Nelle migliori famiglie

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NELLE MIGLIORI FAMIGLIE

di A. Hart e M. Braddel

Personaggi:

BERNARDO HAMILTON, il padre

MELISENDA HAMILTON, la madre

EDOARDO, il maggiordomo

SARA MOORESIDE, la cognata

GIACOMO HAMILTON, il figlio maggiore

ELENA HAMILTON, sua moglie

CARLO HAMILTON, il secondogenito

TEODORICO HAMILTON JR., il terzogenito

GIULIA KINGSLEY, la nurse

POPPY DAVIS, la vedovella

DOTT. FAIRFIELD, reverendo

GIANNETTA LARUE, agente teatrale

ILDA, massaggiatrice

COL. TEODORICO HAMILTON SR., il nonno

L’AUTISTA

Scene:

La spaziosa living room nella casa di campagna di Bernardo Hamilton. È una vecchia casa ammobiliata con ottimo gusto; ha una galleria a cui si accede da una scala.


ATTO PRIMO

La scena è buia, ma attraverso la finestra filtra il chiaro di luna di una bella notte d’estate. Un secondo di pausa. Un orologio batte le due, subito dopo si sente un campanello suonare con violenza. È un campanello come si usavano una volta e il suo tintinnio ridesta gli echi della casa. Suona con convinzione parecchie volte, quindi cessa drammaticamente. Dopo il primo suono di campanello e prima che si accenda la luce dell’anticamera, si sente da dentro:

MELISENDA - Oh, Bernardo… chi sarà?

BERNARDO - (burbero e assonnato) Che ora è?

MELISENDA - Le due. (il campanello suona di nuovo)

BERNARDO - Dove diavolo è Edoardo? Accid…

MELISENDA - Che cos’è stato?

BERNARDO - Niente, niente. Ho messo un piede sopra gli occhiali.. (appare una figura di uomo, curvandosi sulla balaustrata. Nello stesso momento si apre la porta a destra e compare Edoardo, il cameriere, il quale lotta coi suoi abiti; ha acceso la luce nella stanza da cui viene, di guisa che la scena diventa più visibile. Bernardo lo chiama dolcemente dalla balaustrata) Siete voi, Edoardo?

EDOARDO - (entra e va verso la scala a sinistra) Sì, signore. Vado ad aprire.

BERNARDO - Chi può essere a quest’ora? Chi c’è fuori, Edoardo?

EDOARDO - (ai piedi della scala) Non lo so signore. A meno che non sia il signor Teodorico.

BERNARDO - (scende) Ah beh, se è il signor Teodorico ora mi sentirà! Mettersi a suonare il campanello in questo modo, ad un’ora simile! (Edoardo si avvia)

MELISENDA - (sempre da dentro) Chi è, Bernardo? (EDOARDO è scomparso nell’anticamera a sinistra)

BERNARDO - Teodorico, di certo! Chi altri, in questa famiglia, ci sveglierebbe alle due del mattino?

MELISENDA - (entra, sulla galleria) Allora vieni a letto, se non è che lui…

BERNARDO - Non voglio venire! Quel ragazzo mi deve sentire, e subito!

MELISENDA - Via, Bernardo… non puoi aspettare?

BERNARDO - No! È una bella impertinenza!

MELISENDA - Ma caro Bernardo…

BERNARDO - (risale qualche scalino) Melisenda, vuoi farmi il piacere di tornare a letto? Vengo fra cinque minuti… (Edoardo appare dall’anticamera) Beh, che c’è? Che succede? Non può entrare? (scende per andargli incontro)

EDOARDO - Scusate, signore… (gli va incontro)

BERNARDO - (finisce di scendere) Ci siamo. È ubriaco! Me l’immaginavo! (va verso sinistra)

EDOARDO - Devo dirle, signore…

BERNARDO - Non cominciate a difenderlo, Edoardo. Questo è il male. Sempre. Che tutti lo difendete. (è sulla porta) Portiamolo dentro.

EDOARDO - Ma signore… non è il signor Teodorico.

BERNARDO - (voltandosi) Cosa?

EDOARDO - No, signore.

BERNARDO - E allora chi è?

EDOARDO - Non è nessuno. Non c’è nessuno là fuori!

BERNARDO - Non dite sciocchezze! I campanelli non suonano da soli, mi pare. Probabilmente è caduto sotto al porticato e mi ha rovinato le dalie. Insopportabile ragazzaccio! (va a sinistra con Edoardo. Di sopra si sentono ora due voci di donna, lamentose: sono Melisenda e Sara)

SARA - Smetti di piangere Milly, per carità! Smettila!

MELISENDA - Il mio povero Teodorico!

SARA - (entra sulla galleria seguita da Melisenda) Povero Teodorico un corno! Se è tornato ubriaco, peggio per lui. Un vero bevitore ha un po’ di buon senso. (scendono insieme)

MELISENDA - Ma io non credo che mio figlio beva troppo.

SARA - (si avvicina al tavolino che è accanto al divano di sinistra) Lo vedrai a momenti, mia cara. (accende la lampada) Dal modo come ha suonato, bisogna dire che probabilmente egli si crede ancora a New York e immagina che questa casa sia un bar clandestino.

MELISENDA - Ma non bisogna che Bernardo sia troppo severo, Sara.

SARA - Se desse retta a me… non ho mai sentito un chiasso simile. (va verso la tavola a destra) Probabilmente avrà fatto venire un altro colpo al vecchio!

MELISENDA - Oh, Sara, non crederai davvero che…

SARA - Ma no! Dico per dire. Se fosse così, l’infermiera ce l’avrebbe fatto sapere, non è vero? A meno che tu non abbia preso un’infermiera sorda… (accende l’altro lume)

MELISENDA - No, no, son sicura che sente. (siede a destra)

SARA - Allora probabilmente non vede. Non ho mai conosciuto un’infermiera a cui non mancasse qualche cosa. (rientra Bernardo) Ebbene, Bernardo?

BERNARDO - È straordinario!

MELISENDA - Che cosa?

BERNARDO - Non c’è nessuno fuori!

MELISENDA - (alzandosi) Eppure sono quasi sicura di aver sentito suonare il campanello.

SARA - Quasi sicura! Nessun campanello al mondo ha mai suonato così forte. Ha interrotto il più bel sogno che abbia mai fatto da ventisette anni in qua! (rientra Edoardo)

BERNARDO - Edoardo ed io abbiamo guardato ovunque. Allora, Edoardo?

EDOARDO - Non c’è nessuno, signore. E non c’è anima viva sulla strada.

SARA - È ridicolo. Siamo in quattro qui e tutti abbiamo udito il campanello. (pausa) Avete guardato nella cassetta delle lettere, Edoardo?

EDOARDO - No, signorina.

SARA - Ecco, semplicissimo, probabilmente è un telegramma di Elena ed il postino lo avrà messo nella cassetta invece di aspettare.

BERNARDO - (va verso sinistra) Può darsi che sia così, Edoardo. (Edoardo va a vedere, Bernardo guarda fuori dal balcone)

MELISENDA - Ma Elena ha telegrafato a Giacomo stamattina.

SARA - Vi è forse una legge che le vieti di telegrafare due volte? O forse è la signora Davis che avverte che non può venire domani. Spero proprio che sia lei.

MELISENDA - Ma deve venire con Elena, Elena lo ha detto.

SARA - (a Melisenda esasperata) E allora, Melisenda, cosa credi che sia?

BERNARDO - È Teodorico. Son sicuro che è Teodorico, lo sento nei polpastrelli. (è impaziente, si alza e chiama Edoardo) Edoardo!

MELISENDA - (andando verso di lui) Perché insisti, Bernardo?

BERNARDO - Non ho ragione? Perché non è in casa a quest’ora? Invece di andare a gironzolare per New York chissà con chi!

SARA - Bernardo ha ragione, Melisenda. Va bene essere democratici, ma scegliere i propri compagni fra quegli scapestrati… (rientra Edoardo) e gli artisti di Greenwich Village! È rivoltante!

EDOARDO - (va verso Bernardo e gli dà una lettera) Ecco, signore! (Melisenda va accanto a Sara)

SARA - Che cosa vi avevo detto?

EDOARDO - Ma non mi sembra un telegramma.

BERNARDO - Infatti, è la nota del gas. Sarà lì da una settimana! Edoardo, andate a vedere alla porta di dietro. Può darsi che abbia girato attorno alla casa. (Edoardo esce a destra, Sara viene in centro)

MELISENDA - Chi?

BERNARDO - Teodorico! (Melisenda piange) Perché piangi, adesso?

MELISENDA - (parlando nel naso) Perché insisti che sia Teodorico?

BERNARDO - Perché ho del senso comune. Chi vuoi che sia, se non è Teodorico?

MELISENDA - Forse un cavallo che si è sciolto…

BERNARDO - Sì, un cavallo che si è sciolto… (va verso il bancone) e viene a dircelo!

MELISENDA - (verso Sara) Allora saranno dei ladri!

SARA - Sicuro… e suonano il campanello perché Edoardo li annunci con tutte le forme! (a sinistra, sulla galleria, appare Giacomo e comincia a scendere)

GIACOMO - Che diamine succede, quaggiù? (Melisenda va verso la scala)

BERNARDO - Abbiamo sentito il campanello, ma pare che nessuno lo abbia suonato.

GIACOMO - (a metà scala) Nessuno? Non dire sciocchezze, l’ho sentito anch’io. Siete andati a vedere?

SARA - (ironica) No, davvero. Stiamo qui a riflettere.

BERNARDO - Edoardo ed io abbiamo fatto il giro dappertutto e non abbiamo trovato nulla. (verso Giacomo) È una cosa misteriosa.

MELISENDA - Oh, ho una paura! Non mi piace questa cosa.

GIACOMO - È ridicolo. Chi credi che abbia suonato, gli spiriti?

MELISENDA - Gli spiriti? Oh, Bernardo, ecco chi ha suonato. gli spiriti! Ho sempre detto che in questa casa ci sono!

GIACOMO - Non dire sciocchezze, mamma. Non l’ho detto sul serio.

MELISENDA - Ma che vuoi fare?

GIACOMO - Vado a dare un’occhiata io. Bisogna pure che vi sia qualcuno.

MELISENDA - Non andare solo, almeno. Bernardo, dov’è la tua rivoltella?

BERNARDO - In quel cassetto, credo. (va verso la tavola a destra)

GIACOMO - Non ho bisogno di armi, babbo. (Bernardo apre il cassetto per prendere la rivoltella)

MELISENDA - Sì. desidero che tu la prenda, Giacomo. (va verso di lui) Oh, Bernardo… Sara… Non lo lasciate andare senza armi. Non si può sapere chi è.

BERNARDO - Giacomo…

GIACOMO - Va bene, la prenderò. (prende la rivoltella) Non essere così nervosa, mamma. (esce verso sinistra)

MELISENDA - (seguendolo) Ma non lo ammazzare! Chiunque sia, non sparare per primo.

SARA - No, Giacomo… fatti prima ammazzare e poi spara. (Giacomo osserva la rivoltella per vedere se è carica e poi la richiude)

MELISENDA - Taci, Sara, taci! (tutti circondano Giacomo che sta per uscire a sinistra con la rivoltella puntata davanti a sé; in questo modo rivolgono le spalle alla porta di destra dalla quale rientra Edoardo)

EDOARDO - (forte) Scusi, signore! (tutti si voltano spaventati; Melisenda grida)

MELISENDA - Bernardo… Sara… ora svengo… sì, sì, sto per svenire!

BERNARDO - Aiuto, Edoardo!

SARA - Mettetela sul divano… (dopo che Melisenda è stata depositata sul divano) …con i piedi in alto.

BERNARDO - No, Sara, la testa. I piedi in alto quando si tratta di convulsioni.

CARLO - (sulla balaustrata a sinistra) Che c’è? Che succede?

BERNARDO - Edoardo ha parlato e tua madre è svenuta.

CARLO - (intrigato) Edoardo ha parlato…

SARA - (occupandosi di Melisenda) Chiama l’infermiera Carlo, chiama miss Kingsley.

CARLO - Ma zia Sara!

SARA - Dal momento che abbiamo un’infermiera, serviamocene. (Carlo scompare da dove è entrato)

BERNARDO - Un po’ d’acqua, Edoardo. Io apro la finestra. (Edoardo esce a destra, Bernardo va ad aprire il balcone in fondo a sinistra) Come sta, Sara? (va ad aprire l’altro balcone)

SARA - Sta passando. Dio mio! Che cos’è quello?

BERNARDO - Che cosa?

SARA - Là fuori, quel cestone!

BERNARDO - Un cestone? Vado a vedere…

SARA - (aspra) Sì, là fuori! (Bernardo, che è uscito dal balcone, rientra portando un cestone) Sono sicura di non averlo mai visto prima.

BERNARDO - (stupito) Neanch’io. (viene verso il centro stupito portando il cesto)

GIACOMO - Sembra un cesto di frutta.

SARA - (avviandosi) A quest’ora? Direi piuttosto una bomba. (Edoardo rientra con un bicchier d’acqua; si ferma)

MELISENDA - (rabbrividendo) Bomba… ho sentito bomba? (si alza a sedere. Giacomo va da sua madre per calmarla e, nel fare questo movimento, scopre ai suoi occhi il cesto che Bernardo ha ancora in mano)

BERNARDO - (ispezionando il contenuto) Dio mio! Un bambino! (Melisenda si alza)

SARA - (incuriosita) Un bambino!

MELISENDA - (piombando nuovamente sul divano) L’acqua, Edoardo, l’acqua! (Edoardo attraversa la scena e le porge l’acqua)

GIACOMO - Santo Dio! È proprio un piccino! Un bambino vivo! (Bernardo offre il cesto a Giacomo, il quale rifiuta)

GIULIA - (sulla galleria, entrando da sinistra; seguita da Carlo scende in fretta portando la boccetta dei sali) Un bambino? Credevo che fosse svenuto qualcuno!

SARA - Infatti, mia sorella è svenuta e allora abbiamo trovato un bambino.

CARLO - (scende le scale sbalordito) La mamma! Ma è impossibile! Babbo, non vorrai dire che…

BERNARDO - (mentre Giulia esamina il cesto) Non essere idiota, Carlo! È una coincidenza, non un miracolo! (offre il cesto a Carlo il quale indietreggia. Allora Bernardo siede a destra)

GIULIA - (sempre occupata dal canestro che è tenuto da Bernardo) Oh Signore… è un pupo! (si inginocchia) Da dove diamine è venuto?

SARA - Dio lo sa! Noi lo abbiamo trovato in giardino.

GIULIA - (si alza) In giardino? Vuol dire che qualcuno lo ha lasciato qui?

SARA - (con impazienza) Diamine, non crederete che sia nato da sé, come una pianta!

GIULIA - (togliendo il canestro dalle mani di Bernardo) Che tesoro! Guardate che testina bionda, signora Hamilton. È meglio di tutti i sali, per il vostro svenimento! (porta il cesto a Melisenda e toglie fuori il bimbo)

SARA - Miss Kingsley, insomma!

GIULIA - È un regalo della provvidenza, miss Mooreside. Edoardo, fatemi il favore di mettere a scaldare un po’ di latte.

EDOARDO - Sì, signorina. (esce a destra)

GIULIA - Guardate, miss Mooreside, è la cosa più adorabile che io abbia mai visto!

SARA - (alzandosi) Quel che vorrei sapere è da dove è venuto!

BERNARDO - Anch’io vorrei saperlo.

SARA - La nostra villetta non è la più vicina alla stazione. Quindi, non è per caso che è stato lasciato proprio qui.

GIACOMO - (vezzeggiando il pupo) Dio mio, somiglia a Carlo!

BERNARDO - Giacomo!

GIACOMO - Vi dico di sì! Guardalo, Carletto!

CARLO - Somiglia tanto a me quanto a te… o quanto al babbo.

BERNARDO - (si alza) Smettetela tutti e due! (Carlo viene verso il davanti, a destra) Tutti i bambini si rassomigliano. (Giacomo va a sinistra e chiude la finestra) E non somigliano a nessuno. (va verso il centro)

MELISENDA - Questo no, Bernardo. Davvero, è il pupo più delizioso che abbia mai visto. Davvero, mi fa pensare a Teodorico piccolo.

SARA - (si avvicina) Sul serio?

BERNARDO - Melisenda, finiscila! Qui c’è un bimbo lasciato dinanzi alla nostra porta alle due di notte. Probabilmente un trovatello. Cosa che riguarda la polizia.

GIULIA - La polizia! Oh, signor Hamilton, non vorrete…

BERNARDO - Certamente. Carlo, telefona alla polizia. Dì che un bimbo è stato lasciato dinanzi alla nostra porta e prega che lo vengano a prendere subito. (Carlo va verso il tavolino a destra per telefonare)

MELISENDA - Ma Bernardo…

BERNARDO - Svelto, Carlo. E tu Giacomo, vai di sopra ed occupati del nonno. Di miss Kingsley abbiamo bisogno noi.

GIACOMO - (salendo le scale) Sì, babbo.

CARLO - (al telefono) Il commissariato di polizia, per favore.

MELISENDA - Oh, Carlo!

BERNARDO - È necessario, Melisenda.

GIULIA - Ma è così carino, signor Hamilton!

BERNARDO - Non me ne importa. Non voglio avere altri bambini.

SARA - Avete detto altri, Bernardo?

CARLO - (a Bernardo) Sto cercando di parlare col commissariato…

MELISENDA - Oh, Bernardo, non potremmo tenerlo per un po’ di tempo? Forse sua madre tornerà a cercarlo.

BERNARDO - No!

GIULIA - Me ne occuperei io. Adoro i piccini!

BERNARDO - Una volta per tutte, no… e basta! Non andrò a letto finché questo bimbo non sarà fuori di casa. Inutile discutere. (va verso le scale)

CARLO - (guardando Bernardo) Desidero il commissariato. (Giulia e Melisenda guardano Carlo)

SARA - (gli si avvicina) Oh, Carlo, come sei incapace. Lascia che chiami io.

CARLO - No, zia Sara…

SARA - Ma Carlo! Tieni abbassato il gancio! Stai fingendo di telefonare!

CARLO - No, zia.

SARA - Ora no, ma prima lo tenevi. Bernardo…

BERNARDO - Carlo, smettila di fare sciocchezze. Che cos’è questa, una congiura?

CARLO - Ma babbo, perché…

BERNARDO - (va a sinistra e siede accanto alla tavola) Non una parola di più!

EDOARDO - (rientrando) Il latte è caldo, miss Giulia.

GIULIA - Bene, porto il piccolo di là. Vieni, pupo. Cicì, cicì… Ma guardatelo. (a Bernardo) Non può avere più di qualche settimana, povera creatura! (va a destra; Edoardo le apre la porta per farla uscire e la richiude dietro di lei)

MELISENDA - Non posso fare a meno di pensare alla povera madre. Se fosse successo lo stesso a me con Teodorico… Bernardo, non potremmo tenerlo qualche giorno?

BERNARDO - Edoardo, prendete il telefono e chiamate il commissariato. (Edoardo va verso il telefono ma si ferma sentendo che Carlo parla)

CARLO - Ora sto chiamando. Aspetto la centrale.

BERNARDO - Avete capito, Edoardo?

EDOARDO - Sì, signore. (Carlo gli passa il ricevitore)

SARA - Così va bene.

EDOARDO - Il commissario di polizia, per favore.

MELISENDA - Ah, mi sembra proprio…

BERNARDO - Via, non fare la sentimentale. (Melisenda solleva di nuovo il canestro)

SARA - (a Melisenda) Non ti capisco. Non devi dimenticare che c’è la voce del sangue. E chissà qual è la voce del sangue di quel bambino.

MELISENDA - (che ha guardato nel cesto) Guarda, guarda, c’è una lettera!

BERNARDO - (si alza andando verso Melisenda) La solita confessione, immagino.

MELISENDA - Ah, non ho il coraggio di leggerla… sento che c’è qualcosa di tragico.

CARLO - Dalla a me, mamma.

BERNARDO - No, a me! (prende la lettera e va verso destra mentre la legge)

EDOARDO - (al telefono) Pronto?

BERNARDO - (leggendo) Cosa… cosa?

EDOARDO - Qui casa del signor Bernardo Hamilton, ad Hamilton Acre…

BERNARDO - (accigliato) Edoardo, smettete questa conversazione!

EDOARDO - Ma signore, ho avuto il commissariato di polizia!

BERNARDO - Non importa, riagganciate.

EDOARDO - Pronto?… Parlo col… Circolo Giovanile?… Mille scuse, signore… è un errore. (riaggancia)

SARA - Bernardo…

BERNARDO - È assurdo! Ridicolo!

CARLO - (dietro al divano di sinistra) Babbo!

MELISENDA - (si alza) Che cos’è, Bernardo?

SARA - Che dice? (Carlo si avvicina al padre)

BERNARDO - È semplicemente un insulto, ecco cos’è!

MELISENDA - Ma come. Parla!

SARA - (cerca di prendere la lettera) Fatemi leggere.

BERNARDO - Vi prego, Sara! Scostati, Carlo! Sono o non sono il padrone in questa casa?

SARA - Sì, sì. Ma… leggete.

MELISENDA - Sì, leggi.

CARLO - Babbo, per l’amor del cielo.

BERNARDO - Volete dominarvi per un momento tutti quanti? Edoardo, sentite.

EDOARDO - Comandi?

BERNARDO - (andando da Melisenda) È una faccenda privata e direi familiare. (Melisenda gli prende la mano) Vorrei pregarti…

SARA - (interrompendolo, strappandogli di mano la lettera) Oh, quante storie! (Legge, va a destra. Carlo la raggiunge; ella appallottola la lettera fra le mani)

BERNARDO - Sara, come vi permettete!

MELISENDA - Che cos’è?

CARLO - Che cos’è?

SARA - (legge) “…desidero che il mio piccino stia con suo padre…”! (Melisenda guarda Bernardo)

BERNARDO - È assurdo!

MELISENDA - (legge il biglietto nelle mani di Sara) Ma che significa? Suo padre non è qui!

SARA - Non c’è? Ne sei sicura, Melisenda?

MELISENDA - Ma… ma… vorresti dire che uno… Oh, Dio! Credo di svenire! (va verso una sedia a destra) Edoardo, i sali! (Edoardo prende i sali sul tavolino accanto al divano) Carlo, il balcone! (piomba su una sedia a destra) No, non andare, potrebbe esservene un altro!

SARA - Sciocchezze! Apri, Carlo. Del resto, nulla mi sorprenderebbe. (Edoardo dà i sali a Melisenda, Carlo va ad aprire il balcone a sinistra)

BERNARDO - Sara, se credete che sia il momento di scherzare…

SARA - (va verso di lui) Vi assicuro che non sono mai stata così seria in vita mia. Evidentemente non è stato lasciato qui per errore. Quella donna sapeva ciò che faceva. (gli dà la lettera)

MELISENDA - Non crederai che…

BERNARDO - Ma è impossibile!

SARA - Non vedo perché. In questa casa vi sono sei uomini, compreso Edoardo, che potrebbero presumibilmente… non credo, anzi, che la cosa sia difficile!

BERNARDO - Sara!

SARA - Bernardo, il bimbo è stato lasciato dinanzi alla porta della vostra casa con un biglietto che è a dir poco compromettente. E poiché conosco la storia della famiglia Hamilton…

BERNARDO - Sara Mooreside, vorreste insinuare…

SARA - Insinuo che avendo sposato mia sorella, appartenete in certo modo ai Mooreside. Nella nostra famiglia non vi sono mai stati scandali. Vi chiedo dunque di evitare questo. (va al divano e siede)

BERNARDO - Ma mi pare che sono il primo a volerlo evitare… Non ho forse subito interrotto la chiamata al commissariato? Edoardo…

EDOARDO - Signore…

BERNARDO - Andate di sopra e dite al signor Giacomo di venire giù.

EDOARDO - Si, signore. (si avvia)

BERNARDO - E poi…

EDOARDO - Comandi?

BERNARDO - Non una parola di quanto è stato detto qui deve giungere alle orecchie del resto della servitù. Posso fidarmi di voi?

EDOARDO - Certamente, signore. (sale la scala ed esce)

MELISENDA - Oh, Bernardo, non penserai che sia Giacomo. È ammogliato!

BERNARDO - (va verso una sedia a destra) Non so cosa pensare.

CARLO - Io ritengo che sia un ricatto.

BERNARDO - Questo è ciò che voglio scoprire. E finché non lo avremo scoperto dovremo tenere il piccino qui.

SARA - Ah sì? E che diremo ai nostri amici? Che il piccino è venuto a farci una visitina... per giocare un po’ a tennis?

BERNARDO - Sara, considero le vostre spiritosaggini assolutamente fuori luogo. Se questa lettera dice la verità, uno dei ragazzi si troverà in seri impicci perché la cosa non finirà così.

SARA - Lo credo anch’io. E che bella storia da pubblicare sui giornali.

MELISENDA - Sara, ti prego.

SARA - Oh, figuriamoci. Ne faranno un romanzo d’appendice! La stampa non cerca di meglio che macchiare il nome dei Mooreside.

BERNARDO - Mooreside? E il mio nome? Non credete che gli Hamilton siano importanti?

SARA - Sicuro… da quando avete sposato una Mooreside! Ma prima di questo, che cosa erano?

CARLO - Zia Sara, in verità…

SARA - Oh, non salire anche tu sul carretto d’Orlando, Carlo. Né tu né i tuoi fratelli avete la minima idea delle tradizioni di famiglia né del senso della dignità… Se l’aveste non troveremmo dei bimbi davanti alla porta di casa!

CARLO - Vorreste accusare me?

SARA - Non accuso nessuno. Ma vorrei sapere perché poco fa fingevi di telefonare al commissariato invece di telefonare davvero. La cosa mi sembra strana parecchio!

BERNARDO - Senza dubbio è strana, Carlo.

GIACOMO - (rientrando dalla galleria e scendendo) Che altro c’è, babbo?

BERNARDO - Leggi questo, Giacomo.

GIACOMO - (legge) “…desidero che il mio piccino stia con suo padre…”. Pfff! (siede sul divano a sinistra)

BERNARDO - Questo biglietto è stato trovato nel canestro col bimbo. Capisci cosa vuol dire?

GIACOMO - Sì… ma… (si alza e dà nuovamente il biglietto a Bernardo)

MELISENDA - No, basta Bernardo, basta! Giacomo è felicemente sposato!

SARA - Felicemente?

MELISENDA - Sposato, sì!

SARA - E questo lo rende forse invalido?

MELISENDA - Ma Sara!

SARA - Melisenda, devi renderti conto che qualcuno in questa casa è responsabile della nascita di questo piccino. Per poter procedere per evitare uno scandalo che sarebbe la nostra rovina, dobbiamo sapere chi è.

MELISENDA - Io non credo che sia uno dei miei ragazzi. Sono tutti dei gentiluomini, spero.

SARA - Solo in parte, ma questo non fa differenza. Tutti gli uomini lo sono lo stesso; solo, ci sono quelli che lo sono di più.

MELISENDA - Ma non conoscerebbero donne di questo genere!

SARA - Storie! Di notte tutti i gatti sono grigi. Per gli uomini non esistono donne di un genere o di un altro.

BERNARDO - Sara, mi sorprendete!

SARA - Lo sapete quanto me… per gli uomini vi sono dei momenti in cui non vedono la differenza!

MELISENDA - Sara!

SARA - Oh, non fingete di scandalizzarvi, Bernardo. Sono sicuro che anche voi avrete fatto qualcosa di simile.

MELISENDA - Oh, posso credere alle mie orecchie?!

SARA - (a Melisenda) E quanto all’essere sposati… beh, ho osservato che ciò aumenta l’appetito… (a Bernardo) …e la famiglia.

BERNARDO - Dio mio! Devo ricordarvi che siete una signorina?

SARA - E se anche lo sono? Anche le zitellone possono avere i loro momenti.

MELISENDA - Ancora una parola e dovrò lasciare la stanza.

SARA - Ma sì, lasciala! Nasconditi la testa come fanno gli struzzi! Sii cieca, se ti fa piacere! Io, invece, guardo le cose in faccia! (siede a sinistra della tavola a destra)

BERNARDO - (va verso di lei) Devo ricordarvi ce questa è la mia famiglia.

SARA - Non me ne importa nulla. Siamo di fronte ad un disastro sociale che devo procurare di evitare. (Bernardo si avvia ala scala) Giacomo…

GIACOMO - Zia Sara?

SARA - Se è tuo figlio, per carità confessalo prima che torni tua moglie. Sono sicura che preferirebbe accettare una maternità che, se le fosse imposta, le peserebbe.

GIACOMO - Zia Sara… (va verso la tavola)

SARA - Quanto a te, Carlo, tu hai una fidanzata molto superiore ai tuoi meriti. Quindi, se hai messo a repentaglio il tuo fidanzamento con un figlio che non dovresti avere, non fai che confermare l’opinione che ho della tua mentalità. Però…

BERNARDO - (Bernardo andando verso di lei) Basta, Sara! Non vi è ragione di insultare i miei ragazzi. E vi assicuro che son capacissimo di sbrigare da me questa faccenda.

SARA - Hmm.

BERNARDO - Giacomo, per il momento ti lascio fuori questione, anche per rispetto ad Elena.

GIACOMO - Sei molto buono. (va a destra, vicino al caminetto, a raggiungere Melisenda)

BERNARDO - Quanto a te, Carlo, se hai dimenticato a questo modo la posizione e l’onore della nostra famiglia…

SARA - (si alza e va verso la scala) Dio mio, che buffonata!

BERNARDO - Insomma, Sara!

SARA - Ma sì. Sono delle stupidaggini intollerabili. Da quando in qua l’onorabilità ha avuto rapporti con dei bisogni biologici?

MELISENDA - (sbalordita) Sara!

SARA - Bernardo, il solo mezzo per conoscere la verità è chiederla. Ma secondo me non si tratta né di Giacomo né di Carlo. Per me l’autore è Teodorico. (tutti reagiscono)

MELISENDA - Teodorico? Oh, Sara, anche tu! Perché… perché?

SARA - Perché lo hai viziato e accarezzato al di là del ragionevole, Melisenda Hamilton… e anche voi, Bernardo. Con la libertà che gli avete dato, sono stupita che sia soltanto un bambino… Avrebbero potuto esservene una dozzina! (Melisenda piomba sulla sedia a destra della tavola)

BERNARDO - Sara Mooreside, i ragazzi sono figli miei e non vostri. Devo ricordarvi che voi siete… o dovreste essere… una zitellona inesperta e priva di qualsiasi esperienza per giudicare i maschi, uomini o ragazzi che siano.

SARA - Beh, tutto quello che posso dirvi, Bernardo Hamilton, è che forse vi sono alcune cose che voi non conoscete.

BERNARDO - Dio benedetto, vorreste farmi credere…

SARA - Ho detto forse, Bernardo, forse… che insieme a se e ma è una delle più interessanti parole che conosco. (è interrotta da campanello della porta)

MELISENDA - Oh Dio, di nuovo il campanello… se è un altro bambino…

SARA - Non crederai che sia un bambino ogni volta che suona il campanello, eh?

BERNARDO - Certo che no, probabilmente è Teodorico. (esce a sinistra)

MELISENDA - Perché dovrebbe suonare, Teodorico? Ha la chiave.

SARA - Sarà troppo ubriaco per trovare il buco della serratura.

BERNARDO - (da fuori, adirato) Beh, giovanotto!

TEODORICO - (da fuori) Grazie, babbo. Mi dispiace di aver dimenticato la chiave.

BERNARDO - Entrate subito, signore.

TEODORICO - Sto entrando, no?

BERNARDO - Svelto! Muovetevi! (entra insieme a Teodorico)

TEODORICO - Non essere in collera, babbo. (vede il gruppo) Beh, cos’è, un comitato di ricevimento?

SARA - Certo non per darti il benvenuto, Teodorico Hamilton, il tuo contegno è vergognoso!

TEODORICO - Non credo, non ho bevuto molto, zia Sara. E se anche avessi bevuto? Anche Giorgio Washington beveva, eppure era il padre della patria!

GIACOMO - Babbo!

CARLO - Hai sentito, papà?

BERNARDO - Ho sentito. Perché dici questo, Teodorico?

TEODORICO - Perché non lo dovrei dire?

BERNARDO - E c’è una ragione per dirlo?

TEODORICO - Mah, non vi è una ragione per non… Insomma, che cosa avete, tutti quanti? Perché siete tutti alzati?

MELISENDA - È accaduta una cosa, stasera, Teodorico.

BERNARDO - È stato portato un bimbo…

TEODORICO - (a Bernardo) Un bimbo!

BERNARDO - (a Giacomo) Giacomo, dì a miss Kingsley che lo porti qui.

GIACOMO - Sì, babbo. (va a destra in sala da pranzo. Teodorico guarda Bernardo con aria interrogativa)

BERNARDO - Ti sorprende e ti urta?

TEODORICO - Non lo so. Non l’ho ancora visto.

BERNARDO - Vorresti farci comprendere…

TEODORICO - Dimmi, papà, di che si tratta? Che cosa pensi?

BERNARDO - Hai la mente abbastanza chiara per capire, se te lo dico?

TEODORICO - Senti, babbo, il tuo tono non mi piace.

BERNARDO - E a me non piacciono le tue abitudini, ragazzo mio. I tuoi compagni… i tuoi amici del Greenwich Village… il tuo modo di vivere… i tuoi camerati, più o meno tutti aspiranti commediografi, artisti, attori…

MELISENDA - Bernardo, ti prego.

BERNARDO - (senza badarle) E se questo bambino è il risultato di tutta quest’atmosfera di corruzione, desidero saperlo. È così?

TEODORICO - Vuoi dirmi che secondo te, io…

BERNARDO - Non dico nulla. Domando. Giacomo è sposato e Carlo è fidanzato. Dunque, quello che desidero sapere è… (entra Giulia seguita da Giacomo)

GIULIA - Oh, signor Hamilton, è un angioletto! (vede Teodorico, il quale, in ammirazione del quadretto di lei col bimbo in braccio, le va incontro guardandola) Teodorico, venite a vedere, guardate il bimbo! (Teodorico le si avvicina in fretta e guarda il piccino. Ne è entusiasta specialmente perché è fra le braccia di Giulia)

TEODORICO - Che bellezza! Pare il Bambino Gesù!

GIULIA - Non è vero?

TEODORICO - Credete che potrei tenerlo in braccio?

GIULIA - Sì, ma state attento a non farlo cadere! (mentre egli sta per prenderlo, Bernardo lo ferma)

BERNARDO - Teodorico, smettila con queste sciocchezze! Il piccino è stato lasciato dinanzi alla nostra porta, in un cesto con questo biglietto. (Teodorico lo prende, lo legge, sorride al padre) Beh, puoi dirci che cosa significa?

TEODORICO - (rende il biglietto al padre, allegramente) Sicuro, è semplicissimo!

SARA - Semplicissimo!

TEODORICO - Ma sì, zia Sara. Vuol dire che qualcuno in questa casa è fortunato.

SARA - Fortunato!

TEODORICO - Sì, fortunato. Credo che sia una fortuna avere un bimbo come questo, non vi pare?

GIACOMO - Vorresti dire che…?

CARLO - (avvicinandosi a lui) Vuoi dire che…?

TEODORICO - Soltanto quello che ho detto, Carlo. È tuo?

CARLO - (indignato) No!

TEODORICO - Allora è tuo, Giacomo?

GIACOMO - Che diavolo dici?

TEODORICO - Allora… oh, babbo… cattivello, cattivello!

BERNARDO - (esplodendo) Come ti permetti!

TEODORICO - Non mi permetto nulla, ma certo qualcuno racconta delle frottole, qui.

GIULIA - Oh, guardatelo come ride!

TEODORICO - Vi sorprende? (a Bernardo) Un bello scherzo!

BERNARDO - Scherzo? Come osi chiamarlo uno scherzo! Miss Kingsley!

GIULIA - Che cosa desiderate?

BERNARDO - Portate il bambino di sopra, per favore. Va’ anche tu, Melisenda, e anche voi, Sara. (Giulia e Melisenda si avviano)

SARA - Ma non credete sia meglio…

BERNARDO - (dominandosi) Non credo. Dobbiamo parlare fra uomini. Devo dire qualcosa a questi ragazzi che, spero, non comprendereste.

SARA - (andando) Ve bene, Bernardo. Ma è straordinario come siete tenace nelle vostre illusioni.

BERNARDO - (mentre Sara esce dalla galleria) Ora, ragazzi… (Teodorico si avvia alla scala) Dove vai?

TEODORICO - (semplicemente) Vado a letto.

BERNARDO - No, eh?

TEODORICO - Ma, babbo. I miei bambini sono tutti in alto mare. Te lo garantisco.

BERNARDO - (adirandosi) Devi restare qui ad ascoltarmi.

TEODORICO - E va bene. (va verso il divano)

BERNARDO - (poiché Carlo e Giacomo mostrano desiderio di andarsene) E anche voi dovete restare qui ed ascoltarmi. Santo cielo, ma non vi rendete conto che quanto è accaduto questa sera è una calamità di prima grandezza? Che se avviene uno scandalo, vostro nonno ci metterà tutti fuori di casa senza un soldo? Che tu, Giacomo e tu, Carlo…

GIACOMO - (appoggiato a destra delle scale) Ma che vuoi che ti dica, babbo?

CARLO - (appoggiato a sinistra delle scale) E io? Non so nulla di nulla!

BERNARDO - (fra loro) Vorreste farmi credere che nessuno di voi…

TEODORICO - Oh là là, babbo… bada che non ti mettano nel sacco… birichini!

GIACOMO - (a Bernardo) Non cerco di farti credere nulla. Ma sono libero, adulto e sposato e non voglio farmi trascinare in questa storia.

CARLO - E neanch’io.

BERNARDO - Ma non capite la serietà…

GIACOMO - Non vi è nulla di serio, per quanto concerne me. Perciò me ne torno a letto. Domattina mi devo alzare presto per andare incontro ad Elena. (sale la scala ed esce)

CARLO - Vado anch’io. Nessun bimbo può essermi attribuito. Neanche per salvare le sorti della famiglia. (segue Giacomo ed esce)

TEODORICO - Credo che sia il caso di rimandare la seduta, babbo. Niente da fare, per stanotte. (prende il soprabito che ha posato sulla balaustrata. Edoardo appare sulla galleria)

BERNARDO - (quasi pregando) Teodorico, per l’amor del cielo, se sai qualcosa dimmelo, comprenderò tutto. Sono stato giovine anch’io.

TEODORICO - Lo sei ancora, babbo.

EDOARDO - (scendendo) Domando scusa…

BERNARDO - Che c’è?

EDOARDO - La signora sta di nuovo poco bene, desidera i sali.

BERNARDO - (li prende dalla tavola) Va bene, glieli porto io. (Edoardo esce a destra) Teodorico, per l’ultima volta: sai chi ha scritto quel biglietto?

TEODORICO - Sì, babbo. lo so.

BERNARDO - Lo sai? E chi è?

TEODORICO - La mamma del bambino.

MELISENDA - (compare sulla galleria) Bernardo, ti prego, lascia in pace Teodorico. Non posso più sentir parlare di questo, per stasera.

BERNARDO - (avviandosi) Vengo, Melisenda, vengo.

MELISENDA - Vuoi spegnere i lumi, Teodorico, e chiudere la porta?

TEODORICO - Sì, mamma. (Bernardo e Melisenda escono dalla galleria. Teodorico va a spegnere il lampadario, poi la lampada da tavolo, quindi esce in anticamera per chiudere la porta d’ingresso. Giulia compare, scende portando il bimbo. Teodorico, tornando, la vede)

TEODORICO - Che c’è?

GIULIA - Ho bisogno del cesto per mettervi il bimbo a dormire.

TEODORICO - Dio, come siete carina!

GIULIA - Ssst, vi sentono. (siede sul divano)

TEODORICO - Non me ne importa. Oh, Giulia, se sapeste ciò che sento per voi…

GIULIA - Credo di saperlo.

TEODORICO - Non potete. non riesco ad esprimerlo a parole.

GIULIA - Come! Uno scrittore!

TEODORICO - Oh, vorrei esserlo davvero! Ho bisogno di guadagnare tanto denaro per potervi sposare… e andare a vivere insieme in una casettina.

GIULIA - Guadagnando tanto denaro, non potreste vivere in una casa grande?

TEODORICO - Ma non desidero una gran casa. Almeno, non dal principio. Mi basta avere abbastanza spazio per starci… tutti e tre.

GIULIA - Tutti e tre… Teodorico, spero che questo sia soltanto… un simbolo!

TEODORICO - Oh, voi capite benissimo quello che voglio dire.

GIULIA - Lo capisco… ed è ciò che desidero anch’io, caro.

TEODORICO - Che bella cosa, Giulia, esserci incontrati! Dio, quando penso a tutte le infermiere che ho conosciuto!

GIULIA - Zitto! Mi pare di sentir qualcuno. Sarà meglio che vada via.

TEODORICO - No, non andate!

GIULIA - Ma…

TEODORICO - No! Venite in cucina e vi farò un bel sandwich di arrosto con senape!

GIULIA - E il povero piccino?

TEODORICO - Lasciatelo per un momento. Voglio dirvi una mia idea.

GIULIA - Beh, andate avanti mentre io metto giù il bimbo e lo copro. (Teodorico va in cucina, Giulia mette il bimbo nel cesto. Mentre fa questo, Carlo appare sulla galleria. Aspetta, trattenendo il respiro, che lei abbia finito. Quindi, quando è sicuro che anche lei è andata in cucina, scende senza far rumore. Va verso la porta e ascolta, quindi si avvicina al telefono sempre camminando a passi di lupo. Quando giunge al divano si siede; per la prima volta si vede che ha in mano uno specchio. Trattenendo il respiro, confronta il viso del piccino, la cui cesta è accanto al divano, con il suo. Ma un rumore che viene da destra gli impedisce di compiere il suo esame in modo soddisfacente. Si alza in fretta e nasconde con imbarazzo lo specchio, mentre Giulia rientra. Finge di essere diretto in cucina)

GIULIA - Ma voglio vedere se è sveglio. (sobbalza vedendo Carlo) Oh!

CARLO - Sono io, miss Kingsley. Venivo per farmi un sandwich.

GIULIA - È ciò che stiamo facendo vostro fratello e io. Avete guardato il piccino?

CARLO - Sì… mi pare che dorma.

GIULIA - (uscendo di nuovo) Facciamo presto, allora. Se si mette a piangere, siamo rovinati. (escono. La scena è vuota. Dall’angolo della galleria, appare la testa di Giacomo. Vedendo che c’è via libera, scende con cautela, maledicendo gli scricchiolii del pavimento. Finalmente approda accanto al telefono. Urta il ricevitore e lo fa staccare. In questo momento il bambino si sveglia e comincia a piangere, sorprendendo Giacomo, che rimane imbarazzatissimo, e richiamando nella stanza gli altri tre, ognuno con un sandwich. Giacomo tenta di rimettere a posto il ricevitore e di fuggire senza farsi vedere)

GIULIA - (correndo al canestro) Dio mio!

GIACOMO - Carlo, che fai quaggiù?

CARLO - Sono venuto a farmi un sandwich.

TEODORICO - (a Giulia, riferendosi al pianto del piccolo) Che gli è successo? Perché piangi? Oh, Giulia, cosa si può fare per farlo tacere?

GIULIA - Dargli da mangiare.

TEODORICO - Ecco il mio sandwich.

BERNARDO - (sulla galleria) Santo Dio, non si potrà chiudere occhio, stanotte?

GIULIA - (si avvia alla scala) Mi dispiace.

TEODORICO - Datelo a me.

BERNARDO - (mentre Giulia sale) No, Teodorico, rimani dove sei. (scende)

TEODORICO - Ma babbo… (il pianto del bimbo si allontana perché Giulia lo porta via)

BERNARDO - Restate tutti dove siete. Poiché siete tutti svegli, tenterò ancora una volta…

GIACOMO - No, babbo!

BERNARDO - E invece sì. Ho riflettuto. Nessuno di voi andrà a letto, finché non avrò saputo qualcosa di più su quel bambino!

CARLO - Ma babbo…

BERNARDO - Silenzio, vivete sotto il mio tetto e mi dovete qualche cosa, benché io sia vostro padre. Mi dovete considerazione e rispetto e, perdio, conto di averlo.

TEODORICO - Ti ho già detto, babbo.

BERNARDO - (con minaccia implicita) Non mi hai detto nulla; ma ora parlerai, se i miei sospetti sono fondati.

TEODORICO - (va a sedere sul divano di sinistra) Oh, per l’amor di Dio…

BERNARDO - Ognuno di voi mi dirà qualcosa. Siederete tutti e penserete.

GIACOMO - Penseremo?

BERNARDO - Sì, penserete! Al quando, al dove e… al nome!

GIACOMO e CARLO - Babbo!

BERNARDO - (con sfida) Avete capito, eh? (accende il lume sul tavolo) Hai capito, Carlo? (Giacomo e Carlo siedono uno da una parte e uno dall’altra del tavolo. Teodorico li guarda divertendosi, quindi si alza) Teodorico!

TEODORICO - Vado a dormire.

BERNARDO - Starai qui con i tuoi fratelli.

TEODORICO - Va bene. Ma dormirò lo stesso.

BERNARDO - Devi pensare.

TEODORICO - No, è troppo stupido. Però… (si alza a sedere)

BERNARDO - Che cosa?

TEODORICO - Se nel sonno dovessi parlare e dire Marion… (Giacomo e Carlo drizzano le orecchie)

BERNARDO - Ebbene?

TEODORICO - Non vi allarmate. Si tratta della città di Marion, Ohio. Sto scrivendo una commedia su Harding, il quale vi è nato. (si rimette giù. Carlo e Giacomo ricominciano a pensare)

BERNARDO - (furente) Teodorico, se tu avessi cinque anni di meno…

TEODORICO - (si alza di nuovo) Silenzio! Passano gli angeli. (ripiomba giù. Bernardo è quasi porpora per la rabbia, ma ingoia la risposta vedendo la serietà con la quale Carlo e Giacomo stanno pensando. Girando gli occhi attorno, è felice nel vedere che Giacomo fa i conti sulle dita. Ma la sua espressione di speranza scompare quando vede il sorriso di sollievo che, sul volto del figlio, sostituisce l’aspetto preoccupato che aveva avuto per un istante.

SIPARIO

SECONDO ATTO

All’alzarsi del sipario, Teodorico sta parlando al telefono.

TEODORICO - No, assolutamente non deve! Dove sarebbe lei adesso, secondo voi?… Al teatro Zigfield?… Sentite, cercherò di mandarle un biglietto lì. Ma, in caso non mi riesca, volete provare anche voi?… Insomma, fate del vostro meglio. Dal canto mio, tento di mettermi in relazione con la signorina Larue. Null’altro. Arrivederci! (riaggancia. Dopo un secondo stacca di nuovo il ricevitore) Western Union, per favore. (entra Edoardo non visto da Teodorico)

EDOARDO - Scusate, signore…

TEODORICO - (sussulta ed interrompe la chiamata) Che c’è, Edoardo?

EDOARDO - La colazione è pronta.

TEODORICO - Bene, vengo subito. (attende che Edoardo sia uscito, quindi riprende il telefono) Western Union, per favore… Dovrei fare una comunicazione… Giannetta Larue, teatro Ziegfield… New York… (riaggancia in fretta vedendo rientrare Edoardo)

EDOARDO - Scusate, signore…

TEODORICO - Che altro c’è?

EDOARDO - Desiderate un uovo solo o due?

TEODORICO - Nessuno.

EDOARDO - Nessuno? Va bene, niente uova. (esce. Teodorico fa per riprendere il telefono quando sente suonare il campanello della porta. Quasi divertito dalle interruzioni va ad aprire e rientra portando un pacchetto ed una lettera. Getta in disparte il pacco, mostrandosi vivamente interessato alla lettera che apre con agitazione nel momento in cui Edoardo rientra da destra. Teodorico, agitato, esce da destra. Edoardo è stupito, poi piomba su una sedia  sinistra della tavola. Sara scende le scale con vivacità. Si guarda attorno, vede Edoardo)

SARA - Edoardo, ho sentito suonare, chi era?

EDOARDO - Non so, signorina. Ha aperto il signor Teodorico.

SARA - Il signor Teodorico.

EDOARDO - Sì, signorina. Ero in dispensa, quando sono venuto di qua ho trovato il signor Teodorico che tornava dalla porta.

SARA - Allora, non sapete chi era?

TEODORICO - No, signorina. Il signorino non ha fatto nessun commento. Ma, se posso dir così, era piuttosto… eccitato.

SARA - Come sarebbe a dire, eccitato?

EDOARDO - Come se avesse ricevuto qualche notizia. (fa per andare, Sara lo ferma)

SARA - Edoardo, noi conosciamo questi ragazzi da quando sono nati, vero?

EDOARDO - (tornando indietro) Sì, signorina.

SARA - Allora, secondo voi, quale potrebbe essere più probabilmente il responsabile di… del disgraziato incidente della notte scorsa?

EDOARDO - Direi… poiché non voglio mostrare favoritismi… che possono essere tutti egualmente responsabili. Sono sempre stati tutti e tre ragazzi di cuore e pieni di allegria.

SARA - (guardandolo) Cuore! Allegria! Edoardo!

EDOARDO - Voglio dire da bambini… e poiché le loro inclinazioni…

TEODORICO - (da fuori a destra) Edoardo, Edoardo!

EDOARDO - (va un po’ verso destra) È il signor Teodorico. Vorrà la marmellata… (si avvia)

SARA - Edoardo, dovete osservare attentamente tutti i maschi di questa casa… e riferirmi qualunque gesto o incidente che possa aver riferimento con questo caso.

EDOARDO - (seguendola) Vedo come la cosa vi addolora, signorina. Se la madre si fa vedere… e se non è una perfetta signora…

SARA - Perfetta! Ma cosa, credete che possa essere una signora? Una signora avrebbe lasciato il bimbo con quel biglietto? In un canestro?

EDOARDO - (riflettendo) No, signorina. Pensando al canestro, no. (Sara va a sinistra, Edoardo la segue)

SARA - Edoardo, non dobbiamo risparmiare nulla e nessuno per scoprire la verità. Non dovete rispettare nessun mistero. Ascoltate qualunque confidenza e traditela per riferirla a me.

EDOARDO - Comprendo benissimo.

SARA - Naturalmente, fra noi… Ora andate dal signor Teodorico.

EDOARDO - Certamente, signorina, fra noi… (esce. Melisenda viene dalla galleria e scende)

SARA - Ebbene, Melisenda, hai trovato qualche cosa?

MELISENDA - Nulla Sara. Ho esaminato il canestro, ho esaminato il piccino ed è stato tutto inutile. (va verso una sedia a destra e siede) Perfettamente inutile!

SARA - (andando verso un balcone) Beh, io non ho rinunciato e non rinuncio.

MELISENDA - (si alza) Che vuoi fare?

SARA - (va in anticamera) Dare un’occhiata in giardino. La donna potrebbe aver smarrito, non so, un fazzoletto o qualche altra cosa che potrebbe darci una traccia. (esce dal balcone a sinistra)

MELISENDA - (aspetta che Sara sia uscita, poi va furtiva al telefono. Parla a voce bassa, badando a non essere sorpresa. All’apparecchio) Larkin 9999.Pronto… Per favore, il reverendo dottor Fairfield… Pronto, dottore, è Melisenda che parla… Melisenda Hamilton… Dottore, potreste passare un momento di qui, in mattinata? Ho bisogno di vedervi, poi vi spiegherò... No, no, come se vi trovaste da queste parti. E non dite a Bernardo che vi ho telefonato... (fa un risolino) Sì, grazie, buongiorno. (riaggancia in fretta vedendo Sara che rientra dal giardino) Ebbene, Sara?

GIACOMO - (da fuori, sopra a sinistra, irritato) Ti ho detto tutto quello che so, babbo. Desideri che inventi un romanzo per te? (Sara guarda in alto e va verso il centro di destra)

BERNARDO - (da fuori, sopra) Il bambino deve pur avere un padre, credo!

MELISENDA - (a Sara) Povero Bernardo!

GIACOMO - Lo immagino anch’io, ma non so nulla di questa faccenda!

BERNARDO - Maledizione!

GIACOMO - Non so che dire di più.

MELISENDA - Povero Bernardo. (Bernardo viene sulla galleria)

SARA - Sssst, Melisenda. Fai come se non avessi sentito.

MELISENDA - Ma…

SARA - Sssst! (quando Bernardo comincia a scendere) Che bella giornata, vero Melisenda?

MELISENDA - Sì, una meraviglia!

SARA - (cordialmente) Oh, buongiorno Bernardo.

BERNARDO - (secco) Non mi pare.

SARA - Come?

BERNARDO - Non credo.

MELISENDA - Ma Bernardo…

BERNARDO - Oh, non fingete di essere così indifferenti, voi due. Siete turbate quanto lo sono io per questa faccenda del bambino. (a Melisenda) Dobbiamo semplicemente riuscire a trovare la madre. Altrimenti arrischiamo di non avere più pace. Potrà ricattarci, farci qualche processo, farci ciò che vuole. Perfino pretendere il matrimonio.

MELISENDA - Ne hai riparlato coi ragazzi?

BERNARDO - Ho parlato con Giacomo e Carlo fino ad essere esaurito.

SARA - E…?

BERNARDO - E a sentire loro, sono tutti e due dei santi!

MELISENDA - Beh, non ne sei contento?

BERNARDO - No, perché non è vero! O sono dei  maledetti bugiardi, o non sono uomini affatto! Tutto ciò che dice Giacomo è che è il marito di Elena… (si alza) E cosa credete che dica Carlo?

SARA - Che cosa?

BERNARDO - Che è sicurissimo di non essere lui, ma ad ogni modo guarderà sul suo diario… figuriamoci, tiene nota!

MELISENDA - (lamentevole) No!

BERNARDO - E allora? Bisogna che sia stato qualcuno, Melisenda. Anche tu ne sei persuasa. Lo sai bene…

MELISENDA - Oh, non essere volgare!

BERNARDO - Non voglio essere volgare, ma bisogna essere schietti. Non vorremo parlare delle piante di rosa?

MELISENDA - Che c’entra questo?

SARA - Via, Bernardo… Dite alla madre dei vostri figli come li ha avuti!

MELISENDA - Ma Sara, non ha detto…

SARA - Sì, sì. I bimbi nascono da una stretta di mano. E poi… c’è la cicogna, le piante di rosa e altre cose simili.

MELISENDA - Ecco che ricominci a stuzzicarmi…

BERNARDO - Smettete, Sara… (Teodorico entra tranquillamente dalla sala da pranzo portando un piatto di frutta)

TEODORICO - (allegro) Buongiorno, gente!

MELISENDA - Buongiorno, caro.

BERNARDO - Che significa, Teodorico?

TEODORICO - Scusate se son venuto a mangiare qui, ma non potevo sopportare Edoardo neppure per un minuto di più!

MELISENDA - Edoardo?

TEODORICO - (siede a sinistra della tavola e mangia) Sì, Edoardo… Parla di cose private… Vi assicuro che è un misto di ricevitore della tasse, agente del fisco e medico di una compagnia di assicurazioni. Ho creduto proprio che volesse denudarmi. Ed anche auscultami.

SARA - Ma Teodorico…

TEODORICO - Senza scherzi! Non la finiva più di farmi domande. Ha perfino cercato di rubarmi la lettera che ho avuto stamane. (Melisenda e Sara vanno verso Bernardo)

BERNARDO - Hai avuto una lettera?

MELISENDA - Stamattina?

SARA - Di domenica?

TEODORICO - Sta bene, vero, il pupo?

MELISENDA - Sì, benissimo.

TEODORICO - Lo credo, con miss Kingsley che se ne occupa. Non è stato fortunato a trovare qui subito un’infermiera?

SARA - Stranamente fortunato, direi.

TEODORICO - E che infermiera! Credo che farei il patto di avere una piccola polmonite…

BERNARDO - (andando verso di lui) Teodorico Hamilton!

TEODORICO - Babbo?

BERNARDO - Desidero che tu smetta questi stupidi discorsi e che risponda a qualche mia domanda.

TEODORICO - Hai sentito che ho lasciato or ora Edoardo.

BERNARDO - La storia di questo bimbo deve essere chiarita.

TEODORICO - (si alza) Sì, babbo.

SARA - (a Melisenda) Vedi?

BERNARDO - Intendi dire che sei tu il padre?

TEODORICO - No, che io sappia.

BERNARDO - Ma potresti esserlo?

TEODORICO - Potere, sì. Fatemi vedere la madre e ve lo dirò. (siede di nuovo. Melisenda sussulta e piomba sul divano)

BERNARDO - Teodorico!

TEODORICO - Senti, babbo, perché agitarsi tanto tutti quanti?

BERNARDO - Perché? Perché? E lo domandi anche? Non ti rendi conto della disgrazia che ci è capitata?

TEODORICO - No. Un bimbo apparentemente sano e vispo vi è dato in dono. E dal modo in cui lo avete accolto si direbbe che sia il vaiolo. Molta gente sarebbe felice, pensate: niente mesi di attesa, niente conto del medico e della levatrice, niente sforzi. Un bimbo bell’e fatto presentato su un piatto d’argento.

SARA - (severa) Non è vero… era un canestro di vimini.

BERNARDO - Finiamola! Hai sentito, Melisenda? Lo vedi che cosa succede permettendogli di frequentare quell’ambiente di spostati? (va verso Teodorico) E di andare in giro, invece che con i suoi pari, con un sacco di Tom, di Dick e di Harry? Hai sentito tuo figlio? (va verso la scala)

SARA - Suo figlio… vostro figlio, vorrete dire. È un Hamilton, e tutta questa storia è tutta marca Hamilton. (Teodorico si diverte di questa scena)

BERNARDO - Hamilton! È roba da Mooreside. Non è stato Phileas Mooreside nel 1866 che ha avuto tre figli senza avere moglie?

SARA - E vogliamo dire che Enrichetta Hamilton fosse davvero sposata con quel cocchiere di casa Astor, nel 1804? Niente affatto! Non solo non la sposò mai, ma il loro figliolo fu un idiota. Non dimenticatelo!

BERNARDO - Non è vero… soltanto nacque prima del tempo, ecco tutto. (Teodorico ha smesso di mangiare per ascoltare)

SARA - Sì… sì… e perché? Perché Enrichetta aveva un altro amante e non volle aspettare… (Melisenda si alza e va da Sara) E se volete sapere come lo so, chiedete a Melisenda, perché è lei che me lo ha detto.

MELISENDA - Sara…

SARA - Proprio tu. Non solo mi hai detto questo, ma anche che tutti gli Hamilton hanno un curioso segno e che lo vedesti anche a Bernardo, la notte di nozze. (Bernardo va accanto la tavola a destra; Melisenda lo segue mentre Sara siede sul divano. Teodorico va a posare il piatto sul tavolino)

MELISENDA - Senti, Bernardo…

SARA - E oltre a questo…

BERNARDO - Basta Sara! (va verso il centro) Melisenda, in questo momento sono talmente adirato con te che non oso parlare.

MELISENDA - Ma caro Bernardo…

BERNARDO - Vado in giardino a prendere aria. (si avvia a sinistra, Teodorico lo ferma) Con te parlerò più tardi.

TEODORICO - Mi hai lasciato a mezz’aria, babbo! In verità, zia Sara, non dovreste interrompere a quel modo. non è gentile.

BERNARDO - Giovinotto…

TEODORICO - È roba da Mooreside, babbo. Noi ci intendiamo, non è vero?

BERNARDO - Credo di non capire più nulla… e certamente non capisco te. (Edoardo compare a destra) Ebbene, Edoardo?

EDOARDO - (eccitato) Scusate, miss Mooreside…

SARA - Che volete Edoardo?

EDOARDO - Potrei… hm… hm… parlarvi un momento… hm… fra noi.?

SARA - Certo, Edoardo, certo. Forse avete già…

EDOARDO - Scusate, signorina. Più tardi, a quattr’occhi.

SARA - Venite subito, Edoardo. (esce a destra seguita da Edoardo il quale si dà molta importanza)

BERNARDO - A quattr’occhi? Che diavolo significa tutto questo?

TEODORICO - Mamma, non sarà un’altra storia…?

MELISENDA - Teodorico!

TEODORICO - No, dimmi…

MELISENDA - Ma no, diamine!

TEODORICO - Beh, meno male! (va a sedere sul divano, prende una rivista e legge)

BERNARDO - Teodorico, bisogna che tu mi ascolti un momento. Tu sai che nella mia posizione, come presidente di una banca e Rettore anziano della Chiesa, devo mantenere il mio dovere e non posso affrontare uno scandalo.

TEODORICO - Senza dubbio, papà.

BERNARDO - Perciò desidero sapere se questo è il risultato di una tua imprudenza. Lo è?

TEODORICO - Francamente, papà…

BERNARDO - Ebbene?

TEODORICO - Francamente…

BERNARDO - Insomma!

TEODORICO - Ecco, è tanto possibile che sia mio quanto che sia tuo.

MELISENDA - Oh, Teodorico.

BERNARDO - Vorresti insinuare che…

TEODORICO - Parlando dal punto di vista biologico, sì, babbo. Dalle ricerche mediche è stato provato che gli uomini della mia età e quelli della tua sono egualmente capaci, e le statistiche mostrano…

BERNARDO - Al diavolo le ricerche e le statistiche. Non sai che avere figli illegittimi è una disgrazia?

TEODORICO - Al contrario. Per molti secoli è stato lo sport dei re. Vedi per esempio… (Melisenda si è alzata e ha fatto qualche passo a sinistra)

BERNARDO - Fallo tacere, Melisenda! Fallo tacere!

MELISENDA - Teodorico, ricordati che dopo tutto tuo padre è tuo padre.

TEODORICO - Non ne ho mai dubitato, mamma. (a Bernardo) Ma per continuare…

BERNARDO - Non continuare, la mia pressione sanguigna non vi resiste.

GIULIA - (appare sulla scala a sinistra) Signora Hamilton!

MELISENDA - Dite, miss Kingsley…

GIULIA - Faccio il bagno al bambino. Non volete venire a vederlo?

TEODORICO - Vengo io.

GIULIA - Davvero?

TEODORICO - Senza dubbio. Vieni, mamma, andiamo tutti e due a vedere. E anche tu, babbo.

BERNARDO - No.

TEODORICO - Su, vieni. (andando verso di lui) Non si paga nulla. (a Giulia) Veniamo subito, miss Kingsley. (Giulia esce) Vieni, babbo.

BERNARDO - (si alza e va verso sinistra) Meno vedo il bimbo e meglio è.

TEODORICO - (ride e va verso la scala) Allora, non venire. Vedremo soltanto noi, vero mamma? (comincia a salire)

MELISENDA - (ha raggiunto Teodorico e sale con lui) Proprio non vuoi venire, Bernardo? Vedrai che fa lo stesso effetto dei nostri.

BERNARDO - (va verso la scala) Ma non capisci, Melisenda, che questo bimbo probabilmente è… è un…

TEODORICO - Bastardo. Dillo pure, babbo. Il bimbo è un bastardo, mamma. (è quasi in cima alle scale)

BERNARDO - Teodorico! Come osi pronunciare queste parole dinanzi a tua madre? Chiedile scusa subito!

MELISENDA - Oh, non vi do importanza, Bernardo. E neanche Teodorico ve ne dà.

BERNARDO - Ma io sì.

MELISENDA - Ti ripeto che per conto mio… E poi, se anche lo fosse, è talmente carino!

TEODORICO - (mentre escono dalla galleria a sinistra) Brava, mammina! Sai che si vivrebbe molto meglio se ci si conoscesse un po’ di più gli uni con gli altri? (rimasto solo, Bernardo si guarda attorno per un istante; quindi i suoi occhi si fissano sul telefono. Va a staccare il ricevitore e parla sottovoce)

BERNARDO - Larkin 9999… Pronto… Per favore, desidero parlare col dottor Fairfield… È Bernardo Hamilton che parla…

SARA - (da fuori a destra) Bravissimo, Edoardo, bravissimo! (Bernardo riaggancia in fretta. Sara entra) Sapete, Bernardo, credo di esserci arrivata.

BERNARDO - (stupito) Cosa?

SARA - Desiderate o no sapere da dove è venuto il bambino?

BERNARDO - Senza dubbio, ma…

SARA - Allora lasciate fare a me. Edoardo dice che il contegno di ciascuno dei ragazzi sembra quello di un colpevole. Difatti… (si interrompe perché Giacomo scende dalla scala; ha in mano una rivista ed in bocca una sigaretta non accesa)

GIACOMO - (guarda sulla tavola dov’è un portacenere, ma non i fiammiferi) Dove sono i cerini? (va verso Bernardo) Ne hai, babbo?

BERNARDO - (gli tende una scatoletta di cerini) Ecco. (mentre Giacomo accende) Perché sei così nervoso?

GIACOMO - Nervoso? Niente affatto.

SARA - Non sei nervoso? Hai la mano che trema come una foglia!

GIACOMO - (a Sara) Sarà perché non ho dormito abbastanza… (a Bernardo) Neanche tu hai una bella cera.

BERNARDO - Sfido, io! Dopo una notte simile, ti sorprende?

GIACOMO - No.

BERNARDO - Eppure, insisti nel dire…

GIACOMO - Oh, babbo, basta. Elena sarà qui a momenti. Per l’amor del cielo, lasciate che io respiri liberamente.

SARA - Che cosa dirà Elena, se arrivando troverà in casa un bambino?

GIACOMO - Immagino che non perderà la testa come fanno tutti gli altri. (a Bernardo) L’autista sta mettendo in ordine la macchina grande. Posso prendere la piccola per andare incontro ad Elena?

BERNARDO - (va a sedere sul divano) Sì, se Carlo torna in tempo. L’ha presa lui per andare in chiesa.

SARA - Carlo in chiesa? È una cosa che non fa da anni!

GIACOMO - (esasperato) Per carità, zia Sara, non si può andare in chiesa anche senza avere un bambino? So che ha sempre ascoltato con piacere le prediche del dottor Fairfield.

SARA - Ma il dottor Fairfield non predica da qualche mese. Ha smesso da quando ha preso la direzione dell’orfanotrofio.

GIACOMO - (siede accanto alla tavola) Ah, ha l’orfanotrofio?

SARA - (passa dietro il divano e va al balcone) Sì, Giacomo. Comodo, eh? Bernardo, volete venire a mostrarmi le nuove dalie?

BERNARDO - (si alza) Come? Ah, sì. Venite. (esce dal balcone)

SARA - Ci scusi, vero Giacomo?

GIACOMO - Ma ti pare? (Sara esce in giardino, Giacomo posa sul divano la rivista che aveva in mano e va al telefono) Datemi Larkin 9999… (guarda se li vede dal balcone; entra Edoardo da destra) Ah, Edoardo, la signora Elena arriverà a momenti.

EDOARDO - Lo so, signore.

GIACOMO - Sentite, Edoardo, non voglio dire nulla che… ma voi sapete che la signora Elena è una donna molto gelosa.

EDOARDO - Lo so, signore.

GIACOMO - Per questo, e a causa del bambino che è di sopra, occorre che io non abbia l’aspetto turbato. Ditemi dunque la verità: sono diverso dal solito? Sembro nervoso? Sembra in qualche modo che io possa essere il padre del bambino?

EDOARDO - (esaminandolo attentamente) Sì, signore…

GIACOMO - (si appoggia al divano) Come?

EDOARDO - Signore, sotto gli occhi…

GIACOMO - Che cosa?

EDOARDO - Avete dei cerchi scuri…

GIACOMO - Ma è per la mancanza di sonno!

EDOARDO - Precisamente. Ed è cosa che spesso fa diventare padri.

GIACOMO - (piomba sul divano) Dio mio! (si sente sbattere la porta d’ingresso; Giacomo va verso la porta di sinistra) Non una parola, Edoardo, non una parola! (Carlo entra da sinistra togliendosi cappello, soprabito, ecc. Edoardo prende il piatto dalla tavola accanto al divano e il portacenere dal tavolino accanto al telefono ed esce a destra)

CARLO - Ciao, Giacomo.

GIACOMO - Ciao. Sei stato in chiesa?

CARLO - Sì.

GIACOMO - Com’è stata la predica del dottor Fairfield?

CARLO - Bellissima! Avresti dovuto sentirla… (va verso la scala) È un oratore che si ascolta volentieri. (comincia a salire)

GIACOMO - Peccato che abbia smesso.

CARLO - (fermandosi) Come?

GIACOMO - Dico, peccato che non fa più il predicatore… (Carlo ridiscende) Non ho detto altro.

CARLO - Che vorresti dire? Se ti ho detto or ora…

GIACOMO - Sì, lo hai detto, ma non lo hai udito affatto. Che bisogno c’è di mentire?

CARLO - Ascoltami…

GIACOMO - (si alza, posa la rivista sul divano e va da Carlo) Non ascolto nulla… Tu non sei affatto andato in chiesa. Se hai visto Fairfield vuol dire che sei andato all’Orfanotrofio della Trinità e lo hai visto là. E se sei andato là… (guarda sulla galleria e dietro di sé; Carlo fa lo stesso) …è probabilmente per risolvere il piccolo problema di sopra… (Carlo guarda in su) Non è vero?

CARLO - Tutto questo non c’entra! Perché non potrei andare dove mi pare e piace? (Giacomo ride, torna al divano e prende la rivista) Ma hai ragione. Non ho visto Fairfield; l’ho cercato ma non c’era. Volevo mettermi d’accordo con lui per il mio matrimonio. Desidero che sia celebrato da lui. Però la tua insinuazione è maledettamente fuori luogo. E venendo da parte tua è uno scherzo di cattivo genere.

GIACOMO - Come sarebbe a dire?

CARLO - L’anno scorso tu sei andato all’estero. Solo. (sono uno di fronte all’altro, a destra verso il fondo)

GIACOMO - Beh, e con questo?

CARLO - Niente, non dico niente. Pensaci (Giacomo sembra ricordarsi vagamente. Una pausa)

GIACOMO - Oh, sta’ zitto!

CARLO - Allora ammetti…

GIACOMO - (positivo) Non ammetto nulla. (Carlo siede a sinistra della tavola, Giacomo apre la rivista; torna verso Carlo) Senti Carlo, giacché quello che succede all’estero ti interessa, leggi qui. (legge; nel frattempo entra Edoardo che si ferma e ascolta) “Una giovine vedova dalla chioma tizianesca è tornata a New York dopo un misterioso soggiorno in Francia. Si mormora che la sua permanenza in Europa non abbia avuto per motivo solo il divertimento.” (mostra l’articolo a Carlo il quale guarda e poi ride) E per caso, il bimbo ha proprio i capelli rossi!

CARLO - Beh, e che vorresti dire?

GIACOMO - (tornando accanto alla tavola) Sai a chi si allude?

CARLO - No!

GIACOMO - No? (richiude il giornale) Pensaci un po’… (posa la rivista sulla tavola e va da Carlo fermandosi alla sua sinistra) Vado alla stazione ad incontrare Elena e la vedovella allegra, Poppy Davis. (via a sinistra in anticamera. Carlo rimane per un istante perso nei propri pensieri, poi cerca in fretta la rivista, cerca la pagina, rabbrividisce. Edoardo lo osserva soddisfatto senza essere visto)

CARLO - (ricordandosi) Santo Dio! (piomba sulla sedia a destra della tavola)

EDOARDO - (avanza sorridendo) Il portacenere, signore!

CARLO - (sobbalzando si volta) Cosa?

EDOARDO - (soavemente) Il portacenere. (va a posare il portacenere sulla tavola, prende la rivista. Carlo posa la sigaretta nel portacenere; prende la rivista e la sbatacchia sulla tavola) Comanda altro, signore?

CARLO - (apre, senza guardarlo) No, nient’altro.

EDOARDO - Grazie, signore. (esce a destra portando con sé la rivista che ha ripreso. Carlo lo segue con lo sguardo, intrigato, poi violentemente va al telefono, alza il ricevitore e dice) Western Union, per favore! (è interrotto da Giacomo che rientra)

GIACOMO - Ci ho ripensato!

CARLO - (sorpreso, riaggancia con forza il ricevitore e torna al suo posto) Che diamine…

GIACOMO - Perché non confessi e la facciamo finita?

CARLO - Confessare?

GIACOMO - Sì, confessare. (Carlo gli volta le spalle, Giacomo lo segue) Faresti meglio a smettere queste ragazzate, Carlo; sai che sei fidanzato.

CARLO - Ragazzate? Non so che cosa tu voglia dire.

GIACOMO - Stammi a sentire. Tu stesso ti sei svelato colpevole in cento modi. Perché hai chiesto a miss Kingsley se il bimbo è mancino? Il fatto che tu lo sia non ha relazione…

CARLO - E che cosa dovrei dire dei tuoi studi di ritratti dei bambini che sono nell’album in camera della mamma? (Teodorico entra dalla galleria a sinistra)

GIACOMO - Perché quello sguardo di orrore quando ho nominato Poppy Davis?

CARLO - Vorresti dunque accusarmi?

GIACOMO - Accusarti? Quello che so sul tuo conto basterebbe a scrivere un libro.

CARLO - E quello che so io di te riempirebbe un orfanotrofio!

GIACOMO - Accidenti alla tua lingua.

TEODORICO - (sul pianerottolo, burlandoli) Ragazzi, ragazzi! (Giacomo e Carlo, che stavano per venire alle mani, si separano) Lottare di domenica! Che cattivo esempio per il piccino! (scende fra di loro) Veramente, Giacomo, nella tua qualità di novello padre…

GIACOMO - Oh, va’ all’inferno!

TEODORICO - E tu, Carlo, come padre celibe…

CARLO - Smettila! (si avvia a destra, si ferma e si volge a Teodorico) E tu, col tuo contegno misterioso? Tu sei quello che deve vedere la vita da vicino, per poter scrivere le commedie.

GIACOMO - (andando verso Teodorico) Sì, e se credi che io non veda il tuo interessamento per il piccino devi credere che io sia cieco. Del resto, date le tue incursioni nel quartiere negro, possiamo essere ancora contenti che il bambino abbia la pelle bianca! (Bernardo entra dal balcone a sinistra. Teodorico è seccato e alza la mano contro Giacomo, ma Carlo lo afferra per il braccio)

TEODORICO - Senti, poi… (si interrompe vedendo Bernardo. Giacomo sta per uscire a sinistra, Carlo va verso il balcone di destra)

BERNARDO - Resta dove sei, Giacomo… anche tu, Carlo. (i due giovani si fermano) Forse adesso potrò sapere qualche cosa.

CARLO - Non da me. Da me non vi è nulla da sapere.

GIACOMO - (torna indietro di qualche passo) E neanche da me. Io non so nulla di nulla e me ne vado. Devo andare alla stazione incontro ad Elena e Poppy Davis!

BERNARDO - Giacomo…

GIACOMO - Ti ho detto che devo andare. Faccio appena appena in tempo. (esce a sinistra)

BERNARDO - Allora tu, Carlo…

CARLO - (va verso il padre) Babbo, io non sono un giglio, ma sto per sposarmi, il mese prossimo. Per questa ragione, il bimbo è fuori questione. E ora vado in giardino a giocare coi cani. (passa dietro al divano ed esce sul balcone di sinistra)

TEODORICO - (va dal padre, gaiamente) E quanto a me, babbo? (Bernardo si volta) Temo di non poter essere di nessun aiuto. La severità con la quale mi hai educato mi rende impossibile mentirti, anche per farti piacere.

BERNARDO - Ma, corpo di mille diavoli! Qualcuno è il padre del bambino!

TEODORICO - Probabilmente hai ragione, papà. Ma permetti… ho promesso di portargli un po’ di latte. (esce a destra)

BERNARDO - Aspetta, Teodorico, aspetta. (Teodorico si ferma) Bisogna pur fare qualcosa, almeno per difendere la famiglia.

TEODORICO - Perché non ti sacrifichi tu, babbo?

BERNARDO - Come?

TEODORICO - Dicendo che è tuo. Tu sei il più vecchio, e dopo tutto vai in giro e fai tante cose. Per esempio, alcuni mesi fa andasti al congresso dei banchieri ad Atlantic City, vero?

BERNARDO - Atlantic City!

TEODORICO - Sì, fu nell’ottobre scorso, l’epoca corrisponderebbe…

BERNARDO - Corrisponderebbe!

TEODORICO - Sì, fa’ il conto, babbo… da ottobre a giugno… pensaci sopra! (esce a sinistra lasciando Bernardo sconvolto)

BERNARDO - (aspetta un secondo, poi si precipita al telefono, cerca la guida, corre alla porta della sala da pranzo) Edoardo, Edoardo!

EDOARDO - Vengo, signore.

BERNARDO - (eccitato) Dov’è la guida telefonica di Jersey?

EDOARDO - (compare sulla porta) Non è qui, signore?

BERNARDO - No, non c’è. Non c’è mai niente al suo posto.

EDOARDO - Allora sarà in cucina. Loretta, la nuova cuoca, la usa spesso.

BERNARDO - (va verso sinistra borbottando) Accidenti a Loretta!

EDOARDO - Sua sorella è occupata ad Atlantic City. (Bernardo si ferma improvvisamente) Credo che lavori da Traymore.

BERNARDO - (stupito) Atlantic City…? Traymore…? (va verso Edoardo) Come si chiama la sorella di Loretta?

EDOARDO - Quigly, signore…

BERNARDO - Quigly? Avete detto Quigly?

EDOARDO - Sì, signore. E ultimamente è stata molto male.

BERNARDO - Sapete che cosa ha avuto?

EDOARDO - Mmm… è una cosa un po’ delicata… Credo che mi abbiate compreso, signore. Ma fortunatamente, lui è ricco.

BERNARDO - (sollevato) Ah, e le ha dato un assegno ragionevole?

EDOARDO - Non ancora, signore. (esce a destra. Bernardo siede a destra della tavola. Melisenda e Giulia scendono le scale)

MELISENDA - Oh, Bernardo, non sai che cosa hai perduto a non venire con Teodorico e con me! Quel pupo avrebbe conquistato il tuo cuore come ha conquistato quello di Teodorico ed il mio.

BERNARDO - Ah, ha conquistato il cuore di Teodorico?

MELISENDA - Sicuro, non è vero, miss Kingsley?

GIULIA - Non potreste resistergli neanche voi, signor Hamilton.

MELISENDA - Ne sono certa, dopo un minuto lo chiameresti “tesoro” come Teodorico lo ha chiamato “fratellino”…

BERNARDO - (si alza, va verso la porta di destra) Ah, Teodorico lo chiama “fratellino”? (Giulia va al telefono)

MELISENDA - Sì, non è carino? Ora Giulia telefona ad una sua amica per sapere se può prestarci una carrozzina.

BERNARDO - Una carrozzina? Per che farne?

MELISENDA - Dio mio, Bernardo, ma ci vuole…

BERNARDO - Non ci vuole nulla, perché il bimbo non resterà qui.

MELISENDA - Ma Bernardo…

BERNARDO - No, no, no. Aspettate, miss Kingsley. (va verso il centro) Melisenda, bisogna che quel bambino vada via da qui oggi stesso. Più presto è, meglio è. Finché sta qui, noi siamo tutti in pericolo per ciò che può venirci non solo dalla parte di una donna ignota, ma anche da parte del babbo. Miss Kingsley, siate così gentile da chiamare l’Orfanotrofio della Trinità e pregate il dottor Fairfield di venire qui subito. (Giulia va verso il telefono)

MELISENDA - (va verso il marito) Ma questo l’ho già fatto io…

BERNARDO - Lo hai fatto? Quando? E perché?

MELISENDA - Stamattina… perché… perché…

BERNARDO - Perché?

MELISENDA - Perché ho pensato che forse il bambino era tuo.

BERNARDO - Mio! (Melisenda si avvia verso il giardino) Aspetta un momento… perché hai pensato che fosse mio?

MELISENDA - Perché… (nota la presenza di Giulia) Non posso dirtelo adesso… è una cosa troppo personale… (esce in giardino)

BERNARDO - Me lo devi dire, che specie di idea! (esce anche lui)

TEODORICO - (entra dalla porta di destra portando il poppatoio col latte) Oh… Ciao, cara. Stavo appunto per portare questo di sopra.

GIULIA - (viene in centro) Oh, Teodorico…

TEODORICO - Che c’è, tesoro?

GIULIA - È terribile! Chi avrebbe mai immaginato che una creatura così piccola avrebbe portato così tanto scompiglio!

TEODORICO - (le dà il poppatoio) Sono appunto le cose più piccole che contano, lo sapete.

GIULIA - (andando verso il divano) Lo so, ma questa sta diventando seria. (mette il poppatoio sul tavolino dietro al divano)

TEODORICO - (seguendola) Per me è semplicemente divertente. Giulia, pensate… I rigidi ed impassibili Hamilton coinvolti in una storia come questa! E ciascuno di loro cerca di evitare di compromettersi direttamente!

GIULIA - (si appoggia al divano) Ciascuno di loro? Ciò include anche voi, Teodorico?

TEODORICO - Che volete dire?

GIULIA - Quello che ho detto. Siete anche voi un Hamilton, no?

TEODORICO - Sentite, non penserete…

GIULIA - Non so cosa pensare, Teodorico! (siede sul bracciolo di una poltrona a sinistra del centro) Vi comportate in modo strano, da parecchie settimane.

TEODORICO - E vi sorprende? Io non sono nessuno; non ho fatto nulla che valesse neanche una briciola da quando sono nato… e… voi mi avete detto che mi amate. Perbacco, Giulia, potevate immaginare che questo non avrebbe prodotto nessun effetto?

GIULIA - E questa è la sola ragione per cui siete stato così diverso?

TEODORICO - (indietreggia di un passo) Giulia, non vorrete dire… che supponete…

GIULIA - Che cosa volete che supponga, Teodorico? Due settimane fa mi avete detto che credevate che vi stesse per accadere qualche cosa… qualche cosa che avrebbe mutato la vostra vita, ma non potevate dirmi cos’era. E la notte scorsa è accaduto questo.

TEODORICO - Ma tesoro, se mi amate… (fa per abbracciarla; Giulia alza la mano e lo ferma)

GIULIA - Se vi amo, Teodorico… (egli le prende ambo le mani) Vi amo, e amo ciò che pensate e ciò che volete fare, più di quanto avrei mai creduto possibile di amare… ma questa fiamma si spegnerebbe in un attimo se potessi credere che siete stato capace di far soffrire qualcuna per ciò che avete fatto.

TEODORICO - Ascoltami, amore. Dio sa che non sono perfetto, ma ti prego di credermi. Non ho mai commesso un’azione disonorevole in tutta la mia vita.

GIULIA - Allora non siete il…

TEODORICO - Giulia, piccola idiota… (le bacia le mani) …si capisce che non sono io! Mi piace il bimbo e, quando l’ho visto fra le tue braccia, ho desiderato che fosse… ma non lo è. Ora vieni sul mio cuore e lascia che dica alla mia famiglia che ci sposeremo, e poi prenderemo il piccino con noi e gli daremo una casa e dei genitori. Ti farebbe piacere questo?

GIULIA - Davvero, prendere il piccino?

TEODORICO - Sicuro, perché no?

GIULIA - Teodorico, sarebbe una cosa meravigliosa! (stanno per abbracciarsi, ma si sente la voce di Sara)

SARA - (da fuori a sinistra) Dovresti vergognarti, Melisenda Hamilton. (Giulia sussulta, va a prendere il poppatoio, Teodorico cerca di trattenerla)

TEODORICO - Lascia che ci vedano.

GIULIA - No, glielo diremo più tardi. (gli sfugge e corre alle scale)

TEODORICO - Ma lo voglio, quel bacio!

GIULIA - (corre su per le scale) Vieni a prenderlo! (esce a sinistra sulla galleria; Teodorico la segue ridendo. Sara, Melisenda e Bernardo entrano da sinistra)

SARA - Che razza di idea! (va a suonare il campanello) Non essere ridicola, non bisogna correre subito alle conclusioni. Per quanto io conosco Bernardo lo ritengo colpevole, ma non si può provarlo per una macchia sulla pelle.

MELISENDA - (in lacrime) Ma ti dico che è nello stesso punto!

SARA - Questo non ha importanza. Ci sono tanti uomini che hanno una macchia in quel punto!

MELISENDA - Vorrei sapere come ne sei informata!

BERNARDO - Via Melisenda, smetti di piangere. Ho accettato le tue scuse, no? (Edoardo entra da destra)

MELISENDA - Sì, ma…

BERNARDO - Vieni via, dimentica… (la bacia) Sorridi, cara… Ecco, è molto meglio.

SARA - Edoardo, abbiamo deciso che non bisogna dir nulla del biglietto trovato nella cesta alla signora Elena.

EDOARDO - Sì, signorina.

SARA - Ma questo non significa che si sia usciti di preoccupazione. Avete scoperto qualche cosa o avete dimenticato di stare attento?

EDOARDO - Al contrario, ho preso qualche appunto. (trae una carta che, spiegata, appare come una lunga striscia)

SARA - (va verso di lui) Dio mio, è piena quella carta?

EDOARDO - Sì, signorina. Come deduzioni, se chiedete a me, direi che quel bimbo dovrebbe avere parecchi padri. O che stasera parecchi bimbi arriveranno.

MELISENDA - Dio mio!

EDOARDO - Sì, signora. Però le notazioni più importanti sono: la lettera ricevuta dal signor Teodorico; la notizia della rivista azzurra, pagina quattro, che sembra aver fortemente turbato il signor Carlo…

MELISENDA - Fortemente! Date a me… datemi… (prende la rivista e va a sedere)

EDOARDO - Ultimo e non meno importante, un certo interessamento per Atlantic City da parte del signor… (suona il campanello della porta. Melisenda si alza)

BERNARDO - (prendendo la lista) Edoardo, la porta! Mi occupo io di questo!

MELISENDA - (mentre Edoardo esce, leggendo la rivista) Dio mio, che cosa può essere questo pettegolezzo?

SARA - Leggi e te lo dirò.

MELISENDA - (legge) “Una giovane vedova dalla chioma tizianesca è tornata a New York dopo un misterioso soggiorno in Francia…” Come può entrarci Carlo?

SARA - Eccome, Melisenda, eccome!

MELISENDA - Sarebbe dunque andata in Europa per…

BERNARDO - (vedendo entrare Poppy) Ssst! Silenzio! La signora Davis!

POPPY - 8entra seguita dall’autista il quale porta una valigia e sale la scala mentre Poppy va in centro) Buongiorno a tutti!

SARA - Come state, cara?

MELISENDA - Signora Davis! (le va incontro)

POPPY - (a Bernardo) Sto benone! Ma dov’è questo pupo… (l’autista si ferma in cima alla scala, si volta, guarda Poppy, sorride quindi esce) …di cui ho sentito parlare?

MELISENDA - Avete già saputo?

POPPY - Sicuro! Elena è certa che è di Giacomo, ma io scommetto un dollaro che non lo è!

BERNARDO - Signora Davis…

POPPY - Di chi credete che sia, signor Hamilton? O lo sapete già con certezza?

BERNARDO - No, non ne ho nessuna idea.

POPPY - Che bellezza! Come sono contenta di essere venuta! (a Sara) Come ci divertiremo!

SARA - Ci divertiremo?

POPPY - Sarà uno spasso! Uno scandalo nell’alta società! Magnifico!

SARA - Vi assicuro, signora Davis, che per noi non è molto divertente. E il vostro atteggiamento non mi pare molto di buon gusto.

POPPY - Ma miss Mooreside, vi assicuro…

SARA - Giacomo è ammogliato, Carlo è fidanzato e…

POPPY - (mostrando molto interessamento) Cosa! Carlo è fidanzato? (a Melisenda) Con chi è fidanzato?

MELISENDA - Come sembrate colpita, signora Davis.

POPPY - Sono sorpresa, nient’altro. Piccolo mascalzone! Sapete che ho sempre avuto un debole per lui!

SARA - Davvero?

POPPY - Sì, sì! Ed ecco che cosa ho guadagnato ad andare in Francia.

BERNARDO - In Francia!

POPPY - Sì, ma sono tornata in tempo! E apposta per Carlo, se volete sapere la verità! (entrano Elena e Giacomo; Poppy va verso destra)

ELENA - (entrando) Dov’è il bimbo?

MELISENDA - Elena, cara!

SARA - Elena!

ELENA - Dov’è il bimbo? Voglio vederlo subito!

MELISENDA - Ma… ma… ma…

ELENA - Niente “ma”, mamma Melisenda. Desidero vedere il bambino e vedere il biglietto.

BERNARDO - (ridendo) Biglietto? Che biglietto?

ELENA - Sapete benissimo quale biglietto. Giacomo tentava di tacere, ma gli ho tirato fuori ogni cosa. (tutti guardano Giacomo) Non ho mai visto un aspetto così colpevole in tutta la mia vita. (tutti guardano di nuovo Giacomo) Dov’è il bambino?

MELISENDA - È di sopra, ma noi non sappiamo che sia di Giacomo, cara.

ELENA - Ve lo dirò io, a momenti. Mi basta vederlo! E se ha il suo viso buffo, vi assicuro che succederà qualche cosa che gli Hamilton non dimenticheranno per cento anni! (si avvia alla scala)

MELISENDA - Ma aspetta, cara…

ELENA - No. Era un pezzo che lo sospettavo. Vado di sopra a vedere il bambino. (comincia a salire)

GIACOMO - Vuoi aspettare un momento, per favore?

ELENA - No, e lascia la mia valigia. Non so se la aprirò o no.

GIACOMO - Sono sicuro di sì.

ELENA - Beh, portala su se vuoi, per me è lo stesso. (esce a sinistra, Giacomo la segue)

POPPY - (dopo che sono usciti) Bene, bene, bene! Come sono contenta di essere venuta!

MELISENDA - Mi dispiace, signora Davis… la nostra accoglienza…

POPPY - Ma no, mi piace moltissimo! Quasi quasi, spero che assomigli a Giacomo!

SARA - Signora Davis!

POPPY - Davvero! Adoro l’eccitamento. E voi, signor Hamilton?

BERNARDO - Non di questa specie.

POPPY - Andiamo, via. Che cos’è un bambino quando si è fra amici? Probabilmente è un’attrazione in più… ed è anche un omaggio alla virilità di qualcuno.

BERNARDO - Signora Davis, vi rendete conto…?

POPPY - Bah, sono piccoli incidenti. Capitano nelle migliori famiglie. (a Melisenda) Non credete?

SARA - Signora Davis, mi riempite di meraviglia! (entra Carlo)

POPPY - Che volete… è quello che ho imparato in Francia… le nuove idee… Ma non vi scandalizzate. (a Carlo) Oh, Carlo, come state? Venite, lasciatevi vedere!

CARLO - Siete sempre la stessa!

POPPY - Come vi permettete di fidanzarvi mentre io non ci sono?

CARLO - Che volete…

POPPY - Non voglio niente. È un bruttissimo scherzo, dopo tutto quello che c’è stato tra noi. Non vi pare, signor Hamilton?

BERNARDO - Veramente io non so…

POPPY - Dio mio, una volta eravamo proprio… Non è vero? E la “Rivista dei pettegolezzi” una volta chiamò Carlo “il favorito delle vedove”! (Melisenda riprende la rivista per rileggerla)

CARLO - (in fretta) Nessuno… nessuno vi ha ancora indicato la camera degli ospiti?

POPPY - Non ancora, ma tanto non volevo arrischiarmi a salire… almeno finché Elena non ha finito di spiegarsi con Giacomo.

CARLO - Elena… Giacomo?

POPPY - Elena ha deciso che Giacomo è il padre. Non è la cosa più divertente del mondo?

SARA - Divertente!

POPPY - Sì… perché certamente non è lui!

SARA - Come sapete che non lo è, signora Davis?

POPPY - Oh, chiamatela intuizione, miss Mooreside… o forse me lo avrà raccontato il solito uccellino. (si toglie il cappello. Tutti guardano, Melisenda sobbalza)

MELISENDA - (impulsiva) Oh, i vostri capelli!

POPPY - (aggiustandosi) Che cos’è… sono molto in disordine?

MELISENDA - (debolmente) No… no… ma hanno un così bel colore!

POPPY - Anche quelli di mia madre erano così…

MELISENDA - Ah sì?

POPPY - Sì, è ereditario. (Melisenda siede sul divano) Bene, Carlo, potete accompagnarmi di sopra. (mentre si avviano) Ho una quantità di cose da dirvi.

CARLO - Spero che siano cose piacevoli.

POPPY - Questa può essere una questione controversa… come la paternità del bambino. Ma mi fa molto piacere rivedervi.

CARLO - Quanto tempo siete stata via?

POPPY - (mentre salgono) Abbastanza per aver delle seccature… Oh, sarete sorpreso. (agli altri) Au revoir!

MELISENDA - Au revoir, signora Davis! (appena Carlo e Poppy sono fuori di vista) È la madre, non vi è dubbio! C’è tutto qui, nella “Rivista azzurra”!

BERNARDO - Certo, è lei! Capelli rossi e idee rosse! E Carlo!

SARA - Sciocchezze, non è lei. Se avesse avuto un bambino non ne parlerebbe tanto.

MELISENDA - Ma c’è qui nel giornale! I capelli rossi e la Francia!

SARA - (prende la rivista e la mette sulla tavola) Sarebbe lo stesso se dicesse occhi verdi e Italia.

TEODORICO - (appare sulla galleria) Mamma, zia Sara, babbo… (tutti guardano in alto) Venite su, Elena dice che il bambino è di Giacomo e dice che chiederà il divorzio. (esce di nuovo)

SARA - Divorzio! Un Hamilton divorziato! Vieni, Melisenda, non possiamo permettere questo. (sale ed esce, Melisenda la segue)

MELISENDA - (a Sara) Il babbo non vorrà più saperne di noi, ne sono certa! Vieni, Bernardo… Dio, pensa allo scandalo… pensa allo scandalo! (Melisenda è uscita; Bernardo si avvia per salire. In questo momento entra in fretta Edoardo che si rivolge a Bernardo)

EDOARDO - Signor Hamilton! Signor Hamilton!

BERNARDO - (che ha già salito qualche scalino) Che c’è?

EDOARDO - È la cuoca, signore. Loretta!

BERNARDO - Beh, che cos’ha?

EDOARDO - Sua sorella arriva stasera da Atlantic City.

BERNARDO - Come!

EDOARDO - Ho creduto che fosse bene farvelo sapere.

BERNARDO - E che viene a fare?

EDOARDO - Non lo so. Probabilmente per vedervi.

BERNARDO - Edoardo, chiamate subito il dottor Fairfield al telefono. Larkin 9999…. (Edoardo va al telefono) Ditegli che venga qui immediatamente e che io farò una donazione all’orfanotrofio. (dal balcone a sinistra entra il dottor Fairfield e va verso Bernardo)

FAIRFIELD - Caro Bernardo, come va con questa magnifica giornata di sole!

BERNARDO - (andandogli incontro) Oh dottore, dottore! Come sono contento di vedervi. Edoardo, andate pure. (Edoardo esce a destra) Dottore, so che sarà un colpo per voi. (lo accompagna a sedere in centro) Ma… ma… io… ho avuto… un bambino!

FAIRFIELD - Che bellezza! Non ne avevo la più lontana idea. Ma perché quella cara Melisenda ha telefonato soltanto stamattina?

BERNARDO - No… no… non capite… lei non lo sa ancora.

FAIRFIELD - Come!

BERNARDO - Voglio dire che non deve saperlo.

FAIRFIELD - Bernardo…

BERNARDO - Ecco… perché lei non c’entra!

FAIRFIELD - Bernardo Hamilton!

BERNARDO - È opera mia… interamente!

FAIRFIELD - Non capisco…

BERNARDO - Dottor Fairfield… mi trovo in un terribile impiccio. Io ho un bambino e voi avete un orfanotrofio. Non potrei mettere il bambino nel vostro ospizio e risparmiare una quantità di scompigli?

FAIRFIELD - Mi proponete…

BERNARDO - Abbiate pietà di me, dottore. Dite che prenderete il bambino! Se lo prenderete farò tutto ciò che vorrete… darò qualunque cosa…

FAIRFIELD - Dare!

BERNARDO - Sì… sentite… voi andate all’ospizio ed io verrò nel pomeriggio a spiegarvi bene tutto.

SARA - (sulla galleria) Bernardo, Bernardo, venite su! È terribile! Abbiamo bisogno di voi! Oh, siete qui dottor Fairfield? Venite su anche voi! Venite!

FAIRFIELD - (alzandosi spaventato) Subito, miss Mooreside. Ma che cosa…?

SARA - Venite di spora e vi spiegherò. E voi, Bernardo, portate i sali di Melisenda e dite a Edoardo di portare del cognac!

BERNARDO - (cercando i sali) Edoardo, Edoardo! (mentre Edoardo entra da destra il telefono squilla) Rispondete… se vogliono me, dite che non sono in casa. (esce in sala da pranzo. Fairfield scompare in fretta seguendo Sara)

EDOARDO - (al telefono) Pronto, Hamilton Acre… Sì, è Edoardo che parla… Come? Anna? Sicuro, mi ricordo di voi… (Bernardo rientra e si avvia alle scale, ma si ferma sentendo Edoardo che parla. Edoardo, raggiante, siede) Come potrei dimenticare la più radiosa cameriera che abbiamo avuto?… Un regalo per me?… (Bernardo posa la boccetta sulla tavola) No, non l’ho ricevuto… Una lettera che spiega?… No, né l’uno né l’altra… Quando? Ieri sera?… Come?… Pronto… Pronto… (si alza) Pronto signorina! (picchia sul gancio del telefono)

BERNARDO - Edoardo… (Edoardo posa il ricevitore e guarda Bernardo. Bernardo, va verso di lui) Che significa, Edoardo? Regalo… ieri sera… da Anna? Che significa?

EDOARDO - (esitante) Vi ricordate Anna, signore?

BERNARDO - Certamente!

EDOARDO - Ebbene… oh, non vi arrabbiate, signore… ma credo… che il bambino sia mio…

BERNARDO - Vostro! (Edoardo piomba sul divano)

EDOARDO - Sì, signore. Una notte entrai nella sua camera per sbaglio e…

BERNARDO - E…

EDOARDO - E non fu più uno sbaglio, signore. Lei disse che andava benissimo. (Bernardo gli batte una mano sulla spalla con simpatia)

ELENA - (scendendo le scale furente seguita dagli altri, tranne Teodorico. Giacomo è alle sue calcagna) Non mi rivolgere al parola, Giacomo. È il tuo ritratto preciso… bocca, naso, mento… ha perfino le tue borse sotto gli occhi!

GIACOMO - Ma Elena…

MELISENDA - Elena, se Giacomo ti dice che non è suo…

ELENA - Non mi importa quello che dice! È suo, lo so… è suo.

BERNARDO - No, Elena. So che non lo è!

ELENA - Come?

SARA - Lo sapete?

BERNARDO - È di Edoardo! MELISENDA - e lo ha detto in questo momento! (Teodorico appare sulla galleria)

FAIRFIELD - (viene in centro) Bernardo, insisto perché sia detta la verità; e se volete parlerò io… (Bernardo gli va vicino e lo conduce verso il balcone di sinistra)

BERNARDO - Ecco, dottore… la verità è… Voi adesso andate… (lo spinge fuori) … all’orfanotrofio. Vi telefonerò più tardi. (Torna indietro) Ora è tutto sistemato! (siede sul divano accanto ad Edoardo)

SARA - (andando da Edoardo) È vero, Edoardo?

EDOARDO - (alzandosi) Sì, signorina. Anna mi ha telefonato adesso chiedendomi se mi era piaciuto il suo regalo.

TEODORICO - (drizza le orecchie e viene nella stanza) Regalo? (tutti guardano Teodorico) Edoardo… lo avete trovato? L’ho messo qui… è arrivato stamane insieme alla mia lettera. (va alla tavola, ritrova il pacchetto, lo dà ad Edoardo) Eccolo! Che cos’è, il vostro compleanno?

EDOARDO - (afferrando il pacchetto con eccitazione) Il mio compleanno! Ecco che cosa voleva dire! Signor Hamilton, mi dispiace, ma il bambino non è mio!

TUTTI - Cosa! (Edoardo ha aperto il pacchetto e ne spiega il contenuto: un paio di bretelle di seta viola)

EDOARDO - (è commosso, parla a stento perché quasi piange) Guardate che cosa mi ha mandato per la mia festa… Non è stata carina? Povera Annetta! Per farmi reggere i calzoni!

ELENA - Lo sapevo! (corre su per le scale seguita da Giacomo)

BERNARDO - Dottor Fairfield! Dottor Fairfield! (corre fuori per il balcone. Melisenda sviene e cade fra le braccia di Carlo; Sara la guarda con disgusto)

SIPARIO

TERZO ATTO

La stessa scena, qualche minuto dopo. Sono presenti tutti quelli che erano in scena alla fine dell’atto precedente ad eccezione di Bernardo ed Edoardo.

ELENA - (rivolgendosi a Sara in modo molto irritato) Me ne infischio dello scandalo e della famiglia e di tutto!

GIACOMO - Ma Elena…

ELENA - (scostandolo con ira) Taci tu! (a Sara) Non so perché dovrei essere sorpresa o offesa… È una cosa che mi aspettavo! (a Giacomo) Ogni volta che vedi una bella donna ti metti a fissarla come se fossi ipnotizzato!

GIACOMO - (esasperato) Ma lo sguardo non ha mai generato dei bambini!

ELENA - No, ma può condurre a ciò che li genera!

GIACOMO - Ma quando credi che io abbia potuto farlo?

ELENA - Immagino quando sei stato in Francia.

GIACOMO - Ma ci sono stato soltanto una settimana!

ELENA - Soltanto una settimana! Santo Cielo! È possibile discutere con te? (Giacomo sale uno scalino) Domani andrò da un avvocato e lo incaricherò di sporgere querela per adulterio.

GIACOMO - (ridiscende uno scalino) Adulterio!

MELISENDA - Adulterio! No, cara, è troppo immorale! (piomba sul divano)

SARA - Ma non vi è nulla che indichi che il bambino è stato fatto in Francia.

ELENA - E che cosa prova questo? Nulla. Quando Giacomo va a pescare, come lo so che c’è andato?

MELISENDA - Lo sai perché mangiamo il pesce. Lo porta sempre a casa. (Sara va a sinistra disgustata)

ELENA - Beh, questo è un pesce che è stato portato a casa… e se voialtri potete mandarlo giù siete bravi! Io, per conto mio, non posso! (va in fondo alla scala; a Giacomo) Levati di mezzo. Vado su a fare il baule.

POPPY - (sulla scala fermando Elena) Ma Elena, in verità…

ELENA - (sulla scala) Taci tu! Hai i capelli rossi e sei stata ammalata in Francia… comincio a non credere più che sia stata appendicite!

POPPY - Elena… come ti permetti! (Elena, che stava salendo, si ferma) Non ho mai visto Giacomo prima d’oggi, in vita mia. Conoscevo solo Carlo.

ELENA - (riprendendo a salire) Secondo quello che si dice sul conto tuo, il conoscere un uomo non è essenziale per te. Tutto ciò che ti occorre è… il maschio. (esce)

CARLO - (mentre Elena esce) Vai troppo in là, Elena. (Giacomo va verso sinistra guardando la scala)

POPPY - (seguendo Elena) Deve chiedere scusa o gli Hamilton avranno sulle spalle un’altra accusa! Questa è ingiuria e diffamazione. (esce dalla galleria)

SARA - Fermatela, fermatela! Se va avanti così nei giornali non si parlerà d’altro che di noi!

CARLO - E nessuno pensa al danno che viene a me. Il fatto che io sono fidanzato e che tutto questo pettegolezzo farà probabilmente rompere il mio matrimonio, sembra non interessare a nessuno, qui.

MELISENDA - (piange) Credi davvero, Carlo…

CARLO - Ne sono certo. I Fondick sono dei quaccheri… (andando verso Teodorico) e di idee terribilmente antiquate, tutti lo sanno.

TEODORICO - Sciocchezze, Carlo. Forse che i quaccheri non seminano anche loro?

CARLO - Smettila Teodorico. Conserva queste spiritosaggini per le tue commedie.

GIACOMO - Senti, mamma… (Melisenda va da lui) Zia Sara, va’ a parlarle, ti prego. Cerca di renderla ragionevole.

CARLO - (va alla scala) Ed io vedrò che cosa posso fare con Poppy.

SARA - (andando) Farò del mio meglio.

MELISENDA - (unendosi a Sara e Carlo) Tutta colpa di Edoardo! Una volta che aveva detto di essere il padre, doveva mantenerlo! Pensate come saremmo tutti felici se potessimo trovare un padre! (via dalla galleria con Sara e Carlo)

GIACOMO - (andando verso l’anticamera) Magari lo trovassimo!

TEODORICO - (seguendolo) Dove vai?

GIACOMO - Fuori.

TEODORICO - Che vai a fare?

GIACOMO - Non lo so. Sai bene anche tu… Il solo mezzo per convincere Elena è trovare il vero padre.

TEODORICO - E credi di trovarlo in strada?

GIACOMO - Perché no? Uno spillo in un mucchio di fieno… (esce a sinistra)

TEODORICO - (seguendolo) Ma non capisci, Giacomo, che… (Poppy e Carlo compaiono sulla galleria e scendono)

POPPY - Lo so, Carlo. Avete perfettamente ragione. Sono stata sciocca a perdere la calma soltanto perché Elena era fuori di sé…

CARLO - (va a prendere una sigaretta nella scatola che è sulla tavola a sinistra) Siete una brava figliola, Poppy.

POPPY - Non sempre… ma sono contenta che voi lo crediate… Caro!

CARLO - Allora perdonate e dimenticate?

POPPY - Lo sapete. Non ho sempre fatto tutto ciò che avete desiderato… in tutto e per tutto?

CARLO - Sentite, Poppy. C’è una cosa che desidero sapere sul vostro conto.

POPPY - Dio mio, vi è forse una cosa di me che non sapete? (va verso il divano) Datemi una sigaretta, per piacere.

CARLO - (prende la scatola, fa cadere le sigarette, si inginocchia a raccoglierle) Voglio dire che…

POPPY - (si inginocchia e prende la sigaretta dalle mani di Carlo) So che cosa volete dire.

CARLO - Voglio sapere… quando eravate in Francia… (Poppy lo guarda) Avete forse…? Sì, avete…? Dio, com’è difficile a dirsi…

POPPY - E allora non lo dite. Fate come faccio io… Rimandate.

CARLO - Come?

POPPY - Ma sì… aspettate il momento propizio. Viene sempre. Per esempio, io ho da dirvi una cosa terribilmente importante…

CARLO - Davvero?

POPPY - Sì. Ma non ve la dirò adesso. Perderebbe di valore. Ho paura… perciò aspetterò… diciamo… fino a prima del vostro matrimonio.

CARLO - Proprio prima?

POPPY - Sì. Ciò potrebbe farvi mutare idea.

CARLO - No, no, Poppy… ditemi adesso. Preferirei sapere subito. Ho sempre detestato rimanere in sospeso.

POPPY - Beh… ricordatevi in quel tempo… tre anni fa… quando io temetti di essere in stato…

CARLO - Oh, mi ricordo!

POPPY - Credo che voi abbiate, allora, sofferto più di me… ma la realtà fu così dolce in seguito… che dopo di allora imparai una cosa.

CARLO - Che cosa?

POPPY - A tormentare gli uomini… Tormentarli… Ciò che sto facendo con voi adesso.

CARLO - No, non lo fate! Poppy… ditemi ciò che voglio sapere. È nostro? Il bimbo? Che cos’è stata questa vostra appendicite? (Poppy si alza e va verso la scala. Carlo si volta ancora inginocchiato) Che cos’era, Poppy? Era lui?

POPPY - (salendo) Vi piacerebbe saperlo?

CARLO - (si alza e va verso di lei) Se mi piacerebbe saperlo? Ho bisogno di saperlo, Poppy!

POPPY - Ah già… a causa della vostra piccola Priscilla… Beh, ve lo dirò… Carletto… tesoro…

CARLO - Dite…

POPPY - In un momento più propizio. (sale)

CARLO - (si alza) No, ditemelo adesso. Siate carina…

POPPY - lascereste la nostra piccola quacchera se fosse nostro?

CARLO - No! Mai!

POPPY - Allora, tutto ciò che posso dirvi… è che forse sarà lei che lascerà voi. (esce dalla galleria)

CARLO - Oh Dio! (e piomba seduto sugli scalini)

TEODORICO - (entra dalla sinistra) Beh, hai trovato qualche cosa?

CARLO - Niente, niente!

GIULIA - (entra dalla galleria. A Carlo) Oh, Carlo… La signora Davis vi desidera.

CARLO - Me?

GIULIA - Sì, mi ha pregato di dirvi che se venite su vi dirà tutto della sua operazione.

CARLO - Tutto…? Vi ha detto “tutto”?

GIULIA - Sì. (Carlo si precipita su per le scale ed esce) Oh, dove sono questi benedetti sali? (scende)

TEODORICO - Cosa, di nuovo?

GIULIA - Sì. E cerco anche il poppatoio del pupo.

TEODORICO - Ma che cosa sta succedendo?

GIULIA - Di tutto.

TEODORICO - E la causa di questo putiferio che cosa fa?

GIULIA - Sta dormendo il sonno dei giusti. È un tesoro. Quantunque, con vostra madre che piange nella stanza accanto, temo che da un momento all’altro si svegli.

TEODORICO - Caro!

GIULIA - È una cosa emozionante! Carlo non è il padre, e ora so che potrebbe esserlo; anche Giacomo potrebbe, il cameriere ha creduto per un momento di esserlo e zia Sara ritiene che siate voi. E questi sono i famosi Hamilton!

TEODORICO - Non la prendete in questo modo, Giulia. Non vorrete credere che siamo tutti quanti padri?

GIULIA - Mah… dovete ammettere che l’evidenza è contro di voi.

TEODORICO - Giulia!

GIULIA - Vi piaccia o no, Teodorico… devo dirvi che sono sbalordita. Non supponevo che un bimbo in un canestro potesse rivelare tante cose. Vi confesso che sono esitante…

TEODORICO - Non sul nostro…?!

GIULIA - Oh, vedo già come sarà accolta la notizia che voi volete sposarmi. “Caro Teodorico, l’infermiera di tuo nonno! Ma ci pensi?” E vorrei sapere che effetto farebbe se io rispondessi: “Sicuro miss Mooreside, la morale della famiglia non può che guadagnarne!”

TEODORICO - Giulia, se credessi che realmente voi pensate…

GIULIA - (cercando i sali sulla tavola) Fortunatamente per voi, non sono un’ingenua ai suoi primi passi nella vita…

TEODORICO - Questo vuol dire che non mi licenziate?

GIULIA - No, perché, per quanto strano possa sembrare, credo ancora in voi.

TEODORICO - (cercando di afferrarla) Cara, tesoro…

GIULIA - (sfuggendogli) No, no! Non mi fido di questi Hamilton! Dopo quello che ho visto, prima il matrimonio!

TEODORICO - Almeno un bacio…

GIULIA - Sia pure; uno solo… (Teodorico fa per prenderla fra le braccia) …ma giù le mani!

TEODORICO - No… allora non c’è gusto! (la prende fra le braccia) Giulia, sono pazzo di voi.

GIULIA - Davvero?

TEODORICO - Come mai vi siete interessata di un ragazzaccio come me?

GIULIA - È stata una pazzia, la mia, non è vero?

TEODORICO - Sciocchina… (abbraccio)

GIULIA - (imitando Melisenda) Oh Dio… i sali!

TEODORICO - (tenendola ancora stretta) Al diavolo i sali!

GIULIA - Ma il latte del pupo!

TEODORICO - Al diavolo il latte.

GIULIA - No, Teodorico… lasciami andare.

TEODORICO - Dimmi prima una cosa carina.

GIULIA - Ti amo, Teodorico. (si sente da fuori la voce un po’ petulante di Fairfield. Giulia si scioglie e va verso il fondo a destra)

FAIRFIELD - (da fuori) Devo dirvi, Bernardo, che non comprendo… (entra con Bernardo dal balcone di sinistra)

BERNARDO - (impaziente) Se permettete che vi spieghi… (vedendo ad un tratto il figlio) Teodorico!

TEODORICO - Babbo!

BERNARDO - Dov’è tua madre?

TEODORICO - Di sopra.

BERNARDO - E gli altri dove sono?

TEODORICO - Anche loro di sopra.

BERNARDO - Allora sali anche tu e trattienili in modo che non vengano qui.

TEODORICO - Ma non so come…

BERNARDO - (con forza) Fai ciò che ti dico! (Teodorico sale ed esce)

FAIRFIELD - (va verso il centro mentre Teodorico sale) Bernardo, ma è veramente necessario che…

BERNARDO - Sì, è necessario. Sono tutti dei tipi che non danno retta se non si urla. Ma ora, dottore… ciò che volevo dirvi è…

FAIRFIELD - Ho capito benissimo. Il bimbo era di Edoardo, non vostro. Certamente, vi toccherà licenziarlo. Sono certa che quella buona Melisenda non vorrà tenere in casa un vecchio lascivo.

BERNARDO - Vecchio lascivo!

FAIRFIELD - Ma sì! Quando un uomo di oltre cinquant’anni dimentica in tal modo se stesso, egli diventa un nemico, un corruttore, un dissoluto… direi addirittura, un animale!

BERNARDO - Un nemico… un dissoluto… un animale… Dio mio!

FAIRFIELD - Un rettile… un vero rettile!

BERNARDO - (va a sinistra dietro al divano) Basta, basta! Non posso sopportarlo! Ascoltatemi, dottore… Prima vi avevo detto che… che… era possibile che il bambino fosse mio. poi è sembrato fosse di Edoardo… ma ora pare che la prima supposizione fosse giusta… e attualmente è forse mio invece che suo!

FAIRFIELD - Forse! Ma non lo sapete!

BERNARDO - No.

FAIRFIELD - Dio benedetto! E non potete chiederlo alla madre?

BERNARDO - No!

FAIRFIELD - Perché?

BERNARDO - Perché la madre non esiste!

FAIRFIELD - Morta… nel darlo alla luce?

BERNARDO - No, no… non credo. Ha scritto un biglietto.

FAIRFIELD - Ha scritto un biglietto! Ma non mi avete detto or ora che la madre non esiste?

BERNARDO - (disperato) Ascoltatemi, dottor Fairfield… (siede sul divano e tira il dottore a sedere accanto a sé) Se non volete che la mia casa… la mia casa tranquilla… diventi un inferno… che mia moglie e i miei figli siano rovinati e il mio povero padre scenda anzitempo nella tomba col cuore spezzato… dovete permettermi di mandare il bimbo all’orfanotrofio senza altre domande. Siete disposto a far questo?

FAIRFIELD - E voi siete disposto…?

BERNARDO - (si alza e va in centro, espansivo) A far qualunque cosa… a pentirmi nel modo più stravagante!

FAIRFIELD - (alzandosi) Abbiamo bisogno di costruire una nuova ala dal lato nord.

BERNARDO - (suonando il campanello) È cosa fatta!

FAIRFIELD - E abbiamo bisogno…

BERNARDO - (mentre Edoardo entra) Fatto anche questo… Edoardo…

EDOARDO - Comandi.

BERNARDO - (andando verso Edoardo) Dovete portare giù il bambino fra cinque minuti e dovete metterlo nell’automobile del dottor Fairfield.

EDOARDO - Sì, signore.

BERNARDO - La cosa deve essere fatta con segretezza.

EDOARDO - Capisco, signore.

BERNARDO - Ma prima portate del whisky e della soda in biblioteca. (Fairfield va alla destra del centro) Potete servirvi del telefono della biblioteca, dottore, per avvertire le suore. (Edoardo esce in fondo a destra; Bernardo e Fairfield escono sul davanti a destra Carlo scende in fretta la scala, mentre Giacomo entra dal fondo a sinistra, di pessimo umore)

CARLO - Oh, Giacomo, volevo parlarti.

GIACOMO - Come va Elena?

CARLO - È in uno stato indescrivibile. E Poppy è nelle stesse condizioni. Le cose vanno peggio che mai.

GIACOMO - Che cosa volevi dirmi?

CARLO - Sei capace di agire? Credo di poter rimettere tutto a posto.

GIACOMO - Sono pronto a tutto.

CARLO - (cauto) Stammi a sentire. Il mio piano è di distruggere, col tuo aiuto, l’evidenza.

GIACOMO - Distruggere l’evidenza?

CARLO - Sì, il bambino. Liberarcene.

GIACOMO - Carlo!

CARLO - Senti, se non ci fosse il bimbo nessuno potrebbe far nulla, vero?

GIACOMO - Infatti.

CARLO - Ebbene, per raggiungere questo effetto bisogna sopprimere la causa.

GIACOMO - (spaventato) Dio mio!

CARLO - Che c’è?

GIACOMO - Sopprimere la causa!

CARLO - È una cosa semplicissima.

GIACOMO - (va verso la tavola) No, non voglio!

CARLO - È il sistema più facile per uscirne. Non vedo perché non dovremmo usarlo.

GIACOMO - Dio, Dio!

CARLO - È questione di un minuto.

GIACOMO - Non posso, è troppo orribile! (siede alla destra della tavola)

CARLO - Non vedo perché… È stato lasciato dinanzi alla nostra porta, non è vero? Perché non potremmo lasciarlo anche noi a nostra volta?

GIACOMO - A nostra volta…? Cioè vorresti…?

CARLO - Sì. Lo rimettiamo nel canestro e lo mettiamo davanti ad un’altra porta.

GIACOMO - Dio sia ringraziato! Credevo che volessi ucciderlo.

CARLO - Sei pazzo?

GIACOMO - Invece è una magnifica idea. Mettiamola subito in esecuzione!

CARLO - Vado a prendere il bimbo; intanto tu guarda se c’è nessuno là fuori. (sale la scala) Fischia se la via è libera, io verrò giù subito. (esce dalla galleria. Giacomo esce dal balcone. Da destra appare Edoardo portando un vassoio con liquori; nello stesso momento Sara scende la scala)

SARA - (fermando Edoardo mentre sta per entrare in biblioteca a destra sul davanti) Un momento, Edoardo. Dove portate questo?

EDOARDO - Al signor Hamilton. È in biblioteca col dottor Fairfield.

SARA - (confidenziale) State a sentire. Volete rendere alla famiglia il più grande servizio che sia possibile?

EDOARDO - (va verso di lei) Sarei felice, signorina.

SARA - Allora andate a prendere il bimbo e portatelo nell’automobile del dottor Fairfield.

EDOARDO - (con un’occhiata alla porta della biblioteca) Sì, signorina.

SARA - E credo che farete bene a mettergli accanto il poppatoio perché stia zitto.

EDOARDO - Va bene. E a che ora desiderate che io prenda il piccino?

SARA - Subito.

EDOARDO - In segretezza?

SARA - Senza dubbio.

EDOARDO - Bene, signorina. (va verso la porta della biblioteca)

SARA - (si avvia alla scala, poi cambia idea e segue Edoardo) Credo che farò meglio a venire anch’io nella biblioteca. Vi sarà più facile agire. E ricordatevi: non una parola con nessuno.

EDOARDO - Tra noi, signorina!

SARA - Spiegherò la cosa al dottor Fairfield.

EDOARDO - Bene, signorina. (le apre la porta. Sara esce seguita da Edoardo, il quale lascia la porta aperta. Edoardo rientra ed esce a destra. Giacomo rientra dal balcone e va in fondo alla scala; fischia ed esce a sinistra. Carlo appare col bimbo nel canestro. Ha disceso la scala quando Edoardo rientra nuovamente da destra. Carlo si nasconde dietro alla tavola del telefono. Edoardo attraversa la scena e sale la scala portando il poppatoio. Appena Edoardo è scomparso, Carlo si affretta al balcone ed esce col bimbo. Elena scende la scala con una valigetta; la posa sulla tavola a destra e comincia a togliersi furiosamente tutti i gioielli e a metterli nella valigetta. Ad un tratto Edoardo compare in cima alla scala, stupito e confuso per l’assenza del bambino. Porta il poppatoio con gesto disperato. Vedendo Elena si raddrizza, scende ed esce a destra. Giacomo entra vacillando, esaurito dallo sforzo. È stupito vedendo Elena la quale gli lancia uno sguardo furibondo e si avvia alla scala)

GIACOMO - (seguendola) Elena, aspetta! Aspetta! Per l’amor di Dio, sii ragionevole! (sale le scale ed esce dietro di lei. Il telefono comincia a suonare, mentre ricompare Teodorico, che, sentendo lo squillo, affretta il passo per andare a rispondere. Mentre egli parla, Melisenda appare sulla galleria e si ferma ad ascoltare. Anche Giulia si ferma sul fondo a destra e si ferma, anch’essa sorpresa dall’eccitazione di Teodorico)

TEODORICO - (al telefono) Pronto?… Sono io… Cosa?… Da parte della signorina Larue?… Sì… Avete detto che viene qui? A casa mia!… Oggi?… Dio mio… Lo sa che alla mia famiglia non si deve dir nulla?… Sì, aggiusterò tutto con lei quando la vedrò… Sì, è venuto stamattina presto… Mah, è un po’ difficile per me in questo momento; farete meglio ad occuparvene voi. E che pensate di fare dell’altro?… (Giulia esce a destra) No, no, no, non lo mandate qui!… Beh, quando viene miss Larue prenderò con lei gli accordi per la parte finanziaria e domani vi manderò il mio legale… (entra Edoardo) Sì! Arrivederci! (si volge ad Edoardo giubilante e va verso la tavola a destra) Edoardo, sapete che cosa è successo?

EDOARDO - Credo di sì, signore. (e si avvia verso la scala)

TEODORICO - (con gioia infantile) No, non potete saperlo! Ho venduto una commedia!

EDOARDO - Come?

TEODORICO - Lo sapevate? Una commedia scritta da me. Una commedia, Edoardo, e forse due. Parto del mio cervello…

EDOARDO - (comincia a salire) Molto bello, signore.

TEODORICO - (lo segue) State a sentire, Edoardo… (Giulia ricompare; ha fatto uno sforzo per dominarsi) Non lo dite a nessuno, desidero che rimanga un segreto! Finché il patto sarà firmato! (vede Giulia) Oh, Giulia! Giulia… se sapessi! (Giulia va verso la scala senza guardarlo. Il contegno di lei lo stupisce) Giulia, che hai? Che è successo?

GIULIA - Non mi parlate!

TEODORICO - Giulia!

GIULIA - Non dovete parlarmi mai più!

TEODORICO - Ma che diamine è accaduto?

GIULIA - Siete un impostore, ecco! Un impostore e bugiardo e io…

TEODORICO - Giulia, che stai dicendo?

GIULIA - L’ultima cosa che desidero dirvi, Teodorico Hamilton. Ho sentito tutto ciò che avete detto al telefono e non voglio vedervi né parlarvi mai più! (comincia a salire la scala di corsa)

TEODORICO - (la segue, difendendosi) Giulia, non capisci!

GIULIA - Capisco… ed è inutile che mi seguiate! Lascerò questa casa il più presto possibile! (escono entrambi dalla galleria. Bernardo e Fairfield entrano dalla biblioteca)

BERNARDO - (cercando di mandare via Fairfield) Presto, dottore. Edoardo deve aver fatto tutto, ormai.

FAIRFIELD - Non credete che miss Mooreside abbia capito qualche cosa? Sapete che non voglio essere immischiato.

BERNARDO - Ma no, state tranquillo!

FAIRFIELD - (avviandosi) Beh, vado via… (si volta verso Bernardo) E voi…

BERNARDO - Sì, sì. Vi manderò un assegno stasera.

FAIRFIELD - Splendido… splendido. (va a destra del divano) Sapete che cosa ne farò? Fonderò l’assistenza ostetrica Bernardo Hamilton.

BERNARDO - No, no, per carità!

MELISENDA - (da fuori) Bernardo, Bernardo!

BERNARDO - Presto, dottore, presto. Se Melisenda vi vede… (mentre Fairfield esce in fretta, Melisenda appare dalla galleria; è prossima ad un attacco isterico)

MELISENDA - (scendendo) Bernardo! È vero… è vero… Il bimbo è di Teodorico!

BERNARDO - Di Teodorico?

MELISENDA - Sì, sì. L’ho sentito mentre parlava al telefono con la madre, prendendo degli accordi. Lei verrà qui tra poco… da un momento all’altro… e poi c’è di mezzo l’avvocato… Oh, è una donna terribile che si chiama Larue!

BERNARDO - Larue…? Qui…? Edoardo! Edoardo! Venite subito qui!

MELISENDA - Che vuoi fare?

BERNARDO - (cercando febbrilmente il suo cappello) Oh, il dottor Fairfield… (corre in fretta al balcone, poi di nuovo indietro, poi di nuovo al balcone) Bisogna fermarlo… ed Edoardo che non viene! Melisenda, appena viene Edoardo digli che non bisogna farlo! Hai capito? Non bisogna farlo…

SARA - (entra dalla biblioteca e viene in centro) Che cos’è tutta questa confusione?

BERNARDO - Niente, niente. Occupatevi di Melisenda, certamente sta per svenire, se non è già svenuta! (esce in fretta dal balcone)

SARA - Ma… è impazzito?

MELISENDA - No… abbiamo trovato il padre… è Teodorico!

SARA - Teodorico!

MELISENDA - Sì… La donna sta per venire qui… e io sto per svenire… lo sento… I sali! (Sara glieli porge)

SARA - Edoardo! Dov’è Edoardo? Ho bisogno di trovarlo! (corre via a destra mentre Elena esce seguita da Giacomo)

ELENA - Non una parola di più. Me ne vado.

GIACOMO - Ma perché non vuoi aspettare un poco? Può darsi che avvenga qualcosa che spieghi tutto!

MELISENDA - Elena, Elena! (Elena è discesa, seguita da Giacomo, e va verso sinistra. Melisenda, forzandosi a sorridere) Elena, Elena!

ELENA - Che c’è, mamma?

MELISENDA - (debolmente) Il padre è Teodorico. (Sara rientra)

GIACOMO ed ELENA - Teodorico! (si abbracciano)

MELISENDA - Sì… ma non sopravviverò a questo… povero figliolo…

SARA - Ma dove diavolo è? (entrano da sinistra Bernardo e il dottor Fairfield)

MELISENDA - Non lo so. (vedendo entrare il marito) Oh, Bernardo, che cosa bisogna fare? Lo hai detto al dottor Fairfield?

BERNARDO - (va verso il divano) Gliel’ho detto. Lascia fare a me. Mi metterò io d’accordo con la donna quando giungerà.

FAIRFIELD - Cara signora Hamilton, sono certo che vi è un errore. Conosco Teodorico da quando era bambino e sono sicuro che è innocente come un agnellino. (dal balcone a sinistra entra Carlo. Avanza furtivamente guardandosi dietro per essere sicuro che nessuno lo ha visto. Soltanto quando è in mezzo alla stanza si volta e vede che è piena di gente. Cade quasi riverso per la sorpresa)

CARLO - (andando verso il divano) Dio mio! Che succede?

MELISENDA - Diteglielo. Io sono troppo debole.

GIACOMO - (con calma affettata) Hmmm… Carlo… È stato Teodorico.

CARLO - Cosa?

GIACOMO - Sì, la madre sta per venire qui. (Carlo si picchia la mano sulla fronte. Giacomo tenta di chiedergli a cenni che cos’ha fatto del bimbo. Carlo accenna verso Fairfield, ma Giacomo non capisce. Si sente suonare il campanello. Edoardo entra da destra per andare ad aprire ed esce a sinistra. Fairfield va dietro il divano)

MELISENDA - Eccola! Quella terribile donna…

BERNARDO - Bene, bene. Lascia fare a me.

MELISENDA - Dov’è Teodorico?

BERNARDO - Manderò Edoardo a cercarlo. (rientra Edoardo da sinistra)

EDOARDO - Miss Giannetta Larue chiede del signor Teodorico Hamilton! (tutti si alzano)

MELISENDA - Presto Sara, i sali!

SARA - Li hai in mano, Melisenda.

BERNARDO - Edoardo, fate entrare miss Larue.

EDOARDO - Sì, signore. (esce)

BERNARDO - Ora ricordatevi. Nessuno parli, lasciate fare a me.

EDOARDO - (annunciando) Miss Giannetta Larue. (Melisenda si alza. Entra la signorina Larue. È una giovane donna di età incerta e di sesso quasi altrettanto incerto. Ha il colore dell’ambiente letterario del Greenwich Village, combinato con un colletto inamidato e una giacchetta di tipo maschile, accompagnata da un panciotto dello stesso genere. È piuttosto robusta e parla con voce profonda. Porta una busta da documenti. La sua comparsa produce una considerevole impressione)

BERNARDO - (dopo essersi rimesso dalla sorpresa) Miss Larue.

LARUE - Sì.

BERNARDO - Io… hmmm… sono il signor Hamilton padre.

LARUE - Ah.

BERNARDO - Questa è la signora Hamilton.

MELISENDA - (debolmente) Molto lieta.

LARUE - (va verso Melisenda a larghi passi e le stringe la mano) Fortunatissima.

MELISENDA - Mia sorella… signorina… (miss Larue va verso Sara, la quale si sta rimettendo)

SARA - (si alza mormorando) Piacere…

LARUE - Piacere…

SARA - Mia nipote, la signora Hamilton…

LARUE - Piacere…

EDOARDO - Mio marito, Giacomo Hamilton.

LARUE - Piacere…

GIACOMO - Mio fratello, Carlo Hamilton.

LARUE - Piacere…

CARLO - Il dottor Fairfield.

LARUE - Piacere. (tutti si sono presentati; i convenevoli si scambiano in un mormorio, come di stupefazione. Poi, un silenzio imbarazzato)

LARUE - (ficcandosi le mani in tasca) Scusate, sarebbe contrario al cerimoniale della seduta se io mi sedessi?

BERNARDO - Vi prego… accomodatevi. (miss Larue aspetta che qualcuno le offra una sedia; nessuno si muove)

LARUE - Non avete nessuna obiezione se io mi siedo?

BERNARDO - Oh, scusate… (prende una sedia e gliela offre)

LARUE - (siede) Grazie. (pausa) Sembra che il mio arrivo abbia diffuso in tutti quanto un ombra di tristezza. Spero di non avere disturbato un consiglio di famiglia.

MELISENDA - (in cui il senso della buona educazione è molto potente) Oh no, affatto. Vi aspettavamo.

LARUE - Ah. Il signor Teodorico Hamilton vi ha detto che sarei venuta?

MELISENDA - Sì e no. L’ho sentito che parlava con non so chi al telefono dicendo che sareste venuta.

LARUE - Capisco. E dov’è, il mio tempo è limitato.

MELISENDA - Ora viene. Bernardo, dov’è Teodorico?

BERNARDO - Torna fra poco. (sente che è necessario dire qualche cosa) Hmmm… miss Larue, vi dispiacerebbe parlare con me? Forse potremmo avere un colloquio e sistemare ogni cosa prima della venuta di Teodorico.

LARUE - Oh, mi pare difficile. Si tratta di affari fra me e lui… assolutamente privati. Aspetterò. (accende una sigaretta; siede di fronte agli altri e si sta leggermente irritando per il contegno di tutti, i quali la fissano. Pausa. Quindi) Scusate, vi è qualcosa di strano in me? Mi fissate tutti quanti…

MELISENDA - Oh no, no. Sappiamo tutti qual è la vostra missione qui… e siccome consideriamo tutto ciò una questione familiare desideriamo discuterla con voi.

LARUE - Ah! E l’ecclesiastico che c’entra?

MELISENDA - Ecco… non appartiene alla famiglia. È un ecclesiastico.

LARUE - Me l’ero immaginato. (Sara e Melisenda fanno cenno a Bernardo perché parli)

BERNARDO - (andando a destra di miss Larue) Miss Larue, siete proprio certa di non voler discutere la faccenda con me?

LARUE - Il signor Hamilton mi ha detto che non dovevo in nessun caso parlarne con la famiglia. (a Melisenda) Sa che io sono qui?

MELISENDA - No… a momenti sarà di ritorno.

LARUE - Sa che tutti quanti siete a conoscenza della ragione della mia presenza qui?

BERNARDO - No, non lo sa, ma…

LARUE - Allora, se non vi dispiace, non dirò neanche una parola… (Bernardo si allontana) E qualcuno di voi può essere tanto gentile da deviare la direzione di quegli sguardi vitrei? (tutti distolgono gli occhi da lei) Mi pare come se fossero delle armi che colpiscono.

MELISENDA - Oh, vi prego miss Larue, non aspettate Teodorico. (a Fairfield) Vedete che non vuol parlare, dottore.

FAIRFIELD - (va verso di lei) Permettete, giovane signora. (miss Larue si volta stupita a guardare l’ecclesiastico che va verso di lei con le mani sulla pazienza del collarino) Sono da 45 anni rettore di questa parrocchia e sono sempre stato buon amico di questa famiglia. Ricordo il vecchio colonnello Hamilton quando era un giovinotto. Andavamo insieme a pescare e a remare. Non eravamo precisamente nello stesso collegio, ma eravamo in collegio nella stessa epoca. Ho conosciuto il signor Bernardo Hamilton quando era un ragazzo e ho celebrato il suo matrimonio con la signorina Mooreside. Ho battezzato tutti i ragazzi e celebrato il matrimonio del primo di loro. Tutto il mio cuore è per la signora Hamilton. (miss Larue gli lancia uno sguardo stupito) Cuore di buon cristiano, naturalmente. Perciò, signora Larue, desidero dirvi che non cederò di un centimetro nella mia difesa a favore di questo ragazzo. (tace un istante; miss Larue si alza e va a stringergli la mano) Sì, signora. (tutte le signore si alzano)

LARUE - Hmmm… signorina, se non vi dispiace.

FAIRFIELD - Come?

LARUE - Signorina, non signora.

FAIRFIELD - (sorpreso) Signorina?!

LARUE - Sì. Continuate pure la vostra autobiografia.

FAIRFIELD - Fareste bene ad abbandonare questo atteggiamento così disinvolto, signorina Larue. La faccenda è molto seria.

LARUE - E perché è seria io non devo essere disinvolta?

FAIRFIELD - Molto seria, vi assicuro.

LARUE - E che cosa dovrei fare, mettermi a piangere?

FAIRFIELD - Ascoltarmi con bontà e tacere.

LARUE - Tutto qui? Sono pronta, andate avanti.

FAIRFIELD - Ora è meglio. Possiamo parlare tutti, dunque…

LARUE - (agli altri) Ah, possiamo parlare tutti? (gli altri sembrano statue di cera) Avanti! Dice che potete parlare tutti, adesso! (siede di nuovo, prende la sua busta di cuoio)

MELISENDA - Oh, dottore… spero che non avremo una scena!

BERNARDO - Miss Larue, mi sembra che vi dimentichiate dove siete.

LARUE - Dimenticare? Non ve l’ho ancora detto, ma ho gran paura di trovarmi in un manicomio! (tutti si alzano) Aspetto solo che il reverendo mi dica che io sono la regina Vittoria e poi me ne vado a casa.

MELISENDA - Oh, terribile! Che donna!

BERNARDO - (tornando alla carica) Miss Larue, insisto perché trattiate con me questa faccenda. Teodorico è mio figlio e dopo tutto è un ragazzo.

LARUE - Teodorico… un ragazzo? Signor Hamilton, è molto più uomo di voi!

BERNARDO - Signorina…

LARUE - E per di più, è moderno; ciò che, scusatemi, mi sembra che non sia nessuno di voi. Sono sicura della vostra disapprovazione, perché Teodorico mi ha detto che in questo genere di cose avete un punto di vista totalmente antiquato. Ma non intendo permettere che vi immischiate. Questo è affar mio, né più né meno che la banca è affar vostro…

BERNARDO - Come!

LARUE - Precisamente! Fra tutti i miei clienti, egli è quello di cui ho maggior stima. È giovane, è instancabile… ama ciò che fa… e la poca esperienza che ho avuto con lui mi autorizza a ritenere che sarà tanto prolifico quanto chiunque altro in questo paese. (tutti rabbrividiscono)

MELISENDA - Dio mio!

LARUE - Vi assicuro, signora Hamilton, che non ne ho avuto mai nessuno, prima, che conosca come lui… il linguaggio di Broadway. Ha il dono da Dio.

SARA - Quale dono?

LARUE - Quello che vorremmo avere tutti… Dopo avergli parlato per dieci minuti mi resi subito conto che mi avrebbe dato qualche cosa di diverso. E infatti fu così, come tutti sapete. Credetemi, non capita spesso di concludere subito, la prima volta… e noi abbiamo concluso. E praticamente senza sforzo.

MELISENDA - Bernardo!

BERNARDO - Dio mio!

LARUE - Ho detto praticamente, signor Hamilton… Infatti, in un quarto d’ora era tutto fatto.

MELISENDA - (sbalordita) Non vorrei sapere…

LARUE - Ma invece io voglio dirvelo. Devo spiegarvi i nostri accordi.

BERNARDO - Miss Larue, vi prego di smettere di…

LARUE - Non posso, signor Hamilton… bisogna che io vi tolga le vostre idee preconcette. Non posso rinunciare a lui senza lotta; ci tengo troppo. Dato il suo modo di lavorare, se ne potrebbero produrre due l’anno. (Melisenda si alza, Bernardo va verso di lei, Sara si alza)

MELISENDA - Due!

SARA - Miss Larue, che specie di calendario usate? O intendete dire due gemelli?

LARUE - (si alza intrigata) Gemelli!

BERNARDO - Tacete, Sara!

SARA - Non voglio tacere, e se avete un briciolo di buon senso chiamerete la polizia. Questa donna è un’imbrogliona e il luogo adatto per lei è la prigione.

LARUE - Imbrogliona! Prigione! (va verso Sara)

SARA - Sì, la prigione! Nessuna donna al mondo può avere due bambini in un anno… e io non credo che ne abbiate avuto neanche uno. Lo avete avuto?

LARUE - No di certo!

BERNARDO - No! Diamine, lo ammettete?

LARUE - Se lo ammetto? Ma che diamine credete che io sia?

MELISENDA - Non siete… la madre dei suoi bambini? (siede sul divano e ride)

LARUE - Non ho mai saputo che ne avesse; ma di certo, non sono io la madre!

BERNARDO - Allora siete un’imbrogliona!

LARUE - Imbrogliona! Non sono mai stata insultata così in vita mia. Potete dire al signor Teodorico Hamilton che, se desidera far rappresentare la sua maledetta commedia, si rivolga a qualche altro agente! Io ne ho abbastanza!

TUTTI - Quale commedia?

LARUE - Quella che ha scritto!

GIACOMO - Allora voi siete un’agente teatrale!

LARUE - Senza dubbio! E se vi capita di rivedermi, non lo dimenticate. Vendo commedie, signor Hamilton… commedie! Sono un’agente teatrale, non un’incubatrice! (esce)

BERNARDO - Vedi, cara: evidentemente…

GIACOMO - Quella donna è un’agente teatrale e non ha nulla a che fare coi bambini.

MELISENDA - (a Sara) Ma pure, ha detto… (va a sedere accanto alla tavola)

GIULIA - (compare vestita per uscire; è agitatissima e scende le scale in fretta) Signora Hamilton! Signora Hamilton! Dov’è il bambino? Dov’è il bambino? (Carlo va verso il balcone a sinistra, Giacomo lo raggiunge)

MELISENDA - Non è in camera…?

GIULIA - No, non c’è! Ero appunto andata per vederlo e… non c’è più! (a Bernardo) E non c’è neanche il canestro!

SARA - Ma perché siete vestita così?

GIULIA - Perché me ne vado. Il colonnello Hamilton sta molto meglio quindi non c’è più bisogno di me. E poi, ho sentito che dovevo andarmene da questa casa. Ma desidero vedere ancora una volta il piccino! Oh, ditemi, ditemi… (entra Teodorico) …dove lo ha portato Teodorico?

BERNARDO - (vedendo Teodorico sulla scala) Teodorico!

TEODORICO - (scendendo) Giulia… non andate, non andate! Dirò tutto ciò che vorrete… (le si avvicina) … anche adesso!

GIULIA - Non mi parlate! Avete lasciato che tutti in casa fossero sospettati e non avete detto una parola finché… Tutti, vostro padre, i vostri fratelli, perfino vostro nonno! E ora… dopo che vi ho sentito con le mie orecchie parlare al telefono…

BERNARDO - Anche voi lo avete udito?

GIULIA - E non ne ha uno solo, signor Hamilton… ne ha due! Teodorico ha due gemelli! (Melisenda si alza)

FAIRFIELD - Santo Dio! (suona il campanello della porta)

MELISENDA - (siede di nuovo) Bernardo, questo è l’altro… va’ tu ad aprire… (Bernardo va ad aprire, Giulia fa per seguirlo)

TEODORICO - Mamma… Giulia… vi assicuro che non ho nessun bambino. La conversazione al telefono… (dall’anticamera si ode una voce di donna; poi entra Ilda seguita da Bernardo)

ILDA - (in tono isterico) Voglio il mio piccino! Voglio il mio piccino! Oh, ditemi… ditemi… dov’è il mio bambino?

BERNARDO - Un momento! Non lo avete lasciato ieri sera dinanzi alla nostra porta?

ILDA - Sì. Ma ho cambiato idea. (va verso il centro) Andate da Teodorico Hamilton e ditegli che mi restituisca il nostro piccino! (Teodorico non è visto da lei perché è sotto la scala)

BERNARDO - Giovinotto!

TEODORICO - (avanzando) Questo è un ricatto, babbo. Non ho mai visto questa donna prima di adesso.

ILDA - Come!

TEODORICO - Chi siete?

ILDA - Ilda Swanson!

TEODORICO - Beh?

ILDA - La massaggiatrice!

TEODORICO - Ebbene?

ILDA - Ricordatevi French Lick! (Teodorico sussulta e, con sorpresa di tutti, si precipita su per le scale senza una parola)

GIULIA - Ah… è vero! È vero!

MELISENDA - Bernardo!

ILDA - (a Bernardo) Vi prego, datemi il mio bambino! (siede sul divano a sinistra. Carlo e Giacomo escono dal balcone a sinistra)

SARA - Avete visto, se era Teodorico? Per carità, Bernardo, datele il piccino. (con sorpresa generale, Teodorico compare sulla galleria dando il braccio al nonno e accompagnandolo per le scale)

TEODORICO - Bravo nonno! Chi dice che non potevi scendere? Cammini benissimo!

MELISENDA - Nonno! Teodorico, come ti è venuto in mente…!

BERNARDO - (in fretta a Ilda) Teodorico Hamilton!

IL COLONNELLO - (contento di sé) Zitti, zitti! Beh, Teodorico, chi è che desidera vedermi?

TEODORICO - (sorridendo) Una buona amica, nonno… che ha fatto un lungo viaggio. Ti ricordi Ilda? (il nonno e Ilda si guardano un momento; egli getta via il bastone con sveltezza e parla con entusiasmo, mentre la giovane si alza riconoscendolo)

ILDA - Colonnello… Teodorico…

IL COLONNELLO - Ilda! Dio benedetto! Ilda, la mia piccola massaggiatrice! Da dove diamine venite?

BERNARDO - Babbo! Conosci questa donna? (Giacomo e Carlo compaiono da sinistra col bimbo)

IL COLONNELLO - (prendendo le mani di Ilda) Se la conosco! Mi ha curato quando ero a French Lick… E ti assicuro, Bernardo, che mi fece completamente dimenticare la mia lombaggine!

MELISENDA - Bernardo, i sali!

GIULIA - (correndo a gettarsi tra le braccia di Teodorico) Teodorico, amore mio! (egli la bacia)

TEODORICO - Zia Sara, vieni a baciare il mio nuovo zio!

BERNARDO - Qua… datemi mio fratello! (prende il canestro dalle mani di Carlo)

FINE