Maggio 2002
NON CORRERE!
commedia in due atti di
Mario Pozzoli
Questa commedia è tutelata dalla SIAE.
<< La vita è un viaggio da fare camminando. Se corri, essa ti passa accanto troppo velocemente e non fai in tempo ad afferrarla. Se corri, non vedi niente, non ti accorgi di niente... sei sempre stanco e non hai tempo per nessuno. >>
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PERSONAGGI
MICHELE
GIORGIO suo amico
FEDERICO sposato
CARLO sposato
DIEGO scapolo
ANDREA scapolo
VINCENZO arbitro
GIOVANNI cameriere
PROFESSORE*
* Il Professore può essere un personaggio a sé stante oppure interpretato da Giovanni.
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SCENE
1° atto 2° atto
1) Non correre! 6) Pensieri
2) Federico e Carlo 7) Circolo vizioso 1
3) Diego e Andrea 8) Circolo vizioso 2
4) Vincenzo 9) Circolo vizioso
5) Una bionda 10) Il professore
11) Risveglio
I ATTO
scena 1 - Non correre!
(ci troviamo nella sala-ritrovo di un “Tennis Club”. Poltrone, divani, tavolini.
Al centro: un portone d’uscita.
A sinistra: una porta verso il bar euna verso gli spogliatoi.
A destra: un’ampia porta a vetri che conduce ai campi da gioco.
Michele ha circa quarantacinque anni; è seduto in poltrona e sta sfogliando un giornale di natura finanziaria.
Giorgio, amico da sempre di Michele, persona seria e affidabile, sta osservando attraverso la porta a vetri un doppio di tennis)
GIORGIO- Il solito doppio del mercoledì. Ammogliati contro scapoli. (pausa) Da quanti anni?
MICHELE- Boh! Certo che se un giorno Andrea si dovesse sposare, addio doppio! Tre sposati e uno scapolo.
GIORGIO- Andrea sposarsi? Non credo proprio; gli piace troppo la vita del “don Giovanni”. Se mai, Diego.
MICHELE- Troppo timido! Con le donne gli uomini timidi non hanno fortuna.
GIORGIO- In ogni caso, se uno dei due dovesse sposarsi, può sempre capitare che nel frattempo Carlo o Federico divorzino; così il doppio sarebbe salvo; con nuovi abbinamenti, naturalmente. Perché porre limiti alla Provvidenza?
MICHELE- Giusto! Non poniamo limiti.
GIORGIO- (dopo una pausa; come tra sé) Sembrano tanti pagliacci.
MICHELE- Cosa?
GIORGIO- Stavo pensando che sembrano tanti pagliacci.
MICHELE- Chi?
GIORGIO- Loro. Come sono vestiti. Quando ero ragazzo io, potevi entrare in campo solo se eri vestito tutto di bianco: calzoncini, maglietta, calze, scarpe...
MICHELE- Giorgio, il mondo cambia! Per fortuna.
GIORGIO- Già.
MICHELE- (chiude il giornale) E’ tardi. (ora Giorgio, con ironia, si sovrappone) Devo andare. (sorride) Lo dico sempre, eh?
GIORGIO- Tutti i giorni. Pensare che fino a qualche anno fa, la tua sosta-pranzo durava abbastanza per una partita a tennis, doccia, spuntino e caffè. Ora c’è giusto il tempo di far due chiacchiere mentre sfogli il giornale.
MICHELE- Hai ragione; adesso non ce la faccio più a fare una pausa così lunga. Da quando in fabbrica abbiamo raddoppiato la produzione, si sono raddoppiati anche i problemi. Se non sono sempre presente, va tutto a rotoli. (si alza, deve andare)
GIORGIO- A che pro?
MICHELE- Cosa?
GIORGIO- A che pro tutto questo affannarsi? Ti sei accorto che sei sempre di corsa e non trovi più neppure il tempo di pensare? “E’ tardi. In fabbrica mi aspettano.” Hai perfettamente ragione, Michele. Sono tutti lì, con una pistola in mano, che te la puntano addosso. Anche a casa, probabilmente. E se inciampi, ti sparano!
MICHELE- (sorride) E’ vero. (sospira) Ma che ci vuoi fare? (pausa) Hai fatto bene tu, che hai mollato tutto. Certo non bisogna avere problemi economici...
GIORGIO- Guarda, Michele, che tutti hanno problemi economici. I soldi di certo non bastano mai, anche perché, senza volerlo, ognuno adegua il suo tenore di vita a quello che guadagna. Ne guadagni cento, ne spendi cento; ne guadagni mille, ne spendi mille e uno. Non riesci mai a starci dietro. (un tempo) No! Io ho detto “basta”. Non ne potevo più di starmene lì a sentire il freddo della canna (della pistola) sulla tempia.
La vita è un viaggio da fare camminando, non di corsa. Se corri, non vedi niente, non ti accorgi di niente.
MICHELE- Ma come fai a fermarti, o solamente metterti al passo? Le cose si fanno bene o non si fanno. E’ una regola di mercato: se non cresci, muori. Basta un attimo, sai, e sei fregato. E’ come quando giochi a tennis e sei tutto sudato: finché ti muovi, va tutto bene, ma se ti fermi, ti becchi subito una bella polmonite.
(dalla porta del bar entra Giovanni e molto discretamente riordina la sala, portando via dei bicchieri usati, ecc.
Giovanni è una persona posata, irreprensibile, da “sempre” cameriere del club)
GIORGIO- Anch’io la pensavo così. Ho vissuto un’intera vita così. E me ne stavo ad ascoltare mia moglie con le sue menate di casalinga non realizzata; sempre scontenta di una vita monotona, fatta di cose ogni giorno uguali; a disposizione della famiglia e a far la serva a tutti; piena di rancori e di rimpianti per non so che cosa.
La stavo ad ascoltare, io, e le davo anche ragione!
Poi, sai, un bel giorno, al suo ennesimo mugugno, mi si è concretizzato nella testa un pensiero, un pensiero che già da tempo vagava nel mio cervello, senza che mai riuscissi ad afferrarlo. E allora le ho detto: “Senti un po’, quando smetterai di pensare solo a te stessa? Io, ho lavorato per te, per i nostri figli, per la casa, la macchina, le vacanze e mille altre diavolerie, che un accidente se le porti tutte quante! Vi ho sacrificato gli anni più belli della mia vita senza mai lamentarmi, mentre dentro di me mi sentivo un recluso... e sognavo di volare... Mi sono fatto trent’anni di lavori forzati, ed ero innocente. Come mi risarcite?” (pausa)
Basta, Michele! Non voglio più correre. Voglio camminare. Camminare lentamente e guardarmi intorno per gustare i sapori, i colori, i profumi della vita.
MICHELE- (si risiede. Pausa) Giovanni.
GIOVANNI- Dica, signore.
MICHELE- Che vada tutto al diavolo!
GIOVANNI- Come, signore?
MICHELE- Niente, niente. Mi porti una birra.
GIOVANNI- Bionda o bruna.
MICHELE- Bionda.
GIOVANNI- (mentre esce verso il bar) Una bionda per il signore.
MICHELE- Giorgio, mi hai smontato.
GIORGIO- Mi spiace... ma forse era quello che volevo.
MICHELE- Oggi dovevo anche andare ad una conferenza sulle dinamiche di gruppo; un’analisi del cervello umano per riuscire a penetrare nella testa dei miei collaboratori e quindi sfruttarli al meglio.
GIORGIO- Conosco la storia: tutti protesi a ottimizzare le potenzialità di ognuno e ottenere, insieme, il massimo risultato.
MICHELE- Già.
GIORGIO- Dammi retta, Michele, fermati o, se proprio non ce la fai, rallenta almeno, e mettiti a camminare. Se corri, la vita ti passa accanto troppo velocemente e non fai in tempo ad afferrarla. E’ come correre in un prato: non riesci neppure a vedere il colore dei fiori. Solo se cammini, puoi notare una margherita, sentirne il profumo, gustare la meravigliosa armonia con cui è stata creata. (va all’uscita e lì si ferma) Se corri, sei sempre stanco e non hai tempo per nessuno. Se corri, non ti arriva abbastanza ossigeno al cervello e ti vengono le allucinazioni. Ciao, Michele. (esce dal portone)
MICHELE- Ciao, Giorgio. (tra sé) Se corri, sei sempre stanco... (inizia ad appisolarsi) l’ossigeno al cervello... e ti vengono... le allucinazioni... (si addormenta) le allucina...
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scena 2 - Federico e Carlo
- CAMBIO LUCE
(ora i quadri sono storti.
Carlo e Federico, sposati, Andrea e Diego, scapoli, hanno appena finito di giocare una partita a tennis. Sono vestiti completamente di bianco. Vincenzo ha arbitrato.
Federico sta attraversando un momento di stanchezza e individua nella moglie la causa di tutti i suoi problemi.
Carlo ha circa quarantacinque anni; è sposato, ma nel suo cuore è nata una simpatia per una giovane donna, che lo fa sentire in colpa, ma che gli ha fatto riscoprire la fisicità del suo corpo. Prova allora nuovi atteggiamenti; allo specchio si controlla i capelli, le rughe... quasi volesse trovare il modo di ringiovanire)
FEDERICO- (entra dalla porta a vetri, seguito da Carlo. Nel frattempo Michele si sveglia e li osserva attentamente) Così mi ha detto! Io, mia moglie, non la capisco proprio.
CARLO- (ha in mano una racchetta da ping pong) Le donne sono fatte per essere amate, non per essere capite. Ciao, Michele.
FEDERICO- Oh, Michele!
MICHELE- Ciao, ragazzi.
FEDERICO- Ciao, bello.
MICHELE- Ma voi siete vestiti completamente di bianco!
CARLO- (si guarda) Perché? Non sto bene? Pensi che il bianco invecchi? Forse hai ragione. Il nero nasconde tutte le magagne, per questo le donne usano le calze scure.
FEDERICO- Non t’invecchia, stai tranquillo. Quello che invecchia è il matrimonio, caro il mio Carlo. Sei giovane, pieno di vita, di buon umore... e poi ti sposi! E subito, beh, magari non subito, ma quasi subito, invecchi, ti afflosci su te stesso.
CARLO- (si tocca le guance e guarda la sua immagine riflessa dove può!) Afflosci!? Oh santo cielo! E sì, un pochino sì. Dovrò fare qualcosa al più presto! Mi hanno detto che ci sono delle ottime creme...
FEDERICO- E allora, Michele, cosa fai ancora qui, a quest’ora?
MICHELE- Mi devo essere appisolato. Ora però vado.
(raccoglie accendino, sigarette, giornale e si prepara ad andare, mentre continua a scrutare i due di sottecchi) Avevo ordinato una birra... (ora quasi tra sé) Tutti in bianco... Com’è andata la partita, Federico?
FEDERICO- Da schifo. Sei quattro, sei tre, sei due. Per gli scapoli, naturalmente. Loro hanno la mente lucida, non hanno pensieri. (ora si riferisce a Carlo) Oggi poi uno degli sposati aveva la testa altrove! Vero, Carlo? (a Michele) Da quando una certa tizia ha preso a girargli intorno, abbiamo sempre perso.
MICHELE- Ahi ahi ahi! Se ti becca tua moglie...
CARLO- Guardate che è una semplice amicizia, come tante. Io a quella mica ci penso.
FEDERICO- No, figurati! Prima della partita eri al telefono con lei.
Tra il secondo e il terzo set eri al telefono con lei...
CARLO- Continua a cercarmi. Che ci posso fare?
FEDERICO- (ironico) Niente. Cosa vuoi fare? Dobbiamo subire!
CARLO- Senti, Federico, non fare il noioso! Hanno vinto loro, va bene, ma tra questo e il dire che ho giocato male, ce ne passa! Anzi direi che oggi ho fatto parecchie cose egregie.
FEDERICO- Di rovescio le hai ciccate tutte!
CARLO- Su questo devo darti ragione: ammetto che il nostro vero problema è stato il mio rovescio. (mima con la racchetta da ping pong il rovescio in diversi modi e in diverse pose plastiche) Sì, oggi il mio rovescio non andava.
MICHELE- (credendo di fare una battuta) Ci credo, con quella racchetta... (si avvia all’uscita)
CARLO- Dici che è stato per la racchetta?
MICHELE- (si ferma) Come “dici”? Non mi dirai che hai veramente giocato con quell’arnese?
CARLO- Sì.
MICHELE- Stai scherzando!?
CARLO- No. Si sono rotte le corde della mia racchetta e mica potevo lasciare Federico, da solo, contro quei due. Lo avrebbero massacrato.
MICHELE- Ma potevi prenderne un’altra... (torna indietro)
FEDERICO- (lo interrompe) Da quanto tempo è che ti dico di riaccordarla? Ma forse, tutto sommato, giochi meglio con la racchetta da ping pong.
CARLO- Grazie!
FEDERICO- Figurati!
MICHELE- Ma mi state prendendo in giro? (si è dimenticato che deve andare)
FEDERICO- E poi non è la racchetta! E’ il braccio che fa il campione. E chi guida il braccio? La testa. Ma ormai dopo tanti anni di matrimonio il nostro cervello si è squagliato. Le mogli ti distruggono le cellule cerebrali, perché ti fanno fare cose prive di senso. Per questo gli uomini muoiono prima. Vi siete accorti di quante vedove ci sono in giro? La cosa giusta da fare è non sposarsi; rimanere liberi, felici...
CARLO- Bisognerebbe pensarci bene, prima di farsi incastrare.
FEDERICO- Il problema è che quando sei con una donna, non è facile pensare: ti esponi un attimo e “zac”!, sei già davanti all’altare! Eppure c’è una categoria di uomini che è al sicuro da questo rischio: i preti! (urla) Sono contrario ai privilegi del clero: chiedo l’abolizione del celibato!
MICHELE- Hai giocato a tennis con una racchetta da ping pong...
CARLO- Sto perdendo un sacco di capelli. Dovrò fare una cura.
FEDERICO- E’il tuo cervello fuso per quella ragazza che non riesce più a trattenerteli in testa! (malinconico:) Il mio invece si è liquefatto a furia di sopportare mia moglie.
CARLO- Non c’è molta differenza di età.
FEDERICO- Cosa?
CARLO- Tra me e lei, dico. Non c’è molta differenza di età.
FEDERICO- Tra te e la sbarbina? C’è, c’è! C’è, c’è!
CARLO- “C’è, c’è!” Va bene, c’è!... ma non si vede.
FEDERICO- Si vede, si vede.
CARLO- A me non sembra. E poi è lo spirito che conta!
FEDERICO- Dicono tutti così!
MICHELE- (è spaesato; si risiede in poltrona) Con la racchetta da ping pong...
FEDERICO- (si riferisce al fatto che Michele si è seduto) Bravo, aspetta ancora un momento, così saluti Andrea e Diego.
CARLO- Se quei due non si sbrigano, io comincio ad andare in doccia. Dicono che il sale del sudore rovini la pelle.
FEDERICO- Staranno ancora discutendo con Vincenzo per come ha arbitrato. Da schifo! Come al solito.
MICHELE- Il caro vecchio Vincenzo. Ha sempre voluto arbitrare, ma non ne ha mai azzeccata una.
CARLO- Non è vecchio: ha la mia stessa età!
MICHELE- Si fa per dire.
GIOVANNI- (è già entrato dalla porta del bar con un vassoio, sul quale, tra altri pieni, c’è un bicchiere vuoto. Posa quest’ultimo sul tavolino, accanto alla poltrona di Michele, il quale non vi farà caso) La sua birra bionda, signore.
MICHELE- Grazie, Giovanni. Quant’è?
(la risposta di Giovanni, il pagamento e l’uscita del cameriere passano in secondo piano a causa dell’entrata di Diego e Andrea)
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scena 3 - Diego e Andrea
(Diego, molto timido, impacciato, vede in Andrea un modello da cui apprendere l’arte di conquistare le donne.
Andrea è il tipico donnaiolo, superficiale e sfrontato)
DIEGO- (entra dalla porta a vetri, seguito da Andrea) ...e quando ragiono, spero sempre di incontrare una ragazza seria, posata, intelligente, che sappia affrontare i problemi della vita con buon senso, determinazione...
ANDREA- (indossa una gonnellina bianca da tennis al posto dei soliti pantaloncini. Si ferma in modo tale che il suo abbigliamento non possa ancora essere visto) Bravo.
DIEGO- Sì, ma perché poi sono sempre attratto da ragazze come Anna...
ANDREA- ...insignificante, oca, un’idiota sotto tutti gli aspetti, ma sempre sorridente, dolce e molto femminile? E magari, perché no?, anche un po’ sexy?
DIEGO- (concorda) Eh!
ANDREA- (lo ammaestra) Per la semplice ragione, caro il mio Diego, che la prima ti angoscia, vuole imporsi, entra in competizione con te, su tutto; vuole comandare, sempre, e lo dice apertamente, col suo comportamento. Mentre con l’oca sai istintivamente che ti sentirai rilassato, perché non attaccherà mai la tua mascolinità, anzi!
DIEGO- Ah!
ANDREA- Anche l’oca vorrà sempre farti fare quello che vuole lei, ma lo farà in modo che tu non te ne accorga e, se te ne accorgerai, sarai felice di farlo, assecondando tutti i suoi capricci, sempre ammantati di dolcezza e femminilità.
DIEGO- Ah!
ANDREA- E’ il nostro istinto perverso, caro Diego, che ci porta verso questo tipo di donna; la classica donna che passa la sua vita alla ricerca di un uomo molto ricco, per riuscire a renderlo molto povero!
DIEGO- Ah!
FEDERICO- “Tutto sul sesso femminile”! Corso accelerato, tenuto da Andrea Brambilla. Intervenite numerosi; ingresso libero!
ANDREA- (si è accorto di Michele) Ué, ciao Michele!
MICHELE- Ciao, Andre... (ha visto l’abbigliamento di Andrea) ...a!
DIEGO- Ciao, Michele.
MICHELE- (non ricambia il saluto, perché imbambolato a guardare Andrea)
FEDERICO- Andrea, il tuo unico pensiero è solo quello; da lì non ti schiodi, eh? Cos’avrai in quella testa?
CARLO- Due cose sole. La seconda è giocare a tennis.
ANDREA- (siede in modo scomposto di fronte a Michele) Adesso! Non è che passo tutto il giorno a pensare alle donne! Il fatto è che, appena mi vedono, mi cadono tra le braccia, senza che io me ne accorga. E quando sono lì, (guarda Diego) sai com’è...
MICHELE- (cerca di intervenire) Ma...
DIEGO- No, Andrea! E’ inutile che mi guardi. Non lo so “com’è”. A me non è mai capitato che una donna mi sia cascata tra le braccia.
ANDREA- Ci credo! Sei troppo noioso! Alle donne piacciono gli uomini pazzi, imprevedibili, magari anche un poco mascalzoni, sempre pronti a sorprenderle.
MICHELE- (a Federico, che accenna di sì) Ha la gonna...!
ANDREA- E poi: via tutta questa timidezza!
DIEGO- Facile!
ANDREA- Devi essere brillante, spavaldo, padrone della situazione.
FEDERICO- (si lascia andare su una poltrona) No, non è un corso accelerato, è un’enciclopedia in venti volumi!
ANDREA- Perché le donne dicono di volere l’uomo dolce, delicato, ma poi lo desiderano forte, sicuro, sfrontato.
DIEGO- Ma allora... (è sconcertato)
ANDREA- Purtroppo è così: ciò che dicono è costantemente altro rispetto a ciò che vogliono dire. Quando un uomo parla, non c’è scarto tra la parola e il senso; le donne invece pensano una cosa, ma ne dicono un’altra. SEMBRA che, quando parlano, si contraddicano, perché noi, fessi, prestiamo attenzione solo alle loro parole, senza sapere che la loro verità può essere decifrata solo con l’interpretazione.
FEDERICO- E’ una telenovela! Andrea!
MICHELE- Andrea... la gonna...
ANDREA- Ho finito, Federico, ho finito. Solo un ultimo consiglio al ragazzo: mai pendere dalle loro labbra, come un cane che aspetta lo zuccherino dal padrone. Sii come quello della famosa pubblicità: “Per l’uomo che non deve chiedere mai!”
E tu, Michele, smettila di guardarmi le gambe!
MICHELE- Ma hai la gonna!
ANDREA- Non è un buon motivo per lumarmi le gambe!
MICHELE- Ma io... Ma tu...
DIEGO- Ecco, Andrea, io sono proprio colui che non deve chiedere mai. Di solito imploro, ma il risultato è sempre quello!
FEDERICO- Come con le mogli: tu chiedi e loro hanno sempre il mal di testa! C’è anche una barzelletta su ‘sto fatto...
DIEGO- E’ che io sono sempre teso.
ANDREA- (a Diego) Devi scioglierti invece...
MICHELE- (cercachi lo ascolti) Ma non avrà mica giocato con la gonna?
ANDREA- ...altrimenti vivrai per tutta la vita in uno stato di eterna astinenza. Va beh che un po’ di astinenza fa bene, (prende in giro Carlo) tonifica i muscoli e rende la pelle viva e brillante.
CARLO- Terrò presente: la pelle viva e brillante mi interessa.
DIEGO- L’astinenza è una buona cosa, anzi ottima, lasciatelo dire da uno che se ne intende, ma sono fermamente convinto che dovrebbe essere praticata con moderazione, accidenti!
ANDREA- Povero il mio Diego!
CARLO- Qui si finisce sempre a parlare di donne.
ANDREA- Dopo un buon doppio a tennis, (sfotte) e vincente per giunta, di cosa vuoi parlare? O di sport o di donne.
CARLO- Si può parlare di cinema, di teatro, di... amicizia.
MICHELE- (urla) Andrea ha la gonna!
CARLO- (urla, facendogli il verso) Lo sappiamo!
ANDREA- (accondiscendente) Lo sappiamo, Michele, lo sappiamo. (si siede molto composto) Però, ti prego, smettila di guardarmi le gambe!
MICHELE- Ma non sto guardandoti le gambe, porco cane! (agli altri) Io non capisco: per voi è normale che uno giochi con la gonna?
ANDREA- (si guarda) Proprio normalissimo non è, ma se quell’uno, quando si sta cambiando, si accorge di aver dimenticato a casa i pantaloncini, cosa fa?
MICHELE- Cosa fa?
CARLO- Non gioca in mutande!
FEDERICO- Direi!
ANDREA- Eh no! Mai mostrarsi in mutande! Cosa c’è di più ridicolo di un uomo in mutande?
DIEGO- E’ vero!
ANDREA- E allora, piuttosto che giocare in mutande, si va alla reception e si frega gentilmente la gonna a Carla.
MICHELE- Ti ha dato la sua gonna! Carla!? E lei?
ANDREA- E’ rimasta in mutande, ma dietro al bancone, però! E mi ha assicurato che non si sarebbe mai mossa da lì.
DIEGO- Solo Andrea può avere una forza di persuasione simile!
ANDREA- Ora però dovrei riportargliela...
MICHELE- Non ci posso credere!
ANDREA- Tra l’altro non sto per niente male!
CARLO- Un bijou!
MICHELE- Tu giochi con la gonna... Io questa cosa l’ho già vista!
FEDERICO- Al cinema.
CARLO- Forse da qui. (indica la porta a vetri che guarda sui campi da tennis)
MICHELE- No, no... (si prende la testa tra le mani)
DIEGO- Michele, cos’hai?
MICHELE- (ha un lampo) Giorgio! (va alla porta a vetri) C’è qualcosa che non va. Anzi c’è più di una cosa che non va.
FEDERICO- E cioè?
MICHELE- Prima, c’era qui Giorgio che guardava dalla finestra e mi diceva che, per come eravate vestiti, tutti colorati, sembravate tanti pagliacci. Ma voi siete tutti vestiti rigorosamente in bianco! Sono nervoso...
FEDERICO- Ancora con ‘sta storia!
CARLO- Forse Giorgio stava guardando un altro campo da tennis, non il nostro.
MICHELE- (venendo via dalla porta a vetri) No, da qui si vede solo il campo in cui stavate giocando voi.
CARLO- (guarda) E’ vero.
DIEGO- Avrà detto così per dire, in generale. Non parlava di noi.
MICHELE- E non è tutto. Giorgio vi osserva e non accenna al fatto che tu giochi in gonna.
ANDREA- E dagli! Cosa doveva dire?
MICHELE- Niente! E’ la cosa più naturale del mondo! Sono sempre nervoso...
DIEGO- C’erano parecchie pollastre...
ANDREA- E allora speriamo abbiano notato che ho un bel paio di gambe, perché, stampatevelo bene in testa: la pubblicità è l’anima del commercio!
DIEGO- Devo tenerlo presente.
MICHELE- (è agitato) Non capisco cosa succeda.
FEDERICO- Michele, sarebbe meglio che tu ti dessi una calmata. Ti stai lasciando prendere da delle angosce prive di senso.
CARLO- Per tutto ciò che ci sembra strano c’è sempre una spiegazione.
MICHELE- Giusto te! (indica Carlo agli altri) Carlo gioca un doppio di tennis con una racchetta da ping pong (ironico, isterico, in falsetto) e afferma che il rovescio non gli veniva troppo bene! (più normale) Divento sempre più nervoso... (prende il bicchiere e tenta di bere)
CARLO- Guarda che è vero! Il rovescio oggi non andava.
(a Federico) Forse dovevo stare di più sulla destra.
MICHELE- E ora vi racconto la più bella!
ANDREA- Sentiamo.
MICHELE- Giovanni mi ha portato una spumeggiante birra bionda... che non c’è! (rovescia il bicchiere)
DIEGO- Come “non c’è”?
MICHELE- Non c’è! Giovanni mi ha portato un bicchiere vuoto!
ANDREA- Ma figurati!
FEDERICO- L’hai già bevuta.
DIEGO- Sei un po’ agitato e non te ne sei accorto.
MICHELE- Chissà perché il bicchiere è perfettamente asciutto?
CARLO- (ha preso in mano il bicchiere) In effetti è pulito.
(poi cercherà di specchiarsi nel bicchiere)
ANDREA- Madonna mia! Che tragedie! Giovanni si è sbagliato e ti ha portato un bicchiere vuoto, ecco tutto!
DIEGO- Non penserai mica di soffrire di allucinazioni?
MICHELE- Allucinazioni! (tra sé, ricorda le parole di Giorgio) “Se corri, sei sempre stanco e ti vengono le allucinazioni”.
FEDERICO- Macché allucinazioni! E’ il cervello che gli sta andando in poltiglia! Da quanti anni sei sposato, Michele?
MICHELE- Non lo so. Tanti.
FEDERICO- Troppi! Tanti o pochi, sono sempre troppi!
DIEGO- Che palle che sei, Federico! Se tu ce l’hai con tua moglie, non è che tutte le donne...
MICHELE- (a Diego) E tu cos’hai di strano?
DIEGO- Io? (si guarda) Io niente!
MICHELE- Stano che tu non abbia niente di strano! (osserva i quadri) Quei quadri sono storti. Tutti. Li vedo ora.
CARLO- Se la cosa può calmarti, te li raddrizzo subito.
FEDERICO- I quadri storti innervosiscono parecchio. Ho letto di uno che si è buttato dal balcone perché la moglie, quando li spolverava, li lasciava sempre storti.
CARLO- Spolverando capita di spostare i quadri. (ne raddrizza uno, due, tre..., ma dopo un attimo tornano tutti storti, insieme!) Hanno sbagliato a mettere il gancino. Se il gancino non è in mezzo, il quadro pende da una parte. Semplice Watson!
MICHELE- Tutti?
CARLO- (guarda attentamente i quadri) Eh sì, effettivamente: tutti!
GIOVANNI- (entra dal bar e attraversa la scena per uscire verso i campi da tennis)
MICHELE- Normale. Tutti! (pausa) Peccato che prima fossero dritti. Quando parlavo con Giorgio, erano TUTTI dritti!
CARLO- (è ancora davanti a un quadro) In questo ci si riesce a specchiare...
MICHELE- Giovanni!
GIOVANNI- Dica, signore.
MICHELE- Prima mi ha portato una birra che non c’era!
GIOVANNI- Non capisco, signore.
MICHELE- Il bicchiere che mi ha portato prima era vuoto! Non c’era dentro la birra!
GIOVANNI- Impossibile, signore.
MICHELE- Glielo garantisco. E loro sono testimoni.
GIOVANNI- Se ho fatto ciò, che Dio mi perdoni. E mi perdonerà! E’ il suo mestiere...
MICHELE- Cosa?
GIOVANNI- Perdonare è il suo mestiere, signore. Il mestiere di Dio!
MICHELE- (non è in vena di scherzi) Ma per piacere! Me ne porti un’altra, Giovanni!
GIOVANNI- (guarda gli altri sorpreso dal tono di Michele)
ANDREA- E’ nervoso.
GIOVANNI- Bionda o bruna, signore?
MICHELE- Bionda, Giovanni, bionda! E ghiacciata!
GIOVANNI- Una bionda ghiacciata per il signore. (esce verso il bar)
MICHELE- Giovanni che fa lo spiritoso! Questo è troppo! Forse sto morendo, altro che allucinazioni! Ho lavorato troppo e sto morendo.
ANDREA- Può essere. Ho sentito dire che prima di morire si hanno delle visioni o si sente della musica... Molti dicono anche di vedere la propria mamma morta che li viene a prendere .
MICHELE- (acido) Mia madre è ancora viva!
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scena 4 - Vincenzo
(Vincenzo è allegro, superficiale; continua a parlare)
VINCENZO- (entra dalla porta a vetri, giulivo) Sono molto contento di essere qui! Come disse un nipote di Paperino.
ANDREA- Sì, e io sono contento di essere qua!
FEDERICO- Sentivamo giusto la mancanza delle tue cretinate!
VINCENZO- Sembrerebbe una battuta stupida, ma fa sempre il suo bell’effetto, anche se è di vecchia data. D’altra parte, ragazzi miei, non è che uno può inventarsi sempre cose nuove...
FEDERICO- Nessuno ti obbliga.
VINCENZO- ... anche le vecchie, se sono belle, sono piacevoli. Pensate ad esempio alla musica classica: si riascoltano continuamente i soliti pezzi, scritti cento o duecento anni fa, eppure a nessuno passa per la testa, a teatro, di alzarsi in piedi e urlare al direttore d’orchestra: “E’ vecchia! La sappiamo già!” La stessa cosa vale per una battuta di spirito o per una barzelletta...
ANDREA- (lo interrompe, sarcastico) Hai proprio detto la parola giusta: barzelletta! A vederti arbitrare sembrava proprio di ascoltare una barzelletta. Una cosa da “fuoriditesta”!
VINCENZO- Dici? Non mi è parso. Ciao, Michele. (Michele lo osserva, ma non risponde. Vincenzo guarda gli altri) Cosa è successo? Avete delle facce... Sembrate tanti morti in piedi (indica i seduti) e qualcuno seduto! (ride) Questa non è male, dai!
FEDERICO- Ci stiamo sbellicando dalle risa!
VINCENZO- Michele! Ciao! (Michele non risponde e lo guarda stupito) Cos’ha? Perché non risponde?
FEDERICO- Michele è un po’ scosso.
CARLO- Stress da lavoro.
VINCENZO- Ah! (ad Andrea) Che poi, tornando al discorso di prima, mi sembra che tu abbia fatto dell’ironia di bassa lega. Non ho arbitrato tanto male, direi, al contrario di quello che si va affermando in giro. Sì, forse qualche mia decisione non è stata del tutto azzeccata, ma come si fa? Per arbitrare bene, ci vogliono i guardalinee e allora certamente...
FEDERICO- (lo interrompe) Picasso nella sua vita attraversò vari periodi artistici. Tra questi ci fu quello in cui sua moglie gli ruppe gli occhiali.
VINCENZO- Federico, c’è qualche occulta allusione nella tua stupida frase?
FEDERICO- Non è per niente occulta!
MICHELE- Io quest’uomo non lo conosco.
(silenzio)
CARLO- Ripeta, prego!
MICHELE- Io quest’uomo non lo conosco.
DIEGO- Non dire cavolate! E’ Vincenzo.
MICHELE- Vincenzo lo conosco, da una vita. Quest’uomo non è Vincenzo. Costui non l’ho mai visto.
ANDREA- Oddio! Qui andiamo nel surreale. Michele, questo è Vincenzo! Vincenzo, dì qualcosa.
VINCENZO- Lo giuro: sono Vincenzo. Lo sono sempre stato. Fin da quando sono nato; mi hanno subito chiamato Vincenzo, solo Vincenzo, perché devi sapere che io non ho un secondo nome, che so?, Roberto, Maurizio, e quindi non ci possono essere possibilità di errori, mentre mio padre, che si chiamava...
CARLO- Lo senti, non può essere che Vincenzo.
FEDERICO- Le sue scemenze lo identificano inequivocabilmente.
VINCENZO- Scemenze! Io direi che poi tanto scemenze non sono. Se considerate che spesso i nomi...
ANDREA- Vincenzo!
VINCENZO- Sì.
ANDREA- Un attimo di tregua, ti prego!
VINCENZO- (non capisce) Tregua?
MICHELE- Sì, la voce... sembra la sua, ma il viso... (si avvicina, cerca di toccarlo, ma non ci riesce) Al diavolo! Non lo conosco. Non lo conosco! (si allontana da Vincenzo, poi lo guarda a lungo, imbambolato)
VINCENZO- Abbiamo fatto le elementari insieme e non mi conosce!
FEDERICO- Michele, datti una smossa!
VINCENZO- Può essere cataratta. Con la cataratta non riconosci più le persone. Non succede di colpo, ma un po’ alla volta. Pian piano ti si...
DIEGO- Anche a mio nonno è successa la stessa cosa.
ANDREA- Diego, tuo nonno ha novantasette anni! Direi che è scusato!
DIEGO- E’ vero, comunque non riconosce più la gente ed è sempre agitato perché ha le allucinazioni.
MICHELE- Allucinazioni! Giorgio me l’aveva detto...
CARLO- Michele ha quarantacinque anni!
VINCENZO- Beh, non è detto che a quarantacinque anni non possa venire quel tipo di malattia. Potrebbe esserci in atto un invecchiamento precoce. Le cellule cerebrali non si rinnovano più...
CARLO- Ma ti prego! “Invecchiamento precoce”! A quarantacinque anni! Io ho quarantacinque anni e non mi sento per niente vecchio, anzi! Ultimamente poi, mi sento quasi ringiovanito.
FEDERICO- Effetto pollastrella!
VINCENZO- Come?
FEDERICO- Ha un’amichetta.
VINCENZO- Ah!
DIEGO- Comunque fossi in te, Michele, mi farei fare un bel check-up.
ANDREA- Ho letto di un bambino che è morto a quindici anni per vecchiaia. Una cosa rarissima.
VINCENZO- Però! Michele, tu ti senti molto invecchiato ultimamente?
MICHELE- (cerca ancora di toccare Vincenzo) Perché non riesco a toccarlo?
CARLO- Io ci riesco benissimo! (spettina Vincenzo)
MICHELE- Ma io no!
VINCENZO- Ci sono delle situazioni ben precise, sai, dei chiari sintomi di invecchiamento. Ad esempio, un evidente indizio che sei diventato vecchio, è quando, chinandoti per allacciare una scarpa, ti chiedi cos’altro puoi fare intanto che sei giù.
FEDERICO- Lo sapevo che ci avrebbe propinato un’altra delle sue bischerate!
VINCENZO- Oppure quando al tuo compleanno vedi tutti, parenti ed amici che si avvicinano alla torta con le candeline per scaldarsi le mani. O anche quando le candeline costano più della torta...
DIEGO- E chi lo ferma più?
MICHELE- Voi sostenete che costui è Vincenzo.
ANDREA- Michele, non ho ancora capito se ci stai prendendo in giro o che cosa?
MICHELE- Tu non capisci, io... lui non è Vincenzo.
DIEGO- Prova a stenderti un attimo.
VINCENZO- Un sintomo premonitore ed interessante di invecchiamento è quando sorge dentro di te un particolare e morboso interesse per le persone giovani dell’altro sesso.
FEDERICO- Carlo! Vincenzo sta parlando di te!
CARLO- E’ nato mentre parlava e da allora non ha più smesso.
Sarà meglio andare a fare la doccia, prima che il sudore mi si asciughi addosso e prima che Vincenzo ci asciughi del tutto!
ANDREA- Proposta accettata.
VINCENZO- Che esagerati!
FEDERICO- Lasciamo qui Michele da solo?
DIEGO- Michele, cosa stai facendo?
MICHELE- Sto pregando.
DIEGO- Pregando?!
CARLO- Beh, male non fa.
MICHELE- Io quest’uomo non lo conosco! Dio mio! Non lo conosco, ma qualcosa di familiare ce l’ha! Voi dite che è Vincenzo... non riesco a toccarlo...
(si guardano perplessi)
ANDREA- Prega, Michele, prega!
FEDERICO- Perché ci ricordiamo di Lui solamente quando abbiamo dei problemi e ci dimentichiamo che esiste quando tutto fila liscio?
(lo guardano tutti)
VINCENZO- Lui, chi?
FEDERICO- Dio.
DIEGO- “Esiste”... A fronte di questa tua affermazione così categorica, io ribatto con l’interrogativo: “Ma Dio esiste?” E’ una domanda scottante, lo so, ma bisognerà ben pensarci una volta o l’altra. Quand’è che ci decidiamo a discuterne seriamente?
ANDREA- Ecco! Adesso, tutto sudato come uno straccio, con Michele che non sta bene, vuoi metterti a discutere se Dio esiste o no!
DIEGO- Cosa c’è di male. Non si può parlare sempre e solo di donne. Parliamo di Dio una volta tanto e definiamo per sempre questa faccenda!
CARLO- (si siede) E va bene, si chiarisca la questione! Ma se mi becco una polmonite...
FEDERICO- E chi ti curerà? La moglie o l’amichetta?
CARLO- Già. Hai ragione. E’ che questi problemi, nell’euforica eccitazione della novità, vengono sempre imperdonabilmente trascurati.
VINCENZO- Posso introdurre l’argomentazione, se me lo permettete...
ANDREA- No!
VINCENZO- ...iniziando col dire...
ANDREA- (agli altri) Non ti ascolta!
VINCENZO- ... che si deve affrontare il discorso da diverse angolazioni. Una prima potrebbe essere questa: non esiste nessun Dio o creatore o in qualsivoglia modo desideriate chiamarlo, perché, se esistesse, non si capisce con quale scopo abbia creato l’universo.
MICHELE- (tra sé) Dunque: i quadri sono storti, tutti, e non si riescono a raddrizzare; e per loro è normale.
VINCENZO- Si sentiva solo? E va bene, crea un po’ di gente, dico io, simpatica, allegra e tienitela vicino, che ti faccia compagnia; ma creare tutto ‘sto popò di roba è soffrire di mania di grandezza, dico io!
MICHELE- (tra sé) Carlo gioca a tennis con una racchetta da ping pong; e per loro è normale.
CARLO- Io alla domenica vado sempre a Messa. Però non ho delle grosse certezze.
FEDERICO- E chi le ha?
CARLO- E poi mi domando: tradire un pochino la moglie, senza che lei ne sappia niente beninteso, è fare una cosa molto negativa? A chi farei del male, se lei non lo viene a sapere?
FEDERICO- Sì, ma se quel “pochino” diventa “di più” e poi la molli?
CARLO- Questo è uno sviluppo inatteso. Devo pensarci su.
MICHELE- (tra sé) Giovanni mi porta una birra che non c’è; e per loro è normale.
FEDERICO- Io, comunque, sono credente, ma sempre afflitto dal dubbio che Dio non esista.
VINCENZO- Io sto peggio. Penso di essere ateo, ma non sono ugualmente tranquillo, perché sono sempre afflitto dal dubbio che invece Dio esista.
MICHELE- (tra sé) Andrea gioca in gonna; e per loro è normale.
ANDREA- Io, quand’ero piccolo, ci credevo...
VINCENZO- Per forza, a Natale ti portava i regali!
ANDREA- ...e, prima di addormentarmi, dicevo sempre le preghiere. Gli chiedevo che mi andasse bene il compito in classe.
MICHELE- (tra sé) Giorgio, li guarda giocare, dice che sembrano dei pagliacci, ma loro sono vestiti completamente in bianco, e tutto questo per loro è normale.
VINCENZO- Dicono che la materia sia sempre esistita. “Sempre”! “Sempre” è una parola grossa, dico io. “Sempre” vuol dire che non ha mai avuto inizio e una cosa senza inizio che cos’è se non Dio? Arriviamo allora all’assurdo che la materia è Dio. Vi sembra logico? Direi proprio di no. Prima o poi sarà nata, sarà stata creata questa benedetta materia! In tal caso dovrei ammettere che qualcuno l’abbia fatto, ma vi confesso che mi è difficile pensare che... (questa volta si ferma, non interrotto da nessuno)
ANDREA- E’ un bel casino, caro il mio Vincenzo.
MICHELE- (tra sé) Loro affermano che sia Vincenzo, ma io non lo riconosco; forse la voce... Perché poi non riesco a toccarlo? E per loro è tutto normale.
VINCENZO- Ma per finire...
ANDREA- Deo gratias!
VINCENZO- ...penso che per parlare di Dio, a parte il crederci, bisognerebbe prima aver letto e riflettuto, altrimenti si viaggia solo a sentenze, magari lette sui giornali.
CARLO- Questa è l’unica cosa sensata che hai detto quest’oggi.
MICHELE- (tra sé) Ho le allucinazioni. No, forse sto sognando...
VINCENZO- In giro di Dio non se ne parla più. Seriamente almeno. Se intavoli il discorso, subito la gente comincia a sentirsi a disagio, forse vuole vivere senza pensarci.
E’ come alla tele, al cinema o a teatro: tutti vogliono divertirsi, ridere e basta. “Mettiamo in scena la gioia di vivere!” E la gioia di vivere si riduce a fare i pagliacci in scena.
MICHELE- Sto sognando, un incubo, tipo quelli che, in mezzo alla gente, sei tutto nudo con una maglietta cooorta!
VINCENZO- Io dico che la vera gioia di vivere sta nei sentimenti, nelle emozioni, nell’amore e magari, perché no?, anche nel parlare di Dio.
FEDERICO- Però! Non sei proprio stupido come sembri.
VINCENZO- Troppo buono!
CARLO- Sì, però non potremo mai dire: “ABBIAMO parlato di Dio”. Ha parlato solo lui!
DIEGO- E non abbiamo concluso niente.
AUTOPARLANTE- Attenzione, prego: il proprietario della vettura targata BF 43 61 78 56 34 23 89 10 97 49 HR è pregato di spostarla. La sua targa sta bloccando il traffico.
DIEGO- Michele, è la tua.
MICHELE- La mia? Ma... la targa?
CARLO- Un po’ lunga, ma simpatica.
MICHELE- Simpatica?
FEDERICO- Dammi le chiavi che te la sposto.
MICHELE- Le chiavi...
FEDERICO- Dai, Michele, non fare il bambino!
(Michele cerca le chiavi, le trova, gliele dà. Federico le prende ed esce dal portone)
CARLO- Io vado a far la doccia, se no mi becco veramente qualcosa. (esce verso gli spogliatoi)
DIEGO- Vengo anch’io. (rovista nella sua borsa)
ANDREA- Michele, tu stai qui che fra dieci minuti torniamo. Magari poi ti accompagno a casa.
MICHELE- Certo che sto qui. E dove vado? Potrei ritrovarmi su un autobus a fare una partita a calcio con una squadra di elefanti mentre qualcuno mi dice di non preoccuparmi, perché tutto è normale.
VINCENZO- (accondiscendente) Dopo ne parliamo, Michele. (esce verso gli spogliatoi)
DIEGO- Ho dimenticato a casa la cuffia.
ANDREA- Così ti lavi anche i capelli! Alle donne piace passare la mano nei capelli degli uomini. Ma devono essere puliti, perdincibacco! (esce verso gli spogliatoi)
DIEGO- Li ho già lavati ieri. Ah, eccola! Per fortuna. (estrae un casco da moto) Ci vediamo, Michele. (va)
MICHELE- Diego!
DIEGO- Dimmi. (Michele non parla) Cosa c’è Michele?
MICHELE- Diego, rispondi solo sì o no. Quella che hai in mano, nella mano destra, è una cuffia per fare la doccia?
DIEGO- Sì. (esce verso gli spogliatoi)
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scena 5 - Una bionda
MICHELE- Un casco! Mi sembrava strano che anche Diego non avesse niente di strano! (si alza, va ai quadri...) Che altro mi capiterà ancora? (...cerca di raddrizzarli, ma quelli si stortano sempre) Al diavolo! Potrei andare a casa... No! Da solo, no. Ho paura, quando torna Andrea, vado con lui, mi metto a letto e...
GIOVANNI- (da fuori) Il signore aveva chiesto una bionda?
MICHELE- Sì, Giovanni. Una birra bionda e ghiaccia...ta!
GIOVANNI- (entra dal bar; è vestito come sempre, ma indossa una parrucca bionda) Forse non sarò proprio ghiacciato, ma spero di essere ugualmente di tuo gradimento.
MICHELE- Giovanni!
GIOVANNI- Non allarmarti, gioia mia; chiamami Perone... sarò la tua birretta.
(la scena diventa caotica: Giovanni cerca di abbracciarlo, Michele lo spinge via)
MICHELE- Giovanni, se ne vada!... Cosa fa?!... Fuori di qui!... Fuori!... La farò licenziare!... (ecc.)
GIOVANNI- Non aver paura... Una bionda tutta per te... Perché fai così?... Non sono il tuo tipo?... (ecc.)
- SIPARIO
FINE I ATTO
II ATTO
scena 6 - Pensieri
MICHELE- (è appena riuscito a mandar fuori Giovanni dalla porta del bar. Scoraggiato, si siede in poltrona) “Se corri, non vedi niente, non ti accorgi di niente. Se corri, ti manca il fiato, l’ossigeno non arriva al cervello e ti vengono le allucinazioni...” (si alza di colpo, come scuotendosi) Niente. Vado a casa. (il portone d’uscita è chiuso) Ma chi ha chiuso? (urla) Giovanni! Giovanni!!!
GIOVANNI- (da fuori) Vengo subito, signore.
MICHELE- (pensa) Giovanni... Giovanni con una parrucca bionda. Giovanni che mi (rallenta) porta un bicchiere vuoto... Ma che stupido che sono! Mi stanno prendendo in giro! E’ tutto uno scherzo! Altro che incubo! Si stanno divertendo alle mie spalle e io, come uno stupido che ci casco! (ride) Oh, Signore, oh Signore mio! (è agitato dalla scoperta e per il peso che si è tolto dal cuore) Uno scherzo... Oh, Signore, che buontemponi!
GIOVANNI- (si affaccia) Signore, è per la birra, vero? La sto facendo aspettare...
MICHELE- (allegro. Sta già riesaminando tutto l’accaduto sotto nuova luce) Sì, sì, mi porti la birra. (Giovanni esce) Diego che vuol fare la doccia con un casco al posto della cuffia... Carlo mi fa credere di aver giocato il doppio con una racchetta da ping pong... C’è da ridere! E Andrea! Questa è grossa! Andrea in gonna! Figurati se Andrea gioca in gonna, proprio Andrea!
(si ricorda di Giorgio) No! Giorgio! Non ci credo! Anche Giorgio!... E che bravo a buttarmi lì, tra una battuta e l’altra, la storia dei pagliacci! Poi la sceneggiata del lavoro, trent’anni di lavoro forzato! “Non correre, Michele... l’ossigeno al cervello... le allucinazioni...” Che attore! Che attooore! E io lì, come un pippa, un bel pescione che “amm”, abbocca, il pescione! Che scemo! Che sceeemo! (cambia)
Giovanni però, non l’avrei mai creduto. Tutto compassato... Per una buona mancia (rallenta, ha visto i quadri) cosa non si fa... (cerca ancora di raddrizzarli) Ci sarà qualche trucco... Ah, ma adesso quando tornano, li frego io. Magari sto un po’ al gioco e poi li... (si blocca) Vincenzo. Vincenzo non era lui. La voce, sì; il modo di fare, sì; la parlantina e anche le solite idiozie, sì;... ma non era Vincenzo! Ma come han fatto? Poi non riuscivo a toccarlo, come se ci fosse un vetro...
(la sua sicurezza incomincia a venir meno) Sarà poi tutto uno scherzo?... Meglio che me ne torni a casa. (il portone è sempre chiuso, allora apre la porta del bar) Giovanni, venga ad aprire il portone!
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scena 7 - Circolo vizioso 1
FEDERICO- (entra dal portone, ancora vestito in bianco da tennis, come nel primo atto, un po’ scompigliato, con un volante tra le mani) Michele, mi spiace... E’ passato un camion a tutta velocità e... Beh, io vado a fare la doccia. (esce verso gli spogliatoi)
MICHELE- (lo guarda andare e poi urla) E’ tutto uno scherzo, lo so! (va al portone d’ingresso, lo apre e guarda verso l’esterno. Si gira verso il pubblico. Ha un’espressione sbigottita) La mia macchina nuova... ridotta come un cartoccio! E lui rientra illeso! Con il volante in mano! Questa l’ho già vista... nelle barzellette della Settimana Enigmistica. (pausa) Tutto il resto può essere uno scherzo, ma la mia auto...
GIOVANNI- (entra dal bar e attraversa la scena. Vede Michele)
Uh, signore, la sua bionda ghiacciata! Mi scusi, gliela porto subito. (va)
MICHELE- Giovanni.
GIOVANNI- Dica.
MICHELE- Giovanni, prima lei è venuto di qua con... (guardando ora Giovanni, gli sembra impossibile)
GIOVANNI- Con cosa, signore?
MICHELE- (titubante) Una parrucca...
GIOVANNI- Una parrucca? Quale parrucca, signore?
MICHELE- Bionda.
GIOVANNI- Bionda?
MICHELE- (indica la testa) L’aveva in testa.
GIOVANNI- In testa?
MICHELE- Giovanni, non continui a ripetere le mie parole!
GIOVANNI- Le sue parole?
MICHELE- Giovanni!
GIOVANNI- Sì, signore.
MICHELE- Risponda alla mia domanda!
GIOVANNI- Signore, se mi promette di non alterarsi più di quanto possa esserlo già ora, vorrei confidarle una cosa.
MICHELE- Oh, finalmente! Mi dica!
GIOVANNI- Non ho capito la domanda.
MICHELE- Giovanni, lei un minuto fa è entrato da quella porta... (nell’eccitazione indica la porta degli spogliatoi)
GIOVANNI- Da quella porta non credo proprio, signore.
MICHELE- No, non da quella! Da quella!
GIOVANNI- Un minuto fa? Ora.
MICHELE- Non ora! Prima!
GIOVANNI- Non credo; ma se lo dice lei...
MICHELE- Certo che lo dico e aveva in testa una parrucca bionda!
GIOVANNI- Io?!
MICHELE- Sì, lei! E voleva abbracciarmi! (Giovanni lo guarda per qualche secondo con gli occhi sbarrati)
MICHELE- Giovanni, si sta prendendo gioco di me?
GIOVANNI- “Gioco di lei”? Ma come può pensare una cosa simile?
MICHELE- Mi state facendo uno scherzo?
GIOVANNI- Ah, ho capito: lei è alterato perché non le ho ancora portato la sua birra bionda, ghiacciata. Sono veramente imperdonabile! Però la prego di avere pazienza, signore, ma oggi manca Gaetano e così devo occuparmi anche dei tavoli esterni e, con questo bel tempo, c’è sempre molto lavoro. Gliela porto subito.
MICHELE- (senza più difese) Mi porti la birra. (brutti ricordi riaffiorano) Da bere, però! E senza scherzi!
GIOVANNI- Da bere, certo, da bere. (va) Una birra da mangiare sarà difficile, signore! (ridacchia ed esce dalbar)
MICHELE- (si siede in poltrona; è girato verso il pubblico) Giovanni fa lo spiritoso...
(entrano dagli spogliatoi Andrea e Diego vestiti da pagliacci. Devono in ogni caso fare una partita a tennis. Si comportano come se non avessero ancora incontrato Michele)
DIEGO- Sai che non ne so di nuove?
ANDREA- Peccato. Oh, Michele! Come va?
DIEGO- Ciao, Michele, cosa ci fai qui a quest’ora?
MICHELE- Chissà perché percepisco nell’aria qualcosa che non va?
ANDREA- Michele, cos’hai? Non ci saluti?
MICHELE- Ciao. Vi spiace se non vi guardo? Ho un presentimento che mi opprime.
DIEGO- (si avvicina a Michele) Che presentimento hai, Michele?
MICHELE- (si gira) Lo sapevo!
DIEGO- Cosa?
MICHELE- Niente, Diego, niente. Siete solamente vestiti da pagliacci, ma va tutto bene.
DIEGO- Da pagliacci? (si guarda) Si va a giocare a tennis.
ANDREA- Perché non vieni a vederci? Così ti distrai un po’.
MICHELE- (sarcastico) Ancora?
ANDREA- Cosa?
MICHELE- Andate ancora a giocare a tennis?
ANDREA- Non abbiamo mai smesso. Tutte le settimane, il mercoledì, sposati contro scapoli.
MICHELE- Sì, lo so, ma avete appena giocato, no? (mentre lo dice, non ne è più molto convinto; si gira verso il pubblico)
(i due si guardano stupiti. Entrano intanto dagli spogliatoi Carlo e Federico, vestiti in abito da sera, ma pronti per giocare a tennis)
FEDERICO- (entrando, a Carlo) E’ sbalorditivo di quante cose possa fare a meno una donna, fino a che non si sposa!
CARLO- Taci! Ué, guarda Michele! Ma è Michele?
FEDERICO- Sì, ciao Michele! Da quanto tempo...! Come va il lavoro? E la moglie? (a Diego e Andrea) Cos’ha? Non risponde?
DIEGO- Non lo so. E’ un po’ strano.
MICHELE- Ho un altro presentimento!
ANDREA- Viaggia a presentimenti.
MICHELE- Li guardo o non li guardo? Li guardo. (si gira) Oh Signore!
CARLO- Qualcosa non va?
MICHELE- Scommetto che, vestiti così, andate a giocare a tennis?
CARLO- (a Federico) Ecco, vedi che avevo ragione! L’ha notato anche lui: queste scarpe non vanno, ci volevano quelle da ginnastica!
FEDERICO- Ma dai, che figura avresti fatto con le scarpe da ginnastica? Non hai detto che deve venire a vederti una certa gigetta...?
(ad Andrea) Per questo ci ha messo tanto a cambiarsi!
VINCENZO- (entra dagli spogliatoi. Anche lui può essere vestito in modo strano) Eccomi pronto! Oh, guarda Michele! (se è possibile lo abbraccia) Michele, da quanto tempo! Qual buon vento? Ti trovo bene, dai, forse un po’ tirato... E il lavoro? Di solito arrivi e parti mentre si sta giocando; non ci incontriamo mai! Com’è che oggi ci vediamo? Hai chiuso la fabbrichetta? Come mi trovi, Michele? Dimmi! Ho messo su pancia, eh? A mia moglie è venuta la mania della cucina...
MICHELE- Vincenzo. (lo guarda bene) Non sei Vincenzo.
VINCENZO- Non sono Vincenzo!? (scherzoso) Perché mi dici una cosa così brutta? Cosa ti ho fatto di male perché tu non voglia più riconoscere il tuo vecchio compagno di scuola? Ma dimmi, Michele, non mi riconosci perché ho messo su pancia o perché sono un altro ai tuoi occhi? O forse perché non mi vedi tanto bene? In quest’ultimo caso, attenzione!, potrebbe essere cataratta.
MICHELE- Oh, Signore!
VINCENZO- (agli altri) Con la cataratta non riconosci più le persone. Non succede di colpo, ma un po’ alla volta; pian piano si...
MICHELE- Mi vien da piangere!
VINCENZO- Ma no, Michele, non fare così che ti deprimi.
Dai che ti racconto l’ultima, così ti tiri un po’ su.
C’è un giornalista che entra in un negozio. Vede dietro al banco un tizio e gli chiede: “E’ lei che ha avuto il dodicesimo figlio?” E l’altro: “No, io sono il suo aiutante!”
CARLO- Questa lo tira giù!
VINCENZO- E’ carina invece.
ANDREA- Andiamo a giocare prima che mi venga la diarrea. Ciao Michele. (esce verso i campi da tennis)
FEDERICO- Ciao. (esce verso i campi da tennis)
(intanto Giovanni entra dal bar con un vassoio di bicchieri pieni di bevande e uno vuoto nascosto tra essi)
DIEGO- (a Vincenzo) Non capisco perché ti ostini a raccontare barzellette, che non ne sei capace. Ci vediamo, Michele (esce verso i campi da tennis)
CARLO- Concentrati piuttosto sulle palline, che vedi fuori quelle dentro e viceversa. Ciao. (esce verso i campi da tennis)
VINCENZO- Non sanno apprezzare chi li tiene allegri. Ciao, Michele e fatti vivo! (mentre esce verso i campi da tennis, urlando) Dì no alla droga! Così i prezzi si abbassano!
CARLO- (da fuori) Vincenzo! Basta con queste battute del cavolo! Sbrigati, piuttosto!
DIEGO- (da fuori) Non se ne può più! Più invecchia e più peggiora!
GIOVANNI- Signore, la sua birra. (depone il bicchiere vuoto ed esce verso il bar)
MICHELE- (si accorge del bicchiere vuoto quando Giovanni sta uscendo) Giovanni! (sconsolato) Giovanni... (pausa) (chiude gli occhi) Se corri, ti manca il fiato, l’ossigeno non arriva al cervello, (ora insieme a Giorgio che entra dal portone) e ti vengono le allucinazioni. Giorgio!
GIORGIO- Ancora qui? Mi sono dimenticato di prendere...
MICHELE- (agitato) Giorgio, dimmi la verità, ti prego, perché io sto impazzendo.
GIORGIO- Ehllalà! Cosa succede?
MICHELE- (idem) Rispondi sinceramente: mi state facendo uno scherzo, vero?
GIORGIO- Quale scherzo?
MICHELE- (idem) Succedono cose strane...
GIORGIO- Io non ne so niente.
MICHELE- (idem) Giovanni continua a portarmi bicchieri vuoti, Vincenzo che non è lui... (indica la porta a vetri) Guarda, guarda pure, sono vestiti da sera e stanno giocando a tennis...
GIORGIO- (guarda per un attimo, poi scuote la testa) Mettiti tranquillo, Michele, siediti, bravo, così. Non c’è niente di strano; probabilmente ti sei solo addormentato e hai sognato, suggestionato da quello che abbiamo detto prima.
MICHELE- Dici? Però i quadri sono sempre storti, come mai?
GIORGIO- (si gira a guardarli e sulla schiena ha due piccole ali bianche) A me non sembrano stor...
MICHELE- (lo interrompe) Giorgio! Hai due ali sulla schiena!
GIORGIO- (felice) Sì, ora posso volare, libero!
MICHELE- Ma le hai davvero!
GIORGIO- Michele, sei troppo agitato! Dev’esserci in giro Beppe. Vado a chiamarlo, magari ti dà un calmante. Non ti muovere. (va)
MICHELE- Ma le ali?!
GIORGIO- Non ho le ali, Michele! Ma noi due sappiamo che ci sono. Torno subito.
MICHELE- (le indica) Ma...
GIORGIO- (prima di uscire verso i campi da tennis, alza la mano davanti a sé, all’altezza del viso, come fosse la testa di un’altra persona)
Tu che fai? Vieni con me a cercare Beppe?
LA MANO- (atteggiata a forma di bocca e truccata con il rossetto) Certo. Ti do una mano. (ride) Eh eh eh!
MICHELE- Oddio!
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scena 8 - Circolo vizioso 2
(in questa scena Giovanni, i quattro tennisti, Vincenzo, e Giorgio devono ripetere la scena 7, quindi abbinando frasi uguali a movimenti uguali.
Le entrate e le battute devono essere incalzanti e non dar respiro a Michele)
FEDERICO- (entra dal portone, ancora vestito in bianco da tennis, come nel primo atto, un po’ scompigliato, con un volante tra le mani) Michele, mi spiace... E’ passato un camion a tutta velocità e... Beh, io vado a fare la doccia. (esce verso gli spogliatoi)
MICHELE- Ma cosa...?
GIOVANNI- (entra dal bar e attraversa la scena. Vede Michele) Uh, signore, la sua bionda ghiacciata! Mi scusi, gliela porto subito. Sono veramente imperdonabile! Però la prego di avere pazienza, ma oggi manca Gaetano e così devo occuparmi anche dei tavoli esterni e, con questo bel tempo, c’è sempre molto lavoro.
MICHELE- (non capisce) Giovanni...
GIOVANNI- Da bere, certo, da bere. (va) Una birra da mangiare sarà difficile, signore! (ridacchia ed esce dalbar)
(entrano dagli spogliatoi Andrea e Diego vestiti da pagliacci. Devono in ogni caso fare una partita a tennis. Si comportano come se non avessero ancora incontrato Michele)
DIEGO- Sai che non ne so di nuove?
ANDREA- Peccato! Oh, Michele! Come va?
DIEGO- Ciao, Michele, cosa ci fai qui a quest’ora?
MICHELE- (li guarda stupefatto, con la bocca aperta)
ANDREA- Michele, cos’hai? Non ci saluti? Perché non vieni a vederci? Così ti distrai un po’.
MICHELE- (allibito) Andate ancora a giocare a tennis?
ANDREA- Non abbiamo mai smesso. Tutte le settimane, il mercoledì, sposati contro scapoli.
MICHELE- Mi sta venendo il mal di testa.
(entrano dagli spogliatoi Carlo e Federico, vestiti in abito da sera, ma pronti per giocare a tennis)
FEDERICO- (entrando, a Carlo) E’ sbalorditivo di quante cose possa fare a meno una donna, fino a che non si sposa!
CARLO- Taci! Ué, guarda Michele! Ma è Michele?
FEDERICO- Sì, ciao Michele! Da quanto tempo...! Come va il lavoro? E la moglie? (a Diego e Andrea) Cos’ha? Non risponde?
DIEGO- Non lo so. E’ un po’ strano.
MICHELE- Ho un altro presentimento!
ANDREA- Viaggia a presentimenti.
CARLO- Qualcosa non va?
MICHELE- Ma no, va tutto bene! Dite e fate le stesse cose di cinque minuti fa, ma è abbastanza normale. Quante volte si ha la sensazione di aver già vissuto certi istanti della propria vita? Aspettate, a questo punto, se ricordo bene, dovrei dire: “Scommetto che, vestiti così, andate a giocare a tennis?”
CARLO- (a Federico) Ecco, vedi che avevo ragione! L’ha notato anche lui: queste scarpe non vanno, ci volevano quelle da ginnastica!
FEDERICO- Ma dai, che figura avresti fatto con le scarpe da ginnastica? Non hai detto che deve venire a vederti una certa gigetta...?
(ad Andrea) Per questo ci ha messo tanto a cambiarsi!
VINCENZO- (entra dagli spogliatoi. Anche lui può essere vestito in modo strano) Eccomi pronto! Oh, guarda Michele! (se è possibile lo abbraccia) Michele, da quanto tempo! Qual buon vento? Ti trovo bene, dai, forse un po’ tirato... E il lavoro? Di solito arrivi e parti mentre si sta giocando; non ci incontriamo mai! Com’è che oggi ci vediamo? Hai chiuso la fabbrichetta? Come mi trovi, Michele? Dimmi! Ho messo su pancia, eh? A mia moglie è venuta la mania della cucina...
MICHELE- Forse se faccio finta di dormire, se ne vanno. (chiude gli occhi)
VINCENZO- Dai che ti racconto l’ultima, così ti tiri un po’ su.
MICHELE- La so già!
VINCENZO- Non importa! C’è un giornalista che entra in un negozio. Vede dietro al banco un tizio e gli chiede:
“E’ lei che ha avuto il dodicesimo figlio?” E l’altro: “No, io sono il suo aiutante!”
MICHELE- (riapre gli occhi) Non ha funzionato.
CARLO- Questa lo tira giù!
VINCENZO- E’ carina, invece.
ANDREA- Andiamo a giocare prima che mi venga la diarrea.
MICHELE- Sì, andate, andate!
ANDREA- Ciao Michele. (esce verso i campi da tennis)
FEDERICO- Ciao. (esce verso i campi da tennis)
(intanto Giovanni entra dal bar con un vassoio di bicchieri pieni di bevande e uno vuoto nascosto tra essi)
DIEGO- (a Vincenzo) Non capisco perché ti ostini a raccontare barzellette, che non ne sei capace. Ci vediamo, Michele (esce verso i campi da tennis)
CARLO- Concentrati piuttosto sulle palline, che vedi fuori quelle dentro e viceversa. Ciao. (esce verso i campi da tennis)
VINCENZO- Non sanno apprezzare chi li tiene allegri. Ciao, Michele e fatti vivo! (mentre esce verso i campi da tennis, urlando) Dì no alla droga! (ora Michele si sovrappone)
INSIEME- Così i prezzi si abbassano!
CARLO- (da fuori) Vincenzo! Basta con queste battute del cavolo! Sbrigati, piuttosto!
DIEGO- (da fuori) Non se ne può più! Più invecchia e più peggiora!
GIOVANNI- Signore, la sua birra. (depone il bicchiere vuoto ed esce verso il bar)
MICHELE- Non lo guardo neanche, Giovanni; tanto lo so che è vuoto.(lo prende in mano) E’ vuoto! E non venite a dirmi che soffro (ora insieme a Giorgio che entra dal portone) di allucinazioni! Devo cancellare questa parola dal mio vocabolario!
GIORGIO- Ancora qui? Mi sono dimenticato di prendere...
(si blocca in un fermo-immagine mentre guarda sorridente Michele)
MICHELE- Cosa fa adesso? Si è bloccato. E già: tocca a me a parlare. Se non parlo come fa a dirmi: “Ehllalà! Cosa succede?”
(per un attimo lo osserva quasi divertito, poi parla) Giorgio, io sto impazzendo!
GIORGIO- Ehllalà! Cosa succede?
MICHELE- Rispondi... (si ferma e Giorgio si blocca di nuovo)
(riprende a parlare e anche Giorgio riprende a muoversi) sinceramente: mi state
(rallenta e rallenta anche Giorgio) fa-cen-do u-no...
(si ferma e si blocca anche Giorgio. Attende qualche istante, ancora divertito, poi riparte) ...scherzo?
GIORGIO- (riparte anche con i movimenti) Quale scherzo?
MICHELE- Succedono cose strane...
GIORGIO- Io non so niente. Michele, sei troppo agitato! Dev’esserci in giro Beppe. Vado a chiamarlo, magari ti dà un calmante. Non ti muovere. (va)
MICHELE- No, scusa, abbiamo saltato un sacco di parole rispetto a prima.
GIORGIO- Cosa stai dicendo?
MICHELE- (ricordando) Devi guardare dalla porta a vetri... Mi dici che ho dormito... Le ali che hai sulla schiena...
GIORGIO- Non ho le ali, Michele! Ma noi due sappiamo che ci sono. Torno subito.
MICHELE- Certo, certo. Adesso puoi fare la sceneggiata della mano.
GIORGIO- (prima di uscire verso i campi da tennis, alza la mano davanti a sé, all’altezza del viso, come fosse la testa di un’altra persona)
Tu che fai? Vieni con me a cercare Beppe?
LA MANO- (atteggiata a forma di bocca e truccata con il rossetto) Certo. Ti do una mano. (ride) Eh eh eh!
MICHELE- Ma cosa cavolo sta succedendo?
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scena 9 - Circolo vizioso 3
(in questa scena Giovanni, i quattro tennisti, Vincenzo, e Giorgio devono ripetere la scena 7, quindi abbinando frasi uguali a movimenti uguali.
Anche in questa scena, fin quando il copione lo permette, le entrate e le battute devono essere incalzanti e non dar respiro a Michele)
FEDERICO- (entra dal portone, ancora vestito in bianco da tennis, come nel primo atto, un po’ scompigliato, con un volante tra le mani)
MICHELE- (distrutto) Ancora?
FEDERICO- Michele, mi spiace... E’ passato un camion a tutta velocità e... Beh, io vado a fare la doccia. (esce verso gli spogliatoi)
GIOVANNI- (entra dal bar e attraversa la scena. Vede Michele) Uh, signore, la sua bionda ghiacciata! Mi scusi, gliela porto subito. Sono veramente imperdonabile! Però la prego di avere pazienza, ma oggi manca Gaetano e così devo occuparmi anche dei tavoli esterni e, con questo bel tempo, c’è sempre molto lavoro.
MICHELE- Io questo lo strozzo!
GIOVANNI- Da bere, certo, da bere. (va) Una birra da mangiare sarà difficile, signore! (ridacchia ed esce dalbar)
MICHELE- Lascia stare, Giovanni, non ho più sete. (urla disperato) La birra non mi è mai piaciuta! Soprattutto quella bionda! Adesso entrano i pagliacci. (non entrano) Taci, che non entrano! (pausa) Si è spezzato il circolo vizioso. (ascolta) Non si sente niente. Sai cosa faccio? Prendo il mio giornale e me ne vado da questo posto dannato. (inciampa e fa rumore) Fai piano, stupido!
(entrano dagli spogliatoi Andrea e Diego vestiti da pagliacci. Devono in ogni caso fare una partita a tennis. Si comportano come se non avessero ancora incontrato Michele)
MICHELE- Ecco: lo sapevo!
DIEGO- Sai che non ne so di nuove?
ANDREA- Peccato. Oh, Michele! Come va?
DIEGO- Ciao, Michele, cosa ci fai qui a quest’ora?
MICHELE- I tempi, ragazzi, i tempi! Siete in ritardo coi tempi! Appena Giovanni esce da quella porta, voi dovete entrare subito, altrimenti...
ANDREA- Michele, cos’hai? Non ci saluti? Perché non vieni a vederci? Così ti distrai un po’. (poi si bloccano)
MICHELE- Ecco a voi il famoso anello temporale! Scienziati di tutto il mondo venite a vedere un pover’uomo, che non ha mai fatto del male a nessuno, condannato per tutta la vita a fare sempre le stesse cose! Credo che nell’inferno di Dante questa sia la pena riservata a coloro che sciupano la propria vita accumulando ricchezze. Sì, Giorgio mi aveva avvertito: “Stai sperperando la tua vita al servizio del lavoro e del denaro”. (prega) Abbiate pietà di me! Giuro che non lo farò più!
(entrano dagli spogliatoi Carlo e Federico, vestiti in abito da sera, ma pronti per giocare a tennis. Andrea e Diego riprendono a muoversi)
FEDERICO- (entrando, a Carlo) E’ sbalorditivo di quante cose possa fare a meno una donna, fino a che non si sposa!
CARLO- Taci! Ué, guarda Michele! Ma è Michele?
FEDERICO- Sì, ciao Michele! Da quanto tempo...! Come va il lavoro? E la moglie? (a Diego e Andrea) Cos’ha? Non risponde?
DIEGO- Non lo so. E’ un po’ strano.
CARLO- Qualcosa non va?
MICHELE- Mi rifiuto nel modo più assoluto di domandarvi se, vestiti così, andate a giocare... (un attimo di suspense: si accorge di aver detto ciò che non voleva ripetere) ...a tennis!
- PARTE LA LUCE STROBOSCOPICA E LE BATTUTE SEGUENTI SOTTOLINEATE SARANNO REGISTRATE E POI DIFFUSE AD ALTA VELOCITA’
(quindi tutti si muoveranno alla velocità della registrazione con gli stessi movimenti, questa volta accelerati, delle scene precedenti)
CARLO- (a Federico) Ecco, vedi che avevo ragione! L’ha notato anche lui: queste scarpe non vanno, ci volevano quelle da ginnastica!
FEDERICO- Ma dai, che figura avresti fatto con le scarpe da ginnastica? Non hai detto che deve venire a vederti una certa gigetta...?
(ad Andrea) Per questo ci ha messo tanto a cambiarsi!
VINCENZO- (entra dagli spogliatoi. Anche lui può essere vestito in modo strano) Eccomi pronto! Oh, guarda Michele! (se è possibile lo abbraccia) Michele, da quanto tempo! Qual buon vento? Ti trovo bene, dai, forse un po’ tirato... E il lavoro? Di solito arrivi e parti mentre si sta giocando; non ci incontriamo mai! Com’è che oggi ci vediamo? Hai chiuso la fabbrichetta? Come mi trovi, Michele? Dimmi! Ho messo su pancia, eh? A mia moglie è venuta la mania della cucina...
MICHELE- Mi vien da piangere!
VINCENZO- Ma no, Michele, non fare così che ti deprimi. Dai che ti racconto l’ultima, così ti tiri un po’ su. C’è un giornalista che entra in un negozio. Vede dietro al banco un tizio e gli chiede:
“E’ lei che ha avuto il dodicesimo figlio?” E l’altro: “No, io sono il suo aiutante!”
CARLO- Questa lo tira giù!
VINCENZO- E’ carina, invece.
ANDREA- Andiamo a giocare prima che mi venga la diarrea. Ciao Michele. (esce verso i campi da tennis)
FEDERICO- Ciao. (esce verso i campi da tennis)
(intanto Giovanni entra dal bar con un vassoio di bicchieri pieni di bevande e uno vuoto nascosto tra essi)
DIEGO- (a Vincenzo) Non capisco perché ti ostini a raccontare barzellette, che non ne sei capace. Ci vediamo, Michele (esce verso i campi da tennis)
CARLO- Concentrati piuttosto sulle palline, che vedi fuori quelle dentro e viceversa. Ciao. (esce verso i campi da tennis)
- A QUESTO PUNTO TUTTO TORNA A VELOCITA’ NORMALE
VINCENZO- Non sanno apprezzare chi li tiene allegri. Ciao, Michele e fatti vivo!
MICHELE- Ti prego, non dirlo, potrebbe venirmi un attacco epilettico.
VINCENZO- (mentre esce verso i campi da tennis, urlando) Dì no alla droga! Così i prezzi si abbassano!
CARLO- (da fuori) Vincenzo! Basta con queste battute del cavolo! Sbrigati, piuttosto!
DIEGO- (da fuori) Non se ne può più! Più invecchia e più peggiora!
GIOVANNI- Signore, la sua birra. (depone il bicchiere vuoto ed esce verso il bar)
MICHELE- Ho la nausea: è come essere su un ottovolante. Penso che vomiterò. (prende il bicchiere) Vomiterò, ma non sarà di certo birra! (pausa)
Come faccio a spezzare questo circolo vizioso? Non devo ripetere gli stessi gesti o le stesse parole di prima. Ad esempio, ora che dovrebbe entrare Giorgio, non devo dire assolutamente che mi vengono le... (si ferma)
GIORGIO- (entrando dal portone) ...allucinazioni.
MICHELE- Mi son fregato da solo! Non dovevo neppure pensarla quella parola!
GIORGIO- Ancora qui? Mi sono dimenticato di prendere...
(si blocca, perché Michele non gli risponde a tono)
MICHELE- Oh santa Genoveffa! Ma cosa ho fatto di male? Sì, forse ho rubacchiato un po’ col fisco... Ho tradito mia moglie? Non lo so, non ricordo, ma se l’ho fatto, non era importante, lo giuro! (guarda Giorgio che aspetta immobile. Rassegnato:) Io sto impazzendo!
- PARTE LA LUCE STROBOSCOPICA E LE BATTUTE SEGUENTI SOTTOLINEATE SARANNO REGISTRATE E POI DIFFUSE AD ALTA VELOCITA’
(quindi entrambi si muoveranno alla velocità della registrazione con gli stessi movimenti, questa volta accelerati, delle scene precedenti)
GIORGIO- Ehllalà! Cosa succede?
MICHELE- Rispondi sinceramente: mi state facendo uno scherzo, vero?
GIORGIO- Quale scherzo?
MICHELE- Succedono cose strane...
GIORGIO- Io non ne so niente. Michele, sei troppo agitato! Dev’esserci in giro Beppe. Vado a chiamarlo, magari ti dà un calmante. Non ti muovere. (va)
MICHELE- Ma...
GIORGIO- Non ho le ali, Michele! Ma noi due sappiamo che ci sono. Torno subito.
MICHELE- E vai con la mano!
GIORGIO- (prima di uscire, alza la mano davanti a sé, all’altezza del viso, come fosse la testa di un’altra persona) Tu che fai? Vieni con me a cercare Beppe?
LA MANO- (atteggiata a forma di bocca e truccata con il rossetto) Certo. Ti do una mano. (ride) Eh eh eh!
- A QUESTO PUNTO TUTTO TORNA A VELOCITA’ NORMALE
MICHELE- La mano che parla! Una cacchiata del genere devo averla vista da qualche parte, un film forse, perché il mio subconscio non può essere così contorto e depravato da inventarsi una cosa del genere. (si lascia andare avvilito e sconfortato sulla poltrona) E adesso entri pure Federico col volante in mano!
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scena 10 - Il professore
(dal portone entra il Professore.(1)
Ha un abito sgualcito; una pancia enorme formata da un cuscino che si intravvede sotto la giacca; una barba posticcia malamente attaccata al viso; una parrucca sotto la quale si intravvedono i veri capelli dell’interprete. Il professore ha con sé un cavalletto e un rotolo di carta sul quale è stampato il disegno di un cervello diviso in zone)
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(1) Dato l’incubo che Michele sta vivendo, il Professore potrebbe essere Giovanni, travestito grossolanamente. In questo caso Michele potrà, a soggetto, fare dei commenti diversi, qui non previsti.
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MICHELE- E questo chi è?
PROFESSORE- Buongiorno, signori tutti. Scusate il ritardo, ma qui, dinnanzi all’entrata, è stata posta una vettura, a dire il vero alquanto accartocciata, che impedisce l’accesso.
MICHELE- (affranto) E’ la mia.
PROFESSORE- I rifiuti non si lasciano in mezzo alla strada! Un po’ di senso civico, perdindirindina! (viene verso il proscenio) Iniziamo subito senza indugio e senza fallo la nostra analisi sulle dinamiche di gruppo. (sistema il cavalletto)
MICHELE- La conferenza a cui avrei dovuto partecipare. A domicilio!
PROFESSORE- Silenzio! Perdiana! Sapiens est, qui tacere novit! Si faccia attenzione, non si perda tempo e quant’altro, poiché quel che sarà detto non sarà replicato.
MICHELE- Taci che forse si è spezzato l’anello temporale.
PROFESSORE- (al pubblico) Si valuterà seduta stante le recondite potenzialità che il cervello umano ci può offrire.Quando voi sarete padroni della di lui conoscenza, vi sarà facile, perdindirindina, spremere a fondo i vostri collaboratori, perché essi non avranno più alcun segreto per voi. Infatti le attitudini più riposte, le intime tensioni, i segreti inconfessati e quant’altro occulto vi sia, diverranno a voi palesi e pronti da sfruttare, senza colpo ferire, a vostro vantaggio.(sul cavalletto dispone il foglio. Per indicare i vari punti sul disegno si aiuterà con una bacchetta)
Fortes fortuna favet. Il successo aiuta i più forti.
MICHELE- Posso dire una parola?
PROFESSORE- No! (al pubblico) Si inizi immantinente dal cervello femminile, croce e delizia per la ricerca scientifica e da sempre fonte inesauribile di incertezze e di omeometiche ambiguità. Quam multa illi de mulieribus scripsérunt! Quante opere hanno scritto sulle donne! (indica con la bacchetta) Vedete or voi l’enorme settore che al centro campeggia; esso è noto come: GENERATORE DI MAL DI TESTA, zona invero perpetuamente attiva e perfettamente efficiente.
Di quest’altra porzione di cervello invece (1), chiamata PARLARE, PARLARE E ANCORA PARLARE, si è riusciti a stabilire con scientifica certezza che nellerappresentanti del gentil sesso è sempre l’ultima a morire.
MICHELE- Sono caduto dalla padella nella brace! Ma da dove è uscito lei con questa cosa? Da internet?
PROFESSORE- (a Michele) Perbacco, perbaccone! Prima di richiedere spiegazioni, mi si lasci concludere e poi educatamente si alzi la mano! (al pubblico) Notiamo ora quest’area (2), anch’essa di notevoli dimensioni, denominata: IMPULSO ALLO SHOPPING. Esso si dirige sempre e inesorabilmente verso gli oggetti luccicanti, portando funeste emorragie al vostro conto in banca.
MICHELE- (gli si avvicina) Senta, ma lei non ha niente di meglio da fare, che venir qui a deliziarmi con questo cumulo di str...?
PROFESSORE- Alt! Per mille trombe d’Eustachio! Giovanotto, stia attento a come parla! Si sieda et silentium date! Posi il suo nervoso deretano su tale poltrona, stia zitto e lasci che la scienza parli per lei! (al pubblico) Si prenda in considerazione, dopo tali inopportune interruzioni, la sottostante zona tre (3), che genera instancabilmente forti impulsi verso scarpe, vestiti e affini. Mentre qui in basso a destra (4) si trova una ghiandola che si attiva automaticamente ogni volta che il di lei compagno commette un errore. Il suo nome è: TE L’AVEVO DETTO!.
MICHELE- (alza la mano) Mi scusi, io vorrei solo sapere se questo intermezzo cabarettistico è offerto dalla casa o c’è da pagare un supplemento.
PROFESSORE- “Intermezzo cabarettistico”! Quod tandem os est? Che impudenza è mai questa? Se lei si permette di dire ancora una spiritosaggine del genere, la sfido a duello!
(gli punta addosso la bacchetta poi subito continua la conferenza)
Seguono ancora zone di notevole importanza, tipo:
(5) ZONA GENERATRICE DI SCUSE E GIUSTIFICAZIONI,
(6) MEMORIA TOTALE DEI PROPRI COMPLEANNI E ANNIVERSARI,
(7) GHIANDOLA DELLA DIETA PERENNE...
MICHELE- E va bene: si faccia questo duello! (prende una bacchetta dalla dotazione del Professore e con lui duella comicamente)
PROFESSORE- (mentre duella) Notate da ultimo, cari uditori, questi minuscoli puntini, invisibili a occhio nudo. Ages, inquies, ista parva sunt! Ma via, direte voi, codeste sono inezie. E’ pur vero, risponde il vostro dotto maestro, son recessi del cervello femminile per nulla sviluppati; ma poiché son stati catalogati, noi li nominiamo; e allora ecco l’INIZIATIVA SESSUALE, (indica con la bacchetta un puntino invisibile e in quel momento è disarmato da Michele, finendo disteso sul divano) l’ABILITA’ VERSO IL POSTEGGIO...
MICHELE- (puntandogli sulla pancia la bacchetta) Vada fuori di qua! Subito! (lo fa alzare e lo spinge verso il portone)
PROFESSORE- Perdindirindina! Come osa? Che modi sono mai?!
MICHELE- Il cervello della donna! Ma mi faccia il piacere!
PROFESSORE- (è ora sul portone, spinto fuori da Michele)O plebe satolla di nefanda stoltizia! Voi osannate cantanti e calciatori, mentre bruciate noi scienziati sul rogo della vostra ignoranza!
MICHELE- Ma stia zitto, buffone! (il Professore è fuori e gli tira dietro cavalletto, foglio, cappello, ecc.)E vada a fare lo scienziato da un’altra parte! (ha chiuso il portone) Pagliaccio! Basta! Ora me ne vado anch’io. Forse fuori di qui la gente può essere ancora normale.(prova ad aprire il portone d’ uscita, dal quale ha appena scacciato il Professore, ma questa volta non si apre. Lo stesso avviene per le due porte di sinistra e per la porta a vetri che porta ai campi da tennis)
Prigioniero! (va verso la poltrona e intanto raccoglie la bacchetta che il Professore aveva perso) Prigioniero di me stesso. Ostaggio della mia mente. Schiavo del mio pensiero...
(muove le mani come un direttore d’orchestra e parte la musica, che si ferma quando lui si ferma e riparte quando lui torna a dirigere, così un paio di volte. Poi, invelenito, spezzerà in due la bacchetta, gettandola vicino alla poltrona sulla quale solitamente si siede. Ora ride, come preso da pazzia)
Sono diventato pazzo... pazzo... cosciente, lucida pazzia...
(si lascia andare sulla sua solita poltrona, distrutto)
Incubo... angoscia... ossessione...
(chiude gli occhi; pausa; ha ancora un sussulto) Paranoia... (dorme)
- BUIO
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scena 11 - Risveglio
- LUCE COME SCENA 1
(i quadri ora sono diritti. Michele dorme, girato verso il pubblico.
Entrano dalla porta del bar Carlo, Federico, Andrea, Diego e Vincenzo, in abiti normali. Hanno giocato a tennis e hanno fatto la doccia. Chi ha in mano un panino, chi una bevanda, chi un gelato)
ANDREA- Carla, ad esempio, è una mammina molto, molto interessante!
FEDERICO- Andrea!
ANDREA- Scusa, ma fin che parlavate di Dio, io me ne son stato buono e zitto; ora che siete finiti, non so come, a parlare di mamme, ho il sacro diritto di dire la mia!
MICHELE- (inizia a svegliarsi; è girato verso il pubblico)
FEDERICO- Siamo finiti a parlare di mamme non nel modo che intendi tu. Si stava semplicemente paragonando l’atto d’amore di Dio, quando ha creato il mondo, a quello di una madre quando ha prima desiderato e poi messo al mondo un figlio.
ANDREA- Mi scuso e profondamente m’inchino. Oggi siete troppo seri per i miei gusti.
DIEGO- Non lo so, sai, Federico, ma quando vedo la devastante e furiosa disperazione di molte donne nel non poter avere dei figli, mi vien da pensare di non esser nato perché mia madre mi amava, bensì per soddisfare la sua atavica voglia di possedere un bambolotto in carne ed ossa da gingillarsi tra le braccia. Forse forse la vita non nasce da un dono d’amore, ma da un atto di egoismo.
ANDREA- Però! Questo sì che si chiama essere cinici!
FEDERICO- Ma no, Diego, ti sbagli. Come puoi dire una cosa del genere?
MICHELE- (tra sé) Sono ancora loro. Come saranno vestiti?
CARLO- Io invece concordo con Diego. Guardiamo in faccia alla realtà: certe cose le donne le hanno nel sangue. Pensate a mia figlia Clara. Ha vent’anni e un po’ di tempo fa mi ha detto che si sposerà, perché vuole avere una casa e dei figli...
VINCENZO- E’ normale.
CARLO- Sarebbe normale, Vincenzo, se avesse un ragazzo; ma un ragazzo non ce l’ha! Capisci?
VINCENZO- No.
DIEGO- Ma come “no”? Non ha nessuno e vuole sposarsi! Non vuole sposarsi perché è innamorata; desidera avere una famiglia e basta! (a Carlo) Giusto?
CARLO- Perfetto.
DIEGO- Un bisogno primordiale che è dentro di lei, che fa parte di lei, ed è indipendente dall’uomo che potrebbe essere il suo compagno.
MICHELE- (prende coraggio e li guarda) Normali!
VINCENZO- (canticchia) “Questo o quello...” Insomma basta sposarsi e avere dei figli. (a Diego) E’ vero, adesso che me l’hai fatto notare, è vero. Le donne vogliono i figli e basta, anche senza un compagno, anche fatti da altre per loro, anche a sessant’anni; un radicato desiderio che non muore mai. D’altra parte voglio farvi notare che questo irrefrenabile impulso è quello che garantisce il perpetuarsi della specie umana; senza di quello, si può valutare che...
ANDREA- Vincenzo!
VINCENZO- Eh?
ANDREA- Stava parlando Diego. Una volta tanto che da libero sfogo ai suoi pensieri, mi sembrerebbe il caso che tu te ne stessi un poco in silenzio.
VINCENZO- Hai ragione, scusatemi. Era perché volevo farvi notare che fin dai primordi dell’umanità...
ANDREA- Vincenzo!
VINCENZO- Giusto, giusto.
MICHELE- (li ha guardati tutti attentamente, ha valutato ciò che lo circonda per capire se possa esserci qualcosa di anormale. Tra sé) E ora? Dove sarà la pazzia?
DIEGO- Noi uomini siamo diversi. Da ragazzi, non sentiamo questo impellente desiderio di sposarci. Esso nasce dentro di noi solo quando ci innamoriamo di una donna. Solo allora, giustamente, si fa vivo l’impulso di costruire con lei una storia, eccetera eccetera. Basta, ho parlato troppo!
FEDERICO- Adesso per qualche mese sei a posto.
MICHELE- (tra sé) Cosa si è inventato il Fato che io non riesco a decifrare? (timidamente) Ciao.
ANDREA- Oh, Michele si è svegliato!
FEDERICO- Alla buon’ora!
CARLO- Ciao, Michele.
DIEGO- Buon giorno! Anzi buon pomeriggio. Sono quasi le tre!
VINCENZO- Meno cinque, per l’esattezza. Con l’orario è meglio essere precisi, altrimenti...
MICHELE- Le tre? Ma com’è possibile? Già le tre!
CARLO- Ti sei fatto una bella dormita.
MICHELE- Voi stavate giocando... io parlavo con Giorgio... poi...
ANDREA- Poi devi esserti addormentato perché, quando abbiamo finito di giocare e siamo passati di qui, stavi già dormendo. Anzi dormivi così bene, che non ti abbiamo voluto svegliare. Abbiamo fatto la doccia, uno spuntino al volo ed eccoci qui.
MICHELE- (è intontito) Quindi ho dormito?
DIEGO- Hai dormito, quasi due ore.
VINCENZO- Eri un po’ agitato però; un po’ tanto vorrei dire e questo, caro Michele, non è normale nelle persone della nostra età. Quando si è giovani può essere un fatto abbastanza normale...
MICHELE- Vincenzo. Sì, sei Vincenzo...
VINCENZO- E chi dovrei essere?
FEDERICO- Come mai sei ancora qui? Di solito sei sempre di corsa.
MICHELE- (si sveglia del tutto) Zitto! Non nominare quella parola! (è preso da un pensiero) I quadri!!!
DIEGO- Cos’hanno?
MICHELE- Son dritti!
ANDREA- E come devono essere?
MICHELE- Storti!
CARLO- Storti? Michele, sveglia!
MICHELE- Sono sveglio... (felice, in crescendo) sì, era tutto un incubo ed ora sono sveglio! Oh Signore, ti ringrazio! Quindi ho sognato tutto? (a Carlo) La tua racchetta non è rotta!
CARLO- No. Però dovrei cambiarla.
MICHELE- E non è da ping pong!
CARLO- Ma se abbiamo giocato a tennis! Vado a pagare. (esce dalla porta del bar)
MICHELE- Non siete neppure vestiti da pagliacci! Chissà Giorgio? (prova a far parlare la sua mano) Vincenzo. Vincenzo? Sì, sì, sei proprio Vincenzo, senza alcun dubbio! (lo abbraccia, lo bacia) Ti posso toccare!
VINCENZO- Ragazzi, questo è matto!
MICHELE- Andrea! La gonna!
ANDREA- Quale gonna?
MICHELE- No, no, niente. E’ stato tutto un sogno, terrificante; ma ora è finito. Che bello! (balla)
DIEGO- Hai avuto un incubo e pensavi fosse vero.
MICHELE- Proprio così.
ANDREA- Capita.
FEDERICO- Ho lasciato il portafogli in macchina. (a Michele) Se mi dai le chiavi, intanto sposto la tua.
MICHELE- (sospira, sollevato) Mi sento un altro. (si ferma, atterrito) La mia!?
FEDERICO- Mentre dormivi, han detto che dava fastidio.
MICHELE- All’autoparlante?
FEDERICO- Sì.
MICHELE- (disorientato) E’ successo anche nel sogno... (come un automa dà le chiavi a Federico, il quale esce dal portone)
VINCENZO- Dormivi, ma hai sentito ugualmente l’autoparlante. Succede di trasferire nel sogno fatti e voci che le nostre orecchie odono. Ho letto su un giornale che questo fatto è stato preso in considerazione...
MICHELE- (si rilassa) Certo, certo. Infatti l’ho posteggiata male. Per un attimo mi son venuti i sudori freddi.
ANDREA- Va beh, ragazzi, io dovrei andare a lavorare.
VINCENZO- Anch’io. Ha fatto bene Giorgio, che ha mollato tutto.
MICHELE- Giorgio...
DIEGO- Ciao, Michele. E fatti vivo, ogni tanto. Non ti si vede più!
ANDREA- Davvero. Una volta a mezzogiorno giocavi sempre con Giorgio.
MICHELE- Sì, sì, state tranquilli, da oggi le cose cambieranno: lunga pausa per gli amici.
ANDREA- Bravo, così potremo organizzare qualche bel torneo. Dai, poi ci sentiamo. Bye-bye! (esce dal portone)
DIEGO- Ciao, Michele. Saluta Maurizia. (esce dal portone)
MICHELE- Grazie. Ciao.
GIORGIO- (entra dalla porta a vetri e lì si ferma. E’ come un’ombra, non visto da nessuno. Sul viso non c’è alcuna espressione e immobile osserverà Michele)
VINCENZO- Sai cosa facciamo, invece? Mentre loro fanno il doppio, io sto con te, tanto quando arbitro hanno sempre da criticare. Andiamo nel prato dietro ai campi e facciamo un po’ di corsa per tenerci in forma...
MICHELE- (lo interrompe, agitato, ma perentorio) Non nominare mai quella parola in mia presenza!
VINCENZO- Quale?
MICHELE- “Corsa”! Non dire mai “corsa” quando ci sono io! Giuro che non correrò mai più in vita mia, neanche per fare dello sport!
VINCENZO- Va bene, va bene! Faremo ginnastica sul posto, senza correre. Ora vado, Michele, stammi bene. (esce dal portone)
MICHELE- Grazie; anche tu. (si siede ancora un attimo in poltrona prima di andare, felice e rilassato) Ciao, amici. Cari amici normali.
(vede per terra, vicino alla poltrona, la bacchetta del Professore che lui stesso aveva spezzato. La prende. E’ assalito da una nuova angoscia. Non riesce a capire)
CARLO- (non è ancora rientrato dalla porta del bar)
Arrivederci, Giovanni. (entra; indossa una gonna)
Ciao Michele vado anch’io. (esce dal portone)
GIOVANNI- (entra dalla porta del bar subito dopo Carlo con un vassoio sul quale ci sono alcuni bicchieri pieni di bevande. Velocemente ne prende uno vuoto e lo posa sul tavolino in fianco a Michele)
MICHELE- Ciao Carrr… (ha visto la gonna indossata da Carlo) ...lo!
GIOVANNI- Signore la sua birra bionda ghiacciata. (intanto gli punta una pistola alla tempia)
E la beva subito, di CORSA!
FEDERICO- (entra dal portone possibilmente ancora vestito in bianco da tennis come nel primo atto, un po’ scompigliato con un volante tra le mani)
Michele mi spiace… è passato un camion a tutta velocità e... Però era assicurato!
(i quadri si stortano e rimane soltanto una luce su Giorgio, che ora sorride)
- SI CHIUDE IL SIPARIO
F I N E