Nozze con sorpresa

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NOZZE CON SORPRESA

                                                                                                                                    

COMMEDIA COMICA IN 3 ATTI

DI FRANCO ROBERTO

Personaggi

MICHELE FERRONI, notaio

GINA, sua moglie

SIMONETTA, loro figlia

ERNESTO, notaio fratello di Michele

FABRIZIO LOMBARDI, fidanzato di Simonetta

PAOLA GIARDINI, possidente

LUCIANO VENTURI, geometra

MARISA MORELLI, professoressa

BASILIO GIOTTO, barbiere

Oggi, in una città di provincia.

La scena (fissa per i tre atti): Studio notarile dei fratelli Ferroni, nell'appartamento della famiglia, a pianterreno.  Due porte (o quinte): a sinistra quella verso le altre camere dell'alloggio; a destra quella che dà nell'entrata e all'esterno.

Arredamento modesto. A sinistra la grande scrivania di Michele; a destra, verso il fondo, un tavolino che potrebbe essere una piccola scrivania, per Ernesto. Su entrambe il necessario per scrivere e diversi incartamenti.   Sedie qua e là. Altri mobili a piacere dello scenografo, ma tutti piuttosto vecchi, trascurati.

Sulla scrivania grande c'è un apparecchio telefonico, sulla piccola c'è un bicchiere pieno d'acqua.

ATTO PRIMO

E’ una giornata di fine primavera. In scena, all'aprirsi del sipario, non c'è alcuno.

MICHELE ‑ (entra da destra. Notaio 45enne sempre arrabbiato, agitato e prepotente con i famigliari, è un uomo avido e avaro. Con gli estranei, invece, si comporta con grande ipocrisia, simulando sincerità e generosità. Si precipita a sedere alla sua scrivania, seguito da)

GINA ‑ (sua consorte 40/45enne, la quale sopporta con dolce comprensione il brutto carattere del marito. Tiene in mano un involto che contiene una scatola di compresse medicinali e una banconota da diecimila, che posa sulla scrivania) Ecco le tue compresse per la pressione, e il resto.

MICHELE ‑ Ti ho dato un biglietto da cinquantamila. Questa... «robaccia» (indica l'involto) costa addirittura trentotto. (Indica la banconota) Quindi mancano duemila lire.

GINA ‑ Ah, sì. Il farmacista non le aveva.

MICHELE ‑ E quando te le darà?

GINA ‑ Be', fra una settimana, quando andrò a prenderti un'altra scatola. (Michele sbuffa, balza in piedi e, sempre più nervoso, dialogando si sposterà di qua e di là) Ti senti meglio da quando prendi queste pillole?

MICHELE ‑ Non ricordarmelo!... Costano quasi duemila lire l'una.

GINA ‑ Scusa, Michele, ma cosa c'entra il risultato con il prezzo?

MICHELE ‑ Eccome che c'entra, cara moglie!... Perché le medicine non possono curare se il loro prezzo «prima» ti uccide. Ma io... (sogghigna) ne prendo solo mezza per volta. Così durano il doppio.

GINA ‑ Il dottore però...

MICHELE ‑ (interrompe) Quello ha preso la laurea nel '68, quando si agitavano tutti, e promuovevano troppi. E’ un ignorante, capisci?... E... a proposito di «ignorare», quando esci non dimenticare di spegnere la luce nell'entrata (indica a destra). Sai... Appena vedo la bolletta penso che, al posto del contatore, c'è un cavallo da corsa. Ma... (si guarda intorno, maligno) ... la «signorina» nostra figlia che dovrebbe fare qualcosa in questo mio studio notarile, dov'è?

GINA ‑Verrà subito. Però, scusa Michele, dovresti dire «nostro» studio notarile, visto che è anche di Ernesto, tuo fratello.

MICHELE ‑ (scrolla le spalle) Ha circa dieci anni meno di me.

GINA ‑ Ma sino a prova contraria è notaio pure lui.

MICHELE ‑ (amaro) Già Chissà perché, poi, mio padre notaio ha voluto due figli notai.

GINA ‑ Per lasciarvi il suo studio, immagino.

MICHELE ‑ (secco) Bastavo io solo.

SIMONETTA ‑ (entra da sinistra. E’ una bella, simpatica, affettuosa e intelligente ragazza 18/20enne, e partecipa alle delusioni della madre, desiderando più serena l'atmosfera famigliare) Mamma e papà, buona giornata!

MICHELE ‑ (brusco) Hai finito di dattilografare gli atti di quella compravendita immobiliare?

SIMONETTA ‑ Quasi. Appena ritorno fin…

MICHELE ‑ (interrompe, violento) Perché? Esci?

SIMONETTA ‑ (guardando Gina di sottecchi) Sì, papà. Vado da… da Cecilia!

MICHELE ‑ Chi è?

SIMONETTA ‑ (imbarazzata, esita a rispondere).

GINA ‑ (interviene) Una sua compagna di studi.

MICHELE ‑ lo ho sempre studiato da solo. Torna prestissimo.

SIMONETTA ‑ Certo. (S'avvia verso destra, poi si ferma) Ah, volevo dirti una cosa.

MICHELE ‑ Dài, parla in fretta.

SIMONETTA - Stamani, mentre lucidavo la targa d'ottone fuori del cancello, per poco non mi cadeva in testa.

MICHELE ‑ (allarmato) Il cancello?

SIMONETTA ‑ No. La targa. Sarebbe ora di farne un'altra.

MICHELE ‑ La colpa è tua!

SIMONETTA ‑ Mia?!?

MICHELE ‑ Sì!... Tu la pulisci come se si trattasse di strigliare un cavallo. E poi? Farne un'altra costa.

GINA ‑ Ha quasi vent'anni. Quando ci siamo sposati c'era già, e non era nuova.

MICHELE - E con ciò? Anche tu non sei «nuova», eppure nessuno ti cambia.

SIMONETTA ‑ Papà Potresti approfittare del cambiamento per mettere sulla nuova targa anche il nome di zio Erne­sto.

MICHELE ‑ (sprezzante) Puah! Un notaio «ragazzo».

GINA ‑ «Ragazzo» di trent'anni.

MICHELE ‑ Ma è rimasto bambino. (Sarcastico) Si com­muove a un tramonto, alla vista di un paesaggio. In cam­pagna si china a raccogliere un filo d'erba o un fiore…   Come se non fossero tutti uguali!

SIMONETTA - Vedi, papà... lo lo ammiro quando lì fuori (indica a destra) cura le nostre rose.

MICHELE ‑ Sue! Solamente sue! E quando penso che quei pochi metri quadrati di terreno (indica a destra), che mio fratello chiama il suo «paradiso», me li pagherebbe­ro a peso d'oro, mi viene una rabbia_ una rabbia, che spaccherei tutto! Ma lui, niente! Continua a seminare rose.

SIMONETTA ‑ (ironica) Le «pianta».

MICHELE ‑ Sì. Sììì! Piantare o seminare, per me, è la stessa cosa. Se almeno si mangiassero! Insomma, Emesto è la cicala, e io… io…

GINA ‑ (sarcastica) Sei la formica, lo so.

MICHELE ‑ Brava! Qualche volta indovini. (A Simonetta) E tu vai! Ma entro mezz'ora qui. Chiaro?

SIMONETTA ‑ Abbagliante. Ciao, mamma. Ciao, papà. (Esce a destra).

MICHELE ‑ Tu!... Vieni di là a darmi un bicchiere d'acqua per buttare giù questa (afferra il medicinale)  medici­na ladra! (Ed esce a sinistra).

GINA ‑ (allarga le braccia, sospira ed esce a sinistra).

ERNESTO ‑ (fa capolino alla porta di destra, poi si rivolge verso l'esterno) Prego, signorina. Venga. (Entra e poi cede il passo a Marisa. Ernesto è un notaio 35enne, fratel­lo di Michele, ma di carattere totalmente opposto. La sua aria cordiale di uomo gentile, sereno e ingenuo ‑ ma non tonto ‑ ispira subito a tutti fiducia e simpatia. E’ in maniche di camicia e porta indosso un grembiule da giardiniere. Tiene in mano una rosa).

MARISA ‑ Non vorrei disturbare. (E’ una signorina 30enne graziosa, dolce, simpatica e un po' timida, professoressa di matematica in scuola media superiore. I suoi abiti sono moderni di buon gusto, adatti all'età).

ERNESTO ‑ Al contrario la ringrazio, professoressa.

MARISA ‑ (sorride) No no... La prego di chiamarmi «signorina» Marisa. Sennò mi sembra d'essere in classe.

ERNESTO ‑ Molto gentile, prof... Cioè! Signorina. E lei, per favore, mi chiami Ernesto.

MARISA ‑ «Notaio» Ernesto.

ERNESTO ‑ (sorride) No no... Altrimenti mi sembra di dover redigere un atto. (Sorridono).

MARISA ‑ Molto bella la sua rosa.

ERNESTO ‑ Detto da lei, mi lusinga.

MARISA ‑ Addirittura?

ERNESTO ‑ Veramente. Perché ho sentito dire che lei è un'esperta floricultrice.

MARISA ‑ Solamente per «hobby».

ERNESTO ‑ Anch'io. Infatti mi sono permesso di salutarla, quando ho notato che si è fermata a guardare le mie rose. E sono lieto che abbia accettato il dialogo.

MARISA ‑ Il piacere è mio. Ora doni vita a uno dei tanti capolavori (indica la rosa) della natura (indica il bicchiere pieno d'acqua).

ERNESTO ‑ Subito. (Pone la rosa nel bicchiere, poi va a posarlo sulla scrivania di Michele) La metto qui, sulla scrivania del «signor notaio» mio fratello, che neppure la vedrà, o me la farà togliere perché gli dà fastidio.

MARISA ‑ Sul serio?

ERNESTO ‑ Purtroppo sì. Lui è fatto così. Ma mi parli delle «specie» più importanti che hanno dato origine agli ibridi moderni.

MARISA ‑ Sono la Tea, la Gàllica, la Multiflora, e... e altre che non ricordo.

ERNESTO ‑ (a bocca aperta) Congratulazioni. E non le ho detto di accomodarsi.

MARISA ‑ La prossima volta... «Ernesto».

ERNESTO ‑ Spero presto, signorina Marisa... «come»?

MARISA ‑ Morelli.

ERNESTO ‑ (sopra il suo tavolino prende un biglietto da visita e lo porge a Marisa) Questo è il numero del telefono (indica l'apparecchio sulla scrivania di Michele). Posso avere il suo?

MARISA ‑ Glielo scrivo qui. (Scrive un numero sopra un pezzo di carta che sta sul tavolino).

ERNESTO ‑ (emozionato) Grazie.

MARISA ‑ Allora... buongiorno (tende la mano).

ERNESTO ‑ (stringe la mano di Marisa) Buongiorno. (Indica a destra) Prego...

MARISA ‑ (esce a destra, seguita da Ernesto).

MICHELE ‑ (entra da sinistra, e borbottando imprecazioni siede alla scrivania. Vede la rosa, sussulta) No, eh!... (Afferra il bicchiere, e tenendolo con il braccio teso fa una smorfia di disgusto, come se la rosa emanasse un cattivo odore. Quindi lo posa bruscamente sul tavolino di Ernesto) Dov'è quel perditempo?

ERNESTO ‑ (entra da destra, sorridente) In arrivo!... (Nota la rosa sul suo tavolino) Ti ringrazio di non averla maltrattata.

MICHELE ‑ (sprezzante) Perché?... Avrebbe pianto? (Siede alla sua scrivania, sfoglia alcune carte, e sussulta, sventolando un foglio) Una fattura!... (Legge) «Calzature Vannini. Un paio di scarpe per uomo numero quaranta». A prezzo d'oro, accidenti!

ERNESTO ‑ Sono le mie.

MICHELE ‑ Potevi far risuolare quelle vecchie! E poi... Perché numero quaranta? Hai sempre portato il trentanove. Forse costava di meno.

ERNESTO ‑ Sì, ma ho un paio di calli che...

MICHELE ‑ (interrompe) Ho capito! Adesso devo mettere in bilancio anche i tuoi calli. Con questa mentalità finiremo a pezzi, caro Emesto. A pez‑zi!

ERNESTO ‑ (ironico) Vuoi che ti faccia l'elenco di tutto quanto possediamo?

MICHELE ‑ Sssst!... (Sottovoce, concitato) Siamo ricchi sfondati, d'accordo. Ma con l'aria che tira, quale valore hanno i soldi?

ERNESTO ‑ Per me, da sempre, poco. E per te, considerato che non li spendi, valgono niente.

MICHELE ‑ (infastidito) Basta così!... (Si alza in piedi) Vado da Torelli, l'agente di Borsa.

ERNESTO ‑ Compri altre azioni?

MICHELE ‑ Ssssst!... (Sottovoce, concitato) Sì: le Sider, che stanno precipitando. Ma io lo sento ‑ sono sicuro! ‑ che andranno alle stelle. Perciò le compro. (Sogghigna ed esce a destra).

ERNESTO ‑ (sospira e scrolla la testa) Poveraccio... quel riccone (indica a destra).

GINA ‑ (entra da sinistra) Ho sentito che usciva, e... (imbarazzata) Ti disturbo?

ERNESTO ‑ Mai, carissima Gina.

GINA ‑ Allora... Di là (indica a sinistra), dalla porta della cucina, ho fatto entrare... (E non continua).

ERNESTO ‑ (per aiutarla) Il lattoniere. (Gina scrolla il capo). Fruttivendolo. (Gina idem) Panettiere. (Gina idem) Chiunque sia, dimmi chi hai fatto entrare.

SIMONETIA ‑(entra da sinistra, tenendo affettuosamente per mano).

FABRIZIO ‑ (simpatico, gentile, colto ed elegante giovane attuale sui 25 anni).

ERNESTO ‑ (osserva le mani unite di Simonetta e Fabrizio, sorride e annuisce. Quindi si rivolge a Gina) Il giovanotto chi è?

GINA - E’ ... (A Simonetta) Diglielo tu.

SIMONETTA ‑ Fabrizio Lombardi, laureato in giurispsudenza e funzionario della Banca Agricola.

ERNESTO ‑ (tende la mano verso Fabrizio) Molto piacere.

FABRIZIO ‑ (gliela stringe) Anch'io.

ERNESTO ‑ (arguto) Immagino che lei non è qui per conto della Banca. Quindi...

FABRIZIO ‑ (deciso) lo e Simonetta vorremmo fidanzarci.

ERNESTO ‑ (sincero, felice) Magnifico!... (Diventa serio) Ma c'è un guaio.

SIMONETTA ‑ Quale?

ERNESTO ‑ Apparentemente «semplice». Quello che lui (indica Fabrizio) quanto ha detto a me dovrebbe dirlo a tuo padre.

GINA ‑ Per carità!... Farebbe una scenata.

FABRIZIO ‑ (rivolto ad Ernesto) E’ possibile?

ERNESTO ‑ (allarga le braccia e annuisce).

SIMONETTA ‑ Vedi, Fabrizio?... Come ti avevo detto.

FABRIZIO ‑ Mi pare che non chiediamo nulla di spaventevole.

GINA ‑ (ad Ernesto) Aiutali... Anzi! aiutaci tu.

ERNESTO ‑ In questo momento non riesco a pensare come potrei... (Tace, perché).

MICHELE ‑ (dall'esterno a destra, dice) Certo, geometra. L’ aspetto fra cinque minuti.

LUCIANO ‑ (dall'esterno) Devo parlarle di quel terr ..

MICHELE ‑ (C. s., interrompe) Parli sottovoce!

ERNESTO ‑ (sottovoce, a Gina e Simonetta) Voi due ... (indica a sinistra) ... via! (A Fabrizio) Lei rimanga, mi assecondi e, soprattutto, non si stupisca.

GINA e SIMONETTA ‑ (fanno cenni di saluto a Fabrizio, ed escono a sinistra).

MICHELE ‑ (entra da destra con espressione irritata, ma appena vede Fabrizio assume una gentile e ipocrita aria professionale) Oh!... Un cliente?

ERNESTO ‑ Sì. (Presenta) Il dottor Fabrizio Lombardi, il notaio Ferroni Michele, mio fratello.

MICHELE ‑ (stringendo la mano a Fabrizio) Dottore... medico?

FABRIZIO ‑ (imbarazzato, scuote il capo).

ERNESTO ‑ (interviene) No. In giurisprudenza. (Ironico, a Fabrizio) Lei è fortunato, perché lui (indica Michele) le avrebbe subito elencato tutti i suoi disturbi, chiedendole dei consigli, ovviamente... gratis. (Ernesto e Fabrizio sorridono).

MICHELE - (fa una smorfia di delusione). 

ERNESTO - Il dottor Lombardi è funzionario nella Banca Agricola.

MICHELE ‑ Interessante. E... in quale ufficio?

FABRIZIO ‑ Finanziario. Concessione crediti, mutui, eccetera.

MICHELE ‑ Sempre più interessante. E il mio... Cioè. Il «nostro» studio in che cosa può esserle utile?

FABRIZIO ‑ (sempre più imbarazzato) Veramente...

ERNESTO ‑ (interviene) Il dottore ha in progetto la permuta del suo alloggio, e mi ha chiesto alcune informazioni, per non correre rischi. (Squillo del telefono).

MICHELE ‑ (si precipita a rispondere) Pronto... Sì, sono il notaio... Ha ricordato il nome della rosa «Centifolia»?!? ... (Ernesto sorride e si avvicina al telefono) E che me ne ...

ERNESTO ‑ (interrompe, togliendo bruscamente il ricevitore dalle mani di Michele) E’ per me. (Al telefono) Pronto, signorina Marisa... Sono Ernesto... Bravissima... Grazie... Entro oggi le telefonerò io... Buongiorno. (Posa il microfono).

MICHELE ‑ (brusco) Chi è questa Marisa?

ERNESTO ‑ Un'amica delle rose, e quindi... mia.

MICHELE ‑ (borbotta) Cose da pazzi.

ERNESTO ‑ (a Fabrizio) Mio fratello, qualche volta, dimentica che sono maggiorenne.

MICHELE ‑ (indica a Fabrizio una sedia accanto alla propria scrivania) S'accomodi qui, e le do tutte le informazioni che desidera.

ERNESTO ‑ Gliele ho già date io!

MICHELE ‑ (deluso) Be', allora... Comunque, dottore, può accadere che un giorno o l'altro, forse presto, venga io da lei a chiederle informazioni bancarie «professionali».

FABRIZIO ‑ Mi consideri a sua disposizione. Tolgo il disturbo. (Strette di mano fra i tre, a soggetto).

ERNESTO ‑ (accompagna Fabrizio verso destra) Si faccia rivedere presto.

MICHELE ‑ E lasci pure aperto il cancello.

FABRIZIO ‑ (annuisce ed esce a destra).

MICHELE ‑ Spero che gli spedirai una parcella.

ERNESTO ‑ No, poiché potrà essere utile a te.

MICHELE ‑ Hai ragione.

ERNESTO ‑ Mi stupisco

MICHELE ‑ (agitato, spostandosi qua e là) Dimenticavo di parlarti dell'affare Giardini. Stai attento. La signora Paola Giardini, magari solo per consolarsi della vedovanza, si è data alla politica e vorrebbe farsi eleggere sindaco.

ERNESTO ‑ E a noi che importa?

MICHELE ‑ Tanto. lo la aiuterò. A una condizione, naturalmente: che lei mi venda il terreno dietro la collina. Quello che ha ereditato dal marito.

ERNESTO ‑ Capisco... Là dovrebbe passare la nuova linea ferroviaria con probabile stazione, e tutto il resto.

MICHELE ‑ (fregandosi le mani) Perfetto!

ERNESTO ‑ Avresti il coraggio di comprare quel terreno a tuo nome?

MICHELE ‑ Non sono mica scemo!... Il prezzo andrebbe alle stelle.

ERNESTO ‑ Allora chi si presterà a fingersi acquirente?

MICHELE ‑ (sogghigna e, tenendo il braccio destro aderente al fianco ‑ dalla spalla al gomito ‑ agita l'avambraccio rapidamente e orizzontalmente con la mano tesa) Capito?

ERNESTO ‑ (sorpreso) Basilio Giotto, il barbiere che ha quel (ripete il gesto fatto da Michele) «tic» pericolosissimo per i suoi clienti.

MICHELE – E’ un povero diavolo, e io lo tengo in pugno per quei dieci milioni che mi deve, e che sicuramente non potrà pagare alla scadenza della cambiale. Semplice, no?

ERNESTO ‑ Ma è un imbroglio.

MICHELE ‑ «Affare». «Af‑fa‑re». Ma tu non sai distinguere. Comunque mi aiuterà il geometra Venturi, che sarà qui da un momento all'altro.

ERNESTO ‑ Allora io me ne andrò dalle mie rose, perché in questa camera, fra te e Venturi, l'aria diventerà irrespirabile.

MICHELE ‑ Perché?... Nessuno dei due fuma.

ERNESTO ‑ (arguto) Le parole per combinare un inganno fanno più fumo di una vecchia locomotiva.

LUCIANO ‑ (dall'esterno, a destra) E permesso?

MICHELE ‑ Avanti.

LUCIANO ‑ (entra da destra. Può avere qualsiasi età oltre i vent'anni. Ha un tono sempre furbo e untuoso. Soprattutto con Michele è servile, e non desta simpatia. Tiene stretta sottobraccio una busta di plastica o pelle, piuttosto rigonfia dal contenuto) Signor notaio, mi ha cercato, vero?

ERNESTO ‑ (ironico) Lascio libero il campo. (Esce a destra).

MICHELE ‑ (tratta Luciano in modo brusco, sgarbato) Certo!... E’ una settimana che aspetto il rendiconto mensile degli affitti.

LUCIANO ‑ Tutto fatto, tutto in regola... (Estrae dalla busta alcuni documenti e un pacco di carta di giornale contenente denaro) Posso appoggiarmi sulla scrivania?

MICHELE ‑ (nervoso) S'appoggi, s'appoggi. (Siede al suo posto) Però faccia in fretta, ché dobbiamo parlare dell'altro affare.

LUCIANO ‑ Ha ragione, signor notaio. (Gli porge il pacco, che Michele gli prende bruscamente, e che apre un pochino per vedere il contenuto) Tutto bene? (Si china per guardare l'interno del pacco).

MICHELE ‑ (lo allontana con una gomitata) Vuole mangiarli? Sono soldi miei! (Ripone il pacco in un tiretto della scrivania) La mappa?

LUCIANO ‑ (estrae dalla busta un foglio grande che pone sulla scrivania, di fronte a Michele) Eccola. Mi creda che ho faticato parecchio per averla. Ho dato anche una mancia.

MICHELE ‑ Segni!... Segni sempre, come le provvigioni per l'incasso degli affitti.

LUCIANO ‑ (deluso) Già, già... Segno sempre. (Indica sul foglio) Vede?... Qui passerà la ferrovia e qui la nuova strada provinciale. Ho pure saputo che un'importante Società Metallurgica pagherebbe questo terreno a peso d'oro.

MICHELE ‑ (si frega le mani, allegro) Glielo venderò io, a peso d'oro... «zecchino»! (Sogghigna) L’ importante è convincere la vedova Giardini a vendere.

LUCIANO ‑ L'ho già... diciamo «sondata» io.

MICHELE ‑ Non le avrà mica detto che interessa me?

LUCIANO ‑ Nooo... Comunque ho capito che la possibile elezione a sindaco le dà alla testa. D'altronde la signora sa che molti voteranno come consiglio io.

MICHELE ‑ E tanti altri...

LUCIANO ‑ (prosegue, adulatore) ... voteranno come consiglia lei.

MICHELE ‑ Ma dobbiamo agire in fretta, prima che prenda consistenza la voce della ferrovia, della strada e della fabbrica.

ERNESTO ‑ (fa capolino alla porta di destra) C'è la signora Giardini.

MICHELE ‑ (balza in piedi, emozionato, e va verso destra) Avanti, diamine!... Avanti.

ERNESTO ‑ (ritira il capo, e dice all'esterno a destra) Gentile signora, s'accomodi.

LUCIANO ‑ (contemporaneamente alla battuta di Ernesto, dice concitato a Michele) L’ho convinta io di consigliarsi con lei.

MICHELE ‑ (rivolgendosi verso destra) Prego, signora Giardini. Lei è sempre la benvenuta!

PAOLA ‑ (entra da destra. Elegante signora che ha superato la cinquantina; è simpatica, disinvolta e brillante).

MICHELE ‑(esageratamente gentile, si precipita ad afferrare la mano destra di Paola e la bacia. Quindi le indica una sedia di fronte alla sua scrivania) S'accomodi. (Paola e Michele siedono, mentre Luciano rimane in piedi, un po' alle spalle di Paola). Allora siamo alla vigilia delle elezioni.

PAOLA ‑ Ancora un mesetto di campagna elettorale.

MICHELE ‑ Purtroppo, di certi nostri concittadini non si è mai sicuri. Per fortuna ci sono persone, uomini molto stimati che con quattro parole dette al momento opportuno...

PAOLA ‑ (Con un sorriso arguto) Lei, per esempio.

LUCIANO ‑ (ipocrita) Se, inoltre, (indica se stesso) «due» uniscono le loro forze... successo garantito!

PAOLA ‑ Capisco. Tuttavia, siccome sono una donna pratica, per il suo (indica Luciano) «braccío destro» e per lei, mi dica... Cosa vuole?

MICHELE ‑ (esageratamente stupito) lo?!? ... Niente, voglio; proprio niente.

PAOLA ‑ (poco convinta) Be'... Se è così ... (Si alza) La ringrazio, e se posso esserle utile in qualche modo, me lo dirà.

MICHELE ‑ (si alza) Ecco... Magari... Visto che è qui, Potrebbe togliermi una curiosità.

PAOLA ‑ Dica.

MICHELE ‑ Oh, nulla di importante. Volevo solamente sapere se, per caso, avesse intenzione di vendere quei suoi prati dietro la collina. Sa... quei prati incolti della «buon'aníma» di suo marito.

PAOLA ‑ E il prezzo, come ho già chiesto al geometra (Indica Luciano),

MICHELE ‑ Se lascia fare a me... Lei sa che io... (Si mette una mano sul petto) Non ho alcun interesse di fare imbrogliare... (Indica Paola) il «nuovo» sindaco. Per giunta la persona che acquisterebbe il suo terreno vede molta gente, e parla, parla... Potrebbe diventare un altro valido aiuto.

PAOLA ‑ (dopo lieve esitazione, decide) Ma sì!... Faccia lei.

MICHELE ‑ (si precipita alla scrivania ed estrae un foglio formato protocollo, che sventola davanti a Paola) Avevo già redatto una bozza di compromesso. Deve appena mettere una firma, tanto per formalità.

PAOLA ‑ Non che me ne importi, ma chi sarebbe il compratore ?

MICHELE ‑ (mettendole una penna fra le dita, e indicandole un punto del foglio) Vede?... C'è scritto. Giotto Basilio, il barbiere.

PAOLA ‑ (ride) Quello che chiamano «braccio elettrico», perché ha un «tic»?

MICHELE ‑ Sì. Gliel'ho detto, signora, che contatta tante persone. E desta allegria con il suo... (Fa il «tic» di Basilio).

PAOLA ‑ (ride) E’ vero. (Firma) Del prezzo ne parleremo.

MICHELE ‑ (ritira con cura il foglio) Certo, certo... Il più presto possibile.

LUCIANO ‑ Questa è la prova lampante che tre persone intelligenti si capiscono al volo.

MICHELE ‑ (ironico) Dov'è la «terza»? (Ride, imitato da Paola).

LUCIANO ‑ (evidentemente seccato) lo accompagno la signora.

MICHELE ‑ Bravo. Signora... (Le bacia la mano).

PAOLA ‑ Arrivederla. (Esce a destra).

LUCIANO ‑ (segue Paola, ma poi si ferma sulla soglia della porta e si rivolge a Michele, sottovoce) Per quei sospesi, allora?...

MICHELE ‑ Segni!... Continui a segnare.

LUCIANO ‑ (deluso, borbotta) E poi leggo. (Esce a destra).

MICHELE ‑ (fa piccoli e infantili salti di gioia. S'avvicina alla scrivania, guarda la data sul suo calendario da tavolo. Sussulta) Ehi?!?... Venerdì tredici?!?... (Rivolto al calendario) Questa volta sbagli. Oggi ho la fortuna dalla mia! Comunque... non si sa mai. (Fa le corna verso il calendario) To'! To'! To'! (mentre da destra).

ERNESTO ‑ (entra, indossando la giacca) Le fai a me?

MICHELE ‑ (scrolla le spalle) Che aria avevano quei due?

ERNESTO ‑ Direi soddisfatta.

MICHELE ‑ (sogghigna, maligno) Come coloro che credono d'avere fatto un buon affare. Invece i terreni

dietro la collina, caro mio!, li ho già in tasca.

ERNESTO ‑ Ho capito. Però io, al posto di sindaco, vedrei meglio il maestro Lanteri. (Amaro) Ma siccome non ha terreni da... «sgraffignare»...

MICHELE ‑ (ironico) Ti dài alla politica?

ERNESTO ‑ No, perché non va d'accordo con i fiori. (Come prendendo un'improvvisa decisione) Ah!... Ora siedi e ascoltami. Devo parlarti di una cosa importante.

MICHELE ‑ (sarcastico, maligno) Impossibile!... Giacché le sole cose importanti, per te, sono le rose. E siccome non ho voglia di sentirti parlare di... (sprezzante) ... «verdure inutili», e mi è venuto un formidabile appetito, vado a mangiarmi un panino di salame, e a bere un buon bicchiere di vino. Ciao! (Sogghigna ed esce a sinistra).

ERNESTO ‑ (disorientato, sospira) Mah!... (E borbotta) Sarò fuori dal mondo attuale?

MARISA ‑ (dall'esterno a destra, timidamente) Cancello e porta, tutto aperto.. Si può?

ERNESTO ‑ (emozionato, va a destra e si rivolge verso l'esterno) Certo, signorina Marisa. Avanti, la prego.

MARISA ‑ (entra da destra, tenendo in mano un grosso, ma non spesso, volume illustrato, che porge ad Ernesto) Questo volume, ampiamente illustrato e intitolato «Rose senza spine», le sarà molto utile.

ERNESTO ‑ (lo prende quasi tremando) Oh, grazie. Lo divorerò.

MARISA ‑ Passavo... Cioè! Ripassavo da queste parti, e allora...

ERNESTO ‑ Ha fatto benissimo.

MARISA ‑ Be'... Arrivederla. (Fa l'atto di avviarsi a destra).

ERNESTO ‑ Per favore, signorina... Visto che c'è, rimanga un momento, e... (indica la sedia di fronte al proprio tavolino) s'accomodi.

MARISA ‑ (annuisce e sorride).

ERNESTO ‑ (gira intorno al tavolino, e sta per sedere sulla sua sedia, ma poi) Per carità!... Mi sembrerebbe una cliente. (Prende la sua sedia, la pone di fronte e poco lontano da quella dove sta seduta Marisa, e siede) Così va meglio. (I due si guardano, entrambi imbarazzati ed emozionati; abbassano la testa, si guardano di nuovo, e infine si sorridono).

MARISA ‑ Forse... E' meglio che io vada.

ERNESTO ‑ (allarmato, deciso) No! (Riprende, dolcemente) Mi scusi. Ho detto «no» in quel modo, perché... Perché... insomma, mi fa molto molto piacere averla qui, con me.

MARISA ‑ (emozionatissima, inizia come se balbettasse) A-a... A‑a (Poi) Anche a me fa molto molto piacere essere qui, con lei.

ERNESTO ‑ (colpito, felice) Allora... (E non prosegue).

MARISA ‑ Cosa?

ERNESTO ‑ Siccome... Siccome non siamo più né bambini, né ragazzini, né... Voglio dire: siccome siamo... Noi. Ecco... Lei... Lei crede al cosiddetto «colpo di fulmine»?

MARISA ‑ (come un sospiro) Sì.

ERNESTO – Ah!... Anch'io. Quindi... (Dolcemente le prende le mani, e sussurra) Marisa...

MARISA ‑ (sussurra) Ernesto... (Tenendosi per mano, lentamente si alzano in piedi, e si trovano con i visi vicini. Si guardano un momento negli occhi e avvicinano il viso l'uno all'altra con l'evidente intenzione di baciarsi sulla bocca. Ma).

MICHELE ‑ (entra da sinistra, vede e urla, con il tono di un arbitro di pugilato) Breck!

ERNESTO e MARISA ‑ (sussultano e arretrano d'un passo l'uno dall'altra).

MICHELE ‑ (sgarbato) Chi è questa donna?

ERNESTO ‑ (calmo e deciso) La professoressa, signorina Marisa Morelli, mia... mia fidanzata. (Rivolto a Marisa) Vero, cara?

MARISA ‑ (sorride, allarga le braccia e annuisce).

MICHELE ‑ (violento) Quando vi siete fidanzati?... (Ernesto sta per rispondere, ma Michele, villano, indica Marisa) Lo dica lei!

MARISA ‑ (tranquilla, guarda l'ora sul suo orologio da polso, poi risponde con tono serio, sicuro) Due minuti fa.

MICHELE ‑ (infuriato) E’ il colmo!

ERNESTO ‑ Invece è la verità, e... (Passa un braccio intorno alla schiena di Marisa e la stringe accanto a sé) ... ci sposeremo il più presto possibile.

MICHELE ‑ (C. s.) Roba da pazzi!... (Si precipita alla porta di sinistra e urla) Gina!... Simonetta!... Correte!

SIMONETTA e GINA ‑ (entrano da sinistra, allarmate).

GINA ‑ Cosa succede?

MICHELE ‑ Guardate quei due! (Indica Ernesto e Marisa, i quali sorridono).

SIMONETTA ‑ Li vediamo. E con ciò?

MICHELE ‑ Si vogliono sposare!

SIMONETTA ‑ (emozionata e sinceramente lieta, s'affretta ad abbracciare Ernesto) Oh, zio!... Che bella notizia.

GINA ‑ (sinceramente lieta, si precipita ad aspettare che Simonetta si sciolga dall'abbraccio, quindi abbraccia Ernesto) Caro Ernesto!... Mi fa tanto piacere. (Si scioglie dall'abbraccio e indica Marisa) E’ lei, immagino.

ERNESTO ‑ Sì. Marisa.

GINA ‑ (abbraccia Marisa) E’ la benvenuta in famiglia!

SIMONETTA ‑ (appena può abbraccia Marisa) E sono sicura che sarà una zia meravigliosa.

MARISA ‑ (confusa) Grazie. Grazie.

TUTTI ‑ (guardano Michele, il quale ha assistito a bocca aperta, con aria ebete).

ERNESTO ‑ Non è tutto, Michele.

MICHELE ‑ (balbetta) E‑e... E che c'è d'altro?

ERNESTO ‑ La cosa importante di cui ti volevo parlare. (Breve pausa) Anche Simonetta, tua figlia, sta andando a grandi passi verso il matrimonio.

MICHELE ‑ (sussulta) Non è vero! (Si muove qua e là, come una belva in gabbia).

SIMONETTA - E’ vero, papà.

MICHELE ‑ Tu devi continuare a lavorare per me!

GINA ‑ (dolce) Troveremo una segretaria... che ti sopporti.

MICHELE ‑ (aggressivo) E chi?... Chi sposi?

SIMONETTA ‑ (guarda Ernesto, come per chiedergli aiuto. Poi) Ecco,papà...

ERNESTO ‑ (interviene) Questo lo saprai più tardi.

MICHELE ‑ (minaccioso, a Ernesto) Ma tu scommetto che lo conosci.

ERNESTO ‑ Hai vinto la scommessa.

MICHELE ‑ (furioso) Allora io chi sono?... Nessuno?... Però... (Vede il calendario sulla sua scrivania) Accidenti!... (Gli fa le «corna‑scongiuri») To' to', e to'!... (Urla) Qui comando sempre io! Capito? «I‑o»! (Si volta di scatto, agitatissimo, e urta con una gamba contro una sedia) Ahi!... (Si appoggia alla scrivania, e mette una mano sul calendario) Nooo!... (Poi saltellando su una gamba fa un balzo indietro) «Venerdì tredici»! (Perde l'equilibrio e cade seduto per terra, continuando a lamentarsi) Ahi!... Ahi!... (E mentre tutti gli altri ridendo si precipitano a soccorrerlo, e il sipario si chiude, grida) Comando io!...

ATTO SECONDO

Tre giorni dopo gli avvenimenti del primo atto, ovvero il lunedì mattina. Sul tavolino di Ernesto ci sono tre rose nel bicchiere.

MICHELE ‑ (all'aprirsi del sipario, entra da sinistra zoppicando, massaggiandosi la gamba che aveva urtato contro una sedia. Fa smorfie di dolore. Lo segue).

GINA ‑ Suvvia, Michele. Vorrai mica dire che quella gamba urtata venerdì, cioè tre giorni fa, ti fa ancora male?

MICHELE ‑ (dispettoso) Invece sì! Ma più di tutto mi fanno ancora male le vostre risate quando sono crollato per terra.

GINA ‑ (sorride) Purtroppo è normale, perché quando per strada si vedeva cadere un cavallo, la gente si commuoveva, mentre se scivolava e cadeva una persona, la gente rideva.

MICHELE ‑ E se mi farà sempre più male?

GINA ‑ Chiameremo il dottore.

MICHELE ‑ Già. E chi lo paga?

GINA ‑ Tu.

MICHELE ‑ Allora sono già guarito. (Fa alcuni passi veloci, senza zoppicare).

GINA ‑ Bravo. Fai una doccia e ti sentirai in forma perfetta.

MICHELE ‑ Dovrei telefonare a Torelli, il mio agente di Borsa, per sapere come vanno le azioni Sider.

GINA ‑ Telefonerai più tardi.

MICHELE ‑ Più tardi, più tardi... Tutto sulle spalle, ho io! Ogni minuto che perdo potrebbero andarmi soldi in fumo. Ma tu... Cosa ne sai, tu, di queste cose? (Scrolla le spalle ed esce rapidamente a sinistra, dimenticando qualsiasi dolore).

GINA ‑ (lo guarda uscire, sorride e scuote il capo).

ERNESTO ‑ (fa capolino alla porta di destra) Pssst!... Se n'è andato?

GINA ‑ Sì: a fare la doccia.

ERNESTO ‑ Bene. (Rivolto all'esterno a destra) Vieni. (Entra, seguito da Simonetta, piuttosto triste) E smettila con quel muso! Aggiusto tutto io.

SIMONETTA ‑ Mi fa piacere, zio, vederti così deciso. Cos'hai intenzione di fare?

ERNESTO ‑ Ho un piano che... (Tace).

GINA ‑ (applaude) Bravo!

ERNESTO ‑ Sssst!... (Con il tono di Michele) Qui comando io! (Sorridono tutt'e tre) Siccome il tallone d'Achille di mio fratello è il denaro, vedrete... (A Simonetta) Adesso va' in camera tua e non muoverti. Va'!

SIMONETTA ‑ Come vuoi. (Esce a sinistra).

ERNESTO ‑ Comunque, cara Gina, non devi assolutamente preoccuparti, qualsiasi cosa avvenga. Del resto, lo sai, anch'io voglio bene a Michele.

GiNA ‑ Eccome lo so. Ah!... Mi piace molto la signorina Marisa.

MICHELE ‑ (entra da sinistra, asciugandosi la faccia con un pezzo di spugna).

GINA ‑ Hai già fatto la doccia?

MICHELE ‑ Per carità!... Solo pensare a tutta quell'acqua che viene giù, viene giù, e che bisogna pagare, mi viene la pelle d'oca. Però mi sono lavato la faccia. (Dà la spugna a Gina, e si rivolge ad Ernesto) Tu... Tu rimani qui?

ERNESTO ‑ Certo. Dove vuoi che vada?

MICHELE ‑ Sai... lo credevo... (Sarcastico) Adesso che hai una «fidanzata»...

ERNESTO ‑ «La» fidanzata. Non «una». (Suono di campanello esterno).

MICHELE ‑ (sussulta. A Gina) Tu, sparisci!

GINA ‑ Subito. (Esce a sinistra).

MICHELE ‑ (si agita) Tu va' ad aprire. Se è Basilio, il barbiere, trattalo bene.

ERNESTO ‑ (ironico) Figurati!... Il «pesce‑prestanome» per il tuo acquisto del terreno della signora Giardini deve essere trattato con i guanti.

MICHELE ‑ Per non destargli sospetti. L' ho chiamato perché mi tagli i capelli.

ERNESTO ‑ E poi?

MICHELE ‑ Siccome fra una settimana dovrebbe restituirmi i dieci milioni che gli ho prestato, e per i quali mi ha firmato una cambiale, (trionfante) lo tengo in pugno!... (Si frega le mani e saltella) Che colpo!... Che colpo!...

ERNESTO ‑ (indica le gambe di Michele) Vedo che sei guarito.

MICHELE ‑ I soldi, soldi, soldi. Guariscono ogni male!

ERNESTO ‑ Povero illuso. (Altro squillo di campanello esterno).

MICHELE ‑ (sussulta) Vai! E poi lascia cancello e porta... tutto aperto. Intrattienilo tu. lo, fra un po', farò «l'entrata» come i grandi attori. (Indica verso destra) Dai! (E sogghignando esce a sinistra).

ERNESTO ‑ (sospira) Mah!... (Esce a destra e parla all'esterno) Oh, signor Basilio!... Scusi il ritardo, e s'accomodi.

BASILIO ‑ (entra da destra. Può avere qualsiasi età, meglio se intorno ai quaranta. Tipo placido e candido, escluso quando si emoziona e ha il «tic», ovvero tenendo il braccio destro aderente al fianco ‑ dalla spalla al gomito agita l'avambraccio rapidamente e orizzontalmente con la mano tesa. Indossa giacca bianca, dal cui taschino appare la parte di un pettine e la punta di un paio di forbici. In una tasca tiene un braccialetto di stoffa qualsiasi, al quale sono appesi alcuni campanellini che formano una sonagliera come quella che si mette al collo dei gatti di casa. Questo braccialetto l'attore potrà infilarlo rapidamente sulla manica della giacca, all'altezza del polso destro. Basilio si guarda intorno, smarrito) Non... Non c'è, suo fratello?

ERNESTO ‑ C'è, ma è un momento di là (indica a sinistra).

BASILIO ‑ Sono venuto per servirlo, ma anche... (Tace).

ERNESTO ‑ Dica pure, signor Basilio. Fra me e mio fratello non ci sono segreti.

BASILIO ‑ Allora saprà di quel mio debito. (Ernesto annuisce). Ma io... (Quasi piangente) ...non posso pagarlo. Capirà che ormai quasi tutti si sbarbano da soli, e tanti si fanno crescere addirittura il codino. Brutti tempi!

ERNESTO ‑ Stia tranquillo, e senta un po', caro signor Basilio di nome, e nientemeno Giotto di cognome... Che direbbe se quel denaro del prestito glielo dessi io?

BASILIO ‑ (sussulta e si agita) Sa‑sa... Sa‑sarebbe come il cerchio disegnato da quell'altro Giotto... Cioè ca‑ca... Ca… cacio sui maccheroni.

ERNESTO ‑ Lo sarà. (In fretta estrae di tasca un libretto d'assegni e ne compila uno, mentre dice) Facciamo così: lei dà a mio fratello questo assegno di dieci milioni. Quando verrò a trovarla in negozio mi farà una dichiarazione che me li restituirà entro due o tre anni, e le spiegherò ogni cosa. (Gli porge l'assegno) Ecco.

BASILIO ‑ (allunga la mano destra per prendere l'assegno, ma viene assalito dal «tic») E’ l'emozione.

ERNESTO ‑ (sorride, gli afferra il braccio e glielo immobilizza. Quindi gli mette l'assegno in mano).

BASILIO ‑ (intasca l'assegno) Grazie, ma cosa posso fare per..

ERNESTO ‑ (interrompe) Nulla di difficile. Le chiedo soltanto di non firmare niente con mio fratello. «Nien‑te», capito?

BASILIO ‑ (annuisce e si mette una mano sul petto) Niente.

MICHELE ‑ (entra da sinistra, con ipocrita cordialità) Oh, caro il mio Basilio!... L'aspettavo, sa; con ansia.

BASILIO ‑ (imbarazzato, lanciando occhiate a Ernesto) Per.. Per i capelli, vero?

MICHELE ‑ «Anche», naturalmente.

ERNESTO ‑ Be', io vado a fare una commissione.

MICHELE ‑ Allora potresti passare in banca.

ERNESTO ‑ Se vuoi...

MICHELE ‑ Aspetta. (S'accinge ad aprire il cassetto della sua scrivania, dove aveva riposto l'involto di denaro consegnatogli da Luciano. Poi siferma e dice a Basilio) Lei l'ha già visto il nostro giardino?

BASILIO ‑ Tante volte, sì.

MICHELE ‑ Ma non di là (Indica a destra. Basilio non si muove). Dove c'è una vista fantastica. E il capolavoro di mio fratello.

BASILIO ‑ (di malavoglia, va alla porta di destra e guarda verso l'esterno, mentre).

MICHELE ‑ (estrae in fretta dal cassetto il pacco di denaro e lo dà a Ernesto. Sottovoce, senza perdere d'occhio Basilio) Qui ci sono gli affitti. Ho già perso almeno un giorno d'interesse. (Basilio si volta. Forte) Guardi ancora! (Basilio guarda di nuovo fuori. Sottovoce a Ernesto) Verifica il saldo del conto corrente. Mi raccomando.

ERNESTO ‑ (ironico) Sta' tranquillo che sono in buone mani. (Mette il pacco sottobraccio) Ciao. Buongiorno, signor Basilio.

BASILIO ‑ (Si volta e cede il passo a Ernesto, il quale esce a destra) Buongiorno.

MICHELE ‑ (piuttosto ansioso) Per cominciare, «caro» Basilio, mi sistema i capelli?

BASILIO ‑ Sono pronto.

MICHELE ‑ Bravo! (Da un cassetto della sua scrivania estrae un asciugamano di tela che non è in buone condizioni, lo getta a Basilio, il quale lo prende al volo. Poi, come se fosse un'azione abituale, pone una sedia in mezzo alla scena e siede, fronte al pubblico) Proceda.

BASILIO ‑ (guarda l'asciugamano e fa una smorfia di disgusto) Ma questo non lo fa mai lavare?

MICHELE ‑ No, perché serve solo per me. Svelto, per favore. Il tempo è denaro.

BASILIO ‑ (scrolla le spalle e mette l'asciugamano intorno al collo di Michele) Prima vorrei dirle…

MICHELE ‑ (interrompe, impaziente) Dopo, dopo. Mi dirà tutto dopo.

BASILIO ‑ (alle spalle di Michele, ma visibile al pubblico, estrae dal taschino le forbici che avvicina alla testa di Michele, ma comincia a tremargli la mano).

MICHELE ‑ Coraggio, Basilio.

BASILIO ‑ Sì, ma con le forbici in mano devo essere prudente. Quindi (Estrae rapidamente di tasca il braccialetto e se lo infila sul polso destro, subito assalito dal «tic»).

MICHELE ‑ (irritato) Chi ha messo il collare al gatto?

BASILIO ‑ So‑so… so‑sono io che… (Continua a fare il «tic»).

MICHELE ‑ (si volta di scatto, vede e balza in piedi) Oh, povero me !

BASILIO ‑ Sono un po'‑po' e‑emozionato. Ma poi mi viene la depressione, la tranquillità.

MICHELE ‑ Rimandiamo i capelli a domani. (Si toglie l'asciugamano e va a riporlo nel cassetto della scrivania)

Lei, adesso, si tolga quella roba da gatto (indica il braccialetto) e sieda davanti a me. (Siede alla scrivania).

BASILIO ‑ (si toglie il braccialetto) Questo è il mio allarme come se fossi un'automobile. (Intasca il braccialetto, e mentre prende la sedia al centro, la pone davanti alla scrivania di Michele, siede, dice) Infatti, appena mi prende l'agitazione «din‑din‑din».

MICHELE ‑ (ipocrita) Non ha alcuna importanza. Ora parliamo del suo debito. (Parlando sfoglia un notes, sul quale legge) «Mi impegno di restituire eccetera eccetera, la somma di lire dieci milioni, più gli interessi d'uso e le spese».

BASILIO ‑ Quelle «robe» lì le ho già pagate anticipate. Ricorda, signor notaio? Lei mi ha solamente dato nove mi­lioni.

MICHELE ‑ (evasivo) Certo, certo. Volevo solo controllare che fosse tutto in regola. (Falso, con intenzione) Come vanno gli affari?

BASILIO ‑ Male. Quasi tutti si tagliano il codino, e tanti han­no la barba.

MICHELE ‑ (non comprende) Come?!?

BASILIO ‑ Cioè! All'incontrario.

MICHELE ‑ Bisogna avere pazienza. Tanto più che, da un momento all'altro, può arrivare la fortuna.

BASILIO ‑ A chi?

MICHELE ‑ A lei. Vede, «caro» Basilio Mi occorrerebbe il suo nome per comprare certe terre, per conto di una perso­na che, almeno in un primo tempo, non vorrebbe apparire.

BASILIO ‑ (non ha capito e si gratta la testa) Bo', bo'

MICHELE ‑ Il suo debito potrà pagarmelo anche fra un anno.  Lei deve appena firmarmi il compromesso, e io le consegno il denaro da dare a chi vende. (Da un tiretto della  vero me! scrivania estrae un foglio che pone dinanzi a Basilio, porgendogli una penna) Firmi!­

BASILIO ‑ Purtroppo, signor notaio, mio padre diceva: «Basilio non firmare. Non firmare mai!».

MICHELE ‑ Sfido! Suo padre era analfabeta. Insomma!  Firma sì, o no?

BASILIO ‑  …nno.

MICHELE ‑ Allora faccio il protesto della cambiale e le pren­do tutti i mobili, il negozio e mezza casa.

BASILIO ‑ Perché?

MICHELE ‑ Perché non paga.

BASILIO ‑ Chi lo dice? lo sono qui per i suoi capelli, ma anche per pagare.

MICHELE ‑ (sconcertato) Eh?!?

BASILIO ‑ Ho un assegno. Se non lo accetta vado a cambiarlo e torno subito.

MICHELE ‑ (C. s.) Un assegno?!? ... (Basilio annuisce) Vediamo se è di uno che conosco.

BASILIO ‑ Lo conosce, lo conosce ... (Estrae di tasca l'assegno, ma lo tiene ancora in mano).

MICHELE ‑ (disorientato, estrae da un cassetto della scrivania una cambiale e la dà a Basilio, ritirando l'assegno con l'altra mano. Mentre Basilio intasca la cambiale, Michele osserva l'assegno. Quando riconosce la firma, balza in piedi) Ma... Ma è di Ernesto!... Chi gliel'ha dato?

BASILIO ‑ (si alza) Suo fratello in persona.

MICHELE ‑ A quale titolo?... Perché?

BASILIO ‑ (evasivo) Abbiamo fatto un affare.

MICHELE ‑ (perplesso, dopo avere palpato e rigirato l'assegno, si arrende all'evidenza) Eh già... E’ di mio fratello, sul «nostro» conto corrente, e... ed è intestato a lei.

BASILIO ‑ Le firmo subito la girata.

MICHELE ‑ (gli dà l'assegno e Basilio lo firma sul retro) Ah!... Adesso firma, eh?... Suo padre, adesso, non le dice più niente?

BASILIO ‑ (sornione, finge di tendere un orecchio) Mi pare di no. Tutto a posto?

MICHELE ‑ (abbattuto) Sì, sì... A posto.

BASILIO ‑ E se ha bisogno di me, mi chiami. Correrò. Basta che non ci sia da firmare, perché mio padre diceva: «Basilio non ... ».

MICHELE ‑ (interrompe) Arrivederci!... Può andare.

BASILIO ‑ Tante grazie. Lei è veramente un notaio molto gentile. (Si avvia verso destra, poi si ferma) Se permette mi fermo un momento nel «fantastico» giardino, ad ammirare le rose‑capolavoro di suo fratello.

MICHELE ‑ Vada, vada.

BASILIO ‑ (ironico) Sempre più gentile. (Esce a destra).

MICHELE ‑ (ricade pesantemente a sedere. Gira e rigira l'assegnofra le mani, lo guarda in controluce e borbotta) Eppure non è falso.

GINA ‑ (entra da sinistra, poi si rivolge all'esterno) E’ solo. (Michele intasca rapidamente l'assegno) Quindi prego, signora.

PAOLA ‑ (entra da sinistra, seguita da Simonetta) Spero di non disturbare.

MICHELE ‑ (si alza in piedi, gentilissimo) S'immagini, signora... Lei non disturba mai.

PAOLA ‑ Ho incontrato la sua gentile consorte e la sua bella figliola al Market.

MICHELE ‑ (maligno) Eh sì, loro comprano. Comprano in continuazione.

PAOLA ‑ (sorride) E mi hanno invitata a prendere il caffè.

MICHELE ‑ Ottima idea. S'accomodi. (A Simonetta) Tu vai a lavorare (indica a sinistra).

PAOLA ‑ No, signor notaio. Non ci tolga la compagnia della gioventù. Il guaio è che non posso fermarmi.

MICHELE ‑ Presa dalla campagna elettorale, vero?

PAOLA ‑ Non totalmente, per fortuna.

MICHELE ‑ Da che cos'altro, allora?

PAOLA ‑ (a Gina e Simonetta) Glielo dicano loro.

GINA ‑ (imbarazzata) Da... diciamo «la sorpresa» che la signora vuole farti.

SIMONETTA ‑ E che sicuramente ti emozionerà e ti agiterà.

MICHELE ‑ (preoccupato, a Paola) Ha cambiato idea sulla vendita del terreno?

PAOLA ‑ (sorride) Nooo...

MICHELE ‑ Mi fa piacere.

PAOLA ‑ A proposito... S'è fatto vivo, il compratore?

MICHELE ‑ (imbarazzato) No... per ora. E’ molto occupato nel suo negozio. Ma in giornata... spero. Comunque, mi parli della sua «sorpresa».

PAOLA ‑ A suo tempo. (A Gina e Simonetta) Dico bene?

GINA ‑ Benissimo.

SIMONETTA ‑ Ovviamente con tutta la dovuta prudenza.

PAOLA ‑ Be', devo andare. Se permette, signor notaio, passo da qui (indica a destra), per godermi la vista delle rose. (A Gina e Simonetta) A presto, e... sssst! (Sorride ed esce a destra).

MICHELE ‑ (aggressivo) Adesso voi mi direte tutto di quella «sorpresa».

GINA ‑ No, caro.

SIMONETTA ‑ Scusa, Papà... Ci siamo impegnate a tacere con la signora.

MICHELE ‑ (agitato) Ho capito. Questa è una rivoluzione!... Una rivoluzione in casa mia!

LUCIANO ‑ (fa capolino alla porta di destra) Giuro che io non sono un rivoluzionario. (Entra).

SIMONETTA ‑ (sarcastica) Un tipo come lei, infatti, non assumerebbe mai una posizione chiara.

GINA ‑ (ironica) Si metterebbe, poi, con chi vince.

LUCIANO ‑ (sorpreso, a Michele, indicando le donne) Le ha sentite?

MICHELE ‑ Non sono sordo!

LUCIANO ‑ Dica qualcosa.

MICHELE ‑ Subito. Dico che hanno ragione. (Luciano fa l'atto di reagire) Basta! (Alle donne) Voi andate, e riprenderemo il discorso quando vorrò io.

GINA e SIMONETTA ‑ (annuiscono ed escono a sinistra).

LUCIANO ‑ Abbia pazienza, ma io voglio soddisfazione, e...

MICHELE ‑ (interrompe) Niente!... Piuttosto, lei che sa tutto... Le risulta che mio fratello abbia avuto un'eredità?

LUCIANO ‑ Che domanda!... L'avrebbe avuta anche lei, no?

MICHELE ‑ (estrae di tasca l'assegno e lo dà a Luciano) Guardi questo. (Compone un numero al telefono).

LUCIANO ‑ (guarda l'assegno) E’ di suo fratello per Giotto Basilio, il barbiere. Accidenti!... Dieci milioni. (Ironico) Suo fratello si è fatto fare un trapianto di capelli?

MICHELE ‑ Non dica sciocchezze. Le sembra autentico?

LUCIANO ‑ Senza dubbio.

MICHELE ‑ (al telefono) Pronto, dottore... Sono il notaio Ferroni, sì... Per cortesia, siccome ci sarà stato mio fratello a fare un versamento, mi dica il saldo del nostro conto corrente... (Sbalordito) Cosa?!? ... Mio fratello ha fatto un prelievo?!?... Quanto rimane? ... (Balbetta) Tre‑tre... Tre…tredicimila lire?!?... (Tace. Comincia a capire) Certo, dottore. Tutto regolare. D'altronde mio fratello ha la firma disgiunta, e può disporre... Tutto bene. Buongiorno. (Rimane immobile, col microfono a mezz'aria. La realtà si fa strada nella sua mente. Posa il ricevitore e borbotta) Mi ha preso tutto. Non ho più niente. (Crolla a sedere, poi balza in piedi) L' assegno!... Dov'è l'assegno?

LUCIANO ‑ (sornione, tenendolo in mano) Questo?

MICHELE ‑ Sì. (Tende la mano per ghermire l'assegno, ma Luciano si ritrae) Che fa?

LUCIANO ‑ (strafottente, deciso) Dica, signor notaio: se in questo momento le scadesse una cambiale, anche di sole «quattordici» mila lire, potrebbe pagarla?

MICHELE ‑ No. Cioè! La pagherei.

LUCIANO ‑ (C. s.) Con che cosa?... Se ho capito bene tutti i suoi contanti sono nelle mani di suo fratello. E pure i suoi terreni, gli alloggi... tutto! Sì, perché per confondere il fisco, lei ha messo ogni cosa intestata a suo fratello. Sbaglio?

MICHELE ‑ (ringhia) Nnnno.

LUCIANO ‑ Dunque questo (sventola l'assegno) lo tengo a garanzia del pagamento delle mie prestazioni e percentuali. (Rifà il tono che Michele ha avuto nel primo atto) «Segni!... Continui a segnare».

MICHELE ‑ (furibondo, con le mani si tappa le orecchie) Farabutto!

LUCIANO ‑ (maligno) Solo io?... (Sogghigna) Ho «segnato, segnato», e credo che quando mi darà ciò che mi deve per ricevere questo assegno le rimarranno solamente gli spiccioli. Stia allegro! (Esce impettito a destra, mentre squilla il telefono).

MICHELE ‑ (all'apparecchio) Pronto!... Mi dica? Torelli... (Barcolla) Le azioni Sider hanno perso metà del loro valore?!?... No! Per adesso non venda le mie. Ci penserò e semmai le darò altre disposizioni. (Posa bruscamente il ricevitore, rimane un momento impietrito, poi cammina avanti e indietro, imprecando) Canaglie!... Delinquenti!... Tutti! Però sono ancora Michele Ferroni! Comando io! Comando io! (Per la prima volta è preso dal dubbio e crolla a sedere, borbottando) 0 no?

ERNESTO ‑ (entra da destra e, calmissimo, s'avvia verso il proprio tavolino) Ciao.

MICHELE ‑ (sta per assalirlo, ma si frena a fatica. Fra i denti) Sei qui?

ERNESTO ‑ Come vedi… (Siede al tavolino e s'accinge a consultare incartamenti).

MICHELE ‑ (maligno) Le hai innaffiate le rose?

ERNESTO ‑ Certo.

MICHELE ‑ (balza in piedi) Adesso vuoi innaffiare anche il «tulipano»? (Indica se stesso).

ERNESTO ‑ Se ti piace

MICHELE ‑ (si protende attraverso il tavolino di Ernesto, mettendogli il viso a due dita dal suo) Vuoi spiegarti,

per favore?

ERNESTO ‑ C'è poco da spiegare. Hai già capito tutto.

MICHELE ‑ Capito cosa? Che mi rovini! Che mi uccidi! Ecco cos'ho capito Caino!

ERNESTO ‑ (sempre calmissimo) Non disturbare l'Antico Testamento per queste sciocchezze.

MICHELE ‑ E le chiami sciocchezze? Tu aiuti mia figlia e mia moglie contro di me; tu paghi i miei crediti con i miei soldi; tu mi mandi all'aria gli affari; tu… tu… tu…

ERNESTO ‑ (si alza in piedi) lo ti salvo.

MICHELE ‑ Bel modo di salvarmi! Derubandomi di tutto quanto posseggo.

ERNESTO ‑ Un momento! lo non ho rubato niente. Mi sono preso quanto mi spettava. Anzi: molto di meno.

Sono sempre stato tuo dipendente.

MICHELE ‑ Di più! Il mio schiavo.

ERNESTO ‑ Però laureato! Ho fatto un piccolo conto. (Dal taschino estrae un foglio di carta che consulta) Da circa dieci anni faccio il notaio nel «tuo» studio. Fra stipendi, contributi, eccetera, avresti dovuto sborsare molto di più di quanto mi sono preso.

MICHELE ‑ Hai rovinato il nostro nome!

ERNESTO ‑ Tu l'hai rovinato, facendoci odiare da tutti quel­li che hai incontrato anche una sola volta.

MARISA ‑ (entra da destra e si ferma sulla soglia della por­ta) Prego di scusarmi, ma si sente urlare dal giardino.

MICHELE ‑ (ironico) Spero che le vostre rose non si siano spaventate.

MARISA ‑ (a Ernesto) lo ho finito di curarle. (Imbarazzata dall'atmosfera) Magari ci vediamo più tardi.

ERNESTO ‑ (va a prenderla e la trattiene accanto a sé) Ri­mani, cara. Devi ormai considerarti della famiglia. Quin­di hai il diritto di assistere a certi «incontri‑scontri».

MICHELE ‑ Davvero? (Ernesto allarga le braccia e annui­sce) Allora voglio più spettatori! (Va alla porta di sini­stra e urla verso l'esterno) Gina! Simonetta! Venite su­bito qui. (A Ernesto) E tu non illuderti che sia così facile

buttarmi a terra! (Va alla sua scrivania e batte un pugno, facendo spostare alcune carte) Al mio posto di coman­do! Sì, perché qui comando ancora io!

GINA e SIMONETTA ‑ (entrano da sinistra, allarmate. Poi ve­dono Marisa, sorridono, e le vanno affettuosamente vi­cino).

SIMONETTA ‑ Grazie, «zia», di essere con noi.

MARISA ‑ lo, veramente

GINA - (interrompe) Ti vogliamo già tanto bene. Ecco!  Diamoci del «tu».

MARISA ‑ Con vivo piacere.

SIMONETTA ‑ Figurati noi!

MICHELE ‑ (nervoso, impaziente) Avete finito di farvi i complimenti?

GINA e SIMONETTA ‑ (si allontanano da Marisa ed Ernesto e si pongono dalla parte opposta).

MICHELE ‑ (rivolto a Gina e Simonetta) Attenzione! Quest'uomo (indica Ernesto) mi ha rubato tutto quanto pos­sedevo. Avrà la giusta punizione!  Per ora, sia ben chiaro, in questa casa hanno solamente valore i miei ordini. Co­mando soltanto io, capite? «I-o»!

ERNESTO ‑ (con calma e fermezza) Tu non comandi niente, perché la tua forza erano i soldi. Adesso non ne hai più, quindi sei finito.

MICHELE ‑ Lo dici tu!

ERNESTO ‑ Lo dice la realtà.

MICHELE ‑ (alle donne) Lo sentite? Mi odia.

ERNESTO ‑ Invece ti voglio bene, da sempre. Ho molto sofferto, questo sì.

MICHELE ‑ Per che cosa?

ERNESTO ‑ Nel vederti chiuso qui, con unico amico e compagno il denaro.

MICHELE ‑ Ah sì?... (Ernesto annuisce) E che dovevo fare? Ditemelo voi donne.

MARISA ‑ (timida, ma con animo forte) Se permette un con­siglio, semplicissimo.

MICHELE ‑ Dica la sua stupidaggine.

MARISA ‑ (C. s.) Guardi fuori (indica a destra). Vedrà tanti incantevoli colori.

SIMONETTA ‑ Guarda il cielo, papà, e ti sentirai felice.

GINA ‑ Aspira il profumo della primavera.

MARISA ‑ Accarezzi un fiore e un'infinita dolcezza le scen­derà nel cuore.

MICHELE ‑ (che ha ascoltato a bocca aperta, diventa maligno) L'avete finito il coro degli angeli? (Violento, a Ernesto) Tu me la pagherai!

ERNESTO ‑ Sta bene. Se vuoi Fammi causa. Metteremo in piazza i nostri stracci, le tue miserie, e vedremo chi ci guadagnerà.

MICHELE ‑ Vedremo!

ERNESTO ‑ Comunque, da questo momento, io prendo il tuo (indica la scrivania di Michele) posto.

MICHELE ‑ (furioso) lo ai tuoi ordini?!?  (Ernesto allarga le braccia e annuisce) Mai! Piuttosto  me ne vado!

Me ne vado lontano, in paesi sconosciuti.

ERNESTO ‑ (sorride) A fare il notaio nella foresta?

MICHELE ‑ (scrolla le spalle e si rivolge a Gina e Simonetta) Me ne vado, chiaro? Me ne vado!

GINA ‑ Capisco. (Attimo di pausa. Dolce, ma ironica) Ricordati di chiudere la porta.

MICHELE ‑ Tutti contro di me, vero? Ma vincerò io!

ERNESTO ‑ Benissimo. Ma nell'attesa della tua «vittoria» prego le nostre meravigliose donne di andare in cucina.

SIMONETTA ‑ (allegra) Sì, zio! Cosa prepariamo?

ERNESTO ‑ Prosciutto cotto e crudo, tagliatelle al ragù, co­stolette e patate fritte. Il tutto innaffiato dal buon vino che c'è in cantina.

MICHELE ‑ (implora) Per carità! Ci costerà come al risto­rante.

ERNESTO ‑ No. Il servizio è gratis. E tu, Marisa, per favore andrai in giardino a prendere una dozzina di rose da met­tere al centro della tavola.

MICHELE ‑ Mi andrà ogni boccone di traverso.

GINA ‑ Al contrario, caro, comincerai a rinascere.

MICHELE ‑ (col tono di un bimbo che implora perdono, ad Ernesto) Tu vuoi proprio sederti lì? (Indica la sua sedia alla scrivania).

ERNESTO ‑ (annuisce) ... e tu là. (Indica la sua sedia al tavolino).

MICHELE ‑ (C. s.) Sino a quando?

ERNESTO ‑ Al giorno che dimostrerai d'avere capito ciò che ci diceva sovente nonno Giovanni.

MICHELE ‑ Che diceva?

ERNESTO ‑ «L' uomo avaro, avido, usuraio e strozzino non è mai ricco».

MICHELE ‑ Perché?

ERNESTO ‑ «Perché vuole sempre avere di più».

GINA ‑ Simonetta, ai fornelli! (Gina e Simonetta si avviano verso sinistra, ma sono fermate dalla voce di).

FABRIZIO ‑ (il quale entra da destra e si ferma sulla soglia della porta) Buongiorno, e prego di scusare il disturbo, ma ho urgenza di parlare con il signor notaio. (indica Mi­chele, mentre Simonetta e Gina sono sorprese e imbaraz­zate).

MICHELE ‑ (lusingato) Oh, il dottor Lombardi, funzionario della Banca Agricola! Venga avanti, venga. Ora mando via tutti, e…

FABRIZIO ‑ (interrompe) No no. Desidero che ciascuno ascolti ciò che le dirò.

MICHELE ‑ Se è un mio guaio bancario, chiedo il segreto d'ufficio.

FABRIZIO ‑ La Banca non c'entra. (Attimo di pausa, poi con lieve solennità) Egregio signor notaio Ferroni Michele...

MICHELE ‑ Sì?...

FABRIZIO‑ Le chiedo la mano di sua figlia.

MICHELE ‑ (distratto) Se è per ques... (Sussulta e si riprende) Cooosaaa?!?...

SIMONETTA ‑ (felice) Sì, papà! (E si precipita a prendere sottobraccio Fabrizio).

MICHELE ‑ (minaccioso, agli altri) Scommetto che voi sapevate tutto.

GINA, MARISA ed ERNESTO ‑ Sì.

ERNESTO ‑ (sorride) Hai vinto la scommessa.

MICHELE ‑ (furioso come nel finale del primo atto) Allora io chi sono?... Nessuno?... Però dico «no»!... No alla mano che vuole quello (indica Fabrizio). Perché qui, almeno con mia moglie e mia figlia, comando io! Capito? «I‑o»! (Si volta di scatto, agitatissimo, e urta con una gamba contro un sedia. Urla) Di nuovo!... (Saltellando su una gamba s'avvia verso sinistra) Ahi!... Ahi!... (Perde l'equilibrio, e mentre tutti gli altri ridono e si precipitano a sostenerlo, il sipario si chiude sul suo grido) Comando io!...

 


ATTO TERZO

Tre giorni dopo gli avvenimenti del secondo atto, ovvero il giovedì mattina. Sull'ex‑scrivania di Michele ci sono tre rose nel bicchiere. Sulla sedia della scrivania è appoggiata la giacca di Ernesto.

MICHELE ‑ (all'aprirsi del sipario è solo in scena, seduto al tavolino. Fissa nel vuoto, pensieroso e cupo).

ERNESTO ‑ (dopo qualche istante entra da destra con Paola. E' in maniche di camicia, con il solito grembiule da giardino) S'accomodi, signora. S'accomodi. (Michele si mette a scrivere).

PAOLA ‑ (a Michele) Buongiorno.

MICHELE ‑ (senza sollevare il capo) ... giorno.

ERNESTO ‑ Scusi un momento, signora. Mi «trasformo» in notaio. (Si toglie il grembiule e indossa la giacca).

PAOLA ‑ (si guarda attorno) Incredibile!... (Indica) Anche le rose!... In tre giorni questo studio sembra cambiato da così a così (Fa il noto gesto con una mano). Ne parlano tanti di questo mutamento.

ERNESTO ‑ Bene o male?

PAOLA ‑ Bene! Benone. (Michele, seccato, fa l'atto di alzarsi).

ERNESTO ‑ No, Michele. Non andare via, per favore. Devi leggere l'atto di vendita del terreno della signora Giardini.

MICHELE ‑ (sbuffa e rimane seduto. Prende un foglio formato protocollo) Posso cominciare?

ERNESTO ‑ (a Paola) Si sieda, prego. (Paola siede accanto alla scrivania, dove prende posto Ernesto, il quale si rivolge a Michele con tono professionale) Procedi.

MICHELE ‑ (legge di malavoglia) «Qui, davanti a me, Ferroni Ernesto, notaio eccetera eccetera ... ».

ERNESTO ‑ Più forte, per cortesia.

MICHELE ‑ (sbuffa e riprende a leggere) «Convenuti la signora Giardini Paola, proprietaria, e l'ingegner Rossi Rodolfo, amministratore della Società Metallurgica, eccetera eccetera, stabiliscono la cessione da parte della signora Giardini dei suddetti terreni alla Società Metallurgica, per la somma complessiva eccetera eccetera. In fede. Firmato: ingegner Rossi Rodolfo. (Si alza e dà il foglio a Paola, poi risiede).

ERNESTO ‑ L'ingegnere ha firmato stamane. Mi ha detto pure di salutarla e ringraziarla tanto. Non ha potuto essere presente, causa un importante consiglio d'amministrazione.

PAOLA ‑ Per me va benissimo. (Firma con la penna che le porge Ernesto)  Sui contratti che redige lei firmerei a oc­chi chiusi.

ERNESTO ‑ La ringrazio.

PAOLA ‑ (dà il foglio a Ernesto) Ecco.

ERNESTO ‑ E su quello che fu il terreno di suo marito avrà la soddisfazione di veder sorgere una grande industria.

PAOLA ‑ Che darà lavoro a molti. L’ingegner Rossi, per giunta, mi ha garantito che farà costruire anche le case per i dipendenti e un nido per i piccoli dei lavoratori.

ERNESTO ‑ Non basta!  Si parla molto di lei come futuro sindaco. Eh sì, perché l'onesto prezzo di cui si è accontentata ha favorito tante cose.

PAOLA ‑ Ne sono lieta. Adesso, se possibile, vorrei in restituzione quel documento che avevo firmato a suo fratello.

ERNESTO ‑ Più che giusto. (Estrae un foglio da un tiretto e glielo fa vedere) E’ questo?

PAOLA ‑ Sì.

ERNESTO ‑ Guardi. (Lo strappa in minutissimi pezzi, mentre Michele fa una smorfia di dolore).

PAOLA ‑ (si alza) Ora sono proprio tranquilla. (Ernesto si alza e accompagna Paola verso destra, ma questa si ferma vicino al tavolino di Michele) Congratulazioni!

MICHELE ‑ (sussulta) Per che cosa?

PAOLA ‑ (ride) E lo chiede? E’ quasi di dominio pubblico la notizia che sua figlia si fidanza con il dottor Lombardi della Banca Agricola.

MICHELE ‑ (falso) Ah siiii? (Paola annuisce. Maligno) Quando, mia figlia, si fidanza?

PAOLA ‑ Oggi.

MICHELE ‑ (balza in piedi) Oggi?!? (Paola annuisce) Dove?

PAOLA ‑ Qui, diamine!

MICHELE ‑ (boccheggiante) Qui‑qui?

PAOLA ‑ Certamente, signor notaio. Vorrà mica che il fidanzamento avvenga in piazza?

MICHELE ‑ (C. s.) E‑e… E‑e ci sarò anch'io?

PAOLA ‑ (ride) Naturalmente.

MICHELE - No!

PAOLA ‑ Come «no»?

MICHELE ‑ «No» è… «no»!

PAOLA ‑ Forse non le piace il giovane?

MICHELE ‑ Mi piace nessuno!

PAOLA ‑ Vuole forse che la sua Simonetta rimanga zitella, e quindi sua segretaria?

MICHELE ‑ (confuso) Anche! Cioè! Forse Non so.

PAOLA ‑ S'immagina cosa si direbbe in tutta la provincia? (Michele scrolla le spalle) Be', i più «informati», o colti, direbbero che lei è un bravo.

MICHELE ‑ Bene!

PAOLA ‑ (scandisce le parole) Il bravo che terrorizzò Don Abbondio, dicendogli: «Questo matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai». Ma per i più lei sarebbe un… un… (a Ernesto, il quale ha assistito al dialogo, con mol­ti sorrisi) Glielo dica lei.

ERNESTO ‑ Mi sporgerebbe querela. Quindi mi limito a ri­cordargli che Simonetta e Fabrizio sono maggiorenni, e che il dono dell'anello di lui a lei avverrà qui, stamane. (Michele fa l'atto di reagire) Stai tranquillo! Non pren­deremo neppure una goccia del tuo vino.

MICHELE ‑ lo andrò a fare una passeggiata.

ERNESTO ‑ Farai bene. Altrimenti staremo un po' stretti, poi­ché ‑ contemporaneamente a quello dei giovani ‑ mi fi­danzerò anch'io con Marisa.

PAOLA ‑ (sincera, lieta) Chissà che bella festa!

ERNESTO ‑ (con un lieve cenno d'intesa con Paola) Più la sorpresa.

PAOLA ‑ (allegra) E vero! (Rivolta a Michele) Buongior­no.

MICHELE ‑ (risiede e borbotta)  …giorno.

ERNESTO ‑ A presto, signora Giardini.

PAOLA ‑ Non c'è alcun dubbio. (Sorride a Ernesto, ed esce a destra).

MICHELE ‑ (borbotta) Una bestialità dopo l'altra…

ERNESTO ‑ (che nel frattempo è andato a sedere alla scrivania) Perché?... Cos'hai che ti tormenta?... Va tutto bene.

MICHELE ‑ (maligno) Per te anche questo affare perduto del terreno, vero? Un affare che succede una volta sola nella vita.

ERNESTO ‑ Tu credi che succeda tante volte l'occasione di fare il galantuomo? Oh, lo so: fare il galantuomo è un lusso che si paga. La sola cosa che si può guadagnare, oggigiorno, è una patente da cretino. Ma non è giusto!... Capisci, Michele? Non è giusto.

GINA ‑ (entra allegra da destra) Ho incontrato la signora Giardini. Mi ha abbracciata!

MICHELE ‑ (borbotta) L' ha fatto anche Giuda.

GINA ‑ Smettila, Michele, ché stanno piazzando la nuova targa dello studio. Vedeste quanto è bella!... «Michele e Ernesto Ferroni, studio legale e notarile». Magnifica!... Brilla come se fosse d'oro!

MICHELE ‑ (maligno) M'immagino i commenti della gente.

ERNESTO ‑ Strano... Non ti curavi neppure di quelli che facevano sul tuo continuo strozzinaggio. Poi... Lascia fare a me. Vedrai che la gente benedirà la nostra casa.

MICHELE ‑ Sfido!... Tu regali anche cos'hai addosso.

GINA ‑ (a Ernesto) A proposito di cos'hai addosso... Ti ricordo che devi andare dal sarto per la misura del tuo abito da cerimonia.

MICHELE ‑ (allarmato) Quale cerimonia?

GINA ‑ Il suo (indica Ernesto) matrimonio, lo sai.

MICHELE ‑ Non potevi farti adattare il vestito del nonno, che indossò solo il giorno che sposò nonna?

GINA ‑ Suvvia, Michele... Non dire sciocchezze.

MICHELE ‑ (amaro) Hai ragione. Tanto più che lo pagherà con i soldi che erano miei. (A Ernesto) Spendi e spandi, eh?...

GINA ‑ Dovresti spendere e spandere anche tu. D'altronde, a cosa servono i soldi, se non per fare del bene al prossimo e a se stessi, con buonsenso?

ERNESTO ‑ (a Gina) E’ inutile. Non può, e non vuole, capire.

GINA ‑ Eh sì... E’ come lavare la testa a un asino. (Si accorge che, forse, ha esagerato. Si mette una mano sulla bocca, poi dice a Michele) Mi è scappata.

MICHELE ‑ (scrolla le spalle) Ormai...

ERNESTO ‑ Be'... Vado dal sarto. A presto. (Esce a destra).

GINA ‑ (gentilissima) Vuoi un caffè?

MICHELE ‑ (dispettoso) No!

GiNA ‑ Pazienza. (Esce a sinistra).

MICHELE ‑ (si alza e sospira) Non posso più andare avanti così... (Guarda la sua scrivania; va ad accarezzare quella che era la sua sedia; prova a sedersi e assume un'aria di comando, borbottando) Comando io... Sì, sì: comando io. (Subito si riprende, perché anche lui non ci crede più. Sconsolato, scuote il capo) Non funziona più... Più‑più.

LUCIANO - (fa capolino alla porta di destra) Posso?

MICHELE - (balza in piedi e s'allontana dalla scrivania, come un bimbo colto in fallo) E lei, Venturi?... Entri pure.

LUCIANO ‑ (avanza con circospezione. E’ untuoso, falso come prima) E solo?

MICHELE ‑ No. (Luciano fa un passo indietro) C'è anche lei.

LUCIANO ‑ E ha ancora voglia di scherzare?

MICHELE ‑ Senta, geometra. Mi dica in fretta cosa vuole e se ne vada. A vederla qui, in questi momenti, mi sembra un avvoltoio che gira intorno a un... Lasciamo andare. (Fa gli scongiuri).

LUCIANO ‑ E arrabbiato perché da tre giorni non mi faccio vedere?

MICHELE ‑ Di questo, semmai, sono contento. Insomma!... Perché è venuto?

LUCIANO ‑ (timoroso) Mi... Mi occorre il suo aiuto.

MICHELE ‑ L'avrei giurato che voleva qualcosa.

LUCIANO ‑ Le propongo un affare. Anzi, un affarone.

MICHELE ‑ Per lei, o per me? Lo sa che se cerca soldi ha sbagliato persona.

LUCIANO ‑ Io, i soldi, glieli porto.

MICHELE ‑ (interessato) Davvero?

LUCIANO ‑ Stia attento. Io ho una zia... ottantacinque anni suonati e ribattuti... sola solissima ... quasi moribonda... un mucchio di denaro e d'immobili ... Nessun parente all'infuori di me.

MICHELE ‑ Allora è a posto!

LUCIANO ‑ (scuote la testa) ... no. La sua governante m'ha confidato che la zia, sotto il cuscino, tiene un pezzo di carta, sul quale c'è scritto che lascia tutto alla parrocchia. (Disperato) Capisce, signor notaio?... «Al‑Ia par‑rocchia».

MICHELE ‑ E lei le faccia fare un testamento a suo favore.

LUCIANO ‑ Ho già tentato, ma dice che prima vuole consigliarsi con qualcuno. L’ho spaventata, dicendole che se non fa regolare testamento in presenza di un notaio, le prenderà tutto il municipio. Ecco perché mi serve il suo aiuto.

MICHELE ‑ Sì, ma io... Come faccio?

LUCIANO ‑ Ho detto alla zia che lei sarebbe andato a trovarla, e che le avrebbe dato «i consigli della legge». Chiaro?

MICHELE ‑ Veramente... Non è un lavoro che mi piace. Però, considerate le circostanze... La nostra amicizia... Mi restituirà quell'assegno?

LUCIANO ‑ L' accompagnerò a incassarlo, e lei mi regolerà finalmente quanto ho «segnato, segnato, segnato».

MICHELE ‑ (esita un attimo. Poi) D'accordo. Comunque, per la questione di sua zia, avrò una percentuale, spero.

LUCIANO ‑ Naturalmente. Va bene il venti per cento?

MICHELE ‑ (sornione) Il trenta va benissimo.

LUCIANO ‑ (rassegnato) Co‑co... Co‑come vuole lei. Andiamo subito?

MICHELE ‑ Subito non posso. Fra poco, qui, succederà un finimondo famigliare.

LUCIANO ‑ Vado io e comincio a prepararla.

MICHELE ‑ Bravo. Cominci a prepararla. Al resto penso io.

LUCIANO ‑ Arrivederci. (Esce a destra).

MICHELE - (si frega le mani e sogghigna. Squillo del telefono. All'apparecchio) Pronto... No, Torelli! Non mi parli più d'azioni, né di Borsa!... Come dice?... (Il suo viso si illumina) Le mie Sider sono alle stelle, perché hanno ottenuto ordini dallo Stato?... (Felice) Le venda subito tutte! Quanto incasserò?... (Balbetta, emozionato) Fa‑fa... Fa‑fantastico!... No! Non sul conto corrente! Mi mandi un assegno circolare. Intestato a me! Soltanto a me, mi raccomando!... Grazie e buongiorno. (Posa il ricevitore. Fa piccoli salti di gioia e si frega le mani) Sono un «asso» della Borsa!... E qui sarò un «asso»... di bastoni! (Gesticola con le mani, come se menasse botte a dritta e a manca).

SIMONETTA ‑ (entra da sinistra, portando un plico di documenti diversi, dello spessore di quattro dita. Vede i gesti di Michele, e sorride, allegra) Cosa fai, papà?... Il direttore d'orchestra o il vigile urbano?

MICHELE ‑ (sarcastico) Mi «alleno». (Indica il plico) Hai dattilografato ogni cosa?

SIMONETTA ‑ Sì. (indica la scrivania) Poso qui?

MICHELE ‑ Per carità!... (Indica il tavolino) Qui. (Minaccioso) Ma ancora per poco. (Sogghigna).

SIMONETTA ‑ (posa il plico sul tavolino) Ti vedo allegro.

MICHELE ‑ Come non mai! (Si frega le mani).

SIMONETTA ‑ Mi fa molto piacere, e se permetti torno di là (indica a sinistra).

MICHELE ‑ Hai altro da dattilografare?

SIMONETTA ‑ (sorride e scrolla il capo) ... ho Fabrizio.

MICHELE ‑ (contrariato) Di là?!?... (Indica a sinistra).

SIMONETTA ‑ Perché no?... C'è anche mamma. Capirai che Fabrizio, passando nello studio, temeva di disturbarti.

MICHELE ‑ (ironico) Quant'è carino!...

SIMONETTA ‑ Puoi dirlo forte, anche per me.

MICHELE ‑ Vai, vai...

SIMONETTA ‑ Grazie. (Esce a sinistra).

MICHELE ‑ (borbotta, maligno) Sistemerò anche il «carino».

ERNESTO ‑ (dall'esterno a destra) Entri!... Non avrà mica paura?

MICHELE ‑ (s'affretta ad andare a sedersi al tavolino).

BASILIO ‑ (entra da destra, timoroso. A vestito come nel secondo atto).

ERNESTO ‑ (lo segue) Come vede, nessuno l'aggredisce.

BASILIO ‑ (a Michele) Buon‑buon… Buongiorno.

MICHELE ‑ (secco) Anche a lei!

ERNESTO ‑ (a Michele) Scusa l'intrusione, ma ho visto il signor Basilio sulla porta del suo negozio, e l'ho sequestrato.

MICHELE ‑ Motivo?

ERNESTO - Naturale. Per farmi tagliare i capelli.

MICHELE ‑ (scoppia a ridere) Da lui? (Indica Basilio).

ERNESTO - E’ il suo mestiere, no?

MICHELE ‑ Sì, ma il rischio è del cliente.

ERNESTO ‑ lo non ho paura.

MICHELE ‑ Vedremo! (Ipocrita, si alza premuroso e pone una sedia, fronte al pubblico, davanti al tavolino. Poi aErnesto) Coraggio! Siedi.

ERNESTO ‑ Saresti un perfetto ragazzo di bottega. (Siede).

MICHELE ‑ (maligno) Alé, «braccio elettrico»!

BASILIO ‑ (alle spalle di Ernesto, estrae di tasca un asciugamano perfetto di bucato e stiratura, e lo distende, orgoglioso, davanti a Michele) Questo sì che è un asciugamano come si deve. (Lo mette intorno al collo di Ernesto, del quale osserva attentamente ‑ da ogni parte ‑ il capo).

MICHELE ‑ (ironico, a Basilio) Prende la mira?

BASILIO ‑ (scuote il capo) ... no. Guardo dove devo tagliare. (Dal taschino estrae le forbici, e le tiene con mano ferma).

MICHELE ‑ (ridendo, s'avvicina all'apparecchio telefonico e afferra il ricevitore) Sarò più rapido a chiamare il «pronto soccorso».

ERNESTO ‑ Non occorrerà. La mano del signor Basilio farà un capolavoro.

BASILIO ‑ (s'accinge a tagliare i capelli sulla nuca di Ernesto).

MICHELE ‑ (a Basilio) Inforchi l'allarme!

BASILIO ‑ Come vede non è necessario. (S'accinge come prima).

MICHELE ‑ (posa il ricevitore) Allora stop! C'ero prima io, da tre giorni! Tocca a me! (Rapidamente prende una sedia, la pone fronte al pubblico a due passi da quella dove sta seduto Ernesto, e si siede).

ERNESTO ‑ Non fare il bambino.

MICHELE ‑ Insisto, in omaggio al diritto.

BASILIO ‑ (a Ernesto) Che faccio? 

ERNESTO ‑ Lo accontenti.

BASILIO ‑ (a Michele) Mi serve quello «straccio» che lei chiama «asciugamano».

MICHELE ‑ Ha ragione. (Balza in piedi e va alla scrivania) Lo avrà immediatamente. (Da un cassetto estrae l'asciu­gamano in pessime condizioni dell'atto precedente, se lo mette intorno al collo e torna a sedere) Attacchi!

BASILIO ‑ (con le forbici in mano s'avvicina alla nuca di Michele, e viene subito assalito dal «tic») Mi spiace,

ma… (Tace).

MICHELE - (si volta, vede) Noooo! (Scatta in piedi).

BASILIO ‑ (continuando con il «tic») Metto l'allarme. (Fa l'atto di mettersi la mano in tasca per prendere il brac­cialetto).

MICHELE ‑ Eh, no! (Maligno) Serva prima lui! (Indica Er­nesto).

BASILIO ‑ (rinuncia ad estrarre di tasca il braccialetto e s'avvicina a Ernesto con le forbici. Appena gli è vicino smette il «tic». Sorpreso) Non tremo più.

MICHELE ‑ (irritato) Incredibile!... Provi ad avvicinare le forbici alla mia testa.

BASILIO ‑ Se vuole (Avvicina le forbici al capo di Miche­le, e subito viene assalito dal «tic»).

MICHELE ‑ Continui con lui! (Indica Ernesto).

BASILIO ‑ (avvicina le forbici al capo di Ernesto, e gli ces­sa il «tic»).

MICHELE ‑ (furioso) Com'è possibile? La mia testa è uguale alla sua! (Indica Ernesto).

ERNESTO ‑ (sorridente) Forse. Ma per le forbici del signor Basilio, evidentemente, conta «ciò che c'è dentro». (Si batte l'indice sulla fronte) Comunque, per evitare discussioni, rinuncio anch'io. (Si alza e restituisce l'asciugamano a Basilio, il quale lo piega con cura e lo intasca).

MICHELE ‑ (C. s., togliendosi l'asciugamano) E’ lui!... (Indica Basilio) E’ lui che qui… (si batte l'indice sulla fronte) ha qualcosa fuori posto.

ERNESTO ‑ Calmati, Michele. E lei, signor Basilio, abbia pazienza. Vedrà che, magari presto, la sua mano sarà sempre ferma «come torre che non crolla».

BASILIO ‑ Grazie lo stesso a tutt'e due. Buongiorno. (Esce a destra).

MICHELE ‑ Siamo a quattr'occhi. Dimmi la verità. Tu vuoi proprio sposare «quella là»?

ERNESTO ‑ «Quella là», d'ora in poi, ti prego di chiamarla con il suo nome: «Marisa».

GINA ‑ (entra da sinistra, decisa) Michele, è giunta l'ora!

MICHELE ‑ (aggressivo) Lo dico anch'io!... E vedrete, tutti quanti, che vi darò una lezione indimenticabile.

GINA ‑ (indifferente) Sarà... Comunque... (Si rivolge verso sinistra) Venite.

SIMONETTA e FABRIZIO ‑ (entrano da sinistra).

GINA ‑ (di nuovo rivolta a sinistra) Anche tu, Marisa.

MARISA ‑ (entra da sinistra. Ernesto le sorride, va a prenderla per mano e la tiene accanto a sè.)

MICHELE ‑ (sarcastico, guardando tutti) Che bella riunione «super‑famigliare»!... (Deciso) Ascoltatemi attentamente.

ERNESTO ‑ Scusa, ma prima parlerò io.

MICHELE ‑ (testardo) No! lo.

ERNESTO ‑ (deciso e autoritario) Tu parlerai dopo di me, e io ti ascolterò con la massima attenzione. (Agli altri) Siccome vi ho sempre informati tanto di ogni cosa, quanto delle mie intenzioni e dei miei propositi, vi invito a intervenire pure voi.

MICHELE ‑ (sogghigna) Sì, sì, dite ciò che vi pare. Poi vedremo!

ERNESTO ‑ Comincio col dirti che cedo le armi.

GINA ‑ Quelle «armi» che ha dovuto usare per mettere un po' d'ordine in questa casa.

ERNESTO ‑ Proprio così... Mi ero tirato su le maniche, e ora... Le rimetto a posto.

SIMONETTA ‑ Evidentemente, papà, non è il mestiere di zio Ernesto fare il «padrone».

MARISA ‑ lo direi che ne sarebbe capace, sì... Ma il suo cuore ne soffrirebbe troppo.

ERNESTO ‑ Tu, mio caro fratello, crederai che io non ti voglia più bene. Non è vero. Ho per te lo stesso affetto di quand'eravamo bambini, e io ti ammiravo. Ora torno al mio giardino, ai miei sogni con Marisa.

GINA ‑ Ti lascia tutto, capisci?, sperando che da adesso in poi farai il «padrone» come lo faceva lui.

ERNESTO ‑ Hai la parola, Michele. E comincia pure dicendomi che sono un fallito, una specie di cretino.

MICHELE ‑ (che ha ascoltato tutti, cambiando gradualmente l'espressione del viso: da sarcastico in principio a quasi commosso da quanto ha udito, si rivolge a Ernesto, con calma) Tu... Tu rinunci a tutto? (Ernesto annuisce) Proprio a tutto?

ERNESTO ‑ Mi sembra d'avere parlato chiaro.

MICHELE ‑ Ma... Non vuoi niente in cambio?

ERNESTO ‑ Per me, no. Per Simonetta e Fabrizio qualcosa dovresti dare.

MICHELE ‑ Cosa?

ERNESTO ‑ La tua affettuosa approvazione ai loro progetti.

MICHELE ‑ (è perplesso. Con sforzo cerca di assuefarsi alla nuova situazione che l'ha colpito di sorpresa. Si gratta la testa) Già, già...

ERNESTO ‑ Parla. Cosa volevi dirci?

MICHELE ‑ (sempre più imbarazzato) Ecco... Veramente... (Risoluto, prende Ernesto per un braccio e lo tira avanti, in disparte. Sottovoce, vergognoso) Sai... Quelle azioni Sider... (Tace).

ERNESTO ‑ Ebbene?... Sono crollate?... Che importa?

MICHELE ‑ Sono salite, invece!... Ho guadagnato un sacco di milioni! (China la testa, vergognoso) Sono di nuovo ricco... Avrei voluto vendicarmi... Tornare a dire «Comando io!»... Ma dopo il tuo gesto... Come si fa?

ERNESTO ‑ (comprende e lo abbraccia ridendo) Non pensarci più. Meglio così, no?

MICHELE ‑ (Si rasserena e ride anche lui come non ha mai riso) Giusto!... Non pensiamoci più, e... grazie!

LUCIANO ‑ (entra da destra, agitatissimo, gridando) Notaio!... Notaio!...

MICHELE ‑ Come si permette?...

LUCIANO ‑ Sta morendo!... Sta morendo!... Venga subito, per favore... Subito! Le dò il quaranta per cen...

MICHELE ‑ (interrompe, prende Luciano per il bavero e parlando lo spinge fuori a destra) Cosa dice?... Con chi crede di parlare?... Questo è l'onorato studio dei notai «Michele e Ernesto Ferroni». (Stupore di tutti gli altri) Via!... E non si faccia più vedere! Mai più!... Escluso che si tratti di cose pulite. Sennò la congederò sempre così! (Lo spinge fuori. Michele si volta verso gli altri, sorridente e soddisfatto) Visto come si fa a fare pulizia?

ERNESTO ‑ Congratulazioni!... (Indica la sedia della scrivania) Prego, signor notaio Michele Ferroni.

MICHELE ‑ (sorride, si erge scherzosamente sulla persona e siede) Grazie, signor notaio Ernesto Ferroni. (Appoggia le mani sulla scrivania, come se ne prendesse possesso, e si guarda intorno, serio).

ERNESTO ‑ (fa l'atto di avvicinarsi alla scrivania) Tolgo le rose.

MICHELE - No!... Anzi, d'ora in poi, anche sulla mia scrivania voglio rose‑rose‑rose. Non basta!... Attenzione! (Balza in piedi. Tutti lo guardano stupiti e un po'preoccupati) Do il mio primo ordine della nuova éra. (Attimo di pausa) Ordino!... «Or‑di‑no»... a me stesso... (Ride di cuore) ... di accogliere subito due persone che mi sono piaciute al primo sguardo. (S'avvicina a Marisa) Cara cognata‑professoressa... (Le prende dolcemente la mano destra e gliela bacia).

MARISA ‑ (emozionata, confusa) Gra‑grazie, signor not...

MICHELE ‑ (interrompe) Michele!... Solamente «Michele». (Marisa annuisce. Michele si avvicina a Fabrizio e lo abbraccia) Caro genero‑bancario!...

FABRIZIO ‑ La ringr... Cioè!... Ti ringrazio, «papà».

MICHELE ‑ (a Ernesto e Fabrizio) Fuori gli anelli! (Ernesto e Fabrizio annuiscono ed estraggono di tasca un astuccio contenente un anello da fidanzamento e lo danno, rispettivamente, a Marisa e Simonetta).

MARISA ‑ (commossa, estrae l'anello e lo infila nell'anulare sinistro) Stupendo, Ernesto. Grazie.

SIMONETTA ‑ (idem come Marisa) Meraviglioso, Fabrizio. Grazie.

GINA e MICHELE ‑ (applaudono, ritmando) «Ba‑cio!... Bacio!... Bacio! ... ».

PAOLA ‑ (entra da destra, vivacissima) Sì, però nella mia villa, dove dallo spumante agli stuzzichini ai pasticcini è già tutto pronto!

MICHELE ‑ (Sorpreso, ma gentilissimo) Scusi, signora Giardini, ma non capisco...

PAOLA ‑ (interrompe, ridendo) Sveglia, signor notaio!... lo sono... «la sorpresa»!

MICHELE ‑ (disorientato) Qua‑qua... Quale «sorpresa»?

PAOLA ‑ Quella che tre giorni fa stavano per rivelarle sua moglie e sua figlia, e che Ernesto le ha annunciato mezz'ora fa. Ovvero che Fabrizio è figlio di mia sorella, quindi mio unico nipote, e... (maliziosa) ... molto significativo per un notaio, sarà anche mio erede universale.

MICHELE ‑ (felicemente sorpreso) Accid... Pardon!... Volevo dire che non l'avrei mai immaginato.

PAOLA ‑ Allegro, diamine!... Perché in famiglia, per merito di Marisa‑Ernesto e Simonetta‑Fabrizio, lei avrà delle eccezionali NOZZE CON SORPRESA! (Applaude rivolta a Michele, subito imitata dagli altri).

SIMONETTA ‑ Io e Fabrizio andremo ad abitare nella villa di «zia» Paola (la indica).

PAOLA ‑ (lieta) Così il probabile sindaco (indica se stessa) avrà almeno due cittadini sottocchio.

GINA ‑ Ernesto e Marisa, invece, occuperanno il nostro secondo piano (indica verso il soffitto).

MICHELE ‑ (sinceramente lieto) Più organizzati non si può essere!... Dunque voi, tutti voi, sapevate tutto.

GINA ‑ Senza dubbio, caro. Per il tuo, e nostro, bene, abbiamo seguito attentamente ogni idea e istruzione di Ernesto.

MICHELE ‑ (affettuoso, ad Ernesto) Sei una volpe, tu.

TUTTI ‑ (esclusi Michele ed Ernesto, esclamano in coro) Una volpe di nome Ernesto! (Ridono tutti, ma poi la loro risata sfuma e tutti guardano verso destra, da dove proviene l'energico scampanellio della sonagliera al braccio di).

BASILIO ‑ (il quale entra da destra, tenendo il braccio destro totalmente alzato con le forbici impugnate, e agitato dal «tic». Felice) Non ho più il «braccio elettrico»!...

MICHELE ‑ Come no?... (Indica il braccio agitato di Basilio).

BASILIO ‑ Sì, ma da «antifurto» si è trasformato in «campanile». Infatti... guardino. (Porta il braccio orizzontale, che rimane fermo).

FABRIZIO ‑ Lo dirò ai colleghi e verrò anch'io nel suo negozio.

BASILIO ‑ Molto gentile.

ERNESTO ‑ Però, signor Basilio, siccome per la nostra festa sono gradite le «campane»... su il braccio!

BASILIO ‑ (esegue e lo agita).

TUTTI ‑ (ridono e applaudono Basilio, mentre il sipario si chiude).

FINE DELLA COMMEDIA