‘Nu strano pollice dint”a recchia

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COMMEDIA COMICA IN TRE ATTI DI

PASQUALE CALVINO

(2009)

Libero adattamento e traduzione in italiano da

“LA PUCE ‘A L’OREILLE”

di GEORGES FEYDEAU

(1907)

Versione napoletana di


PAOLO DI PERNA

(6U+8F;scena ABA)

(2014)


PERSONAGGI E INTERPRETI

(In ordine di entrata)

1m-CAMILLO CIANCIULLI, segretario balbuziente e cugino di Vittorio,

nonché amante di Antonietta        _____________________

1f-ANTONIETTA, cuoca di Vittorio, sorella minore di Emilia e amante di Camillo

_____________________

2f-EMILIA, cameriera di Vittorio e sorella maggiore di Antonietta

_____________________

2m-ARTURO FOLLIERO, medico e amico di famiglia            _____________________

3f-LUCIANA INGRASSIA, amica di Teresa e moglie di Rosario

_____________________

4f-TERESA CIANCIULLI, moglie di Vittorio                             _____________________

3m-VITTORIO CIANCIULLI, assicuratore                               _____________________

4m-RICCARDO TORTORA, amico di Vittorio e playboy incallito, innamorato di Teresa

_____________________

5m-ROSARIO INGRASSIA, marito di Luciana, gelosissimo, siciliano caliente

_____________________

5f-EUGENIA, cameriera dell’albergo                                                _____________________

6f-ADRIANA FERRARO, direttrice dell’albergo a ore     _____________________

7f-OLIMPIA FERRARO, cameriera dell’albergo e sorella di Adriana

_____________________

8f-BATTISTINA, finta malata sul letto girevole                   _____________________

6m-RUGBY, cliente inglese dell’albergo                                            _____________________

PASQUALE, cameriere dell’albergo e sosia di Vittorio (attore in doppia parte)

_____________________


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                       Pag. 2


(Camillo, a gesti, fa capire che potrebbe entrare qualcuno)

ATTO PRIMO

La scena che si consiglia rappresenta il salotto dei Cianciulli, stile inglese.

Il lato sinistro della scena è liscio, il lato destro ha una breve ansa. Sul fondo, un grande vano a fondo pieno e centina-to, al centro del quale c’è una porta a due battenti (serrature e chiavistelli esterni). A destra e a sinistra del vano, porte a un solo battente, con chiavistelli esterni.

A sinistra, in primo piano, una porta a un battente, in mogano come le altre (serrature e chiavistelli interni). In secondo piano, nell’ansa, un caminetto piuttosto alto. Nell’intavolato, piccoli pannelli di seta disegnata a ranuncoli gialli; tende della finestra e tendaggi per il grande vano del fondo nella stessa seta; tendine bianche alla finestra.

Il mobilio è di mogano e in stile inglese. Sul fondo, nel pannello che divide il grande vano dalla porta di destra, uno chiffonnier stretto e abbastanza alto. Gli fa pendant, a sinistra del vano, un mobiletto di riscontro. A sinistra, tra la fi-nestra e il fondo, un piccolo mobile con tre cassetti. Davanti alla finestra, una panca imbottita senza spalliera. Contro la panca, uno di quei grandi scrittoi inglesi a forma di X che, chiusi, non tengono più posto di una cartella da disegno e, aperti, formano una tavola che contiene nel suo interno tutto l’occorrente per scrivere. Al levarsi del sipario, questo mobile è chiuso.

In mezzo alla scena, sulla sinistra, non lontano dalla panca, ma più verso il fondo, un piccolo divano con la spalliera in mogano traforato, messo sghembo e col dorso al pubblico. Di fronte e sempre al di là della panca, un tavolinetto di sti-le diverso, con una sedia per lato. Sulla destra, un grande tavolo collocato perpendicolarmente alla scena. Una sedia per lato. Sopra il caminetto, uno specchio. Stampe inglesi inquadrate nei pannelli. Ninnoli a volontà. Nella hall esterna, in faccia alla porta del grande vano, una panca da sala di ingresso. Sopra, al muro, un telefono. Invisibile al pubblico, la porta di ingresso dello scalone.

All’aprirsi del sipario, Camillo è in piedi; si appoggia al lato sinistro dello chiffonnier, e volta le spalle al vano di fon-do. Sta consultando un dossier che ha preso da uno dei cassetti. Un tempo. La porta sul fondo a sinistra si apre lenta-mente e si vede far capolino Antonietta. Essa getta uno sguardo inquisitore nella stanza, poi, scorgendo Camillo intento al suo lavoro, gli si avvicina in punta di piedi, gli afferra la testa con le due mani, dal di dietro, e gli dà un brusco ba-cio.

SCENA PRIMA

(CAMILLO, poi ANTONIETTA, indi EMILIA e ARTURO)

CAMILLO            (Sorpreso, riprende a stento l’equilibrio; brontolone) A o, o i uò! (Aiutandosi con la mimica e la

gestualità bisogna far intendere “MA NO,NON SI PUÒ!”; in realtà, e lo stesso accadrà per tutto l’atto,

egli deve parlare in modo assolutamente inintelligibile, con una voce nasale e pronunciando solo le

vocali delle sue battute – ma in modo netto – come le persone che hanno il palato perforato)

ANTONIETTA     ‘E patrune songhe asciute.                                                                                                                 Ma ‘e

che te miette appaura?? Si ce sta quaccheduno ca s’ha da mettere appaura, chella songh’io… cu’ sorema ca me vulesse fà fà ‘a vita ‘e ‘na monaca e ca sta sempe ‘mmiezo… Allora?! M’‘o vuò dà ‘nu bellu vasillo?

CAMILLO            (È impacciato) (EH,!)

ANTONIETTA     E ghiammo, ampressa ampressa, damme ‘nu vaso ‘e chilli ca sulo tu saje dà! (Camillo

scrolla le spalle come fanno i bambini imbronciati) E ghiamme, spiccete! (Camillo per un mo-mento la guarda, come chi non sa se debba ridere o adirarsi, poi, improvvisamente eccitato, sta per dare un grosso bacio goloso quando la porta in fondo si apre: sono Emilia e il dottor Arturo Follie-ro)

EMILIA                 (Ancora nel vestibolo) Trasite, trasite, dottò.


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CAM. + ANT.    (Insieme) Mamma d’‘o Carmene!

ANTONIETTA

Sorema Emilia! (Si separano bruscamente. Camillo, battendosela come un coniglio, si eclissa dal-

la porta di destra. Antonietta si è spostata rapidamente a sinistra: e lì, come inebetita, si ferma)

EMILIA

(Ad Antonietta) Che staje facenno lloco?

ANTONIETTA

Ehm… io? Sò… sò venuta a piglià ll’ordine… ll’ordine p’‘opranzo…

EMILIA

Qual’ordine? Nun ‘o ssaje ca ‘e patrune songhe asciute? Songh’io ch’aggio ‘a piglià

ll’ordine e po’ t’‘e ddico… Mò vattenne subbeto dint’‘a, cucina, fà ampressa! ‘O sa-

lotto nun è ‘o posto pe’ ‘na coca.

ANTONIETTA

Ma io…

EMILIA

Vattenne! E nun discutere! (Antonietta esce da sinistra brontolando)

ARTURO

(Seduto sulla seggiola a sinistra del tavolo) Che sorella autoritaria!

EMILIA

Si nun ce stesse je chi ‘o ssape che fosse capace ‘e cumbinà…

ARTURO

Ma io penzo ca a vuje ve piace ‘e cumannà… ‘e ve vestere d’autorità…

EMILIA

Vedite duttò, ‘sta sorellina d’‘a mia è ingenua assaje, e putesse cadè facilmente dint’

‘a rete d’‘e maschiette.

ARTURO

(Alzandosi) Ah sì? (Risata) Comunque è‘na sora obbediente…Beh, visto ca‘osignor

Vittorio nun ce sta, io me ne vaco… Sapite verso che ora vene??

EMILIA

Sicuramente ‘nce vò ‘na mez’ora abbondante.

ARTURO

(Prende sul tavolo il cappello e se lo mette in testa) Sentite…Io aggio jì a visità‘nu malato,

ccà vicino. ‘O vaco a liquidà e torno!

EMILIA

(Scandalizzata) Oh! Comme?!

ARTURO

Ma ch’avite capito? No comme penzate vuje. No, no, grazie a Dio! Tengo assaje ma-

late e ‘nce tengo! Vulevo dicere ca ‘o liquido, cioè sbrigo ‘a visita e torno ccà fra ‘nu

quarto d’ora. Scusateme. (Fa per uscire, ma avanza di nuovo) Ah, mò me scurdavo: si ‘o

patrone vuosto avesse ‘a turnà primma ca io vengo, dateci questo. (Trae di tasca un fa-

scicolo) E dicitece ca aggio visitato‘o cliente siciliano. È n’ommo‘eprimm’ordine…

tene ‘na salute ‘e fierro… ‘Nce po’ ffà l’assicurazione senza probbleme.

EMILIA

‘O siciliano! Don Rosario Ingrassia. Sì, sì, ‘o saccio. A proposito, ‘a mugliera sta ‘a

llà, dint’‘o salone.


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SCENA SECONDA

(LUCIANA e detti, poi CAMILLO)

LUCIANA

(Comparendo dalla porta di fondo sinistra, a Emilia) Pè piacere, me putite dicere… (Ma scor-

gendo Folliero) Uh! Scusateme, signore. (A Emilia) Site sicura ca‘a signora Teresa torna

ampressa?

EMILIA

Sicurissima, signò. M’ha pure raccumannato: “Si avesse ‘a venì ‘a signora Luciana,

falla aspettà, nun ‘a fà turnà ‘a casa: ll’aggio ‘a vedè assolutamente!”

LUCIANA

E infatti accussì m’ha scritto … Vabbuò, aspetto ancora.

EMILIA

Va bene signò. (Luciana si avvia verso il fondo come per ritornare indietro, ma si ferma sentendo

la voce di Emilia) Stevo proprio parlanno c’‘oduttore Folliero. È‘omiedeco d’‘a com-

pagnia d’assicurazione d’‘o signor Cianciulli, e me steva dicenno ca proprio stamma-

tina ha visto ‘o marito vuosto.

LUCIANA

‘Overamente?!

ARTURO

Proprio accussì, signora. Aggio avuto ll’onore ‘e visità don Rosario Ingrassia.

LUCIANA

Maritemo s’è fatto visità? Che strana idea!

ARTURO

È ‘a burocrazia ca tenene ‘e ccumpagnie assicurative. Signora, complimenti… Vuje

tenite ‘nu marito ‘e fierro! Che salute! Che temperamento!

LUCIANA

(A bassa voce, con un sospiro e lasciandosi cadere su di una sedia) Ah, duttò! A chi‘o ddicite!?

Troppa… (Allusiva) Troppa salute… nun ‘nce ‘a faccio cchiù!

ARTURO

(Ridendo) M’avite ‘a scusà, signò. (Andando a prendere il suo cappello) Io scappo.

LUCIANA

Stateve bbuono, duttò. (Guarda il suo orologio) ‘N’ora e sette minuti ‘e ritardo! Mah…

(Si siede su una delle sedie a destra e prende una rivista, che sfoglia distrattamente)

CAMILLO

(Venendo dal fondo destra e dirigendosi verso il mobile per rimettervi il dossier che aveva preso all’

inizio, scorge Luciana) (OH,PARDON,SIGNORA!)

LUCIANA

(Alzando il capo e con un leggero inchino) Signore…

CAMILLO

Solo vocali e mimica:(NATURALMENTEA SIGNORA STA ASPETTANNOO DIRETTORE D’‘ACOM-

PAGNIA ASSICURATIVA?)

LUCIANA

(Un po’ sorpresa) Comme dicite?


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CAMILLO

(Ripete, cercando di far capire nello stresso modo indistinto di prima) (STO DICENNO: «NATURAL-

MENTE A SIGNORA STA ASPETTANNO O SIGNOR VITTORIO,O DIRETTORE D’‘A CUMPAGNIA DASSICU-

RAZIONI?»)

LUCIANA

(Con un sorriso inquieto) V’addimanno scusa, ma nun aggio capito‘o riesto ‘e niente…

Però parlo bbuono ‘o ffrancese. French! Vous savez parler français? (Si alza)

CAMILLO

(EH? MA IO…)

LUCIANA

Parlate cu’ ‘a cammarera. Io nun faccio parte ‘e ‘sta famiglia. Tengo ‘n appuntamen-

to cu’ ‘a signora Teresa Cianciulli.

CAMILLO

(OH, VADDIMANNO SCUSA.) (Raggiunge il mobile all’indietro e inchinandosi)

LUCIANA

Sì signore, sì… Mah!?

CAMILLO

(È arrivato al mobile, vi ripone il dossier, richiude il cassetto, poi, al momento di uscire dal fondo

destra) (VE PREGO ANCORA E ME SCUSÀ)

LUCIANA

(Che l’ha guardato uscire stupefatta, dopo una breve pausa) Ha da essere ostrogoto.

SCENA TERZA

(EMILIA e detta)

EMILIA

(Giungendo dal fondo) Sò venuta a vedè si‘a signora se sta annoiando.

LUCIANA

(Vvacemente) Ah, vuje me putite spiegà ‘na cosa:: poco fa è trasuto n’ommo…

EMILIA

(Con un leggero moto di sorpresa) N’ommo?

LUCIANA

Sì. M’ha parlato cu’… ‘na strana lengua… ostrogoto o che ssaccio… Non saccio

propeto che m’ha ditto. (Imitando Camillo) O a o u e a ai o… ‘Na cosa ‘e cheste.

EMILIA

(Ridendo) Ah! È‘osignor Camillo.

LUCIANA

‘Nu straniero?

EMILIA

No, no. È ‘o cuggino d’‘o signor Cianciulli, ‘nu frato cuggino. E capisco pecché ve

site ‘mpressiunata: ‘o signor Camillo tene ‘nu piccolo difetto ‘e pronuncia, non pò

ddicere ‘e cconsonante.

LUCIANA

‘Overamente?!

EMILIA

Propeto acussì. Fino a che nun ce se abitua è assaje ‘mbarazzante. Io ‘a poco aggio

acccummenciato a capì quaccheccosa… a furia d’‘o sentere ‘e rrecchie ce se fa ‘o

callo!


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LUCIANA

(Sedendosi) Aggio capito.

EMILIA

‘O patrone l’ha pigliato comme segretario pecché nun puteva truvà nisciuna fatica.

LUCIANA

Beh, n’ommo ca ve po’ offrì sulamente vocali!

EMILIA

Nun è assaje, se capisce! Che peccato! ‘Nu guaglione accussì serio, accussì a modo!

Me credite si ve dico ca nun l’hanno maje visto cu’ ‘na femmena… ‘na fidanzata…

‘n’amante?

LUCIANA

‘Overo?!

EMILIA

(Ingenua) Io almeno nun credo… e nun esce quase maje d’‘a casa…

LUCIANA

(Alzandosi) È furtunato,‘stugiuvinotto, si nun perde‘a capaappresso ‘e ffemmene…

EMILIA

Ah, sì, sì! (Vedendo Teresa comparire sul fondo) È arrivata ‘a signora Teresa!

LUCIANA

(Andandole incontro) Finalmente!

SCENA QUARTA

(TERESA e dette)

TERESA

(Entrando impetuosamente) Bella mia, songo murtificata… (A Emilia, mentre va a posare la

borsetta sul tavolo) Te ne può gghì ‘a parte ‘e dinto, Emilia!

EMILIA

Sissignora. (A Luciana) Signò, permettete?

LUCIANA

Certamente! (Emilia esce)

TERESA

(Togliendosi il cappello, che posa sul mobile a destra della porta di fondo) T’aggio fatto aspettà,

è ‘ovè? Me dispiace assaje, mò te spiego tutte cose. (Bruscamente, avvicinandosi a Lucia-

na) T’aggio scritto‘evenì addu me pecchésta succedenno ‘na cosa assaje seria! Ma-

ritemo me tradisce!

LUCIANA

Mariteto?... Vittorio?

TERESA

Lucià, uno ne tengo, Vittorio, propeto isso.

LUCIANA

Ah!

TERESA

Che fetente! Oh, ma io primma o poi ‘o ‘ncoccio ‘ncopp’‘o fatto! [Lo colgo sul fatto]

LUCIANA

Primma o poi? Vuò dicere ca nun tiene ancora ‘na prova?

TERESA

Eh, no, nun ‘a tengo. Vigliacco! Oh, ma l’avrò!


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LUCIANA

E comme?

TERESA

Nun ‘o ssaccio… M’‘a truvarraje tu. (Siede sul divano)

LUCIANA

(In piedi accanto a lei) Io?

TERESA

Sì, sì, tu! Nun me dicere ‘e no, Luciana. In collegio eri la mia migliore amica. Pure si

nun ce simme viste molto in questi ultimi tempi, ‘nce stanno cose ca nun se ponno

scurdà e cancellà. Tengo ‘o deritto ‘e te considerà sempre la mia migliore amica?

LUCIANA

Ma ‘nce mancasse, certamente!

TERESA

E allora a a chi m’aggio ‘a rivolgere se non a te quanno me serve ‘na mana?

LUCIANA

(Senza convinzione) Sei buona assaje, teringrazio, ma…

TERESA

(Continuando il suo discorso) Dimme tu: ch’aggio ‘afà?

LUCIANA

(Interdetta) Eh? Ma pe’ffà che?

TERESA

Pe’ ‘ncuccià a maritemo, no?

LUCIANA

Ma nun ‘o ssaccio… Terè, m’hê chiammata pe’ cchesto?

TERESA

Se capisce.

LUCIANA

Che bella penzata! Pe’ primma cosa, chi te dice ca maritete è colpevole, visto ca nun

tiene ‘e pprove?

TERESA

E ghiammo! ‘Nce stanno cose ca nun me fanno fessa. Quando un uomo non ti chiede

più quelle cose…quelle coccole… Nun songo nata ajere, Lucià. Tu che dicisse si

bell’e bbuono maritete, doppo ca è stato ‘nu marito… “‘Nu marito insomma toro”,

ecco! Nun fosse cchiù… ‘nu marito... accussì focoso, ‘a ‘nu mumento a ‘n’ato?

LUCIANA

(Deliziata) Dicesse: “Aaah!”

TERESA

Eh! (Facendo il verso) Dicisse ‘overamente “Aaah”?... Chesto se dice primma. Pur’io

dicevo ca m’ero scucciata ‘e st’ammore continuo, ‘e chest’eterna primmavera. Penza

ca speravo ca succedesse ‘na contrarietà, ‘na preoccupazione insomma! Stevo addi-

rittura penzanno ‘e me piglià ‘n’amante!

LUCIANA

‘N amante, tu?

TERESA

Bella mia, aggio passato cierte momente! Avevo pure scelto chi aveva essere: tanto

pe’ nun fà nomme, Riccardo Tortora: nu signore ca ha pranzato cu’ nuje avant’ie-

ri… Beh, simmo state llà llà, mia cara.


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LUCIANA

Ah!

TERESA

Che d’è ‘stu “ah!”? È ‘o meglio amico ‘e maritemo, e allora era automaticamente de-

signato…poi dato che è più anziano ho pensato non mi farà spesso richieste amoro-

se…erotiche… (Alzandosi) Oh, ma mò ca maritemo me tradisce nun ‘o piglio ‘overa-

mente ‘n’ amante ma più giovane!

LUCIANA

Te pozzo dicere ‘na cosa? Tu sì assaje ‘nnammurata ‘e mariteto.

TERESA

Che cosa? Io assaje ‘nnammurata?

LUCIANA

Si nun fusse acccussì, pecché te faje ‘o sanghe amaro?

TERESA

Me dà fastidio ‘o fatto in sé! Io, sì, ‘o voglio tradì, ma ca ‘o ffa isso pe’ primmo, pas-

sa ‘a mmesura!

LUCIANA

(Prendendo il suo cappotto) Che bella morale ca tiene, Terè!!

TERESA

Tengo tuorto?

LUCIANA

(Posando il cappotto sulla tavola a destra) No. Ma chello ca m’hê ditto nun prova‘o riesto

‘e niente.

TERESA

Comme, nun prova ‘o riesto ‘e niente?! Quanno ‘nu marito è stato per anni e anni

‘nu  mandrillo…’nu fiume impetuoso e… bell’e bbuono, all’intrasatto, [All’improvvi-

so] puff!... niente cchiù!...

LUCIANA

(Seduta al tavolo) Tanta fiume stanno dint’‘estessi condizione, ma nun vò dicere ca

hanno lassato ‘o lietto lloro.

TERESA

(Che ha ascoltato con le braccia incrociate) Ah! Sììì?! (Va verso il tavolo e fruga nella sua borset-

ta dalla quale trae un paio di bretelle che brandisce sotto il naso di Luciana) E ccheste, allora?

LUCIANA

Che rrobb’è?

TERESA

(Perentoria) ‘Nuparo‘ebretelle. E‘ossaje‘echi songo‘sti bretelle?

LUCIANA

‘E maritete, immagino.

TERESA

(Vivamente) Ah, ah! Mò nun‘o difiende cchiù, eh?

LUCIANA

Ma che ‘nce trase? Io aggio ditto accussì… pecché penzo ca si tiene ‘nu paro ‘e bre-

telle, songhe ‘e maritete e no ‘e quacchedun’ato.


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TERESA

(Che ha riposto le bretelle nella borsetta, andando a posare questa sul mobile in fondo) E allora

me vulisse spiegà pecché maritemo ll’ha ricevute stammatina pe’ posta? Dint’a ‘nu

pacco ca nun vulenno aggio apierto mentre ispezionavo ‘a posta soja?

LUCIANA

E pecché ispezionavi ‘a posta soja?

TERESA

(Con tono naturalissimo) Comme pecché? Pe’ssapèche ‘nce steva dinto!

LUCIANA

E chesto tu ‘o chiamme… arapì ‘nu pacco nun vulenno?

TERESA

Cacchiarola! Aggio ditto nun vulenno pecché ‘o pacco nun era indirizzato a me.

LUCIANA

Ah!

TERESA

Mò hê ‘a ricunoscere ca si ll’hanno rimandato ‘e bretelle pe’ posta significa ca se l’a-

veva scurdate ‘a “quacche parte”, no?

LUCIANA

(Alzandosi) Sì, haje raggione.

TERESA

E sai qual è ‘o nomme ‘e chesta “quacche parte”? “L’albergo della Micia Innamora-

ta”…hanno messo anche la traduzione : “Pussycat In Love Hotel”!

LUCIANA

E che d’è?

TERESA

La micia innamorata… “Pussicat In Love”… capisci a mme…A giudicà da ‘o nom-

me, nun me pare ‘na pensioncina ‘e famiglia…è un albergo a ore…

LUCIANA

(Scrollando la testa) L’albergo…della Micia Innamorata!

TERESA

(Andando a prendere dal mobile a sinistra della porta di fondo una scatoletta di legno o di cartone)

Chesta è ‘a scatola ca teneva ‘e bretelle dinto. ‘A vide l’etichetta? E, sotto, nomme e

indirizzo ‘e maritemo: “Signor Cianciulli, Via Posillipo 95”.

LUCIANA            (Leggendo l’intestazione) Albergo della Micia Innamorata-Pussycat In Love…

TERESA                Dint’‘a zona ‘e Marechiaro, bella mia! ‘N atu nomme ca dice paricchie ccose. Tutto

èaccussì sconveniente! (Torna a posare la scatola sul tavolo a destra) Mò capisci ca nun ce

sta pericolo ‘e sbaglià (Intende cornuta) Mò… tengo ‘nu “pollice dint’‘a recchia”!

LUCIANA            Nun te pozzo dà tuorto.

TERESA                Si po’ vedisse chill’albergo, bella mia!

LUCIANA            “Si tu vedisse”? Ma allora ‘o cunusce?


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 10


TERESA

Se capisce! ‘A llà sto venenno! (Siede) Capirai, je vulevo essere sicura. Accussì m’ag-

gio detta: ‘nce sulo ‘nu mezzo: aggio ‘a interrogà l’albergatore. Bene, cride ca è ‘na

cosa ‘e niente interrogà n’albergatore? Nun ha voluto sentere raggione: muto comme

‘nu pesce… ‘na tomba… ‘nu pesce dint’a ‘na tomba!

LUCIANA

Ah!

TERESA

Insomma, è evidente ca putimmo cuntà sulamente ‘ncoppa ‘e fforze noste. Ll’uom-

mene se susteneno fra lloro e nuje avimmo ‘a fà ‘o stesso. Ch’aggio ‘a fà?

LUCIANA

Accussì, all’intrasatto… me piglie alla sprovvista… Oh, aspetta, forze ce sta ‘nu si-

stema ca aggio visto ausà spisso dint’‘o teatro.

TERESA

E quale fosse?

LUCIANA

Oh, niente ‘e geniale, ma cu’ ll’uommene funziona sempre. Se piglia ‘nu foglio ‘e

carta ‘a lettere bellu ‘mprufumato e se scrive ‘na lettera ardente, se capisce, comme

si fusse ‘e ‘n’ata femmena… e alla fine gli si dà n’appuntamento.

TERESA

N’appuntamento?

LUCIANA

Al quale, naturalmente, si va. Si ‘o marito vene, si è sicure che gli piace tradire…

che è un traditore…

TERESA

Ah, aggio capito. Pecché nun ce aggio penzato primma? (Mentre va a prendere il mobile

scrittoio che è davanti alla finestra e lo porta al divano e lo apre) Scrivo subbeto a Vittorio…

Ma chillo po’ cunoscere ‘a scrittura mia, no?

LUCIANA

(Serissima) Situ ‘nce hêscritto ati vvote, certamente.

TERESA

(Alzandosi) Siente,‘a scrittura toja nun‘a cunosce… ‘Nce scrivetu. (Parlando, tira Lu-

ciana per un braccio per farle prendere il suo posto)

LUCIANA

(Resistendo) Io? Ah, no, no! Chesta no, è‘na cosa troppo delicata.

TERESA

(Con un tono severo) Sì‘a meglia amica mia o no?

LUCIANA

(Cedendo) Sò sicura ca tu me purtarrajeall’inferno. Damme‘na carta‘a lettera.

TERESA

(Tira fuori dallo scrittoio un blocco di carta da lettera) Ecco.

LUCIANA

Ma no ‘a toja, chella ‘a canosce! Nun tiene ‘n’ata carta, cchiù tenera, cchiù suggesti-

va?


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(Sempre parlando, suona il campanello)

TERESA                (Tirando fuori una scatola di carta da lettere dal mobile) Tenesse chesta ccà lilla. Nun è pro-

petamente suggestiva ma…

LUCIANA            Non lo è. Però, ‘mprufumannola assaje…

TERESA         Ah, pe’ cchesto tengo chello ca ‘nce vole: ’A “peonia azzurra”, ‘o prufumo ca ause pure tu e ca io nun sto mettenno cchiù ‘a paricchiu tiempo. Nun se l’arricordarrà.

Andrà benissimo. Aspetta.

SCENA QUINTA

(CAMILLO e dette, poi ANTONIETTA)

CAMILLO            (Entra dalla camera di destra, con in mano un dossier. Getta uno sguardo inquisitore nella stanza)

(CHIEDO SCUSA)

TERESA                Che vulite, Camillo?

CAMILLO            (GUARDAVO SI VITTORIO ERA TURNATO)

TERESA                (Con grande semplicità, su un tono normale di conversazione) Nun è turnato ancora, pecché?

CAMILLO            (PECCHÉNCE AGGIOADDIMANNÀ CIERTI SCHIARIMENTINCOPPA ANU CONTRATTO CA STO PRIPA-

RANNO)

TERESA                A n’atu ppoco starrà ccà e gli chiederai i chiarimenti sul contratto…

CAMILLO            (VABBUÒ. ASPETTO. TANTO NUN CE STA NIENTEA FA, ÈOVÈ?)

TERESA                Se capisce, se capisce. (A Luciana, che dall’inizio del dialogo assiste a bocca aperta,con lo

sguardo che va da un interlocutore all’altro per fissarsi infine, ammirativo, su Teresa) Pecché me

guarde accussì?

LUCIANA            (Imbarazzata) Comme? No, no, niente, niente da fare!

CAMILLO            (A Luciana, giovialmente) (E COSÌ,SIGNORA,CUGINEMA VHA FATTO ASPETTÀ ASSAJE?)

LUCIANA            (Interdetta, ma volendo dimostrare che ga capito) Certo ca ve ricunosco, signore. Avimmo

pure parlato, poco fa.

TERESA                (Maliziosa) No, no, nun te sta dicenno chesto. Te sta dicenno ca je finalmente sò turna-ta e ca t’aggio fatto aspettà troppo tiempo.

CAMILLO            (Approvando) (SÌ,…)

LUCIANA            (Imbarazzata e sforzandosi di essere amabile) Ah! Ah, sì, sì, finalmente.


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TERESA

(Facendo le presentazioni) Ah! Scusa,‘osignor Camillo Cianciulli, cugino‘eVittorio.

‘A signora Luciana Ingrassia. (Camillo fa un inchino)

LUCIANA

(Alzandosi) Felicissima, signore… Scusatemi si primma nun v’aggio capito. Songo‘nu

poco dura d’orecchi.

CAMILLO

(Gioviale) (OH,È MOLTO BELLO CA ME DICITE STI CCOSE,SIGNORA. ‘A VERITÀ È CA IO TENGO NU

PICCOLO DIFETTO E PRONUNCIA…)

LUCIANA

(Sorridendo falsamente, come chi non capisce nulla) Ah, sì, sì! (A Teresa, come per chiederle aiu-

to)

TERESA

(Con comica serietà) Te sta dicenno ca tene‘nu piccolo difetto‘epronuncia.

LUCIANA

(Fingendo stupore) Comme?... Ma no, davvero dite?... Beh, sì, forse…mò came l’avite

fatto nutà…

CAMILLO

(Con sorrisi e inchini) (SITE TROPPO INDULGENTE.)

ANTONIETTA

(Entrando dal fondo a destra) ‘Asignora ha sunato?

TERESA

Vaje dint’‘a cammera mia e puorteme chella scatola ‘e prufumo ca sta dint’‘o casset-

to a destra d’‘a toilette mia.

ANTONIETTA

Va bene signò.

TERESA

‘Ncoppa ‘a scatola ‘nce sta scritto “Peonia azzurra”.

ANTONIETTA

Sìssignora. (Voltandosi per uscire, trova alla sua sinistra Camillo. Con aria scherzosa descrive in-

torno a lui, che è imbarazzatissimo, un semicerchio, tenendo gli occhi negli occhi. Arriva così oltre di

lui verso il fondo. In questo momento, volgendo le spalle al pubblico, dà un violento pizzicotto con la

mano sinistra al sedere di Camillo, ed esce con la più imperturbabile aria da santarellina)

CAMILLO

(Proiettato in avanti dal dolore) Ahi!

TER. + LUC.

(Di soprassalto) Ch’è stato?

CAMILLO

(Mentre Antonietta esce) (NIENTE,NIENTE. ‘NA FITTA FORTE CCÀ DINT’‘O CIANCO)

TERESA

Uhm. Dipende dai reumi.

CAMILLO

(Fregandosi il fianco e spostandosi a destra con degli inchini all’indietro) (DIPENDEDIPENDE SI-

CURO DAI REUMI)(Salutando)(SIGNORA…)

LUCIANA

(Si inchina leggermente)  Signore… (Le due donne lo guardano uscire, poi, appena scompare,

scoppiano a ridere) Giuro ca t’ammiro pe’comme‘o capisce!


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 13


TERESA                (Maliziosa) Pe’cchesto me guardave, eh?

LUCIANA            Sì.

TERESA                Che vvuò, è ‘a forza ‘e ll’abitudine. Ma mi sì piaciuta assaje quanno lle vulive fà credere ca nun avive trovato niente ‘e strano dint’‘a parlata soja.

LUCIANA            Nun ‘o vulevo murtificà.

ANTONIETTA     (Giungendo da sinistra con un flacone in mano) È chistu ccà, signò?

TERESA                (Prendendo il flacone) Sì propeto chisto, grazie. (Siede su una delle seggiole che stanno di fron-

te al divano su cui è seduta Luciana. Antonietta esce) Jamme! Vedimmo‘escrivere‘a lettera

primma ca torna maritemo.

LUCIANA            Haje raggione. (Disponendosi a scrivere) Pe’ primma cosa avimmo decidere addò ‘sta scunosciuta nosta ha ricevuto ‘o colpo ‘e fulmine vedenno a maritete. Dint’a ‘sti juorne site jute ‘o triato?

TERESA                Miercurì passato, ‘o San Carlo, cu’ Riccardo Tortora.

LUCIANA            Riccardo Tortora?

TERESA                Chillo ca t’aggio ditto ca pe’ ppoco addeventava l’amante mio.

LUCIANA            Ah, sì, benissimo. Mò vide…. (Scrivendo) “Signore! Vi ho visto l’altra sera al San Carlo…”

TERESA                (Con una smorfia) Ma nun te pare‘nu pucurillo friddo pe’ ‘nu colpo‘efulmine? Pare‘overbale ‘e n’usciere… Io crivesse accussì, brutalmente: “Io sono quella che non ha tralasciato un istante di guardarvi, l’altra sera, al teatro San Carlo…”

LUCIANA            E brava, ma tu tiene ‘a vocazione! Bene, bene, facimmo accussì. (Mette da parte il foglio

cominciato, che lascia sullo scrittoio e comincia subito a scriverne un altro) “Io sono quella che non ha

tralasciato un istante di guardarvi…”

TERESA                (Dettando) “…l’altra sera alSan Carlo…”Accussì è diretto!

LUCIANA            È vissuto! (Continuando) “…Voi eravate in un palco con vostra moglie e con un signo-re…”.

TERESA                ‘O signor Tortora.


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 14


LUCIANA

(Sempre scrivendo) Sì, ma chesto nunl’hêdicere. (Tornando alla lettera) “…Delle persone

che mi erano vicine mi hanno fatto il vostro nome, così ho saputo chi eravate. Da

quella sera mi avete affascinata, io non sogno che voi…”

TERESA

Nun te pare ‘nu poco esagerato?

LUCIANA

(Scrivendo) Certo, ma èchello ca ‘nce vole! “…Io sono pronta a fare una pazzia. Vo-

lete farla con me? Vi aspetto oggi alle cinque all’albergo della Micia Innamorata.”

TERESA

Proprio ‘o stesso albergo? Nun le venarrà quacche suspetto?

LUCIANA

Anzi!  Te  faccio  abbedè  ca  s’incuriosarrà  cchiù  assaje!  (Scrivendo)  Tra  parentesi:

“Chiederete una camera prenotata a nome del signor Cianciulli. Una donna che vi

ama..che vi desidera.” Fatto. ‘Oprufummo, mò!

TERESA

(Che ha sturato il flacone mentre Luciana scriveva) Tiè. (Le porge il flacone. Poi si alza, vedendo

che il profumo ha fatto spandere l’inchiostro) Oh!‘A gnostanuns’era asciuttata tutta quan-

ta…

LUCIANA

(Stesso gesto di disapprovazione di Teresa) Mannaggia!

TERESA

Mò s’ha da fà tutte cose d’‘o capo.

LUCIANA

Nonsignore, aspetta, aggio fatto ‘na penzata! (Torna a scrivere) “Post scriptum. Perché,

scrivendovi, non posso trattenere le mie lacrime? Fate che siano lacrime di gioia e

non di disperazione.”

TERESA

Uhm… Nun penzarrà ca ha chiagnuto assaje p’essere ‘na femmena soltanto.

LUCIANA

Penzarrà ca sarrà normale. E mò l’indirizzo. (Scrive sulla busta) “Signor Vittorio Cian-

ciulli, Via Posillipo. 95. Personale”.(Si alza chiudendo la busta)Ecco.Mò ‘nce serve

‘nu fatturino. Può mannà quaccheduno a llo cercà?

TERESA

(Che ha chiuso lo scrittoio e lo sta rimettendo a posto) Certo. Tengo a tte!

LUCIANA

Io? Scusa ma… E va buono! Ma penzo ca tu te n’abuse. (Suono di campanello esterno)

TERESA

Hanno sunato. Ha da essere maritemo. (Si avvia verso la porta di sinistra indicandola a Lu-

ciana) Fà ampressa!‘A ccà, e ppo’p’‘a porta‘edestra: te truvarraje dint’a l’anticam-

mera.

LUCIANA

(Avviandosi verso la porta indicata) Va buono,‘nce vedimmo cchiù tarde.


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 15


TERESA

Sissignore. (Luciana esce, mentre Teresa va a chiudere il suo flacone nel mobiletto a sinistra, la

porta del fondo a destra si schiude e si scorge Vittorio che parla con Emilia. Dietro di lui è Tortora)

SCENA SESTA

(VITTORIO, EMILIA, RICCARDO e detta)

VITTORIO

(Ancora col cappello in testa, a Emilia) ‘Oduttore t’ha ditto ca turnava?

EMILIA

Sissignore.

VITTORIO

Benissimo. (A Riccardo che tiene in mano il suo cappello) Trase, Riccà. (Lo fa passare. Riccar-

do entra) Te pozzo lassà‘nu mumento?Aggio ‘afirmà‘a posta.

TERESA

(Che i due non avevano visto) Camillo te sta aspettanno comme si fusse‘oMessia.

VITTORIO

Oh, staje ccà?

RICCARDO

Buongiorno, cara Teresa.

TERESA

Buongiorno, Riccardo. (A suo marito) Sì, sto ccà.

VITTORIO

Aggio ‘ncucciato a Riccardo Tortora p’‘e scale, acccusì simmo sagliute ‘nzieme.

TERESA

(Indifferente) Ah.

RICCARDO

(Tirando fuori delle carte dalla busta di pelle che ha portato e che posa sul tavolo) T’aggio purta-

to ‘na lista ‘e cliente nuove ca s’hanno assicurà.

VITTORIO

Bravissimo. ‘N’atu ppoco ‘a vedimmo. (Parlando tira su i pantaloni come chi è infastidito

dalle bretelle)

TERESA

(Alla quale il gesto non è sfuggito) Pecché te staje tiranno‘e cazune? Forze‘e bretelle te

danno fastidio?

VITTORIO

Sì.

TERESA

Ma nun songhe chelle ca t’aggio accattato io?

VITTORIO

Sì, propeto chelle.

TERESA

Ma ‘na vota nun te deveno fastidio.

VITTORIA

L’aggio tirate troppo assaje.

TERESA

(Facendo mostra di avvicinarsi a lui) Nun è niente, mò te l’allento subbeto subbeto.

VITTORIO

(Rinculando istintivamente) No, no, nun è‘ocaso,m’‘o vvech’io.


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TERESA

(Punta) Ah! Nun vuò ca‘o facc’io?! Va bbuono, comme vuò tu!

VITTORIO

(A Riccardo) Perduoneme, torno tra cinche minute. (Esce dalla porta in fondo a destra)

RICCARDO

Vai, vai, fa’ comme si stisse ‘a casa toja! Hahahaha (Appena Vittorio è uscito, si precipita

verso Teresa) Ah! Teresa, stanottet’aggio sunnata! Un sognoerotico…è stato bellis-

simo…stupendo…

TERESA

(Spezzandogli lo slancio) Ah no, Riccà, no… Mentre maritemo me tradisce nun pozzo

penzà ‘e fà ‘a stessa cosa pur’io. Accuntentate ‘e me sunnà… Già è assaie alla tua

età… i sogni erotici li fanno i ragazzi.

RICCARDO

(Sbalordito) Comme?!

TERESA

Cierti ccose vanno bbuono quanno nun ce stanno ati cacchie ‘a parte ‘a capa.

RICCARDO

Ma Teresa!... M’avive fatto sperà…

TERESA

‘Overo? Po’ essere. Ma nun c’erano state ancora ‘e bretelle. Mò ca ‘nce stanno ‘e

bretelle… bonasera! (Esce dalla porta in fondo a sinistra)

RICCARDO

(Dubbioso) Ma qua’bretelle? Chevonno dicere ‘stibretelle?

SCENA SETTIMA

(CAMILLO e detto, poi EMILIA e ARTURO)

CAMILLO

(Sulla soglia della porta di fondo a destra) (SIGNOR TORTORA! MIO CUGINO VI VUOLE)

TORTORA

(Di cattivo umore) Che cosa?

CAMILLO

(Sforzandosi, senza riuscirci, di articolare meglio le paroler) (MIO CUGINO VI VUOLE!)

TORTORA

(C.s.) Io nun capisco‘na mazza ‘e chello ca dicite. Quand’è ca accummenciate a parlà

comm’Iddio cumanna?

CAMILLO

(‘NU MOMENTO!) (Tira fuori dalla tasca un blocco di carta, dal taschino una matita e, scandendo

ogni sillaba, scrive) (MIO CUGINO VI VUOLE!) (E dà il foglietto a Tortora)

TORTORA

(Leggendo) “Miocugino vi vuole”. E chest’è?Nunm’‘o putivevedicere? (Sempre bron-

tolando raccoglie le sue carte; la borsa di pelle, invece, la lascia sul tavolo; esce)

CAMILLO

(Appena Tortora è uscito) (VILLANO!) (Sempre parlando) (IO ME DISTURBO P’‘O CERCÀ E ISSO SE

SBATTE E CHELLA MANERA!)(In questo momento la porta di fondo si apre ed Emilia introduce il dot-

tor Arturo Folliero)

EMILIA

Sì duttò, è turnato.


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 17


ARTURO

Bene.

EMILIA

Vaco a l’avisà. (Intanto Camillo, che non li ha sentiti entrare, continua le sue lamentele)

CAMILLO

(CHELLO CA È TROPPO È TROPPO! IONCE DICO, GENTILISSIMO: “SIGNOR TORTORA, MIO CUGINO VI

VUOLE.”ISSO M’‘O FFÀ DICERE NATA VOTA, IO ALLORA NCE O SCRIVO E CHILLO TENE A FACCIA

TOSTA E ME RISPONNERE:“NUN M’‘O PUTIVEVE DICERE?”BENE. NUN ME DISTURBARRAGGIO CERTO

PE’ ‘NU PUORCO COMMA CHILLO!)

ARTURO

(Che da qualche momento lo contemplava) Camillo e che stammo facenno,‘e monologhe?

CAMILLO

(Ha un soprassalto) (EH? AH,SITE VUJE,DUTTÒ?)

ARTURO

Nun ve scomodate… (Cambiando tono) Che d’è, quacche nuvità? Quacche casotto ca

state facenno, comme ‘o ssoleto

CAMILLO

(Si avvicina vivamente a Folliero e, su un tono di voce più basso) (OH,OH,ZITTO,PECCARITÀ!)

ARTURO

Ah, m’ero scurdato! Ccà vuje facite ‘a parte ‘e n’ommo serio e timurato, e ‘nce teni-

te assaje a nun ve fà sgamà. [Scoprire, cogliere in flagrante]

CAMILLO

(Sui carboni ardenti) (VE PREGO!)

ARTURO

V’assicuro ca site assaje divertente.

CAMILLO

(Ridendo con compiacimento) (SÌ,…)

ARTURO

Diciteme ‘na cosa, avite apprufittato ‘e chillu cunziglio ca ve dette?

CAMILLO

(QUALE?)

ARTURO

L’albergo della Micia Innamorata… Il Pussycat In Love Hotel.

CAMILLO

(Estatico, volgendo gli occhi al cielo) (OH,TUTTO BENE MA AGGIO PERZO E BRETELLE CA ME RE-

GALAJE CUGINEMO VITTORIO!)

ARTURO

E che ve ne ‘mporta? ‘A prossima vota ‘e truvate ‘e bretelle… E si pure nun fosse

accussì che importanza ponno havè ddoje bretelle?... Jammo, jate a dicere ‘o cugino

vuosto ca stongo ccà.

CAMILLO

(Felice della diversione) (BENISSIMO. BENISSIMO!)

ARTURO

Ah! Aspettate. Me stevo scurdanno ‘e ve dà l’apparecchio vuosto.

CAMILLO

(Tornando indietro) (QUALE APPARECCHIO?)

ARTURO

(Tirando fuori dalla tasca un piccolo astuccio) Chillo ca ve prumettette… e ca ve faciarrà

parlà comme a tutte ll’ate.


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 18


CAMILLO

(AH, ! ‘O TENITE LLOCO?)

ARTURO

Sì. Mò ve spiego: pecché nun riuscite a parlà buono? Pe’ ‘nu vizio congenito, ‘a vol-

ta d’‘o palato ca nun ha avuto ‘o tiempo ‘e se furmà. Pe’ via ‘e ‘stu fatto ‘e suone,

nun trovano chella parete naturale ca ‘e ffà rimbalzà all’esterno, e se perdono pe’

dint’‘e condotti interni.

CAMILLO

(PROPETO ACCUSSÌ!)

ARTURO

Io v’aggio purtato chesta parete ca ve manca. Guardate comm’è bellella, cu’ quale

cura è prisentata!

CAMILLO

(FACETE VEDÈ!)

ARTURO

(Aprendo l’astuccio) ‘Nu palato d’argiento, caro mio, commedint’e ffavole.

CAMILLO

(Giungendo le mani ammirato) Oh!

ARTURO

Sta dint’a ‘nu scrigno … Nisciuno tene ‘o palato dint’a ‘nu scrigno, manco ‘o papa!

CAMILLO

(FINALMENTE POZZO PARLÀ!)

ARTURO

Comme?

CAMILLO

(FINALMENTE…) (Vuol mettersi subito il palato in bocca)

ARTURO

(Glielo impedisce afferrandolo) No, no, no accussì! Primal’avite mettere a bagno dint’a

‘nu poco d’acqua e acido borico!

CAMILLO

(STEVO DICENNO…) (Articolando meglio che può) (FINALMENTE POZZO PARLÀ?)

ARTURO

(Che ha capito) Ma certo ca putite parlà, e comme! Si tenite talento putite purecantà ‘o

San Carlo!

CAMILLO

(Radioso) (AH!... ‘O VACO A METTERE SUBBETO DINTA LACQUA E ACIDO BORICO!) (Esce dal corri-

doio a sinistra)

SCENA OTTAVA

(VITTORIO e detto)

VITTORIO

(Dall’esterno) Camillo! (Entrando dalla porta di destra) Camillo!

ARTURO

Mò vene, tene primma ‘na cusarella ‘a fà. (Tendendogli la mano) Comme jamme?

VITTORIO

Oh, dottor Folliero, buongiorno. Me fa assaje piacere ‘e ve vedè, v’aggio ‘a parlà.

ARTURO

Ero venuto pure primma, ve l’ha ditto Emilia?


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 19


VITTORIO

Sì, sì, p’‘o certificato ‘e Ingrassia, è ‘ovè? Pare ca tene ‘na salute ‘e fierro.

ARTURO

D’acciaio! Ccà ce sta ‘o certificato. (Tira fuori di tasca un foglio e glielo porge)

VITTORIO

(Prendendo il foglio) Grazie.

ARTURO

(Sedendosi al tavolo) ‘Eche cosa me vuliveve parlà?

VITTORIO

(Sedendosi di fronte a Folliero) Beh, io ve vulevo… Ecco,ve vulevo cunsultà a titolo per-

sonale ‘ncoppa  a’na cosa ‘nu pucurillo delicata. Dottò, me sta succedenno ‘na cosa

strana assaje e…

ARTURO

Che sta succedenno? Pecché state preoccupato?

VITTORIO

(Imbarazzato) Comeve l’aggio ‘a dicere…Vuje‘o ssapite ca tengo‘na moglie ca è

‘nu zuccariello, e sapite pure ca nun songo ‘na capallerta ca va cercanno sempe

femmene e avventure…

ARTURO

Amico mio, nun pozzo sapè ‘e fatte vuoste, né comme ve cumpurtate cu’ ll’ati

ffemmene…

VITTORIO

V’‘o garantisco. E allora nun v’avite ‘a meraviglià si ve dica ca muglierema è tutto:

‘a sposa e l’amante. Songo stato sempe ‘nu marito… soddisfacente…

ARTURO

Ah, bene!

VITTORIO

Ve l’assicuro. Soddisfacente e pure quaccheccosa ‘e cchiù… focoso

ARTURO

Benissimo, benissimo. Ma nun aggio capito ancora addò vulite jì a pparà… [Dove vo-

lete arrivare]

VITTORIO

Eh, ‘a cosa nun è semplice, anzi, è abbastanza imbarazzante… Beh, stateme a sentì,

ve racconto ‘nu fatto… n’episodio ca ve faciarrà capì quaccheccosa ‘e cchiù.

ARTURO

Benissimo. Dicite.

VITTORIO

Ecco. ‘Nu bellu juorno, o meglio ‘na brutta notte… ero affettuoso assaje, comme

ssempe, cu’ ‘a signora Cianciulli. Ebbene all’intrasatto, che ssaccio… m’aggio ‘ntiso

poco bbuono, ‘na specie ‘e vutamiento ‘e capa e… e… niente… capitemi, Folliè…

’Nu criaturo! Tutto svuotato!

ARTURO

Eh… povero Cianciulli!


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 20


VITTORIO

‘O pputite dicere forte:: “Eh, povero Cianciulli!”, oramai è fernuta. Mò tengo ‘nu

chiuovo fisso ‘ncapa. Nun ce provo nemmanco a luttà… Niente!... ‘Nu criaturo! Un

bambinone!

ARTURO

(Alzandosi) Ma non penzate cachesta pe’ mme fosse ‘na tragedia! Vuje site sulamente

vittima ‘e ‘nu fenomeno ‘e autosuggestione, e sulo vuje cu’ ‘nu poco ‘e vuluntà ‘o

putite vencere.

VITTORIO

E comme?

ARTURO

Stateme a ssentì! Vuje faticate assaje, state assaje tiempo ‘nzerrato [Chiuso]  dint’a

chill’uffi-cio. Tenite ‘a tendenza a ve ‘ngobbì e proprio pe’ cchesto v’aggio urdinato

‘e bretelle ortopediche. E magari nun l’avite mise.

VITTORIO

(Tirandosi su il gilet per far vedere le bretelle) Sì, sì ca ll’aggiomise! Anzi, pe’ mecostrin-

gere a lle ttenè sempe, aggio perfino rialato tutte ‘e bretelle vecchie ca tenevo a cugi-

nemo Camillo. Ma cheste songo brutte assaje…

ARTURO

E vabbuò, tanto ‘e vvedite sulamente vuje…

VITTORIO

Magari! Proprio poc’anze muglierema pe’ ppoco nun l’ha scuverte.

ARTURO

Ah, vuje mettite ‘a vanità addò nun ‘nce ne avesse ‘a stà. (Cambia tono) Jammo, leva-

teve ‘a giacca. Ve faccio ‘na visita. (Mentre Vittorio si appresta a togliersi la giacca, la porta

destra di fondo si apre ed entra Luciana, introdotta da Emilia)

SCENA NONA

(LUCIANA, EMILIA e detti, poi TERESA)

LUCIANA

(A Emilia) Avvisate‘a signora, pe’piacere.

VITTORIO

(Ricomponendosi prontamente) Oh!

EMILIA

Sissignora. (Esce)

VITTORIO

(A Folliero, avvicinandosi a Luciana) Rimandammo. (A Luciana) Voi, cara signora…

LUCIANA

Oh, caro Vittorio! Comme staje?

VITTORIO

Bene, e spero ca pure vuje state bbona. Site venuta a truvà a Teresa?

LUCIANA

Sto turnanno, ‘nce aggio fatto ‘nu favore. Stevo ccà poc’anze e già aggio vista a Te-

resa … e pure ‘o duttore.

TERESA

(Comparndo  dalla porta di fondo destra, a voce bassa a Luciana) Ah, staje ccà... Hê fatto?


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 21


LUCIANA

(Anche lei a voce bassa) Tutto a posto. Sta già ccà.

EMEILIA

(Portando la lettera su di un vassoio) Signò!

VITTORIO

Che d’è?

LUCIANA

(C.s. a Teresa) ‘Ncesimme.

EMILIA

‘Nu fatturino ha purtato ‘na lettera personale p’‘o signore.

VITTORIO

Pe’ mme? (Alle due donne) Permettite? (Tira fuori i suoi occhiali, se li mette sulla punta del na-

so, apre la lettera, poi, dopo averla letta, non può reprimere un’esclamazione di sorpresa) Eh?...

“Io sono quella che non ha tralasciato…” ehm…

TERESA

(Pronta) Che d’è?

VITTORIO

Niente.

TERESA

(Perfida) Quacche scucciatura??

VITTORIO

Oh, no, no… È… ‘na cosa ‘e fatica… ‘e assicurazione.

TERESA

(Secca) Ah! (A Luciana, a voce bassa, furiosa) Jammuncenne! Me pare ca mò è tutto chia-

ro! (Escono da sinistra)

VITTORIO

(A Folliero, mentre si avviano verso sinistra) Incredibile! Nun putite maje andivinà chello

ca me succede!

ARTURO

Ch’è succieso?

SCENA DECIMA

(RICCARDO e detti)

RICCARDO

(Comparendo sulla porta di destra con il suo dossier in mano) Vittò, ma te sì reso conto ca m’

hê lassato llà dinto sulo comme a ‘nu fesso?!

VITTORIO

Riccà, viene ‘a ccà, caschi come il cacio sui maccheroni!

RICCARDO

(Venendo avanti e posando, nel passare, il suo dossier sul tavolo) Che d’è? (A Folliero) Bongior-

no duttò.

ARTURO

Bongiorno, signor Tortora.

VITTORIO

Guagliù, teniteve forte! (Dosando il suo effetto) Aggio pruvucato… ‘na passione fulmi-

nea!


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 22


ARTURO

Vuje?

RICCARDO

Tu?

VITTORIO

V’aggio atterrate, eh? Sentite ccà: nun dico fesserie. (Legge dando rilievo ad ogni parola)

“Io sono quella che non ha tralasciato un istante di guardarvi, l’altra sera al teatro

San Carlo…”

RICCARDO

Tu?

ARTURO

Vuje?

VITTORIO

(Pavoneggiandosi) Esatto! Nunm’haperzo ‘e vista manco pe’ ‘nu mumento!

RICCARDO

Mamma mia e che femmena! (Gli prende la lettera e continua lui la lettura) “Voi eravate in

un palco con vostra moglie e un signore…”

VITTORIO

E un signore: sì tu! “E un signore…”, cioè ‘n ignoto, ‘n’entità trascurabile, ‘nu poco

‘e povere… ‘na cosa inutile hehehehe

RICCARDO

Hê fernuto?

VITTORIO

Aspetta, aspetta! (Gli riprende la lettera e legge) “Delle persone che mi erano vicine mi

hanno fatto il vostro nome e così ho saputo chi siete…”

RICCARDO

(Con stizza) Che furbizia!

VITTORIO

… “da quella sera, io non sogno che voi…”

RIC. + ART.

(Non riescono a riaversi) Ma no!

VITTORIO

(Pavoneggiandosi sempre più) Me sonna sempe! (Dando un colpo a Riccardo) Hê capito, Ric-

cà?

RICCARDO

Ma comme, ce sta scritto accussì?

VITTORIO

(Con aria di sufficienza, facendo constatare sulla lettera) Esattamente, Propeto accussì.

ARTURO

(Di fronte all’evidenza) Ce sta scritto accussì.

VITTORIO

(Prosegue la sua lettura) “Io sono pronta a fare una pazzia. Vuoi farla con me?” (Parlato)

Povera  piccerella.  Casca  proprio  buono!  (Leggendo)  “Ti  aspetto  oggi  alle  cinque

all’albergo della Micia Innamorata, o anche Pussycat In Love Hotel, MIAO MIAO,

camera n° 16.”

ARTURO

All’albergo della Micia Innamorata? Il “Pussycat In Love Hotel”?


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 23


RICCARDO

(Imbarazzato) ‘O sacciochill’albergo… ‘enomme, secapisce…

VITTORIO

(Improvvisamente) Ueh!

RIC. + ART.

Che d’è?

VITTORIO

Essa ha chiagnuto.

RIC. + ART.

No!

VITTORIO

Proprio accussì: ha chiagnuto. Sentite: (Leggendo) “Post-scriptum. Perché scrivendoti

non posso trattenere le mie lacrime? Fa che siano lacrime di gioia e non di dispera-

zione!” Puverella! E nun èca ‘o ffà apposta! Guardate‘stu foglio:è ‘tutto nfuso!

(Mette la lettera sotto il naso di Riccardo)

RICCARDO

(Annusando la lettera) Ah… Comme prufumma! Che ttene dint’‘e llacreme ca songhe

accussì ‘mprufumate?

ARTURO

Ogne lacrema tene ‘nu segreto, ‘nu mistero. Rispettammo ‘stu mistero!

VITTORIO

Pazziate, pazziate... Caro Riccardo, tengo pur’io quacche passione. E accussì, mentre

‘nce ne steveme ‘o triatro, cujete cujete, ‘na femmena me magnava cu’ ll’uocchie.

RICCARDO

Ecco.

VITTORIO

(A Riccardo) Ma tu nun te sì addunato ‘e niente?

RICCARDO

No!... Cioè, m’è parzo, ‘nu mumento, ma me penzavo ca steva guardanno a me, e al-

lora…

VITTORIO

Ah, a te t’è parzo… (Cambiando decisamente tono) Ma io songo ‘overo ‘n’imbecille! Ma

èchiaro, è chiarissimo!

RIC. + ART.    Ch’è stato?

VITTORIONun songh’io ca l’aggio colpita, ma sì stato tu!!

RICCARDOIo?

VITTORIO

Sicuro! T’ha scagnato  pe’ mme. Quaccheduno avarrà fatto ‘o nomme mio guardan-

no ‘o palco e essa, ca teneva ll’uocchie sulamente pe’ tte…

RICCARDO

Tu cride?

VITTORIO

È accussì!

RICCARDO

Certo ca è facile ca…


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 24


VITTORIO

(A Riccardo) Tufaje sempe avutà ‘a capa ‘e ffemmene! Ride sempe… l’ipnotizzi! Le

donne sono il tuo forte… sei un playboy…veramente…un playoldboy!

RICCARDO

(Lusingatissimo, schermendosi solo per la forma) Ma statte zitto! Ma che vaje dicenno?!

VITTORIO

Accussì è, Riccà: se sape ca tu ‘e ffemmene l’avuote comme vuò tu… ‘e faje nnam-

murà pure ‘a luntano … Dint’‘o triatro, per esempio… Accussì è senz’altro: ‘sta let-

tera tene ‘o nomme mio ma è indirizzata a tte. E visto ca è ‘a toja, ‘nce vaje tu! Le

donne… con i tuoi occhi le ipnotizzi anche da lontano…

RICCARDO

(Difendendosi senza convinzione) Ma no! Ma no!

VITTORIO

E ppo’ je stasera tengo che ffà: offrimmo ‘nu banchetto ‘o direttore d’‘a sede ameri-

cana e quindi…

RICCARDO

No, siente… ‘overamente…

VITTORIO

Ma fernescela, ca staje murenno d’‘a voglia ‘e ‘nce jì!

RICCARDO

Tu dice?... E va bbuono: accetto! Pure pecché ‘sta cosa me piace. Un incontro a sca-

tola chiusa… al buio… e si po’ nun me piace?... Vò dicere ca me sacrifico per far fe-

lice una donna… (A Folliero)…Proprio mò aggio fernuto ‘na relazione pecché tenevo

‘n’ata avventura p’‘e mmane con una bella e dolce signora, ma aggio avuto rimandà

pure chesta, e allora…

VITTORIO

‘Overo? E chi è chesta bella e dolce signora? Dimme, dimme…

RICCARDO

(Interdetto dalla presenza di Vittorio) E no, nun t’‘o pozzo dicere, songo ‘nu galantommo!

Jamme, damme ‘a lettera.

VITTORIO

Comme? Ah, no! E po’ a che te serve? Tu hê jì semplicemente all’albergo e chiedere

d’‘a cammera nummero sidece, prenotata a nomme mio. Capisci a mme, lettere

comme a chesta nun me n’arrivano tutt’‘e juorno. Me piacesse ca ‘nu juorno ‘e nipo-

tini mieje, truvanno chesta ‘mmiezo ‘e ccarte meje, putarranno dicere: “Aveva’a es-

sere assaje simpatico e affascinante, ‘o nonno, si faceva scetà passioni comme a che-

sta!” Sarraggio “ un dongiovanni”… almeno p’‘e postere… Jammo, duttò, jammo a

ffà ‘sta visita.

RICCARDO

(Avviandosi dietro di lui) E‘e ffirme? (Prende il dossier dal tavolo e lo mostra a Vittorio)

VITTORIO

Damme cinche minute e vengo. Venite dint’a ‘sta cammera, dottò, stammo cujete.

ARTURO

Comme vulite vuje. (Escono da destra, primo piano)


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 25


RICCARDO

(Dopo un momento, con un sorriso di compiacimento) L’albergo della Micia Innamorata!...

Chi sarrà ‘sta gatta ca s’è ‘nnammurata ‘e me?

SCENA UNDICESIMA

(TERESA e detto)

TERESA

(Entra con un cappellino in testa) Mariteme nun ce sta?

RICCARDO

Sta llà dinto c’‘o duttore, vuò ca t’‘o vaco a chiammà?

TERESA

(Subitanea) No,no, nun ‘odisturbà. Quanno‘o vide, dince pe’piacere ca io jesco cu’

‘a signora Luciana Ingrassia e ca stesse senza penziere si torno tardi: è facile ca ma-

gnammo ‘nzieme io e ‘a cumpagna mia.

RICCARDO

Penzo ca pur’isso turnarrà tarde.

TERESA

(Subito) E pecché?

RICCARDO

(Che non scorge nessuna malizia nella domanda) Si aggio capito bbuono, m’ha ditto ca sta-

sera ‘nce sta ‘nu banchetto p’‘o direttore suojo ‘e ll’America.

TERESA

Ah, accussì ha ditto? Me fa piacere d’‘o ssapè, ma è ‘na buscia, pecché ‘o banchetto

se farrà dimane ssera: aggio visto l’invito cu’ ll’uocchie mieje.

RICCARDO

Allora Vittorio ha sbagliato juorno, ‘o vaco a ll’avvisà. (Fa cenno di andare da Vittorio)

TERESA

(Fermandolo con un gesto) No, no, nun ha sbagliato juorno, sparagnate‘stuzelo. Ha fat-

to abbedè ca se sbagliava: isso vò n’alibi ca ‘o fà turnà a casa stasera e dicere ca

s’era sbagliato, ca aveva ‘mbriacato ‘e ddate. ‘O ssaccio io comme m’aggio regolà.

RICCARDO

Ma so sicuro ca era assaje sincero! Non tene nisciuna ragione ‘e me raccuntà buscie.

TERESA

Puveriello! Ma pienze ca nun aggio capito ‘o juoco ca staje facenno? Sapendo ca

mariteme me tradisce e nun potenno sperà ‘a me ‘o riesto ‘e niente, staje cercanno ‘e

me cunvincere facennnome credere ca Vittorio è ‘o sposo cchiù felice d’‘o munno.

RICCARDO

Terè, te giuuro ca te sto dicenno ‘a verità!

TERESA

Sì? Peggio pe’ tte: pe’ mme sarà comme si nun è ‘overo… Statte buono! (Si avvia a

sinistra)

RICCARDO

(Tentando di fermarla) Teresa! (Teresa esce)


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 26


SCENA DODICESIMA

(CAMILLO e detto, poi EMILIA e ROSARIO indi ARTURO e VITTORIO)

CAMILLO

(Arriva dalla porta destra di fondo con un bicchiere pieno d’acqua e una bustina di acdo borico. Il

bicchiere non è a calice ed è colorato) (“OH,SIGNOR TORTORA! STATE DUMORE MIGLIORE?”)

RICCARDO

Levateve ‘a ‘nanze! (Parlando esce dalla porta destra in secondo piano)

CAMILLO

(È rimasto un attimo mogio mogio, poi) (“CHE ANIMALE!”) (Va verso il tavolo, posa il bicchiere sul

tavolo e apre la bustina di acido borico) (“COMMÈ STATO CUMPLICATO A TRUVÀ STACIDO BORI-

CO!”)(Versa il contenuto della bustina nel bicchiere, poi prende il bicchiere con una mano e il suo

palato d’argento con l’altra; lo tiene un momento tra l’indice e il pollice, poi stacca l’indice dal pol-

lice e il palato cade nel bicchiere; agita il bicchiere e lo fa riposare)

EMILIA

(Annunciando) Don Rosario Ingrassia.

CAMILLO

(Salutando) (“AH, O SIGNOR INGRASSIA”)

ROSARIO

Baciamo le mani! ‘U signor Cianculli non c’è?

CAMILLO

(“SÌ, . CUGINEMO STA DINTO CU’ ‘O DUTTORE, MAA NATU PPOCO VENE.”)

ROSARIO

Megghiu accossì! (In questo momento la porta di destra si apre e appaiono Folliero e Vittorio)

CAMILLO

(‘EBBICCANNE”)

ARTURO

(Avviandosi verso l’estrema destra come chi voglia andaresene) Insomma, avite‘afà sulamen-

te chello ca v’aggio ditto.

VITTORIO

(Vedendo il siciliano cerca di cambiar discorso) Benissimo, simmo d’accordo.

ROSARIO

Baciamo le mani, don Vittorio… ‘u vostru umile servitore sugnu.

VITTORIO

Ma che jate dicenno, don Rosà… Vuje piuttosoto comme state?

ROSARIO

‘Na meravigghia! E ‘u dutturi nostru comu sta? ‘A salute bona è?

ARTURO

Buonissima! A vuje manco ve l’addimanno. Mò però scusatemi, stevo ascenno.

ROSARIO

Faciti i comodi vostri!

ARTURO

Arrivederci!

ROSARIO

(Appena Folliero è uscito) Don Vittorio, ma mugghierema ccà iè?

VITTORIO

Sì, sì, sta ccà cu’ muglierema.

ROSARIO

‘U sapìa. M’‘u disse ca ccà venìa primma ‘e mia.


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 27


VITTORIO

Volete ca v’‘a faccio chiammà?

ROSARIO

No! Chhiù tardi ‘a viju. Ah, don Vittorio, dint’‘a matenata all’ufficio vuosto sugnu

jutu. Lu dutturi vostro vitti.

VITTORIO

Sì, ‘o ssaccio, me l’ha ditto poc’anzi.

ROSARIO

Sì, sì. Egli urinare mi ficia.

VITTORIO

Ah, beh, certo.

ROSARIO

E pecchì mi ficia fara ‘sta cosa?

VITTORIO

Che cosa?

ROSARIO

Pecchì la pipì mi ficia fari?

VITTORIO

Pecché s’ha da stabilì si ve putimmo assicurà.

ROSARIO

E che c’entro io? Non io, ma ‘a mugghiera mia debbo assicurare.

VITTORIO

(Interdetto) Ma vuje‘stu fatto nun me l’aviveveditto.

ROSARIO

Io vi dissi: un’assicurazione voglio fare. Vossia nun me domandaste per chi.

VITTORIO

(Gioviale) Vabbè, putimmo ancora arremedià:‘a signora Ingrassia ha da sulamente

venì dint’a ll’ufficio e…

ROSARIO

E che cosa? Le stesse cose ca ficiaro a mia le fanno?

VITTORIO

Eh, se capisce.

ROSARIO

(Freddissimo, molto teso e netto) Tzè!

VITTORIO

Ma…

ROSARIO

(C.s.) Tzè! Ca significa no! Dissi no, e no sarà!

VITTORIO

Signor Ingrassia, e ghiammo, s’ha da essere ragionevoli: è ‘a regola!

ROSARIO

(Fa un brusco voltafaccia che lo porta petto a petto con Cianciulli; violento) Io delle regole me

ne fotto. La pipì la feci io per la mugghiera mia!

VITTORIO

(Con grande energia) Ah, no, no! Nun è possibile!

ROSARIO

Bene. Semplice è la cosa: non sarà assicurata.

VITTORIO

Site accussì geluso?

ROSARIO

Non si tratta di gelosia: pe mia questo abbassamento di dignità è!


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 28


VITTORIO            È sulamente ‘nu pregiudizio.

ROSARIO             Vossia vuole dire ca sugnu geloso io?! Oh no, nun sugnu gelosu io.

VITTORIO            (Sforzandosi di essere amabile) Pecché site sicuroca ‘a signora Luciana v’èsempe fedele,

eh? Comunque, nun ce sta ‘a se stupì…

ROSARIO             Niente c’entra. Solo ca io sacciu ca idda sapi quanto terribile sarei, e allora non si permetterebbe mai!

VITTORIO            Oh!

ROSARIO             (Tirando fuori dalle tasche una pistola che brandisce tenendo la canna verso Vittorio) Lo vedete

questo gingillino?

VITTORIO            (Proteggendosi istintivamente con la mano e correndo intorno a Ingrassia come intorno a un asse, al fine di evitare la canna della pistola) Né ueh! Chianu chianu! Nunpazziate cu’ ‘sti ccose!

ROSARIO             (Alzando le spalle) Tranquillo state, pericolo non d’è. Tutto in sicurezza è.

VITTORIO            (Non molto rassicurato) Sì, vabbuò, ma sapite…

ROSARIO             (A denti stretti) Si iocu ‘nu masculo la dovessi cogghiere, ah, ah,‘stu masculuvedreb-be ‘na bella palla che trasissi nella schiena e poi dalla parte di davanti uscirebbe!

VITTORIO            (Sbalordito) Eh? A isso?

ROSARIO             (Brutale e quasi gridato) No! Prima a lei!

VITTORIO            Ah, ah!... Sì, sì!... Ehm, pecché vuje supponite ca… (Gesto delle mani per indicare due in-

dividui vicini)

ROSARIO             Come? Io suppongo?... Ah, io suppongo?

VITTORIO            (Volendo evitare di metterlo totalmente in collera) No! Niente, niente!

ROSARIO             (Più calmo) Io la prima notte di nozze un avvertimento a mugghierema le fici.

VITTORIO            (A parte) ‘Overo ‘na belladichiarazione!

ROSARIO             (Rimettendosi in tasca la pistola) Oh, no, idda mai si azzarderebbe.

SCENA TREDICESIMA

(RICCARDO e detti)

RICCARDO          (Comparendo sulla porta di destra di fondo) Jammo belle,vulessemo faticà ‘nu poco?


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 29


VITTORIO

‘Nu mumento, scusa.

RICCARDO

Ah, no, mò nun te pozzo aspettà cchiù, tengo che ffà!

VITTORIO

Ma sto venenno! Pe’ ttramente [Frattanto] accummencia a priparà ‘e cuntratte.

RICCARDO

(Un po’ seccato) Uffà! (Ritorna nella stanza da cui era uscito chiudendosi la porta alle spalle)

ROSARIO

Cu è chiddu masculu?

VITTORIO

‘O signor Riccardo Tortora.

ROSARIO

Riccardo Tortora?

VITTORIO

‘N amico mio, ca è pure ‘o produttore d’‘a cumpagnia d’assicurazione. ‘Nu guaglio-

ne bravo e in gamba! (Credendo che Rosario sia ancora nella stanza e volendo presentarlo) Il

signor Tortora… Uh! Se n’è trasuto. Tene sulo ‘nu difetto: ‘e ffemmene… le ama

molto ed è riamato… è un dongiovanni…

ROSARIO

(Con indulgenza) Pfi!

VITTORIO

Nun vede ll’ora ‘e se ne jì pecché ‘o sta aspettanno ‘na femmena…una donna…

ROSARIO

(Ridendo) Aaaahahahaha…

VITTORIO

(Un po’ fatuo) Aggio ditto ca aspetta a isso, ma forse sta aspettanno a mme… (Dal ta-

schino della giacca tira fuori a metà la lettera che, parlando, accarezza compiaciuto con la mano)

Pecché essa a mme m’ha scritto ‘na bruciante lettera d’amore!

ROSARIO

(Interessato) Vero è? (Spinto dalla curiosità) E cu è ‘sta fimmina?

VITTORIA

Nun ‘o ssaccio, nun ha firmato. (Tira fuori del tutto la lettera)

ROSARIO

(Profondo) Un’anonima è.

VITTORIO

Je penzo ca ha da essere ‘na femmena ‘e ll’alta società… ‘na femmena maritata.

ROSARIO

Pecchì penzate chistu?

VITTORIO

Beh, anzitutto tene ‘nu bellu stile e ‘nu bellu tono … Comunque, si ve ne vulite fà

‘n’idea… (Ha spiegato la lettera e la porge vanitoso a Ingrassia)

ROSARIO

(Prende la lettera ridendo) Ahhhh!Allora in questa faccenda un mascolo cornuto c’è!

VITTORIO

E redite?

ROSARIO

(Giubilante, con voce di testa) Questa cosa assai mi diverte! Mi gusta! Le corna altrui ri-

dere mi fanno! (Scorre con lo sguardo la lettera e getta un grido) Ah!


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 30


VITTORIO

(Stupito) Che d’è?

ROSARIO

(Sbotta, percorrendo il palcoscenico a grandi passi fino ad arrivare ad un’estremità) Minchia!

VITTORIO

Ma ch’è stato?

ROSARIO

La scrittura della mia mugghiera è, e pure ‘u prufumo!

VITTORIO

(Sobbalzando) Che state dicenno?

ROSARIO

(Piombando su di lui e schiacciandolo contro il tavolo) Ah! Miserabile! Canaglia!

VITTORIO

(Tentando di liberarsi) Aspettate! Calmateve!

ROSARIO

(Con una mano lo tiene alla gola, con l’altra cerca la pistola, che tiene nella tasca dei calzoni) ‘A

lupara! Dov’è ‘a lupara? Vabbè, accuntentamoce d’‘a pistola!

VITTORIO

(Alla vista della pistola puntata addosso a lui) Ma site pazzo? Pusate ‘sta rivoltella!

ROSARIO

(Alza il cane e toglie la sicura della pistola, sempre tenendo Vittorio contro il tavolo per mezzo di un

ginocchio che gli ha piantato nel ventre) Ah! La signora a vossia scrive!

VITTORIO

(Riuscendo a liberarsi) Ma no! Ma no! Anzitutto nunpo’ essere ‘a muglieravosta.‘O

juorno d’ogge ‘e ffemmene tenene tutte quante ‘a stessa scrittura…

ROSARIO

Io bene la conosco!

VITTORIO

E po’ io che ce azzecco? Nun ce vaco io, ‘nce va Tortora, no?

ROSARIO

Tortora? ‘U masculu ca qua stava? Va bene, ammazzare lo vogghiu!

VITTORIO

(Va prontamente fino alla porta di fondo a destra) Eh? No, no! Ancora nun è succieso nien-

te!... Vaco subbeto addu’ Tortora pe’ l’avvisà e sistemammo tutte cose.

ROSARIO

(Che prontamente gli sbarra il passo) Proibire ve lo devo! La cosa consumare si deve! La

prova vogghiu, e poi lo ammazzo!

VITTORIO

(Cercando di rabbonirlo) E ghiammo, Ingrassia! (In questo momento si ode il brusio delle voci

di Luciana e di Teresa)

ROSARIO

(Spingendo Vittorio verso la porta di sinistra in primo piano e minacciandolo con la pistola) La vo-

ce di mi mugghieri sento! Trasiti ccà vuje!

VITTORIO

Ingrassia, amico mio!

ROSARIO

(Feroce) Amico ti sono, ma come un cane ti ammazzo! (Vittorio vorrebbe parlare) Jati-

vinni! Jativinni o sparo!


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 31


VITTORIO

(Non se lo fa dire due volte e sparisce attraverso la porta che Ingrassia gli indica) No! No! (Ingras-

sia dà un giro di chiave, poi si terge la fronte; sta quasi soffocando)

SCENA QUATTORDICESIMA

(LUCIANA, TERESA e detto)

LUCIANA

(Entra in scena seguita da Teresa) Ah, staje ccà, marito mio.

ROSARIO

(Sforzandosi di sembrare calmo) Sì, qua sono!

TERESA

(Andando incontro a Ingrassia) Oh, buongiorno signor Ingrassia.

ROSARIO

Baciamo le mani, signora… Bene state, sì?... E don Vittorio?...

TERESA

Bene, grazie.

LUCIANA

(Che da qualche istante lo osserva) Ma che tieni?

ROSARIO

(Con rabbia contenuta) Niente ho.

LUCIANA

(Poco convinta) Mah! Jesco cu’Teresa,tiene bisogno ‘e me? Te serve quaccheccosa?

ROSARIO

(C.s.) No, no,! Vai pure, vai, niente mi abbisogna!

LUCIANA

Statte buono!

TERESA

Arrivederci, don Rosario!

ROSARIO

(Rabbioso) Baciamo le mani, signora, salutamu.

LUCIANA

(Che vuol mettersi il cuore in pace) Ch’è succieso, tesò?Tiene ‘na faccia strana?

ROSARIO

(Tanto più nervoso quanto meno vuol dimostrare d’esserlo) Ti dissi ca niente ho!

LUCIANA

Ah, Gesù! Che carattere impossibile ca tiene! (Le due donne escono)

ROSARIO

(Appena sono uscite, sbotta) Oh! Senza vergogna! Cornuto sono!... Cornuto! (È arrivato

all’estrema destra quando sente tambureggiare alla porta di sinistra, primo piano. Raggiunge con un

balzo la porta) Basta! Basta o sparo! (Il rumore cessa. Arriva nervosamente in prossimità della

porta di fondo quano questa si apre per dare il passaggio a Tortora)

SCENA QUINDICESIMA

(RICCARDO e detti, poi CAMILLO)

RICCARDO

Vittorio nun ce sta?


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 32


ROSARIO

(A parte, digrignando i denti) Eccolo, l’altro… Don Riccardo Tortora. (A voce normale, con

dei sorrisi sotto i quali si avverte la voglia di mordere) No,non c’è.

RICCARDO

(Senza accorgersi dello stato in cui si trova Ingrassia) Vabbuò. Si‘o vedite,‘nceputite dicere

pe’ cortesia ca aggio lassato tutti ‘e cuntratte ‘ncoppa ‘a scrivania e che ha da signà

sulamente ‘e nomme?

ROSARIO

(Piantato bene in faccia a Tortora) Certo, don Riccardo.

RICCARDO

Quanto a me… nun ‘o pozzo aspettà cchiù.

ROSARIO

(Nervosissimo dietro il velo della sua falsa amabilità) Va bene, nesciti! Uscite!

RICCARDO

(Stupito) Comme?

ROSARIO

(Non controllandosi più) Nesciti o io vi… (Le sue mani, assai vicine al collo di Tortora, si con-

traggono come se volesse strangolarlo)

RICCARDO

O vuje me, che cosa?

ROSARIO

(Riuscendo con un ultimo sforzo a padroneggiarsi) Ma niente signore, proprio niente. (Molto

amabile) Andate, andate.

RICCARDO

Ah. (Avviandosi) Che tipo strano. (Salutando) Signore! (Esce dal fondo)

ROSARIO

Ah, scoppio! (Scorge il bicchiere che conteneva il palato di Camillo e vi si dirige di corsa) Ah!

(Ne beve avidamente il contenuto) Ah, chisto megghiu mi fa sentiri. (Subito si rende conto del-

lo strano gusto di ciò che ha bevuto) Puah! Ma che ci misaru? Salatissimo è (Posa con disgu-

sto il bicchiere vuoto sul tavolo)

CAMILLO

(Compare dal fondo a destra ed entra) (“SIGNOR INGRASSIA,TUTTO SOLO?”)

ROSARIO

Ah, voi! (Si calma subito) Al momento giusto arrivate. Me ne vado.

CAMILLO

Ah.

ROSARIO

Dopo che via me ne sono andato, (Indica la porta a destra in primo piano) quella porta, vi-

sto? Io vi autorizzo: al vostro padrone aprire potete. Via! (Parlando lo ha preso per i ri-

svolti della giacca e lo fa passare dalla parte opposta a cui si trovava)

CAMILLO

(Turbato dagli scossoni che ha ricevuto) (“COMME,AL MIO PADRONE?”)

ROSARIO

(Con rabbia, raggiungendo la porta di fondo a grandi passi) Oh! Senza vergogna! Comme po-

tevo immaginarmi che un amante aveva quella svergognata! (Esce come un energumeno)


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 33


CAMILLO            (Dopo averlo guardato uscire, con aria a metà spaventata e a metà divertita, scimmiottandolo)

(“NUN SE CAPISCENA PAROLAE CHELLO CA DICE!”) (Andando verso la porta a sinistra, in primopiano) (“AL MIO PADRONE? QUAPADRONE?”) (Apre la porta; vedendo apparire Vittorio, che ha l’ aspetto disfatto, indietreggia) (“TU?”)

SCENA SEDICESIMA

(VITTORIO e detto, poi RICCARDO)

VITTORIO            (Ancora pieno di paura, non osa avventurarsi nella camera) Se n’è gghiuto?

CAMILLO            (“CHI?”)

VITTORIO            (Sempre sotto lo stipite della porta) In…Ingrassia?

CAMILLO            (“SÌ!”)

VITTORIO            (C.s.) E‘a mugliera?

CAMILLO            (“PURESSA, CU’ TERESA.”)

VITTORIO            Bene… e Riccardo?

CAMILLO            (“È ASCIUTO MÒ MÒ.”)

VITTORIO            Mannaggia, chesto nun ce vuleva. S’ha da fà ampressa. Chi se putesse mannà all’avvertì ca ‘o siciliano ‘e ‘ncucciarrà ‘ncoppa ‘o fatto? (Trovando) Ah, Emilia!

CAMILLO            (“ADDÒ SHA DA MANNÀ?”)

VITTORIO            Ehm… ‘o coso… all’affare… llà… Insomma, ‘o ssacc’io! (Prendendo Camillo per i ri-svolti della giacca) Stammo‘ncoppa a ‘nu vulcano…attivo!Se sta appriparanno ‘natragedia grossa assje, forse ‘nu doppio assassinio!

CAMILLO            (Sobbalzando) (“MA CHE STAJE DICENNO?”)

VITTORIO            Famme penzà… Ma sì! Primma d’‘o banchetto io ‘o tengo ‘o tempo pe’ gghì addu Riccardo! Tu aspiettame lloco! E damme ‘o cappiello mio!

CAMILLO            (“MIO DIO, MA CHE STA SUCCEDENNO?”)

VITTORIO            (In fretta) Mò nun tengo ‘o tiempo ‘e t’‘o spiegà. Stamme a sentere: si mentr’io nun cestongo avesse ‘a turnà Riccardo pe’ ‘nu mutivo qualunque, dicce ca nun ghiesse as-solutamente all’appuntamento che isso sape… Sta in gioco ‘a vita soja!

CAMILLO            (Ha un sobbalzo) (“’A VITA SOJA?”)


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 34


VITTORIO

Camì, hê capito bbuono? ‘A vita soja! Che tragedia, mio Dio, che tragedia! (Esce da

destra, primo piano)

CAMILLO

(“MA CHE TENENE TUTTE QUANTE OGGI?”)

RICCARDO

(Brusca apparizione sulla porta di fondo) Aggio lassato ccà ‘a busta mia.

CAMILLO

(“RICCARDO?”)

RICCARDO

(Prendendo la sua busta sul tavolo) Ah, aiccanne!

CAMILLO

(Balza verso di lui precipitoso e incomprensibile) (“P’AMMORE E DDIO,NUN JATE ADDÒ SAPITE

VUJE!‘A VITA VOSTA È IN PERICOLO!”)

RICCARDO

Ma che staje dicenno?

CAMILLO

(Aggrappandosi perdutamente a lui) (“ALLAPPUNTAMENTO! ALLAPPUNTAMENTO! NUN CE JATE! ‘A

VITA VOSTA È IN PERICOLO!”)

RICCARDO

(Lo fa piroettare su sé stesso e lo spinge lontano per liberarsene) Ma lassame stà! Io nun capi-

sco niente ‘e chello ca me staje dicenno!

CAMILLO

(Riprendendo rapidamente il suo equilibrio e correndogli dietro) (“RICCÀ! RICCÀ!”)

RICCARDO

(Scappando via) Statte bbuono! (Esce precipitosamente dal fondo)

CAMILLO

(Corre al caminetto dove aveva lasciato il bicchiere e non lo trova più) (“OH MAMMA D’‘O CARMENE,

O PALATO MIO! ADDÒ LHANNO MISOO PALATO MIO?”) (Scorgendo il bicchiere sul tavolo) (“AH,

STA CCÀ!”)(Si mette velocemente il palato in bocca e corre tosto verso il fondo parlando normalmen-

te) Riccardo! Riccardo! Riccà!

VITTORIO

(Col cappello in testa, accorrendo alle grida di Camillo) Ma cu’chi staje alluccanno?

CAMILLO

(Un piede nel vestibolo e uno nel salotto, parlando con grande volubilità e nel modo più chiaro del

mondo) Cu’ Riccardo! Nun aggio visto maje uno accussì bestia!‘Nce aggio ditto:

All’appuntamento nun ce Jate! ‘A vita vosta è in pericolo!... E isso nun m’ha vuluto

stà a sentere…

VITTORIO

(Sbalordito, lasciandosi cadere su una sedia) Uh mamma mia! Chisto parla!

CAMILLO

(Correndo e chiamando mentre il sipario cala) Riccardo!... Riccà!... Ueh, Riccà!...

Sipario

FINE DEL PRIMO ATTO


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ATTO SECONDO

A Marechiaro. Il primo piano dell’Albergo della Micia Innamorata (Pussycat In Love Hotel). Sottofondo musicale:

“Miao, Miao”- “Concerto buffo di due gatti” di G. A. Rossini

Per fare onore all’insegna, tutto è leggiadro, stimolante, suggestivo. La scena è divisa in due sezioni. A sinistra (e que-sta parte occupa più o meno i tre quinti della scena) una grande hall alla quale si accede da una scala situata sul fondo e che continua portando ai piani superiori. A sinistra in primo piano, contro il muro, una mensola. Sopra la mensola, un attaccapanni al quale sono appesi una giacca di livrea e un berretto da facchino d’albergo. In secondo piano, una porta che dà nella camera occupata da Rugby. In terzo piano, un corridoio che porta ad altre camere; la porta di una di queste è di fronte al pubblico, visibile. Tra questa porta e la hall è appeso al muro un quadro di suonerie elettriche. A destra della hall, la parete che separa la stessa dalle due camere contigue, la prima delle quali è visibile al pubblico. Questa parete arriva fin quasi in primo piano, terminando a collo di cigno. In secondo piano, una porta, attraverso la quale comunicano camera e hall. In terzo piano, una porta che dà nella camera contigua, il cui interno per conseguen-za non è visibile dal pubblico. Nella hall, contro il collo di cigno, una panchettina.

Nella camera di destra, sul fondo, un letto a baldacchino, rialzato da uno scalino ad angoli tondi e tappezzato. A destra del letto, in una rientranza, una finestra che sporge su un giardino. In primo piano, a destra una porta che comunica col bagno. A sinistra, contro il collo di cigno, un tavolinetto laccato di bianco. Sul fondo, a sinistra del letto, una sedia. Un’altra sedia è tra la finestra e la porta del bagno. Ai due lati del letto, posto all’altezza dell’occhio, un bottone per campanello. Questi bottoni devono essere fatti in modo che abbiano l’aspetto di un bersaglio. Ed essi azionano, quando si premono, dei campanelli di legno posti tra le quinte. Per loro mezzo i macchinisti vengono avvertiti e manovrano il girevole del letto. Ecco in che cosa consiste questo girevole: nello scalino sul quale posa il letto, vi sono due sezioni: una, quella inferiore, fissa e orizzontale, in modo che corregga il pendio del palcoscenico; l’altra, posta sopra, mobile e girevole. Il pannello del muro costituisce il diametro del disco ruotante, in modo che quando i macchinisti, per mezzo di un argano, fanno ruotare questo disco, pannello e letto girano con esso e lasciano il posto al pannello e al letto della camera vicina; i due letti devono quindi essere identici. La testiera di questi due letti, quando sono in scena, dev’essere dalla parte della finestra; i piedi, per conseguenza, dalla parte della porta. Per nascondere ogni possibile fessura tra il pannello e il suo riquadro, mettere dei ripari in caucciù, che serviranno al tempo stesso ad ammortizzare il colpo d’arrivo del girevole.

In questo atto, l’attore che sostiene la parte di Vittorio Cianciulli dovrà impersonare alternativamente questo perso-naggio e quello di Pasquale. Perché questo sia possibile, bisogna predisporre i costumi nel seguente modo: fin da quando si alza il sipario, l’attore avrà sotto gli abiti di Pasquale il costume di Vittorio, che non si toglierà mai; il co-stume di Pasquale è composto da un paio di pantaloni di livrea verdi o blu, da un gilet della stessa stoffa con bottoni di ottone, da una camicia di cotone rosa e da un paio di grosse scarpe (o pantofole) assai alte, in feltro nero: queste scar-pe, naturalmente, sono calzate sopra gli scarpini di Vittorio. La camicia è solo apparente: si tratta di un paio di mani-che che partono dalle spalle del gilet, e di un davantino con colletto rivoltato cucito alla scollatura del gilet. Un grem-biule e una sciarpa bianca di falsa seta completano il costume. In questa tenuta l’attore reciterà tutta la prima parte dell’atto fino all’ultima scena di Pasquale, prima della prima entrata di Vittorio. A partire da questo momento l’attore, ogni volta che dovrà mutarsi in Pasquale avrà – dovendo essere i cambiamenti velocissimi – un gilet e dei pantaloni uguali a quelli di prima, ma completamente truccati, aperti cioè posteriormente. All’alzarsi del sipario, Eugenia sta finendo di riordinare la camera di destra.

SCENA PRIMA

(EUGENIA e ADRIANA, poi OLIMPIA, indi BATTISTINA)

ADRIANA            (Sbucando dal corridoio di sinistra) Eugenia!... Eugenia!... (Arriva fino alla porta della camera

di destra stanza n° 16) Eugenia!...

EUGENIA             (Senza turbarsi, continuando a spolverare col suo piumino) Dicite signò?

ADRIANA            (Sulla soglia, con stile alternato ad arrabbiato) Che staje facenno?

EUGENIA             Aggio fernuto mò mò ‘e fà ‘a cammera, signò.


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ADRIANA

(Entra nella camera, si guarda intorno) Quindi secondo te chesta è‘na cammera fatta?‘Stu

lietto me pare comme si quaccheduno ‘nce avesse durmuto!

EUGENIA

(Ironica) E invece nun è accussì, eh?

ADRIANA

Facimmo pure ‘e spiritose, mò? Ma che faccia tosta!... Si jammo annanze accussì

quaccheduno se permettarrà pure ‘e dicere ca l’albergo mio è n’albergo equivoco.

EUGENIA

(Ancora ironica) P’ammore‘e Ddio!

ADRIANA

No, piccerè! Miettete buono ‘ncapa ca chisto è ‘n’albergo ‘e lusso! ‘N’albergo…

comme si deve! Addò venene sulamente ggente ‘nzurate.

EUGENIA

Sì, ma maje ‘nzurate assieme…sposati con altre donne…

ADRIANA

E allora? Songhe ancora cchiù ‘nzurate, pecché lo sono ognuno pe’ fatte d’‘e suoje…

Come se fossero doppiamente sposati!‘A signorina mò se permette pure ‘e giudicà ‘a

clientela mia! Jammo belle, miette tutte cose buono a posto e fà ampressa! (Butta per

terra le coperte , poi esce nella hall)

EUGENIA

(A parte) Quant’è scucciante!

OLIMPIA

(È apparsa sul fondo portando una pila di lenzuoli. È molto truccata e ingioiellata) Adrià, ch’è

stato? Cu’ chi ll’haje? (E va a posare i suoi lenzuoli sulla mensola di sinistra)

ADRIANA

Chella guagliona nun se ne fotte ‘e niente! (Scorgendo Battistina che arriva ed ha un’aria da

cane bastonato, la afferra per il braccio) Ah, tu staje ccà!‘Addò staje venenno??

BATTISTINA

Io?

ADRIANA

No, sorema! Vuò faticà, sì o no?

BATTISTINA

(Timida) E comme, no? Se capisce, signò.

ADRIANA

E allora va te cocche! (Battistina si avvia verso il fondo, ma si ferma alla voce di Adriana) Ma

guarda ‘nu poco! Chesta è ‘na femmena ca nun sape fà ‘o riesto ‘e niente, ma che te-

ne ‘a ciorta ‘e tenè cierti reumatismi indiscutibile…

BATTISTINA

‘O fatto è ca…

ADRIANA

Vattenne mò mò dint’‘cammera toja! (Battistina via)


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SCENA SECONDA

(RUGBY e dette)

RUGBY

(Sbuca dalla camera di sinistra; alle spalle di Adriana, da molto vicino) Nobody called?[Nessuno

mi ha cercato?]

ADRIANA

(Ha un sussulto e si volta di scatto) Puozze jettà ‘o sango, ch’avite ditto?

RUGBY

(Adirato e a voce alta) Nobody called, I said?! (Adriana e Olimpia si guardano sbalordite; Rug-

by, vedendo che non hanno capito, più piano, a Olimpia) I say you please, anybody called for

me? [Io ho chiesto, per favore, se qualcuno mi ha chiamato]

OLIMPIA

No, no bodé, no bodé, signò!

RUGBY

(Brontolando) Huah… Thank. (Ritorna furibondo in camera sua. Adriana e Olimpia si guardano

incuriosite)

ADRIANA

(Dopo un momento) Ma ch’ha ditto?

OLIMPIA

Penzo ca ‘nce ha addimannato si ll’è venuto a cercà quaccheduno.

ADRIANA

Che bruttu vizio ca tene ‘e me parlà ingrese!

OLIMPIA

Ma chillo nun ‘a sape ‘a lengua nosta.

ADRIANA

Eh, ma chesto nun vò dicere ca je cunosco ‘a soja.

OLIMPIA

Puveriello. È ‘a terza vota ca addimanna ‘e ‘na femmena ca sta aspettanno, ma ca

nun vene.

ADRIANA

E pe’ fforza! Si fa accussì pure c’‘e ffemmene… ‘e ffà fujì!

OLIMPIA

(Disponendosi a riprendere la pila di lenzuoli) Vaco a purtà‘e llenzola dint’‘oguardaroba.

ADRIANA

Ma nun l’hê ‘a fa tu! (Chiamando) Eugenia!

EUGENIA

(Che durante le scene precedenti aveva rifatto il letto ed era poi scomparsa nel bagno, per uscire due

o tre battute più sopra) Dicite signò.

ADRIANA

Hê fernuto ‘e fa ‘a cammera?

EUGENIA

(Col piumino sotto il braccio e una brocca in mano) Quase, signò.

ADRIANA

Puorta ‘nu mumento ‘sti llenzola dint’‘o guardaroba.

EUGENIA

(Posa la brocca e il piumino nel corridoio con un sospiro di rassegnazione) Va buono. Che fatica

‘a bestie! (Si avvia verso il fondo; alla battuta di Olimpia si ferma)


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(Pronuncia alla maniera di Camillo)

OLIMPIA              Uh! Mò ca m’arricordo! (Indica la camera di destra in primo piano, la n° 16) ‘Sta cammera n

16 nun s’ha da dà a nisciuno, l’hanno prenotata.

ADRIANA            Ah. E chi l’ha prenotata? (Siede sulla panca)

OLIMPIA              (Tirando fuori dalla tasca un biglietto) ‘Osignor Cianciulli. (A Eugenia) T’arricuorde?

EUGENIA             Sì, signò, state senza penziero. ‘O signor Cianciulli è chillo ca parla accussì: “a-o-u-

e…”?

OLIMPIA              Esatto.

ADRIANA            Ah, vene ogge?

OLIMPIA              Sì. (Vedendo che Eugenia si è avvicinata per ascoltare il contenuto del biglietto) Eugè, te ne può

gghì, nun avimmo bisogno ‘e te.

EUGENIA             Ah, aggio capito, signò… (Si avvia nuovamente verso il fondo)

OLIMPIA              No ‘a llà! (Indicando il corridoio di destra) Vattenne p’‘a scala d’‘o curreturo. [Corridoio] È ‘a stessa cosa ma nun arriseche ‘e vedè quacche cliente, cu’ tutte chelle llenzola.

EUGENIA             Sissignora. (Esce dal corridoio di destra)

OLIMPIA        (Ad Adriana) Ti leggo il biglietto: “Riservatemi per oggi alle cinque la stessa camera dell’ultima volta. Cianciulli.” L’ultima volta aveva appunto quella lì, la numero 16.

(Indica la camera di destra n° 16)

ADRIANA       (Alzandosi) Benissimo!... Chi ‘o ssape si lle songhe arrivate ‘e bretelle ca se scurdaje dint’‘a cammera… (Entra nella camera n° 16)  Spremmimmo ‘o buttone pe’ vvedè si

Battistina sta ‘o posto sujo. (Preme il bottone a sinistra del letto: la parete ruota sui suoi cardi-ni, portando via il letto che è in scena, il cui posto viene preso dal letto della camera attigua. Nel letto c’è Battistina)

SCENA TERZA

(BATTISTINA e dette)

BATTISTINA       (Coricata sul dorso, in camicia da notte e con una cuffia in testa. Si lamenta con un ritornello fami-

liare) Oh,‘ereumatisme!...‘Epovere reumatisme mieje!... Nun ce‘a faccio cchiù!...

Che ddelure!...

ADRIANA            (Interrompendola) Vabbuò, vabbuò, nun te sfiacchì, songh’io.


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“Prenotatemi una

BATTISTINA       (Sedendosi) Ah, site vuje, signò? Comme putite vedè stongo‘opostomio ‘ecombat-timento!

ADRIANA            Io pe’ cchesto te pavo! Jammo, facimmo turnà ‘o letto ‘o posto sujo. (Preme di nuovo il

bottone, e di nuovo il girevole ruota, rimettendo a posto il primo letto) Funziona buono tutte co-se. (Olimpia segue sua sorella che le chiede, sempre camminandoverso l’uscita della stanza) Addò sta Pasquale?

OLIMPIA              Abbascio ‘a cantina, sta mettenno ‘a legna a posto.

ADRIANA            (Entrambe sono ormai nella hall) Abbascio ‘acantina?... Ma sì asciuta pazza! Chillo su-lamente ‘nu difetto tene, chilo ‘e se ‘mbriacà, e tu ‘o manne abbascio ‘a cantina?!

OLIMPIA              Nun te preoccupà Adrià, nun ce sta pericolo, ‘o vino sta chiuso a chiave.

ADRIANA            Ah, menu male. Io ‘o cunosco buono a chill’animale… Ce piace ‘e vevere… Però è ‘nu servitore ubbidiente comme me piace a mme. Quanno ‘nu paro ‘e semmane fa ‘o trovaje senza fatica, ‘o pigliaje subbeto subbeto.

OLIMPIA              E faciste bbuono.

SCENA QUARTA

(PASQUALE e dette, poi EUGENIA, indi RUGBY)

(In questo momento, proveniente dal corridoio di destra, compare Pasquale. Ha una gerla con un fascio di legna sulle spalle, ed è in tenuta da lavoro: pantaloni e gilet della livrea, grembiale con bretelle e scarpe di feltro. I capelli sono spettinati, come li ha chi torna dal proprio lavoro. È il sosia assoluto di Vittorio Cianciulli, solo è più volgare, più pe-sante, ma non tende ad avere la gobba: cerca di camminare dritto come un soldato, pancia in dentro e petto in fuori; in mano ha un biglietto)

ADRIANA            (Appena vede Pasquale) Quanno se parla d’‘odiavulo… Ched’è, Pascà?

PASQUALE          (Accennando il saluto militare, con voce piuttosto pastosa) ‘Nubiglietto, patrò!

ADRIANA            (Andando verso di lui e imitandolo) “‘Nubiglietto, patrò!” Damme ccà! (Gli prende dalle ma-ni il biglietto e va verso Olimpia; vedendo che Pasquale sorride beatamente abbozzando istintiva-mente dei saluti militari) Hê fernuto‘e meguardà accussì? (Sempre parlando, ha aperto il bi-glietto correndo con lo sguardo alla firma) Ah, pure chisto è d’‘o signorCianciulli! (In quel

momento compare Eugenia, mentre Adriana legge il contenuto del biglietto)

buona camera…”

OLIMPIA              (Con una punta di ironia) ‘Ncetene assaje, evidentemente!


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)


ADRIANA

(Riprendendo a leggere) “…e fatene disporre a chi la chiederà a mio nome”. (A Eugenia

che è arrivata in questo momento e a Pasquale) Avite capitobbuono tutt’e dduje? Si vene

quaccheduno e addimanna d’‘a cammera riservata ‘o signor Cianciulli, ‘o purtate llà

dinto… camera n° 16… Non vi imbrogliate con i numeri! (Indica la camera in primo pia-

no a destra, la n° 16)

EUGENIA

Va buono, signò. ‘O signor Cianciulli è chillu signore ca parla tutto strano… ca nun

dice ‘e ccunsunante… vene cu’ chella piccerella ca tene sempe ‘o velo ‘ncapa pe’

nun se fa arricunoscere … ca isso chiamma “A-E-I-O-U”?

ADRIANA

Brava, proprio isso, chillo ca s’aveva scurdate ‘e bretelle soje e nuje ‘nce l’avimme

spedite… (Eugenia esce dal corridoio sinistro. Pasquale rimane dove sta e continua a contemplare

la sua padrona) Neh, hê capito, sì o no, animale? (Lo afferra per il braccio e lo fa ruotare su

sé stesso) Jamme bello, mò vattenne. (Pasquale si avvia verso il corridoio di sinistra con un’a-

ria radiosa voltandosi indietro) Tiene mente che faccia beata! (Facendo la voce grossa) Staje

ancora ccà? Pussa via! Vattenne!

PASQUALE

Sissignora! (Ubbidisce precipitosamente portando via la sua gerla)

ADRIANA

(Suonano; consulta il quadro dei segnali) È‘o signore ingrese.

RUGBY

(Schizzando fuori dalla camera alla sua solita maniera e vicinissimo alle spalle di Adriana) Nobody

called?

ADRIANA

‘N’ata vota?! ‘A vulite fernì, sì o no?

RUGBY

Nobody called for me, I say?

ADRIANA

(Col sorriso sulle labbra, a mezza voce) Oh, che barba!

RUGBY

(Tendendo l’orecchio) What?

ADRIANA

(C.s.) Che barba!

RUGBY

(Che non capisce) Baaba?

ADRIANA

(Col suo tono più amabile) Seh, seh, ‘nu bellu babbà, comme a tte!

RUGBY

(C.s.) Aaah, babe… Thanks. (Si gira per rientrare quando, arrivato sulla soglia della sua porta

si ferma di colpo meravigliato, perché entra Teresa dal fondo con il volto celato da un fitto velo)

Ooh!


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SCENA QUINTA

(TERESA e detti)

ADRIANA

Dicite signò?

TERESA

‘Nce ha da sta ‘na cammera prenotata a nomme Cianciulli.

ADRIANA

(Andando ad aprire la porta della camera di destra, la n° 16) Ah, sì,venite ‘a ccà,signò!

RUGBY

(Non ha lasciato nemmeno per un attimo di guardare Teresa e, non potendola vedere in viso, avanza

senza riguardi fino a mettersi a girarle intorno come una farfalla intorno al lume. Teresa, che lo

guarda sbalordita, si gira istintivamente su sé stessa) “Turnin’ around town,knocking people

down, kissing every girl you meet! [Girando per la città, incontro tanta gente, bacio ogni ra-

gazza che incontro] (Constatando che Teresa non è colei che cerca, ritorna in camera sua con le ma-

ni in tasca) No! She’s non that one![No, non è lei!]

TERESA

(Sempre stupitissima) Ch’ha passato?

ADRIANA

Nun ‘o date retta, signò. È ‘n’ingrese ‘nu poco strambo.

TERESA

Ma tene ‘na bella faccia tosta. (Ad Adriana) Nun è venuto ancora nisciuno ca ha cerca-

to ‘a cammera? (Rialza appena il velo)

ADRIANA

Nisciuno ancora. (Le si avvicina) So sicura ca nun me sbaglio: vuje site venuta già

stammatina!

TERESA

Eh?

ADRIANA

Ma sì, è proprio accussì! Signò, songo assaje lusingata! Io ero sicura ca ‘a discrezio-

ne mia m’avesse garantito ‘a fiducia vosta, ma ve cunfesso ca nun v’aspettavo accus-

sì ampressa!

TERESA

(Urtata) Ma comme ve permettite? Io nun ve permetto‘e…

ADRIANA

(Con garbo) Scusatemi, signò. (Risale fino alla porta e si schiaccia, per lasciar passare Teresa)

TERESA

(Passa davanti ad Adriana e, sulla soglia della porta, si volta per fulminarla con uno sguardo altez-

zoso intimando con il dito il silenzio) Scsss!… (Ed entra nella camera)

ADRIANA

(Che è entrata nella camera dietro di lei) Chesta è ‘a cammera. Comme putite vedè vuje

stessa, è assaje confortevole. ‘O lietto…

TERESA

(Altezzosa, tagliando corto)  Vabbuò, vabbuò, non m’interessa. (Con aria molto dignitosa)

Nun tengo nisciuna intenzione ‘e me stabbilì ccà.


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ADRIANA

Sìssignora. (Tra sé, dirigendosi verso il bagno) Che tipo strano!... (Ad alta voce) ‘A chesta

parte ce sta ‘o bagno cu’ l’acqua calda e l’acqua fredda, ‘a doccia… (Indicando il botto-

ne del meccanismo del letto girevole) Ccà,affianco ‘olietto, ‘a tutt’e ddoje ‘e pparte, si ca-

so maje ‘na brutta surpresa… è importante assaje, tenimmo ‘nu…

TERESA

Insomma, mò basta!... M’‘o vvech’io… cuntrollo je stessa… Mò pe’ favore vulesse

rimmanè sola.

ADRIANA

(Interdetta) Ma signò…

TERESA

Nun tengo cchiù bisogno ‘e vuje.

ADRIANA

Comme vulite vuje, signò. (Chiudendosi la porta alle spalle) Qant’è isterica ‘sta femme-

na!

TERESA

Quant’è invadente ‘sta femmena! (Si guarda intorno)

SCENA SESTA

(PASQUALE e dette, poi RICCARDO)

ADRIANA

(Vede arrivare Pasquale con la gerla della legna sulle spalle) Ueh, Pasquà!

PASQUALE

(Sguardo tenero, salutando militarmente) Dicite, patrò.

ADRIANA

Hê fernuto cu’ chella legna?

PASQUALE

(C.s.) ‘N’atucarreco, patrò.

ADRIANA

E ghiammo a ce movere! Po’ m’hê ‘a fà ‘a cortesia ‘e te mettere ‘a livrea, invece d’

‘a lassà appesa lloco. Nun è chillo ‘o posto sujo. (Parlando ha indicato la giacca della li-

vrea e il berretto, che sono appesi all’attaccapanni sopra la mensola) Mò accummenciano a ar-

rivà ‘e cliente: hê ‘a sta ordinato.

PASQUALEE

Sissignora. (Esce)

(Teresa durante la scena precedente ha ispezionato la camera; in questo momento è in bagno)

RICCARDO          (Arrivando) Scusate,‘a cammera prenotata a nomme d’‘osignor Cianciulli?

ADRIANA            ‘A chesta parte, venite. Ma… vuje nun site ‘o signor Cianciulli!

RICCARDO          No, ma nun fa niente… ‘O rapprisento.

ADRIANA            (Approvando col capo) Vabbuò.E po’ ‘obiglietto diceca tutte chille ca chiedono d’‘acammera ponno passa, quindi… … ‘A signora è già arrivata, signò.


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RICCARDO

Ah! E… e comm’è… è bella?

ADRIANA

(Lo guarda stupita, poi) Je penzo ca si‘a signora‘ncepiace‘o signore…

RICCARDO

No, sapite che d’è… è ca nun ‘a canosco.

ADRIANA

Ah! Un incontro al buio! Ora è di moda!

RICCARDO

Una specie…Quindi capite… primma ‘e me fà vedè… Chi ‘o ssape, putesse essere

pure ‘na vecchia strega…

ADRIANA

Ah, no, state sereno: nun sarrà doce ‘e sale ma è bellella assaje.

RICCARDO

(Disinvolto) Meglio accussì! La cosa viene meglio con una bella donna!

ADRIANA

(Indicando la stanza n° 16) ‘Asignora sta llà, signò. (Entrando e bussando alla porta del bagno)

Signò!

TERESA

(Da dentro) Sì?

ADRIANA

È arrivato ‘o signore!

TERESA

(D.d.) Va bene, grazie.

ADRIANA

(Sulla soglia, prima di ritirarsi) Auguri, signò. (Chiude la porta)

RICCARDO

Grazie assaje. (Si dà un’occhiata intorno) ‘Nu bellu pusticiello, aggraziato, ammobiliato

buono. (Il suo sguardo cade sui bottoni elettrici) Chisti ccà songhe ‘e campanielle… E mò

vedimmo ‘e ce prisentà dint’a ‘na manera originale… Trovato! (Va a nascondersi sul let-

to con la coperta in testa)

SCENA SETTIMA

(TERESA e detto)

TERESA

(Irrompe fuori dal bagno; non vedendo nessuno) Ah! Ma addò sta?

RICCARDO

(Dietro le cortine) Cucù! Cucù!

TERESA

(A parte) «Cucù»? Aspetta‘nu mumento!

RICCARDO

(C.s.) Cucù! Cucù! (Teresa con la borsetta gli dà un fortissimo colpo sulla testa)

TERESA

Staje ccà, delinquente traditore… mò tengo ‘a prova: tieni!

RICCARDO

(Incassando il colpo) Ahi! Ma… Oh, ma chi è?!

TERESA

(Facendo un balzo indietro) Nun è isso! E chi è?


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RICCARDO

Teresa!

TERESA

(Sbalordita) Riccardo!

RICCARDO

Chesta ‘overamente nun me l’aspettavo! (Toccandosi la testa) Che bella surpresa!

TERESA

Ma … tu… che ‘nce faje ccà?

RICCARDO

(Pavoneggiandosi) Chello ca faccio ccà nun haveimportanza… (In fretta, con la premura di

fornire la sua brava spiegazione per passare ad altro) ‘Na piccola avventura. Se tratta‘e ‘na

femmena… ‘Na femmena ca s’è ‘nnammurata ‘e me… M’ha visto ‘o triatro, e accu-

ssì… ‘A puverella m’ha scritto ed io, ca tengo ‘o core bbono…

TERESA

Ma no!... Nun po’ essere!...

RICCARDO

(Equivocando sulla protesta di Teresa, con foga) Maa me nun me ne ‘mporta ‘e ‘sta fem-

mena! Nun ‘a conosco e nun ‘a voglio bbene! Mentre tu, Teresa… Oh, ‘o suonno

mio… ‘O suonno mio addeventa realtà! Staje ccà, ‘nnanze a mme, tutta d’‘a mia. Pu-

re ‘o cielo s’è miso d’‘a parta nosta! Il sogno diventa realtà! (Tenta di abbracciarla)

TERESA

(Liberandosi e passando dall’altra parte) Lassame stà!

RICCARDO

Io ti amo… te desidero… te voglio… (canticchia) Te voglio, te penso, te chiammo…

(Canzone: “Passione”)

TERESA

(Cercando di farlo tacere) Ma ferniscela! (Col tono di chi fornisce un argomento ineccepibile)

Aggio scritto io ‘a lettera a maritemo.

RICCARDO

(Sobbalzando per lo stupore) Tu?

TERESA

(Categorica) Eh, io, io!

RICCARDO

E tu scrive ‘na lettere d’ammore a mariteto?

TERESA

Vulevo vedè si m’ingannava… si veneva all’appuntamento…. se era solito tradir-

mi…

RICCARDO

(Lanciando un grido di trionfo) Ah!... Allora, mò hê appurato ca isso nun è venuto e ca ha

delegato a me, ca songo cchiù adatto alla circostanza, e quindi t’è fedele e tu può es-

sere d’‘a mia... E vuò sapè ch’ha ditto Vittorio doppo ca ha letto ‘a lettera toja? Ha

ditto: “Ma che va truvanno ‘a me ‘sta femmena? Nun ‘o ssape forse ca je nun ‘a tra-

disco a muglierema?”.

TERESA

Ha ditto accussì?


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RICCARDO

Propeto accussì.

TERESA

Oh, comme sò cuntenta! Comme sò cuntenta! (Si getta al collo di Riccardo e lo bacia su tut-

te e due le guance)

RICCARDO

(Radioso) Ah, Teresa…Teresina mia! (Vivacissimo a lei, stringendola alla vita col braccio de-

stro e baciandola, mentre col sinistro sottolinea ognuna delle frasi che seguono) Eh, eh! Mò te si

pentita ca haje dubitato ‘e isso! Mò nun tiene cchiù ‘o diritto ‘e nun ‘o ‘ngannà! Ora

che non puoi dubitare della sua fedeltà… puoi ingannarlo con me!? Come mi avevi

promesso…

TERESA

(Ricambiando la stretta) Sì, sì, haje ragione: aggio sbagliato! Te chiedo scusa! (Baci)

RICCARDO

(Lirico) No! No! Nisciuna scusa… Hê essere ‘a mia, chesto è l’importante!

TERESA

(Lirica) Sì, sì,‘ocastigo!

RICCARDO

(Trasportato) Oh, Teresa… Ioti amo! (Se la stringe al petto esaltatissimo)

TERESA

(D’un tratto torna alla realtà; dibattendosi) Riccardo! Riccà! Ma chet’ha pigliato? Famme

repeglià ‘a l’emozione… (Si libera e si allontana da Riccardo)

RICCARDO

(Tornando alla carica) No! No! Apprufittammone, invece! Apprufittammo d’‘oturba-

mento tuio fino a che dura!

TERESA

(Dibattendosi tra le sue braccia) Oh Riccardo! Riccardo!

RICCARDO

(Senza ascoltarla e trascinandola verso il letto) Teresa! Teresa!

TERESA

(Spaventata) Ma che vvuò fà??

RICCARDO

(Ha già un piede sullo scalino del letto e continua a trascinare Teresa) Viene cu’ mme!

TERESA

Eh! Sì pazzo? (Gli dà una spinta che lo manda a sedere sul letto e passa dall’altra parte) Ma pe’

chi m’hê pigliata?

RICCARDO

(Sbalordito) Comme?... Ma m’avive lassato capì ca ce stive…

TERESA

(Pronta, con alterigia) A essere l’amante toja, è‘overo.Me piglie proprio pe’ ‘na fem-

mena ‘e malaffare?

RICCARDO

(Seduto a bordo letto, miserevolissimo) Ma nossignore! Ma allora che cosa?...

TERESA

(Superba per dignità) Io vulevo dicere…ve cuncedevo e me cuncedevo ‘na specie ‘e

flirt, ‘na passiuncella. Tutte chell’emozione ca cumportano l’essere l’amante ‘e ‘n


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 46


ommo: a se parlà guardannose dint’a ll’uocchie, tenennose p’‘a mana, e via dicen-

do… Riccà, io te dongo ‘a meglia parte ‘e me!

RICCARDO

Quale?

TERESA

‘E penziere mieje… ‘o core mio…

RICCARDO

(Tornando alla carica) Ma comme può penzà ca m’accuntento‘e chesto?‘Oflirt,ll’uoc-

chie dint’a ll’uocchie… ‘na mmità ‘e te ca po’… è ‘a meno adatta alla circostanza?

TERESA

(Sotto l’incalzare di Riccardo) Ti prego, Riccà!

RICCARDO

Ma che me n’aggio ‘a fà d’‘e penziere tuoje e d’‘o core tujo? (Misurando teatralmente la

stanza a larghi passi) Me staje offrenno ‘na cosa bella assaje!‘Nuterremoto‘edesideri

insoddisfatti… Eh! No! No! No! (Ogni “No!” dev’essere ben scandito)

TERESA

Riccà, te scungiuro!

RICCARDO

No! Tu sì d’‘a mia: m’appartiene e te voglio! Voglio tutto… ‘e penziere, ‘o core, l’e

mmane e… tutto ‘o riesto! (L’afferra alla vita e tenta di trascinarla versoil letto)

TERESA

(Difendendosi come può) Riccardo! Basta! (In un supremo sforzo riesce a respingerlo, salta pron-

tamente in ginocchio sul letto e mette la mano sul bottone elettrico a destra del letto) Faje ‘n’atu

passo e sono!

SCENA OTTAVA

(BATTISTINA e detti, poi RUGBY, indi PASQUALE)

RICCARDO

E sona, sona quanto vuò tu! Te giuro ca nun faccio trasì a nisciuno ccà dinto! (Corre

alla porta per chiuderla a chiave; vedendo questo, Teresa preme il bottone: immediatamente il pan-

nello gira su sé stesso, portandosi via il letto con su Teresa e sostituendovi il letto nel quale è corica-

ta Battistina)

TERESA

Uh Mamma d’‘o Carmene! Aiuto! Aiuto!

RICCARDO

(Che, di spalle, non ha visto nulla e si inganna sui motivi delle grida di Teresa) Sì, allucca“aiuto”

quanto vuò tu, nun me passa manco p’‘a capa! (Salta come un pazzo sul letto dove crede di

trovare Teresa e così, quasi coricato su Battistina, si mette a baciarla) Oh, ammore, ammore

mio! (Poi finalmente si rende conto che non è Teresa e, schizzando fuori dal letto alla vista di Batti-

stina) Ah! (Spaventato, sbalordito, non capendo nulla  di quel che gli succede, per un bel pezzo va e

viene come uno scoiattolo in gabbia, gettando sguardi stravolti a destra, a sinistra, al letto, come un

uomo allucinato che ha letteralmente perso la bussola)


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 47


BATTISTINA

(si sveglia intonando il suo consueto ritornello) Oh,‘ereumatisme mieje! Ammore, ammore

mio, addò staje?

RICCARDO

(Trovando la forza di parlare) Ma chi sì? Che vvuò?‘A ddò sì asciuta?

BATTISTINA

‘E reumatisme mieje! Addò sta l’ammore mio?

RICCARDO

Ma che staje dicenno?... Comme sì trasuta ccà dinto?

BATTISTINA

(Mettendosi a sedere, con un’aria abbastanza abbrutita) Eh?

RICCARDO

E Teresa?... Teresa addò sta? (Corre ad aprire la porta che dà nella hall e chiama) Teresa!

Terè! (A parte) Niente, nun ce sta nisciuno! (Ritorna in camera, lasciando la porta aperta e va

nel bagno)

RUGBY

Hallo! Boy! (Non trovando nessuno con cui parlare) Nobody here! [Non c’è nessuno](Si sporge

dalla porta e chiama) Boy! Boy!

TERESA

(Uscendo come impazzita dalla camera n° 14 di fondo destra dove l’aveva trasportata il girevole)

Ch’è succieso?... Addò me trovo?... Oh, Mamma mia! (Chiamando) Riccardo!... Riccà!

(A parte) Ah, basta cu’ ‘st’albergo: io me ne fujo! Via! (Si precipita verso l’uscita. La scena

resta vuota per qualche istante ma subito rispunta nuovamente Teresa) Madonna mia! Marite-

mo!... Maritemo! (Vedendo la porta di Rugby aperta, si precipita nella camera)

RUGBY

(La guarda per un attimo sbalordito, poi il suo viso assume un’aria eccitata e si lancia dietro a Tere-

sa) Ah, that’s darling! Hurrah! (Entra nella camera chiudendosi la porta alle spalle)

PASQUALE

(Venendo dall’uscita) Quanto sò stupeto![Stupido]Nun sòcapace ‘etruvà‘avermouth

p’‘a cammera n° 20! Però nun è proprio strano: ajere ce ‘o dette a Battistina! (Si dirige

verso la camera di fondo destra chiamando) Battistì!... Ueh!

BATTISTINA

(Dal letto della stanza n° 16) Sto ccà!

PASQUALE

(Sulla soglia) Ah, staje ccà qui? Dimme ‘na cosa,che n’hê fatto d’‘avermouth?

BATTISTINA

Sta dint’‘a cammera mia, ‘ncoppa ‘o guardaroba, comme ‘o ssoleto.

PASQUALE

Ah, va buò. (Entra nella camera n° 14)

RICCARDO

(Esce dal bagno e raggiunge la hall) Niente! Ma addò sta? (Si dirige verso il corridoio di destra)

SCENA NONA

(TERESA, RUGBY e detti)

TERESA

(Dall’interno della stanza di Rugby) Lassateme stà! Me vulite lassà? Puorco!


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RUGBY

(Dall’interno della sua stanza) Aoh! Darling!... Darling! (A questo punto irrompe fuori dela ca-

mera di sinistra Teresa inseguita da Rugby che vuole abbracciarla)

RICCARDO

Ah, ajccanne! Teresa, nun me sfujì! (La prende per la mano destra e la conduce, in fretta, nel-

la camera n° 16. Teresa, sfinita, entra nella camera spinta da Riccardo che si chiude la porta alle

spalle) Teresa! Teresa! Ti amo tanto! (Rugby rientra brontolando in camera sua)

TERESA

(Né lei né Riccardo si accorgono di Battistina) Amico mio, troppe emozioni! Maritemo!

RICCARDO

(Senza capire) Sì.

TERESA

Maritemo sta ccà!

RICCARDO

(Anche lui sfinito, macchinalmente) Ah, vabbuò. (In ritardo) Comme?!... Vittorio?!

TERESA

Vittorio, sì, ca s’è vestuto ‘e cammarere pe’ ce ‘ncuccià, [Scoprirci] è sicuro….

RICCARDO

(Smarrito, venendo avanti) E ghiammo, nun è possibile!

BATTISTINA

Ah! ‘E reumatisme mieje! ‘E poveri…

TERESA

(Gettando un grido) Ah!

RICCARDO

(Sobbalzando) Ch’è stato?

TERESA

(Indicando Battistina) Chi è chella llà?

RICCARDO

Ah, chella? Nun ‘o ssaccio, è ‘na malata. Bell’e buono è accumparuta. [Apparsa](A

Battistina) Che ce facite ancora ccà dinto?

BATTISTINA

Ma site vuje ca m’avite fatta venì!

RICCARDO

Io? Jamme bella, jatevenne, e facite ‘na cosa ‘e juorno!

BATTISTINA

Nun ce ne sta bisogno… Sentite signò, si ‘a presenza mia v’imbarazza, spremmite

chillu buttone e io me ne torno addò stevo primma.

RICCARDO

Ah, magnifico! (Preme il bottone a sinistra del letto)

TERESA

(Mentre il girevole funziona) Chisto è‘ocolmo!

RICCARDO

(Raggiungendola) Terè,‘acolpanun è d’‘amia.T’assicuro ca… (Mentre discutono, il gire-

vole ha funzionato portando via il letto contenente Battistina per sostituirvi l’altro letto sul quale è

seduto Pasquale che ha in mano la bottiglia di vermouth)


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 49


SCENA DECIMA

(PASQUALE e detti)

PASQUALE

(Con il gomito ancora alzato, come uno che è stato sorpreso mentre beve) Ehi! Beh, che d’è?

TERESA

(Balzando all’estrema destra) Oddio!

RICCARDO

(Balzando all’estrema sinistra) Vittorio!

TERESA

Vittorio! Maritemo! È fernuta!

RICCARDO

(Andando subito verso il letto, con le mani giunte, a Pasquale che, sempre seduto sul letto, li conside-

ra con un’aria divertita) Amico mio! Amico mio! Nun credere a chello ca staje vedenno!

TERESA

(C.s.) Abbi pietà! Nun ce cundannà primma ca te putimmo spiegà tutte cose!

PASQUALE

(Sbalordito) Eh?!

RICCARDO

(Volubilmente, tutto ciò che segue, da un personaggio all’altro, ben caldo, molto serrato) L’appa-

renze songo contro a nuje, ma t’‘o giuro, nun avimmo fatto niente ‘e male!

TERESA

(C.s.) Riccardo sta dicenno ‘a verità: nuje nun‘o ssapevamo ca ce truvaveme ccà!

RICCARDO

È succieso tutte cose pe’ colpa d’‘a lettera!

TERESA

Propeto accussì, pe’ colpa d’‘a lettera!... E ‘a colpa è tutta ‘a mia: t’hêvo scritta ‘a

lettera pecché ero gelosa assaje… e me credevo ca tu me tradive!

RICCARDO

È ‘overo, Vittò: è l’esatta verità!

TERESA

(Inginocchiandosi) T’addimanmo mille vote perdono: ero sicura ca tu me tradive! E in-

vece tu sì ‘n’ommo fedele e buono… e me perduone… È ‘overo ca me perduone?

PASQUALE

Io?!

TERESA

Te scungiuro, dimme ca me cride, ca nun tiene nisciuno dubbio! T’‘o giuro ‘ncoppa

a mammà, ‘a pezsona ca cchiù me sta a core…

PASQUALE

Ma certamente, certamente! (Torcendosi dalle risate) Ah, ah, ah… Ma che tenene?

TERESA

(Indietreggiando spaventata da quella risata idiota che a lei sembra sardonica, con energia) No,

Vittò … Nun ridere accussì, te prego! ‘Sta resata toja me fa male assaje!

PASQUALE

(Al quale l’ingiunzione di Teresa ha tagliato la risata in gola) ‘Aresata mia?

TERESA

Eh, sì… Ah, capisco… pare ca tu nun me vuò credere …


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 50


RICCARDO

(In posizione simmetrica a quella di Teresa, dall’altro lato del letto) Eppure tutto è accussì chia-

ro, semplice, onesto… Si mugliereta s’ha pigliato ‘a gelusia è pecché ti ama assaje…

TERESA

Dio mio, comme aggio ‘a fà pe te cunvincere?

PASQUALE

(Bruscamente, alzandosi e venendo in mezzo alla scena) Sentite,m’avite ‘ascusà, maaggio ‘a

purtà ‘sta vermouth ‘o nummero 20. (Accenna ad avviarsi verso la porta)

TERESA

(Lo fa girare e lo ferma davanti a lei; imperativa) Vittò, Che tiene?

PASQUALE

(Stupito) ‘A vermouth?

RICCARDO

(Ha seguito il movimento e fa girare a sua volta Pasquale in modo da ritrovarselo in faccia a sé) E

fernescela, Vittò! Dint’a ‘nu mumento accussì grave, te pare ‘o caso ‘e parlà d’‘a

vermouth?! Dicce ca t’avimmo cunvinte ca simme oneste, nun parlà d’‘a vermouth!

PASQUALE

Ma l’aggio ‘a fà afforza, ‘o nummero 20 ‘a sta aspettanno: ‘a vedite ‘a butteglia?

TERESA

Basta! Pigliame a pparole, scarpesame, [Calpestami] vatteme! (Cade ai suoi piedi) Qua-

lunque cosa sarria meglia ‘e chesta calma spaventosa!

RICCARDO

(Cadendo come Teresa ai piedi di Pasquale) Sì, ecco: vatteme pure a mme, ma perduonece!

PASQUALE

(Contemplandoli tutti e due ai suoi piedi, lei a sinistra e lui a destra) Chesta‘overoè bella! (A

Teresa) V’assicuro, signò…

TERESA

(Dolorosamente) ‘O bbì?‘O bbì? Nun me dajemanco cchiù ‘o ttu!

RICCARDO

(C.s.) Famme ‘sta cortesia… dalle ‘ottu!

PASQUALE

(Mettendosi anche lui in ginocchio per essere alla loro altezza) Oh, pe’mme… (Riprendendo) Io

t’assicuro, signò…

RICCARDO

Oh, ma no «signora»! Pe’ piacere, chiamala Teresa, faje ‘o bravo!

PASQUALE

Ah, e va bene, comme vulite vuje. (Riprendendo) Io t’assicuro, Teresa…

TERESA

Oh, dimme ca me cride!

PASQUALE

(Intento innanzitutto a non contrariarla) Ma sì ca te credo.

RICCARDO

‘Assa fa ‘a Madonna!

TERESA

(Con slancio) E allora vasame, jamme ,damme ‘nu vaso!

PASQUALE

(Non credendo alle proprie orecchie) Comme comme? Io?

TERESA

Damme ‘nu vaso, o si no penzarraggio ca staje ancora in collera cu’ mme!


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PASQUALE

Per me nun ce stanno probleme! (Sempre in ginocchio si volta verso di lei e, dopo essersi pulito

le labbra col dorso di una mano, passa le sue braccia intorno al collo di Teresa e, senza abbandona-

re la sua bottiglia, la bacia sulle due guance)

TERESA

(Radiosa) Aaah!

RICCARDO

(Esortandoli) Accussì! Accussì!

TERESA

(Appoggiandosi con la testa su Pasquale) Ah, te ringrazio! Te ringrazio!

RICCARDO

(Lirico) Pure a me!... Pure a me!... Vasame pure a me, te supplico!

PASQUALE

‘A verità me fa ‘nu poco schifo, ma visto ca ce tenite assaje…! (Si avvicina a Riccardo

per baciarlo) Ma che schifo… pugnite!

RICCARDO

(Con un peso in meno sulla coscienza) Ah, che bella cosa!

PASQUALE

(Alzandosi, facendo l’atto di avviarsi verso la porta) E mò vaco a puortà‘stuvermouth‘o20.

TERESA

Mò accummenciammo ‘n’ ata vota??

RICCARDO

(Che lo ha fermato al passaggio e lo ha riportato dov’era) Ueh, sieenteme a me:Che d’è ‘stu

scherzo?

TERESA

(Tirandolo verso di sé per un braccio) Sì ‘n’ata votamaritemo o nun‘o vuò essere cchiù?

PASQUALE

Io? Io songo ‘o cameriere ‘e ll’albergo. Però ‘a signora m’‘a spusasse, si essa ce tene

tanto…

RICCARDO

(Un passo indietro, stupito) Che cosa?

TERESA

(C.s.) Dio santo: Vittorio è asciuto pazzo!

PASQUALE

Ma no, quanno maje?! Pe’ primma cosa, me chiammo Pasquale. E si nun me credite,

addimanetelo a Battistina.

TERESA

(Risalendo un po’ anche lei) Battistina?!

RICCARDO

(C.s.) E chiè ‘staBattistina?

PASQUALE

A signora ammalata. Aspettate. (Preme il bottone di sinistra e il girevole si mette in funzione

portando in scena il letto su cui è coricata Battistina)

SCENA UNDICESIMA

(BATTISTINA e detti, poi ADRIANA)

BATTISTINA

Oh! ‘E reumatisme mieje… ‘E povere reumatisme mieje…


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PASQUALE

(Sedendosi ai piedi del letto) Dìmme‘na cosa, chi songh’io?

BATTISTINA

(Mettendosi a sedere) Ma staje cchiù ‘mbriaco d’‘o ssoleto, nun‘o ssaje chi sì?

PASQUALE

Nun stongo ‘mbriaco, è ‘sta signora ca ‘o vvò sapè.

TERESA

Propeto accussì. Chi è ‘stu signore?

BATTISTINA

Ma è Pasquale!

RIC. + TER.

(Stupiti) Pasquale?!

BATTISTINA

‘O cammarere! [Cameriere]

PASQUALE

Avite ‘ntiso! Che v’avevo ditto?

TERESA

(Non vedendoci più tanto chiaro) Ah, cacchio! Ma allora… è ‘overo?

ADRIANA

(Dalla hall chiama ad alta voce) Pasquale!

RICCARDO

Nientemeno ‘nce sta chesta sumiglianza? E ghiammo, Nun ce credo, è ‘na trappola!

ADRIANA

(Chiamando ancora) Pasquale!... Neh, Pascà!...

PASQUALE

(Rispondendo dalla camera) Stongo ccà, patrò! (Agli altri) Perdunateme:‘a patrona me sta

chiammanno.

TERESA

(Mentre Pasquale sta per uscire, lo acchiappa per un braccio in modo da poter passare lei) ‘Apa-

trona?! Benissimo. Mò vedimmo. (Entra nella hall seguita da Riccardo) Signora! Ce vulite

dicere pe’ piacere chi è ‘stu signore? (Indica Pasquale)

ADRIANA

(Guardando dove gli indicano) È Pasquale!

PASQUALE

(A Teresa e Riccardo) Avite ‘ntiso??

TER. + RIC.

(Guardandosi sbalorditi) È Pasquale!

ADRIANA

(Avanzando su Pasquale) Che ce faje lloco e cu’ ‘na butteglia‘mmano!? (Lo affera per il

braccio destro facendolo girare intorno a lui) Animale!‘Mbriacone! Invece‘efaticà bive?

PASQUALE

(A Teresa e a Riccardo) Che v’aggio ditto?

ADRIANA

(Strappandogli la bottiglia dalle mani) Accummience ‘n’ata vota, eh?

PASQUALE

Patrò, è pe’ ‘o vinte…

ADRIANA

(Tornando alla carica con una scopa) T’‘o dongh’io‘ovinte!

PASQUALE

Ma patrò…


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 53


ADRIANA

(Indicandogli uno dei corridoi) Lievete ‘a ‘nanze ‘epiede‘e pressa espressa!

PASQUALE

(Battendosela) Subito, patrò! (Si avvia) Chev’avevo ditto? (E scompare)

ADRIANA

Signori, v’addimanno scusa. È ‘o tuttofare nuosto, ma è ‘’na specie d’alcolizzato, ‘o

tenimmo pe’ ll’aiutà ‘nu poco. (Esce per il corridoio di sinistra lasciando Teresa e Riccardo

con gli occhi fissi nel vuoto e le bocche semiaperte)

TERESA

(Dopo un momento, scuotendo la testa) ‘Ocammarere!   Era‘ocammarere!   È overo o è......

tutto ‘nu ‘mbruoglio, ‘nu suonno?

RICCARDO

Terè…

TERESA

Che d’è?

RICCARDO

Ce simme vasate ‘o cammarere!...

TERESA

Eh, ‘o ssaccio buono, te l’aggio ditto mò mò!... (Sfinita, trascinandosi fino alla panca, su cui

si lascia cadere) Mamma mia, che emozione!... Tengo‘a gola secca, damme‘nu poco

d’acqua…

RICCARDO

(Premuroso, frugandosi macchinalmente in tasca) Subbeto... Dell’acqua...Addò starrà?...

TERESA

Riccà! Ma che tiene, l’acqua dint’‘a sacca?!

RICCARDO

Uh! Che fesso… Addò starrà mò l’acqua?...

TERESA

(Alzandosi) Dint’‘acammera, no?

RICCARDO

(Andando, sempre premurosissimo, in camera) Sì, sì, dell’acqua, certo, dint’‘a cammera…

(A Battistina) Addò ‘a trovoll’acqua?

BATTISTINA

Addò ‘a vulite truvà? Dint’‘o bagno.

RICCARDO

Ah, grazie assaje. (Va nel bagno)

TERESA

(Lamentevole va nella stanza) Era‘ocammarere!

BATTISTINA

(Tanto per rispondere qualcosa) Eh,dint’‘a vita succede uno ‘e tutto...

TERESA

(Si dirige nel bagno) Neh, ma se po’ avêchest’acqua?

SCENA DODICESIMA

(CAMILLO, ANTONIETTA e detta, poi PASQUALE, indi RICCARDO e TERESA)

CAMILLO

(Gaio e disinvolto, sbuca dal fondo tenendo per mano Antonietta. Lui, avendo il suo palato d’argento,

parla chiaramente; lei ha una veletta che le nasconde il viso) Viene, piccerè! L’amerà ‘stu fio-


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rellino Camillo sujo, eh? Antonietta bella… ‘Nce hanno riservato sicuramente ‘na

cammera.

PASQUALE

(È riapparso con la sua gerla carica dei legna sulle spalle) Diciteme, signò…

CAMILLO

Io aggio prenot… (Credendo di riconoscere Vittorio, fa un balzo) Vittorio!? (Fa un brusco die-

tro front e si precipita nella camera di Battistina)

ANTONIETTA

(Comportandosi esattamente come Camillo) ‘Opatrone! (Spaventatissima, si precipita anche lei

nella camera di Battistina)

PASQUALE

(Scomparendo) Ma pecché ogge, tutte quante me chiammano Vittorio? (Va via, mentre

Teresa esce dal bagno seguita subito da Riccardo)

RICCARDO

(A Teresa) Te siente meglio mò?

TERESA

Sì… no… Nun ‘o ssaccio! Tutte st’emozione… Me sento assaje fiacca, comme si

avesse ‘a svenì ‘a ‘nu mumento a ‘n’ato.

RICCARDO

T’avisse arrepusà ‘nu poco. Viene, stiennete… (Dolcemente, con molte premure, l’accom-

pagna al letto)

TERESA

(Lasciandosi portare) Nun pozzo dicere ca no. (Si lascia cadere sul letto e getta un grido sen-

tendo sotto di sé il corpo di Battistina)

TER. + BAT.

(Gettando uno stesso grido) Aaah! (Teresa si alza con un sobbalzo)

RICCARDO

(A Battistina) ‘N’ata vota vuje? Mave levate ‘a nanze ‘e piede, sì o no?

BATTISTINA

(Mettendosi a sedere) Ueeeh! Vuje m’avite fatta venì ccà dinto!

TERESA

(Nervosa) Ah, no, chesto è troppo! (A Riccardo) Riccà,cacciala ‘a via ‘e fore!

RICCARDO

(A Teresa) Haje ragione. (A Battistina) Jatevenne! Turnate‘oposto vuosto. (Preme il bot-

tone di sinistra)

CAM. + ANT.    (Il girevole li porta in scena al posto di quello di Battistina) Aah! Chi è?... Aaah! (Riconoscendo Teresa e Riccardo)

RIC. + TER.        (Voltandosi al grido) Eh! (E si precipitano come due pazzi fuori dalla camera)

CAMILLO            Riccardo e Teresa stanno ccà! E che bbò dicere? Si ce hanno ricanusciute stammo

frische! Meglio si ce annascunnimme! (Indecisi dove andare entrano nella camera di Rugby)


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SCENA TREDICESIMA

(OLIMPIA e detti, poi EMILIA, indi CAMILLO)

OLIMPIA

(Giunge in questo momento e si meraviglia di vedere i due entrare nella stanza di Rugby) Ah, è ar-

rivato ‘o signor Cianciulli c’‘a solita signora ‘Ntonietta. Stanno jenno dint’‘a cam-

mera ‘e l’inglese? Mah!... (E scompare)

TERESA

Era Camillo. Stammo ‘nguajate… È meglio si ce ne jamme!

RICCARDO

Chesta me pare ‘overo ‘na bell’idea! (Di corsa verso l’uscita)

TERESA

(Riapparendo come una pazza) Emilia!... Mò ce sta Emilia!

RICCARDO

(Correndo dietro a Teresa) ‘Nce mancava sulo ‘a cammarera toja! (Si precipitano al corri-

doio di sinistra)

EMILIA

(Avanzando) Ma nun ce sta nisciuno dint’a ‘st’albergo?

OLIMPIA

(Giunge dal corridoio di sinistra; alla vista di Emilia si ferma) Signò che state cercanno?

EMILIA

Ah, signò, stateme a sentì… (S’interrompe incuriosita)

CAMILLO

(Lentamente la porta si apre e Camillo si affaccia in scena seguito da Antonietta; si volta e riconosce

Emilia, la donna di servizio che segue Olimpia per il corridoio) Madonna! Emilia! (A grandi pas-

si fila via velocemente inciampando e parlando senza palato, mentre Antonietta rientra subito nella

stanza di Rugby) (NO! ‘O PALATO MIO! AGGIO PERSO O PALATO MIO) (Da questo momento riprende

a parlare come nel primo atto. Vuole raccogliere il palato d’argento, ma desiste e scompare nella

camera di Battistina)

EMILIA

(Ritornando in scena seguendo Olimpia) Me putite dicere si‘na femmena ha addimannato

d’‘a cammera d’‘o signor Cianciulli?

OLIMPIA

Sì.

EMILIA

E ‘sta signora addò sta?

OLIMPIA

Ah, no, signò… nun tenimmo l’abitudine…

EMILIA

Ma io l’aggio ‘a vedè afforza! ‘O marito po’ arrivà ‘a ‘nu mumento all’ato: è ‘na

belva, fosse capace ‘e ll’accidere!

OLIMPIA

(Spaventata) Mamma d’‘a saletta!

EMILIA

L’aggio avvisà assolutamente!


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 56


OLIMPIA

Ah, beh, si ‘e ccose stanno accussì… È trasuta lloco ddinto, l’aggo vista io. (Indica la

camera di Rugby)

EMILIA

(Andando verso la porta della camera indicata) Grazie assaje. (Bussa alla porta)

SCENA QUATTORDICESIMA

(RUGBY, ANTONIETTA e dette)

RUGBY

(Da dentro) Nobody come in![Nessuno entri]

EMILIA

(Credendo di aver avuto il permesso di entrare, entra e, dalla porta) Scusateme tanto, signò…

ANT. + RUG

(Grido simultaneo dalla camera) Aaah!

EMILIA

(D.d.) Sorema?! (Immediatamente si sente un baccano)

RUGBY

(D.d.) Aoh!It’s me, my darling! I’m going tokiss you! Here you are![Sono io, mia cara!

Sto cercando di baciarti! Resta qua!]

OLIMPIA

(Che aveva già raggiunto la scala, al rumore torna indietro Che sta succedenno? (Su questo esce

fuori dalla camera Antonietta, terrorizzata)

ANTONIETTA

(Perduta, precipitandosi fuori) Emilia! Emilia sat ccà! Aiuto! Aiuto!...

EMILIA

(D.d. lamentandosi) Oh, ma è sorema!

RUGBY

(Esce fuori stringendo il braccio di Emilia e spingendola) Here you are!

EMILIA

(Venendo fuori spinta da Rugby) Lasciatemi!

RUGBY

(Lasciandola e raggiungendo la propria camera) And now get away![E non scappare]

EMILIA

(Ad Olimpia) Facitela fermà! Facitela fermà! Sorema…dint’a ‘na stanza cu’ ‘n’ommo!

OLIMPIA

Me l’aviveve ‘a dicere ca era ‘a sora vosta!

SCENA QUINDICESIMA

(PASQUALE e dette, poi LUCIANA)

EMILIA

È stato ‘nu caso… Nun ‘o ssapevo ca sorema era ‘na sgualdrina. (Olimpia alza le spalle

e va via; arriva Pasquale con in mano la sua gerla vuota; alla vista di Pasquale) ‘Opatrone!

PASQUALE

(Interdetto) Comme?

EMILIA

‘O patrone! Cu’ ‘na gerla ‘mmano!?

PASQUALE

Certamente! Pecché nun l’avesse ‘a tenè?


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 57


EMILIA

Ah, signò! Signore mio!... Sorema… ‘a sorellina mia… è ‘na sgualdrina!

PASQUALE

(Gioviale) ‘Overo? Quanto me dispiace!

EMILIA

(Indicando la camera di Rugby) Sì, signò.L’aggo‘ncucciatadint’achella stanza cu’ ‘n

ingrese.

PASQUALE

(Atteggiamento da bravo ragazzo) Ah! Rugby!

EMILIA

Nun ‘o ssaccio, nun m’ha ditto comme se chiamma. ‘A vulesse correre addereto, ‘o

signore me dà ‘stu permesso?

PASQUALE

Ce mancasse… Jate, jatele appriesso…

EMILIA

Grazie, signò! Ah, che sgualdrina! Che sgualdrina! (Si precipita verso l’uscita)

PASQUALE

Nun saccio che sta succedenno, ogge stanno tutte quante in agitazione.

LUCIANA

(Da dentro, stessa direzione in cui è uscita Emilia) Ma stateve accorta! (Si sente il suono di un

campanello)

OLIMPIA

(Arriva guardando il quadro e parlando a Pasquale) Stanno sunanno‘a dint’‘o curreturo.

PASQUALE

(Raggiungendo il corridoio) Sì! Vengo! Vengo!... (Esce)

LUCIANA

(Arriva, continua a guardare nel vuoto) Ma è proprio essa, Emilia,‘a cammarera‘eTeresa!

OLIMPIA

Dicite signò?

LUCIANA

(Andando verso Olimpia) Ah, signò!... Chella guagliona ca fujeva nun è‘a femmena‘e

servizio d’‘o signor Cianciulli?

OLIMPIA

Po’ essere: m’ha addimannato d’‘a cammera prenotata a chillu nomme. Ma è tutta

‘na storia incredibile. È venuta p’avvisà ‘na signora ‘e se ne fujì, visto ca ‘o marito

aveva scuperto tutte cose, e – tac – s’è accorta ca era ‘a sora!... È proprio ‘nu

‘mbruoglio!

LUCIANA

Vabbuò, vabbuò, mò diciteme qual è ‘a cammera prenotata d’‘o signor Cianciulli.

OLIMPIA

(Indicando la camera di destra) ‘Acammera d’‘o signor… Oh, beh, èchella llà!

LUCIANA

Bene. Pozzo trasì?

OLIMPIA

Comme vulite vuje. Io aggio l’ordine ‘e mettere ‘a cammera a disposizione ‘e chi m’

‘a cerca. (Va verso l’uscita)


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 58


LUCIANA

Grazie assaje. (Va a bussare alla porta) Ma che d’è, nun risponne nisciuno? (Bussa di nuo-

vo)

SCENA SEDICESIMA

(CAMILLO e dette, poi VITTORIO, infine OLIMPIA)

CAMILLO

(Uscendo dalla stanza di Battistina e cercando e trovando il palato che aveva perso, si accorge di

Luciana) (AH,OJCCANNE O PALATO MIO.) (Mette il palato) Menumale.‘Asignora Ingrassia!

Oh, basta cu’ chist’albergo! (Se la batte precipitando verso l’uscita)

LUCIANA

(Aprendo la porta della camera ed entrandovi; intanto continua a parlare) Nisciuno!... Nun arri-

vo a capì… Teresa m’ha ditto: «’Ncoccio a maritemo tra ‘e ccinche e ‘e ccinche e

meza. Vieneme a piglià doppo ‘e ccinche e meza»Ch’ha fatto, nun m’ha aspettata?

Stesse ccà dinto? (Va fino al bagno, che esplora con una rapida occhiata)

CAMILLO

(Riappare affannatissimo e, con uno slancio assai violento per poter venire a scaricare qualche paro-

la al proscenio e per potere, in un movimento a semicerchio, riguadagnare senza fermarsi la camera

in secondo piano a destra n° 14) Vittorio!... Cesta ‘n’atavota Vittorio!

LUCIANA

(Esce dalla stanza n° 16 e raggiunge la hall, sempre parlando, fino alla ribalta) È strano… Ch’

aggio ‘a fà?... Pacienza, me ne vaco. (Gira su sé stessa per andarsene)

VITTORIO

(Giunge dal fondo vestito come al primo atto: abito completo, giacca grigio nera, camicia bianca,

collo a punte rovesciate, scarpe di vernice) A chi putesse addimannà?... (Scorge Luciana) Ah,

vuje!

LUCIANA

Signor Cianciulli!

VITTORIO

(Prendendola per una mano) Finalmente ve trovo!

LUCIANA

(Stupita) Che d’è?

VITTORIO

Avite visto a Emilia, ‘a cammarera mia?

LUCIANA

Sì, pecché?

VITTORIO

Pecché ‘nce avevo ditto ‘e ve venì a cercà, pe’ ve dicere…

LUCIANA

Che cosa? Pe’ me dicere che cosa?

VITTORIO

(Cambiando tono) Ah! Che follia amarmi!... Amare Vittorio!...

LUCIANA

(Indietreggiando) Ma che state dicenno?


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 59


VITTORIO            (Su un tono che non sopporta replica) Jamme, saccio tutte cose. Ma pecché, poi, nun avitefirmato ‘a lettera vosta?

LUCIANA            (Sempre più stupita) ‘Alettera mia? Quale lettera?

VITTORIO            Comme? Chella ca m’avite scritto pe’ me dà appuntamento ccà!

LUCIANA            (Capendo) Ah! (Cambiando tono) Comme avite penzato ca songo stata io ca…

VITTORIO            Eh, pecché io, nun sapendo niente, aggio fatto vedè ‘a lettera ‘o marito vuosto!

LUCIANA            (Facendo un balzo indietro) Comme?

VITTORIO            Isso ha ricanusciuto ‘a scrittura vosta e pure ‘o prufumo.

LUCIANA            Che state accucchianno??

VITTORIO            E chillo è capace ‘e v’accidere! Anzi, ‘a verità vulesse accidere a vuje, ca site ‘a mu-gliera e l’amante vuosto, cioè Riccardo Tortora… pecché io m’aggio penzato ca ‘a lettera era pe’ isso…

LUCIANA            (Spaventata, con voce stridula) Ah! Madonna mia!... Che‘mbruoglio… Che tragedia…Ma addò sta maritemo Rosario?

VITTORIO            Ha da essere sulle nostre tracce!

LUCIANA            E state lloco comm’a ‘n’alloccuto? Ma fujimmencenne!... Fujimmo! (Scappa smarrita)

VITTORIO            (Correndole dietro) Oh, folle amore! Folle amore! (Spariscono come dei pazzi verso l’uscita; compare Olimpia)

OLIMPIA              (Chiamando) Eugenia!... Eugè!... Ma addò sta, benedetta figliola?

VITTORIO            (Ritornando dentro come un pazzo, seguito da Luciana che è spaventata come lui) È isso! Don

Rosario Ingrassia! Salvammoce!

LUCIANA            Maritemo!... So’ perduta!

OLIMPIA              Oh, accummenciammo ‘n’ata vota!?

VITTORIO            (Urtandosi con Olimpia e facendola piroettare, il che la manda addosso a Luciana) Ma levateve

‘a ‘nanze!

OLIMPIA              Ueh!

LUCIANA            (Stesso movimento nell’altro senso) Ma jatevenne! (Luciana si è rifugiata nella camera di destra, n° 16, poi nel bagno, dove sparisce; Vittorio si è precipitato nella camera n° 15, quella di Rugby)


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SCENA DICIASSETTESIMA

(TERESA, RICCARDO e detta, poi ROSARIO, indi ADRIANA, infine EUGENIA)

TERESA

(Sbuca dal corridoio di sinistra seguita da Riccardo; ha il volto coperto dal velo) Si vò Ddio ce ne

jammo. Nun starraggio cujeta fino a che stongo ccà dinto: me n’aggio ‘a jì ‘e corza!

(Andando a sbattere contro Olimpia) Ma che ce facite ccà? (La fa girare su se stessa per aprirsi

una strada)

OLIMPIA

Ah!

RICCARDO

Sì, sì, jammuncenne! (A Olimpia, con lo stesso movimento) E levateve ‘a miezo!

OLIMPIA

(Stordita) Ma che sta succedenno ogge?

ROSARIO

(Da dentro, dall’uscita) Dove stanno quei miserabili? Ammazzari, strozzari li vogghiu!

(Grido di Teresa e di Ricardo che rientrano)

OLIMPIA

Ch’è succieso mò?

TERESA

(Ritornando affannata) Don Rosario Ingrassia! (Urtandosi contro Olimpia) Ma ve ne jate o

no? (La fa girare su se stessa)

OLIMPIA

Ma che cacchio!

RICCARDO

(Idem come Teresa) ‘O siciliano! (A Olimpia, facendola girare anche lui) Ma state sempe ccà

vuje?! (I due scappano dal corridoio di sinistra)

OLIMPIA

(Stordita, quasi senza fiato) Oh, mio Dio!‘St’albergo èaddeventato‘nu manicomio!

ROSARIO

(Irrompe come un selvaggio brandendo la pistola) Il Tortora con una fimmina velata!... Ma

mugghierema! (Urlo) Ah, chi fitusu! (Risale per lanciarsi all’inseguimento dei fuggitivi)

OLIMPIA

(Affannata, interponendosi) Mio signò, ma addò state jenno?

ROSARIO

(Facendola piroettare) Tutti e due vogghio ammazzarli! E voi toglietevi dai piedi! (Si

precipita nel corridoio di sinistra)

OLIMPIA

‘E vvò accidere! Oh, Dio mio! Aiuto!... Aiuto!...

ADRIANA

(Arriva dal corridoio di destra seguito da Eugenia) Che sta succedenno? Che tutta d’è ‘st’

ammuina?

OLIMPIA

Ah, Adriana! ‘Nu pazzo!   ‘Nu pazzo ca vò accidere a tutte quante!...

ADRIANA

(Con un sobbalzo) Comme?

OLIMPIA

(Svenendo tra le braccia di Eugenia) Oddio, mesento male… Ah!   Ah!   Svengo…......


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 61


EUGENIA

Signò!

ADRIANA

(Si precipita a sostenerla dall’altra parte) Jamme, coraggio! Purtatela‘allà! (Indica la camera

in terzo piano a sinistra, la n° 12, e accompagna le due donne) Facitele addurà‘e sali!

EUGENIA

(Portando Olimpia) Sissignora! (Adriana introduce Olimpia ed Eugenia nella camera indicata, ri-

chiudendo la porta alle spalle; nel frattempo rumori di un litigio si sono ampliati nella camera di

Rugby)

SCENA DICIOTTESIMA

(RUGBY e VITTORIO, poi ADRIANA)

RUGBY

(Da dentro) Get out of my sight! Get out of my sight![Fuori! Fuori dalla mia vista!

VITTORIO

(Dall’interno della stanza di Rugby) Ma nun pozzo!... Nun pozzo!... Ccesta ‘nu pazzo cu’

‘a pistola!

ADRIANA

(Sentendo i rumori, esce nuovamente) Se stanno appiccicanno dint’‘a stanza ‘e l’inglese!

Che sta succedenno ancora?

RUGBY

(La porta si apre e sbuca fuori gridando) Pistola? Will you leave my door! Will you leave

my door! [Lasciate stare la mia porta](Esce Vittorio, rientra Rugby)

ADRIANA

Basta! Basta! Che sta succedenno?!

VITTORIO

Ma addò sò capitato!

ADRIANA

(Facendo un salto all’indietro alla vista di Vittorio prendendo una scopa) Pasquale!...‘N’atavo-

ta Pascale!

VITTORIO

(Alzandosi e fronteggiandolo) Che state dicenno?

ADRIANA

(Colpo di scopa a Vittorio) Vagabondo!

VITTORIO

(C.s.) Ueh, ma che state facenno!...

ADRIANA

(Altro colpo di scopa) Puorco!

VITTORIO

(C.s.) Neh, vuje, stateme a sentì!

ADRIANA

(Con tono minaccioso vibrando un altro colpo di scopa) Cosa?

VITTORIO

(Sotto la propulsione dei colpi di scopa) Signò, io songo Vittorio Cianciulli,e songo ‘odi-

rettore ‘e ‘n’importantissima compagnia d’assicurazione inglese!


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 62


ADRIANA

E io ‘a riggina d’Inghilterra!... ‘O ssapevo, sta ‘mbriaco!... Sta ‘n’ata vota’mbriaco!

(Colpi di scopa) E allora pigliate chisto! E chisto! E chisto!... (Ad ogni «chisto» Vittorio get-

ta un «oh!»)

VITTORIO

Oh, insomma, mò io…

ADRIANA

(Vedendo la giacca)  E po’, addò hê pigliato‘sta rrobba? Me vulisse spiegà?... Nun

t’abbastava d’essere ‘nu ‘mbriacone? Mò sì pure ‘nu mariuolo? (Lo afferra al colletto

della giacca e si sente in dovere di togliergliela)

VITTORIO

(Difendendosi come può) Ueh, ma ch’avitepassato? Ma no…

ADRIANA

Jamme bello! Che d’è ‘sta mascherata? Nun stammo a Carnevale (Gli ha tolto, nono-

stante ogni resistenza, la giacca)

VITTORIO

(Rassegnato) E ghiammo…

ADRIANA

(Togliendogli il cappello) Lievete pure chisto! (Va ad appendere giacca e cappello all’attacca-

panni)

VITTORIO

(Letteralmente atterrito) Madonna mia! È‘na pazza!

ADRIANA

(Che ha tolto dall’attaccapanni il berretto e la livrea, ritorna da Vittorio) Jammo! Miettete‘o

berretto tujo! (Glielo mette sulla testa e lo fa sprofondare fino alle orecchie con una manata)

VITTORIO

No!... No!... No!...

ADRIANA

(Tentando di fargli infilare anche la giacca della livrea) Ecco fatto! E mò‘a giacchetta!

VITTORIO

(Difendendogli) Nossignora! Nun voglio!

ADRIANA

(Infilandogliela di forza) Nun vuò? Nun te permettere! Statte zitto! E subbeto!

VITTORIO

(Spaventato, la testa tra le spalle, facendosi obbediente e sottomesso) Sì! Sì! Sì!

ADRIANA

(Indicando il corridoio di destra) E mò filadint’‘acammera toja! E fà ampressa!

VITTORIO

(Precipitandosi verso il corridoio di destra) Sì! Sì! (A parte) Chesta è pazza!... È pazza!...

ADRIANA

Che staje dicenno? Vuò abbuscà ancora?

VITTORIO

(Prontamente, sempre andando) No, no!... (Spaventato, se la batte)

Appena uscito di scena, l’attore che sostiene la parte di Vittorio, si toglierà la giacca della livrea e il berretto. Arriva-to fuori scena, egli deve trovare una sedia e due aiuti che gli presentano i calzoni truccati, ognuno tenendo uno dei due capi ben aperto. Egli mette rapidamente questi calzoni sopra quelli che ha, mentre uno degli aiuti gli infila le scarpe, o ciabatte, sopra gli scarpini di vernice. Poco discosti, due altri aiuti lo aspettano col gilet truccato aperto, nel


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quale egli non ha che da lasciar scivolare le braccia. Subito gli si fanno indossare il grembiule e la sciarpa. Un colpo ai capelli per spettinarli e la trasformazione è fatta.

ADRIANA            (Ritornando) E chisti songhe ll’effette d’‘avermouth!... Ma ha da tenè ammacchiata[Nascosta]a quacche parte pure quacche butteglia di rhum, chillo a uttanta grade…Sta‘n’ata vota mbriaco!

SCENA DICIANNOVESIMA

(EUGENIA e detti, poi PASQUALE, indi VITTORIO, infine TERESA e RICCARDO)

EUGENIA             (Esce di corsa dalla camera dov’è Olimpia: ogni volta che la porta è aperta si sentono dei piccoli

“Hi! Ahi!” spasmodici emessi in quinta da Olimpia)Signò!... Signò!...

ADRIANA            (Seccata) Ch’èsuccieso ancora?

EUGENIA             ‘A signora, ‘a sora vosta… tene ‘n’attacco ‘e nierve! (Adriana va a vedere chiudendosi laporta alle spalle)

PASQUALE          (Viene da sinistra con delle lettere in mano; sta sciogliendosi i cordoni del grembiule che si toglie) Ecco fatto. E mò jammo ‘e pressa ‘a stazione. (Va ad appendere il grembiule all’attaccapan-ni; non vedendo la livrea che credeva di ritrovare appesa) Beh? (Dà un’occhiata per terra) Chi s’è

arrubbato ‘a giacchetta e ‘o berretto mio? Bellu fetente! Però ha fatto cambio e m’ha lassato ‘a giacchetta e ‘o cappiello sujo. (Si prova il cappello) Caspita: è ‘a misura mia! Pe’ gghì fino ‘a stazione ‘nu cappiello o ‘n’ato è ‘a stessa cosa, no? (Parlando, e senza

togliersi la sciarpa, si è infilato la giacca di Vittorio sopra il gilet. Tenta di uscire come per andarse-ne. Suonano. Inverte la sua rotta) Mestanno chiammanno ‘n’ata vota! (Esce da sinistra)

Appena uscito l’attore si toglie prontamente la giacca e il cappello; trova gli aiuti che gli tolgono la sciarpa e il gilet rovesciando le maniche per fare più presto. Le rimetteranno a posto dopo. Più lontano, la sedia lo aspetta: i due aiuti gli tolgono le ciabatte e i pantaloni. Un veloce colpo di pettine e gli aiuti gli porgono il berretto e la giacca della li-vrea.

VITTORIO

(Ritorna cautamente dal corridoio di destra) ‘A… ‘a pazza se n’èjuta?... Mamma mia, che

paura!... Ma chesta è ‘a manera ‘e ricevere ‘e cliente?!... (Va all’attaccapanni al quale

Adriana aveva appeso la sua giacca e il suo cappello) Oh, cacchio!... E‘a giacca mia? E‘o

cappiello?... Je l’avevo appise ccà… E mò addò sò jute a fernì? (Cerca per terra, intorno

a lui. Sulle sue ultime parole, da destra, compaiono Teresa e Riccardo)

TERESA

Menu male! (Arrivando vicino a Vittorio, che volta la schiena) Pascà, ampressa ampressa,

chiammateme ‘na carrozza!

VITTORIO

Che ccosa?


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 64


RICCARDO

‘Na carrozza!

VITTORIO

(Sobbalzando alla vista della moglie) Muglierema?

RICCARDO

Ehm!...

TERESA

(Con un balzo) Maritemo! Era isso! (Smarrita, scappa)

VITTORIO

E Riccardo sta cu’ essa!

RICCARDO

(Impietrito) Era isso!

VITTORIO

(Afferrando Riccardo) Che ce faje ccà? Che ce faje ccà cu’muglierema? (Lo fa piroettare

in modo da mandarlo dalla parte opposta)

RICCARDO

(Semistrangolato) Ma pecché, nun ‘o ssaje?

VITTORIO

Ch’aggio ‘a sapè? Che staje dicenno?

RICCARDO

Ma comme, t’avimmo spiegato tutte cose poco fa.

VITTORIO

(Costringendolo contro la panca) Che cosa m’hê spiegato?… (Scuotendolo) Me vuò rispon-

nere, eh? Me vuò risponnere?

ADRIANA

(Uscendo a valanga dalla camera) ‘A vulite fernì ‘e fa tutta ‘st’ammuina?! (Afferra Vittorio

per il braccio destro e lo manda all’estremità opposta; Riccardo, liberato, ne approfitta per batterse-

la) Pascale!‘N’ata vota Pascale! Sempe Pascale

VITTORIO

‘A pazza!

ADRIANA

(Dandogli un colpo di scopa come nella scena precedente) Ah! Animale!

VITTORIO

(Impaurito) Oh!

ADRIANA

(C.s.) Puorco!

VITTORIO

(C.s.) Ma insomma…

ADRIANA

(C.s.) Nunt’abbastano chelle ca hê avuto, no?

VITTORIO

(Battendosela) Sì, sì! Aiuto!...‘Apazza!...‘A pazza!

ADRIANA

(Rincorrendolo per il corridoio di destra) T’‘a dongh’io‘a pazza,‘mbriacone! Vattenne

dint’‘a cella! Te ce chiudo ‘a dinto e te lasso fino a dimane matina accussì te faje

passà ‘a ‘mbriacatura!... Jamme, jà, e faje ampressa! (Scompaiono)


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SCENA VENTESIMA

(CAMILLO e LUCIANA, poi RUGBY, indi ROSARIO, poi PASQUALE, infine EUGENIA)

CAMILLO            (Venendo dalla camera n° 14) Via libera, finalmente. Me pare ca mò ce ne avimmo fujì.

LUCIANA        (È uscita dal bagno, contemporaneamente all’uscita di Camillo; si ferma sulla soglia della porta del-la camera e, prima di uscire, rimane in ascolto) Nun se sente niente cchiù. (Uscendo dalla ca-

mera) Maritemo se ne sarrà juto.


CAMILLO            (S’imbatte in Luciana quando costei esce dalla camera)

su se stesso per scappare)


‘N’ata vota ‘a signora Ingrassia! (Gira


LUCIANA

(Riconoscendolo) Signor Camillo! (Si aggrappa a lui) Ah, signor Camillo, nun me lassate!

Nun m’abbandunate! Maritemo me sta secutanno cu’ ‘na rivoltella! Vò accidere a

tutte quante!

CAMILLO

(Sobbalzando) Oh cacchio!

LUCIANA

Ve prego, nun me lassate!

CAMILLO

No, no!...

RUGBY

(Esce dalla sua camera lasciando la porta aperta. Ha l’aria di un uomo che sta per perdere l’ultimo

briciolo di pazienza) Hallo boy! Nobody call for me?[Nessuno ha chiesto di me?]

ROSARIO

(Da dentro) Duva stannu chiddi fitusi?

LUCIANA

(Con un balzo) Maritemo!

CAMILLO

Isso! Fujimmoncenne! (Si precipitano tutti e due, Camillo si slancia nella camera di destra n° 16

e richiude la porta puntellandovisi dietro, Luciana, senza sapere quello che fa, vedendo la camera di

Rugby aperta, vi si precipita dentro)


RUGBY

(Sulla porta, rientrando in camera e chiudendosela alle spalle)

sta è una ragazza graziosa]


Aho! That’s a pretty girl! [Que-


ROSARIO

(Piombando in scena da destra) Duva stannu? Ammazzari li vogghiu, ammazzari li deb-

bo!... Ma unn’è ‘a camera di don Vittorio Cianciulli?... Nessuno c’è in questo alber-

go?... (Ritorna indietro)

PASQUALE

(Arrivando da sinistra) Ma chiè ca sta alluccanno ‘e chesta manera?

LUCIANA

(Uscendo dalla camera di Rugby inseguita da lui) Me vulite lassà, puorco?! (Si volta, lo respin-

ge e gli dà uno schiaffo)


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 66


RUGBY

Again!... Aoh! It’s disgusting! [Di nuovo…È disgustoso](Raggiunge di nuovo la sua camera)

PASQUALE

(Ridendo) All’inglese ce piacciono ‘e ffemmene!

LUCIANA

(Precipitandosi verso Pasquale) Ah, signor Vittorio!

PASQUALE

Comme?

LUCIANA

È ‘o cielo ca ve manna! Salvateme… Annascunniteme!

PASQUALE

(Sostenendola col suo braccio destro e andando verso sinistra) Bah! Venite, venite‘a chesta

parte…

ROSARIO

(Da dentro) Minchia! Idda è!

LUCIANA

(Riapparendo in scena come una pazza, seguita da Pasquale) ‘Ojlloco! (Va alla porta di destra in

primo piano, la n° 16) Arapiteme!... Arapiteme!

CAMILLO

(Appoggiandosi con tutto il peso del suo corpo contro la donna) ‘A ccà nun se passa!

PASQUALE

Facite ampressa!... (Smarrita, Luciana va verso la camera di Rugby) No llà! Ce sta l’inglese!

LUCIANA

E addò?... Addò?

PASQUALE

Lloco, n. 14.. dint’‘a cammera ‘e Battistina! (Vanno nella camera n° 14)

ROSARIO

(Balza in scena come un energumeno) È inutile ca ve nasconnite! Vi ho visti!

EUGENIA

(Uscendo dalla camera di Olimmpia) Dicite a me, signò?

ROSARIO

‘U signor Cianciulli e la fimmina ca stava cu’ iddu … Morti li vogghiu!

EUGENIA

(Indicando la camera dov’è Camillo) Dint’achella cammera, signò. (Esce da sinistra)

ROSARIO

(Alla porta di destra in primo piano) Apriti! Apriti! Ammazzari vi vogghiu!

CAMILLO

(Gridando) Ccà nun ce sta nisciuno!

ROSARIO

(Spingendo la porta) Aprite, oppure…Unu, dui, tri! (Dà ogni volta una spinta alla porta di de-

stra in primo piano. L’ultima, la più forte, fa saltar via Camillo. Rosario gli balza al collo) Mi

mugghieri!... Mi mugghieri dov’è ?... Ammazzari la vogghiu!

CAMILLO

(All’estrema destra, terrificato e senza sapere più quel che dice) Ma io nun‘a tengo!... Ve don-

go ‘a parola mia d’onore! Ecco, faciteme ‘a perquisizione! (Per provare la verità rovescia

le tasche dei suoi calzoni dai quali cade un astuccio)


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 67


ROSARIO             (Senza ascoltarlo) Ah, sì! Trovare la debbo, ammazzari la vogghiu! Vero dico, come

vero è che su quel bersaglio faccio centro! (Spara con la sua pistola sul bottone a destra delletto; il letto gira e appaiono su quello che vi si sostituisce Luciana e Pasquale)

LUCIANA            Maritemo! (Scappa, seguita da Pasquale)

ROSARIO             Mi mugghieri! (Si precipita a inseguirla sparando dei colpi di pistola. Luciana e Pasquale filanovia dal fondo mentre il sipario cade)

Sipario

FINE DEL SECONDO ATTO


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ATTO TERZO

La scena è quella del primo atto. (N.B.: la porta di centro deve sempre aprirsi a un solo battente, eccetto nei casi che vengono specificatamente indicati)

All’aprirsi del sipario la scena è vuota; le porte sono chiuse. Bruscamente quella di fondo si apre, Antonietta, affanna-ta, si precipita in scena e chiude prontamente la porta alle sue spalle. È in sottoveste e porta con sé il grembiule e il cappellino da cameriera che indossa in gran fretta.

SCENA PRIMA

(ANTONIETTA, poi EMILIA)

ANTONIETTA

Mamma mia, Emilia!... Già è turnata!   Nun ce ‘a faccio a tiempo, sicuro, mannaggia...

a me… (Mette il berretto e inizia ad indossare l’abito di lavoro)

EMILIA

(Da dietro le quinte di sinistra) Antonietta!... Antonietta!...

ANTONIETTA

(Che ha terminato la sua toilette) Aggio ‘a fà ampressa! (Va a togliere il chiavistello e, rapida-

mente, in punta di piedi, si infila nella camera di destra in primo piano. Comparendo sulla soglia del-

la suddetta porta, calmissima, mentre entra anche Emilia) Ah, sì tu castaje alluccanno ‘e che-

sta manera?

EMILIA

Propetamente. Pecché te sì ‘nzerrata a chiave?

ANTONIETTA

(Imperturbabile) Ma io nun m’aggio‘nzerrataa chiave.

EMILIA

Vabbuò, nun è chisto ‘o problema. Piuttosto dimmi: che ce facive poco fa all’albergo

della Micia Innamorata!

ANTONIETTA

(Come se le parlassero in cinese) Addò stevo?

EMILIA

All’albergo della Micia Innamorata… Al “Pussycat In Love Hotel”!

ANTONIETTA

(Calcando) L’albergo della Micia Innamorata…E che d’è?

EMILIA

Comme, “che d’è?”… Ma che faccia ‘e corna! T’aggio ‘ncucciata manco mez’ora fa!

ANTONIETTA

(Ferita profondamente e visibilmente oltraggiata) Io?! Tu m’hê ‘ncucciata all’albergo del-

la… Micia?! Io nun m’aggio muvuta ‘a ccà!

EMILIA

Nun t’hê muvuta ‘a ccà, eh?

ANTONIETTA

No!

EMILIA

Embè, tu tiene ‘a faccia d’‘e ccorne vecchie! Ma si t’aggio ‘ncucciata dint’‘e bbrac-

cia ‘e ‘n’inglese!?

ANTONIETTA

Dint’‘e bbraccia ‘e ‘n’inglese, io? E comme avesse pututo fà?


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 69


EMILIA

(Rimasta senza argomenti, pianta Antonietta dove si trova e raggiunge la sinistra; tra i denti) Dun-

que, tu nun te sì muvuta ‘a ccà! Mò vedimme, mò sapimme subbeto tutte cose. (Si di-

rige verso il fondo)

ANTONIETTA

(Con inquietudine, facendo qualche passo verso di lei) Che vuò fà?

EMILIA

(Tornando verso sua sorella) ‘Nce ‘o ddimanno ‘a purtiera.

ANTONIETTA

‘A purtiera? Nun può mettere ‘a purtiera dint’a ‘na discussione accussì ridicola! Ca-

pirà ca sì ‘na sora-patrona ca me vede pe’ tutte parte e ca tene ‘e ttraveggole. ‘Nu ca-

so patologico… allucinazioni… schizofrenia… (Tutto questo dialogo, molto caldo e rapido,

deve sembrare una discussione esasperata)

EMILIA

Aha! Mò te miette appaura, eh?... Te penzave ca je m’ammuccavo ‘a favoletta toja, e

invece mò te siente dint’a ‘na trappola, è ‘ovè?

ANTONIETTA

Ti prego, Emì.

EMILIA

(Respingendola) Niente da fare! (Si precipita al telefono, che è posto di fronte al pubblico, e fa il

numero) Pronto… Site vuje,‘onna Marì?... Bene, stateme a sentì, chello ca sto pe’ v’

addimannà ve parrà ‘na fesseria, ma je aggio sapè assolutamente: a che ora è asciuta

sorema?... Sissignore, ogge … (Il viso di Antonietta esprime una certa ansietà) Eh?... Com-

me, nun è propeto asciuta?... (Antonietta si rischiara in viso ed emette un sospiro di sollievo)

Ma no, nun è possibile… Comme?... È venuta a magnà addò vuje?! (Piccolo moto di

gioia, appena visibile, di Antonietta, il cui sguardo da questo momento diventa canzonatore) Sì, sì,

aggio capito bbuono. (Non credendo alle proprie orecchie) Chesta po’… (Rimane impietrita)

Ve ringrazio assaje e v’addimanne scusa… (Riaggancia il ricevitore, arrabbiata, e torna con

un’aria seccatissima)

ANTONIETTA

E allora?

EMILIA

(Brutale) Lassame stà!...Aggio ‘a capìsi songoasciuta pazza o si tengo ‘e ttraveggo-

le… l’allucinazione… Vattenne dint’‘a cucina! (Campanello) E nun te penzà ca ferne-

sce accussì!

ANTONIETTA

Comme vuò tu. (A parte) M’è custata dduje juorne ‘e paga, ma n’è valsa ‘a pena, ‘on-

na Maria nun ha sbruvugnato niente! (Alza le spalle ed esce; suonano di nuovo)

EMILIA

(Adirata e come rispondendo al suono del campanello) Subbeto! (Campanello) Sto venenno!

(Esce un momento di scena; si sente il rumore della porta d’ingresso che si apre e si chiude)


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 70


SCENA SECONDA

(TERESA, RICCARDO e detta)

TERESA

(Entra seguita da Riccardo; parlando scende fino al divano, mentre Riccardo rimane sul fondo) Nun

sentive ‘o campaniello? Te sì ‘nsurduta bell’e bbuono?

EMILIA

(Rispondendo alla domanda ma pensando a tutt’altro) Sì, signora,l’aggio ‘ntiso, no, signora

nun m’aggio ‘nsurduta, ma stevo…

TERESA

Vabbuò, lassammo sta, dimme ‘na cosa: maritemo è turnato?

EMILIA

Eeeh… No, signò.

TERESA

Vabbuò, te ne può gghì. (Emilia via)

RICCARDO

(Poco voglioso di trattenersi ancora) Terè, visto ca mò staie finalmente‘acasa toia, je me

ne…

TERESA

(Che, vicino al divano, sta togliendosi cappello e guanti, voltandosi verso Riccardo) Che? Mica te

ne vulisse jì?! (Ha posato cappelli e guanti su un mobile vicino)

RICCARDO

(Sconfitto) ‘A verità…sì!

TERESA

(Nervosa, senza riuscire a star ferma) Eh no!... E accussì fosse troppo commodo! Nun sac-

cio in che stato d’animo turnarrà Vittorio… L’hê visto all’albergo della Micia Inna-

morata, no? ‘A siconda vota pare ca te vuleva affucà!... Si ‘stu bellu pensiero lle tur-

nasse…

RICCARDO

(Tanto placido quanto lei è agitata) Nun è ca pareva, me steva affucanno ‘overo… Co-

munque, te capisco. Vuò ca je resto ccà?

TERESA

Certo!... Nun voglio essere je sola a sostenere ‘a primma botta.

RICCARDO

(Rassegnato) E va buono, rimango… (Viene avanti)

TERESA

Site tutte tale e quale! All’inizio tanta leone, po’, ‘nnanze ‘e rresponsabilità…

RICCARDO

Piano, piano… Anzitutto nun è succieso ‘o riesto ‘e niente.

TERESA

(Verso di lui) Si nun è succieso niente nun è stato pe’merito tuio! (Suonano) Oh Madon-

na mia, stanno sunanno! Forse è isso…

RICCARDO

Già sta ccà? (Si sente il rumore della porta che si apre)


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 71


SCENA TERZA

(LUCIANA, EMILIA e detti)

LUCIANA

(Da dentro) ‘Asignora è turnata? (Rumore della porta che si richiude)

EMILIA

(Da dentro) Sissignora.

TERESA

Ah, menu male, è Luciana. (Risale verso la porta di fondo e la apre) Trase, Lucià, trase…

LUCIANA

(Entrando) Ah, Teresa! Che dramma!... Che tragedia!...

TERESA

(Alzando gli occhi al cielo) A chi‘o ddice!

LUCIANA

(Lasciandosi cadere sulla sedia a sinistra del tavolo) Oh, ma nun ce torno cchiù a casa mia…

(Con lo stesso tono) Bonasera signor Tortora,scusateme, pe’ cortesia…

RICCARDO

Ma ce mancasse!

LUCIANA

(Senza ascoltarlo, tornando ai fatti suoi) Me ne vaco ‘e casa dint’a ‘nu posto qualunque,

abbasta ca nun me trovo cchiù faccia a faccia cu’ chill’animale ‘e maritemo!

TERESA

Che bestia! Quanno ha visto a Riccardo e a me, nun saccio che ll’ha pigliato… s’ha

miso a correre addereto a nuje cu’ ‘na rivoltella, comme si ce vulesse accidere!

RICCARDO

Ce l’aveva propeto cu’ nuje, ma nun avimmo capito ‘o pecché!

LUCIANA

Ma comme? V’ha curruto addereto pure a vuje?

RICCARDO

Sì!... Che vulcano!... Che mostro!...

LUCIANA

Io ancora nun m’aggio arrepigliata. Pe’ fortuna aggio trovato a maritete, ca m’ha pi-

gliata e m’ha purtata ’a via ‘e fore, o si no svenevo e nun aggio idea ‘e chello ca fos-

se succieso.

TERESA

Comme? Maritemo t’ha…

LUCIANA

Sì… Oh, ma pur’isso m’hêva fatta mettere appaura, ‘o ssà?... Credo ca l’emozione

‘nce ha prucurato ‘na botta ‘e ccerevelle.

TERESA

Te ne sì addunata pure tu?

LUCIANA

E certamente!... Aggio pure penzato ca fosse asciuto pazzo, pecché ha accummencia-

to a me dicere ‘nu sacco ‘e cose ca nun un significavano niente…

TERESA

(A Riccardo) Hê ‘ntiso? Tale e quale a nuje!

RICCARDO

Tale e quale a nuje!


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 72


LUCIANA

Ha accummenciato a dicere ca era ‘o cameriere ‘e ll’albergo… ca steva mettenno a

posto ‘a legna… ca ll’avevano arrubbata ‘a livrea… insomma ‘nu sacco ‘e fesserie. E

po’ bell’e bbuono che l’è venuto pe’ capa? Ca se chiammava Pasquale!

RICCARDO

(Sedendosi sulla sedia a destra del tavolinetto) Èaddeventata ‘na fissazione!

TERESA

Io nun capisco: maritemo ha perzo ‘a capa? Nun arrivo proprio a capì! Ce vò nù psi-

chiatra…

RICCARDO

(A piena voce e su un tono profondo) No! Io penzo ca sta tramanno quaccheccosa… ‘na

trappola… ‘na vendetta…sta recitanno…

TERESA

Stammo mise proprio bbuono!

RICCARDO

Eh! (Suonano; istintivamente Luciana e Riccardo si alzano e si avvicinano a Teresa)

LUCIANA

(Quasi sottovoce) Hanno… hanno sunato?

RICCARDO

Forse… forse è Vittorio.

LUCIANA

Ma insomma, nisciuno va a arapì?

TERESA

Nun ‘o ssaccio!... Eppure, si hanno sunato…

RICCARDO

Vò dicere ca ce sta quaccheduno.

TERESA

(Inchinandosi a questa verità lapalissiana) Pe’ fforza!

SCENA QUARTA

(EMILIA e detti, indi PASQUALE)

EMILIA

(Entrando smarrita) Signò! Signò!

TERESA

Ch’è succieso?

EMILIA

Nun saccio ‘o signore che ttene… ‘Nce aggio araputo ‘a porta, isso è trasuto… e m’

ha addimannato: «Chesta è ‘a casa d’‘o signor Cianciulli?».

TUTTI

Comme?

EMILIA

Propeto accussì, signò!... Lì per lì aggio penzato ca vuleva pazzià e allora, pe’ sta ‘o

juoco, ‘nce aggio risposto: «Sicuro, chesta è ‘a casa d’o signor Cianciulli.» Ma isso

tomo tomo m’ha risposto: «Dicitece ca songo venuto p’‘a livrea…»

TUTTI

No!


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EMILIA

E invece sì!

TERESA

Ah, no! ‘Sta storia nun ha dda accummencià ‘n’ata vota! (A Emilia, con energia) Addò

sta ‘o signore?

EMILIA

Dint’a ll’anticamera… Sta aspettanno.

TERESA

(Sobbalzando per la sorpresa) Sta aspettanno?

RIC. + LUC.

Dint’a ll’anticamera?

TERESA

Chesta po’…! (Risale, seguita dagli altri due personaggi, fino alla porta, che spinge aprendo tutti

e due i battenti. Riccardo e Teresa sono a sinistra della porta, Emilia e Luciana a destra. Pasquale,

che ha il suo cappello in testa, aspetta tranquillo. Alla vista dei personaggi il suo volto, da serio che

era, si fa sorridente) Che staje facenno lloco?

PASQUALE

(Alzandosi e venendo avanti. Sulla porta) Desiderano?...

TERESA

Jammo bello, te pare ca chillo è ‘o posto tujo? Dint’a ll’anticamera, comme ‘nu for-

nitore?

PASQUALE

(Alzando leggermente il cappello) Signora…

TUTTI

Signora?

TERESA

Jamme, trase… (Avanza leggermente)

PASQUALE

(Non muovendosi dalla porta) ‘A verità je stongo aspettanno ‘osignor Cianciulli…

RIC. + LUC.

Comme?

TERESA

Ma che staje accucchianno?

EMILIA

Avite ‘ntiso, signò?

PASQUALE

Ehi! Ma ‘sta signora ‘a cunosco!... Nun stiveve poco fa all’albergo della Micia In-

namorata? (Riferendosi a Teresa) È ‘a signora dell’albergo… Ce simmo perfino vasa-

te… (Avanzando verso di lei) Bongiorno, signò, me vulite vasà ‘n’ata vota?

TERESA

(Spaventata, tirando Riccardo verso di sé per frapporlo fra lei stessa e Pasquale) Oh Madonna

mia bella!... Riccà! Riccà! Ma che ttene? Ch’ha passato?

RICCARDO

Su, su, amico mio…

PASQUALE

(Indicando Riccardo) Ce sta pure l’amichetto vuosto! Accidenti… comme jammo?

RICCARDO

Vittorio! (Avanza, come Teresa, verso la sinistra)


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 74


PASQUALE

(Avanzando al centro della scena) No! Pasquale!... Pasquale!

LUCIANA

Pasquale!

PASQUALE

(Riconosce Luciana e, parlando, le si avvicina) Oh,‘a signora ca se n’è fujuta cu’ mme

scappati pe’ colpa d’‘o siciliano, v’arricurdate, signò?

LUCIANA

(Un po’ spaventata) Eh,… Sì… Sì… (Scivola, sempre parlando, poi scappa fino a raggiungere gli

altri in fondo)

PASQUALE

(Torcendosi dal ridere) Hi! Hi!... Ma allora abitate tutte quante‘nzieme! Hi! Hi!... Che

buffo!

TERESA

Ma che ttene?

LUCIANA

(Sottovoce a Teresa) Puveriello!L’hê fà visità ampressa ampressa ‘a ‘nu buono duttore.

EMILIA

(Che era rimasta in fondo alla scena, avanza a mezza voce) Signò,vulite ca chiammo’o duttor

Folliero?

TERESA

Faje comme vuò tu.

EMILIA

Sissignora. (Si accinge ad uscire)

PASQUALE

(Andando verso Emilia) Ve ne andate?

EMILIA

Sissignore.

PASQUALE

Vabbuò. Ma nun ve scurdate ‘e dicere ‘o signor Cianciulli… (Emilia esce chiudendosi la

porta alle spalle)

RICCARDO

Ma pecché ha da fà ‘o scemo accussì?

TERESA

‘O ffa apposta. Sò sicura ca ‘o ffa apposta.

PASQUALE

(Dà le sue spiegazioni) Tutto èaccummenciato pecché ‘a livrea steva appisa, me spiego?

LUC. + RIC.

(Per non contrariarlo) Sì! Sì!

TERESA

(Andandosi a piantare davanti a Pasquale; con autorità) Mò l’hê fernì, hê capit? Mò basta: si

nun staje bbuono, dincello e nuje te facimmo curà! T’avimmo spiegato pe’ filo e pe’

ssegno comme sò gghiute ‘e ccose… T’avimmo pruvato ca nun c’è stato maje niente

tra Riccardo e me… E si nun abbastasse, ‘a signora Ingrassia te po’ garantì ca simme

state sincere. Mò, ca tu ce cride o no, vide chello ca hê ‘a fà ma fernescela ‘e te cum-

purtà comme a ‘nu criaturo! Primma te cunvince e ‘nce abbracce e ce vase, e cinche

minute doppo cirche d’affucà a Riccardo!


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 75


PASQUALE

(Voltandosi verso Riccardo) Ioaggio cercato ‘e v’affucà?

RICCARDO

Sì!

TERESA

Ma insomma, fernescela: ce cride o nun ce cride?

PASQUALE

Ma certo ca ve credo!

TERESA

E allora dance ‘nu bellu vaso e fernimmola!

PASQUALE

Io? Ma pure diece vase!

TUTTI

Ah, menu male! (Pasquale si è asciugato le labbra col dorso della mano e si accinge diligente-

mente a baciare Teresa)

TERESA

(Quando Pasquale già sta per sfiorarle la guancia, lo respinge) Puf... Ma hê bevuto!? Puzze‘e

vino!

PASQUALE

Eh?

TERESA

(Rivolgendosi a Riccardo che si era avvicinato) Siente, siè!

RICCARDO

(Indietreggia, semiasfissiato) Puah!...Ma che è, ‘na cantina?!

TERESA

(Con un tono di rimprovero indignato) Mò bive pure, eh?

PASQUALE

Che esagerazione! “Io bevo”! Comme si chi sa che me vevo… Io tre o quatto mise-

rissimi mieze litre ‘e vino m’aggio vevuto.

TERESA

(Trasalendo) Sta completamente‘mbriaco!

PASQUALE

(Andando dietro a Teresa e cercando di farla voltare) Io‘mbriaco? (Cerca di farle sentire l’alito)

Ma nun è propeto ‘overo, signora mia!

TERESA

(Allontanandolo con gesto) Vattenne,vai a te smaltì ‘sta sbronza a quacch’ata parte.

EMILIA

(Correndo) È arrivato‘oduttore, signò.

TUTTI

Ah! Menu male!

SCENA QUINTA

(ARTURO e detti)

ARTURO

Buona sera signori. (Amichevolmente, con un saluto della mano verso Pasquale) Bonasera si-

gnor Vittorio.

PASQUALE

(Guardandosi intorno per vedere a chi si rivolgeva il dottore) Addòsta ‘stu Vittorio?


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 76


ARTURO

(Credendo ad uno scherzo di Vittorio Cianciulli gli fa un educato sorriso di compiacenza) Quant’è

spiritoso! (A Teresa) Ma ch’è succieso?

TERESA

(Indicando Pasquale) È succieso ca ‘osignoreccà sta ‘mbriacofraceto.

ARTURO

(Con un moto di sorpresa) Comme? Ma nun è possibile… isso?!

TERESA

Pruvate a l’annusà, duttò… pruvate!

ARTURO

(A Pasquale, al quale si è avvicinato) Nun è possibile!... È‘overo che state‘mbriaco?

PASQUALE

Io?! (Alzando le spalle con aria di compiatimento) Pffu!

ARTURO

(Che ha ricevuto uno sbuffo in pieno viso, si butta all’indietro) Oh, e pure assaje! Ma chev’

hanno fatto vevere, pe ve cuncià ‘e chesta manera?

PASQUALE

Mò accummenciate pure vuje? (Avanza su Folliero) Stateme a sentì, amico mio, ‘a vuli-

te fernì ‘e v’‘a spassà ‘e spalle meje?... Io nun stongo cchiù ‘mbriaco ‘e vuje…

ARTURO

(Cercando di calmarlo) Su, su, jamme…

LUCIANA

Tene quacche mumento ‘e lucidità e po’, bell’e bbuono, cchiù niente!

ARTURO

Ha avuto sicuramente quacche trauma! Sta conciato proprio bbuono… (Lo osservano

tutti in silenzio) Chestispecie ‘eallucinazione,chistu stato ‘e amnesia ca addirittura ‘o

fà scurdà ‘e chi è e ‘e comme se chiamma, succedene sulamente in persone ca son-

ghe alcolisti croniche…è un delirio alcolico… ‘Nce vulesse ‘nu specialista… ‘nu

psichiatra… e ‘na bbona cura dint’a ‘nu spitale.

TERESA

È assurdo! Vittorio pigliava sulamente ‘nu bicchierino doppo magnato, nient’altro!

RICCARDO

E paricchie vvote ‘a mmità ‘a lassava pure.

PASQUALE

(Li osservava, poi a parte) ‘Nce scummetto ‘a capa ca me stanno sfuttenno ancora.

ARTURO

E guardate che succede!

PASQUALE

(Dopo una breve pausa) Dicitemeun po’, cape ‘e ‘mbrella, ve state addevertenno assaje?

ARTURO

Ma nun steveme parlanno ‘e vuje… Piuttosto, vulite stendere ‘o vraccio?

PASQUALE

(Stupito) ‘Ovraccio?

ARTURO

(Tendendo il braccio in avanti, con la mano rigida e le dita aperte) Accussì, ‘o vvedite?

PASQUALE

(Ubbidendo) A che serve‘stu fatto? (La sua mano, così tesa, ha un tremito caratteristico)

TERESA

Comme tremma!


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 77


ARTURO

(Tenendogli l’avambraccio) ‘O vvedite?...‘Ovvedite,‘otremmuliccio‘ell’alcolizzati? È

‘o sintomo cchiù tipico… delirium tremens: è gravissimo!

PASQUALE

(Cammina pestando i piedi per terra e tra Arturo e Teresa) Mò basta! (Sbatte il cappello sul tavolo.

A Teresa) Vulite ca me ‘ncazzo,è ‘overo? (A Arturo) Vuleteca me ‘ncazzo, mannaggia!

TUTTI

Ma no! Ma no!...

TERESA

Tesò, pe’ piacere, datte ‘na calmata. ‘A colpa è ‘a nosta: ll’avimmo fatto avè ‘nu

shock e isso ha cercato d’affucà ‘o dulore dint’a ll’alcool…

PASQUALE

(Rivoltandosi verso Teresa, in pieno viso) Basta vuje! Nun me scassate cchiù‘o…‘e scato-

le!

TERESA

(Con un balzo indietro) Eh? Ch’ha ditto?

ARTURO

(Parlando la accompagna verso il fondo; gli altri seguomo il movimento) Niente, niente… Nun

ce facite caso: dint’a cierti mumente ‘n ommo perde ‘o cuntrollo. Mò però jatevenne

‘a llà, nun ‘o facite ‘ncojetà.

TERESA

(Sul fondo) Duttò, chello ca è troppo è troppo!...Pe’ quanto è alcolizzato…

ARTURO

(Spingendo tutti verso la porta di sinistra) Sta sovreccitato… Lassateme  a me sulo cu’ isso

e cu’ Emilia, vedimmo d’‘o fà cuccà, ammacare ‘nce faccio ‘na serenga ‘e quacche

calmante. (Via tutti tranne Folliero, Pasquale ed Emilia)

SCENA SESTA

(ARTURO, PASQUALE ed EMILIA)

ARTURO

(Ritornando verso Pasquale, che passeggia nervosamente) Su, su, jamme, amico mio!

PASQUALE

Ma che razza ‘e ggente è, dico io? (Si tocca la testa) Ce manca quacche rutella?

EMILIA

Sì, sì, quacche rutella, sicuro.

PASQUALE

Eh!? Ma allora m’aviveve ‘a fà ‘nu segno! Abbastava ca me diciveve zittu  zittu:

“Songhe ‘nu poco tuccatielle!”… “Ditegli sempre di si”… io ‘o facevo!(A Folliero, che

ha approfittato del fatto che Pasquale tendeva il braccio per afferrargli il polso, allo scopo di sentirne

i battiti) Perché me pigliate‘a mana?

ARTURO

(Rimettendo l’orologio in tasca) È curioso. Tenite‘opolso assaje debole!

PASQUALE

(Gioviale) Eh, ce credo! Mica songo Maciste?! (Con una grossa risata, soddisfatto)


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ARTURO

(Ridendo per compiacenza) Ah! Ah! Site assaje spiritoso! Ah! Ah! (Sottovoce a Emilia) Re-

dite pure vuje!

EMILIA

Io? Comme vulite vuje. (Ridendo senza convinzione) Ah ah! Ah ah!

PASQUALE

(Indicando Emilia) L’aggio fatta ridere, eh?

ARTURO

(Esagerando) Eeeh, sì… Certo, certo… Eccomme! (Ridiventando serio) Vabbuò, mò ca ce

simmo schiattate ‘e resate tutte quante, vedimmo d’essere ragionevole. (Su un tono che

non ammette dubbi) Vuje me canuscite?

PASQUALE

No!

ARTURO

(Un po’ interdetto) Ah,beh si ‘e ccose stanno accussì…Allora: io songo‘oduttore.

Songo chillo ca sana ‘e malate… ‘O bravo papà ca se piglia cura d’‘o piccirillo sujo!

PASQUALE

Aggio capito, nun songo ‘nu stupeto: site ‘nu duttore.

ARTURO

Bravo! Bravo!

PASQUALE

(A parte) Pecché fa‘o scemo ‘echesta manera?

ARTURO

(Con un’aria profonda) Allora, jesento… ca vuje state assaje stanco. (A Emilia) Sta stan-

co. (A Pasquale nuovamente, come se volesse ipnotizzarlo) ‘E ddenocchie voste se chiejeno…

Ll’ uocchie se ‘nzerrano…

EMILIA

(Abbondando nel senso voluto) Sta assaje stanchissimo!

PASQUALE

Beh, E te credo ca sto stanco! M’aggio susuto stammatina ‘e ccinche, aggio scupato

tutto l’albergo, aggio dato ‘a cera ‘e pavimente e aggio traspurtato ‘a legna…

ARTURO

Ma se capisce, se capisce! Allora, sapite mò che facimmo? Vuje ve cuccate.

PASQUALE

Io? Ma nun esiste proprio!

ARTURO

(Sempre accomodante) Comme vulite vuje. Ma ve vulite almeno levà‘sta giacca che v’è

scomoda e ve mettite ‘na vestaglia… ‘na vestaglia morbida morbida?

PASQUALE

Vabbuono… Ma ‘a livrea mia?

ARTURO

Doppo v’‘a pigliate… Ma fino a che aspettate… (Fa segno a Emilia) Emilia!

EMILIA

Subbeto, duttò. (Entra nella camera di destra)


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 79


ARTURO

(Approfitta del fatto che Pasquale è voltato in direzione della camera per indicargli la camera in que-

stione) Ecco qua.Dint’a chella cammerace sta ‘nuletto comodo assaje… e ve facite

‘na ninna nanna… ‘na bella nannina!

PASQUALE

(Voltandosi) ‘Na bella nannina?! Nun ce penzate propeto! E‘osignor Cianciulliè…

ARTURO

State cujeto, ce stongh’io ccà.

PASQUALE

(Conciliante) Ah, beh, si‘e ccose stanno accussì, va buono.

EMILIA

(Rientra portando la vestaglia) Ccà ce sta ‘avestaglia!

ARTURO

Benissimo. (Gli infila la vestaglia mentre Emilia va a posare la giacca su di una sedia)

PASQUALE

È assaje cchiù morbida d’‘a livrea!

ARTURO

Ma certo! E mò, ‘n aucelluzzo m’ha ditto dint’a ‘na recchia ca tenite sete.

PASQUALE

(Gioviale) Ah beh… sì sì… È in gamba ‘st’aucelluzzo vuosto!

ARTURO

(Ridendo) Avite visto?... Mò ve faccio purtà subbeto subbeto quaccheccosa‘a veve-

re… Forse nun ve piaciarrà assaje, ma l’avite ‘a piglià ‘o stesso.

PASQUALE

Ah beh! Allora ha da essere robba forte assaje, eh?

ARTURO

Eh, abbastanza. (Sottovoce a Emilia che, dopo aver posato la giacca si era riavvicinata ai due)

Mò ce dammo ‘n ipnotico, ‘nu barbiturico… e quanno dorme ce facimmo pure ‘a se-

renghella?

EMILIA

Sissignore.

ARTURO

‘Nce avimmo dà diece gocce dint’a ‘nu miezo bicchiere ‘e acqua.

EMILIA

Va bene, duttò.

ARTURO

E mò purtatelo a letto.

EMILIA

(Affettuosissima, a Pasquale) Jammo, signò. Si vuliteve putite appujà ‘o vraccio mio.

PASQUALE

(Si alza e si appoggia al braccio di Emilia) Site propeto‘nafemmena ‘ecore.

EMILIA

(Accompagnandolo verso la camera di destra) ‘O signore mi onora…

PASQUALE

Ma figurateve… V’aggio ‘a dicere pure ca me dispiace assaje ca ‘a sora vosta fa ‘a

sgualdrina…

EMILIA

Ma… ma nun è ‘overo!

PASQUALE

Ma comme?! Me l’avite ditto vuje…


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 80


EMILIA

(Facendo passare Pasquale per primo) Ah… ma m’ero sbagliata: sorema era juta sulamen-

te a se piglià ‘o pasto sujo add’‘a purtiera.

PASQUALE

(Uscendo) Beh, si ha pigliato sulo ‘o pasto…e niente altro… (Allusivo. Escono)

Appena uscito di scena l’attore si toglierà l’abito di Pasquale (calzoni e gilet) per la sua trasformazione in Vittorio, che non avrebbe il tempo di effettuare dopo la prossima scena. Tolti i calzoni e il gilet s’infilerà la giacca della livrea, vi rimetterà sopra la vestaglia e si rimetterà la sciarpa intorno al collo. Essendo il colore dei calzoni di Vittorio non vistoso, l’attenzione del pubblico non sarà attirata da quel poco che ne vedrà.

ARTURO             (Durante le ultime battute, si è preso lo scrittoio, lo ha aperto davanti al divano. È di faccia al pub-blico) ‘A faccia mia e che prufummo! Ah, ma chesta è carta?! (Ciò dicendo, si porta al na-so il foglio di carta color malva sul quale, al primo atto, Luciana aveva steso il suo primo tentativo di lettera. Quando Folliero annusa il foglio, lo gira e lo legge. Rimette il foglio in mezzo agli altri, poi, facendo il giro del mobile, va a sedersi sul divano e si dispone a scrivere. Nel momento in cui siede, si sente sbattere la porta d’ingresso)

SCENA SETTIMA

(CAMILLO e detto, poi ANTONIETTA, indi EMILIA, infine PASQUALE)

CAMILLO

(Scorgendo Folliero, ancora tutto affannato) Vuje!... Ah, dottò, songhe succiese cierti cco-

se… cierti ccose… Ah, madonna mia, e ch’è succieso!

ARTURO

(Sempre seduto) Comme? Che dicite?... Nun parlate accussì‘e pressa!

CAMILLO

Me pare ca ogge aggio vissuto dint’a ‘n’incubo! Chi nun ce steva dint’a chill’alber-

go?... Tutte quante, tutte!... Riccardo Tortora… Teresa… Vittorio… E po’ ‘a signora

Ingrassia e ‘o marito ca jeva a caccia c’‘a rivultella! Pam! Pam! Che tragedia! Dio

santissimo, che tragedia! (Si lascia cadere su di una sedia)

ANTONIETTA

(Dalla porta di fondo a sinistra) ‘Asignora vò sapè comme sta‘o marito.

ARTURO

Sta meglio! Dicitece ‘a signora ca sta meglio. (Alzandosi) Anzi, no: vach’io stesso ad-

do essa.

CAMILLO

Ma che d’è?

ARTURO

(Avviandosi verso il fondo) Niente.‘O signor Cianciulli nun se sente tantu bbuono.

CAMILLO

(Scuotendo il capo) Ah.

EMILIA

(Uscendo dalla camera di Vittorio) ‘Osignore stadint’‘olietto.

ARTURO

Perfetto. (Esce da sinistra)


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 81


EMILIA

(Uscendo dal fondo) Bonasera, signor Camillo.

CAMILLO

Bonasera, Emì.

PASQUALE

(Entra, sempre avvolto nella vestaglia) Perdunateme…

CAMILLO

(Sobbalzando) Vittorio!

PASQUALE

(Per scherzare affetta un tono severo) Eh, eh,‘stusignore l’aggio visto ogge alla Micia In-

namorata!

CAMILLO

(A parte, credendo a una ramanzina) Accidenti!

PASQUALE

Abitano tutte quante ccài!

CAMILLO

(Andando da Pasquale e mettendosi ben di fronte) Io stevo…dint’achilluposto… pecché…

pecché tenevo ‘na bona raggione!... Ehm, stevo… stevo pe’ ‘n’assicurazione…

PASQUALE

Sì, ma cheste sò ccose ca nun m’arriguardano! Sulamente sto murenno ‘e sete. M’

hanno ditto ca m’avessero purtato quaccheccosa ‘a vevere, ma credo ca se songhe

scurdate…

CAMILLO

(Zelante) Oh, Sicuramente se sarranno distratte.Mò ‘ncevaco io.

PASQUALE

Grazie. Tengo ‘na sete propeto esaggerata!

CAMILLO

Faccio ‘nu zumpo e torno! Corro!

PASQUALE

Grazie. (Ritorna nella camera di destra e chiude la porta alle sue spalle)

Appena uscito di scena, getta via la vestaglia e le ciabatte; con due colpi di pettine, correndo, aggiusta la sua pettina-tura; passando, mette il berretto che gli porgono, poi, facendo un giro dietro il vestibolo, lo si deve veder arrivare dal-la sinistra dell’anticamera. L’attore deve comparire in scena appena è pronto senza aspettare la fine del monologo di Camillo, che è fatto solo per dare il tempo della trasformazione.

CAMILLO            Ah, ah! Menu male! E me credevo ca me faceva ‘nu cazziatone!... Invece l’ha piglia-ta benissimo! Chi l’avesse mai ditto? Io me penzavo ca teneva idee ‘nu poco ristret-

te… invece no, ‘e ttene larghissime. (Si sente il rumore della porta d’ingresso che si apre e sirichiude e, dalla porta di fondo lasciata spalancata da Emilia, si scorge Vittorio che arriva e che sta rimettendo il suo mazo di chiavi in tasca. Camillo, vedendo Vittorio un attimo dopo aver visto entrare Pasquale nella camera, lancia un grido pazzo) Aaaaah!


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 82


SCENA OTTAVA

(VITTORIO e detto, poi EMILIA)

VITTORIO

(Al grido di Camillo) Ch’è stato?

CAMILLO

(Spaventato, non sapendo più dove battere il capo, indica successivamente col dito Vittorio e la porta

di destra in primo piano) Ah, Dio, Dio! Ccà, ccà!... E là, là!...

VITTORIO

Ma che sta succedenno?

CAMILLO

(Smarrito, urtando le sedie) Madonnina mia! Je addevento pazzo! Addevento pazzo!

VITTORIO

(Facendo qualche passo verso di lui) Jamme, Camì!

CAMILLO

Vade retro, Satana! Songo pazzo! Songo pazzo! (Scompare dalla porta di fondo destra)

VITTORIO

(Abbrutito da questa accoglienza) Oh cacchio! Chisto sta danno‘enummere!... Ma che

‘nce sta dint’a ll‘aria ogge? Ecco, tale e quale comme dint’a chill’albergo! ‘N incu-

bo! ‘N incubo! (Vedendo la sua giacca su di una sedia) Ma chesta è ‘a giacca mia... Chi l’

ha purtata ccà? Comunque, penzo ca ll’aggio tenuta pure assaje tiempo, ‘sta livrea.

(Parlando, si toglie la giacca della livrea che posa sul tavolo, come il berretto, e indossa la sua giac-

ca)

CAMILLO

(Attraversando come un pazzo il vestibolo da destra a sinistra e aggrappandosi a Emilia che arriva in

senso inverso) Emilia! Sò pazzo! Sò pazzo! (E sparisce a sinistra continuando a gridare «sono

pazzo!»)

EMILIA

(Avanzando) Che ttene‘osignor Camillo?

VITTORIO

È chello ca me stongo addimannanno pur’io, Emilia!

EMILIA

(Sentendosi chiamare col suo nome) Ah!‘Osignore m’arricunosce?

VITTORIO

Perché non v’avesse ricunoscere?

EMILIA

(Prontamente) Ehm… Nun‘ssaccio, signò, nun o ssaccio…

SCENA NONA

(CAMILLO, TERESA, RICCARDO, ARTURO, LUCIANA e detti)

CAMILLO

(Irrompe in scena proveniendo da sinistra, seguito da Teresa, Riccardo, Folliero e Luciana) Ve dico

ca sò ddoje! Sò ddoje! Cca e llà! (Esce dalla porta di fondo per il vestibolo a destra)

TUTTI

Ma ch’ha passato?


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 83


TERESA

(Andando verso il marito) Simme nuje, caro… venimmo pe’ssapè…

VITTORIO

(Vedendo Teresa sobbalza) Tu? Tu ccà? (Scorgendo Riccardo che avanza) E Riccardo sta cu’

tte!?

TER. + RIC.

(Insieme) Comme?

VITTORIO

(È saltato al collo di Riccardo e lo spinge così, marciando su di lui e scuotendolo) Che stìve fa-

cenno, tu? Che stiveve facenno tutt’e dduje quanno v’aggio ‘ncucciate dint’a chill’al-

bergo equivoco?

TUTTI

Oh!

TERESA

Mò accummenciamme ‘n’ata vota!

RICCARDO

(Sempre nella stretta di Vittorio) Vittò, amico mio, te l’avimmo spiegato ciente vote!

VITTORIO

(Sempre spingendolo e facendolo così andare fino al fondo) M’avite spiegato che ccosa?... Oh,

basta! Ve credite’overo ‘e me putè cuffìà [Prendere in giro] ancora pe’ paricchiu tiem-

po?... Jatevenne!

TERESA

Tesò, siente ‘na cosa…

VITTORIO

(Avanzando minaccioso verso tutti) Jatevenne!

LUCIANA

Ma, signor Cianciulli…

VITTORIO

(A tutti) Aggio dittoca ve n’avite ‘a jì! Nun ve voglio vedè cchiù! (Misura a grandi passi

la scena, esasperato)

ARTURO

(Esortandoli a rientrare nella camera in fondo a sinistra) Aggiate pacienza, ascite ‘a ccà, jate-

venne, nun ‘o facite ‘ncojetà, sta in piena crisi. Turnate quanno se sarrà calmato.

TERESA

(Lasciandosi accompagnare fuori) Uffà, cu’cchesta crisi! Me sto proprio scuccianno! (Esce

seguita da Luciana)

ARTURO

Su, su! (A Riccardo) Signor Tortora, vi prego…

RICCARDO

(Andandosene dietro agli altri) Sicondo me è tutto scemo! Cagna idea ogne dduje minute!

(Emilia esce dal fondo e chiude i due battenti della porta)

ARTURO

(Quando tutti sono usciti, andando verso Vittorio) E allora, amico mio, che cosa c’è?

VITTORIO

Ah, ve pozzo giurà ca dint’a ll’albergo della Micia Innamorata m’è succieso tutto

chello ca puteva succedere!

ARTURO

Ma allora ‘nce site stato?


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 84


VITTORIO

(Pronto) Quanta peripezie, sant’Iddio! Che incubo! Mazzate‘a‘na parte!Mazzate ‘a

chell’ata!... ‘A padrona pazza!... Me mettono ‘ncuollo ‘na livrea e me ‘nzerrano

dint’a ‘na cammera!... Me n’aggio fujuto pe’ coppa ‘e titte!... E comme si nun abba-

stasse, ‘o siciliano!

ARTURO

(A parte, smarrito) Chisto sta ‘nguajato malamente!

EMILIA

(Portando un bicchiere pieno d’acqua su un piatto) Ecco qua.

VITTORIO

(Vedendo Emilia si volta) Che d’è, Emì?

EMILIA

(Avanzando verso Folliero) Niente, signò,‘oduttore m’ha ditto ca…

ARTURO

(A Emilia che gli presenta il piatto) Grazie. (Prende il flacone del medicinale dalla sua borsa e ne

versa qualche goccia nel bicchiere durante le battute seguenti)

EMILIA

(Sottovoce al dottore) Site contento, eh?

ARTURO

Ccà simme arrivate ‘o delirio! ‘O delirio!... Otto… nove… e diece.

VITTORIO

Nun ve sentite buono, duttò?

ARTURO

No, no, niente! (Gli si avvicina, agitando con la mano destra, piano e con un movimento in circolo

o col cucchiaino, il bicchiere che contiene le gocce per mescolare bene) Su, veviteve chesto.

VITTORIO

Io?

ARTURO

Sì! Doppo tutto chello ch’avite passato, ve farrà arrepiglià ‘nu poco.

VITTORIO

Allora, nun rifiuto. V’aggio ‘a cunfessà ca ‘o scatto ‘e primma m’ha turbato ‘nu po-

co. (Prende il bicchiere)

ARTURO

‘O ssapevo ca m’avisseve ditto accussì. È ‘nu poco forte: facite unu surzo.

VITTORIO

(Noncurante) Oh! (Ne prende una buona sorsata, ma appena si sente il liquido in bocca, posa preci-

pitosamente il bicchiere sul tavolo e allontanando Folliero ed Emilia dal suo passaggio, si slancia

come un pazzo verso la finestra)

ARTURO

(Rincorrendolo) Nun è niente. V’avevo avvisato. Agliuttite, agliuttite!

VITTORIO

(Ha aperto precipitosamente la finestra e ha sputato fuori tutto quello che aveva in bocca) Mamma

mia! Che schifezza!

EMI. + ART.

(Dispiaciuti) Oh, no!

VITTORIO

Che porcheria! (Si avvia verso la porta di destra)

ARTURO

(Che lo segue) Addò jate?


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 85


VITTORIO

A me sciacquà ‘a vocca! Che ve credite, ca teneva ‘nu bellu sapore? (Esce dalla porta a

destra. Suona il campanello)

SCENA DECIMA

(ADRIANA e detti, poi ANTONIETTA, indi VITTORIO)

EMILIA

Hanno sunato. (Esce dal fondo a sinistra)

ADRIANA

(Da dentro) Sta ‘e casa ccà ‘osignor Cianciulli, pe’piacere?

EMILIA

(Da dentro) Sissignora, abita ccà, trasite.

ADRIANA

(Entra seguita da Emilia) Grazie. Sò venuta pe’purtà‘noggetto… c’è stato ‘nu poco d’

ammuina ogge dint’a ll’albergo mio, e avimmo stato truvato st’oggettino e ‘ncoppa

‘nce stanno scritte ‘o nomme e l’indirizzo d’‘o signor Cianciulli.

ARTURO

(Lo guarda) Ah, èl’astuccio d’‘opalato‘eCamillo…

ANTONIETTA

(Compare dal corridoio a sinistra, affannata) Dottò! Dottò!‘Osignor Camillo, non saccio

che ttene, l’aggio truvato dint’‘o bagno, tutto annuro, ca se faceva ‘na doccia!

ADRIANA

‘Na doccia a chest’ora?!

ARTURO

Cose ‘e pazze! (Si avvia verso il fondo; ad Antonietta) Addò sta ‘o bagno?

ANTONIETTA

(Indicando la destra del vestibolo) Sta ccà, dottò.

ADRIANNA

(Il suo sguardo cade sulla livrea e sul berretto che aveva posato Vittorio) Ma chella è‘a livrea‘e

Pasquale! (La prende) E chisto è ‘o berretto sujo!... Comm’è possibile ca ‘sta rroba sta

ccà?... (A Emilia che si avvicina) ‘O cammarere mio è stato ccà?

EMILIA

‘O cammarere vuosto? No!

ADRIANA

E allora?

VITTORIO

(Arriva dalla porta in fondo a destra) Mamma mia e che schifezza! Che sapore orribile!

ADRIANA

(Vedendo Vittorio) Eh! Pasquale?!Pascà che ‘nce faje lloco?! (Si slancia per acchiapparlo)

VITTORIO

(Spaventatissimo) ‘Apazza!‘Apazza dint’‘acasa mia! (Tenta di scappare evitando di farsi

acchiappare da Adriana; i due personaggi, così, vanno e vengono al di là e al di qua del tavolo che li

separa)

ADRIANA

Animale! Pecché staje ccà?

VITTORIO

Io? Nun ‘o ssaccio!


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 86


ADRIANA

Mò purtammo ‘a livrea mia a spasso pe’ tutta Napole, eh?

VITTORIO

Ma quà livrea?

EMILIA

(Interponendosi) Ma signò… chestate facenno?

ADRIANA

(A Emilia) Lievete ‘a nanze ‘e piede tu!

VITTORIO

Meglio ca me ne fujo… (Esce di corsa dal fondo)

EMILIA

(Tornando alla carica) Ma è il signor Cianciulli,‘o patrone mio! (Si sente la porta del vesti-

bolo sbattere violentemente)

ADRIANA

(Respingendo Emilia) Ma quà patrone?! È‘ocammarere mio!...‘Ocunosco bbuono!

(Esce dal fondo correndo e portandosi via la livrea e il berretto di Pasquale)

EMILIA

(Correndole dietro e chiudendosi la porta alle spalle) Ma no!... Ma no!...

VITTORIO

(Si arrischia a far capolino dalla porta di sinistra; angosciatissimo) Se… se n’ègghiuta? (Avan-

za verso il proscenio. Sospirando) Ah! Menu male! Se n’ègghiuta! (In questo momento si sente

un confuso rumore di voci provenienti dall’anticamera)

SCENA UNDICESIMA

(EMILIA, ROSARIO e detto)

EMILIA

(Da dentro) Ma addò jate!... Signò!...

ROSARIO

(Da dentro) Io traso, u capisti? Io traso!

VITTORIO

Che sta succedenno? (Sotto una spinta dall’esterno, la porta di fondo si apre bruscamente)

ROSARIO

Ah! Iddu! (Emilia, rinunciando ad intromettersi, si ritira)

VITTORIO

(Accerchiato nel suo angolo) Ingrassia! (Fa per scappare)

ROSARIO

(Avanza su di lui e, con tono che non ammette repliche) Si fermasse!

VITTORIO

(Miserevolissimo) A… A… Amico mio…

ROSARIO

(Fulminandolo con uno sguardo) Amici nun ne sugnu cchiù, u capisti? Come un caprone

scappasti poco fa!... Ma io ti trovai. E ringrazia i sbirri ca m’arrestarono e al commis-

sariato mi portarono, altrimenti ti avrei insegnato che cos’è una lupara. Ma u com-

missionariu la lupara mi confiscò e per liberarmi promettere mi ficia ca non la userò

mai più… (Con un sospiro di rimpianto) E io lo promisi!

VITTORIO

(Rassicurato) Ah, sì?... Bravo… Bravo “u”commissario!


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 87


ROSARIO

E così… (Tirando fuori dalle tasche due pistoline) Due pistoline portai.

VITTORIO

(Facendo un salto indietro) Eh?

ROSARIO

(Rassicurandolo col gesto) No! Non vi spaventate! Due piccole pistoline sunnu! Ma io

non vi vogghiu ammazzari. Non potetti farlo al momento del, come si dicia, flagrante

adulterio…

VITTORIO

(Sempre meno rassicurato) Sì, sì…aggio capito!

ROSARIO

Si u facissi mò un omicidio sarebbe, e io non vogghiu!

VITTORIO

(Avvicinandosi, un po’ più rassicurato) Bravo! È chello ca dico pur’io!

ROSARIO

Di queste due pistoline, una carica è, l’autra no.

VITTORIO

(Molto interessato) Bene, je vulesse‘a primma.

ROSARIO

(Fa un ruggito che fa fare un balzo indietro a Vittorio. Si calma subito e prende un pezzo di gesso)

Un pezzo di gesso pigghiu e un cerchio subbra u cori di vossia faccio. (Disegna rapi-

damente un cerchio sul lato sinistro del petto di Vittorio)

VITTORIO

Ma che state facenno? (Cerca di cancellare il cerchio con la mano)

ROSARIO

(Disegnando anche sul proprio petto un cerchio più piccolo) La stessa cosa pure a mia faccio.

(Ha posato il gesso e ha ripreso le sue pistole) Si pigghia la pistolina e ognuno la canna nel

cerchio dell’altro mette… Pam! Pam!... Chi ha il proiettlie, chiddu mortu è.

VITTORIO

Ah!... e chill’ato?

ROSARIO

(Fa un balzo e ruggisce in modo da far trasalire Vittorio. Calmissimo e cortese) Chistu‘u duello

de nui autri è! (Molto amabile, presentandogli dalla parte del calcio le due pistole, tenute in una

mano) Jamu!‘Na pistolina pigghia.

VITTORIO

Comme?

ROSARIO

(Insiste più imperioso) Ti dissi ca ‘na pistoilina devi pigghiari.

VITTORIO

Ve ringrazio assaje assaje, ma nun piglio niente fuori pasto.

ROSARIO

(Feroce) Pigghia ‘a pistolina ti dissi!Altrimenti l’assassinio debbo fare!

VITTORIO

(Vedendo che l’altro non scherza) Ma allora nun stiveve pazzianno? Ah, Madonna mia

bella!... Aiutame!... Aiutame!... (Se la batte verso la porta di fondo ed esce)

ROSARIO

(Si precipita ad inseguirlo) Cianciulli!... Non te lo chiedo, te lo ordino!... Io vogghiu!...

(Esce)


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 88


VITTORIO

(D.d. dalla quinta di sinistra) Aiuto! Aiuto! (Affannato, ricompare dalla porta di sinistra, attraver-

sa la scena come una freccia e si precipita nella camera a destra in primo piano. Appena entrato lo si

sente gridare fortissimo)  Aaaah! (Subito ricompare ancora più spaventato)  Ah! Io!... Io! Io

stongo cuccato ‘a llà, dint’‘o lietto mio! ‘Sta casa è stregata! È stregata! (Esce dal fondo

chiudendosi la porta alle spalle nello stesso momento in cui compare Rosario dalla porta di sinistra)

ROSARIO

Dov’è u fitusu? (Lo vede e si lancia verso la porta dalla quale Vittorio è scappato) Un momento

aspetta! (La porta è chiusa col chiavistello e la scuote invano.In questo momento il direttore di

scena si sostituirà a Vittorio gridando aiuto. Dopo si dirigerà verso la porta di fondo destra, che è

chiusa; la scuote, poi, correndo grida verso la porta di sinistra che sarà ugualmente chiusa per re-

sistere a Rosario. Durante questo gioco di scena fatto per trarre in inganno il pubblico, che crederà

Vittorio all’estrema sinistra, l’attore avrà indossato prontamente la vestaglia e si sarà messo la

sciarpa di Pasquale, pronto così ad entrare dalla parte indicata. Seguendo la voce, Rosario si preci-

pita verso la porta di secondo piano a sinistra, che trova chiusa come l’altra) Apri! Vuoi apriri?

VITTORIO

(Fuori scena da destra a sinistra) Aiuto!... Aiuto!...

ROSARIO

(Correndo alla porta di fondo a sinistra che trova chiusa) Apri, fitusu, apri! (Scuote invano la

porta)

SCENA DODICESIMA

(PASQUALE e detto, poi RICCARDO, indi TERESA, infine LUCIANA)

PASQUALE

(Esce da destra in primo piano, avvolto nella vestaglia e ancora semiaddormentato) Dint’a ‘sta ca-

sa nun se po’ propeto durmì!

ROSARIO

(Alla vista di Pasquale, lascia immediatamente la porta e si slancia su di lui tenendo sempre in mano

le sue pistole) Ah, qua sei, fituso!... Su,pigghia‘a pistolina!

PASQUALE

(Con un balzo) Madonna!‘O siciliano!

ROSARIO

(Avanzando verso di lui) Ammazzari ti debbo!

PASQUALE

(Battendosela lungo la parete fino sul fondo) Ma che state dicenno?... Ah, mamma mia!

Mamma mia! (Arriva così alla finestra e, non trovando altra via di salvezza, salta nel vuoto)

ROSARIO

(Arrivato alla finestra nel momento in cui l’altro la scavalca, non può reprimere un moto di racca-

priccio) Ah, povereddu! Si ammazzerà! (Guarda) No!... vivo ancora è! Ah!... ammazza-

re io lo debbo!... (Queste due esclamazioni devono contrapporsi con immediatezza, senza transi-

zione; poi Rosario si sposta) Oh, sì, ammazzare lo debbo! (Si passa due dita al colletto, come

chi si sente salire il sangue alla testa) Minchia che sete che ho! (Scorge sul tavolo il bicchiere


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 89


lasciato quasi pieno da Vittorio) Ah! (Si precipita verso il bicchiere e se lo porta avidamente alle

labbra; appena ha preso la prima sorsata, posa il bicchiere sul tavolo, poi, non sapendo dove rispu-

tarla, si precipita verso la finestra e sputa fuori tutto quanto con disgusto) Minchia che schifo!

(Come se si appellasse al Cielo) Che cosa sto sentendo?...‘U prufumo della littera!...‘U

prufumu della mugghiera mia!... (Prende uno dei fogli, esattamente quello lasciato da Luciana

al primo atto) Ah, la carta! La carta la stessa è!... Ah, e la scrittura, la scrittura di mi

mugghieri! (Leggendo) “Signore, io vi ho visto l’altra sera al San Carlo”. Però! Chista

è la copia della lettera al marito che nella mia tasca sta adesso. (Parlando ha tirato fuori

di tasca l’altra lettera e la confronta) Pecchì? Pecchì ccà, dintro a lu scrittoio della signora

Cianciulli?... Oh, sapere lo debbo! Sapere lo debbo! (Si precipita verso la porta di fondo a

sinistra e vi batte sopra furiosamente con i pugni) Aprite! Aprite!

RICCARDO

(Comparendo sulla soglia) Neh, ma che d’è?

ROSARIO

(Gli salta al collo e, dopo averlo fatto piroettare intorno a lui) Ah! Tortora! Voi subito me dici-

ti …

ROSARIO

Mamma mia! ‘O siciliano!

ROSARIO

Chista lettera…

RICCARDO

Ma lassateme, porca miseria!

TERESA

(Compare dal fondo a sinistra e avanza) Che sta succedenno?

OSARIO

(Abbandona Riccardo dandogli una spinta che gli fa perdere l’equilibrio e marcia diritto su Teresa)

Voi! Chista lettera che nelle vostre carte trovai.

TERESA

(Riconosce la lettera; trasale leggermente)  Ma comme, ve mettite a guardà pure dint’‘e

ccartte meje mò?

ROSARIO

Non è questo u busillis!... (Con ira contenuta) Pecchì?... Pecchi la scrittura d mi mug-

ghieri? Allora idda scrive i littiri d’amuri dintro a la casa vostra?

TERESA

Dint’‘a casa mia, appunto! Chesto v’avesse abbastà a pruvà l’innocenza d’‘a muglie-

ra vosta. Ve garantisco ca chist’ atteggiamento ca tenite non tene nisciuno motivo.

ROSARIO

Come?

TERESA

Si tra ‘a mugliera vosta maritemo ‘nce stesse quaccheccosa, ‘o scrittoio  certamente

nun fosse …

RICCARDO

(Completando il pensiero di Teresa) …’oposto cchiù llogico.


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 90


ROSARIO

Ma allora che… che…

TERESA

Eh, che, che! (Vede entrare Luciana) Guardate, ‘nce sta ‘a mugliera vosta: Addimanda-

tacello a essa stesssa.

ROSARIO

(Correndo da Luciana) Ah, Lucianedda tu mi dici…

LUCIANA

(Accennando a voler scappare) Maritemo!

ROSARIO

(La ferma afferrandola a un polso e la fa avanzare, parlando) No, ti supplico, resta!... Con una

parola una sola, tranquillizzare me fai!... Chista lettera… Chista lettera…

LUCIANA

(Stupita, riconoscendo la lettera fra le mani del marito) Eh, ma comme…?

ROSARIA

Io la trovai!... Pecchì?... Pecchì?

TERESA

Coraggio, Lucià, dance ‘a chiave ‘e ‘stu rebus accussì s’acquieta ‘nu poco.

LUCIANA

E va bbuono! (A suo marito) Ma nun hê capito ‘o riesto ‘e niente? (A Teresa, indicando suo

marito) Quant’è fesso! (A Rosario) Teresapenzava ca ‘o marito lle metteva ‘e ccorne.

ROSARIO

(Brusco) Vero è?

LUCIANA

E allora, pe’ pruvà ‘stu fatto, ‘nce dette ‘n appuntamento galante.

ROSARIO

(Bollendo di impazienza) Però la carta… la carta…

LUCIANA

(Andando in collera a sua volta) Eh,‘a carta… ‘a carta!E ‘nu mumento, che cacchio! (Ri-

diventa subito calma e, mettendo i puntini sulle i) Si‘a lettera l’avessse scrittaessa,‘o marito

avesse ricanusciuto ‘a scrittura.

ROSARIO

(Con un barlume di speranza negli occhi per quella verità che vede nascere) E allora?!

LUCIANA

E accussì m’ha addimannato si ‘a putevo scrivere io.

ROSARIO

(Non potendo credere alle proprie orecchie) No! Vero è? (A Teresa) Vero è?

TERESA

(Stupita per questa domanda in una lingua che non conosce) Cosa?

ROSARIO

Vero è chiddu ca me dicia?

TERESA

Tutto chello ca ve sta dicenno è ‘a verità!

ROSARIO

Ah, Santa Rosalia beddissima! Quando penso che nella testa tante strane idee mi fa-

cevo! (A Luciana) Ah, che fesso!... Fesso sono! (A Roiccardo, dandosi a mo’ di pentimento un

pugno sul petto ad ogni «fissu») Ah,‘nu fissusugno!‘Nu fissu!Ì’Nu fissu!


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 91


RICCARDO

(Lo scimmiotta dandosi anche lui dei colpi sul petto) Ma è chello cace stammo sfurzanno ‘e

ve dicere!

ROSARIO

(Che ha già smesso di ascoltarlo, a Luciana, con slancio e inginocchiandosi) Lucianedda! Picci-

ridda mia perdonami!

LUCIANA

Sì perdunato, però nun ‘o ffà maje cchiù.

ROSARIO

(Andando con lei verso il divano) Ah, picciridda mia! Ti amo! (Si siedono, la mano nella mano)

SCENA TREDICESIMA

(ARTURO, CAMILLO, VITTORIO e detti)

ARTURO

(Si apre la porta di fondo destra ed entrano insieme a Camillo e a Vittorio; questa scena deve essere

rapidissima. Arturo è seguito da Camillo) Guagliù, raggiunate…

CAMILLO

(In accappatoio da bagno) Ve ripeto cal’aggio vistodint’‘o stesso mumento ‘a llà e ‘a

llà! (Indica l’anticamera e la camera in primo piano a destra)

VITTORIO

E io m’aggio truvato faccia a faccia cu’ me stesso, dint’a ‘sta cammera e cuccato din-

t’‘o lietto mio!

ROSARIO

(Sempre seduto) Che? Che?

VITTORIO

(Alla vista di Rosario gira su se stesso per battersela) Ingrassia!... Sta ancora ccà!

ROSARIO

(Fermandolo con un gesto) Su, su, non vi scantati! Calmo sono, pecchì mò sacciu chi

scrisse ‘sta littira… la fimmina del teatro, non era la mugghiera mia, ma la vostra.

VITTORIO

(A Teresa) Comme?... Tu?...

TERESA

Ma si te l’avimmo ditto ‘na quarantina ‘e vote!

VITTORIO

A me?

RICCARDO

Ma sì, ogne vota che ce simmo vasate! Po’, avimmo avuto accummencià ‘n’ata vota

tutte cose daccapo. (Va a raggiungere Teresa)

VITTORIO

Che sta dicenno?

ROSARIO

E pensare che per questa cosa, io dalla finestra vi ho fatto buttare!

TUTTI

‘A coppa ‘a fenesta?

ROSARIO

Ah, che emozione fu!


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 92


VITTORIO

Vuje m’avite fatto zumpà a me ‘a coppa ‘a fenesta?

ROSARIO

Naturalmente! Io vi feci… Voi da lì uscivate… (Indica la camera di destra in primo piano)

e, hop, un salto faceste!

VITTORIO

Ci siamo! Ci siamo! Pur’isso!... Stammo tutte quante in balia d’‘a stessa allucinazio-

ne!... Chello che vuje avite visto zumpà ‘a coppa ‘a fenesta, e che m’assumigliava, è

chillo che aggio visto io dint’‘o lietto mio!

CAMILLO

E ca io aggio visto ‘a llà e ‘a llà!

VITTORIO

Io nun aggio maje zumpato ‘a coppa a nisciuna fenesta!

ROSARIO

Che diciti?

SCENA QUATTORDICESIMA

(ADRIANA e detti)

ADRIANA

(Entra con la vestaglia di Pasquale sotto il braccio) Scusate tanto, signore e signori…

VITTORIO

‘A pazza! (Spaventato, si precipita sotto il tavolo più vicino)

ART. E CAM.

Adriana!

TERESA

‘A patrona d’‘a Micia Innamorata!

RICCARDO

‘A patrona d’‘o Pussycat In Love Hotel! (Queste ultime tre battute vanno dette contempora-

neamente)

ADRIANA

Scusate assaje, ma poco fa, passando p’‘a strada, pe’ ppoco nun m’è arrivato ‘ncapa

‘o cammarere mio, ca steva zumpanno, per mutive ca nun aggio capito, ‘a coppa a

chella finestra…

TUTTI

Eh?

RIC. + CAM. + ROS.   Era ‘o cammarere!

ADRIANA

E se ne fujeva cu’ chist’indumento addosso! (Mostra la vestaglia)

TERESA

(Che intanto si è fatta avanti per vedere) Ma è‘a vestaglia ‘e maritemo! (Credendo di trovare

Vittorio) È‘a tojachesta… Beh? Eaddò è ghiuto? (Chiamando) Vittorio!... Vittorio!...

(Va verso il fondo ed apre la porta di fondo destra per lanciare il suo ultimo appello) Vittò!...

TUTTI

Vittò! (Teresa va a guardare dalla porta in fondo a destra, Riccardo da quella in primo piano a de-

stra)


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 93


ADRIANA

(Scorgendo Vittorio rannicchiato a quattro zampe sotto il tavolo) Ah! Pasquale!‘N’ata vota Pa-

squale! (Va a prenderlo per il colletto e lo tira fuori dal suo nascondiglio)

TUTTI

Pasquale?

VITTORIO

(Uscendo da sotto il tavolo tirato da Adriana) No… nun songo Pascale!

ADRIANA

(Facendolo piroettare intorno a se stesso) Ah, Bestia! Animale!

TERESA

(Interponendosi) Neh signò!...Chist’è maritemo!

ADRIANA

(Indietreggiando sbalordita) Cosa?

VITTORIO

Ma sì! È ‘n’idea fissa ‘a vosta, ‘o ssapite? (Agli altri) Ogni vota ca ce ‘ncuntrammo,

me regne ‘a mazzate!

ADRIANA

‘O signore… è… ‘o marito vuosto?

TERESA

‘O signor Cianciulli, proprio accussì!

ADRIANA

Ma nun è possibile!... Isso… è ‘o marito vuosto? Ma è ‘o ritratto spiccicato ‘e Pa-

squale, ‘o cammarere mio…

TUTTI

Pasquale?!

ADRIANA

Sì, chillo ca poco fa s’è ghittato d’‘a fenesta!

VITTORIO

Mò aggio capito tutte cose! L’ommo ch’aggio visto poco fa dint’‘o lietto mio e ch’

aggio che scagnato pe’ me medesimo era Pasquale!

TUTTI

Pasquale?!

TERESA

E allora er chillo ca avimmo visto dint’a ll’albergo c’‘a butteglia ‘mmano!

RICCARDO

Chillo ca ce simme vasate!

TUTTI

(Bene insieme) Era Pasquale!

VITTORIO

Pasquale, Pasquale, sempe ‘stu Pasquale! Ah, mannaggia, me dispiace ca se n’è

gghiuto accussì ampressa… Me foss piaciuto ‘e vedè ‘a vicino ‘o sosia mio.

ADRIANA

Ma nun ce vò niente, signò: venite ‘nu juorno alla Micia Innamorata!

VITTORIO

Io alla Micia Innamorata?! Ah, no, no, ‘nce songo stato pure troppo tiempo!

TERESA

(Con perfidia) Nemmanco pe’ ll’uocchie belle d’‘a scunusciuta d’‘otriatro?

VITTORIO

Doppo ca m’hê tiso chella trappola pericolosa tiene ‘o curaggio ‘e me cuffià?


‘NU STRANO POLLICE DINT’‘A RECCHIA (Pasquale Calvino – Paolo Di Perna)                                                     Pag. 94


TERESA

Perduoneme, Vittò, aggio sbagliato ma… che vvuò? Tenevo quacche dubbio ‘ncoppa

‘a fedeltà toja!

VITTORIO

E pecché?

TERESA

Beh, pecché… pecché… (Gli parla all’orecchio)

VITTORIO

Noo! Pe’ cchesta fesseria?

TERESA

E già, propeto pe’ cchesta fesseria!

VITTORIO

Oh, beh…

TERESA

È ‘na fesseria, tiene raggione, ma è bastata a me mettere ‘nu pollice dint’‘a recchia…

‘nu tarlo… ‘nu pollice asfissiante ca nun dà pace…

VITTORIO

Sulamente ‘nu pollice?... (Come accettando una sfida) E vabbuò… vò dicere che stasera,

a letto… ‘stu strano pollice scucciante, asfissiante, ca nun dà pace… ll’accedimmo

‘nzieme…! [Lo uccidiamo insieme]

Sipario

FINE DEL TERZO ATTO

FINE


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