Natura dell’arte,
del pubblico e degli artisti
Monologo
di
Matteo Tibiletti
BIOGRAFIA DELL’AUTORE
Matteo Tibiletti nasce a Varese il 23/10/1978. Da sempre coltiva una profonda passione per il cinema, la fotografia e per la scrittura creativa. Autore di sceneggiature, racconti, poesie e copioni teatrali si cimenta spesso come regista di brevi cortometraggi o shooting fotografici (su www.youtube.com/teotibi e www.flickr.com/teotibi è presente tutta la sua produzione). Nel 2009 ha pubblicato tramite il sito www.lulu.com una raccolta dei suoi migliori scritti dal titolo “LO SCONOSCIUTO”. Ha frequentato per cinque anni la Scuola di Teatro Città di Varese. Dal 2008 è uno dei membri fondatori, attori e registi dell’Associazione culturale “Compagnia Dusedi Besozzo. Da gennaio 2012 è regolarmente iscritto alla SIAE come autore teatrale e fotografo.
DATI DELL’AUTORE
NOME E COGNOME: Matteo Tibiletti
NATO A : Varese il 23/10/1978
RESIDENTE IN: Via C. Goldoni 41/B, Varese (VA)
CELLULARE: 3462219045
INDIRIZZO MAIL: tibilettimatteo@gmail.com
POSIZIONE SIAE: 213623
Natura dell’arte, del pubblico e degli artisti
Quando si parla d’arte, spesso se ne parla a sproposito e solo perché la parola stessa “arte” pare dia l'illusione di riempire la bocca di significato, o meglio sarebbe dire di significati, senza imporre con questo, a chi la pronuncia, l’obbligo d’aggiungere altro per affermare la propria profonda conoscenza in merito all'argomento.
La parola "arte" pare conferire, a chi se ne impadronisce durante un discorso, un innato alone di conoscenza suprema, che immediatamente schiaccia l’ascoltatore al debole ruolo di suddito ignorante.
Già, perché l’arte è un argomento universale che racchiude una serie di sfaccettature talmente sottili da rendere edotto chiunque sia in possesso anche solo del significato etimologico della parola stessa.
C’è poi chi addirittura ne enfatizza l’utilizzo, ponendo l'obbligo morale nell'impiego dell'iniziale con la lettera maiuscola, semplicemente per appesantire ancor più il distacco che esiste tra la comune accezione di arte (intesa ovviamente come volgare e di poco conto) e l’Arte, maiuscola appunto, riservata a pochi eletti (eletti da chi, poi?) che si arrogano in questo modo il diritto di celare la vera Conoscenza, anche questa maiuscola ovviamente.
Ma l’arte è quindi una società segreta? Oppure è accessibile a chiunque mostri una sensibilità tale da riconoscere cosa tocchi davvero il profondo dell’anima? E’ necessario sminuire i semplici, ma forse genuini, sentimenti del prossimo solo perché si sono trascorse ore e ore di studio su un dato argomento? Certo è innegabile che la conoscenza aiuti ad approfondire, ma questo ha senso solo se quest'ultima può essere condivisa senza alcuna arroganza, poiché il significato profondo di un’opera non è nascosto tra le pagine di un libro, o tra le righe di una critica, ma nel brivido che corre lungo la schiena di chi usufruisce dell’arte come puro godimento.
L’arte non è un concetto, ma la risultante di più sentimenti ed emozioni, suscitate da una data interpretazione … che non può essere univoca, poiché questo ridurrebbe l’emozione che ne deriva, o, se non altro, ridurrebbe la sfera d’utenza che l'arte ha invece il compito di allargare il più possibile.
L’arte può essere comunicata, studiata, spiegata, ma non per questo compresa realmente. L’arte è un vulcano in eruzione racchiuso all’interno della sensibilità umana. L’eccellenza dell’artista sta nella capacità di farlo esplodere, attraverso lacrime, risate, riflessioni, ricordi, danze, canti e qualsiasi forma di espressione il corpo sia in grado di produrre.
Gli artisti veri, gli artigiani dell’arte, sono quelli che lasciano nascere le proprie opere, poichè spinti dal puro e semplice bisogno di comunicare qualcosa al prossimo. Non si parla necessariamente di qualcosa di nuovo. La novità è cosa antica e ormai è difficile da inventare … possibile è però reinventare, rileggere sotto una luce diversa ciò che è già impresso nella storia.
L’arte è divertimento, inteso nel senso più ampio possibile. L’arte non è seriosa, semmai seria, quando il messaggio richiede attenzione e rispetto da parte di chi ne fruisce. L’arte è inconsapevole d’essere se stessa, quindi inutile cercarla laddove l’ego dei presunti artisti occupa tutto lo spazio dedicato all’opera in sè.
In quanto fruitori ultimi dell’arte, siamo a rappresentare chi come noi è stanco d’essere preso in giro. Stanco di sentirsi additare come ignorante di fronte alla subdola trasformazione dell’arte in mero linguaggio televisivo.
L’arte non è spazzatura. Non nell’accezione televisiva del termine, almeno. L’arte educa, non diseduca, anche con messaggi sottili e non sempre immediatamente comprensibili. L’arte può essere violenta e può rendere arte la violenza stessa (a patto che questa si manifesti esclusivamente come “rappresentazione” della realtà).
L’uomo è un essere morboso, l’arte non deve tendere ad una impropria fomentazione di questa caratteristica, poiché essa non produce alcuna crescita morale od intellettuale.
L’arte può essere qualunque cosa, purchè produca sentimenti più profondi della curiosità fine a se stessa.
Il vero artista deve potersi specchiare nelle proprie opere ed ha l'obbligo morale di confrontarsi con esse prima di proporle al pubblico. Il vero artista deve mettere in discussione il proprio operato, rivedendolo in chiave cosciente. Egli è padrone e responsabile del messaggio che divulga. Non può, come accade spesso, fingere di non sapere quali possibili chiavi di lettura porterà con sè il proprio operato.
L’arte racchiude grandi responsabilità. Il non assumersele è una mancanza di rispetto nei confronti del pubblico.
L’arte può essere audace, provocante, ma non deve essere mai volgare. L’ostentazione della volgarità non è arte, ma provocazione.
La provocazione per essere arte non può basarsi esclusivamente sull'effetto scioccante di un dato argomento, tantomeno può calcare la mano su aspetti volutamente scioccanti...
L’arte non è qualunque cosa. Ma qualunque cosa può diventare arte.
Gli artisti è bene che non si autodefiniscano tali. Chi produce arte non fa altro che esprimere un bisogno, di conseguenza risulterebbe improprio, per chi si adopera in questo senso, definire un egoistico bisogno "arte".
Il pubblico ha però la possibilità, attraverso un giudizio sincero e non viziato da forme pubblicitarie (positive o negative), di esprimere la propria opinione in merito ad una data opera. Quanto più sarà sincero il giudizio conferito, tanto più l'opera si avvicinerà al concetto stesso di arte.
Non ha infatti alcuna importanza il valore del giudizio. Conta soltanto la spontaneità dello stesso, la necessità, questa volta da parte del pubblico, di esprimere, in risposta al bisogno dell'artista, un parere, che colmi il bisogno di ambo le parti.
La pretesa del giudizio e la produzione artistica volta alla sola ricerca di un confronto con il pubblico, sminuisce l'opera e il suo autore, che snatura in questo modo il proprio naturale bisogno di comunicare, trasformandolo in un anonimo gioco delle parti, in cui il responso è perciò viziato dall'assenza di una reale necessità all'arte e dalla conseguente assenza di obiettività, non proposta e quindi non ricercata nell'utente finale.
L'arte può avere un prezzo ed è corretto che l'artista goda l'altro lato dei benefici che il proprio bisogno produce sul pubblico. L'artigiano dell'arte deve poter commercializzare il proprio operato senza per questo renderlo seriale, mantenendo perciò il concetto fondamentale di bisogno che deve comunque perpetrarsi attraverso ogni sua singola espressione.
L'arte del disimpegno può dirsi tale nel momento in cui chi la produce non ha la pretesa di innalzarne i frutti ad arte dell'impegno. Il pubblico deve imparare ad interpretare, capire e crescere attraverso l'evoluzione dell'arte stessa, affinchè, dall'altra parte, l'artista possa evolvere il proprio pensiero e il frutto del proprio operato.
Chi siamo noi per dire tutto questo? Siamo una parte del pubblico. Quella parte spesso nascosta agli occhi dei più perché ancora capace di guardare più a fondo nelle cose. Siamo quella parte che non si accontenta, che esige le emozioni che l’arte può regalare.
Chiediamo sempre di più a chi ha il potere di elargire conoscenza. Siamo affamati d’arte e d’emozione perché è anche di questo che è piena l’esistenza. Non basta raccontarci una favola, magari sempre la solita, per mandarci a letto contenti! Sì, siamo la parte capricciosa e spesso insostenibile del pubblico … ma, a nostra difesa, posso dire che mai l’artista si sentirà tradito dal nostro giudizio, poiché, buono o cattivo che esso sia, proverrà sempre e solo dal profondo della nostra anima.
Ciò che abbiamo detto non ha la pretesa di essere impresso nel fuoco. Né tantomeno ci riteniamo in grado di decidere cosa sia buono e cosa no. Stiamo cercando di ricordare a chi ci ascolta un messaggio molto semplice, ma che troppo spesso finisce nel dimenticatoio: L’arte, è molto di più di quello a cui ci stiamo abituando. Non addormentiamoci sul materasso costruito sul nulla che i falsi artisti ci stanno costruendo per plagiare il nostro spirito critico. Non lasciamo morire l’arte nell’apatia generale, che troppo spesso, regna sovrana nelle nostre vite.
FINE