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NESSUNO

Farsa in due parti

di MASSIMO DURSI

PERSONAGGI

X - L'amico - Un viaggiatore -

Il direttore -1° giornalista -

11° giornalista - La portinaia -

La figlia della portinaia -

Un uomo patito: Loreo -

Un vecchio - L'eccellenza

La signora bionda - Donna Adele

Un tale - Un altro - Un Terzo -

Il senatore - Il professore -

La signora bruna -

Due infermieri che non parlano - (picchiano)

In una capitale attorno al 1950

Commedia formattata da

 Parte prima

Scena vuota. Una tenda copre il fondo. X legge un giornale seduto su una valigia. L'Amico lo spia da una quinta; gli si accosta cauto.

X                                   - (senza levar gli occhi dal giornale) Beccamorti.

Amico                           - Io?

X                                   - Chi dunque?

Amico                           - Perché?

X                                   - Vuoi garantirti e garantire chi ti manda che la carogna non torna indietro.

Amico                           - Son qui per augurarti buon viaggio e vita nuova.

X                                   - Hai l'aspersorio?

Amico                           - Va all'inferno, allora.

X                                   - Mi piaci di più senza ipocrisie.

Amico                           - Io, sarei l'ipocrita.

X                                   - Perché debbo partire, io? L'ipocrisia ha dovunque e sempre cittadinanza onoraria. La sincerità è dovunque e sem­pre bandita.

Amico                           - Chiamala sincerità.

X                                   - Come la chiami tu?

Amico                           - Ricatto.

X                                   - Naturalmente.

Amico                           - Ti credevo pentito.

X                                   - Pentitissimo.

Amico                           - Chi ti capisce?

X                                   - Sei venuto alla stazione per capirmi?

Amico                           - Siamo cresciuti insieme.

X                                   - Non si direbbe.

Amico                           - No.

X                                   - Ti credi un gran modello?

Amico                           - Non ho niente da pentirmi.

X                                   - Mentre io..

Amico                           - Di esser entrato nelle faccende degli altri.

X                                   - Come erano le faccende?

Amico                           - Sporche.

X                                   - Loro non io.

Amico                           - Chi sfrutta le puttane è un farabutto.

X                                   - Come mai invece che a Procida mi mandano nella ca­pitale e con le tasche piene dì lettere di raccomandazione? Se ne va secondo loro il vostro concittadino migliore.

Amico                           - Allora sei convinto di non aver sbagliato.

X                                   - Ho sbagliato.

Amico                           - Non lo farai più?

X                                   - Ti ha mandato mia madre.

Amico                           - Perché non hai lasciato che ti accompagnasse in stazione?

X                                   - Piange benissimo a casa. Anche in ritardo 'sto treno.

Amico                           - Se ti secco me ne vado.

X                                   - Ti sembro inebriato della compagnia? State tranquilli: ho imparato. Aria nuova, vita nuova. Attorno a me la furfan­teria si trasformerà in virtù civica. Sul mio sentiero spunteran­no gigli e violette; sulla mia testa canteranno gli angeli. Chi mi dirà farabutto verrà linciato.

Amico                           - Non ti vogliam santo. Pensa solo ai fatti tuoi.

 

X                                   - E tu ai tuoi.

Amico                           - Cosa pretendi insinuare?

X                                   - Avete tutti la coda di paglia. Dovrò smettere di fumare, ad ogni cerino si rischia un falò. (Maligno) Dunque anche gli affari tuoi...

Amico                           - Sani e puliti ma se ci cacci l'occhio tuo vanno a male.

X                                   - Vanno a male se eran già marci.

Amico                           - Faresti abortire una vergine. È una benedizione che te ne vai.

X                                   - Puoi guardarmi salire in treno da lontano.

Amico                           - A rivederci.

X                                   - Non ti sono bastato ancora? Addio. (L'Amico si allonta­na. Si ferma) Amico    - Un'altra cosa.

X                                   - Ne faccio a meno

Amico                           - Ne faresti a meno. È tornato Loreo.

X                                   - (scosso ma dominandosi) È morto.

Amico                           - Lo era. Invece è tornato.

X                                   - Meglio per lui.

Amico                           - E per te? Non deve aver perduta la memoria.

X                                   - Che t'ha detto?

Amico                           - Non l'ho visto io. L'hanno visto.

X                                   - Balle. (Urla) E cosa mi importa? Cavati dai piedi.

Amico                           - Cosa dico a tua madre?

X                                   - Scegli tu nel vocabolario. Ti stacchi? Sei peggio di una caramella. (Riapre il giornale) Il commendator Gigetto c'è arrivato a sposar la figlia. Se il genero sapesse... ,

Amico                           - (gli si riavvicina) Cosa?

X                                   - Non mi pescate più.(il fischio di un treno. X butta il giornale, prende la valigia ed esce. L'Amico raccatta il gior­nale)

Amico                           - Che dovrebbe sapere il commendatore? (Appallot­tola il giornale e lo getta fra le quinte. Si fa il segno della croce) È il demonio. (Si netta le mani col fazzoletto) O con­tagioso. (Esce. Il fischio del treno si approssima. Entra in uno scompartimento di prima classe. Vi stanno X e il Viaggiatore appena tornato dal vagone ristorante: viso rosso, pantaloni sbottonati, sigaro in bocca, animo aperto alla confidenza)

Viaggiatore                   - La vita!

X                                   - La vita!

Viaggiatore                   - Ci spinge in trabocchetti nascosti dalle illu­sioni.

X                                   - In ogni fiore un verme.

Viaggiatore                   - Le donne per esempio. Un ideale.

X                                   - E invece.

Viaggiatore                   - Se va bene, un affare.

X                                   - Lei deve aver molto sofferto. (// Viaggiatore sospira) E non lo meritava.

Viaggiatore                   - Come lo sa?

X                                   - Riconosco gli animi sensibili.

Viaggiatore                   - Amico mio lei mi ispira confidenza.

X                                   - La confidenza nasce da una fiducia istintiva che non sbaglia. Non ci incontreremo più e pure sentiamo che siam fatti per intenderci.

Viaggiatore                   - Succede spesso in treno. Prima di lei c'era un signore che mi disse le sue pene. Piantato dalla moglie anche lui: ci si crede mariti felici.

X                                   - Invece.

Viaggiatore                   - Anche lei?

X                                   - Scapolo.

Viaggiatore                   - Perché seguita a dire "invece"?

X                                   - Sono scapolo perché infelice.

Viaggiatore                   - La sua infelicità lo ha protetto.

X                                   - Lei è più infelice di me.

Viaggiatore                   - Debbo darle questa umiliazione.

X                                   - Lezione di modestia. Grazie.

Viaggiatore                   - Mai uno screzio. Ogni suo capriccio sod­disfatto... Poi... Eppure seguitava a volermi bene a suo modo.

X                                   - Quale?

Viaggiatore                   - Mi aiutava senza che lo sapessi.

X                                   - Non capisco.

Viaggiatore                   - E io capii solo dopo averli sorpresi. Lui è un uomo influente.

X                                   - Ah.

Viaggiatore                   - Austero. Una Eccellenza.

X                                   - (accomodante) Se è austero.

Viaggiatore                   - Nella contrarietà ebbi questa fortuna. Uomo riservato, direi delicato. Pianse e si inginocchiò. È molto pio.

X                                   - Anche.

Viaggiatore                   - Piangevamo tutti e quattro.

X                                   - Tre.

Viaggiatore                   - E il commissario. Non sapevo con chi si tro­vava, mia moglie.

X                                   - E neanche il commissario.

Viaggiatore                   - Perciò piangeva più di noi. L'Eccellenza lo rassicurò, non gli avrebbe fatto aver grane. Lei capisce.

X                                   - Tutto. E la signora tornò pentita a casa.

Viaggiatore                   - No, andò via. In un appartamentino, sola.

X                                   - Povera signora. Si trovano ancora?

Viaggiatore                   - Con ogni cautela. Non transigo. Noi della classe dirigente abbiamo cento occhi addosso.

X                                   - Imprudenza e spregiudicatezza distruggono la reverenza.

Viaggiatore                   - So perdere. Ho l'animo forte. Volevano se­guitare? Sia, purché nei dovuti modi.

X                                   - Eroico.

Viaggiatore                   - Buon cittadino. Gli scandali giovano solo alla opposizione e un uomo come l'Eccellenza deve diventare pri­mo ministro se vogliamo salvarci. L'opposizione può andare a letto con chi vuole e vantarsene, non ha niente da perdere. Ma ci spia con lo schioppo spianato. Lei capisce.

X                                   - Tutto.

Viaggiatore                   - Lo credo. Leggiamo gli stessi giornali. Anche lei preferisce le bionde?

X                                   - Senza riserve. L'Eccellenza è sposato?

Viaggiatore                   - Matrimonio sterile. Ha sei nipoti. (Trae una fotografia dal portafogli e la mostra ad X) Ha una bella fa­miglia.

X                                   - E bella donna.

Viaggiatore                   - Eppure le ha preferito la mia. Cementi.

X                                   - Si chiama Cementi?

Viaggiatore                   - No. Lei viene dai cementi. Lui invece dalla mistica. Mi sacrifico per una persona degna. (Riprende la fo­tografia) Sto esagerando nella confidenza..Dimentichi.

X                                   - Non sono dell'opposizione e nemmeno fisionomista. È bello meritare la gratitudine di un uomo simile.

Viaggiatore                   - Esigo da loro discrezione assoluta. Intanto, un attico: si è visti solo da campanili e da qualche altana. Poi: rapporti inequivocabili su basi azionarie. La mia signora è presidente di una società di cui l'Eccellenza è amministra­tore delegato. Perciò: non convegni d'amore ma consigli di amministrazione.

X                                   - Geniale.

Viaggiatore                   - Non può esserci vita privata per chi ha re­sponsabilità di potere. Ma lei?

X                                   - (Sulle generali) Ho patito l'odio dei malvagi, le per­cosse.

Viaggiatore                   - Anche bastonato?

X                                   - Moralmente. Ma la fede bisogna meritarsela patendo.

Viaggiatore                   - Filosofo?

X                                   - Artista. Nell'animo.

Viaggiatore                   - E va nella capitale per?

X                                   - Un modesto ma utile lavoro. Patriottico.

Viaggiatore                   - Vi resterà?

X                                   - Non so. Il mio nome...

Viaggiatore                   - Il suo nome?

X                                   - È inquietudine.

Viaggiatore                   - Vero poeta. E non ha mogli

X                                   - No.

Viaggiatore                   - Peccato. Può servire nella capitale.

X                                   - Il mio nome è anche solitudine.

Viaggiatore                   - Capisco: lei ha la vocazione.

X                                   - Quale?

 

Viaggiatore                   - Al monastero.

X                                   - Forse.

Viaggiatore                   - Per me ce l'ha. Ecco perché sa guadagnarsi la confidenza. Sono quasi tentato di chiederle di confessarmi.

X                                   - Non son degno. L'ascolterei però come un amico che non si rivedrà più (Voce fuori: "Caffè banane birra")

Viaggiatore                   - Le commozioni mi prendono allo stomaco. Caffè banane! (Esce dallo scompartimento) Dov'è quell'idiota? Caffè! (Scompare)

X                                   - (si accosta alla reticella dei bagagli, gira la etichetta di una valigia, torna al suo posto, cava una agendina di tasca, vi scrive) Grand Uff. (Mastica un nome) Viale dei Martiri... (Prende la sua valigia, scende. Lo scompartimento si rimette in moto e scompare. Il fischio del treno che si allontana. Un risuonar di campanelli di telefoni precede e accompagna l'en­trare di una grande scrivania. Vi siede il DIRETTORE, ha di fronte una seggiola vuota. Un cartello: "Il Grande Giornale". Due telefoni. X alza la mano. La scrivania rallenta, il DIRET­TORE si sporge sdegnato, fa un cenno e la scrivania riprende velocità. X sventola una lettera. La scrivania si ferma. Il DIRETTORE prende la lettera. L'apre; fa cenno ad X di sa­lire. X sale. Gli porge una seconda lettera. Il DIRETTORE l'apre poi gli stringe la mano. Un'altra lettera e il DIRET­TORE lo invita a sedere rizzandosi un attimo in piedi) Direttore          - L'aspettavo ma non cosi presto.

X                                   - Signor Direttore vorrei tagliar netto e subito col pas­sato.

Direttore                       - (accennando alle lettere) Qui si dicono cose belle di lei.

X                                   - Gli Onorevoli furono generosi.

Direttore -                     - Perché?

X                                   - I nostri Onorevoli lo sono sempre.

Direttore                       - Si parla qui di perspicacia e di spirito di iniziativa.

X                                   - Desidero solo obbedire e un posto modesto.

Direttore                       - Bene. Quale per esempio?

X                                   - Fuori dai grandi avvenimenti.

Direttore                       - Vuol dire di non aver ambizioni?

X                                   - Non più. Meglio all'ombra.

Direttore                       - Delle ambizioni degli altri?

X                                   - Se giovano al paese.

Direttore                       - Vuole umiliarsi?

X                                   - Forse.

Direttore                       - Punirsi?

X                                   - Di che?

Direttore                       - Lei sa che abbiamo le nostre fonti di informa­zioni.

X                                   - Se sono qui è perché la so capace di intendere con intelligenza e di giudicare con magnanimità.

Direttore                       - Lei ha commesso, come dire? delle impru­denze.

X                                   - Potrei scolparmi. Non lo faccio. Meglio la diffidenza: splenderà di più la fiducia che mi sarò guadagnata. Peccai forse per orgoglio o forse per un errato zelo di giustizia. Ho detto errato.

Direttore                       - Ha giocato male?

X                                   - È una accusa severa.

Direttore                       - Che cerca?

X                                   - Solo credito, fiducia.

Direttore                       - Poi?

X                                   - Basta.

Direttore                       - Lei sa l'indirizzo del giornale.

X                                   - Il solo giusto.

Direttore                       - Ovviamente. Quale?

X                                   - "Il paese si difende col buon cemento non con le nebbie ideologiche".

Direttore                       - Ottima memoria: è un articolo di un paio di anni fa.

X                                   - Voglio dimostrare che questo è sempre stato il mio giornale: non da oggi.

Direttore                       - E vi domanda un posto modesto.

X                                   - Mite. Odio la cronaca nera.

Direttore                       - Preferisce i fiori d'arancio, le corone di cri­santemi? Il cuore della città? La bianca visitatrice e la cani­cola?

X                                   - Si.

Direttore                       - E ricevimenti e conferenze. Anche di argomen­to finanziario?

X                                   - Qualcosa ne capisco.

Direttore                       - Parecchio, penso. Lo stipendio non sarà alto.

X                                   - Conta anche l'utilità del lavoro.

Direttore                       - Per chi? Amico se vuol giocare di astuzia con me spreca tempo.

X                                   - è gara che non mi attira. Spero di meritare presto un suo buon giudizio. Non miro ad altro.

Direttore                       - Scriverò agli Onorevoli che la presentano che domani verrà assunto.

 

X                                   - Grazie dell'aiuto che mi dà.

Direttore                       - Vorrei capire qual è. A domani.

X                                   - Agli ordini signor Direttore. (X scende. Suona un tele­fono. Il Direttore alza il microfono. La voce del centralino:) Signor Direttore. Cementi in linea. {Suono incomprensibile che è come un raschiare rugginoso di pale in un bigoncio) (La scrivania ed il Direttore escono insieme con quella "voce")

X                                   - Un'unica fede ci cementa. Eccellenza mostrati e con­ducimi in vista di quel tuo consiglio di amministrazione fra campanili e altane. {L'Eccellenza traversa la scena, esce. X lo segue cauto. Crepitio di macchine da scrivere. Entrano due scrivanie sormontate da un cartello: "cronaca". Ad una fuma il I" Giornalista, all'altra batte a macchina il II" Giornalista)

1° Giornalista                - Che dici del nuovo acquisto in cronaca?

II° Giornalista               - Eh?

1° Giornalista                - Pianta il morto. 1

1° Giornalista                - Che acquisto?

1° Giornalista                - Cronaca Bianca. 1

1° Giornalista                - Insignificante.

1° Giornalista                - Ti pare?

II° Giornalista               - Che ha di speciale?

1° Giornalista                - La sua insignificanza. Troppa.

II° Giornalista               - (riprende a scrivere) "L'assassino ha agi­to con cinica freddezza".

1° Giornalista                - Insignificante come quelli che aspettano in anticamera. Maturano in anticamera aspettando.

II° Giornalista               - Che deve aspettare? Il trenta del mese e la paga. Non vuole grane e si è presa la cronaca bianca a costo di non fare carriera.

1° Giornalista                - Mentre tu invece corri con la nera e magari ti dessero la giudiziaria.

II° Giornalista               - Vuoi mettere?

1° Giornalista                - Che carriera. Segui chi va dentro; poi torni indietro ad annusare un altro morto ammazzato; poi avanti fino alla galera; poi indietro alla vetrina rotta; poi avanti col carrettone della retata; poi indietro...

II° Giornalista               - Ne hai per un pezzo?

I° Giornalista                - So dove ti troverò fra cinque dieci venti anni: in questura o al portone della prigione.

II° Giornalista               - E tu qui a passar notizie d'agenzia e lui alla Croce Rossa o ai ricevimenti di Donna Adele.

I° Giornalista                - Lui no. Preferisce andar dietro a gente che non finirà mai in galera.

II° Giornalista               - E non fa notizia.

1° Giornalista                - Quanto sei scemo.

1

1° Giornalista                - E quello sarebbe un furbo? Un addor­mentato, è.

1° Giornalista                - Bada a non trovartelo addosso.

II° Giornalista               - Lui a me?

1° Giornalista                - No conti troppo poco.

II° Giornalista               - (scrive) "Dopo l'efferato crimine ha ac­curatamente lavato i coltelli".

1° Giornalista                - E le forchette.

II° Giornalista               - Questo è sabotaggio.

I° Giornalista                - Sa già tutto sui cementi. Poi.è passato al­la mistica. Forse è un gènio fatto di niente.

II° Giornalista               - Se quello è un genio noi siamo...

I° Giornalista                - Coglioni. Grazie a Dio mio caro. (Le scrivanie che si erano già messe in moto scompaiono fra le quinte. La tenda sul fondo si apre a metà sulla destra. Appa­re        - descritta da un fondalino      - la stanza di X. È in una altana. Si vedono campanili. Un tavolo. Una piccola cassettie­ra. X traffica intorno ad una macchina fotografica. La Por­tinaia spazza)

Portinaia                        - Lei che sta per la morale...

X                                   -        - (risponde con un mugolio)

Portinaia                        - Succedono scandali dappertutto.

X                                   -        - (mugolio)

Portinaia                        - Anche nelle grandi famiglie.

X                                   -        - (mugolio)

Portinaia                        - Ha letto della duchessa inglese scappata col meccanico? Che ci può trovare in un meccanico? Ci pensano mai le duchesse prima di scappare con i meccanici al male che ci fanno? In cosa possiamo più credere? (Spazza. Pausa) Se a mio cognato cascasse sotto una duchessa. Mio cognato ne fa delle porcherie, È un pezzo grosso.

X                                   - (interessato) Un pezzo grosso?

Portinaia                        - Nel suo lavoro.

X                                   - Quale?

Portinaia                        - Il lattoniere.

X                                   - All'inferno.

Portinaia                        - Ci andrà.

X                                   - Andateci insieme.

Portinaia                        - Aspettavo una sua parola buona.

X                                   - Sul lattoniere?

Portinaia                        - È un porco.

X                                   - Quanto guadagna al mese?

 Portinaia                       - Molto, ottanta centomila anche più. E solo da lattoniere.

X                                   - Non bastano.

Portinaia                        - A che cosa?

X                                   - A far contare le sue porcherie.

Portinaia                        - Per contare le porcherie debbono essere di mi­lionari o di duchesse?

X                                   - Naturalmente.

Portinaia                        - Perché?

X                                   - È inutile spiegare non capireste. Avete finito di far pol­vere? Volete cavarvi dai piedi?

Portinaia                        - Bella assistenza spirituale.

X                                   - Io debbo darvela?

Portinaia                        - Non è per la giustizia e la morale?

X                                   - State a sentire: sotto un certo livello economico, so­ciale eccetera, giustizia e morale non possono sentirsi offese né pretendere risarcimenti. E se protestano che me ne impor­ta? (Correggendosi) Voglio dire che allora peccati e colpe non servono a niente. Ma chissà che accidente avete capito.

Portinaia                        - A che cosa dovrebbero servire?

X                                   - Domandate troppo per la vostra intelligenza.

Portinaia                        - Cosi se mio cognato ha l'amica, se bastona mia sorella fino a farle uscire le ossa dalla pelle, se non le dà un soldo ma pretende che se ne trovi lei sui marciapiedi non ci si deve badare.

X                                   - Cos'è vostro cognato? Niente. Cosa conta? Niente. Cosa può? Niente. Allora quello che fa è niente.

Portinaia                        - Bel modo di ragionare.

X                                   - L'ho detto che non capite. Adesso lasciatemi in pace.

Portinaia                        - Una cosa sola. La mia figliola...

X                                   - (mugolio)

Portinaia                        - ...viene su da lei ogni tanto...

X                                   - (mugolio)

Portinaia                        - La lascio venire...

X                                   - (mugolio)

Portinaia                        - ...perché so che lei fa discorsi morali.

X                                   - Sempre.

Portinaia                        - E le insegna il francese. Mia figlia guadagna quattro soldi a cucire camicie.

X                                   - Che c'entro io?

Portinaia                        - Perché guadagna poco se facesse delle porche­rie non conterebbero?

X                                   - Cominciate ad imparare.

Portinaia                        - Invece non voglio che le faccia anche se resta . povera. E non sono più tanto sicura che lei stia per la giusti­zia e la morale.

X                                   - Prima il cognato poi la figlia alla quale faccio il torto di insegnare francese e buone maniere. Mi scocciate. Non di­co che vostra figlia debba fare porcherie, dico che non var­rebbero quelle della duchessa. (Guarda l'orologio) Accidenti ormai è l'ora. Fuori fuori. (Butta fuori la scopa) Debbo lavo­rare, lavorare, capite?

Portinaia                        - Sono le belle maniere che insegna a mia figlia?

X                                   - Se non ve ne andate subito qualcosa insegno anche a voi. (La spinge fuori) 'Sta stronza mi fa mancare lo spettacolo. (Da un cassetto prende un teleobbiettivo. Lo aggancia alla macchina fotografica che fissa al davanzale. Lo punta. Poi con un cannocchiale esplora) Tarda oggi l'Eccellenza al con­siglio d'amministrazione. Inquadratura buona. Luce ottima. Dovremmo riuscir meglio di mercoledì passato. Anche lei signor presidente è seccata del ritardo? Bella vestaglia signor presidente. Niente sotto? Ma apri di più la finestra cretina. Dai spalanca vieni in terrazzo tanto chi vi vede? Eccolo il gagliardo, la fa la sorpresina: attacco alle spalle. State in luce vacconi. Proprio adesso devi fare il muso pezzo di troia? Brava Eccellenza all'attacco. Cosi siamo tutti felici e conten­ti. Ho fatto proprio un buon incontro ferroviario. (Parlando scatta veloce preciso foto su foto) Mi avete servito bene oggi. (È entrato l'Amico che lo mira sorpreso)

X                                   - Ancora? Plaudite cives. (Scatta) Ad perpetuami rei me-mor.iam.

Amico                           - Ma che fai, che dici?

X                                   - (con urto) Chi è? (Lo spavento diventa furore riconoscendo l'Amico) Cosa cerchi, cosa vuoi, cosa spii, sbirro fot­tuto? Figlio di puttana e di tuo padre che fu il questurino della casa di fronte non il marito di tua madre, vecchio becco impotente.

Amico                           - (atterrito balbettante) No. No. No. C«'era la porta aperta.

X                                   - Ti credi furbo come quando tastavi le serve a dieci soldi al minuto?

Amico                           - Io?

X                                   - Tu. Ti conosco da quando tiravi dietro le siepi le nipotine del ragioniere e anche il nipotino, maschio.

Amico                           - Trent'anni fa... Tu...

X                                   - No, io. Tu. Voi. Le porcherie le ho sempre guardate fare non me ne scappava nessuna. Mi entravano dentro a far i loro comodi come a casino o nello studio privato del provvedi­tore o in camera matrimoniale. E cosa credi di scoprire in me a starmi addosso?

Amico                           - Io non voglio...

X                                   - Ma io si, posso rovesciarti quando voglio. Come una seppia e tirarti fuori il nero che non sospetti nemmeno di avere perché lo hai dimenticato e si può essere onesti solo di­menticandosi. Stammi lontano.

Amico                           - C'era la porta aperta.

X                                   - Vuoi saper che faccio? Fotografo campanili. Che dico? Preghiere: parlavo latino, hai sentito. Ho cambiato vita. Chi ti manda ancora?

Amico                           - Tua madre...

X                                   - Stia attenta anche mia madre. Badi ai fatti suoi anche mia madre. Non basta essere mia madre.

Amico                           - Non rispetti neppur la tua?

X                                   - Mi ha fatto e mi lasci vivere. Puoi andartene.

Amico                           - Adesso no.

X                                   - Perché?

Amico                           - Hai osato, di mia madre... (S'è fatto minaccioso)

X                                   - Un rigurgito del passato. Si fatica a digerirvi.

Amico                           - Tu sei... sei...

X                                   - Niente. Voi siete tutto. Io sono come m'avete fatto e riempito. Adesso conduco vita esemplare.

Amico                           - E hai il coraggio di dirlo. (Gli si avventa sopra. X sorpreso e impaurito gli sfugge goffamente)

X                                   - Che ti prende?

Amico                           - Ti ammazzo. (Ma è impacciato, ridicolo)

X                                   - Calmati, cosa hai capito?

Amico                           - (inciampando gli casca addosso. Lo scrolla) Smen­tisci smentisci.

X                                   - Smentisco.

Amico                           - (lo lascia, di nuovo afflosciato piangente) Non è vero, non è vero.

X                                   - Non è vero.

Amico                           - Giuralo bugiardo.

X                                   - Se sono bugiardo perché vuoi che giuri? Impara ad usarmi. Comportati bene con me e tua madre era una santa.

Amico                           - Cosa ne hai fatto.

X                                   - Io?

Amico                           - Vigliacco.

X                                   - Lo so.

Amico                           - (se ne va) Perché sono venuto?

X                                   - Mia madre. E l'amicizia.

Amico                           - Che truffa l'amicizia (Sulla porta) Ho visto anch'io Loreo.

X                                   - Tu?

Amico                           - In carne ed ossa. Ti cerca.

X                                   - Il passato è morto anche se lui si ostina a viverci. Gli hai detto dove sono?

Amico                           - No. Ma farai bene a tener chiusa la porta. (Esce)

X                                   - Il rospo punzecchiato sputa veleno. (È agitato) Mi cer­ca? E mi trovi. Troviamoci. Cosa crede di poter rimacinare? (Si calma, torna alla macchina fotografica ne toglie la pellico­la) Torniamo alla attualità. (Esce e si accende subito fra le quinte la luce rossa della camera oscura. La tenda si chiude. Scena vuota. Entrano un Uomo Patito e un Vecchio. L'Uo­mo Patito ha una valigia logora)

L'uomo Patito               - Sempre bella questa città e sempre la stessa anche nell'odore.

Vecchio                         - Secondo lei odora?

L'uomo Patito               - Di vecchie pietre e di uomini sotto il sole.

Vecchio                         - Sotto il sole le pietre maturano, gli uomini marci­scono. Non odora, puzza.

L’uomo Patito               - Non le piace la sua città?

Vecchio                         - Non è mia. Non è di nessuno del resto. Lei ci ha vissuto?

L’uomo Patito               - No. Ci capitavo qualche volta e me la ri­cordavo come un Eden invaso. La ricordavo anche dove sono stato e saperla immutabile e indifferente alla gente che ci pas­sa mi dava conforto. Adesso voglio viverci.

Vecchio                         - Come?

L’uomo Patito               - So lavorare.

Vecchio                         - Non basta.

L’uomo Patito               - À che?

Vecchio                         - A far carriera. Qui si viene a far carriera.

L’uomo Patito               - Non mi interessa. Lei ha fatto carriera?

Vecchio                         - No. Ho lavorato solamente.

L’uomo Patito               - Non le è bastato?

Vecchio                         - Purtroppo si. Ma lavorare per vivere non deve bastare. Adesso non parlo di carriere.

L’uomo Patito               - Vivere: lei non sa cosa vuol dire. Sapere di poter vivere.

Vecchio                         - Eppure non deve bastare.

L’uomo Patito               - Ed essere onesti.

 

Vecchio                         - Non te lo perdona nessuno. Ti mandano all'in­ferno.

L’uomo Patito               - Si mi ci hanno mandato. (Pausa) Non cerco solo lavoro.

Vecchio                         - Bene. Che altro ancora?

L’uomo Patito               - Qualcuno. Non ho dimenticato l'inferno.

Vecchio                         - Per questo cerca qualcuno?

L’uomo Patito               - Si.

Vecchio                         - E quando l'avrà trovato?

L’uomo Patito               - Non so.

Vecchio                         - È poco.

L’uomo Patito               - Chissà.

Vecchio                         - A guardarla non sembra che possa spaventare un demonio dell'inferno ma ci si può sbagliare, conta quel che è rimasto dentro. Ecco, la locanda che le dicevo è là. Ci si spende poco e lei ha bisogno di fare economie per aver tem­po di cercare.

L’uomo Patito               - Mi hanno promesso un posto a un mini­stero.

Vecchio                         - Lei crede ancora che ogni promessa è debito.

L’uomo Patito               - 'Che ogni debito è promessa.

Vecchio                         - E sono i crediti che ha a ridurla male. I nostri debitori non sanno neppure che esistiamo.

L’uomo Patito               - O sperano che non esistiamo più. (Passa X sul fondo nella penombra)

Vecchio                         - Signore! Paga o riscuote? (X se ne è andato sen­za voltarsi)

L’uomo Patito               - A chi parla?

Vecchio                         - Chi lo sa? Debitore o creditore? Se la promessa fattale sarà mantenuta lei si addormenterà fra diecimila vite uguali al ministero fino a quando la scrolleranno per dirle "stato di quiescenza".

L’uomo Patito               - Lei fu di quelli?

Vecchio                         - Si, collega. (Escono. Si apre la tenda sulla sini­stra; un salotto dipinto con mobiletti eleganti: l'apparta­mentino dell'amante della Eccellenza. Quasi sospinta dagli in­chini di X entra una Signora Bionda indietreggiando)

Signora Bionda             - Insomma chi è, cosa vuole?

X                                   - Un umile amico non può voler nulla.

Signora Bionda             - Perché questa insistenza?

X                                   - Entusiasmo di elettore.

Signora Bionda             - Come?

X                                   - Ho i miei preferiti in politica. Non son di quelli che votano una lista ad occhi chiusi. Mi studio i candidati ad uno ad uno. Il preferito dei preferiti miei è suo marito.

Signora Bionda             - (smarrita) Mio marito?

X                                   - Si, l'Eccellenza.

Signora Bionda             - Non abita qui.

X                                   - Che dice signora? Lei è la signora, vero?

Signora Bionda             - La... La governante.

X                                   - (indulgente) Scusi: io sono fisionomista e ho la fortuna di vederla spesso.

Signora Bionda             - Io invece non l'ho mai vista.

X                                   - Lei immagina di star difendendo l'Eccellenza da un sec­catore. Sono un amico.

Signora Bionda             - Non la conosco. Per favore...

X                                   - Abito da queste parti, un poco più in alto, non in un attico si intende. Di lassù la vedo spesso, non sono lontano e ho un binocolo.

Signora Bionda             - E me lo dice.

X                                   - Forse non mi ha capito. Sono provinciale. Di lassù si vedono chiese campanili torri la cima dei palazzi. Non mi stanco di ammirare. Si impara la città e sì fanno incontri come quello felicissimo con due sposi cosi affettuosi come lei e la Eccellenza.

Signora Bionda             - Cosi affettuosi?

X                                   - Mi è capitato di vedervi abbracciati.

Signora Bionda             - Perché questa visita?

X                                   - Sono un giornalista.

Signora Bionda             - (atterrita) Un giornalista.

X                                   - Faccio fotografie col teleobbiettivo quando occorre. Ne ho delle belle di voi due insieme.

Signora Bionda             - Belle?

X                                   - Prima di pubblicarle volevo il vostro consenso.

Signora Bionda             - Niente affatto, nessun consenso, guai a lei, come si permette?

X                                   - Perché si agita?

Signora Bionda             - Ci spia col binocolo, ci perseguita col teleobbiettivo, vuole pubblicare nostre fotografie intime e mi domanda perché mi agito.

X                                   - Son qui per chiederle un permesso. E, badi, potrei far­ne a meno.

Signora Bionda             - E io le proibisco, io la diffido. Quanto vuole?

X                                   - Di che?

Signora Bionda             - Di quelle fotografie. Dica.

X                                   - Non dico niente. Ammutolisco. Signora, cosciente o meno lei mi ingiuria e in me ingiuria pure l'ammirazione che ho per l'Eccellenza, un sindacato, un Ordine professionale. (Le porge un biglietto di visita) Ecco il mio nome e il mio indi­rizzo. Aspetto che l'Eccellenza mi convochi e spiegherò a lui...

Signora Bionda             - No, per favore, per carità mi dia le foto, lasci stare lui ha tante cose da pensare, tanti altri dispiaceri. La prego la prego. (Cosi fanno il cammino inverso ed è la Si­gnora Bionda che stavolta par sospingere X il quale indietreg­gia inchinandosi)

X                                   - Riverisco signora. Ossequi l'Eccellenza. Le dirò che quel nome di una società anonima sulla porta mi aveva la­sciato perplesso. Poi ho capito: necessità dell'incognito. Aspet­to di esser convocato. Riverisco.

Signora Bionda             - Ascolti aspetti senta. (Escono. Riappare la Signora sola, sgualcisce con ira il biglietto poi lo ridistende con cura. Piange. Si chiude la tenda. Crepitare di macchine da scrivere. Entrano le scrivanie della "Cronaca" con i due giornalisti. Lavorano in silenzio. Entra X bevendo un bicchiere di latte che posa su una delle scrivanie, cava di tasca biglietti, partecipazioni, programmini di concerti di beneficenza ecc.)

1° Giornalista                - (al II") Ammira la coerenza: Cronaca Bianca beve latte.

X                                   - Fa bene in redazione. Contro il piombo.

II° Giornalista               - L'ha imparata al corso di giornalismo.

X                                   - (indifferente) Volete prendermi in giro?

II° Giornalista               - Quanti ne hai battezzati cresimati comu­nicati sposati e sepolti in un mese?

X                                   - Non conto le mie buone azioni.

II° Giornalista               - (al I") Si è un dritto. Colleziona rinfre­schi e rimedia la cena. (Ad X) Cerchiamo di capire la tua vo­cazione alla cronaca bianca.

X                                   - Vi sta sullo stomaco.

1° Giornalista                - Forse.

X                                   - Pericolosa ammissione dove si sventola su ogni colonna il vessillo della morale. Preferite i delinquenti?

1° Giornalista                - Si sa che lo sono.

X                                   - Mentre gli azionisti dell'anonima X o Y che offrono borse di studio campeggi o anche rinfreschi.

1° Giornalista                - Cosa vuoi farci dire?

X                                   - Cerco di capire la vocazione vostra.

1° Giornalista                - (scrivendo a macchina) "Aveva la testa - meglio, il capo - il capo quasi staccato - meglio spiccato - dal busto".

X                                   - La cronaca bianca c'era anche prima di me. Mi riesce male? Insegnatemi.

1° Giornalista                - Sapessi cosa cerchi.

X                                   - Di fare il mio dovere.

1° Giornalista                - Se credi di darmi a bere il tuo latte.

II° Giornalista               - "La sua mano destra stringeva ancora convulsamente un bicchiere di latte." (Strappa il foglio) Vi spacchi un accidente.

X                                   - (beve. Al I") E tu bevi quel che vuoi non guarderò nel tuo bicchiere.

1° Giornalista                - Puoi farlo.

X                                   - Non mi interessa. Ma non guardar troppo nel mio.

II° Giornalista               - Abbiamo offeso i suoi fiori d'arancio, le sue tartine.

X                                   - Chi vi cerca? Che volete? Ho chiesto di fare la crona­ca bianca, tutta la cronaca bianca, nient'altro che la cronaca bianca. Vi risparmio cerimonie discorsi idioti di uomini pub­blici in privato, vi cedo gratis i più pregiati uxoricidi le più altolocate concussioni i più illustri peculati. A voi gli scandali che aumentano la tiratura. Vado dove non succede nulla. Non faccio neppure inchieste sul morbillo. Non dò ombra né fastidio a nessuno pure non basta per non esser sospettato.

1° Giornalista                - Ti senti sospettato?

X                                   - Scocciato. Saluti. (X esce. Rientra per riprendere un cartoncino d'invito lasciato sulla scrivania. Il II" Giornalista glielo toglie di mano)

II° Giornalista               - Ricevimento da Donna Adele.

1° Giornalista                - Porcheriole nel sottobosco. (X riprende il cartoncino ed esce)

II° Giornalista               - "La polizia indaga". Meglio: "La polizia ha iniziato alacremente le indagini". Perché non lo puoi sof­frire?

T Giornalista                 - L'hanno spinto qua dentro raccomanda­zioni potenti. Provinciali ma potenti. Un altro avrebbe prete­so una poltroncina, quello si accuccia sullo sgabello basso.

II° Giornalista               - Che te ne importa?

I° Giornalista                - Non c'è più niente che sia qual è, non debba intendersi alla rovescia. Un esercizio massacrante e sconcio. Non senti?

II° Giornalista               - Ma cosa?

1° Giornalista                - Il trivellare continuo di ogni luogo e mo­mento sotto ogni passo e parola. Dove andare a chi credere? Debbo essere nato male, lui no.

II° Giornalista               - Chi ti capisce più?

 

1° Giornalista                - Torna ai tuoi cadaveri.

II° Giornalista               - Subito se la pianti di delirare. I miei ca­daveri vanno serviti caldi. (Il II" Giornalista si rimette a grandinare, con la macchina da scrivere. Il I" Giornalista lacera furiosamente delle cartelle)

II° Giornalista               - E bada di non finir licenziato per scarso rendimento. (Accompagnate dal crepitar delle macchine da scrivere le scrivanie dileguano fra le quinte. Si apre la tenda sulla destra. Riappare l'alloggio di X. X sta ricopiando sulla agenda tascabile gli impegni della cronaca bianca)

X                                   - Dodici, ore nove funerale del commendatore. Svegliar la gente all'alba per chi è entrato nel sonno eterno... Ho idea che ci sarà solo gente che ha voglia di piangere. Niente. (Can­cella. Scrive) Martedì tredici conferenza del senatore vene­to, fibre tessili. (Contempla un cartoncino di invito) Mercoledì 14. Pare che Donna Adele si senta onorata della mia presen­za davanti ai suoi pasticcini. (Bussano) Avanti, è aperto. (En­tra l'Eccellenza)

X                                   - Se debbo credere ai miei occhi lei è...

Eccellenza                     - Io sono.

X                                   - A che debbo il grande onore?

Eccellenza                     - Non immagina?

X                                   - Ma si accomodi.

Eccellenza                     - No. (Butta sul tavolo il biglietto di visita che X aveva lasciato alla Signora Bionda) Non l'ha lasciato lei?

X                                   - Non perché la mia Eccellenza preferita salisse quassù. Aspettavo un suo ordine. La signora le avrà detto quanto am­mirazione ho per lei. Apprezzo sommamente la sua dirittura morale, la sua coerenza morale, il suo coraggio morale.

Eccellenza                     - Vogliamo venire all'argomento?

X                                   - Ambivo conoscerla e la fortuna dei poveri mi ha fatto trovare questa stanza sopra i tetti da dove si scoprono chiese, campanili.

Eccellenza                     - E finestre.

X                                   - La sua è proprio qua davanti. La vede?

Eccellenza                     - La vedo. Lei è giornalista?

X                                   - Per caso. Non vocazione. Per compiacere amici influenti che mi vogliono a quel posto. Ma mi sento fatto per altre cose, amministrazioni parastatali ad esempio.

Eccellenza                     - Fa anche fotografie e vorrebbe pubblicarle.

X                                   - È il mio mestiere.

Eccellenza                     - Ed è venuto ad informarmene.

X                                   - Per delicatezza.

Eccellenza                     - Delicatezza?

X                                   - E correttezza.

Eccellenza                     - Posso vederle?

X                                   - Suo diritto. (Da un cassetto prende tre o quattro foto­grafie e le allunga con sorridente delicatezza all'Eccellenza)

Eccellenza                     - Questo è violare la vita privata, è insudiciare la reputazione, è... è...

X                                   - Ma Eccellenza: cose fatte alla finestra davanti alla cit­tà intera; e innocenti. Nulla è più innocente e bello di un abbraccio matrimoniale.

Eccellenza                     - Lei non le pubblicherà.

X                                   - Gli elettori sono sensibili alle faccende di cuore dei loro uomini politici perché danno calore umano alla lotta per il potere. Foto come queste faranno grandissima impres­sione.

Eccellenza                     - Le ha già mostrate?

X                                   - No. Anzi si a un settimanale, per caso. Volevano strap­parmele di tasca perché, dicevano, non c'è somiglianza...

Eccellenza                     - Avanti.

X                                   - ...fra la signora (indica la foto) e la signora (indica l'Eccellenza). Che questa signora invece somigliava ad un'al­tra. Ho capito il loro gioco. Niente da fare.

Eccellenza                     - Sbrighiamoci. I mascalzoni mi danno allo stomaco.

X                                   - Cosi ho detto io a quelli del settimanale.

Eccellenza                     - Io lo dico a lei. Quanto?

X                                   - Per che cosa?

Eccellenza                     - Fotografie, negative comprese.

X                                   - Eccellenza il suo tono non è amichevole.

Eccellenza                     - Spera che le butti le braccia al collo o che mi butti in ginocchio?

X                                   - Non ho l'onore di esserle amico e so di non essere un santo.

Eccellenza                     - Ma un ricattatore.

X                                   - (fulminato) Io!

Eccellenza                     - Smetta di fare il furbo.

X                                   - Perché ricattarla? Mi lasci capire.

Eccellenza                     - Basta.

X                                   - Forse la signora non è.

Eccellenza                     - Liquidiamo questa sporca faccenda.

X                                   - Non immaginavo fosse una faccenda sporca. Si tenga le foto. (Dal cassetto cava le negative) E anche le negative.

Eccellenza                     - Il prezzo?

X                                   - L'ho già pagato io in questo momento. Lei stava in  ai miei pensieri, era per me una certezza. Ora è una ione. llenza          - Vuol farmi credere? - Che mi importa di quello che crede di me? Importa lo che io so di lei.

ìllenza (di nuovo all'erta) Che uso vuol farne?

- Cercherò dì dimenticare ma non ci riuscirò. Le delusio- isciano un segno, questa lascerà una piaga.

ellenza                           - Dovrei pensarla in buona fede fino alla sem-ioneria?

- Cosi chiama l'entusiasmo e l'ammirazione? Io sono un vinciale. Credo nei sacri vincoli del matrimonio, nella mo- ; e nella giustizia. Ma cosa le importa di quel che io credo? i me nulla di quello che lei mi crede. Rispondo solo alla i coscienza. Vuol denunciarmi? Lo faccia: non mi difendo. Prenda questa roba e vada via.

cellenza                         - Ci sono tutte?

                                      - Cerchi. Vuole anche la chiave della mia stanza? Que-i, la stanza di un ricattatore? Se i romanzi non ingannano ricattatori se la passano meglio. Non perda più tempo n me. La saluto.

;cellenza                        - Ho bisogno di capire. Lei non si riprometteva intaggi da queste fotografie?

                                      - La sua insistenza mi provoca.

xellenza                         - Voglio provocarla. Se lei è chi dice" di esse-i vivo in un miracolo. Un puro di cuore?

                                      - Non sono un puro. Ho i miei peccati.

Eccellenza                     - Perché queste fotografie?

[                                     - Ero certo di far piacere a lei e a sua moglie ma purtrop-o non siete marito e moglie. Potevo immaginarlo? Si, riflettendo, anche se lo foste stati la mia era indiscrezione. Ma loter opporre ai cattivi esempi questo di un tenero amore coniugale.

Eccellenza                     - Lasciamo perdere. Lei è dunque un uomo ianto onesto da lottare con la povertà.

K.                                  - Amandola.

Eccellenza                     - Bene. Posso aiutarla?

X                                   - Come?

Eccellenza                     - Un piccolo prestito?

X                                   - Neppure un centesimo. È fiducia che domando non de­naro. Fiducia per credere. Né un centesimo né un saluto. Non ci siamo mai conosciuti. Ecco tutto.

Eccellenza                     - (comincia a farsi lirico) No, ma la nostra conoscenza è nata male. Non lasciamo immagini sbagliate di noi l'uno nell'altro. La sua in me si è schiarita. Ora voglio che la mia in lei mi sia fedele.

X                                   - Che le importa?

Eccellenza                     - Che mi importa scandalizzare un cuore one­sto? Crede che la mia missione stia tutta nella lotta elettora­le? Perderò il suo voto, quello dei suoi amici             - e ne avrà molti immagino.

X                                   - Solo il mio. Non confido a nessuno le mie amarezze.

Eccellenza                     - È saggio. Mi ascolti. La mia relazione è nata dal dolore. Lei non immagina le angosce che la precedettero e seguirono. Quella donna, un fiore di sensibilità, si rivolse a me in un giorno di umiliazione e di terrore. Il marito... Ma dovrebbe essere esperto di cronaca nera per figurarselo. Un selvaggio della giungla è più delicato di lui. Non parla gru­gnisce. Non cammina si arrampica. Non mangia ingozza ru­moreggiando. Ella povera creatura si sentiva perduta. Io pu­re meditavo sul mio disgraziato matrimonio forzato dalle circostanze. (Scorge il biglietto di invito dì Donna Adele. Cam­bia tono. Sospettoso) Ci va?

X                                   - Dove?

Eccellenza                     - Da Donna Adele.

X                                   - Perché?

Eccellenza                     - Può trovarci mia moglie.

X                                   - E allora?

Eccellenza                     - E allora?

X                                   - Basta con questi sospetti ignobili. Da me non esce niente nemmeno se mi squartano come un agnello.

Eccellenza                     - Si. Questo mio bisogno di confidenza mi as­sicura di aver trovato un cuore aperto non solo un elettore fedele.

X                                   - (con le mani congiunte e gli occhi al cielo) Ascolto. (L'Eccellenza gli parla quasi all'orecchio e come in confes­sione. Si chiude la tenda)

(Entra il Professore seguito da Un Tale, Un Altro, Un Terzo rimescolando tazzine e dal Senatore in carrozzella da invalido)

Professore                     - Le idee sulla pubblica assistenza stanno attra­versando un periodo di involuzione. Da un lato essa deve sopportare la futile opposizione di chi le dichiara superate, dall'altro   - ed è grave          - i colpi di coloro in cui la coscien­za è soverchiata dal vantaggio, l'impegno dalla deformazione professionale. Cessa cosi il rispetto verso il materiale sul quale e per il quale si opera poiché si dimentica che è materiale spesso umano o almeno paraumano, pseudoumano. Uscito, si direbbe, dalla nostra matrice stessa.

Senatore                        - Io non son figlio di puttana.

Un Tale                         - Lei approfitta della nostra più giovane età che non può smentirla.

Professore                     - Quel rispetto va rafforzato. Prolungato. L'uo­mo anche di razza inferiore è capace di rendersi utile pure dopo la morte se non lo abbandona il rispetto che obbliga il ricordo e le collette. Prendete esempio imperocché io vi dico. (Esce seguito dai tre in fila. Il Senatore si è addormentato. Entrano Donna Adele e X rimestando tazzine)

Donna Adele                - Ogni nostra riunione attorno ad una tazza di té ha un tema.

X                                   - Questo di oggi?

Donna Adele                - La pubblica assistenza.

X                                   - Tema che non finisce mai.

Donna Adele                - Per fortuna.

X                                   - Cioè?

Donna Adele                - Non si finisce mai di aiutare il prossimo bisognoso.

X                                   - Attorno al suo té il tempo si fa glorioso. (Il Senatore si sveglia)

Senatore                        - I tempi gloriosi son passati e dissipati. O giorna­te del nostro riscatto     - lampeggiava la bella mitraglia          - sulla palude della marmaglia. Alba risorgi del novantotto. I ricordi dell'infanzia restano i migliori. Chi, dove? Indovini.

X                                   - Bava Beccaris. Milano. Tumulti del '98.

Senatore                        - Bene. Ma lei è dei nostri?

Donna Adele                - Sarebbe qui altrimenti?

Senatore                        - Donna Adele la sua fiducia è celestiale. Donna Adele lei è una stronza idealista.

Donna Adele                - E lei esce dal tema.

Senatore                        - Giammai. Quella fu vera e radicale pubblica as­sistenza.

X                                   - Igiene sociale-

Senatore                        - Giusto. Qi fu poi una' magnifica stagione d'Ope­ra ma la racconterò al prossimo incontro. (Si addormenta)

Donna Adele                - Ha la mente stanca il senatore. Ha tanto pensato durante la sua lunga vita.

X                                   - A cosa?

Donna Adele                - Non si sa ancora. (Entra il Professore se­guito dai tre con tazzine)

Professore                     - Il saggio e completo sfruttamento degli stru­menti è legge elementare del lavoro. La loro distruzione quan­do possono ancora servire è errore non giustificato nemmeno da un disegno superiore se l'economia resti alle fondamenta del nostro esistere. Fondamentale lo strumento uomo o para-uomo o pseudouomo - succedanei. I campi di annientamento furono errori cagionati da ingorghi ideologici. Un accumulo filosofico generò fermenti nocivi al tessuto industriale della nazione germanica la quale fino allora aveva accortamente esportata la filosofia creando larghe zone di influenza. L'accu­mulo vaporò all'interno in astrazione onde dalla vetta dell'in­teresse si slittò sulla china della missione che porta inderoga­bilmente al deficit. Prendete esempio imperocché io vi dico. (Esce seguito dai Tre e dal Senatore che si è svegliato)

Donna Adele                - Gran testa. L'uomo - dice - è sempre una ricchezza anche quando ha bisogno.

X                                   - Soprattutto.

Donna Adele                - Il bisogno degli altri ci prova: va quindi amato.

X                                   - È la nostra misura.

Donna Adele                - Qui non sentirà mai parlar male del biso­gno. Un'altra tazza di té? (Escono incrociando Un Tale e Un Altro)

Un Tale                         - Il bisogno è domanda e come tale economica­mente sacro. Lasciate fiato ai bisognosi perché possano rin­novarla.

Un Tale                         - Ma è scientificamente provato che i vecchi meno mangiano più campano. (Escono. Entrano X e La Signora Bruna)

Signora Bruna               - Si diverte?

X                                   - Lavoro.

Signora Bruna               - Appalti?

X                                   - Cronaca mondana. Sono giornalista.

Signora Bruna               - Nuovo dell'ambiente?

X                                   - Di tutti gli ambienti qui.

Signora Bruna               - Si muova con cautela.

X                                   - Mi servirebbe una buona guida. Come lei.

Signora Bruna               - Per arrivare dove?

X                                   - Per non impigliarmi nelle gaffes. I rapporti familiari qui per esempio sono cosi complicati che non so mai distin­guere una moglie da una concubina.

Signora Bruna               - Non sa mai se deve scandalizzarsi o no? È grave.

X                                   - Non mi scandalizzo. Comprendo.

Signora Bruna               - Un Tartufo gigante.

 

X                                   - Io?

Signora Bruna               - Non pianga, non serve.

X                                   - Non sono ipocrita. Perché dovrei esserlo?

Signora Bruna               - Lo sa lei.

X                                   - Ho appena detto che accetto tutto perché comprendo tutto e mi chiama ipocrita.

Signora Bruna               - Accetta tutto? Come un banco di pe­gni. Che aspetta la nostra biancheria sporca. Non si lusinghi, non ci sarà nessun riscatto e non troverà nessuno che ricom­pri quella roba.

X                                   - Lei non vuole capirmi ma offendermi.

Signora Bruna               - Oggi m'intendo solo di pubblica assisten­za. (Escono. Entra il Professore seguito dai Tre e dal Senatore)

Professore                     - L'estinzione troppo rapida di una massa di consumatori e senza sfruttarne con accortezza le capacità pro­duttive deve ritenersi provvedimento aberrante. L'uomo e anche i suoi succedanei vanno rispettati finché consumano e ogni sforzo va fatto affinché consumino il più a lungo possi­bile producendo contemporaneamente e copiosamente a costi convenienti. Imperocché io vi dico. (Esce)

Un Terzo                       - Senatore alzi la quota di affitto dei cronici che mi dà in. appalto perché possano mangiare e rendere abba­stanza.

Senatore                        - Perché lei non mangia abbastanza? (Escono. Restano Un Tale e Un Altro)

Un Altro                       - L'idrogenazione dei grassi di scarto è con­quista luminosa della scienza che li trasforma in strutto purissimo sfidando ogni analisi. Opporsi alle azioni di recu­pero è antiscientifico e antisociale.

Un Tale                         - Anche quando nel suo grasso purissimo trovia­mo berretti da camionista?

Un Altro                       - Lei va a cercare il pelo nell'uovo. (Escono. En­tra il Senatore e Un Terzo)

Un Terzo                       - Che si pretende da poveri vecchi mentecatti? Scarpe di vernice e abiti di società?

Senatore                        - Che siano almeno vestiti quando vi mandiamo ispettori e mogli di prefetti.

Un Terzo                       - Si spogliano per reazione istintiva. La malattia suggerisce i propri rimedi.

Senatore                        - Infatti da lei non si muore più di pazzia ma di polmonite.

Un Terzo                       - Mi pare un progresso. (Escono. Entrano X e la Signora Bruna)

Signora Bruna               - Trabocchiamo l'uno nell'altro. Stessi affaretti stesse lenzuola stessi portafogli. Stesso tedio. Ci somi­gliamo tanto che il pettegolezzo è impossibile. È tormentoso non potersi più meravigliare né offendere. Poi all'improvviso uno che non sa niente di me, di noi. Uno sconosciuto. Un mostro.

X                                   - Io.

Signora Bruna               - Ha un passato?

X                                   - Insignificante. Tutto in provincia.

Signora Bruna               - Ma se ne fanno di porcherie in provin­cia.

X                                   - Restano provinciali. Sanno sempre di talco aglio lambrusco. Ma è inutile scuotermi non posso traboccare. Sono vuoto.

Signora Bruna               - Ecco perché mi pare un frate che aspetti confessioni promettendo indulgenza. Vuoto? La natura ne ha orrore e corre a riempirlo.

X                                   - 3Sono spalancato e pronto. (Escono. Entra il Professore)

Professore                     - Prendete esempio. I grandi concentramenti modificano le prospettive riducendo in apparenza le dimen­sioni fisiche e intellettuali dell'individuo ma locali di novanta centimetri per lato e per quattro persone e chiusi ermetica­mente si rivelano assai nocivi. Errore discendente sempre dalla svalutazione mistica dell'utilità dei soggetti. Imperocché. (Esce. Entra un Tale)

Un Tale                         - Razionalità. Lo spazio a misura di uomo. Negli anziani la capacità respiratoria diminuisce e locali di cubatu­ra normale costringerebbero quei polmoni atrofizzati ad as­sumere una quantità di ossigeno superiore alla loro possibilità di combustione. Risolverebbero in fiammata il lumicino che va conservato acceso il più a lungo possibile, Il numero per ca­mera di sedici ricoverati in casa di riposo   - e che quindi de­vono muoversi il meno possibile     - è da considerarsi scienti­ficamente e socialmente ottimo. (Esce. Entrano il Senatore e Un Altro)

Senatore                        - Ti occupi anche dei figli di puttana?

Un Altro                       - Trovatelli subnormali.

Senatore                        - Figli di puttana e cretini. Rendono bene.

Un Altro                       - Io amo i subnormali e so che lei non è indiffe­rente alla loro invocazione bavosa di assistenza.

Senatore                        - Te ne mando due dozzine.

Un Altro                       - Faccio sconti per zone depresse. Ci rimetto.

Senatore                        - Ci cavi il venti per cento.

Un Altro                       - Lordo. Io amo i subnormali. (Escono incro­ciando Donna Adele, X, la Signora Bruna)

 

Donna Adele                - Tutto parla d'amore qua dentro.

X                                   - Estasiante.

Donna Adele                - Lo scriva. C'è troppo scetticismo nel mon­do. Si sospetta anche di chi compie opere benefiche. Non l'ho ancora vista prendere un pasticcino.

X                                   - Grazie, no.

Signora Bruna               - Un fioretto?

X                                   - Forse.

Donna Adele                - Dedicato a chi?

X                                   - Ai subnormali.

Donna Adele                - Manderò dodici bignè al loro ospizio e a nome suo.

X                                   - Ha letto nel mio cuore. (Donna Adele esce)

Signora Bruna               - Esagera.

X                                   - Per compiacere l'ospite.

Signora Bruna               - Attento a non insospettire.

X                                   - Grazie.

Signora Bruna               - Niente pasticcini?

X                                   - No.

Signora Bruna               - Vuol riempirsi d'altro? Cosa posso offrir­le io? Vediamo: ho rubato nei grandi magazzini, nei mer­catini, a un povero cieco, in libreria e naturalmente al casinò. Robetta. ma a raccontargliela pare qualcosa. Lo dirò alle amiche. Le troverò una buona clientela.

X                                   - Desidero amicizie.

Signora Bruna               - E tanti segretucci per riempire il pancino. Conosce mio marito?

X                                   - Di sfuggita. Lo apprezzo.

Signora Bruna               - Andreste bene insieme.

X                                   - Lei accresce la mia gratitudine.

Signora Bruna               - Non mi diventi odioso. Ride mai? Solo nelle feste comandate?

X                                   - Mai fuori servizio.

Signora Bruna               - Discreta. È già qualcosa. Dove pensa sia ora mio marito? Vediamo se davvero gli somiglia.

X                                   - Non vorrei pensare a suo marito adesso.

Signora Bruna               - Galante. O solo furbo? Il bello è che in questo momento mio marito non vuol pensare a sua moglie. Forse gli somigliate.

X                                   - A cosa vuol pensare invece suo marito?

Signora Bruna               - Al consiglio di amministrazione del mer­coledì. Gli è affezionato. Io non riesco ad essere altrettanto costante.

X                                   - Costante?

Signora Bruna               - Con i consigli di amministrazione miei. Debbo andare.

X                                   - A quale?

Signora Bruna               - Si bussa alla porta con discrezione per essere accolti con confidenza.

X                                   - Era una domanda innocente.

Signora1 Bruna              - C'è qualcosa di innocente in lei? Non mi deluda. A rivederci.

X                                   - Lo spero.

Signora Bruna               - Entrerà anche lei nel calendario delle abitudini. (Esce)

X                                   - Fiera di credersi utile e astuta la pollastra. Permettiamo al prossimo di fare la buona opera quotidiana e il cielo sarà con noi. Se le avessi detto che conosco il consiglio di ammini­strazione del mercoledì di suo marito si sarebbe sentita derubata. (Siede nella poltrona girandola. Resta nascosto dallo schienale) Non disturbiamo il passaggio e le omelie. (Entra il Professore, gli altri lo seguono in fila)

Un Tale                         - Se n'è andato?

Donna Adele                - Si, col tema.

Un Altro                       - Come svolto?

Donna Adele                - È stampa nostra.

Professore                     - Si faccia il punto. Situazione generale allar­mante. Corda tesa al limite di rottura. Cessata la solidarietà nel pubblico interesse. Dalla assistenza si tracolla nella rapi­na. Non prendete esempi. Si svaluta la materia prima e suc­cedanei l'uomo parauomo pseudonimo. Lo sfruttamento scon­fina nella distruzione, si inaridiscono le fonti della ricchezza. Signori, tubercolotici inabili pensionati alluvionati subnor­mali illegittimi vanno coltivati non spenti. Il margine è ab­bastanza largo perché dalla benemerenza giustamente pre­miata non si cada nello scandalo.

Professore                     - Qui tracollano i valori.

Un Terzo                       - Se ne vadano a puttana.

Signora Adele               - Ve ne prego miei signori.

Un Tale                         - Fatti in là vecchia ruffiana.

Un Altro                       - Non si appalta con un patto che diventerà ricatto.

Senatore                        - Chi ti appalta non si frega con imbrogli dà bottega.

Signora Adele               - Quattro o cinque canastoni per alleggerire i cuori?

Senatore                        - Non ci rompere i coglioni.

 

Professore                     - Controllate l'egoismo che va capitalizzato.

Un Terzo                       - Il mio pane è l'altruismo.

Un Tale                         - Porco ipocrita.

Un Terzo                       - Castrato.

Professore                     - Alt. A che gioco giochiamo e per chi? Disu­niamoci e il bisogno sfrenato scenderà in piazza per cercar di curarsi da solo. Indi sovvertimenti e lutti. Non dimenti­chiamo le nostre responsabilità civiche.

Signora Adele               - Canasta civica?

Gli Altri                        - Fuori. Via. (Signora Adele esce)

Professore                     - Badate: ho il presentimento di calci nel se­dere. La Causa non si lascia tradire dalle vostre intemperanze. La Causa e chi per lei ha occhio e piede pronti. Vi si sbat­terà sul marciapiede.

Un Tale                         - Diamo spettacolo gratis.

Un Altro                       - A chi? (Si sono accorti di X)

Professore                     - A un estraneo, dunque a un nemico.

Senatore                        - Non l'abbiamo già visto in qualche posto?

Un Terzo                       - La sua memoria fa acqua. È il giornalista.

Un Tale                         - Dorme.

Professore                     - O finge.

X                                   - (alzando il viso) Soffro.

Un Tale                         - Di che?

X                                   - Di voi.

Un Tale                         - Come si permette?

Un Altro                       - Il suo giornale è dei nostri?

X                                   - I giornali possono cambiare. Io no. Ascoltandovi sof­frivo. Anche i miei ideali vi sono affidati.

Un Tale                         - Elettriche? Minerarie?

X                                   - Ideali di ieri e domani. Voi: ponte sopra o galleria sotto il presente a reggere la fede. Voi: arcate o sostegni. Do­vete resistere, se no la rovina preparata per il nemico ci seppellirà.

Un Tale                         - Professore, ti soppianta: ci fa la predica.

Professore                     - O la corte.

Un Altro                       - Che vuole?

X                                   - Nulla.

Professore                     - È troppo.

X                                   - Troppo se mancate alle attese. Operate senza dimen­ticare che dovete arrivare dove partiste, e che la vostra pro­sperità protegge come la polpa il seme, il nucleo ideale che feconderà il domani.

Un Tale                         - Mica male.

Professore                     - Ammissibile. Passabile.

X                                   - I vostri dissensi non sono dannosi finché suscitati dalla varietà degli interessi comuni. È placido chi dorme o è mor­to. La vostra vitalità conforta la fiducia nella riaffermazione dei valori necessari da celare o camuffare fino al tempo giusto, se no ci tradirebbero. Ma il dissenso non traligni in discordia, la discussione in avversione. La speranza di chi crede in voi perirebbe con la vostra fortuna.

Un Tale                         - Mi dà fiducia.

X                                   - Non chiedo la vostra fiducia, pretendo meritiate la mia.

Un Tale                         - (al Professore) Un emissario segreto.

Professore                     - Una spia dei presidenti in capo?

X                                   - Voi custodite le aspirazioni mie.

Un Altro                       - Che volete perché vi meritiamo?

X                                   - Fedeltà ai principi, consolidamento delle posizioni.

Un Tale                         - (al Professore) Convinto?

Professore                     - A metà. (Ad X) Giovanotto, passerete altri esami.

X                                   - Non cerco promozioni.

Un Altro                       - Tiriamo le somme?

X                                   - Non ho conti da rendere né da chiedere. Una speranza da esprimere. Non deludete chi ambisce servire con dedi­zione i sacri principi che vi furono affidati. (Si inchina. Se ne va)

Senatore                        - Si, debbo averlo incontrato nel salotto di Donna Adele.

Professore                     - Dosi meglio l'idiozia; potrebbe farsi dannosa.

Un Tale                         - Che venga dagli acciai o dagli zuccheri?

Professore                     - Ha parlato tutta sera con i cementi. (Rientra Donna Adele)

Donna Adele                - Amici miei mi fate compagnia?

Un Tale                         - Donna Adele lei proprio ci trascura.

Donna Adele                - Vi ho preparato il tavolo. Stasera si gioca per la rubrica "Cuore della città".

Parte seconda

Da X - il quale sta scrivendo schede. La cartelliera dipinta si è fatta più grande. La Portinaia spazza.

Portinaia                        - Sempre scrivere. Beata me che non me l'hanno

insegnato.

 

X                                   - (mugolio)

Portinaia                        - A leggere, mi dicevano quando ero piccola, si imparano porcherie. A scrivere si fanno.

X                                   - (mugolio)

Portinaia                        - Mio cognato sa leggere e scrivere.

X                                   - (mugolio)

Portinaia                        - Il lattoniere. Lei cosa scrive?

X                                   - Porcherie.

Portinaia                        - Vede?

X                                   - Ma non mie.

Portinaia                        - Anche mio cognato dice cosi quando fornisce ragazze ai pezzi grossi.

X                                   - Agli altri lattonieri?

Portinaia                        - Gente che macina milioni. Guadagna bene ma non dà un soldo in casa             - perché resti onorata         - dice.

X                                   - Che gente?

Portinaia                        - Da quattrini.

X                                   - Per esempio?

Portinaia                        - Che esempio?

X                                   - Nomi.

Portinaia                        - Mica li so. Aveva un cliente anche in questa casa. Al primo piano: quello del cinema.

X                                   - Cosi si serve di voi.

Portinaia                        - Di me? Lei è matto. Sono onesta. Non pen­savo che dietro le ragazze ci fosse mio cognato, e lo vedo una volta infilarsi dentro con una. Quando usci si prese la mia scopa in testa.

X                                   - Vive solo?

Portinaia                        - Chi?

X                                   - Il cinema.

Portinaia                        - Qui sì ma ha tre mogli tutte legittime. Qualche volta chiama mia figlia per le pulizie.

X                                   - E fa del cinema.

Portinaia                        - All'ingrosso. Con elefanti, romani, donne stese sui tavoli. Adopera anche Mosè.

X                                   - Vostro cognato è un maiale.

Portinaia                        - Bella scoperta.

X                                   - Di quei maiali che servono.

Portinaia                        - Non a mia sorella però.

X                                   - Vostra sorella deve purificarsi nelle sofferenze. Che pretende più del paradiso?

Portinaia                        - Mi sfotte?

X                                   - Può darsi che lo incontri, vostro cognato, e lo con­vinca ad esser buono in famiglia.

Portinaia                        - Adesso si che la ritrovo uomo per bene. I di­scorsi di prima non mi erano piaciuti.

X                                   - Dimenticateli e tornate di sotto.

Portinaia                        - Dimenticavo davvero qualcosa. L'ha cercata uno.

X                                   - Uno?

Portinaia                        - Del suo paese.

X                                   - Il mio paese ha trecentomila abitanti. Chi era?

Portinaia                        - Non l'ha detto.

X                                   - Com'era?

Portinaia                        - Patito.

X                                   - Non ci sono per la gente patita. Vada all'ospizio.

Portinaia                        - Non domandava elemosina ma informazioni.

X                                   - Mie?

Portinaia                        - Con molto riguardo. Diceva di conoscerla da un pezzo. Non ne pareva contento.

X                                   - Che gli avete detto?

Portinaia                        - Che non so niente.

X                                   - Se torna io ho cambiato casa.

Portinaia                        - Come vuole.

X                                   - Mandatemi vostra figlia.

Portinaia                        - Perché?

X                                   - Ho bisogno.

Portinaia                        - Quale?

X                                   - La fate lunga.

Portinaia                        - Posso sapere a che bisogno serve mia figlia?

X                                   - Mi prendete per vostro cognato?

Portinaia                        - Sotto le braghe tutti gli uomini somigliano.

X                                   - Non è questione di braghe ma di colletti. Fa o no la camiciaia? E viene si o no a imparare il francese da me?

Portinaia                        - Bene bene, ora viene. (La Portinaia esce. X torna al lavoro. Sente salire la ragazza. Va alla finestra vol­tando le spalle. Entra la Ragazza)

Ragazza                        - Cosa desidera? (X non risponde) Eh? (idem) Dico a lei. È diventato sordomuto? (X si volta tetro e so­lenne)

X                                   - So tutto.

Ragazza                        - Di che?

X                                   - Di te.

Ragazza                        - Beh?

X                                   - Tutto, dico.

Ragazza                        - Nome cognome paternità indirizzo.

X                                   - Non scherzo.

 

Ragazza                        - Ma che ha da sapere?

X                                   - Cosa andavi a fare al primo piano?

Ragazza                        - Al primo piano?

X                                   - Dal cinematografaro.

Ragazza                        - Beh, pulizie.

X                                   - (braccia al cielo) Le chiama pulizie. Anche quando vieni da me dici che fai pulizie?

Ragazza                        - E studio francese.

X                                   - Confessi dunque.

Ragazza                        - Che le prende?

X                                   - (implacabile) Cosa andavi a fare dal cinematografaro?

Ragazza                        - L'ho detto.

X                                   - No.

Ragazza                        - Allora dica lei.

X                                   - O potrebbe dirlo tuo zio. Il lattoniere.

Ragazza                        - Il lattoniere non dice niente.

X                                   - Perché non gli conviene.

Ragazza                        - Sono minorenne.

X                                   - Hai confessato. Hai confessato. Ed io credere. Illudermi. Se la tua povera madre sapesse.

Ragazza                        - (indifferente) Mia madre poi.

X                                   - La madre è sacra e tu non sei degna di nominarla. Perché l'hai fatto sciagurata? Di' qualcosa. (La Ragazza tace più interdetta che spaventata) Nulla. Neppure una lacrima. Che sconcezza.

Ragazza                        - Ma lei non mi ha sempre chiesta la stessa cosa?

X                                   - La stessa cosa? Ti ho mai pagata io sciagurata? Mentre là sotto per pochi soldi.

Ragazza                        - Pochi soldi poi no. Per chi mi prende?

X                                   - Mazzata sopra mazzata.

Ragazza                        - Io non credevo che lei facesse sul serio.

X                                   - Io faccio tutto sul serio.

Ragazza                        - (piange) Come mi dispiace. Come mi dispiace. Non lo sapevo. Mi avrebbe anche sposata?

X                                   - Forse, in un futuro.

Ragazza                        - Che peccato. Vorrei tornare indietro.

X                                   - Impossibile.

Ragazza                        - E dire che lei non mi piaceva neppure.

X                                   - E gira anche il coltello nella piaga.

Ragazza                        - Stavo con lei perché è povero e anche brutto e volevo fare una buona azione.

X                                   - Adesso esageri.

Ragazza                        - E c'erano le lezioni di francese da ricambiare.

X                                   - Conto a parte quelle.

Ragazza                        - Debbo pagarle?

X                                   - No. Ma io stavo con te perché tu non pensassi di dover­mi della gratitudine.

Ragazza                        - Anche lei per fare opera buona.

X                                   - Ci stavo volentieri.

Ragazza                        - E mi diceva tante belle cose morali. (Singhioz­za) Sono disonorata. (Curiosa) Sono disonorata?

X                                   - Hai fiducia in me?

Ragazza                        - Sì. Mi vorrà ancora?

X                                   - Se lo meriti. Ma devi migliorare.

Ragazza                        - Come?

X                                   - Confessa e pentiti.

Ragazza                        - (in ginocchio) Mio Dio mi pento dei miei pec­cati, li odio e li detesto...

X                                   - Eh no. Prima vuotare il sacco dei panni sporchi. Vai ancora là sotto? .

Ragazza                        - No. Ho litigato.

X                                   - Spero di riportare un poco di innocenza nel tuo animo se lo sgombererai delle sudicerie che vi si erano am­mucchiate. Vuoi buttarle fuori?

Ragazza                        - Si.

X                                   - Tutte: da quelle di tuo zio a quelle dei signori che serve e delle ragazze che lo servono.

Ragazza                        - Ne sentirà delle belle. (Ride) Delle bellissime.

X                                   - Contegno. Ascolto. (La Ragazza comincia a parlargli all'orecchio, X ascolta, le mani giunte e gli occhi al cielo. Musichetta. La tenda si chiude. Entrano il Vecchio e l'Uomo Patito)

L’uomo Patito               - Il posto non è brillante ma sono soddi­sfatto.

Vecchio                         - Fame allontanata, appetito assicurato.

L’uomo Patito               - È un passo.

Vecchio                         - Lo si marca per anni. Fra un scatto e l'altro.

L’uomo Patito               - Si vive.

Vecchio                         - Se le basta.

L’uomo Patito               - Non mi sono ancora riabituato a vivere. Ogni giorno resta a sé e "domani" seguita ad essere una paro­la imprudente.

Vecchio                         - Lo cerca ancora?

L’uomo Patito               - L'ho trovato.

Vecchio                         - Allora?

L’uomo Patito               - Non so.

Vecchio                         - L'ha cercato, l'ha trovato e poi?

L’uomo Patito               - Non so.

Vecchio                         - Prima lo sapeva?

L’uomo Patito               - Credevo di saperlo. Feci un giuramento.

Vecchio                         - A chi?

L’uomo Patito               - A dei morti. (Escono. Si riapre la tenda sull'alloggio di

X                                   - X sta annotando su una agenda)

X                                   - "Ne sentirà delle belle". Robetta. Le ragazze si monta­no la testa; chissà cosa credono di essere e di fare e per que­sto i farabutti ne approfittano. Robetta. Quattrinai senza luce di coscienza né ambizioni. Invulnerabili. Zavorra di­sgustosa. Non inutile alla collezione ma l'entomologia vuol molta pazienza e stomaco robusto. Forse il cinematografaro può servire. La ragazza per penitenza reciterà due verbi irre­golari e mi cucirà una camicia. (Bussano. Con un sussulto) Chi è?

Signora Bruna               - Io.

X                                   - (intasca l'agenda) L'istitutrice. (Va ad aprire)

Signora Bruna               - Deciditi a cambiar casa.

X                                   - Perché?

Signora Bruna               - È imprudente ostinarsi nella povertà. Co­me giustificherai la ricchezza futura?

X                                   - L'avrò?

Signora Bruna               - Non la vuoi?

X                                   - Qualcosa di più.

Signora, Bruna              - Cioè?

X                                   - Le mie ambizioni non sono di questo mondo.

Signora Bruna               - Che imbroglio è?

X                                   - Miro in alto.

Signora Bruna               - A chi?

X                                   - Non per tirar giù nessuno.

Signora Bruna               - Per farti tirare su. Fuori da questo mondo.

X                                   - All'incirca.

Signora Bruna               - Per un momento rispondimi senza mentire.

X                                   - Non mi conosci. Non mento mai. Sono fedele ad ogni momento e persona e situazione. Muto non mento. Domanda.

Signora Bruna               - È stato un caso incontrarmi?

X                                   - No.

Signora Bruna               - Mi conoscevi?

X                                   - Si.

Signora Bruna               - Dove mi avevi vista?

X                                   - In una fotografia.

Signora Bruna               - Mi giudicasti utile.

X                                   - E piacevole.

Signora Bruna               - Chi aveva la fotografia?

X                                   - Segreto. Capito. Come te la passi al giornale? Sei molto in buona col direttore.

Signora Bruna               - Uomo o donna?

X                                   - Uomo. Signora Bruna

X                                   - Mi serve. Signora Bruna

X                                   - Come lo sai?

Signora Bruna               - Dalle confidenze che ti fa. (Lui, in guar­dia, risponde con un mugolio) Che ti ha raccontato di me? (Lui alza le spalle) Bari. Stai troppo ad orecchie tese. Caro eccoti la chicca: sono stata a letto col tuo direttore ma è acqua sporca passata. Se vuoi puoi rovesciargliela addosso. Privatamente. (Trova il binocolo e va alla finestra a guarda­re intorno) Non deve servire solo a contare piccioni e cam­panili. Con questo miri il bersaglio? (X glielo toglie) C'è qual­cosa che non dovrei vedere? Sono maggiorenne.

X                                   - Seguita il discorso.

Signora Bruna               - Tu glielo ricordi fra una notizia e l'altra aggiungendo che la voce potrebbe insinuarsi nella anticame­ra della Eccellenza mio marito che, come è noto, sta risalendo la corrente. La corrente vincente del partito. Ti è noto?

X                                   - Poi?

Signora Bruna               - Una nomina a redattore capo.

X                                   - Non sono un ricattatore.

Signora Bruna               - Già, dimenticavo.

X                                   - Perché mi dici queste cose?

Signora Bruna               - Dedizione. Ti affido il mio onore e il de­stino di un dicastero. Per il direttore di un giornale sono poi notizie utili.

X                                   - Allora non ci sei stata con lui.

Signora Bruna               - Ma sf piccolo farabutto mio. Non ho pen­sato a lui quando hai parlato di una fotografia? Che invece hai vista da... Non pretendere che ti sfogli davanti le mie agende.

X                                   - Non pretendo niente.

Signora Bruna               - Io si: che tu mi racconti come resterà il direttore.

X                                   - Perché?

Signora Bruna               - Piccole vendette femminili. Che ti gio­veranno al giornale.

X                                   - Lo lascio.

Signora Bruna               - Ancora più divertente. Scappi al diretto­re quando vorrebbe tenerti per il collo. Mi racconterai?


X                                   - Se gli parlerò.

Signora Bruna               - Gli parlerai, gli parlerai. Adesso stiamo zitti per un poco. (Lo abbraccia. Si chiude la tenda. X ne esce subito raddrizzandosi il nodo della cravatta)

X                                   - Si fa seccante, invadente, confonde il lavoro. Ha da pensare solo a se stessa gli altri non la interessano se non come gioco. Manca di senso sociale. Chiede al mondo di recitarle buffonate per non farla sfigurare. Non lo accetta come cosa seria che esige tutto da noi aperti a ricevere i suoi doni e le sue pene. Non ha più niente da darmi solo rischi inutili. Basta. (È entrato l'Uomo Patito. Resta nell'ombra; come X si muove lo segue. X si arresta cosi l'altro)

X                                   - Chi è quello? Che vuole? (Si muove ancora. L'altro lo segue)

X                                   - Che vuole? Dio a lei. Elemosina? E allunghi la mano ma non ho spicci. (1j guarda ancora con timore) Se fosse... (Forte) Se ha da dire qualcosa, dica. (Ma non gli si avvicina) Non tollero di essere seguito come un... E da chi? Da chi? Da chi? (L'Uomo Patito volta le spalle ed esce lento. Si asciuga il sudore) Se è lui... Ma chi è più, lui? (Entra sulla predella la scrivania del Direttore. Si ferma. X vi monta)

Direttore                       - Perché sudato?

X                                   - Un po' di moto.

Direttore                       - Correva o scappava?

X                                   - Da chi?

Direttore                       - Non glielo domando. Deciso a lasciarci?

X                                   - Con rincrescimento.

Direttore                       - Sincero?

X                                   - No.

Direttore                       - Che le mancava?

X                                   - Fiducia.

Direttore                       - Non ne aveva abbastanza?

X                                   - Sbagliavo?

Direttore                       - No. È il gioco della verità?

X                                   - Che apprezzo tempre. Se avessi voluto avrei conquista­ta la sua fiducia completa e qualche altra cosa.

Direttore                       - Perché non l'ha voluto?

X                                   - Preferisco i sentimenti spontanei. Nella mia condizione di subalterno ciò che le avrei detto sarebbe parso vile, bas­sa rivincita da sovversivo volgare. Minaccioso e losco.

Direttore                       - Chiarisca.

X                                   - Ho conosciuto la moglie di un uomo eminente e che lo sarà ancor più domani.

Direttore                       - Ebbene?

X                                   - Mi ha confidato di esser stata la sua amante.

Direttore                       - Chi è?

X                                   - La moglie di (gli sussurra il nome all'orecchio)

Direttore                       - Lei mente.

X                                   - Io no forse la signora.

Direttore                       - Perché queste confidenze a lei?

X                                   - Mi capitò di accompagnarla a casa una sera che aveva bevuto molto. Sapendomi di questo giornale mi raccontò...

Direttore                       - Cosa?

X                                   - Per esempio che lei ha un neo sopra il sedere e se lo fa pungere con un ago d'argento come si usava nel medioevo per assicurarsi che non fosse la ditata del diavolo.

Direttore                       - Questo, dice?

X                                   - Dubbi di coscienza che le fanno onore e dimostrano come il suo orientamento politico di intransigenza sia intima­mente convinto e sofferto.

Direttore                       - Il suo parere sulle streghe e sui maghi?

X                                   - C'erano poiché i roghi si accesero.

Direttore                       - Ed ora?

X                                   - Bisognerebbe riaccenderli.

Direttore                       - Mi vorrebbe bruciare?

X                                   - No. Il suo neo dà sangue nel modo giusto.

Direttore                       - Ha detto anche questo?

X                                   - Onestamente.

Direttore                       - Che altro?

X                                   - Sciocchezze. Ma distrugga ciò che potrebbe provarle. La signora mi pare almeno imprudente. Creda se vuole: ho anticipato le mie dimissioni per informarla di questa faccen­da. Ora la saluto.

Direttore                       - Non dobbiamo lasciarci cosi ma tenerci d'oc­chio. Non sono un ingrato. Lavoreremo ancora insieme. Fuori di qui; ma da qui partono fili e redini. Abbiamo - dico abbiamo - bisogno di gente fidata.

X                                   - Tutta la società?

Direttore                       - Tutta la onorata società. A rivederci amico. (X scende dalla predella. Il Direttore apre un cassetto, ne to­glie lettere, fotografie, giarrettiere, straccia, lacera, cestina)

Direttore                       - Accidenti a te, accidenti a te, accidenti a te. (Intanto il carrello se lo porta fra le quinte. Anche X è uscito. Entra da sinistra una panchina da giardini; da destra i due giornalisti che vi siedono. II.Il" sta ordinando appunti) 1

1° Giornalista                - Sei colpi di pistola per vecchi rancori. Rancori antidiluviani: di vent'anni fa. Vent'anni fa di questa stagione venivo qua a leggere i miei primi romanzi polizieschi. Wallace, Arsenio Lupin.

1° Giornalista                - Ti sei fatto dai classici.

1° Giornalista                - C'era anche la guerra. Vidi un rastrella­mento. La gente si lasciava rastrellare.

1° Giornalista                - Che poteva fare?

1° Giornalista                - Non lasciarsi rastrellare.

1° Giornalista                - Già i bambini ragionano bene.

11° Giornalista              - Tu non lo eri più.

1° Giornalista                - Da un pezzo.

1° Giornalista                - E come ragionavi?

1° Giornalista                - Purtroppo ero cresciuto.

11° Giornalista              - (torna agli appunti) Abbiamo un suicidio per rimorso. Un titolo patetico?

1° Giornalista                - C'è ancora da sperare nella vita se ci si ammazza per rimorso.

1

1° Giornalista                - Troppo lungo. E sarebbe un invito al sui­cidio collettivo.

1° Giornalista                - Per uno che muore di rimorsi un milione sa camparci sopra. I rimorsi insegnano a non inciampar più nella coscienza.

1

1° Giornalista                - Vuoi tradurre?

1° Giornalista                - Per la cronaca nera: cinismo ributtante, ma anche per la cronaca bianca.

1

1° Giornalista                - Dove è andato a finire Cronaca Bianca?

1° Giornalista                - È andato a cominciare.

1° Giornalista                - Traduci.

1° Giornalista                - Fa il fiduciario.

1° Giornalista                - Di chi?

1° Giornalista                - Personaggi insigni.

1° Giornalista                - Cosa gli affidano?

1° Giornalista                - Porcherie.

1° Giornalista                - E lui ci campa?

1° Giornalista                - Ci cresce. Ecco un esempio. (Entra X compunto, le mani giunte, il mento sul petto. È cresciuto, in­fatti. Gonfiato. Lo accompagna Un Tale)

Un Tale                         - Il dovere è resistere per ricondurre il popolo alla saggezza. Mi ascolta?

X                                   - (con doloroso stupore) Sono tutto aperto ad accoglierla. Versi. Versi.

Un Tale                         - Non vi sono azioni negative per chi vuole mu­tare un mondo di negazioni. Negare per redimere. Ma chi vuole la mia rovina...

X                                   - È nemico o traditore o incosciente.

Un Tale                         - Apre una breccia nei valori. La difesa è più che legittima.

X                                   - Doverosa anche per salvare chi offende senza saper ciò che fa.

Un Tale                         - Mi trovai stretto fra muro e coltello. Ma cono­sco il mestiere e la vita. Il coltello cambiò mano, l'auto­strada cambiò strada.

X                                   - Ma non la meta suprema.

Un Tale                         - Mai. Non tradisco, perseguo. Non mi perse­guiti però chi persegue con me. Chiusi la breccia, crollo in borsa, massacro fra le formiche - le formiche han da far le formiche non i formicaleoni - azioni recuperate. Ma fui costretto ad altro. A lei posso confidarmi.

X                                   - Versi. Come in una urna.

Un Tale                         - Diamoci del tu.

X                                   - Grazie. Il mio cuore è tuo. (Escono)

1° Giornalista                - Che sta facendo?

1° Giornalista                - Raccoglie e semina.

1° Giornalista                - Traduci.

1° Giornalista                - Basta. Cresci.

1° Giornalista                - Non ne ho voglia. (Guarda l'orologio) So­no in ritardo. Vieni?

1° Giornalista                - Verrò.

1

1° Giornalista                - Fai sempre più tardi. Attento.

1° Giornalista                - Non ne posso più di stare attento. Ciao. (Il II" Giornalista se ne va fischiettando. Il I" si accorge di qualche foglietto dimenticato sulla panchina) Ehi beccamorti dimentichi la merce per la strada. (Osserva gli appunti) Calli­grafia da squartatore. (Legge borbottando) Assegni a vuoto. Corruzione di minorenni. Tentato ricatto... (Se li mette in ta­sca. Rientra X con Un Altro. X è ingrossato ancora)

Un Altro                       - Avevo fatto la fortuna degli altri, gli altri vo­levano la mia rovina.

X                                   - Assurdo ed immorale.

Un Altro                       - E idiota. Non ci si impicca fra alleati. Dovevo difendermi.

X                                   - Anche per chi ti offendeva.

Un Altro                       - Per tutti.

X                                   - Grazie.

Un Altro                       - Stretto fra il muro e il coltello. Correvano all'arrembaggio della mia flotta. Sono sprofondati. Ma i fon­di miei stanno a galla e al sicuro anche dalla legge nemica che ci vuol governare. Ti deprimo?

 

X                                   - Mi accresci. Versa, versa.

Un Altro                       - La legge della carovana va intesa con accor­tezza. Se cadi ti saltano addosso e ti spolpano fino all'osso sacro per salvare il salvabile. A fin di bene e va bene: ma qualche volta per troppo zelo ti spolpano vivo.

X                                   - Lo zelo cieco si fa arma del nemico.

Un Altro                       - Perché mi si sappia ben vivo e operante con­servo molte carte.

X                                   - Pericolose. Al sicuro?

Un Altro                       - Non abbastanza. Da te lo sarebbero.

X                                   - Da me?

Un Altro                       - Ti tiri indietro?

X                                   - Portamele.

Un Altro                       - Garantiscono il futuro. Anche il tuo.

X                                   - Non ho ambizioni. Mi basta aiutare la legittima poten­za del mondo. Meritare la stima degli uomini di valore. (Escono. Il 1° Giornalista rilegge gli appunti dell'amico. Rientra X solo. Ancora cresciuto)

F Giornalista                 - Amico.

X                                   - (annoiato) Come stai?

F Giornalista                 - Male.

X                                   - Bene.

F Giornalista                 - Puoi aiutarmi.

X                                   - Sbagli.

F Giornalista                 - Certi consigli possono venir solo da certe esperienze.

X                                   - Sempre maligno.

F Giornalista                 - No. Ho imparato ad apprezzarti. Ascoltami. Quando si è presi fra muro e coltello si ha o no il diritto di difendersi?

X                                   - Secondo il muro ed il coltello.

F Giornalista                 - Se chi mi sta addosso e crede di farmi fuo­ri come una formica ma si trova poi davanti a certi assegni a vuoto a certe lettere che un tempo ebbe la debolezza di scrivere. Capisci?

X                                   - Hai armi per difenderti e non sai usarle.

F Giornalista                 - Vuoi conoscerle?

X                                   - Quanto è potente l'avversario?

F Giornalista                 - Quanto il padrone di un giornale che co­nosci.

X                                   - Che hai fatto perché si sia accorto di te?

F Giornalista                 - Nulla. Esisto.

X                                   - Male. Hai sempre puzzato d'opposizione.

F Giornalista                 - Pure quella roba non è passata all'oppo­sizione ed io sono in bolletta. Prestami diecimila.

X                                   - E vecchia la roba?

F Giornalista                 - Sempre buona.

X                                   - Mostramela.

F Giornalista                 - Non giro con questa merce in tasca. Die­cimila?

X                                   - (gli dà le diecimila lire) Mi cavo il pane dalla bocca ma voglio aiutarti a vincere le tentazioni pericolose. Portamela.

F Giornalista                 - Che cosa?

X                                   - Quella roba. Non sapresti custodirla né usarla.

F Giornalista                 - Quale roba?

X                                   - Gli assegni, le lettere.

F Giornalista                 - Già. Ripensandoci: non riguarda il pa­drone ma sguatteri dei bassifondi. Robetta da nera: la vedrai domani in cronaca. Grazie dell'assistenza. (Esce fi­schiettando. X si comprime il petto a mani giunte)

X                                   - Ladro, vigliacco, assassino. Resisti cuore. Curvati fron­te. Gli spezzerò le reni. (Entrano Danna Adele e il Senatore)

Donna Adele                - Lo guardi senatore.

Senatore                        - Chi?

Donna Adele                - Il nostro amico, il nostro confidente.

Senatore                        - Mai visto.

Donna Adele                - Un sant'uomo.

Senatore                        - Che fa?

Donna Adele                - Prega. Forse per noi.

Senatore                        - Chi glielo ha chiesto? Io ho i miei santi.

Donna Adele                - Sono anche i suoi, perché lui è dei nostri.

Senatore                        - Quale legislatura?

Donna Adele                - La prossima. Spira bontà e fiducia. Un grande consolatore.

Senatore                        - Impostore?

Donna Adele                - Sordo e blasfemo. (Si accosta ad X che non se ne accorge. Lo sfiora con due dita che poi bacia. Esce tra­scinandosi dietro il Senatore)

X                                   - Diecimila lire. Rubarle a me. Pezzente, morto di fame, scribacchino, sovversivo. Sovversivo? (Sorride) L'incorrotto s'è fatto canaglia per giocarmi. Non mi si gioca. Chi è rima­sto in trappola? Ti sei venduto come una puttana. (Entra l'Eccellenza, frettoloso)

Eccellenza                     - Che pensi?

X                                   - A chi tradisce.

Eccellenza                     - Donne?

X                                   - Uomini che si credevano onesti.

Eccellenza                     - Eterna illusione. Che pretendi?

X                                   - Nulla. Il mondo è perfetto nelle sue imperfezioni che ci consentono di perfezionarci correggendole. Il governo?

Eccellenza                     - Nasce.

X                                   - Dicastero sicuro?

Eccellenza                     - Non cerco posti in vista. Aborro la vanità.

X                                   - Conta l'utilità. Lavori statali?

Eccellenza                     - Per sapere sempre di dove vengono le pietre che costruiscono la nostra casa. Quella è mia moglie.

X                                   - Onorato di conoscerla.

Eccellenza                     - Hai conosciuto anche un'altra signora.

X                                   - Nessun'altra signora.

Eccellenza                     - Grazie. (Entra la Signora Bruna)

Signora Bruna               - Come mai all'aperto?

Eccellenza                     - Fra una seduta e l'altra. Ti presento...

Signora Bruna               - Non ci siamo già conosciuti?

Eccellenza                     - Dove?

Signora Bruna               - Da Donna Adele. (A X) Abbia la cor­tesia di ricordarsene.

X                                   - Non ho mai smesso di ricordarmene.

Signora Bruna               - Senza esagerare.

X                                   - (all'Eccellenza) Non sapevo fosse la tua signora. Ral­legramenti.

Signora Bruna               - Già al tu?

Eccellenza                     - Che significa "già"?

Signora Bruna               - Il signore non è qui da molto tempo credo.

Eccellenza                     - Ci si può intendere al primo incontro.

Signora Bruna               - Intendersi e fidarsi.

Eccellenza                     - Tanto da consegnargli la propria moglie. Sono in ritardo. A presto.

X                                   - A presto.

Signora Bruna               - Riguardati caro. (L'Eccellenza esce. Ad X) Carogna.

X                                   - Perché?

Signora Bruna               - Non dicevi di conoscerlo.

X                                   - Sono fatto a compartimenti stagni per non andare a fondo con tutto il carico al primo urto.

Signora Bruna               - Conosci la sua amante?

X                                   - Ha una amante?

Signora Bruna               - Farabutto.

X                                   - Perdi la linea.

Signora Bruna               - Tu perdi me. Il tuo ex direttore mi ha telefonato.

X                                   - Si?

Signora Bruna               - Mi hai fatto passare per una alcolizzata delirante.

X                                   - Dovevo dirgli che frequenti anche il mio letto? Non me l'avrebbe perdonato.

Signora Bruna               - Questo volevo.

X                                   - Rendermelo nemico?

Signora Bruna               - Abbassarlo al tuo livello.

X                                   - Ma lo conosci il mio livello?

Signora Bruna               - Come potrò elevarmi al tuo cospetto?

X                                   - Chiedilo al tuo assistente spirituale.

Signora Bruna               - Vaneggi?

X                                   - Apprezzo tuo marito e tuo marito viene dalla mistica. t Vogliamo tenerla distinta dai cementi?

Signora Bruna               - Distintissima. Addio.

X                                   - Per sempre addio. (La Signora Bruna esce) Il disordine dei rapporti può riuscir funesto cosi la eterogeneità dei sen­timenti su un oggetto comune. Venisse lei pure dalla mistica un accordo sarebbe più facile. Ma io indulgo troppo a me t stesso, mi perdo nella cronaca personale. Debbo pulirmi da queste scorie, dalle debolezze e dagli appetiti che possono disarmarmi. (Si affaccia la Ragazza)

Ragazza                        - Ps. ps.

X                                   - (sussultando) Chi è?

Ragazza                        - L'aspetto su.

X                                   - Vade retro.

Ragazza                        - Cosa le piglia?

X                                   - Inutile tentarmi.

Ragazza                        - Ma che dice?

X                                   - Non esisti più per me. (Con dolcezza) Si puoi esistere. Come puro strumento.

Ragazza                        - Che vuol dire?

X                                   - Un tramite fra me e il bene comune. Non tornerai più nel mio letto ma scegli bene quelli degli altri.

Ragazza                        - Accidenti a me se la capisco.

X                                   - Ti darò degli indirizzi. Ti guiderò alla saggezza e alla pubblica utilità. Vai.

Ragazza                        - Su?

X                                   - Giù. (La Ragazza se ne va frastornata) Addio letti e divaghi e smemorate dolcezze. Non dovrò più cedere a me stesso. Addio me stesso. Vuotiamoci fino alla pelle per dar posto agli altri. Dilatiamoci annullandoci. E liberiamoci dalla terra e dalle radici che affondano nel suo umore vitale. Non servono più. Mi e nata una criniera di tentacoli e ognuno ha una ventosa vellicante suadente che si insinua negli altri e pompa, risucchia. Cresci vaso d'elezione. Assorbo rimescolo impasto. Formo. In me i contrasti si accordano gli odi si muta­no in complicità gli interessi si compenetrano e completano l'imbecillità si impreziosisce. In me si identificano le utilità reciproche e., quindi collettive. Sono l'ospite necessario, il punto d'incontro inevitabile, il quadrivio volontario, il casino, il corridoio dei passi perduti, la borsa, il tavolo dei consigli di amministrazione e dei banchetti, sono la bandiera di ognuno. Sono lo strumento della strumentalizzazione. Il distillatore dell'humus di ritorno; dallo sterco al progresso. Bando alle tentazioni per consistere nell'annientamento. L'ascetismo mi fa schiavo e signore. Sono forte come il nulla e dilagante come un tumore. (È entrato l'Uomo Patito, restando in ombra. X ha il solito sussulto:) Chi è? Ancora? Vogliamo presentarci? Si faccia avanti, non mordo e neppure abbaio. Si faccia cono­scere. (L'Uomo Patito avanza in luce) Ho visto. Poi? Gio­chiamo agli indovinelli? O agli spettri? Buffone. So che vivi e mi cerchi. Mi hai trovato. Poi? Che hai pensato di fare, da quando, dove? Perché? Sparare? (Intimorito) Non puoi. Non sei nato assassino tu. Giustiziere? Di quale giustizia? Di oggi o di ieri? Ma non combina più nulla fra ieri e oggi. Non siamo nemmeno parenti di quelli che fummo. Si sei uno spettro se ti fermasti ad allora. E in cerca di altri spettri - svaniti. Non saprei più dirti i miei pensieri di quel tempo re­ciso. Sbagliai ma a paragone di dopo. Riconosco tuttavia l'errore - la colpa, se la pretendi. Di averti fatto del male ma si campava a patto di nuocersi a vicenda. Sei stato e sarai sempre un rimorso; dovrebbe bastarti questa pena che mi ha mutato, rigenerato. Io sono la tua azione migliore. Vuoi ne­garla o distruggerla? Potresti gridare il mio delitto che non ha prove né testimoni. Denunciami o sparami e diverrai ciò che io fui - ma inutilmente perché non sarai nemmeno capito. Avrai invertito le parti, non il risultato. Ti perderai per dav­vero e per sempre. Inutilmente, ripeto, perché non siamo nulla e nessuno. Io sono nessuno, nessuno, nessuno... (L'Uo­mo Patito indietreggia e scompare. X siede spossato e si asciu­ga il sudore) Quanto son seccanti questi martiri mancati. Ma che vogliono ancora? Non le hanno già le lapidi? (Entra l'Eccellenza)

Eccellenza                     - Governo fatto.

X                                   - Alleluia.

Eccellenza                     - L'onestà si sposa all'utile...

X                                   - La devozione al progresso... '

Eccellenza                     - E ci condurrà per mano...

X                                   - Verso il bene comune...

Eccellenza                     - Anche contro chi non può goderlo...

X                                   - Perché non sa distinguerlo...

Eccellenza                     - Non sapendo immedesimarsi...

X                                   - Nell'unico avvenire...

Eccellenza                     - Ammesso e permesso. Ci sono imposte allean­ze. Necessarie ma imprudenti.

X                                   - Diventino necessarie per noi e imprudenti per loro. Necessarie ma disarmate.

Eccellenza                     - Non ci lasceremo accerchiare dagli alleati imposti...

X                                   - Ma non perderemo gli alleati naturali, artefici delle for­tune tradizionali.

Eccellenza                     - Teorizza.

X                                   - Solo chi ha il privilegio confermato dal potere di vi­vere nel bene qualunque cosa faccia può identificarsi nell'utile pubblico e privato. Ha il dovere di occupare ogni po­sizione, spalto, fortezza, torre, balcone... (Entra l'Uomo Pati­to con una cartella)

L’uomo Patito               - Onorevole.

Eccellenza                     - Chi siete?

L’uomo Patito               - Segreteria particolare. Una firma.

Eccellenza                     - Il primo collaboratore della mia nuova gior­nata. (Firma e lo congeda) Bravo. (L'Uomo Patito esce con un inchino. X si era girato per non farsi conoscere)

X                                   - Non fidarti.

Eccellenza                     - Lo conosci?

X                                   - Non recuperabile.

Eccellenza                     - La sua coscienza?

X                                   - Elementare e fuori quadro.

Eccellenza                     - Sarà arruolata ed istruita. Seguita.

X                                   - (riprende) ...Oltre il suo potere non può esservi sal­vezza ma la salvezza è donata dal suo potere. Perciò gli com­petono tutte le leve civili e militari, tutte le protezioni affin­ché protegga, tutte le responsabilità in cielo e in terra per cui ogni cosa deve avere il suo nome e ognuno meritarlo perché si viva nel giusto, nel vero... (Musica: una marcetta ora in sor­dina. Marciando l'Eccellenza esce e rientra seguito da Un Tale)

X                                   - ...in ogni pensiero, intenzione, azione, metallurgica, chi­mica, fondiaria, stradale, autostradale... (Escono i due, rientrano seguiti da Un Altro poi da Un Terzo)

X                                   - ...marittima, fluviale, aerea. In ogni ente statale, para­statale. Postale, telefonico, telegrafico, ferroviario, doganale. Per assicurare alla missione gli utili necessari ad arginare il sovvertimento e quindi la perdizione. Riaffermate in ogni mo­mento i principi immortali... (/ tre escono marciando, rien­trano seguiti dal Professore)

X                                   - ...i valori inequivocabili, intramontabili del passato e dell'avvenire affinché possiate... (I quattro escono e rientrano seguiti dal Senatore)

X                                   - ...combattere e vincere al grido di "Salviamo le vostre anime". E attraverso i normali, anormali, paranormali canali delle informazioni, delle formazioni... (/ cinque escono e rien­trano seguiti dal Direttore)

X                                   - ...delle stazioni televisive e termali e nella vigile atten­zione... (i sei escono e rientrano seguiti dal Senatore)

X                                   - ...delle menti più insonni ed alacri strenuamente votate all'umano progredire... (escono i sette e rientrano seguiti da Donna Adele)

X                                   - ...e dei patronati di salvataggio della giovane della vec­chia della infanzia abbandonata ma non abusiva e dei circoli di cultura sorvegliata di arte non degenerata di educazione rieducata. La coscienza dei vostri pupilli venga privata dal dubbio perché chi dubita si perde si fa strumento del nemi­co del regime e quindi del demonio. Siate come i forti buoi condannati alla greppia per fecondare la terra. Discendi co­pioso sterco balsamico della virtù a premiare la fatica dei tuoi protetti. Agite sicuri nell'arbitrio calcolato... (Ora le bat­tute sono rimandate dagli altri secche, perentorie, quasi mec­caniche. X conserva il tono lirico e dolciastro. Resta umil­mente in disparte)

                                      - e benemerito

X                                   - permesso dalla investitura legittima e benedetta meritata dai solidali e supremi interessi

X                                   - dal sacrificio nostro

                                      - rivolto al bene comune

X                                   - disciplinato dalla morale da noi amministrata secondo coscienza finanziaria

X                                   - affinché la politica non divenga

pubblica concubina

di chi la pratica

senza il nostro consenso.

Giustizia sociale.

Stretta osservanza.

Fedeltà.

Obbedienza.

Un miliardo.

Due.

Dieci.

Ripristinando.

Recuperando.

Ritornando.

Si torna sempre. (Marciano ora tacendo. Musica minaccio­sa. È rientrato l'Uomo Patito con altre carte. Davanti a quella gente che gli si dirige contro a passi martellanti ha un moto di antico, incontenibile terrore)

Chi è?

Che ha?

Se fugge è in colpa.

Confessa.

Cosa fuggi?

L’uomo Patito               - Fuggo quello che torna indietro.

Gli Otto                        - Noi torniamo avanti. (Escono. X li ha prece­duti. L'Uomo Patito resta solo, si osserva la mani che tremano. Entra e passa il Vecchio)

L’uomo Patito               - Ho paura come allora.

Vecchio                         - Se non cambi niente cambia.

L’uomo Patito               - Poter dimenticare per cambiare.

Vecchio                         - Quel che si dimentica ritorna; con travestimenti nuovi per non destare la memoria. (Esce il Vecchio)

L’uomo Patito               - Debbo liberarmi. Trovarlo. Affrontarlo. Rivelarlo. (Si apre la tenda: la scrivania col 1° Giornalista)

1° Giornalista                - Non è più qui ma qui è inattaccabile. Non lascia brecce dietro di sé ma trabocchetti e protettori. Ormai è difficile raggiungerlo nel letamaio- supremo.

L’uomo Patito               - Feci un giuramento fra i reticolati e da­vanti a una forca.

1° Giornalista                - Teme di non mantenerlo?

L’uomo Patito               - Si.

1° Giornalista                - Perché il nostro amico le fu nemico?

L’uomo Patito               - Per la mia pelle, il mio naso, il mio odore, il mio nome, la mia razza.

1° Giornalista                - Era ossequente alla legge.

 

L’uomo Patito               - Non sopportava la mia carne patita; fin da bambini.

1° Giornalista                - I deboli sono dei provocatori.

L’uomo Patito               - Il male non può vincere.

1° Giornalista                - Diciamo: non dovrebbe. Lei è stato vizia­to dal campo di concentramento.

L’uomo Patito               - Viziato?

1° Giornalista                - L'ha riportato alle apparenze elementari perciò utopistiche. Bianche o nere. Le cose sono grigie o ver­niciate di bianco. Prima di fidarsi della solidarietà e com­prensione le gratti.

L’uomo Patito               - Lei com'è?

1° Giornalista                - Forse verniciato di nero. No. Non mi illu­do. Sono un parolaio; un fanfarone.

L’uomo Patito               - A lei che ha fatto?

I° Giornalista                - L'amico? L'ho battuto al suo gioco. Mi sono immerdato. L'ha incontrato?

L’uomo Patito               - Si.

1° Giornalista                - Si spaventò?

L’uomo Patito               - Solo la sua pelle.

1° Giornalista                - E non le bastava?

L’uomo Patito               - Troppo poco.

1° Giornalista                - Mira alla coscienza? Illuso. La sua sta in tutt'altro luogo di quello che lei conosce o immagina. In una cassaforte irraggiungibile. Per impararne la combinazione ba­sta però entrare in società o sottomettersi.

L’uomo Patito               - Si può mirare alla coscienza degli altri.

1° Giornalista                - Con quali armi? Povero spettro inerme anacronistico incomprensibile. Per troppa gente ormai gli anni dei lupi mannari sono favole stanche.

L’uomo Patito               - Debbo ritrovarlo.

1° Giornalista                - Provi a mantenersi onesto. Lo richiamerà come l'agnello richiama il lupo. Ma l'agnello non ha mai sbranato il lupo.

L’uomo Patito               - Sfido la condanna.

I° Giornalista                - Comincia a capire: non rassegnarsi. Ma dimentichi le speranze. Le andrà male, sono pratico di queste cose. Faccia lo stesso quel che sa di dover fare.

L’uomo Patito               - Lei non crede alla giustizia?

1° Giornalista                - Ogni tanto, quando incontro gente cosi. Ma io sono un porco. Mi sono venduto per diecimila lire. (Si prende a schiaffi)

L’uomo Patito               - Può essere un pretesto per tirarsi indietro.

I° Giornalista                - Può essere un pretesto, Chissà se non mi feci comprare apposta? Stia attento alle carte che le danno da maneggiare per non trovarsi venduto anche lei prima di accorgersene. (L'Uomo Patito apre la cartella che teneva sotto braccio. La sfoglia. Esce)

I° Giornalista                - Può essere un pretesto per tirarmi indie­tro. Vendermi per non dover credere? Cosa sono diventato? O cosa credevo di essere? E lui? (Tira la tenda. Appare X stravaccato su un divano)

I° Giornalista                - Una vescica gonfiata. Una autorevole ve­scica gonfiata. Una turpe dilagante autorevole vescica gon­fiata.

X                                   - Poi?

I° Giornalista                - Cosa sei diventato tu? Cosa credevi di essere tu?

X                                   - Mi credevo qualcosa, sono diventato niente. Una auto­revole vescica gonfiata; ma di che? Ci sei tu pure qua dentro. So rispondermi, io.

I° Giornalista                - Se ti foro la pancia salta in aria la città.

X                                   - Se e se e se. Passi la vita dicendoti "se" per crederti un eroe in catene o un esiliato. Ti piacciono le parole. Ti inven­tano, ti lustrano ma non ti rispondono. Cosa sei diventato? Cosa credevi di essere?

I° Giornalista                - Riprendi le diecimila lire.

X                                   - Impossibile. Sono già tue.

I° Giornalista                - Non le voglio.

X                                   - Ti sei venduto tu. Non eri nella lista delle mie compere.

I° Giornalista                - Riprendile.

X                                   - Speri di tornare indipendente e saggio, se mai lo fosti invece di un vigliacco travestito. Non posso restituirti niente. Quel che si vende è perduto. Fa una elemosina.

I° Giornalista                - Infetterei invece di beneficare.

X                                   - Vedi che restano tue?

I° Giornalista                - Ed io, tuo? Sei ancora tangibile. Ti tiro il collo. Ti buco la pancia. Ti strozzo con le tue budelle.

X                                   - Cominci ad imparare ad essere quello che sei. Un buf­fone.

I° Giornalista                - Non puoi parlarmi cosi, tu.

X                                   - Non c'è più niente che io non ti possa dire.

I° Giornalista                - Né io a te.

X                                   - Che pretendi di più? Siamo uguali. Fuorché nella po­tenza, non illuderti. Mettile in cornice: sono il diploma che meriti.

I° Giornalista                - Dovunque stanno appestano. Vadano in merda. (Si mangia le diecimila lire)

X                                   - (ride) Perfetta eucarestia: sei quello che io sono, io sono quello che sei. Inginocchiati.

1° Giornalista                - Porco.

X                                   - Già blasfemo. Parabola completa. Mi bestemmi perché non puoi fare a meno di me.

1° Giornalista                - Porco, porco, porco. (Ha conati di vomito. Esce)

X                                   - Ti aspetto figliol prodigo. (Rientra l'Uomo Patito sfo­gliando la cartella)

L’uomo Patito               - Come non me n'ero accorto? Un furto. Un'enorme ruberia. (Entra veloce una grande scrivania dorata a cui siede l'Eccellenza)

Eccellenza                     - Siamo in ritardo con questa pratica.

L’uomo Patito               - La stavo studiando.

Eccellenza                     - È già stata studiata.

L’uomo Patito               - Non abbastanza. Non firmi.

Eccellenza                     - Perché?

L’uomo Patito               - È un furto.

Eccellenza                     - Conosce il senso delle parole?

L’uomo Patito               - Conosco il senso delle cifre.

Eccellenza                     - Sa che parla del progetto di un emerito di­rigente?

L’uomo Patito               - Parlo solo delle cifre.

Eccellenza                     - Non dovrebbe ignorare che la contabilità ha due aspetti, uno puramente aritmetico e quindi astratto, l'al­tro strumentale e quindi utile. E un funzionario efficiente non può arrestarsi alle cose evidenti ma intuire quelle sottin­tese che superano per importanza le prime. Solo una men­te rozza può in questi casi parlare di furto.

L’uomo Patito               - Io sono una mente rozza.

Eccellenza                     - Vada. La richiamerò. (L'Uomo Patito esce con la pratica sotto il braccio. X e l'Eccellenza si parleranno - cioè si intenderanno - senza guardarsi)

X                                   - Promuovilo.

Eccellenza                     - E un inetto.

X                                   - Molto peggio. Va fermato innalzandolo.

Eccellenza                     - Dovrei gettar sassi negli ingranaggi?

X                                   - Gli ingranaggi macinano.

Eccellenza                     - Non si lascerà innalzare.

X                                   - Se teme o sospetta. Dagli fiducia e l'ufficio progetti.

Eccellenza                     - Quello che ha varato la pratica?

X                                   - Appunto perché ha varato la pratica.

Eccellenza                     - Poi?

X                                   - Avrà ciò che ambisce. Non si ostacolino le vocazioni. Quell'uomo suscita la sopraffazione, l'attira. La sua voca­zione alla disfatta è Tentazione. Il suo moralismo rudi­mentale e individuale senza luce di intelletto e di solidarietà è ostinazione provocatoria del Maligno. E non ti disgustano il suo passo dimesso, la sua pelle, il suo naso, il suo odore? C'è allora un motivo superiore a noi stessi nella repulsione che ci ispira. Poteva esser sopportato solo nelle lapidi. Non doveva uscirne. (Eccellenza firma un foglio)

Eccellenza                     - Promosso.

X                                   - Ora la pratica che lo scandalizzava è diventata sua. Ma pensa ancora di presentare una denuncia.

Eccellenza                     - Lui? Il responsabile dell'ufficio?

X                                   - Te lo dicevo: un provocatore. (Eccellenza firma un al­tro foglio)

Eccellenza                     - Avrà quel che merita: la galera.

X                                   - Nel rispetto delle vocazioni e della legge. (Cala la tenda. I due scompaiono. Voci di strilloni: « Pulizia al mi­nistero. Speculatore e corruttore smascherati. Ultima edizio­ne». Entra l'Amico, con un giornale)

Amico                           - Pareva un martire ed eccolo con le mani nel sacco. Gli altri seguitano ad aver ragione. Torna il perse­guitato a far giustizia, a tagliare il bubbone che cresce sulla carnaccia degli sfruttatori. Invece il bubbone era lui; il persecutore si era addossato le apparenze peggiori per amor di pulizia. Gli va dietro, alla canaglia - dicevo - lo rag­giungerà e punirà. Invece gli andava avanti e mirava alla greppia; mentre era il persecutore ad abbandonare ambizio­ni, a farsi eremita fra la folla. E l'ho odiato l'amico mio per quel che vomitava fuori: solo parole esuberanti di uno spi­rito insofferente alla ipocrisia. L'avevo cimentato io dubitando che fotografasse campanili. Sono le vittime che ci truffano e gli altri seguitano ad aver ragione. (È entrato il Vecchio)

Vecchio                         - Si.

Amico                           - Ha fiducia nelle vittime?

Vecchio                         - No se non imparano.

Amico                           - Cosa?

Vecchio                         - A non esserlo.

Amico                           - Questa aveva imparato.

Vecchio                         - No. Nemmeno noi impariamo.

Amico                           - Il modello da imitare c'è e lo rifiutavo. L'amico mio. Vado a portargli la benedizione che sua madre gli ha lasciata morendo e a chiedergli una grazia: un posto. (Esce. Il vecchio si è seduto in un angolo. Entra il I" Giornalista con il giornale).

I° Giornalista                - Edizione straordinaria. Pulizia al mini­stero. Un esempio salutare. Lampante colpevolezza di un funzionario infedele. Ignobili insinuazioni della opposizione. Scriva un articolo vibrante su questo sconcio. Sissignore. Insistendo sulla azione decisa della Eccellenza. Sissignore. Che ha troncato. Sissignore. Sul nascere. Sissignore. Chie­dersi come mai a differenza di altri martiri autentici questo individuo è scampato al campo di concentramento. No sor­voliamo. Dire che il passato non deve avvelenare il presente. Sissignore ma non firmo. Vendo la penna non la coscienza. Come osa? Complicità? Tradimento? Badi: il suo ex-collega della cronaca bianca ha qualcosa da dirle. Già le diecimila lire. Coscienza? Venduta. Cronaca Bianca ispiraci e gui­daci. (Al Vecchio) Egregio signore lei è vissuto abbastanza per essere certamente ignobile. Ma io sono più vecchio di lei. Può sputarmi in faccia.

Vecchio                         - Vorrebbe che la lavassi?

1° Giornalista                - Impossibile.

Vecchio                         - Potremmo leccarci come cani.

1° Giornalista                - Anche tu del branco? E lui? (Indica il giornale) Si è fatto divorare.

Vecchio                         - Si è lasciato divorare.

1° Giornalista                - L'abbiam lasciato divorare. Che ci resta?

Vecchio                         - Meritare l'elemosina.

1° Giornalista                - Non accetto. Non accetto.

Vecchio                         - Di essere quale sei? Di esistere?

1° Giornalista                - Che lui esista. In che tana si nasconde il rospo? Dove lievita il tumore? Cronaca Bianca gran cuore della città, fatti fuori. Spalancati cassaforte di merda. Con­sigliere confessore confortatore, affacciati. Mi hai comprato e ho il diritto di vederti. (Stanno entrando alla spicciolata un Tale, un Altro, il Terzo, il Senatore, Donna Adele, il Pro­fessore)

1° Giornalista                - Servo loro. Umilissimo servo. Siamo al completo. L'evocazione non può fallire.

Che vuole?

Chi è?

Farnetica?

Minaccia?

È un buffone o un ciarlatano?

1° Giornalista                - (rivolto al fondo) O grande ruffiano, por­co fottuto cloaca e specchio nostro affacciati all'empireo dove ti abbiamo innalzato.

Indecente.

Davanti a una signora.

Guardie, guardie.

Ci abbandonano sempre.

Fra gli energumeni.

Fra i nemici dell'ordine.

1° Giornalista                - Sopportate. Non sembro ma sono dei vo­stri. Il sottocoda. Vi aiuto a nettarvi. Getto l'ultima palata di sterco su chi osa offendere e ostacolare la vostra missione. Sono degno di voi e' di lui. Si mostri: ho meritato l'onore della sua visione. (Si spalanca la tenda. In alto appare X enorme su un seggio austero. Indossa una veste da camera bi­gia quasi un saio. Il mento sul petto. Le mani congiunte)

Il sant'uomo.

Che soavità.

Dolcezza.

Pazienza.

Austerità.

Patriottismo.

1° Giornalista                - Visione celeste. Visione suprema. Che in­vocazione preferisci? Somma latrina, letamaio sublime, ve­scica purulenta? Tutto il luridume raccolto in una urna, qua­le occasione liberatrice. Fa scrosciare la tua voce.

Blasfemo.

I sali

 

Davanti a una signora. (Si passano l'un l'altro Donna Ade­le svenuta)

Al confino.

Galera.

Decimazione.

Scomunica.

Silenzio. Ora lui risponde. (Donna Adele si inginocchia. X si alza solenne incombente. Tace)

Risponde tacendo.

1° Giornalista                - Come Socrate.

Eretico                          - Disfattista - Fuori             - Dentro.

Nega i valori. (Entra il Direttore)

Direttore                       - Licenziamento in tronco. Diffida ad ogni quo­tidiano ebdomadario bollettino ufficio stampa della nostra giurisdizione di assumerlo. Alla fame.

1° Giornalista                - Ci sono dentro fino al collo nella vostra giurisdizione. Non sentite che puzzo di voi, come voi, per voi? Siam legati ad una sorte nella merda e nella morte. Scoperchierò quest'urna, la rovescerò e ci travolga il di­luvio che ci preparammo. (Si lancia per raggiungere X il quale indietreggia atterrito)

X                                   - Fate barriera o sarete perduti. (Tutti si gettano da­vanti al 1° Giornalista. Appare l'Eccellenza e tuona:)

Eccellenza                     - Prendetelo. (Entrano due infermieri, affer­rano il 1° Giornalista e gli infilano la camicia di forza)

Professore                     - Attenta ai valori? Non delinquente ma paz­zo. Non galera, manicomio. Non sentenza, diagnosi. Non pene, cure.

P Giornalista                 - (al pubblico) Rovesciatelo.

Eccellenza                     - Curatelo. (Gli infermieri picchiano il 1° Gior­nalista e lo trascinano fuori svenuto)

Eccellenza                     - Noi vegliamo su voi cittadini. Sulla quiete pubblica e sulla sicurezza di ognuno che la meriti. Dormite tranquilli; potrete tornare ad essere domani come foste ieri e per sempre. Riposate in pace.

Tutti                              - Evviva. (L'Eccellenza si inchina ed esce)

Vecchio                         - Si credeva Sansone. (Tutti sghignazzano) Fate la carità ad un vecchio imbecille ed impotente.

Donna Adele                - Siete nuovo? Vi metto in nota. (Segna su un taccuino) Vecchio imbecille, impotente e patriota. (Se ne vanno dandogli qualche spicciolo)

Vecchio                         - Grazie e buona salute. Grazie e buona fortuna. La pace sia con voi. (Uscendo salutano X rimasto immobile. Donna Adele gli manda un bacio devoto; il Professore si scappella con dignità; Un Tale, Un Altro e Un Terzo fanno cenni amichevoli uguali; il Senatore, perplesso e con un cenno a dita unite domanda a Donna Adele chi sia, poi si batterà la mano sulla fronte inchinandosi. Il Direttore gli posa una copia del giornale ai piedi. Restano soli X e - accucciato - il Vecchio)

X                                   - Io sono di voi l'alfa e l'omega. Io sono pieno di grazie. Riempitemi perennemente alleggerendo l'animo vostro per­ché giungiate alla mèta candidi e insospettati. Io sono la vo­stra, potenza e la vostra minaccia. Usandomi con prudenza e saggezza vi innalzerete, tradendomi vi precipiterò. Ma le­vatevi a far barriera contro chi vuol rovesciarmi su voi. Affinché non anneghiate in ciò che distillandosi deve bene­ficare l'orto. Ogni cosa tende alla corruzione la quale es­sendo un fine inevitabile è un fine necessario ma non si scopra alla luce del sole quanto deve operare sotto la coltre terrena perché possiate cogliere frutti e la vostra stagione duri costante. Chi mi ama si ama, chi mi odia vi odia. Io sono il vostro tempio e distinguerete i vostri nemici da come si accostano a me se con reverenza o repulsione, con preghiere o bestemmie, con offerte o minacce e che i fiori non celino pugnali, i pensieri tradimento. Io resto nessuno af­finché voi siate tutto. Io ho quel che mi donate. Io sono tutti voi e sempre sarò.

Vecchio                         - La pace sia con voi.

FINE