Nel bel mezzo di un gelido inverno

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Shakespeare val bene una messa

NEL BEL MEZZO DI UN GELIDO INVERNO

Trascrizione dal film

Primo atto:

Buio. Rullo di batteria. Occhio di bue. Joe è seduto su una sedia al centro della ribalta.

Joe: “Era la fine di Novembre, credo, e io stavo già pensando al casino di Natale; la nascita di Cristo, il mago di Oz, i giochi di famiglia. E francamente ero depresso, perché io ho sempre desiderato vivere come in un vecchio film, come in una favola. Però considerando che tante favole sono incubi e tanti vecchi film fregature, direi che ci sono riuscito.

Il fatto è che…sapete che i dottori dicono che l’esaurimento nervoso può venire tutto ad un tratto, all’improvviso, come un Big Bang. O se no c’è l’altro genere, quello che viene con lentezza, che richiede più tempo…beh

io allora avevo 33 anni e questo mi era nato a 7 mesi e aveva appena cominciato a tirare fuori il capino”.

Buio. Musica. Joe e Margie in piedi in platea. I provinanti compaiono uno dopo l’altro sul palco dal centro del sipario.

Entra una ballerina con un cartello al collo con sopra scritto: “Questo è essere o non essere”.

Joe: “È stupendo che tu sia venuta. Te ne sono molto grato. Io sono Joe Harper e questa è la mia agente Margaretta D’Arcy. Ora, questo è un progetto collettivo. Se tu volessi fare qualcosa, non occorre mica che sia Shakespeare, non importa. Questo spettacolo vuole essere innovativo del nostro modo di fare teatro”.

La ballerina, dopo aver danzato: “Grazie. Io è così che lo vedo l’essere o non essere”.

Entra un uomo con la gobba.

L’ uomo: “Ora l’inverno del nostro scontento si è fatto gloriosa estate a questo sole di Jork”.

Joe: “Io sento che non l’hai ancora fatta proprio tua. Ascolta, non fare la voce, non fare la gobba e tutti quei gesti e allora vediamo che cosa succede. Quando vuoi”.

L’uomo ripete la battuta esattamente come prima dell’intervento di Joe.

Joe: “Straordinaria trasformazione”

L’uomo: “Mi sento liberato adesso!”

Joe: “Oh sì, sì. Fa bene liberarsi”.

Entra Henry.

Henry: “Henry Wakefield è il nome cocco, detto Hanry da chi vuole farmi arrabbiare”.

Joe: “Quello che tu preferisci”.

Henry: “Senti cocco, non ci prendiamo in giro. Io non ci credo nelle cooperative. Io voglio fare il Re d’accordo? Avrei dovuto farlo anni fa ma purtroppo le scelte sbagliate alla fine si pagano tutte”

Joe: “Certo, quella del re è una parte complessa”.

Henry: “Non perdiamo tempo cocco. Sei fortunato ad avermi. Già dall’annuncio questa produzione si presenta con le stesse prospettive del Titanic. Ci vediamo alla lettura”.

Entra Tom.

Tom. “Amleto non è solo Amleto. Amleto è me. Amleto è la Bosnia. Amleto è l’aria. Amleto è mia zia Mary. Amleto è tutto quello che hai mai pensato sul sesso…sulla geologia”.

Joe: “Sulla geologia?”.

Tom: “In senso molto lato, si capisce”.

Joe: “Tiri di scherma?”

Tom: “Io adoro la scherma. Io vivo per la scherma. Di più, oserei dire…la mia vita è la scherma”.

Entra una donna con in mano due burattini raffiguranti un re e una regina. Canta la marcia trionfale.

La donna: “Allora, ho vinto il provino?”.

Joe: “Dobbiamo ancora vedere parecchia gente. Non posso decidere finché non ho visto gli altri”.

Entra Carnforth.

Carnforth: “Incredibile eh? Un po’ di mastice, un po’ di fantasia e uno diventa del tutto irriconoscibile. All’inizio della professione mi chiamavano Carnforth Variante Greville…perché facevo una gran…capito?”.

Joe: “Varietà?”.

Carnforth: “Ecco, certo…una grande varietà di caratteri”.

Entra Terry.

Terry: “Scommetto che l’arredamento di questo ufficio ha vinto l’oscar del grigiore. Non sono venuta qui per fare Polonio. È la laida Gertrude che mi attrae. Sono qui per fare la Regina. Di matrone naturali tu non ne hai vista una. Sei a corto di soldi e hai davanti a te la soluzione. Sono pulita, sono coscienziosa e vengo corredata di tette”.

Joe: “A dire il vero sono in difficoltà e inoltre voglio una produzione libera e sperimentale”.

Terry: “Le due cose che mi eccitano di più, gioia”.

Entra Vernon.

Vernon: “Ecco il mio curriculum”.

Joe: “Notevole…Vernon”.

Vernon: “Questo è il vantaggio di chi ha cominciato da bambino. Io faccio l’attore già da sette secoli. Però adesso ho voglia di crescere e devo fare un ruolo da adulto. Quindici anni di Peter Pan ti creano dei complessi”.

Entra Nina.

Joe: “La vista ce l’hai buona?”.

Nina: “Perfetta”

 Joe: “È solo che non stai guardando me. Guardi verso questo lato”.

Nina: “Esatto. Quando incontro qualcuno lo faccio sempre. Li guardo di lato per vedere l’aura”.

Joe: “L’aura?”.

Nina: “Si, certo”.

Joe: “Hai le lenti a contatto?”

Nina: “No, sono…mi danno fastidio”.

Joe: “Porta gli occhiali allora?”

Nina: “Non ne ho bisogno! Posso fare il mio pezzo adesso? Non occorre che sia di Shakespeare, vero?”

Joe: “No”.

Nina: “Faccio la canzone …allora”.

Nina canta e balla e alla fine cade a terra.


Joe e Margie sotto il palco.

Joe: “Sapevamo che era difficile in questo periodo e con così poco tempo. Però abbiamo un gruppo di gente che ha veramente fame di teatro”.

Margie: “Molta fame. Non lavorano da un secolo”.

Joe: “Nemmeno io”.

Margie: “Touché. Come farò a convincere tutti quelli che contano a venire in quella desolazione?”.

Joe: “Non è roba per quelli lì”.

Margie: “Quelli lì possono anche scritturarti”.

Joe: “No, no…questa è una produzione una tantum di un gruppo di gente, magari matta, che con vera passione è disposta a fare teatro in un posto che ha veramente necessità di noi. Se lo facciamo bene e con onestà il resto verrà di conseguenza”.

Margie: “Sei stupendo quando fai il visionario”.

Joe: “Che mi dici di quel film?”.

Margie: “Quale film?”.

Joe: “Quello stupido film di fantascienza”.

Margie: “Ah, quello. Hai detto che non ti interessava”.

Joe: “Lo so, ma sono curioso”.

Margie: “La scelta era tra te e Dylan Jad”.

Joe: “Dylan Jad? Io non ci posso credere. Io sono ammutolito”.

Margie: “Sono contenta perché hai ritrovato la tua anima di artista. Tesoro, dico sul serio, queste inezie non ti devono turbare”.

Joe: “Dylan Jad…Dylan Jad…ma quello è un tappo!”.

Buio. Musica. Si apre il sipario. Entrano Joe, Nina, Henry, Terry, Tom, Vernon, Carnford.

Joe: “Bene. Ci siamo. La vecchia chiesa di Hope. Questo non è solo fare teatro. È una missione per salvare questo posto, per cacciar via il costruttore e riportare dentro la gente”.

Entra Molly.

Joe: “Ah, ecco dove sei. Questa è mia sorella Molly. Ciao bella, come stai?”.

Molly: “Bene!”.

Henry: “È veramente una chiesa mostruosa”.

Vernon: “Graficamente non è affatto male. Ha delle gran verticali”.

Terry: “Finalmente potrò avere un camerino grande. Mi serve spazio per il mio talento”.

Vernon: “Spazio per cercarlo”.

Terry: “Vipera!”.

Henry: “Io sono già arcistufo di vedere questo posto. Possiamo andare agli alloggi?”.

Joe: “Sono qui gli alloggi. Non ci possiamo permettere altro”.

Molly: “Abbiamo un sacco di roba. Abbiamo cibo, stufette, sacchi a pelo, stuoini”.

Carnford: “A me non piace tanto dormire alla giapponese”.

Nina: “C’è un’atmosfera stupenda. Molly, come mai non lo usa più nessuno questo posto?”.

Molly: “Come non lo usano…cioè lo usavano finché quel maiale di costruttore non se l’è preso e parecchia gente ha persino abbandonato Hope”.

Henry: “Li capisco, cocca”.

Tom: “Una visione!”.

Joe: “Ah, eccola. Ragazzi, vi presento la nostra scenografa. Questa è Fadge”.

Nina: “Cosa ha detto…Vag?”.

Tom: “Non sarà mica un’abbreviazione”.

Fadge: “Fadge, tesoro, con la F”.

Nina: “Che cos’è un cognome…Fadge?”.

Vernon: “Si, cos’è? Fadge Smith, Fadge Faggington”.

Fadge: “Solo Fadge, caro. Questo posto è incredibile. Io sento una cosa molto potente qui…molto strana e potente”.

Nina: “Strana e potente. Anch’io la sento Fadge!”.

Vernon: “Strana, potente e umida”.

Fadge: “Dobbiamo fare una scenografia che verte sullo spazio. Persone nello spazio. Cose nello spazio. Donne nello spazio. Uomini nello spazio”.

Tom: “Come dire creature spaziali, insomma”.

Fadge: “Ci sei quasi”.

Buio. Carnford e Vernon alla destra del palco. Luce su di loro.

Vernon: “Allora Carnford, a noi è toccata la cripta. Pensi che volessero alludere alla nostra recitazione?”.

Carnford: “Cioè che è un po’ criptica?”.

Vernon: “No, che è defunta!”.

Carnford: “No, figurati. Ho visto di peggio nell’esercito”.

Vernon: “Tu eri un militare?”.

Carnford: “A dire la verità, no. Ho visto delle commedie sull’esercito. Ah, Vernon, tu credi che il boss si offenderebbe se io andassi a perlustrare il pub locale anziché stare qui a consumare la cena?”.

Vernon: “Non lo so, perché non glielo chiedi?”.

Buio. Joe e Henry al centro del palco. Luce su di loro.

Henry: “Non vedo perché dovrei dormire con una checca!”.

Joe: “Ma che dici, Hanry”.

Henry: “Henry!”.

Joe: “Siamo gente di mondo. La sessualità di una persona è irrilevante”.

Henry: “Sono dappertutto. Il teatro britannico è dominato dai privilegi di classe e da un branco di froci laureati a Oxbridge”.

Joe: “Terry non è laureato”.

Henry: “Non ha importanza. È una reginetta come tutti gli altri. Spero che la tua Gertrude sia seria”.

Joe: “Si, volevo parlarti proprio di questo”.

Henry: “A proposito, quando arriva? Non farà mica tardi per la lettura?”.

Joe: “Forse ci dovremmo vedere prima cinque minuti per discutere le mie idee sulla regina”.

Henry: “Niente male, è vero. È ideale come palcoscenico. Si domina bene la platea”.

Joe: “Senti, davvero, se tu non ci vuoi proprio dormire in quel letto, ci possiamo mandare qualcun altro”.

Henry: “Lascia stare, lascia stare. Rimango lì”.

Buio. Fadge e Nina alla sinistra del palco. Luce su di loro.

Nina: “Amleto, la vigilia di Natale, con uno straordinario gruppo di attori, in un posto così suggestivo e realistico. Che cosa si potrebbe chiedere di più?”.

Fadge: “Una paga”.

Nina: “È questa la scena?”.

Fadge: “No, non è ancora finita!”.

Nina: “Credevo…scusa. Ma dove ho messo la crema idratante?”. (Nina prende dalla borsa un tubetto di maionese).

Fadge: “Puoi chiamarmi Fa”.

Nina: “Cosa?”.

Fadge: “È un nomignolo. Solo gli amici stretti mi chiamano Fa”.

Nina: “Ah, sei molto carina a permettermi di usarlo. È un pochino più difficile da pronunciare che Fadge però è bellissimo…Fa…grazie!”.

Fadge: “Perché ti spalmi tutta quella maionese sulla faccia?”.


Buio. Tutto il palco illuminato. Vernon, Carnford, Henry, Joe, Terry, Nina e Molly cenano seduti attorno a un tavolo.

Vernie: “Ancora un brindisi a Moll          y!”.

Tutti: “A Molly!”.

Carnford: “Niente male questo giovane Chianti”.

Henry: “Certo che tu il tempo di invecchiare non glielo dai. Se continui a bere così, ti ci vorrà tutta la vendemmia!”.

Joe: “Forse è il caso che parliamo un po’ della situazione cibo e bevande”.

Vernon: “Si, quand’è che ci dai la “di aria”?”.

Joe: “Secondo me il modo più economico di gestire le finanze è quello di operare le spese da un fondo centralizzato”.

Vernon: “Vuoi dire che non c’è la “di aria”?”.

Joe: “Non nel senso convenzionale”.

Vernon: “C’è forse un altro senso?”.

Henry: “C’è anche quello dei bastardi che non ti avvertono!”.

Nina: “Questo non è giusto. Voi volevate questo lavoro. I soldi sono di Joe e lui li spende come ritiene opportuno. È stata una cena generosa!”.

Terry: “Si, giusto”.

Joe: “Sarà Molly a fare le provviste alimentari. Però dobbiamo tenere d’occhio l’aspetto economico”.

Henry: “Vuole dire che ti sei già bevuto tutto il vino di Natale”.

Carnford: “Io spero di no”.

Terry: “Lasciala in pace, signora brontolona. Secondo me sei già tutta nervosa perché pensi a domani”.

Molly: “Scusa. Ma che cos’è questo vezzo di rivolgersi ai maschi al femminile e viceversa? Io non lo capisco”.

Terry: “È Kent, gioia. È parodia. Si mette un nome di donna all’inizio di una frase per renderla piccante e colorita e si fa riferimento all’uomo come a una lei e alla donna come a un lui. Per esempio, se dovessi dire qualcosa di Hanry laggiù”.

Henry: “Henry!”.

Terry: “Potrei dire: Miss Musona sta sempre incollata alla faccia di quella acidona di Henry!”.

Molly: “Adesso ho capito”.

Terry: “Meglio così, gioia, perché sai cosa ti dico…vedrai ancora parecchio Kent prima della prima”.

Tutti: “OH!”.

Joe e Nina si alzano da tavola e vanno a sedersi sulla panchina alla destra del palco.

Nina: “Sei preoccupato per domani?”.

Joe: “Altroché, paralizzato! In questo momento vorrei aver ottenuto quella stupida parte in quello stupido film, per starmene sei mesi dentro uno strano costume a bere the tutto il giorno”.

Nina: “Senti, noi siamo tutti con te. Non puoi fallire!”

Joe: “Ho già fallito una volta, sai. C’era anche Fadge. Un altro spettacolo… ma stesso atteggiamento rampante…un fallimento completo…tutto perduto…soldi, fiducia. Il giorno dopo la mia donna scappò con un altro. Grande senso dei tempi. Solo un’attrice poteva farlo! Ah, senza offesa. Io non ti dovrei dire queste cose, scusa”.

Nina: “Sono contenta che ti confidi con me. Martin dice sempre che se uno riesce a prendere coscienza dei propri problemi è già a metà strada della soluzione. Io lo tengo sempre presente”.

Joe: “Ottimo consiglio. Chi è Martin?”.

Nina: “Mio marito”.

Buio. Rullo di batteria. Tutto il palco illuminato. Joe, Nina, Henry, Terry, Carnford, Tom, Vernon, Molly seduti attorno a un tavolo. Fadge seduta in un angolo del palco.

Joe: “Bene. Questo è un momento emozionante perché stiamo per partire verso una nuova scoperta. Vorrei parlarvi un po’ dell’Amleto. Io lo vedo come un dramma molto fosco”.

Terry: “Io come un dramma molto lungo, gioia. Interverrà la signora forbice, spero?”.

Joe: Si, ho già fatto diversi tagli. Ma credo sia utile in questa fase fare una lettura integrale”.

Henry: “Certo. Ci sono dieci giorni di prove e noi buttiamo via quindici ore per leggere il testo sacro”.

Nina: “È importante una lettura integrale!”.

Tom: “Sono d’accordo”.

Joe: “Bene. Vorrei soltanto dire a tutti voi: godetevi questa lettura! Non sentitevi obbligati a dare un’interpretazione…non voglio questo! Però evitate di buttare via. Ascoltiamolo questo dramma! Ascoltiamo quello che dice l’autore! E rilassatevi! Ok? Cominciamo!”.

Tom: “Posso dire una cosa sul fumo? Io credo che sarebbe un’ottima idea se fosse no smoking questa lettura”.

Joe: “Certo. Bisogna tenere conto di questa tua richiesta. Grazie Tom”.

Iniziano a leggere il copione. Musica. Stop.

Joe e Henry camminano avanti e indietro in proscenio.

Henry: “Io non le sopporto le checche! Gertrude non è stata scritta come transessuale”.

Joe: “Guarda che lo stesso Shakespeare forse era bisessuale”.

Henry: “Balle!”.

Joe: “È un concetto elisabettiano e direi che apre un sacco di prospettive nuove”.

Tutti gli altri seduti sulla panchina alla destra del palco.

Terry: “La vecchia signora si lamenta troppo”.

Carnford: “Amici, io faccio un salto giù al…all’ufficio postale a farmi un…francobollo”.

Tom: “I tagli sono incredibili. I tagli sono incredibili!”.

Vernon: “Sono credibili i tagli Tom?”.

Tom: “No, sono incredibili!”.

Nina: “Tu fai tutte quelle parti. Sta proprio in quello la sfida, non credi? Farle tutte emozionanti e differenti”.

Vernon: “E brevi”.

Tom: “Esatto. Ne dovrò parlare al mio agente!”.

Terry: “Si, gioia, minaccia di andartene. Il produttore se la farà sotto”.

Nina: “Ti prego, non ci lasciare Tom. Sono certa che farai uno stupendo Laerte”.

Tom: “In effetti, ci ho lavorato su parecchio. Normalmente avrei passato almeno un mese in Danimarca per entrare nel personaggio”.

Vernon: “E questa volta che hai fatto invece?”.

Tom: “Ho preso un libro sulla Tour Eiffel. Sai, nel primo atto Laerte va in Francia. Volevo avere un immagine in testa”.

Terry: “Di spazio ce n’è da vendere, gioia”.

Molly: “Ma Joe sta bene?”.

Terry: “Si sta bene. È lì che conforta la signora Henry”.

Molly: “Vuole andarsene anche lui? Ma è sempre così il primo giorno di compagnia?

Nina: “Sono giochi politici”.

Tom: “Si marca il territorio”.

Molly: “Ti è piaciuta la lettura, Fadge?”.

Fadge: “Si, l’ho trovata straordinaria e anche, in uno strano senso, banale”.

Vernon: “Vuoi dire che ci farai una straordinariamente banale scenografia?”.

Fadge: “Io non decido mai in questa fase. Bisogna rimanere aperti”.

Vernon: “Aperti e indecisi”.

Nina: “Non prenderla in giro! Non vedo l’ora di vedere il modellino, Fa”.

Vernie: “Fa? Ha detto Fa? Curioso!”.

Buio. Esercizio di riscaldamento. Musica. Carnford al centro della scena. Joe in platea.

Joe: “Cominciamo dalla prima scena”.

Terry: “Dalla prima scena? Ma che originale!”.

Joe: “Molly, la mia parte la dovrai fare tu durante le prove. Così io potrò guardare gli altri”.

Molly: “Oh, grazie, almeno hai avvertito. Di solito non lo fai. E quando la proverà Herr Director la sua parte?”.

Joe: “Troveremo il tempo e ti ruberò le cose migliori. Carnford, quando vuoi”.

Carnford: “Chi va là!”.

Joe: “Bene, stupendo! Siamo sulla buona strada (si avvicina a Carnford). È un po’ piatta! Quello ha appena visto un fantasma e magari si aspetta di vederne un altro. Amleto è una grossa storia di fantasmi e io voglio vedere la paura. Voglio sentirla la paura!”.

Carnford: “Certo, certo…sentire la paura”.

Joe: “D’accordo, da capo!”.

Carnford ripete la battuta con l’identica intonazione di prima.

Carnford: “Chi va là!”.

Joe: “No, non così. Senti, non mi convince ancora. Cerchiamo di calare questa situazione dentro a una qualche realtà. Ora, dimmi quando è stata l’ultima volta che ti sei veramente spaventato? Te lo ricordi?”.

Carnford: “Certo che me lo ricordo. Una domenica che stavo andando a pranzo dalla mia mamma. Era il suo compleanno e quindi c’era una festicciola e ho bucato una ruota sull’autostrada. Ancora non sapevo se sarei arrivato in tempo e così mi è venuto il terrore”.

Joe: “Come si è manifestato quel terrore?”.

Carnford: “Forse ci ho messo più tempo a cambiare la ruota perché, sai, avevo le mani che tremavano tutte”.

Joe: “Ok. Immaginati in quella situazione e senti quella paura”.

Carnford dice la battuta e fa per cambiare una ruota.

Carnford: “Chi va là”.

Joe: “No. Non occorre che cambi la ruota”.

Carnford: “Scusa. Scusate tutti”.

Entra Molly e chiama Joe in un angolo del palco.

Molly: “Maledetto costruttore!”.

Joe: “Che c’è?”.

Molly: “Tu gli hai pagato l’affitto, no?”.

Joe: “Tre settimane anticipate”.

Molly: “Adesso vuole i soldi di un’altra settimana per le bollette della luce che, secondo lui, doveva pagare la scuola”.

Joe: “È così?”.

Molly: “Certo che no. Ci sta provando”.

Joe: “E voi contestate”.

Molly: “Lo faremo, ma lui non ci riceve fino a dopo Natale”.

Joe: “E lo può fare?”.

Molly: “Certo che no ma è un maiale e ha in mano i tuoi soldi”.

Joe: “E che vuol dire?”.

Molly: “Che se non gli paghiamo un’altra settimana di affitto ci sbatte fuori”.

Joe: “Non ce ne andiamo”.

Molly: “In questo caso dice che ci taglierà tutto quanto: acqua, gas, luce”.

Joe: “Quanti giorni ci ha dato?”.

Molly: “Fino alla sera della vigilia del debutto”.

Joe: “Oh cazzo! Io non le ho settecento sterline!”

Molly: “Non le ho neanche io!”.

Joe: “D’accordo, troveremo una soluzione. Non dirlo agli attori!”.

Molly: “No, ok”.

Entra Nina.

Nina: “Scusate l’interruzione. Volevo solo dirvi…complimenti a tutte e due. Un primo giorno stupendo”.

Joe: “Molte grazie Nina”.

Molly: “Cosa fai? Esci stasera?”.

Nina: “No. Vado solo a telefonare. Ci vediamo”.

Molly: “A chi telefona?”.

Joe: “Al marito!”.

Joe in piedi vicino alla panchina. Margie alla sinistra del palco. Al telefono.

Joe: “Ho un piccolo problema di contanti con il costruttore”.

Margie: “Oh no Joe! Ancora? Avevi promesso”.

Joe: “Lo so, ma sono un po’ incasinato”.

Margie: “Scasinati tesoro. Cerca di farlo ragionare”.

Joe: “È difficile. Lui preferisce le maniere forti”.

Margie: “Fatti venire qualche idea. Come va il tuo Amleto?”.

Joe: “È un po’ indietro al momento. Mi sostituisce Molly nelle prove”.

Margie: “Non trascurarlo caro. Non vorrai mica che trascini lì dei direttori dei casting a vederti fare una porcata”.

Joe: “No, no, stai tranquilla”.

Margie: “Ah, sai tesoro, ancora drammi sul fronte Dylan Jad. La sua agente vuole il nome sopra il titolo e così non ha firmato il contratto alla vigilia delle riprese. Sta rischiando grosso. Ti senti meno propenso al suicidio adesso?”.

Joe: “Penso di si”.

Margie: “Allora funziona. Magnifico! Buona notte”.

Joe: “Buona notte”.

Buio. Rullo di batteria. Henry, Molly, Terry al centro del palco. Joe in platea.

Henry: “Dunque mio cugino Amleto e mio figliolo”.

Molly: “Un po’ più cugino e men che figlio”.

Henry: “Come mai sei ancora così rannuvolato?”.

Molly: “Non è così Signore. Sono anche troppo nel sole”.

Terry: “Buon Amleto, spogliati del tuo notturno colore e guarda con occhio amichevole il Re di Danimarca”.

Henry: “Ma che la farà così?”.

Terry: “Così come ignorante?”.

Henry: “Come una checca strafatta!”.

Terry: “Ma senti!”.

Joe: “Basta così. Smettetela. Henry, qui le interruzioni le faccio solo io, grazie. Senti, sono un tantino preoccupato per la voce. In generale va tutto bene però la voce trovo che…”.

Terry: “È quella che fanno tutte gioia. Tutte le grandames non parlano mica come nella vita. Fanno la voce roca da fumatrici, il trillo tragico, spezzano la battuta a metà con un singulto e cantano. Io le ho studiate bene”.

Joe: “Certo e a volte funziona, ma altre volte sono pessime e danno a Shakespeare una cattiva fama”.

Terry: “Io lo sento sempre fare così il teatro classico. Credevo si facesse così”.

Joe: “Cerca di farlo in modo più naturale. Sarai bravissimo, vedrai”.


Carnford e Fadge in un angolo del palco.

Fadge: “Porco, porco diavolo!”.

Carnford: “Tutto bene?”.

Fadge: “No, questi maledetti costumi! Ne ho portati di tutti i periodi ma non riesco ancora a decidere. E si va…”.

Carnford: “E si va facendo tardi”.

Fadge: “Non dire così. Mi scoraggi. Sei molto bravo con i cruciverba?”.

Carnford: “Sai no qual è il segreto? Non tener conto delle definizioni”.

Fadge: “E cioè?”.

Carnford: “E cioè non sto lì a pensarci. Metto una lettera in ogni casella vuota, una lettera qualsiasi. Sono sempre stato una frana in queste cose, però mi distrae dal terribile stress della recitazione”.

Fadge: “È il tuo nome vero Carnford Greville?”.

Carnford: “No, è Keith Branche. Ne ho preso uno che ritenevo avesse la giusta miscela di mistero e di magia”.

Fadge: “E i tuoi che cosa hanno detto?”.

Carnford: “Ci sono rimasti un po’ male. Hanno fatto un sacco di sacrifici per farmi andare all’accademia e, poverini, loro ci credevano davvero in me, mamma soprattutto. Non penso di aver dato molte soddisfazioni ai miei. Ma dimmi di te…è il tuo nome vero Fadge?”.

Fadge: “Figurati, quello vero è Mildred. Non certo il nome adatto per chi cercava di farsi strada nella scenografia come facevo io. Però ero stata adottata e non gli ho dato importanza”.

Carnford: “Io lo trovo squisito”.

Fadge: “Grazie Kit”.

Carnford: “Prego Mildred”.

Fadge: “È divertente fare teatro alle volte. Non credi?”.

Carnford: “Io direi di si. Oh, ne ho azzeccata una!”.

Joe e Nina seduti sulla panchina.

Joe: “Perché non porti gli occhiali? Oppure…non fa niente”.

Nina: “Non lo so neanche io. Non voglio vedere il mondo bene a fuoco”.

Joe: “Perché?”.

Nina: “Perché è orribile!”

Joe: “Dici sul serio. Tu che sei sempre così positiva e brillante”.

Nina: “E agitata”.

Joe: “No, io non ho detto questo”.

Nina: “Lo dice tutte le sere mia madre al telefono. È convinta che voler fare l’attrice e lavorare in teatro non è altro che una terribile fase passeggera”.

Joe: “Sono certo che è molto fiera di te”.

Nina: “Io spero che lo sarà se viene a vederci. Sai, questa è la mia prima vera parte”.

Joe: “Però immagino che tuo marito ti sia vicino?”.

Nina: “Si, lo è a modo suo”.

Joe: “Come? Vuoi dire che abita lontano?”.

Nina: “È morto. Non dire niente! Sono cose che succedono”.

Joe: “Di malattia?”.

Nina: “No, in modo molto più stupido e assurdo. Era un pilota militare. Si è schiantato. Uno scontro in volo a velocità supersonica. Un caso su un milione. Era una bellissima giornata, ma è quasi sempre così anche se non facilita le cose”.

Joe: “Quanti anni aveva?”.

Nina: “Trentatre. Anche Cristo ne aveva trentatre, che morì con più dolore però”.

Joe: “Tu come hai reagito?”.

Nina: “Andando in pezzi come fanno tutti. Dopo un po’ cominci a rimettere insieme i pezzi. Martin lo diceva sempre questo. La vita è una gran baggianata: non fai che cadere e rialzarti, cadere e rialzarti. Alla lettera nel mio caso”.

Joe: “E tu allora già lavoravi in teatro?”.

Nina: “Oh no. Io ero nell’esercito, servizio ausiliari, in aeronautica si capisce. Il teatro lì non è una cosa seria; tutt’al più lo si fa nel tempo libero. Martin era diverso però. Era convinto che avrei potuto maturare come attrice”.

Joe: “Io dico che sei un’attrice molto matura!”.

Henry e Terry in un angolo del palco.

Terry: “È proprio tosta la Guglielmina Shakespeare, specie per noi novizi”.

Henry: “A chi lo dici, cocco”.

Terry: “Ma tu l’hai già fatto”.

Henry: “No, mai. L’ho fatto credere”.

Terry: “Ma che imbroglione! Sei un vecchio volpone!”.

Henry: “No, sono un vecchio cacciaballe! Ho sempre desiderato farli i classici. Leggevo sempre delle vecchie compagnie shakespeariane: otto spettacoli in sei giorni viaggiando di città in città la domenica. Centinaia di ammiratori a salutare gli attori alla stazione…che cosa romantica! Io purtroppo sono nato fuori tempo. Quando ho cominciato tutto questo era finito. C’era già una divisione: da una parte il teatro d’arte e dall’altra il teatro commerciale. Un sempliciotto suburbano come me era tagliato fuori dai ruoli in calzamaglia e corsetto e finii diritto a fare piccole cose nel teatro leggero”.

Terry: “Quindi in realtà non l’hai mai fatto Shakespeare?”.

Henry: “No”.

Terry: “Avrai paura allora?”.

Henry: “Da farmela sotto amico. Ma non bisogna farla vedere ai giovani e così la nascondo dietro atteggiamenti stronzi”.

Terry: “Ci riesci benissimo”.

Prova costumi. Musica.

Joe al centro della scena. Gli attori seduti attorno a lui.

Joe: “È stata una prima settimana straordinaria. Sapevamo che non era facile. È un dramma complesso. Noi abbiamo coperto ogni scena”.

Henry: “Si, di merda”.

Joe: “E questo di per sé è un grosso risultato. Ora dobbiamo preoccuparci meno dell’aspetto esteriore dei personaggi e concentrarci di più sulle motivazioni interiori di ciascuno, sul perché agiscono, non sul come. Il come verrà fuori da sé se vi chiederete perché, perché, perché”.

Henry: “Me lo chiedo ogni giorno”.

Joe: “Dovete avere fiducia in voi stessi. Dobbiamo fidarci di quello che abbiamo. Abbiamo moltissimo da offrire sia al pubblico sia a noi stessi e tenete presente che è solo la fine della prima settimana”.

Henry: “Si, il problema cocco è che non ci sarà la seconda. Ci restano solo quattro giorni prima della prova tecnica, una prova generale il pomeriggio della vigilia di Natale e la sera si va in scena”.

Joe: “Certo, ci siamo assunti un impegno non facile, ma succedeva anche nel teatro di Shakespeare. In sei settimane si facevano trentacinque spettacoli di diciassette lavori diversi, di cui a volte quattro erano prime assolute. Perciò, come dice Polonio, talvolta la brevità è l’anima del senno. Quindi non ci dobbiamo scoraggiare proprio adesso”.

Buio. Joe e Molly in un angolo del palco.

Joe: “E adesso cosa facciamo? Era tutto calcolato al centesimo. Calcolo basato su un ottimistico sbigliettamento di trecento persone a sera per sette spettacoli, che facendo una donazione”.

Molly: “Donazione?”.

Joe: “Non possiamo far pagare un biglietto intero. Non sarebbe giusto! Comunque con una donazione in media di due sterline e mezza fa 750 sterline a sera, per un totale di 5250. Togli 2100 sterline per le spese di produzione e affitto, 100 sterline a settimana a testa di partecipazione agli utili. Togli 150 sterline per bevande la sera della prima e cena, 600 sterline per provviste alimentari e quello che ti rimane è zero. E chi le aveva mai previste 700 sterline per una settimana di affitto extra? E inoltre questo era basato su un’idea di prenotazioni in contanti da cui avrei potuto prelevare, anziché usare la mia carta di credito che è ormai kaput”.

Entra Vernon.

Vernon: “Fadge ha fatto il cartello, io i volantini sul mio computer. Adesso me ne andrò per le strade di Hope. Tu dammi i biglietti e io li venderò dal vivo”.

Molly: “Geniale!”.

Vernon: “Ho anche venduto uno spettacolo al Wakeford Castle!”.

Joe: “Dove alle rovine?”.

Vernon: “Parte rovine, parte grande hotel”.

Molly: “È una cosa nuova tesoro. L’inizio di un tentativo di “yuppificazione” della zona: una miscela di antichi monumenti e di struttura alberghiera. Non funziona!”.

Vernon: “Ma l’albergo si, quantomeno per Natale. È tutto prenotato. E avranno anche il mio straordinario numero di cabaret con canzoni e giochi di magia”.

Joe: “E venderesti dei biglietti per Amleto?”.

Vernon: “O il mio soprannome non è più Appioppabidoni!”.

Joe: “Oh Vernon, ti amo! Platonicamente si capisce”.

Molly: “Si capisce”.

Joe: “Anche se hai un bellissimo fondoschiena”.

Buio. Rullo di batteria. Terry, Vernon e Joe al centro della scena.

Terry: “È il frutto della tua immaginazione. L’artefice di questa creatura senza corpo è il delirio!”.

Joe: “Delirio? Non è pazzia quel che ho dentro. Madre, se volete misericordia, non blandite l’anima vostra con l’illusione che a parlare non sia la vostra colpa, ma la mia demenza. Potrete con ciò dissimulare la piaga; ma dentro di voi, non vista, la turpe infezione avanza, corrode e avvelena. Confessatevi al cielo; pentitevi del male compiuto ed evitate di compierne altro!”.

Terry: “Oh, Amleto, mi hai spezzato il cuore! Scusa, Joe, non posso continuare! ”.

Joe: “Come sarebbe non puoi continuare. Terry, devi continuare. Tu hai solo paura di misurarti come attore. È solo questo. Tu devi sentire la tua colpa. Tu devi confessare tutto a tuo figlio”.

Terry: “Ho cercato. Ho cercato. Non ha voluto ascoltare, Joe”.

Joe: “Che c’è?”.

Vernon: “Troppo simile alla vita”.

Henry e Terry in un angolo del palco.

Henry: “Quando?”.

Terry: “Avevo diciassette anni. L’unica volta in vita mia che sono stato con una donna”.

Henry: “L’unica volta?”.

Terry: “Si e ho fatto centro, cioè quello che voleva la ragazza”.

Henry: “E dopo che hai fatto?”.

Terry: “Beh, lei voleva il figlio a ogni costo. Non che io sapessi dove andare a parare comunque. Ma quando capì che io pendevo dall’altra parte, troncò ogni rapporto con me”.

Henry: “Sai dove sono ora?”.

Terry: “Il ragazzo mi ha trovato. Hanno naso e non mollano mai quelli. Diventano tutti Sherlock Holmes se devono trovare i veri genitori. La vigilia di Natale a Bradford. Recitavo nel Gatto con gli stivali. Quattro anni fa”.

Henry: “Cos’è successo?”.

Terry: “Quasi come nella scena di poco fa. Il dialogo certo non così bello. L’avevo abbandonato con sua madre, che lui odia perché mi nasconde. Si vergognava del mio lavoro, di quello che ero e sono. Non mi voleva mai più vedere. Un vero classico!”.

Henry: “Chissà come avrà sofferto!”.

Terry: “E io no”.

Henry: “Lo hai più rivisto da allora?”.

Terry: “No, gli ho scritto. Ricevo qualche cartolina. Il fatto è che questa parte mi ci riporta dentro in un modo impossibile. Shakespeare non era uno stupido. La famiglia non funzionava già allora”.

Henry: “Io non ne so niente. Mai avuta una. Avrei tanto voluto, ma non è successo”.

Terry: “Non ce la faccio ad andare avanti!”.

Henry: “Certo che ce la fai. Tutti e due ce la faremo”.

Buio. Carnford, Vernon, Tom, Terry, Henry, Nina, Joe al centro del palco.

Carnford: “Qualcuno ha visto una bottiglia di limonata che avevo qui? Mi è venuto un po’ di mal di gola”.

Vernon: “Limonata?”.

Carnford: “Si, limonata. Non ti va bene, rompiballe”.

Joe: “Ok, ok, riprendiamo dalla canzone di Ofelia e, vi prego, date alla scena l’intensità che le va data. Siete tutti intimiditi dalla potenza di questo dramma”.

Terry: “Scusa, boss”.

Joe: “Questa scena parla della perdita: la perdita del senno, la pazzia di Ofelia, perdita di una sorella, perdita di un rapporto tra Gertrude e Claudio e soprattutto la perdita, la morte di una persona per la quale si è provato un amore profondo. Questa è un’emozione umana che appartiene a tutti, ed è qui che si entra in contatto con la gente di Hope e di altrove. Ci dovete convincere che avete subito davvero una tale perdita. Oh no, scusami, Nina”.

Nina: “No, forse hai ragione, Joe. Dobbiamo usare la realtà. Non ti preoccupare”.

Joe: “D’accordo, riprendiamo da quel punto”.

Nina inizia a cantare. Mentre canta, scoppia in lacrime e scappa via.

Nina: “Scusatemi”.

Tom: “Vedete tutto questo, oh dei!”.

Si chiude il sipario. Fine primo atto.

 

 

 

 


Secondo atto:

Si apre il sipario. Tom, Carnford, Joe, Vernon, Nina, Terry, Henry, Molly al centro del palco.

Joe: “Riprendiamo da capo”.

Tom: “Andate, capitano. Salutate per me il Re di Danimarca”.

Carnford rutta.

Tom: “Scusate, io non ci riesco. Non è proprio possibile! Io faccio quattrocento parti e ho un capitano qui che non si regge in piedi”.

Carnford: “Chi l’ha detto?”.

Tom: “Se tu riuscissi a stare in piedi andrebbe già bene. Joe, il mio impegno in questo progetto è del 132%. Tutto quello che sono come essere umano è qui. Lo porto qui tutte le mattine. È tuo. La mia energia è sempre positiva, quella fisica, intellettuale, eccetera. Ma quello che ricevo in cambio è il dileggio. Facciamoci due risate alle spalle di Tom. Va bene, d’accordo, si scherza. Io non mi lamento di certo perché ho le spalle belle forti. Io sono rimasto tranquillo. Non ho chiamato il mio agente”.

Vernon: “Non ce l’ha l’agente!”.

Tom: “Si che ce l’ho. Sta zitto! Sta zitto, capito. Così non è giusto! Così è troppo”.

Joe: “Mi dispiace, Tom. Ti chiedo scusa”.

Tom respira profondamente.

Tom: “Scusa anche tu, Joe. Chiedo scusa a tutti”.

Joe: “Dall’inizio”.

Tom: “Tu lo sai, ti voglio bene. Andate, capitano. Salutate ”.

Rumore di una telecamera accesa.

Tom: “Lo vedi, è impossibile! Tutto quello che noi facciamo lui lo deve riprendere. Non si può lavorare in privato una volta tanto? Perché devono vedere tutti il dietro le quinte oggigiorno? Dove è andato a finire il fottuto mistero?”.

Vernon: “Io documento questo spettacolo. Eravamo d’accordo vero, Joe? E credo anche di meritarmelo. Io sono l’unico della compagnia che si è dato da fare per portare gente. Tu vuoi che venga a vederti qualcuno?”.

Tom: “Io non voglio che vedano quella roba”.

Joe: “Adesso basta. Lo spettacolo è finito, chiuso”.

Vernon: “Non dirai mica sul serio?”.

Joe: “Ma che cazzo di motivo c’è per continuare? Guardatevi: voi siete un gruppo di persone per bene; voi siete un gruppo di attori con le normali insicurezze e vanità. Però, di fondo, io lo so che volete stare qui. Io lo so che vogliamo tutti dare il meglio per lo spettacolo. Però guardate: litighiamo, siamo depressi. Voglio dire, forse ci siamo dati un obbiettivo troppo grande per noi. Diventa tutto troppo personale per noi. E io, per conto mio, non so più quello che faccio e perché”.

Nina: “Non è vero!”.

Joe: “I fatti brutali sono che non c’è tempo per provare ancora; non abbiamo il pubblico, non abbiamo la scena. Scusa, Fadge, ma è così. E siccome io non ho i soldi che servono per pagare l’affitto, non abbiamo nemmeno questo spazio per le rappresentazioni. Questa è stata un’idea insensata. Senza offesa, Molly. Le chiese chiudono, i teatri chiudono tutti i giorni perché la gente tutto sommato non li vuole. L’Amleto di Hope è un perdente diretto dal capo dei perdenti, il sottoscritto. E le circostanze mi costringono a farmi questa domanda: non solo che senso ha andare avanti con questa pazzesca cialtronata, ma anche c’è un motivo per andare avanti con questa tormentata e miserabile vita? Qualcuno di voi sa dirmi, vi prego, che cosa rende questa vita degna di essere vissuta?”.

Vernon: “Rakmaninov”.

Joe: “Cosa?”.

Vernon: “La musica di Breve Incontro, anzi tutto il film, direi. Questo dà senso alla vita. Ti regalerò il video per Natale”.

Terry: “Sapere che Tim sta bene ed è felice”.

Vernon: “Chi è Tim?”.

Terry: “Mio figlio”.

Carnford: “Oh, cavolo. Anch’io ne devo dire una?”.

Vernon: “Sta zitto, Carnford”.

Carnford: “Scusa”.

Henry: “Senti, Joe, io penso, tutti qui pensiamo, che in parte quello che dici è vero, ma, avendo fatto tutta questa strada, vale certo la pena andare avanti. Perché non interrompiamo qua e facciamo una prova filata presto domani mattina? Dacci questa chance. Fallo per noi, boss”.

Tom: “Giusto”.

Molly piange.

Joe: “Che c’è, Molly?”.

Molly: “Tu sei mio fratello. Tu dai un senso alla vita, quantomeno alla mia di vita. Perciò non dire che non ha senso”.

Musica. Fine della prova.

Joe; “Hai visto! Hai visto! Sono molto fiero di voi! È stato magnifico. Ha cominciato a prendere vita”.

Fadge: “Ci sono quasi, Joe. Ancora non mi è venuta l’idea giusta ma ci resta da fare la prova tecnica”.

Tom: “Joe, ti rendi conto che sei geniale in questo Amleto?”.

Nina: “Sei stato fantastico”.

Terry: “Basta parlare di me! Che mi dici della mia interpretazione?”.

Joe: “Tutti quanti state a sentire: è come se tutto quello che sognavo sia cominciato ad accadere. Se solo avessimo…”.

Vernon: “So già cosa vuoi dire. Noi tutti abbiamo parlato della situazione finanziaria e riteniamo che…la compagnia ritiene che dovremmo dare una mano. Perciò abbiamo fatto una colletta. Ognuno ha messo quello che poteva. Siamo lontani dalla cifra necessaria però…”.

Tom: “Fadge ha venduto il furgone”.

Fadge: “Oh, non importa”.

Joe: “Hai venduto il furgone? Ma come, ci tieni tutto lì dentro: le luci, i costumi”.

Fadge: “Me lo tengono fino all’anno nuovo. Se lo spettacolo ha successo, me lo ricompro”.

Joe: “Ma questo è incredibile! L’affitto…volete dire che…”.

Molly: “Si, l’abbiamo pagato stamattina. Lo spettacolo continua!”.

Joe: “Io…io non so che cosa dire, davvero. Sono…sono”.

Henry: “Un attore che farfuglia?”.

Joe: “Oh si, certamente. Grazie. Vi ringrazio molto. Oh Dio, cerco di ridere ma mi viene da piangere”.

Nina: “No, non lo puoi fare. Abbiamo ancora molto lavoro. La prova tecnica è domani mattina presto. Fadge ha messo metà di noi alle luci, alla fonica e a oscurare le vetrate. Gli altri andranno a Hope nel pomeriggio in cerca di spettatori”.

Joe: “Siete fantastici”.

Tom: “Si, ma prima facciamo un brindisi. Siete d’accordo?”.

Terry: “E anche un po’ di musica!”.

Carnford e Joe in un angolo del palco.

Carnford: “Joe, devi chiamare la tua agente”.

Joe: “Vi raggiungo subito”.

Carnford: “Ero giù al…all’ufficio postale e il padrone ha detto che c’era un messaggio dalla tua agente”.

Joe: “Il padrone dell’ufficio postale?”.

Carnford: “Si , è un termine tecnico subentrato con la privatizzazione. Comunque, è urgente”.

Joe: “D’accordo. Un momento…è l’anti-vigilia di Natale e gli agenti non lavorano”.

Carnford: “Ah, ecco si, devi chiamarla a casa. Se c’è un messaggio, io posso sempre tornare giù e…”.

Joe: “Io credo che tu dovresti fare gli esercizi per i movimenti rotatori”.

Carnford: “Ok”.

Joe: “Carnford, non bere. Non ne hai bisogno”.

Molly è seduta in scena. Entra Vernon.

Vernon: “Allora, quante ne hai fatte?”.

Molly: “C’è un gruppo di dieci ragazzi della scuola che verranno. Tre sterline a testa. Purtroppo non passeranno un Natale molto divertente”.

Vernon: “Vuoi dire che questo spettacolo è proprio noioso?”.

Molly: “No”.

Vernon: “Lo so, scherzo. Non saprò fino a domani sera se verranno quelli di Wakeford Castle. Sono tutti in agitazione”.

Molly: “Perché?”.

Vernon: “Un gruppo di cinematografari arriva domani mattina a fare dei sopralluoghi quasi senza preavviso. Ma se usano il castello, l’hotel è il posto migliore per alloggiare la troupe. Faranno un sacco di soldi”.

Molly: “Era ora”.

Vernon: “Esatto! Perciò è ovvio che venire a vedere Amleto non è la cosa in cima alla lista delle priorità. Però mi sto ancora lavorando il proprietario”.

Molly: “Come?”.

Vernon: “Il film è ambientato nel futuro. Girano gli interni in America e gli esterni per risparmiare in Europa. Vogliono il castello per farci le rovine di un’antica città del pianeta Zarta”.

Molly: “Oh Dio, che originali!”.

Vernon: “Perciò gli ho consigliato di accogliere la produttrice con l’uniforme di Star Trek e con un elmo di Guerre Stellari”.

Molly: “Tanto è americana”.

Vernon: “Esatto!”.

Molly: “Oh, accidenti”.

Vernon: “Dai a me”.

Molly: “Grazie per quello che fai, Vernon. Sei una roccia. Queste sono le più strane vacanze natalizie che abbia mai passato e ogni volta che ho l’impressione di essere pazza, mi basta guardare te. Oh, voglio dire, non ti scoraggia niente a te”.

Vernon: “Non se ti senti utile e io mi sento utile. Un’esperienza nuova per me. Ci dovrei fare su un film: Essere Utili”.

Molly: “Mi fai fare una parte?”.

Joe e Margie al telefono.

Margie: “È incredibile, caro. Solo Nancy Crawford poteva farlo. Certo a lei conviene alla lunga, ma anche a noi. Ti vogliono per fare tre film. Garantiti!”.

Joe: “E cioè?”.

Margie: “Ti devono pagare, caro, anche se non fanno gli altri due. Ti danno più subito e niente dopo. Ma io mi batterò per il merchandising. Certo, non li possiamo ricattare se il primo film è un clamoroso successo. Però ci danno tre anni di paga e sei mesi l’anno di lavoro assicurato in un progetto che potrebbe essere un altro Guerre Stellari”.

Joe: “Vuoi dire che Dylan Jad è stato silurato?”.

Margie: “Tesoro, la sua agente si è sparata da sola ai piedi, alle palle e soprattutto al cervello, per avidità”.

Joe: “Io…io non so che cosa dire. Cavolo, Margie, stanno finendo le monete. Ne parliamo quando arrivi qui. Ci vediamo allo spettacolo. Grazie”.

Margie: “Joe, Joe, dobbiamo parlare! Dobbiamo parlare di date, di prenotazioni di voli. Joe, Joe…”.

Cade la linea. Carnford e Vernon alla sinistra del palco. Vernon ha in mano due bicchieri di champagne.

Carnford: “Cos’è quella roba?”.

Vernon: “Uno zuccherino dal boss”.

Carnford: “Che pensiero gentile!”.

Vernon: “Oh, si. Non sarà l’equivalente della lira di Nerone mentre Roma bruciava?”.

Carnford: “Io non credo”.

Vernon: “Stavo scherzando, Carnford. Sei troppo serio”.

Carnford: “Beh, penso che lo sarei meno se non mi sentissi asino al mille per cento”.

Vernon: “Hai ancora problemi a imparare le battute?”.

Carnford: “Le battute, i movimenti, i cambi costume, la mia pessima recitazione. Bevi, bevi!”.

Vernon: “A te riesce tutto così facile. Mi fa impazzire”.

Carnford: “Facile? Che vuol dire facile?”.

Vernon: “Io ti amo. Io ti amo”.

Carnford: “No, non è che non ne sia lusingato…”.

Vernon: “No, io ti amo da spettatore, scemo, da membro della compagnia, da essere umano. Ti amo. Non posso farci proprio niente. Sei gentile, vulnerabile e carino. E neanche il pubblico può farci niente. Tu entri in scena e loro ti amano, perché sei te stesso”.

Carnford: “Lo credi davvero?”.

Vernon: “Ma certo. Però ti senti così in colpa per i sacrifici di tua madre che non ti accorgi nemmeno che il pubblico ti ama a teatro”.

Carnford: “Beh, io non me ne accorgo, no”.

Vernon: “Quindi, se fossi in te, io non mi starei tanto a preoccupare per domani”.

Tom e Fadge alla destra del palco. Fadge sta dipingendo delle figure di cartone.

Tom: “Cosa stai facendo?”.

Fadge: “Sto facendo il pubblico”.

Tom: “Come, scusa?”.

Fadge: “Ho fatto proprio pena finora ma finalmente credo di aver trovato. In caso non ci sia pubblico vero, io ne creerò uno finto per voi. Ci vuole qualcuno che vi guarda anche se solo gente di cartone”.

Tom: “Ma sei geniale. Questi non tossiranno. Odio la tosse”. Ridono.

Fadge: “Fa bene farsi due risate. Il guaio è che siamo troppo seri”.

Tom: “Lo so. Però adesso ci stiamo curando facendo questo lavoro. Fadge, io credo che potrei ridere con te”.

Fadge: “Un po’ fai ridere anche me. Direi che facciamo ridere tutti e due. Dai, su, torniamo a essere musoni e intensi. Abbiamo un pubblico da scrivere, cioè…da costruire”.

Nina, Joe e Molly al centro del palco. Bevono champagne.

Nina: “Questo champagne mi ha dato alla testa. Ma sarà giusto bere prima di un debutto?”.

Joe: “È un occasione straordinaria”.

Molly: “Si è ubriacato anche il direttore della tua banca?”.

Joe: “Una buona notizia di Natale lo ha incoraggiato ad aumentare il fido”.

Molly: “Non sarà che è stato venduto un biglietto e non ce l’hai detto? O è proprio ubriaco?”.

Joe: “Ogni cosa a suo tempo. Prima lo spettacolo, poi vi darò la buona novella”.

Nina: “È ora che io me ne vada a fare la nanna”.

Nina barcolla. Sta per cadere.

Nina: “Ops, non è niente. Non vi preoccupate, davvero. Buonanotte”.

Joe: “Buonanotte”.

Molly: “Dovresti portarla con te!”.

Joe: “Dove?”.

Molly: “Dovunque tu vada. Dovunque”.

Fadge cammina da sola avanti e indietro in ribalta.

Fadge: “Ecco, ci sono. Si, si, adesso ci sono. È l’ideale! Ho trovato! Posso prendere una decisione. Ecco, ci sono. Si signore, si!”.

Buio. Rullo di batteria.

Il palco è avvolto dal fumo. Tom al centro della scena. Joe in platea.

Tom : “Tesoro, questo è un delirio!”.

Joe: “Ma no, Tom. Va bene, è una prova tecnica. Sono sempre così le prove tecniche. Sta tranquillo. Riprendiamo dalla tua entrata e alleggeriamo il fumo. Andrà tutto bene”.

Henry e Terry in un angolo del palco.

Terry: “Ah, mastro Margherita ha cambiato tono da ieri sera. Hai notato?”.

Henry: “Certo, è felice adesso che sembriamo tutti ragionieri”.

Terry: “Già”.

Joe: “Niente male, niente male. Siete stati bravissimi, disinvolti, rilassati. Tecnicamente siete tutti perfetti, fantastici”.

Margie entra trafelata dal fondo della platea.

Margie: “Oh tesoro, finalmente ti ho trovato!”.

Joe: “Ciao Margie, sei in anticipo. Andiamo in scena alle 19.30. Sentite, questa è Margaretta D’Arcy, mia amica, agente e personale finanziatrice di questo spettacolo”.

Margie: “Tesoro, io ti devo parlare”.

Terry: “Ma tu la conosci quella?”.

Joe: “D’accordo. Molly, prendi gli appunti tecnici. Io torno tra due minuti”.

Musica. Joe e Margie parlano in disparte.

Stop musica.

Joe: “Ho una notizia importante da darvi. Dopo più di un anno di spettacolare disoccupazione io non solo ho un lavoro, ma ho Il Lavoro: un contratto per tre film in una nuova trilogia cinematografica di fantascienza. La brutta notizia è che…”.

Margie: “Scusa tesoro ma dovrò farla io la parte della cattiva. La brutta notizia è che Joe deve lasciarvi stasera”.

Molly: “Stasera?”.

Margie: “Si, la produttrice Nancy Crawford è qui per cercare dei luoghi dove girare. Il suo jet privato ripartirà alle ore 20. Inizieranno a girare gli interni a Los Angeles il giorno dopo Natale. Non c’è un momento da perdere. È un’occasione unica per Joe. Sono certa che capirete che non c’è altra scelta”.

Silenzio.

Henry: “Ha ragione, Joe. Non c’è altra scelta. Devi andare”.

Vernon: “Congratulazioni, boss”.

Tom: “Non c’è giustizia. Sono tutto verde di invidia. Io partirei subito”.

Fadge: “Avrai di certo altre occasioni di fare Amleto, Joe, ma volevo dirti che ero finalmente riuscita a trovare la soluzione giusta”.

Silenzio.

Nina: “Non andare, ti prego, non andare!”.

Henry: “Piantala Nina”.

Nina: “Non deve, non può. Non solo per noi, ma per lui”.

Terry: “Gioia, non c’è paragone”.

Nina: “Ma certo che c’è. Due settimane fa ci siamo incontrati per iniziare questa avventura e quasi tutti, anche se non lo ammettevamo, eravamo depressi, soprattutto tu Joe. Ci serviva questo lavoro, questa esperienza, e, nonostante tutti gli alti e bassi e le discussioni, continua a servirci”.

Joe: “Si, a noi si, agli attori si, ma al mondo no. Un dramma di Shakespeare non interessa a nessuno”.

Nina: “Interessa a quelli di Hope”.

Margie: “Tutto questo è molto teatrale e melodrammatico ma io dico che non è giusto. Lo potete fare quando volete questo cavolo di testo”.

Tom: “Nina, Joe fa solo quello che ognuno di noi darebbe un braccio per poter fare”.

Joe: “In questo modo potrò pagarvi, fare le cose regolari”.

Nina: “Non occorre che siano regolari”.

Joe: “È Natale. Dovreste stare tutti con la vostra famiglia”.

Nina: “È qui la nostra famiglia. Vivono così gli attori e anche gli abitanti di quello che resta di Hope. Loro resistono, non si lasciano andare. Vengono qui stasera per noi e noi dobbiamo recitare per loro. E se tu non vuoi recitare allora, allora…”.

Molly: “Allora vuol dire che reciterò io. Io farò Amleto. La parte la so a memoria ormai. È meglio che annullare. Lo sanno tutti che è una messa in scena strana. Una stranezza in più non farà differenza. Questo è il nostro villaggio, è la nostra casa. Non possiamo deluderli”.

Margie: “Ma che magnifica idea, davvero!”.

Silenzio.

Henry: “Siamo tutti stanchi e nervosi. Tu va pure a prendere quell’aereo. Faremo così. È inutile stare a discutere”.

Terry: “Certo”.

Henry: “Siamo attori. Siamo accattoni. È sempre stato così. Andremo in scena stasera con la nostra Molly e brinderemo al tuo successo durante il cenone domani”.

Terry bacia Joe sulla guancia.

Terry: “Abbronzati!”.

Molly: “Non piangere. Ce la faremo lo stesso”.

Fadge toglie la giacca a Joe.

Fadge: “Scusa, la giacca”.

Joe: “Ah, certo”.

Vernon si alza in piedi e saluta Joe con la mano.

Joe: “Nina!”.

Nina: “Ci hai messo tutta la tua vita in questa cosa fin da quando è iniziata. Avevi bisogno di questo lavoro. Ne avevi bisogno allora e anche adesso. Voglio dire…non è una questione di fama o di soldi. Qui si tratta di nutrire l’anima. Laggiù, alla fine della giornata, potrai stringerti quanto vuoi al tuo assegno. Non sarà mai una persona. Non sarà mai nessuno di noi. Non sarà mai me!”.

Nina esce di scena correndo.

Carnford: “Non ti angosciare troppo, vecchio. Purtroppo non tutti si possono permettere il lusso di nutrirsi l’anima. È una prerogativa dei romantici e basta questa! Lui cosa dice: se accade ora, non accadrà domani. Se non accade domani, accadrà ora. Se non accade ora, accadrà comunque. Basta essere pronti”.

Musica. Stop.

Si chiude il sipario.

Henry e Nina in un angolo del palco.

Henry: “Nina, ascolta, è un essere umano. Se fosse capitato a me, non l’avrei nemmeno detto alla compagnia. Sarei andato dritto all’aeroporto”.

Nina: “Ma ci ha lavorato tanto”.

Henry: “Si, ma anche tu. E non puoi buttar via la tua bellissima interpretazione solo perché ti sei follemente innamorata”.

Nina: “Chi ha detto che mi sono innamorata. Io voglio solo ciò che è meglio per lui. Voglio il bene della compagnia”.

Henry: “Il bene della compagnia è che tu vada in scena e faccia la migliore Ofelia che si sia mai vista”.

Nina: “Ma lui non sarà lì a vederla!”.

Henry: “Credi che amarsi voglia dire stare sempre assieme?”.

Nina: “È un aiuto”.

Henry: “È un aiuto anche fare il bene dell’amato, ovunque sia. È molto più dura per lui che per te. Ma di testa sei più dura tu!”.

Nina: “Sei diventato dolce come un angioletto lo sai?”.

Henry: “No, sono ancora un musone acido e questa è tutta una finta per impedirti di fottere il mio re”.

Nina: “D’accordo, allora ci penserò, brutto musone acido”.

Sotto il palco. Fadge accoglie gli spettatori all’ingresso della chiesa. Entra Tim e la madre di Nina.

Tim: “Salve”.

Mamma: “Salve”.

Fadge: “Perfetto. Dove volete, grazie. Volete il programma?”.

Tim: “Si, grazie”.

Fadge: “Mi dispiace, non l’abbiamo”.

Vernon: “E questo cos’è?”. (Vernon porge il programma a Fadge)

Fadge: “E questo cos’è?”.

Vernon: “Cinquanta pence, grazie”.

Fadge: “Cinquanta pence, grazie”.

Mamma: “Il gelato lo avete?”.

Fadge: “Abbiamo tè alle erbe, succhi naturali, dolci di riso integrale con cioccolata balsamica e noccioline”.

Mamma: “Ma il gelato lo avete?”.

Fadge: “Cosa sei una fascista?”.

Vernon: “Fadge, ce l’ho io il gelato nella ghiacciaia!”.

Fadge: “Vernon, sei grande. Si, aspetta. Vernon, sei grande. Io sono nel pallone completo: la vernice nel trono non è asciutta. Il costume di Joe non sta a Molly. La macchina del fumo se l’è portata al pub Carnford che è corso a farsi un goccetto. Se fossi una persona nervosa, sarei molto nervosa”.

Vernon: “Stai facendo un grosso lavoro, davvero!”.

Mamma: “Mia figlia è tra gli attori. Interpreta Ofelia”.

Tim: “Ah si. Anche mio padre ci recita”.

Mamma: “Che parte fa?”.

Tim: “Sa che non lo so”.

Entra Margie, la produttrice Nancy Crawford e un giornalista.

Margie: “Vedrai che ti piacerà. Il bello dell’aereo privato è che ti aspetta. Siamo così felici”.

Nancy: “Lui ti disturba?”.

Margie: “No”.

Nancy: “Come ti chiami?”.

Giornalista: “Morris”.

Nancy: “È venuto a intervistarmi per il London Times. È un buon giornale?”.

Margie: “Oh, il migliore”.

Nancy: “Dice che voleva vedermi mentre consumo dell’arte”.

Margie: “Ecco!”. Lancia la pelliccia di Nancy addosso alla madre di Nina.

Nancy: “Carini questi. Dovrei metterne un po’ anch’io alle anteprime dei miei film”.

Tom, Molly, Carnford nel “dietro le quinte”.

Tom: “È una cosa incredibile, Molly. Tu stai vivendo il classico incubo dell’attore: l’incubo di andare in scena in un ruolo importante totalmente impreparati. È così eccitante!”.

Molly: “Grazie, Tom. Oddio, chi dice che gli attori sono donnicciole? Avete il pelo sullo stomaco. Oh, io sto male!”.

Carnford: “Non ti preoccupare. Se dimentico le battute con Shakespeare, io dico sempre: sostiamo qui un attimo in attesa. È un trucco che funziona”.

Molly: “Perché, che succede?”.

Carnford: “Ma, niente veramente, però provoca un momento di mistero e ti dà modo di inventare. Magari guardi il copione”.

Tom: “Il duello! Se qualcosa va storto, lascia la spada. Togliti questa (ha in mano una scarpa) e tiramela. E io dico: la scarpa! La scarpa è avvelenata! E muoio”.

Carnford: “Geniale”.

Buio. Si apre il sipario.

Occhio di bue. Carnford ha in mano un mitra.

Carnford: “Chi va là?”. E spara all’impazzata sul pubblico.

Nancy: “Ho finito le gomme! E adesso?”.

Sul palco Henry, Terry e Molly.

Henry: “Dunque mio cugino Amleto e mio figliolo”.

Silenzio.

Entra Joe dal fondo della platea.

Joe: “Un po’ più cugino e men che figlio”.

Un braccio trascina Molly fuori dal palco.

Henry: “Come mai sei ancora così rannuvolato?”.

Joe: “Non è così Signore. Sono anche troppo nel sole”.

Terry: “Buon Amleto, spogliati del tuo notturno colore e guarda con occhio amichevole il Re di Danimarca”.

Tom, Vernon e Nina nel “dietro le quinte”.

Tom: “Tesoro, qui si rischia di fare uno spettacolo importante. Nancy Crawford ha ritardato il volo per vedere il suo nuovo divo in azione. E ha anche portato il Times a vederlo. Vuol dire che avremo una recensione su un giornale nazionale”.

Nina: “Vuoi dire che è tornato per un solo spettacolo?”.

Tom: “Ma sii ragionevole, Nina. Joe ha salvato la prima. Ha salvato Molly da una crisi nervosa e ci ha permesso una recensione importante”.

Nina: “Lo farò vergognoso!”.

Sul palco Nina e Joe.

Nina: “Signore, come è stato Vostra Altezza in questi giorni?”.

Joe: “Vi ringrazio umilmente. Bene. Bene”.

Nina: “Ho degli oggetti che mi avete regalato e che da tempo volevo restituirVi. Vi prego, riprendeteli signore”.

Joe: “No, io non vi ho mai dato nulla”.

Nina: “Mio signore, foste proprio voi a darmeli, insieme a parole di un alito così dolce pervase da renderli ancora più preziosi. Una volta perduto il loro profumo, riprendeteveli, poiché il valore di un ricco dono diventa povero quando il donatore è crudele. Ecco prendete!”. Schiaffo.

Duello tra Joe e Tom.

Nancy: “Bello quello!”.

Margie: “È un mio cliente”.

Nancy: “Come si chiama?”.

Margie: “Nina. Ah no. Tom, Tom Newman”.

Joe, Henry, Terry, Tom e Carnford sul palco.

Joe: “Il resto è silenzio”. Muore.

Carnford: “Così si spezza un nobile cuore. Buonanotte dolce principe, e voli di angeli ti accompagnino al tuo riposo”.

Tom: “Andate. Ordinate ai soldati di sparare”.

Buio.

Margie: “Bravi. Bravi”.

Saluti.

Nancy: “È meglio più alto: alto e aitante. Aitante è la parola giusta. Così potrò sfruttare in modo ottimale i rapporti spaziali, tra l’altro”.

Margie: “Esatto, tesoro. Beh, tu lo conosci Shakespeare, no? Voglio dire, una volta che tu hai i giusti rapporti spaziali allora…spesso è molto, molto meglio”.

Giornalista: “Io vado a faxare questo. Il direttore è contento di uno Shakespeare recensito da una chiesa. Grazie”.

Henry, Terry e Tim nel “dietro le quinte”.

Henry: “Terry?”.

Terry: “Si”.

Henry: “Una visita per te”.

Terry: “Cristo santo”.

Tim: “Ciao papà. Henry mi ha scritto. Mi ha detto di questo lavoro”.

Terry: “non è certo il Gatto con gli stivali a Bradford”.

Tim: “Lo facevi molto bene quello. E questo deve essere altrettanto difficile”.

Terry: “Oh si, lo è. Solo che qui non si canta e non si balla. E come sta tua…?”.

Tim: “Sta molto bene. Ti manda i saluti”.

Terry: “Davvero?”.

Tim: “Davvero”.

Tim: “Ci ha fatto piacere la lettera di Henry. Io, noi abbiamo pensato che sarebbe ora di essere più…beh sono contento di averti visto. Sei una stupenda regina. In tutti i sensi”.

Terry: “Che sfacciato!”.

Tim: “Senti, adesso devo andare. Sai, le feste di Natale. Però ci vorrei portare la mamma e la mia fidanzata. La settimana prossima”.

Terry: “Si, magari”.

Tim: “Complimenti, sei stato grande!”.

Terry: “Grazie. Ciao”. Lo abbraccia.

Tim: “Grazie, Hanry”.

Henry: “Henry”.

Terry: “Henry Wakefield, che cazzo gli hai scritto in quella lettera?”.

Henry: “Gli ho scritto che avevi il colera”.

Joe, Nina, Margie, Nancy, Tom e Fadge sul palco.

Joe: “Nina, lascia che ti spieghi”.

Margie: “Joe, questa è Nancy Crawford”.

Joe: “Salve. Molto gentile a essere venuta a vederci”.

Nancy: “Certo, volevo vederlo in faccia uno che dice di no a quel contratto”.

Nina: “Hai detto di no?”.

Margie: “Si, prima dello spettacolo. Così si placherà il tuo complesso di persecuzione, spero”.

Nancy: “Comunque come in tutti i successi di botteghino abbiamo il lieto fine. Signori, vi presento il nuovo Svegman”.

Tom: “Questa è la mia costumista personale”.

Nancy: “Adoro da morire le tue creature. Mi è piaciuto tutto. Mi sembrava di rivedere un film di Judy Garlan. Sarai perfetto. Più alto è molto meglio. Ci vuole il tuo genere di fisico. Ci vuole molto carattere sotto il lattice. Di dove sei originario?”.

Tom: “Norvegia”.

Nancy: “Ottimo per il mercato europeo. E tu sta tranquilla, gioia. Ci penserò io a farlo stare nudo le prime due settimane. Così tu avrai tempo di concepire i costumi”.

Nina: “Tom, vai a fare Svegman nel nuovo film di fantascienza Galaxy Termos?”.

Margie: “Non mi dire che hai già capito, cara”.

Nancy: “Spero sia lui. Non vorrei altri casini con questo ruolo. Hai una clausola di uscita nel contratto?”.

Tom: “Cosa? Una che?”.

Nancy: “La tua agente ha inserito una clausola che ti consente di lasciare lo spettacolo?”.

Vernon: “Non ce l’ha l’agente!”.

Margie: “Si che ce l’ha. E naturalmente dovremo fare un indennizzo alla compagnia. Poi ne riparliamo, Joe”.

Nancy: “Bene, possiamo prendere l’aereo allora. Bob?”.

Tom: “Tom! La raggiungo subito”.

Nancy: “Snatch?”.

Fadge: “Fadge! Arrivo boss”.

Nancy: “Ok. Michey e Judy, anche voi bravi. Continuate così, ragazzi”.

Margie: “Tesoro, hai fatto un magnifico Amleto. E tu, hai chi ti rappresenta, Splash?”.

Fadge: “Fadge”.

Nancy: “Margaretta!”.

Margie: “Eccomi Nancy. Tieni, chiamami”. Porge un biglietto da visita

Tom: “Oddio, adesso svengo”.

Terry: “No, non svenire, tesoro”.

Fadge: “Va bene, vero? Voglio dire, il mio lavoro ormai l’ho fatto, no? Molly può sostituire facilmente Tom, non credi?”.

Joe: “Si, certo che va bene. Senti, sono molto contento per te. Veramente, mi fa piacere”.

Terry: “Anche a noi. Sembra una favola!”.

Henry: “Un incubo vorrai dire”.

Terry: “Zitta tu!”.

Carnford: “Nina, me ne ero scordato. C’è una visita per te all’ingresso”.

Tutti: “Oh!”.

Entra la madre di Nina.

Nina: “Mamma, non ci posso credere. Eri…? Hai visto…?”.

Mamma: “Temo proprio di si e sono molto arrabbiata con te”.

Nina: “Davvero?”.

Mamma: “Si. Mi ha fatto piangere la tua Ofelia. Non ho fatto che piangere tutta la sera”.

Nina: “Dici sul serio?”.

Mamma: “Si, tesoro”.

Nina: “Mamma, questa è la mia famiglia. Voglio dire, i miei amici. Sono meravigliosi. Voglio che tu li conosca. E questo è in assoluto il più…”.

Joe: “Stupido”.

Nina: “Eroico degli uomini”.

Carnford: “Vuole bere qualcosa, signora?”.

Mamma: “Volentieri, grazie”.

Joe e Nina in ribalta.

Nina: “Sono così fiera di te”.

Joe: “Grazie. Non capita spesso di rinunciare alla sicurezza economica e ad una grande carriera…”.

Nina: “Balle! Tu ce l’hai una grande carriera e hai anche me!”.

Joe: “Veramente?”.

Nina: “Se sei d’accordo”.

Terry: “Fatti mettere nero su bianco, gioia. È un libertino!”.

Nina: “TI va di ballare?”.

Joe: “Credevo non ti piacesse”.

Nina: “Ho cambiato idea. E credo che se gioco bene le mie carte, ti farò mio stanotte”.

Joe: “Non sono mica solo un favoloso oggetto sessuale!”.

Nina: “Ah si invece”.

Joe: “Mi arrendo. Dì, ma tua madre non sarà scandalizzata?”.

Nina: “No, lei sa già tutto di te”.

Mamma: “Lo dice la mia bolletta telefonica”.

Nina: “Ha sempre avuto telefonate a carico del ricevente da me”.

Carnford: “Gli attori sono tutti uguali, eh?”.

Terry: “Meravigliosi!”.

Joe: “È bene che tu sappia che, a dispetto della mia purezza di cuore e della purificazione della mia arte, sarò ancora depresso e incazzato”.

Nina: “Si, ma se saremo depressi insieme, va bene”.

Joe: “Non volevi essere sempre ottimista?”.

Nina: “No invece sarà musona e grassa. Con un gran culone che cade”.

Joe: “Magnifico. Sento che sta già cadendo”.

Nina: “Aspettate. BUON NATALE A TUTTI”.

Tutti: “BUON NATALE!”.

Fine.