O.G.M. Organismi geneticamente modificati

Stampa questo copione

“Copyright Enzo Ferrara.

Testo protetto dal diritto d’autore e registrato alla SIAE

Per l’autorizzazione alla messa in scena, rivolgersi all’autore.”

O.G.M. Organismi Geneticamente Modificati

Commedia in nove mesi e due parti... cesarei

di

Enzo Ferrara


Personaggi:
Stefano, padre del figlio O.G.M.
Monica, madre del figlio O.G.M.
Aldo, padre della figlia O.G.M.
Claudia, madre della figlia O.G.M.



SCENA 1°

Scena: sala d'aspetto di medico. Alcune sedie. Due porte ai cui lati, due lampade rosse spente.
Entrano Ste. Mon.

Si siedono in silenzio e si guardano intorno. Sono emozionati. Hanno saputo da poco di essere in attesa di un figlio. Monica è nervosa e tesa.

Ste.: Cos'hai?
Mon.: Niente.
Ste.: Sei tesa, nervosa. Rilassati. 
Mon.: Rilassati! Come se fosse facile... io ho paura.
Ste.: Ancora! Ma di che cosa? Non è niente di doloroso.
Mon.: Ma io non parlavo del dolore. Tu lo sai! Io mi chiedevo se quello che stiamo facendo è giusto o sbagliato.
Ste.: Di nuovo! Ne abbiamo discusso per giorni.
Mon.: Si ma io ho ancora dei dubbi.
Ste.: Allora, sentiamo.
Mon.: E non fare quella faccia, come se io fossi una deficiente che... non capisce... io non ci sto dormendo la notte...
Ste.: Me ne sono accorto.
Mon.: Tu invece sei certo, non hai dubbi, non hai incertezze. Mi fai una rabbia, tu e tutti quelli come te... quelli che SANNO; i possessori della VERITA'... mi fate venire un nervoso...
Ste.: Io non sono uno che possiede la verità; ho anch'io i miei dubbi, che credi..., ma quello che voglio farti capire è che noi stiamo solo mettendo più... benzina nel motore, che se non servisse, al massimo, avremmo un po' di benzina in più nel serbatoio. Ma devi toglierti dalla testa che noi si sta compromettendo il suo destino. 
Mon.: Per esempio... se... lui (indicando la propria pancia) quando sarà giovanotto verrà a saperlo - e lo saprà - ci può accusare di... aver cambiato la sua personalità? Che ne sappiamo... che ne sappiamo noi. Metti... che invece di essere un uomo di successo vuole fare il... frate frappista o l'orologiaio o l'impiegato al catasto?
Ste.: (come riprendendo un vecchio discorso) Allora: quello che noi stiamo facendo non è cambiare la sua personalità; noi, semplicemente, stiamo modificando certe sue caratteristiche genetiche, rafforzando la presenza di alcuni aspetti... per esempio: se nel suo Genoma c'è scritto che egli ha... mettiamo la creatività con valore... 30, noi la facciamo portare a valore 100; se la sua intelligenza ha valore 50, noi la facciamo portare a 100...
Mon.: ... e questo non vuol dire cambiare la personalità?
Ste.: Allora vogliamo un figlio perdente? Vogliamo mettere al mondo solo un numero? una comparsa? Già lo vedi adesso com'è difficile farsi largo nella vita, fra vent'anni sarà una lotta all'ultimo sangue, te lo dico io. Se non hai grinta, determinazione, e diciamolo anche spregiudicatezza non fai un passo. Come me: impiegato con la condanna di fare l'impiegato a vita. 
Mon.: Ma a me piace che tu fai l'impiegato. Cosa c'è di male a fare l'impiegato. Abbiamo la nostra casa, i nostri amici, i nostri spazi...
Ste.: Siii, i nostri spazi!... cosa sono i nostri spazi? Le ferie? Venti giorni tutto compreso in alberghi di quarta categoria? La pizza nella trattoria "A Marechiaro" ogni 20 giorni?
Mon.: Non esageriamo... il viaggio di nozze lo abbiamo fatto a Parigi. 
Ste.: Bel viaggio di nozze! Quindici giorni a guardare i prezzi dei ristoranti e dei musei. E poi Parigi non è che sia una grande meta: ci vanno cani e porci.
Mon.: (maliziosa) Beh, però ci siamo divertiti anche quando mangiavamo un panino in albergo.
Ste.: Senti... io non voglio forzarti, quindi se tu non vuoi, va bene, non lo facciamo... ma poi, quando lui non troverà lavoro e sarà un "nessuno" in mezzo a tanti "nessuno", non venirmi a dire che io non te l'ho avevo detto...
Mon.: Ma chi ti dà la sicurezza che il mondo fra vent'anni sarà così... brutto... una giungla...
Ste.: E a te? Chi ti da la sicurezza che non lo sarà? 
Mon.: Tu sei pessimista...troppo... tu... tu credi... vedi nemici dappertutto... stai sempre col fucile puntato... non si può vivere così.
Ste.: Okay... okay. Vogliamo aprire un dibattito sullo stato del mondo? "La visione di Stefano Camogli sulla società del futuro". Introdurrà la relazione la dottoressa Monica...
Mon.: Quando fai così... ti detesto... sei insopportabile...
Ste.: Scusami... ti chiedo scusa. Non lo so... forse hai ragione tu, dovrei essere meno pessimista... ma... io sento - forse troppo - la responsabilità di essere padre... vorrei dare a mio figlio... tutto quello che ho... e non possiedo niente... e dandogli quest'opportunità mi sembra... di dare il massimo...

(L'entrata in scena di un'altra coppia: Aldo e Claudia, frena la discussione e lascia i due in uno stato di sospensione)
Cla.: Buon giorno.
Ste.: Buon giorno.
(imbarazzo fra i quattro. Si siedono)
Ald.: Scusate... anche voi...?
Ste.: Si. 
Cla.: Anche noi. (Pausa) Mio marito dice che facciamo bene.
Mon.: Anche il mio.
Cla.: Già. Oggi con la... cibernetica...
Ald.: Genetica. Si chiama genetica.
Cla.: Appunto con la ... genetica... perché non approfittarne, giusto?
Ste.: Giusto! 
Ald.: Ma si, io guardi... sono un uomo pratico. Oggi per vincere la partita della vita bisogna avere in mano le carte giuste. Lo dico sempre io: vuoi vincere? O ti alleni o ti compri la partita! Non è così?
Ste.: Si, certo.
Cla.: E poi mica facciamo qualcosa di male. Anzi... lei che ne dice signora?
Mo.: Si... non so. 
Cla.: Mio marito mi ha detto: vedrai che con questi accessori nostra figlia farà molta strada. Io spero tanto che arrivi al successo. Lei cosa vuole che diventi sua figlia?
Mo.: E' un maschio. Il nostro è un maschio.
Cla.: La nostra è una femmina. Abbiamo parlato al professore e glielo abbiamo detto: deve essere bella, anzi bellissima, alta e... con le sue cosine al posto giusto (ride).
Ald.: Cara signora la nostra è una società di leader, se non sei un leader, non sei nessuno. E per essere leader ci vogliono i numeri...
Cla.: 180, 90, 50, 90. Questi sono i numeri che abbiamo scelto per nostra figlia. Siamo indecisi se fargli fare la presentatrice tivù o la presidentessa del consiglio, ma si vedrà.
Ald.: Ti ho detto che non dobbiamo scegliere noi, sarà lei stessa a scegliere. Non siamo mica nel medioevo; e poi dov'è il libero arbitrio? Cosa ne dice lei? (rivolto a Stefano)
Ste.: Certo, certo... sono d'accordo. 
Ald.: Anche lei... sta...?
Ste.: Beh, il mio... il nostro è un maschio, non è quindi la bellezza la cosa importante...
Ald.: ...per quanto... io non la sottovaluterei. Anche se l'intelligenza e la cultura... e insomma... ma se uno ha un bel... personale, ha la sua importanza. Diciamo la verità essere telegenici oggi è indispensabile. Capira, con tutte le telecamere che ci sono in giro: banche, supermercati, incroci. E poi il rischio di essere ripreso dalla tivvu mentre cammini: interviste, sondaggi, ecc. è del 72%; statistiche alla mano. Se lo lasci dire da me: oggi essere belli è una necessità. Lei signora che è una donna lo può dire, no?
Mo.: Beh, il fascino è... fascino; se uno c'è l'ha...
Ald.: Ecco appunto. Ha detto bene la signora: fascino! Il fascino vuol dire carisma; carisma: leadership. Lo dico sempre io: vuoi lasciare un'impronta nel mondo? Dagli un calcio!
Ste.: Oppure lo danno a te. 
Ald.: Bravo, bravo. Vedo che la pensiamo nello stesso modo. Dicano quello che vogliono i moralisti, i filosofi... la verità è che nel mondo c'è la guerra anche dove c'è la pace. Da una parte c'è chi vince e dall'altra chi perde. Lo dico sempre io: la guerra non si fa solo con i missili, si fa anche con gli assegni. E' d'accordo?
Ste.: Storia vecchia. Bisogna lottare, ma soprattutto ci vogliono gli strumenti giusti.
Ald.: E quelli (cospiratore) qui... ci sono! Mi hanno detto che se uno volesse...(si guarda attorno) qui... si potrebbe... (parla all'orecchio di Stefano) però ci vogliono molti soldi. Ma il prossimo, glielo ho detto a mia moglie, lo programmiamo, facciamo un maschio e allora si farà il trattamento SUPER. Non so se mi spiego.
Mo.: Io ho un po' di paura e lei signora?
Cla.: Ma no, signora io l'ho visto in televisione è una semplice puntura. Zac e basta.
Mo.: Ma speriamo si faccia presto e non ci siano problemi con la gravidanza.
Cla.: Nessun problema. Il dottore mi ha rassicurato. Anche se noi siamo fra i primi, lui mi ha detto che nel futuro lo faranno tutti.
Ald.: Noi siamo dei precursori! Siamo l'avanguardia! Lei, caro signore, lei ed io con le nostri consorti siamo fra quelli che guardano oltre! Capisce: OLTRE. Perché la società non si migliora: si compra! Mi fanno ridere tutti questi cretinetti che fanno i cortei, le manifestazioni, con le loro bandierine, gli striscioni, i cappellini... i loro slogan con la rima, tutti felici e contenti; ma cosa avete da ridere? cos'è tutta quest'allegria? State manifestando contro le ingiustizie? Allora incazzatevi! Ma poi cos'è questa fissa della "società più giusta"? Più giusta per chi? Ma non si sa che, se una cosa è giusta per te non è giusta per me? Ma poi che cos'è questa libidine sulla giustizia? Cos'è la giustizia, un medicinale che guarisce tutti i mali del mondo? Chi la produce? E' un'azienda quotata in borsa? Nel Mib 30, dov'è? Ma fatemi il piacere... lo dico sempre io: la giustizia me la faccio io! Dico bene signor... Io sono Aldo.
Ste.: Stefano. E io sono uno di quelli... quelli che facevano i cortei. Perché io ci ho creduto ai cortei, alle manifestazioni, io ci ho creduto nel Socialismo. Quando io scrivevo Socialismo, lo scrivevo con la S maiuscola, io. E quando andavo alla sezione mi toglievo il cappello, manco entrassi in chiesa, io! E li ho visti tutti i compagni... compagni... ma che vuol dire compagni; se siamo compagni, siamo compagni, mica tu puoi andare in Maserati e io in 127. Mica tu puoi andare da Chez Maxims e io da Zio Peppe. La lotta di classe? Ma chi la fa questa lotta? Io lotto e tu guardi. Si, la conosco la storia del piccolo borghese, del qualunquista,... si, io sono un qualunquista, ma mio figlio no! Mio figlio non sarà uno qualunque, mio figlio vi farà un culo così a tutti.

(Le luci rosse davanti alle due porte si accendono ad intermittenza)
(dopo un momento di panico, Monica si stringe a Stefano che la incoraggia. Claudia guarda Aldo che con lo sguardo sicuro gli fa cenno di andare tranquilla. Le due donne entrano.)

SCENA 2° (Secondo mese di gravidanza)

(Il palcoscenico apparirà come diviso in due. In una parte di esso, entra Monica con un accenno di gravidanza. Sistema qualcosa come una donna affaccendata in lavori domestici. Dopo un po' entra Stefano)

Ste.: Monica, tesoro... ma devi per forza fare questi lavori pesanti?
Mon.: Ma che lavori pesanti! Ho solo spostato due sedie.
Ste.: Dicevo... visto il tuo stato...
Mon.: Stefano sono solo al secondo mese di gravidanza, lui è ancora poco più di un embrione... un organismo unicellulare... non è nemmeno un feto.
Ste.: Mi fa impressione chiamare nostro figlio... embrione... feto. Avevamo scelto di chiamarlo Giulio, allora chiamiamolo Giulio.
Mon.: Non si era ancora deciso. Io avrei voluto chiamarlo Giuseppe. Sei tu che hai deciso di chiamarlo: Giulio.
Ste.: Giuseppe è... banale, normale... non ha spessore...
Mon.: Giulio invece ha spessore! Lo so a chi hai pensato quando hai deciso questo nome... 
Ste.: Non ho pensato quello che pensi che io ho pensato. Giulio per me è solo un nome che ha più... fascino, è più...
Mon.: E' più, è più... mi sembra di essere la madre di Superman. Quando uscirà dalla pancia che farà? Un volo in sala parto? Atterrerà sul mio seno, con l'ultra succhio mi tirerà tutto il latte, poi andrà a salvare il mondo da una collisione di meteoriti e tornerà in tempo per la poppata di mezzogiorno.
Ste.: Spiritosa, molto spiritosa. 
Mon.: Io voglio essere una madre normale di un figlio normale. NOR MA LE! Non posso cambiare i pannolini ad un bambino che mi guarda come se io fossi una deficiente.
Ste.: Ma che cosa credi che nostro figlio sarà alto 3 metri, parlerà in latino... mangerà come un dinosauro. Giulio sarà un bambino normale. Guarda cosa gli ho comprato. Sono passato in libreria e... gli ho preso questo libro.
Mon.: Le fiabe famose !
Ste.: Fiabe. Come a tutti bambini noi gli racconteremo le fiabe. Guarda, guarda la fiaba di Pollicino...
Mon.: E c'è anche quella di Cappuccetto Rosso, la piccola fiammiferaia,...
(Si sentirà la voce di un attore che parlerà come se fosse il figlio nel grembo materno mentre le luci andranno lentamente calando)
Voce Figl.: (nauseato) Che schifo! Ma dove sono capitato? 
Ste.: Già lo vedo... quando gli racconterò la storia di Pollicino: C'era una volta un bambino piccolo, piccolo...
Mon.: Io gli racconterò quella del gatto con gli stivali... 
Voce Figl.: E io dovrei stare altri sette mesi con questi due minorati psichici? 
Ste.: Guarda, guarda... questa gliela voglio raccontare io...
Mon.: No, no, io. Gliela voglio raccontare io.
Ste.: No, è meglio che gliela racconto io, questa è una fiaba per ometti e lui è un ometto...
Voce Figl.: Ometto? Io: ometto?! Cretini! Imbecilli! Sottosviluppati! Eh, no! Io devo fare qualcosa... una penna, un agenda... niente, non ho niente. Stupidi invece delle fiabe per deficienti mi dovevate comprare un'agenda, un palmare, un PC portatile. Li c'è una penna, meglio che niente. 
(La madre viene presa da convulsioni)
Ste.: Cosa hai... stai male... tesoro...
Mon.: Non lo so ho avuto come una... dilatazione... ma non può essere... è stata una strana sensazione.
Voce Figl.: Una penna. Meglio che niente. Dove scrivo? Qui.
"Oggi ho conosciuto la proprietaria dell'utero in cui sono rinchiuso. E' stato deprimente. Come tutti i grandi uomini anch'io devo vivere il mio periodo di sofferenza. La mia attraversata del deserto ha inizio. Ma la mia indomita volontà mi farà superare questa triste fase e mi porterà fra sette mesi alla liberazione. Punto.
(mentre il figlio scrive la madre ha attacchi di solletico alla pancia.)
Ste.: Strana questa cosa. Appuntiamola, lo diremo al dottore. La penna... hai visto la mia penna?
Mon.: Era quì! 

(I due si mettono a cercare la penna. Intanto le luci si abbassano su questo lato del palcoscenico e si accendono in progressione sull'altro lato.



SCENA 3° (Terzo mese di gravidanza)

( In scena Aldo e Claudia. Lei fa ginnastica di preparazione al parto. Aldo al suo fianco fa da trainer) 

Ald.: un, due, tre, quattro.....Che fai? Ti fermi?
Cla.: Ma io sono stanca!
Ald.: Non ti ricordi cosa ha detto il dottore: la ginnastica fa bene alla piccola.
Cla.: Ma scusa devo fare io la ginnastica per lei? Quando nascerà se la farà da sola.
Ald.: Eh, no, non va bene... se non c’è intesa, non c’è gioco di squadra. Devi capire che tu farai oggi per lei quello che, poi lei, farà per te.
Cla.: Ma siamo sicuri che poi lei farà per noi quello che dici tu?
Ald.: No, scusa, ragioniamo: noi stiamo assemblando un prodotto unico. Io ci ho messo la materia prima, tu la mano d’opera; abbiamo chiamato un progettista designer d’altissimo livello, quello che uscirà fra quattro mesi sarà il frutto di un lavoro d’équipe, e su questo prodotto noi abbiamo l’esclusiva. Questa è la prima regola degli affari: oggi s’investe, domani si ricava.
Cla.: Domani!? Fra vent’anni!
Ald.: Ma che vent’anni... Subito! Appena nasce: servizio fotografico già venduto al settimanale “Il mio bebè”: “Eva, la prima bambina geneticamente modificata in esclusiva”. E questo è solo l’inizio perché poi: pubblicità per pannolini, pappine, cremine, bamboline con la sua immagine, gadget, figurine, calendari, talk show... la nostra sarà una famiglia azienda: Aldo, Claudia e figlia SPA, quotati anche in borsa.
Cla.: Saremo anche in televisione? Se mi intervistano che cosa devo dire? 
Ald.: Stai tranquilla che parlo io. Tu lo sai che ho fatto la scuola di recitazione e sono anche apparso in televisione.
Cla.: Insomma... apparso... Hai fatto l’uovo sodo in una pubblicità dell’insalata di riso.
Ald.: E il fermento lattico nello spot dello yogurt?
Cla.: Già dimenticavo: il tuo cavallo di battaglia.
Ald.: Si si. prendimi in giro; ma sai benissimo che erano interpretazioni d’alta scuola, perché è facile fare un ruolo normale: Macbeth, Otello, ma è quando ti devi immedesimare in un fermento che si vede il grande attore ed è li che io ho superato il metodo Stanislavski.
Cla.: Sarà... ma conoscendoti ho paura che tu ti lasci andare e cominci ad uscire dal seminato.
Ald.: Guarda che io non esco mai dal seminato, casomai: allargo i concetti, amplio la discussione, sviluppo le idee.
Cla.: Ed è proprio questo quello che mi preoccupa: la tua tendenza ad allargare la discussione.
Ald.: Amore, tu devi avere fiducia in me. Devi avere la consapevolezza che l’uomo che tu hai accanto non è una persona qualsiasi. Vedi tesoro, l’umanità si divide in due grandi categorie: chi pensa e chi fa. Io sono il compendio di queste due grandi scuole, perché io: penso e faccio. Faccio in quanto penso e penso in quanto faccio. In me l’uomo d’azione e il pensatore trovano la sua sintesi perfetta.
Cla.: Quando fai così mi fai venire i brividi. Mi chiedo se la materia prima che tu hai graziosamente messo a disposizione per la nascita di Eva non poteva già, di per se, generare una creatura speciale. 
Ald.: Cosa vorresti dire?
Cla.: Che avremmo potuto risparmiare soldi e tempo.
Ald.: C’è una nota di ironia che non credevo facesse parte delle tue corde. Bene, bene, mi compiaccio, segno che la gravidanza ti fa bene. Vogliamo continuare a lavorare? 
Cla.: Ma io non voglio fare ginnastica.
Ald.: Sentiamo: cosa vorresti fare?
Cla.: Mi piacerebbe... litigare.
Ald.: Come: litigare?
Cla.: Litigare, fare una bella litigata, urlare, dire parolacce, insultare...
Ald.: Ma... litigare... con chi?
Cla.: Con te!
Ald.: ...ma... noi... non abbiamo mai litigato.
Cla.: E ti sembra normale?
Ald.: Ma... non ti capisco... per essere normale... dobbiamo litigare?
Cla.: Non lo so, ma mi piacerebbe tanto litigare con te.
Ald.: E va bene... se ci tieni... litighiamo.
Cla.: Si, ti prego.
Ald.: Chi inizia?
Cla.: Io? Come si inizia un litigio...
Ald.: Ma non so... bisognerebbe, intanto, stabilire il motivo, cioè: per cosa litighiamo?
Cla.: Per cosa litighiamo? 
Ald.: Non lo so... Io scarterei il litigio per motivi politici,? No! Potremmo litigare per motivi religiosi? No! Per motivi etici? No! Ci sono: motivi economici! Un classico del litigio.
Cla.: Si mi piace! Dai! Dai! Comincia...
Ald.: Si... dunque... ah, si! Perché spendi tutti i soldi in sciocchezze e non... fai economia?
Cla.: E io che devo risponderti?
Ald.: Non lo so... mettici anche tu un po’ di impegno, inventa...
Cla.: Io non faccio economia... perché non mi piace.
Ald.: Ma che razza di risposta è questa? Mettici un po’ di... passione, di violenza... e insomma devo dirti tutto io... possibile che tu non riesca a fare niente senza di me! Mi sembri un cretina...
Cla.: Cretina tu lo dici a tua sorella.
Ald.: Eh, mmm... brava, vedi... se ti impegni... riesci. Perchè, poi dietro le apparenze, tu non sei proprio...
Cla.: Proprio cosa? Vorresti dire che io sono una stupida, una imbecille, una che: se non ci fossi tu, non potrebbe fare niente? Dillo, vediamo se hai il coraggio di dirlo...
Ald.. Non volevo dire questo. Volevo solo dire che a volte le apparenze ingannano..
Cla.: Cioè, che anche se sembro una scema poi in fondo riesco a farmi rispettare? Sappi che se c’è uno stupido fra di noi quello sei tu, caro il mio pensatore, pensatore dei miei stivali. (pausa) Allora? Come sono andata?
Ald.: Bene... brava... ma come primo litigio può andare; non vorrei ti affaticassi troppo.
Cla.: Allora possiamo continuare domani?
Ald.: No! Non domani. Facciamo fra... 20, 30 giorni. (Come fra se) Mi comincia a preoccupare. (rivolto a lei) Intanto direi di continuare a fare ginnastica... e ricorda che noi stiamo costruendo un’azienda.
Ma ora devo andare... avevo il cellulare... hai visto il mio Microtac? Accidenti a loro, li fanno così piccoli questi telefonini che se non stai attento a dove lo metti non lo trovi più. Accidenti... ma dov’è...
(Mentre i due cercano il telefonino si sente nel buio il suono di una pulsantiera e una voce femminile)
Voce femm.: Pronto! Pronto... c’è qualcuno fuori da questo utero? Qui dentro è una noia. Pronto, voi non mi conoscete, non potete conoscermi perché io devo ancora nascere; da quello che posso capire ci vorranno ancora sei mesi, sei lunghi mesi. Ma non scoraggiatevi perchè il giorno che io ci sarò faremo una grande festa. Ciao a tutti. 



SCENA 4° (Quarto mese di gravidanza)

(in scena Monica che legge un libro. Dalla radio si diffonde una musica particolare, Grieg o Cage, fatto di silenzi e di rumori)
Entra Stefano, canticchiando.

Ste.: Larallalla,.... Ciao amore, come sta la mia donna panciuta? 
Mon.: ........
Ste.: Bene? Bene! Cosa fai, leggi?
Mon.: .............
Ste.: Che leggi? (prende il libro) John D. Barrow, "Da zero a infinito, La grande storia del nulla". Cos'é un libro di barzellette?
Mon.: Ma che barzellette. E' un libro sull'energia; l'energia dell'universo. Spiega che l'energia totale dell'universo è zero. Se si sommano tutte le masse del cosmo, si ottiene una grande quantità di energia positiva. Tu conosci Einstein?
Ste.: ...chi il russo, l'attore della... portaerei Potem... Potiunkin..
Mon.: Macchè portaerei, quella era la corazzata e non c'entra niente con Einstein. Einstein è il fisico della teoria della relatività. E=mc2, cioè energia uguale massa per velocità della luce al quadrato. Ora però bisogna però aggiungere l'energia gravitazionale, che è negativa. In realtà le equazioni di Einstein richiedono solo che la somma sia esattamente zero, indipendentemente da quanto grande sia l'universo... Ma cosa hai? Sei pallido!
Ste.: No... sono un po' stupito...
Mon.: Perché? Questa è una visione meccanicistica della fisica, io sono per la teoria dell'inflazione, secondo la quale furono le proprietà stesse del vuoto primordiale che, date le temperature così elevate, avevano leggi fisiche differenti. La gravità, per esempio, era repulsiva, e ciò spinse il vuoto a espandersi in maniera iper accelerata... Ma perchè fai quella faccia? Non ti convince l'idea del Big Bang?
Ste.: No... il Big Bag lo trovo... interessante, cioè... non so che cavolo sia ma... io rispetto le idee di tutti... Ma che cosa ti succede. Tu... tu non parlavi cosi... sei sempre stata una persona... semplice, ti annoiavi a seguire in tivu i programmi scientifici... "Quark"! Appena appariva Piero Angela ti spaventavi; ti emozionavi davanti ad un Bancomat, non hai voluto il cellulare perché, mi hai detto, che non lo sapresti usare... e adesso parli come uno scienziato.
Mon.: Beh, ho letto qualche libro e mi sono documentata.
Ste.: Qualche libro? E dove li hai presi questi libri?
Mon.: Li ho ordinati via Internet e mi sono arrivati una settimana fa. Quelle scatole li.
Ste.: (apre una scatola e estrae alcuni libri) ... La palingenesi strutturale del macrocosmo, Il simbolismo metafisico nelle filosofie escatologiche, L'economia strategica del clavicembalo polifonico secondo Schopenauer... e li hai... letti...tutti?
Mon.: Noooo! Ce ne ancora due scatole nello sgabuzzino.
Ste.: Monica, tesoro, ma ti senti bene?
Mon.: Mi sento benissimo. Perché?
Ste.: Come perché? Ma... ma ti sembra normale che tu, che la cosa più scientifica che hai letto è la ricetta del baccalà alla livornese, ti metta a leggere... Il “simbolismo metafisico nelle filosofie escatologiche”...?
Mon.: Ma io non riesco a frenarmi... appena vedo un libro... sento la voglia irresistibile di leggerlo, e appena lo finisco ne voglio un'altro, e poi un'altro... è come una fame che non si placa mai. Stefano, lo so che ti può sembrare strano, ma non riesco ad arrestare questa fame. Di notte mentre tu dormi io mi devo alzare per andare a vedere i programmi scientifici, trasmessi in inglese, e sai una cosa... orribile?
Ste.: Cosa?
Mon.: Io li capisco!
Ste.: In inglese?
Mon.: Si!
Ste.: Non è possibile!
Mon.: Siii! E non solo l'inglese, anche il tedesco, e il francese; l'altra notte hanno trasmesso un film russo in lingua russa, e io...
Ste.: ...e tu?
Mon.: Dopo cinque minuti... lo capivo! Eppoi... guarda... (gli mostra dei fogli)
Ste.: Cos'è? Non ci capisco niente, cosa sono formule?
Mon.: E' uno studio sulla riutilizzazione delle scorie radioattive. Invece di buttarle, con tutti i grossi problemi di smaltimento, ho elaborato un sistema che partendo dalla fisica quantistica e microscopica, dalla chimica organica e biogenetica, pensa, possiamo ricavare ancora energia fino ad impoverirle di sostanze radioattive e utilizzarli come concime per l'agricoltura.
Ste.: Tu... hai fatto tutto questo?
Mon.: (impaurita) Si... ma io non so come... mi sono seduta e... ho cominciato a scrivere e scrivere e scrivere... il mio cervello sembrava volesse scoppiare, mi giravano in testa formule, numeri, parole difficilissime mai sentite, e io scrivevo, scrivevo... Tu lo sai che io a scuola tremavo davanti ad una radice quadrata. Stefano io ho paura. Che mi sta succedendo?



Scena 5° (Quinto mese di gravidanza)

(Claudia è davanti allo specchio, si sta truccando. Anche in lei non vi è traccia molto evidente del suo stato di gravidanza. Aldo e seduto al tavolo e sta facendo contabilità)

Ald.: Ma qui mancano due milioni, anzi per essere esatti: due milioni e 180 mila euro. Non scherziamo ragazzi...
Cla.: Ma da dove mancano questi due milioni?
Ald.: ...e 180 mila euro, anche se sono spiccioli possono sempre far comodo.
Cla.: Ma di che soldi parli? milioni, miliardi,... ma di chi sono tutti questi soldi?
Ald.: Nostri.
Cla.: Nostri?
Ald.: Saranno nostri, appena nasce nostra figlia, Eva: la prima donna geneticamente modificata.
Cla.: Ma come fanno a mancare se ancora li dobbiamo avere?
Ald.: Questa è contabilità preventiva. Sono cose che tu non puoi capire. Troppo complesse per la tua testolina.
Cla.: Vorresti dire che io sono una deficiente e tu sei la mente della famiglia?
Ald.: Ma non te la devi prendere, non ti voglio mica offendere. E' un fatto di ruoli e di competenze. Io ho un ruolo da protagonista, perché mi è stato assegnato dalla storia. Non l'ho scelto io: mi è stato assegnato. Io sono un fatalista, uno che crede nel destino, nel fato. Nella storia dell'evoluzione umana qualcuno aveva già scritto che io sarei stato il primo uomo a procreare una figlia geneticamente perfetta. Cosa dovevo fare: ribellarmi alla storia?
Cla.: Ma in questa storia c'era scritto solo il tuo nome? Il mio, non c'era?
Ald.: Siii! In qualche libro si troverà anche il tuo di nome, ma questi sono dettagli... e come se nella storia del progresso scientifico ci fosse il nome della moglie di Marconi. Si, si sa che c'era una moglie... ma non era importante...
Cla.: Questo alto concetto che tu hai delle donne vale anche per tua figlia?
Ald.: Ma cosa c'entra adesso... la figlia è la figlia... che sarà anche potenzialmente più intelligente della media delle donne, ma sarà sempre una donna. Lo dico sempre io: la donna è nata per procreare e non per creare.
Cla.: Vedi Aldo, io, alla tua rozzezza, alla tua volgarità, ci dovrei essere abituata, e invece riesci sempre a stupirmi. Io da qualche tempo, cioè da quando sono incinta, ho cominciato a chiedermi: ma perché ho scelto quest'uomo? Fra tanti che popolano la terra, sparsi nei cinque continenti, io ho scelto te. Cos'eri tu? Il mio karma? o forse una colpa o un trauma della mia infanzia mi portava al masochismo, all'autopunizione fisica e psichica?
Ald.: Claudia... ma che dici... come ti permetti...
Cla.: Come mi permetto io? Come ti permetti tu! Come puoi pensare che io possa sopportare le tue farneticazioni, le tue sciocchezze, la tua sola presenza. Io! Un simbolo della bellezza, della femminilità, io sto con un essere senza charme, senza sex appeal: praticamente una nullità. 
Ald.: (esasperato) Claudia... io... io sono buono e calmo, ma se io mi incazzo...
Cla.: Che fai? Voglio vedere che fai, quando ti incazzi... allora? Vuoi farmi vedere quanto sei cattivo? quanto sei maschio?
Ald.: Guarda Claudia, io non voglio reagire; Vedi come sono calmo, guarda le mie mani: ferme, immobili. E sai perché? Perché io sono: un uomo! Sai cos'è un uomo? E' dolcezza e virilità; calma e forza; e adesso con tutta la calma, la dolcezza del mondo ti chiedo: ma che... (cambiando tono) che cosa ti ha preso Claudia, non ti ho mai visto così... cosìììì... cosi.
Cla.: Non lo so... Aldo, ci sono momenti che mi guardo allo specchio e non mi riconosco. Non so cosa sia, ma sono momenti terribili.
Ald.: Dobbiamo dirlo al dottore... non è normale... tu non sei mai stata... (la guarda sospettoso) non volevo dire che tu non sia... cioè non voglio dire che tu sei... ma non sei mai stata... mi capisci?
Cla.: No!
Ald.: Non importa. Ma quando sei così... così, avvisami.
Cla.: Così come? Io sono sempre così; ma poi, perché ti dovrei avvisare? Di cosa ti dovrei avvisare. Sei tu, casomai, che devi avvisarmi quando devi parlare con me. Potrei anche non avere voglia di vederti. Ora lasciami sola ho bisogno di concentrazione, di rilassarmi... un corpo bello ha bisogno di una bella mente, e io ho una mente bellissima... vai.
Ald.: (attonito e spaventato) Si... si... vado, vado.
(Si abbassano le luci da questo lato e si alzano dall'altro)



Scena 6° (Sesto mese di gravidanza)

(Monica è in scena e sta parlando al telefono in una lingua straniera)

Mon.: (si simulerà una lingua con un linguaggio da Granmelot)

(entra Stefano con dei fogli in mano)

Ste.: Telegrammi, telegrammi, lettere, lettere dalla Scandinavia, Sud America, Svezia... ma cosa sta succedendo, perchè ci scrivono?
Mon.: Scrivono a me. Li leggerò più tardi. Adesso devo fare alcune telefonate. Tu intanto sistemale per nazione li leggerò più tardi.
Ste.: Come sarebbe devi fare alcune telefonate? Ma lo sai che bollette di telefono sono arrivate? Più di centomila Euro! Oltre alla confusione che c'è in questa casa da qualche mese; la notte non si riesce a dormire a causa delle continue telefonate che ricevi, per non parlare del disordine e del fatto che non si mangia altro che scatolette e cibi precotti. Questa storia sta diventando insopportabile. Tu sei incinta. Non puoi stare alzata 24 ore al giorno e fare tutto quello che fai. Hai una responsabilità verso tuo figlio!
Mon.: Senti Stefano, come devo fartelo capire che devo fare tutto quello che faccio, è una necessità. Se sto ferma dieci minuti mi sento male.

(Squilla il telefono, Monica risponde)

Mon.: Hellò? (comincia a parlare in una lingua africana)

(Stefano la guarda esterefatto)
(Squilla un cellulare, Stefano risponde)

Ste.: Pronto? (.......) Non capisco. Come parla. Io non capire. 

(Monica gli prende il cellulare e risponde)

Mon.: Hellò? (comincia a parlare in un'altra lingua tipo cinese)

(Monica parla con i due telefoni alternando le due lingue)
(alla fine del bi-colloquio, saluta e mette giù i telefoni)
(Stefano rimane in silenzio)

Mon.: Era il Dipartimento dell'aeronautica della Cina e il Ministero della cultura della Tanzania.
Ste.: (silenzio)
Mon.: Hanno dei problemi con il programma spaziale e con il programma dell'università.
Ste.: Hanno dei problemi?
Mon.: Si. Il governo cinese ha iniziato, su un mio progetto, a lanciare satelliti per la conquista dello spazio; tenuto conto del divario di know hou con la Russia e gli Stati Uniti, loro devono fare in un anno quello che gli altri hanno fatto in trent'anni. Capisci che questo è un problema non da poco da risolvere...
Ste.: Ha proposito di problemi da risolvere, io ne avrei qualcuno. Ti devo telefonare in lingua Bantù o me lo puoi risolvere anche in italiano?
Mon.: Qual'è questo problema, sentiamo.
Ste.: Mia moglie. Non riesco più a trovarla. Anche se è in casa non riesco più a parlargli. Sta tutto il giorno e la notte al telefono o al computer. Non dorme, non mangia, non parla più la nostra lingua...
Mon.: Questo non è un problema.
Ste.: Ah no? E che mi dici del fatto che lei, mia moglie, è al sesto mese di gravidanza? E che tutto questo può portare danni anche al figlio che porta?
Mon.: Ti ripeto che questo non è un problema ne per me ne per mio figlio. Mio figlio...
Ste.: Nostro figlio.
Mon.: Nostro figlio sta bene, cresce, cresce sempre di più. Eppoi lo hai voluto tu questo stato di cose.
Ste.: Io?
Mon.: Si tu! Quando hai deciso di avere un figlio super. Questa modificazione del corso della natura sta cambiando anche me. Io mi sento strana, ma non sto male, mi sento come se avessi preso una droga. Il mio cervello gira sempre come un predatore alla ricerca di cibo, ed ha sempre fame, vuole dati, ingurgita statistiche, e poi li macina li assembla, ed è come se tutta questa mole di informazioni stia costruendo una barriera fra me e me. Non so spiegartelo ma so che presto tutto sarà chiaro.
Ste.: Io non so più che fare. Ne ho parlato al dottore è mi ha detto che non riesce a spiegarselo nemmeno lui. Le loro teorie scientifiche sono andate oltre ma la applicazione pratica non ha ancora una letteratura adeguata alla teoria. 
Mon.: So io cosa mi sta succedendo.
Ste.: Cosa?
Mon.: Mi sto... espandendo.
Ste.: In... in che senso?
Mon.: Mi sento le braccia lunghe, enormi... scorgo appena le dita delle mani. Il mio corpo si dilata, ondeggia; mi sento come un cartone animato, come un aquilone, mi sento come fluttuare dentro me stesso...
Ste.: Me stesso?
Mon.: Si, me stesso.
Ste.: Vorrai dire: me stessa!
Mon.: Perché cosa ho detto?
Ste.: Hai detto me stesso.
Mon.: E allora? Avrò sbagliato. Avrò sbagliato?

(E mentre riflette compie un gesto tipicamente maschile: si gratta le palle)
(Stefano la guarda sbigottito.)
Si spegne piano la luce e si accende l'altra.





Scena 7° (Settimo mese di gravidanza)

(Claudia è in scena. Canta come in playback una canzone inglese molto ritmata imitando movenze e atteggiamenti della cantante (madonna?) Entra Aldo. Spegne la radio. Ha un atteggiamento stralunato.)

Cla.: Beeh? Che ti succede?
Ald.: Che succede a te! Non stai ferma un minuto. Ti agiti, ti muovi... sembri in preda a pazzia. Il tuo corpo dovrebbe essere il tabernacolo di un prodigio e invece sembra posseduto dal diavolo.
Cla.: Ci risiamo con le tue castronerie! Se la musica ti da fastidio vai fuori. (accende la radio e si rimette a cantare e ballare rivolgendo a lui, nel ballo, le sue attenzioni. Aldo immobile è come inebetito.)
Ald.: Mi sembri un'invasata... stai mandando a monte i miei... i nostri progetti... cosa ti è preso... potevamo diventare ricchi... famosi... potevamo dire basta ai problemi, non è questo quello che volevi? ...Dio mio, se penso a tutto quello che stiamo perdendo... Balla, balla, balla... Non ti rendi conto che nel tuo stato può essere pericoloso per la bambina... Va bene, va bene, vuoi cambiare i termini dell'accordo... il 60... ti do il 60 e io mi prendo il 40... il 65... va bene... il 70, ma non mi puoi chiedere di più. L'idea, l'idea è stata mia, almeno questo me lo concedi? Non credi che almeno il 30 percento mi spetti di diritto? Vuoi stare ad ascoltarmi... Dimmi cosa ti succede... da qualche giorno sei cambiata, diversa... entri, esci... non so dove vai, con chi vai... io ho il diritto.. tu sei mia moglie...
Cla.: (Si blocca. Spegne la radio e si avvicina minacciosa e insolente a lui) Ascolta, ti ho sopportato per anni, ho sopportato la tua stupida arroganza, il tuo atteggiamento da uomo navigato: colui che sa tutto su tutto! Bene adesso le cose sono cambiate. (scandisce)Io non accetto più la tua presenza! Quindi fai in modo di non manifestarti, se proprio devi vivere qui, occultati, mimetizzati con il mobilio, con le pareti, con il pavimento, ma non manifestare la tua presenza.
Ald.: Ma... ma tu non puoi trattarmi così, cosa ti hanno fatto... hanno cambiato la tua natura, questo non era negli accordi... io non ti riconosco più... 
Cla.: Tu non puoi capire. In me si è realizzato il disegno maestoso della vita. Dai tempi in cui gli dei e gli uomini s'incontravano e si parlavano non si era visto nulla di simile. 
Io sono la madre terra e giacerò con il mare e le sue onde mi ingravideranno e genererò un dio che comanderà sulla terra e sul mare affinché sia compiuto il mio destino. Tu sei stato un artifizio perchè cio si avverasse.
Ald.: (atterrito da queste parole) Pazza! Tu sei pazza!
(Claudia con atteggiamento di sfida accende la radio da cui si irradia un'altra canzone che lei comincerà a mimare e ballare)
(Claudio atterrito e incredulo continua a dire: Pazza, tu sei pazza, pazza, pazza...)
La luce si affievolisce fino ad oscurarsi del tutto)






Scena 8° (Ottavo mese di gravidanza)

(Monica in pantaloncini e canottiera fa sollevamento pesi. Ha atteggiamenti mascolini)
(Entra Stefano. E' stralunato e annichilito)

Mon.: (si ferma, si asciuga e si siede) Dovresti farlo anche tu un po' di sollevamento pesi. Ti farebbe bene. I muscoli hanno bisogno di ossigeno, devono respirare. Tieni. (gli da un peso che lei regge con facilità, mentre lui barcolla appena lo riceve) 
Ste.: Senti, non mi interessa fare sport. Io e te dobbiamo parlare.
Mon.: Parliamo.
(si siedono uno di fronte all'altro. Stefano guarda Monica come scrutandola attentamente)
Ste.: Chi sei?
Mon.: Chi sono io? 
Ste.: Si, tu! (Guardandola come se volesse vederla dentro)
Mon.: Ma perché mi guardi così? Cosa credi che io sia un alieno, un extraterrestre?
Ste.: E... non... non lo so.
Mon.: Tu hai visto troppi film americani. 
Ste: Perchè non rispondi?
Mon.: A cosa devo rispondere?
Ste.: Chi sei?
Mon.: Sono tua moglie, te ne sei scordato?
Ste.: Sei ancora mia moglie?
Mon.: Abbiamo forse divorziato?
Ste.: Lo sai cosa intendo dire. Tu sei cambiata, sei... diversa.
Mon.: Come sarebbe: diversa. Cosa ho di diverso?
Ste.: Tutto. Leggi in continuazione, parli tutte quelle lingue strane...
Mon.: Dodici. Non sono molte e non sono strane. Sono lingue diverse, ma non tutto ciò che è diverso è strano...
Ste.: Comunque dodici lingue...
Mon.: e ventotto dialetti.
Ste.: Monica tu, quando siamo andati a Parigi non riuscivi a dire: Merci. Merci è semplicissimo da dire, ma tu non sei mai riuscita a dirlo.
Mon.: Ero bloccata, adesso mi sono sbloccata.
Ste.: E che mi dici di questo tuo attivismo, questa frenesia, questo continuo scrivere, telefonare, leggere. E' normale per una che si stancava anche a lavare quattro piatti e due padelle?
Mon.: Forza di volontà e automotivazione. Dovresti farlo anche tu. Vedi se....
Ste.: E la tua forza? Non mi dirai che è normale fare sessanta sollevamenti di quegli aggeggi li?
Mon.. Allenamento.
Ste.: Allenamento un cazzo! Io non riesco a farne sei di quei sollevamenti. E a proposito di cazzo...
Mon.: Non essere volgare.
Ste.: Io voglio essere volgare. Tu, da almeno due mesi, mi sfuggi; hai voluto separare i letti, dormiamo in stanze separate, non facciamo l'amore da sei mesi. Monica, io voglio fare l'amore, subito... adesso!
Mon. Stefano...
Ste.: Stefano un cazzo! Io come tuo marito esigo, pretendo, in nome di un articolo del codice civile che non so quale sia, ma che sono sicuro che c'è, pretendo che tu, mia legittima moglie ti abbassi le mutande.
Mon.: Ma sei pazzo!
Ste.: Il rischio c'è, se non facciamo subito l'amore; perché ho un dubbio. Un grosso dubbio.
Mon.: Che dubbio?
Ste.: Io debbo sapere...
Mon.: Cosa?
Ste.: ...cos'hai dentro le mutande.
Mon.: Stefano!
Ste.: Se non ti abbassi subito le mutande, giuro che lo farò io!
Mon.: Tu sei pazzo.
(comincia una pantomima di lui che vuole aggredirla e lei che scappa, fino a che i due si fronteggiano in posizione di guardia)
Mon.: Guarda che io sono più forte di te.
Ste.: (teso al raggiungimento del suo obiettivo)
Mon.: Ti avverto, ho studiato Kung-fu e Judo per corrispondenza, ti posso far male...
Ste.: O me la fai vedere o me la fai toccare. Scegli tu.
Mon.: Stefano, sei completamente impazzito. Cos'hai preso un eccitante, non ti ho mai visto cosi...
Ste.: Non sono eccitato, voglio solo avere una conferma. (le luci cominciano ad attenuarsi sui due in posizione di attacco. Stefano si lancia su Monica ma lei con una mossa di Judo lo afferra per le braccia e lo blocca. Mentre le luci si spengono Stefano urla come un bambino. Poi comincia a singhiozzare e piangere.)
Ste.: Ti prego, non farmi male, ti prego... io voglio solo toccarti... solo toccarti.
Mon.: Non piangere, non ti faccio male, non piangere...



Scena 9° (Nono mese di gravidanza)

Sul palcoscenico: due poltrone, un tavolino sistemati sulla destra. Al centro, verso sinistra, un telo bianco da cui traspaiono le ombre di due donne incinte distese. La luce sul telo potrà assumere anche altre tonalità di colore, o modificarsi da bianca a rossa gradatamente fino a non lasciare trapelare niente. La parte sinistra del palco sarà vuota.
Entra in scena Stefano. Ha in mano un sonaglino per bambini.
E' nervoso e cammina. Dopo un po' entra anche Aldo con una bambolina in mano.
I due sono molto tesi, si salutano appena con un cenno del capo. Il loro dialogo sarà pieno di pause e di silenzi. 

Ald.: E' arrivato.
Ste.: Cosa?
Ald.: Il gran giorno. (non è molto contento)
Ste.: Già.
Ald.: Come lo chiamerete?
Ste.: (assente) Scusi?
Ald.: Il bambino. Come lo chiamerete?
Ste.: Giu... Giulio. Si, Giulio.
Ald.: Giulio. Bel nome. Noi Eva. La bambina... la chiameremo Eva.
Ste.: Eva. Bel nome.
Ald.: Alla fine ce l'abbiamo fatta.
Ste.: Cosa?
Ald.: Si ricorda otto mesi fa...
Ste.: Si. Ricordo.
Ald.: Otto mesi. Però alla fine...
Ste.: Già.
Ald.: Ma come potevamo sapere... non ci avevano detto... lo dico sempre io: mai fidarsi degli intellettuali. E poi... loro fanno tutto facile. Parlano, parlano, parlano... se non li capisci sei uno scemo, se gli chiedi perché, sei un'ignorante... io ho investito tutto in questo progetto... e adesso... E lei? Perché non parla? Dica qualcosa. Anche lei ha investito...
Ste.: Non ho investito nel senso che crede lei. Io volevo un futuro migliore per lui...
Ald.: Non faccia l'ipocrita. Il futuro migliore lo voleva per se.
Ste.: Non è vero! Ho sempre pensato... (pausa) ...forse ha ragione. Ma in ogni modo non volevo certo specularci su. (leggermente provocatorio)
Ald.: Beh, cos'è un delitto, un crimine volere una vita migliore per se... mi fanno schifo quelli che dicono di interessarsi solo agli altri... la società, la gente, il popolo, la collettività... tutte stronzate. Io volevo fare del bene a me stesso, e allora? Non faccio parte della società, del popolo anchio. Le ricordo che la costituzione americana dice che é un diritto dell'uomo quello di cercare la felicità. E io lo cercata... (come fra di se) la cerco da quando sono nato, maledetta. Non facevo niente di male a nessuno. Lo dico sempre io: quando si nasce con la jella addosso, non c'è niente da fare.
Ste.: Sono stanco di lottare. Stefano Camogli, campione mondiale di arrampicata sugli specchi. Re degli ingenui e dei creduloni. Come ho potuto pensare di vincere almeno una volta... Nove mesi... nove mesi d'inferno. (pausa) COSA NASCERA'?
Ald.: Qualunque cosa sia... non sono figli nostri.

(Il vagito di un bimbo squarcia il silenzio; dopo qualche secondo un altro vagito si sovrappone al primo. I due sono atterriti, si guardano pieni di paura. Aldo ha un mancamento e si sta quasi accasciando, ma viene sorretto da Stefano. I due si infondono coraggio a vicenda e sostenendosi si avviano dietro il telo.)

Dopo qualche minuto, durante il quale si sentirà solo la musica, i due rientrano con le rispettive mogli in braccio. Le donne avranno un'aria inerte, assente, vuota. Gli uomini tenendo le mogli in braccio e si siedono sulle poltrone cullandole, in un momento di struggente intensità. Con gesti lentissimi le donne indicano ai mariti i giocattoli che essi hanno portato, e quando li hanno ricevuti si mettono a giocare con un atteggiamento inebetito.
In questo momento si sentono le risate dei due neonati. Stefano e Aldo si guardano. Posano dolcemente le donne sulle poltrone. Il loro sguardo è duro. Come ad una intesa essi si recano fuori dal palco sulla destra e rientrano con pistole, fucili, cartucciere e giubbotti da caccia. Li depositano sul tavolo e con grande determinazione cominciano a caricare le armi. Frattanto cresce il rumore delle risate dei bambini che si trasformano in risate cattive d’adulti. Stefano e Aldo continuano, con più velocità, a caricare le armi. Indossano i giubbotti da caccia, si mettono una o più pistole nella cintura. Al suono delle risate si sovrappone una musica di tipo western, o il Diaes Irae. Alla fine ognuno di loro avrà in mano un fucile e una pistola, oltre a cartucciere e pistole infilate nella cintura. Si guardano e si muovono in sincrono con passo cadenzato verso la sinistra; al centro del palcoscenico, Aldo blocca Stefano. Gli fa segno che ha dimenticato qualcosa. Gli da le armi che ha in mano, Stefano con movimenti impacciati li sorregge. Aldo con movimenti rapidi e precisi estrae un fodero di occhiali dalla tasca, sempre con sguardo torvo e puntato sulla sinistra, pulisce gli occhiali, li inforca, sistema il laccetto sul collo e si riprende la pistola e fucile. Tocca adesso a Stefano bloccare Aldo, al quale riversa le sue armi. L'attore tira fuori un fazzoletto dalla tasca, lo piega e lo lega sulla sua fronte. (Rambo). I due cosi sistemati si guardano decisi e come "mucchio selvaggio" si lanciano, gridando, fuori a sinistra del palcoscenico. La musica cresce.

Cala il sipario.