‘ncoppa.

                  Bruno va a sedersi con una faccia incredula alla scrivania di Pasquale.

Mario:      Allora arrivederci, Commissà. Stammi bene, Faccioluovo.

Alberto:    Io me chiamme Coccodé...! No, cioè, ate ditto buono vuje.

Mario:      E statte buono pure a te, caro ladro. E ti raccomando, non rubare più!

                  E se ne va. Pasquale si rivolge a Bruno.

Pasquale: E a vuje, faciteme sentì. Vuje tenite ‘sta debbulezza e ve mettite a arrubbà?!

Bruno:     Ma a me l’ha ditto ‘o miéreco.

Alberto:   Sentite, vuje state sotto interrogatorio. E picciò, nun facite ‘o spiritoso.

Bruno:     Ma è ‘a verità. Il medico ha detto che io, siccome sto inguaiato, devo mangiare

                  molto pesce, anche se costa così tanto che si deve rubare. E io l’aggio rubato!

Pasquale: (Dubbioso) Accussì v’ha ditto? Scusate, ma chi è stu’ miéreco?

Bruno:     Se chiamma Raffaele Mostaccioli!

Pasquale: (Sorpreso) No...! ‘O vero? Embé, mò ch’acchiappo a ‘stu duttore, ce dico…

                  Squilla il telefono. Faccioluovo risponde.

Alberto:   Pronto... Chi è? Una festa a luci rosse? Nella villa dello stilista Dolce Abbanana?

                  Veniamo subito. (Riaggancia) Commissà, dobbiamo andare subito a Posillipo.

Pasquale: (Ironico) Ma si’ sicuro, o jamme a fernì ‘n’ata vota ‘o Mercato d’’o pesce?!...

Alberto:   No, la telefonata era chiara.

Pasquale: E vabbuò. Però primma puorte a chisto dinto e ppo’ ce ne jamme.

Alberto:   E addò ‘o metto?

Pasquale: Ah, già. Nun ce sta ‘na fetente ‘e cella!... Chiudilo nel ripostiglio!

Bruno:     (Tuttaltro che contento) No, nel ripostiglio no!

Alberto:    Poche storie.

                  Faccioluovo lo prende e lo porta via a sinistra. Pasquale ragiona da solo.

Pasquale: He’ capito a Rafele? Incita la gente a rubare. Mò ‘o ‘cconco io p’’e ffeste!

                  Torna Faccioluovo.

Alberto:   Commissà, l’ho chiuso a chiave. Tutto a posto.

Pasquale: Presto, andiamo a chiamare prima dei rinforzi. Jamme, facimme ambresso...

                  E i due escono di casa celermente.

5. [Raffaele e Rosa]

                 Da destra, entra Raffaele con un foglio e del nastro adesivo in mano.

Raffaele: Néh, ma Rosa è asciuta pazza? Mi ha chiamato “porco” e mi ha dato uno schiaffo.

                 Ma se penzassene che chisto è ‘nu manicomio? E allora adesso ci penso io...!

                 Sistema il foglio sul muro e lo fissa col nastro adesivo. Sul foglio si legge:

                “Vietato molestare il dottore!” .

                 Ecco qua!

                 E se ne va di nuovo a destra. Poco dopo, dalla comune (al centro), entra Rosa.

Rosa:       Uh, mamma mia... (Grida) Rafé, Rafé...

                 Raffaele accorre a vedere.

Raffaele: (Agitato) Chi è? Ah, si’ tu Rosa? (Offeso) E che si’ turnata a ffa’?

Rosa:       Rafé, scusami per lo schiaffo di prima. Ma io songo disperata. Ce putimme

                 assettà ‘nu mumento?

Raffaele: No, Rosa, mò tengo che ffa’.

Rosa:       E Rafé, e io po’ comm’aggia fa’? Io aggio perzo...

Raffaele: “A Filippo e ‘o panaro”... già ‘o ssaccio!

Rosa:       E mò sto’ gghienno...

Raffaele: “‘Nmiezo a ‘na via e aggio perzo pure ‘o lavoro!”...

Rosa:       E allora visto ch’’o ssaje, famme fa’ pace cu’ Pascale.

Raffaele: Rosa,stamme a sentì buono: tu he’ già sbagliato troppi vvote cu’ “Filippo” e te ne

                 si’ gghiuta cu’ ‘o “panaro”. Mò he’ perzo pure ‘o “panaro” e vaje truvanno ‘n’ata

                 vota a “Filippo”! Sora mia, tu t’he’ ‘a da’ ‘na calmata! Inoltre, io ti ho dato due

                 occasioni per fare pace con Pasquale... ma tu nun hé accucchiato niente!

Rosa:       E tutt’e ddoje vote s’è fatta chella folla, ‘int’’a stanza ‘e lietto. Io me so’

                 spugliata pure a duvere. Teneve chella bella mutanda nera con merletto marrone!

                 Embé, ‘int’’a stanza ‘e lietto ce so’ trasute cane e puorce, ma no isso!

Raffaele: Ma questi sono inconvenienti tecnici che te l’he’ ‘a vedé tu!

Rosa:       Rafé, ma tu nun è che putisse...?

Raffaele: No, no, Rosa. A me, lieveme ‘a miezo.

Rosa:       (Ha un’idea) Ah, sì? Rafé, ma tu po’ l’he’ truvata ‘a ‘nfermera?

Raffaele: Ehm... no.

Rosa:       E t’’a faccio io!

Raffaele: Tu? E comm’è?

Rosa:       Rafé: il fine giustifica il mezzo! Perciò, tu mi devi aiutare.

Raffaele: E va bene. Che s’ha da fa’ pe’ campà?! Tu vattene nel mio ufficio. Io mò vado da

                 lui e gli dico: “Pasquale, vai nel mio ufficio, ci sta una bella sorpresa per te”!

                 Aroppo doje so’ ‘e ccose: o me spara o me ringrazia!

Rosa:       (Felice) Grazie, Rafé, fatte abbraccià e fatte da’ ‘nu bellu vaso!

Raffaele: Addò vaje? Non hai letto il cartello sul muro? (Lo indica)

Rosa:       (Legge) “Vietato molestare il dottore!”. E vabbuò...

                 E se ne va via a destra perplessa.

Raffaele: He’ visto, ‘o cartiello funziona! E mò vedimme che se po’ ffa’ cu’ Pascale.

                 E va via a sinistra.

6. [Pasquale, Faccioluovo, Miriam e Rocco. Poi Eva, Raffaele e Bruno Perculo]

                  Dalla comune (al centro entrano) Pasquale (arrabbiato) e Faccioluovo. I due

                  hanno arrestato Miriam e Rocco (confusi perché hanno fumato lo spinello).

Alberto:   Assettateve, a tutt’e dduje.

                  I due si siedono alla scrivania di Pasquale: uno da una parte e l’altro di fronte.

Pasquale: Ma vuje vedite si è cosa, io nun me faccio capace. Una telefonata anonima ci

                  avvisa di un festino a luci rosse. Io vado lì per arrestare i partecipanti, e chi ci

                  trovo? A mia figlia con questo “sfasulato”!

Alberto:   E ‘a cosa cchiù bella, è che s’hanne fummato ‘o speniello tutt’e dduje. Ma

                  quanno maje ‘a figlia vosta ha fatto ‘sti ccose?

Pasquale: Faccioluò, si permiette, chesto l’aggia dicere io!

Alberto:   Come volete voi.

                  Pasquale guarda Miriam confusa, e Rocco che s’addormenta e si muove a scatti.

Pasquale: Guardate lloco, guardate! ‘Na scena che tocca ‘e nierve! ‘E pigliasse a pacchere a

                  tutt’e dduje! Facioluò, puorteme ‘nu mumento a chillo.

                  Faccioluovo gli si avvicina a Rocco e lo picchietta sulla spalla per svegliarlo.

Rocco:      (Si sveglia ma è confuso) No, puortammille ‘int’’o lietto, ‘o llatte!

Alberto:   Ma qualu latte? Viene, te vo’ parlà ‘o commissario.

Rocco:      Calma, mò ce vach’io add’’o commissario. Quello è mio suocero! (Si alza e va  

                  da Pasquale) Commissà, bonasera. Lo sapete, state bene vestito a righe e pois!

Pasquale: ‘O vero? E mò che vaje a Puceriale, t’’o faje pure tu ‘nu bellu vestito a righe

                  verticali! Invece, ‘e pois, t’’e ffanne ll’ati carcerate!

Rocco:      Commissà, ma ‘stu signore vicino a vuje chi è, ‘o gemello vuosto?

Pasquale: (spazientito) Néh, te scite tu o t’aggia scetà io?

Rocco:      (Di colpo si ridesta) Eccomi qua! Sveglio come un grillo! Allora adesso me ne

                  posso pure andare, volendo!

Pasquale: No, tu te staje ccà, volendo! E che te dicette ll’ata vota? Non fare scherzi con mia

                  figlia, o si no povero a te. E tu, invece, hai “fatto scherzi”! E che mi dici, adesso?

Rocco:      Volete venire al nostro matrimonio?!

Pasquale: No, nun ce vengo. (Dubbioso) Néh, ma nun è che l’avìsse misa... incinta?

Rocco:      No, pe’ carità! Non vi preoccupate, io non l’ho toccata proprio.

Pasquale: E allora scuordatella pe’ sempe. Faccioluò, porta a chisto dint’’o ripostiglio!

Alberto:   (Eh, chisto ‘o rispostiglio l’ha pigliato p’’o tiatro!).

                  Faccioluovo porta via Rocco a sinistra. Poi Pasquale si avvicina a Miriam.

Pasquale: E tu fusse mia figlia Miriam? No, pecché io nun ‘a cunosco accussì ridotta. Tu

                  sei la figlia di un commissario di polizia. Rischi di rovinarmi.  

Miriam:   (Si ridesta un pò) Me sta passanno l’effetto d’’o fummo. E comm’è brutto. Fuori

                  alla villa c’erano tanti giornalisti. E i fotografi hanno fotografato pure me.

Pasquale: He’ visto? Tu volevi andare sui giornali. E finalmente ci sei riuscita!

Miriam:   Papà, ma adesso che cosa mi succederà? Andrò pure io in carcere?

Pasquale: No, non ci andrai. Dirò che quel Rocco ti ha plagiata. Spero che mi crederanno. 

Miriam:   Papà, vado un momento in bagno... mi sento male.

Pasquale: Spero che questa lezione ti basti per il futuro. Vai, corri. Io ti aspetto qua..

                  Miriam va via a sinistra con lei. Da destra, torna Raffaele.

Raffaele:  (Nota Pasquale, dubbioso) Pascà... ma che d’è, coccosa nun va?

Pasquale: (Fa finta di niente) Ehm... no, niente, ho fatto storie con Miriam.

Raffaele:  Ah, ecco. Siente, Pascà, t’aggia dicere ‘na cosa.

Pasquale: Che cosa?

Raffaele:  (Stenta un po’) Vieni un attimo nel mio ufficio, devo farti vedere una sorpresa.

Pasquale: No, Rafé, mò tengo che ffa’. Dentro ci sono due persone che devo interrogare.

Raffaele:  Pascà, e comme, tu te puorte ‘e fuorilegge ‘a casa?  

Pasquale: Ma quali fuorilegge? Uno dei due è un certo Rocco.

Raffaele:  (Sorpreso) Che cosa? La mia infermiera?

Pasquale: Già. E l’altro è un certo Bruno Perculo. Ha rubato del pesce e dice che l’hai

                  incitato tu a farlo. A proposito, comme m’’o spieghe ‘stu fatto?

Raffaele:  Ma chillu fesso piglia tutto cose alla lettera! Io dicevo così, per dire, e chillo l’ha

                  fatto overamente. Pascà, io ti chiedo di lasciarlo andare. Quello non è un ladro.

                  E’ un malato ipocondriaco in cura da me. Consegnamelo, garantisco io per lui.

Pasquale: E va bene. Però ti assumi tu la responsabilità. (Chiama) Faccioluovo!

                  Da sinistra accorre Faccioluovo.

Alberto:   Dite, Commissà.

Pasquale: Senti una cosa: prendimi Perculo!

Alberto:   (Capisce una cosa per un’altra) Commissà, ma io non mi permetterei mai!

Pasquale: Ti ho detto prendimi Perculo. Hai capito? E’ un ordine.

Alberto:   E vabbé: commissà, siete il migliore del mondo!

Pasquale: Faccioluò, non ti ho detto che mi devi sfottere. Io ti ho detto prendimi Perculo!

Alberto:   (Capisce sempre meno) E pecché, io ch’aggio fatto?

Pasquale: Ma Perculo è quello del furto della pescheria. Lo abbiamo arrestato prima.

Alberto:   Ah, ma chillo accussì se chiamma?

Pasquale: E pecché, tu te penzave che m’’iva piglià overamente pe’...?! Ma vide ‘e te ne ì!

Alberto:   (Perplesso) Agli ordini!

                  Ed esce via a sinistra.

Pasquale: E in quanto a te, Rafé, dopo dobbiamo parlare anche di certe voci sul mio

                  conto... lanciate da qualcuno di nostra conoscenza!

Raffaele:  Ah, a proposito, e pure io. Ma ora non ho tempo, Pascà, ho da fare.

                  E torna Bruno con Faccioluovo che gli ha liberato i polsi dal nastro adesivo.

Alberto:   Eccolo qua...

Bruno:     (Si lamenta) Dottò, chiste m’hanne arrestato ingiustamente...

Raffaele:  Sì, ma adesso calmatevi.

Bruno:      No, duttò, pecché ‘sti duje me vonno fa’ cadé malato a me!

Raffaele:  Eh, a ‘n’atu poco! Vuje state accussì buono! Venite, venite...

                  Lo prende sottobraccio e se lo porta via a destra (Bruno esce blaterando).

Pasquale: E mò jamme, Faccioluò. Sentimme a chillu Rocco che tene ‘a dicere.

                  E vanno via a sinistra.

 

7. [Vanessa Zanini, Pasquale e Raffaele]

                  Dalla comune (al centro) arriva Vanessa Zanini.

Vanessa:  Ma inzomma, chiste nun m’hanne fatte sapé cchiù niente. Ma che ce vo’ a truvà a

                  ‘n’ippopotamo? Nun è ‘na mosca, è ‘na piezza è bestia enorme. E allora voglio

                  sapé ‘a verità. (Chiama) Commissààà! Commissario! 

                  Da sinistra, ecco Pasquale.

Pasquale: Eccomi, sono tutto per vo…! (Nota Vanessa e cambia idea) Marò, ‘n’ata vota

                  chesta? No, il commissario non c’è, è uscito.

Vanessa:  (Va da lui e gli grida in faccia) Commissà!

Pasquale: (Ricevuta la violenta ondata in faccia) Mamma bella, ‘na tromba d’aria!

Vanessa:  E pecché facìte ‘o spiritoso? Io ve stongo aspettanno.

Pasquale: (Allontanandosi un po’) Prego, prego, dite.

Vanessa:  A che punto stiamo con le ricerche di Ciccillo?

Pasquale: (Ah, già, e mò che ce dico, a chesta? Io me so’ proprio scurdato!). Ehm... stiamo

                  a buon punto, al più presto potrete riabbracciare il vostro ippopotamo!

Vanessa: (Contento, grida verso di lui) Bravo! Bravissimo!

Pasquale: Maròòò! (E si allontana ancora un po’)

Vanessa:  Commissà, e pecché v’alluntanate? Io v’aggia dicere pure ‘n’ata cosa.

Pasquale: No, no! Non vi avvicinate. Io ci sento molto meglio da lontano! Dite, dite.

Vanessa:  Commissà, io aggia denuncià a ‘na perzona: un dottore.

Pasquale: E perché, che vi ha fatto?

Vanessa:  Nun m’ha vuluto misurà ‘a pressione. Così ha chiamato a un’infermiera tutta

                  scema. E essa me vuleva misurà ‘a pressione cu’ ‘o compressore d’’a bicicletta!

Pasquale: Niente di meno?

Vanessa:  (Con vigore) Sììì!

Pasquale: (Colpito dall’alito di Vanessa) Mamma mia! E come si chiama questo dottore?

Vanessa:   E’ il dottor Raffaele Mostaccioli!

Pasquale: (Esterrefatto) Che? Ma che state dicenno?

Vanessa:  ‘A verità.

                  Si va a sedere sul divanetto. Torna Raffaele da destra.

Raffaele:  Ora vado a cercare a Pasqual… (Lo nota) Uhé, Pascà, puo’ venì cu’ me?

Pasquale: Rafé, nun è cosa. Tengo che ffa’.

Raffaele:  Cu’ chi?

Vanessa:  (Si alza in piedi) Cu’ me!

Raffaele:  (Colpito in faccia dall’alito) Aiuto!

Vanessa:  Stevo parlanno juto ‘e vuje. Ho deciso di denunciarvi alla polizia. Cioè, a lui!

Raffaele:  A me? Ma v’avessa denuncià io a vuje pecché m’ittate sempe ‘o ciato ‘nfaccia!

Vanessa:  Come?

Pasquale: (Mette una toppa) No, niente, il dottor Mostaccioli si scusa umilmente con voi.

Raffaele:  A chi?

Vanessa:  (Spazientita, grida in faccia ai due) Uhééé, e allora?

                  E scatena un putiferio: Pasquale e Raffaele scappano a sinistra.

                  Se n’hanne jute? Ma ch’educazione è chesta? Manco si a uno le fetesse ‘o ciato!

                  Si volta ed esce di casa.

Scena Ultima. [Rosa e Carmine. Poi Pasquale e Raffaele e infine il Faccioluovo]

 

                  Dalla comune (al centro) entra il notaio Carmine Pane che si guarda intorno.

Carmine: Bene, non c’è nessuno. Forse mi hanno dato ascolto, quei due: avranno litigato. Il

                  mio piano ha funzionato. Eh, lo so, quello che sto facendo non è né elegante, né

                  professionale. Ma la vendetta è vendetta! E io, per queste cose... ardo!

                  Da destra entra Rosa.

Rosa:        Néh, ma che fine ha fatto Rafele?

Carmine: Rosa! E tu che ci fai qua?     

Rosa:        No, veramente questo te lo dovrei chiedere io.

Carmine: Ah, mò faje pure ‘a gelosa? Prima se ne va senza dire niente...!

Rosa:        E pecché, tu nun he’ fatto ‘a stessa cosa? 

Carmine: Sì, ma dopo di te. E scommetto che qua dentro devi incontrare un uomo.

Rosa:        (Imbarazzata) Ehm... ma cosa dici? Io non lo conosco a Pasquale Mostaccioli.

Carmine: Cosa?

Rosa:        Uh, ch’aggio ditto? Va bene, sì, lo conosco. Ma adesso andiamocene. Tanto,

                  Pasquale è andato in missione nel Bronx. (Si alza in piedi) Su, vieni con me.

                  E da sinistra tornano Pasquale e Raffaele che entrano quatti quatti.

Pasquale: Rafé, se n’è gghiuta chella?

                 Ma i quattro si notano. Rimangono tutti senza parola. Pasquale mette una toppa.

Raffaele: Uh, guarde chi ce sta. ‘O nutaro.

Rosa:       (Resta sorpresa) (Uh, mamma mia, ma proprio mò ‘eva venì chisto?).

Carmine: Il signor Pasquale sta qua. Ma non eravate andato nel Bronx?

Pasquale: (Non ne sa niente) Ma chi? Io? ‘O bronx? E che ce jeve a ffa’?

Rosa:        Ma come, Pasquale, non ti ricordi? (Fa dei siegni con gli occhi)

Pasquale: (Capisce i segni) Ah, sì, e già. Io sono stato nel Bronx.

Rosa:        E come mai sei già tornato?

Pasquale: Ehm... perché mentre l’aereo stava volando… s’è bucata ‘na rota! No, cioè, l’ala!

                  Accussì simme scise tutte quante e l’avimme cagnata!

Carmine: E addò l’avite cagnata, ‘ncielo?!

Pasquale: Scusate, ma a vuje che ve ne ‘mporta? Come mai state qua?

Carmine: Ho visto Rosa in questa casa e volevo sapere cosa ci facesse qui.

Raffaele:  Ma quella è stata la moglie di Pasquale.

Carmine: Cosa?

Pasquale: Sì, ma mò nun è cchiù muglierema. Signor notà, v’’a putite pure tené, a chesta.

Carmine: Ma che cosa? ‘On Pascà, tenitavella vuje.

Pasquale: E no, e no. La merce, una volta uscita dal negozio, non si accetta più indietro!

Raffaele: Rosa, mò overamente he’ perzo a Filippo e ‘o panaro!

Rosa:       Uhé, sapite che ve dico? Ca nun ve voglio nemmanco io cchiù a vuje!

Raffaele:  Va bene, detto questo, venite con me, signor notaio.

Pasquale: Lieve ‘e mmane ‘a cuollo ‘o nutaro. Lui è amico a me.

Raffaele:  Ah, sì? Sapisse che m’ha ditto ‘e te. Si’ bravo a parlà suolo ‘e spalle, tu!

Pasquale: E pecché, tu no? Anzi, lui mi sta pure aiutando a farti un dispetto.   

Raffaele:  Come? Ma se quelo sta aiutando a me...

Carmine: Insomma basta. Ma che state dicendo, che volete da me?

Raffaele:  Ma se voi avete letto il testamento di nostro padre, Luigi Mostaccioli.

Pasquale: E già, voi siete stato pure il suo migliore amico.

Carmine: Ma insomma, basta. Io non sarò mai amico di una persona che di cognome fa

                  Mostaccioli. Volevo farvi i dispetti affinché non vi godeste l’eredità. Vabbuò?              

                  (Va all’uscita e li guarda) Se volete essere fratelli, ‘mparateve a v’appiccecà!

                  Carmine esce via di corsa. Raffaele e Pasquale si guardano.

Pasquale: (Amareggiato) Rafé, sono un imbecille. Volevo sembrare a tutti i costi migliore

                  di te. E ho cercato di renderti la vita impossibile per farti lasciare questa casa.

Raffaele:  E pure io, Pasquà. E invece siamo stati raggirati da quell’infame di notaio.

                  Pascà, dimentichiamola questa storia. E’ stato un brutto sogno, ma ora ci siamo

                  svegliati. E penzà che tutto chesto è succieso pe’ colpa ‘e ‘na stanza ‘e cchiù.

Pasquale: E già. Noi due siamo fratelli. ci dobbiamo dare una mano, e non una spallata!

                  I due si abbracciano. Rosa li osserva commossa.    

Rosa:        Come siete belli! La famiglia si è riunita. Lasciate che vi abbracci pure io!

I due:       (Smettono l’abbraccio e la guardano male) Ma vatténne!

                 La prendono sottobraccio e la conducono fuori casa.

FINE COMMEDIA