Nero come un canarino

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Capostazione

NERO COME UN CANARINO

due tempi di    Aldo Nicolaj

Prima rappresentazione a Vienna nel Teatro Konzerthaus in der Josefstadt il 10 aprile 1965, con la regia di Friedrick Kallina, scene e costumi di Inge Fiedler, nell’interpretazione di Senta Wengraf e del famoso comico viennese Fritz Muliar. La commedia ha avuto calorosissime accoglienze sia da parte del pubblico che della critica, e il teatro per tutto il periodo delle rappresentazioni ha registrato degli esauriti.

Non è il caso di fare della polemica servendosi di una notizia, e particolarmente di una riguardante una commedia che noi pubblichiamo, ma non si può non aggiungere che bisogna avere gli occhi chiusi e gli orecchi otturati per non vedere e sentire quale assurdo sistema sia quello di un teatro – il nostro, italiano – che lascia rappresentare le commedie dei propri autori, tradotte, in teatri stranieri. È indubbio che questo inorgoglisce gli autori, ma a quale livello li pone? Sono forse dei manovali che vanno a lavorare all’estero? Il teatro ha in Italia nientemeno che un Ministero (sia pure erroneamente del Turismo invece che della Pubblica Istruzione come spetterebbe, e come si trova in tutto il mondo) al quale ministero fa capo un vero ministro, un direttore generale e non pochi altri funzionari ad alto livello, ma è evidente che nessuno, diciamo nessuno, non soltanto si occupa di tale assurdità, ma trova soprattutto che non v’è alcun bisogno di rimedio. Se non fosse così non sarebbe la millesima volta che noi pubblichiamo notizie del genere e lavori di autori italiani rappresentati all’estero prima che da noi. E diciamo “prima” perché siamo degli inguaribili ingenui, mentre si potrebbe dire senz’altro – come effettivamente è – “autori italiani rappresentati soltanto all’estero”.

La scena è fissa per due tempi. Due ambienti realistici. Il piccolo studio del commissario e una terrazza-giardino piena di fiori. Il resto del palcoscenico è zona neutra, con sezioni surreali di una cittadina sopraffatta dal progresso tecnico, tutta bianca di cemento. All’orizzonte un mare di ciminiere e di antenne; in primo piano sedili tubolari, sagome di distributori, blocchi di cemento, semafori e lampioni, che inondano l’ambiente di una accecante luce al neon.

L’azione inizia nel commissariato: il commissario Pietro Bon, sulla cinquantina, ben portante, simpatico ed energico, sta entrando, accompagnato dall’usciere-segretario-factotum, Pillo, piccolino, nervoso ed impaziente.

PILLO            - Allora Commissario? Visitate le carceri? Che ne dice?

PIETRO          - Inferriate in acciaio inossidabile… celle ultramoderne… pavimenti in teck… suppellettili in plastica… acqua corrente… aria condizionata… asciugatoi elettrici… lavanderie automatiche… autorimesse… possibilità di parcheggio…Niente da dire. Signore carceri. Carceri ideali per ospitar fior di delinquenti: dinamitardi… matricidi… squartatori di donne… Invece… dentro che c’è? Nessuno! Come si spiega? Possibile che in un paese come questo non ci siano delinquenti? (Pillo scuote il capo) Nemmeno un piccolo mostro? Un sadico? Uno strangolatore? Se ne trovano dappertutto. Persino nei più sperduti paesi di provincia… (Pillo continua sempre a scuotere la testa a ogni interrogativo) Possibile che qui non si commettano mai delitti? Nemmeno per motivi d’interesse? Nemmeno per motivi d’onore?

PILLO            - Qui la gente è apatica… assessuale…

PIETRO          - Violenze, almeno? Stupri…?

PILLO            - Stuprare chi? A Cavernò, i rapporti sessuali sono così facili.

PIETRO          - Reati contro la proprietà, allora. Frodi? Truffe? Malversazioni?

PILLO            - Frodi, truffe, malversazioni costituiscono la base dell’economia della società contemporanea. Nessuno le considera più reati.

PIETRO          - Ci sarà almeno qualche pazzo criminale, dimesso dal manicomio, che faccia sperare per il futuro. (Pillo scuote il capo. Pietro, perdendo la pazienza) Ma com’è che in un paese come questo non esistono delinquenti?

PILLO            - Da noi chi commette un reato si preoccupa di non farlo sapere. Oppure… emigra.

PIETRO          - E non si è fatto nulla per invogliare la gente a commettere qui i suoi delitti?

PILLO            - Pare che a Cavernò non si sentano ispirati.

PIETRO          - Bel paese! Un paese di galantuomini. Cosa si fa, allora, in questo commissariato per far passare il tempo?

PILLO            - Quello che si fa in tutti i commissariati del mondo. Si tengono in ordine gli scaffali… si spolvera l’archivio… si espone la bandiera nei giorni di festa nazionale… Tutto qui.

PIETRO          - Sono capitato in un paese incivile, allora.

PILLO            - Incivile, commissario?

PIETRO          - Incivile. Non leggi le statistiche? Le statistiche parlano chiaro. E proprio dove c’è più alto livello di civiltà che ci sono più alte punte di delinquenza. E questo significa che dove non c’è delinquenza… non c’è civiltà.

PILLO            - (colpito) Non ci avevo mai pensato.

PIETRO          - Per forza, altrimenti come andrebbe avanti la storia? La storia non è che un susseguirsi di delitti, da Caino in poi: assassini, stragi, carneficine… E’ attraverso il delitto che si scrive la storia. Che è poi, la maestra della vita.

PILLO            - Anche questa è una riflessione che non avevo mai fatto.

PIETRO          - Perché evidentemente non ami abbastanza la giustizia. Cos’è che ami, allora?

PILLO            - (pronto) La meteorologia, la sismologia, la geografia. Mi piace occuparmi del tempo.

PIETRO          - … del tempo in astratto? Voglio dire avulso dalla storia?

PILLO            - Avulso.

PIETRO          - (paterno e lirico) No, Pillo, non ci si può accontentare di vivere in un tempo barometrico. Bisogna vivere nella storia.

PILLO            - (passando rapido al contrattacco) Ma la storia è anche un susseguirsi di stagioni… di fenomeni atmosferici… di eruzioni… di tifoni… di terremoti…

PIETRO          - (con distacco) Tutte cose che non hanno nulla a che vedere con la giustizia, Pillo.

PILLO            - Può darsi. Ma a me danno più soddisfazione gli sconvolgimenti naturali. Vuol mettere la differenza tra un delitto e un terremoto? Basta pensare al numero delle vittime.

PIETRO          - (seccato) Un terremoto è un fenomeno fine a sé stesso. Quando avviene i capi di Stato mandano telegrammi… si fanno sottoscrizioni per i sinistrati… e tutto finisce lì. (con entusiasmo) Dopo un delitto, invece, si aprono inchieste… si indaga… si procede all’interrogatorio dei colpevoli… si celebrano bellissimi processi…

PILLO            - Appunto. Invece, dopo un terremoto, non c’è più nulla da fare.

PIETRO          - (non convinto) Punti di vista!

PILLO            - Punti di vista. (un attimo di silenzio).

PIETRO          - Cos’è questo rumore?

PILLO            - prego?

PIETRO          - Questo frusciare… questo rosicchiare…

PILLO            - Topi, signor commissario.

PIETRO          - Topi… qui?

PILLO            - Qui.

PIETRO          - E dove?

PILLO            - Al loro posto. Negli scaffali, dentro gli armadi. Piccoli, attivi e voracissimi.

PIETRO          - Sono in dotazione o li teniamo abusivamente?

PILLO            - Abusivamente, ma non coatti. Sono venuti qui di loro spontanea volontà e noi… ne approfittiamo. (Pietro lo guarda interrogativamente) Affidiamo loro le nostre pratiche, voglio dire. Naturalmente una per volta. Loro intervengono… poi, noi diamo una spolveratina e l’ordine è perfetto. (consulta un catalogo) Ora stanno sistemando un grosso incartamento, protocollato AS sbarra C, numero 12 H 65491. una denuncia di circonvenzione d’incapace, protocollata quindici anni fa ed archiviata da dodici.

PIETRO          - Ma se si continuerà a far evadere le pratiche dai topi, gli scaffali rimarranno vuoti…

PILLO            - Stia tranquillo,   di pratiche se ne riformano sempre. È la forza della burocrazia. Lei non approva? (Pietro scuote il capo) O non ama i topi?

PIETRO          - Amo la burocrazia. E le pratiche e gli incartamenti che ne costituiscono la spina dorsale. Troveremo altri sistemi per evadere le pratiche. Compriamo topicidi.

PILLO            - Ma se eliminiamo i topi, saremo soffocati dalle pratiche…

PIETRO          - Se questo è il nostro destino di funzionari… soffocheremo. (siede ed apre la posta, mentre Pillo lo guarda contrariato. Una lettera richiama il suo interesse) Pillo, esiste a Cavernò una certa Gilda Toschi, vedova Ferri?

PILLO            - Vedova di professione, direi. Ha sotterrato tre mariti. È una donna di mezza età, belloccia e procace.

PIETRO          - Non mi interessa il suo fisico, ma la sua fedina penale.

PILLO            - Immacolata.

PIETRO          - Peccato! (una pausa) Cosa fa? Di che cosa si occupa?

PILLO            - Alleva volatili e coltiva fiori. Senza scopo di lucro. È benestante.

PIETRO          - Apri una pratica ed intestala a Gilda Toschi, vedova Ferri.

PILLO            - Preferisce la copertina celeste o marroncino?

PIETRO          - (dopo una riflessione, grave) Celeste. Color del cielo. E… come le sono morti i mariti?

PILLO            - Gilda è una donna vitale. I mariti non erano più nel fiore degli anni. Pare che lei abbia preteso da loro più di quanto essi fossero in grado di darle.

PIETRO          - In questa lettera, anonima naturalmente, si accusa la signora suddetta di essere stata lei ad assassinare i mariti.

PILLO            - Con la sua esuberanza?

PIETRO          - No, col veleno.

PILLO            - I soliti moralisti! Affermano che i piaceri della carne sono il veleno dello spirito.(confidenziale) Io ho sempre abusato di quei veleni. Lei no?

PIETRO          -  Non ti ho mai autorizzato a confidenze intime. Dimmi piuttosto se sono arrivate, prima del mio arrivo, altre lettere contro la suddetta signora.

PILLO            - Certo. E le abbiamo cestinate. Come sempre.

PIETRO          - Questa, invece, archiviala, fanne fotocopia e tienila lontana dai topi.

PILLO            - Se le fa piacere… Io, con tutto il cuore, le auguro che la signora Gilda sia un’assassina. Ma, al suo posto, non mi farei eccessive illusioni. La signora Gilda è una donna così simpatica..

PIETRO          - Lo credo bene. Tutti gli assassini lo sono.

PILLO            - … e sensibile. Alleva volatili… coltiva fiori…

PIETRO          - Anche Landrù coltivava fiori. Questo non escludeva che nei momenti liberi ammazzasse donne. Io non amo i fiori.

PILLO            - E le donne?

PIETRO          - Soltanto dopo averle assicurate alla giustizia.

PILLO            - Io, invece, amo le donne e tutto quello che fa parte della natura.

PIETRO          - Allora, devi amare anche la giustizia, che fa parte della natura, in quanto è figlia della storia, che è madre della vita. (si alza e si prepara ad uscire) Vado dalla signora Nisbe, che, come incaricata delle relazioni pubbliche e sociali, mi ha invitato a un cocktail, per farmi conoscere i maggiorenti di Cavernò. Ne approfitterò per indagare.

Si spegne la luce nel commissariato e si accende la zona neutra, dove è organizzato il cocktail. Nisbe e Fauna, di mezza età ed Armida, giovane ed atletica, indossano pantaloni scuri e camicette  di tono serio. Bros e Ireneo indossano pantaloni chiari e camicette vivaci. Ariberto Funivà ed Ortiseo, giovani atleti sono vestiti anche loro chiassosamente, non senza civetteria. Su di un elemento che fa da tavolo sono disposti grossi bicchieri di plastica rossi, gialli e verdi. I cocktails potrà anche servirli, spingendo un carrello, un infermiere, con copricapo e mascherina, come per un’operazione chirurgica. Il cocktail avrà un andamento di balletto, vivacissimo… Musica elettronica in sordina. Violenta luce al neon sui personaggi. Ariberto cercherà ogni tanto di avvicinarsi ad Armida, che lo ignora. Si formano due gruppi: le donne da un lato, gli uomini dall’altro.

FAUNA          - (alludendo agli atleti) Ho portato i ragazzi per distrarli un poco, ma tra cinque minuti li rimando ad allenarsi.

ARMIDA       - Non in palestra. Lì ci saranno certo gli operai specializzati per il corso psico-fisico sull’impiego del tempo libero.

FAUNA          - No! Gli operai sono in sciopero. Per combattere il carovita chiedono un’ulteriore diminuzione dei salari del 30 per cento. Ma se noi cediamo, tra qualche mese torneranno alla carica per ottenere un’ulteriore diminuzione.

ARMIDA       - Possibile che non si accontentino mai? Già hanno voluto passare dalla settimana corta alla settimana lunga col pretesto che non riuscivano a risolvere il problema del tempo libero…

FAUNA          - andando avanti di questo passo, chiederanno anche l’abolizione del riposo festivo…

NISBE            - Va bene che divertirsi stanca molto di più che lavorare, ma non esageriamo. Per un lavoratore distrarsi è anche un dovere. All’ultimo Simposio dei Lavoratori Diversivisti è stata approvata la mozione: chi non si diverte, non mangia. (cambiano i bicchieri e si spostano a un altro punto della scena)

IRENEO         - Perché ti preoccupi della salute di tua moglie?

BROS             - Dice di star bene.

IRENEO         - Prende le pillole, i tranquillanti, le vitamine, i corroboranti, fa le iniezioni? (Bros fa cenno di si) Ma, allora è impossibile che stia bene. Non dar retta alle donne, esagerano sempre.

BROS             - Te lo dicevo, cara; invece delle carceri, sarebbe stato meglio costruire scuole.

FAUNA          - Non si può esagerare con le scuole. Bisogna pur difendere l’analfabetismo, se non altro per la tutela della razza. Col fatto che, ormai tutti sanno leggere, i neonati nascono già con gli occhiali.

NISBE            - Ma l’istruzione obbligatoria è necessaria. Se non altro per scrivere lettere anonime. Ne scrive anche lei, commissario?

PIETRO          - No, ne ricevo.

IRENEO         - Perché non è del posto. Qui, noi, ne scriviamo tutti.

NISBE            - Fin da piccoli. I bambini, per esempio, la loro prima letterina non la scrivono a papà e mamma per gli auguri di Natale. La prima letterina è sempre una lettera anonima alla maestra per informarla di quello che si dice in giro di lei.

IRENEO         - Per “scaricare” non c’è nulla di meglio. La lettera anonima libera da ogni turbe psico-sessuale.

FAUNA          - Se ne scrive anche in famiglia. Io a mio marito gliene spedisco sei o sette al mese.

PIETRO          - E che cosa gli scrive?

FAUNA          - Che è cornuto.

BROS             - Con tante che ne ricevo, s’immagini se faccio caso… Da noi, nessuno prende in considerazione le lettere anonime.

PIETRO          - Perché,allora, la gente continua a scriverle?

NISBE            - Perché si scrivono romanzi, racconti, poesie? Perché qualcuno li legga. Così è per le lettere anonime. Una forma di letteratura come un’altra. Più modesta perché anonima, come è stato detto appunto nel corso del decimo Symposium del C.S.A., Congresso Scrittori Anonimi.

PIETRO          - (dopo una pausa) Venendo da queste parti, ho visto, in piazza, una bella terrazza, piena di fiori. A chi appartiene?

BROS             - Fiori veri, non di plastica, vero? Ci abita un’originale. Gilda Toschi, già vedova Visiroli, già vedova Guardi e ora vedova Ferri. Una trisvedova.

IRENEO         - Povera signora. Non è stata fortunata.

PIETRO          - Direi che sono stati più sfortunati i mariti.

FAUNA          - Sa com’è… chi muore giace…

PIETRO          - Perché? La signora s’è data pace? (tutti fanno cerchio attorno a lui e sorridono indifferenti) Come le sono morti i mariti?

IRENEO         - (scientifico) Quando una donna esuberante sposa un uomo esuberante, ma non più nel fiore degli anni, niente da stupirsi se il talamo si trasforma in feretro.

PIETRO          - Lei pensa che dipenda solo dal talamo?

IRENEO         - Dal talamo e forse anche dal veleno (Pietro, che sta bevendo, quasi si soffoca)

BROS             - Deve sapere che la signora Gilda ha una grande passione per i fiori: prepara lei la terra, i concimi, i fertilizzanti… Suo nonno paterno ha ereditato da uno zio materno una vecchia farmacia. Il padre di Gilda l’ha ereditata dal nonno, Gilda dal padre. Perciò, logicamente, lei ha sempre a portata di mano dei veleni…

PIETRO          - (raggiante) I mariti perciò…

NISBE            - Capirà, quando si vive in mezzo ai veleni…

PIETRO          - Pensa che gli abbia avvelenati lei, i mariti?

NISBE            - (scoppia a ridere) Ma no! Si fa così per dire…

PIETRO          - Non c’è stata nessuna denuncia…

IRENEO         - (ridendo) I soli che avrebbero potuto denunciarla sono morti…

PIETRO          - Ma prima di morire?

FAUNA          - Stavano splendidamente.

PIETRO          - Lei, signor Ireneo, come ufficiale giudiziario, li avrà pur visti quei morti… Com’erano?

IRENEO         - Brutti.

PIETRO          - E… come se lo spiega?

IRENEO         - Non erano mai stati belli nemmeno vivi…

FAUNA          - Gilda, invece, è sempre stata uno splendore. Ma una donna d’altri tempi, con idee antiquate. Non si è mai preoccupata di cercarsi un partner per la sua vita sessuale. Voleva un marito. Così quando ha conosciuto il povero Visiroli, se l’è portato subito all’altare.

NISBE            - Un matrimonio che ha fatto epoca. Tantissimi invitati…

FAUNA          - Anche per il matrimonio con il povero Guardi, c’è stato un bel ricevimento.

NISBE            - Invece, quando ha sposato il povero Ferri, al matrimonio non ha invitato nessuno.

BROS             - Ma tutto il paese è intervenuto ugualmente al suo funerale.

NISBE            - Perché Gilda è tradizionalista. Ha sempre sposato di mattina presto e sotterrato di sera tardi. E, poco da dire, bei matrimoni e bei funerali. (Pietro rimane pensoso)

BROS             - Lei, commissario, s’è già installato a Cavernò con la famiglia?

PIETRO          - La mia famiglia è costituita da una gabbia con un canarino. Maschio. La femmina purtroppo non ha sopportato il viaggio di trasferimento. Io sono vedovo. Mia moglie è morta anche lei durante un viaggio di trasferimento. Come la canarina. Ma al maschio vorrei dare compagnia. Esiste a Caverò un negozio d’uccelli?

IRENEO         - Uccelli di plastica, ne trova in qualsiasi negozio. Ma vivi…

FAUNA          - Ormai, non usano più.

NISBE            - C’è solo la signora Gilda, che ne fa ancora allevamento. Provi a chiedere una canarina a lei.

PIETRO          - (illuminandosi) Ottimo suggerimento.

BROS             - Ma è sicuro che una canarina di plastica completa di congegno per cantare e fornita di piume di nylon, non le basterebbe?

PIETRO          - A me… forse. Ma al mio canarino credo proprio di no. (Nisbe a questo punto tocca un congegno che scatena un’ondata di musica infernale.

Si spegne la luce e si accende la terrazza. Tutt’attorno vasi di fiori. Gilda, sui 40-45. Sta dandosi da fare. Indossa un abito bianco.

BROS             - Ma lei dice di star bene, perché sta effettivamente bene. Mai un’emicrania, mai un reumatismo; non dico un infarto, ma mai il più piccolo collasso. Non mi pare normale. Una persona che sta veramente bene, qualche piccolo disturbo deve averlo per forza. Sono più di tre mesi che va avanti così. Non ti pare grave?

NISBE            può darsi che si tratti soltanto di un eccezionale equilibrio ormonico. Ma deve curarsi. Si potrebbe provare ad iniettarle qualche virus. Se il corpo reagisce ancora, dovrà pur accusare qualche dolore. Se starà male, vorrà dire che non c’è da preoccuparsi perché sta bene. Il caso è curioso. Stai tranquillo, me ne occuperò. (si allontanano parlando e restano Ortiseo ed Ariberto).

ORTISEO       (alludendo ad Armida) Cerca di dimostrarti più indifferente. Non agitarti così.

ARIBERTO    -  Mi evita… mi fulmina con gli occhi…  non posso controllarmi. Sono un emotivo.

ORTISEO       - Prendi dei tranquillanti.

ARIBERTO    - Mi deprimono.

ORTISEO       - Prendi dei tranquillanti, poi per tirarti su, magari ti prendi qualche eccitante.

ARIBERTO    - Poi sul campo avrò un cedimento…

ORTISEO       - Sarebbe stato meglio che non l’avessi avuto prima il cedimento. Con una donna poi! (si riallontanano e tornano le donne).

FAUNA          - … con gli operai che fanno orari sempre più lunghi e che richiedono salari sempre più bassi, la pressione dell’industriale si fa sempre più difficile. Si guadagna troppo, non si sa più come investire.

NISBE            - Nel nostro ultimo Symposium sul Capitale Capitalizzato non s’è parlato d’altro.

FAUNA          - Tutti importano i loro capitali dall’estero clandestinamente. E con quale risultato? Un passo ancora verso il benessere e sarà la catastrofe.

NISBE            - Faremo un Symposium sulla Catastrofe Economica la prossima settimana, subito dopo il Symposium sulla Puericultura Cibernetica. A proposito, come sta il tuo bambino, Armida?

ARMIDA       - Armonicamente perfetto, psichicamente……… organicamente robusto, sessualmente sviluppato. Ora devo correre da lui alla nursey. È ora del mio allattamento clandestino.

NISBE            - Perché clandestino?

ARMIDA       - Mi ha consigliato lo psichiatra di allattarlo col volto completamente coperto per evitare che al bambino si sviluppino complessi edipici. A …….. (esce. Ariberto tenta di avvicinarla ma lei …… e se ne va).

FAUNA          - (…chiamando tutti gli invitati) Servitevi, non fate complimenti; nei bicchieri rossi c’è il cocktail con gli anticorpi, nei bicchieri verdi il cocktail biochimico e nei bicchieri gialli un cocktail di cervelli sottospirito. (vede Pietro che avanza e gli va incontro mettendogli un bicchiere in mano)

NISBE            - Commissario, prima di tutto gli anticorpi…. Fauna… suo marito Bros… Ireneo…, i due nostri atleti… (saluti ed inchini).

FAUNA          - (indicando i due atleti) Belli, eh commissario? Un fascio di muscoli. Ma da qualche tempo Ariberto mi si è sciupato. Ora devo mandarli via, perché per loro è già tardi. (parlando ai due come a bambini) Dunque siamo intesi: un’oretta di allenamento, poi il solito filetto al sangue con un bicchiere di latte, frutta e a nanna. Salutate il commissario. (i due salutano Pietro con un inchino ed escono. A Pietro) Allora, già ambientato?

NISBE            - L’onore di relazionarlo e di contattarlo ce l’ho io. Domani l’arcivescovo e le sinistre, dopodomani la reazione, giovedì l’alta finanza e la stampa. Se poi desidera qualche extra, non so, un re in esilio, una cantante o un suonatore di clarino, me lo faccia sapere. Ma basta qualche ora di preavviso.

BROS             - Ha visto, commissario? Paese in gamba il nostro. Cinquant’anni fa qui non c’erano che campagne e boschi. Ora, in un raggio di venticinque chilometri non c’è più un albero, né un filo d’erba. Tutto bianco di cemento sotto un cielo popolato di antenne e di ciminiere.

FAUNA          - Caro! Sei un poeta.

BROS             - Merito anche di mia moglie, che come sindaco di Cavernò, ha fatto dei veri miracoli.

FAUNA          - (modesta) Ho fatto quel poco che ho potuto: tombe verticali al cimitero per guadagnare spazio; impianto televisivo tra sale-parto e stato civile per lo snellimento delle pratiche anagrafiche e sfruttamento organizzato dei rifiuti organici per recupero-vitamine. Di più non ho potuto fare. Sono troppo assorbita dalla mia industria.

PIETRO          - E che cosa fabbrica?

BROS             - (con orgoglio) Alberi!

PIETRO          - Alberi? E di che tipo?

FAUNA          - Di tutti i tipi: medio, piccolo ed alto fusto. Ma siamo specializzati in pini. Produzione massiccia. Tronco, rami, aghi, scorza, radice, resina e clorofilla tutto in plastica. Ci arrivano ordinazioni da tutto il mondo. Sa? Col problema di ripopolamento boschivo…

BROS             - Proprio oggi ne abbiamo spediti settecento a un sanatorio.

PIETRO          - Ah (pausa) Molte fabbriche a Cavernò.

NISBE            - Centoundici. E tra poco centododici. L’ultima industria è sorta per interessamento del dottor Ireneo.

IRENEO         - Una fabbrica che produrrà neuro-vegetativi e gran simpatici di plastica. Assorbirà trecentotrentatrè operai.

NISBE            - Mi occuperò io del cocktail di inaugurazione invitando gli esauriti socialmente più in vista.

IRENEO         - Visto che tutti hanno nervi a pezzi, sarà comodo averne i pezzi di ricambio. Faremo neuro-vegetativi di vario tipo: in color pastello per mattina… in oro ed argento per gran sera… di quelli più solidi, in color cuoio, per professionisti. Se lei, commissario, ne gradisce uno… Mi dica il colore che preferisce.

PIETRO          - Celeste. Grazie. (pausa) Stamattina ho visitato le carceri. Funzionali, ma poco frequentate. Com’è?

FAUNA          - (risentita) Non dipende da noi………….un fazzoletto a lutto. Bianchi, neri, viola, grigi, sempre di uguale foggia e di stile un po’ romantico, saranno i suoi abiti nelle scene successive. Con lei è Armida, in pantaloni e camicetta o in tuta da ginnastica.

GILDA           - (alludendo agli uccelli della gabbietta di cui sta occupandosi) Sarà colpa delle radiazioni, ma hanno cambiato mentalità… carattere… abitudini. Questa canarina, ad esempio, non sopporta più il maschio. Sarà diventata insensibile all’amore. Non sa cosa si perde.

ARMIDA       - Avrà raggiunto la sua autonomia sessuale. Come me, in fondo, che ho rinunciato all’amore e lo risolvo con la ginnastica. Parallele, cavallo, pertiche, salto in lungo senza pedana… La ginnastica distrugge la cellulite, sviluppa i muscoli, favorisce il ricambio… mantiene il corpo elastico. Tutte cose che l’uomo non è in grado di fare.

GILDA           - Ma, usato con saggezza, anche l’uomo fa bene alla salute.

ARMIDA       - Io sono ingrassata di otto chili, dopo aver conosciuto il mio play-boy.

GILDA           - Perché sei rimasta incinta. Poi, sei dimagrita.

ARMIDA       - Perché ho fatto a meno dell’uomo.

GILDA           - No, perché hai partorito.

ARMIDA       - Signora Gilda, lei dell’amore ha un’idea d’altri tempi. Forse perché in amore è sempre stata fortunata. Tre volte sposata, tre volte vedova…

GILDA           - Cosa credi? Che non abbia sofferto ogni volta che mi è morto un marito?

ARMIDA       - Avrebbe sofferto di più se non fosse morto. Del resto, dopo la terza vedovanza, perché non si è risposata?

GILDA           - Perché non ho ancora trovato l’anima gemella. Credi che non mi piacerebbe restare ancora una volta vedova? Sola… non so stare. (con tenerezza e lirismo) Prima il cinguettio dei canarini mi svegliava, al mattino, mentre dormivo con un uomo grosso, forte… il respiro musicale… il petto che sembrava una cassa armonica… Ora, invece, mi sento così sola… Ma perché l’uomo dev’essere un oggetto così delicato? Mentre lo abbracci, ha un brivido… Credi sia un brivido di piacere. Macchè, eccotelo lì, morto. Tre me ne sono rimasti così, tra le braccia. Tre, mica uno. E io, senza un uomo, mi sento inutile.

ARMIDA       - Non le bastano i ricordi?

GILDA           - Già, i ricordi. Le passeggiate con Enrico… le carezze di Luciano… le partite a carte con Sandro… No, è con Luciano che giuocavo a carte. Con Sandro guardavamo la televisione. Ma, morto lui, ho restituito l’apparecchio. Stare al buio, seduta accanto a un uomo, ha un senso. Ma sola… E, poi, a me non piace il mondo, quando lo mettono in scatola, come il manzo lesso e i piselli. A me piace il mondo che, per muoversi, non ha bisogno di valvole e di condensatori. Non sono una donna moderna. Non so risolvere, come fai tu, con le pertiche e le parallele. Begli attrezzi, non dico di no. Ma senza calore.

ARMIDA       - il calore glielo trasmetto io, mentre mi alleno. Sempre meglio un attrezzo di un uomo svenevole, che di calore ne ha troppo e sempre nei momenti sbagliati. E che per legittimarlo ti vuole portare all’altare. Capisco che con un marito sempre pronto all’uso, sarei meno occupata a cercare relazioni sessuali ed avrei più tempo per le relazioni sociali. Ma al matrimonio non ci penso. Che me ne farei di Ariberto?

GILDA           - Visto che è un atleta, se non altro potresti allenarti con lui..

ARMIDA       - L’ideologia di un rapporto sessuale monogamo, secondo le più recenti statistiche, non solo porta a una disposizione nevrotica, ma è in netto contrasto col processo di sviluppo fisico dell’individuo.

GILDA           - Eppure, con un uomo, il tuo sviluppo fisico l’hai avuto. Hai partorito. Vedi, dunque, l’utilità dell’uomo.

ARMIDA       - Ma qual è stato il suo contributo, in fondo? Per lui un attimo di carnale abbandono, per me nove mesi di gravidanza, il parto, l’allattamento e… il resto.

GILDA           - Questa è la legge della natura.

ARMIDA       - Ma gli errori della natura li devono correggere la tecnica, la scienza e il progresso. Non le pare?

GILDA           - Io appartengo a un’altra epoca, non sono portata all’evoluzione. Sarà che voi all’uomo arrivate troppo in fretta. Noi, invece, ai nostri tempi, chi lo vedeva, l’uomo? Sepolte vive tra montagne di tela e chilometri di filo… Cuci, cuci, cuci… l’orlo a giorno, i ricami, le iniziali… Alla fine, quando arrivava l’uomo, per forza era la liberazione. Un marito voleva dire il corredo dentro l’armadio e noi, dentro un letto, nude e non più sole.

ARMIDA       - Io sono figlia del mio tempo. Un marito non mi serve. Faccio due metri e venti senza pedana, mi alleno, allatto, assisto i lavoratori e sono libera e felice.

GILDA           - Ma Ariberto ti ama…

ARMIDA       - No, desidera semplicemente una relazione sessuale permanente. E perciò vuole sposarmi e cerca di ricattarmi per la piccola collaborazione che ha dato alla nascita del bambino. Ma se si è lasciato sedurre, peggio per lui. Inutile, ora, che venga a piangere ed ad implorare. Ha persino avuto il coraggio di importunarmi in palestra. Il colmo! Eppure, dovrebbe saperlo, che il nostro sistema nervoso, durante gli allenamenti, non sopporta scosse. (suona il campanello) Vuole che vada io ad aprire? (Gilda fa cenno di sì. Esce mentre Gilda perde tempo coi canarini e rientra introducendo Pietro Bon).

PIETRO          - La signora Gilda Toschi vedova Ferri? Mi chiamo Pietro Bon. Sono a Cavernò da una settimana. Mi è stato detto che lei alleva canarini…

GILDA           - Infatti… (indica le gabbiette e lo guarda interessata. Presentando) Armida Ceragallo, salto in lungo.

ARMIDA       - Due metri e venti. (gli dà la mano).

PIETRO          - Complimenti. (le stringe la mano. Lei quasi gliela stritola. Soffoca un urlo di dolore e guarda le gabbiette) Canarini veri?

GILDA           - Canarini delle Canarie.

PIETRO          - Complimenti. Cantano senza transistor,  immagino.

GILDA           - E senza microfono. Cosa fa a Cavernò?

PIETRO          - Sono il nuovo commissario.

GILDA           - Si occupa di delitti?

PIETRO          - Li perseguito.

GILDA           - Si perseguita ciò che si ama. Io amo l'amore.

PIETRO          - E lo perseguita?

GILDA           - Quando posso. Per ora... allevo canarini e coltivo fiori. Riproduzione animale... riproduzione vegetale... tutta una fecondazione.

ARMIDA        - (che è rimasta a guardare Pietro, esplode) Se è venuto qui per me, sono io quella che cer­ca: Armida Ceragallo, assistente sociale ed atleta. Non sarà certo lei a farmi cambiare il corso della vita. L'infelicità coniugale non si esaurisce nel con­flitto tra i coniugi, in modo perverso e distruttivo, ma si riversa sui figli, con nuovi e terribili danni per la loro indipendenza e per la loro struttura psichico-sessuale. Perciò io, essendo madre, voglio restare nubile. E per conservarmi tale sono dispo­sta a tutto, se lo ricordi. Anche a un delitto.

PIETRO          - Ed è venuta qui per farsi consigliare?

ARMIDA        - Perché no? (Saluta Gilda, s'inchina a Pietro ed esce).

PIETRO          - (perplesso) Ma cos'ha?

GILDA           - Vent'anni. É un diploma d'assistente so­ciale. È un tipico prodotto della nuova generazione atletico-sessuale-economico-tecnico-sociale. Dunque, a lei interessano i miei canarini: ornitologo?

 

PIETRO          -  No. Solitario.

GILDA           - Celibe?

PIETRO          - Vedovo.

GILDA           - Anch'io. Tre volte.

PIETRO          - Tre è il numero perfetto. Mi parli delle sue vedovanze.

GILDA           - Non posso, lei mimette soggezione: rappresenta la legge. E ogni cittadino, veramente onesto, teme la legge. Mentre il cittadino disonesto, no.

PIETRO          - Dunque lei è onesta e mi teme.

GILDA           - E lei... no? Non teme la legge? Io, invece, come tutti, ho i miei rimorsi, le mie colpe segrete. Soffro di complessi, ho incubi notturni, faccio so­gni spaventosi, mi sveglio depressa, rifiuto i tran­quillanti e prendo solo camomilla.

PIETRO          - Lei soffre di complessi di colpa?

GILDA           - Possibile che, visto che è vedovo, non ne soffra anche lei?

PIETRO          - Nel modo più assoluto.

GILDA           - La facevo più sensibile. Ha uno sguardo così dolce ed appassionato... (Lo guarda intensa­mente).

PIETRO          - (a disagio) Sono venuto da lei, per pregar­la di prestarmi una canarina. Morta la femmina, il maschio mi è rimasto vedovo.

GILDA           - Incredibile come l'umanità sia afflitta dalla vedovanza...

PIETRO          - E non canta più!

GILDA           - Lei, invece, canta ancora?

PIETRO          - Non è nel mio temperamento cantare.

GILDA           - Introverso?

PIETRO          - No, stonato.. Ma, a parte questo, lo scopo della mia vita non è mai stato quello di cantare; ma di servire fedelmente la giustizia, perseguitando i delitti e chi li commette.  Ora di me lei sa tutto. Il mio canarino, è triste e ha bisogno di compagnia.

GILDA                -Lei no?

PIETRO           -(lasciandosi andare) A volte. Quando il cielo è chiaro e spunta la luna!

GILDA            -Io, sera e mattina, giorno e notte. Non mi rassegno alla solitudine.         

PIETRO           -Eppure avendo sepolto tre mariti... Non penso sia stata piacevole, come esperienza.

                      

GILDA            -Perché no?  

PIETRO           - I lutti non sono stati dolorosi?

GILDA            -Vede, commissario... Ho amato i miei tre mariti, teneramente, come se fosse stato ogni volta il primo amore. Ma, siccome, oltre che sentimentale, sono monogama... se non fosse morto il primo marito, non avrei potuto essere felice col secondo e, se non fosse morto il secondo, non avrei goduto la felicità che ho goduto col terzo. Lei che è vedovo dovrebbe capirmi...

PIETRO           -Sono vedovo una volta sola...

 

GILDA            -Mi spiace. Io sono stata così innamorata., dei miei tre mariti, che non so rendermi conto con quale dei tre sia stata più felice. Perciò non so quale dei tre debba più rimpiangere e per quale dei tre debba sentire più rimorsi. (Romantica) E poi, quando qualcuno che ci stava vicino se ne va... ci si sente sempre un poco colpevoli. Viene il rimorso di non aver fatto abbastanza o di aver fatto troppo. A lei non è successo dopo la sua monovedo­vanza?            

PIETRO           - Vede... mia moglie è morta di morte naturale.

GILDA            -Non si può mai dire. Quando due persone vivono assieme, teneramente avvinte dai lacci dell'amore, anche un gesto o una parola possono ferire Come una lama.

PIETRO          - (insinuante) O distruggere. Come un veleno.

GILDA           -Appunto. Non si è mai sentito, nemmeno per un momento, responsabile della morte di sua moglie?

PIETRO           -No.

GILDA            -Lei dev'essere un mostro, scusi.

PIETRO           -Dipenderà dal fatto che ho perduto una moglie sola.

GILDA           -In questo momento non pensavo ai miei mariti, ma a Virginia, mia cognata, sorella di uno dei miei tre mariti.

PIETRO          -Quale?

GILDA           - Mi faccia pensare… Luciano, il secondo. Viveva in casa con noi e distruggeva sistematica­mente la nostra armonia coniugale. Non ha mai fatto caso che, mentre l'armonia coniugale è ralle­grata dalla presenza di un animale, è invece disturbata dalla presenza di una creatura umana? è una riflessione a cui sono arrivata attraverso la solitu­dine. Dunque, la mia unica speranza era che Vir­ginia ci liberasse, in qualche modo, della sua pre­senza. Ebbene, una sera, rientrando, non me la so­no trovata bocconi lì, dov'è ora lei? Cadendo aveva rovesciato una pianta di begonie arancione, E io mi sono preoccupata prima delle begonie che di lei. Come non provarne rimorso? (Cambiando) Dunque, come si trova a Cavernò? Un paese molto sviluppato dal punto di vista tecnico-economico-scientifico-sociale… Le ciminiere hanno sostituito i monumenti, per non pensare hanno inventato la tecnica, per non mangiare hanno scoperto l’ulcera. Per moltiplicarsi la fecondazione artificiale… Le sembra che questa possa ancora chiamarsi umanità?

PIETRO          -Cosa vuole? Il progresso…

GILDA            -Più che far progredire il mondo, si fa progredire l'infarto. Ecco perché io preferisco isolarmi qui, in quest'angolo di natura ancora primitiva. E me ne vivo in pace, coltivando, senza bisogno di manuali, i miei antichi sentimenti: amicizie, simpatie... (e con intenzione) e amori.

PIETRO           -Com'è morta Virginia, sua cognata?       

GILDA           -Come vuole che sia morta? Avvelenata!

PIETRO           - C'è stata un'inchiesta?

GILDA           -Sì, ma non  è servita a risuscitarla, grazie al Cielo.

PIETRO           -E i suoi mariti come sono morti?

GILDA             -Così, da un momento all’altro, non mi ci faccia pensare. Enrico… Luciano … Sandro… sono come un ricordo solo: l'amore.

PIETRO          - ... e la morte.

GILDA           -Naturalmente, anche la morte. (Pratica) Allora... vuol portarmi il canarino?

PIETRO           -Qui, da lei?

GILDA            -E’ meglio. Anche i volatili sono traumatiz­zati dal progresso. E, poi, vanno a simpatie. Imporre a una femmina un maschio che non le va, sa­rebbe una tortura. Loro non sono come noi: vivono in gabbia. (Congedandolo) Venga presto.

PIETRO          -Prestissimo, signora. Molto prima di quanto lei possa immaginare. (Le dà la mano, mentre Gilda mette un disco. Un valzer all'antica. Pietro esce e Gilda resta sognante a guardare nella sua direzione)

Si spegne !a luce sul terrazzo e si accende il com­missariato: Pillo sta aprendo cassetti ed armadi e cerca nervosamente pratiche, che, evidentemente, non riesce a trovare. Pietro è accanto a lui.

PILLO              -Dovrebbe esserci. Non mi risulta che la pratica sia stata evasa... Ne avrei preso nota... (Con tenerezza) Quei poveri topi, che nostalgia. Loro rosicchiavano, io battevo a macchina... era tutto una musica (Cambiando) Che la pratica sia in cantina? Tenevamo lì un po' d'incartamenti per un eventuale caso di carestia... Faccio un salto giù a cercare. Sarà vuota la cantina, senza i topi. Non mi perdono di aver dato loro del veleno...

PIETRO          -Veleno…veleno dappertutto. Anche la cognata eliminata col veleno. Finalmente abbiamo messo le mani su di un’assassina. Il grande carcere di Cavernò non rimarrà più deserto. La cella più ampia, più comoda, più soleggiata sarà per lei, per la signora Gilda…

PILLO            -Non si entusiasmi troppo.

PIETRO           -Ti ricordi la povera Virginia? Com’era?

Pillò                -Secca come un ramo. Ecco la ragione per cui avrà bevuto del fertilizzante. Avrà sperato di rifiorire….

PIETRO          -Ma come puoi credere anche tu alla tesi del suicidio?

PILLO            -Secca come un ramo, avrà pesato sì e no trenta chili, non bisogna farne una tragedia. Se si scalmana tanto per una morticina da niente, cosa farebbe, allora, per un tornado? La Maria Clotilde, per esempio. Trecento vittime al minuto secondo. Quelli sì sono avvenimenti. Altro che un po' di fer­tilizzante nell'intestino. Ad ogni modo vado a cer­care la pratica in cantina. Lei, intanto, non vuole ricevere i due atleti che stanno aspettando da un'ora? Sono grandissimi calciatori. Li ha comprati la signora Fauna. Valgono centinaia di milioni.

PIETRO           -Giuocano nella squadra locale?

PILLO              -A Cavernò non abbiamo squadre di calcio.

PIETRO          -E. allora, perché la signora Fauna li ha comprati?

PILLO              -Tutti gli anni si compra un po' di gioca­tori, i migliori che trova sul mercato.

PIETRO          -E che se ne fa?

PILLO              -Ne fa quello che vuole. Li compra e sono suoi.

PIETRO           -Ma non vedo la ragione...

PILLO              -Investimenti di capitali. Li toglie dalla cir­colazione per una stagione o due, poi se li rivende. E ci guadagna sopra. Faccio entrare? (Pietro fa cenno di si e Pillo apre, la porta ed introduce Ariberto ed Ortiseo).

PIETRO           -(li guarda severo, mentre Pillo esce) Si trovano nei guai, eh?      

ORTISEO        -Io no. Io  lo accompagno soltanto. È lui che si trova nei guai...

PIETRO           -(ad Ariberto) Mi dica quando è successo.

ARIBERTO     -(timido, imbarazzato) La data... la da­ta... non me la ricordo con esattezza... mi deve scusare...

 PIETRO          -Male. Malissimo.

ORTISEO        -(venendogli in aiuto) Ad ogni modo... non è successo una volta sola... vero, Ariberto? (Ariberto fa cenno di no).

PIETRO          -Ho capito. Recidivo. Ma l'ultima volta... almeno approssimativamente...

ARIBERTO     -(guarda Ortiseo, poi) Un anno fa, circa.

PIETRO          -Dove?

ARIBERTO    -(sempre pia imbarazzato, a Ortiseo)  Diglielo tu.

ORTISEO        - In palestra, dopo la ginnastica.

PIETRO           -C'è stata la premeditazione? (Ariberto fa cenno di sì)  Bravo! Preferisco la sincerità. Io non credo alle follie improvvise, ai raptus… E qual è stata l’arma del delitto?

ARIBERTO    -(esita. Ortiseo l'incoraggia) Be'... eravamo innamorati. O, almeno, io credevo che anche lei lo fosse.

PIETRO          -Bene. Delitto passionale. Come l'hai uccisa?

ARIBERTO     -Non l'ho uccisa. Ci siamo semplicemen­te amati.

PIETRO           -C'è stata violenza almeno? (Ariberto fa cenno di no) Minore?     

ARIBERTO     -(non capisce) Io?

ORTISEO        -No, lei.

ARIBERTO     -No, neppure lei.

PIETRO           -Allora che diavolo vuole da me? Accoppiarsi con una persona di altro sesso... perchè era di altro sesso, immagino (Ariberto fa cenno di sì) noncostituisce reato se il fatto non è avvenuto in luogo pubblico e non ha dato scandalo. Mi spiace giovanotto ma stando così le cose non posso fare nulla per lei. Si unisca con minorenni in luogo pub­blico, usando violenza e dando scandalo, poi torni da me che la prenderò in considerazione...

ORTISEO        -Ma... dalla relazione è nato un bambino. Di sesso maschile, con occhi, celesti. Diglielo, Ariberto, non è cosi? (Ariberto fa cenno di sì).

PIETRO           -E lei ha fatto sparire il bambino?

ARIBERTO     -Non io, la mia partner.

PIETRO           -Infanticidio, allora…

ARIBERTO     -Non si tratta di infanticidio. Oh, diglielo tu, Ortiseo…

ORTISEO        -La madre ha fatto sparire il bambino e si rifiuta di farlo vedere al padre.

PIETRO          -Sottrazione di minore. (Ariberto scuote il capo. Lo guarda interrogativamente).

ORTISEO        -(interviene) La madre lo ha dichiarato di padre sconosciuto: illegittimo.

PIETRO           - E io, cosa ci posso fare?

ORTISEO        -Ariberto vuole riconoscere il bambino, legittimarlo. Diglielo che è tuo figlio, dai, Ariberto.

ARIBERTO      -Certo, lo posso giurare. Accetto la prova del sangue, la prova della verità, la prova del nove. Lei ha approfittato di me, che ero ancora... giovane... inesperto... che non sapevo nulla della vita… E, in più, ero innamorato...       

ORTISEO        -Ariberto è un buon cittadino, commissario: paga le tasse, non ha mai offeso la religione, né  la morale… ha sempre rispettato la Costituzione… il riposo festivo… la legge sul traffico… Deve essere aiutato e difeso. Quella ragazza non lo ha soltanto sedotto, ma lo ha anche derubato.

PIETRO          -Derubato?

ORTISEO        -Sissignore. Gli ha sottratto a più riprese la sua energia vitale, danneggiando il suo sistema nervoso e i suoi allenamenti. Furto continuato ed aggravato, perché la relazione è durata un paio di mesi.

ARIBERTO    -... e anche di più. Poi, quando lei ha avuto la certezza che era incinta, mi ha sbattuto la porta in faccia, dicendo che non sapeva più che farsene di me. Se mi incontra mi ignora... o mi mi­naccia.

ORTISEO        -Fagli sentire i muscoli.

ARIBERTO     -(offrendo l'avambraccio perché Pietro sen­ta i muscoli) Erano di acciaio, prima. Come i suoi. (Ortiseo fa sentire anche lui i muscoli del braccia al commissario) Vede la differenza? Con questi muscoletti chi mi compra più, ormai? Sarò tagliato fuori del mercato... Perché, oltretutto,mi ha anche proibito l'ingresso in palestra. Dice che, le dò fastidio... che la secco... È capace di tutto, quella ragazza, anche di ammazzarmi.

ORTISEO        -Lo dice e lo fa.

ARIBERTO     -Lei non conosce Armida.   

PIETRO           -(colpito) Armida?

ARIBERTO     -Armida Ceragallo. È lei che mi ha se­dotto. Una grande atleta, bella come una Walkiria...

ORTISEO        -Avanti, digli tutto...

ARIBERTO     -Io non voglio accusare nessuno, ma...

ORTISEO        -Avanti, vuota il sacco... racconta tutto. Siamo qui, per questo.

    -

ARIBERTO     -Stamattina... ho trovato il gatto avvelenato.         

ORTISEO        -E’ stata Armida, ne sono sicuro. Era un bel gatto bianco, con una macchia sul naso... Stec­chito, lì, davanti alla porta di casa...

ARIBERTO     -Era la mia sola compagnia, l'unico mio conforto...

ORTISEO        -Commissario, lo aiuti. Se non ci spallegg­iamo almeno tra noi uomini…

PIETRO          -Ho conosciuto Armida Ceragallo in casa della signora Gilda Toschi. Ha pronunciato in mia presenza frasi minacciose (ad Ariberto brusco) Lei che cosa ne pensa della signora Gilda Toschi vedova Ferri?

ARIBERTO     -Non lo so, una signora tanto simpatica…. tanto gentile...

PIETRO           -Ma anche un poco criminale, vero?

ARIBERTO     -Allude alla storia della serva Eleonora? Non credo sia stata lei ad avvelenarla.

PIETRO           -(trasecolato) La serva? È morta anche una serva avvelenata?

ORTISEO       -Dicono, ma non bisogna dare troppo peso. Di chiacchiere a Cavernò se ne fanno tante... E, poi, con la mania delle lettere anonime...

PIETRO          -(perdendo le staffe) AhNo! Ora mi pare troppo: Tre mariti... poi spunta la cognata... adesso anche una serva... e, in piùun gatto.

PILLO              -(entra sbandierando una pratica) Ecco, fer­tilizzante ed anticrittogamico. Un caso di suicidio. Più chiaro di cosi!

PIETRO           -(furibondo) E il gatto, allora? Suicida anche il gatto? Rispondi, Pillo. E il gatto? (Pillo, aggredito da Pietro, lo guarda sbalordito, mentre i due atleti si rannicchiarlo in un angolo).   

Si spegne il commissariato e si accende la zona neutra. Davanti a un grande schermo televisivo, che proietta una piccola spiaggia a colori naturali, seduti su sdraio o allungati su materassini stanno  IRENEO, BROS, NISBE e FAUNA. I riflettori proiettano una violenta luce solare. Gli uomini sono in costume intero a colori  vivaci, le donne in bikini scu­ri. Tutti hanno cappelli di paglia ed occhialoni neri.

NISBE            -Che impressione, però. Io, poi, lo conoscevo bene. Morire così... Figuratevi che aveva partecipato all'ultimo Symposium sui Felini Liberi e col suo intervento aveva avuto un vero successo personale. Era un bel gattone bianco… le orecchie rosa... i baffi lunghi...

BROS               -Bianco? Un gattone bianco? A me pareva grigio…

NISBE             -Lo avrai visto di notte. Di notte tutti i gatti sono grigi. Era bianco, vero, Fauna?

FAUNA          -Allegro... cordiale con tutti... sempre prontoalle fusa... Simpatico e sensibile. Ma non sarà che in un momento di smarrimento e di sfiducia abbia commesso l’irreparabile?

IRENEO         -Lo escludo. 

FAUNA          -Ormai è venuta la moda dei barbiturici. Si ammazza anche gente ricca, nota, Fortunata. Ministri, attori, criminali. Non si legge altro sui giornali. E la stampa ha  un'influenza tale su chi legge...

BROS             -I gatti non leggono i giornali, tesoro.

FAUNA          -E che ne sai? Con quelle loro pupille dilatate... Vedono persino di notte… E, poi, perché escludi che una delusione possa provocare una depressione psichica anche in un gatto?

BROS               -E quale delusione può avere un gatto?

FAUNA          -Che so? La difficoltà della contingenza... della programmazione... la scarsità dei topi... l'alienazione…una crisi psichica provocata dal nuovo piano regolatore dei tetti...

NISBE             -Era un gatto troppo allegro, troppo otti­mista per arrivare al suicidio...

BROS             -(a Fauna, indicando lo schermo)  Ti dà fa­stidio? Troppo mossoil mare?

FAUNA           -Grazie. Un poco più calmo. A me piace il mare quando sembra un olio.

BROS             -(si alza, regola t'apparecchio e il mare si distende) Non si vive più tranquilli in questo mon­do. Ieri hanno ammazzato i topi... oggi un gatto... domani sarà la volta di un cavallo... poi, finiranno per assassinare quei pochi elefanti che sono rimasti. Già i dinosauri li hanno fatti sparire tutti...

NISBE            - Ma se si continua a distruggere gli insetti  a sterminare i. batteri... dove andrà mai a finire la bellezza della natura?

FAUNA          - IRENEO, ha fatto lei l'autopsia a quel po­vero felino? 

IRENEO          -Conteneva una quantità tale di fertilizzante, che sarebbe bastata a far fiorire un giardino.

FAUNA           -E cosa dice il commissario?

IRENEO          -(minimizzando) Il commissario è un romantico. E non è con le romanticherie che si combatte la delinquenza. Lui pensa che, siccome Ariberto Funivà ha avuto una relazione sentimentale con Armida Ceragallo e Armida non vuol più rivedere il giovanotto… Dal momento che Armida è amica della signora Gilda e che in casa della signora Gilda sono morti, a quanto si dice, tre mariti, una cognata e una serva avvelenati... .

NISBE             -Ma questo che c'entra?

FAUNA          -Da noi la gente è padrona di morire come vuole. E, poi, si sta indagando sulla morte di un  gatto, non sulla morte dei parenti della signora Gilda...

PILLO              -(appare a un lato della scena) Forse disturbo... Loro sono al mare... Volevo solo informarli che quel povero gatto sarà sepolto in forma privata, domani mattina alle dieci e trenta. Partenza dall'obitorio. Chi vuol portare fiori...

Si spegne la luce nella zona neutra e si accende la terrazza-giardino. La signora Gilda sta introducendo PIETRO, che entra con una gabbietta in mano. In sot­tofondo il valzer.

GILDA               -Venga avanti… Mi ha portato il maschio… .(Scopre la gabbia) Ma è giallo!?!

PIETRO           -È naturale. È un canarino.

GILDA           -Lo so. Ma i miei sono tutti neri.

PIETRO          -Come mai?

GILDA            -Lo smog! Non si preoccupi. Diventerà nero anche il suo. È sicuro che desideri la femmina?

PIETRO          -Certo. La morte della sua compagna lo ha immalinconito. Guardi che occhi cerchiati.

GILDA            -Non si sarà deviato sessualmente durante questo periodo di solitudine?

PIETRO           -Non mi risulta che abbia vizi...

GILDA            -Non mi preoccupo tanto dei vizi, quanto dei desideri repressi... Ad ogni modo... proviamo. Mettiamo il canarino nella gabbia della canarina o la canarina nella gabbia del canarino? Io proporrei di spostare il maschio. L’inizio della vita coniugale è sempre uno choc per i coniugi, ma traumatizza maggiormente la femmina. (Sposta il canarino, lo mette nella gabbia della femmina ed assiste alle reazioni).

PIETRO           -Ha saputo dell'uccisione di quel povero gatto?

GILDA            -Barbari!

PIETRO           -(con intenzione) Eliminato con il veleno!

GILDA            -(guardando verso la gabbietta) Ha visto? Simpatizzano. Non l'avrei mai immaginato. Sem­brava così refrattaria all'amore... (Invita Pietra a sedere e siede con lui) Dunque, anche lei si è im­pressionato per la morte di quel gatto... Eh, devo dire, che è sconfortante. In questo paese, se muore un animale si fa lutto nazionale, se muore un uomo, chi ci fa caso? Se lei, per esempio, proprio mentre è seduto qui, davanti a me, sbarrasse gli occhi e se ne andasse tranquillamente da questo, mondo... la sua morte non farebbe impressione a nessuno. Non crede?

PIETRO           -(a disagio) In fondo... è vero.

GILDA           -Tanto più che lei è solo… vedovo… senza parenti, né amici.

PIETRO          -Certo… certo…

GILDA           -Le offro qualcosa da bere?

PIETRO           -(pronto)  Grazie, no!

GILDA            -La gente commenterebbe l'accaduto con le solite frasi... quanti anni aveva... di che cosa è morto... era simpatico o non lo era... E dopo due, tre giorni più nessuno penserebbe a lei. È successo così anche quando sono morti i miei poveri mariti. Se non fossi rimasta io in vita a conservare il loro ricordo... Vede l'importanza di lasciare una vedova? O un vedovo. Come nelsuo caso. Davvero non vuole qualcosa da bere?

PIETRO          -Grazie. Ho detto di no.

GILDA            -Nemmeno un goccio di...

PIETRO           - ... no! (Pausa) Signora Gilda, come spiega lei il fatto che tanta gente muoia avvelenata?

GILDA            -Per il semplice fatto che viviamo nel ve­leno. Lo mangiamo, lo respiriamo, lo beviamo, ci laviamo dentro... La tecnica e il progresso ci hanno abituati a non poter fare a meno degli acidi, dei gas, dei detersivi, dei carburanti... Il mondo vive di veleno.

PIETRO          -In questo momento non alludevo ai veleni, così in generale... ma al veleno in particolare. I suoi cari, per esempio, se ne sono andati tutti stroncati dal veleno...

GILDA           - ... e mi hanno lasciata sola. Sa che è dolo­roso? Io credo che ci rassegneremmo di più a questi lutti se venissimo più, come posso dire? pre­parati. Se, per esempio, quando ci si sposa, l'offi­ciante invece della solita domanda d'uso « Vuol spo­sare il qui presente eccetera, eccetera... », dicesse « Vuol restare vedova del qui presente, eccetera, ec­cetera »...

PIETRO           -Io vorrei sapere qual è stato il veleno che ha mandato all'altro mondo i suoi cari. Si potrebbe chiedere l’esumazione delle salme...

GILDA            -Curiosità fuori luogo. Quando uno è mor­to... è morto. E, poi, se squartassero lei o me, non crede che troverebbero anche noi pieni di veleno?

PIETRO          - Ma noi siamo vivi.

GILDA            -Per ora.

PIETRO          -(allarmato)  Cosa intende dire?

GILDA            -Nulla. Che siamo mortali. La natura ci ha fatti così. Sono i misteri della vita.

PIETRO          -Ma se i suoi mariti...

GILDA            -(tagliando) Commissario, lei è molto, ma molto gentile a volersi occupare dei miei cari defunti. Ma a che vale? Non riuscirà mai a risuscitarli.

PIETRO          -(grave) Ma io mi interesso di lei, perché...

GILDA            -(equivocando) Non me lo dica. (Civetta) Per essere sincera, le dirò che fin dal primo giorno che l'ho vista non ho creduto che la sua visita fos­se soltanto dovuta alla richiesta di una canarina...

PIETRO          -Veramente?

ILDA                     - Sì.

PIETRO           -E non le è... dispiaciuto?

GILDA           -Al contrario. Mi ha fatto piacere...

PIETRO           -(disorientato) Insomma, lei ha avuto subito il sospetto che io…  

GILDA            -Sospetto? Speranza, piuttosto. Lei è un bell'uomo... simpatico... forte... Quando dorme, an­che il suo petto deve sembrare una cassa armonica. Poi è solo... vedovo... sono vedova anch'io...

PIETRO           -(piacevolmente sorpreso, ma nello stesso tempo seccato) Signora, mi spiace dirle che lei è fuori strada. Le sue supposizioni non corrispondono affatto alla realtà,Io sono venuto qui perché...

GILDA            -Non spieghi. È più romantico così. Pre­ferisco indovinare poco per volta. Mi dica soltanto cosa pensa di me…

PIETRO           -Moralmente?

GILDA            -Anche, ma per una donna è più importante sapere come viene giudicata «fisicamente»...

PIETRO          -(imbarazzante situazione. Esita) Vede, signora... lei... lei...          

GILDA            -(con il più smagliante dei suoi sorrisi) Avanti... coraggio…

PIETRO           -Lei è una donna sconcertante. (Risata di Gilda) Lei ha dei begli occhi… un bel viso… una bella bocca… un bel busto… delle belle gambe… delle belle mani… dei bei polsi. Ecco, quello che più mi interessa in lei.... sono i polsi.

GILDA            -Ma che originale, E perché?

PIETRO          -Perché sono i suoi fragili e delicati polsi che, un giorno, io stringerò. Signora, io la sospetto. i

GILDA            -(ridendo) Ed è per questo che è venuto qui? Sono infinite, dunque, le vie della provvidenza...

PIETRO           -La sospetto e sono in un momento deli­cato della mia inchiesta. Signora, tutti quelli che le vivevano accanto sono morti...

    -

GILDA            -Siamo vivi noi, non ci pensi.

PIETRO           -(senza raccogliere) E come sono morti? Non si sa. Qualcosa di drammatico e di terribile, è successo qui. Non se ne abbia a male, signora, io devo purtroppo confessarle che la sospetto di assassinio plurimo e premeditato. Mi spiacesignora, vorrei tanto farne a meno, ma non posso! Ho anch'io i miei doveri, sono pagato per questo. Non sono arrivato a Cavernò così… per divertirmi, ma per fare il mio mestiere… per esercitare la mia professione di commissario. Perciò devo scoprire i suoi delitti ed arrestarla. Ma stia tranquilla. Non starà  male in prigione… Sono belle carceri, comode, pra­tiche, funzionali, moderne. Le ho visitate giorni fa. Carceri superbe, ma… deserte. Ed io dopo aver conosciuto lei, ho cominciato ad avere qualche speranza…

GILDA            -(seducente) Anch'io, commissario.

PIETRO           -... speranza di metterla in carcere. 

GILDA            -Capisco, lei fa il suo mestiere. Ma l'interesso soltanto come assassina? Non come donna? Che peccato! Lei, invece, mi è piaciuto fin dal primo momento. Contavo, se non altro, sulla sua simpatia...

PIETRO          -Grazie, grazie….(Cambiando) Ma non s’illuda. Non ho nessuna  intenzione di renderla vedova per la quarta volta.

GILDA           -Pazienza. Sarebbe stata la soluzione migliore. Ma dal momento che lei non è d'accordo...

PIETRO           -Per ora... le lascio il canarino e me ne vado...        

    -

GILDA            -Ma tornerà, spero... 

PIETRO           -Quando potrò dirle qualcosa di definitivo.

GILDA           - Sul sentimento che ho destato in lei?

PIETRO           -No! Quando avrò in mano le prove dei suoi delitti.

GILDA           - (candida) E non per parlarmi d'amore? (Pietro la guarda seccato e sconcertato. Esce. Ritorna più forte il tema del valzer e cala la tela).


SECONDO TEMPO

Il sipario si alza  sull'ufficio del commissario Pietro; seduto alla scrivania; Pillo, in piedi, di fronte a lui.

PILLO              -Le prove saranno evidenti, se lo dice lei. Ma io credo soltanto a quello che tocco, che vedo, che sento.

PIETRO           -Anche i sensi possono sbagliare, Pillo.

PILLO            -Se un vulcano butta lava ardente, io per forza credo nell'eruzione. Se un tornado spazza via un paese, io per forza credo nel tornado. Se la terra si apre ed inghiotte alberi e case, io per forza cre­do nel terremoto. Per quello che riguarda la signora Gilda, invece... Qualche decesso, va bene. Ma cosa vuole mai che sia qualche decesso? E quando c'era la peste? Allora sì che le vittime si contavano a centinaia...

PIETRO          - La peste non interessa la giustizia. La peste è solo un’epidemia.

PILLO              -Appunto, ma è un'epidemia che fa le sue stragi. E io davanti a una bella epidemia, mi faccio tanto di cappello. Anche se, poi, per i miei gusti è sempre preferibile un bel fenomeno naturale, che è più autentico ed anche più rapido. Come il terre­moto di stanotte nelle isole del Guadacinil: milleottocentosessantacinque morti per ora accertati. Ma saranno certamente di più. Certo che quando la terra trema dev'essere uno spettacolo indimentica­bile. Se si ha la fortuna di sopravvivere.

PIETRO           -Noi qui serviamo la giustizia: i fenomeni naturali non devono interessarci. 

PILLO              -Perché, purtroppo, serviamo solo la giu­stizia umana. Se servissimo anche la giustizia divina... Pensi al diluvio universale… Lei, invece, si li­mita a pensare a un gatto...

PIETRO           -Perché è l'ultimo anello di una serie di  delitti che hanno funestato la vita di Cavernò.

PILLO              -Queste sono idee sue. Qui, un delitto lascia il tempo che trova. E, poi, di gente ne nasce anche troppa, nonostante il controllo delle nascite...

PIETRO           -Noi facciamo il controllo delle morti, non quello delle nascite. Fai entrare la signorina. (Pillo esce, introducendo Armida e si ritira subito) Sono spiacente di averla disturbata, signorina Ceragallo.

ARMIDA         -Nessun disturbo, s'immagini. Piuttosto, se non le spiace, faccio un poco di relax. (Mette i piedi sulla scrivania e si abbandona sulla poltrona) Piedi in alto, gambe distese, corpo abbandonato. Questa posizione fa bene alla circolazione, sviluppa il movimento delle idee-guida e libera dalle turbe psichiche. Ha bisogno di me come atleta o come assistente sociale?

PIETRO           -Di lei come Armida Ceragallo. di lei come semplice unità anagrafica. Desideravo far quattro chiacchiere... parlare un poco insieme.

ARMIDA       -Eccomi. E di cosa vuole che parliamo? Di atletica?

PIETRO          - Preferirei parlare di giustizia...

ARMIDA         -Non ne capisco molto. Preferirei un altro argomento. Cultura di massa, per esempio

PIETRO           -Purtroppo io non so parlare che di reati e di delitti.

ARMIDA         -I nostri gusti evidentemente non coin­cidono.

PIETRO           -Cerchiamo qualcosa che interessi tutti e due. Parliamo d'amore.

ARMIDA         -Non sono sentimentale, ma ammetto che l'amore può servire come base di conversazione. Che differenza fa lei tra amore e sesso?

PIETRO           -Direi che l'amore è la spinta dorsale del sesso.

ARMIDA         -E che il sesso è la spina dorsale del­l'amore? Non è così semplice come crede. Occorre differenziare. Anzitutto è necessario distinguere ses­so maschile da sesso femminile. Supposto che tra i due sessi una differenza esista.

PIETRO          - Direi!

ARMIDA         -Più che una vera differenza, una diffe­renziazione, che va tutta a vantaggio della donna, che proprio per struttura è libera sessualmente, mentre l'uomo... no. Anche perché da tempo l'uomo ha acquisito una struttura decisamente antisessua­le, moralistica, inibita, lasciva, gelosa, isterica, pos­sessiva, corrotta e nevrotica. Ecco perché, nella bat­taglia sessuale, la donna si trova enormemente av­vantaggiata di fronte al maschio.

PIETRO           -Preferirei che, ci, limitassimo a parlare dell'amore in chiave romantica.

ARMIDA         -Il romanticismo sessuale èun'impostura, creata dall'uomo, sopravvissuta per secoli, soltanto per mascherare gli ipocriti appetiti sfrenati del maschio.

PIETRO           -Ma lei che dice queste cose... non è maistata innamorata?

ARMIDA         -Innamorata? Ho avuto desiderio di rap­porti sessuali e li ho soddisfatti, cercando di sce­gliere ogni volta giudiziosamente il mio partner.

PIETRO           -(perdendo la pazienza) Ma non avrà consumato questi rapporti con freddezza è distacco. Tra lei e il suo partner ci sarà stato almeno qual­che momento romantico... Non mi dirà, per esem­pio, che al momento del primo bacio...

ARMIDA         -Il bacio non è che una composizione chi­mica di acqua, cloruro di sodio e fermenti digesti­vi, che i partners si scambiano mediante una reci­proca pressione orale. Pratica, igienicamente par­lando, da evitare, se non da sopprimere...

PIETRO           -Lei non ha mai baciato, un uomo, allora?!?

ARMIDA         -Soltanto in caso di forza maggiore, nei raptus amorosi, ma sempre con persone munite di certificato medico, e avendo sempre cura di disin­fettare la parte a pratica compiuta.

PIETRO           - E così è avvenuto col signor Ariberto Funivà?

ARMIDA         -Ora capisco perché mi ha fatta venire qui. Sappia che i miei rapporti con Ariberto Funivà avevano, per fine esclusivo, solo il concepimento di un bambino maschio, di pelo biondo e di occhio azzurro, di peso non inferiore e non superiore ai tre chili e mezzo. Punto e basta.

PIETRO          -E il Funivà era al corrente della programmazione di questo concepimento?

ARMIDA         -Il maschio di solito se ne infischia, della programmazione. Si accontenta di soddisfare i suoi istinti sessuali.

PIETRO          -Allora non ne era ai corrente? E lei ha approfittato di lui...

ARMIDA         -Non era più minorenne...

PIETRO           -Lo ha sedotto...

ARMIDA         -Ma non gli ho usato violenza. Poi, avuto la prova della mia incipiente maternità, non ho vo­luto più avere rapporti con lui.

PIETRO           -Perché rifiuta di rivederlo?

ARMIDA         -Pretendeva che riparassi sposandolo!

PIETRO           -Voleva anche legittimare il bambino, in fondo…

ARMIDA         -Viviamo in un paese democratico, dove una donna ha anche il diritto di difendere la sua libertà psico-fisico-sessuale...

PIETRO          -Ma alle insistenze matrimoniali del Funivà lei ha risposto con minacce. E dopo le minacce sonò successi fatti gravi...

ARMIDA         -II gatto? Non sono stata io ad avvele­narlo.

PIETRO           -Penso di sì, invece. Procurandosi del ve­leno attraverso amici, che avevano ereditato da far­macisti intere collezioni di veleni...

ARMIDA         -Se allude alla signora Gilda, sappia che non è donna da prestarsi all'avvelenamento di un gatto.

PIETRO          - Visto che si è prestata all’avvelenamento dei suoi coniugi...

ARMIDA         -Che c'entra? Una cosa i coniugi, un'altra i gatti. Non si può tirare in ballo l'onorabilità della gente con accuse infondate. E poi, perché mai io avrei avvelenato un gatto? Amo i felini in genere... i gatti in particolare. E perché poi rivolgermi alla signora Gilda per avere del veleno vecchio, deterio­rato e pericoloso, quando si può trovare in com­mercio dell'ottimo veleno, in perfetto stato di con­servazione, di gusto gradevole elegantemente con­fezionato, munito anche di buoni-regalo?

PIETRO           - Lei, dunque, si dichiara estranea al de­litto?

ARMIDA         -Nel modo più assoluto. Con le lezioni di ginnastica, gli allenamenti, i corsi di assistente so­ciale, la vita di settore e di gruppo, i problemi del tempo libero, il salto in lungo senza pedana, l'al­lattamento del bambino, non avrei, nemmeno se lo volessi, il tempo di occuparmi anche di veleno. (Si alza) Posso andare?

PIETRO          -Mi dica prima cosa pensa della signora Gilda vedova Ferri...

ARMIDA         -Donna superata dai tempi, tipico pro­dotto di una civiltà decaduta, troppo all'antica per il mio modo di pensare, ma autentica e straordina­riamente piacevole. Mi scusi, ma ho i miei impegni e devo andare. Mi sto occupando di risolvere i pro­blemi del tempo libero. Per distrarre gli operai li alleno all'assalto di una fabbrica.

PIETRO          -E come procede l'assalto?

ARMIDA         -Cosa vuole? Purtroppo dall'altra parte c'è sempre qualcuno che spara... Arrivederla, commissario. (Confidenziale) Io non ho e non desidero avere più rapporti col signor Funivà, ma la prego di dirgli, se ne ha l'occasione, che gli invio le mie più sincere condoglianze per l'immatura perdita, del suo gatto. (Fa un inchino ed esce).

PILLO              -(rientrando, curioso) Allora? Com'è an­data?

PIETRO           -(di malumore) Niente da fare. Non si è scoperta.

PILLO              -Non ha parlato?

PIETRO         - Non si è compromessa. Ha ammesso uni­camente i suoi rapporti intimi col Funivà.    

PILLO              -Scendendo a particolari piccanti?

PIETRO           -No.

PILLO              -Ne ha parlato solo così... in generale?

PIETRO           -Mi è parsa una donna eccezionalmente riservata.

PILLO              -Però, che donna!

PIETRO           -Frigida!       

PILLO              -Ma piccante.

PIETRO           -Caparbia!

PILLO              -Ma abile.

PIETRO           -Poco femminile, direi.

PILLO              -Per forza, è una donna. La femminilità è ormai una dote squisitamente maschile. Quello che può trovare in una donna, al giorno d'oggi è virilità, solo virilità.          

Si spegne la luce nel commissariato  e si accende la zona neutra. A un lato un piccolo biliardino con tirasegno, formato da una bella gallina di plastica, con piume di nylon. Quando il tiratore la centra la gallina depone con un «coccodè» un uovo sinte­tico. Ariberto ed Ortiseo stanno giocando al tirasegno; dalla parte opposta Nisbe sta guardando due piccoli televisori portatili, disposti uno alla sua de­stra, l'altro alla sua sinistra. Contemporaneamente ascolta una radiolina e sfoglia delle riviste e dei giornali.

ORTISEO        -(spara, colpisce la gallina, che depone il sua uovo. Lo raccoglie e se lo beve) Ottimo. Per una sana alimentazione, niente di meglio di un buon uovo sintetico di giornata.

ARIBERTO     -(spara, ma non colpisce il bersaglio) Non ho più mira. (Scoraggiato). Guarda come mi sono ridotto.

ORTISEO        -Colpa tua.   

FAUNA           -(entra in scena con Bros)  Eccoli qui, i no­stri giovanotti. Si divertono loro. (Saluta con un cenno Nisbe, che la ricambia con un altro cenno, e le viene incontro).

NISBE            - Notizie catastrofiche. Sto seguendo appun­to il corso delle trattative tra i due blocchi. (Indica i due televisori) Poi vi dirò. (Torna al suo posto).

BROS               -(ad Ortiseo)  Carina la tua camicetta. Il verde ti dona. È un modello?

ORTISEO        - Per dire la verità... l'ho vista a una sfi­lata e me la sono fatta copiare da un mio sartino….

FAUNA           -Non siamo qui per parlare di moda. Ariberto, lei immaginerà cosa le voglio dire... Sono in­dignata. Non avrei mai immaginato che un ragazzo serio come lei potesse lasciarsi mettere in trappola con tanta leggerezza e facilità. (Impedendo ad Ariberto di parlare e facendo tacere Ortiseo che vor­rebbe intromettersi) Lasciatemi parlare. Cosa pensava, Ariberto? Di risolvere la sua vita facendosi sposare da Armida Ceragallo? Se io mi sono decisa a comprarla, signor Funivà, è perché lei, atletica­mente parlando, mi dava affidamento. E l'ho fatto per investire il mio capitale...

BROS               -(più conciliante) Abbiamo saputo poco fa dall'allenatore che le sue condizioni fisiche, da qual­che tempo, sono disastrose...

FAUNA           -Credeva forse che la mantenessi ad ormoni e bistecche perché lei potesse dimostrarsi virile con la signorina Armida Ceragallo?...

ARIBERTO     -Ma io...

FAUNA           -Cosa sarebbe successo se i quarantasette giocatori, che, finora, ho comprato, avessero fatto come lei? Ma lo sa che se la rivendo ora, così auto-distrutto da assurde esperienze e crisi sentimentali, non ricaverei nemmeno la quinta parte di quanto ho speso per comprarla?

ORTISEO       -Non per difenderlo, ma devo dire che Armida Ceragallo ha usato tutti i mezzi per sedurlo...

FAUNA           -Ammettiamolo. Ma un ragazzo sano com'è mi non avrebbe dovuto cascarci.

BROS               -Sappiamo tutti che la donna è cacciatrice e che l'ultima cosa a cui pensa è il matrimonio...

FAUNA          -Un giovanotto deve impostare la sua vita su saldi principi morali. Se cade una volta... non si ferma più. Sapesse quanti ne ho conosciuti io di ragazzi-padri come lei, che non hanno più saputo ri­prendersi e che si sono, poi, avviati sulla strada del vizio e del disonore...

ARIBERTO     -A me non capiterà, glielo giuro.

FAUNA           -E pensa di poter ancora trovare una donna che la sposi, con quel po' po' di passato?

BROS               -Purtroppo nei nostri paesi mediterranei esistono troppi pregiudizi verso noi uomini...

ARIBERTO     -Non voglio sposarmi... non voglio più pensare alle donne...

FAUNA           -Se le capita il buon partito, una donna disposta a chiudere un occhio sul suo passato, lei che fa? Rinuncia? Andiamo, si sa benissimo che cosa rappresenta il matrimonio per un uomo...

ORTISEO        -Ariberto, poi, nemmeno immaginava che Armida ricorresse a lui solo per avere un figlio...

FAUNA           -Armida ha i suoi torti. Ricorrere a metodi complicati ed antigienici, quando si può avere un figlio con la fecondazione artificiale... Ma Armida è una donna. Una donna può fare quello che vuole. L'opinione pubblica non la giudica. Lei, Ortiseo, che è un ragazzo cosi saggio, perché non è stato più vicino al suo amico?

ORTISEO       -Io glielo dicevo sempre: fai come me. Alla sera, prima di andare a letto... cinque o sei chilometri di corsa... poi mezz'ora di esercizi un po' faticosi... quindi una bella doccia gelata e dormi tranquillo, senza brutti pensieri... Invece...

ARIBERTO     -... invece mi sono rovinato la vita.

FAUNA           -Ora che ha capito il suo errore, quello che le è successo le serva almeno da lezione. E cerchi di non alimentare nuove chiacchiere... Vesta con più decenza... Porta abiti troppo aderenti... e il torace, andiamo, il torace lei lo mette troppo in mostra! (Ariberto si abbottona la camicia) Io ho visto il torace di mio marito... quando, caro?

BROS               -Soltanto dopo che ci siamo sposati. La pu­rezza in un uomo è fondamentale, al giorno d'oggi.

FAUNA           -Cerchi di rimettersi sulla buona strada. Io non la perderò di vista. Mi raccomando: allena­mento regolare, ormoni, vitamine, bistecche ai san­gue, frutta, docce... molte docce, Eviti i romanzetti che montano la testa e legga giornali sportivi. E non calunni per vendicarsi Armida Ceragallo con stupide accuse, tipo quella del gatto, intesi? Ora, se vuole... può continuare a giocare...

ARIBERTO     -No, grazie. Meglio che vada a lanciar pesi... a far docce gelate... (Esce di  corsa).

BROS               -(a Ortiseo) Gli stia vicino. Mia moglie l'ha pagato centinaia di milioni. Vale un capitale, se fa una sciocchezza... (Ortiseo fa un inchino ed esce).

FAUNA           -(che ha raggiunto Nisbe)  Allora? Che no­vità?

NISBE             - Il momento congiunturale è delicato. Le trattative tra i due blocchi paiono destinate a fal­lire... Metteranno fine alla guerra fredda... Purtrop­po, nell'aria c'è... la dichiarazione di pace...

BROS               -Spero che ci penseranno prima di commet­tere una simile enormità.

NISBE             -Quello che è preoccupante è che coi mezzi a disposizione, una pace ormai può durare chissà quanti anni...

FAUNA           -Con tutte le conseguenze relative... la gio­ventù non muore più... le armi si ossidano... gli eser­citi si deteriorano... i militari si deprezzano... la pro­duzione aumenta... i mercati si saturano... Si arriva alla catastrofe, al superbenessere...

NISBE             -Non siamo pessimisti. Il mondo è grande. Una guerra... una piccola guerra in qualche posto verrà pur sempre fuori... Sapete com'è, basta una scintilla, una piccola scintilla, e l'umanità ritrova il proprio equilibrio…

IRENEO          -(arriva trafelato) Non se ne può più... non se ne può più. Il commissario sta esagerando. E non si lascia consigliare da nessuno. Ora si è messo in testa che il cimitero è pieno di morti... (tutti lo guardano stupiti) … dimorti ammazzati. È andato a tirare fuori tutti gli incartamenti dei decessi in casa Toschi... ha controllato le varie pratiche, i di­versi certificati di morte e, infine, ha chiesto l'esu­mazione dei cadaveri.

BROS               -Ma che li lasci in pace, i morti!

FAUNA           -Bisogna assolutamente impedirgli questa pazzia...

IRENEO          -Troppo tardi. Ha chiesto i vari nullaosta, ha messo in moto la burocrazia... ha chiesto per­sino che una Superiore Commissione del Ministero di Sanità venga a convalidare i nostri esami e i re­ferti delle autopsie. E le autopsie le devo fare io, che sono medico. Un medico dovrebbe occuparsi dei vivi, no?

FAUNA           -Ma cosa crede di scoprire? Ammettiamo che ci siano stati dei delitti. E con questo?

IRENEO          -S'è messo in testa che le carceri sono vuo­te e che bisogna rinchiuderci dentro qualcuno...

FAUNA           -Ma non capisce che un carcere, ormai, al giorno d'oggi, non è altro che una civetteria comu­nale? Come ogni città che si rispetti ha i suoi mo­numenti, i suoi campanili, i suoi bagni pubblici, così ha anche le sue carceri. Non per utilità. Solo per bellezza...

BROS               -E, poi, io non credo che la signora Gilda abbia commesso tutti quei delitti...

NISBE             -E poi, se l'ha fatto, avrà avuto le sue buo­ne ragioni...

FAUNA           -Guarda un po' in che pasticcio va a met­tere una povera vedova...

IRENEO          -Mi domando se non sia il caso di prevenirla...

FAUNA           -Non si preoccupi. Se la signora Gilda è la donna che il commissario crede... quando lui an­drà a trovarla... lei gli offrirà qualcosa da bere e sistemerà tutto.

NISBE             -Hai ragione Fauna. Lasciamo fare alla si­gnora Gilda. Mi pare sia la soluzione migliore.

Si spegne la luce nella zona neutra e si accende il giardinetto-terrazza.  Pietro è seduto in poltrona e Gilda gli sta offrendo qualcosa da bere.

GILDA            -Mi dirà se le piace, è di mia fabbricazione. (Pietro la guarda, senza decidersi a bere) Lo provi. Sentirà, forse, un sapore inconsueto... Ma disseta. Basta un bicchierino e si è a posto... (Indica la gabbietta) Ha visto? II suo canarino e la mia canarina stanno filando il perfetto amore.

PIETRO          -(a disagio) Ne sono lieto.

GILDA            -Nera lei... grigio lui... Proprio una bella coppia. Ma lei non beve?

PIETRO          - Ora... tra un momento...

GILDA            -Ho ereditato da un nonno boccette e boccettine... Il mio passatempo è preparare miscele e bevande strane... Allora, è contento?

PIETRO           -Di che cosa?

GILDA            -Della sua vita a Cavernò.

PIETRO           -Le dirò che i primi giorni pensavo che avrei finito per annoiatimi, invece...

GILDA            -Alla noia basta abituarsi...

PIETRO           -Non è che mi sia abituato. Ho trovato invece dei motivi d’interesse…

 GILDA            -Motivi sentimentali?

PIETRO           -Ma lei non pensa ad altro! (Controllandosi) Devo però confessarle che la trovo una donna straordinaria, simpatica e affascinante.

GILDA            -Lei è un uomo gentile. Mi fa piacere che mi stimi.

PIETRO          -Da un po’ di tempo a questa parte, penso a lei in ogni momento della giornata.

GILDA           -Ne sono davvero toccata.

PIETRO          -Devo precisare, però che, oltre che uomo, sono anche commissario. Ora se l’uomo pensa a lei, il commissario, purtroppo, fa altrettanto.

GILDA           -A me il commissario non interessa. Interessa l’uomo.

PIETRO          -L’uomo è obbligato a sottostare al commissario.

GILDA           -Una donna preferisce sottostare a un uomo piuttosto che a un commissario.

PIETRO          -La legge per me rappresenta il fine supremo dell’umanità.

GILDA           -Perché?

PIETRO          -Perché il delitto è la molla di ogni progresso.

GILDA           -Credevo che la molla di ogni progresso fosse l’amore…

PIETRO          -Senza delitto non esisterebbe la storia.

GILDA            -Ma senza amore pensa possa esistere il delitto?

PIETRO          -Forse… no. Ma siccome per me la legge è tutto, la prego di ascoltarmi Guardi però che mi è impossibile parlare come uomo, se prima non parlo come commissario.

GILDA            -Ascoltiamo il commissario, allora. 

PIETRO           -Dunque... se l'uomo ha simpatia per lei, il commissario prova per lei unicamente un interesse  professionale.

GILDA            -Simpatia e interesse non è che si escludano.

 PIETRO         -Signora, nella sua bella  casa si respira un'aria ossessiva.               

GILDA            -Lo dice l'uomo?

PIETRO           -No, il commissario. La sua casa è un'oasi di pace, un ultimo romantico baluardo eretto contro il dilagante progresso di un mondo tecnico-industriale-materialistico…

GILDA           -Lo dice il commissario?

PIETRO          -No, l’uomo. Il commissario, invece, la sospetta.

GILDA           -E l’uomo?

PIETRO          -I sospetti del commissario non arrivano a distruggere la fiducia dell’uomo. Vede? (Di un fiato beve il contenuto del bicchiere)

GILDA           -Buono?

PIETRO          -Gradevole, ma amaro. Proseguiamo.

GILDA           -Il commissario, dunque, non si fida di me.

PIETRO          -No. E desidera consegnarla al più presto alla giustizia.

GILDA           -E perché?

PIETRO          -Ma perché consegnare i delinquenti alla giustizia è il fine di un commissario. L’uomo, invece. inutile nasconderglielo, desidera stringerla tra le braccia. Ho voluto dirglielo perché lei possa capire che il commissario non è prevenuto verso di lei. E affinchè lei possa capire il mio drammatico dilemma interiore.

GILDA            -Non osavo sperare che in quest'umanità  piena di cervelli elettronici, esistesse ancora qual­cuno capace di parlare d'amore.

PIETRO           -(come per farsi coraggio) Mi dia ancora da bere, per favore.

GILDA            -(gli versa da bere) Sono contenta che la mia miscela le piaccia. Ne ho preparate di deliziose ai miei poveri mariti...

PIETRO          -(galante) Filtri d'amore, dice l'uomo.

GILDA            -E il commissario?

PIETRO           -Pozioni avvelenate.

GILDA           -Mi fa piacere che l'uomo abbia avuto più fiducia del commissario ed abbia bevuto la mia miscela. Confesso che ho provato per lei una sim­patia immediata.

PIETRO           -Anch'io. Ma purtroppo fin dal nostro primo incontro il commissario ha cominciato a sospettare.  Poi  i sospetti sono andati via via aumentando…ingigantendo... sono arrivati all’esasperazione, al parossismo… Signora, a parte cognata e serva, morte decisamente avvelenate, anche i suoi tre mariti sono morti in circostanze misteriose. Signora, lei non avrà l'abitudine di avvelenare chi ha la for­tuna di viverle accanto?

GILDA            -La vita in comune è già così piena di ve­leni, perché esagerare?

PIETRO           -Veleno chiama veleno.

GILDA            -Ma perché abusarne, quando non è il caso?

PIETRO           -Signora, lei vive qui tra fiori e canarini. Questo giardino è delizioso, accogliente, sereno… La natura si riproduce in modo naturale e spontaneo... il gorgheggiare degli uccelli accompagna meravigliosamente lo sbocciare dei fiori… Perché questo paradiso si è trasformato per tante persone in un cupo scenario di morte?

GILDA            -Perché è nell'ordine naturale delle cose. Quando verrà il mio momento... niente di più facile che la morte sorprenda anche me in questo para­diso. È un paradiso terrestre. E la morte non è sensibile al paesaggio.

PIETRO           -Signora, l'uomo accecato dal suo fascino, può anche lasciarsi convincere. Ma il commissario…no! II commissario ha chiesto che le salme dei suoi cari vengano esumate e si proceda a una regolare autopsia…

GILDA           -Il commissario ha perfettamente ragione: può impartire gli ordini che vuole. Ma se facessero un’autopsia ai resti della sua povera moglie, non crede che troverebbero anche lì del veleno?

PIETRO          -Mia moglie è morta di morte naturale.

GILDA           -Che discorsi. La morte è naturale per tutti. Come la nascita.

PIETRO           -Intendo dire: non di morte violenta.

GILDA            -Si muore sempre in un modo violento. È  il salto nell’aldilà. Come è sempre in modo violento che si viene al mondo. Il salto nell'aldiqua.

PIETRO           -Mi spiegherò meglio: mia moglie è morta in seguito a una malattia.

GILDA            -Lei non mi capisce. Parlo del veleno mo­rale. Il veleno morale è forse peggiore di tutti gli altri veleni. Ma dal momento che lei non sente ri­morsi...

PIETRO           -Ho amato mia moglie con tutta la forza .del mio sentimento...

GILDA           -A volte anche la violenza dell'amore può uccidere.

PIETRO           -Nel mio caso... lo escludo.

GILDA            -Peccato!

PIETRO          -Perché?

GILDA            -La immaginavo un tipo passionale...

PIETRO           -(schernendosi) Bè, quando sono in vena...

GILDA            -Volevo ben dire. Andava d'accordo con sua moglie?

PIETRO           -Sì. Anche se, come a volte succede, pure tra persone che si adorano, litigavamo...

GILDA            -Perché?

PIETRO           -Io sono un uomo metodico... ordinato… preciso.

GILDA            -Invece… sua moglie?

PIETRO           -Non lo era. Non lo era. Arrivava perfino al punto di mettere la sua biancheria nei miei cas­setti.

GILDA            -E lei si seccava.. .

PIETRO           -Per forza. La sua biancheria mi andava stretta...

GILDA            -Arrivava a picchiarla?

PIETRO           -Mai. Discussioni, però, si. Lunghissime discussioni.

GILDA            -Ci sono parole che colpiscono peggio di uno schiaffo!

PIETRO           -Il fatto è che io, quando, discuto, sono logico.

GILDA            -Perciò la... flagellava.

PIETRO          - (orgoglioso) Ho un senso polemico e dia­lettico innato. Quando, discuto, sono senza pietà.

GILDA           -Ecco come ha ucciso sua moglie.

PIETRO          -Io non l'ho uccisa. Io l’adoravo.

GILDA            -E io forse non adoravo i miei mariti?

PIETRO          -E allora, perché gli ha uccisi?

GILDA            -E allora lei perché ha ucciso sua moglie? Possibile che non ne senta mai il rimorso?

PIETRO           -(controllandosi)  Signora, per quanto riguarda la scomparsa di mia moglie, le assicuro che io non ho colpa. Lei può dire altrettanto?

GILDA            -E perché mai dovrei essere colpevole della morte di sua moglie? Non l'ho nemmeno conosciuta...

PIETRO          - Signora Gilda, non mi fraintenda...

GILDA            -Non fraintendo. discuto. Anch'io, a modo mio, sono logica.

PIETRO           -Ma cerca di sfuggirmi. Non tormenti l'uo­mo, non esasperi il commissario… non abusi della simpatia che entrambi nutrono per lei.

GILDA            -Bella simpatia. L'uno e l'altro mi conside­rano un'assassina...

PIETRO           -L'uomo no. Solo il commissario.

GILDA            -Ma l'uomo si lascia convincere dal commissario. E il commissario ha chiesto l'esumazione del­le salme...

PIETRO          -Stia tranquilla. si procederà a un’attenta autopsia.

GILDA            -E, dopo, che succederà?

PIETRO           -Se in quei poveri resti verrà trovato del veleno, il commissario l’arresterà. Ma se in quei resti non ci sarà traccia di veleno, l’uomo verrà qui a chiedere la sua mano.

GILDA            -È la domanda di matrimonio più poetica e più delicata che abbia mai sentito. Tra quanto tempo potrò sapere se ha intenzione di portarmi al carcere o all'altare?

PIETRO           -(alzandosi) Sarà mio dovere lasciarla il meno possibile nell'incertezza.

GILDA           -Grazie. Frattanto io continuerò ad occu­parmi del suo canarino.

PIETRO           -Se verrò da lei per ritirare la gabbia, vorrà dire che l'uomo è stato sconfitto e il commissario ha trionfato, (fa per congedarsi, ma si ferma ancora) Signora Gilda, sia sincera, parli all'uomo. E l’uomo non dirà nulla al Commissario. Li ha av­velenati o non li ha avvelenati i suoi mariti? (Gilda non risponde e lo guarda con il suo più bel sorriso. Pausa) Capisco. Lei è timida. Facciamo così. (Si volta) io mi volto e lei… ecco se è colpevole bat­terà un colpo sulla mia spalla. Mi basta e… capirò.(un lungo silenzio, Gilda non si muove. Si volta verso di lei) Allora... lei non si considera colpevole?

GILDA            -In un modo o nell'altro colpevoli lo siamo tutti. E lei quanto me.

PIETRO           -Di fronte alla legge?

GILDA            -Lasci perdere la legge. Parliamo della co­scienza.

PIETRO          -Non posso. Io sono al servizio della giustizia. E la giustizia non tiene mai conto della coscienza.

GILDA            -Questo è il guaio. Ma sia sincero: per quan­to riguarda sua moglie, la coscienza non le rimorde mai?

PIETRO           -(deciso) No!

GILDA            -E va bene. Non vuol cedere. Pazienza. Ora vada. Io l'aspetterò. Mi farò un bell'abito da sposa e un grembiulone da detenuta. E quando lei verrà, mi dirà quale devo indossare. A presto, commissa­rio... A prestissimo, Pietro.

PIETRO           -A presto, signora. A prestissimo Gilda. (Esce)

La luce si spegne nella terrazza-giardino e si accende lo studio del commissario, dove Pillo sta parlando con Ortiseo ed Ariberto.    

ORTISEO        -Le assicuro che dobbiamo dire cose importantissime al commissario... Dobbiamo parlare con lui... È successa ancora una disgrazia...

PILLO              -Lasciateci inpace con le vostre disgrazie.Già la vita, qui dentro, è diventata così dura... Non mettetevi anche voi a complicare la nostra esistenza.

ORTISEO       -L’assicuro che io…

PILLO            -(Nostalgico e recitativo) Questo era un buon ufficio, fresco e ventilato, gli scaffali emanavano un gradevole odore di carte e di stampati… I topi ci tenevano compagnia distruggendo vecchi documenti dei tempi passati. Di rapine, concussioni, delitti non rimaneva che polvere. Ed era così bello che, almeno per i topi, la burocrazia risultasse di qualche utilità…

ARIBERTO    -Ma è proprio a proposito dei topi che noi…

PILLO              -(senza ascoltarlo)  Io, seduto al mio tavolo, consultavo i miei libri e i miei strumenti, felice se la notizia di uno sconvolgimento naturale veniva a confermare le mie previsioni di studioso. Non per malanimo verso l'umanità, intendiamoci, ma per un senso di ammirazione verso la natura. Ora, invece, con questo commissario, assetato di giustizia, qui dentro non c'è più pace, anche se cestino regolar­mente tutta la posta in arrivo, prima che lui la ve­da. Non venite a creare altri pasticci, ragazzi...    

ORTISEO        -Lei rimpiange il passato, ma noi, allora, cosa dovremmo dire? Anche noi sentiamo nostalgia per il passato... per l'infanzia... per l'adolescenza... quando usciti dall'incubatrice, vivevamo spensierati coi nostri coetanei, in un meraviglioso vivaio-modello, irrobustiti da ormoni e vitamine, lieti di crescere forti e sani, per servire un giorno quello sport, per cui eravamo stati selezionati.

ARIBERTO     -Eravamo felici, allora: col mangime ar­tificiale, col soleartificiale, con gli affetti artificiali... Non invidiavamo gli altri giovani che, al di là dello steccato, crescevano liberi e ruspanti, sotto il sole vero, mangiando cibi veri, godendo di affetti veri, ormonizzandosi e vitaminizzandosi naturalmente e naturalmente reagendo ai loro istinti naturali.

ORTISEO        -Eravamo biochimicamente felici...

ARIBERTO     -Poi... ci hanno messo in mezzo agli altri e ci siamo subito sentiti a disagio...

ORTISEO        -Gli altri non sono come noi, che siamo un prodotto selezionato, che costiamo centinaia di milioni...

ARIBERTO    - ... ma che apparteniamo solo a chi ci compra. E la gente non ci vuole bene. Nemmeno lei, che è un uomo intelligente, ha simpatia per noi...

PILLO              -Non è che non mi siate simpatici. Ma quella denuncia contro Armida Ceragallo non dovevate farla… avete ancora complicato la situazione...

ORTISEO        -Siamo qui appunto per riparare. Lo stesso lutto che ha colpito Ariberto, ha colpito an­che me. Capisce, ora?

PILLO                  -No.

PIETRO           -(entra in scena) Cos'è ancora successo? Altre novità?

ARIBERTO     -Sì, commissario. Ho diffamato Armida Ceragallo. Non è stata lei ad uccidere il mio gatto.

PIETRO           - Come può esserne così sicuro?

ORTISEO        -Anche il mio povero gatto, compagno dì giuochi del gatto di Ariberto, è deceduto questa notte.

PIETRO           -Avvelenato anche lui?

ORTISEO        -Accanto alla sua salma abbiamo trovato dei resti di topo avvelenato.

PILLO              -(battendosi la fronte) Ora tutto è chiaro. Come non ci avevamo pensato? Sono stati i nostri poveri topi ad uccidere i gatti. Questa scoperta ri­solve tutti i nostri problemi.

 PIETRO          -(molto depresso) Troppo tardi. Torno in questo momento dal cimitero comunale .Si è proceduto alla riesumazione di ben cinque cadaveri. Vi ringrazio per la vostra collaborazione, ragazzi. Ma la macchina si è mossa: siamo presi nell’ ingranaggio della giustizia ormai..

PILLO              -(spalanca le braccia rassegnato, accompagna alla porta Ariberto ed Ortiseo che escono, poi)  Allora?

PIETRO           -(tristemente) Avevi ragione tu Pillo. Non dovevo occuparmi di questa storia. E adesso che ho le prove della colpevolezza della signora Gilda… capisci, Pillo?

    -

PILLO              -Ma non era questo che voleva?

PIETRO           -Non era questo che speravo.

PILLO              -(sconcertato) Torni alla tesi del suicidio, allora...

PIETRO                -Credi?

PILLO              -Cosa ci proibisce di pensare che tutte quel­le persone si siano effettivamente avvelenate?

PIETRO           -Ammettiamo che lo abbiano fatta la serva ela cognata. Ma perché avrebbero dovuto suicidarsi i mariti? Erano uomini contenti… soddisfatti per le loro condizioni finanziarie… felici dei loro rapporti psico-fisico-affettivi...

PILLO              -Un attimo di sconforto può capitare a tutti...

PIETRO           -Potrei ammettere che sia capitato a uno dei mariti…

PILLO              -A quale?

PIETRO           -Fai tu, per me è indifferente. Ma gli altri due? Perché avrebbero dovuto togliersi la vita? E come risulta dall'autopsia, tutti e tre con lo stesso tipo e con la stessa quantità di veleno?

PILLO            - L'uno non avrà voluto essere da meno dell’altro. Del resto, che motivo avrebbe mai avuto la signora Gilda di avvelenarli?

PIETRO           -Avrà voluto sbarazzarsi del primo per sposare il secondo, del secondo per sposare il terzo…

PILLO              -Ma perché mai sbarazzarsi del terzo?...

PIETRO          -(resta un attimo pensoso, poi) II terzo potrebbe essere quello che abbiamo deciso che si è suicidato. (Sospira) Ormai non ci resta che aspettare che la Suprema Commissione di Igiene conva­lidi i risultati dell'inchiesta. Bisogna andare avanti, costi quello che costi. Ea me, purtroppo, costa.

PILLO              -Perché?

PIETRO           -Perché... non sono insensibile al fascino della incriminata.

PILLO            - (lo guarda stupito, poi) Com'è complicata e misteriosa la natura umana! (Pausa) E quando si procederà contro la signora Gilda?

PIETRO           -Appena i referti saranno convalidati dalla Superiore Commissione di Sanità.. Allora... stenderò un regolare mandato di cattura... lo scriverò di mio, pugno... con la mia migliore calligrafia e dentro la busta, metterò dei petali di rose.

PILLO              -Ci potrebbe salvare un tifone, un bel tifo­ne, che entrando dalla finestra, spazzasse via tutte queste carte... E se io simulassi...

PIETRO           -(guarda Pillo con riconoscenza) No, Pillo. Tu non puoi sostituirmi alla natura.

Si spegne la luce nel commissariato e si accende un angolo della zona neutra, dove si trovano Armida con Fauna e Nisbe.

ARMIDA         - ... mettermi sotto accusa perché ho avu­to un figlio? Voi non potete intromettervi nella mia vita privata. Potete giudicarmi solo come atleta e come assistente sociale. E per quanto riguarda le mie attività, ho fatto quanto ho potuto. Ho contri­buito alla felicità dei nostri operai, movimentando la loro vita, facendo sciogliere matrimoni, disere­dare figli, internare vecchi; ho creato piacevoli complessi in chi non ne aveva, contribuendo a risol­vere i vari problemi inerenti al tempo libero. Ho ideato persino la scalata alle ciminiere. E vi posso assicurare che la ciminiera Nord-Nord-Est della Vetrocementoplasticoquarzite, che dalla sua costruzio­ne in poi non era mai stata scalata, verrà conqui­stata stasera da uno dei nostri operai specializzati.

NISBE             -Nessuno mette in dubbio il tuo valore di atleta e di assistente sociale. Ma noi stiamo parlando del bambino che hai avuto dalla tua relazione con Ariberto Funivà...

ARMIDA         -Sarò pur padrona di concepire i miei figli nel modo che più mi piace?!?

FAUNA           -Non vorrei che diventasse un'abitudine…

NISBE             -Con tutto quello che ha speso il Comune per costruire i vari dispensari fecondativi...

ARMIDA         -Non voglio altri figli, se questo può tran­quillizzarvi. I figli sacrificano troppo la vita di una donna.

FAUNA           -Ma è naturale. Se persino un cane ti dà tante preoccupazioni. Il mio, per esempio. Stamat­tina l'avevo mandato con mio marito a fare una passeggiata... ha visto per la strada dei bambini randagi... Lui, sai come sono i cani, si è subito fer­mato con loro per giuocare, ma un maschietto bruno, dal pelo tutto arruffato, non me lo ha morso? Non ti dico lo spavento che sì è preso mio marito…

NISBE            -Il bambino  non sarà stato idrofobo, spero...

FAUNA           -Noi, ad ogni modo, abbiamo subito fatto fare l'antirabbica al cane...

ARMIDA         -Io al bambino ho fatto fare l'antirabbi­ca, appena è nato. Coi morsi che dà... (Compaiono Bros ed Ireneo).

FAUNA           -Ecco mio marito, che è andato a pren­dere IRENEO al Cimitero Verticale. Sentiremo, ora, le ultime notizie. Allora?

IRENEO          -Siamo in piena tragedia. Quei poveri resti sono un concentrato dei principali veleni: sali arse­nicali, clorati di cianuro, ipofosfiti di stricnina, sco­polamina allo stato puro... Ora la Commissione di Igiene e di Sanità sta convalidando i miei referti. Temo che per la povera signora Gilda non ci siano più speranze.

FAUNA           - L'ho vista stamattina. È una cara creatu­ra. Non ha perduto per questo né la sua serenità, né il suo buonumore...

NISBE             -Credete che l'arresteranno?

BROS               -Io non riesco a capire che male abbia fat­to. Io avevo uno zio, che, per motivi d'interesse, non andava troppo d'accordo con un suo cugino carna­le, che gli rendeva la vita difficile. Mio zio, che la­vorava nell'acciaieria di proprietà dì sua moglie, un giorno ha avuto l'idea di farlo precipitare negli altiforni. Ebbene, nessuno ha trovato niente a ridire, tranne una ditta o due che si sono lamentate per alcune imperfezioni, riscontrate nelle ultime forni­ture dell'acciaio.

FAUNA           -Io, poi, non credo che una donna così an­tiquata abbia commesso tutti quei delitti... Uno, due... capirei. Ma cinque...

.ARIBERTO    -Non vi descrivo la mia giornata. Perché una cosa è affondare il bisturi nella carne viva... almeno si ha la gioia del sangue che sgorga... Ma così...

BROS               -Cerchi di rilassarsi. Venga questa sera da noi. Abbiamo invitato tutti i cervelli elettronici di Cavemò. Hanno un repertorio di storielle porno­grafiche, che non le dico...

FAUNA           -E, poi, nel giardino verranno le mae­stranze...

ARMIDA         -Ci sarà la scalata alle ciminiere...

NISBE            -... e la festa campestre... i cori... si ucciderà il maiale sintetico... si faranno i salami sintetici... Ci sarà il surprise-party...

FAUNA           -Ho fatto connettare con l'alta tensione alcuni pini del giardino. Ma nessuno sa quali. È un segreto. Ci divertiremo... Vedrà che una serata popolar-mondana la tirerà su.

Si spegne la luce nella zona neutra e si accende la terrazza-giardino di Gilda. Gilda è in scena, mentre sta introducendo PIETRO. In un angolo due mani­chini: uno con un abito da sposa, l'altro con un abi­to da detenuta.

GILDA           -Che piacere vederla, commissario.

PIETRO          -Spero di non averla fatta aspettare troppo…

GILDA           - Immagino che avrà fatto più presto che ha potuto...        

PIETRO          -Purtroppo la Superiore Commissione  di Sanità è arrivata solo oggi ed è ancora al lavoro…

GILDA            -Anche la Superiore Commissione di Sanità. Lei si è disturbato troppo...

PIETRO          - L'ho fatto col cuore, mi creda.

GILDA           - Lei mi confonde. Ha visto come diventato nero il suo canarino? Dello stesso colore della fem­mina. Sa che hanno fatto le uova? Cinque. Esa­gonali.

PIETRO          -Perché esagonali?

GILDA           -Ormai tutti i volatili fanno uova esagonali. Mettono un uovo accanto all'altro, i lati collimano, si forma una superficie piatta ed omogenea, molto più comoda per covare. E’ obbligatoria, ormai. Ogni volatile viene vaccinato per questo. I vaccini li di­stribuisce l'Ufficio di Igiene.

PIETRO          -Ma con tutti quelli spigoli i volatili non soffrono quando depongono l’uovo?

GILDA            -Gli esperti dicono di no. Un analgesico prima, un calmante e dei tranquillanti distensivi su­bito dopo...

PIETRO          -(sulle spine) Non vuol sapere perché sono venuto?

GILDA            -Le dirò che sono talmente contenta di vederla...

PIETRO          -Sono venuto a riprendere i canarini…

GILDA           -Le terranno compagnia. Specie ora, con i piccoli…

PIETRO          -Sa cosa significa il fatto che mi porterò via la gabbietta?

GILDA            -Già, è vero. Lei è venuto per arrestarmi...

PIETRO          -Per lo meno sono venuto ad annunciarle il suo arresto..

GILDA            -(scartando il manichino coll'abito da sposa)  Allora... questo?

PIETRO          -Stamattina c’è stata l’autopsia…

GILDA           -Ha dunque rivisti i miei poveri cari? Come li ha trovati?

PIETRO          -Pieni di veleno.

GILDA            -Ma, ormai, il veleno non può più far loro del male...

PIETRO          -Ma senza quel veleno sarebbero ancora vivi. Signora Gilda, perché li ha avvelenati?

GILDA           -Io? Io che sono stata per i miei mariti la moglie più gentile e più affettuosa del mondo? Magari fosse stato lei così gentile ed affettuoso con sua moglie…

PIETRO          -Lasci stare mia moglie, la prego.

GILDA           -Se ne ricordi, ho avuto già occasione di parlarne. C’è veleno e veleno. Il veleno del corpo e il veleno dell’anima…

PIETRO          -Signora Gilda, sono qui per muoverle un’accusa precisa. Lei, invece non può accusare me, perché mi conosce appena, non sa nulla della mia vita privata in generale e coniugale in particolare. Perciò è inutile che tenti di confondermi le idee. Lei non può giudicarmi.

GILDA            -Allora perché lei vuole giudicare me?

PIETRO           -La giudico come commissario, chiaro?

GILDA           -C'è proprio bisogno di usare questo tono? Anche se mi arresta, perché non continuare a fare quattro chiacchiere da buoni amici, visto che lei è simpatico a me e io sono simpatica a lei? Io ho accennato alla sua defunta moglie, perché lei è cosi preso da questa storia di veleni, che non vede al­tro... Volevo solo specificare che tra i veleni che uccidono l'anima e quelli che uccidono il corpo, non so quali siano i più letali...

PIETRO           -E con questo?

GILDA            -Con questo voglio dire che la sua sicurezza è fuori luogo. Con sua moglie non sarà sempre stato tutto un idillio, immagino. Mi ha parlato lei stesso di incomprensioni... di ostilità... È naturale, perché l'amore non dura in eterno. Purtroppo, a un certo momento, cominciano le delusioni, i risenti­menti, i malintesi…

PIETRO          -Dove vuole arrivare?

GILDA           -Mi dica, mettendosi una mano sul cuore, lei ha reso felice sua moglie?

PIETRO          -Bè, nei primi tempi…

GILDA            -Capisco. Poi... l'amore è finito. Ma lei sa che per una delusione come questa una donna può anche morire?

PIETRO           -(perdendo la calma)  Non stiamo parlando di mia moglie, sono qui per parlare dei suoi tre mariti…

GILDA            -E lei che mi prova? Che sono morti. E va bene. Ma può forse provarmi che sono stata iola causa della loro infelicità?

PIETRO           -Che c’entra questo?

GILDA           -C’entra, mio caro commissario, c'entra. Perché non c'è nulla di più importante nella vita che la felicità, visto che si vive una volta sola. Ed Enrico... Luciano... Sandro con me sono stati felici, pienamente felici. Io mi occupavo di loro, la casa era allegra, lucida, pulita... la terrazza piena di fio­ri... i canarini ci svegliavano ogni mattina cinguet­tando... E, io, per i miei sposi, avevo tutte le cure, tutte le premure, tutte le attenzioni. Mi preoccu­pavo della loro biancheria, della loro cucina, del loro intestino, dei loro polmoni, dei loro affari, dei loro modesti pensieri; ascoltavo i loro discorsi, an­che quando erano noiosi; rispettavo i loro gusti, anche se erano in contrasto coi miei; mi addoloravo per un loro foruncolo, compiangevo la loro cal­vizie incipiente, arrivavo persino a truccare la bi­lancia, perché potessero sempre pensare di essere belli, magri, asciutti come quando mi avevano sposata... Lei non pensa che una felicità del genere val­ga la pena di essere vissuta?

PIETRO           -( convinto ) Si!

GILDA            -E pensa anche che una felicità del genere possa durare all'infinito?

PIETRO          -No!

GILDA            -E allora? Io questa felicità l'ho prolungata al massimo per ognuno dei miei tre mariti. Il sorriso smagliante sul loro volto segnato dal piacere, è durato dal giorno in cui sono entrati in questa casa, al giorno in cui ne sono usciti tra i fiori, i canti, le preghiere e le mie lacrime copiose e sin­cere. Può dire altrettanto lei, nel riguardo di sua moglie?

PIETRO           -Insomma, li ha uccisi o non li ha uccisi?

GILDA            -Meglio la morte di una vita meschina, che si fa ogni giorno più penosa... avvelenata dal disac­cordo... dall'incomprensione... dalla reciproca astio­sità. Nella vita non c'è nulla di più triste che vedere la fine dell'amore.

PIETRO           -Allora lei ammette di averli uccisi...

GILDA           -No, io ho ammesso soltanto di averli resi felici, mentre lei non può dire altrettanto nei riguardi di sua moglie. Mi spiace che non capisca. La facevo più sensibile, più delicato. In un mondo co­me il nostro, che vive senza poesia... senza senti­mento... senza ideali... dove tutto è tecnico, tutto meccanico, tutto bio-chimico tutto psico-fisico, lei, come uomo, dovrebbe apprezzare una donna che, in un modo o nell'altro, ha voluto difendere il so­lo sentimento importante che esista sulla terra: l'amore!

PIETRO          -(sta per lasciarsi conquistare) E io per questo l’ammi… (sta per dire «l'ammiro», ma subito si corregge) e io per questo l’arresto.

GILDA            -Se le fa piacere...

PIETRO           -E l'accuso di omicidio aggravato, plurimo e premeditato.

GILDA            -Cosa vuole che me ne importi?

PIETRO          -Appena avrò in mano gli ulteriori accertamenti della Superiore Commissione di Igiene e Sanità… la manderò ad arrestare. le farò avere anche il mandato di cattura. scritto di mio pugno. se vuole darmi la gabbietta…

GILDA            -(stacca dalla parete la gabbia e la mette sul tavolo) Sia delicato con questi uccellini. Più di quanto lo sia stato con me…

PIETRO           -Desolato, signora. Veramente desolato. Speravo molto nell’altra soluzione. (Indica l’abito da sposa) Il destino mi è stato avverso.

GILDA            -Speriamo in un'amnistia.

PIETRO          -Addio signora Gilda. (Prende la gabbia) La rivedrò presto.

GILDA            -Dietro le sbarre, suppongo. Speriamo che mi doni il vestito da detenuta.

PIETRO          -Sarà deliziosa, come sempre. Cercherò per lei delle manette che le stiano comode… preziose… d’argento lavorato… con qualche guarnizione in pietra dura… Non me ne voglia, signora. Sono più triste io di lei. (Esce commosso con la gabbietta in mano).

Si spegne la luce sulla terrazza-giardino e si accen­de la zona neutra. Sono in scena, fronte al pubblico Fauna, Nisbe, Armida, Bros, Ireneo, Ariberto ed Ortiseo: con complicati canocchiali stanno guardan­do, interessatissimi, la scalata alte ciminiere, che si immagina, davanti a loro, al posto del pubblico. Vestono abiti molto eleganti.

Voce del Radiocronista ... siamo dunque nella fase culminante... tra pochi istanti la ciminiera Sud delle Cellule Fotoelettriche Bigi e Figlia Maria sarà rag­giunta... ecco... ancora una bracciata... un'altra po­derosa bracciata... Evviva... sulla ciminiera è stata issata la bandierina aziendale. (I vari personaggi scattano in un applauso prolungato).

IRENEO          -Che stile! Che classe!

FAUNA           -Uno scoiattolo! Un vero scoiattolo, (Entra in scena Pillo, che sta cercando il commissario).

PILLO            -(ai vari personaggi) Scusi? Non ha visto il commissario? (Ognuno gli risponde con un gesto, senza occuparsi di lui; la gara delle ciminiere sta riprendendo).

Voce del Radiocronista Ed ora è la volta della ciminiera Nord-Nord-Est della Vetrocementoplasti-coquarzite... Si tratta di un'impresa sportiva di un'audacia incredibile, in quanto si dice che questa ciminiera non possa essere raggiunta da braccia umane... Ecco, il primo atleta sta tentando l'arram­picata... Guardatelo come scatta... Forse va troppo in fretta... Esagera con la velocità... Bracciate sicu­re... ma, ora meno sicure... Ecco, l'arrampicatore ha perso l'equilibrio ed è precipitato al suolo sfra­cellandosi. (Reazioni di disappunto dei vari personaggi) Ma già sta partendo un altro scalatore con scatto veramente felino... In pochi istanti ha già raggiunto oltre la metà della ciminiera e ora sta puntando decisamente verso la cima... Ma cosa suc­cede? Nulla. Lo scalatore ha messo un piede in fal­lo. Ed anche il secondo scalatore della Nord-Nord-Est della Vetrocementoplasticoquarzite è precipita­to al suolo, sfracellandosi. Ma il terzo scalatore è già scattato verso la mèta... Guardate con quale calma e con quale sicurezza si sta elevando verso la cima... (Pietro entra in scena, con la sua gabbiet­ta, dalla parte opposta a quella in cui si trova Pillo. Pillo lo vede e lo raggiunge) ...un applauso d'inco­raggiamento per questo terzo scalatore, di cui ben presto conosceremo la passione e la tenacia. (Scop­pia un forte applauso).

PILLO              -Signor commissario... Signor commissa­rio...

PIETRO           -Che c'è, Pillo?         

PILLO              -Novità importantissime. La Superiore Com­missione di Igiene e di Sanità... (Ma gli applausi e le urla della folla non permettono di sentire quello che dice).

PIETRO           -Cosa stai dicendo? Pillo... cosa dici?

Voce del Radiocronista ... Magnifico, guardatelo! Una forza della natura. Le sue mani riescono a far presa sulla superficie levigata della ciminiera... le sue gambe resistono... il suo corpo si sta elevando sempre più... Vittoria! Ce l'ha fatta! (Fortissimi ap­plausi).

PIETRO           -Allora... Pillo, cosa dici?

PILLO              -La Superiore Commissione di Igiene, e di Sanità…

PIETRO           -Si. Ho capito, vai avanti...

PILLO              -... ha esaminato il terreno del cimitero. Non è che le salme trasudino veleno, è il terreno che trasuda veleno... e il veleno si è impadronito delle salme... Il terreno del cimitero è saturo di veleno... sali arsenicali... clorati di cianuro... sali arsenicali... scopolamina allo stato puro... La terra del cimitero, è tutta un veleno...

PIETRO           -Tutta un veleno? Magnifico! Meraviglioso! (Tutti stanno applaudendo e incominciano a intonare l'inno del Tempo Libero ed Organizzato, Pietro  con la gabbietta in mano corre via lasciando la scena).

GILDA            -Commissario? Cosa succede?

PIETRO           -Tutto a posto signora Gilda. Tutto a posto. I morti non sono morti avvelenati... E’ la  terra... la terra del cimitero che li ha avvelenati… aveva ragione lei. Il mondo è pieno di veleno. Veleno dappertutto, anche sottoterra. Ma a noi che cosa importa? La felicità è la sola cosa che conta al mondo. Il commissario è stato battuto. Gilda… trionfa l’uomo… trionfa l’amore… (butta a terra il manichino col vestito da detenuta ed abbraccia il manichino con l’abito da sposa).

GILDA            -Trionfa l'amore? Allora... significa che ci sposiamo?

PIETRO           -Sì, Gilda... voglio anch'io la mia parte di felicità!

GILDA            -Attento, Pietro, la felicita, non è eterna.

PIETRO           -Lo so. Durerà... quanto durerà. Ma ci  sposeremo.

GILDA            -Di mattina presto, com'è nelle mie abi­tudini.

PIETRO           -E mi seppellirai di sera tardi, come hai, fatto con gli altri.

GILDA            -Perché far programmi in un momento co­me questo? Lasciamo fare al destino, Pietro.

PIETRO           -Al destino... e a te, Gilda.

GILDA           -Se proprio lo vuoi...

PIETRO           -Ma è naturale, Gilda...

GILDA            -Allora... al momento opportuno basterà che tu mi dica quanto veleno vuoi che ti metta dentro al caffè. (Dà la mano a Pietro, che gliela bacia. Sale la musica del loro valzer, mentre cala la tela).

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