Non voglio sposare Minnie

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NON VOGLIO SPOSARE MINNIE

Commedia in un atto

di LUIGI BONELLI

PERSONAGGI

GIORGIO NEMO

MINNIE BEOOKFELLER

LOLITA

GUSTAVINO GIROTTA

Il signor GIROTTA

La signora GIROTTA

Il signor BROOKFELLER

FAUSTINO, came­riere di Giorgio

 A Milano, oggi, in casa di Giorgio Nemo.

Commedia formattata da

(Sala da studio e da ricevimento. Nel fondo: la camera da letto che comunica con lo studio per mezzo di una larga porta, attraverso la quale si vede parte del letto, una « toi­lette». A destra: la porta della sala da musica. A sinistra: la porta che dà nell'ingresso e in altri salotti; ima finestra. Nel fondo della camera da letto: la porticina del gabi­netto da bagno. Tavolo scrivania. Orologio col cucii. Di­vano. All'alzarsi della tela l'orologio segna le ore due del pomeriggio).

(Il cucù dell'orologio canta le due).

Giorgio                          - (sdraiato in una poltrona dinanzi alla scri­vania, fa la sua siesta. Faustino gli accende, alla can­dela che è sulla scrivania, un lungo e grosso sigaro) Sono le due. Alle due e mezzo vedrò il notaro, ma ap­pena per cinque minuti; gli sposi e i loro parenti non arrivano che dopo le tre. Ah! Una dolce ora di siesta! Dammi il sigaro... (Suona il campanello del telefono)... e rispondi al telefono.

Faustino                        - (al telefono) Pronto. Casa Nemo, sì. Come?!... Non capisco. Ripeta, per favore... Scusi, si­gnorina, ma non posso raccogliere la sua comunicazione.

Giorgio                          - (fumando) Che c'è?!

Faustino                        - (togliendosi il ricevitore dall'orecchio e tap­pandolo con la sinistra) C'è una voce femminile che chiama il signore « vecchio scimmiotto ».

Giorgio                          - (prendendo il ricevitore) Date qua. Ho capito: è Lola. (Parlando al telefono) Pronto. Sono io: Giorgio. Con chi parlo?! Ah! Ah! Birichina! Sei tu, Lolita?!... No?!... Come «no»? So bene che sei tu!... No?! Proprio no? E allora? (Sobbalzando) Oh! Min­nie?! Voi?! Non immaginavo... No. No. Zitta... Vi giù... Avete frainteso: io vi... Ditemi, piuttosto... Ma all'arrivo del vostro treno, c'è più d'un'ora! Come va che?... Siete sola?! E vostro pa...? Ma... Ma, dico... Vorrei sape... Dico: Vorrei sape... No: dicevo che... Va bene: vi aspetto e vi... No. Non dirò nulla, state tranquil... Sì: manterrò il segre... Certo, ma... Dico, ma... (Deponendo il ricevitore) Auff! Con una donna, al telefono, non ce ne può nessuno!

Faustino                        - Naturale: non si tratta che di parlare...

Giorgio                          - Non capisco che cosa sia successo a Minnie. Anticipa l'arrivo e non vuole che avverta il fidanzato-Proprio: non capisco (si riaccomoda sulla poltrona).

Faustino                        - (riaccendendogli il sigaro) Neanche io. Il signore non dovrebbe affannarsi per questo. Il signore dovrebbe ricordare che lo affligge un esaurimento ner­voso e che il medico gli ha ordinato di badare soprat­tutto alla tranquillità della siesta. (Si ode suonare il campanello). Vado ad aprire: se non è il notaro, im­pedirò che si disturbi il signore (esce).

Giorgio                          - Ecco: benissimo. Impedisci. (Fuma). Non avrei bisogno che di Lolita. Lolita mi riposa... Mi sa cullare con tanta dolcezza... mi sa...

Gustavo                        - (di dentro) Farmi annunciare? A mio cugino? Ma che! (entra, da sinistra: è un tipo di colle­giale che porta, con evidente imbarazzo, il vestito bor­ghese). Caro Giorgio... ho infranto la consegna! Spero che, specialmente oggi, me lo permetterai!

Faustino                        - (che ha seguito Gustavo cercando di trat­tenerlo, esce desolato).

Giorgio                          - Ah! Sei tu?! Entra, entra pure, ma era inutile venire a casa mia, prima dell'arrivo della tua fidanzata. Avresti dovuto restare alla stazione...

Gustavo                        - Ci sono restati papà e mammà. Io, invece, appena giunto da Parma, mi sono precipitato da te per mettere le carte in tavola.

Giorgio                          - Le carte in tavola?! In quale tavola?

Gustavo                        - Nella tua. Sei tu che hai combinato il matrimonio ed è a te che voglio dettare le mie condizioni.

Giorgio                          - (accennando all'orologio) Senti, Gustavino: sono le due passate... con esattezza, le due e cinque; alle tre devi incontrarti coi Brookfeller: ma ti pare il momento di...?

Gustavo                        - Giusto perché è tardi, bisogna far presto. Senti: io non voglio sposare Minnie.

Giorgio                          - (saltando) Eh?! Sei pazzo?!

Gustavo                        - No: sono preciso. Non voglio sposare Minnie, se non si accettano le mie condizioni...

Giorgio                          - Quali condizioni?

Gustavo                        - Ecco: da quando ho lasciato il collegio, due anni fa, sono rimasto a Parma, attaccato alle gon­nelle della mamma... Ed ora, a diciannove anni soli, dovrei passare dalle gonnelle della mamma a quelle della moglie, così... senza - diremo - soluzione di conti­nuità?! Levatelo dalla testa. Io non sposo Minnie.

 Giorgio                         - E me lo vieni a dire ora?

Gustavo                        - Sì, perché io sono timido e, finché non ho l'acqua alla gola, non mi decido a parlare. Sono alla vigilia delle nozze, ho l'acqua alla gola e parlo.

Giohcio                         - Ma che parli! Andiamo! Nitrisci..., ecco! Muggisci, magari: ma non parli! E, invece, dovresti ra­gionare: stai facendo un ottimo matrimonio...

Gustavo                        - ...per corrispondenza... transoceanica!

Giorgio                          - ... con una fanciulla adorabile...

Gustavo                        - ...vista solo attraverso dei ritratti cubisti...: ho l'impressione di sposare una cassata alla siciliana!

Giorgio                          -  ...adorna di vari milioni...

Gustavo                        - Questo non c'entra.

Giorgio                          - Come, non c'entra?! Nelle condizioni in cui si trova l'industria di tuo padre, sai bene che le tue nozze con Minnie rappresentano la salvezza...

Gustavo                        - Ne sei proprio sicuro?

Giorgio                          - Se ne sono sicuro?! Ma te l'ho dimostrato mille volte! Brookfeller vi rovinava contrapponendo alla vostra « Sultano » a tre lire, la sua «Odalisca » a due franchi e cinquanta... Io ho cercato d'impedire la guerra tra il « Sultano » e l'« Odalisca » unendoli in dolce con­nubio. Legare insieme due avversari per obbligarli alla conciliazione, è un principio giuridico dei selvaggi afri­cani ed è lo scopo più simpatico del matrimonio. Io l'ho raggiunto, felicemente, per voi...: ho gettato le basi di un solido trust italo-americano... e tu vuoi rovinare un simile capolavoro di profumeria commerciale, insor­gendo all’ultima ora, minacciando di far mancare, sul più bello, il «Sultano »...: e perché, poi?! Io non ho ancora capito il perché!

Gustavo                        - Eppure è così chiaro! Perché un sultano che comincia e finisce con una sola odalisca è ridicolo e inverosimile. Io ci ho ripensato, ed ecco le mie con­dizioni...

 Giorgio                         - Finalmente... (Squilla il telefono). Scusa. (Si accosta il ricevitore all'orecchio) Pronto... Giorgio Nemo... Ah! Sei tu, Lolita?... (Correggendosi perché vede Gustavo che sorride) Siete voi, amica mia? Stasera?! Non so, mia cara, non so... Ho molto da fare... Sì: ho qui dei seccatori... cioè: ho degli affari d'una certa im­portanza. Vi telefonerò tra poco... Ciao!... Sì: ciao!... Ma sì: ciao! ('Depone il ricevitore). Sentiamo le tue con­dizioni. Ma fai presto, perché alla mezza ho un appun­tamento con il notaro...

Gustavo                        - (ironico) Chiamalo notaro!

Giorgio                          - Te ne do la mia parola d'onore. Non ho proprio voglia di scherzare. Via: queste condizioni?

Gustavo                        - Semplicissime: perché io mi induca a prender moglie così giovane e inesperto, contro gli usi e costumi dei popoli civili, tu devi, prima, procurarmi una bella avventura galante! Se domani mi farete spo­sare Minnie, io voglio, almeno, aver assaggiato quella dolce vita da scapolo che tu godi da cinquant'anni...

Giorgio                          - Ma che cinquanta! Ne ho appena quaran­tacinque... e non ho mica cominciato da quando ero a balia!

Gustavo                        - Ma seguiti brillantemente a spassartela... oltre la balia. E non è giusto che tu, così maturo, possa telefonare anche ora, due minuti fa, con tutti quei « ciao » miagolati a una personcina deliziosa, che io vedo, con l'immaginazione, (come contemplando una visione che lo estasia) languidamente distesa sopra una pelle d'orso... pizzicando una chitarra havajana... sognando un amante del cuore col quale farti le corna...

Giorgio                          - Smettila, Gustavino! Non fare lo scemo! Torna in te...

Gustavo                        - Ci torno subito. Tutta quella grazia di Dio - dicevo - a tua completa disposizione, oggi, come ieri, come domani, mentre io: ieri facevo il bebé sotto gli ordini di mammà, domani lo farò sotto gli ordini di Minnie e oggi dovrei spassarmela ad aspettare il treno su cui giungeranno la fidanzata americana e il suocero profumiere! Oh! A proposito! Dicono che il suocero sia tremendo! Un uomo di ferro. Pare che non cambi mai le sue decisioni.

Giorgio                          - Mai. E' irremovibile.

Gustavo                        - Metti che decida che io debba restare fe­dele a sua figlia: son fritto per tutta la vita! Almeno, finora, ho la mia libertà... ed ho anche il coraggio di usufruirne... E' il coraggio della disperazione: bisogna che ne profitti!

Giorgio                          - (sorridendo) Sei pazzo, ma sei divertente! Hai un'eloquenza...

Gustavo                        - Sì?! E allora, Giorgio, Giorgietto, Giorgino, combinami subito un colloquio col tuo notaro!...

Giorgio                          - Quale notaro?

Gustavo                        - Quello dei « ciao » miagolati al telefono...

Giorgio                          - Vai al diavolo!

Gustavo                        - Com'è? Bella? Bionda? Graziosa? Ele­gante?

Giorgio                          - Smettila!

Gustavo                        - Danza?

Giorgio                          - No. Canta...

Gustavo                        - Le opere?

Giorgio                          - Le canzonette...

Gustavo                        - E si chiama? Dimmi come si chiama...

Giorgio                          - Lolita...

Gustavo                        - Oh! «Lolita»! Come un pappagallo? Ed è la tua amante?

Giorgio                          - Ma no: un'amica..., una ragazza che mi piace: nient'altro.

Gustavo                        - Allora, presentami alla signorina Lolita io sposerò la tua «Odalisca». Altrimenti non mi faccio vedere, dai signori Brookfeller, né oggi, né domani, ne mai! Hai capito? Tu hai pure degli interessi in tutto questo affare: decidi, dunque, perché anch’io sono irremovibile.

Giorgio                          - Andiamo... Gustavino!... Un colloquio. Ma quando?

Gustavo                        - Subito. Possibilmente prima dell'arrivo del treno di Genova. In ogni modo, se dovessi tardare, non sarebbe un gran male: ci sono papà e mammà che aspet­tano e che rappresentano degnamente la ditta. Guarda, Giorgio: io non sono un giovane navigato, ma sono un giovane moderno: concepisco soltanto le cose fatte in fretta. Dammi il numero del telefono della signorina Lolita (parla con decisione insolita, con tonò di comando).

Giorgio                          - (sconcertato) Il numero...?!

Gustavo                        - (c. s.) Sì. Presto...

Giorgio                          - (vinto) Cinquantasette-centoquarantadue... Ma... pensa: sono le due e ventidue...

Gustavo                        - (telefonando) Benissimo: due-ventidue. Pronto. Eh?! Cos'è? Ufficio di Stato Civile...? (Inter­rompendo la comunicazione) All'inferno! (A Giorgio) Ma che cosa mi fai fare?

Giorgio                          - Io? Sei tu che hai scambiato le ore con il numero!

Gustavo                        - Ah! E' vero! (Componendo il numero) Cinquantasette-centoquaiantadue. Pronto, Parlo con voi, Lolita? Con Giorgio... Sì, ciao!... Il seccatore se n'è an­dato. Vorrei vederti subito... Sì: a casa mia... Ecco... Sì (espressione beata) ciao!... Sì, (c. s.) ciao!... Sì, (c. s.) ciao!... (Bacia e depone il ricevitore). E' incantevole!... Che vocina! (A Giorgio) Manda dei baci per telefono! Ecco perché miagolavi! Allora siamo intesi, eh?! Io corro all'albergo, mi assetto un poco e ritorno. Tu, in­tanto, preparami l'ambiente...: metti dei fiori, qua e là...; procura delle sigarette... dei liquori... Muoviti!

Giorgio                          - Ma...

Gustavo                        - Non c'è ma che tenga. O Lolita subito e domani Minnie, o niente Minnie e domani, per sempre, lolita! (Manda un bacio a Giorgio, sulle dita) Ciao! (Esce di corsa).

Giorgio                          - (annientato) E' pazzo. Ma ha il coltello dalla parte del manico. Se, al punto in cui sono le cose, tutto non corre liscio come l'olio, addio « trust » e addio rappresentanza dei profumi Brookfeller!... (A Faustino che sì affaccia) C'è il notaro? (Faustino risponde con un gesto desolato).

Minnie                           - (entrando, lievissimo accento americano) No, mio caro piccolo brutto vecchio scimmiotto: sono io, Minnie. (Lo abbraccia) Vi eravate scordato di me?

Giorgio                          - Al contrario... al contrario. Vi aspettavo... Sentiamo un po': che grillo è stato questo di lasciare papà Brookfeller a Genova per scappare a Milano un'ora prima di lui?

Minnie                           - Non è stato un grillo: è stato a cagione del mio piccolo piano.

Giorgio                          - Il vostro pianoforte?

Minnie                           - Ma no: la mia piccola astuzia.

Giorcio                          - Ah! Volevo ben dire! Sarebbe stato troppo semplice!

Minnie                           - Io ho immaginato la mia piccola astuzia quando voi avete immaginato il mio matrimonio. Mio padre ha fatto i suoi conti e ha trovato che la cosa era buona; io sono una fanciulla ragionevole ed ho obbe­dito a  me a voi: così mi sono fidanzata (toglie dalla borsetta un ritratto di Gustavo) con questo giovane si­gnore che io non conosco... (Considera il ritratto) Peuh! Non orribile... Ha un bel sorriso dolcemente idiota... due grandi occhi di grossa bestia buona e una cravatta dete­stabile. Ma la cravatta si può cambiare. Infine: ho accettato.

Giorcio                          - E avete fatto benissimo...

Minnie                           - Nello stesso tempo mi son detta: « Tutto questo va bene fino a che si tratta di fidanzamento agli antipodi e di tenerezze per radio. Quando però ci avvi­cineremo, quando giungeremo alle nozze, quando i diecimila chilometri saranno per divenire dieci centimetri e poi dieci millimetri e poi niente, allora io vorrò cono­scere mio marito ». Sono qui per conoscerlo.

Giorgio                          - Ebbene: basterà tornare alla stazione. Egli, tra... poco sarà là, insieme ai suoi genitori, in attesa di voi.

Minnie                           - Egli mi attende con trepidazione?

Giorgio                          - Oh! Sì. Con molta trepidazione.

Minnie                           - Poverino! E' alla ferrovia?

Giorgio                          - Non ancora... Ma ci sarà... ben presto. L'ho visto. E' innamorato. Non pensa che a voi. È  questo che volevate sapere da me, prima d'incontrarlo, non è vero? Lo avete saputo. Ed ora, cara Minnie...

Minnie                           - Ora viene lo bello.

Giorgio                          - Lo sapevo! Era sempre troppo semplice! Sentiamo, dunque, che cos'è «lo bello».

Minnie                           - Non ci si può conoscere presentando così, come voi dite, un « boy » a una « girl » sulla banchina della ferrovia. E nemmeno scrivendosi per dei mesi delle sciocche lettere profumate coi detestabili profumi turchi di mio padre e del signor Girotta. No.

Giorgio                          - Ah! No?

Minnie                           - No. Conoscersi è una cosa molto difficile. Io, una volta, ho visto in un acquario, a New York, due molluschi che cercavano di conoscersi a vicenda ed ho subito concepito il mio piccolo piano.

Giorgio                          - Due molluschi?

Minnie                           - Sì. Voi non avete studiato di mimetismo nella fauna marina?

Giorgio                          - Ma...! Non saprei... Può darsi... Si studiano tante sciocchezze a scuola!

Minnie                           - Non sapete che certi molluschi sono animali eminentemente mimetici?!

Giorgio                          - No. (Guardando l’orologio del cuculo) Ma so che sono le due e ventisette e che tra un istante sarà qui il notaro della mia ban...

Minnie                           - (senza badargli) Gli animali mimetici pos­sono cambiare di colore e anche di forma per confon­dersi con l'ambiente che li circonda, per nascondersi... per darla a bere. Ah! Credetemi, potrebbero avere molta fortuna se si mettessero negli affari...! Quei due mol­luschi dell'acquario, forse per sfuggire l'uno alle insidie dell'altro, gareggiavano a chi si mascherava meglio, e quando uno si rivelava un poco quale veramente era, questo voleva dire che l'altro aveva saputo nascondersi così bene da sparire dinanzi agli occhi dell'avversario. Oh! Era molto bello! Quelle care bestiole mi hanno inse­gnato che per conoscere un uomo nel suo vero aspetto bisogna nascondersi a lui il più perfettamente possibile.

Giorgio                          - (come per dire: «Ecco! Ecco! ») Ah!

Minnie                           - Come «Ah! »? Non avete capito?

Giorgio                          - Io no. Ma non insistete, perché non avendo fatto la mia solita siesta, prevale l'esaurimento nervoso.

Minnie                           - . Eppure: è tanto chiaro! Io voglio essere mascherata quando mi incontrerò per la prima volta con Gustavo.

Giorgio                          - Dovevate avvertirmi: avremmo fatto le nozze di carnevale.

Minnie                           - Non importa il carnevale. Si può fare be­nissimo anche ora. Per questo ho anticipato l'arrivo e sono venuta da voi... Voi, mio caro piccolo brutto vecchio scimmiotto, troverete il modo di farmi parlare col mio fidanzato come si parlavano quei due molluschi nell'ac­quario di New York!

Giorgio                          - Io troverò il modo d'andare al manicomio: ecco tutto! Come volete che faccia, a...

Minnie                           - A presentarmi a Gustavo in modo ch'egli non sappia che io sono Minnie?

Giorgio                          - Ecco...

Minnie                           - Voi siete italiano: non può mancarvi la fantasia!

Giorgio                          - (alterandosi) No: mi manca il tempo... e mi manca la pazienza... e, se anche non mi mancasse, l'avrei perduta! Ma ne avete delle pretese, voialtri ra­gazzi d'oggigiorno! Dio! Che,esagerazione!

Minnie                           - Sempre così i giovani vengono trattati dai vecchi... (Giorgio si ribella alla parola «.vecchi») ...sem­pre! Non vi sembra logico che io voglia conoscere il mio fidanzato?!

Giorgio                          - Che cosa credete di guadagnarci?!

Minnie                           - Vedrò se è veramente possibile sposarlo. Io ho fatto un fidanzamento di convenienza, ma voglio fare un matrimonio d'inclinazione. Su questo sono irremo­vibile!

Giorgio                          - (a se) Anche lei!

Minnie                           - Voi dovete aiutarmi, dal momento che avete fatto il mezzano.

Giorgio                          - (indignato) Il mezzano?!

Minnie                           - Non si dice così?!

Giorgio                          - Ma no!

Minnie                           - E' una brutta parola?!

Giorgio                          - E' un'offesa.

Minnie                           - Allora, per non offendere, bisogna trovare un sinonimo, non è vero?! Infatti, mi ricordo che, nel vostro caso, si dice « mediatore ». Aiutatemi, dunque, signor « mediatore »!

Giorgio                          - (ridendo) Aiutarvi! Ammettiamo che po­tessi farlo... Ma non vi accorgete che la vostra richiesta è puerile, assolutamente puerile?

Minnie                           - Puerile? E perché?

Giorgio                          - Ma perché Gustavo vi riconoscerebbe su­bito! Gli avrete mandato delle fotografie, e...

Minnie                           - (sorridendo fa cenno di no con il dito e con la testa).

Giorcio                          - (stupito) Non gli avete mai mandato dei ritratti?

Minnie                           - (sempre sorridendo, fa cenno di sì colla testa).

Giorgio                          - Ah! Sì! E allora?

Minnie                           - E' il mio piccolo piano che ha funzionato fino da principio! Gli ho scritto che detesto la fotografia ed amo solo la pittura moderna. Così ho fatto fare il mio ritratto da alcuni giovani celebri pittori modernisti ed ho inviato quei ritratti a Gustavo. Sono dei bellissimi quadri, delle vere opere d'arte, ma non è possibile rico­noscere che cosa rappresentano.

Giorgio                          - Ho capito! Le cassate alla siciliana!

Minnie                           - Cosa dite?

Giorgio                          - Dico che vi ammiro! Parola d'onore, vi ammiro! Anche la pittura moderna sfrutta, questo pezzo di... bestiolina in maschera! E quell'altro... mollusco, che proprio oggi vuol farmi... la frittata?!

Minnie                           - Come?! Non capisco le vostre strane parole: « cassata »..., « frittata»...?

Giorgio                          - Non ci badate! Ho l'esaurimento!,..

Faustino                        - (affacciandosi) Il notaro della banca chiede del signore...

Giorgio                          - Pronto a riceverlo... (Il cucii dell'orologio canta le due e mezzo). Ed è preciso, lui! Come il destino! (A Faustino, che s'inchina ed esce) Vengo. (A Minnie) Debbo intendermi sulle operazioni che riguardano la vo­stra dote. Voglio riferirne a Brookfeller, appena arriva. Aspettatemi: parleremo ancora dei vostri... piani. Spero di dimostrarvi...

Minnie                           - Sono irremovibile!

Giorgio                          - E va bene! E, allora, restate ferma lì, zitta e buonina, procurando di non esercitare la fantasia... giac­che, per fortuna, non siete italiana! (Minnie fa cenno di sì con la testa. Giorgio si avvia verso la porta di sinistra) Dio! Perché avete voluto che m'intrigassi con i collegiali e con le studentesse di zoologia? Dovevate ben saperlo che coi ragazzi non si fa mai un pasto buono! (esce. Minnie ride).

Minnie                           - (a Faustino che entra con un fascio di fiori) E voi che fate?

Faustino                        - Eseguisco gli ordini del signor Gustavo. Mi ha detto, uscendo, di empire di fiori la stanza. Era una esagerazione, naturalmente. Io riempio i vasi.

Minnie                           - E' carino, questo. Dei fiori?!... Per me?...

Faustino                        - Non saprei precisare, signorina. (Si avvia verso la camera ch'è in fondo, recando ancora dei fiorì).

Minnie                           - Dove portate cotesti?

Faustino                        - Nella camera del signore. Il signor Gu­stavo mi ha ordinato di riempire di fiori anche quella.

Minnie                           - (avanzando verso la camera) Un'altra esage­razione. Come poteva supporre che io entrassi nella ca­mera di Giorgio?

Faustino                        - (distribuisce i fiori nei vasi della camera che si scorge dalla porta aperta) Non mi permetto inda­garlo, signorina.

Minnie                           - Oh! Dio! Sì: forse per togliermi il cap­pello, la giacca...: è carino anche questo!... (entra in ca­mera) Che ottimo odore! Senza dubbio non appartiene al trust dei profumi turchi!

Faustino                        - Infatti: è il «melange» preferito del si­gnore...

Minnie                           - (togliendosi il cappello e la giacca e buttando tutto sul letto) Curioso! Sembra la camera d'una don­na... (Si avvicina alla « toilette », si ravvia i capelli col pettine) Qui si può addirittura far toilette... (si abbassa il vestito sulle spalle, lasciandole un po' scoperte. Gustavo entra, da sinistra, con un abito più elegante del primo, fiore all'occhiello, cravatta a vivi colori, ecc. Egli ha un fascio di rose in mano; entra d'impeto; rimane sulla soglia estasiato, guardando Minnie che manovra dinanzi alla « toilette »...).

Gustavo                        - Lei!... Com'è bella! La mia prima avven­tura! (Si inoltra nella stanza. Faustino che esce di camera va vivamente verso di lui: si capisce che vorrebbe dirgli qualche cosa, ma Gustavo lo scarta imperiosamente) Vat­tene! Ho trovato il fioraio, sulla porta, e l'ho pagato io...

Faustino                        - Ma...

Gustavo                        - Va via! Cretino! (lo spinge fuori e chiude l'uscio dietro dì lui).

Gustavo                        - (facendo un passo verso la camera di Minnie) Signorina...

Minnie                           - (volgendosi di scatto) Eh?!... (Vedendo Gu­stavo, a se) Il mio fidanzato?! Uh! Quant'è buffo! Peg­gio dei ritratti, compresa la cravatta! (Forte con l’aria seccata) Signore, io...

Gustavo                        - (imbarazzatissimo, porgendo i suoi fiori, da lontano) Signorina, io...

Minnie                           - (a se) Che cosa vuole?! Ha l'aria di rico­noscermi... (Forte, parlando nello stesso tempo di Gu­stavo) Ma come: Giorgio vi ha detto?...

Gustavo                        - Ma come: Giorgio vi ha detto?...

Minnie                           - (seccata) Sono scoperta?

Gustavo                        - (equivocando) Sì, un poco. Ma deliziosa­mente. Proprio quello che ci voleva per... cominciare!

Minnie                           - (la collera, tra i denti, rialzando il vestito sulle spalle) Oh! Che sciocco! (Forte) Giorgio ha fatto ma­lissimo a parlarvi di me. Mi ha tradito. Mi ha veramente tradito.

Gustavo                        - (sorpreso) Per la verità, Giorgio non vo­leva... Sono io che l'ho obbligato a... Siccome avete te­lefonato, mentre ero con lui... (movimento di Minnie che significa: «Ho capito!...»)... Siete in collera?

Minnie                           - Sì.

Gustavo                        - Sul serio?

Minnie                           - Sul serio.

Gustavo                        - (confuso) Peccato!... Ma allora... Allora non volete?!.., Non vi piace questa nostra... intervista?...

Minnie                           - No, non mi piace.

Gustavo                        - (c. s.) Ed io... non potrò avere la mia pic­cola avventura con voi?!

Minnie                           - (interessata, spianando il viso) Come dite? Un'avventura? Questo diventa più interessante. Voi vor­reste?...

Gustavo                        - (rinfrancato) Ecco: ero certo che Giorgio non vi aveva spiegato le cose a dovere. (Prende per mano Minnie e la conduce a una sedia). Sedetevi. (Minnie siede ed egli le siede vicino senza lasciarle la mano) Cercherò di spiegarvelo io, se... se mi... se mi soccorrerà ancora il coraggio della disperazione... (beve un bicchierino del liquore che è sul tavolo) D'altra parte, è così facile!... E' così naturale!... (Baciandole la mano che è già tra le sue) Permettete?

Minnie                           - (senza dare importanza alla cosa, curiosa di sentire il resto) Ma sì...

Gustavo                        - (montandosi e ammiccando, con gli occhi, al volto di lei) E... e posso... anche più su?!

Minnie                           - Perché no? Nella nostra situazione è d'uso, non vi pare?

Gustavo                        - (baciandola con frenesia) Senza dubbio!

Minnie                           - (frenandolo) Sì, ma basta baci. Fermo e... spiegatemi.

Gustavo                        - Oh! La cosa è molto semplice. Ecco qua: io voglio dare un piacevole addio al celibato e ho pre­scelto voi, per aiutarmi a soddisfare questo desiderio che, nel mio caso, è particolarmente legittimo. (La guarda ed aspetta un gesto dì assentimento) Vi va?

Minnie                           - Che cosa volete fare? Scusatemi, ma non ca­pisco tutto quello che voi dite...

Gustavo                        - Non è chiaro?

Minnie                           - No. Può darsi che sia molto gentile per me, ma non è chiaro.

Gustavo                        - (un po' spazientito, bevendo ancora il liquore) Non fate l'ingenua, ve ne prego! E' una raffinatezza, lo 30, una cosa che stuzzica... ma è il vero modo di met­termi nell'imbarazzo! Se seguitate a farmi delle difficoltà, non arriveremo a capo di nulla! (la abbraccia). Voi, che siete pratica, lo avrete capito subito che io sono un maledetto timido, non è vero?

Minnie                           - (che è sempre tra le braccia di lui) Non sem­bra mica!

Gustavo                        - Eppure è così, credetemi; altrimenti vi avrei già detto: « Signorina, siete tanto bella, mi piacete molto... ed è così tardi! Patemi avere la mia avventura galante prima delle tre! ».

Minnie                           - Un'avventura galante con voi? Io? Prima delle tre?

Gustavo                        - Sì. (Offrendole del liquore) Un po' di whisky?

Minnie                           - (bevendo con Gustavo) Grazie... E, ditemi: non flirt? Amore? Vero amore?

Gustavo                        - Ecco: amore, vero amore, come piace a voi. Chiamatelo come volete! Ma decidiamoci.

Minnie                           - Oh! Sarebbe molto grazioso! Noi faremmo molto bene la nostra conoscenza...: ed è quello che io voglio...

Gustavo                        - Allora?

Minnie                           - Ma io vi credevo di una mentalità meno... moderna! (A sé) Ah! Questi europei, quando ci si met­tono! Esagerano, come dice papà! (A Gustavo) Non vi sembra sconveniente, così, prima delle nozze?...

Gustavo                        - (ridendo) Ah! Ah! Sconveniente! Da che pulpito vien la predica! Al diavolo le nozze!

Minnie                           - (savia) No: la cerimonia è necessaria. Serve per regolare i rapporti economici...

Gustavo                        - Ho capito! Volete salvare il trust, anche voi! State pur certa: per sposare, sposo, ma prima...

Minnie                           - Prima, caro Gustavo?...

Gustavo                        - Prima, mia bella Lolita...

Minnie                           - (con un balzo, allontanandosi da lui) Lo­lita?! (A se) Dove ho sentito questa parola?

Gustavo                        - (ridendo) Credevate che io non sapessi il vostro nome?! ...

Minnie                           - (perplessa) Infatti...

Gustavo                        - (sempre ridendo) Ma se vi ho telefonato io, dianzi, in luogo di Giorgio! Sono io che ho ricevuto tutti quei: «ciao», col bacino in mezzo! Son io che vi ho dato l'appuntamento qui...

Minnie                           - E Giorgio?

Gustavo                        - Giorgio, ve l'ho detto: prima non voleva, ma poi ha finito con l'acconsentire... e...

Minnie                           - E ha fatto il mezzano!

Gustavo                        - Ecco!... (Correggendosi) Ossia...

Minnie                           - E' inutile cercare sinonimi. (A sé) Giorgio! E' proprio lui che, al telefono, mi ha chiamato Lolita! Eccomi, dunque, una « cocotte »! Una « coco.„ » (Con un lampo di gioia) Oh! La maschera che cade dal cielo!... (Guardando Gustavo, che è rimasto perplesso dinanzi allo scatto di lei, e sorridendogli) Allora - è vero? ! tutti i vostri fiori e tutti i vostri ardori...?

Gustavo                        - (rinfrancato) Erano per voi, Lolita!... (Si avvicina di nuovo a Minnie) Vi sono passati gli scrupoli?...

Minnie                           - Completamente!

Gustavo                        - Dicevo bene! Che cosa può importare a voi del mio matrimonio?

Minnie                           - Ah! Nulla!

Gustavo                        - Come a me: preciso!

Minnie                           - (ridendo) Ah! Ah! Il mollusco si rivela!

Gustavo                        - Mollusco?!

Minnie                           - (senza badargli) E la vostra fidanzala?

Gustavo                        - Lolita, non c'è tempo da perdere: parliamo di cose allegre!

Minnie                           - Nemmeno lei v'interessa?

Gustavo                        - Interessa l'azienda. Voi non potete capire, ma vi dirò che, nei miei riguardi, alla fin fine, non vale che cinquanta centesimi!

Minnie                           - (offesa) Sarebbe a dire?

Gustavo                        - Ma sì: la differenza tra i flaconi di mio padre e quelli di Brookfeller! E poi, è americana!

Minnie                           - Non vi piacciono le americane?

Gustavo                        - No, a meno che non lo siate anche voi. Straniera sì, lo sapevo, si sente... Ma non vorrei che, per l'appunto...

Minnie                           - (piccata) Sono americana...

Gustavo                        - (disperato) Oh! Dio!

Minnie                           - (correggendosi) ...del Sud!

Gustavo                        - Ah! Meno male! Lo dicevo, io? Il Sud è tutt'altra cosa: nel Sud c'è fuoco, c'è anima...; c'è tutta quella luce che si vede nei vostri occhi... E, poi, c'è l'ac­cento! Volete mettere il vostro accento delizioso con quello delle americane del Nord?

Minnie                           - Conoscete l'accento della vostra fidanzata?

Gustavo                        - Sì. L'ho sentito attraverso il telefono tran­satlantico... Perché dimenticavo di dirvi che, tra noi, c'è sempre stato di mezzo l'oceano! Figuratevi, Lolita, che divertimento!

Minnie                           - E come volete giudicare, così da lontano?

Gustavo                        - (ammirandola) E' giusto: è meglio giudi­care da vicino. Come io faccio con voi, Lolita. Io vi guardo con gioconda sorpresa, come si guarda una mera­viglia, e vi son grato di portarmi il ristoro della vostra grazia, prima della mia disgrazia!

Minnie                           - (mezzo a sé e mezzo a lui, sorridendo) Cu­rioso, però! (Forte) Ho, dunque, la fortuna di piacervi? Davvero?

Gustavo                        - Siete il mio ideale. Quando io ho sognato una donna, l'ho sognata così, come siete voi...; l'ho vista muoversi come vi muovete voi, l'ho sentita cantare come cantate voi...

Minnie                           - Cantare?!

Gustavo                        - - Naturalmente. Voi parlate e io vi sento cantare... E' una delizia...

Minnie                           - Invece... Minnie?!...

Gustavo                        - Non è il mio tipo.

Minnie                           - Come fate a saperlo?

Gustavo                        - Giudicatene voi; voi... che lo siete il mio tipo.... (Togliendo dalla tasca un ritratto) Ecco la riproduzione d'un ritratto sintetico. E' mammà che me l'ha messo sul cuore. Vi pare che, per amor di quest'affare qua (accenna al ritratto) io possa trattenermi dal baciare questo tesoro qui... (la bacia, la palpa)... che ha tutto al suo posto...?!

Minnie                           - (ridendo, senza difendersi) Non posso mica darvi torto!

Gustavo                        - (raggiante) Lo vedete! Io lo sapevo! Biso­gna darmi ragione per forza!

Minnie                           - (sempre ridendo) Brigante! E' vero! (Fa­cendo l'atto di gettare via il ritratto che le ha dato Gu­stavo) Dobbiamo, dunque, mandare al diavolo questa po­vera Minnie?

Gustavo                        - Mi par tempo, mia cara!

Minnie                           - (gettando il ritratto lontano) Se lo merita...! E' stata così stupida... (rispondendo a una domanda muta di Gustavo)... a fidanzarsi con un giovane che non la cono­sce! (Respingendo Gustavo, che vorrebbe abbracciarla) In quanto a voi, aspettate un momento... (Corre nella ca­mera del fondo, prende la sua borsa che ha lasciato sul letto e ne toglie una cravatta che porta a Gustavo) Cam-biatevi, almeno, questa intollerabile cravatta! (Strappa la cravatta dal collo dì Gustavo e la getta via). Sef co­mincio a trovarvi simpatico, non voglio che qualche cosa mi guasti l'impressione! (gli mette la nuova cravatta).

Gustavo                        - (lasciandola fare) Se non volete altro!...

(Si ode, fuori della scena, la voce di Giorgio che chia­ma: «Faustino!...»).

Minnie                           - Fermo! C'è Giorgio!

Gustavo                        - Non ricordarmi Giorgio! Sono geloso!

Minnie                           - (stupita) Di chi?!

Gustavo                        - Di lui, toh!

Minnie                           - (c. s.) Perché?!

Gustavo                        - E me lo domandi?! Ma perché... è il tuo amico, Lolita!

Minnie                           - Ah! Già!... Lolita!... Perché Lolita è... (ride forte). Lasciatemi ridere! Ah! Ah! Ah! Lasciatemi ridere!

Gustavo                        - Oh! Bella! E' ridicolo che io sia geloso di Giorgio?... (Ridendo anche lui) Ah! Forse... non è il caso?! (Minnie fa un energico segno di diniego) Ah! Ah! Povero Giorgio! Si vanta!... Non è, dunque, vero che tra te e lui...?! (Ancora la voce di Giorgio che dice: « Faustino!...») Ah! Questi uomini navigati... che sbal­loni! (Conducendo Minnie verso la-camera) Vieni! Ap­partiamoci. Non voglio che ci disturbi.

Minnie                           - Nella sua camera?

Gustavo                        - Si capisce!... (Udendo rumore dietro l'u­sciolino del gabinetto da bagno, in fondo alla camera e la voce di Giorgio che dice ancora: «.Faustino! ») Ah! E' ancora qui. Salviamoci altrove!... (trascina Minnie che ride, verso la porta di destra) Nella sala di musica. E' adattissima! (escono).

Giorgio                          - (entrando dall’uscio del gabinetto da bagno) Faustino! (Traversando la camera e andando ad aprire l'uscio di sinistra) Dove si sarà cacciato quel pezzo di cretino?

Faustino                        - (entrando) Il cretino è qui, signore. E' qui.

Giorcio                          - E' un'ora che chiamo! Ho dovuto accom­pagnare io stesso il notaro... (Il cucù dell'orologio canta le tre). Le tre! I suoi cinque minuti son divenuti mezz'ora! Ah! Gli affari! E Minnie che mi aspettava! (A Faustino) A proposito: dov'è la signorina Minnie?

Faustino                        - Lo ignoro, signore. Io l'ho lasciata in questa stanza, in amichevole colloquio col signor Gu­stavo.

Giorgio                          - (stupito) Con Gustavo?!

Faustino                        - Il signore non cerchi di comprendere. Io stesso ho, in proposito, le idee alquanto confuse: si figuri lei! Siccome la signorina Minnie e il signor Gustavo oc­cupavano lo studio e lei occupava la biblioteca, sono an­dato a trattenere in giardino la signorina Lola che aspet­ta, meco, da dieci minuti.

Giobcio                         - Lola?! (A sé) Ah! L'appuntamento di quell'imbecille!

Faustino                        - Il signore comanda?

Giorgio                          - Non parlo di voi. Non posso trattenermi con Lolita: debbo vedere Brookfeller al suo arrivo per informarlo subito delle difficoltà che sono sorte alla banca. Faustino, sbrigami tu la ragazza... e prepara lo «cham­pagne ». Saremo qui, tutti, prima della mezza (esce in fretta).

Faustino                        - (accompagnandolo) Va bene, signore. (Va ad aprire la porta del gabinetto da bagno) Ah! E' già lì, signorina Lola? Venga, venga pure avanti.

Lolita                            - (entrando) Mi annoiavo, in giardino. Siccome ho trovato aperto...

Faustino                        - Venivo appunto ad avvertirla, signorina, che il signore non ha più bisogno di lei e che io non debbo più trattenerla. Ho l'ordine, invece, di preparare lo « champagne »...

Lolita                            - (seccata) Ah, benissimo! Mi si chiama in gran furia, mi si fa aspettare in giardino... e mi si scaccia proprio quando si prepara lo «champagne »! E Giorgio dov'è?

Faustino                        - E' uscito: in casa non c'è più nessuno, si­gnorina.

La voce di Gustavo      - (che canta nella sala della musica, accompagnandosi al piano) « O Lola ch'hai di latte la camisa... ».

Lolita                            - (ridendo) A proposito!

Faustino                        - (stupito) Vi giuro, signorina: non sapevo che vi fosse qualcuno a stonare, nella sala della musica!

La voce di Minnie         - Oh! La melodia italiana, quanto mi piace!

La voce di Gustavo      - A me piacciono di più i tuoi baci, le tue carezze, Lolita, Lolita mia... (Cantando e ac­compagnandosi) « O dolci baci e languide carezze... ».

Lolita e Faustino           - (stupiti) Lolita?!

Lolita                            - Qui si abusa del mio nome! Chi c'è in quel­la stanza?

Faustino                        - (cercando di aprire la porta) Non so. E' chiusa di dentro!... Deve trattarsi, se non erro, del si­gnor Gustavo! (Forte, battendo con le nocche sulla por­ta) Signore, signore, mi apra. Io debbo...

'La voce di Gustavo      - Andate al diavolo, cretino!

Faustino                        - (sdegnato) E tre. E' insopportabile alla fine! Io mi umilio: sento che mi sfugge il controllo degli avvenimenti e rinunzio a dirigere la baracca. La signorina s'accomodi, se vuole: io vado a preparare lo « champagne » (esce dignitosamente da sinistra).

Lolita                            - Una donna che si chiama e si fa chiamare col mio nome?... Ed è qui mentre sono avvertita che non si ha più bisogno di me? (Parlando, si guarda at­torno e scorge nella camera gli indumenti di Minnie) Ah! Ecco le sue spoglie! Un cappellino all'americana!... E una borsetta: ecco dove potrò trovare la chiave dell'imbroglio! (esamina la borsetta e, quando sente en­trare qualcuno, senza badare a chi entra, si ritira a guar­dare il contenuto della borsetta, nel gabinetto da bagno, che appare molto luminoso).

Faustino                        - (introducendo, dalla porta di sinistra, il si­gnor Girotta e la signora Girotta) Se i signori vo­gliono accomodarsi: ecco là il telefono (accenna all'ap­parecchio che è sulla tavola).

La Sicnora Girotta        - E voi dite che mio figlio non è qui? Non è venuto da Giorgio?

Faustino                        - Io non dico più nulla, signora. Non so più nulla, tranne questo: che il padrone non è in casa. Con permesso, signori (s'inchina ed esce).

Il Signor Girotta           - Giorgio è alla stazione. Egli non sa che il treno ritarda... Come avvertirlo...

La Signora Girotta        - Volevi telefonare...

Il Signor Girotta           - Già... ma il male è che non ri­cordo cerne si faccia a chiamare al telefono una persona che aspetta alla stazione...

Lolita                            - (uscendo dal gabinetto da bagno con la bor­setta di Minnie aperta) Niente. Non ci sono che delle cravatte, e una fotografia con dedica: « In cambio del tuo simpatico cubismo, Gustavino ».

La Signora Girotta        - L'importante è trovare Gusta­vino.

Lolita                            - (con un balzo, a sé) Eh?! (si fa sulla soglia della camera, tenendo ancora in mano la borsa e il ri­tratto. Rimane interdetta alla vista dei due vecchi).

Il Signor Girotta           - (vedendola e tirando per la manica la moglie) Amelia, c'è una fanciulla.

La Signora Girotta        - Una fanciulla? (si volge ed esa­mina Lolita) Eh?... Ma... (seguita più intensamente l'e­same, adoperando l’occhialetto) Cesare, guarda (indica la borsa di Minnie) la borsetta che Gustavino ha man­dato a Minnie, questo Natale! La riconosco: l'ho scelta io! E quel tipetto strano... quei colori bizzarri... non ti ricordano i dipinti che abbiamo ricevuti dall'America?

Lolita                            - (imbarazzata dall'esame dei due vecchi) Ce l'hanno con me?!... (risponde comicamente ai sorrisi dei due vecchi).

Il Signor Girotta           - Perbacco, non vedi che tiene in mano il ritratto di Gustavo. Non c'è dubbio! E' lei!

La Signora Girotta        - (esplodendo) Ah! Minnie! (si getta al collo di Lolita). Nostra adorata Minnie!

Lolita                            - Ma, signora...

Il Signor Girotta           - (abbracciandola) Figlia mia!

Lolita                            - Sua figlia?!... Signore...

Il Signor Girotta           - (con tono che non ammette re­plica) Chiamami papà.

La Signora Girotta        - (non lasciando parlare Lolita che vorrebbe interromperla) Sei già qui?! Che bella sorpresa! Quando sei giunta? E tuo padre? Hai visto il tuo fidanzato? Finalmente vi siete potuti abbracciare, miei cari piccini?!... E noi che ti si aspettava alla stazione! (Al'marito) Giorgio è venuto ad avvertirci... (in­dicando Lolita) Cesare: quant'è graziosa!

Il Signor Girotta           - Un angelo!

Lolita                            - Ma, signore...

Il Signor Girotta           - Chiamami papà!

La Signora Girotta        - (togliendo dalla borsa un astuccio con dentro una collana e appendendo il monile al collo di Lolita) A te, Minnie...

Il Signor Girotta           - (mettendo un braccialetto, il cui astuccio si è tolto di tasca, al braccio di Lolita) A te, cara...

La Signora Girotta        - (vezzeggiandola) Sei contenta dei tuoi suoceri?

Il Signor Girotta           - E dello sposo?

La Signora Girotta        - Parlaci di Gustavino. Ti piace?

(Lolita dà un'occhiata al ritratto che ha in mano, vor­rebbe parlare, ma è presa da un convulso di risa che non può frenare e che nasconde coprendosi il viso con le mani).

Il Signor Girotta           - (allarmato) Ma... ride o sin­ghiozza?!

La Signora Girotta        - (scostando una mano dal viso di Lola che ride sempre) Ride! Ride, birichina.

I Signori Girotta           - (a Lola) Andiamo! Parla: dov'è Gustavo?

Lolita                            - (ancora con il convulso delle risa che domina a stento) Non lo so... papà.

II Signor Girotta           - Ma l'hai visto, non è vero? Lolita  - (c. s.) No, no... papà.

La Signora Girotta        - (scorgendo per terra la riprodu­zione del ritratto di Minnie, gettata via da quest'ultima e raccogliendola) Oh! Bella! Se c'è qui il tuo ritratto ch'egli portava sul cuore!

Lolita                            - (guardando la riproduzione) Il mie ritratto?!

La Signora Girotta        - (scorgendo anche la cravatta di Gu­stavo gettata via da Minnie) Ed ecco la sua cravatta!

Lolita e il Signor Girotta        - (volgendosi) Di chi?

La Signora Girotta        - (prima perplessa e poi agitata) Di Gustavo! (la raccoglie). E' strano! Una cravatta nuo­vissima, tagliata con le mie mani dallo scialle della nonna!... Chi l'ha ridotta così?!

Il Signor Girotta           - (impressionato) Che cosa può esser accaduto?

La Signora Girotta        - (guardando Lolita e vedendo che si asciuga le lacrime provocate dal convulso di risa) Delle lacrime?!... (Con un gemito angoscioso) Oh! Dio!

Il Signor Girotta           - (accorrendo presso di lei) Ma che succede?!

La voce di Gustavo      - (che canta in sala di musica, ac­compagnandosi col pianoforte) « E levate 'a vesticciola... ».

(/ signori Girotta restano a bocca aperta, in ascolto).

La voce di Minnie         - (cantando c. s.) «A vesticciola 'gnor no, 'gnor no».

La voce di Gustavo      - (c. s.) « E se nu te la volevamo te lasso: me vado da cà! ».

La Signora Girotta        - (gemebonda) Oh! Dio! Gusta­vino! (Il signor Girotta le impone silenzio).

La voce di Minnie         - (c. s.) « E mo che me l'aggio le­vata - Ciccillo, contento, fa' chillo che vo'...». e Sia benedetta mammeta quanno se ma A bue

Il Signor Girotta           - (a Lola) Ma con chi canta, il tuo fidanzato?

Lolita                            - (sincera) Son proprie curiosa di saperlo!...

La voce di Gustavo      - (cantando ancora) « E levate 'a cammesiella... ».

Il Signor Girotta           - (furibondo) Ah! No, perdio! «A cammesiella» poi no! (si precipita verso la porta di destra, cercando di aprirla; visto che non può vi batte su con i pugni).

La voce di Gustavo      - Lasciaci in pace, cretino!

Il Signor Girotta           - (fuori di sé) Cretino?! (Ad alta voce) Gustavo, apri a tuo padre! (Silenzio di tomba). Ah! No?! Aprirò io (con una spallata apre l'uscio ed entra dentro).

La Signora Girotta        - (aggrappandosi a Lolita) Calmati per carità!

Il Signor Girotta           - (torna tenendo Gustavo per un orec­chio e dice alla moglie, indicandole Lola) Occupati di Minnie!

Gustavo                        - (alzando gli occhi, vedendo Lolita) Oh! Dio! Minnie!

Lolita                            - Anche lui mi conosce e mi chiama Minnie?!

La Signora Girotta        - Figlia mia, non guardare, non ascoltare! (le copre il capo col suo scialletto di trina nera).

Il Signor Girotta           - (a Gustavo, scuotendolo) Che cosa facevi là dentro, con quella femmina sconosciuta?

Gustavo                        - (tremando) Cantavo, papà!

Il Signor Girotta           - In un momento simile?! Senza occuparti della tua fidanzata... dei tuoi genitori? E non dici nulla? E non cerchi di' giustificarti?! Non so chi mi tenga dal... (sta per picchiarlo).

Minnie                           - (accorrendo) Non toccatelo, signor padre: mi ama!

Il Signor Girotta           - Appunto per questo. E chi le dà il coraggio di parlare a questa... a questa...

Minnie                           - Non chiamatemi con brutte parole. Cercate, almeno, un sinonimo! E lasciate andare quel giovanotto! Non è dignitoso, per lui, stare in simile posizione da piccolo pulcino bagnato! (strappa violentemente Gustavo dalle mani del padre e si mette dinanzi a lui fieramente, come un galletto).

Gustavo                        - (riprendendo lena dietro le spalle di lei) E' vero: non è dignitoso!

Il Signor Girotta           - (boccheggiando) Ti ribelli?

Minnie                           - Ma certo! Ci ribelliamo!

Lolita                            - (cercando di guardare Minnie attraverso lo scial­letto) Eppure mi piace, questa ragazza!

Il Signor Girotta           - (a Gustavo) Guarda tua madre! Guarda la sposa! Sei proprio impazzito?

Minnie                           - Sì: è impazzito! Mi piace tanto così! Se c'è un uomo sopportabile è il giovanotto impazzito! (A Gustavo, piano) Mandali al diavolo! Torniamo di là (va verso la sala da musica).

Gustavo                        - (titubante) Ma...

Minnie                           - Andiamo! Non diventare ragionevole, mi raccomando!

Il Signor Girotta           - (furibondo) Ma, signorina!...

Minnie                           - (a Gustavo, sulla soglia della sala da musica) Mi vuoi bene? E allora: chi mi vuol bene mi segua! (Gustavo corre da lei. Minnie entra con Gustavo e chiude a chiave).

La Signora Girotta        - (venendo meno, mentre il signor Girotta sta per slanciarsi ancora contro la porta di destra) Ah!

Lolita                            - (a cui la signora Girotta si aggrappa) La si­gnora si sente male!

Il Signor Girotta           - (accorrendo) La sua solita conge­stione! Bisogna bagnarle il viso con dell'acqua fresca!... (Vedendo il gabinetto da bagno aperto) Là, nel gabinetto da bagno! Vieni, mia povera cara! Un po' di coraggio... (A Lolita) E tu, aiutami, Minnie... Brava! Tu, almeno, hai i nervi a posto! (trascina la moglie nel gabinetto da bagno).

Giorgio                          - (entrando perplesso e disfatto dalla porta di sinistra) Alla stazione non c'era nessuno. Si l'anno dei lavori sulla linea e il treno ha un'ora di ritardo. All'al­bergo non c'è nessuno... Nessuna notizia di Brookfeller. Sono, finalmente, solo.

Lolita                            - (ridiscendendo sul proscenio e scorgendo Gior­gio) Ah! Giorgio. Se tu sapessi...!

Giorgio                          - (abbracciandola) No, mia cara: io non voglio sapere...

Lolita                            - Mi spiegherai, allora...

Giorgio                          - Non voglio spiegar niente. Ho l'esaurimento nervoso. Ho bisogno di pace, di calma e d'oblio: tutte cose che trovo solo tra le tue belle braccia. Se mi vuoi un po' di bene, non chiedermi nulla, non dirmi nulla e abbracciami stretto, così... (la bacia. Intanto la signora Girotta, appoggiandosi al braccio del marito, è uscita dal gabinetto da bagno e torna nello studio) ... Così...

La Signora Girotta e il Signor Girotta           - (stupiti) Oh!

Giorgio                          - (senza scomporsi) Eccoli qua!

Il Signor Girotta           - (soffocato) Giorgio, che cosa fai?

Giorgio                          - Lo vedi? Faccio la mia cura! (si porta sulla soglia della camera).

La Signora Girotta        - E non vi vergognate?

Giorgio                          - (spingendo Lola entro la camera) No, si­gnora, perché sono in casa mia. (Chiudendo l'uscio) Scu­satemi se vi lascio, ma non posso farne a meno: il sul­tano ha voluto la sua avventura, la banca le sue garanzie, i molluschi i loro colloqui...: io, giacché, per fortuna, un treno ha, finalmente, un ritardo, io voglio la mia siesta. Buona sera - (si chiude in camera, mentre i signori Girotta, annientati, cadono su due sedie).

Il Signor Ghiotta           - Ha perduto il bene dell'intelletto!

La Signora Girotta        - Anche lui! E che dici di Minnie?

Il Signor Girotta           - Lei è ammattita a causa dell'oceano. In ogni transatlantico che arriva c'è un matto a bordo! Questa volta era lei.

La Signora Girotta        - Non avrà mica voluto' vendi­carsi di Gustavo?

Il Signor Girotta           - A proposito: e quegli altri, di là?! Siamo tra due fuochi!

La Signora Girotta        - E' un castigo, Cesare: sono i nostri peccati!

 Il Signor Ghiotta          - I nostri? (Indicando le due porte) I loro, figli di cani!

Faustino                        - (annunciando Brookfeller) Il signor Brook­feller.

Il Signor Girotta e la Signora Girotta            - (volgendosi e alzandosi penosamente) Oh! Dio! Che gli diremo mai, a questo povero padre?!

(Faustino s'inchina e Brookfeller entra, in spolverina e berretto sport, avendo in mano i guantoni e il casco di aviazione).

Brookfeller                    - (accento americano più pronunciato di Minnie) Buon giorno, signori! Come va la salute? La mia bene. Sono sceso dieci minuti fa al campo d'avia­zione, dopo un volo perfetto. Ho saputo del ritardo che il treno doveva avere e, per non farvi aspettare, ho preso il volo, tanto più che Minnie ha compiuto una scappa­tella... (I Girotta fanno di sì, con la testa, alzando gli occhi al cielo). Ah! Lo sapete?! Essa, per l'impazienza d'incontrare il suo fidanzato, è partita prima di me. Dove sono quei due cari ragazzi? (Gesti desolati dei Girotta). E il nostro ottimo amico Nemo? (Gesti desolati dei Gi­rotta. Brookfeller li guarda stupito; poi si dirige al si­gnor Girotta) Mio buon amico, spiegatemi questo vostro brutto viso. E' accaduta qualche disgrazia?! (I Girotta fanno di sì con la testa) Una disgrazia?! Si??! Animo: ditemi dove sono i nostri figlioli...

Il Signor Girotta           - (indicando la camera e la sala da musica) Sono là, chiusi, ahimè, in... in... in... peccami­noso colloquio!

Brookfeller                    - Alla buon'ora! Questa non è grande disgrazia!

Il Signor Girotta           - Ah! No?!

Brookfeller                    - Diamine! Due fidanzati! E' nelle buone regole commerciali, quando l'affare è sicuro, pren­dere anticipo!

Il Signor Girotta           - Ma non sono mica insieme! Cia­scuno... fa l'affare per conto suo, con due nuovi acqui­renti!

Brookfeller                    - Che cosa dite mai?! Io non credo a questo! Questo è assurdo, completamente assurdo!

La Signora Girotta        - Eppure, mio povero amico, è la verità. Là è chiusa Minnie con Giorgio e qua Gustavo con una canterina!

Il Signor Girotta           - Non vogliono uscire! Ci man­dano al diavolo!

Brookfeller                    - (ridendo) Ah! Ah! Io credo poter ri­dere: questo è grosso scherzo! Ah! Non vogliono uscire? Ah! Mandano al diavolo? Io farò subito uscire Giorgio, Gustavo, Minnie... e la canterina! (Andando alla porta della camera e della sala di musica) Alle! Alle! Parla Sansone Brookfeller e compagni. Giorgio Nemo, amico mio, Minnie, mia cara figlia, Gustavo, mio buon futuro genero, io conterò fino a tre. Se, quando avrò finito, non vi sarete presentati con i vostri rispettivi compagni, voi, Giorgio Nemo, non sarete più rappresentante del mio trust in Europa e tu Minnie non avrai più un dollaro tua dote. Hai bene inteso, mio ottimo Gustavo? Uno, due... (mette fuori il pollice e l'indice del pugno sinistro. L'uscio della camera si apre e appare Giorgio con Lolita).

Giorgio                          - (stendendo la mano all'americano) Mio caro Brookfeller...

Brookfeller                    - (dandogli la destra sempre tenendo alto il pugno sinistro coi due diti alzati) Caro Nemo... (Ve­dendo Lolita) Chi vedo?! Miss Lolita?! Io ho già in­contrato questa bella creatura in vostra casa! (Stupore dei Girotta). Mi congratulo: sempre più appetitosa! (Forte, nel mezzo della scena, facendo scattare il medio del pugno sinistro) E tre.

Minnie                           - (uscendo dalla porta di destra, seguita da Gu­stavo che resta stupito come gli altri a guardare la scena) Papà!

Brookfeller                    - Oh! Minnie! (l'abbraccia). Eri, dun­que, molto occupata a flirtare con tuo caro Gustavo? (Abbracciando violentemente Gustavo) Io ti abbraccio, figlio mio!

Gustavo                        - (a Minnie) Ma come? Tu?!

Minnie                           - Zitto... « Ciccillo »! Capirai ora perché non mi son fatta levare « 'a cammesiella »!

Faustino                        - (affacciandosi) Signori: lo «champagne» è servito.

(Il cucù dell'orologio canta le tre e mezzo).

Brookfeller                    - Bene! (A Minnie) E il cucù ha can­tato: porta fortuna! Per questo io tengo sempre, in uf­ficio, orologio a cucù; per avere fortuna ogni mezz'ora! Sei contenta, Minnie?

Minnie                           - (stringendosi a lui) Tanto, papà! (Indi­cando Gustavo) Veramente mi ama! Figurati: mi ha già tradita!

Brookfeller                    - (ridendo) Davvero? E con chi?

Minnie                           - Pensa: quanta delicatezza! Con... me! (Tra le braccia di Gustavo) Tesoro!

Brookfeller                    - (a Giorgio) E voi, Giorgio, che dite?

Giorgio                          - Io dico che questi benedetti ragazzi d'oggidì le fanno grosse... ma, almeno, le fanno alla svelta! Un brindisi, signori miei...

FINE