Νόστος
(Nòstos)
un ritorno impossibile
di e con
Umberto Ghiron
(musica celtica brano 18 CD n. 2 per 1 minuto poi abbassare il volume)
Nòstos…un ritorno impossibile…(alzare il volume per 10’’ poi abbassarlo di nuovo).
(versi dall’Odissea e dall’Inferno di Dante)
Ulisse, il protagonista dell’eterno mito del ritorno. Dante nel XXVI canto dell’Inferno lo descrive come l’uomo cui il ritorno è reso impossibile dall’impellente, insopprimibile desiderio di conoscere, di esplorare, di sperimentare ed è proprio questo che ha fatto evolvere l’uomo fino a portarlo a rischiare l’autodistruzione con una non ancora scongiurata catastrofe nucleare e a distruggere il suo habitat.
Oggi sta rinascendo il desiderio del…ritorno. Ma sarà possibile questo Nòstos, questo ritorno? O faremo anche noi la fine dell’Ulisse dantesco? ( “Tre volte il fe’ girar con tutte l’acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com’altrui piacque,
infin che ‘l mar fu sopra noi richiuso”.)
Un ritorno sarà possibile se l’uomo sarà se stesso fino in fondo, con la sua ragione e il suo spirito lasciando da parte l’avidità cieca con cui non si arriva in nessun posto ma soltanto all’autodistruzione.
(sfumare la musica celtica e avviare il brano 1 dell’altro CD, a volume normale per 10 secondi)
Se alla parola Nòstos uniamo un’altra parola greca: àlgos (dolore) nasce un vocabolo che fa parte del nostro linguaggio quotidiano: “nostalgia”…(un po’ sognante) nostalgia: pronunciandola abbiamo la sensazione che si tratti di una parola molto antica ma…non è così…
(alzare di nuovo il volume per 5’’ e poi abbassare)
Nel 1688 un giovane laureando in Medicina all’Università di Basilea propose il termine “nostalgia” per designare una malattia che colpiva, spesso, i soldati svizzeri quando venivano destinati presso guarnigioni straniere e fino all’inizio dell’ottocento la nostalgia è stata studiata come malattia e quante vittime fece la…”nostalgia” (oggi diremmo la “depressione”). La “nostalgia” o “mal del paese” non era meno micidiale del tifo e la si poteva considerare endemica tra i soldati. Nel 1831 un gran numero di soldati corsi furono assegnati ad un reggimento di fanteria dell’esercito francese di stanza in Morea, ebbene molti morirono di nostalgia. In Italia nel 1812 dei 126 ricoverati nell’ospedale di Mantova per questa malattia ben 26 morirono. C’è ancora da sottolineare che era rara la nostalgia negli eserciti rivoluzionari in cui c’erano delle forti motivazioni ideali mentre era diffusa negli eserciti regolari in cui erano anche frequenti i casi di suicidio determinati dalla malattia. Bisogna anche pensare qual’era la situazione dei soldati a quell’epoca: molti non si erano mai allontanati da casa, erano costretti ad un servizio obbligatorio senza possibilità di soluzioni alternative e li aspettava la morte in combattimento o ferite che li avrebbero segnati per il resto della loro vita. Col passare del tempo però questo termine “nostalgia” è passato a designare un sentimento, uno stato d’animo che tutti conosciamo e che tutti, in qualche modo, abbiamo provato
(alzare la musica di nuovo per 5’’ e poi abbassare)
Se aprite il famoso dizionario della lingua italiana Devoto Oli trovate questa definizione: “stato d’animo corrispondente al desiderio pungente o al rimpianto malinconico di quanto è trascorso o lontano”.
Enzo: scusi, permette una domanda ?
Ma certo, dica pure.
Enzo: ma allora la nostalgia è proprio una brutta cosa, meglio cercare di evitarla
Ha ragione, dopo quello che ho detto finora si potrebbe pensare che la nostalgia sia solo e sempre un sentimento negativo,
distruttivo…ma io non sono d’accordo perché può invece stimolare il desiderio di incontrarci, migliorare un rapporto fra persone che si amano. E poi in una società del “tutto e subito”, della telematica, che rende vicino anche ciò che è lontano, la lontananza tiene vivo il desiderio
di…“sentire” l’altro, di entrare in contatto con lui o lei…non credete? (spegnere la musica)
(con uno scatto improvviso)
“Basta! Non ti sopporto più! Me ne vado, non ti voglio più vedere!”
Quante volte sono risuonate queste parole…la moglie, i figli, i genitori, coloro con cui vivi gomito a gomito ti diventano insopportabili…sì, certo, è vero, non vorresti più vederli, ma…prova ad allontanarti per qualche giorno ed eccola lì in agguato…sì è proprio lei…la nostalgia…non ti ricordi neanche più perché eri così irritato…eh sì, la lontananza è proprio una medicina…ti fa capire chi è che ami veramente…non hai nostalgia di coloro di cui non t’importa niente…
(Battisti CD 3 brano n. 11…faccio un cenno ad una signora, che sale sul palco e balla un lento con me quando smetto di ballare abbassare un po’ il volume)
Lo riconoscete? E’ Lucio Battisti. E questa è una canzone che ha accompagnato il nascere di molti amori…amori che magari durano ancora dopo tanti anni…una dolce nostalgia che ci avvicina a chi amiamo…che ci scalda il cuore, che magari ci fa spuntare una lacrima di tenerezza…
(alzare il volume per circa 20’’)
(canzone: “Solo tu nell’universo” CD Mia Martini brano n. 4 per 40’’
a volume normale e poi abbassare)
Mia Martini…una voce…una donna che ha sofferto molto…ma che ci ha lasciato delle sensazioni indimenticabili…anche lei con le sue canzoni ha fatto da sottofondo a momenti magici per molti di noi…
(alzare il volume per 10’’ poi abbassare di nuovo)
Quanto amore e quanto dolore nelle canzoni di questa grande artista!
Un giorno mi sono chiesto perché l’amore è sempre legato, in qualche modo, alla sofferenza…forse è perché se amiamo veramente qualcuno condividiamo i suoi dolori, le sue ansie e quando lo perdiamo? Proviamo una lacerazione dentro di noi paragonabile alla perdita di una parte di noi stessi…eh sì, ma cosa fare per non soffrire? Evitare di amare ma…che vita è una vita senza amore ?
Parlo naturalmente di tutte le forme di amore…quello per una donna, quello per i figli, quello per gli amici, per il proprio paese, per chi ci sta intorno e anche per chi è lontano e sappiamo che ha bisogno di noi…se ci pensate bene è l’Amore il vero motore del mondo…o no?
(alzare per 4’’ e poi dissolvere)
Ma adesso parliamo di qualcosa di un po’ più frivolo, per esempio…le vacanze!
(“sapore di sale” Gino Paoli brano n. 6 da lasciare in sottofondo)
Per voi sono finite? No? Beh, per la maggior parte sì e un po’ di nostalgia di quei giorni è rimasta o sbaglio? (sorriso) Mi viene da sorridere non per prendere in giro chi ha già finito le ferie, no, ma pensando alle vacanze al mare degli anni cinquanta, quando noi ultracinquantenni eravamo bambini…vi ricordate?
era già un’avventura il viaggio: partenza all’alba con il millecento stracarico che quasi toccava terra
e il nonno che si portava la scorta di vino del suo paese…non si fidava di quello che avrebbe trovato in Liguria. A metà giornata la tappa per il pranzo, invariabilmente a Ceva e poi, nel pomeriggio il Colle di Cadibona con tutte quelle curve che ti facevano star male e, finalmente, la discesa su Savona e l’arrivo a Noli. Si arrivava stremati ma contenti di rivedere il mare, che per noi piemontesi è sempre stato fonte di stupore…
Enzo: (intona la canzone di Paolo Conte “con quella faccia un po’ così…)
Non era in programma ma è proprio così.
Adesso…un’oretta e sei in spiaggia…ma vuoi mettere…il sapore della conquista che si provava allora? La pensioncina a gestione familiare, per noi era la pensione della “Tota” (signorina), con un bagno solo per tutte le cinque o sei camere…il sapore della focaccia appena sfornata…le giornate passate ai bagni “Anita” e il gelato della sera facendo lo struscio sul lungomare con papà e mamma…il cinema all’aperto…quanti ricordi! Sicuramente non era tutto idilliaco ma il filtro della nostalgia ci fa ricordare solo le cose piacevoli…
(stop con la musica)
Siete ancora in grado di sopportarmi?
Non fate complimenti, se non ce la fate più me ne vado…
Ok, continuo, ma a vostro rischio e pericolo…
“Un altro giorno d’estate
è venuto e andato via
sia a Parigi sia a Roma
ma io voglio andare a casa.
Forse sono circondato da
un milione di persone
ma mi sento ancora tutto solo
voglio solo andare a casa
mi manchi, lo sai
ecc. ecc.”
Sono i versi iniziali di una canzone cantata da Michael Bublé, un giovane cantante canadese, ed esprime molto bene il desiderio struggente di tornare a casa, ascoltate…( Michael Bublé brano n. 5 per 1’ e 30’’ poi abbassare e lasciare come sottofondo fino alla fine delle poesie) bella, eh?
Enzo: se non sbaglio Lei ha anche scritto delle poesie sul tema della nostalgia
Sì, è vero. Per esempio quella
che potrei definire la “poesia dell’emigrante”:
Heimweh
e poi due che sono dedicate alla mia città (Torino) e ad un mio amico scomparso
Strade della mia città
A un amico
A questo punto potrei fare mia una breve lirica di Aldo Palazzeschi:
“Chi sono?”
(lettura della poesia)
(“Eroica” di Beethoven II movimento per 10’’ a volume normale poi come sottofondo)
Era il 4 maggio 1949, pioveva su Torino, una pioggia fitta e incessante. La collina di Superga era avvolta dalla nebbia…il rombo di un aereo che si avvicina alla Basilica…all’improvviso un boato, come l’esplosione di una bomba, fa tremare i muri della chiesa…
(pausa)
Bacigalupo, Aldo e Dino Ballarin, Bongiorni, Castigliano, Fadini, Gabetto, Grava, Grezar, Loik, Maroso, Martelli, Mazzola, Menti, Operto, Ossola, Rigamonti, Schubert e poi Erbstein, Lievesley, Cortina, Agnisetta, Civalleri, Bonaiuti, Casalbore, Cavallero, Tosatti, l’equipaggio: Meroni, Biancardi, Pangrazzi, D’Inca
In un lampo scompariva una squadra, un simbolo…sembrava impossibile…si faceva fatica a rendersi conto di quanto era successo. La città era attonita…smarrita
Sono trascorsi 56 anni dal pomeriggio di quel 4 maggio ma in chi oggi ha dai sessantacinque in su il ricordo è ancora vivo…la nostalgia di quei campioni è ancora presente…non possono non ricordare le imprese di capitan Mazzola e dei suoi compagni.
Sì ma c’è una persona, in particolare, che non può dimenticare quel giorno ed è…Sauro Tomà, che di
quella formidabile squadra faceva parte e che sarebbe stato sull’aereo che quel pomeriggio rientrava da Lisbona se non
fosse stato per le conseguenze di quel brutto infortunio al ginocchio sinistro riportato nella prima partita di campionato contro la Pro Patria al Filadelfia…nel saltare il suo portiere Bacigalupo in uscita si procurava una brutta distorsione che non voleva saperne di guarire…In occasione del cinquantenario della tragedia ha anche scritto un libro in collaborazione con Sergio Barbero:
“Me grand turin” (storia della squadra di calcio più forte del mondo). (pausa) Nostalgia di una squadra rimasta nel cuore di molti italiani…
(accendo lentamente una candela e la appoggio sul tavolo)
Un passato che non può tornare…tuo padre e tua madre che non ci sono più…il tuo amico più caro che ti ha lasciato per sempre…il paese o la città dove sei nato…come dimenticarli? Eh sì, è proprio così, la nostalgia è una fiammella che non si spegne mai, ma è una fiammella “necessaria per superare le perdite, una condizione essenziale per vivere” (come dice Alina Marazzi, parlando della nostalgia per la mamma, di cui non serba alcun ricordo). A lei, Liseli Hoepli, che faceva parte di una ricca famiglia milanese e che morì suicida a 33 anni, proprio per colpa della nostalgia, ha dedicato un film: “Un’ora sola ti vorrei”. A Liseli, ammalata di depressione, erano stati tolti i figli ed era stata…“dimenticata” dalla sua famiglia in una costosa clinica per malati di mente. Implorava i suoi perché la riportassero in famiglia, aveva bisogno di loro, ma il…“ritorno” le fu reso impossibile e l’unica soluzione per lei fu il suicidio, la rinuncia al bene più grande che possediamo: la vita. La curarono con il confino anziché con l’abbraccio e ne fecero l’ennesima vittima della nostalgia.
(pausa)
Vi vorrei leggere qualche riga di ciò che Alina Marazzi scrive per presentare il suo film
(lettura di qualche brano della presentazione del film scritto dall’autrice stessa).
(breve pausa)
La forza per vincere la nostalgia, per non esserne schiavi la troviamo in noi stessi, in quella luce che c’è in ognuno di noi e che, per chi crede, viene dall’alto, da Dio.
(si spengono le luci)
FINE