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“Noantri”

                             (Storia d’amore e d’onore)

                         Commedia musicale in due atti

*Si prega di contattare l’ autore prima dell’eventuale  messa scena:    titubantedomenico@hotmail.it

“Noantri”

                                                                         (Storia d’amore e d’onore)

Trama

La commedia è  ambientata in una piazza di Trastevere. In una mattina di mercato Cesare Proietti detto Cencio  “Er più  de Trastevere” vende frutta e, come spesso accade, tutte le donne che si fermano davanti al suo carrettino vengono fatte oggetto delle sue attenzioni, mentre gli amici del quartiere gli fanno da spalla dando il via a scenette esilaranti,  rese ancora più spassose dalle continue scenate di gelosia della sua fidanzata Antonella Rubino detta Lella. Quella stessa giornata Luigi Ferretti detto  Giggetto er bullo, come spesso gli succede,  è seduto davanti all’osteria nel cuore di Trastevere e fa il gradasso, facendosi forte del fatto di essere fratello di Romolo Ferretti detto er pizzicarolo “Er più di Borgo Pio” ,  il più abile e temuto accoltellatore di Roma.  Passa Assunta Lepore , donna di Fernando Terenzi detto Nando, chiuso in carcere perché accusato di un delitto a via del Panico di cui non è colpevole. Giggetto, potrebbe scagionarlo perché era presente al “fattaccio” e sa chi è l’assassino, ma essendo invaghito di Assunta,  preferisce vederlo in galera, anzi, ogni volta che passa per Trastevere e la vede passare, non manca di importunarla e ribadirle il suo amore. Nando proprio quel giorno esce dal carcere per chè l’assassino di via del Panico ha confessato e, trovandosi Giggetto davanti, vorrebbe fargli pagare l’affronto, ma si intromette il suo amico fraterno Cencio e lo consiglia di aspettare il momento opportuno poichè  le guardie del Delegato Trabalza  vigilano per i vicoli. Nando allora si vendica, organizzando  una Scaletta (tipica passatella romana) in cui Giggetto viene fatto olmo e sbeffeggiato da tutti i trasteverini. Giggetto,assetato di vendetta,aspetta il momento propizioe colpisce alle spalle Nando sotto il balcone di Assunta dove si era recato per farle una serenata , tenta di colpire anche Cencio richiamato dalle grida della donna e per difendersi lo uccide. Per il Delegato Trabalza , che ha intuito la verità, è impossibile trovare  testimoni del duplice omicidio a causa dell’omertà che regna nel quartiere. Il giorno della “Festa dei Noantri”  Romolo “Er più de Borgo”, che vuole vendicare la morte del fratello, provoca Cencio e gli da appuntamento per un duello all’ultimo sangue sottofiume. Lella, messa in guardia da Zifrate, pur di salvare il suo uomo, corre in questura e lo denuncia. Il giorno del duello, mentre Romolo sta per sferrare la coltellata finale, arriva Lella con le guardie e salva Cencio.  Lella canta la sua ultima canzone per il suo uomodicendogli  che lo aspetterà.

Personaggi

Cencio:                 Er piu’ de Trastevere

Lella:                    Donna der più di trastevere

Giggetto:              Fratello di “er più di Borgo Pio”

Assunta:               Donna di Nando

Narratore:              Musicante

Nando:                  Amico fraterno di Cencio

Zifrate:                   Frate

Romolo:               Er più di Borgo Pio

Trabalza:              Delegato

Otello:                    Becchino

Cesira:                   Moglie Otello

Alvaro:                  Oste

Ciriola:                  Panettiere                                             

Zucchina:            Aiutante Cencio                                                                 

Sciancato:           Ladro                                                                       

Zagaja:                 Amico Cencio                                                                    

Guercio:              Amico Cencio                                                                   

Fettina:                Amico Cencio

Marchesa:            Marchesa Roncati

Marcella:             Trasteverina-modella           

*Corpo di ballo (figuranti) *

Fotografo

Fanelli

4 bulli di Borgo Pio

Corpo di ballo

Canzoni Noantri (testi da arrangiare o da musicare)

 1)       Overture- Una giornata come tante      

 2)       Er sor Otello 

 3)       “ Fiore de’ viola”                    

 4)      Quanno c’è d’annà a dama

 5)      Quanno t’arrabbi                                  

 6)      La macchinetta fotografica       

 7)      Serenata per Marcella               

 8)      Canzone dei bulli.                               

 9)      L’amicizia.        

10)     Marcetta zifrate                         

      11)     Lo  scalino.

      12)     Serenata Assunta.

      13)     “ Fiore de’ frumento”

14)     Roma de’ Noantri .

15)     Che vita è sta vita

16)     La processione.

17)     Canzone dell’amore

18)     Er pizzico me stuzzica.

19)     La verità

20)    Canzone der più

21)    Canzone dell’amore (richiamo)

22)    Canzone del tradimento.

23)    “Fiore de’ pane”

24)    Duello.

25)    Canzone dell’addio

26)    Saluti a Roma

 “Noantri”

Atto primo

Interno vicolo Trastevere. Si fa giorno.

Canzone corale:  “Una giornata come tante ”

Cencio ed il suo aiutante Zucchina  si fermano al centro della piazza e cominciano a sistemare la merce sul carrettino. Alcuni passanti si fermano davanti al carretto ed osservano la merce. La musica continua.

Cencio:            Venite qua belle signore che c’javemo la mejo frutta de’ Trestevere.

Zucchina:         Daje venite , che oggi la regalamo.

Cencio:            E’ tutta frutta de’ prima qualità! Fà resuscità pure i morti!

Fine musica. Si avvicina Otello Scarponi , il becchino, con la  solita  borsa da lavoro in mano

Zucchina:         (Fa gli scongiuri) Ahò…….parli de li morti! Ma no’o vedi chi ariva…….

Otello Scarponi si ferma e comincia a tastare la frutta sul banchetto.

Cencio:            Benvenuto sor Otello! Scejete…scejete.. che è tutta robba fresca.

Otello:              Quanno dichi così, o m’hai fregato o me stai pe’ fregà!

Cencio:            Ma che dite sor Otè! Io li  clienti ‘mportanti i tratto co’ li guanti!

Zucchina:         E che ve fregamo poco, ce potete mette la mano sur foco!

Otello:              E così va a finì che ma’a ggioco, che sta’ frutta nun è che costa poco!

Zucchina:         Costa poco!!!! E’ proprio vero, ma nun lo senti, chi  ci ha pane nun cià li denti.

Otello:              E che ne poi sapè te? E’ robba che la  capoccia te serve solo pe spartì le recchie!

Cencio:            A sor Otè e spenneteli du sordi due…sinnò ve moreno in saccoccia.

Otello:              A morè, io er pane me lo guadambio a mozzichi e bocconi. St’urtimi tempi poi gira n’ariaccia. Aò…qua la gente pare che magna de’ più , ma crepa de’ meno.

Zucchina:         (Fa gli scongiuri) Allora toccherà crepà,  pe’ fallo guadambià!     

Cencio da uno scappellotto sul collo a Zucchina.

Cencio:            E statte zitto ! Che v’encarto sor Otè?

Otello:              Famo tre d’aranci …du’ persiche…e….

Cencio:            Famo che ce metto puro ‘n par de’ ‘ste’ belle banane?

Otello:              No…no…lassa sta’,  che le  banane me se pianteno qua…. su ‘o stommico.

Zucchina :        Ma a la sora Cesira je piaceno così tanto!

Sor Otello si avvicina a Zucchina puntandogli il dito contro.

Otello:                          Aò, a  Zucchì, mo’ to’ dico ‘n poesia:“ A mi moje le banane j’arisultano pure,  ma je piaceno solo quelle mature! Ma er  fatto più bello è che je le po’ da solo er sor Otello.”

Ciriola, il panettiere, esce  fuori della sua bottega e, mentre  carica una gerla….

Ciriola:             A sor Otè, si poi passate de qua state a posto, che ce trovate quarche sfilatino bello…. tosto tosto.

Cencio:            Daje!!!

Otello:              Ecco n’artro ‘mbecille! Ma mannaggia a la morte…. che ce sta oggi….a’a fiera di’ cornuti? (Mentre lo dice si gratta la testa) Vabbè, fatemene annà che m’aspetteno pè ‘n funerale.

Cencio:            A sor Otè, ve posso fa ‘na’ domanda?

Otrello:             Dimme…dimme…

Cencio:            Ma in qua’a borza che ce tenete…

Otello:              E che ce tengo !!!! Ce tengo li feri der mestiere!

Cencio:            Er martello co’ li chiodi?

Otello:              E che so’ ’n fabbro ?

Cencio:            E…e…..che…

Otello  apre la borsa e tira fuori prima un metro, lo passa a Cencio che  lo prende e l’osserva.

Otello:              Questo ce porto ! Tiè…… fresco-fresco! Cio’ preso le misure ar  morto…

Cencio:            Li mortè!!!

Introduzione ritmata. Cencio lo butta via come se scottasse. Otello lo raccoglie

Otello:              Che te butti…te pijasse ‘n corpo, che poi ‘n giorno me pò servì a pija le misure puro a vojartri…

Ciriola e Zucchina e Cencio fanno gli scongiuri.

Canzone: Er sor Otello (cantata in quartetto)

Otello :                                                   Ma che ve’ tastate  lo so’   che fine farete

‘na cortellata  v’aspetta e ve dico de  piu’

Che  nun me dispiacera’

Se  du’ clienti come voi

Annassimo a portalli  prima o poi

Tutti  :                                       prima  voi

e dopo noi

prima voi !

Zucchina & Ciriola :                    Ah Otello ma state  scherzanno voi nun lo  sapete  

Co’tutto er  rispetto ve dico c’e’ n’antra  realta’

Pe’ l’anni che avete voi

Sicuramente ce sara’

La precedenza d’annavvene  prima de noi

Otello :                                                  prima  voi

Io invece poi

prima voi !

Cencio :                                   La morte mo’ vo’  dico e ‘ ‘na  frescaccia

Tutti  :                                       Che  dici ?

Cencio :                                   Tu nun ce pensi e  quella te vie’ a cerca’

Godemose la vita finche’ durera’

E come se dice sara’ quel  che sara’!  e vai!

Otello:                                       ma che ve toccate

li talismani er corno pure 

nun serve a gnente

la sfiga e’ brutta

e ve tocchera’

prima  voi

Io invece poi

prima voi

Io invece poi !   e tiè !

Tutti:                                        Noi invece li talismani se li toccamo

Er corno pure ce po’ servì

La sfiga è brutta e ve toccherà

Prima a voi e dopo a noi

Fine canzone.

 Entrano Zagaja, Fettina e Guercio. Salutano gli amici presenti.

Cencio;            Eccheli….. e mo’ potemo pure chiude bottega…

Fettina:             Anvedi er sor Otello. Bongiorno sor Otè.

Zagaja:             Bo….bo….bo…bon…

Otello:              A Zagà  e nun te sforzà….. che te dovessi strozzà…

Zagaja:             ( Fa gli sconguri) Bo…bo…(si strozza) bongiorno…volevo dì…..

Guercio:           A Zagà,…o ….vedi? T’ha battezzato!

Otello:              A Guercio…… e nun fa er purcinella, che già er padreterno t ’ha cecato de’ n’occhio! Hai visto mai……

Cencio:            E pure  Guercio l’avemo sistemato. Qua si nun ce stenne er colera , ce pensa er sor Otello.

Fettina:             A sor Otè, io nun ho detto gnente…

Otello:              Bravo, così sento meno stronzate! ( Si incammina verso l’uscita ) A …a   Ciriò…. nun te scordà de’ portà er pane a mi moje.

Ciriola:             Che pane je porto?

Otello:              E …e….portaje du sflatini…anzi no… je n’abbasta uno……ma chi sia bello cotto!

Ciriola:             Nun ve preoccupate sor Otè, che lo so bbene come o’ vole a’ sora Cesira.

Otello esce di scena grattandosi la testa. Tutti tornano a fare il proprio lavoro.

Canzone: Fiore de viola (Canta Zucchina)

Zucchina:                                 Fiore de viola,                                                 

                                    nun devi  mai lascià

                         ‘na donna sola                               

si er pane je lo porta er Ciriola

poi sta tranquillo che poi t’arisola.

Entra Cesira, saluta tutta la combriccola con un cenno del capo e si avvicina al banco di Ciriola.

Zucchina:         Eccallà ! Parli der diavolo.

Cesira:                         Buon giorno fornaro che è passato er sor Otello?

Ciriola:                         Bongiorno sora Cesira. E’ annato via proprio adesso, dice che ciaveva dafa’ co ‘n morto.

Cesira:                         Va sempre de’ prescia st’omo…. e mo prima di sera chi o’ vede? Armeno o’ sfilatino mio s’ee’ ricordato?

Zucchina:         Che pure si so’o scordava ce pensava lui io a ricordajelo.

Cesira:                         Zucchina che state a di’.

Ciriola:                         (Occhiataccia) Gnente sora Cesira. Era ‘n complimento! Voleva di che io le clienti ammodo nun me le scordo….

Cesira:                         Così dev’esse. Mi raccomando portatemelo alle dieci che v’aspetto.

Ciriola:                         State tranquilla …che alle dieci vo’o porto.

Fa per andare via.

Cesira:             E mi raccomando che sia cotto al punto giusto.

Cesira esce ancheggiando

Zucchina:         E quanno je se raffredda, ar Ciriola, o’ sfilatino pà sora Cesira.(Strilla) A rigà…. Alle dieci se chiude la bottega. Er fornaro cià dafà!

Ciriola:             A Zucchi…e chiudi sta’ bocca de’ ciavatta …e  fa er bravo!

Cencio:            Aò…ma che è sta storia?!

Fettina:             Allora nun s’è capito? E’ che sto’ fijo de’ ‘na gran pagnotta der Ciriola, da ‘n po’ de’ tempo a ‘sta parte,  je da ‘na bella ripassata.

Cencio:            A chi !!!!? Alla sora Cesira!

Guercio:           E si!

Cencio:            Nun mo’o di!

Guercio:           To’o dico!

Cencio:            A Ciriò……ma davero ? !

Ciriola:             ( Fa spallucce) Ahò… ce lo sai com’è…

Guercio:           Lui j’ammolla o’ sfilatino e a’ sora Cesira la rosetta……e quann’è a’ fine je paga pure er conto…

Cencio:            Tacci tua Ciriò….ma l’hai vista bbene ? Cià du’ baffoni che pare ‘n giannizzero!!

Ciriola:             E che vor dì! Uno quanno cià d’annà a dama,  mica po’ sta’ a guardà er capello!!!

Canzone:  Belle o Brutte (Cantano i trasteverini)

Guercio:                       E’ ‘na filosofia da bon romano

se dici d’anna a dama e ciai d’annà

che si ce pensi è vero e nun lo poi negà,

che tanto prima o poi ce cascherà.

Ciriola:                          Ce fo na malattia pe’ quelle more

Co’  li capelli lunghi fino a qui

E si cià pure i baffi ancora mejo è

è proprio quella che me piace a me

Fettina:                                      Io pe’ le bionde invece me ne moro

me sale la presssione fino a qui

je chiedo e jarichiedo finchè ma da di

si a madre ha fatta bionda pure li.

Zucchina:                     Io pe la roscia vado ar manicomio

La provoco finchè  lei nun ce sta

Divento rosso e paro un pommidoro

Ma la curiosità,  ma da levà.

Ciriola:                            E’ inutile  e’  cosi’ che gira er monno  

se le battemo tutte,  belle o brutte

ma devi sta an’campana quanno te dirà

tu vieni a casa e parla co’ mammà.

Zagaja:                                     A quer punto te ne devi proprio annà.

Fine canzone.

Entrano Trabalza e Fanelli.

Guercio:           Piove rigà…piove

Guercio, Zagaglia e Fettina si vanno a mettere seduti da qualche parte. Cencio e Zucchina e Ciriola tornano alla loro occupazione.  Trabalza e Fanelli e si avvicinano al banco di Cencio.

Cencio:            Buon giorno delegà.

Trabalza:          Buongiorno Cencio,  come vanno gli affari?

Cencio:                        Nun se potemo lamentà. Che ve serve un po’ de frutta? Nun ve fate specie…

Trabalza:          No….no….Cencio lei sa perché sono qui…

Cencio:            M’ hanno detto che ve sete perso quarcosa.

Cencio guarda Zucchina e poi Fanelli

Trabalza:          Fanelli va avanti , ti raggiungo subito.

Cencio:            A Zucchì, va a portà la frutta a la sora Ninetta…. che te sta a spettà.

Fanelli va via. Zucchina prende una busta ed esce. Trabalza prende in mano una frutta, l’ osserva.

Trabalza:          Cencio, in questo quartiere abbiamo oltrepassato il limite. Rubare uno dei nostri  cavalli è l’ultima cosa che povevo aspettarmi .

Cencio:            A delegà  st’urtimi tempi ggira certa gente pè Trastevere. N’ariaccia…

Trabalza:          E che è una novità? Cencio,  parliamoci chiaro , un uomo è stato visto  da alcuni testimoni che girava da queste parti in groppa ad un cavallo dei nostri. Da come me l’hanno descritto sembra uno della sua cricca…… e infatti l’ho fermato come indiziato …

Cencio:            A delegà, prima de fermà quarcuno bisognerebbe  pijallo cor sorcio ‘n bocca. Magari nun è lui l’omo  che cercate…..

Trabalza:          Cencio , non scherziamo ,  rivoglio il mio cavallo  o giuro che rivolto  tutta Trastevere.

Cencio:                        Stamatina ho ‘nteso che ce sta  un cavallo attaccato dentro ‘na stalla  a via di’i Fienaroli . Hai visto mai che è proprio quello che state a cercà?

Trabalza:          Accetto il suo consiglio e manderò  qualcuno a controllare.

Cencio:            Mettemo che è proprio er vostro, mo’ quer poraccio che avete arestato che fate, o’o scarcerate?

Trabalza:          Che poraccio e poraccio! Stiamo parlando di un ladro di professione che sta più dentro che fuori.

Cencio:            A delegà….sapete com’è…quanno a uno je dice zella , quarcosa sa’a d’anventà pe’ magnà

Trabalza:          Ogni scusa è buona per infrangere la legge! Va bene…va bene, intanto vado a vedere se si tratta del nostro cavallo  e poi se ne parla.

Cencio:            Me pare ggiusto delegà….

Trabalza:          E mi raccomando, occhi aperti …….non voglio altre rogne…

Cencio:            State tranquillo che qua nun se smove foja che Cencio nun voja.

Trabalza:          La prendo in parola. Arrivederci Cencio.

Cencio:            Ve saluto delegà.

Trabalza va via. Cencio comincia a sistemare della roba sul carrettino. Animazione.  Entra la marchesa con la sua damigella.

Fettina:             Anvedi chi ariva…

Zagaja:             Ammazza….e quant’è bbona…

Fettina:             A Zagà, e  quanno se tratta de femmine…… te passa de’ zagajà?

Cencio che in quel momento stava sistemando la merce,  si gira e vede la marchesina. Come folgorato…

Cencio:                        MARCHESINA MIA!(Rivolto a Zucchina) A rigà ( rivolto a Guercio, Zagaja e Fettina)….annateve a fa du passi… …e.. buttate  n’occhio ……dovesse arivà Lella .

Guercio lo guarda.

Cencio:            Nun ce l’ho co’ te….

Guercio, Zagaja e Fettina escono con aria bullesca e fischiettando, Zucchina va verso l’osteria . La marchesa si avvicina al carrettino.

Marchesa:        Buongiorno FRUTTAIOLO . Gradirei della frutta fresca.

Cencio:            A vostra esposizione.

Marchesa:        Sono buoni questi meloni?

Cencio guarda la scollatura della marchesa.

Cencio:            Bonissimi. E mo’ ne sto’ a vedè n’ artri due ….più bboni de’ questi !

Marchesa:        A me sembrano tutti uguali.

Con gli occhi sempre fissi sulla scollatura della marchesa.

Cencio:                        E no….. e no….nun so’ tutti uguali! Ce’ so’ meloni e meloni…

La marchesa incalzando le parole.

Marchesa:        E questi cetrioli sono freschi o raggrinziti……ma la la fava romanesca  ce l’avete…..e….e com’è dura questa banana ! Reggerà?

Cencio:            Aregge…. aregge….

Marchesa:        Siete proprio sicuro?

Cencio:            E fino a mo’ nun s’è mai lamentata nisuna.

La marchesa fa la faccia da finta offesa.

Marchesa:        Voi state diventando troppo insolente…

Cencio:            Ma quale lente! Che l’artro giorno nun me pareva che ve facevo st’effetto! Peccato  che è arivato vostro marito….sinnò…

Marchesa:        E’ arrivato al momento giusto! E poi , un gentiluomo deve pur saper rinunciare quando le circostanze gli sono avverse!

Cencio:            E circochè?

Marchesa:        Le circostanze…

Cencio:            Seh!!! Mo’ e cinque stanze….ma lassamo perde, porca mignotta!

Marchesa:        Moderi i termini.

Cencio:            No…no… volevo di’ ….. porca zozza….

Marchesa:        Ah…di male in peggio....

Cencio:            No…no a voi…marchesì….nun me permetterebbe mai! O’ vedete? Me…me state a fa confonne….

Si sente Lella cantare in lontananza. Zucchina che sta davanti dell’osteria con un boccale in mano, lo posa immediatamente e corre da Cencio. Gli si avvicina e gli  bussa sulla spalla varie volte.

Zucchina:         A Cè…a Cè..

Cencio:            Bono, nun lo vedi che ci ho da’  fa ?

Marchesa:        Posso?

Cencio:            A marchesì, voi potete fa come ve pare…

Zucchina:         A Cè…

Lella entra e mette la mano sulla spalla di Cencio e l’altra sulla vita.

Cencio:            (Credendo che sia Zucchina) E daje….e  fermete co’ ste’ mano…

La marchesa si accorge di Lella e le volta le spalle con indifferenza. In quel momento Cencio si gira e si accorge di Lella.

Cencio:            Lella? Ve presento la mi’ regazza…

Marchesa:        Piacere! Mi raccomando FRUTTAIOLO , me la porti per le dieci in punto.

Lella:                            Nun se preoccupi marchesa….. che su e’e consegne a le signore, sto’ FRUTTAIUOLO nun sgara mai!

Marchesa:        Allora arrivederci….

Lella:                Arivederci marchesina…arivederci…arivederci…

La marchesa ancheggiando va via seguita dalla damigella. Lella, con aria indispettita, va dall’altra parte del carretto. Cencio guarda Zucchina.

Cencio:            Te pijasse un corpo Zucchì…. e quann’è che mo’o dichi?

Zucchina:         Ma si è mezz’ora che te stò a bussà  !

Cencio corre dietro a Zucchina e cerca di prenderlo a calci.  Zucchina scappa . Cencio raggiunge  Lella che è di spalle e la cinge per la vita.

Cencio:                        Ecchela qua…..  la più bella ciumachella  de’ Trastevere!

Lella:                A schifoso!  Nun me toccà ….

Lella si divincola e comincia a  tirargli tutta la frutta che gli capita a tiro.  Lui man mano la raccoglie e la rimette a posto cercando di calmarla.

Cencio:            Mo’ perché me stai a fa così? A Lè…. e io te stò a fà ‘n complimento!

Lella:                Ah sì?!! Perché te n’ avanzasse quarcuno? Che a me me pare che tì sei bruciati tutti co’ qua’ zozzona da marchesa! 

Cencio:            A Lella quella è  ‘na nobbile, e i nobbili nun se ponno trattà male.

Lella:                A nobbile….ma nun l’ hai vista come camina ! Donna che move l’anca,  si n’è mignotta poco ce manca.

Cencio:            Ma che stai a di’… e poi erano solo ‘n pò de moine! Che qua si nun se venne, famo la fine de ddon Farcuccio: “ ‘Na’ mano davanti e n’antra de’ dietro”.

Lella:                E te co’ ‘sta scusa me stai  a fa ‘ngojà’  tarmente tanti di’ quii rospi, che mo’ ar posto do’ stommico m’è cresciuto ‘no stagno!

Cencio cerca di toccarla di nuovo, ma  Lella si scansa.

Lella:                T’ho detto che nun me devi toccà!

Cencio:            E basta Lellè, famola finita …che mo’ me stai a fa rode er chiccherone…

Lella:                Madonna mia quanto me metti paura! Lo vedi? TREMIO tutta!

Cencio:            E devi da TREMIA’! Sei la donna  “DER PIU’ DE TRESTEVERE”….. e mica ‘na sciacquetta quarsiasi!

Lella:                (Inchino) ONORATTA ! Ma va “ammoriammazzato”….

Lella  fa per andarsene, ma lui la prende per un braccio e la trattiene.

Cencio:            Viè qua….Lella….e daje…nun fa così…

Lella:                (Fa spalluce) Si te dico de no….è no..

Canzone duetto:  Quanno t’abbi (Cantano Cencio&Lella)

Cencio :                       E quanno t’arrabbi

Te   s’enfiammano l’occhi

Cencio&Lella :              L’amore e’ bello con quer friccico de piu’

Lella :                           E quanno che te vedo a fa’ er marpione

Io te darebbe un  carcio  proprio li   !

Orchestra (parlato)

Cencio :                       Ma quanno mai

Sto’  sempre qui cor caretto

te pare che cio’ er tempo

De fa’ er provolone

Cantato

Cencio :                       A Lella ma che dici nun e’ vero

                                    pe’ me so’ dei  clienti  e niente piu’

Cambio tonalita’. Cantato

Lella  :                          Se  quanno  m’ arrabbio

me   s’enfiammano l’occhi

Cencio&Lella :              L’amore e’ bello con quer friccico de piu’

Lella:                            Te credi che so’ scema e nun te vedo

Co’ tutte quante tu ce stai a prova’

to’ visto che te possino ammazza’.

Lella:                            Si te becco

Te spezzo  le gambe

Te rompo le corna

Te sfascio le ossa

Te stacco la testa

Te gonfio de schiaffi

Te rompo li stinchi

T’addrizzo le ossa

Te spacco la faccia

E si nun t’abbasta

Te metto le corna

e te lascio cosi’

Parlato

Cencio:                         Ma stai a scherzà? Ne saresti capace?

Lella:                            Sì, e te metto pure le corna!

Cencio:                        Ma che stai a di! Viè qua

Lella:                            No ! no! E no! (Scappa)

Cantato

Cencio:                        Si t’acchiappo

te strappo l’orecchie

                                   Te tiro i capelli

                                    Te sgaro er vestito

                                    Te mozzico er naso

                                    T’acciacco er ditone

                                    Te do no spintone

Te rompo i ginocchi

                                    Te ceco du occhi

                                    Te cionco le mano

                                   Me butto pe’ terra

                                    E finimola qui                                                 

Ripresa ritornello :

Cencio&Lella :              E quanno t’arrabbi

Te   s’enfiammano l’occhi

                                    L’amore e’ bello con quer friccico de piu’

                                    E ce conviene solo a fa l’amore

                                    Sinnò passamo er tempo a litigà

Lella:                            Si te becco

Cencio:                         Te strappo l’orecchie

Lella:                            Te rompo la testa

Cencio:                        Te sgaro er vestito

Lella:                            Te rompo i ginocchi

Cencio:                        Te gonfio de schiaffi

Lella:                            Te rompo li stinchi

Cencio:                        T’addrizzo le ossa

Lella:                            Te spacco la faccia

Cencio:                        T’acciacco er ditone

Lella:                            Te metto le corna

Cencio&Lella:               E finimola qui!!!!

                                    L’amore e’ bello con quer friccico de piu’

Lella:                            E ce conviene solo a fa l’amore

                                    Sinnò passamo er tempo a litiga

Cencio:                         Lo giuro nun te faccio più arrabbià

Fine canzone

Lella:                Seh…. pe’ stavorta famo che lassamo perde…ma nun ciariprovà …. che io nun so’ una che abbozza…..

Cencio attira a se  Lella e la bacia . Cencio prende il carrettino.

Cencio:            Mo’ me vado a fa un giro pèll’ Arenella,  che  questa è l’ora bbona. A Zucchi’ ‘nnamo forza …fa sverto….

Esce Zucchina dall’osteria.

Zucchina:         Arivo…arivo..

Cencio, Lella e Zucchina escono di scena.

Musica introduzione Marcella

Animazione. Entra fotografo con macchinetta fotografica e treppiedi, seguito da Marcella e due ragazze che aspettano per fare delle foto.  In scena un piccolo paravento.  Si compone la scena del fotografo.

Marcella:          Come me devo mette?

Fotografo:         A Marcè, come te metti- metti, basta che soridi e io scatto…

Stacchetto musicale pose

Marcella fa alcune pose in lingérie. Entra Giggetto e comincia a guardarla.

Marcella:          Si me vedesse mi padre che me sto’ a fa fotografà…..

Fotografo:         Ma si nun ce vede nimmanco da qua a là! Daje scattamo che te conviene! St’urtimi  tempi le cartoline illustrate vanno a rubba.

Giggetto:          No me l’ aruberebbe io… ‘sta bella palloccona!

Marcella si gira a guardare Giggetto

Marcella:          E mo’ questo chi l’ ha chiamato?

Fotografo:         Io no davero !

Giggetto:          E che fastidio ve do…me metto qua bbono bbono e me godo er panorama.

Marcella si rivolge al fotografo

Marcella:          Aò,  a me nun me piace d’esse guardata… e caccelo ‘n po’ via…

Fotografo:         A Giggè fa er favore , nun me la fa storce, che sto’ qua pe’ guadambià du sordi due…

Giggetto:          Sta bono te …sta bbono ! (Rivolto a Marcella) Bella fanciulla….

Marcella:          Uffa…ma nun te basta de rompe l’anima a mi’ sorella Assunta…

Giggetto:          Mo ce stai te…..

Marcella:          Seh…… (rivolta al fotografo),  ma je dici quarcosa a questo? Pare che me sta a  spojà coll’occhi…

Giggetto:          Embè?! L’ ’occhi so fatti pè guardà…

Marcella:          Ho capito ….n’è più aria…..me ne vado… ( fa finta di prendere il borsone)

Fotografo:         E daje Marcè n’artro par de scatti e famo basta…

Canzone in terzetto: LA MACCHINETTA FOTOGRAFICA (Cantano Marcella, Fotografo,Giggetto)

Marcella :                     Scatta,

Fotografo :                    guarda gira e

Marcella :                     scatta

Giggetto :                     su nun te move e

Marcella :                     scatta,

Fotografo :                    sorridi e guarda qui !

Giggetto :                     nun te fatte prega’

Fotografo :                    dai famme  lavora’

Giggetto :                     ridi che sei tanto bella  

Marcella :                     Scatta,

Fotografo :                    guarda gira e scatta

Giggetto :                     su nun te move e

Marcella :                     scatta,

Fotografo :                    sorridi e guarda qui !

Giggetto & Marcella :     ahi  beata  gioventu’

Giggetto :                     tu me piace da mori’

Tutti :                           scatta scatta gira e poi riscatta

                                               cogli st’attimo che poi… nun torna piu’ 

non torna…

Marcella :                      Scatta,

Fotografo :                    guarda gira e

Marcella:                      scatta

Giggetto :                     su nun te move e

Marcella :                     scatta,

Fotografo :                    sorridi e guarda qui …

Giggetto :                                 nun te fatte prega’

Fotografo :                    dai famme  lavora’

Giggetto  :                    ridi che sei tanto bella 

Fotografo :                    famo ancora quarche  scatto

Tutti  :                         daje che finito adesso si !

Fine canzone

Marcella:          Ho detto de no! Daje sbaracca…

Fotografo:         Ho capito ….oggi nun se combina gnente…..

Il fotografo prende il cavaletto e facendo gestacci va via. Marcella si spoglia dietro il paravento durante la canzone. Alla fine della canzone Marcella, prende la borsa e si abbassa.  

Giggetto:          Ammazza Marce c’iavete er de dietro che ve parla.

Marcella:          Si…..e te dice quanto sei stronzo.

Giggetto:          E così m’offennete.

Marcella:          E così ta’a cerchi! Vatte a fa’ du’ passi và…..

Giggetto:          ‘Nnamoce insieme.

Marcella:                      A me nun me serve l’accompagno.

Giggetto:          E io v’offro er braccio de n’omo vero!

Marcella:          N’omo vero! E perché me lo vorressite offrì …..‘sto’ braccio?

Giggetto:                      Perché ve lo meritassite.

Marcella:          E che v’ avessi mai fatto, per cotanto onore?

Giggetto le alza  prima i capelli e poi le tocca il collo.  Musica in sottofondo.

Giggetto:          Perché c’javete le labbra carnose, i capelli de’ seta e la pelle liscia come er velluto.

Marcella:                      Bono co’ ‘sta mano…. che te la cionco.

Giggetto:          Ma come fate a  trattà male, n’omo che se ne more pè voi?

Marcella:          Se ne more pè me, pè mi sorella… pè n’artra….e n’artra ancora! A Giggè e che  n’hai mai visto ‘na femmina?

CANZONE Duetto :  Serenata per Marcella (Canta Giggetto&Marcella)

Giggetto:                      Voi siete la stella piu’ bella

tra  le stelle der cielo

voi siete come rugiada

che bagna la foja … ha …voi siete

er sole che splenne in mezzo a sti’ vicoli

e  l’occhi  vostri so’ blu

come er blu su  ner cielo

e co quei vostri occhi belli

ciavete trafitto più cori

de tutti i cortelli de romani

voi siete la donna più dolce

de’ tutto Trastevere.

Marcella:                      Giggetto tu c’hai ‘n ber problema

                        te credi che io so’ scema

                        che poi a vol’ esse sinceri

                                    quest’ occhi mia so neri

                                    Giggè’ si c’hai gnente da fa

                                                Mo’ vedi d’annattene.

Giggetto:                      Eppure  l’ho visti so blu

Marcella:                      Ancora c’ensisti e levete…

Giggetto:                      E si nun me state a sentì

mo ve lo dico io

             nun me movo da qui

Parlato

Marcella:                      Uh! Ma la fai finita co’ sta lagna……

Fine canzone

Marcella:          Lassa perde, che commè poi solo che  annà ‘n bianco.

Giggetto:          A me le donne che se la tireno, m’attizzeno de’ più.

Marcella:          Ma che me devo da tirà co’ te! Damme retta, ammolla tutta sta’ manfrina e vattine a rimorchià quelle de’ borgo , che le tresteverine nun so’ robba pe’ te.

Giggetto:          E chi è o dice?

Marcella:          Io to’o dico ! Vedi da sta ‘n campana Giggè, che a ‘sto’ quartiere li bulli e l’ infami fanno ‘na brutta fine!

Giggetto:          E chi sarebbe l’infame?!

Marcella:          Ce lo sai de che stamo a parlà.

Giggetto:          Vabbè lassamo perde…

Marcella:          Te fai forte solo perché sei er fratello de’ Romolo, er più de’  Borgo Pio…

Giggetto:          A bella, io nun c’ho bisogno de famme forte co’ nisuno.

Si sente fischiare in lontananza. Marcella si guarda attorno impaurita.

Marcella:          E mo chi è? Fammene anna va….

Marcella esce seguita da Giggetto che cerca di mettersi a suo fianco, ma lei allunga il passo.

Musica di sottofondo.

Fischiettando entrano quattro bulli con aria spavalda.

Bullo 1:             Ma che so’ spariti tutti pe’ Trastevere?

Bullo 2:             Aò….manco ‘na pischella che gira…

Bullo 3:             Se vede che ci hanno visto ‘n faccia e se so annate a rintanà.    .

Bullo 4:             E nun sanno quello che se perdeno.

Bullo1:              Noi de borgo c’javemo bona lingua e mejo mano.

Canzone: I bulli

Noi semo bulli alti  forti e belli

Co’ noi nun ce dovete da scherzà

Mettemo mano a li  cortelli

E li tiramo fori pe’ spanzà.

Rit:                               Tremate che li bulli so’ arivati e stamo qua

                        Noi semo li mejo ommini de’ sta città

Tremate semo qui e nun credete de scappà

Levateve e lassatece  passà.

Ripresa

A le  trasteverine je damo per core

Je famo du manfrine e poi  l’amore,

E nun pensate de fermacce mai

Sinnò v’annate solo a cercà guai.

Rit:                               Tremate che li bulli so’ arivati e stanno qua

                        Guardateve a le spalle che stamo pe’ arriva

Tremate stamo qui  e andateve  a ‘nguatta

La mosca ar naso nun cià da sartà

Ripresa

Quanno pè Trastevere ce vedeno girà

L’ommeni se devono scanzà!

Ah……..(urlo)

Orchestra:

Voi dovete solo da tremà!!!!!

Fine canzone.

Entrano Cencio, Lella e Zucchina col carrettino. Cencio guarda i bulli.

Cencio:                        A rigà, me sa che ve sete sbajati de’ quartiere.

Bullo 1:             Ma che ciavessi co’ noi?

Cencio:             (Si guarda attorno) Che ce ne so’ artri?

Lella:                Bono Cè…

Cencio:            A Le…vattene a casa, che qua oggi ggira n’aria che nun me piace.

Lella si allontana in fretta ossequiata dai bulli.

Cencio:            Aò  mo’ vo’ dico e co’ le bone: “Annavvene prima de subbito… che state a fa troppa caciara”.

Zucchina          E si  vò o dice CENCIO ER PIU’ …è mejo che je date retta…..

Cencio e Zucchina si metteno la mano in tasca, imitati dai bulli. Entrano Guercio , Zagaja e Fettina e poco dietro lo Sciancato con la gamba malferma .

Guercio:           A Cencio, che ciavessi  quarche problema?

Cencio:                        No!  Io e Zucchina stavamo a fa du’ chiacchiere co’ ‘sti quattro bravi ragazzi…. che mo’ hanno deciso d’ aritornà  da ‘ndo’ so venuti. Dico bene rigà?       

Bullo 1:             (Pausa, fa un mezzo inchino, guarda gli amici e  fa un cenno) N’amo rigà…..

I bulli  se ne vanno via fischiettando. Cencio ritorna verso il carrettino.

Guercio:           Aò , c’hanno messo meno de n’attimo a girà i tacchi.

Zagaja:             Si..si…no…pijaveno pupure a…a sve…svesvè…

Sciancato:        A Zagà, ho fatto prima io adarivà che te a parlà…

Gioia degli amici nel vedere Sciancato. Cencio si gira.

Cencio:            Anvedi chi ce sta’…. o’ Sciancato! A Sciancà, ma te da quant’é che sei ‘scito dar gabbio?

Sciancato:        Che sarà… nimmanco mezz’ora.

Fettina:             Ahò….ma gnente gnente avessi fatto lo scambio dei “ priggionieri”?

Sciancato:        E che so, n’infame?

Fettina:             E allora com’è? 

Sciancato:        A sapello! Io so solo che  m’ha mannato a chiamà er Delegato e m’ha detto: “SIGNOR AMLETO ANSOVINI SIETE LIBBERO” .

Cencio:            E ce lo so io er perché ! Che poi , uno sano de capoccia, se po’anna a rubbà  “ ER CAVALLO DER DELEGATO ”?

Sciancato:        E chi so’o credeva che era er suo? L’ho visto attaccato ar palo e, micio micio, mo’o so’ portato via.

Guercio:           A frescone, ma si t’’ hanno visto pure li muri quanno scappavi!

Sciancato:        E mica ero io che scappavo, era er cavallo che coreva!

Cencio:            E te sei fatto pijà come ‘n gaggio. Che tanto nun lo potevi venne a nisuno….. che qui’i cavalli sò marcati!

Sciancato:        E chi so’o voleva venne….io mo’o volevo magnà!

Fettina:             Ma no’o sentite ‘sto’ scemo? Se voleva magnà er cavallo der delegato !!??

Zagaja:             Er…..ca….ca…cavallo…se..se…voleva mamagnà.

Sciancato:        Er cavallo cià la carne bbona. A Fetti…e ce fai pure er macellaro!

Cencio:            Ma che stai a dì…a ’mbecille….che ar delegato pe’ tenelo bbono, gli ’ho dovuto di’ pure ‘ndo’ l’avevi niscosto… sinnò arivortava tutto Trastevere…

Sciancato:        Mo’ ho capito tutto…

Cencio:            Sì, ma vedi de nun scordatte ‘ndo’ metti la mano quanno arubbi…che ce manni pe’ stracci a tutti quanti…

Fettina:             Aò…..ma in galera te sei ‘ncontrato co’ Nando?

Sciancato:        L’ho ‘ncontrato sì…e ve saluta a tutti…

Cencio:            E come sta?

Sciancato:        Come voi che sta? Poro Cristo, me pare a lupa der Campidoglio!

Brusio di rammarico.

Cencio:            Io quant’è  vero iddio…a quell’infamone de Giggetto…si lo be….

Sciancato:        Bono Cè! Nando s’è raccomannato de nun toccallo, che quann’esce ce pensa lui.

Cencio:            Ce lo so..ce lo so….e me tocca ‘sta bbono….

Sciancato:        E amme’ chi ce pensa…che dopo sti fatti me toccherà aregge er fiato co’ li denti?

Fettina:             Te poi sempre magnà la biada  der cavallo….

Cencio:            A Sciancà, mo me stai a’accorà!

Sciancato:        E tanto,  pure si t’accori, come stamio arimanessimo

Cencio:            E nun sta’ a fa er sanlazzero! Vabbè, famo che sino a quanno n’ arimedi quarcosa, te fa forte Cencio. Tiè pijate ‘sti soldi. T’abbasteno?

Cencio gli mette in mano dei soldi.

Sciancato:        A Cè… era tanto pe’ dì !  Io ‘sti soldi nun me li posso pijà da te!

Cencio:            Allora famo che me giro….così mi’i freghi!

Sciancato:        A Ce’…. a te mai!

Fettina:             E si t’ha dati…se vede che j’avanzaveno….tiè mettice puro questi …

Fettina gli mette in mano altri soldi

Sciancato:        Aò…e mo’ me fate piagne!

Entra Zifrate che fa la questua per gli orfanelli.

Zifrate:             Daje fate la carità pe’ li pori orfanelli …fatela bona…. sinnò me gireno li sonarelli.

Tutti mettono un obolo nella sacca.

Zifrate:             E metteteve ‘ste mani ‘mberta e  fateme l’ offerta!!!  A Sciancà, ma che ce stai pure te…me fa piacere….

Guarda Sciancato che ha i soldi in bella vista.

Zifrate:             E questi so’ pell’orfanelli? Bravo, metti qua.

Gli strappa i soldi di mano e li mette nella borsa della questua

Sciancato:        A zifrà….ma io co qui sordi ce devo magnà…

Zifrate:             (Schiaffo) Noooo, te fa male! Fall’ ariposà lo stommico !

Sciancato:        Che devo fa…che devo fa…

Zifrate:             Te Zagà…gnente?

Zagaja:             Io già….ce…ce…ce l’ ho me..memessi…

Zifrate:             (Schiaffo) E ‘ndo’ stanno?

Zagaja:             Se sa…saranno a….a…am….mischiati all’artri.

Guercio:           Zifrà, l’ho visto io quanno c’ ha messi!

Zifrate:                         (Schiaffo) Ma che hai visto te!!! (Guarda tutta la combriccola) A rigà aricordateve che chi fa der bene, er Signore  glielo renne doppio.

Ciriola:             Ma quale doppio…si nun ne ggira manco mezzo..

Zifrate:             (Schiaffo) A Ciriò, io vorrebbi sta’ come e te…. e ceco de n’occhio.

Tutti:                (Guardano  zifrate) A zifra!!!!

Zifrate:             (Guarda Guercio e gli molla uno schiaffo) E Guercio mio… me stai sempre ‘n mezzo a li cordoni…

Guercio:           Hai capito! Cornuto e mazziato!

Sciancato:        A rigà ve saluto che c’ho d’anna’  a fa ‘n lavoretto.

Zifrate gli corre dietro e gli molla uno schiaffo

Zifrate:             E che lavoretto devi fa, famme senti?

Sciancato:        E….e ci ho d’annà a….a ….aripulì n’appartamento!

Coro:                Seh…mo’ se chiama aripulì…

Zifrate afferra per un orecchio lo Sciancato

Zifrate:             A Sciancà,  ma che te dice er cervello? Mo’ sei scito e già voi arimboccà!

Sciancato:        E dicevo così pe’ di’...

Zifrate:                         A giovinò, nun ce provà, che  io prima d’esse aceto, so’ stato vino!

Zagaja:             Che…..zi…zi…zifrate  er vino…o…o  co…conosce bebbene!

Zifrate molla lo Sciancato , si avvicina a Zagaja e gli molla un ceffone

Zifrate:             (Schiaffo) E devo imparà li cristiani a esse più cristiani. Se semo capiti o vo’o devo spiegà mejo?

Cencio:            A Sciancà, er comannamento dice : “ Non “RUBBARE” la robba d’artri”.

Zifrate fa la mossa di dargli uno sganassone, ma Cencio tira su il dito come per avvertimento.

Zifrate:             A Cencio….er comannamento dice: “ NON RUBARE LA DONNA D’ALTRI” ….

Cencio:            Sete sicuro?

Zifrate:             E che voi insegnà la messa a Cristo?

Si gira, si avvicina a Ciriola e gli da uno schiaffo.

Ciriola:             E c’ho fatto!

Zifrate:             Che te de rubbà la donna d’artri,  ne sai quarcosa… o me sbajo?

Cencio:            A zifrà, ma che ce lo sapete puro voi?

Zifrate:             Io so tutto e si nun lo so, me lo venghino a raccontà. Vabbè, lassamo perde va… mo’ pensamo a l’orfanelli ! A Cencio che per caso t’avanzasse quarche po’ de frutta?

Canzone : L’ amicizia vera

Cencio:            O daje,  annamo a vedè che fanno stasera ar Salone Margherita.

Guercio:           Dicheno che ce sta Maria Campi.

Ciriola:             Aò…. e mo chi è sta’ Maria Campi?

Zagaja:             Quella che fa a mo….a  mo…..momo…momo…

Fettina:             A mossa Zagà, a mossa…

Zifrate:             Aò…fate i bravi…e nun ve fate ariconosce…

CANZONE ZIFRATE (uscita dei trasteverini) 

Coro:                            Zifra’ zifra’

 

‘nd’annate state qua

invece che l’orfanelli

venite su ai Castelli

s’annamo a fa qua solita fojtetta

se famo ‘na bevuta e così sia.

Zifrate:                          Me piacerebbe, ma nun posso fijo

                                    perché lassu……. me guarda Dio

                                    ‘na cosa però v’aa chiede er fraticello

                                     portateme un par de litri de quer vinello

Mentre escono di scena marciando.

Coro:                            Zifrà, zifrà noi ve lassamo qua

                                    Zifrà zifrà s’annamo a ‘mbriaca’

Zifrà, Zifrà voi arimanete qua…

                                    Ziffà zifrà ce piace da cantà….

Fine canzone

Escono tutti con marcetta sfottendo zifrate che sta allo scherzo. Mentre gli altri escono, un gruppo di donne entrano e si fermano a chiacchierare. Tra loro Marcella, Lella ed Assunta.  Zifrate si avvicina a loro con la borsa della questua.

Zifrate:             Fate la carità pe’ l’orfanelli.

Le donne sorridendo mettono qualche soldo nella sacchetta.

Marcella:          Azifrà, ma sete sicuro che ‘sti’ sordi vanno a l’orfanelli?

Assunta:           O vanno a fini ‘na saccoccia all’oste?

Zifrate:                         A rigazzi, ( gli fa vedere la mano)…. a vedete questa? Mo’ ho finito co’l’amici vostra, che devo pija a sganassoni puro a voi? 

Risata generale.

Lella:                A zifrà…e stamo a scherzà…ma ve pare?

Entra Giggetto con aria spavalda e fa per andare verso le donne.

Zifrate:             Ecchene n’artro!

Zifrate gli va incontro e gli mette davanti la borsa della questua. Giggetto prende una moneta,  e gliela getta dentro con noncuranza. Zifrate prende la moneta e la guarda.

Zifrate:             E ce sei venuto sino a qua a portamme ‘sta monnezza!

Giggetto:          Allora famo che ma’a  ripijo.

Zifrate:             Come dicheno li trasteverini, da quelli de Borgo Pio nun pijà mai li quatrini. Tiè a Gigge aripijateli…va…..

Zifrate esce girandogli le spalle.

Giggetto:          Anvedi che robba !  Mo’ ce se metteno pure li frati a cercà rogna.

Assunta insieme a Lella che  si staccano dal gruppetto e si  dirigono verso un portone. Giggetto le va incontro sbarrandole la strada.

Giggetto:          Ecchela Assunta Lepore , la luce dell’occhi mia!

Lella:                Ariecco l’acqua….

Assunta:           Zozza…

Giggetto:          Er più bel saluto che c’ho ‘n tasca, a ‘sto’ raggio de sole apparso ‘nnanzi a me. Sora Lella, ve dispiace se scambio “ du’ parole due” co’  ‘sta bella signorina?

Lella:                            E co’o domannate a me?

Assunta:           A Giggè annatevene a fa ‘n ggiro va…..

Lella:                E v’ha risposto…

Giggetto:          Ma come!!! Io venghi qui co’ le maniere garbate a portavve li fiori e invece che ciarimedio? Li pesci ‘n faccia !

Assunta:           Beh, quarcosa v’ariportate ‘ndietro!  E’ che nun me piace avè gnente a che fa co’ la ggente che manna l’artri ‘n galera ar posto suo!

Giggetto:          Ma de che state a parlà…

Assunta:           O sai de che stamo a parlà….

Marcella che stava osservando la scena, interviene.

Marcella:          A Giggè er lupo perde er pelo, ma  er vizio j’arimane!

Giggetto:          A Marcè…. a voi chi v’ha chiamato?

Marcella:          Assunta è mi sorella e qua nun stamo a Borgo ! Ma a te te piace zazzà pe’ Trastevere…

Giggetto:          Io zazzo  ‘ndo’ me pare….

Marcella:          Che to’o  sei scordato che stamatina hai provato a zazzà  pure commè e che t’ha detto pedalino!!!! Io e mi sorella semo della stessa razza….. e li balordi nun ce piaceno.

Voce fc:           A Giggè falla finita de fà er cantastorie.

Giggetto guarda in giro.

Giggetto:          Ma chi sete aò?

Pernacchia.

Marcella:          Tiè Giggè, ‘ncarta e porta a casa

Marcella gira i tacchi ed esce impettita.

Pernacchia.

Giggetto:          Daje…e  fateve vede…che si quarcheduno c’ha quarcosa da dimme, je strappo li budelli e me ce faccio li festoni pe’ la festa de Borgo.

Lella:                Io si fossi in voi starebbi ‘n campana, o li festoni de li budelli vostri se li trovamo appesi  pè la festa de’ Noantri.

Assunta:           Gigge’ fateve capace che nun so aria pe’ voi, che l’aria mia già sa respira Nando.

Giggetto:          Ma come fa a respiralla, si nun si sa nimmanco quann’esce.

Assunta:           E dovrebbe ringrazzià a quell’infame che l’ha fatto carcerà. Poi si proprio lo volete sapè a me m’ abbasta ‘n sospiro suo, puro da dietro le sbare.

Giggetto:          Pe ‘na donna come voi, ‘n sospiro è troppo poco.

Assunta:           Si perché voi c’avete er fiato che v’avanza ! E poi quello de Nando mio è  un sospiro de n’omo vero.  Mo’ levateve e  fatece passà.

Assunta fa per entrare, ma Giggetto la tiene per un braccio.

Canzone duetto : Nun me toccà (Cantano Assunta&Giggetto)

Assunta:                       Nun me tocca  e  va’…

co l’ommini come te

io  nun ce faccio gnente

sto’ core mio nun  ce sente

Giggetto:                      Io vorrebbe sapè,

ma n’omo che  deve fa’

                                    se more pe’ favve  bene

                                    vo solo un po d’ amore

                                    e favve   innamora

Parlato

Assunta:                       ah   si…innamora   ma famme er piacere

Giggetto la prende per il braccio e cerca di fermarla

Cantato

Assunta:                       E metti giù ste mani

che tanto lo so chi sei

Giggetto:                      So Giggetto sai

Assunta:                       lo so sei un  grande n’infame

Tu stai a  lassa’ a  crepà

 n’innocente  giu’  in galera     

Giggetto:                      Ma te  che stai addì

Assunta:                       quello che ‘n voi sentì

Eh  lassame sta un po  in pace

nun ciò tempo da perde 

la verità la sai

e nun cio tempo da sprecà fiato

trova er coraggio e lasseme passa’ ! 

Fine canzone.

Assunta scansa Giggetto ed entra in casa insieme a Lella.

Commento musicale ingresso osteria con musica della marcetta di Zifrate.

Entrano Ciriola, Cencio, Zucchina, Zagaja, Sciancato, Fettina e Guercio, guardano per un attimo dalla loro parte  e poi si mettono seduti all’osteria. Giggetto, come li vede, molla la presa. Giggetto si dirige verso l’osteria dove è seduta tutta la combriccola.

Giggetto.          Un saluto a tutta ‘sta bella compagnia.

Tutti rispondono a mezza bocca. Uno di loro tira fuori un mazzo di carte e comincia a distribuirle.

Cencio:            A Giggè e come mai da ‘sti pizzi?

Giggetto:          Me ggirava!

Brusio di disapprovazione

Fettina:             Seh…je ggirava a ‘sto’ ‘nfamone!

Giggetto:          A Ce, co’ chi cellà  ‘sto’  scimunito?

Cencio:            Stà bono Fetti ! A Giggè mettete a sede che t’offro da bbeve.

Giggetto:          E io so’ onorato pe’ l’invito der più de Trestevere.

Cencio fa un cenno d’assenso. Giggetto si toglie la giacca e si mette seduto.

Giggetto:          A Cencio, mi’ fratello Romolo te manna li mejo saluti sua e m’ha detto de ditte che quanno passi pe’ bborgo d’annallo a trovà a  bottega. Dice che t’ha messo da parte  un ber  tajo de’ coppa . 

Cencio:                        Di’ ar più de Borgo Pio che lo ringrazzio pe’ l’onore.

Cencio, mentre gioca.

Cencio:            Arvaro, sorti fora.

Alvaro esce.

Alvaro:              Che voi a Cè?

Cencio:                        Porta ‘na fraschetta de’ cannellino a ‘sto giovinotto, ma che sia de’ quello bbono, m’ariccomanno!

Alvaro fa per andare dentro bottega,  ma Giggetto lo lo  tiene per la parannanza.

Giggetto:                      Andò vai Arvà?

Alvaro:                         O voi o nò voi ‘sto quartino?

Giggetto:                      Aò, t’ha detto de’ quello bbono” .

Alvaro:             Ne’ le botti mia, ce trovi solo quello! E leva ‘ste mano.

Giggetto:          E stò a scherzà! Come t’ encazzi subbito!

Alvaro sbuffando entra in bottega. In quel momento arriva la sora Cesira di corsa.

Cencio:             Ma quella nun è la sora Cesira?

Zucchina:         Ahò….a’ vedo bella sazzia.

Fettina:             Se vede che er Ciriola  jà portato o’ sfilatino.

Ciriola:             E zittete che te sente.

Cencio:            Che ce fate qua  sora Cesira, ve posso offrì quarcosa?

Cesira:             Ma come…. nun sapete gnente?

Cencio:            De che?!

Cesira:             Hanno scarcerato Nando.

Gli uomini si girano a guardare Cesira. Giggetto si alza di scatto .

Cencio:            Come  avete detto?

Cesira:             Ve dico che  Nando è scito.

Cencio:            Sete sicura?

Cesira:             So’ sicura sì sossi! L’ho visto sortì dar portone da’a Lungara . (Guarda dalla parte di una  finestra)  Assunta…Assunta…..affaccete…..Assu….

Assunta si affaccia alla finestra.

Assunta:           Aò che succede?

Cesira:             Scenni Assu…..che hanno scarcerato l’omo tuo…

Assunta:           Er padreterno m’ha fatto la grazia

Giggetto prende la giacca e guarda verso il vicolo. Tutti  lo bloccano. Sciancato gli sfila la giacca dalla mano e mentre Giggetto cerca di riprenderla, la lancia ad un altro. La scena si ripete con Giggetto che cerca di riprendersela.

Giggetto:          A rigà, nun cio’ voja de giocà….. me ne devo annà…

Sciancato:        Ma ndò vai Giggè…arimani co’ noi…

Zagaja:             Fa…fa…facce…co…co…compagnia…

Fettina  gli mette una mano sulla spalla.

Fettina:             Che fai, nun resti pe’ salutà Nando?

Giggetto:          E che ce vo’, la guardia d’onore ? Salutatomo voi .Mo’ leva ‘sta mano zozza!

Giggetto si divincola dalla presa di Fettina , ma tutti gli uomini  gli si mettono in circolo.

Guercio:           E come vai de’ prescia Giggè !

Giggetto:          C’ho d’annà  aprì bottega , ma che ve devo chiede er permesso?

Fettina:             A Giggè nun è er coraggio che te manca, è la paura che te frega!

Zagaja:             Sto’ ca…ca…cacasotto

Assunta nel frattempo è scesa

Assunta:           Aò…. lassatelo annà a questo…..

Fettina:             Mo che se stavamo a divertì…

Assunta:           V’ho detto de’ lassallo… che nun vojo rogne!

Il cerchio si apre. Giggetto si guarda attorno. Fettina tira in faccia la giacca a Giggetto.

Fettina:             Che stai a spettà! Vattine e aringrazia la sora Assunta.

Giggetto:          A  Fettì…io e te s’ arivedemio…

Zagaja:             Me…me..sa…che …che….sei…. e…e…er tipo suo.

Fettina gli manda un bacio con schiocco. Tutti ridono. Giggetto guarda prima Assunta poi tutto il gruppo.

Giggetto:          O sapete che nova c’è? Che mo’ me vado a mette asséde.

Giggetto con aria spavalda si va a mettere seduto. In quel momento arriva Nando con un mazzo di fiori in mano.  Assunta lo vede e gli corre incontro.

Nando:             Assunta mia. Tiè, questi sò pe te!

Assunta prende i fiori, poi abbraccia e  bacia Nando.

Assunta:           Amore mio, fammmete strigne ar core.

Nando:             No, sei che te devi strigne ar mio, che ‘stò core, senza de te, ha sofferto le pene dell’ammore.

Guercio:           Anvedi è sortito dar gabbio puro poeta.  

Cencio:            A Nando, bbono, che ce stai a fa piagnere tutti.

Nando:             Aò, stronzi v’ho lasciato e stronzi v’ aritrovo.

Tutti gli fanno festa.

Assunta:           Mo viè via….. annamosene a casa…

Assunta gli prende la mano e cerca di tirarlo via. Nando  vede Giggetto e si divincola.

Nando:             Sta’ bbona Assù….sta’ bbona. Quanno  so’ stato qua l’urtima vorta, se sentiva odore de’ vino, mo’ aritorno e sento puzza de’ topo de’ fogna. Giggè…. e commè  da ‘ste’ parti?

Giggetto:          Così…mannava!

Voci:                Seh……j’annava…ma nun lo senti….a busciardo..

Nando:             E nun se salutano l’amichi ?     

Giggetto:          E salutamose!

Giggetto, si alza con indolenza, gli si avvicina, ma Nando lo ferma.

Nando:             Sì, ma nun te vedo tanto per la quale.

Giggetto:          E che vedi?

Nando:             Pare come si nun te facesse piacere.

Giggetto:          Davero! E chi t’ha detto?

Nando:             N’uccelletto! Ogni tanto me s’acquattava sulle sbare da’ cella e me raccontava certe storielle! Ne voi sentì quarcuna…e magari quella de’ via der Panico? Ma me sa che  già a’a conosci…

Giggetto:          Che te devo di? Me dispiace, se vede che te sei trovato ar posto sbajato ner momento sbajato.

Giggetto si mette la mano in tasca e  Nando di rimando fa la stessa cosa.

Nando:             A ‘nfamone… lo dichi pure…..

Assunta:           Nando lassalo sta’, te prego…..

Lella:                ( Va vicino a Cencio e lo scuote ) A Cè, che dovemo fa?

Cencio va vicino a Nando e gli ferma la mano nella tasca .

Cencio:            A Nando… fermete che ce so’ le guardie che ggireno.

Nando:             Bono Cè, sta’ bbono….e’ da quanno m’hanno carcerato che ciò ‘sto’ chiodo fisso ‘nder  cervello!

Cencio:            E ciavrai tutto er tempo pe’ levallo! Mo’ mettemose a sede co’ st’ amici e famose  ‘no  scalino  alla scita tua dar gabbio. (Guarda Giggetto)  A Gigge  che ce fai st’ onore?

Giggetto:          S’insisti…

Lella:                Ahò, allora ve la sete già bella e acchittata! A Nando ‘sta pora donna s’è sfranta er core da vedette solo da dietro le sbare.

Nando:             Bona Lella, io e Assunta ciavemo tutto er tempo parifasse, mo’ annate a casa che queste so’ cose da ommeni.

Assunta:           Ma quali ommeni e ommeni …che si’ appena sortito dar gabbio e già m’ammolli da sola. Annamosene  Lella che nimmanco l’ho visto e già me ggireno!

Lella:                Ammazza ammazza, so’ tutti ‘na razza.

Lella e Assunta escono di scena sbuffando. Movimenti coreografici per preparazione tavolo scalino.

Alvaro:                         Belli amichi, bella gente, ma si nun pagate nun ve porto gnente.

Tutti i presenti si mettono le mani in tasca, tirano fuori i soldi e li gettano sul tavolo. Alvaro esce con una damigiana, prende i soldi e posa la damigiana sul tavolo.

Canzone:  Lo scalino

Tutti :                                        Viva  er vivo , viva er vino

                                   de  Frascati o de Marino

                                   de Velletri o de Genzano

                                    er modo piu’ sano pe’ fatte campa’

                                  

 viva er vino, viva er vino

                                   cor  profumo de li castelli

                        si te piaceno gli stornelli

                         c’e’ solo che er vino pe’ fatte canta’

 

Alvaro  :                                   e adesso mo’ ve insegno un gioco antico  

E ‘ lo scalino che  fa’ un po’ cosi’

se paga er  vino tanto un po’ pe’  omo

e i tavoli se mettono cosi’

Musica in sottofondo

Parlato

                                     

Alvaro:                                     daj annamo e strignete sti tavoli

Tutti:                                        ecco fatto  !                  (cantato)

Alvaro :                                    Eccheve er modo :        (cantato)

Fà unire i tavoli e si fa’ dare i  bicchieri  e li mette in fila .

Alvaro:                                     Noi semo pochi e quindi  raddoppiamo

E manco ‘n goccio ar gaggio je lassamo 

Quello al centro da lì nun sa’ da move

e tutti li bicchieri fanno nove.

Tutti :                                        Bono  er vivo , bono er vino

                                   de  Frascati o de Marino

                                   de Velletri o de Genzano

                                   er modo piu’ sano pe’ fatte campa’                               

Bono er vino, bon er vino

                                   Che ciariva da  li castelli

                        si te piaceno gli stornelli

                        c’e’ solo che er vino pe’ fatte canta’

Musica in sottofondo

Parlato

Popolano :                                aho ,  ma io mica ‘n  c’ho capito

Gnente…. ma che dovemo da  fa’ ?

Alvaro :                                    Se versa er vino partendo dar primo diciamo :

                                                ‘na goccia, un filo, un mezzo, un dito  e poi quello ar centro se fa’ er pieno !

Popolano :                                E poi ?

Stacco musicale.

Alvaro :                                    Se scenne ar contrario.

Cantato           

                                               Chi fa’ la conta che sarebbi io

Ma sto’ bicchiere se lo scola zio.

 

Parlato

Popolano :                                e te pareva!

Cantato

Tutti :                                        Bono  er vivo , bono er vino

                                   de  Frascati o de Marino

                                   de Velletri o de Genzano

                                   er modo piu’ sano pe’ fatte campa’                               

Bono er vino, bon er vino

                                   Che ciariva da  li castelli

                        si te piaceno gli stornelli

                        c’e’ solo che er vino pe’ fatte canta’

Musica in sottofondo

Popolano1:                               e poi a quell’atri che je tocchera’ !

Parlato

 

Popolano 2 :                            Eh gia’ ! c’e’ sempre chi beve tanto e chi   poco.

Fanno la conta tipo morra per i numeri

Cantato

Tutti:                                        bono er vino e’ bona a casa

ma e’ piu’ mejo in compagnia

pe’ i romani l’osteria

mejo  posto nun c’e’ sta’ !

Cantato

Fettina :                                   Sto  calice de vino genuino

lo passo a Cencio che me sta vicino

Cencio :                                   E con onore e con soddisfazione

Lo passo a Picchiapò che fa er padrone.  

Tutti :                                       Bono  er vivo , bono er vino

                                   de  Frascati o de Marino

                                   de Velletri o de Genzano

                                   er modo piu’ sano pe’ fatte campa’                               

Bono er vino, bon er vino

                                   Che ciariva da  li castelli

                        si te piaceno gli stornelli

                        c’e’ solo che er vino pe’ fatte canta’

Picchiapò :                               Posso beve ?

Cencio  :                                  La bevuta de sto dito de vino sara’ ‘na gioia pe l’occhi mia

Cantato

Fettina :                                   E sto bicchiere mo’ passa a Giggetto

 

Giggetto :                                 La decisione tua io l’arispetto

Picchiapò:                                Tu de sto’ vino poi senti l’odore

Ma dallo a Cencio che è n’omo d’onore.

Tutti fanno la conta mentre cantano.

Cantato

Tutti :                                        Bono  er vivo , bono er vino

                                   de  Frascati o de Marino

                                   de Velletri o de Genzano

                                   er modo piu’ sano pe’ fatte campa’                               

Sto bicchiere de cannellino

cosi’ dorce e ssai sincero

Che ciariva da  li castelli

se ‘ha da beve n’amico vero  !

Parlato

Guercio   :                                Posso beve ?

Picchiapò :                               E bevite sto mezzo, ma tutto d’un fiato che manco n’goccio va’ sprecato

Parlato

Zucchina :                                lo scalino e’ cosi’ c’e’ chi  beve tanto e chi rimane a bocca

                                               asciutta come giggetto…ah ah ah

Cantato

Tutti:                                        Viva er vino viva er vino

                                               s’è votata ormai la boccia         

                                               Come disse quer burino

Chi nun beve sa’a pija ‘n saccoccia.

                                                Viva er vino viva er vino 

Bevilo bevilo che tocca a te’ !

Parlato

Picchiapò:                                e’ vero Giggetto prenne quello ar centro 

lo porta alla bocca lo annusa , sente l’odore

ma lo posa e se prenne  la goccia perche’

nun sara’ mai n’omo d’onore

Si ferma la musica e continua il prosa. Giggetto scatta in piedi e tira fuori il coltello

Giggetto :                                 A Picchiapo’ , te m’hai invitato a ‘sta bevuta pe’ l’asciamme all’asciutto !

Musica sottofondo

Picchiapò :                               A Gigge’ e ‘nfame po’ fa’ solo quello ! Mo’ posa sto’ cortello che ‘n mano tua e’ come ‘na calamita de sganassoni !

Picchiapo’ gli va’ incontro  , Giggetto fa per dare la cortellata ma l’altro gli blocca la mano dove ha il coltello e con l’altra lo schiaffeggia.

Fine musica

Nando:             Mo’  vattine a ‘nfame, che nun vali manco ‘na cortellata!

Giggetto si pulisce la bocca, guarda i presenti e  mentre va via, si gira.

Giggetto:          A Nando, tanto nun finisce qua. S’arivedemio.

Nando:             Quanno te pare…

Giggetto va via. Cencio guarda Nando.

Cencio:            Si nun te l’ha data Giggetto a’ zaccagnata, mo quanno vai a casa ce pensa Assunta.

Nando:             C’hai raggione….e mo’ chi sa’a sente?

Esce Alvaro dall’ osteria con una chitarra in mano.

Alvaro:             Io sò pronto Nando. Annamoje a fa ‘sta serenata e vedrai che je passa.

Nando:             ‘Nnamo… ‘nnamo….nun perdemo tempo.

Tutta la combiccola si avvia sotto il balcone di Assunta. Luce su panchina.

Canzone:‘Na serenata  pe te’ (canta Picchiapò)

Sta  serenata che te vojo cantà 

viè dar profonno dell’anima

e’ ‘na poesia che  dedico  a te’

dorce  che  te po’ accarezza     

la senti sta’ musica t’è viene a cerca’    

te bacia le labbra er sorriso                    

Tu non da retta ai sogni

ce sto qua io pe’ te

nun t’abbraccià er cuscino

quanno te poi abbraccià a me

La finestra nun s’apre

ma so che sati lì

fai finta de dormi

Io sto’ qui sotto a spettà de vedè

                                   Che s’apre sta finestra,

ma si nun s’apre capisco perché

tu me voi fai rosicà

chissà se sogni sortanto de me

si pensi a n’antro nun vale.

Tu non da retta ai sogni

ce sto qua io pe’ te

nun t’abbraccià er cuscino

quanno te poi abbraccià a me

La finestra nun s’apre

ma so che sati lì

fai finta de dormi

E aprila sta finestra

sta serenata è pe’ te

buttalo quer cuscino

affaccete a vedè,

sei la gioia la vita

sei tutto pe’ me

tu m’hai da di de si.

Canto ‘sta serenata

appassionata pe’ te,

dolce serena e sincera

e te la vojo sona’.

E’ sta notte fantastica

la vivo co’ te

so baci ste parole .

Fine canzone

Assunta si affaccia al balcone e  manda un bacio a Nando.

Assunta:           Viè su’….spiccete!

La combriccola si saluta vociferando e si sparpaglia. Musica sottofondo. Da un vicoletto laterale esce Giggetto e da una coltellata alle spalle a Nando mentre sta per attraversare il portone. Note musicali.

Giggetto:          T’avevo detto che nun finiva qua.

Nando:             (Mentre si accascia) A carogna….

Assunta esce dal portone e si avvicina al corpo di Nando.

Assunta:           ‘St’ ‘nfame de Giggetto l’ha colto a tradimento. Amore mio….dimme quarcosa…parla…

Cencio rientra dall’altra parte del palcoscenico, tira fuori il coltello e si para davanti a Giggetto

Cencio:             A ndo’ vai ‘nfamone, che solo alle spalle lo potevi coje.

Giggetto tenta di colpire un’altra volta, ma Cencio para il colpo e colpisce d’istinto.

Canzone: Fior de’ frumento

                         Fior de frumento,

 hanno ammazzato n’omo

a tradimento,

e quello che ha commesso st’infamata

ci ha ha rimediato poi

                        ‘na cortellata

“Noantri”

Secondo atto

 “Noantri”

Atto secondo

Roma agghindata pe’ la festa dei Noantri. C’è gente che sta mettendo i festoni sulla piazza.

Canzone corale: ROMA DE’ NOANTRI

Roma che profumo la sera

I colori se baceno quanno vie’ primavera

 Roma, me so innammorato

Sei ‘na foto a colori de ‘n tramonto dorato

Amori  che se cercano

Tra sguardi  e ammiccate sorridono

Li baci se sprecano , abbracci e risate tu qui poi trova’

Da Monti a  Parioli scennenno pe’  Trevi

Fontane che cantano storie de ieri

Se un sordo  ce butti li dentro a la vasca

Tu speri che poi  finarmente

 n’ amore  ce nasca

Roma  sei ‘na gioia pe’ l’occhi

Me riempio de te

quanno ar fiume te specchi

Roma c’e’ sta gente de core

Sei  pe’ tutti noantri

La  bellezza e  l’amore

Amori  che se cercano

Tra sguardi  e ammiccate sorridono

Li baci se sprecano ,

abbracci e risate tu qui poi trova’

De botto sorridi   e  te fai  ‘na fojetta

E poi t’aritrovi a bacia ‘na maschietta

Pe mano la porti  pe’ borgo e panico  

Diventi fanatico e vero te senti  un gran fico

Roma che profumo la sera

Pure i fiori sorridono  quanno vie’ primavera

Amori  che se cercano

Tra sguardi  e ammiccate sorridono

Li baci se sprecano ,

abbracci e risate tu qui poi trova’

Da Monti a  Parioli scennenno pe’  Trevi

Fontane che cantano storie de ieri

E’ la  gioia  piu’ granne

pe’  de’ tutti noantri

Sei tu…

Fine canzone

Sulla ripresa musicale Lella entra in camera di Assunta che è seduta sul letto .

Lella:                            Assu’ , n’amo giù, stanno a preparà la festa e Roma è così bella che pare ‘na cartolina. N’amo che  nun te posso vède così…

Assunta:           Lella mia, nun è facile pe’ me.

Lella:                Lo so che nun è facile.

Assunta:           Ma perché dev’ esse così? La gente se scanna come si la vita de l’artri contasse meno de’ gnente!

Lella:                Ma Cencio nun è n’assassino!

Assunta:           O so Lella ….. o so com’è annata, l’ho visto dalla finestra ! Quando Cencio ha visto Giggi che colpiva Nando a tradimento jè annato er sangue all’occhi…..ma lui s’è solo difeso…

Lella:                Mo’ che voi fa , continuà  a campà male?

Assunta:           Bisogna avecce un sogno pe'  campà bbene. Io c’e l’ avevo er sogno mio, ma la sorte me l’ha levato sur pù bello.

Lella:                Invece devi tornà a sognà.  Guardate attorno, qua ce so omini che se farebbero ammazzà pe’ ‘no sguardo tuo.

Assunta:           A me, me n’abbastava uno solo…..

Lella:                L’ odio è  ‘na brutta bestia! L’odio vole vendetta …. la vendetta chiama er sangue…. er sangue se ripaga coll’artro sangue!

Canzone in duetto:   “ Che vita è ‘sta vita”

Musica:  “ Processione ”

Si sente in lontananza la musica della processione che mano man che si avvicina aumenta di volume

Assunta:           Ma che so’ ste voci?

Lella:                            So’ l’omini che stanno a fa le prove de la processione co’ Zifrate. N’amo Assu’…n’amo avvede..

Assunta:           No Lella nun ma’a sento…

Lella:                            E daje ….nun te fa pregà!

Cambio scena.

 Assunta e Lella raggiungono in piazza la marchesa, Marcella, e quattro ragazze del balletto. Entrano Zucchina, Ciriola, Guercio,  Zagaja  Sciancato , Cencio , Fettina vestiti da processione compresi i quattro bulli sotto mentite spoglie,  che portano il palchetto dove Otello è vestito da angelo con le alucce e funge da madonna Fiumarola. Sciancato porta una candela per via della sua infermità.  Zifrate è davanti. La processione molto lentamente e pericolosamente, fa qualche passo e si ferma tra le risate e le battute dei presenti

Lella:                Ma nun li vedi che soggetti?.

Assunta:           I vedo…i vedo…

Zifrate:             Mater purissima

Coro:                Ora pronobbisse,

Zifrate:             Mater santissima.

Coro:                Ora pronobbisse.

Lella:                Ahò…..ma nun li vedi come cammineno? Me parono ‘mbriachi!

Assunta:           Otello che fa a Madonnina in groppa ar parchetto, ‘o vedo messo maluccio. Che già nun s’ aregge ‘n piedi de’ suo.

Lella:                Cencio mio quanto me fai ride.

Occhiataccia di Cencio. La processione si rimette in moto.

Zifrate:             Uno, due , tre, quattro, ‘n piede ‘nnanzi  e ‘ndietro l’artro. Nun v’ appiccicate e  fate li bravi che fate cascà la Madonna. Mater castissima….

Otello:              Ma quale Madonna, io sto ‘n groppa a sto’ coso.. e..e  me sto’ pure a cacà sotto.

Zifrate:             (A voce sempre più alta) Sette e otto….. stateve zitti sinnò famo er botto.

Sciancato:                    Co’ ‘sta zimarra ‘ndosso me sto’ a sudà pure l’anima.

Zifrate:             Seh…. l’animaccia tua!  Sto ‘mbecille se lamenta…. e  porta solo er moccolo?

Sciancato:        A zifrà , questo m’avete ammollato e questo io porto….

Zifrate:             Beh…pe’ come nazzichi, solo quello poi portà !

Cencio:            Ma quanto ha da durà  ‘sta processione?

Zifrate:             Ho capito la sinfonia! Famola finita co ‘sta caciara che m’avete sfranto li cordoni. Annateve a spojà….’nnate….’nnate..

Cencio:                        Arvà porta fora er fiasco  che c’javemo sete.

Zifrate:             E’ l’unica cosa bbona che hai detto da stamatina.

Esce Alvaro col fiasco. Tutti bevono  e scherzano. Zifrate passa una borsa ad Assunta.

Zifrate:             (Guarda Assunta) Assu, fa er favore damme ‘na mano a porta sti cenci in chiesa  prima che ce famo li stracci.

Marcella:          Che ve serve ‘na mano?

Zifrate:             Viè fijetta bella, che quattro mani so sempre mejo de due.

Marcella, Assunta ammucchiano la roba nel borsone ed escono con Zifrate.

Marchesa:        Signor Cencio, oggi non aprite il banco?

Cencio:            A marchesì, pe’ voi er banco è sempre aperto.

Marchesa:        Che impertinente!

In quel momento  Lella che sta parlando con qualche amica, si gira e vede la scena.

Lella:                A marchesì  oggi  er fruttarolo ‘nvece de’ fa er furetto,  fa er chirichetto ?

Cencio:            A Le…e piantela…

La marchesa fa una linguaccia e tira dritto. Cencio la segue con lo sguardo estasiato.

Lella:                A bavoso , ma che te stai a guardà?

Cencio:                        Er paesaggio.

Lella:                            A busciardo, stavi a guardà le chiappe de’ qua’ zozzona da’ marchesa…e co’ l’occhi da pesce fracico, che mo’ te li cavo e te li metto ‘n mano.

Cencio:            E chi so’…. Santa Lucia? Ma te pare che tenenno l’amore mio vicino ar core, me metto a vede n’artra?

Lella:                A Cè, nun gioca’ commè, che  me fai rode er chiccherone!

Cencio:            E zittete…che ce stanno a guardà …

Lella:                E così o’ vedono tutti quanto sei stronzo…

Cencio:             Aho’ e io so’ n’omo….  c’ ho er sangue che me bbolle.

Lella:                E pure a me… me bbolle… chette credi! Che la notte me strigno er cuscino ar petto, che me pare d’esse ‘na vedova! Si nun te decidi a sposamme va a finì che me ne trovo n’artro.

Cencio:            Nun lo dì manco pe’ scherzo.

Lella:                Allora sposame.

Cencio:            Ce poi giurà che te sposo.

Lella.                E quanno?

Canzone:  Canzone dell’amore

Cencio :                       Er vestito bianco er velo

Che c’ha tutti li ricami

Quello bello che tu madre

T’ha fatto  pe’ quer  giorno 

Lella     :                       Se sta ammuffi’

Parlato

Cencio :                       Ma che davero ?

 Lella:                           Eh sì!

Cantato

Cencio:                        E  allora e’  tempo che …

je dai  ‘na sporverata

Daje   stamme a senti’

Lella :                           Ma che stai a di’ ?

 

Cencio :                       no ! nun sto  a   scherza 

                                    Adesso te - lo dico

Me te  - sposo - ma sur serio …

Parlato musica in sottofondo

Lella :                           A Ce’ ma che me stai a cojona’ ?

Cencio :                       No ! faccio sur serio Lella  me te sposo …

Lella :                           Nun me lo di ?!

Cencio:                        Sempre che non c’hai ripensato !

Lella:                            So’ sei anni che ce penso,  ce mancherebbe che mo’ c’aripenso

 

Cencio:                        Allora l’attesa e’ finita .Tra due giorni a Santa Maria in Trastevere  se sposa la moje d’un Re:

(riprende canto )

Lella :                           Si lo sento e’ vero amore

Cencio:                        Anche  per me

Lella:                            questo battito ner core

Cencio :                       Lo so

Lella :                           forte forte dentro ar petto

che me toje   er  respiro ,,,

Cencio&Lella:               Uniti si !

Lella :                           Amore mio

CENCIO :                    Per sempre  noi

Lella :                           Ce poi contà

Cencio&Lella :              Che bello sto… momento

Che nun finira’ – mai

 Cencio:                       Insieme a te

 Lella :                         Ci sono  io

Cencio :                       Voi resta’

Lella :                           E pure io

Cencio&Lella :             Me sembra un so –gno

E invece stamo qui a  parla’  d’amore …

Cencio :                       Sposame !!!

Lella :                           SI !!!

Fine musica

Cencio:            E mo ‘ che t’ho detto che me te sposo….bisogna che me dai n’ assaggio…..      

Lella:                (Lo scansa) E mica me fido sa? Stai avvede che ciaripensi !

Cencio:            Ma chi  ciaripensa! Viè qua bella palloccona mia…

Lella:                Fammene annà va,  prima che te scalli troppo…..

Lella scappa via inseguita da Cencio. Entrano Cesira e sor Otello e passano in un esterno dove sono seduti Guercio,  Ciriola, Zucchina, Sciancato, Zagaja e Fettina.

Zucchina          ‘Na vedi  a sora Cesira?

Ciriola:             A vedo sì!

Guercio:           S’è tajata pure li baffi pe’ la festa!

Sciancato:        E te co’ n’occhio solo,  hai visto che s’è tajati li baffi! Nun ce se crede…

Zucchina:         E’ che li baffi de Cesira, li vede pure ‘n cecato.

Cesira si gira verso di loro.

Ciriola:             A Zucchì…e parla piano che te sente! Però c’hai ragione, se l’è tajati pe’ davero!

Zucchina:         Pare pure più caruccia!

Ciriola:             (Gran sorriso, si avvicina alla coppia e s’inchina ) Bbòna sera Sora Cesira!

Otello:              Ariecco l’acqua…

Cesira sorride e saluta inclinando la testa.

Ciriola:             Bona sera sor Otè, ma qua’a  borza nun l’ammollate mai.

Otello:              E te, l’affaracci tui nun ti’i fai mai?

Ciriola:             Ve trovo bbene sora Cesira.

Otello:              Che te l’ avessimo dimannato?

Cesira:             E lassatelo parlà sto’ giovinotto!  E’ così ammodo!

Otello:              Se vede proprio che nun lo conosci.

Coro:                ‘O conosce, ‘o conosce!

Otello:              A proposito Cesira, ma ‘sto fornaro er filoncino che je pago, to’o da armeno callo callo?

Coro:                Jo da callo…. jo da callo…

Ciriola              Ve pare che nun jo do’ callo…sor Otè?

Otello:              Sì , a Cesì, ma armeno te piace?

Coro:                Je piace…je piace…

Cesira:             Certo che mi piace… poi me lo consegna sempre in orario.

Otello:              (Si gratta la testa) E so’ contento!

Ciriola:             A sor Otè, per me è sempre ‘n piacere servire la vostra signora.

Questa volta l’unico che parla alle spalle di Otello è Zucchina. Si sente solo la sua voce.

Zucchina:         Dov’esse d’ arimanè senza sfilatino!

Otello si gira di scatto , punta il dito e va incontro Zucchina con fare minaccioso.

Otello:              Che stai a di te? Aripeti un po’?

Zucchina:         A sor Otè, e ‘n  mezzo a tutti ‘sti zellosi che stanno qua,  solo a me  sete venuto a tanà?

Otello:              A Zucchì e nun t’aggità, che tanto prima o poi,  te vengo a misurà .

Ciriola da un’occhiataccia a Zucchina.

Ciriola:             Ce’ l’ aveva cor pane sor Otello…..

Otello facendo un gesto di disappunto si gira e torna verso Cesira. Ciriola fa l’atto di prendere a calci Zucchina che svincola.

Otello:              Vabbè va , annamosene  Cesì, sinno co’ sti quattro purciari, gira che te riggira , me s’ arimpone la festa.

Cesira:             Otè,  ma che già te ne voi  annà?!

Otello:              (Si tocca  la testa) E’ che so’ un po’ stanco e poi sta’ capoccia che me rode,  me sta’ a manna ai matti. ( China la testa) . Che vedessi quarcosa,  luce dell’occhi mia ?

Si avvicina Zucchina

Zucchina:         E saranno le corna che ve pesano.

Otello:              Ma li mortè….

Zucchina scappa inseguito da Otello. Gli astanti gli vanno dietro per non perdersi la scena. Tutti escono. Rimangono in scena Cesira e Ciriola.  Cesira sta con le braccia conserte a guardare la scena.

Cesira:             Poro Otello… ggira che te riggira va a finì che me se sente male.

Ciriola le da un pizzico sul sedere.

Cesira:             Aò, ma che te pizzichi.

Ciriola:             A Cesì, ma perché nun te piace?

Cesira:             Nun me stuzzicà,  che te do’ un mozzico che te stacco la mano.

Ciriola:             Si pizzica e mozzica,mozzica e pizzica…

Cominciano il balletto Cesira e Ciriola . Si aggiunge tutto il resto del gruppo. Balletto corale.

Canzone: Pizzichi e mozzichi (Cantano Ciriola e Cesira)

Cesira:                         Er pizzico me stuzzica, ma quanno me tocchi mozzico

                                   È inutile che stuzzichi, nun ciò tempo pè sta’ a giocà

Ciriola:                         Si er pizzico te stuzzica nun è vero che te mozzica

                                   Si te piace te lo dico e adesso viè e continua a giocà           

Ciriola:                         Se dice che Nerone s’è svejato ‘na matina

                                   sulle chiappe d’Agrippina ‘n bel pizzico jammollò

Cesira:                         Dicheno pure che Agrippina dopo er pizzico de Nerone

                                    s’è girata e de mancina ja ammollato un ber pizzone.

Cesira:                         Pizzica e mozzica stuzzica e pizzica, te ne devi proprio annà

                                               Pizzica e mozzica, stuzzica e pizzica, lassa perde che ciò dafà

Ciriola:                         Pizzica e mozzica, stuzzica e pizzica, pare ‘na rota che sta a girà

                                   Pizzica e mozzica, stuzzica e pizzica, girala girala….

Cesira:                         Ma lasseme stà

Ciriola:                         Si dice che Napoleone di ritorno da Watterlò

                                   sulla chiappetta de Giuseppina un ber mozzico jammollò           

Cesira:                         Dicheno pure che Giuseppina dopo er mozzico de Napoleone

                                    jallentato  na cinquina che per terra lo sdraiò.

Cesira:                         Pizzica e mozzica stuzzica e pizzica, te ne devi proprio annà

                                     Pizzica e mozzica, stuzzica e pizzica, lassa perde che ciò dafà

Ciriola:                         Pizzica e mozzica, stuzzica e pizzica, pare ‘na rota che sta a girà

                                     Pizzica e mozzica, stuzzica e pizzica ora basta la devi piantà.

Fine canzone

Fine del balletto tutti escono.  Passano Marcella ed Assunta che rientrano dalla chiesa.

Marcella:          Assu, ma che già te ne voi annà?

Assunta:           So’ stanca Marcè.

Marcella:          Ma  viette a fa du risate co’ noi che te passa.

Assunta:           Pe’ ride bisognerebbe avecce ‘na raggione. Io nun ce l’ho.

Assunta entra dentro il portoncino. Stacco musicale. Entrano i bulli con aria spavalda.

Bullo1:              Ma quella nun è  qua’a pischella che sa’a faceva co’ Giggetto?

Bullo2:              Sì….è quella de’e  foto…

Bullo3:              Ciai raggione!

Bullo4:              Aò…e dimoje quarcosa…

Un bullo si avvicina a Marcella con aria spavalda.

Bullo1:              Marcè, quannè che ve rifate le foto, che ve venimo avvede?

Marcella:          Ma de che state a parlà…me state a scambià co’ n’artra…

Bullo1:              Seh! Ma si v’avemo vista quanno facevate tutte que’e pose. Faccene una pure a noi….

I bulli scimmiottano le pose di Marcella. Entrano Guercio, Zucchina, Fettina, Ciriola, Zagaja.

Guercio:           E questi chi l’ha chiamati?

Zagaja:             Aò…e cia…cia…ciarifanno…

Zucchina:         A rigà ve sete persi pe’ strada n’artra vorta?

Bullo:               A pisè…noi annamo ndo’ ce pare e piace. A Marcè, daje, facce sta posa…

Marcella:          Ao’ e si ve dico che ve state a sbajà…ve state a sbajà..

Fettina:             Aò….la signorina v’ha detto che ve sete sbajati!

Bullo1:              E chi o’ dice questo?

Fettina tira fuori  il coltello e lo mostra al bullo.

Fettina:             Questo…che mo si nun te ne vai, te spanza come ‘n vitello.

Bullo1:              E mo m’hai messo ‘na scacaccia !!!!

Il bullo tira fuori il cotello.

Fettina:             Pesse uno che viè da n’artro quartiere a pija e petto la ggente, er fegato nun te manca! Mo vojo vede com’è fatto.   

Guercio  grida.

Guercio:           Piove…rigà…piove…

Entra Trabalza con Fanelli. Fettina ed il bullo appuntano il coltello sulla parete, mentre altri due ci poggiano sopra il cappello.

Trabalza:          Buongiorno signori.

Alvaro:                         Bonasera sor Delegà, ve posso offrì quarcosa?

Trabalza:          Non bevo ‘n servizio, grazie.

Alvaro:             Pure voi alla festa?

Trabalza:          Ma non siamo qui per divertirci ! Se non ci fossimo noi a vigilare, chissà cosa succederebbe in questo quartiere. Vero Guercio?

Guercio:           A delegà…e io co’ fatto?

Trabalza:          Ah….niente! Però non capisco il perché quando ci hai visti, hai gridato piove. Fanelli, per caso sta piovendo?

Fanelli:             No comandante.

Trabalza:          Però per il Guercio piove.

Guercio:                       Ce vedo poco  delegà ! Apposta me chiameno così!

Trabalza:          E chissà perché quando uno dice piove, i coltelli si vanno a nascondere nei posti più inaspettati….. come per esempio…

Scopre i coltelli.

Trabalza:          Alvaro, in  questo locale i coltelli li usiamo come attaccapanni?

Alvaro:                         No delegà , è che er mio me s’ è sfasciato …

Trabalza:          Non scherziamo! Alvaro, che facciamo , vogliamo chiudere bottega?

Alvaro:             Che dite delegà….

Trabalza:          Fanelli prenda quei cortelli, hai visto mai che qualcuno si fa male !!!!

Fanelli requisisce i coltelli. Trabalza guarda i bulli

Trabalza:          E questi bravi signori che ci fanno da queste parti?

Bullo2:              A delegà noi semo de Borgo, ma quanno c’è ‘na festa pe’ Roma ce piace divertisse….

Trabalza:          So benissimo di dove siete! Il problema  è che quando decidete di divertirvi, chissà come….. succedono storie…

Bullo3:              Ma che? Noi  se stavamo solo a scambià du parole tra amichi . E’ vero rigà!

Guardano gli altri.

Voci:                E vero…si è vero….come no….

Tutti assentono e si danno pacche sulle spalle, trasteverini compresi.

Trabalza:          Fanelli, ma non vedi che attori! Quasi quasi, invece che in galera, li portiamo all’Ambra Jovinelli…

Trabalza li guarda, fa una pausa.

Trabalza:          E va bene, oggi è festa e voglio prendervi ‘n parola…però ora voi quattro ve ne tornate al quartiere vostro….  e voialtri invece ve ne  state tranquilli e buoni al posto vostro . Sono stato chiaro?

Voci:                Come no delega….si delega…certo delegà..

Alvaro:             Ce penso io delegà…

Trabalza:          Ti prendo in parola. (Rivolo ai bulli) Forza voi ….su  muoviamoci…..aria…

I bulli sbuffando escono. Cencio e Lella entrano ed incrociano il delegato.

Cencio:            Bonasera delegà,

Trabalza:          Bonasera Cencio, i miei ossequi sora Lella.

Lella:                Bonasera.

Cencio:            Come mai da ‘ste parti?

Trabalza:          Che domande, questo  è il mio lavoro! Oggi è festa e  non vorrei che tra una bevuta e un’altra succedesse qualcosa. Ne sapete niente del fattaccio avvenuto proprio su questa piazza?

Cencio:            E io so ‘n poro fruttarolo che lavora da matina a sera!

Lella:                E io so venuta a sapè che du omini cianno avuto una discussione pe’ na questione  che manco se sa….

Trabalza:          E c’è scappato il morto, anzi due. Uno ha preso una coltellata alla schiena e l’altro in pieno stomaco.

Cercio:             Pe’ davero?

Trabalza:          E sì! A meno che, quello accoltellato alla schiena sia resuscitato ed abbia colpito l’altro allo stomaco. Sembra poco credibile, non vi pare?

Cencio:            Si o’ dite voi !

Trabalza:          Oppure qualcuno, non si sa chi, era presente al fatto e ha voluto pareggiare i conti.

Cencio:            O stai avvede che quell’ infame che ha dato la cortellata alle spalle de Nando, s’è vergognato e  s’è ammazzato da solo !

Trabalza:          Ah… tutto può essere!  Infatti sto’ cercando di  scoprire la verità.

Cencio:            A delegà…. a’ verità!

Canzone in duetto:      La verità

Trabalza:                          Sono qui che faccio le domande

                                                        Ma lo so che non  risponderai

                                                        E’ difficile trovare la verità

                                                        Tra di voi regna solo l’omertà.

Cencio:                                Ce lo sapete, ‘sta maschera che porto

                                        Mai nessuno me la po’ levà

                                        Venite qui  a cercà ‘sta verità

                                        Ma tra noanrtri nun la potete trovà.

Ritornello

Trabalza:                          La verità.

Cencio:                                Io ciavevo n’amico vero

Trabalza:                          La verità

Cencio:                                E me l’hanno ammazzato

Trabalza:                          La verità

Cencio:                            La verità che la c’è sta ‘na donna sola

                                        Sta a piagne l’omo suo

                                        E nissuno jo pò ridà.

Ripresa

Trabalza:                          Io comprendo le vostre ragioni

                                        Ma bisogna seguire la legge

Farsi giustizia con le proprie mani

Non vi aiuta e non vi protegge

Cencio:                                Marescià ma da me che volete

Che parlo e ve dico chi è stato

Lassate perde che ancora nun è nato

Chi me vole  mette  appecorato.

Ritornello

Trabalza:                          La verità

Cencio:                            E che devo fà

Trabalza:                          La verità

Cencio:                                Io nun ho visto nissuno

Trabalza:                          Non mi arrenderò.

Cencio:                            E nun ve posso da torto

Ma pe’ la legge nostra

Chi parla  è n’omo morto.

Fine canzone

Trabalza:          Io conosco una sola legge. Quella che servo!

Cencio:            A delegà, e  la vita è bella perché nun è uguale pe’ tutti. Io venno frutta e voi fate rispettà la legge……’a vostra.

Trabalza guarda l’attendente.

Trabalza:          Fanelli, andiamo.

Cencio:            Arivederci Delegà.

Trabalza:          Arrivederci Cencio. Buonasera sora Lella.

Trabalza fa per andare, ma all’ultimo momento si gira.

Trabalza:          Ho saputo una  notizia….

Zucchina:         Ammazza eccome gireno le chiacchiere a sto’ quartiere!

Trabalza:          So che vi state per sposare.

Lella:                A delegà…sete invitato pure voi…

Trabalza:          Certo…grazie…grazie…

Fa per andare un’altra volto, ma si gira.

Trabalza:          Ah, dimenticavo!

Zucchina:         Aaahhhhhhh…

Trabalza:          So  quasi con certezza, che Romolo Ferretti , detto “er pizzicarolo”, è venuto a sapere  il nome di chi gli ha ammazzato il fratello. Da quello che si dice in giro, pare non abbia mai perso un duello in vita sua.

Cencio:            E so’ contento pe’ lui.   

Cencio e Lella li vedono andare via.

Lella:                            L’hai sentito che t’ha detto? Romolo o sa che sei stato te.

Cencio:            E te dovessi crede che ciò  paura!

Lella:                Io sì e tanta. Cencio mio , io te vojo vedè vivo.

Cencio:            Allora, famme capì, che dovessi fà? Che si quello me viè a cercà , me devo mette ‘n ginocchio e chiede scusa? Tu voi  ‘sta cosa da Cencio?

Lella:                Nun stavo a di questo! E’ che a Roma ce lo sanno pure li serci che quello nun se n’è mai accattata ‘na cortellata, nimmanco de’ struscio.

Cencio:            E pure io n ’ho mai presa! E poi si lui è er più de Borgo Pio, io so er più de Trestevere.

Lella:                Ma si mori, sarai er più de’ nisuno. Li vedi questi? Questi dopo un par de giorni se scordano de Cencio e il posto tuo se lo raccatta n’artro….. e bonanotte ai sonatori.

Canzone der più (duetto)

Lella si alza, si asciuga gli occhi e scappa via.

Cencio:             ‘Nndo vai… viè qua.    

Ma Lella è già sparita dietro l’angolo. Cencio si incammina cupo verso l’osteria.

Sciancato:        A Ce’, ammazza che faccia, nun te se po’ vede.

Zagaja:             Ma….ma…che….che t’ è mo….mo…morto e…er  gatto?

Zucchina:                     A Zagà, c’hai messo mezz’ora a di sta’ stronzata, che pure si era morto mo’ ha fatto ‘n tempo a resuscità!

Tutti gli astanti ridono e si vanno a mettere seduti all’osteria.

Cencio:            N’amo rigà, famose ‘na zecchinetta, stai avvede che me passassero le madonne.

Voci:                Sciancà, tira fori le carte…datte da fa….

Cencio:                        Alvà, portace na fojetta.

Tutti puntano. Il cartaro prende i soldi. Altra puntata e Cencio riprende. Dopo qualche mano, mentre giocano, da un vicolo sbucano i quattro bulli di borgo.

Guercio:           Arieccheli.

Fettina:             Si nun je l’ho data prima la zaccagnata mo…

Cencio:            Bono Fetti! (Rivolto ai bulli) A rigà, allora nun se semo capiti…

I quattro bulli si fermano e si girano. Entra Romolo.

Romolo:           Sti’ quattro giovinotti stanno co’ me! Ciavreste quarche problema ?

Ciriola:             (A bassa voce) Anvedi, ce sta’ puro er pizzicarolo.

Cencio come se niente fosse,  mette le carte sul tavolo.

Cencio:             Continuate a giocà.      

Cencio aspetta le puntate. Romolo si avvicina al gruppo. Cencio alza gli occhi.

Cencio:            E’ ‘n’onore riceve a ‘sta bella festa er più de Borgo Pio. Mettete a sede Romolo che t’offro da bbeve.

Romolo:           Nun so venuto pe’ festeggià, che sto’ ancora a lutto de’ mi’ fratello Giggetto!

Cencio:            Me dispiace Romolo…..

Romolo:           Levate a pisè, che sta carta è la mia.

Fettina mette subito la mano in tasca, ma Cencio gli fa segno di fermarsi.

Cencio:            Questa e’  ‘na partita tra amici.

Romolo:           E io chessò? Su ‘sta carta ce punto cinque lire…

Cencio:            Allora tirali fori …..che io sto’ avvède solo ‘na mano.

Romolo:           A fiducia.

Cencio scopre la carta dal mazzo e fatalità esce quella dove ha puntano Romolo.

Cencio:            Hai perso Romolo.

Romolo:           Allora mo’ dovrebbi pagà!

Cencio:            Così se dice.

Romolo:           Invece lo sai che nova c’è?  Ho deciso che nun pago .(Si guarda intorno) Che c’è…nun ve sta bene?

Zagaja:             Qua…qua…qua….li debiti de gioco se…se… pagheno.

Romolo:           Levete a cippe cippe… che nun ce l’ho co’ te…

Cencio:            A Romolo, co’ chi ce l’hai?

Musica di accompagno. Tutti gli astanti si mettono le mani in tasca, tranne Romolo e Cencio. Alvaro che ha assistito alla scena, scatta in avanti.

Alvaro:                         Ahò, che dovemo  fa? Gireno le guardie e sto’ ggiro nun me sarva manco er papa.

Romolo:           Sta’ tranquillo oste ! Questa è ‘na questione tra me e ‘sto’ fruttarolo. A Cè, io e te c’ javemo da parlà a quattr’occhi. N’amo…

Cencio:            Nun c’ho segreti pe’ nissuno. Che voi ?

Romolo:           C’ è ‘na cortellata che te sta’a spettà.

Cencio:            Ammazza ao’! Ma de’ che parli?.

Romolo:           De’ mi fratello Giggetto.

Cencio:            Tu ce lo sai  come so’ annati i fatti.

Romolo:           Come so annati annati, er  sangue suo chiede vendetta.

Cencio:            Allora quann’è così….dimme ‘ndòve e quanno…..

Romolo:           Sottofiume a Castel Sant’Angelo, domani, alle cinque de’ matina.

Cencio:            E là me trovi.

Romolo:           N’amo rigà.

Romolo mentre va via vede Otello con zifrate.

Romolo:           Ma tu nun sei er cassamortaro?

Otello:              Così dicheno! Come ve posso servì ?

Romolo:           Domani matina c’ iavrai da lavorà…e pure te zifrà prepara i sacramenti…..

Romolo mentre va via prende una manciata di soldi e li butta sul tavolo.

Romolo:           Romolo Ferretti i debiti sua li paga sempre.

Romolo ed i suoi bulli escono ed incrociano Lella. Lella si avvicina a Cencio che  la prende per mano e se la porta via. Alvaro comincia a chiudere bottega, man mano la gente sfolla.

Lella:                A Cè, ma che voleva er pizzicarolo ?

Cencio:                        E’ passato pe’ la festa!

Lella:                E che t’ha detto?

Cencio:                        Tra ‘na bevuta e n’artra j’ho detto li fatti de’ Giggetto come so annati…….e  se semo spiegati. Mo’ è tutto a posto…  

Lella e Cencio si vanno a mettere seduti. Lella guarda Cencio con tenerezza, gli prende la mano e gliela bacia.

Cencio:            A Lella, quer vestito bianco co’ tutti li ricami che t’ha fatto tu madre ce l’hai sempre?

Canzone:  Canzone dell’amore con secondo arrangiamento 

Controluce.  Bacio tra  Cencio e Lella.

Lella:                Allora mo lo sai che faccio? Vado da zifrate e vedo de’ combinà la data.                        

Non aspetta nemmeno la risposta. Cencio la guarda mentre va via ed esce.  Buio.

Cambio scena.

Luce  Zifrate . Entrano Lella ed Assunta che salutano.

Zifrate:                         Che cercate regazzì?

Assunta:           Zifrà…zifrà, ve dovemo parlà!

Zifrate:             Dev’esse ‘na cosa importante pe’ venimme a cerca a st’ora?

Lella:                Io e Cencio se sposamo.

Zifrate:             Ve sposate!

Lella:                            Si…zifrà  me vole  sposà…e io pensavo de’ fallo…chessò… dimani…

Zifrate:             Come dimani?

Lella:                Si dimani…dopodimani….domenica…

Assunta:           ’Nsomma, Lella se vole spiccià…

Zifrate:             Rigazzì….bbone…carmateve n’attimo……che ste’ cose bisogna falle come Dio comanna.

Lella:                Si o’ so! Bisogna preparà le carte, poi ce dovete confessà ……vabbè nun ce pensavo! ‘Na settimanella bbasterà?

Assunta:           Così c’hai puro er tempo de’ preparatte er vestito…

Lella:                Seh…tanto è quello de mi’ madre…

Assunta:           (Guarda zifrate) Mache c’javete zifrà?

Zifrate:             E che c’ ho…che c’ho….fijette belle…E’ pa’a questione de’ Romolo er Pizzicarolo. Voi  nun ce lo sapete, ma qui’i due se so’ messi d’accordo pè regolà li conti  loro.

Lella:                E quanno sarebbe?

Zifrate:             Domani alle cinque de’ matina…. sotto fiume a Castel Sant’Angelo.

Lella:                No, nun po’ esse!

Assunta:           Sta’ storia nun finisce mai……

Lella:                E mo’ che faccio zifrà?

Zifrate:             E che poi fa? Gnente poi fa… che quanno du’ malandrini hanno deciso de scannasse pe’ ‘na questione d’’onore, nun li ferma manco er Padreterno.

Lella:                Allora parlatece voi …po’ esse che a voi ve da retta!

Zifrate:             A Lella…e io so’ un poro frate. Che voi, posso ammolla’ un par de sganassoni, ma rimano sempre n’omo de pace.

Lella:                Armeno dateme un consijo.

Zifrate:             Io ….e che consijo te posso dà? Poi pregà solo Iddio…. che solo Lui te po’ aiutà.

Il frate le gira le spalle  e lascia la scena.

Assunta:           A Lella  to’o dice Assunta come devi fa.

Canzone: Canzone del tradimento.

Fine canzone entra il Delegato

Lella:                A delegà ve devo parlà.

Canzone:         Fiore de’ pane

                        Fiore de pane,

l’ha  fatto carcerà, nun e’ n’infame,

ste cose nun se fanno pè l’ onore,

le donne, si lo fanno, è pe’l’ amore.

Cambio scena

Musica. Duello

Luce sulla piazza. Duello tra Cencio e Romolo. Entrano i due compari con Cencio e Romolo. Bullo 1 e Zucchina si avvicinano. Hanno due borse in mano che aprono . Sono piene di coltelli.

Bullo:               Ciavete quarche preferenza pe’ la lama?

Zucchina:         Pe noi va bene una quarsiasi!  Fà te!

Entra Otello con borsa insieme a zifrate. Tira fuori un quaderno ed un metro e prende appunti. I bulli lo guardano per un attimo.

Bullo:               Allora famo quella da venti. All’ultimo sangue!

Zucchina:         All’ultimo sangue,

Musica sottofondo

Zucchina guarda Cencio che acconsente. Nel frattempo Cencio e Romolo cominciano a spogliarsi e rimangono in maniche di camicia. I due compari poggiano i coltelli per terra ad una certa distanza l’uno dall’altro. S’allontanano. Cencio ed Romolo si arrotolano la giacca su un braccio ed al via di un testimone,  ognuno prende il suo coltello. Fanno delle mosse in aria col coltello, come per bilanciarlo.

Musica. Duello. ( Balletto del duello)Ogni azione viene evidenziata da un accento musicale.

I due contendenti fendono l’aria con il coltello.

Cencio:            Romolo, tu fratello se l’annata a cercà….

Romolo:           Statte zitto a cantastorie!

Romolo tenda l’affondo, ma Cencio si scansa.

Cencio:            Giggetto l’ha pugnalato a le spalle a Nando.

Romolo:           Tanto nun m’encanti……

Altro affondo di Romolo, ma Cencio para.

Cencio:            Io nun lo volevo coje, ma me so dovuto difenne, sinnò ciarimediavo puro io ‘na cortellata.

Romolo:           Arisparmia er fiato…

Altro affondo di Romolo

Romolo:           …….. che mo te manno a trovà l’amico tuo Nando.

Questa volta  Cencio viene colpito di striscio. Si guarda il braccio. Romolo incalza. Cencio questa volta para e prova l’affondo

Cencio:            Tiè becca…….. questa ta’a manna Nando.

Questa volta è Romolo ad essere colpito. Si guarda il braccio con noncuranza.

Romolo:           Allora nun sai coje solo a tradimento…

Cencio:            Nun so n’infame come Giggetto…

Il duello continua ed ad un certo punto, quando Cencio sembra avere la meglio,  perde il coltello. Augusto gli si avvicina.

Musica.

Augusto:           Si c’hai quarche santo da pregà, pregalo che è er momento tuo è arivato.

Musica.

Cencio:            Fa quello che devi da fa, spiccete a boja!

Entrano Trabalza, Fanelli, Lella , Assunta.

Trabalza:          Fermi…fermi…

Romolo guarda  Trabalza per un attimo, poi con un gesto di disprezzo butta il coltello.

Trabalza:          Fanelli requisisca quei cortelli.

Fanelli procede.

Romolo:           A delegà chi è che ha fatto a spia?       

Lella:                So’  stata io.

Cencio:            Lella….….come hai potuto tradimme…come l’hai potuto fa…

Trabalza:          Invece dovresti ringraziarla Romolo. Dalle indagini è emerso che Giggetto  ha  pugnalato alle spalle Nando e poi ha cercato di accoltellare anche Cencio, che a sua volta ha agito per legittima difesa.

Romolo:           A delegà che  me state a di, che mi fratello era n’infame?

Trabalza:          E abbiamo anche le prove che per l’omicidio di via del Panico, il colpevole era vostro fratello. Nando Terenzi pur sapendo chi era stato, sempre per la vostra legge dell’omertà, si è fatto due anni dentro da innocente, ma non ha parlato.

Assunta:           Nando era n’omo vero e tu fratello me l’ha ammazzato a tradimento

Trabalza:          Cesare Proietti, detto Cencio, anche se per leggittima difesa, la dichiaro in arresto per l’omicidio di Luigi Ferretti, detto Giggetto. Mi dispiace questa è la legge.  Fanelli proceda.

Romolo va via a testa bassa, mentre Fanelli ammanetta Cencio. Lella canta la canzone per Cencio.          

Canzone: L’addio.

Finale saluti: A Roma

Fine