Non c’è posto per gli angeli

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NON C' POSTO PER GLI ANGELI

-Non c’è posto per gli Angeli-

COMMEDIA BRILLANTE IN 3 ATTI
di Franco Roberto

Personaggi ed interpreti

Avv. MODESTO CORDELLI, sindaco                                                         GABRIELE MALAVASI

ANGELA, sua moglie                                                                                        LINDA BRANCHINI

SILVANA, loro figlia                                                                                    SERENA ZACCARELLI

CAV. AMILCARE PIGNA, segretario di Cordelli                                                DAVIDE FOLLONI

DOTT. GIULIO MANFREDI, medico condotto                                                    MATTEO SACCHI

DOTT. PIETRO GIORDANI, farmacista                                                     MARCELLO GONZAGA

MARIO BONETTI                                                                                              DAVIDE RIGHETTI

LINA ICARDI                                                                                            STEFANIA MARASTONI

JOLE PASOTTI                                                                                                  ROBERTA ARTIOLI

MARGHERITA TAVELLA                                                                                      ELISA BASSOLI

DEREGIS, giornalista                                                                                               LUCA BERTOLI

BEPPE, messo co­munale.                                                                                 MATTEO BEDESCHI

DON AUGUSTO                                                                                         GIUSEPPE ADDONIZIO

GIORGIO PASOTTI                                                                                              ALEX LUPPOLINI

PERPETUA                                                                                                                     LIA CROTTI                       

Oggi, in un piccolo centro ad alcuni chilometri da una città capoluogo di provincia.

Scena per i tre atti: modesta camera adibita a Sala Consi­glio di un piccolo Comune. Due porte: una conduce nell'ufficio del sindaco, l'altra all'esterno. Finestra in una delle pareti.


ATTO PRIMO

La mattina d'un giorno di primavera.

BEPPE - (sta provando a suonare con la tromba una mar­cia. Ad ogni istante, però, la linea melodica s'inceppa, e ne escono stonature che sgomentano lo stesso suona­tore. Tuttavia non si perde d'animo, e ad ogni stecca ri­prende con rinnovato vigore a soffiare nello strumento. Proprio nel momento in cui uno squillo Più acuto lace­ra l'aria, entra dall'esterno)

PIGNA - (un ometto di età già avanzata, funge da segretario del sindaco, ed è cavaliere. Timido e servile verso i su­periori, sfoga le sue represse aspirazioni autoritarie con i subalterni, e dato che in paese l'unico subalterno di cui possa direttamente disporre è il suo messo comunale BEPPE, non perde occasione di far valere verso questi la propria supremazia. Appena entrato si porta le mani al­le orecchie, poi, con gesto perentorio) Basta con quella tromba!... Rompi i timpani a tutto il paese!...

BEPPE - (per nulla intimorito, si limita a guardarlo con la coda dell'occhio, scrollando le spalle) Siamo in tempo di campagna elettorale, no?

PIGNA - Beh?

BEPPE - In questo periodo c'è chi ottiene lo stesso risultato anche senza tromba. (Riporta lo strumento alle labbra e ne trae altri squilli).

PIGNA - Basta, ho detto! Non usa più, qui dentro, ascoltare i miei ordini?... Aiutami a preparare la Sala per il Con­siglio, muoviti!

BEPPE - (a malincuore depone la tromba e obbedisce, senza però eccessivo zelo. Entrambi vanno e vengono dall'uf­ficio del sindaco, con carta, matite, sedie, che dispon­gono via via al loro posto presso il tavolo centrale. BEPPE non rinuncia, frattanto, ad esprimere ad alta voce le sue opinioni) Bella fantasia ci vuole a chiamare «Sala del Consiglio» questo pollaio!... Quella di una volta sì che era una «Sala»!... Ma ce l'hanno bombardata!... Una sola bomba, eh... L'unica caduta sul paese in tutta la guerra. F magari per uno sbaglio o per un guasto al­l'aereo, chi lo sa... (fa il gesto della bomba che cade e scoppia) Patatrac, e addio Sala del Consiglio. Quella notte, ci creda, ho pianto!...

PIGNA - (sempre indaffarato) Non incantarti, adesso. Aiu­ta, piuttosto!

BEPPE - (riprende l'andirivieni, poi, dopo qualche esitazio­ne) Cavaliere...

PIGNA - Che c'è.

BEPPE - Mi tolga una curiosità...

PIGNA - Avanti!

BEPPE - Perché l'avvocato Cordelli ha voluto riunire anco­ra una volta il Consiglio Comunale?

PIGNA - Oh bella... Perché l'avvocato ha uno spirito es­senzialmente democratico, e lo stringere la mano agli avversari prima del combattimento fa molto «demo­crazia».

BEPPE - (poco convinto) Io dico che vuole solo vedere la faccia che hanno gli oppositori a quindici giorni dalle elezioni amministrative (pausa). Lei... lei per chi vo­terà?

PIGNA - (sobbalzando) Ma BEPPE! Sono domande che non si fanno!

BEPPE - Ha ragione. Tanto lo sanno tutti.

PIGNA - Come sarebbe a dire?

BEPPE - Ma sì! Lei, cavaliere, vota per l'avvocato, perché se vengono gli altri... Pffft, aria! La spediscono col pri­mo treno.

PIGNA - (a poco a poco ha abbandonato il suo cipiglio ca­poralesco, e si è fatto attento, interessato alle parole di BEPPE. Ora il discorso procede su un piede di parità; anzi si direbbe che lo stesso BEPPE tenga in pugno la si­tuazione) Guarda, guarda... E chi te lo dice, questo?

BEPPE - Tutti. Perché lo sanno, eccome lo sanno!, che lei gli faceva già da segretario quando l'avvocato aveva lo studio in città...

PIGNA - (interrompendolo) Bella scoperta!

BEPPE - . . .e poi, quando quello si è ritirato quassù, al «paesello natio», lei gli è venuto dietro. E infine, quan­do gli è saltato il ghiribizzo di fare il sindaco, lei, sem­pre libero e disponibile, è tornato a fargli da segretario

PIGNA - E con questo? (a bassa voce, con una punta d'a­marezza) Vivo solo, sono sempre stato solo... mi consi­dera uno della famiglia.

BEPPE - Appunto! Lei è legato mani e piedi all'avvocato. Per forza deve seguire la sua sorte. Lo sa che cosa dice­va di lei il maestro, l'altro giorno?

PIGNA - Il maestro? No, non ho idea... Sentiamo.

BEPPE - (crogiolandosi nella rievocazione) Saranno state le sette di sera. O forse no: le otto.

PIGNA - (impaziente) Facciamo le sette e mezza, via. Avanti.

BEPPE - Io e il maestro eravamo a una finestra di casa sua, e guardavamo giù in piazza. Un bel momento chi ti ve­diamo passare?

PIGNA - (acido) Garibaldi a cavallo!

BEPPE - No, di meglio ancora: lei a piedi, che attraversava la piazza.

PIGNA - Che avvenimento! E poi? Spicciati!

BEPPE - Allora il maestro fa: «Lo vedi quello là» (confi­denziale, con una gomitata nei fianchi). Era lei, cavaliere!

PIGNA - L'avevo capito. Embè?

BEPPE - E continua: «Quello là è come un pianeta». Pro­prio così.

PIGNA - (ch 'era preparato al peggio) Un pianeta? Mica ma­le. Il paragone non mi dispiace.

BEPPE - Si. «Un pianeta che brilla solo finché il sole lo il­lumina. Sparito il sole, sparirà anche quello là» (altra gomitata nei fianchi). Era lei, cavaliere!

PIGNA - (nero in viso, malgrado l'apparente baldanza delle parole) E l'invidia che vi fa parlare così. L'invidia della mia posizione. Ma io me la rido, sai? Me la rido e me ne stropiccio, e continuo a fronte alta per la mia strada!

BEPPE - (conclusivo) Sarà...

PIGNA - (improvvisamente s'accorge d'aver dato troppa corda al suo subalterno, e subito si preoccupa di ristabi­lire le distanze) E poi, che significano tutte queste chiacchiere con un tuo superiore? Chi ti credi di essere?

BEPPE - Mah... Certo non un «pianeta» come lei! Forse sono soltanto un fiammifero, io.

PIGNA - Meno male che te ne rendi conto.

BEPPE - Però i fiammiferi fanno luce da soli!

PIGNA - (vorrebbe replicare a tono, ma ne è impedito per­ché)

SILVANA - (entra in quell'istante dall'esterno, portando con sé una borsa di cuoio. E la ventenne figlia del sindaco, elegante, moderna, alquanto attraente) Buon giorno.

PIGNA - (gentilissimo, profondendosi in inchini) Oh, signo­rina Silvana... Come sta?

SILVANA - Bene, cavaliere. E lei?

PIGNA - Anch'io. Suo papà, l'avvocato, non è ancora arri­vato.

SILVANA - Lo so. (alludendo alla borsa) Ha detto di posarla sulla sua scrivania.

PIGNA - Dia a me, signorina. Faccio io (gliela prende di mano e fa per avviarsi nell'ufficio del sindaco. Ad un tratto lo coglie l'ispirazione di dare un saggio pratico della sua autorità su BEPPE. Scatta, militaresco) E tu non startene h impalato! Con tutto quello che c'è da fa­re!... (a Silvana sospirando) Ah, questi subalterni! Questi subalterni!... (scompare in ufficio).

SILVANA - (a BEPPE, ostentando indifferenza) E... e Mario Bonetti, il consigliere d'opposizione, quello che fa sem­pre andare in bestia papà?... Non l'ha ancora visto?

BEPPE - No, ma... sa, signorina, lui, prima di venire alle se­dute, fa sempre «riunione» con la sua collega dell'oppi­sizone. (Ironico) Mica male, eh, quella signorina Icar­di?

SILVANA - Secondo i gusti. Ha per lo meno il doppio degli anni che dimostra.

BEPPE - Dice che ne ha venticinque.

SILVANA - Li avrà avuti!

BEPPE - Si vede che se li è tenuti. Ad ogni modo, con Bo­netti va così d'accordo!

SILVANA - (secca) Già, già. Arrivederci BEPPE (esce).

BEPPE - (sornione) Buon giorno, signorina.

PIGNA - (rientra nell'ufficio) Se ne è già andata la signorina Silvana?

BEPPE - Si.

PIGNA - Senza salutarmi?

BEPPE - Nooo... Ha detto di darle un bacio in fronte. Lo vuole?

PIGNA - Fa' le punte alle matite, svelto!

BEPPE - Ma se le adoperano solo per scarabocchiare.

PIGNA - Falle lo stesso.

BEPPE - Va bene. (Eseguendo) Da quando sono qui dentro ho visto sempre che durante le sedute i consiglieri non usano le matite per fare altro. L'avvocato, per esempio, quand'è allegro disegna margherite.

PIGNA - Ah! E quand'è arrabbiato?

BEPPE - Niente, perché spezza le punte. Mario Bonetti, in­vece, fa case; la signorina Icardi righe incrociate; il dot­tor Giordani burattini senza testa; e la signora Tavella teste di cani con gli occhi strabici.

PIGNA - Ma come fai a sapere tutto questo?

BEPPE - Sono io che riordino la sala dopo le sedute. Quan­ta carta, quante matite e quanto tempo sprecato!...

PIGNA - Non sta a te dar sentenze (osserva il tavolo con oc­chio critico). Sì, mi sembra che sia tutto a posto. Man­cano solo i consiglieri.

BEPPE - Allora vado in atrio a fare «gli onori di casa» (esce soffiando con dispetto nella tromba).

PIGNA - (si tappa le orecchie).

CORDELLI - (entra, volgendosi indietro.E’ il sindaco, avvo­cato, sui sessant 'anni. Alludendo a BEPPE appena usci­to) Suona la carica?

PIGNA - (di colpo si è fatto cerimonioso e servile, e tale atteggiamentomanterrà sempre nel trattare col sindaco) Ha ragione, avvocato. E una vergogna, con quella tromba. Bisogna prendere provvedimenti.

CORDELLI - (avanza in scena con fare sostenuto. Ben consa­pevole dell'influsso che esercita su questo suo «piane­ta», o meglio «satellite», e dell'utilità che da tale situazione gli può derivare, approfitta di ogni occasione per tenerlo saldamente imbrigliato e disporne di conseguen­za come di un automa, di una semplice pedina da ma­novrare secondo il proprio piacere e i propri interessi) Tutto a posto?

PIGNA - Sì, avvocato.

CORDELLI - (non si dimostra molto soddisfatto. Sposta qualche sedia, riordina i fogli di carta sul tavolo ed esa­mina le punte delle matite) Queste matite non hanno punta. Quante volte glielo devo dire?

PIGNA - Eppure ho dato ordine un momento fa a BEPPE di...

CORDELLI - (interrompendolo) Dato ordine, dato ordine... Comodo riversare la colpa sui propri dipendenti! (so­lenne) Ma siamo «noi», cavaliere, «noi» che diamo gli ordini, a dover provvedere quando gli ordini non ven­gono eseguiti! Per questo si dice che comandare è più difficile che obbedire.

PIGNA - (confuso e nello stesso tempo lusingato nel suo amor proprio) Parole sacrosante, avvocato.

CORDELLI - E non creda che far la punta alle matite sia cosa di secondaria importanza, specie per una seduta consi­liare. Perché le matite servono per prendere appunti, per fissare sulla carta idee e impressioni...

PIGNA - (involontariamente seguendo il suo pensiero) Per fare margherite...

CORDELLI - (non ha afferrato) Che?...

PIGNA - (riprendendosi prontamente) Nulla. Dicevo che so­no davvero indispensabili.

CORDELLI - A proposito: si è vista la signora Tavella?

PIGNA - No, ma non dovrebbe tardare. E... durante il Con­siglio dovrò dire qualcosa come se fosse una mia idea?

CORDELLI - Questa volta no. Anzi, parli il meno possibile. Piuttosto: mia figlia l'ha portata la borsa?

PIGNA - Sì, l'ho messa di là.

CORDELLI - Vada a togliere le pratiche che contiene. Tutta roba da archiviare.

PIGNA - Subito (va nell'ufficio).

CORDELLI - (si guarda intorno; orgoglioso e soddisfatto va ad accomodarsi al proprio posto di capo tavola).

MANFREDI - (entra dall'esterno) Permesso? (E il medico condotto. Un uomo sulla cinquantina, la cui semplicità e umanità contrastano apertamente con la vanità e l'op­portunismo di Cordelli).

CORDELLI - (con una cordialità che può apparire sincera) S'accomodi, dottor Manfredi. Lei è una di quelle poche persone che vedo sempre volentieri....

MANFREDI - Perché me ne sto nel mio guscio, vero? E non dò noia a nessuno.

CORDELLI - Non solo per questo, mi creda. Tuttavia ho det­to che la «vedo» volentieri; e non che «le darei del la­voro» (sorride).

MANFREDI - Invece è proprio per «lavoro» che sono venuto a disturbarla.

CORDELLI - Un'altra epidemia d'influenza in vista?

MANFREDI - Grazie al Cielo, no. E’ sua moglie che...

CORDELLI - (interrompendolo) Ho capito. Mi vuole malato ad ogni costo, quella. Scommetto che le ha detto di visitarmi... (poi vede DON AUGUSTO e la Perpetua che entrano dietro a Manfredi)... o che sono già pronto per l’estrema unzione! ....Salve Reverendo... Buongiorno Perpetua. Guardi, Don Augusto, sarà l'aria di campagna, sarà l'occupazione di sindaco... insomma: per me tutta salute. Di lei non ho ancora bisogno...

MANFREDI - Ho chiamato io il Parroco...

DON AUGUSTO - Siamo qui per parlarle di una cosa che ci sta davvero molto a cuore.

CORDELLI - (si fa attento) Dicano...

PERPETUA - Si tratta dell'asilo...

CORDELLI - Ancora?!

MANFREDI - DON AUGUSTO si è già rivolto a lei diverse volte senza ottenere nulla, quindi hanno pregato me, che sono suo amico, di intercedere.

CORDELLI - Inutile, caro dottore; inutile. Sono obbligato a ripetere a lei quanto ho già detto mille volte a DON AUGUSTO: io, in qualità di sindaco, e cioè con i soldi del co­mune, l'asilo delle Suore non posso aiutarlo.

DON AUGUSTO - Ma perché? Le suore sono  completamente senza soldi perchè quasi tutte le famiglie hanno ritirato i bambini e non pagano più la retta . Ci hanno anche staccato il riscaldamento... Ma l’inverno è vicino e fra poco le coperte non basteranno più!

CORDELLI - Eh, via, Reverendo, non mi faccia ripetere ciò che conosce benissimo. E se le suore non vogliono morire di freddo, se desiderano che quelli del paese tornino a man­dare i piccoli all'asilo, sanno come devono regolarsi...

PERPETUA - (amaramente) Certo: sbarazzarsi di quel picco­lo innocente, che ha avuto il grave torto di venire al mondo e di farsi trovare in un cestino, deposto da mani ignote sulla porta dell'asilo. Colpa imperdonabile, ve­ro?

CORDELLI - (visibilmente a disagio) Non buttiamola su que­sto piano, la prego. Sono faccende, queste, in cui è fa­cilissimo scivolare nella retorica, nel sentimentalismo... Dobbiamo sforzarci di essere concreti, realisti, di non perdere di vista l'opportunità e la convenienza...

PERPETUA  - . . e infischiarsene del bambino... magari la­sciarlo morire...

CORDELLI - «Morire», che parolona!... Ci sono tanti istitu­ti, in città, creati apposta per ospitare l'infanzia abban­donata!... Lo mandino in uno di questi!...E voi suore, invece, no! E il prete d'accordo con loro! Tutti tra­volti da quest'ondata di deamicisiano e malinteso spiri­to di carità... L'hanno battezzato addirittura «Benve­nuto», e hanno intenzione di tenerselo finché avrà com­piuto tre anni...

DON AUGUSTO - Del resto il Vescovo, interpellato, ha dato il suo permesso.

CORDELLI - Benissimo: provveda lui, allora. (In tono meno secco) Non vorrei che mi fraintendeste. Nel mio intimo posso pur comprendere e commuovermi per la sorte di quell'innocente. Dirò di più: deploro simili pregiudizi assurdi, anacronistici, che nutrono i miei compaesani verso i cosiddetti figli d'ignoti. Ma come sindaco mi è impossibile non tener conto dei sentimenti della massa, e non considerare le conseguenze che deriverebbero da una presa di posizione contro corrente.

MANFREDI - Anche se le dicessi che l'oggetto di questa «presa di posizione» è... un angelo?

CORDELLI - Eh, caro dottore... Nel mondo d'oggi non c'è posto per gli angeli!... Contano già poco quelli dipinti sui soffitti delle chiese... Figuriamoci quelli in carne ed ossa.

MANFREDI - Eppure il mondo ha più bisogno che mai di an­geli. E per «angeli» non intendo solo i piccoli, ma tutti i buoni, i semplici, i...

CORDELLI - (sogghignando) . . gli stupidi, insomma.

MANFREDI - Ecco, dice bene: gli angeli del giorno d'oggi sono quelli che noi chiamiamo «stupidi».

CORDELLI - (scrollando il capo) Lei mi perdoni, dottore, è un incorreggibile sentimentale.

MANFREDI - (assorto) Forse ha ragione.

CORDELLI - Ma respiriamo l'aria atomica, se ne rende con­to? E il sentimento non ha più ragione d'essere: è ormai una sopravvivenza; peggio: una sovrastruttura. O, per lo meno, lo è il sentimento come lo intende lei.

MANFREDI - Certo, dovevo pensarlo che questa meccanizza­zione universale con i suoi tentacoli avrebbe finito per raggiungere e trasformare anche le sensibilità individua­li, gli spiriti...

CORDELLI - L'età della tecnocrazia!... (ridendo) Tutte mac­chine diventeremo!

PERPETUA - Già, ma le macchine, si ricordi, sono incapaci di soffrire; si rompono.

CORDELLI - (lievemente colpito) Beh...

PIGNA - (entra dall 'ufficio).

CORDELLI - (seccato, interrompendosi immediatamente) Bussi, cavaliere; bussi prima di entrare!

PIGNA - Ma io... io uscivo!

CORDELLI - Non importa. Lei deve sempre bussare.

PIGNA - Si, avvocato, sì (rientra nell'ufficio).

MARGHERITA - (entra.  la piacente collega di maggioranza del sindaco; donna di mezza età sposata, evidentemen­te lavora in città, poiché appare piuttosto elegante, evo­luta, di facile parola) Buon giorno, avvocato... dot­tore... reverendo.. signora Perpetua...

CORDELLI - (si fa di colpo gentile, galante, e da tale com­portamento, che sempre manterrà nei confronti di Mar­gherita, trasparirà con indubbia evidenza la «simpatia» che nutre verso di lei) Oh, signora Tavella!

MANFREDI - Lieto di rivederla.

MARGHERITA - Dottore, uno di questi giorni dovrò venire a trovarla. Ho dei dolorini che corrono qua e là...

CORDELLI - (spiritoso, a Manfredi) Beato lei che correrà dietro a quei dolorini!

MANFREDI - (serio) Sono a sua disposizione signora.

CORDELLI - Beh, ora... se volete scusarmi... ma, dovrei...

DON AUGUSTO - Capisco....  Tolgo immediatamente il disturbo.  E... dunque non può proprio fare nulla per l'asilo?

CORDELLI - Mi stia a sentire, Don Augusto, perchè non va a “OK il Prezzo è giusto”? Se le va bene può portare a casa molti soldi e risolvere il suo problema!

PERPETUA - Glielo dico sempre anch’io che dovrebbe provare coi telequiz, si vincono tanti di quei soldi... E lui, Don Augusto, sarebbe proprio il tipo giusto! Sapeste... sa tante di quelle cose...

DON AUGUSTO - No, mi rifiuto! I problemi si risolvono con la carità e la generosità, non con i baracconi televisivi che rimbambiscono le persone! Insomma, come ho sempre detto “Deve trionfare l’umile carità, non l’abbagliante varietà”!

PERPETUA - Parole sante da persona santa, però a volte bisogna anche essere più concreti e realistici... Prendete Don Mazzi, per esempio: è un uomo di grande carità, ma ciò non gli impedisce di andare al varietà...

DON AUGUSTO - Ho molto rispetto per Don Mazzi, però io ho un carattere diverso e anche un programma diverso. Poi io mi chiedo: questo Comune, con un briciolo di superfluo può mantenere almeno trenta asili, perchè allora dobbiamo aspettare la manna televisiva?

MANFREDI - Sono d’accordo. Sarebbe cosa assai poco educativa. Non bisogna aspettarsi i miracoli, bisogna agire.

DON AUGUSTO - Allora abbiamo già finito di discutere. Se il Comune non vuol dare niente togliamo il disturbo immediatamente!! (esce rassegnato con la Perpetua)

CORDELLI - Eh, quante seccature: quelli del CONI, quelli degli Enti Culturali, quelli della Croce Rossa... e infine questi dell’asilo delle suore... tutti a chiedere, a chiedere, a chiedere! Ma chi sono io ? Babbo Natale?

MANFREDI - Beh, anch’io non mi trattengo oltre. Ci vediamo. (saluti ed esce)

MARGHERITA - Siamo i primi a quanto vedo.

CORDELLI - Di tutti i consiglieri, lei è la più puntuale. Sempre.

MARGHERITA - Pensi che c'è mancato poco che non potessi venire.

CORDELLI - Per... Per i dolorini che corrono?

MARGHERITA - No. Perché in ufficio non volevano darmi il permesso. Capirà, là, in città, dire che sono consigliere comunale in un paesetto simile...

CORDELLI - . . .li fa ridere. Eh, già. (Con intenzione) E pen­sare che senza di lei al mio fianco non riuscirei a combi­nare nulla.

PIGNA - (bussa dall'interno dell'ufficio) É permesso?

CORDELLI - No!

MARGHERITA - Tiene il cavaliere in castigo?

CORDELLI - Il cavaliere fa ciò che voglio io. E uno schiavo del ventesimo secolo.

MARGHERITA - E il «padrone» sarebbe lei, ho capito. (Adu­latrice) Il suo compito lo adempie alla perfezione, biso­gna riconoscerlo. E non solo nei riguardi del cavaliere. Lei è fatto per tenere le redini, per comandare, lo si ve­de subito.

CORDELLI - Sopravvaluta i miei meriti, signora Tavella!

MARGHERITA - Pura verità. L'ho detto anche ieri, durante il comizio alla frazione di San Michele.

CORDELLI - Con una collaboratrice come lei vincerò ogni battaglia. Sì, perché l'arma più potente ce l'ha lei: la simpatia!

MARGHERITA - (vezzosa) Oh, avvocato.

CORDELLI - Mi lasci dire. In politica, più che la preparazione e l'abilità, quel che conta è l'attrazione, il fascino personale; in una parola: la simpatia che promana...

MARGHERITA - Lei mi confonde!

CORDELLI - E proprio per aiutarla a consolidare questa sua posizione, l'altro giorno ho fatto una scappata in città e          ho provveduto a... (s'interrompe perché dall'esterno entrano)

MARIO e LINA - (ovvero gli Oppositori. Mario è un giovane sui trent 'anni e LINA na donna sui quaranta «masche­rati»; entrambi educati, ma ironici e ben saldi nelle loro posizioni. Saluti a soggetto tra i quattro).

LINA - Si comincia, allora?

CORDELLI - Immediatamente. (Alla Porta dell'ufficio, im­paziente) Si sbrighi, cavaliere! Attendiamo solo più lei!...

PIGNA - (entra, portando con sé diversi incartamenti) Ma... lei... Cioè... io... cioè, lei... mi aveva... (Occhiataccia di Cordelli) Sono pronto! (Tutti siedono ai posti abituali. PIGNA fa da segretario)

CORDELLI - Dunque... Innanzitutto chiedo scusa se ho di­sturbato i signori colleghi consiglieri all’alba di questa campagna elettorale che non esito a qualificare entusiasmante, appassionante, leale...

MARIO - (interrompendo) Lasci stare gli aggettivi, per favo­re; tagli corto.

LINA - E ci spieghi il motivo di questa improvvisa convocazione.

CORDELLI- Cavaliere!... Legga.

PIGNA - (scartabella un po', poi trova un foglio e legge)  «Entro mercoledì venti maggio...»

CORDELLI - Cioè dopodomani.

PIGNA - ..... saranno totalmente terminati i lavori per la co­struzione del nuovo Camposanto».

MARGHERITA - (applaude).

MARIO - E con questo?

LINA - Che c'entra la convocazione del Consiglio?

CORDELLI - Desidero che quest'importante realizzazione della mia amministrazione sia annotata nel verbale del­l'ultima riunione di questo Consiglio. E dovrà essere scritta «a lettere d'oro»!

LINA - Allora, cavaliere, cambi la penna!

CORDELLI - L'ironia non ci tocca. Io voglio che rimanga la prova tangibile, tanto per i contemporanei quanto per i posteri, che la mia proficua propaganda sono sempre state le opere pubbliche, in luogo delle sterili enuncia­zioni programmatiche e delle vaghe e inattuabili pro­messe che...

MARIO - Tagli corto, le ripeto. Qui non siamo in un comi­zio.

CORDELLI - (melodrammatico) Sino ad oggi i nostri poveri scomparsi dovevano percorrere tre chilometri per anda­re a riposare in terra straniera.

MARIO - Sì, in Giappone!

CORDELLI - Peggio. I nostri vecchi soffrivano al pensiero che sarebbero finiti nel Camposanto di Cigliano, il pae­se del quale un tempo eravamo una frazione e che fin dall'epoca delle Crociate è stato il nostro maggior ne­mico. Ora, finalmente, abbiamo il Camposanto più bel­lo e funzionale della provincia, con tanti posti, tutti co­modi, asciutti...

MARGHERITA - (applaude) Bravo!

LINA - I suoi applausi non contano.

MARGHERITA - Lo dice lei!... Io chiedo che il Camposanto sia solennemente inaugurato prima delle elezioni.

CORDELLI - Ottima idea, signora (le stringe la mano).

MARGHERITA - E l'unico modo per richiamare l'attenzione dei nostri compaesani, perché, a quanto mi risulta, la sola cosa di cui si interessano in paese è l'orario dell'au­tobus che conduce in città.

CORDELLI - Nulla di più vero. D'altronde, per far notare le nostre realizzazioni, abbiamo sempre inaugurato tutto. E si facevano le cose in grande stile: fuochi artificiali, concerto bandistico, ballo in piazza e magari elezione di una «Miss». Perché, dunque, non dovremmo inaugu­rare il Camposanto?

LINA - Con i fuochi artificiali, il ballo, e l'elezione di «Miss Camposanto»?

CORDELLI - Si... Cioè, no! (A Margherita) Come si fa ad inaugurare una cosa simile?

MARGHERITA - Beh, prima di tutto il Parroco lo benedice.

CORDELLI - Sì, ma non basta per far accorrere la folla. L'i­naugurazione, col discorso, il taglio del nastro, la ban­da che suona marce funebri... quando si può fare tutto questo?

MARGHERITA - Semplice: quando entrerà il primo... il pri­mo «ospite». Faremo un bel funerale...

CORDELLI - Giusto! A spese del Comune.

MARIO - Perché a spese del Comune?

CORDELLI - Mah... per... «incoraggiare»

MARGHERITA - Certo che dovrebbe inaugurarlo un'autorità, un pezzo grosso.

CORDELLI - Uhm, scomodare quelli della Capitale sarà dif­ficile.

LINA - In mancanza, potrebbe inaugurarlo lei, come sin­daco.

CORDELLI - (sopra pensiero) Eh, penso proprio che dovrò... (si riprende e fa gli scongiuri) No! Non sono adatto, io! E poi, ora ricordo: la prima inaugurazione che ci fosse stata da fare, l'avevo promessa al mio collega di mag­gioranza, il farmacista. A proposito, dov'è?

PIGNA - (legge) «Dottor Pietro Giordani: assente per ma­lattia».

CORDELLI -Appunto... Cioè, mi dispiace. (Interessato) E, mi dica, è grave?

PIGNA - Con sicurezza non so però mi risulta che sua mo­glie alle tre di notte ha chiamato d'urgenza il dottor Manfredi.

MARIO - Vede, avvocato? Non bisogna mai disperare. Per l'inaugurazione ha già un'autorità a portata di mano.

CORDELLI - Non dica sciocchezze!

MARGHERITA - Dobbiamo decidere. Il primo funerale a spe­se del Comune, sì o no?

MARIO - Sì, si, faccia pure.

LINA - Per conto mio... fate voi!

CORDELLI - E noi faremo!

SILVANA - (entra in fretta, seguita da BEPPE) Papà... scusatemi se interrompo, ma la Giulia è venuta ad avvertire che il farmacista, il dottor Giordani, è gravissimo

CORDELLI - (scatta in piedi) Bene!

MARIO - (si alza, imitato dagli altri) Come ha detto?

CORDELLI - Si, «bene»... Che la Giulia ha fatto «bene» ad informarci, così possiamo accorrere al suo capezzale. Si­gnori, la seduta è tolta. Lei, signora Tavella, sarà così gentile da venire con me... (ci ripensa) E anche lei, cava­liere, ma non prima di aver riordinato perfettamente la sala, e raccolto le pratiche che riporterà nel mio ufficio.

PIGNA - Senz'altro avvocato.

CORDELLI - Andiamo, non c e un minuto da perdere. Buon giorno a tutti (esce con Margherita).

PIGNA - (s'accinge ad eseguire gli ordini, ma poi scorge BEPPE inattivo in un angolo e lo coglie la solita ispira­zione. Imperioso, imitando il tono di Cordelli) BEPPE! ... Riordina perfettamente la Sala, raccogli le prati­che sparse sul tavolo e riportale di là, sulla scrivania del sindaco. Che tutto sia fatto a puntino, mi raccomando. Buon giorno (esce tronfio pure lui).

BEPPE - (resta un istante interdetto, poi si dispone ad ese­guire).

MARIO - (dopo un momento di disagio, a LINA) Beh, anche lei, se crede, può andare.

LINA - (maligna, guardando Silvana con la coda dell'oc­chio) Perché... lei resta?

MARIO - Sì, voglio dare un'occhiata alla legge elettorale.

LINA - Ah, alla legge elettorale... Mi raccomando, le dia una bella occhiata, alla «legge elettorale»! (Secca) Arri­vederci (esce, salutata a soggetto dagli altri).

MARIO - BEPPE...

BEPPE - (indaffarato) Che?

MARIO - Dammi la lista degli elettori.

BEPPE - Ma... è nella stanza di sotto.

MARIO - Lo so. Valla a prendere, per favore.

BEPPE - E perché non ci vai tu?

MARIO - Perché sotto c'è corrente d'aria.

BEPPE - Ma se è una stanza con una sola porta e senza fine­stre!

MARIO - Insomma, BEPPE. Oltre che tuo amico, sono un consigliere. E ho il diritto di chiederti di andare a pren­dere la lista.

BEPPE - (sorride, furbo, guardando i due) Certo che ci vor­rà un po' di tempo per cercarla.

MARIO - Mettici tutto il tempo che ci vuole.

BEPPE - Con l'aggiunta, ho capito. (S'avvia, poi si ferma) Vedi, Mario... preferirei che mi dicessi: «Vogliamo sta­re soli, sparisci».

SILVANA - Come?

BEPPE - Niente. A proposito: caso mai sentiste uno squillo di tromba, ricordatevi che non è l'attacco, ma la ritirata (esce).

MARIO - Finalmente se ne è andato (fa l'atto di avvicinarsi a Silvana).

SILVANA - (sfuggendogli) No...

MARIO - Perché?

SILVANA - BEPPE deve aver capito che noi...

MARIO - Che noi ci vogliamo bene. E con questo?

SILVANA - Anche quell'antipatica della signorina Icardi sospetta qualcosa. La tua collega «consigliera»!

MARIO - Lasciala sospettare.

SILVANA - Quella donna può essere pericolosa.

MARIO - In che modo?

SILVANA - Aprendo gli occhi a mio padre. Mettendolo al corrente...

MARIO - Bene! Così non avrei più da farlo io.

SILVANA - Sì, scherza, scherza pure... Non lo conosci bene, tu! Quando ci si mette, è tremendo. Mi allontanerebbe subito dal paese, mi impedirebbe di vederti una sola volta...

MARIO - E tua mamma?

SILVANA - Lei desidera sapermi felice. Anzi, mi ha detto che voterà per te, perché non vuole più che papà sia eletto!

MARIO - Davvero?

SILVANA - Sì. La mamma... non che sia gelosa, per carità!, ma le dà fastidio vedere quella signora Tavella sempre appiccicata a papà, con mille premure, mille compli­menti... Ci vuol così poco per farvi girar la testa, a voi uomini!

MARIO - Infatti, appena ho visto te mi è sembrato di essere sull'otto volante! (Sorridono e stanno per abbracciarsi quando uno squillo di tromba dall'esterno li fa allonta­nare di scatto l'uno dall'altro).

SILVANA - Cosa facciamo?

MARIO - Va' nell'ufficio di papà, presto.

SILVANA - Si (va nell'ufficio).

MARIO - (si dà un contegno, estraendo di tasca un giornale sportivo, guardando  e canterellando).

ANGELA - (entra dall'esterno. E la moglie di Cordelli. Don­na simpatica, elegante Si ferma a guardare Mario, sor­ridendo) Lei, scusi, legge cantando o canta leggendo?

MARIO - Ah, è lei, signora Cordelli!

ANGELA - Sono io. E Silvana?... L'ha fatta sparire?

MARIO - (alla porta dell'ufficio) Vieni pure, c'è la mamma.

SILVANA - (entra).

ANGELA - Uno di qua e l'altra di là? Avete litigato?

MARIO - No, ma...

SILVANA - Abbiamo sentito la tromba di BEPPE, e allora...

ANGELA - Adesso capisco perché me l'ha suonata in fac­cia. Ho ancora le orecchie che fischiano. Dov'è andato papà?

SILVANA - Dal Giordani: sta male.

ANGELA - E... la signora Tavella, è con lui?

SILVANA - Sì, ma c'è anche il cavaliere.

ANGELA - Oh, quello è come se non ci fosse. (Mario sorri­de) Lei non deve credere che io parli per gelosia. Però ho letto su una rivista che gli uomini vanno soggetti a quattro «crisi»: la prima nove mesi dopo il matrimo­nio, la seconda dopo sette anni, la terza dopo quindici e l'ultima dopo le nozze d'argento.

MARIO - Curioso! E... suo marito ne ha già avuta qualcuna?

ANGELA - Tutte! Le prime tre «crisi» sono state una segre­taria, una cliente e una vicina di casa. L'ultima sembra che debba essere una «politicante». Beh, non fa nulla: metterò a posto anche quella.

SILVANA - Ma mamma!

ANGELA - Mi difendo, diamine!

SILVANA - E noi, mamma... io e Mario... quando potrem­mo volerci bene alla luce del sole?

ANGELA - Che posso dirti? La vostra condizione è poco al­legra, ne convengo. C'è l'ostacolo che il signor Mario è all'opposizione. Ma chi glielo fa fare, scusi?!

MARIO - Ecco, io...

ANGELA - (interrompendolo) Lasciamo andare, capisco tut­to. La politica è politica, e... insomma: per adesso dovete aver pazienza, poi tutto s'aggiusterà, vedrete.

SILVANA - (poco convinta) S'aggiusterà... S'aggiusterà! ...

ANGELA - Basta. E meglio che tagliate la corda tutti e due, ora. E sotto il portone... Via! Uno di qua e l'altra di là.

SILVANA - Bella situazione!... Tu non vieni?

ANGELA - No. Aspetto papà e tornerò a casa con lui.

MARIO - (mogio mogio) Allora... arrivederci, signora.

ANGELA - (indica Mario) Guardatelo, l'« opposizione »! Va in briciole! Allegro, signor Bonetti! Non le basta avere in campo avversario un'alleata come me?

MARIO -Certo... E grazie di tutto, signora!

SILVANA - Devo restare a farti compagnia?

ANGELA - E meglio di no. Ho una certa faccenda da sbriga­re che... Andate, andate pure... (saluti a soggetto. SiIvana e Mario escono. Angela si assicura che siano lon­tani, poi entra cautamente nell'ufficio del marito. Si sente uno squillo di tromba; dopo breve pausa entra)

CORDELLI - (ansante, seguito da Margherita e da PIGNA) Chiuda la porta, cavaliere.

PIGNA - Fatto.

CORDELLI - Lasciatemi prendere fiato (si massaggia le orec­chie). Accidenti come fischiano! Certo che dopo le ele­zioni bisognerà prendere provvedimenti contro quel BEPPE. Domando io se è il caso, vedendomi passare, di suonare la tromba a due dita dal mio naso. O la trom­ba, o l'impiego: dovrà scegliere.

MARGHERITA - E quel Bonetti!... Ha notato che per le scale non ha neanche ceduto il passo a sua figlia?

CORDELLI - Però Silvana... che carattere, eh? Tutta suo pa­dre! Gli ha dato uno spintone e gli è passata davanti. Ed era così compresa nella sua parte di figlia della mag­gioranza.. cioè, del sindaco... che non mi ha neanche salutato.

MARGHERITA - Comunque sistemeremo anche Bonetti.

CORDELLI - Per adesso dobbiamo soltanto pensare (falso, come lo sarà d'ora in poi quando parlerà del dottor Giordani) a quel povero dottor Giordani, che ricordere­mo sempre come il caro collega di tante battaglie.

MARGHERITA - Veramente non ha mai preso alcuna inizia­tiva.

CORDELLI - Quelli sono uomini! I più utili alla causa della democrazia. Uomini che ascoltano sempre, magari pen­sando ad altro, e alla fine... approvano. Sulla loro soli­darietà si può sempre contare.

PIGNA - Mi ha fatto impressione vederlo in quello stato!

CORDELLI - Eh, sì! Chi l'avrebbe mai detto... E proprio vero: oggi ci siamo e domani inauguriamo un Campo­santo.

MARGHERITA - E’ agli ultimi. Non arriverà fino a stasera.

PIGNA - E pensare che era così bravo, intelligente...

CORDELLI - . . onesto...

MARGHERITA - . . generoso...

PIGNA - . . pronto a qualunque sacrificio...

CORDELLI - Dovremo fargli un bel funerale.

MARGHERITA - Con una corona d'alloro.

CORDELLI - (colpito) Giusto! Ci vuole anche la corona. (Autoritario) Cavaliere!

PIGNA - Comandi.

CORDELLI - Alla corona provvederà lei.

PIGNA - (impaurito) Ma io... di corone non me ne intendo molto!... Occorre una competenza specifica... e io sono vecchio...

CORDELLI - Appunto: ad una certa età bisogna impratichir­si di queste cose.

PIGNA - (non sembra dello stesso parere) Ma avvocato!

MARGHERITA - Farebbe colpo se, appena quello chiude gli occhi... tac!... ci fosse la corona del comune vicino alla porta.

CORDELLI - Certo: una concreta prova della tempestività e dell'iniziativa della nostra amministrazione in tutte le occasioni.

MARGHERITA - Tanto più che in paese non ci sono fiorai. Ne parlerebbero tutti! Avrebbe l'effetto di dieci comizi.

CORDELLI - (le stringe la mano, entusiasta) Ben detto! Ma che farei, io, senza una collaboratrice simile? Che fa­rei?! (A PIGNA, autoritario) Cavaliere!

PIGNA - Comandi.

CORDELLI - Deve partire immediatamente per la città, e comprare la corona.

PIGNA - (sgomento) Per la città?! Adesso?

CORDELLI - Sì, andrà da un fioraio specializzato.

PIGNA -... chi mi porta in città?

CORDELLI - (spazientito) Due colombe bianche, prendendolo per le orecchie.

MARGHERITA - Ma cavaliere! Non la riconosco più. Di che cosa ha paura?

PIGNA - (sincero) Della corona.

CORDELLI - Perché... morde?

PIGNA - No, ma se penso che dovrò compiere il viaggio con... con quell'affare...

CORDELLI - Non avrà neppure da toccarla, lei. Andrà con il camioncino di Pasquale. il fioraio gliela metterà sopra lui stesso, e appena arrivati qui la faremo scaricare da BEPPE. E tanto semplice!

PIGNA - (rassegnato) Se proprio me lo comanda.. . Ma come faccio a partire subito? Ormai è tardi... e tornare entro stasera è impossibile.

MARGHERITA - Dormirà in Città e tornerà domattina.

PIGNA - E Pasquale, quello del camioncino?

CORDELLI - Dormirà anche lui in albergo.

PIGNA - E poi c'è la cena, e... Insomma: le spese chi le pa­ga?

MARGHERITA - Il comune diamine! Tutto il comune!

PIGNA - (sollecito) Allora, stasera, in città... Posso pure an­dare al cinema?

CORDELLI - E va bene. Vada al cinema.

PIGNA - (felice come un bambino) Grazie. E mi dica, che cosa faccio scrivere sul nastro?

CORDELLI - Ah già, ci vuole anche il nastro. Vediamo un po’...

PIGNA - Io, mi scusi, avrei un'idea.

CORDELLI - La dica.

PIGNA - (con importanza) Si potrebbe mettere: «L'avvoca­to Modesto Cordelli all'integerrimo, indimenticabile, onesto e simpatico suo collaboratore, piangendone in­consolabile la prematura dipartita e...».

CORDELLI - (interrompendo) Basta! Per scrivere tutto que­sto ci vuole un lenzuolo, altro che un nastro!

MARGHERITA - Bisogna trovare una frase corta, incisiva... che esprima nello stesso tempo stima, affetto, ricono­scenza...

CORDELLI - Soprattutto riconoscenza, perché nessun altro farebbe in questo momento per la campagna elettorale quel che sta per fare il dottor Giordani.

MARGHERITA - E poi non bisogna dimenticare che è stato seduto lì. Proprio lì (indica il posto a cui inavvertita­men te si è ora seduto Cordelli).

CORDELLI - (balza improvvisamente in piedi e s'allontana da quella sedia per scaramanzia) Già, proprio qui... E vero... A scaldare la sedia. E siccome quest'inaugura­zione è la prima iniziativa che prende, possiamo ben di­re che adesso è il più bravo del paese.

MARGHERITA - (in un lampo) Ci siamo! «Il Comune al suo figlio migliore».

CORDELLI - (entusiasta) Brava, signora! E una miniera di idee, lei! Mi permetta di baciarle la mano. (Esegue. Dall'interno dell'ufficio si sente il rumore di una sedia spostata. Con stizza) Sente, cavaliere? L'ho sempre det­to che il mio ufficio è pieno di topi! Vada a vedere.

PIGNA - (implorando) No, avvocato!... I topi mi fanno venire la pelle d'oca.

CORDELLI - Ma sì! Lasciamo mangiare anche loro! (Ride) Vero, signora? Tutti, a questo mondo, hanno diritto di vivere, di ridere, e di... sperare.

MARGHERITA (sorride) Già... (altri rumori dall'ufficio).

CORDELLI - Allora, cavaliere, prenda nota. (PIGNA esegue) «Il Comune al suo figlio migliore», scritto sul nastro di una bella corona d'alloro. Adesso può andare.

PIGNA - E se qualcuno mi domandasse che cosa vado a fare a quest'ora in città, che cosa devo rispondere?

CORDELLI - Che va a ballare!... Niente, deve rispondere! Niente. O meglio: faccia il diplomatico. Per esempio, può dire che va in prefettura ad espletare una pratica «riservata».

PIGNA - E... i soldi?

CORDELLI - Li metta lei, santo cielo! Poi sistemeremo.

PIGNA - (poco soddisfatto) Sistemeremo. Allora, arriveder­ci a domani.

CORDELLI - (impaziente) Arrivederci, arrivederci...

MARGHERITA - Buon viaggio, cavaliere. E... (maliziosa) si diverta!

PIGNA - Con... quell'affare sul camioncino? (Si copre gli occhi inorridito, come se avesse già la corona al suo po­sto, ed esce borbottando) E’ una parola!

CORDELLI - E un brav'uomo, non c'è che dire... Ma è così appiccicoso!

MARGHERITA - Beh, adesso vado anch'io.

CORDELLI - Aspetti, signora. Prima del Consiglio, se ricor­da, stavo per dirle una cosa...

MARGHERITA - (che ha già intuito) A proposito di che?

CORDELLI - (lirico) Della simpatia. Di quella dote innata che è più preziosa di ogni altra: quella dote che a parec­chi è inesorabilmente negata, mentre a pochi eletti, co­me lei, è stata profusa a piene mani da una natura par­ticolarmente benigna.

MARGHERITA - Già... si parlava della simpatia come arma elettorale.

CORDELLI - Appunto, appunto. E, come ogni altra arma, va curata, lubrificata, tenuta in esercizio... Ebbene, di­cevo, in città ho pensato a lei, procurandole una «cosetta» che contribuirà a conquistare anche i favori delle «donne rurali», così sensibili alla sua eleganza.

MARGHERITA - Un pensiero squisito.

CORDELLI - E poca cosa, lo confesso... inadeguata ai suoi meriti... ma mi auguro che vorrà ugualmente gradirla come l'espressione di...

PIGNA - (improvvisamente rientra affannato, distruggendo di colpo l'atmosfera che era andata gradualmente creandosi) Mi scusi, avvocato... ho dimenticato il cap­pello... (va a prenderlo all'attaccapanni).

CORDELLI - (irritatissimo per l'interruzione) Alla malora il suo cappello! Poteva anche farne a meno.

PIGNA - (che frattanto ha ricuperato il cappello e se lo tiene ben caro) Eh, no... Mi raffreddo.

CORDELLI - Basta! Piuttosto, giacché è qui, vada un mo­mento nel mio ufficio. Nel cassetto della scrivania tro­verà un foulard giallo, di seta, a fiori... L'ha «dimenti­cato» ieri la signora Tavella. E suo... Lo porti qua.

PIGNA - Subito. (Ilare) Mi rallegro che non sono soltanto io a dimenticare il «copricapo»! (s'avvia verso l'ufficio).

BEPPE - (entrando) Permesso?

PIGNA - (s'arresta, s'illumina in viso, e di colpo da coman­dato si trasforma in comandante) Giusto tu! Va' di là e prendi nel cassetto della scrivania un foulard giallo, a fiori. E della signora Tavella. Muoviti!

CORDELLI - (scattando, a PIGNA) E inaudito, cavaliere! Io l'ordine l'avevo dato a lei, senza autorizzarla a...

PIGNA - (spaurito) Mi scusi. Io credevo...

BEPPE - (dirigendosi tranquillamente verso l'ufficio) Vado subito. Dunque, ha detto un foulard giallo, a fiori... (nello stesso istante si apre la porta dell'ufficio e ne esce)

ANGELA - (la quale ha in testa il sopradescritto foulard, e attraversa la scena a testa alta per uscire dall'altra por­ta, fra lo sbigottimento del marito, il disagio di Mar­gherita e la meraviglia di PIGNA).

BEPPE - (imperturbabile, indicando il foulard, a Cordelli) Come quello? (mentre il sipario si chiude).

                            

ATTO SECONDO

La mattina del giorno seguente.

BEPPE - (seduto nel centro della scena, sta accuratamente lucidando la tromba. Dopo qualche istante)

CORDELLI - (entra, agitato) Che stai facendo?

BEPPE - Pulizia!

CORDELLI - Alla tromba?!

BEPPE - Anche. Perché?

CORDELLI - Noi ti paghiamo per la pulizia del Comune.

BEPPE - E la tromba dovrebbe restare sporca?

CORDELLI - No, ma... Insomma, con te è inutile discutere (si avvia verso il proprio ufficio).

BEPPE - Tanto più che questa tromba serve anche per suo­nare in banda, davanti ai funerali.

CORDELLI - (siferma, interessato) Sai qualcosa?

BEPPE - (finto tonto) Di che?

CORDELLI - Del farmacista ammalato.

BEPPE - No, ma penso che non abbia passato la notte.

CORDELLI - L'avevo detto, io! E il cavaliere, si è già visto?

BEPPE - No. (Cordelli s'avvia. BEPPE dice ambiguo). E vero che è andato in città?

CORDELLI - (si ferma) Sì (aspetta che BEPPE continui, poi s'avvia).

BEPPE - Per cosa?

CORDELLI - (si ferma nuovamente) Per... per una pratica in prefettura (s'avvia).

BEPPE - Ma allora lei non è informato!

CORDELLI - (si ferma, questa volta definitivamente) Come sarebbe a dire?

BEPPE - Niente, niente...

CORDELLI - Eh, no! Adesso devi parlare. Secondo te che cosa è andato a fare il cavaliere in città?

BEPPE - A comprare una corona per il farmacista.

CORDELLI - (rabbrividisce) Chi ti ha detto di mettere in giro voci simili?

BEPPE - Lo sanno tutti.

CORDELLI - Tutti chi?

BEPPE - Tutti-tutti! Ieri sera, per esempio, all'osteria del Moro e al Circolo Ricreativo non parlavano d'altro che della corona.

CORDELLI - Cose da pazzi! Questa si chiama «violazione dei segreti d'ufficio» bell'e buona! Potessi aver nelle mani il responsabile... (acido) A proposito di «segre­ti»... perché ieri non mi hai detto che mia moglie era di là? (allude all'ufficio).

BEPPE - Credevo che lo sapesse. E poi che c'era di male? Se fosse un'estranea...

CORDELLI - Ecco l'errore. Nel palazzo del comune, e spe­cialmente nel mio ufficio, «è» un'estranea! Perché ci possono essere cose, pratiche, segreti, che neppure la moglie del sindaco deve scoprire.

BEPPE - Ah, ho capito: il foulard.

CORDELLI - (falso) Che c'entra il foulard?

BEPPE - C'entra, c'entra. In paese, da ieri sera, quando sono stufi di parlare della corona, parlano del foulard.

CORDELLI - (esplodendo)  il colmo! Ma io querelo tutti, sai? Per calunnie e attentato al...

ANGELA - (entra con Silvana e il dottor Manfredi, in tenzpo per aver udito le ultime parole. Un po' in apprensione) Che querela?! E quale attentato?

CORDELLI - Niente, non farci caso. Un semplice sfogo.

ANGELA - Sempre questa maledetta politica, eh? Che ti este­nua, ti distrugge... Qui c'è il dottore che deve parlarti.

SILVANA - Non devi però impressionarti.

CORDELLI - (con falsa tristezza) Capisco: è venuto ad avver­tirmi che... l'amico farmacista...

ANGELA - No. E’ qui per te.

CORDELLI - Per me?

SILVANA - Si, papà: per te.

MANFREDI - Mi scusino, ma... (fa notare la presenza di BEPPE).

ANGELA - Oh, il signor BEPPE deve tornarsene nell’ atrio, e subito. Vero?

BEPPE - (a denti stretti) Si. Devo tornarmene nell’ atrio. Subi­to (fa l'atto di andare nell'ufficio).

ANGELA - No! Non di là, se non le spiace.

BEPPE - Oh che bestia! Mi sbagliavo... (esce dall'altra por­ta, a malincuore).

ANGELA - (al marito, indicando gli la porta dell'ufficio, con intenzione) Capirai: di là si sente tutto.

CORDELLI - Insomma, che è successo?

ANGELA - Parla tu, Silvana.

SILVANA - La mamma, e anch'io... lo sai che lo facciamo per il tuo bene... avremmo piacere che ti lasciassi vede­re un momento dal dottore.

CORDELLI - Ma no!... (Con intenzione) Proprio oggi, con la notte in bianco che avrà certamente passato...

MANFREDI - E’ vero, ho dormito poco.

CORDELLI- Sentite?... E, magari, il suo sacrificio non è ser­vito a niente, vero?

ANGELA - Lasciati almeno sentire il polso.

SILVANA- Papà... non fare i capricci.

CORDELLI - E va bene! Facciamo soltanto presto!

MANFREDI - Vuole che si vada di là? (indica l'ufficio).

CORDELLI - Inutile, tanto... (occhiataccia alla moglie) le spie sono fra noi. Stavolta, almeno, tutto il paese saprà che il sindaco, a causa della sua intensa attività, ha do­vuto ricorrere al medico. Come propaganda, può sem­pre servire.

BEPPE - (entrando) Avvocato...

CORDELLI - (soddisfatto) Qui c'è già il giornale radio.

BEPPE - (alle due donne) Allora è proprio vero che è amma­lato?

ANGELA - No! Gli prendono soltanto dei... giramenti di testa, quando va in città a... comprarmi foulards.

CORDELLI - (a BEPPE) Si può sapere cosa vuoi?

BEPPE - Sono arrivati in cortile il cavaliere, Pasquale e...

CORDELLI - (interrompendo a tempo) Benissimo. Di' al ca­valiere di aspettare di sotto, senza... scaricare. Capito? «Senza scaricare».

BEPPE - E una parola! Allora dovranno di nuovo... carica­re, perché l'hanno già...

CORDELLI - (c.s.) Carichino di nuovo!

BEPPE - Glielo dico (esce).

ANGELA - Di che cosa parlate? «Scaricare», «caricare»...

CORDELLI - Politica. (A Manfredi, impaziente di cambiar discorso) Dunque, dottore?

MANFREDI - (tastando gli il polso) Quanti anni ha?

CORDELLI - Cinquanta compiuti.

ANGELA - Di' la verità!

CORDELLI - L'ho detta! Cinquanta compiuti... nove anni fa. Ed è un delitto trattenere il dottore presso uno sano, quando in paese ci sarà almeno «uno» in pericolo di vita!

MANFREDI - Nessuno! Grazie al cielo stanno tutti bene.

CORDELLI - Come «tutti»? E... e il farmacista, non lo con­sidera?

MANFREDI - Il dottor Giordani sta meglio di me! (Reazione di stupore di Cordelli il quale assume una espressione ebete).

ANGELA - (spaventata) Modesto... Cosa ti capita?!

SILVANA - Papà! Perché hai una faccia cosi?

MANFREDI - Ci vede ancora?

CORDELLI - Ma certo! Vorrà mica che sia morto!

MANFREDI - Meglio, meglio... Un fatto molto strano, però.

ANGELA - (impressionata) Dottore, a me la verità può dirla!

SILVANA - Anch'io voglio sentire!

MANFREDI - Nulla di preoccupante.

ANGELA - Lei lo dice per farci coraggio.

SILVANA - Come stai, ora?

CORDELLI - Bene...

ANGELA - Ad ogni buon conto, dottore, gli prescriva qual­cosa.

MANFREDI - Per adesso basta un calmante. (Redige la ricetta) Si tratta di compresse da prendere ogni sei ore.

SILVANA - Possiamo cominciare subito?

MANFREDI - Sì, anche subito.

ANGELA - Allora vado in farmacia, senza perdere un istante.

CORDELLI - Sarà chiusa.

MANFREDI - No, no... Il dottor Giordani e gia in piedi.

CORDELLI - In piedi?...

MANFREDI - Ma sì! Stanotte, verso le tre, si è... come di­re?... «liberato», e la febbre gli è subito passata. Si trattava soltanto di un'indigestione di acqua e di pepe­roni, certo che se ne avesse mangiato uno solo di più...

CORDELLI - (nervoso) Per un peperone...

SILVANA - Non agitarti, papà.

ANGELA - Vieni a casa con noi.

CORDELLI - Non posso.

ANGELA - Ma se non hai niente da fare, qui!

SILVANA - Se mai, rimanda a domani.

CORDELLI - Le sente le donne? «Ma se non hai niente da fa­re»... «Rimanda a domani»... E bastato che una volta ti sia lasciato scappare che lavori volentieri, che loro si convincessero subito che tu, lavorando, ti diverti. Se­condo me il lavoro a cottimo l'ha inventato una donna: perché l'uomo si divertisse di più!

ANGELA - Ma Modesto... Noi parliamo solo per... (la fa ta­cere un gesto di Manfredi, che la invita a non contrad­dirlo).

SILVANA - Se ha piacere di restare... Lasciamo che rimanga.

ANGELA - Vuol dire che la prima compressa te la porteremo qui.

CORDELLI - Basta che non sia in presenza di Bonetti, altri­menti quello comincia subito a sfottere.

SILVANA - (interessata, senza volerlo dimostrare) Perché? Deve per caso venire?

CORDELLI - Chi lo sa? Questo è un porto di mare... Gente che va, gente che viene...

ANGELA - (affettuosa) Ciao, Modesto.

CORDELLI - (seccato) Ciao, ciao.

SILVANA - (affettuosa) Paparino... non fare così...

ANGELA - E non farci più prendere spaventi simili... Un momento fa mi pareva... mi pareva proprio che tu...

CORDELLI - (tagliando corto) Ho capito, ho capito... Ades­so andate. E lei, dottore, venga di nuovo a trovarmi. Ho da chiederle un'informazione.

ANGELA - (preoccupata) Ti sei sentito delle fitte al cuore, vero?

CORDELLI - No! No!

MANFREDI - Se vuole che mi fermi adesso...

CORDELLI - Più tardi. Ora ho da liquidare una faccenda... Una «pratica» che il cavaliere ha portato dalla città.

ANGELA - Mi raccomando, Modesto, non affaticarti; pensa a me e a Silvana!

CORDELLI - Sì, sì. (La bacia in fretta sulla fronte. Idem con Silvana) Ciao. (Soprappensiero starebbe per baciare sulla fronte anche il dottore, poi si riprende e gli stringe la mano) Arrivederla, dottore.

ANGELA e SILVANA - (dopo un ultimo cenno della mano, escono con Manfredi).

CORDELLI - (emette un respiro di sollievo, poi va alla fine­stra e chiama) BEPPE!

BEPPE - (dall'esterno) Possiamo portarla su?

CORDELLI - (guardingo) Ssst?... Sì! Appena che... (fa cen­no: «quelli che scendono se ne sono andati») Fate con riguardo! (Fa qualche passo, poi si tasta il polso, la fronte, si massaggia il petto all'altezza del cuore, fa una smorfia e sospira) Mah!...

PIGNA e BEPPE - (entrano portando una corona d'alloro, ri­coperta completamente da una tela di sacco).

BEPPE - La mettiamo nel suo Ufficio?

CORDELLI - Per carità! Posatela lì (indica la parete di fron­te. I due depongono la corona).

PIGNA - Ho le braccia che non le sento più.

BEPPE - Come dev'essere bella!

CORDELLI - (tetro) Dimenticala, BEPPE! Per piacere: dimen­tica tutto.

BEPPE - Come vuole, avvocato... Però... potrei vederla?

CORDELLI - No, dal momento che devi dimenticarla. Va' di sotto, adesso, e non lasciare passare nessuno senza ve­nire ad annunciare. Capito?

BEPPE - Capito (esce a malincuore).

PIGNA - Sapesse com'è bella!

CORDELLI - A lei piace?

PIGNA - Tanto.

CORDELLI - Allora se la metta al collo.

PIGNA - Ma... avvocato!  arrabbiato?

CORDELLI - (sogghigna) Nooo! Sono come se avessi ricevu­to un pugno sullo stomaco. E l’opposizione, intanto, guarda... e ride.

PIGNA - Non capisco.

CORDELLI - Che vuoI capire, lei! Tanto, ormai, siamo in ballo, e si deve ballare. Avanti, vediamo questa corona.

PIGNA - Adesso non mi fa più paura, sa? A certe cose basta farci l'abitudine. (Solleva lentamente la tela di sacco e appare una corona d'alloro, a ferro di cavallo, attraver­sata da un nastro sul quale sta scritto a lettere d'oro: «IL COMUNE AL SUO FIGLIO MIGLIORE»).

CORDELLI - (si copre gli occhi infastidito).

PIGNA - Non avevo ragione di dirle che è bella? (la ricopre).

CORDELLI - Sì, sì... Ma ormai si metta il cuore in pace: non serve più a nulla.

PIGNA - Perché?

CORDELLI - Il dottor Giordani sta meglio di noi. E tutto per un peperone!

PIGNA - (visibilmente deluso) Incredibile!

CORDELLI - VuoI forse dire che le dispiace?

PIGNA - No, ma... siccome abbiamo fatto questa spesa...

CORDELLI - (falso) Sarebbe il colmo rallegrarci per le disgrazie altrui. Io ho sempre sperato che il dottor Gior­dani guarisse.

PIGNA - Ieri, però, ha detto...

CORDELLI - Ieri, ieri! Come fa a ricordare con precisione quel che ho detto ieri?  E’ un registratore, lei?

PIGNA - Mah... mi era sembrato che lei e la signora Tavella fossero abbastanza... diciamo «rassegnati».

CORDELLI - Le è sembrato, ecco! Soltanto «sembrato».

PIGNA - Sarà come dice lei. Allora che ne facciamo del­la...? (indica la corona).

CORDELLI - (irritato) Ce la mangiamo in insalata!... Cava­liere, non faccia domande idiote!

PIGNA - Costa cara, sa?

CORDELLI - Quanto?

PIGNA - Duecentomila. Poi c'è il viaggio, l'albergo...

CORDELLI - Totale?

PIGNA - (estrae un foglietto) Qui c'è il conto (glielo porge).

CORDELLI - Trecentomila.    Corona, benzina per il ca­mioncino, cena per due persone, due camere, un cine­ma... Cinema? Chi è andato al cinema?

PIGNA - Ma... me l'aveva dato lei il permesso, non ricorda? Io, qui al paese, non posso mai andarci, perché... per­ché mi piacciono solo i film di cow-boys...

CORDELLI - E con questo?

PIGNA - Capirà, quando li danno qui ci sono solo dei bam­bini... e io, ìn mezzo ai bambini... che figura ci farei? In città, invece...

CORDELLI - Ho capito: è andato a vedersi un film di cow­boys.

PIGNA - E come era bello! (Entusiasta va via) Dieci assalti alle diligenze, tutti i momenti una sparatoria... pìm, pam, pum... i morti non sì contavano piu...

CORDELLI - Al cinema esagerano sempre. Pum, pìm, pam! Il cinema dovrà pagarselo lei.

PIGNA - Io?

CORDELLI - Se l'è goduto, no?

PIGNA - Sì, sì...

CORDELLI - Dunque se lo paga.

PIGNA - Va bene... E il resto? Lo addebito al Comune?

CORDELLI - Non si può. Mi sembra già di sentire le risate di Bonetti e della signorina Icardi. Divideremo la spesa in tre, e la pagheremo io, la signora Tavella, e... il farmacista.

PIGNA - Anche il dottor Giordani?

CORDELLI - Perché no? Dovrebbe pagarla tutta lui. Adesso mi ascolti. Siccome in paese si chiacchiera un po' trop­po, vada nell'osteria del Moro e al Circolo Ricreativo e con tutti quelli che incontrerà non neghi di essere stato in città a comprare una corona, ma dica che era per me.

PIGNA - (impressionato) Per lei?!?... Oh, avvocato!

CORDELLI - (fa gli scongiuri) Per me, ma per il funerale d'un mio amico. E che dopo averla comprata, l'ha por­tata a destinazione.

PIGNA - Dove?

CORDELLI - (sbotta) In Paraguai!... In qualche paese qui vi­cino, accidenti! Come si fa ad essere così privi di fanta­sia?... Ah, prima mi aiuti a togliere il nastro. (Eseguono, poi ricoprono la corona, Cordelli osserva il nastro) Eppure sarebbe stato bello...

PIGNA - Proprio bello.

CORDELLI - Vada, vada... E chiacchieri con più gente che può.

PIGNA - Ci penso io (esce).

CORDELLI - (guarda ancora un  po, il nastro e la corona con evidente dispetto e nervosismo, ma è presto interrotto da)

BEPPE - (entrando) Avvocato.

CORDELLI - (sobbalza e in tasca in fretta il nastro) Fatti sen­tire prima di entrare! Fatti sempre sentire!

BEPPE - Devo suonare la tromba?

CORDELLI - No. Basterebbe bussare. Che vuoi? Ho da fare.

BEPPE - C'è una signora che vorrebbe parlarle.

CORDELLI - Chi è?

BEPPE - Mi sembra di conoscerla, ma più ci penso... e più sono sicuro di non averla mai vista.

CORDELLI - Va be'!... Falla entrare.

BEPPE - Gliela mando subito (esce. Trascorrono alcuni istanti. Frattanto Cordelli sarà andato ad assicurarsi che la corona sia ben coperta, e che nell'ufficio non ci sia alcuno, quindi si rassetterà il vestito, si passerà una mano nei capelli, infine si metterà in posa, ad attendere).

JOLE - (dall'esterno) É permesso?

CORDELLI - Avanti, prego.

JOLE - (entra. E una donna sui trent 'anni, simpatica, ele­gante, cordiale) Non mi conosce più?

CORDELLI- Veramente... mi sembra e non mi sembra...

JOLE - Allora l'aiuto io, avvocato... Cordelli, vero?

CORDELLI - Già... Cordelli, Modesto Cordelli.

JOLE - Più la guardo, e più mi convinco che non è per nulla cambiato da allora. Stesso sguardo acuto, stessi modi vivaci, affabili... Anzi, si direbbe ringiovanito...

CORDELLI - (lusingato) Trova?

JOLE - Gliel'assicuro.

CORDELLI - Lei è troppo gentile, signorina... (le nota la fe­de al dito) cioè, signora.

JOLE - (triste) Signora, sì. Purtroppo sono «signora».

CORDELLI - Perché mai «purtroppo»? Non è contenta di essere sposata?

JOLE- ...... se avessi mio marito. Allora non si ricorda pro­prio di me?

CORDELLI - E imperdonabile da parte mia non rammentare una signora tanto graziosa, ma... no, è inutile che cer­chi d'indovinare.

JOLE-Lei... Lei è stato anche al funerale di mio marito...

CORDELLI - Al funerale di suo... (con un lampo) Aspetti!... Lei è... la forestiera, sì! Quella che aveva sposato Gior­gio Pasotti, della Cascina Grande!...

JOLE - Proprio io. E due anni dopo il matrimonio, la trage­dia. Il mio Giorgio sotto un trattore... e un mese dopo mia suocera morta d'infarto, e dieci giorni dopo mio suocero di dolore... Tutti morti.

CORDELLI - (comicamente commosso, seguendo un suo ma­ligno pensiero) Altri tempi!... Le cose, allora, si faceva­no con serietà!

JOLE - E io sono rimasta sola con Cicchi.

CORDELLI - (fingendo di ricordare) Ah già, il cagnolino.

JOLE - Nooo!... Cicchi, il mio bambino d'un anno.

CORDELLI - E vero, il suo piccolo «Cicchi»!

JOLE - Dopo quella catena dì disgrazie mi rifugiai a casa di mia madre, in riviera... Scappai, si può dire, per dimen­ticare... Ma ora, dopo otto anni, mi ha assalita la no­stalgia di questi posti, e per la prima volta sono tornata con Cicchi.

CORDELLI - (tanto per dire qualcosa) .. il suo bambino di un anno...

JOLE - Che adesso ne ha nove.

CORDELLI - Già, il tempo passa anche per Cicchi.

JOLE - Come lei saprà, non ho mai voluto vendere la Casci­na Grande. Cicchi studierà agraria, e io... io voglio chiudere gli occhi qui.

CORDELLI - E un'idea! Questo si chiama sentimento! (Pre­muroso, confidenziale) E... mi dica... ha già avuto qualche brutto avvertimento? I! cuore, forse?

JOLE - Io mal di cuore? Nooo... Grazie a Dio sto benissi­mo.

CORDELLI - Ma... non ha detto che vuol morire qui?

JOLE - Certo, ma fra cent'anni.

CORDELLI - (Con un'occhiata di sfuggita alla corona) Trop­po tardi.

JOLE - Come dice?

CORDELLI - Troppo tardi... per me. Ad ogni modo posso esserle utile in qualcosa?

JOLE - Sì.

CORDELLI - Dica pure.

JOLE - Vorrei che Cicchi potesse essere sempre fiero del suo papà. Del suo papà, che oltre ad essere il miglior perito agrario della provincia, era anche un poeta.

CORDELLI - Scriveva poesie?

JOLE - Sì. E tutte pubblicate! Non lo sapeva?

CORDELLI - Sinceramente, no. Capirà., sono sempre stato in città; due anni dopo che ero qui, suo marito è mancato... Però, interessante! A quale corrente apparteneva?

JOLE - (non afferra) Ma... veramente...

CORDELLI - Intendo dire: ermetismo? postermetismo? neo­sperimentalismo?

JOLE - (sempre più smarrita di fronte a tali termini che le suonano completamente nuovi) Ecco.., io... non... in­somma: tutte pubblicate, le sue poesie, tutte pubblicate.

CORDELLI - Me ne rallegro. Dunque, in questo paese, vive­va uno spirito superiore, un ingegno che ha lasciato die­tro di sé un'orma non facilmente cancellabile.

JOLE- (commossa) Oh, avvocato, lei mi fa piangere?

CORDELLI - Su, signora,,, sia forte!

JOLE - Ma dopo le sue parole, sono sicura che mi acconten­terà.

CORDELLI - In che modo?

JOLE - Facendo collocare in questa stanza un busto di mio marito che io donerò, e che lei scoprirà, nel corso di una orazione commemorativa.

CORDELLI - (risoluto) Impossibile. Spiacente, ma impossi­bile. Per queste onoranze ufficiali occorre l'autorizza­zione del Consiglio.

JOLE - La concederanno subito, quando sapranno che regalo al Comune, oltre al busto e alla colonnina, dieci milioni.

CORDELLI - Non è per questo, non è per questo... Ma, ve­de, collocare il busto di un uomo, sia pur illustre, in questa sala, è molto, troppo impegnativo. Mi spiego? Comprenderà quindi che non...

JOLE - Peccato! Immaginavo già il suo discorso forbito, le autorità che battevano le mani... E per terra, deposta presso la colonna, una bella corona d'alloro.

CORDELLI - Spiacente, ma non (improvvisamente, colpito dalle ultime parole) Come?... Ha detto una corona?

JOLE ...... Naturalmente l'avrei comprata io.

CORDELLI - (sempre più interessato) Una corona d'alloro... (occhiata clandestina alla corona) Magari a forma di ferro di cavallo... fa meno triste, non le pare?

JOLE - Se lo dice lei... (già rassegnata) Purtroppo non si può, pazienza!

CORDELLI - Ragioniamo, ragioniamo... Lei sarebbe dispo­sta a lasciarmi carta bianca, sia per le onoranze che per... la corona?

JOLE - Certamente. Poi mi presenta il conto, e io pago.

CORDELLI - Bene. Tutto sommato, penso che non sia poi così impossibile!

JOLE ...... l'autorizzazione del Consiglio?...

CORDELLI - (sorridendo superiore) Non si preoccupi. Mi faccia portare il busto. Al resto penserò io.

JOLE - (entusiasta) L'ho sempre detto che lei è una persona eccezionale! E sul nastro, cosa farà scrivere?

CORDELLI - Il nastro? (Si tocca istintivamente in tasca) Ma i nastri con le parole d'oro, sulle corone per i monumen­ti, non usano più! Mi pare molto più adatto un nastro tricolore, quello che tagliano nelle inaugurazioni. (Grandioso) Glielo regalo io!

JOLE - Grazie!

CORDELLI - Tenga però presente che tra la corona, il viag­gio, il pernottamento... (con la coda dell'occhio guarda il conto che gli aveva dato PIGNA)... la cena per due per­sone, il cinema... No! il cinema, no. Insomma, le verrà a costare sulle trecentomila.

JOLE - Credevo di più.

CORDELLI - (sgradevolmente sorpreso) Ah, sì? Beh, si ve­drà, si vedrà... Comunque, oggi è martedì... domani mi faccia avere busto e colonnina, e domenica mattina alle dieci ci sarà la cerimonia ufficiale.

JOLE - E... che dirà nel discorso?

CORDELLI - Prima di tutto mi docurnenterò sulle qualità poetiche di suo marito; poi... poi basterà che lasci par­lare il cuore per convincere chiunque che il busto del suo... come si chiama?

JOLE - Giorgio Pasotti.

CORDELLI - (con tono lirico, come se pronunciasse il discor­so) «Il busto di Giorgio Pasotti non soltanto abbellirà questa Sala, ma servirà da monito ai futuri amministra­tori che al di sopra delle passioni, del denaro e dello squallido mondo della materia, sta la sublimità dello spi­rito, dell'ideale, della poesia Questa limpida, cristallina, poesia di Giorgio Pasotti che se n'è andato accompa­gnato dal pensiero della sua cara... Come si chiama?».

JOLE - (che l'ha ascoltato rapita, commossa) Giorgio Pasotti.

CORDELLI - Lei, lei!

JOLE - Jole.

CORDELLI - «Accompagnato dal pensiero e dall'amore della sua Jole che gli è rimasta fedele». Posso dirlo?

JOLE - Oh sì... (appoggia il capo su una spalla di Cordelli e scoppia in lacrime) Come è buono, lei!... Come è gen­tile! (In quel momento entra)

ANGELA - (con un tubetto di compresse, seguita da Silvana con un bicchiere d'acqua, e da Margherita. Si fermano tutte e tre ad osservare la scena, mentre)

CORDELLI - (che le vede, allibisce).

JOLE - (che volta la schiena alle donne, continua a piangere sulla spalla di Cordelli) Ero sicura che lei non mi avreb­be detto di no!

CORDELLI - (rivolto alle altre) É... è la vedova... (a Jole, tentando, di farla staccare con leggeri colpi sulla schie­na dalla spalla dove ella sta appoggiata) C'è... c'è mia moglie...

JOLE - (s'allontana da Cordelli) Che piacere!... (guarda le tre donne, poi tende la mano verso Margherita) Cara si­gnora Cordelli...

ANGELA - (le prende la mano con dispetto) Sono io!

JOLE - Mi scusi, ma l'avevo vista così poco, allora.

CORDELLI - La signora è la vedova di Giorgio Pasotti, quello del trattore...

JOLE - (precisando) . . .e delle poesie!

CORDELLI - Certo, il poeta. Questa è mia figlia, Silvana... E la signora Tavella, mia collega di Consiglio (saluti a soggetto).

ANGELA - To', prendi la pastiglia.

CORDELLI - (a disagio) Mi scusino... (ingoia la compressa).

SILVANA - Non si è ancora fatto vedere il signor Bonetti?

CORDELLI - Per fortuna no. (Ad Angela) Tu, ora puoi ac­compagnare la signora (indica Jole) fino a casa. Così approfondite la conoscenza. Va' magari anche tu, Silvana.

SILVANA - (dopo un cenno d'intesa con la madre) No, paparino. lo resto qui a farti compagnia. Se devi parlare di politica con la signora Tavella, io andrò di là (indica l'ufficio).

JOLE - Grazie ancora, avvocato.

CORDELLI - Mio dovere. E per strada racconti a mia moglie ciò che abbiamo stabilito.

JOLE - Me ne farò premura. (Saluti a soggetto, poi)

ANGELA - (esce con Jole, dopo aver fatto un ultimo cenno d'intesa alla figlia, per invitarla a tener gli occhi bene aperti sul marito e Margherita).

CORDELLI - (seccato, a Silvana) Avevo dato l'ordine a BEPPE di non lasciar passare nessuno, senza venire prima ad annunziare. E voi, non vi ha viste?

SILVANA - Certo che ci ha viste. Ha pure detto: «Avanti, avanti... Loro sono di casa!». (Gesto di dispetto di Cordelli, mentre, Silvana indica la corona) Cosa c’è in quel sacco?

CORDELLI - Niente! Per te niente. E non fare l'indiscreta. Piuttosto va di là e prepara le risposte alle lettere dei miei elettori. Le troverai sulla scrivania.

SILVANA - Sì, ma se arriva Mario Bonetti... (s'arresta, non sa concludere) Ehm... Guai se ti fa arrabbiare! Buon giorno, signora (va nell'ufficio).

MARGHERITA - Buon giorno.

CORDELLI - (allegro, indica la corona) Vuole vederla?

MARGHERITA - No, non è il caso. A proposito... per strada ho incontrato il cavaliere, e mi ha detto che dovremo pagarla noi.

CORDELLI - Non più! L'ho venduta.

MARGHERITA - A chi?

CORDELLI - A quella vedova, per il busto di suo marito. Ora le spiego...

PIGNA - (entra ansante) Tutto sistemato, avvocato! Riveriscta, signora. Tra un paio d'ore l'intero paese saprà che la corona era per un suo amico.

CORDELLI - Contrordine, cavaliere! Torni subito sia all'o­steria del Moro che al Circolo Ricreativo, e dica a tutti che la corona è realmente qui e che servirà ad onorare un poeta del paese.

PIGNA - (sconvolto) Ma io... che scusa posso trovare?

CORDELLI - Dica che prima si era sbagliato, che non sa più quel che si fa, per via dell'arteriosclerosi che l'ha preso al cervello...

PIGNA - Arteriosclerosi?!?

CORDELLI - Oppure dica che sono i films di cow-boys che l'hanno istupidito, così servirà d'esempio alla gioventù; l'importante è che la gente rimanga disorientata, e che riconosca il mio spirito battagliero, la mia iniziativa. Svelto cavaliere: ali alle gambe! (ride, mentre)

PIGNA - (esce più in fretta che può stordito).

CORDELLI - Che ne dice, signora? La corona, adesso, ha un altro significato. (Parlando lentamente ha tolto la tela di sacco, lasciando la corona scoperta. L 'ammira com­piaciuto) Magnifica, le pare?

MARGHERITA - (freddamente, come tratterà Cordelli d'ora in poi) E... chi sarebbe questo poeta?

CORDELLI - Quello della Cascina Grande. Giorgio... Gior­gio Pasotti. Non lo ricorda?

MARGHERITA - Mai saputo che scrivesse poesie.

CORDELLI - (gravemente) Eh, purtroppo, in questi piccoli centri, è destino di chi coltiva le Muse operare nell'om­bra, nell'oblio, quasi clandestino... (in altro tono) Ma che importa, a noi? L'essenziale è aver sistemato la co­rona. Bel colpo, no?

MARGHERITA - Mi scusi se glielo dico, ma lei ora mi delude.

CORDELLI - (colpito) Perché?

MARGHERITA - A quanto sembra s'è già rassegnato a non fare l'inaugurazione; a perdere il prestigio suo e nostro; a divenire bersaglio delle risate da parte dell'opposizio­ne e di tutto il paese.

CORDELLI - Ma... che ci posso fare? Devo sparare a qual­cuno?

MARGHERITA - Non s'illuda che la gente creda alle chiac­chiere messe in giro dal cavaliere. Poi è chiaro: lei, sod­disfatto di aver sistemato quell'affare (indica la cor-na), rinuncia a combattere.

CORDELLI - Io rinuncio a combattere? Mi conosce poco, signora! Io sono come Napoleone. E sa ciò che disse Na­poleone al generale Desaix, a Marengo, dopo essersele buscate dagli Austriaci?

MARGHERITA - Ne ha dette tante, quello.

CORDELLI - Gli disse: (in posa napoleonica)«La battaglia è perduta, ma sono appena le tre; prima di notte ho il tempo di vincerne un'altra». E la vinse.

MARGHERITA - Mi fa piacere, ma lei che c'entra?

CORDELLI - Io dico: «Il farmacista è guarito, ma di qui alle elezioni mancano ancora otto giorni, e in Otto giorni può venire la fine del mondo».

MARGHERITA - (ironica) Lei diceva pure che mi avrebbe re­galato un foulard...

CORDELLI - Ssst! (indica la porta dell'ufficio) Rimedierò, rimedierò! Abbia fiducia, signora: io non mi fermo mai! Per esempio, ho già pensato di domandare al dottor Manfredi, naturalmente prendendolo alla larga, se...

BEPPE - (entra) C'è il dottor Manfredi.

CORDELLI - Lupus in fabula!

BEPPE - (vede la corona) Uh... bella! E adesso che ne fa?

CORDELLI - Vedrai. Fa' entrare il dottore. (BEPPE esce) E lei, signora, collabori.

MARGHERITA - Che cosa devo fare?

CORDELLI - Non ho più tempo di spiegarle, ma capirà su­bito.

MANFREDI - (entra. Saluti a soggetto) Passavo di qui, e sic­come lei, poco fa, mi aveva detto...

CORDELLI - . . che desideravo parlarle. Precisamente. S'ac­comodi.

MANFREDI - Se non disturbo (siede).

CORDELLI - Dottore, che ne pensa della nostra squadra di calcio?

MANFREDI - (cadendo dalle nuvole) La squadra di calcio? Ma io... non me ne intendo... non seguo le vicende dello sport.                                          

CORDELLI - Domenica, se non sbaglio, c'è il derby.

MANFREDI - (indifferente) Ah!

CORDELLI - I nostri giocheranno contro la squadra di Cigliano. Dicono che sarà una partita emozionantissima. Chissà che tifo!

MANFREDI - Non meno pericoloso di quello vero!

CORDELLI - (con cenni d'intesa a Margherita) Ecco! É pro­prio a proposito di questo che volevo interpellarla. Lei sa che la salute pubblica mi sta a cuore più di ogni altra cosa.

MANFREDI - Non l'ho mai messo in dubbio! Però...

CORDELLI - Le spiego subito. Considerato che Domenica, alla partita, accorrerà tutto il paese, e tenuto conto che un goal effettuato o non effettuato può provocare nei più emotivi conseguenze irreparabili...

MANFREDI - (sempre più disorientato) Ebbene?

CORDELLI - Vorrei prendere un'iniziativa insolita, ne con­vengo, ma più che mai opportuna.

MANFREDI - Cioè?

CORDELLI - Proibire ai deboli e ai malati, specialmente di cuore, d'assistere alla partita.

MANFREDI - Per... per impedire quelle «conseguenze irre­parabili»?

CORDELLI - Certo. Quante volte, infatti, si legge sul giorna­le: «Sopraffatto dall'emozione, s'accascia privo di vita sulle gradinate dello stadio»!

MARGHERITA - (che incomincia a capire il giuoco di Cordelli) Questa è una nuova prova della sua bontà!

MANFREDI - Non discuto, ma... mi pare un'iniziativa irrea­lizzabile!

MARGHERITA - Perché? Penseremmo noi a convincere gli interessati. Basterebbe che lei ce li indicasse, in sede strettamente privata.

CORDELLI - Dovrebbe conoscerli, lei, i malati di cuore.

MANFREDI - Sì, ma non ce ne sono, gliel'assicuro. Stanno tutti bene.

CORDELLI - Neppure con un piccolo soffio al cuore... Un soffietto...

MANFREDI - (accenna di no col capo).

CORDELLI - Almeno col fiato un po' corto...

MANFREDI - (c.s.).

CORDELLI - (tra i denti) Me ne rallegro. In paese si crepa soltanto di salute!

MANFREDI - Proprio così.

MARGHERITA - E lei, dottore, come fa a sbarcare il lunario?

MANFREDI - Oh, io... sono solo... Alla mia età si hanno po­che esigenze... D'altronde, per vivere tranquilli basta accontentarsi, prendere tutto con filosofia, e... (leva lo sguardo su Cordelli e Margherita, e dalle loro espressio­ni comprende di parlare una lingua ad essi sconosciuta, incomprensibile. Si alza improvvisamente, in tono con­clusivo) Ma non vorrei annoiarvi. Se non desidera altro...

CORDELLI - E grazie.

MANFREDI - Di che? Mi rincresce di non aver potuto esserle utile. (Nota la corona) Guarda, guarda... E per qualcu­no del paese?

CORDELLI - No. Serve per onorare un poeta. Anzi: inviterò anche lei alla cerimonia.

MANFREDI - Parteciperò con piacere.

MRGHERITA - (starnutisce) Sono raffreddata. Cosa mi consiglia di prendere, dottore?

MANFREDI - Quel che vuole, signora. Un mio professore d'università diceva: «Il raffreddore trascurato dura set­te giorni, quello preso in tempo e curato, invece... dura una settimana». (Sorride; gli altri due sorridono nervo­si, per compiacenza) Aveva ragione, no?... E anche quando andremo a passare le vacanze sulla luna o su Marte, forse, la prima cosa che faremo, mettendo piede lassù, sarà uno starnuto: il nostro simbolo, il nostro vessillo. D'altronde è giusto: chi ha la mania di guarda­re lontano inciampa anche in un filo di paglia. Stiamo in buona salute (esce).

MARGHERITA - Arrivederla.

CORDELLI - (gli fa il verso) «Stiamo in buona salute». Quello, con la sua flemma, ci prende in giro.

MARGHERITA - Mi sbaglierò, ma il nostro Napoleone sta perdendo anche l'ultima battaglia. E quando avesse saputo che il tifoso tal dei tali soffriva di cuore, che gli avrebbe fatto?

CORDELLI - Gli avrei regalato il biglietto per la partita! Tanto, una domenica o l'altra... (Margherita sorride) E lei risparmi la sua ironia. Non le è mai capitato di sba­gliare?

MARGRERITA - (risentita) Che c'entra?

CORDELLI - (scaldandosi) C'entra, eccome c'entra! Perché tutti siamo propensi a rilevare, a ingigantire i torti degli altri, ma quando si tratta dei nostri.. .

MARGHERITA - Io non ho nulla da rimproverarmi, in tutta questa faccenda.

CORDELLI - Già, ma da chi è partita la proposta dell'inau­gurazione?

MARGHERITA - Si è trattato di un'idea, soltanto un'idea, buttata lì a caso, che ha riscosso la sua approvazione immediata, entusiastica.

CORDELLI - Ciò non toglie che se lei non avesse avuto un simile «lampo di genio» a quest'ora ce ne staremmo fuori dall'impiccio, e l'opposizione non se la riderebbe tanto!

MARGHERITA - Se questa è la riconoscenza per tutto quanto ho fatto in questi anni, sa che le dico? Che dopo le ele­zioni dovrà cercarsi un'altra «collaboratrice»! E da og­gi non faccia più assegnamento sul mio appoggio. Addio! (esce).

CORDELLI - (smarrito) Ma... signora...

SILVANA - (irrompe nell'ufficio, allegra) Bravo, papà! Fi­nalmente l'hai liquidata!

CORDELLI - Sì, ma addio alla compattezza della maggioran­za!

SILVANA - In compenso tornerà la «compattezza familia­re». Chissà che gioia la mamma, quando saprà che hai litigato con la signora Tavella!

CORDELLI - Litigato, litigato... «Abbiamo discusso», ecco. Ad ogni modo mi dispiace. Se la Tavella si mette contro di me, come candidato mi fa a pezzi.

LINA - (Entra, seguita da Mario) Si può?

CORDELLI - (sottovoce, a Silvana) E qui arrivano gli avvol­toi.

MARIO - BEPPE ci ha detto che potevamo disturbarla...

CORDELLI - Oh, quello lascerebbe passare perfino le galline.

LINA - Grazie!

MARIO - É arrabbiato, avvocato?

SILVANA - Se anche lo fosse, lei non contribuisca a farlo ar­rabbiare di più!

LINA - La signorina non ha il diritto di intromettersi.

CORDELLI - Giusto (A Silvana) Va' a casa, tu.

MARIO - Ma no! Non ne vedo il motivo! Siamo qui solo per fare due chiacchiere. (Indica la corona) Ecco la famosa corona!

LINA - Abbiamo sentito dire che serve per onorare un poe­ta...

CORDELLI - Sì, uno del paese.

MARIO - Non capisco chi possa essere.

CORDELLI - Giorgio Pasotti.

LINA - Giorgio Pasotti... quello del trattore?

CORDELLI - Lui in persona. (Si corregge prontamente) Cioè, in spirito.

MARIO e LINA - (si guardano, poi scoppiano in una fragoro­sa risata).

SILVANA - Che c'è da ridere?!

CORDELLI - Vogliono forse negare che il Pasotti scriveva poesie?

LINA - (continua a ridere) No, no... Non lo neghiamo.

CORDELLI - E che tali poesie venivano pubblicate?

MARIO - Tutte! Tutte pubblicate... sul bollettino parroc­chiale!

CORDELLI - Sta scherzando?

MARIO - Lo domandi al Parroco.

SILVANA - E adesso, papà, che cosa farai?

CORDELLI - (dopo lieve esitazione, durante la quale osserva la corona, deciso) Le onoranze al poeta Giorgio Pasotti!

LINA - In che modo?

CORDELLI - Collocando là (indica un angolo qualunque del­la stanza) il busto che regala la sua vedova, insieme a dieci milioni per il Comune e alle spese per la corona.

LINA - Se si tratta di onoranze ufficiali, è necessaria la nostra approvazione.

CORDELLI - E io ve la chiedo.

MARIO - Certo che collocare nella sala del Comune il busto di un tale che... sì, era un brav'uomo, ma... sono cose che vanno fatte solo per i personaggi illustri.

CORDELLI - Caro Bonetti, se si dovessero soltanto innalzare i monumenti ai personaggi «veramente» illustri, metà delle piazze d'italia resterebbero vuote. Bisogna essere realisti, caro mio! D'altra parte non abbiamo altri mo­numenti... Neppure quello dei Caduti...

SILVANA - L'avevo notato Come mai?

CORDELLI - Semplice: perché neanche in due guerre, che hanno buttato per aria mezzo mondo, non è morto nessSun giovane del paese. E non erano mica riformati, macché! Tutti in prima linea! Ma non si son fatti nep­pure una graffiatura Destino!

LINA - Decida lei, Mario.

MARIO - (guarda Silvana che gli fa cenno di fare il buono) Ma si! Facciamo queste onoranze! (Silvana gli sorride, approvando).

LINA - (che ha capito) Si vergogni.

MARIO - Ha voluto che decidessi io!

LINA - Sì, ma speravo che rifiutasse. Non avrei mai imma­ginato che il futuro del paese fosse subordinato ai sorri­si di una smorfiosetta...

CORDELLI - Non capisco!

MARIO - La lasci dire.

LINA - Ne riparleremo, Mario. Buon giorno a tutti (esce).

CORDELLI - (a Mario) Adesso siamo pari. Anche la mia col­lega se n'è andata allo stesso modo. Allora, facciamo queste onoranze?

MARIO - Facciamole.

CORDELLI - Grazie. Lei dimostra che...

MARIO - (interrompendo, esageratamente violento) Niente! Non dimostro niente! E non s'illuda che lo faccia per lei! (Strizza l'occhio a Silvana che risponde con un sor­riso, e approverà con cenni del capo tutto quello che Mario dirà al padre) E solo per i dieci milioni che avrà a disposizione il nuovo sindaco, e perché questa pa­gliacciata servirà a distrarre gli elettori dal nuovo Cam­posanto. Sì, quella «magnifica» opera della sua ammi­nistrazione, che lei, per tanto che si agiti, non riuscirà a mettere in luce. Perché lei è soltanto un esibizionista, un venditore di fumo...

CORDELLI - (si volta e vede Silvana che sorride e approva).

SILVANA - (di colpo diventa seria e scrolla negativamente il capo).

MARIO - E io la combatterò fino all'ultimo, perché ho di­chiarato guerra aperta ai fanfaroni, agli incapaci, ai tromboni, ai... Beh, per oggi basta! (Esce veloce e si scontra con)

PIGNA - (che entra ansante, agitato) L'ho detto a tutti... L'ho detto a tutti!...

CORDELLI - (irritatissimo) Bell'affare!

PIGNA - (disorientato) Ma... io credevo... Se posso ancora fare qualcosa...

CORDELLI - Sì che può fare qualcosa!

PIGNA - Comandi!

CORDELLI - Si spari! Così il Camposanto lo inauguriamo domani (e mentre PIGNA crolla a sedere, esce agitato, se­guito da)

SILVANA - (che grida) Papà! Papà... (e il sipario si chiude).

ATTO TERZO

La mattina di sei giorni dopo. Domenica. In un angolo del­la scena, sopra una colonnina, c'è un busto ricoperto da un lenzuolo bianco.

BEPPE - (in divisa di gaia sta accuratamente spolverando la corona deposta su una sedia. Ad un tratto, rivolto ver­so la porta dell'ufficio, ad alta voce) Trovato?

PIGNA - (voce fuori campo) Macché!

BEPPE - Dovrà ben saltar fuori!

PIGNA - (c.s.) Già.

BEPPE - (dopo una pausa) Cavaliere! (Nessuna risposta) Cavaliere!

PIGNA - (c.s.)Uffaaa!...

BEPPE - Provi a cercare nella cassetta dei ferri, in riposti­glio.

PIGNA - (entra dall'ufficio, portando un paio di metri di nastro tricolore. Laconico) Già fatto.

BEPPE - Lo dicevo, io! Ha visto che è saltato fuori?

PIGNA - (acido) Se sapevi dov'era, potevi evitare di farmi cercare per un'ora, pezzo d'idiota! Adesso sei capace a fare il nodo come vuole 1 'avvocato?

BEPPE - Provo. (Facendo un nodo al centro della corona) Che ore sono?

PIGNA - Le dieci meno dieci.

BEPPE - Tra poco comincia la musica!

PIGNA - Chissà se verrà tanta gente...

BEPPE - Mah... I manifesti li ho attaccati ai soliti posti... Però in questi ultimi anni, attaccati ai muri, ce ne sono stati troppi, di manifesti: più nessuno li legge. E l'avvo­cato, di che umore è?

PIGNA - Sempre peggio.

BEPPE - Va a finire che il Camposanto lo inaugura lui.

PIGNA - BEPPE!

BEPPE - Oh, lo sanno tutti che l'avvocato se la prende per quello. E chiacchierano, discutono... Scommetto che se venissero a saperlo a Roma, tanto per fare soldi, orga­nizzerebbero il «Totocamposanto».

CORDELLI - (entra. Dall'espressione, dai gesti e dai toni stanchi sembra invecchiato di dieci anni) Tutto pronto?

PIGNA - SI, avvocato.

CORDELLI - (va a sollevare il lenzuolo, guarda il busto senza farlo scorgere al pubblico, fa una smorfia e lascia rica­dere il lenzuolo) Quant'è brutto!

PIGNA - (a BEPPE) Hai finito, con quel nastro?

BEPPE - (mostra la corona con il nodo) Va bene, così?

CORDELLI - Per me...

GIORDANI - (entra. E il farmacista e consigliere di maggio­ranza che sembrava spacciato. Ha una sessantina di an­ni ed è di carattere espansivo, e rumoroso) Finalmente sono di nuovo qui. Ciao, avvocato! (gli appioppa una sonora manata sulle spalle).

CORDELLI - Per carità!... Sono pieno di dolori!... (si massaggia la spalla colpita).

PIGNA - Egregio dottor Giordani... Lietissimo di rivederla in salute.

BEPPE - Anch'io. Qui dentro, senza di lei, farmacista, man­cava l'allegria.

GIORDANI - (ride rumorosamen te, poi, notando la corona) Accidenti!... Chi è che ha avuto tanto buon gusto!

PIGNA - L'avvocato.

GIORDANI - Complimenti! (Cordelli scansa in tempo un'al­tra manata sulle spalle) L'ho sempre detto a mia mo­glie... Anche una settimana fa, quando mi pareva di es­sere al punto buono... «Io, dietro il carro, voglio una corona a ferro di cavallo».

CORDELLI e PIGNA - (si guardano e annuiscono rassegnati).

GIORDANI - Questa è per il poeta?

BEPPE - Sì. «Adesso» sì. (Occhiatacce di Cordelli e PIGNA a BEPPE).

GIORDANI - Il discorso lo fai tu?

CORDELLI - Purtroppo.

GIORDANI - Ah, se non fossi stato ammalato... Ricordi? Mi avevi sempre promesso che la prima cerimonia o inau­gurazione che ci fosse stata, l'avresti lasciata fare a me.

CORDELLI - Me ne ero scordato!

GIORDANI - Birbante d'un avvocato! Vuoi sempre fare tut­to tu. D'altronde è giusto: «Primo cittadino, primo in tutto»!

CORDELLI - (colpito) Se andrò avanti così, temo che non ti sbagli.

BEPPE - (alludendo alla corona) Dove la metto?

CORDELLI - Nel mio ufficio.

BEPPE - Non le fa più paura?

CORDELLI - (con occhiatacce) Paura di che? Di una corona per un monumento? Va', BEPPE, presto! (BEPPE porta la corona nell'ufficio, poi rientra) Lei, cavaliere, sa già cosa deve fare. Anzi, visto che ritardano, sarà meglio provare. BEPPE!

BEPPE - Sono qua.

CORDELLI - Tu a destra del busto, quasi sull'attenti, con la tromba. (BEPPE esegue) Tu, dottore, alla mia destra, qui... E vicino a te si metterà la signora Tavella (ese­guono). Alla mia sinistra ci sarà la vedova, poi mia mo­glie, mia figlia... e tutti gli altri. Quando scoprirò il bu­sto, BEPPE suonerà la tromba, e quando nel discorso sono arrivato a dire, più o meno... (consulta un fogliet­to d'appunti) «Il Comune è fiero e orgoglioso» eccetera eccetera, lei, cavaliere, entrerà da quella porta (indica l'ufficio) con la corona, e la deporrà ai piedi della co­lonnina. Mi sono spiegato?

PIGNA - Alla perfezione.

CORDELLI - (a BEPPE) Mi raccomando: un semplice squillo di tromba, e non una sinfonia. E lei, cavaliere, la porti bene quella corona, con maestosità e disinvoltura.

PIGNA - Lasci fare a me.

ANGELA - (entra con Silvana. Entrambe vestite elegante­mente).

GIORDANI - Cara signora Cordelli... Signorina... (saluti a soggetto, come si faranno d'ora in poi quando entra un nuovo personaggio, dando l'impressione di quel brusio che si sente fra gente che s'incontra in cerimonie, fune­rali, o simili. Sono saluti affrettati, parole convenzio­nali, confuse presentazioni e strette di mano fra sorrisi mal celati dell'espressione di circostanza).

ANGELA - La trovo bene, dottore.

SILVANA - Si direbbe che sta meglio di prima.

GIORDANI - Non posso lamentarmi. Suo marito, piuttosto, lo trovo un po' giù.

CORDELLI - Idee! Sono stanco, si, come tutti i candidati alla vigilia delle elezioni.

GIORDANI - Io sono tranquillissimo.

CORDELLI - Sfido! Tu ti fai propaganda elettorale regalan­do i campioni delle medicine.

ANGELA - BEPPE, per favore: vada a prendere un bicchiere d'acqua.

BEPPE - Per la pastiglia dell'avvocato?

ANGELA - Si (BEPPE esce).

SILVANA - (estrae dalla borsetta il tubetto delle compresse e lo mostra a Giordani) Queste fanno bene?

GIORDANI - Benissimo. Soprattutto a me che le vendo! (ride).

CORDELLI - (nervoso a PIGNA che ascoltava a bocca aperta)Cavaliere!

PIGNA - Comandi!

CORDELLI - Faccia qualcosa, se no s'addormenta!

PIGNA - Che posso fare?

CORDELLI - Vada di là (indica l'ufficio) e attenda tutt'orec­chi. Mi raccomando: tutt'orecchi. E al momento con­venuto...

PIGNA - . . entrerò con la corona. Si fidi di me (entra nel­l'ufficio).

BEPPE - (entra con un bicchiere d'acqua).

SILVANA - (dà una compressa a Cordelli) Coraggio, papà: butta giù.

CORDELLI - (esegue controvoglia, poi restituisce il bicchiere vuoto a BEPPE) Porta via e aspetta sotto. Quando sa­ranno arrivati tutti, verrai su con la tromba.

BEPPE - Sentirà! Uno squillo da carica dei seicento! (Esce mentre entrdno)

LINA e MARIO - (saluti a soggetto, come spiegato in prece­denza).

MARIO - Non è ora?

CORDELLI - Sì, ma attendiamo almeno la vedova.

LINA - (con velata ironia) Sono sicura d'interpretare il pen­siero di tutti i membri del Consiglio, congratulandomi col collega dottor Giordani per lo scampato pericolo. Sapesse come si interessavano di lei!..; Specialmente l'avvocato...

CORDELLI - Oh, non è il caso...

GIORDANI - Lasciala dire: mi fa piacere.

LINA - Può confermarlo chiunque che l'avvocato, in quei giorni, aveva una faccia... una faccia «da funerale».

MANFREDI - (entra, saluti a soggetto come di solito) Chiedo scusa del ritardo, ma...

CORDELLI - Si figuri, dottore! Qui dentro facciamo come a teatro: vengano quando vogliono, basta che vengano. Manca solo più là signora Tavella e la moglie di... di coso... (non gli viene il nome e indica il busto) poi sia­mo al completo.

MARGHERITA - (entra) Sta arrivando la vedova del poeta.

CORDELLI - (si agita) A posto, per favore! Si mettano a po­sto (li sistema come spiegato prima, spostandoli e ri­spostandoli poi va al posto che si è riservato. Pausa d'attesa).

ANGELA - (sottovoce) Modesto...

CORDELLI - Sssst.

ANGELA - Ti sei dimenticato la sciarpa tricolore.

CORDELLI - Accidenti, è vero! (Agitato, corre in un angolo, fruga in tasca, estrae sbadatamente il nastro «IL CO­MUNE AL SUO FIGLIO MIGLIORE» e sta per met­terselo intorno ai fianchi. S'accorge, lo rimette in tasca; estrae finalmente la sciarpa tricolore e se la mette tor­nando subito fra gli altri).

LINA - (nel frattempo ad Angela) Ila fatto bene a ricordar­glielo: potrebbe essere l'ultima volta che la indossa

SILVANA - Le piacerebbe indossarla lei, eh?

LINA - Proprio io, no. Ma “qulcun altro”? (allude a Ma­rio) al quale potrebbe far dimenticare «una certa per­sona».

CORDELLI - Ssst!... (pausa d'attesa) Ma.  quando arriva questa benedetta vedova?

MARGHERITA - Non capisco. Era per la scala, sei o sette sca­lini dietro di me. (Altra pausa, poi)

JOLE - (entra. Indossa un vestito sgargiante, e sembra tra­sformata mentre parla civettuola, sottovoce, con)

DEREGIS - (giornalista sui trentacinque anni, scapolo. Si fermano entrambi sulla soglia della porta, senza notare lo stupore e l'imbarazzo degli altri. Alle spalle dei due appare)

BEPPE - (con la tromba in mano, che cerca invano di farsi strada)

DEREGIS - Lei non immagina quanto piacere mi faccia rive­derla...

JOLE - Anch'io... tanto.

DEREGIS - Ricorda quando venivo a trovare il povero Gior­gio?

JOLE - Oh, sì... Parlavate per ore e ore di poesia.

DEREGIS - Pascoli...

JOLE - Carducci...

DEREGIS - Gozzano, soprattutto Gozzano. Giorgio andava in estasi davanti alle sue liriche... (declamando) «Tra bande verdigialle d'innumeri ginestre - la bella strada alpestre scendeva nella valle...».

JOLE - (rapita) Istanti di sogno.... E io... Io vi guardavo e vi sorridevo; «Le» sorridevo.

DEREGIS - Anch'io le... le sorridevo (si sorridono).

CORDELLI - (tossisce per richiamare l'attenzione dei due).

JOLE - (con espressione beata, assente, si rivolge a Cordelli) Come dice?

CORDELLI - Ci sarebbe da... da... (fa segno: «tirar giù il lenzuolo dal busto»).

JOLE - Certo, certo... (sempre guardando DEREGIS fa l'atto di tirar giù il lenzuolo che ricopre il busto).

CORDELLI - No!... Prima il discorso!

JOLE - E vero. Mi scusi. (A DEREGIS) Mi stia vicino. (A Cor­delli) Dove devo mettermi?

BEPPE - (va a prendere il suo posto accanto al busto).

CORDELLI - (a Jole) Alla mia sinistra (confusi spostamenti di tutti dovuti alla non considerata presenza di DEREGIS).

JOLE - Ah, dimenticavo. Avvocato, le presento il dottor DEREGIS, redattore capo della «Gazzetta Provinciale». E venuto a prendermi a casa, per assistere alla cerimo­nia. E un caro amico di famiglia. (Mentre DEREGIS saluta lutti gli altri) Peccato che dopo ci siamo persi di vista.

DEREGIS - (che si è posto accanto a Jole) Non succederà mai più.

JOLE - Mai più... (s'incantano a sorridersi, mentre gli altri li osservano e si scambiano occhiate e gesti significativi).

BEPPE - (improvvisamente lancia un acuto squillo di tromba che fa sobbalzare ­tutti quanti).

CORDELLI - (estrae di tasca il foglietto degli appunti e attac­ca di botto) «Siamo qui riuniti per onorare un nostro il­lustre concittadino, il quale, operando un felice connu­bio della poesia al lavoro, ha ben meritato che la sua scultorea effigie entrasse in questa sala consigliare. Si tratta del poeta rurale Giorgio Pasotti» (a Jole) Allora, lo scopre lei?

JOLE - (indifferente) Faccia pure (sorride a DEREGIS).

CORDELLI - (seccato, dà uno strattone al lenzuolo che cade scoprendo il busto d'un uomo tutt 'altro che bello).

BEPPE - (lancia uno squillo di tromba, segue qualche istan­te di silenzio, poi si sente dall'interno dell'ufficio che)

PIGNA - (applaude).

CORDELLI - (soprappensiero) Chi c'è di là... Ah! (applaude pure lui, subito imitato dagli altri; poi, guardando la porta dell'ufficio, prosegue, con tono particolarmente marcato) «Il Comune è fiero e orgoglioso...» (guarda la porta dell'ufficio) «è... orgoglioso e fiero, il Comu­ne» (guarda nuovamente la porta dell 'ufficio, imitato istintivamente dagli altri) «È  fiero ed orgoglioso», ripe­to! (Esplodendo) Cavaliere! (la porta dell 'ufficio si apre, ed entra)

PIGNA - (che porta la corona tenendola all 'altezza del viso, che rimane incorniciato dall'alloro. Con passo lento e solenne va a posare la corona alla base della colonnina, mentre)

CORDELLI - (continua) «... di onorare il nostro Giorgio Pasotti con questa cerimonia semplice nelle forme, ma vi­brante di quell'intensa commozione che sta agitando gli animi di ciascuno di noi. E ringraziamo la sua diletta, inconsolab... (guarda Jole che sta sorridendo a DEREGIS, e subito si corregge) .. . consolabile sposa, per la genero­sa offerta, e soprattutto per il suo ritorno fra noi, dove, ne siamo certi, ritroverà la pace., la serenità... (li guar­da) ... e il marito. (Gli altri lo guardano stupiti ed egli precisa) Il marito di sua sorella» (pausa) Ho finito.

PIGNA - (applaude, imitato dagli altri che, dopo Jole ed esclusi LINA e Mario, si con gratuleranno a soggetto con Cordelli, sino al momento in cui)

BEPPE - (lancia uno squillo di tromba ché fa sussultare tutti, ed esce impettito, a passo marziale).

CORDELLI - (a Jole, mentre gli altri formeranno gruppetti e parleranno fra di loro) Perché non ha portato anche Cicchi?

JOLE - Per non farlo piangere. Capirà che vedere... (indica il busto) Sono cose che commuovono.

CORDELLI - (con approvazione esagerata) Commuovono, commuovono!

GIORDANI - (a Cordelli, ad alta voce) Adesso c'è il rinfre­sco?

CORDELLI - Siamo mica a nozze!

JOLE - (a Cordelli) E stato veramente gentile. Ora le lascio il dottor DEREGIS, che vuoi farle un'intervista. Però mi raccomando: non lo trattenga a lungo, perché è invitato a pranzo da me.

CORDELLI - Stia tranquilla, signora.

JOLE - E mi prepari il conto. Domani verrò a saldare.

CORDELLI - Non c'è fretta.

JOLE - Ancora grazie a tutti (saluti a soggetto, poi Jole esce).

MANFREDI - Beh, penso che potremmo levare l'àncora pure noi.

LINA - Andiamo.

GIORDANI - Vengo anch'io (saluti a soggetto. Escono Gior­dani, Manfredi, Margherita e LINA, la quale trascina con sé)

MARIO - (che fa cenni d'intesa con Silvana, come per dirle: «ci rivediamo più tardi»).

CORDELLI - (con un sospiro) E anche questa è fatta.

ANGELA - Sei stanco?

CORDELLI - Sono stufo, e forse è peggio.

ANGELA - Ti fermi ancora?

CORDELLI - Due parole col dottore, e sono subito a casa. Avviatevi pure.

SILVANA - Se permetti, vado a fare due passi.

ANGELA - Va', va'.

SILVANA - (bacia il padre sulla guancia) Ciao, paparino! (A DEREGIS) Buon giorno, dottore, e auguri! Cavaliere... Ciao, mamma. Per mezzogiorno sono a casa (esce).

CORDELLI - Dove va, quella?

ANGELA - L'ha detto, no? A fare due passi.

PIGNA - (ride).

CORDELLI - (seccato) Che c'è da ridere?! Vada a mettere in ordine di là.

PIGNA - (confuso, va nell'ufficio).

ANGELA - Beh, vi lascio ai vostri affari. Buon giorno.

DEREGIS - Felice di averla conosciuta, signora.

ANGELA - (a Cordelli) E vieni a casa presto, mi raccomando (esce).

CORDELLI - Dunque, dottore, dica pure.

DEREGIS - (accingendosi a prendere nota) Prima di tutto mi permetta di congratularmi con lei.

CORDELLI - Per che cosa?

DEREGIS - Per il nuovo Camposanto.

CORDELLI - Ah...

DEREGIS - L'ho visto appena arrivato. A parte il fatto che è il più razionale e moderno di tutta la provincia, si tratta di un'opera che fa veramente onore alla sua ammini­strazione.

CORDELLI - (sospira) Eh, se la pensassero tutti come lei!... Purtroppo i miei amministrati non sanno neanche che esista il sindaco, altro che il Camposanto!

DEREGIS - Eppure sono del parere che quest'opera le frutterà parecchi voti.

CORDELLI - Se potessi inaugurarlo!... Oh, sì... Ne parlereb­bero per un mese, se potessi inaugurarlo.

DEREGIS - Semplice: lo inaugurerà il primo funerale.

CORDELLI - Sembra una cosuccia da nulla, vero? Ma invece è una maledizione: in questo paese non muore nessuno. E dire che... quello che taglierebbe idealmente il na­stro... lo porteremmo là con tutti gli onori... La corona del Comune, la banda, i fuochi d’artificio... Niente! E ormai... a una settimana dalle elezioni... non nutro più speranze!

DEREGIS - Lei ritiene che sia proprio indispensabile...

CORDELLI - (ne continua il pensiero) ... fare del chiasso, ri­chiamare l'attenzione su una cosa nuova? Eh, altrochè! Venga qui, dottore... (lo conduce alla finestra che spa­lanca, poi indica verso il basso) Vede? Manca poco a mezzogiorno e tutte le piazze d'Italia, a quest'ora della domenica, sono piene di gente che passeggia, come que­sta. Guardano le vetrine, indugiano in crocchi, discuto­no... Si direbbe che abbiano tante cose da dirsi, che tut­to li interessi, li appassioni... E invece no, lo fanno per abitudine, per tradizione, quasi per una necessità fisio­logica... così come tra mezz'ora, un'ora al massimo, saranno tutti seduti a tavola, col naso sul piatto... e co­me nel pomeriggio si troveranno dal Moro, a giocare a tresette o guardare la televisione. Che cosa si può anco­ra fare, mi chiedo, per stimolare gli interessi, per stupirli? E un'impresa disperata, si è battuti in partenza. Per­ché questa gente in cinquant'anni ne ha viste troppe, e sui giornali, ormai, legge solo i titoli su quattro colon­ne. Emozione, entusiasmo, meraviglia: tutte parole da sopprimere, perché esprimono uno stato d'animo che non corrisponde più alla realtà. Meglio parlare di «abi­tudinarietà», di «conformismo»... Guardi mia moglie, per esempio. La vede? Sta attraversando la piazza, per­ché dall'altra parte c'è... (interrompendosi bruscamen­te) Ma che fa?... (urlando) Attenzione, Angela!... (si sente la brusca frenata di una automobile ed un acuto grido di donna, seguito da altre grida e confusi com­menti di diverse persone, mentre Cordelli si è coperto gli occhi con le mani e, barcollando, s'allontana dalla finestra, sostenuto da)

DEREGIS - Si calmi! Corro a vedere (esce in fretta).

PIGNA - (entra dall'ufficio) Qualcuno dev'essere finito sot­to una macchina. (Quasi allegro) Si fa l'inaugurazione!

CORDELLI - (con voce strozzata) E mia moglie! (crolla a sedere)

PIGNA - Allora non vale!... Oh, santo cielo! (esce cor­rendo).

CORDELLI - (si alza a stento, si passa una mano sulla fronte sudata, vorrebbe estrarre di tasca un fazzoletto, ma gli capita fra le mani il nastro «Il Comune al suo figlio mi­gliore»; con un gesto di stizza lo scaraventa per terra in un angolo; poi estrae il fazzoletto e si asciuga la fronte. Mentre si avvia alla finestra, entra)

BEPPE - Non si è fatta niente.

CORDELLI - (s'illumina in volto) Davvero?

BEPPE - Sì. Quel signore e il cavaliere la stanno accompa­gnando qui. Vado a prendere un bicchiere d'acqua. (S'avvia, poi si ferma) Però, è proprio un miracolo! Si vede che in questi giorni non deve morire nessuno (esce).

CORDELLI - (va alla porta, verso l'esterno, emozionato) An­gela!... Angela!... (sulla soglia abbraccia la moglie. Dietro ci sono DEREGIS e PIGNA, sorridenti) Vieni, siedi qui.

ANGELA - (ansante, spaventata, con il cappellino a sghim­bescio, guarda il marito, poi scoppia in pianto).

CORDELLI - Perché piangi? E tutto passato...

DEREGIS - La lasci sfogare. Effetto dello spavento.

ANGELA - (fra le lacrime) Porteremo un quadro alla Ma­donna delle Grazie...

CORDELLI - Sì, sì: un quadro, due quadri...

BEPPE - (entra con un bicchiere d'acqua) Beva, signora.

ANGELA - Grazie (beve tremando. Il marito l'aiuta, poi re­stituisce il bicchiere a)

BEPPE - (che nel frattempo ha detto) Chissà perché, con tante medicine che vi sono oggi, in queste occasioni si beve soltanto acqua (esce per riportare via il bicchiere).

CORDELLI - E quel criminale d'autista? Bisogna fermarlo. Fargli pagare i danni.

ANGELA - Ma no! Non mi ha neppure sfiorata. Gli ho detto che se ne andasse tranquillo.

CORDELLI - Hai fatto male. Lo spavento potrebbe averti provocato un soffio al cuore.

PIGNA - (timidamente vuoI dire la sua) L'avvocato ha ra­gione.

CORDELLI - (che evidentemente ha ripreso padronanza di sé) Non ha niente da fare, cavaliere?

PIGNA - Ma...

CORDELLI - Vada in ufficio e dia al professore tutte le spiega­zioni che desidera ancora.

PIGNA - Va bene. S'accomodi.

DEREGIS - Grazie (va nell'ufficio con PIGNA).

CORDELLI - Bella prodezza! C'è gente che dopo un fatto si­mile vive di rendita, e tu... tu gridi ai quattro venti che non ti sei fatta niente.

ANGELA - Ti ripeto che sto bene (si alza).

CORDELLI - Lo credo, ma è meglio che gli altri non sappia­no.

ANGELA - Ma io...

CORDELLI - Almeno riuscirò a far mettere sul giornale: «La moglie del sindaco avvocato Cordelli investita da un'automobile». Fa sempre pubblicità.

ANOELA - Modesto, non ti conosco più. Ti hanno cambia­to! Sì: ti hanno cambiato.

CORDELLI - Sta' a vedere che sono diventato un ombrello!

ANGELA - Ti ha cambiato la politica. In ogni cosa non vedi altro che l'occasione di far parlare di te. Scommetto che se potessi mi obbligheresti ad andare in giro con un car­tello: «Votate per Cordelli». Casa nostra si è trasfor­mata in una piazza da comizi. Fai perfino i discorsi du­rante il sonno. (Cordelli sorride) Da piangere, c'è, non da ridere!... E anche quella signora Tavella... Mi dà fa­stidio, ecco!, vedertela girare intorno con mille smorfie che a te piacciono, ma che io... non posso proprio farti.

CORDELLI - Ma perché?

ANGELA - Perché non sono falsa! Perché ti voglio bene, e conosco le tue debolezze. Perché so che ti spaventi per tre linee di febbre... che hai sempre in tasca un cuc­chiaino di bicarbonato... che hai paura persino delle formiche...

CORDELLI - E con questo?

ANGELA - Non sono da invidiare le mogli dei grandi uomi­ni! Vivono con l'ossessione di essere bigame.

CORDELLI - Bigame?

ANGELA - Sì! Come se avessero due mariti. Uno: quello che fa i discorsi, il trionfatore, l'eroe; l'altro: quello che in piena notte si sveglia e miagola: «Angela... mi sento male... fammi una limonata!...» Ah, se fosse possibile scambiarli, questi uomini: metterne uno al posto del­l'altro... Scommetto che la politica internazionale di­venterebbe latte e miele.

SILVANA - (entra trafelata) Mamma!... (l'abbraccia e pian­ge) Oh, mamma?... Ho sentito dire che eri morta sotto una macchina.

ANGELA - Cara piccola!... Su, su, non piangere.

MARIO - (entra emozionato) Silvana! (si ferma ansante).

CORDELLI - Che vuole, lei?

MARIO - (senza badargli, si pone in mezzo alle due donne e le stringe entrambe a sé) Che spavento! Ho sentito dire che eravate morte tutte e due sotto un'autobotte!

CORDELLI - Ohè, giovanotto! Come si permette queste con­fidenze?

MARIO - Senta, avvocato...

ANGELA - t meglio che glielo dica io. Dunque... Modesto, sta calmo... Devi sapere che... Mario e Silvana si vo­gliono bene.

CORDELLI - Si vogliono bene?!? Come sarebbe a dire?

ANGELA - Che intendono sposarsi.

CORDELLI - Ma sono pazzi! Pazzi da legare, tutt'e due! Ah, certo, aveva ragione quello che diceva che i muri intor­no ai manicomi sono necessari, ma per difendere i matti che ci stanno dentro! E tu sei d'accordo con loro, eh?

ANGELA - Sì, da quando Silvana me lo disse.

CORDELLI - Commovente! E io, come sempre, l'ultimo ad essere informato. Da quanto tempo dura questa sinfo­nia?

ANGELA - Quasi un anno, vero?

SILVANA e MARIO - (accennano umilmente di sì e si strin­gono l'uno all'altra).

CORDELLI - (a Mario) Le proibisco di avvicinarsi a  mia figlia!

MARIO - (umilissimo) Avvocato... Mi ascolti...

CORDELLI - (indica l'espressione dolce di Mario) Le scatte­rei una foto, in quest'istante! Dov'è andato a prenderla quella faccia d'agnellino? L'ho sempre visto con un'a­ria feroce...

MARIO - La politica, adesso, non c'entra.

CORDELLI - Lo senti, Angela? Ma te l'immagini la nostra vita quale sarebbe? In casa tutti sorrisi e gentilezze...poi verremmo qua, e... musica, maestro! Un insulto dopo l'altro!

ANGELA - Si avrebbe la più perfetta realizzazione della de­mocrazia.

LINA - (entra ansante, guarda Cordelli, prende flato, poi si rivolge verso l'esterno) Ma no!... Non è vero! (entra se­guita da Margherita e Giordani).

GIORDANI - (va a stringere la mano di Cordelli, il quale la­scia fare, stupito) Mio caro amico... che sollievo!

CORDELLI - Cosa?

MARGHERITA - Abbiamo sentito dire che lei era morto sotto un autotreno!

CORDELLI - (esplode) Morto! Morto!... In questo paese i morti ci sono soltanto nella fantasia!

LINA - Non se la prenda, avvocato! Tanto più che... (indica Mario e Silvana con malignità) a quanto sembra non le mancheranno gioie in famiglia.

DEREGIS - (entra dall'ufficio con PIGNA, prendendo appunti).

CORDELLI - (a LINA) Non sono affari che la riguardano!

GIORDANI - Perché ti scaldi tanto! Lo sa tutto il paese che Mario e tua figlia...

CORDELLI - Tutto il paese... meno io!

MARGHERITA - Certo. Perché i tipi come lei sono circondati da persone sempre pronte a inchinarsi, a dar ragione, a dire che tutto va bene, che tutto fila per il suo verso. Come il cavaliere.

CORDELLI - Il cavaliere?

PIGNA - (che stava parlando sottovoce con DEREGIS, si precipita accanto a Cordelli) Mi ha chiamato, avvocato? (LINA e Margherita sorridono).

CORDELLI - (esasperato) Si tolga dai piedi!

Contemporaneamente:

    ANGELA - Non trattarlo così!

    SILVANA - Ma papà...

    MARIO - Questo è troppo!

    GIORDANI - Non esagerare!

    MARGHERITA - Lo dirò nel prossimo comizio!

    LINA - Si ribelli, cavaliere! Si ribelli!

CORDELLI - (urla) Basta! (breve pausa).

PIGNA - (si sente insolitamente forte, nei suoi occhi si nota un lampo strano, mentre volge lo sguardo in torno Per assicurarsi della solidarietà degli altri. Infine sbotta) Avvocato!... (ma la voce gli è uscita incerta, tremante in contrasto con l'espressione dura e risoluta).

CORDELLI - (brusco) Che c'è?

PIGNA - (nuova occhiata panoramia sugli altri, Poi pro­segue, come un condannato che s 'appresta a salire gli ultimi gradini del patibolo)  è venuto il momento di dirle... (s'arresta).

CORDELLI - (in tono di sfida, fissandolo negli occhi) Avanti!

PIGNA - Dirle che... (come ionotizzato dallo sguardo di Cordelli non ce le fa a continuare, e ripiega debolmente) che il dottor DEREGIS ha quasi finito la sua intervista. Con permesso (e ritorna presso DEREGIS, scuotendo il capo e allargando le braccia, rassegnato).

JOLE - (irrompe trafelata) Dov'è?... Dov'è l'eroe?

BEPPE - (la segue gridando) Le dico di no, signora.. L'hanno informata male!

JOLE - (Precipitandosi accanto a DEREGIS) E’ ferito! Ho saputo che lei ha salvato la moglie del sindaco dallo scon­tro di due treni (alcuni ridono).

CORDELLI - Signora! Qui non siamo mica in piazza, sa!

ANGELA - Calmati, Modesto.

CORDELLI - No! Io dico e faccio quello che voglio, a dispet­to di tutti! E per dimostrarlo incomincio da lei, (indica Mario), dicendole di levarsi dalla testa mia figlia, per­ché non è pane per i suoi denti! E continuo con lei (a Margherita) che si è dimostrata peggio di Giuda; con te (a Giordani) che sei solo capace a dire asinerie; con lei (a LINA) che invece di fare politica dovrebbe fare la cal­za; con te (a BEPPE) che sputi sentenze a destra e a sini­stra, e che se spedissi una cartolina indirizzata «al più fesso del paese» tornerebbe subito al mittente; con lei (a Jole), con lei (a DEREGIS), e... con lei, cavaliere, che da questo momento può considerarsi in libertà, sotto ogni aspetto, perché io... (guarda in cagnesco Marghe­rita) perché io non ho bisogno di cortigiani!

PIGNA - (dopo un breve silenzio carico di elettricità, è il pri­mo a reagire, agitato, sconvolto) Avvocato... questo... questo è troppo! Io... (si confonde, rosso in volto, bal­betta, poi riprende a parlare con maggior foga, e forse questa volta, finalmente, vuoterebbe il sacco fino in fondo se le sue parole non fossero subito sommerse dal­l'esplodere delle invettive di tutti contro Cordelli e fra di loro, creando una confusione di voci e gesti che giun­gerà fino al parossismo. Sarà a questo punto che en­trerà)

MANFREDI - Per favore... Si sentono gridare dalla piazza.

TUTTI - (ansanti, gradatamente tacciono).

MANFREDI - Perdonate l'intrusione. Ma si tratta di una co­sa importante. Almeno per me. (Pausa)  E’ morto...

CORDELLI - Chi?

TUTTI - (fissano Manfredi, con espressioni stupite, diso­rientate).

MANFREDI - (li guarda, a uno a uno, lentamente, poi dice) Un bimbo.

CORDELLI - Un bimbo?

MANFREDI ...... di due anni.

CORDELLI - (colpito) Di chi?

MANFREDI - (con un mesto sorriso) Di «enne enne».

CORDELLI- Quello... quello dell'Asilo?

MANFREDI - Sì: Benvenuto. (Pausa) Aveva ragione lei, av­vocato. «Al giorno d'oggi non c'è posto per gli ange­li»,.. E gli angeli, infatti, se ne vanno.

TUTTI - (compreso Cordelli, sono evidentemente commossi e si avvicinano l'uno all'altro, quasi istintivamente: An­gela a Cordelli, Mario a Silvana, Jole a DEREGIS, Mar­gherita, LINA e Giordani fra di loro; BEPPE e PIGNA).

MANFREDI - (è rimasto al centro, isolato, semplice spettato­re di quel progressivo turbamento che è andato diffon­dendosi negli animi, di quella metamorfosi negli atteg­giamenti come nelle espressioni. La sua voce suona pa­cata e sommessa a rompere il silenzio, quasi d'incanto, che è venuto a crearsi) Ecco... io penso che duemila an­ni fa, ai piedi della Croce, lo spettacolo fosse press'a poco lo stesso: tanti visi spaventati, smarriti... Se n'era andato un Angelo, che molti odiavano... E da allora, come vedete, gli angeli hanno continuato ad andarse­ne... Una malattia senza speranza, un passaggio a livel­lo incustodito, il fuoco, una bomba trovata in un pra­to... Tutte scuse. Tutte porte che si aprono per lasciarli scappare...

ANGELA - E... Benvenuto? Di che cosa è morto?

MANFREDI - Polmonite. Le suore mi hanno fatto chiamare ieri, verso le undici... Rimasi tutta la notte presso di lui... E poco fa quando sono tornato all'Asilo, dopo essere sta­to qui, ho trovato Benvenuto incantato a guardare uno spicchio di cielo inquadrato dalla finestra... Dopo un po' si è voltato verso di me, mi ha fatto capire che ave­va sete... gli ho inumidito le labbra, e lui... è tornato a guardare il cielo, per sempre.

SILVANA - Ma... e la penicillina?

MANFREDI - Sente, dottor Giordani, le illusioni che mettia­mo in testa alla gioventù? A queste conquiste della scienza si attribuiscono virtù miracolose, che servono solo a renderci più superbi. No, signorina: la penicillina, stavolta, non è servita.

CORDELLI - (sincero, confuso) Non trovo le parole per espri­mere... (s'interrompe) Già, ma a che servirebbe, ormai?

MANFREDI - Sono venuto per incarico delle suore... avreb­bero piacere che Benvenuto, come gli altri piccoli del paese, facesse l'ultima sua «passeggiata» sulla carrozza bianca del Comune.

MARIO - (sincero) La carrozza bianca. Certo: gli spetta di diritto. Inoltre avevano già deliberato che al primo che... (s'interrompe, commosso).

CORDELLI - É vero... Non ci pensavo più... (pausa) Ebbene, che c'è da piangere? (Con forzata letizia) Il nostro Camposanto sarà inaugurato da un angelo! sì, dottore: Benvenuto avrà la carrozza bianca, la banda... e io in prima fila.

LINA - Ci saremo tutti.

MARIO - Tutto il paese. (intano entrano Don Augusto e la Perpetua in lacrime)

LINA - Guardate, è arrivato anche Don Augusto...

DON AUGUSTO - Buonasera, signori.

TUTTI - Salve, Reverendo.

DON AUGUSTO - Figlioli, è un giorno di grande tristezza, lo so, ma proprioin questo giorno ci sta aiutando la Provvidenza. Guardate. (fa leggere l’avviso funebre su cui è scritto: “Non fiori, ma generose offerte a favore dell’asilo delle suore”)

MANFREDI - Forse, grazie a Benvenuto, questa volta il miracolo avverrà davvero... nei cuori delle persone.

PERPETUA - Già, di offerte ne sono già arrivate numerose. E pensate, i primi a presentarsi sono stati proprio tutti i genitori che avevano ritirato i bimbi dall’asilo...

(Si sentono campane che suonano a festa, sino al ter­mine).

TUTTI - (guardano verso la finestra quasi stupiti).

MANFREDI - Non c'è da meravigliarsi. Le campane suonano a festa, quando un angelo spicca il volo. (Qualche istante di silenzio e di immobilità, e in quest'atmosfera serena tutti sembrano uniti e accomunati da un senti­mento di fratellanza. Gli urli e le reciproche invettive di poco fa si direbbero cose remote, forse mai accadute. Manfredi pare rendersi conto che di fronte a sé non stanno soltanto i semplici protagonisti di questa sempli­ce vicenda, e per questo le sue parole acquistano una ri­sonanza universale) E l'umanità, almeno per un mo­mento, ritrova i suoi sentimenti più belli... Perché gli Angeli... gli Angeli non muoiono invano.

PIGNA - (realista come sempre, è il primo a riportare l'at­tenzione su un piano concreto) E la corona?

CORDELLI - Già, la corona. Stavo per dirlo io! (A PIGNA, in un soffio, seccato per essere stato preceduto) Sempre intempestivo, cavaliere!

PERPETUA - Una corona delle più grandi.

MARGHERITA - Tutta di fiori bianchi.

PIGNA - E il... (s'arresta in tempo, temendo la reazione di Cordelli).

CORDELLI - «Il» che cosa?!

PIGNA - (tra i denti, quasi suggerendoglielo) Il nastro? Con sopra una bella scritta...

CORDELLI - Già, il nastro... (ripensandoci) Ma il nastro c'è già. (Va a tirarlo su da terra, nell'angolo dove l'aveva gettato) E le parole che ci sono scritte sono le più giuste che abbia mai visto... (distende il nastro, affinché lo legga anche il pubblico: «IL COMUNE AL SUO FLGLIO MIGLIORE», e rimane immobile in questa posizione, mentre lo scampanio aumenta d'intensità e il si­pario si chiude lentamente).

FINE DELLA COMMEDIA


FABBISOGNO SCENICO

    Atto primo: tromba, per BEPPE; cappello, per PIGNA; carta matite e temperino, per BEPPE e PIGNA; borsa, per Silvana; gior­naie sportivo, per Mario; foulard, per Angela.

   Atto secondo: ricette e penna, per Manfredi; corona d'allo­ro con tela di sacco, per BEPPE e PIGNA; nastro per la corona, sul quale c'è scritto «ll Comune al suo figlio migliore», per BEPPE e PIGNA; foglio di carta, per PIGNA; tubetto compresse e bic­chiere con acqua, per Angela.

   Atto terzo: un qualsiasi busto di gesso, coperto da lenzuo­lo, su colonnina, in scena; spolverino, per BEPPE; un paio di me­tri di nastro tricolore, per PIGNA; foglietto appunti discorso, per Cordelli; tubetto compresse, per Silvana; 2 bicchieri con acqua, per BEPPE; sciarpa tricolore da Sindaco, per Corbelli; tromba, per BEPPE.